il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano TUTTO SU L PRIMO TUR NO D EI PLAYOFF NBA
L’E VEN TO
G li Ha rl e m G lob t rot t e rs d i s c e n a a Ca s e rt a
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LOS ANGELES VS OKLAHOMA
Alla fine i gialloviola l’hanno spuntata e passano il turno, ma i Thunder hanno lanciato un segnale chiaro per il futuro
DALLA S MAVER ICKS VS S AN ANTO NI O S PUR S
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DENVER NUGGETS VS U T A H JA Z Z
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PHOENIX SUNS VS PORTLAND TRAILBLAZERS
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CLEVELAND CAVS VS CHICAGO BULLS
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BOST ON CEL TISC VS MIAMI HEAT
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ATL ANTA HAWKS VS MILWA UKEE BUCKS
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ORL ANDO MA GIC VS C HA RL OTT E BOBC AT S
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FOCUS
Pronto ad esp
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D OMENICO P EZZELLA
«Prima che il gallo canti due volte, tu mi avrai rinnegato tre volte…». Si dice che la morale della frase, citazione evangelica riguardante un discorso tra Gesù e Pietro (se vi siete smarriti un momento, tranquilli non siete all’omelia della Saint Patrick Cathedral di New York) era quella che il rinnegare lo stesso Cristo da parte poi di colui che è stato il fondatore della Chiesa Cattolica, fu molto più veloce di un canto del gallo al primo chiarore di un nuovo giorno. Un record (se cosi possiamo definirlo senza per questo cadere in qualche eresia o roba del genere) che in tempi moderni è stato battuto dal pubblico di New York. In un momento in cui si parla molto di Flash Forward (e non solo per la popolarità della serie tv che ormai ha conquistato il cuore non solo degli States, ma anche del Belpaese ndr) è giusto fare un Flash Back ed arrivare a quel luglio del 2008 quando al Madison Square Garden, sede e casa - scegliete voi quella che più vi sta a cuore - di qualsiasi tipo di Draft che possa riguardare uno sport professionistico a stelle e strisce, i tifosi dei Knicks ci misero addirittura meno dello stesso Apostolo Pietro. I fischi, i segni di disapprovazione e quant’altro che possono essere assolutamente considerati come una sorta di rinnegamento di un giocatore che non aveva avuto nemmeno un minimo di possibilità di dimostrare quello che valeva. A dire il vero prima dei tifosi l’opera di ‘non piena approvazione’, tanto per usare un eufemismo, nei confronti del talento milanese, era giunta persino dalla stampa, che lo si sa non ha risparmiato dei giocatori fatti e finiti, figurarsi un presunto rookie. Presunto. Già perché il nome di Danilo, il nome del ‘Gallo’ (ogni riferimento a cose, fatti e citazioni, quelle per intenderci del primo rigo, è puramente voluto ndr) non era ancora stato stampato ufficialmente sul retro di una qualsiasi maglia bianco-arancio-blu che giù lo si mette-
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va su di un piedistallo per analizzarlo e magari mettere in evidenza dei punti deboli o difetti. Addirittura si era arrivati alla classica ‘italianata’ nel pensare che l’amicizia tra papà Vittorio e Mike D’Antoni avrebbe reso il tutto più facile fuorviando, magari, i Knicks dallo scegliere un giocatore migliore a quella chiamata numero 6. Dalle stelle alle stalle? Assolutamente no. Il percorso di Gallinari è stato praticamente l’opposto, dal momento che in due anni (sarebbe molto più corretto parlare di in un anno e poco più) ha dovuto sempre essere li a dimostrare che mani, talento e testa sono da Nba ed anche di alto livello. Ecco dopo quei due anni ora provate a girare per le strade di New York e chiedere di Gallinari ed il rinnegare di cui sopra correrà si più veloce del canto del gallo, quello vero per intenderci, ma in senso nettamente contrario. Rinnegando si, ma di non essere stato tra quei fischi o magari di non aver storto il muso almeno una volta quando la decisione è caduta su di un bianco e per lo più italiano. Il rapporto di odio-amore dei tifosi dei Knicks nei confronti dei propri giocatori non è certo conosciuto come un qualcosa di molto stabile, anzi, ma attualmente non c’è un singolo fan, un singolo supporters ed un singolo addetto ai lavori Nba, che non consideri l’ex Olimpia come una delle pietre miliari su cui il team della ‘Grande Mela’ costruirà i suoi successi futuri. Un gruppo al quale Carmelo Anthony ha aggiunto una nuova voce e categoria: quella dei giocatori, o meglio del rispetto dei giocatori veterani, di colore e che hanno le redini dell’intera Lega. «Da quello che sento in giro si è guadagnato il rispetto della Lega e dei giocatori Nba». Queste le parole di Donnie Walsh (che per i pochi che avessero vissuto sul pianeta dei Looney Toones negli ultimi due anni è l’altro ‘compare’ che ha mise il veto sulla decisione di portare Gallinari a New York) nelle classiche interviste di elogi diretti per il giocatore ed indiretti per lo stesso Walsh per averlo scelto, dopo la strepitosa vittoria dei Knicks a New York contro i Denver Nuggets. Si necessitava solo di un segnale defintivo, come quello din un generale alle sue truppe ed ufficialmente il segnale per il Gallo è arrivato in quella notte di fine marzo quando non solo fece il
classico passo in vanti quando coach D’Antoni parlava o faceva intendere di aver bisogno di un volontario serio per limitare il numero 15 avversario, ma quando addirittura fece spendere, dopo qualche ora dall’alzata della palla a due, parole del tipo: «Mi sono divertito giocare uno contro uno con lui. Sono rimasto sorpreso al fatto che ribatteva su ogni mia singola provocazione verbale e che non abbia mollato, questo vuol dire che ha carattere. Inoltre è bravo intelligente ed è molto migliorato». Già perché oltre all’arroganza cestistica che il milanese ha dimostrato di poter mettere in campo, in nemmeno un anno e spiccioli di Nba vissuta sul campo, ha anche imparato lo ‘slang’ da ghetto, lo ‘slang’ da playground a cui giocatori come Anthony sono abituati e quelli come Gallinari solo sentito parlare dai giocatori a stelle e strisce di passaggio nel Vecchio Continente. Situazione di uno contro uno con slang in alleagato, che gli ha fatto fare quel salto di qualità che ancora gli mancava per passare definitivamente da rookie sott’osservazione perenne a giocatore da rispettare, anche da parte delle stelle («Sin dalla prima volta che l’ho visto ho capito che era un giocatore di alto livello. La sua dote migliore è il tiro da tre punti, un’arma micidiale per un giocatore cosi alto, ma spero che possa migliorare anche in post basso nei prossimi anni, perchè ha davvero tutto il potenziale per essere un grande di questa Lega» e a parlare è stato Kobe Bryant ndr). E dopo tutto quanto accaduto in quel 24 di Marzo, di sicuro se qualcuno l’avesse potuto fare avrebbe di sicuro chiesto ai tifosi newyorkesi e non solo: “Alzi la mano chi creda che da oggi (luglio del 2008 giorno del Draft) ad un anno e mezzo Gallinari possa conquistarsi il rispetto di uno dei primi 5 di questa Lega?”. Oddio nessuno si è azzardato perché al massimo gli avrebbero riso in faccia e cosparso di bigliettini da visita di cliniche psichiatriche, e che invece oggi in cuor loro staranno facendo mea culpa. Mea culpa non solo per le parole di Anthony, di Bryant, di Walsh o ancora quelle dello stesso D’Antoni, ma per il modo in cui sera dopo sera, settimana dopo settimana, mese dopo mese, Danilo Gallinari ha saputo dimostrare sul campo da basket. Sicurezza nei propri mezzi,
LE STATISTICHE DI DANILO GALLINARI
COSI NELLE ULTIME CINQUE PARTITE DELLA STAGIONE
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LA ‘SHOOTING SELECTION’ DELL’EX MILANO
faccia tosta e nessuna paura nel prendersi tiri che altri passerebbero in un nano secondo. Qualità che si potrebbero riscontrare in un giocatore con anni di esperienza, in giocatori di un certo livello, ma che sono già nel bagagliaio tecnico e personale del numero 8 newyorkese. Qualità che sono sempre rimaste al proprio posto persino nei momenti di bassi di questa stagione, quando segnava poco, tirava meno e la faccia non sembrava essere quella di sempre. Giornate in cui il rapporto con la stampa, tifosi (ricordate l’odio-amore a cui si faceva menzione in precedenza?) hanno calcato anche un tantino la mano pensando, nella peggiore delle ipotesi ad un fuoco di paglia. Ma chi da questa parte dell’oceano lo conosceva per averlo visto giocare e per averlo visto crescere, sapeva prima di tutto che l’arrivo di altre stelle, vedi quella di McGrady, avrebbe scalfito il giusto lo stesso Gallinari, ma nel senso buono della competizione. La dimostrazione è stato un finale di stagione a dir poco da super star: 22 punti di media, due sole volte al di sotto dei venti nelle ultime 5 (17 contro i Pacers il 7 di aprile e 19 punti l’11 contro i Bucks nella sera dopo dei 28 contro i Magic di Howard e Carter) ed in generale un modo di stare in campo che ha conquistato il cuore di tutta New York (tanto per intenderci e capire quella che è l’attuale popolarità nella Grande Mela dell’italiano, il suo nome in tempi recenti è stato addirittura inserito all’interno di una lista degli scapoli più desiderati della città ndr). Solo stando per un attimo a guardare, solo stando per un attimo in disparte dando il giusto risalto ad un giocatore che qualcosa in questa Lega l’avrà pure
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scritto, come T-Mac, gli ha dato quell’ulteriore spunto per capire come in campo gestire i minuti di coesistenza con lo stesso ex Rockets o con i nuovi arrivati dalle mega trade di gennaio. Un comportamento ‘guardingo’ ma positivo che è sfuggito a pochi, ma non a D’Antoni che ha sempre continuato a sostenerlo. Poi una volta capito come, quando e dove muoversi per non creare problemi alla squadra e ai suoi compagni, è tornato ad essere quello di sempre: cinico in attacco ed un osso duro in difesa. «Ora vorrei che Danilo continuasse a giocare cosi con chiunque a prescindere dall’avversario». A parlare fu D’Antoni sempre dopo quella memorabile sfida contro Denver. Parole che forse rappresentano quello che è ancora l’anello mancante per il salto al piano delle ‘Stelle’. Continuità non di rendimento, ma di concentrazione da killer da allungare e spalmare in periodi di gioco molto più lunghi di quelli a cui era abituati. D’altronde quella maledetta schiena al suo primo anno non gli ha nemmeno dato la possibilità di abituarsi a qualcosa di diverso dal basket all’europea. Un abituarsi, che anche in questo caso è andato a sprazzi, è andato su e giù per tutta la regular season, ma che sarà la prima cosa su cui lavorerà per la prossima stagione. Lista di lavoro estivo che, Nazionale esclusa (il discorso è troppo lungo per affrontarlo in questa sede ma ormai l’addio all’azzurro è arri-
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vato inesorabile ndr), comprenderà di sicuro altri punti, come per esempio una maggiore presenza nel pitturato sfruttando di più l’avvicinamento con il palleggio e le doti di attaccante verso l’anello che tante volte gli abbiamo visto fare in Europa e dal quale arrivavano come fiocchi di neve d’inverno i tiri liberi che lo stesso Danilo realizzava con precisione quasi certosina (solo 193 volte in tutto l’anno le volte in cui il numero dell’italiano si è visto nei presi dei cristalli e delle zone proibite della Nba). Oltre a quella ‘mid-range’, quella media distanza, magari con un palleggio arresto e tiro dai 4-5 metri fulminando il difensore specie quando quest’ultimo decide di mandarlo verso i due angoli della metà campo avversaria (38% verso sinistra e 47,5% verso destra). Il tutto funzionale e complementare a quella che resta la sua arma principale: il tiro da tre punti. Riuscire ad inserire nei vari scouting report le voci di cui sopra di sicuro metteranno i vari coaching staff ed i vari difensori a dover pensare quel secondo in più nello scegliere quale il male minore. Insomma un trattamento da stella, per un giocatore che al momento, per età, esperienza e risultati, stella non lo è. Ma di luce, Danilo, ne ha abbastanza già adesso per fare a spallate tra quelle mediamente luminose del firmamento Nba, nella speranza che dopo un tedesco ci sia un italiano tra i primissimi di questo gioco. Eresia? Fantasia od entusiasmo da tifosi italiani? Non esattamente, visto che stampa, tifosi e connazionali teutonici di tale Dirk Nowitzki nemmeno si sognavano di vederlo Mvp della stagione, uno dei primi di questa Lega ed anche in una Finale per il titolo, anche se poi persa, quando dalla A2 tedesca ‘Wunderbarg’ sbarcò in Texas con destinazione Dallas. Al momento i primi due anni di Gallinari sono addirittura al di la di qualsiasi tipo di paragone con il tedesco. ‘Impossible is nothing’ recita un noto spot americano, ed allora perché privarsi, al momento, della fantasia di pensare ad un Gallinari Mvp da qui a otto anni?
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IL PARTITONE
‘Starlight Night’ contro i Boston Celtics, ‘Show time’ di Danilo E giustamente ci mancava la ciliegina sulla torta. Ci mancava la prestazione che mandasse i titoli di coda su quella che teoricamente avrebbe dovuto essere la stagione da Sophomore, ma che invece è solo quella da rookie per il Gallo e lasciare tutti a bocca aperta a pensare. Su cosa? Ovviamente sulle ultime righe del pezzo precedente, ovvero se questi numeri, se queste giocate e se queste prove siano solo frutto della classica stagione tutta rose e fiori per l’italiano, oppure una base che dovrebbe far preoccupare un po’ chiunque cosi come è stato per il tedesco ora in maglia Mavericks. Va bene segnare per più di 17 volte oltre venti punti nelle 70 e più partite giocate in questa stagione, ma il suo high score, 31 punti, ha fatto letteralmente impazzire niente di meno che la difesa dei Boston Celtics. Ma 31 punti a parte (10/15 dal campo, 1/4 da tre e 10/11 ai liberi) quello che ha fatto stropicciare gli occhi (escluso anche il fatto che il tutto è arrivato solo con quattro triple tentate e molte più azioni vicino al ferro ed anche spalle a canestro per l’italiano ndr) un po’ a tutti è stato l’atteggiamento. L’atteggiamento e la faccia erano di chi magari era in questa Lega da anni e sapeva come prendersi la squadra sulle spalle nel momento del bisogno con gli altri attori protagonisti in panchina solo per onor di firma. Si ma il ‘Gallo’ in questa Lega c’è entrato praticamente
l’altro ieri. Prestazione che ha lasciato stupore, si ma ripetiamo solo ed esclusivamente dall’altra parte dell’oceano, dal momento che il senso drammaturgico del figlio di Vittorio Gallinari, è sempre stata cosa presente anche quando vestiva la maglia dell’Armani. Un senso di responsabilità e di leadership che era proprio già da un paio di anni ad altissimo livello nonostante la giovane età. Se poi a tutto questo ci si aggiunge il fatto che il carattere, la faccia tosta e la consapevolezza di poter far bene a tutti i costi sono quella di un All Star Nba in tutti i sensi, c’è veramente poco da stupirsi. A dire il vero tra le righe un piccolo elogio va fatto anche a coach D’Antoni che lo ha trattato, dalla panchina come una ‘Star’. A profusione industriale i palloni che di volta in volta sono finiti nelle mani del giocatore tricolore cosi come quello che ha scritto la parola fine alla sfida con i Celtics a gran completo. E già perché alla lista ci mancava solo la dicitura ‘go to guys’ e secondo voi s’è tirato indietro? Assolutamente no ed allora a 36’’ dalla fine il pallone più pesante della partita non poteva certo non finire nelle mani del numero 8 che con sfrontataggine, ma anche fortuna s’è cercata al gloria che tanto aspettava: «Tanta fortuna, ma poi alla fine il tiro e la fortuna te la devi cercare e sfidarla». Insomma come per dire ‘La fortuna aiuta gli audaci’ ed il Gallo è un qualcosa che al momento è più che audace.
