il periodico online per gli amanti della palla a spicchi d’oltre oceano TU TTO IL ME RC ATO ‘SQU AD RA PE R SQU AD RA ’
Maneggiare
con cura..
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L’OCCASIONE DI THIBODEAU
Dopo anni trascorsi nelle retrovie ad allenare la sua di specialità, la difesa, l’ex Celtics è pronto a spiccare il volo da solista nella ‘Wind City’
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NBA FREE AGENCY I NUGGETS SCELGONO AL HARRINGTON
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Alessandro delli Paoli
Bennedetto Giardina Raffaele Valentino
Nicolò Fiumi
Domenico Landolfo
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Vincenzo Di Guida Guglielmo Bifulco Stefano Livi
info, contatti e collaborazioni:
Lorenzo de Santis
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IL PERS ON A GGIO 2 TYSON CHANDLER
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Perso Lebron, New York punta dritto sulla stella degli Hornets FOCUS
Christopher Emmanuel “Chris” Paul nasce il 6 maggio 1985 a Winston Salem, North Carolina. Le doti di giocatore fuori dal comune nel ruolo di point guard vengono rapidamente alla luce ed è la stella della West Forsyth High School, nella città di Clemmons, sempre nello stato che fù di Michael Jordan. Al college evoluisce a Wake Forest, dove è matricola dell’anno della ACC nella stagione da freshman, titolo bissato nel 2005/2006, questa volta però in NBA dove arriva con la quarta scelta assoluta, chiamato da New Orleans, trasferitasi temporaneamente a Oklahoma City a causa dei disastri procurati dal passaggio di Katrina. Dopo due anni il ritorno a casa con gli Hornets che producono la migliore stagione dal passaggio alla Western Conference arrivando a un soffio dalle finali di conference, periodo magico prolungato dalla splendida esperienza olimpica di Pechino per
CP3. Il 2008/2009 è, numericamente, l’anno migliore per Paul che chiude a 22,8 punti, 11 assist e 2,8 palle rubate di media (primo in NBA come anche l’anno precedente). Poi, nel campionato appena concluso, la situazione si complica d’improvviso. La partenza è tortuosa, con New Orleans che perde 6 delle prime 9 partite con conseguente licenziamento di Byron Scott. Chris non la prende bene: «Dovevo essere consultato per sapere cosa ne pensavo a riguardo» fa sapere a un giornale locale, cercando poi di porre una toppa all’incidente diplomatico in seguito. Il giorno dopo alle dichiarazioni, però, arriva il primo infortunio della stagione. Contro i Portland Trail Blazers si procura una brutta distorsione alla caviglia che lo tiene fuori 8 partite, dove gli Hornets ottengono 4 vittorie e altrettante sconfitte. Al rientro del numero 3, però, le cose sembrano aggiustarsi, e New
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Orleans vince 18 delle successive 28 partite. Prima di un nuovo, e questa volta prolungato, stop. Ai primi di febbraio, infatti, una risonanza magnetica rivela una lesione a un menisco, che costringe il prodotto di Wake Forest a sottoporsi a intervento chirurgico, il 4 di febbraio. Intervento che lo terrà lontano dal campo per 8 settimane. La stagione và definitivamente a rotoli in quel momento. Il leader della squadra salta 25 partite, 17 delle quali perse dai suoi compagni, che abbandonano ogni speranza di post season. Paul torna il 22 marzo nella vittoria casalinga contro Dallas, ma ormai più per onore di firma che per altro e la stagione si chiude con un inglorioso record di 37 vittorie e 45 sconfitte. Cominciano ad albergare dei dubbi nella testa del giovane playmaker, unanimemente ritenuto tra i primi 3 interpreti del ruolo nella Lega ma che alla quinta stagione da Pro
ancora nemmeno si è avvicinato a un titolo con la propria franchigia. Dubbi che diventano certezze il giorno in cui il suo grande amico, LeBron James, comunica ufficialmente al mondo il proprio trasferimento a South Beach, e in seguito si lascia sfuggire il consiglio di abbandonare la nave Hornets per trasferirsi in lidi di maggiore attrattiva allo stesso Paul. Che ci mette poco ad ascoltare le parole del presunto Prescelto e, il 22 luglio, consegna alla dirigenza di New Orleans la sua Wish List. Per chi si stesse domandando cosa sia la Wish List è presto spiegato. Trattasi di una lista dei desideri (traduzione letterale), come quelle che i bambini spediscono a Babbo Natale, dove c’è l’elenco delle destinazioni gradite, constatata la propria volontà di cambiare casacca. Solitamente viene compilata nel momento in cui un giocatore prossimo alla scadenza del contratto vuole fare
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un “favore” alla propria squadra, consentendole di imbastire un eventuale sign and trade con una delle franchigie incluse nel listone, piuttosto che perdere il giocatore come free agent, senza, quindi, ottenere nulla in cambio. E’ una pratica, obiettivamente di dubbio gusto. Se da un lato si può ritenere che il giocatore si comporti onestamente verso la propria dirigenza, da un altro si ha sempre più la sensazione che giovani superstelle del sistema NBA tengano in scacco una Lega con i propri capricci. Lo stesso Chris Bosh aveva compilato una lista di squadre papabili per il suo trasferimento, e così fece anni fa anche Kobe Bryant, che però dalla Città degli Angeli non si è mai mosso, e mai, presumibilmente, si muoverà. La suddetta Lista di Chris Paul riportava in cima alla classifica i New York Knicks, seguiti da Orlando, Dallas e Portland. La dirigenza degli Hornets si è trovata un po’ alle strette, anche perché erano arrivati da poche ore il nuovo coach, Monty Williams (allenatore più giovane della Lega a soli 38 anni), e il GM Dell Demps subito mandati sulle tracce di Paul per un confronto faccia a faccia al fine di ricucire lo strappo. Lunedì 26 luglio Williams, Demps e Paul si sono seduti attorno a un tavolo e hanno discusso del futuro. E sembra che gli ultimi arrivati in casa Hornets abbiano svolto bene il loro primo incarico ufficiale: «Ho espresso il mio desiderio di vincere – le parole di Paul a seguito del colloquio – e mi è piaciuto quello che mi hanno detto a riguardo della strada che vogliono fare imboccare alla squadra in futuro. Sono un Hornet dall’inizio della mia carriera e spero di potere rappresentare New Orleans e lo Stato della Lousiana ancora per molti anni». Tutto sistemato dunque? Paul ha rivisto le proprie intenzioni e rispetterà il suo contratto (ancora due stagioni e la seconda con opzione a favore del giocatore) fino al termine? Con calma. Forse è meglio analizzare bene l’intera situazione. Partendo, ancora una volta, dal trasferimento di James e Bosh a Miami. Si perché la faccenda ha generato una serie di conseguenze che hanno avuto e avranno ripercussioni sull’intera Lega. Innanzitutto c’è stato un inevitabile riassestamento delle forze. Se infatti ad Ovest i Lakers, special-
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mente dopo le due ottime firme di Steve Blake e Matt Barnes per la panchina, hanno rafforzato la propria supremazia e non sembra che al momento ci possa essere una squadra che li possa impensierire seriamente, a Est Miami ha chiaramente i pronostici a proprio favore, a maggior ragione dopo aver fatto un buon lavoro per completare la squadra. La sensazione generale è che anche nella Eastern Conference la altre squadre siano un gradino sotto agli Heat, sempre che la convivenza tra i tre All Stars non si riveli completamente impossibile. Non è assurdo pensare, già da oggi, a una finale tra Lakers e Heat nel giugno del 2011, nonostante sia noto che otto estenuanti mesi di campionato possano sovvertire molti ordini apparentemente prestabiliti. Su questa prima riflessione si potrebbe nascondere uno dei motivi per cui Paul vorrebbe lasciare New Orleans, dando così peso relativo alle parole citate poco fa. Gli Hornets, nell’immediato, non si avvicinano neanche lontanamente a una contender e, anzi, hanno diverse magagne da risolvere, come ad esempio la situazione di Okafor, deludente nella sua prima stagione in Louisiana e titolare di un contratto molto oneroso che mitiga gli effetti positivi dei 15 milioni di dollari in scadenza nel 2011 di Peja Stojakovic, continuando con il mancato sviluppo di Julian Wright, giocatore su cui si puntava ma che non ha reso secondo le aspettative, privando la squadra di un elemento atletico che al momento nel roster non c’è. Situazione complicata dalla cessione, lo scorso anno, di Tyson Chandler, molto amico con Paul e con il quale costituiva una coppia formidabile sui pick’n’roll, cessione non presa molto bene del numero 3. Anche guardando al futuro prossimo non si vedono molti spiragli di luce per gli Hornets, che dovrebbero muoversi abilmente sul mercato per portare a casa uno, meglio due giocatori di alto livello per rivedere verso l’alto le proprie ambizioni. Ritornando, invece, sull’affaire Miami non va sottovaluta quella che potrebbe essere una nuova tendenza nei prossimi anni a venire. Come in molti hanno detto, la scelta di LeBron James di abbandonare Cleveland per recarsi alla corte di Dwyane Wade, è stata negativa per la sua
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Le parole di ‘rito’: Sono un Hornets da inizio carriera, spero di restare qui quanto più possibile
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immagine, in quanto il ragazzo di Akron ha deciso di vincere (o almeno provarci) non più da solo, ma in un trio. Non bisogna però pensare che questa, in un futuro non lontano, non possa essere la nuova linea secondo la quale si muoveranno i top player della NBA. Ossia non andare a giocare per vincere ed essere ricordati come singoli, ma come parte di un paio o un trio di stelle che rimarranno nella storia del gioco e, verosimilmente, avranno più chance di portare a casa degli anelli. E quindi, non a caso, nella lista di Chris Paul il nome che svettava su tutti era quello dei New York Knicks, che già si sono portati a casa Amar’è Stoudemire, sono molto attivi nel cercare di convincere Carmelo Anthony a vestire la loro maglia nel campionato 2011/2012 e hanno firmato un nuovo playmaker come Raymond Felton, che, però, ha un contratto garantito per soli due anni. Tutti indizi che portano a pensare a dei Knicks guidati dal trio Anthony, Paul, Stoudemire fieri avversari degli Heat versione Wade, James, Bosh riaccendendo le agguerrite battaglie che infuocarono i playoff degli anni ’90. Spostandoci, invece, direttamente in casa Hornets, la dirigenza sa bene come sia poco consigliabile tenersi in casa un giocatore scontento, a maggior ragione se esso deve essere il tuo numero uno e leader nei confronti dei suoi compagni di squadra. New Orleans ha fatto sapere che non imbastirà trade per cedere Chris Paul, che, ricordiamolo di nuovo, per due anni è ancora sotto contratto, ma le dichiarazioni ufficiali, come quella di Paul, vanno sempre prese con le molle. Oggi come oggi se New Orleans decidesse di cedere Paul e cominciare a ricostruire avrebbe due contratti appetibilissimi (Paul, appunto, e Stojakovic in scadenza) da cui ottenere giocatori o scelte per programmare il futuro o comunque non dovere necessariamente passare per anni di vacche magrissime, più Okafor e James Posey con contratti pesanti ma che rimangono atleti di valore e possono trovare estimatori sul mercato. Tutto questo senza dimenticare che, alle spalle di CP3, c’è un paracadute niente male come Darren Collison, rookie da UCLA che nella prima stagione ha letteralmente lasciato sbalorditi tutti. Al suo esordio nella Lega ha viaggiato a 12.4 punti e 5.7 assists di media, che nelle 25 partite di assenza di Paul tra febbraio e marzo sono lievitati a 19.3 e 9.8 col 48.6% dal campo e un rispettabilissimo 39.6% da 3. Certo, in quelle 25 partite il record è stato 8-17, ma Collison era pur sempre un rookie titolare senza preavviso, in una squadra che sarebbe dovuta essere guidata da Chris Paul. In una squadra rivista e pensata non più attorno all’uomo da Winston Salem, ma con nuovi interpreti e più completa, Collison potrebbe essere una validissima alternativa, anche se non raggiungerà i livelli del suo attuale mentore. Ad ogni modo è facile intuire come gli Hornets in questo momento stiano decidendo molto del loro futuro, pertanto l’avvertenza che ci sentiamo di apporre sulla questione CP3 è quella di “maneggiare con cautela”, perché i suoi sviluppi avranno ripercussioni importanti, New Orleans o non New Orleans.
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OCCHI PUNTATI SU...
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Giugno 1998. I Chicago Bulls di Phil Jackson, Michael Jordan, Scottie Pippen, Dennis Rodman e Tony Kukoc, brindano al sesto titolo in otto anni, quello del secondo three-peat, quello immortalato nei 41 secondi con i quali MJ fece la storia. La palla a rubata a Malone, il crossover con cui fa sedere Russel, e quel tiro…Utah va al tappeto (4-2) e i Bulls diventano leggenda. Che quel gruppo per età fosse al canto del cigno, in molti lo sospettavano. Qualcuno ne era certo. Quel qualcuno era l’allora general manager dei Bulls, Jerry Krause. Il corpulento gm, (inviso a Jordan, Jackson e Pippen), con il benestare del proprietario Jerry Reinsdorf, non vedeva l’ora di avviare l’opera di rinnovamento. “ Questo titolo è il completamento di un percorso” – dichiarò Krause dopo la famosa gara 6-. “ Un risultato straordinario, per noi e per la città di Chicago. E’ giunto però il momento di voltare pagina, di rifondare per essere competitivi nel prossimo millennio”. Sono passati dodici anni e i Bulls competitivi per il titolo non lo sono mai stati. Tante stagioni deludenti, poche apparizioni ai playoff, con la logica conseguenza che anche al corpulento gm che affermava: “ non sono le squadre a vincere i titoli, ma le organizzazioni”, è toccato fare le valigie. Per riprendersi dai disastri della rifondazione ai Bulls ci sono voluti molti anni. I primi bagliori nel buio sono arrivati con l’era Skiles, voluto in panchina dal nuovo gm John Paxson. Con Scott Skiles i Bulls ammassarono talento giovane: Kirk Hinrich, Ben Gordon, Luol Deng, Tyrus Thomas, Eddie Curry. I tori crescono ma non al punto tale da diventare una contender. L’horribilus 2008 segna la fine dell’era Skiles e l’inizio di quella di Vinnie Del Negro, divenuto capo allenatore dopo i rifiuti di Mike D’Antoni e Doug Collins. Due stagioni faticose e la sensazione (condivisa da molti nella Wind City) che Del Negro non fosse
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ancora pronto a dirigere una squadra Nba dalle grandi ambizioni. Nonostante la presenza di un talento come Derrick Rose (1° scelta al draft 2008) e l’approdo ai playoff per due stagioni di fila, il rapporto non decolla e si arriva alla separazione. Per i Bulls è di nuovo il momento di riprogrammare una nuova era. Nel frattempo la franchigia ha nominato Gar Forman general manager, al posto della bandiera John Paxson, rimasto comunque all’interno dell’organizzazione. La prima mossa dei nuovi Bulls riguarda la nomina del nuovo allenatore. L’obiettivo numero uno è l’assistant coach dei Celtics, Tom Thibodeau. Il guru della difesa. Dopo un lungo corteggiamento Thibodeau accetta. Il 52enne coach originario del Connecticut siederà per la prima volta al timone di comando, dopo una lunga carriera da assistente. In molti lo conoscono per il fondamentale ruolo svolto dal 2007-2010 ai Boston Celtics di Doc Rivers. Sul grandioso sistema difensivo creato da Thibodeau sono stati versati fiumi d’inchiostro. Le sue idee difensive, implementate da giocatori dall’alto QI cestistico come Kevin Garnett, hanno permesso ai bianco verdi di ergere quell’invalicabile muro difensivo, che è stato, ed è alla base dei loro successi. I Celtics campioni Nba del 2008 sono stati il suo capolavoro, ma forse in pochi
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ricordano che dietro alla grande difesa degli Houston Rockets allenati da Jeff Van Gundy (2003-2007) c’era Thibodeau, così come per i New York Knicks d’antan (1996-2003), dove aiutò la squadra (diretta sempre da Van Gundy) a stabilire un record Nba, riuscendo a mantenere per 33 volte consecutivamente gli avversari sotto i 100 punti nella stagione 2000-20001. La scelta dei Bulls, dunque, non poteva essere più oculata. Un piccolo neo però c’è. Riuscirà Thibodeau dopo tanti anni a svestire il ruolo di assistente e a calarsi nella mentalità di un capo allenatore? Ai posteri l’ardua sentenza. I nuovi Bulls. Il duo Thibodeau-Forman ha preso parte in prima linea alla lunga e calda estate dei free-agent. Il mercato non è ancora terminato, ma i colpi che contano sono già stati sparati. Chicago ci ha provato per Lebron, ma senza tanta convinzione, perché il sogno era un altro: riportare a casa Dwayne Wade. Nei primi giorni di luglio, quando l’era “degli amichetti di South Beach”, sembrava pura utopia, i Bulls sono stati molto vicini a convincere Wade. Il fascino di quella canotta, il fatto di essere cresciuto idolatrando il 23, e di essere un chicagoano doc, erano argomenti talmente forti da far sudare freddo Pat Riley a Miami. Le speranze dei Bulls hanno iniziato ad affievolirsi dopo
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l’approdo agli Heat di Chris Bosh. L’arrivo dell’ex Raptors rappresentava per Wade già un sufficiente motivo per rimanere nella franchigia che lo ha fatto diventare quello che è oggi (vero Lebron?). I Bulls sfumato “Flash” non si sono persi d’animo. Lo spazio salariale liberato con la trade che ha portato a Washington Kirk Hinrich e il suo pesantissimo contratto, è stato utilizzato per prendere un big man. Ai Bulls è arrivato da Utah Carlos Boozer, tra i più alti rappresentati del 20p+10r, oltre che un complemento perfetto per Joakim Noah. Boozer è un’ala forte dal grande impatto offensivo, che garantisce quella pericolosità in area pitturata, che negli ultimi anni allo United Center era diventata pura chimera. Sempre dai Jazz è arrivata il tiratore Kyle Korver. Una mossa geniale, perché Korver farà pagare a caro prezzo i raddoppi su Rose. Le difese saranno chiamate a compiere scelte difficili. Esporsi al devastante uno contro uno di Derrick Rose o giocare d’azzardo sulle percentuali da tre dell’ex Utah. I Bulls di tiratori mortiferi ne avrebbero potuto avere due, se i Magic non avessero deciso di pareggiare l’offerta da 20 milioni di dollari per tre anni fatta al restricted free agent JJ Redick. Perso l’ex Duke, Chicago ha virato su Ronnie Brewer (ex Utah e Memphis) e C.J. Watson (ex Golden State). Messo a posto il back court (che conta anche su Luol Deng) ci si è presi cura della front line, puntellandola con gli arrivi del centro turco Omer Asik e del veterano Kurt Thomas. Data l’impossibilità di arrivare a Wade, James e Bosh, il mercato dei Bulls è da ritenersi di altissimo profilo. “Con Rose abbiamo punti e atletismo”, -ha detto Thibodeau. "Costruiremo un pick and roll tra Derrick e Carlos Boozer. Kyle Korver, invece, ci darà una bella mano sul perimetro con il suo catch-andshoot. Luol Deng si muove straordinariamente senza palla ed è
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straordinario nel giocare tra i quattro e sei metri dal canestro. Ronnie Brewer è un ottimo tagliante dal lato debole. Insomma, abbiamo un ottimo materiale su cui lavorare”. I nuovi arrivi hanno elevato lo status della franchigia trasformandola da subito in una contender ad Est. Il compito di far compiere ai tori lo step decisivo, spetta a colui attorno al quale questo impianto tecnico è stato costruito: Derrick Rose. L’uomo franchigia. Destinato a fare grandi cose, se riuscirà a diventare un leader per i suoi compagni, facendo a pugni con quel suo carattere così introverso. I 26.8 punti e 7.2 assist di media, griffati nel playoff perso contro Cleveland dicono molto. Non dicono tutto dei miglioramenti che Rose ha compiuto rispetto alla stagione da rookie. Nelle letture sui raddoppi ad esempio, nello jump shot dalla media, nel palleggio arresto e tiro, nei quasi quattro rimbalzi di media, catturati grazie ad un atletismo debordante. Pur giocando in un sistema offensivo molto “scolastico”, il prodotto dei Memphis Tigers ha mostrato abbacinanti lampi di talento, grazie alla devastante velocità in palleggio e nell’attaccare il ferro, e al crossover spezza-gambe. La personalità non gli manca, se intesa come capacità di prendersi la squadra sulle spalle, mettendo il tiro per vincere. Deve crescere dal punto di vista comunicativo, una dote indispensabile per essere un leader. Il tempo non gli manca, perché se è vero che parliamo di un All Star, Derrick è pur sempre un ragazzo del’88, che compirà 22 anni il 4 ottobre. Come il numero che porta sulle spalle è destinato a diventare un numero uno. Se potrà essere il “numero uno”, solo il tempo potrà dircelo. Di certo il suo destino e quello dei Bulls sono, e saranno legati indissolubilmente per molto tempo.