NEW YORK KNICKS
BOSTON CELTICS
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SEASON AWARDS
DAVIDE AVIDE M AMONE AMONE DI
Season Awards ‘Par t One’
Con 71 di 123 voti complessivi, è stato nominato miglior coach della stagione NBA 2009/10 Scott Brooks, degli Oklahoma City Thunder. Grazie a lui, la franchigia nata da appena 2 anni ha mostrato passi da gigante, entrando nell’elìte dell’Ovest e giocando un basket dinamico, ordinato, offensivo sì, ma con ottimi principi difensivi. Subentrato, lo scorso anno, a Pj Carlesimo, Brooks ha iniziato un lavoro col gruppo davvero incredibile; un lavoro che gli ha permesso di far crescere futuri campioni come Durant e futuri ottimi cestisti quali Westbrook e Green. Con ben 50W in stagione regolare, i suoi Oklahoma City Thunder hanno disputato i Playoffs NBA con l’ottava piazza (ma, rischiando di ottenere anche il quinto/sesto posto); un traguardo quasi idillico per un gruppo che sino allo scorso anno poteva contare le proprie vittorie in RS quasi sulle dita di una mano. “Sono felicissimo di aver vinto questo premio”, ha dichiarato Brooks, che ha proseguito: “Questo è un gruppo gio-
vani, pieno di ragazzi talentuosi e volenterosi, oltre che facilmente allenabili. Questa squadra mi sta dando grandi soddisfazioni e sono contento di far parte di questo progetto.” E’ andata male, però, al miglior coach della stagione NBA, in questi Playoffs. Brooks e i suoi ragazzi hanno dovuto affrontare i Campioni in carica dei Los Angeles Lakers, al primo turno. “Questa è stata la prima esperienza Playoffs per tutti noi, compreso me stesso. Si tratta di tutt’altro basket rispetto alla stagione regolare e se ti tocca giocare contro gente del calibro di Jackson e Bryant, la situazione diventa ancora più complessa”, ha dichiarato Brooks alla fine della serie che ha visto i suoi Thunder uscire 4-2. Si è trattata di una serie, però, molto ben gestita da Oklahoma City e dal suo coach, che ha saputo cucire un minimo di margine tra i due reparti lunghi, con un game-plan molto ben mirato su Gasol e Bynum. Non è servito per continuare il sogno; ma, viste tutte le
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emozioni che i Thunder e Brooks hanno saputo regalare da novem- contribuire con ben 18 punti di media, la più alta per un giocatore bre ad aprile, per questa stagione va più che bene così. proveniente dalla panchina da 40 anni a questa parte, alla cavalcata degli Hawks. Per ben 27 volte è stato il miglior realizzatore dei D E F E N S IV E P L A Y E R O F T H E Y E A R suoi e nelle votazioni finali ha ottenuto 580 punti con 110 preferenze per il primo posto su 122 disponibili. “Senza di lui probabilCon 576 punti, davanti a Josh Smith (136) degli Atlanta Hawks e mente non avremmo vinto diverse partite” il commento eloquente Gerald Wallace (113) degli Charlotte Bobcats, Dwight Howard è di Joe Johnson a riguardo. Crawford era arrivato quest’estate in stato nominato per il secondo anno consecutivo il miglior difenso- una trade, passata abbastanza sotto i radar, che aveva mandato re della Lega. Il centro degli Orlando Magic ha terminato la sua Acie Law e Speedy Claxton ai Warriors in cambio dell’uomo famostagione con 18.3 punti e, soprattutto, 13.2 rimbalzi e 3.8 stoppate so per il suo “shake and bake”. Da subito è stato individuato come ad allacciata di scarpe. Insomma, medie strabilianti visto e consi- il giocatore che avrebbe dovuto portare punti e energia uscendo derato anche che sono riportati su 82 partite. “Io credo che la mag- dalla panchina di una squadra ambiziosa che ha poi confermato le gior parte delle persone creda che mi danno questo premio esclusi- aspettative su di lei riposte. “Quando l’ho contattato quest’estate – vamente guardando i numeri; al contrario, penso che la difesa fac- dice il general manager Rick Sund – gli ho subito spiegato che lo cia vincere i Titoli e le partite ed è per questo che mi concentro il volevamo impiegare come sesto uomo d’impatto. Che avrebbe più possibile su questo aspetto. L’ho pensato in passato e conti- potuto farsi una fama a livello dei vari Jason Terry e Manu nuerò a pensarlo.”, ha affermato Dwight Howard, visibilmente con- Ginobili e che questa sarebbe potuta essere la cosa migliore per la tento del premio ottenuto. E’ intervenuto anche il suo coach, Stan sua carriera.” Occasione che Crawford a quanto pare ha colto al Van Gundy, che ha detto in un’intervista: “Penso sia ammirevole il volo. Dopo essere partito in quintetto nell’80% delle precedenti fatto che ad appena 24 anni abbia già vinto questo premio due partite in carriera, quest’anno ha giocato 79 gare, tutte partendo da seduto, divenendo il primo Hawk a ottenere il riconoscimento volte; significa molto per lui e questo ci fa felici”. Ora, il pivot dei Magic, dopo la cocente sconfitta delle scorse negli ultimi 28 anni. Finals, si sta concentrando per portare a vincere i suoi compagni di Crawford, tra le altre cose, è finalmente riuscito a prendere parte squadra, il titolo NBA. L’ha fatto a suon di stoppate e rimbalzi in alla post season NBA, cosa che non gli era mai riuscita nelle preceRegular Season, continuerà a farlo nei Playoffs, cercando di denti 9 stagioni, e nel primo turno contro Milwaukee, pur con mostrare miglioramenti sugli aspetti del gioco nei quali ha ancora qualche difficoltà iniziale, ha mantenuto i suoi elevati standard di delle lacune. Si tratta di un ragazzo che, dicono fonti abbastanza rendimento, chiudendo le 7 partite con 15,9 punti in 30 minuti di attendibili, studia Bill Russel da anni e che vede in Dikembe utilizzo medio. Nel gioco degli Hawks Crawford sostituisce sia il Mutombo un esempio importante; senza dimenticare che il suo play, Mike Bibby, che la guardia, Joe Johnson, potendo sia portare coach personale è Patrick Ewing. Insomma, non chiediamoci come la palla che, soprattutto, attaccare il difensore, sia in penetrazione che col tiro da fuori. sia possibile che abbia vinto due volte in fila questo premio. Crawford è un giocatore piuttosto emozionale e sull’onda di una S IX T H M A N O F T H E Y E A R (di Nicolò Fiumi) stagione così positiva ha tirato con poco meno del 40% da oltre l’arco dei 3 punti e il 45% globale dal campo, dato tutt’altro che Jamal Crawford si porta a casa il Titolo di Sesto Uomo dell’anno negativo per un esterno. Ora assieme ai giovani Hawks vuole proper la stagione 2009/2010. Una bella rivincita per un giocatore che, vare a fare più strada possibile nei playoff, sapendo di avere il dopo una serie campionati sfortunati, era finito nel lager di Golden pieno supporto di coach Mike Woodson: “Non potrei essere più State e sembrava destinato a veder scemare malamente la sua car- felice del fatto che questo premio, fra tutti i giocatori, sia andato a riera, nonostante un talento cristallino che quest’anno lo ha fatto Jamal, un ragazzo straordinario.” Se non è fiducia questa.
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NBA PLAYOFF
We l c o m Larry O’Brie
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NBA PLAYOFF
me to: en ‘Rumble’
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Power Ranking
Los Angeles Lakers
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Si è conclusa come da copione una delle serie più avvincenti del lotto, ma quanta fatica per i campioni in carica per sbarazzarsi dei bambini-prodigio allenati dal Coach dell’Anno Scott Brooks. Una correzione volante di Pau Gasol sul tiro di Kobe Bryant ha sancito l’ultimo e definitivo sorpasso dei Lakers in gara 6, evitando una gara 7 quasi certa ed ammutolendo l’entusiasta pubblico di Oklahoma City. “La notte in albergo mi fischiavano ancora le orecchie per il baccano dei tifosi”, affermava Phil Jackson dopo la sconfitta in gara 3, a testimonianza dell’entusiasmo con cui i Thunder hanno trascinato il proprio pubblico fino ad un passo dal sogno. Ma andiamo con ordine. Tutti gli occhi erano ovviamente puntati sulle due stelle indiscusse della sfida, Kevin Durant e Kobe Bryant, giunti rispettivamente secondo e terzo nella corsa al titolo di MVP.
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Le due sfide allo Staples Center hanno visto i gialloviola vincitori, ma mai in maniera netta, tutt’altro. 8 i punti di scarto in gara 1, solo 3 in gara 2 grazie alla strepitosa prova di Kobe Bryant, capace di piazzare ben 39 punti nel canestro avversario. Ma è da gara 3 che la serie è entrata nel vivo. Dopo essere stati ad un soffio dal colpaccio nelle prime due partite nella Città degli Angeli, i Thunder hanno ottenuto la prima vittoria in post-season grazie soprattutto alla verve dell’uomo principale, quel Kevin Durant capace di diventare il più giovane di sempre a vincere la classifica marcatori. Fondamentali i suoi 29 punti e 19 rimbalzi, che testimoniano come sia finalmente riuscito ad evadere dall’asfissiante marcatura di Ron Artest il quale, nei primi due incontri della serie, aveva avuto la meglio. Le marcature sulla giovane ala dei Thunder hanno anche
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Oklahoma Cit y Thunder
DI
S TEFANO PANZA
aperto sconfinate praterie per le incursioni a canestro di Russel Westbrook, playmaker atipico sul quale Phil Jackson ha davvero faticato a trovare la marcatura adatta, in quanto Fisher, gran cervello ed eccelso tiratore, non ha né la prestanza fisica né l’atletismo per tamponare l’esuberante avversario. Intanto qualcosa si rompeva tra le fila dei campioni in carica. Phil Jackson nelle interviste post-partita lanciava messaggi infuocati ai suoi giocatori. Il primo a risentirne, a quanto pare, è stato proprio Kobe Bryant, velatamente accusato di scarso impegno e relegatosi ad assist-man a tempo pieno in gara 4, in cui ha realizzato 12 soli punti come a volersi fingere offeso dalle accuse, più o meno esplicite, del proprio coach. Il mancato apporto realizzativo del Black Mamba ha pesato come un macigno nell’economia della seconda gara consecutiva
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Power Ranking
giocata in Oklahoma, gara che è valsa nientemeno che il pareggio per la squadra di Brooks, capace di mettere la testa avanti dopo cinque minuti di gioco e di non voltarsi mai più indietro. Clamoroso il margine con cui i Thunder si sono sbarazzati dei campioni: 110-89 significa 21 punti di scarto, a testimoniare l’incredibile pericolosità di questa squadra. Al ritorno in California, però, i Lakers hanno ripreso a fare sul serio. Nonostante un Bryant ancora sottotono (13 punti e 7 assist in gara 5) i gialloviola dominano la contesa grazie soprattutto all’apporto sotto i tabelloni della coppia Gasol-Bynum, autori di due splendide doppie doppie. Proprio la differenza tra le batterie di lunghi è stata determinante per l’esito finale della serie: ogni singola gara è stata vinta dalla squadra che ha arpionato il maggior numero di rimbalzi. Così, se
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Phil Jackson può permettersi di schierare l’artiglieria pesante sotto canestro contro una squadra che a parte i poveri Krstic e Collison ha ben poco da mettere in mostra, è chiaro che affidare il pallone in post basso poteva rivelarsi un’arma efficientissima per staccare il tagliando per le semifinali. La splendida e tiratissima gara 6 si è conclusa nel modo più spettacolare possibile, come detto in apertura. Ci ha pensato proprio Gasol a siglare l’ultimo sorpasso a pochi secondi dal termine, mentre sul ribaltamento di fronte la tripla della disperazione di Westbrook on centrava la retina. Determinante dunque l’apporto dello spagnolo, che nelle sei sfide ha chiuso con ben 18 punti e 12.2 rimbalzi di media (interessanti anche i 3.7 assist confezionati). Bryant ha segnato di più (23.5) ma concedendosi, come detto, qualche pausa di troppo. Determinanti
però i suoi 32 punti nella sfida decisiva. Tra i Thunder, a parte lo straordinario apporto di Durant e Westbrook (25 punti di media il primo, 20.5 il secondo), ben poco è arrivato dal resto della squadra. Deludente Jeff Green, chiamato ad una vera prova di maturità. I suoi 11.8 punti a gara non sono pochissimi, ma il 23/70 al tiro (32.9%) è una miseria, anche se la difesa di Artest e Odom può giustificare questo dato. Sotto le aspettative anche l’apporto di Krstic, che non è andato sopra i 7.2 punti e 5.8 rimbalzi di media. Note liete, invece, da Ibaka (7.8 e 6.5 col 57% dal campo partendo sempre dalla panchina). Il futuro, ma ormai non è una novità, è chiaramente in mano a questi ragazzi. Adesso, però, possono anche vantare una minima seppur importantissima esperienza in ambito playoff. Il mix è completo.
HANNO DETTO...
Sorridente e soddisfatto Phil Jackson: «Eravamo concentrati el modo giusto» Pre-gara 1: «Per le chiamate che riceve, va veramente molto in lunetta» Jackson su Durant. La replica di DURANT: «Andare in lunetta ed essere aggressivo fa parte del mio gioco. Se si dice che ottengo chiamate da superstar e sono tutelato dagli arbitri, ci si allontana dal modo in cui gioco. E' una mancanza di rispetto nei miei confronti. E io non manco di rispetto a nessuno nella Lega. Rispetto ogni allenatore, ogni giocatore, tutti. Se gli arbitri ascoltassero queste cose e cambiassero il loro modo di arbitrare per questo, sarebbe terribile. Per il gioco del basket e per noi. Se succedesse, potrebbe parlare anche coach Scott Brooks. O ogni altro coach con lo scopo di veder cambiare il metro arbitrale. Ma dubito che lo facciano. Sono più intelligenti di queste cose, per questo non sono preoccupato». GARA 1: «E' stata dura per noi stasera - ha detto Durant - Ho avuto dei buoni tiri. Alcuni molt buoni. Ma non sono riuscito a infilarli. Questo è scoraggiante». «Quando ero all'apice della mia forma, non ero così dentro ai playoffs," ha
detto Artest. "Questa è una delle ragioni per le quali ho perso peso, così posso mostrare agli altri com'ero quando non avevano occasione di vedermi e come gioco in difesa. Non sto giocando come quando ero al top della forma, ma ho l'occasione di essere addirittura meglio». GARA 3. Al termine del match, comunque, fari puntati su Durant, giunto terzo nella corsa al premio di giocatore più migliorato: «Penso di aver fatto il grande salto l'anno scorso, in cui ho cominciato a sentirmi più a mio agio. Più giocavo più diventavo produttivo e costante. Quest'anno ho solo acquistato maggiore fiducia, diventando un po' più grosso e un po' forte, aiutando la mia squadra più efficacemente». GARA 5. «Vorrei poter spiegare il perché, ma ci hanno preso a calci nel sedere fin dall'inizio - ha detto Durant . Sono riusciti a piazzare alcune schiacciate all'inizio animando i tifosi, e da lì hanno gestito. Era dura rientrare in partita». «Avevamo la sensazione di essere concentrati nel modo giusto», ha affermato un sorridente e soddisfatto Phil Jackson.
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Power Ranking
Denver Nuggets
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Utah Jazz in paradiso, Denver Nuggets fuori nuovamente al primo turno. Sembra una storia più da torneo NCAA che da playoff NBA, con la squadra “under dog” che manda in vacanza i favoriti, nonostante le assenze di giocatori importanti e il pronostico sfavorevole. E invece queste belle storie accadono anche nella NBA. Certo, avvengnon con un po’ più di frequenza se puoi schierare dalla tua parte un certo Deron Williams, ragione numero uno del successo dei Jazz. Partiamo dai numeri dell’ex Fightin’ Illini: 25.8 punti, 11.3 assists, 48% da 3 punti, 71 tiri liberi tentati in 6 partite. Cifre che spiegano bene l’impatto avuto da questo giocatore che da solo ha trasmesso non solo fiducia ai suoi compagni, ma la convinzione di poter passare il turno. Chauncey Billups è stato letteralmente triturato da un giocatore che è certamente tra i primi 3 playmaker al mondo. Se Wesley Matthews e CJ Miles hanno viaggiato entrambi attorno ai 14 punti di media in questa serie, tanto
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del merito và ascritto a Williams, che ha gestito l’attacco di Jerry Sloan con una naturalezza e una saggezza tecnica e tattica vista solo ai migliori interpreti del ruolo. In 6 partite abbiamo visto tutto il suo sconfinato bagaglio tecnico. A partire dal pick’n’roll con Carlos Boozer, al momento una delle armi più letali di tutta la Lega. Denver non è quasi mai riuscita a porre un freno a questa soluzione. Il raddoppio su Williams portava a valanghe di canestri di Boozer in jump shot, mentre un’uscita forte sul lungo da Duke, esponeva la difesa al ciclone Deron. Che ha colpito in penetrazione, col tiro dalla media e da 3. Nella rare occasioni in cui i Nuggets hanno limitato questa soluzione Williams è sempre stato lucido nell’innescare le rotazioni di palla sul perimetro. Lì i Jazz hanno fatto ulteriormente la differenza tirando con il 38% abbondante da dietro l’arco e tagliando spesso le gambe agli avversari con le sferzate degli esterni. Certo i Nuggets non hanno mostrato il massimo dell’impegno
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difensivo. I 110 punti segnati in media dalla squadra di Jerry Sloan sono lì a testimoniarlo. In tutte le sconfitte, eccezion fatta per gara 3, Denver ha avuto la possibilità di vincere, vedendo frustrate le occasioni da difese al limite dell’imbarazzante. Sia in situazioni di uno contro uno che di rotazioni difensive. I Jazz partivano senza il loro miglior intimidatore, Andrei Kirilenko, e hanno perso subito un altro uomo d’area come Mehmet Okur. Sloan si è arrangiato con Boozer, Millsap, a malapena 2 metri, e l’ucraino Fesenko. Tolta gara 1, i Nuggets non hanno mai sfruttato questo vantaggio. Né in attacco, dove Nenè e Martin non sono mai stati cercati in situazioni dinamiche, relegandoli a possessi statici in post basso, che non sono il pane quotidiano di nessuno dei due, nè in difesa, dove Utah ha pareggiato il contro dei punti in area in gara 4, 5 e 6, fatto meglio in gara 3 e subito solo nei primi due confronti. Una situazione, probabilmente, figlia delle querelle scoppiata dopo
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gara 4 quando Carmelo Anthony ha chiesto ai suoi compagni di cominciare a giocare pure loro, non potendo vincere la serie da solo. Gara 4 è stato uno spartiacque della sua serie. Fino a quel momento aveva sì segnato 34,5 punti di media, ma tirando quasi 25 volte a partita, perdendo più di 4 palloni a gara (di cui 9 in gara 4) e intestardendosi in isolamenti che lo hanno portato a commettere molti falli offensivi. Negli ultimi due episodi della serie, invece, Anthony è stato meno egoista, cercando di più i compagni, probabilmente incitato anche da Adrian Dantley, che ha ricevuto critiche a più non posso per la gestione di una squadra che, secondo i più, in mano a George Karl non avrebbe fatto questa fine. Bisogna comunque dare i meriti ai Jazz di aver saputo fare di necessità virtù, ritrovando il vero Carlos Boozer, devastante per tutta la serie chiusa a 22 punti e 10 rimbalzi di media, mostrando nuovamente al mondo un potenziale All Star come Paul Millsap, firmatario della
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vittoria in gara 3 e sesto uomo da 17 e 10 con quasi due stoppate di media. Senza dimenticare CJ Miles fondamentale in difesa su Anthony e Wes Matthews, rookie non scelto all’ultimo draft che ha esordito con l’autorità di un veterano e con una sua stoppata a Anthony ha in sostanza fatto calare il sipario sulla serie. Denver dalla sua panchina non ha avuto molto, o meglio, ha avuto contributi a singhiozzo, specialmente, e non è un caso, nelle due partite vinte. JR Smith è una cartina tornasole: 37 punti nelle due vittorie, 30 totali nelle restanti 4 gare e un atteggiamento quasi polemico in gara 6, quando è stato ai margini della contesa in pratica per tutti e 48 i minuti. Chiaro che ora a Denver ci siano diversi punti all’ordine del giorno. Di sicuro mancano un quarto lungo da rotazione, Petro e Allen non sono presentabili e non si può certo sperare nei miracoli di Joey Graham, e probabilmente anche un altro esterno per allungare la panchina. Lawson ha confermato la buona impressione
destata in regular season, mentre Billups è riuscito a mostrare il suo vero volto solo in gara 6 e raramente nelle altre partite. Anche le ginocchia di Kenyon Martin saranno da valutare attentamente. Utah prosegue, invece, nel suo sogno. Se i Nuggets sembravano una montagna difficile da scalare, figurarsi come può apparire il Monte Lakers, che tra l’altro sono la bestia nera che elimina i Jazz da due anni consecutivi. Utah, però, al momento dà nettamente l’impressione di essere una squadra che gioca con una leggerezza insostenibile … dagli avversari. I giocatori sanno di avere già fatto in pieno il loro dovere e che una sconfitta a questo punto non sarebbe certo un dramma. Ma se Williams e compagni riusciranno a riproporre il gioco lucido e spumeggiante mostrato al primo turno, considerando anche il possibile rientro di Kirilenko, potremmo assistere a una serie più interessante del previsto.
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Anthony: «Abbiamo sbagliato i possessi decisivi». Boozer: «Siamo cresciuti di partita in partita GARA 1: DERON WILLIAMS (sull’infortunio a Okur): «Sappiamo che và così. Gli infortuni sono parte del gioco. Sai che da un momento all’altro possono. Da un po’ di tempo, però, sembrano che da noi arrivino sempre nel momento peggiore». CARMELO ANTHONY: «Mi sono detto che per avere successo come squadra in questi playoff avrei dovuto prendermi la maggior parte delle responsabilità ed essere il leader della squadra. Così sono andato in campo e ho cercato di dettare il ritmo per la squadra». GARA 2: DERON WILLIAMS: «Abbiamo fatto quello che volevamo, ossia riuscire a vincere una partita in trasferta. Adesso però non dobbiamo rilassarci. Dobbiamo vincere entrambe le partite in casa» ADRIAN DANTLEY (sull’arbitraggio): «Fa parte del gioco. Loro hanno attaccato di più il canestro rispetto a gara 1. Williams ha tirato 18 liberi. E’ il gioco. Devi adeguarti agli arbitri quando capisci che adottano questo metro di giudizio» GARA 3: PAUL MILLSAP: «Ho cercato di prendere il controllo dell’area. Loro sono stati piuttosto morbidi sotto canestro, così io ho provato ad essere il più aggressivo possibile» CARMELO ANTHONY: «Sono infastidito da come siamo stati inferiori come squadra questa sera. Abbiamo avuto un’opportunità di
recuperare nel terzo quarto e invece abbiamo subito il parziale che ha chiuso la partita senza reagire». GARA 4: CARMELO ANTHONY: «Ho fatto tutto il possibile per vincere la partita. Se potessi fare tutto da solo, lo farei. Ma ho bisogno che qualcuno mi aiuti. Non voglio che i miei compagni mollino. E’ una battaglia vera adesso, e il pensiero di mollare non ci deve nemmeno sfiorare». GARA 5: MELO ANTHONY: «Giocheremo nuovamente un’elimination game, ma intanto stasera abbiamo fatto il nostro dovere. Ora abbiamo messo su di loro un po’ di pressione, perché dovranno apportare degli aggiustamenti. Speriamo di andare a fare bene il nostro dovere anche sul loro campo e tornare qui per gara 7». JERRY SLOAN: «Sono stati più reattivi di noi. Sono arrivati su tutti i palloni con un po’ di anticipo e hanno avuto un grande contributo dalla panchina». GARA 6: CARLOS BOOZER: «Non volevamo tornare a Denver. Volevamo chiudere la serie a casa nostra, per i nostri tifosi e per noi stessi. E ci siamo riusciti perché abbiamo lavorata durissimo. Siamo migliorati di partita in partita». CARMELO ANTHONY: «Avevamo l’inerzia dalla nostra, poi è entrato Millsap che ha fatto alcune giocate decisive».
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Phoenix Suns
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Alla fine tutto è andato come previsto: è durata 6 partite l’agonia di questi Portland Trail Blazers, che privi nelle prime tre uscite della loro superstar Brandon Roy, hanno ottenuto un risultato apprezzabile per le condizioni in cui è maturato, ma assolutamente indegno delle aspettative riposte ad inizio stagione: nel punto più caldo della stagione sono venuti a mancare il leader assoluto e incontrastato della franchigia, entrambi i pivot di ruolo e già questo basterebbe a giustificare l’annunciato tracollo: ciononostante Portland è riuscita a portare a casa gara1 in Arizona, stupendo un po’ tutti e palesando la carenza di solidità tradizionale nell’ultimo decennio dei Suns. Dopo
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una gara1 all’insegna di una incomparabile intensità mostrata dalle 2 squadre, si è tuttavia ritornati alla normalità: Portland ha sofferto troppo la mancanza di un go-to guy e il solo Aldridge, che ha portato in dote 19 punti a gara con 6 rimbalzi e 2,2 assist, non ha potuto sfruttare gli atavici problemi in post basso dei Suns, e tranne qualche lampo di Andre Miller e di Jerryd Bayless, oltre alla solita presenza difensiva di Camby (10 rimbalzi in 29 minuti di utilizzo), si è visto ben poco negli uomini di McMillan in grado di revertire il proprio destino: scarso il contribu-
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to di Rudy Fernandez e mediocre quello di Batum, per il quale ci si era presi un bello spavento per un infortunio al braccio, fotogramma emblema della tragica, sportivamente parlando, situazione dei Blazers. Sul versante Phoenix, ottime notizie per Alvin Gentry, che contro tutti i pronostici di inizio stagione sta conducendo i Suns ad una stagione vintage D’Antoniana; merito del sempreverde Steve Nash, buono
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Power Ranking
ma non ottimo, ma soprattutto di un protagonista inatteso quale Jason Richardson che ha messo a referto 23.5 punti a gara con il 52% dal campo e il 51% da 3, oltre a quasi sette rimbalzi a uscita (28 punti nella gara decisiva , 29 in quella della svolta-gara 2-) oltre a giocate difensive e tiri
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importanti. Ottima anche la serie disputata da Channing Frye, cavalcato meno del previsto da Gentry ma comunque autore di una superba gara 6 con 20 punti, 8 rimbalzi allargando il campo come Phoenix avrebbe voluto per tutta la serie; buona anche la serie di Stoudemire, molto produttivo in attacco, dove ha mostrato uno stato di massima ispirazione offensiva e molto rivedibile in difesa, con una minima propensione alla carambola sottocanestro; contro questi Blazers è stato sufficiente, ma se i Suns sperano di tenere testa ai redivivi Spurs nelle semifinali della Western Conferente, è necessario che Amar’è faccia un salto di qualità nella propria metà campo, per la quale si
aggireranno individui come Tim Duncan, Antonio McDyess, e Dejuan Blair, quindi clienti a dir poco incazzatini. Se Amar’è non evolve in questa direzione difficilmente ci sarà una settima gara, nel caso contrario la finalissima con i Lakers (o i Jazz..) non è assolutamente fuori portata.
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Alvin Gentry: «Ho detto ai ragazzi di pensare agli Spurs ricordando le sconfitte» GARA 1 Nate McMillan: «Siamo stati bravi a tenere Stoudemire sotto controllo; Camby ha fatto un ottimo lavoro su di lui. Se vogliamo andare avanti dobbiamo trovare il modo di essere più incisivi in penetrazione e segnare in vari modi». Alvin Gentry: «Siamo stati puniti da Andre Miller che ha controllato a suo piacimento l’incontro: dobbiamo cercare di rendergli la vita più difficile se no» Amar’è Stoudemire: «Siamo stati colti di sorpresa, non li abbiamo presi sul serio, mentre loro hanno giocato con un’incredibile intensità difensiva. Dobbiamo giocare più in velocità,solo in questo modo possiamo metterli seriamente in difficoltà”«. GARA 2 Alvin Gentry: «Questa volta siamo stati noi ad aggredirli. Siamo riusciti a contenere bene Miller, grazie soprattutto allo straordinario lavoro di Grant Hill, uno dei pochi giocatori al mondo 37enni in grado di contenere anche schegge come Kobe Bryant o Tony Parker; abbiamo corso molto e preso tiri ottimi, non dando tempo alla loro difesa di adeguarsi; loro sono una delle migliori squadre quando si tratta di difendere, ed è stato fondamentale impedire loro di trovare la giusta quadratura difensiva». Nate McMillan: «Avevamo bisogno di affrontarli a viso aperto, visto che loro erano costretti a vincere, ma non lo abbiamo mai fatto, loro si sono imposti veementemente fin dall’inizio. Hanno mandato fuori ritmo il nostro attacco, contenendo molto bene Miller» GARA 3 Nate McMillan: «Proprio come in gara 2, anche in questa occasione siamo stati vittima della loro intensità, soprattutto nel primo tempo». Jaso n Richards on : «Sono molto sorpreso dello
spazio che mi hanno concesso stasera. Questa è stata probabilmente la mia miglior partita da professionista: sono 9 anni che gioco in questa lega, e per 7 volte non ho giocato la post season: per questo motivo sono disposto a dare tutto in campo. Sappiamo che gara 4 sarà molto difficile, loro sono una buona squadra con le spalle al muro; mi aspetto un grande match». GARA 4 Alvin Gentry: «Abbiamo sofferto molto Aldridge, sia per la sua abilità nello screen and roll sia per come ci ha attaccati in post, e mandarlo 12 volte in lunetta è assolutamente inconcepibile; lui non è un gran giocatore di post, non possiamo concedergli ciò”. L a M a r c u s A l d r i d g e : «Come sono entrato in campo, ho potuto eseguire il mio primo tiro assolutamente smarcato (tiro sbagliato,ndr): a quel punto ho pensato tra me e me “ Grazie al cielo Brandon è tornato». GARA 5 Channing Frye: «Certe volte ti capitano molte opportunità per segnare, e questa volta sono riuscito ad entrare in ritmo e ad allargare il campo; siamo riusciti a imporre il nostro ritmo, come loro hanno fatto in alcune partite precedenti: sarà una grande serie». GARA 6 Alvin Gentry: «Ho detto ai miei ragazzi dopo questa splendida vittoria di non guardare alla serie imminente contro gli Spurs con le immagini negli occhi delle sconfitte degli anni precedenti» Nate McMillan: «Brandon (partito per la prima volta in quintetto, ndr) ha faticato ad entrare in ritmo, non era capace di muoversi come fa normalmente: Richardson ha eseguito un ottimo lavoro su di lui mettendogli pressione addosso».