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Sfumata la possibilità di avere Udonis Haslem, George Karl ha puntato tutto sull’ex Knicks
Al Harrington ai Nuggets c licenza di..se
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D OMENICO P EZZELLA ‘Rewind’: «Il mio ‘provino’ per lui dopo la scorsa stagione è ormai finito. Il coach sa quello che sono capace o no di fare su di un campo da basket, ma credo che ora voglia vedere se sono in grado di guidare questa squadra dal punto di vista della leadership. Questa è la sfida che mi sono prefisso per la prossima stagione, guidare questi ragazzi a giocare ad un livello pienamente superiore. Io vivo un sogno tutti i giorni da quando sono a New York, visto che ho sempre voluto essere un leader. So che adesso è ancora presto per parlarne ma mi piacerebbe girarmi indietro il prossimo anno e pensare che io ero presente quando questa società ha posto le prime pietre della rinascita». «La leadership non è una cosa che si da – ha commentato Walsh in un’intervista -. E’ un qualcosa che i tuoi compagni percepiscono dal campo per quello che fai e credo che Al possa avere questo tipo di atteggiamento e di ruolo nella nuova squadra». Questo fu quanto dichiarato da Al Harrington in attesa che venisse alzata la prima palla a due della stagione che si è conclusa, poi, con il ‘back to back’ dei Lakers. Parole inequivocabili, cosi come inequivocabile è stato il rapporto tra D’Antoni e lo stesso Harrington molto simile al traffico che attanaglia la città della Grande Mela. E’ partito, bloccato, paralizzato, a volte in sensi differenti, ma alla fine si è arrivati lo stesso al capolinea. Un capolinea che poteva anche essere considerato come una sorta di trampolino di lancio verso una nuova avventura elettrizzante nella Grande Mela. Ed invece in mezzo? Una stagione come le altre, una stagione di alti (pochi) e di bassi (tanti) dove l’unica cosa lieta è stata la definitiva esplosione di Danilo Gallinari. In pochi credevano che l’apprendista presso l’ufficio del senatore del New Jersey Richard Codey nel 1997, potesse restare all’ombra della ‘Vecchia Signora’ ancora per lungo tempo. Forse nemmeno lui. Ma quando in diretta televisiva Lebron James ha scioccato il mondo della palla a spicchi d’oltre oceano trasferendosi a South Beach e con David Lee ormai verso altri lidi ed una squadra che vedeva solo Stoudemire come nuovo arrivato, forse un piccolo barlume di speranza, qualcuno (specialmente il diretto interessato che fu proprio scelto appena uscito dal liceo proprio da quel Donnie Wlash dal quale aspettava segnali di riconferma) lo aveva anche coltivato, ed invece. Ed invece tutto è finito come doveva finire: Harrington da una parte, i Nuggets, D’Antoni da un’altra, i Knicks. «Alla fine ha fatto la sua scelta e non mi ha voluto più. Non ci sono dubbi su questo è una cosa che sappiamo tutti». Inequivocabili. Un vocabolo che continua a calzare a pennello quando si tratta di uno degli High Schooler più controversi, ma
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anche più talentuosi in una schiera ovviamente diretta in cima da The Big Ticket Kevin Garnett. «La comunicazione è la chiave per tutto. Nella mia carriera e nella mia vita ho sempre rispettato qualsiasi cosa mi sia stata detta, ma non è bello dirmi una cosa per poi dirne un’altra ad altre persone. Ho giocato partendo dalla panchina cosi come mi aveva chiesto di fare, ma non credo che sia stato per una questione tattica ma solo perché non gli piaceva il mio modo di giocare. Quando abbiamo vinto delle partite ed ho giocato bene, non l’ho mai sentito nominare il mio nome nemmeno una volta durante le interviste post gara. Io lo ringrazio per l’opportunità che mi ha dato ai Knicks, ma non credo che sia il tipo di giocatore o persona che gli possa piacere». Ma c’è un vecchio detto il cui succo è che le campane devono essere ascoltate sempre appaiate per non stonare e quindi dall’altra parte della barricata, quella dell’ex Olimpia Milano, il commento è stato soft e calmo come di colui che aveva raggiunto il suo scopo: «Abbiamo cambiato il nostro tipo di gioco, il nostro tipo di assetto e quindi sia lui che David non rientravano più nel nostro progetto». Punto e capo. Capitolo chiuso. Anche perchè volendo restare in tema di ‘detti’ ce ne uno che dice: “Chiusa una porta si apre un portone”. Serrata quella del Madison Square Garden, che ormai oltrepasserà solo ed esclusivamente quando i Nuggets si ritroveranno nella Grande Mela per affrontare i Knicks, spalancato quello che in Colorado gli hanno servito su di un piatto d’argento pur non essendo la prima scelta. Udonis Haslem. Questo il nome che il front office di Denver aveva individuato come obiettivo sul mercato dei free agent. Ancora una volta ‘sliding doors’; ancora una volta una opportunità arrivata cosi dal nulla, cosi come dal nulla era arrivata quella di poter essere il ‘leader’ dei nuovi Knicks. Haslem ha preferito vincere accanto al nuovo ‘D-Team’ della Florida, Harrington è stato l’uomo giusto al momento giusto ed il suo autografo in calce ad un contratto pre-stampato con sopra il logo delle montagne rocciose del Colorado, gli è valso una ‘mid level exception’ da 34 milioni di presidenti spirati. Esagerato? Troppo? Si poteva scegliere di meglio? Tutto opinabile soprattutto dopo le parole di coach George Karl che è tornato a presenziare le operazioni dei Nuggets dopo il quasi anno sabbatico per motivi di salute. «Sono sempre stato un fan di Al Harrington sin da quando ha messo piede fuori dall’High School per passare nella Nba. In tutti questi anni credo che abbia fatto un buonissimo lavoro mettendo assieme un ‘arsenale’ offensivo di alto livello. L’ultimo passo credo che l’abbia fatto la passata stagione, quando ha dimostrato di essere efficace e pericoloso anche uscendo dalla panchina. Attualmente, quindi, credo che la sua presenza in campo rappresenterebbe un problema ed un ‘matchup’ difficile da tenere per diverse squadre in questa Lega. Ma al di la di tutto questo il motivo per cui l’abbiamo scelto è principalmente un altro. Con i problemi che ci ritroviamo relativamente alle assenze più o meno lunghe di Martin e Andersen, avevamo bisogno di un giocatore capace di darci 25-30 minuti di basket di alto livello. Certo avevamo messo in cantiere anche altri nomi, ma alla fine sono contento che abbiamo preso lui, contento di aver preso un giocatore capace di darci un aiuto consistente e nella maniera più veloce possibile. Il suo punto di forza è l’attacco, ma forse qualcuno ha dimenticato il fatto che al suo ingresso nella Nba fu etichettato come un giocatore difensivo. Penso che lui sappia come si gioca ad alto livello in difesa, penso che sappia come superare questo suo tallone d’Achille. Ormai conosce il sistema ed al momento giusto modificherà il duo gioco anche nella metà campo». Insomma l’ex timoniere anche dei Sonics se l’è suonata e se l’è cantata. Ha messo in piazza pregi e difetti. Punti di forza e punti deboli, con quest’ultimi davvero riconducibili solo ed esclusivamente alla difesa. Già perché a Denver il figlio del ‘New Jersey’ avrà una voce in meno all’interno della categoria ‘weakness’. Una voce che corrisponde alla leadership, alla capacità di guidare e far salire di colpi i compagni. Quella che per intenderci era pronto a mettere in mostra a New York e che secondo lui gli è stata negata, secondo i più maligni assente praticamente da sempre. Non sarà il primo giocatore a cui si guarderà in caso di sconfitta o
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Quando il figlio del New Jersey deliziò il suo nuovo pubblico... ma da avversario Un piccolo particolare, una piccola chicca che i tifosi di Denver avranno portato alle stelle in termini di contatti e ‘clikkate’ su ‘youtube’, dopo il passaggio ufficiale della notizia dell’approdo in Colorado. Nella sua nuova ‘casa’ e nei suoi nuovi ‘canestri’ il talento del New Jersey ha sfornato il 27 novembre 2009, una delle prestazioni migliori della sua recente carriera. Pochi fronzoli e dunque: Pepsi Center. Quarantuno punti. 14 su 24 dal campo con 4 su 8 dalla lunga distanza. E tanto per gradire il tutto condito da 10 rimbalzi. Exploit da stropicciarsi gli occhi, ma che qualcuno potrebbe addirittura anche considerare come la classica serata magica. Può darsi. Ma molto probabilmente di quel video o dell’intera partita ai tifosi dei Nuggets sarà rimasto impresso il repertorio sciorinato dal Harrington. Per la serie le cose o si fanno bene o non si fanno proprio, l’ex Pacers non si è fatto mancare davvero nulla: arresto e tiro dalla media e lunga distanza. ‘Catch and shoot’ dalla lunga distanza. Tiri da fermo sempre da tre. Canestri da lungo puro con rimbalzo e conversione della carambola in due punti. Eppure mancava qualcosa. La ciliegina sulla torta. Dolcissime come le migliori di stagione quelle apposte sulla sua torta personale sotto forma di penetrazioni di destro e di sinistro concluse con movimenti acrobatici ed appoggi con movimenti da ballerino. Beh non è oro tutto quel che luccica. Non saranno tutti cosi i giorni a Denver di Al Harrington, ma la placcatura in oro massiccio quella c’è e come e lo si sa se lucidata per bene può brillare come una pepita d’oro da far saltare in piedi i trovatori.
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LA ‘SHOOTING SELECTION’ DI AL HARRINGTON
di partita sotto tono. Non sarà preso, essenzialmente e puntualmente di mira se magari una serata spara a salve. E tutto perché questa volta può poggiarsi (forse per la prima vera volta in carriera ndr) sulle spalle di un duo di stelle, Billups-Antohony, che da solo basta ed avanza a fungere da catalizzatore delle attenzioni dei media e dei tifosi. Per la prima volta nella carriera sarà chiamato a fare solo ed esclusivamente quello che ama di più: scendere in campo e segnare, in qualunque modo sia in grado di farlo. Qualità offensive che gli hanno fatto scalare posizioni nell’indice di gradimento della dirigenza delle ‘pepite’. Qualità offensive che si incastrano a pennello sia con quelle di ‘Melo’ che con quelle di Billups. Qualità offensive che permetteranno ai Nuggets di avere una ‘power forward’ capace di punire raddoppi, zone o difese particolari disegnate per tenere lontano dal ferro Anthony, molto più efficace di quanto magari potessero essere sia Martin che Andersen messi assieme. E tutto per una caratteristica importante: un ‘range’ di tiro ed una facilità di correre il campo in velocità da palla recuperata o da canestro subito praticamente di una guardia (senza voler dimenticare la padronanza in palleggio con ambo le mani e partendo quindi sia da destra che da sinistra ed arrivare fino al canestro ndr). Ma soprattutto qualità offensive che permetteranno principalmente a Chauncey Billups di avere una specie di ‘line-baker’ con la mani di un cecchino con piedi dentro e fuori dall’arco dei tre punti, sugli scarichi in penetrazione. Una ‘jolly’ che a qualcuno sta facendo già pregustare, magari, il sapore di un quintetto che definire a trazione anteriore è puro eufemismo.
« D’Antoni ha fatto la
Quale? Ovviamente quello con Billups ed Anthony a chiudere il backcourt, Harrington uno tra Martin ed Andersen con ben altri compiti, e le mani ed i centimetri di Nenè. Cosa vuoi di più dalla vita? Ovviamente sapere chi, come e quando dovrà fare l’ultimo gesto che giustifica il fine di questo gioco: tirare. Ai tanti ‘pro’ che i Nuggets si sono messi in casa con Harrington, c’è tra la lista dei contro un piccolo particolare da non sottovalutare ovvero l’abitudine a tirare sempre e dovunque maturata ed amplificata durante l’era D’Antoni e della ‘run and shoot’. Riuscire a fargli capire che i 1033 tiri tentati nella passata stagione sono un qualcosa che non si ripeterà quest’anno è il primo passo, anche perché le regole possono cambiare in termini di centimetri di una linea del tiro da tre o dell’area colorata, ma quanto a palloni, quello resta sempre uno solo.
...La carta di identità...
Anno 1997 apprendista presso l’ufficio del senatore del New Jersey Richard Codey (che forse sarà ricordato un milione di volte in più per avergli dato un lavoro rispetto ad altri colleghi immischiati all’interno della jungla della politica americana ndr). Cantante di musical negli anni di High School partecipando all’evento teatrale ‘Annie get your Gun’ dove addirittura conta ancora una specie di record visto che da solo intrattenne il pubblico presente nella classica palestra della scuola per ben cinque assoli vocali. Prestazioni canore che bissate qualche anno più tardi quando insieme a Rosie O’Donnel e all’interno dello show della stessa presentatrice (davanti alle telecamere televisive questa volta come membro della squadra All America di basket ndr) si è cimentato in ‘Anything you can do’ ottenendo ancora una volta un successo niente male. Un cuore grande come una capanna e sempre impegnato nel sociale specialmente nei confronti di chi è stato vittima di abusi, di crudeltà anche da parte della vita, povertà e quant’altro in quella che lui stesso ha sempre definito ‘casa’: il New Jersey. Impegno trasformato in una fondazione no profit la ‘Al Harrington Foundation’ (il cui scopo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica verso un problema come quello di ragazzi a rischio oltre ad incoraggiare gli stessi a continuare a lottare nella vita offrendo loro anche un’istruzione per poter poi emergere ndr) e in tantissime presenze in attività nel sociale in tutte le città in cui il suo nome è stato protagonista. Entrato in punta di piedi e solo perché ha deciso di saltare, tempo addietro, un piccolo particolare chiamato ‘College’ per tuffarsi pienamente all’interno di quello più ‘verde’ e più ‘prolifico’ del professionismo. Un personaggio che ha faticato a venire a galla, ma che anno dopo anno è riuscito a mettere la testa fuori da un sacco e scrollarsi di dosso quella ingombrante etichetta di ‘high schooler’ solo come pochi hanno saputo fare. Lungo di professione, tutto fare come segni particolari all’interno della carta di identità cestistica di uno dei pochi emblemi di ciò che dall’altra parte dell’oceano chiamano ‘all round’. Capirlo è molto facile: 2,06 centimetri di altezza, fisico che potrebbe competere con quello dei bronzi di Riace e un bagaglio tecnico davvero non indifferente vicino a canestro. Indizi che portano da una sola parte: ‘power forward’. Anche. Anche perché le doti di cui sopra erano già accennate quando a St. Patricks fece impazzire i tanti scout dei College accorsi nel New Jersey per poter ammirare un lungo poliedrico come poche volte era capitato fino a quel momento. Un ‘range’ di tiro che pian piano è arretrato sem-
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sua scelta: non mi ha voluto
pre di più passando prima dalla media per poi arrivare in tempi a dir poco brevissimi a dietro la linea dei tre punti. Un piccolo particolare che in più di un’occasione l’ha portato ad essere impiegato come ultimo dei tre esterni di un backcourt ad alto livello di fisicità. Alla ‘power forward’ di prima si aggiunge anche la ‘small forward’ e per alcuni potrebbe anche bastare. Ma la svolta cestistica di Harrington facendone davvero un giocatore a 360° è arrivata definitivamente quando penna in una mano e foglio nell’altra, mise la sua firma sul contratto che lo legava ai Warriors di Don Nelson. Nella città della Baia altro che ‘small forward’, altro che ‘power forward’, Harrington venne catapultato all’interno dell’area colorata con un ruolo ben preciso: fare il centro. D’accordo che la concezione di Nelson su quelli che sono alcuni ruoli in campo è del tutto rivedibile, ma sullo scacchiere e nello starting five dell’ex coach dei Mavericks a fianco del nome del natio della California c’era la lettera ‘C’ che contrassegna il pivot. Un ruolo del tutto nuovo in parte. Già perché quello che cambiava nella vita cestistica del ragazzone cresciuto ed emerso nell’Indiana, era in difesa. Il dirimpettaio non sempre era un giocatore mobile, non altissimo come lui e avvezzo ai tiri dalla media distanza. Spinte, ‘culate’ sgomitate per prendere un rimbalzo e qualche gocciolina di sudore di troppo nella propria metà campo. Difesa in un sistema come quello di Don Nelson? Non una tattica all’ordine del giorno per il coach con il record più vincente della Nba, ma quello di alzare il tono nella propria area colorata è stato un piccolo pegno da pagare per avere poi come rovescio della medaglia un giocatore da punire sistematicamente sui pick and roll, sui pick and pop con tiro dalla distanza oltre a mettere a ferro e fuoco le scelte di un lungo statico con fulminee partenze in palleggio degne di un esterno puro. Tutte qualità che avrebbero fatto fare dei salti di gioia al suo allenatore attuale se non fosse per il fatto che Harrington a New York c’è arrivato quasi per caso, ovvero nell’operazione di smobilitazione messa in piedi proprio da Mike D’Antoni e Donnie Walsh e che nel particolare ha portato Jamal Crawford a Golden State proprio in cambio di colui che potrebbe anche essere il prototipo del lungo ideale per l’ex giocatore dell’Olimpia Milano e allenatore della Benetton Treviso. Venti i punti di media alla prima stagione con 6 rimbalzi abbondanti. Poco sotto in quella chiusasi da qualche mese e dove ha scritto 18 punti e 6.3 rimbalzi come titolare e 17.6 con 5.4 carambole catturate da quando è stato relegato a partire dalla ‘bench’ da coach D’Antoni.
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L’ADDIO...