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Dallas Mavericks NBA PLAYOFF
I pronostici sono fatti per essere sbagliati. Avevamo previsto i Dallas Mavericks vincenti 4-2 sui San Antonio Spurs. La storia è andata diversamente. Allora, cospargiamoci il capo di cenere. Eppure se ricordate bene, alla fine dell’articolo di presentazione avevamo aggiunto, un “ma se Ginobili fa il Ginobili..”. Ebbene, non solo Ginobili ha fatto il Ginobili, ma Duncan ha fatto il Duncan, Parker ha fatto il Parker, e già questo basterebbe. Non avevamo previsto che i big three potessero trasformarsi in fab four. Merito di Richard Jefferson? Nossignore, la quarta meraviglia si chiama George Hill. Eccolo l’uomo che ha cambiato la serie, quello che ha fatto pendere in maniera definitiva l’ago della bilancia a favore dei nero-argento, quello
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che ha detto a un certo Tony Parker, “ prego Monsieur Parker, si accomodi in panchina”. Quella vecchia canaglia di Gregg Popovich ci è riuscito di nuovo. L’uomo giusto al momento giusto. Tutto l’inverso dei Mavericks, che nel momento decisivo si sono ritrovati sempre e solo Dirk Nowitzki. La serie. L’illusione di Dallas è durata solo una partita. Nel primo episodio della serie la squadra di Carlisle si è imposta 100-94. Un immenso Dirk Nowitzki da 36 punti e 7 rimbalzi, ha trascinato i Mavs al successo, ben supportato da Caron Butler (22) e Jason Kidd (13 punti e 11 assist). Dallas ha la meglio pur con un Jason Terry da soli 5 punti (tenete presente questo dato per dopo), mentre San Antonio spreca un Manu Ginobili da 26 punti e addirittura un Tim Duncan da 27 punti e 8 rimbalzi. Il sig. Eva
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Longoria, al secolo Tony Parker ne mette 18. Manca il supporting cast, con Hill che fa 0 in 18 minuti. Dallas sembra avere il passaggio della serie in pugno. Mai sottovalutare il cuore dei campioni. Nel post gara 1, Popovich va in conferenza stampa e dice. “ Quelli della panchina hanno giocato come dei cani”. Duro, diretto, come è nel suo stile. Roba da stendere chiunque. In 29 spogliatoi Nba sarebbe scattata la rivolta, non a San Antonio, non con il Generale Pop. Risultato? San Antonio sbanca Dallas 102-88 in gara 2. Ginobili (23), Duncan (25 e 17 r), Jefferson (16). La chiave è la difesa sul Tedesco, che ne mette 24, ma con 924 dal campo e con soli tre viaggi in lunetta (5/6). Terry si riscatta con 27 punti, ma la sua sarà una goccia d’acqua nel deserto di una serie nera. Col punteggio in equilibrio si va San Antonio. Gara 3 è tiratissima: 94-90 Spurs, i big three di San Antonio fanno il loro dovere (Duncan 25, Ginobili 15, Parker 23), poi spunta
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Power Ranking
George Hill che ne mette 17, ma la differenza nel quarto periodo la fa l’argentino di Bahia Blanca. Per i Mavs, Dirk immenso (35) e poi il nulla, a parte un JET da 17 ma con 6/19 al tiro. George Hill sale di colpi in gara -4. Il play ex Indiana University-Purdue University Indianapolis (ateneo dal nome assurdo) ne griffa 29 per una prova mostruosa, e San Antonio porta a casa la W (93-90), nonostante i soli 4 punti di Duncan. Sotto 3-1, i Mavs ci mettono l’orgoglio e trascinati da un grande Butler (35) vincono gara -5 (10381). Per portare la serie a gara -7 serve l’impresa a San Antonio. In una delle partita più belle e intense dell’anno, Duncan (17 e 10 r) e compagni dimostrano perché gli Spurs sono la franchigia più vincente dell’ultimo decennio Nba. Tecnica, cuore e orgoglio. San Antonio con Ginobili (26) e un decisivo Hill (21) scappa anche a +20 nel secondo quarto. Dallas sembra alle corde. Kidd, Terry e Marion sono l’ombra di sé stessi. Carlisle opera la mossa della disperazione gettando nella
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mischia il rookie francese Beaubois. L’incoscienza mista all’innegabile talento del figlio della Guadalupa rivitalizza Dallas. Nowitzki (33) capisce che è troppo presto per abbandonare la nave e con 16 meravigliosi punti di fila, riporta in linea di galleggiamento Dallas, che addirittura si porta avanti con una tripla del Tedesco. Nel momento migliore di Dallas, va a lavoro Manu Ginobili, et voilà, due bombe pazzesche e i Mavs (che non hanno niente da Dampier, Marion, Terry e Haywood) lentamente ma inesorabilmente soccombono. Finisce 97-87, San Antonio vince 4-2 e vola in semifinale dove affronterà i Phoenix Suns.
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Dirk Nowitzki: «Sono troppo amareggiato per parlare del futuro non c’ho ancora pensato ». Qui Dallas. Un’eliminazione che brucia. Sul banco degli imputati salgono Jason Kidd, Jason Terry e Mark Cuban. Kidd è stato impalbabile in tutta una serie chiusa a 8.0 punti e 7.0 assist di media. Numeri su cui riflettere. In attacco raramente ha preso responsabilità, se non per dare il pallone a Nowitzki. In difesa ha sofferto enormemente Parker nelle prime due partite, per essere letteralmente umiliato da Hill nelle successive quattro. Dispiace dirlo, ma ormai il viale del tramonto è stato ampiamente intrapreso. L’ex Nets rimane un giocatore straordinario, ma non uno che nel 2010 può aiutarti a vincere il titolo. Jason Terry (12.7 punti con il 37% al tiro) ha vissuto una serie da incubo. Il JET non ha mai spiccato il volo. Ginobili è la sua nemesi, l’argentino lo fa ammattire e il nativo di Seattle ha dimostrato di non valere il ruolo che pretende di avere in questi Mavs. Shawn Marion (8.7), invece, ha dato ragione a chi afferma che Steve Nash, tende a farti sembrare più forte di quanto tu lo sia in realtà. Da quando non gioca più con il canadese l’impatto di “The Matrix” è andato scemando, e questo è un pallido eufemismo. Mark Cuban ha fallito ancora una volta. Dallas dopo la delusione delle Finals 2006 ha collezionato tre eliminazioni su quattro al primo turno. Cuban ogni anno continua a investire sempre di più, smontando e rimontando un giocattolo che si è rotto negli ultimi sei minuti del quarto periodo di gara 3 a Miami nel 2006, e non si più aggiustato. In estate è atteso a importanti decisioni, quella più difficile riguarda Nowitzki (che merita un capitolo a parte), mentre avranno una seconda chance un positivo Caron Butler (19.7 punti di media nella serie) e coach Rick Carlisle. D i r k N o w i t z k i . Qualcuno oltreoceano ha
coniato il termine “perdente di lusso”. Ma come si può criticare uno che ha portato alla causa 26.7 punti e 8 rimbalzi di media, in una serie dove sanguinosa, nella quale è stato l’unico a lottare sino alla fine? Al termine di gara 6 l’uomo di Wurzuburg ha dichiarato: “Volevo andare molto più avanti nei playoffs e provare a realizzare il mio sogno. Ora sono troppo shockato e amareggiato per parlare del mio futuro, non ci ho ancora pensato. Ora avrò sicuramente molto tempo per farlo e valutare tutte le opzioni”. Che la storia tra Dallas e Nowitzki sia giunta al capolinea? Di sicuro se Dirk resterà in Texas qualcosa dovrà cambiare. Sarebbe ora di affiancargli magari un’altra stella di prima grandezza, con un cast di supporto all’altezza. Qui San Antonio. Questa squadra ha qualcosa di magico nel suo Dna. Qualcosa che proviene dalla famosa cultura Spurs, dal lavoro che negli anni hanno fatto Popovich e il suo staff, dalla classe di Tim Duncan (18.2 e 9.5 rimbalzi di media), dalla genialità di Manu Ginobili (19.0), dalla lucida follia di Tony Parker (15.8 e 5.7 assist). Ma anche dall’orgoglio di un vecchio leone come Antonio McDyess, e dalla fame di successi di George Hill e DaJaun Blair. Un materiale ben mischiato nelle mani di un coach che per sua e nostra fortuna alle missioni segreti nella CIA ha preferito il profumo dei parquet Nba. San Antonio è ancora viva e ha tutta l’intenzione di giocarsi bene le ultime carte. Contro Dallas hanno corso e allargato il campo, stravolgendo il game plan dei Mavs, che a loro volta la volevano mettere sul ritmo, e dal ritmo Spurs sono stati invece travolti. Ci si chiede fin quanto reggeranno. Il chilometraggio è avanzato, ma come detto in apertura, mai sottovalutare il cuore dei campioni.
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Cleveland Cavs
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Come da pronostico, i Cavs non hanno perso tempo a piegare la resistenza dei Bulls, chiudendo la pratica in 5 gare, e adesso aspettano alla Quicken Loans Arena i Boston Celtics, reduci da una serie dominata contro Miami. Nulla da fare per i Bulls, fuori al primo turno per il secondo anno consecutivo, che comunque possono consolarsi con la definitiva consacrazione di Derrick Rose. Il playmaker di Chicago, prima scelta nel draft 2009, ha chiuso la serie con una media di 26.8 punti e 7.2 assist, entrando di diritto nella cerchia dei migliori playmaker della lega. Una serie dominata da James & co. fin da gara 1, dove nonostante una prestazione "terrestre" del 23, i Cavs sono riu-
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sciti a tenere largamente dietro i Bulls, grazie anche ad un ottimo match di Antawn Jamison. L'ex Wizards chiude con una doppia dopia da 15 punti e 10 rimbalzi, dando dimostrazione di essere un tassello fondamentale per Cleveland. Nei Cavs ottima prova anche da parte di Mo Williams che chiude con 19 punti e 10 assist, mentre dalla panchina Varejao da il suo contributo con 8 punti e 15 rimbalzi. Per Chicago, oltre ai 28 punti e 10 assist di Rose, c'è il vuoto, con i soli Noah e Deng a raggiungere la doppia cifra. Gara 2 va avanti sulla falsariga del match precedente, ma stavolta Cleveland ha bisogno del quarantello di Lebron
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Chicago Bulls
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James, oltre ai 14 punti di Jamison e i 12 dalla panchina di Jamario Moon. Chicago sembra iniziare a prendere consapevolezza dei propri mezzi, ma anche James dimostra di non voler lasciare nemmeno le briciole agli avversari con un'ottima prestazione da entrambe le parti del campo. In tutto questo i Bulls, che riescono a tenere in carreggiata la partita fino a metà ultimo quarto, portano la serie a casa sotto 2-0, senza i favori del pronostico. Il primo match allo United Center di Chicago è la dimostrazione di quanto i Bulls possano giocarsela alla pari con i Cavs in partita secca, e la coppia Hinrich-Rose non da scampo a Cleveland, vincendo 108-106. Le due point
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Power Ranking
guards metteranno insieme 58 dei 108 punti totali, risultando determinanti per la vittoria insieme all'ottimo Deng, che chiude con 20 punti. Per Cleveland l'esordio lontano da casa lascia l'amaro in bocca, ma non è stato un match completamente negativo. Continua a destare buone impressioni Jamison, autore di una doppia doppia, mentre non basta la quasi tripla doppia di Lebron James, che chiude con 39 punti, 10 rimbalzi e 8 assist. Gara 4 diventa così la gara della verità per Cleveland, che avverte il rischio di una rimonta e gioca col sangue agli occhi, vincendo 121-98 e portando la serie in Ohio sul 3-1. A Chicago non bastano i soliti 21 punti di Rose e la straordi-
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naria doppia doppia di Noah da 21 punti e 20 rimbalzi. Ancora una volta Cleveland è trascinata dal trio JamesJamison-Williams, con il Prescelto che mette a referto una tripla doppia da 37 punti, 12 rimbalzi e 11 assist. Dalla panchina stavolta è Hickson a rendersi pericoloso in fase offensiva con 10 punti, mentre sotto canestro è decisivo il solito apporto di Varejao. Il trionfo finale per Cleveland arriva davanti al proprio pubblico, in gara 5, con Jamison a guidare in fase offensiva i Cavs, mentre James compensa la scarsa vena offensiva smazzando 10 assist. Chicago non molla fino alla fine del match, guidata dalle solite scorribande di Rose, ma alla fine deve arrendersi di soli 2 punti
ai Cavs. Adesso Cleveland può pensare a Boston, un ostacolo molto meno morbido di quanto pronosticabile a inizio playoffs, mentre Chicago può programmare la prossima stagione, nella speranza di un nuovo arrivo dal ricchissimo mercato dei free-agents. Del Negro pensa già al futuro, senza rimpianti per questa eliminazione: "Dopo tutto, abbiamo un buon nucleo di giovani, hanno avuto un'ottima esperienza nei playoffs dello scorso anno e anche quest'anno. Abbiamo molta flessibilità e profondità nel salary cap per questa estate. Sono orgoglioso dei miei ragazzi".
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Brown: «Lebron ha fatto la differenza in difesa. Noah: «Non siamo stati duri in campo». Jamison: «Questo è tutto, siamo in una condizione tale da poter raggiungere facilmente il successo. Il pubblico ci sta spingendo e noi ci stiamo divertendo, sono semplicemente felice di trovarmi in questa situazione». A fine match, R o s e non si preoccupa particolarmente dell'inizio difficile di questi playoffs per i suoi Bulls, consapevole di non avere di fronte il migliore avversario possibile: «Sarà una serie divertente, questo è ciò per cui vivo. Ci penso ogni giorno, ogni minuto di ogni giorno, stiamo giocando contro la migliore squadra dell'NBA e contro uno dei migliori giocatori». «Ormai per noi è tutto o niente» dice James, «Il match più importante è gara 3, ci stiamo preparando per questo già da ora». Coach Del Negro, nonostante tutto, non vuole darsi per vinto: «Giochiamo abbastanza bene per poterci permettere di vincere almeno una gara, ma finora loro le hanno vinte facendo il loro gioco» L'ala dei Bulls non vuole gioire troppo del primo successo casalingo, consapevole delle difficoltà della serie: «Dobbiamo trovare un modo per dimenticare tutto e restare positivi». Coach Brown non se la sente di colpevolizzare i suoi uomini dopo un match
tirato come questa gara 3: «Do ancora credito ai miei ragazzi, abbiamo ancora molte chanches per vincere alla fine». Il lungo dei Bulls fa autocritica a fine match, ammettendo di non avere affrontato il match al 100% per tutti i 48 minuti: «Non siamo stati duri mentalmente oggi, abbiamo giocato una buona pallacanestro, poi, all'improvviso, siamo collassati. Siamo una squadra giovane. Dobbiamo imparare da questi errori, ma quando le cose non girano dalla nostra parte non possiamo uscirne a testa bassa». Coach Br o wn non perde occasione per incensare la prova di James: «Lebron ha giocato un match terrificante andando i tripla doppia, ma ha realmente alzato il livello difensivamente. E' stato terrificante per noi nel lato debole, è stato grandioso nella difesa sulla palla, ha difeso per l'intera partita. Questo è ciò che vogliamo essere, specialmente a questo punto della stagione». Jamison cotinua a dare credito ai nuovi avversari di Cleveland, considerandoli ancora una squadra temibile: «Molta gente continua a dire che sono troppo vecchi, ma noi sappiamo che usciranno fuori e daranno il loro meglio».
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Passano in semifinale di Conference i Boston Celtics, con un 4-1 netto che ha il momento della svolta nel buzzer-beater di Paul Pierce in gara 3 a Miami che stende definitivamente le residue velleità Heat. Gara 1 è un match tignoso e poco spettacolare, dal punteggio basso. I Celtics si impongono 85-76 dopo aver recuperato da -14 nel terzo periodo. Tony Allen spegne Dwyane Wade (26 punti) nell'ultimo quarto lasciandolo a soli 4 punti. A fine gara mini-rissa tra Garnett (15 punti e 9 boards) e Quentin Richardson. KG viene sospeso per gara 2 e Richardson dichiara polemico "Pierce era lì steso a piangere, lui e Garnett sono due attrici (Two actressess there, that's what they are)". Gara 2 registra un 106-77 nettissimo in favore dei Celtics privi di Garnett ma con Glen Davis (23 pts, 8 rebs) sugli scudi in fase difensiva. Spaccata in due la partita con un parziale di 21-0 nel secondo quarto, Boston vola via con i 25 punti di Ray Allen che tira un 7/9 pazzesco da tre punti e porta i suoi fino al +33 con gli Heat limitati a 20 miseri punti nel pitturato (sempre sottotono Jermaine O'Neal, giocatore
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più deludente della serie nonostante condizioni fisiche non perfette) e aggrappati ai 29 punti, insufficienti per vincere, di Wade. Si vola in Florida per gara 3, la più emozionante della serie. Boston vince 100-98 con uno strepitoso buzzer-beater
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di Paul Pierce (32 punti e 8 rimbalzi per lui) che a 11.7 secondi dalla fine riceve la rimessa di Garnett, attende fino all'ultimo istante e infila il jumper che vale il 3-0. Dwyane Wade (34 punti e 8 assist) si batte da solo contro la difesa di Boston, i
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Celtics puntano sulle giocate di Pierce e i micidiali catch-andshoot di Ray Allen (25 pts), Kevin Garnett chiude con 16 punti e 6 rebs, Rajon Rondo 17 punti e 8 assist ma pesano sul risultato finale soprattutto le sue 4 steals. Nel terzo periodo, con Boston sul +9 (85-76) si accende Beasley (16 pts) con 6 punti consecutivi e poi Dorell Wright (15 pts) firma la tripla del nuovo pareggio Heat. Si arriva così sul 98 pari a meno di un minuto dalla fine. Spreca prima Boston, poi Miami non vuol essere da meno e sciupa il possesso decisivo con 11 secondi rimasti sul cronometro, poi Paul Pierce chiude virtualmente la serie con due punti pesanti sulla sirena. Miami in gara-4 si impone 101-92 con un ultimo quarto imponente in cui recupera da -8 e con i 46 punti (record della franchigia nei playoff) di Wade va a prendersi il diritto di giocare gara 5 alla TD Northern Arena. Boston conduce per buona parte delle fasi cruciali della partita, poi nel finale si inceppa dalla lunetta, dove Allen e Garnett tirano uno
0/5 negli ultimi 150 secondi che condanna i Celtics a cedere il passo agli Heat, tosti in difesa e con Wade in versione infallibile. Il match point di gara 5 è invece quello buono per Boston, che vince in casa 96-86 e lascia dire a Wade "La squadra migliore ha vinto la serie". I Celtics partono forte e con i 24 punti di Ray Allen -tutt'altro giocatore rispetto alla regular season, attenzione- si portano fino a 21 punti di margine. Wade fa il fenomeno, al solito, con 31 punti e 10 assist e con un 19-4 riporta i suoi a contatto. Nel parziale finale decisivo ancora Allen con 10 punti e Garnett con presenza difensiva e gioco in post in attacco. Partita in archivio e serie che consegna ai Celtics la sfida sulla carta senza storia con i Cleveland Cavaliers, ed a Miami la speranza racchiusa nelle parole di Wade "Questa è la mia ultima uscita al primo turno per un po' di anni". I tifosi Heat sperano, i Celtics si preparano ad affrontare la montagna Lebron.
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Haslem: «A tutti va un applauso per i playoff e per l’intera stagione» GARA 1 DOC RIVERS: «E’ stata una buonpartita per noi perché abbiamo mostrato voglia di lottare e determinazione nel momento decisivo, cosa che ci era mancata nella seconda parte della stagione. Molto spesso, quando andavamo sotto, provavamo a rientrare, ma dopo il primo tentativo era come se pensassimo che fosse troppo difficile e ci fermavamo». JOE DEROSA (arbitro, sull’espulsione di Garnett): «Ha chiaramente avuto uno scontro con Richardson, ma anche se così non fosse stato sarebbe comunque stato espulso perché avrebbe ricevuto un secondo fallo tecnico per aver cercato di tirare una gomitata». G A R A 2 P A U L P I E R C E : «Sappiamo bene che Dwyane Wade è un grande giocatore e nei playoff eleva ulteriormente il suo livello di gioco. Sappiamo anche che avrà la palla tra le mani il 90% dei possessi. Non è possibile fermarlo, perciò il nostro obiettivo e stato limitare i suoi compagni». E R I K S P O E L S T R A : «Non abbiamo segnati per due quarti interi. Abbiamo sbagliato 8, 9, 10 tiri consecutivi e lì abbiamo subito il parziale che ci ha uccisi». GA RA 3 P AU L P IERC E: «Siamo una squadra di veterani, e non ci facciamo certo spaventare. Specialmente nei
possessi decisivi». DWYA NE WA DE: (sui crampi che lo hanno colpito durante la partita): «Non ho potuto farci molto. Sapevo che non mi avrebbero abbandonato fino alla fine, così ho cercato di coinvolgere maggiormente i miei compagni». G A R A 4 M I C HA E L B E A S L E Y ( s u i 4 6 punti di Wade): «Lo ha già fatto in passato, ma farlo nei playoff e per giunta contro una della migliori difese della Lega… beh, che dire…. È un giocatore straordinario». GLEN DAVIS: «Segni 50 punti contro di noi? Complimenti, non è facile. Ora però mi chiedo se potrà farlo ancora. E sinceramente non credo». G A R A 5 U D O N I S H A S L E M : «Prima della partita ci siamo detti di non darci comunque per vinti. Avevamo voglia di lottare e ci abbiamo creduto anche quando loro sono riusciti a piazzare il parziale decisivo. Voglio bene a ciascuno dei miei compagni di squadra per come hanno lottato stasera e durante la stagione, quando nessuno scommetteva su di noi e tutti ci davano per spacciati». P A U L P IE R C E : «Ora Cleveland sarà una montagna difficilissima da scalare, ma sono convinto che questa squadra sia pronta ad affrontare l’esame».
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Atlanta Hawks
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Atlanta batte Milwaukee 4-3 e avanza al turno successivo, dove incontrerà i Magic di Howard e Carter. E’ stata sicuramente la serie più emozionante di questo primo turno, anche perché è stata l’unica serie finita alla settima partita. S’infrange infatti a gara 7 il sogno di Milwaukee di battere Atlanta, al termine di una gara mai in discussione in cui gli Hawks mettono la testa avanti da subito e non si guardano più indietro. Il punteggio parla chiaro, 95-74 a favore di Atlanta, con 22 punti di Jamal Crawford, alla sua prima esperienza nel PO dopo 9 anni di carriera, che dopo la fine della partita ha dichiarato: “E' come camminare a tre metri da terra". Atlanta ha dominato l’area pitturata, catturando ben 17 rimbalzi in più degli avversari (55-38), con Horford sugli scudi (15 Rodmans per lui). Ovviamente Atlanta ha sfruttato appieno l’assenza di Bogut per i Bucks, ai quali va comunque dato merito di aver trascinato a gara 7 una serie che all’inizio sembrava dover dire ben poco. I Bucks possono uscire dunque a testa alta, grazie anche a un ottimo Jennings che a fine gara parlando con i giornalisti ha detto: “Siamo
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Milwaukee Bucks
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usciti dal campo a testa alta , facendo il meglio che potevamo senza Bogut, il nostro miglior giocatore. Io mi sono adattato bene al gioco nei playoff, ma in estate mi allenerò duramente per diventare ancora più forte”. Il play ex Roma ha chiuso la serie con 18.7 punti ad allacciata di scarpe, condendoli con 3 rimbalzi e 3.6 assist. Molto bene ha fatto anche John Salmons che si conferma vero e proprio “animale” da Playoff, dopo la serie dall’anno passato giocata con i Bulls contro i Celtics. Le sue medie in 7 gare parlano di 17 punti, 3.7 rimbalzi e 4 assist. Salgono sicuramente le quotazioni di Coach Skiles, capace di far fare il salto di qualità a una squadra che ad inizio anno non era neanche considerata tra le papabili per una corsa ai PO. Ma pure lui ha potuto ben poco contro l’enorme talento dei ragazzi di coach Mike
Woodson, capaci di vincere gara 6 a Milwaukee di fronte al rumoroso pubblico dei Bucks, dopo lo spavento della gara 5 persa in casa. 83-69 il punteggio di gara 6, decisa da un parziale di 29-11 nel 3/4 a favore degli Hawks. 22 punti per Joe Johnson, 24 per Crawford e 15 con 15 rimbalzi per Horford, probabilmente i giocatori chiave per Atlanta quest’anno. Dalle loro mani dipenderà il destino degli Hawks. Johnson (20.9 punti, 5.4 rimbalzi, 5.7 assist) dovrà dimostrare ancora una volta di essere un vero leader in grado di trascinare i compagni verso il gotha del basket mondiale. Horford dovrà vedersela contro il miglior centro dell’NBA odierna, nonché difensore dell’anno, Dwight Howard, in un duello all’ultimo rimbalzo. Mentre il 6° uomo dell’anno, Jamal Crawford, dovrà continuare a bombarda-
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Bibby: «Incoraggiarsi a difendere è stata l’arma in più per passare il turno» Gara 1 Coach Skiles: «Ci sono alcuni mismatchs che ci sfavoriscono. Per esempio Joe Johnson è alto più o meno 2.03, se metto su di lui uno più piccolo lo porta spalle a canestro, se invece lo faccio marcare a uno più alto sfrutta il suo primo passo e va dentro con costanza». Coach Woodson: «Ho detto ai ragazzi di provare a dare la palla in post basso nei primi minuti, e la mossa ha funzionato. Il basket si basa sui mismatchs e bisogna cercare di trovare i maggiori benefici per la propria squadra». Gara 2 John Salmons: «Nel terzo quarto non abbiamo avuto la capacità di rispondere al loro gioco, fatto di corsa e velocità. Dalla prossima partita dovremo giocare duramente per tutti i 48 minuti della partita». Coach Woodson riguardo all'ottima difesa di Johnson su Jennings: «Jennings è un grosso problema per noi, in quanto può andare in penetrazione grazie alla sua velocità, ma sa anche segnare da fuori. Ma Joe ha fatto un ottimo lavoro, e quando non riusciva a contenere Jennings i nostri lunghi hanno aiutato veramente bene, non concedendo facili layup». Gara 3 Kurt Thomas: «Il nostro pubblico è stato fantastico, ci ha sostenuto per tutti e 48 i minuti di gioco». Jennings: «E' stata davvero una grande partita per noi, abbiamo iniziato con uno 0/2 ma quando le cose hanno iniziato ad andare meglio abbiamo sterzato e non ci siamo più
guardati indietro». Gara 4 Jamal Crawford: «Non riesco proprio a capire perché giochiamo cosi male in trasferta. Sembriamo un'altra squadra al di fuori della Philips Arena». Coach Skiles: «Brandon è stato grande ancora una volta. E' la sua prima serie di PO, ma sta facendo ottime giocate. C'è ancora qualche aspetto del gioco in cui deve migliorare, ma per ora sta davvero giocando come un veterano». Gara 5 Brandon Jennings: «Ero molto motivato prima dell'inizio della gara, perché sapevo che sarebbe stata la partita più importante per noi quest'anno. Sapevo che dovevo scendere in campo molto aggressivo». Gara 6 Coach Woodson: «Sono veramente soddisfatto. Loro hanno giocato duro ed è stata una lotta per 48 minuti. Ma noi abbiamo dato una sterzata nel terzo quarto e abbiamo messo al sicuro la vittoria» Jamal Crawford: «E' andata bene. Avevamo già affrontato delle avversità nel corso della regular season, ma ci siamo sempre rialzati. E l'abbiamo fatto anche stavolta». Gara 7 Coach Woodson: «L'unico modo per vincere questa serie era difendere duro. Stasera ci siamo riusciti e anche a Milwaukee (ndr Gara 6). Ognuno dei miei ragazzi ha dato il cuore per la squadra». Mike Bibby: «Ognuno incoraggiava l'altro a difendere meglio stasera, e ha funzionato alla grande».
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re il canestro avversario come ha fatto nella serie appena terminata (16 punti in 30’ di impego). La serie inizierà martedi 4 maggio, con i Magic che avranno il fattore
campo a loro favore. Si prospetta una serie davvero interessante che potrebbe essere l’occasione di una vita per gli Hawks.
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Orlando Magic
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Una carambola impazzita come una macchina di formula 1 in testacoda, questa è la serie tra i Magic e i Bobcats. Due squadre diverse, contrapposte tra il tiro da tre di Orlando a cui si aggiunge il valore aggiunto Dwight Howard, e la grande presenza sotto i tabelloni e la sonora difesa di Larry Brown, che vanta tanta esperienza nei playoff, tanto lavoro e che ha in Gerlad Wallace un campione di tutto rispetto.Una serie tra la "certezza" dell'est e la mina vagante arancione, una sfida davvero equilibrata e che potrà riservarci molte sorprese. Capitolo playmaking. Sarà molto bello il duello tra Jameer Nelson e Ray Felton, due play di sicuro avvenire, che stanno ancora facendo le ossa nella post season, visto che per il giocatore uscito da st Joseph's saranno le prime gare da protagonista, dopo che l'anno scorso un banale infortunio nel finale di stagione gli fece saltare i primi turni e spianò la strada ad Alston. Per Felton, così come per tutta la squadra arancione, saranno i primi playoff di sempre e quindi un'occasione irripetibile per costruire un progetto che vuole arrivare in alto. Nelson viaggia a 12 punti e 6 assist di media a serata, e rappresenta l'uomo che deve ricercare i compagni migliori quando la palla scotta. Ha dimostrato spesso di soffrire il back to back e di andare in apnea in situazioni critiche, ma dalla panchina potrà contare sull'esperienza e sui tanti minuti di qualità che ""White
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cioccolate" Jason Williams potrà dargli. Felton, che ha le stesse identiche media del pari ruolo della Florida (12 e 6) è forse più completo e più pronto al ruolo che avrà nelle gerarchie di Charlotte. Spesso, infatti, ha infatti risolto lui la gara con soluzioni individuali anche di pregevole fattura e da non dimenticare c'è anche che il suo pedigree è comunque North Carolina, quindi il ragazzo col numero 20 può veramente imporsi come fattore nella serie. Dalla panchina può sempre entrare Dj Augustine a far cambiare la musica ma poco di più. Shooting Guard hot spot. Carter vs Wallace, Wallace vs Carter, i due go to guy che avranno nelle loro mani, e che soprattutto vorranno avere nelle loro mani le palle pesanti e decisive e tutti i buzzer beater che si dovessero presentare. Vincredible si presenta in una condizione fisica eccellente, con ben 75 partite all'attivo per lui quest'anno, giocate con 17 di media a serata, ma con buone percentuali. Se l'altro prodotto di North Carolina deciderà di mettersi anche tosto in difesa e cercare di limitare l'avversario di turno, Orlando ha alte probabilità di chiudere la serie presto e con scioltezza, ma sul versante opposto Gerald Wallace ha tantissimo talento e grande possibilità di chiudere l'azione con classe e con forza, nonostante non sia un lungo scrive una doppia doppia da 18 e 10 rimbalzi a serata e proprio l'attitudine e afre sempre qualcosa in più
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Charlotte Bobcats
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D OMENICO L ANDOLFO
del compitino di shooting guarda potrebbe portare a vedere gli arancioni strappare qualche sorriso. Forward series. Orlando ha numeri tre atipici, i vari Rashard Lewis, Matt Barnes e "air france" Pietrus, sono giocatori che lasciano il segno e che hanno diverse caratteristiche. Tutti interessantissimi e con un compito specifico, sanno portare il loro contributo in una zona del campo. Lewis garantisce mano salda e visione di gioco e tra le stelle della serie è forse la più sottovalutata, anche se l'età inciderà e non poco sull'ex Sonics Rashard. Barnes non è più il run and gun di Golden State ma ha visto i suoi orizzonti aprirsi anche a rimbalzo, Pietrus è l'uomo che guida la difesa e che sarà tenuto a cambiare sui tanti pick and roll che Brown ha intenzione di creare. Charlotte risponde con Stephen Jackson uomo estroso se ce ne è uno che col suo tiro "cattivo" può punire qualche passaggio a vuoto della difesa in blu. Viaggia a oltre 20 di media e con ottime percentuali e sa fare la cosa giusta al momento giusto, sarà uno delle correnti di pensiero dominanti di questa serie. Boris Diaw è pronto a battersi laconicamente sul campo in una squadra dove ha una leadership sottobanco non indifferente. E' in gran forma in questo momento e ha sfiorato la tripla doppia nelle ultime giornate. Certo gli avversari nel suo ruolo non sono novellini e hanno un livello elevato, ma il buon francese sa tirar fuori gli
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artigli e spingere il doppio pivot di Van Gundy molto lontano dal canestro, dove può creare qualche grattacapo. Colonne portanti al centro. Non neghiamolo, Howard è il faro dei magic, ma stavolta superman avrà cabine più strette in cui cambiarsi. Se qualcuno leggesse le statistiche di Charlotte, noterebbe che non ha lunghi che raccolgono dieci rimbalzi a gara e quindi tenderebbe a svalutare il pacchetto interno dei Bobcats, ma invece esso è competente e lungo. Tyson Chandler, Tyrus Thomas, Theo Ratliff e anche Desagana Diop, quanto centri puri che fanno venire i brividi al tiro ma che a chili e centimetri non hanno da invidiare a nessuno. Panchine. Per Orlando, JWilliams a parte, di cui già si è detto, ci sono il volenteroso Reddick che con le sue triple si conquista minuti e addirittura chiude a 12.6 di media, e attenzione a Bass e Gortat che di fiato e voglia ne hanno da vendere, che poi ci sia anche Ryan Anderson, giocatore ondivago se ce ne è uno, sarà problema più per i Magic dargli una collocazione stabile, dato che gli arancioni hanno giocatori molto duttili. La panchina di Charlotte, a parte per l'abbondante o meglio sovrabbondante settore lunghi, ha poco, con il solo Hughes a tirare la carretta e a offrire contributo solido e stabile dalla bench position. Chiudiamo qui dicendo che tra le tante serie, questa è l'unica che può riservarci qualche sorpresa.
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dando i suoi nei momenti chiave, quando le triple di Jackson e Wallace avevano dato il là alla fuga degli arancioni. E’ stato il play ex san Joseph’s a guidare i suoi nel momento di difficoltà, quando Howard è stato in panca per falli (e probabilmente meritava il flagrant), e quando i vari Lewis, Carter, erano fuori ritmo e non riuscivano a trovare la via del ferro. Charlotte rimpiange le preghiere finali affrettate di Jackson e Felton che si infrangono sul ferro, forzate da un’ottima difesa ordita da Stan Van Gundy. Giunti a gara 4 le energie si assottigliano e viene fuori l’esperienza di Carter e Lewis che con una partita perfetta guidano Orlando in semifinale al termine di una gara intensa,
con i Bobcats avanti grazie a Felton nel primo quarto e che, non riescono a sfruttare se non in avvio di secondo periodo l’assenza per falli di Howard (ottimo Tyrus Thomas migliore dei suoi con 21punti). Sono le bombe di Barnes e Pietrus e i jump dalla media di un impeccabile Carter a controllare la gara nel finale e a chiudere con un perentorio 4-0 una serie che sulla carta appariva di sicuro più equilibrata e più ricca di insidie. Adesso si prospetta un secondo turno sulla carta semplice per Orlando che prenderà la vincente di gara 7 tra Atlanta e Milwakee, due squadre che non di certo potranno fermare la corsa del treno blu che vuole ritornare in finale.