Lorenzen Wright , allunga la lista de gli sp or tivi ‘dannati’
Memphis Tennesse. E’ finita da dove era iniziata. Da dove era iniziata la propria carriera di giocatore professionista. Da dove ha avuto i primi riconoscimenti ed i primi segnali di poter fare quel salto che a volte anche se sei un giocatore a stelle e strisce non sempre riesce. Da dove ha avuto l’onore di mettere piede in campo una volta entrato nel circolo e nell’elite degli ‘Nba Players’. Ma soprattutto da dove ha avuto inizio tutta la sua vita prima ancora, molto prima ancora della sua carriera da cestista. La chiusura di un cerchio che per qualcuno potrebbe essere anche normale, ma non nel modo in cui è arrivata per Lorenzen Vern-Gagne Wright. Due settimane di assenza ingiustificata e questione sollevata direttamente dalla sorella del giocatore, che prima del tragico evento aveva militato con la maglia dei Cavaliers. Due settimane in cui si è cercato di capire dove e come il lungo ex anche di Atlanta e Sacramento, si fosse rifugiato senza dare notizia di se (anche se le ultime notizie di se il giocatore le aveva lasciate con l’avvistamento presso la casa della ex moglie prima che i membri della propria famiglia ne dichiarassero la scomparsa ndr). Due settimane prima che si consumasse il tutto con una serie di colpi di pistola ed un corpo trovato senza fine in quel di Memphis. A trovarlo ovviamente il dipartimento di polizia locale che ha svelato l’arcano e dichiarato il decesso del veterano con esperienza decen-
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DI
D OMENICO OMENICO P EZZELLA EZZELLA nale nella Lega. Altro giro altra corsa ed altro nome aggiunto ad una lista che in questi casi viene riportata a galla poco volentieri. Già perché c’è chi si gode la sua carriera fino all’ultimo secondo, c’è chi della stessa fa un pezzo di storia della Lega e di questo sport, c’è chi invece la rimpiangerà per non essere stata come voleva. E dulcis in fundo chi magari non l’ha nemmeno conclusa. Non un caso raro all’interno del basket, ma in generale anche dello sport americano e non solo. A dire il vero sono calcio (280 casi) e baseball (60) ad avere il maggior numero di ‘carriere’ stroncate in atto od in procinto di giungere verso il viale conclusivo per l’ultimo sprint. I campi dediti alle armature e alla palla ovale, invece, seguono a ruota (57). Molto meno, invece, quelli che nella loro vita hanno avuto a che fare con il basket d’oltreoceano. Sono solo tredici i casi di vite stroncate in corso d’opera di una carriera. Tredici anime che hanno abbandonato, in un modo o nell’altro, questa vita ed il basket per forse un posto migliore. Tredici amanti della palla a spicchi di cui qualcuno avrebbe avuto anche la possibilità di cambiare il volto della Lega molti anni prima di quanto invece è avvenuto recentemente. A fare da padrona per quel che riguarda le dinamiche sono gli incidenti di auto. Lo stesso che per intenderci hanno portato via prematuramente Drazen Petrovic quando vestiva ancora la maglia dei New Jersey Nets. Oppure quello che ha messo la parola fine alla carriera seppur difficile e tribolata (tanto per usare un eufemismo ndr) come quella di Eddie Griffin che di anni ne aveva 25. Uno solo il caso di morte per droga (o almeno questo è quanto viene detto ufficialmente ndr) due i casi tra suicidio ed omicidio. Quello di Ricky Barry nel 1989 ed ovviamente quello di Lorenzen Wright di qualche settimana fa che aggiunge, dunque, una nuova voce all’interno della lista: omicidio.
Da Ricky Barry ad Eddie Griffin passando per l’ancora indimenticato Drazen Petrovic Questa la lista dei tredici casi di vite e carriere stroncate dal fato e non, ancora in corso d’opera: Ricky Berry, 24, Sacramento Kings, suicide (1989); Len Bias, 22, Boston Celtics (drafted but never played in the NBA), Cocaine overdose (1986); Jason Collier, 28, Atlanta Hawks, cardiac arrest (2005); Terry Furlow, 25, Utah Jazz, car accident (1980); E d d i e G r i f f i n, 25, Minnesota Timberwolves, car accident (2007); Wendell Ladner, 26, New York Nets (ABA), plane crash (1975); Reggie Lewis, 27, Boston Celtics, heart failure, (1993); Conrad McRae, 29, Orlando Magic (summer league), unknown but most likely heart failure (2000);
Dražen Petrović, 28, New Jersey Nets, car accident (1993); Bobby Phills, 30, Charlotte Hornets, car accident (2000); Malik Sealy, 30, Minnesota Timberwolves, car accident (2000); Nick Vanos, 24, Phoenix Suns, plane crash (1987); Lorenzen Wright, 34, Free Agent, homicide (shot) (2010).
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IL PERSONAGGIO
Oklahoma ‘blinda
Kevin Durant, nato il 29 settembre del 1988 a 23 anni (da compiere) e`la stella nascente dell'Nba, destinato ad un futuro da superstar assoluta e riconosciuta mondialmente. Alto 2 metri e 6 centimetri (tantini per una guardia/ala piccola) dispone di un apertura di braccia pressoche` illimitata e ha nel morbidissimo tiro da fuori la sua arma letale. Arma che gli ha permesso di chiudere la stagione con 30,1 punti di media, conditi con 7.6 rimbalzi e quasi 3 assist a partita,
buoni per diventare cosi` il miglior marcatore dell'intera lega, e per arrivare secondo nella classifica che decideva l'mvp stagionale, dietro solo a LeBron James. La cosa piu`strabiliante di questo ragazzo, seconda scelta al draft 2007 dopo solo un anno di college alla University of Texas, e` che ha portato gli Oklahoma City Thunder (lo scelsero i Seattle Supersonics) nel giro di soli 3 anni dalle 20 vittorie del 2007-2008 alle 50 del 2009-2010, valide per la
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L ORENZO ORENZO
DI
a’ Durant
prima partecipazione ai playoff della neonata franchigia, che ha ben figurato contro i 2 volte campioni Nba dei Los Angeles Lakers. Al momento il nativo di Washington e` impegnato con gli USA a Las Vegas per prepararsi al meglio in vista del campionato del mondo in Turchia, ma la sua, come quella di numerose superstar, e` stata un'estate importante, costellata di una decisione fondamentale per lui e per la sua carrie-
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S ANTIS ANTIS
ra. Durant ha deciso di firmare un prolungamento del contratto con i Thunder, rinunciando alla possibilita` di diventare free agent nel quarto anno da pro, che lo portera` a guadagnare in 5 anni circa 86 milioni di dollari. Non proprio bruscolini per un ragazzo cosi` giovane, ma non sono stati solo i soldi a convincerlo del progetto di OKC, dato che in ogni caso guadagnera` appena 5 milioni di dollari in piu`di Rudy Gay, buon giocatore ma non ai suoi livelli, e addirittura 25 in meno di Joe Johnson , vero paperone dell'estate Nba. Leggendo queste cifre sembra proprio che l'affare l'abbia fatto Sam Presti, gm della franchigia, anche perche` stiamo parlando di un giocatore su cui costruire una squadra da titolo, da cui far dipendere le proprie fortune e i propri movimenti di mercato. La politica di questo general manager, arrivato 4 anni fa nella sede che allora si trovava a Seattle, e`sempre stata quella di ricostruire partendo dai giovani, lasciando perdere contratti onerosi nel mercato dei free agent, per avere i soldi necessari da offrire ai gioielli scelti al draft insieme a Durant (Russel Westbrook e Jeff Green su tutti) senza dover incappare nella fastidiosissima luxury tax. Dal canto suo Kevin, il piu`giovane giocatore a vincere la classifica marcatori, non ha avuto troppi problemi nel firmare il contratto, aveva dato la sua parola all'organizzazione e ha reso chiaro con i fatti di essere legato alla squadra e alla citta`. Nell'estate dei ribaltoni e delle decisioni ad effetto, Durant ha deciso di mantenere il profilo basso durante tutto il processo decisionale, per ricominciare al piu` presto a calcare il parquet, dove ha dimostrato di poter dominare contro tutti. A questo punto si puo`scommettere sul futuro brillante di una delle franchigie piu` divertenti e futuribili dell'intera lega, che si affida ad un giocatore per cui i valori e la parola data contano piu` di mille proclami e di uno speciale di un'ora in prima serata in diretta nazionale.