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Brown: «Non credo che andrò via da Charlotte». Van Gundy: «C’erano tante insidie» Gara 1 Nelson: «Abbiamo vinto, giocando bene e cercando di fare sempre la cosa giusta, aprendo il campo e cercando l’uomo libero sugli scarichi. Ottime le nostre percentuali al tiro stasera. Per quel che mi riguarda, ho avuto molto spazio e ho cercato di sfruttarlo al meglio, specie nel primo tempo». Howard: «In una parola mi sento frustrato. Ho cercato di dare tutto me stesso in difesa, portando il mio contributo nei blocchi, a rimbalzo e con tanta energia. Energia che poi è evidenziata dalle stoppate e dal grande lavoro sui loro lunghi.” Brown: «Devi cercare di essere perfetto per portare a casa la gara in trasferta. Ci abbiamo provato con ogni mezzo a nostra disposizione, ma siamo stati fermati dal loro tiro e da un Jameer in grande serata. Avevamo concentrato la nostra attenzione su Howard, e il piano partita di portarlo fuori dal match magari ha anche funzionato, ma abbiamo regalato troppi spazi agli altri». Gara 2 Howard: «Anche stasera sono frustrato come dopo gara 1. Tanti falli, troppi, ma l’importante è di sicuro essere riusciti a portare a casa la gara. Non era facile, date le varie circostanze, ma non importa quanti falli ti fischiano, l’importante è continuare a giocare con lucidità, far girare la palla, trovare ottimi tiri. Dobbiamo lavorare molto nel nostro gioco in post basso, dove i nostri maggiori kili e centimetri possono diventare l’arma determinante per portare a casa le prossime partite». Brown: «Tirano col 43% dal campo, difendono forte, hanno anche il miglor difensore della
stagione, ma non sono le nostre scuse queste; facciamo errori ricercando i tiri dalla distanza e scegliendo il loro ritmo, invece di andare dentro e cercare di farci valere sotto i tabelloni. Stasera abbiamo avuto un ottimo contributo da Nazi , mentre per Tyson bisognerà aspettare ancora il momento». Gara 3 Van Gundy: «L’intensità in questa seria è fortissima, per i ragazzi non c’è nulla di facile, nulla di scontato. Oggi la loro difesa ci ha costretto a ben 21 palle perse , ma col passare dei minuti siamo migliorati complessivamente partendo dalla forza e dall’energia a rimbalzo e da qualche stoppata arrivata da Howard e Gortat». Gara4 Brown: «Non abbiamo tirato per niente bene dal campo, persino ai liberi siamo andati male, e se tiri così non vinci contro nessuno. Tanto più che Orlando è una grandissima squadra, forte ben allenata, che ha grandi campioni. Vince è stato straordinario stasera, Nelson e Lewis hanno fatto una serie eccezionale, Pietrus e Barnes, pur entrando dalla panchina, si sono ritagliati un ruolo da protagonisti. Non credo che andrò via da Charlotte; qui c’è grande pubblico, grande entusiasmo, abbiamo raggiunto per la prima volta i playoff per una società che ha solo sei anni, ci sono un paio di giovani interessanti e poi c’è Micheal (Jordan), con cui ho un grande rapporto e fino a quando lui vorrà io starò qui». Van Gundy: «Spesso sei in striscia di vittorie e non sai qual è il limite del pericolo. Questa serie presentava numeroso insidie, ma le abbiamo superate».
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Fonte foto: http://upload.wikimedia.org
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A LESSANDRO
DI
DELLI
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Era il 1927 quando Abe Saperstein , newyorkese di origini ebree, ricco di idee ed iniziative, acquistò una squadretta locale che si esibiva nelle leghe semiprofessionistiche. Nacquero, così, gli Harlem Globetrotters. ‘Harlem’ indicava la provenienza del team, il ‘brough’ afroamericano della Big Apple, e ‘Globetrotters’, invece, richiamava una filosofia di vita, quella di una squadra destinata ad esportare, dapprima in tutti gli States e poi, appunto, introno al globo, lo spettacolo del basket a stelle e strisce. In realtà, nessuno dei giocatori proveniva dal quartiere nero di New York ma, l’idea di Saperstein era quella di costruire una squadra interamente nera. Difatti, nei ‘Trotters’, all’inizio della loro storia, confluivano i talenti reietti dal grande palcoscenico della pallacanestro statunitense, playgrounder, ballers e giocatori dotati ai quali, per via del colore della pelle, era precluso il mondo del professionismo. La squadra di Harlem, quindi, sfidava il razzismo dell’epoca, schierando giocatori afro di classe sopraffina e conquistando i vari ‘tournament’ americani con il loro gioco spumeggiante e coinvolgente. Un nome su tutti: Wilt Chamberlain. Il giocatore più forte del mondo, prima dell’avvento di Michael Jordan, vestì la canotta dei ‘Trotters’ dominando gli avversari proprio come avrebbe fatto, di lì a poco, nella NBA. Ben presto, il genio di Saperstein capì che il pubblico era attratto dall’aspetto ludico in senso stretto e dal divertimento puro che i ‘ballers’ in maglia a stelle e strisce sapevano regalare. Ecco quindi l’idea di trasformare le partite degli HGT in esibizioni pirotecniche fatte di allegria, gags divertenti, coinvolgimento del pubblico. Insomma, lo spettacolo stato puro avrebbe preso il sopravvento sull’agonismo e sul risultato sportivo. I ‘Trotters’ originari, quindi, lasciarono spazio ai giocolieri fantastici che ‘vivono’ ancora oggi. Il filo conduttore che unisce i pionieri del baskek spettacolo agli attuali ambasciatori del divertimento cestistico, è, appunto, la voglia di divertire e di divertirsi. La gioia primordiale di far roteare una palla a spicchi e di mettere in mostra atletismi tali da far rimanere a bocca aperta. La melodia di “Sweet Georgia Brown”, canzone che risuonava nel Savoy Ballroom di Chicago, trascinando i ballerini dell’epoca, incantava Saperstein che decise di utilizzarla per le primissime esibizione dei suoi giocatori. Quella stessa musica, dal 1927 ad oggi, ha sempre accompagnato le tournee degli ‘Harlem Globetrotters’, divenendo la colonna sonora di eventi che, da esibizioni folcloristiche si sono trasformate in momenti storici, come l’esibizione dinanzi a Papa Giovanni Paolo II o come quella di Berlino in cui, per la prima volta una formazione americana abbatteva la ‘cortina di ferro’. Le canotte biancorossoblu si apprestano, ora, a ritornare in Italia. Dal 4 al 10 maggio si terrà l’‘Harem Globetrotters Italian Tour 2010’ che toccherà le città di Modena, Cagliari, Caserta, Firenze, Rimini, Milano, Varese. L’appuntamento immancabile è quello del 6 Maggio quando i frombolieri americani si esibiranno sul parquet del PalaMaggiò di Caserta. Uno show al quale gli appassionati cestofili casertani non
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potranno mancare. ‘Live is life’, per una volta, lascerà spazio a “Sweet Georgia Brown”, e l’ansia per il risultato della partita dell’amata JuveCaserta cederà il posto al divertimento per le acrobazie e le giocate di Flight Time Lang, Hi Rise, Slick Willie Shaw e Bull Bullard. Gli ‘Harlem Globetrotters sono tornati.
Big Easy Lofton ȱ ȱ
Position: Showman Date of Birth: 04/15/1981 Height: 6' 9" Weight: 250 lbs College: Southeastern Louisiana University '05 Hometown: New Orleans, Louisianaȱ
Airport Greenup
Position: F Date of Birth: 11/08/1979 Height: 6' 8" Weight: 225 lbs College: Shaw University (N.C.) '04 Hometown: Baton Rouge, Louisiana
AlȱsestoȱannoȱdeiȱGlobetrotter,ȱAirportȱGreenupȱallaȱShawȱUniversityȱdelȱNordȱCarolinaȱfacevaȱ parteȱdellaȱDivisionȱIIȱAllȬAmerican,ȱdoveȱtiravaȱconȱunoȱsbalorditivoȱ71%ȱdalȱcampoȱduranteȱleȱ sueȱstagioniȱjuniorȱeȱsenior.ȱ ȱ Comeȱsenior,ȱèȱstatoȱilȱsoloȱgiocatoreȱdellaȱDivisionȱIIȱaȱfinireȱtraȱiȱtopȱ30ȱperȱscore,ȱrimbalzi,ȱ stoppate,ȱpercentualiȱdiȱtiro.ȱȱ Eȇȱstatoȱancheȱilȱmiglioreȱdellaȱstagioneȱ2003Ȭ04ȱcomeȱGiocatoreȱinȱDifesaȱdelȱCentralȱCollegeȱ AthleticȱAssociation.ȱȱ Airportȱsperaȱdiȱpoterȱaprireȱunȱnegozioȱdiȱabbigliamentoȱdopoȱȱlaȱsuaȱcarrieraȱnelȱbasket.ȱȱ ȱ ȱ ȱ
Big Easy Lofton ȱ ȱ
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by
Ruolo: coach jjjjj Città natale: Inkster, Michigan College: Brigham Young University-Hawaii viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
Famoso per il suo salto verticale di 120 cm durante il suo settimo anno come giocatore negli Harlem Globrotters, Barry “Hi Rise” Hardy ritorna come allenatore per la quarta stagione.
viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it ȱ ȱ Bigȱ easyȱ deveȱ ilȱ suoȱ soprannomeȱ perchéȱ natoȱ èȱ cresciutoȱ aȱ Newȱ Orleans,ȱ nonostanteȱ ilȱ suoȱ soprannomeȱnullaȱèȱstatoȱfacileȱnellaȱsuaȱvitaȱeȱnell’agostoȱdelȱȱ2005ȱconȱiȱtrediciȱmembriȱdellaȱsuaȱ famigliaȱ hannoȱ affrontatoȱ laȱ crisiȱ causataȱ dall’uraganoȱ Katrina.ȱ Caricataȱ laȱ famigliaȱ sulȱ pickup,ȱ sonoȱevacquatiȱaȱHoustonȱinȱTexas.ȱ ȱ NominatoȱdueȱvolteȱnellaȱselezioneȱdeiȱmiglioriȱgiocatoriȱdellaȱShoutȱEasterȱLuisiana.ȱ NelȱcampionatoȱNCAAȱèȱstatoȱleaderȱperȱrimbalziȱeȱstoppate,ȱassistȱeȱpalleȱrecuperate,ȱgrazieȱalleȱ sueȱgrandiȱstoppateȱèȱinȱgradoȱdiȱentusiasmareȱgrandiȱeȱpiccini.ȱ QuandoȱavevaȱtrediciȱanniȱhaȱfattoȱlaȱsuaȱprimaȱschiacciataȱinȱalleyȬoop.ȱ ȱ ȱ
Hardy ha giocato per sei stagioni con gli Harlem Globrotters dal 1993 al 1999, poi è ritornato nella squadra per il World Tour del 2006. La sua eccezionale capacità di saltare e la sua abilità nello schiacciare lo hanno reso il beniamino del pubblico durante i suoi anni da giocatore. Hardy ha lavoratore per tre stagioni come Goodwill Ambassador per i Globotrotters e un anno con la sezione marketing dell’organizazzione.
Bones Millien
Hardy era al quarto anno alla Brigham Young University-Hawaii, quando, dopo aver vinto per tre volte i titolo di campione di schiacciate, si guadagnò la reputazione di uno dei migliori schiacciatori della nazione. Hardy aiutò la scuola a partecipare alle NAIA Final Four e si laureò in Business Management. Quando è lontano dal campo di gioco, gli piace andare a pesca e passare molto tempo con i suoi figli. 13 WILT CHAMBERLAIN
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Marques Haynes (nato il 3 ottobre 1926) è uno dei maestri assoluti del dribbling. Sembra abbia affinato questa abilità passando il tempo a dribblare le sorelle, e il gestire la palla sulle malconce strade della sua città natale, deve aver giocato un ruolo chiave. In molti lo considerano il miglior ballhandler mai esistito, e il suo gioco ha influenzato giocatori come Bob Cousy, Pete Maravich e Fred “Curly” Neal. Nativo di Sand Springs, Oklahoma, è entrato a far parte dei Globetrotters dopo quattro anni a Lengston University (1942-1946) . Haynes ha lasciato i Globetrotters nel 1953 firmano un contratto da 35.000 $ astagione con PhialdelPhia Warriors, che hanno fatto di lui il secondo giocatore più pagato nella NBA. E’ poi rientrato nei Globe come giocatore/allenatore. Ha anche giocato con gli Harlem Wizards. Si ritirò nel 1992 dopo 46 anni di carriera professionale, ed è stato inserito nella Basketball Hall of Fame il 2 ottobre 1998. by
jjjjj
viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
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Position: F Date of Birth: 05/23/1983 jjjjj Height: 6' 8" Weight: 205 lbs viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it College: Idaho State University '06 Hometown: Queens, New York by
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Camberlain è considerato uno tra i migliori giocatori di pallacanestro di sempre. 2.16 mt, noto come Wilt The Stilt o The Big Dipper, detiene circa 100 record Nba. Esordisce tra I professionisti con I Philadelphia Warriors nel 1959, dove resta fino al 1968, quando passa ai Lakers. Ha vinto due by quello del maggior numero titoli NBA. Fra i suoi record c’è di punti segnati in una sola gara, 100, che realizzò il 2 jjjjj marzo del 1962 contro i New York Knicks a Hershey, Pennsylvania. In quella partita andò a canestro con 36 tiri viale Andrea Doria, 17 20124 Milano info@harlemglobetrotters.it da due punti e 28 tiri liberi. Nella sua cariera, ha una media di oltre trenta punti, e 22 rimbalzi a partita. Vinse quattro volte il premio di miglior giocatore della Lega, undici volte la classifica del miglior rimbalzista, sette quella della miglior percentuale di tiro, sette quella del migliot marcatore, e una quella de miglior assist-man. In 14 stagioni nella Lega Professionistica statunitense, non raggiunse mai il limite dei sei falli, nonostante fosse il pilastro della difesa della sua squadra. Chamberlain ha messo a segno 31.419 punti (quarta posizione assoluta) in 1045 parite, il che lo collocava al primo posto della classifica del giocatore con il maggior numero di punti in carriera quando si è ritirato, nel 1974; 15 anni più tardi è stato superato Kareem Abdul-Jabbar. La suamedia punti per gara in cariera, 30,07 è la seconda nella storia della NBA dietro solamente a quella di Michael Jordan (30,12); è il quarto marcatore di tutti i tempi. E’ stato inserito nella Basketball Hall of Fame.
Position: Showman Date of Birth: 04/15/1981 Height: 6' 9" Weight: 250 lbs College: Southeastern Louisiana University '05 jjjjj Hometown: New Orleans, Louisianaȱ
Bones Millien è cresciuto nel Queens a New York e si è avvicinato al basket guardando la leggenda del Queens Kenny Anderson diventare una star, ma dice che lo hanno fortemente influenzato anche Kevin Garnett e Michael Jordan. Bones dice sempre ai ragazzini: “ Non mollate mai, nonostante i risultati negativi, ma affrontateli e vedrete che sarete ripagati”. Questo è ciò che ha imparato da bambino. Quando divenne più grande, quell’etica del lavoro portò Bones da New York attraversando tutto il paese, fino a Pocatello, Idaho, dove alla Idaho State University fu il miglior realizzatore.
A Bones piacciono i video games e si considera anche un cantante provetto tanto da pensare che le sue abilità canore potrebbero fargli incidere una hit per American Idol. Ma probabilmente la sua abilità più unica è quella di tenere un pallone da basket con solo due dita. Provateci per capire quanto è difficile.