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The ‘B lake Mamba’ NBA FREE AGENCY
Il suo impatto sulla prossima stagione non sarà certo paragonabile a quello di Kobe Bryant, ma l’acquisto di Blake è un tassello fondamentale in ottica Los Angeles Lakers. Ovviamente la sua acquisizione non è stata molto pubblicizzata come quelle, molto più importanti, di Lebron, Bosh e compagnia varia, ma potrebbe risultare davvero un crack. Come molti sapranno, lo schema utilizzato dai Lakers e da Phil Jackson è il cosiddetto “Triangolo”. In questo schema, non è previsto un playmaker nel vero senso del termine, come hanno dimostrato negli anni BJ Armstrong, Ron Harper e ultimo ma non ultimo Derek Fisher. L’obiettivo della “Triangle Offense” è leggere quello che la difesa ti concede e sfruttarlo per creare una buona spaziatura tra tutti i giocatori in campo e metterli in grado di creare linee di passaggio pulite e permettere a tutti di avere una buona opportunità di mettere la palla nel cesto. Quindi lettura del gioco e tiro. Proprio le caratteristiche specifiche di Blake, tiratore da quasi 40% da tre in carriera e anche da 6 assistenze ad allacciata di scarpe. Con la conferma di Fisher i Lakers ora sono ben coperti nel ruolo di point-guard, avendo a roster un giocatore che nei momenti caldi si esalta come Derek e un altro che non è certo il primo dei novellini. Magari Blake avrà poca esperienza nei Playoff (solo 15 partite giocate in 7 anni di carriera), però siamo pronti a scommettere che non cederà certo alla pressione. Le cifre della sua ultima stagione parlano di 7.3 punti con 4.8 assist e il 39.5% da 3 punti in 27 minuti di gioco, dividendosi tra Portland e l’altra squadra di L.A, i Clippers. Portland aveva necessità di un lungo e per arrivare a Marcus Camby ha dovuto sacrificare l’ex Maryland (tra l’altro campione NCAA 2002), reduce da
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R AFFAELE AFFAELE VALENTINO ALENTINO
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un’ottima stagione, la sua migliore statisticamente, chiusa con 11 punti, 5 assist e un sensazionale 42.5% da oltre l’arco. Per questo crediamo che il suo inserimento nella “Triangolo” risulti molto più facile di quello di Ron Artest (eufemismo). Le sue doti principali vengono messe in risalto da questo attacco delle pari opportunità e con un leader come Kobe e i consigli di Fisher non si fatica a pensare che il titolare nel ruolo per i prossimi anni sarà lui. I Lakers saranno la 6a squadra della carriera di Blake, dopo aver indossato le canotte di Washington, Milwaukee, Denver, Portland e i Clippers. Blake indosserà la maglietta numero 5, in quanto il suo numero preferito, il 2, è saldamente sulle spalle di Derek Fisher. “E’ un piacere essere qui a giocare per il titolo, è il massimo livello a cui potevo aspirare. Sono pronto a cominciare, non importa se gioco da titolare o alzandomi dalla
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panchina, mi interessa solo essere produttivo per la squadra.” ha dichiarato Blake alla conferenza di presentazione, mentre il suo GM Kupchak ha detto che: “Sarà Derek (Fisher,ndr) a partire da titolare e giocare nei momenti cruciali, ma ormai lui ha quasi 36 anni e dovevamo prendere un giocatore in grado di sostituirlo e anche giocarci assieme. Abbiamo seguito Steve per molti anni, sappiamo che è un grande agonista e ci darà una grande mano, anche in difesa.” Parole importanti da parte del General Manager che ha costruito le basi per questi Lakers vincenti. Siamo pronti a scommettere che Blake ripagherà la fiducia del suo GM e di tutti i Lakers, perché ancora di più dopo l’arrivo di Bosh e Lebron alla corte di Wade i gialloviola sono pronti a dare il tutto per tutto per raggiungere l’agognato (ed ennesimo per Phil Jackson) Three-Peat.
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LE STATISTICHE DELL’ULTIMA STAGIONE
...QUESTI I NUMERI IN CARRIERA...
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L’ANALISI
New ‘make up’ per i Warriors
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D OMENICO OMENICO L ANDOLFO ANDOLFO
Di basket di alto profilo nei suoi 15 anni Chris Cohan ne ha visto ben poco. Una sola volta, durante la sua presidenza, i Warriors avevano centrato l’obiettivo playoff, tra l’altro arrivando ottavi e prendendosi il lusso di battere i mavs che avevano il numero uno. Erano gli anni del Barone, di Jackson, di un giovanissimo Harrington… Una meteora nell’estate 2006/07, destinata a fallire. Arriva, o meglio ritorna Don Nelson, il padre padrone di una squadra che corre e tira, che non difende , che se è in serata può battere chiunque, ma che effettivamente non è alla pari con nessuna. La crisi economica acuisce il tutto e ci troviamo di fronte a un baratro, con la franchigia che ha le tende ad Oakland che è sul punto di sparire. Sembra tutto perso, quando si fanno avanti Joe Lacob e Peter Guber che, da azionisti di minoranza dei Boston celtics, decidono di investire la bellezza di 450 milioni di dollari (record assoluto per l’nba) per acquistarsi la franchigia che ora ha i suoi idoli nei piccolini Monta Ellis e Stephen Curry. I due sono molto emozionati e finalmente, dicono a i microfoni americani, hanno la possibilità di gestire una propria franchigia, realizzando il sogno di una vita, anche se non so quanto abbiano sognato di possedere una tra le più perdenti di sempre. La squadra rimane nelle solide mani, si fa per dire, dell’eclettico Don Nelson e subito iniziano i lavori di allestimento per cercare di costruire qualcosa. Una trade che coinvolge Wright ai knicks porta in California David Lee, si, proprio mister doppia doppia, che dopo un anno passato nel cantiere di D’antoni, si ritroverà in una squadra che forse avrà la stessa frenesia in attacco, ma sarà molto più confusionaria in difesa. Non so quanto a Don Nelson un giocatore di questo spessore possa piacere, giacchè la sua dimensione è solo quella della vernice, e per quel ruolo l’eterno coach ha già allenato da anni Biedrins, ma di sicuro il barone nonostante qualche sbraitata di troppo riuscirà a trarre quanto di meglio possibile dal suo nuovo centrone. Il progetto Warriors è partito da zero, e vuole ordunque rinnovarsi in tutto e per tutto; cambiato il vecchio logo, arriva il ponte di Brooklyn a fare da simbolo ai californiani, che tornano a vestire le casacche giallo e azzurre col cerchio centrale, come negli anni in cui quella canotta era vestita da signori come Rick Barry, Jamaal Wilkes e Phil Smith. Ma inizia anche con un nuovo sogno, quello che ogni tifoso nel proprio piccolo vorrebbe vivere: Jeremy Lin, cestista poco conosciuto, nato a Palo Alto, nella baia di San Francisco. Cresciuto con il ricordo dei bei tempi, con la sciarpa gialloblù al collo, sempre alla Oracle Arena a supportare i suoi beniamini, è stato pochi giorni fa tesserato da parte della squadra di Don Nelson, e finalmente potrà calcare i parquet Nba tra l’altro a pochi metri da casa sua, nella sua città un sogno che si realizza. I Golden State Warriors vogliono lasciare un segno, sperando non negativo come negli ultimi anni. Riusciranno a ribaltare quelle vicende negative che vogliono i soli attaccanti sempre perdenti? Don Nelson crede nelle sue idee e se plasmerà l’organico a sua disposizione a sua immagine e somiglianza, magari non vincerà il titolo, ma di sicuro si toglierà parecchie soddisfazioni.
I numeri di Nelson
L’avreste mai detto che Don Nelson è il re degli allenatori Nba? Non solo una leggenda che ha il suo bel numero 19 ritirato e appeso sul tetto del Td Bank Garden di Boston, ma anche una carriera da allenatore che tra alti e bassi, gli ha regalato di sicuro tante vittorie. La data storica è stata toccata il 4 Aprile scorso quando la vittoria su Toronto ha consegnato all’eccentrico allenatore dei Warriors la consacrazione di numero uno per vittorie conseguite (superato Lenny Wilkens a quota 1332) e per percentuale. A fine stagione il record sarà esteso a 1335 vittorie su 2398 partite in panca (55,7%) che fanno di lui il più vincente di sempre. Questo per dire a chi non crede che con il solo attacco puoi diventare importate. Nelson ha creato la posizione di Point Forward Open, ovvero il quattro capace di uscire dal pitturato e tirare, ha creato gli attacchi di transizione fatti di scarichi veloci e tiri dal perimetro e non solo di schiacciate al tabellone. Forse non avrà anelli al dito da allenatore, ma di sciuro ha inciso e non poco sulla pallacanestro di ieri e di oggi. E sia da giocatore, sia da executive, sia da allenatore, è nel giro della Nba da ormai 46 anni, una presenza oramai indelebile e destinata solo a un riconoscimento prestigioso nella Hall of Fame a Cooperstown.
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IL PERSONAGGIO - 2
Questa sessione di mercato estiva ha regalato scenari sorprendenti, al di là delle mosse dei free agents più ambiti, che hanno monopolizzato l'attenzione degli addetti ai lavori. Uno dei casi più eclatanti è il trasferimento di Tyson Chandler, ormai un peso a Charlotte, che sembrava avere le valige pronte per il Canada, direzione Toronto, per fare da spalla a Bargnani insieme a Diaw in una squadra che punta a riprendersi dopo gli addii di Bosh e Turkoglu. Sembrava, appunto, perché l'ex centro di Hornets e
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B ENEDETTO ENEDETTO G IARDINA IARDINA DI
Sarà la volta buona?
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Bobcats alla fine ha preso l'aereo per Dallas insieme ad Alexis Ajinca per approdare ai Mavericks, trovandosi quindi in uno scenario totalmente diverso da quello canadese. Chandler, 27 anni, ha espresso il suo miglior basket nel 2008, grazie all'exploit di Chris Paul che ha portato la franchigia di New Orleans ad una storica semifinale di conference con gli Spurs, e, come dichiarato ai microfoni di Hoopsworld.com, spera di poter migliorare giocando al fianco di Jason Kidd: «È un'opportunità incredibile per me, sono sicuro che mi migliorerà un sacco, non vedo l'ora di iniziare la stagione a Dallas». Spera in un miglioramento anche la dirigenza dei Mavericks, ormai stufa di vedere sfumare i grandi obiettivi, e per l'ennesima stagione ha allestito una squadra che potenzialmente è la seconda forza della Western Conference, dietro ai Lakers. Dopo aver inseguito inutilmente Al Jefferson, i Mavs hanno rinforzato il settore lunghi col rinnovo di Haywood e, appunto, l'arrivo di Chandler, mettendo così di fianco a Nowitzki due giocatori che si completano alla perfezione con il tedesco, garantendo rimbalzi e intimidazione nel pitturato. Il salto di qualità, ovviamente, è notevole, visto che in un anno i texani sono passati dal trentacinquenne Dampier, sempre più vicino al pensionamento, alla nuova combo HaywoodChandler, ma non è solo una questione di età a rendere vantaggioso questo scambio con i Bobcats. Innanzitutto, i due nuovi arrivi il prossimo anno libereranno un milione in più di quanto avrebbe fatto Dampier (Ajinca ha una team option a oltre 2 milioni, vedremo se quest'estate i Mavericks lo lasceranno libero), lasciando così un minimo di flessibilità salariale al team di Mark Cuban, inoltre, anche se stiamo parlando di un centro prettamente difensivo, Chandler sicuramente non sarà passivo in attacco, come ha già dimostrato ai tempi di New Orleans. Non gli verrà chiesto certamente di essere un fattore in fase offensiva, visto che in squadra sono già presenti top scorer come Nowitzki e Butler, ma la presenza di Kidd gli permetterà di rendersi pericoloso nel pitturato avversario, magari riproponendo quegli alley-oop che erano diventati un marchio di fabbrica della connection Paul-Chandler. Non bisogna dimenticare, infine, l'importanza di un intimidatore d'area negli schemi difensivi di coach Carlisle, che in questi ultimi anni è riuscito a dare una buona impronta difensivistica ad un team che agli inizi non era particolarmente portato a dare il meglio in entrambe le parti del campo. Già l'innesto di Shawn Marion era perfetto in quest'ottica, ma con l'arrivo di Chandler i Mavs colmano una lacuna che si portavano dietro da un po' di tempo, ovvero la difesa sui lunghi. Nowitzki non è mai stato un eccelso difensore e il Dampier degli ultimi tempi era più un danno che altro, ora, potendo ruotare Haywood e Chandler, Carlisle sa di poter contare su due guardaspalle di livello per la sua stella. Il dover giocare nella stessa conference di Gasol, Duncan e Jefferson, oltretutto, ti costringe ad avere un reparto lunghi di assoluto livello per poter competere ai piani alti. A Dallas sembrano aver capito, e adesso sperano di aver fatto la mossa vincente. Forse Chandler non sarà il giocatore che può farti fare il salto di qualità nella NBA, ma senza dubbio, in una squadra talentuosa come Dallas, può inserirsi facilmente e dare un buon apporto, nella speranza che il salto di qualità possa arrivare grazie alle solite stelle.