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S T A R S ‘ N ’ S T R IP E S
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Bull Bullard
Flight Time Lang
Position:ȱGȱ DateȱofȱBirth:ȱ09/30/1984ȱ Height:ȱ6ȇȱ4ȈȱȱȱWeight:ȱ217ȱlbsȱȱ College:ȱTexasȱA&MȱUniversityȬCorpusȱChristiȱȇ08ȱȱ Hometown:ȱDetroit,ȱMichiganȱ
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Bullȱ Bullard,ȱ unoȱ deiȱ seiȱ giocatoriȱ sceltiȱ duranteȱ leȱ selezioniȱ perȱ divenatareȱ unȱ Globetrottersȱ delȱ 2008,ȱ èȱ laȱ provaȱ viventeȱ cheȱ unaȱ personaȱ puòȱ superareȱ leȱ avversitàȱ eȱ realizzareȱ iȱ proprpriȱ sogni.ȱ Bullȱèȱcresciutoȱinȱunaȱfamigliaȱadottiva,ȱeȱperȱquestoȱtendevaȱaȱstareȱsempreȱsulleȱsue,ȱmaȱsempreȱ credendoȱcheȱquestoȱloȱavrebbeȱfattoȱdiventareȱpiùȱforteȱeȱpiùȱdeterminatoȱnelȱrealizzareȱleȱproprieȱ aspirazioni.ȱ Aȱ Bull,ȱ inȱ realtà,ȱ nonȱ piacevaȱ ilȱ basketȱ quandoȱ cominciòȱ aȱ conoscerloȱ all’etàȱ diȱ setteȱ anni,ȱ maȱ quandoȱ diventòȱ unȱ teenager,ȱ suaȱ madreȱ adottivaȱ loȱ incoraggiòȱ aȱ giocare,ȱ perchéȱ sentivaȱ cheȱ questoȱ sportȱ sarebbeȱ statoȱ produttivoȱ perȱ lui.ȱ Luiȱ siȱ innamoròȱ delȱ basketȱ e,ȱ lungoȱ laȱ suaȱ carriera,ȱ incontròȱ moltiȱ allenatoriȱ innamoratiȱ anch’essiȱ diȱ questoȱ sport,ȱ cheȱ loȱ aiutaronoȱ adȱ avereȱ successo.ȱ ȱ
Daȱ bambinoȱ Bullȱ consideravaȱ tuttiȱ iȱ suoiȱ insegnantiȱ degliȱ eroiȱ “perchéȱ miȱ spingevanoȱ sempreȱ aȱ fareȱ meglio”ȱ dice.ȱ “ȱ Adoroȱ iȱ ragazziniȱ eȱ nonȱ miȱ piaceȱ vedereȱ cheȱ alcuniȱ sonoȱ persiȱ oȱ sullaȱ viaȱ sbagliata.ȱ Miȱ divertoȱ aȱ fareȱ loroȱ daȱ mentoreȱ eȱ aȱ dirgliȱ diȱ nonȱ mollareȱ maiȱ eȱ diȱ essereȱ sempreȱ ottimistiȱeȱconcentratiȱsuiȱpropriȱobiettivi.ȱSeȱseguonoȱquestiȱconsigliȱsarannoȱdestinatiȱaȱcompiereȱ grandiȱcoseȱnellaȱvita”.ȱ Laȱ primaȱ voltaȱ cheȱ Bullȱ schiacciòȱ fuȱ all’etàȱ diȱ 13ȱ anniȱ eȱ daȱ alloraȱ sviluppòȱ sempreȱ diȱ piùȱ laȱ suaȱ abilitàȱ nelȱ saltoȱ eȱ laȱ portòȱ alȱ campionatoȱ universitarioȱ diȱ schiacciateȱ alleȱ Finalȱ Fourȱ delȱ 2008,ȱ quandoȱ conquistòȱ ilȱ secondoȱ postoȱ ottenendoȱ dueȱ degliȱ uniciȱ votiȱ piùȱ altiȱ inȱ assolutoȱ assegnatiȱ duranteȱquellaȱgara.ȱ ȱ
Bullȱ fuȱ cosìȱ memorabileȱ duranteȱ laȱ garaȱ diȱ schiacciateȱ cheȱ iȱ Newȱ Yorkȱ Jetsȱ loȱ invitaronoȱ alȱ loroȱ Rookieȱ Campȱ delȱ 2008,ȱ nonostanteȱ Bullȱ nonȱ avesseȱ maiȱ giocatoȱ aȱ football.ȱ “ȱ Sonoȱ statoȱ lìȱ perȱ treȱ giorniȱ eȱ ciȱ hannoȱ fattoȱ fareȱ moltiȱ eserciziȱ eȱ lanci.ȱ Loroȱ avevanoȱ ilȱ rosterȱ quasiȱ tuttoȱ completo,ȱ quindiȱ nonȱ c’eraȱ moltaȱ possibilitàȱ cheȱ entrassiȱ aȱ fraȱ parteȱ dellaȱ squadra,ȱ maȱ èȱ stataȱ davveroȱ unaȱ bellaȱesperienza”.ȱGuardaȱBullȱeȱleȱsueȱcalzeȱvolareȱduranteȱilȱtourȱdeiȱGlobetrotters!ȱ by
Dizzy Grant
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viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
ȱ Position:ȱGȱ DateȱofȱBirth:ȱ08/01/1976ȱ Height:ȱ6ȇȱ3ȈȱȱȱWeight:ȱ195ȱlbsȱȱ College:ȱCentenaryȱCollegeȱ(La.)ȱȇ98ȱȱ Hometown:ȱBrinkley,ȱArkansasȱ
Ilȱ magoȱ delȱ ballȱ handlingȱ degliȱ Harlemȱ Globetrotter,ȱ Flightȱ Timeȱ Langȱ siȱ èȱ autoȬproclamatoȱ ȈfanaticoȱdellaȱTVȱreality.ȱQuestȇautunnoȱhaȱavutoȱlaȱsuaȱoccasioneȱperȱdiventareȱunaȱdelleȱpersoneȱ daȱguardareȱdalȱproprioȱsalotto,ȱvistoȱcheȱluiȱedȱilȱsuoȱcompagnoȱdiȱsquadraȱBigȱEasyȱLoftonȱeranoȱ inȱ corsaȱ perȱ unȱ finaleȱ topȬfourȱ nellaȱ 15°ȱ stagioneȱ dellaȱ serieȱ vincitriceȱ degliȱ Emmyȱ Awardsȱ ȈTheȱ AmazingȱRaceȈ.ȱ ȱ
Ilȱ piùȱ vecchioȱ diȱ noveȱ bambini,ȱ Flightȱ Timeȱ haȱ fattoȱ moltiȱ sportȱ duranteȱ laȱ suaȱ giovinezza,ȱ inȱ particolareȱhaȱgiocatoȱaȱfootballȱamericano.ȱNellaȱsuaȱprimaȱpartitaȱinȱseventhȱgradeȱhaȱinterrottoȱ unaȱ corsaȱ vincenteȱ sulleȱ 65Ȭyardȱ pensandoȱ diȱ averȱ fattoȱ punti:ȱ ȈHoȱ messoȱ giùȱ laȱ pallaȱ eȱ hoȱ cominciatoȱaȱfesteggiare.ȱIlȱproblemaȱperòȱeraȱcheȱnonȱeroȱancoraȱnellaȱendȱzoneȈ.ȱ IlȱsuccessoȱsarebbeȱarrivatoȱpiùȱfacilmenteȱsulȱparquetȱvistoȱcheȱFlightȱTimeȱsiȱèȱguadagnatoȱiȱtitoliȱ allȬstate,ȱallȬregionȱeȱallȬconferenceȱallaȱhighȱschool,ȱeȱpoiȱalȱCentenaryȱCollege,ȱdoveȱfacevaȱparteȱ dellaȱ selezioneȱ dellaȱ primaȱ squadraȱ allȬconferenceȱ eȱ migliorȱ marcatoreȱ dellaȱ conference.ȱ Unoȱ studenteȱ diȱ spicco,ȱ Flightȱ Timeȱ èȱ statoȱ nominatoȱ loȱ StudenteȬAtletaȱ dellȇannoȱ nelȱ 1998ȱ alȱ Centenary,ȱdiplomatoȱpoiȱinȱeducazioneȱfisica,ȱbenessereȱeȱsalute.ȱ ȱ
Flightȱ Timeȱ èȱ unoȱ deiȱ palleggiatoriȱ piùȱ talentuosiȱ deiȱ Globetrotterȱ ȈMiȱ piaceȱ guardareȱ iȱ vecchiȱ videoȱdeiȱGlobetrotterȱcomeȱMarquesȱHaynesȱeȱCurlyȱ Neal.ȱHoȱavutoȱunaȱgranȱfortunaȱaȱgiocareȱ conȱ Curleyȱ Booȱ Johnsonȱ cheȱ miȱ haȱ insegnatoȱ molto.ȱ Eȇȱ ilȱ migliorȱ palleggiatoreȱ cheȱ hoȱ maiȱ incontrato.Ȉȱ ȱ
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Position: G Date of Birth: 12/03/1982 Height: 6' 2" Weight: 190 lbs College: College of New Jersey '05 Hometown: Princeton, New Jersey
DiȱcertoȱèȱsoprannominatoȱFlightȱTimeȱperȱunȱmotivo.ȱEraȱ soloȱ5Ȭ10ȱquandoȱhaȱschiacciatoȱperȱ laȱ primaȱvoltaȱinȱunaȱpartita.ȱ by
Hammer Harrison
viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
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DizzyȱhaȱiniziatoȱaȱgiocareȱaȱbasketȱdopoȱaverȱvistoȱunaȱpartitaȱdeiȱGlobeȱall’etàȱdiȱsetteȱanni.ȱ Nell’ultimoȱannoȱdellaȱsuaȱcarrieraȱuniversitariaȱèȱstatoȱnominatoȱatletaȱdell’annoȱdellaȱNewȱJerseyȱ AthleticȱConference.ȱ ȱ Essereȱ unȱ Globetrottersȱ haȱ datoȱ aȱ Dizzyȱ l’opportunitàȱ diȱ vedereȱ delleȱ coseȱ cheȱ laȱ grandeȱ maggioranzaȱdelleȱpersoneȱpuòȱsoltantoȱsognare,ȱperȱesempioȱinsiemeȱaȱquattroȱsuoiȱcompagniȱdiȱ squadraȱhaȱcamminatoȱsullaȱgrandeȱmuragliaȱcinese.ȱ ȱ Grantȱ amaȱ inoltreȱ giocareȱ aȱ golfȱ nelȱ tempoȱ libero.ȱ Alȱ termineȱ dellaȱ suaȱ carrieraȱ conȱ ilȱ teamȱ ilȱ suoȱ sognoȱèȱdiventareȱilȱunȱpilotaȱdiȱaereo.ȱȱ
Firefly Fisher
by
Position: G Date of Birth: 03/10/1986 Height: 5' 9" Weight: 160 lbs College: Siena College (N.Y.) '08 Hometown: Kingston, Newjjjjj Yorkȱ
Position:ȱFȱ DateȱofȱBirth:ȱ06/02/1986ȱ Height:ȱ6ȇȱ9ȈȱȱȱWeight:ȱ220ȱlbsȱȱ College:ȱHamptonȱUniversityȱ(Va.)ȱȇ09ȱȱ Hometown:ȱBrooklyn,ȱNewȱYorkȱ
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Seȱstateȱcercandoȱunaȱstoriaȱsuȱcomeȱsiȱpossonoȱsuperareȱleȱavversitàȱeȱsuȱunȱinizioȱtardivoȱperȱ realizzareȱunȱgrandeȱsogno,ȱquestaȱèȱquellaȱdelȱnuovoȱschiacciatoreȱdeiȱGlobetrotters,ȱHammerȱ Harrison.ȱUnaȱvolta,ȱHammerȱsiȱruppeȱtutteȱleȱditaȱdellaȱmanoȱdestraȱeȱilȱpolsoȱdestro.ȱQuandoȱ avevaȱundiciȱanni,ȱsiȱruppeȱtutteȱeȱdueȱleȱgambeȱeȱfuȱcostrettoȱaȱstareȱunȱmeseȱsullaȱsediaȱaȱrotelleȱeȱ aȱtreȱmesiȱdiȱriabilitazione.ȱIlȱdoloreȱgliȱimpedìȱdiȱgiocareȱaȱsportȱcompetitiviȱeȱintensiȱperȱcinqueȱ anni.ȱ ȱ
All’etàȱdiȱdiciassetteȱanni,ȱHammerȱcrebbeȱdiȱ12,7ȱcmȱeȱcominciòȱaȱgiocareȱaȱbasket,ȱvedendoȱinȱ questoȱsportȱunaȱviaȱperȱrealizzareȱgrandiȱcose.ȱDopoȱilȱliceo,ȱsiȱiscrisseȱalȱSullivanȱCommunityȱ Collegeȱ(N.Y.),ȱgiocòȱaȱbasketȱtuttiȱiȱgiorniȱperȱmigliorareȱleȱproprieȱcapacitàȱeȱentròȱaȱfarȱparteȱ dellaȱsquadraȱdelȱcollegeȱalȱsecondoȱanno.ȱQuell’annoȱlaȱsquadraȱfeceȱunaȱstagioneȱdaȱsognoȱ andandoȱimbattutiȱallaȱNJCAAȱDivisionȱIIIȱMen’sȱBasketballȱChampionship.ȱHammerȱfuȱilȱmigliorȱ realizzatoreȱnellaȱpartitaȱperȱilȱtitolo.ȱ PoiȱHammerȱportòȱilȱsuoȱtalentoȱallaȱHamptonȱUniversity,ȱdoveȱfuȱilȱsecondoȱmigliorȱrimbalzista.ȱ TrovòȱancheȱilȱtempoȱdiȱlaurearsiȱinȱComputerȱGraphics.ȱ“Sonoȱdavveroȱappassionatoȱdiȱ tecnologiaȱeȱmiȱpiaceȱseguireȱloȱsviluppoȱdeiȱnuoviȱgadget”ȱdiceȱHammer,ȱilȱcuiȱsitoȱpreferitoȱèȱ engadget.com.ȱ“Costruiscoȱancheȱcomputerȱdaȱzeroȱeȱliȱmodifico”.ȱIlȱsuoȱsognoȱèȱquelloȱdiȱaprireȱ unoȱstudioȱdiȱgraphicȱdesign.ȱ ȱ
Hammerȱsenteȱcheȱdiventareȱunȱglobetrotterȱèȱunȱgrandeȱbalzoȱinȱavantiȱnellaȱgiustaȱdirezioneȱsiaȱ perȱlaȱsuaȱvitaȱcheȱperȱlaȱsuaȱcarriera.ȱSeȱlaȱsuaȱvitaȱfosseȱunȱprogrammaȱtelevisivo,ȱgliȱpiecerebbeȱ cheȱfosseȱ“Survivor”,ȱperchéȱdice:ȱ“Perȱtuttaȱlaȱmiaȱvitaȱhoȱlottatoȱeȱadessoȱcheȱsonoȱconȱiȱ Globetrottersȱhoȱfinalmenteȱricevutoȱilȱmioȱpremioȱcheȱvaleȱunȱmilioneȱdiȱdollari”.ȱ ȱ by
viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
Alȱ suoȱ primoȱ annoȱ negliȱ Harlemȱ Globetrotters,ȱ Fireflyȱ Fisherȱ èȱ laȱ provaȱ viventeȱ cheȱ “nellaȱ botteȱ piccolaȱc’èȱilȱvinoȱbuono”.ȱ
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FireflyȱportòȱilȱsuoȱtalentoȱnelȱtiroȱalȱSienaȱCollegeȱaȱLoudonville,ȱN.Y.,ȱȱdoveȱtrascinòȱiȱ“Saints”ȱalȱ Metroȱ Atlanticȱ Athleticȱ Conferenceȱ (MAAC)ȱ nelȱ 2007Ȭ2008ȱ eȱ conseguìȱ unȱ incredibileȱ 83Ȭ62ȱ nelȱ primoȱroundȱdelȱtorneoȱdellaȱNCAAȱdelȱ2008.ȱDuranteȱquellaȱstagioneȱebbeȱunaȱpercentualeȱdelȱ 44.4%ȱȱneiȱtiriȱdaȱtreȱpuntiȱeȱfuȱancheȱsceltoȱdagliȱHarlemȱGlobetrotters.ȱ ȱ
Moltiȱ deiȱ suoiȱ allenatoriȱ furonoȱ perȱ ilȱ giovaneȱ Fireflyȱ nonȱ soloȱ unaȱ guidaȱ sulȱ campo,ȱ maȱ siȱ assicuraronoȱ cheȱ leȱ coseȱ andasseroȱ beneȱ ancheȱ fuoriȱ dalȱ campo,ȱ inȱ modoȱ taleȱ cheȱ Fireflyȱ potesseȱ raggiungereȱ iȱ suoiȱ obiettivi.ȱ Egliȱ cercaȱ diȱ condividereȱ facendoȱ daȱ mentoreȱ aiȱ ragazziȱ eȱ organizzandoȱ campȱ nellaȱ suaȱ cittàȱ d’origineȱ eȱ quandoȱ iȱ suoiȱ giorniȱ daȱ giocatoreȱ arriverannoȱ allaȱ fine,ȱ gliȱ piacerebbeȱ diventareȱ unȱ insegnante.“Aȱ moltiȱ ragazziȱ oggiȱ mancaȱ laȱ figuraȱ diȱ unȱ uomoȱ forteȱ cheȱ liȱ guidiȱ nellaȱ direzioneȱ giusta”ȱ diceȱ Firefly.ȱ Luiȱ consigliaȱ aiȱ ragazzi:ȱ “ȱ Abbiateȱ obiettiviȱ nellaȱvitaȱeȱnonȱaspettateȱcheȱquestiȱsiȱrealizzinoȱdaȱsoli,ȱperchéȱleȱopportunitàȱnonȱsemplicementeȱ accadono,ȱmaȱbisognaȱlavorareȱsodoȱperȱriuscireȱaȱcoglierle”.ȱ Ilȱduroȱ lavoroȱdiȱFireflyȱhaȱdatoȱiȱsuoiȱfruttiȱdiventandoȱunȱmembroȱdegliȱHarlemȱGlobetrotters.ȱ “miȱpiaceȱfareȱspettacoloȱeȱfarȱsorridereȱlaȱgente,ȱeȱnonȱc’èȱunȱmodoȱmigliorȱperȱfarloȱseȱnonȱconȱgliȱ HarlemȱGlobetrotters”.ȱ by
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Hi Rise Brown
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NatoȱaȱKingston,ȱN.Y.,ȱFireflyȱèȱcresciutoȱguardandoȱiȱNewȱYorkȱKnicks,ȱeȱproprioȱispirandosiȱaȱ loroȱ cominciòȱ aȱ giocareȱ aȱ basketȱ sulȱ passoȱ carraioȱ delȱ padreȱ ogniȱ voltaȱ cheȱ poteva.ȱ Ilȱ terrenoȱ eraȱ pienoȱdiȱsassiȱedȱèȱperȱquestoȱcheȱFireflyȱèȱdiventatoȱunȱespertoȱpalleggiatore.ȱ Fireflyȱ amavaȱ ancheȱ l’atleticaȱ leggera,ȱ unoȱ sportȱ cheȱ haȱ praticatoȱ finoȱ all’etàȱ diȱ trediciȱ anni.ȱ Inȱ particolareȱcorrendoȱiȱ100ȱmetriȱeȱgareggiandoȱnelȱsaltoȱinȱalto;ȱmaȱunaȱvoltaȱriportataȱl’attenzioneȱ sull’anello,ȱcominciòȱaȱvolareȱeȱunaȱvolta,ȱsegnandoȱ61ȱpuntiȱinȱunaȱpartita,ȱvinseȱilȱpremioȱ“Facesȱ inȱtheȱcrowd”ȱsulloȱSportsȱIllustrated.ȱ