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Y Yo ou u c ca an n’’tt c c m me e
LA RUBRICA
A LESSANDRO
DELLI
DI
PAOLI
THE DECISION
«Io pensavo a batterli, non a giocarci insieme». Parole di ‘His Airness’, sua maestà Michael Jordan. Argomento? Ovviamente la decisione del ‘Prescelto’ di giocare a Miami la prossima stagione in dolce compagnia di Wade e Bosh. La decisione di King James, abbandonare Cleveland e diventare ‘ospite’ di Dwayne in Florida, ha suscitato reazioni in tutto il mondo cestistico, non certo positive, proprio come quella di ‘Air’. La spettacolarizzazione della scelta, poi, con tanto di diretta televisiva, ha scatenato la fantasia dei comici statunitensi. Steve Carrell, protagonista di film quali ‘Un’Impresa da Dio’ e ‘40 anni Vergine’, in un noto show televisivo americano, ha vestito i panni di LeBron annunciando al pubblico, con una suspance degna del miglior Alfred Hitchcock, la ‘sua’ scelta: placare il suo appetito, andando a gustarsi una bistecca in una famosa Steackhouse americana. Da King a Queen. Mostri sacri come Jordan e Barkley contro, critiche e sfottò da ogni parti. Le azioni di James, nel borsino della popolarità, sono decisamente in ribasso. Da ‘Choosen one’ a ‘The Chooser’.
ERBA DI CASA MIA. Francamente non sappiamo se Shawne Williams, ex Indiana Pacers e ora ai Dallas Mavericks, sia a conoscenza della celebre canzone di Massimo Ranieri. Fatto sta che le sue ‘passioni’, diciamo così da pollice verde, sono nuovamente emerse nei giorni scorsi. Il buon Shawne, in compagnia dell’ex compagno di squadra ai tempi del college a Memphis, Kareem Cooper, è stato fermato dalla polizia stradale di Memphis poiché non indossava la cintura di sicurezza. Nulla di particolarmente grave, se non fosse che i poliziotti, a seguito di perquisizione d’ordinanza, hanno scovato all’interno della Dodge di Williams, 17 grammi di marijuana ed una pistola di proprietà di Cooper. Non è la prima volta che Shawne viene beccato con le mani nella marmellata. Già nel 2007 fu trovato in possesso della amica jamaicana contribuendo così, alla fama dei ‘Jail Pacers’ dell’epoca, e subendo la sospensione della Lega. Mark Cuban, owner dei Mavs, ha preso a cuore la vicenda del suo giocatore e si impegnerà a tirarlo fuori dai guai. Insomma il proprietario più esuberante dell’intera NBA è pronto ad offrire a Williams il calumet della pace. Ops.
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Nba Team by Team...
...maeT yb maeT abN
I roster della nuova Nba
Gli allenatori, i nuovi arrivi, le partenze e l’organico della trenta franchigie del campionato più affascinante del mondo
C OAC H
ATLANTIC DIVISION AR RI VI
PARTENZE
S O T T O C O N T R AT T O
RIVERS
A.Bradley L.Harangody, J.O'Neal, S.O'Neal, Von Wafer
Tony Allen, Shelden Williams
Ray Allen, Nate Robinson, Kevin Garnett, J.O’Neal, Kendrick Perkins, Paul Pierce, M.Daniels, Rajon Rondo, B.Scalabrine, S.O’Neal, Von Wafer
A.JOHNSON
D.Favors, D.James, J.Farmar, T.Outlaw J.Petro, Sean May, A.Morrow
Tony Battie, Keyon Dooling
AR R IVI
PARTENZE
Devin Harris, Kris Humphries, Courtney Lee, Brook Lopez, Quinton Ross, Ben Uzoh, Terrence Williams, Brian Zoubek
A.Rautins, L.Fields, J.Jordan, R.Felton T.Mozgov, R.Mason K.Azubuike, A.Randolph, A. Stoudemire, Ronny Turiaf
C.Duhon, Al Harrington, E.House, S.Rodriguez David Lee
Wilson Chandler, Eddy Curry, Toney Douglas, Danilo Gallinari, Anthony Randolph, Bill Walker.
D.COLLINS
E.Turner, Tony Battie, S.Hawes A.Nocioni
S.Dalembert
Elton Brand, Willie Green, Jrue Holiday, Andre Iguodala, Jason Kapono, Jodie Meeks, Jason Smith, Marreese Speights, Lou Williams, Thaddeus Young
C OAC H
A RR IV I
PA R T E N Z E
S O T T O C O N T R AT T O
TRIANO
E.Davis, S.Alabi, L.Kleiza,D.Andersen, L.Barbosa,D.Jones
A.Wright, C.Bosh, H.Turkoglu
Marcus Banks, Andrea Bargnani, Marco Belinelli, Jose Calderon, Demar Derozan, Reggie Evans,Jarret Jack, Amir Johnson (re-signed), Sonny Weems
C OAC H
C OAC H D’ANTONI
C OAC H
AR R IVI
A RR IV I
PARTENZE
PA R T E N Z E
SOTTO CONTRATTO
SOTTO CONTRATTO
S O T T O C O N T R AT T O
S T A RS ‘ N ’ S T R I P E S
31
Nba Team by Team...
...maeT yb maeT abN
CENTRAL DIVISION A RR IV I
PARTENZE
SOTTO CONTRATTO
THIBODEAU
Omer Asik, L.Korver, Ronnie Brewer, Kurt Thomas, Keith Bogans, Carlos Boozer, C.J. Watson.
Kirk Hinrich, Hakim Warrick, Acie Law, Brad Miller, Jannero Pargo
Luol Deng, Taj Gibson, James Johnson, Joakim Noah, Derrick Rose
SCOTT
Christian Eyenga, Joey Graham, Ryan Hollins, Ramon Session
L.James, Z.Ilgauskas, S. O’Neal, S.Telfair, Delonte West.
Daniel Gibson, Daniel Green, J.J. Hickson,Antawn Jamison, Jamario Moon, Anthony Parker, Leon Powe, Anderson Varejao, Mo Williams
KUESTER
Greg Monroe Terrico White
-
C OAC H
A RR IV I
PARTENZE
W.Conroy (re-signed), Ben Wallace (re-signed), Austin Daye, Ben Gordon, R.Hamilton, J.Jerebko, Jason Maxiell, Tayshun Prince, Rodney Stuckey, Dajuan Summers, C.Villanueva, Chris Wilcox
O’BRIEN
P.George, L.Stephenson, M.Rolle
-
M.Dunleavy, TJ Ford, Jeff Foster, Danny Granger, T.Hansbrough, Roy Hibbert, Dahntay D.Jones, Solomon Jones, Troy Murphy, AJ Price, Brandon Rush
C OAC H
A R RIV I
PA R T E N Z E
SOTTO CONTRATTO
SKILES
L.Sanders, D.Hobson, K.Gallon, D.Gooden, K.Dooling , C.Maggette, Jon Brockman.
R.Ivey, L.Ridnour, K.Thomas, C.Bell , D.Gadzuric, D.Jackson
John Salmons (re-signed), Andrew Bogut, Carlos Delfino, Chris Douglas-Roberts, Ersan Ilyasova, Brandon Jennings, Luc Mbah a Moute, Michael Redd
C OAC H C OAC H
C OAC H
A R RI VI
AR R IV I
PA R T E N Z E
PARTENZE
SOTTO CONTRATTO
SOTTO CONTRATTO S O T T O C O N T R AT T O
S T A R S ‘ N ’ S T RI P E S
32
Nba Team by Team...
C OAC H
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SOUTHEAST DIVISION AR R IV I
PA R T E N Z E
SOTTO CONTRATTO
Josh Childress
Jason Collins (re-signed), Joe Johnson (re-signed), Mike Bibby, Jamal Crawford, Maurice Evans, Al Horford, Zaza Pachulia, Josh Smith, Jeff Teague, Marvin Williams
L.DREW
J.Crawford, J.Powell.
AR RI VI
PARTENZE
BROWN
Shaun Livingston, Dominic Mcguire, Matt Carroll, Eric Dampier, Eduardo Najera.
Raymond Felton, Theo Ratliff, Alexis Ajinca, Tyson Chandler
D.J. Augustin, Derrick Brown, Sherron Collins, Boris Diaw, Desagana Diop, Gerald Henderson, Stephen Jackson, Nazr Mohamed, Tyrus Thomas, Gerald Wallace
D.Pittman, J.Varnado, D.Butler, P.Beverely, L.James, E.House, J.Howard, Z.Ilgauskas, M.Miller, C.Bosh.