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Position:ȱFȱ DateȱofȱBirth:ȱ10/12/1980ȱ Height:ȱ6ȇȱ5ȈȱȱȱWeight:ȱ185ȱlbsȱȱ College:ȱMinnesotaȱStateȱUniversityȬMankatoȱȇ02ȱȱ Hometown:ȱWestchester,ȱIllinoisȱ PerȱilȱquintoȱannoȱneiȱGlobetrotter,ȱHiȱRiseȱBrownȱstupisceȱiȱsuoiȱfanȱinȱtuttoȱilȱmondoȱconȱiȱsuoiȱ balziȱ apparentementeȱ senzaȱ limiti.ȱ Ilȱ suoȱ soprannomeȱ èȱ unȱ tributoȱ alȱ predecessore,ȱ oraȱ allenatoreȱ BarryȱȈHiȱRiseȈȱHardy.ȱȈMolteȱpersoneȱtrovanoȱcheȱlaȱmiaȱabilitàȱnelȱsaltareȱricordiȱquellaȱdiȱBarryȈȱ diceȱHiȱRise.ȱȈMiȱsentoȱonorato,ȱvistoȱcheȱhoȱsentitoȱmolteȱgrandiȱcoseȱnegliȱanniȱpassatiȱriguardoȱ quelloȱcheȱhaȱfattoȱperȱlaȱsquadra.ȱLȇhoȱincontratoȱperȱlaȱprimaȱvoltaȱqualcheȱannoȱfaȱeȱoraȱstiamoȱ sempreȱaȱprenderciȱinȱgiroȱsuȱchiȱsiaȱilȱveroȱHiȱRise.Ȉȱ ȱ
Hiȱ Riseȱ haȱ unaȱ schiacciataȱ preferita?ȱ Ȉȱ Miȱ piaccionoȱ tutte,ȱ maȱ laȱ follaȱ sembraȱ esaltarsiȱ quandoȱ faccioȱ unȱ 360°ȱ oȱ quandoȱ faccioȱ laȱ miaȱ schiacciataȱ allaȱ ȈSpiderȬManȈ.ȱ Deviȱ ȱ venireȱ aȱ vedereȱ perȱ capireȱcosaȱintendo.ȈȱNatoȱvicinoȱdiȱChicago,ȱHiȱRiseȱèȱilȱpiùȱgiovaneȱdiȱottoȱfigli,ȱhaȱcinqueȱfratelliȱ eȱ 2ȱ sorelle.ȱ Laȱ suaȱ famigliaȱ viveȱ ancoraȱ inȱ quellaȱ zonaȱ eȱ Hiȱ Riseȱ risiedeȱ nellaȱ periferiaȱ diȱ Westchester,ȱIII,ȱlaȱsuaȱcittàȱnatia.ȱSuoȱfratelloȱRandyȱhaȱvintoȱtreȱanelliȱnelȱCampionatoȱNBAȱconȱiȱ Chicagoȱ Bulls.ȱ Suoȱ fratelloȱ Alan,ȱ unoȱ sceriffoȱ dellȇareaȱ diȱ Chicago,ȱ èȱ statoȱ moltoȱ diȱ supportoȱ eȱ incoraggianteȱperȱlaȱsuaȱcarriera.ȱ ȱ
HiȱRiseȱhaȱpresoȱparteȱadȱunȱtourȱstoricoȱdelȱMiddleȱEastȱnelȱDicembreȱdelȱ2006,ȱvisitandoȱ12ȱbasiȱ militariȱamericaneȱinȱcinqueȱstati,ȱinclusoȱlȇIraq.ȱȈWow.ȱNonȱpotevoȱcredereȱdiȱessereȱlì,ȱeȱessereȱlìȱeȱ giocareȱaȱbasketȱèȱstatoȱancoraȱpiùȱsurreale.ȱQuelȱviaggioȱeȱlȇandareȱinȱAfricaȱsonoȱstatiȱiȱmieiȱdueȱ viaggiȱ preferitiȱ conȱ laȱ squadra.ȱ Ilȱ poterȱ visitareȱ cosìȱ tantiȱ postiȱ delȱ mondoȱ èȱ unaȱ delleȱ coseȱ cheȱ preferiscoȱ standoȱ conȱ iȱ Globetrotter.Ȉȱ Camminareȱ sullaȱ Grandeȱ Muragliaȱ Cineseȱ èȱ unȇaltraȱ delleȱ coseȱȈcoolȈȱfatteȱvestendoȱgliȱabitiȱrossi,ȱbianchiȱeȱblu.ȱ ȱ
HiȱRiseȱhaȱregalataȱquesteȱparoleȱispirateȱaiȱgiovani:ȱȈSeȱstaiȱprovandoȱadȱemergere,ȱciȱsarannoȱdeiȱ blocchiȱsullaȱstrada,ȱmaȱgliȱostacoliȱnonȱdevonoȱfermarti.ȱSeȱstaiȱperȱsbattereȱcontroȱunȱmuroȱnonȱ girarciȱattorno,ȱnonȱcedere,ȱtrovaȱilȱmodoȱperȱscalarlo,ȱvaiȱfinoȱinȱfondo,ȱlavoraciȱsu.Ȉȱ by
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viale Andrea Doria, 17 - 20124 Milano - info@harlemglobetrotters.it
STAR S ‘N’ STR I PES
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AROUND THE USA
S TEFANO TEFANO L IVI IVI DI
Il 75° Draft è già storia passata
Ormai la 75esima edizione del draft NFL è storia. Sette rounds e 255 picks che forniscono spunti interessanti e ci lasciano parecchi punti interrogativi. Nonostante sappiamo che occorre aspettare i primi lanci e le prime corse per stabilire chi effettivamente ci abbia guadagnato qualcosa in questo draft, proviamo a vedere chi sembra si sia mossa meglio. Le franchigie che, almeno sulla carta, escono vincitrici sono senza dubbio i Seattle Seahawks e, a sorpresa, gli Oakland Raiders. I Seahawks hanno effettuato una doppia scelta al primo turno prendendo l’ex tackle di Oklahoma State, Russell Okung, alla quarta scelta assoluta che riempirà lo spazio lasciato vuoto dal leggendario Walter Jones andando così a consolidare la linea d’attacco per gli anni a venire.
Successivamente Pete Carrol si è assicurato il safety Earl Thomas con la 14esima scelta del draft in modo da risolvere i problemi che la difesa aveva con i lanci. Ottimo colpo portato a segno anche nel secondo turno con il ricevitore Golden Tate che formerà una coppia ben assortita con Houshmanzadeh. La più grande sorpresa di questo draft arriva sorprendemente da Oakland. I Raiders, dopo anni di pietosi fallimenti, si sono mossi con intelligenza, effettuando delle scelte basate sulle necessità più che sulla fisicità degli atleti come Al Davis ci aveva abituato. Con il linebacker Rolando McClain e la dipartita verso Jacksonville di Morrison, i predoni cercano di migliorare le loro giocate contro le corse. Dopo aver draftato
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Houston per la linea difensiva, i Raiders sono andati a puntellare la linea d’attacco con Veldheer e Bruce Campbell, quest’ultimo poteva essere scelto al primo turno, ma Oakland ha avuto la pazienza di aspettare la 106esima scelta. L’unica posizione rimasta vuota nel draft era quella del quarterback, riempita successivamente con l’acquisto di Jason Campbell dai Redskins che da solo ha prodotto più dei tre QB presenti attualmente nel roster nero-argento. Dopo aver passato una stagione 2009 alternando ottime prestazioni, come le vittorie sui Dolphins e Steelers, a sconfitte imbarazzanti, sommersi da valanghe di punti messi a segno dalle franchigie newyorkesi, sembra che i Raiders abbiano la seria intenzione di ripresentarsi ai play-off dopo una lunga assenza. Ovviamente da menzionare la scontata prima scelta assoluta Sam Bradford, il primo dei tre ex Oklahoma draftati tra le prime quattro scelte. Bradford si trasferisce a St. Louis, posto perfetto per migliorare e diventare un grandissimo quarterback e per essere la solidissima base su cui costruire un’ottima squadra negli anni futuri. Insieme ai Raiders, i Detroit Lions, famosi anche loro per le stupide scelte nei draft, hanno lasciato stupiti per l’intelligenza dei loro colpi. Dopo aver draftato Suh, il miglior prospetto del draft, i Lions si sono assicurati, grazie ad un trade con i Vikings, l’ottimo running back Jahvid Best. Aggiungendo questi due a giocatori arrivati in questa off season come la guardia Sims, il difensive end Vanden Bosch e il ricevitore Nate Burleson, improvvisamente i Lions sembrano poter dire la loro nella prossima stagione. Il secondo quarterback draftato non è stato Jimmy Clausen come molti avevano predetto ma Tim Tebow, preso dai Broncos nel primo round alla loro seconda scelta, la 25esima assoluta. Scelta controversa, questa di Josh McDaniels, per via delle strane meccaniche di lancio che caratterizzano il quarterback proveniente da Florida, ma che non sembrano preoccuparlo più di tanto. Inoltre con la presenza di altri due QB come Kyle Orton e Brady Quinn, “The Chosen One” sembra avere l’opportunita di migliorare per diventare un QB con i fiocchi nel giro di due stagioni, “il quarterback del futuro” come ha affermato l’ex head coach dei Bucs, Jon Gruden. Sorte diversa, appunto per Jimmy Clausen che non solo si è visto diminuire pian piano i milioni del suo contratto da professionista quando non è stato scelto nel primo turno, ma ha dovuto aspettare la 16esima scelta del secondo round prima di essere preso dai Panthers. Non tutti i mali vengono per nuocere però per l’ex Notre Dame. Infatti, in Carolina, con l’assenza di un quarterback titolare, Clausen avrà la possibilità di mettersi subito in mostra e farsi rimpiangere da altre franchigie che potevano averne bisogno. Bene anche i Tampa Bay Buccaneers che hanno ricostruito la loro difesa prendendo due defensive tackle: un altro dei migliori prospetti del draft, Gerald McCoy, e l’ex UCLA Brian Price. Due ottime scelte che vanno a puntellare la difesa per i prossimi anni. Per quanto riguarda
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l’attacco, i Bucs sono andati a scegliere due ottimi ricevitori come Arrelious Benn, che potrebbe diventare il target principale per Freeman, e Mike Williams, una coppia che potrà dimostrarsi un’arma esplosiva per il gioco d’aria di Tampa Bay. I campioni in carica di New Orleans hanno draftato alla prima scelta il cornerback Patrick Robinson, giocatore proveniante da Florida State con qualche stagione molto produttiva alle spalle. Charles Brown è un' ottima seconda scelta per i Saints, anche se non ha brillato nell'ultima stagione resta comunque un OT talentuoso. Talentuoso come il tight end Jimmy Graham, che col passare del tempo potrebbe diventare un ottimo giocatore . I Baltimore Ravens da sempre si sono contraddistinti per costruire le loro vittorie su una forte difesa, ed hanno applicato questa filosofia anche a questo draft. I Ravens hanno preso alla 43esima scelta assoluta il linebacker Sergio Kindle e alla 57esima il DT Terrence Cody. Kindle, dotato di abilità fisiche straordinarie, potrebbe rivelarsi una grande scelta se solo riuscirà a non incappare in infortuni che lo hanno appunto costretto ad essere draftato nel secondo round. Dez Bryant era sicuramente il migliore ricevitore che il 75°draft aveva da offrire. L’ex Oklahoma forse non poteva finire in una città migliore di Dallas. Chissà che Bryant non sia proprio il pezzo mancante che nell’ultima stagione non ha permesso ai Cowboys di volare verso il Super Bowl. Quanto crede Dallas in questo ricevitore? La risposta è nel numero di maglia che indosserà nel prossimo campionato, quell’88 che è stato sulle spalle dell’ Hall of Famer Michael Irvin. Non escono molto contenti dal draft i Jacksonville Jaguars che per l’occasione si sono comportati da Raiders. Avevano bisogno di un defensive end, ed hanno preso Alualu, che sa un po’ di mossa affrettata in reazione proprio ai Raiders che gli hanno tolto il primo obiettivo McClain da sotto il naso, quando erano disponibili altri giocatori ben più quotati come Derrick Morgan, draftato poi dai Titans, o Pierre-Paul, scelto dai Giants; avevano bisogno di un quarterback ed è arrivato un defensive end come Larry Hart; avevano bisogno di linebacker, ed è arrivato un defensive end come Austen Lane. Per il resto, unica nota positiva, è essere riusciti a tradare coi Raiders una scelta al quarto round con Kirk Morrison, che potrebbe portare un miglioramento nella difesa dei Jags’, sempre che non giochi come nell’ultima stagione nella baia. Lasciano qualche perplessità anche i movimenti dei NY Giants. Sono andati a prendere con la 15esima scelta un giocatore che forse non meritava una posizione così alta nel draft, forse avrebbero potuto tradarla in cambio di una scelta più bassa in modo da poter prendere comunque l’ex defensive end di South Florida. Criticabile anche il DT Joseph da East California, la loro seconda scelta alla 46esima assoluta, quando avrebbero potuto tranquillamente prendere qualcuno di più appetibile come Griffen (Vikings) o lo stesso Terrence Cody finito poi ai Ravens.