J.O’Neal, Q.Richardson, M.Beaseley, D.Cook.
Dwayne Wade (re-signed), Joel Anthony (re-signed), Carlos Arroyo (re-signed), Udonis Haslem (re-signed),James Jones (re-signed), Jamal Magloire (re-signed), Shavlik Randolph (re-signed), Mario Chalmers, Kenny Hasbrouck
VAN GUNDY
Daniel Orton, Stanley Robinson, Chris Duhon, Quentin Richardson
M.Barnes
JJ Redick (re-signed), Jason Williams (re-signed), Ryan Anderson, Brandon Bass, Vince carter, Marcin Gortat, Dwight Howard, Rashard Lewis, Jameer Nelson,Mickael Pietrus
C OAC H
A R RIV I
PARTENZE
SOTTO CONTRATTO
SAUNDERS
John Wall, Kevin Seraphin, Trevor Booker, Hamady N’Diaye, Hilton Amstrong, Kirk Hinrich
Randy Foye, Shaun Livingston, Mike Miller
Gilbert Arenas (suspended), Josh Howard (re-signed), Andray Blatche,Yi Jianlian,Javale Mcgee, Al Thornton, Nick Young
C OAC H
C OAC H SPOELSTRA
C OAC H
AR R IV I
A R RIV I
PA R T E N Z E
PARTENZE
SOTT0 CONTRATTO
SOTTO CONTRATTO
S O T T O C O N T R AT T O
S T A R S ‘ N ’ S T RI P E S
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Nba Team by Team...
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SOUTHWEST DIVISION AR R IV I
PARTENZE
SOTTO CONTRATTO
CARLISLE
Dominique Jones, Ian Mahinmi, Alexis Ajinca, Tyson Chandler
Matt Carroll, Eric Dampier, Eduardo Najera
Dirk Nowitzki (re-signed), Brendan Haywood (re-signed), J.J. Barea, Rodrigue Beaubois, Caron Butler, Jason Kidd, Jason Terry, Shawn Marion, Deshawn Stevenson
ADELMAN
Patrick Patterson, Brad Miller
David Andersen
C OAC H
A RR IV I
PARTENZE
T.Ariza, S.Battier, K.Lowry (re-signed), L.Scola (re-signed), A.Brooks, C.Budinger,M.Harris, C.Hayes, J.Hill, J.Jeffries, A.Johnson, K.Martin, Yao Ming, Jermaine Taylor
HOLLINS
Xavier Henry, Greivis Vasquez, Tony Allen, Acie Law
C OAC H C OAC H
C O AC H
A RR IV I
PARTENZE
Ronnie Brewer
S O T T O C O N T R AT T O
S O T T O C O N T R AT T O
Rudy Gay (re-signed), darrel Arthur, Demarre Carroll, Mike Coley, Marc Gasol, Hamed Haddadi, OJ Mayo, Zach Randolph, Hasheem Thabeet, Sam Young
AR RI VI
PA R T E N Z E
WILLIAMS
Craig Brackins, Quincy Pondexter
Morris Peterson
Aaron Gray (re-signed), Darren Collison,Emeka Okafor, Chris Paul, James Posey, Darius Songaila, Peja Stojakovic,Marcus Thornton, David West, Julian Wright
C O AC H
AR RI VI
PA R T E N Z E
SOTTO CONTRATTO
POPOVIC
James Anderson, Ryan Richards, Tiago Splitter, Gary Neal
Ian Mahinmi, Roger Mason, Keith Bogans
Matt Bonner (re-signed), Richard Jefferson (re-signed), Dejuan Blair, Tim Duncan, Alonzo Gee, Manu Ginobili, George Hill, Curtis Jerrels, Antonio Mcdyess, Tony Parker
SOTTO CONTRATTO
S T A RS ‘ N’ S T R IP E S
34
Nba Team by Team...
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NORTHWEST DIVISION AR RI VI
PA R T E N Z E
S O T T O C O N T R AT T 0
KARL
A.Harrington, S.Williams
J.Graham, L.Kleiza, J.Petro.
A.Carter (re-signed), C.Andersen, A.Afflalo, C.Anthony, Renaldo Balkman, C.Billups, Nene, C.Karl, Ty Lawson, Kenyon Martin, J.R. Smith
RAMBIS
W.Johnson, L.Hayward, P. Prestes, N.Pekovic, L.Ridnour, M.Beaseley, S.Telfair, Martell Webster
Ryan Hollins, Al Jefferson, Ramon Session
Darko Milicic (re-signed), Corey Brewer, Wayne Ellington, Jonny Flynn, Kosta Koufos, Kevin Love, Greg Stiemsma, Anthony Tolliver
Kyle Weaver
Nick Collison, Kevin Durant, Jeff Green, James harden, Serge Ibaka, Nenad Krstic, Eric Maynor, Byron Mullens, Thabo Sefolosha, Russel Westbrook, DJ White
C OAC H C OAC H C OAC H BROOKS
C OAC H
AR RI VI
A RR IV I
C.Aldrich, T.Pleiss, L.Williams, R.Redi, R.Ivey, D.Cook, M.Peterson
PA R T E N Z E
PARTENZE
SOTTO CONTRATTO
S O T T O C O N T R AT T O
A RR IV I
PARTENZE
MCMILLAN
Luke Babbitt, Elliot Williams, A.Johnson, Wes Matthews
Juwan Howard, Martell Webster, Ryan Gomes
Lamarcus Aldridge, Nicolas Batum,Jerryd Bayless, Marcus Camby, Dante Cunningham, Rudy Fernandez, Andre Miller, Greg Oden, Joel Prizbylla, Brandon Roy
C OAC H
A RR IV I
PA R T E N Z E
S O T T O C O N T R AT T O
SLOAN
Eric Maynor, Goran Suton
Wes Matthews, Kyle Korver, Carlos Boozer
Sundiata Gaines, Othyus Jeffers, Andrei Kirilenko, CJ Miles, Paul Millsap, Mehmet Okur, Ronnie Price, Deron Williams
S O T T O C O N T R AT T O
S TAR S ‘N’ STR I PES
35
Nba Team by Team...
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PACIFIC DIVISION AR RI VI
PA R T E N Z E
S O T T O C O N T R AT T O
NELSON
Jeremy Lin, Jannero Pargo, Ekpe Udoh, David Lee, D.Gadzuric, C.Bell
R.Bell, K. Azubuike, C. Maggette, A. Morrow, A.Randolph, R.Turiaf, C.J. Watson
Andris Biedrins, Stephen Curry, Monta Ellis, Vladimir Radmanovic, Reggie Williams, Brandan Wright, Dorell Wright
DEL NEGRO
Al Farouq Aminu, Eric Bledsoe, Willie Warren, Randy Foye, Ryan Gomes
Steve Blake, Drew Gooden, Travis Outlaw
Rasual Butler (re-signed), Craig Smith (resigned), Brian Cook, Baron Davis, Eric Gordon, Blake Griffin, Deandre Jordan, Chris Kaman
Steve Blake, Devin Ebanks, Derrick Caracter, Matt Barnes, Theo Ratliff
Jordan Farmar, Josh Powell
Kobe Bryant, Pau Gasol, Lamar Odom, Shannon Brown (re-signed), Derek Fisher (re-signed), Ron Artest, Andrew Bynum, Sasha Vujacic, Luke Walton
C OAC H C OAC H
C OAC H JACKSON
C OAC H
AR RI VI
AR RI VI
PA R T E N Z E
PA R T E N Z E
SOTTO CONTRATTO
SOTTO CONTRATTO
A RR IV I
PARTENZE
GENTRY
G.Lawal, D. Collins, J.Childress, H. Turkoglu, H.Warrick
Amare Stoudemire, Leandro Barbosa, Dwayne Jones
Earl Clark, Gran Dragic, Jared Dudley, Channing Frye (re-signed), Grant Hill, Robin Lopez, Steve Nash, Jason Richardson
C OAC H
A RR IV I
PARTENZE
S O T T O C O N T R AT T O
WESTPHAL
D.Mcguire, S. May, D.Cousins, H.Whiteside, P.Jeter, D.Sloan, A.Wright, S.Hawes, A.Nocioni, J.Brockman S.Dalembert, D.Jackson
S O T T O C O N T R AT T O
Omri Casspi,Tyreke Evans, Francisco Garcia, Donte Green, Carl Landry, Jason Thompson, Beno Udrih
S TAR S ‘N’ STR I PES
NBA NEWS
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TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET
SEZIONE A CURA DELLA REDAZIONE DI
Maxi scambio: Ariza agli Hornets Hornets, Rockets, Pacers e Nets hanno intavolato una trade a 4 squadre che porterà Darren Collison e James Posey a Indiana, Trevor Ariza a New Orleans, Courtney Lee a Houston, mentre New Jersey riceverà Troy Murphy. Lo scambio è quasi ufficiale. E' una trade molto interessante: Indiana copree finalmente il buco nella posizione di play con un giovane dal futuro promettente (Collison) e in più aggiunge a roster un giocatore esperto e affabile come Posey. Ariza a New Orleans garantisce tiro da fuori e difesa, qualità che nella squadra di Chris Paul servono sempre. A Houston in cambio di Ariza arriva
Lee. Non si capisce molto bene il perchè di questa mossa da parte del GM dei Razzi, Morey: Ariza era perfetto nel sistema dei Rockets, mentre Lee è un doppione di
Martin. New Jersey si rinforza invece sotto le plance, affiancando a Brook Lopez un giocatore del calibro di Troy Murphy, tiratore e rimbalzista sopraffino.
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S T A RS ‘ N ’ S T R IP E S
NBA NEWS
O’Neal ci prova ancora ai Celts Shaquille O’Neal è ufficialmente un giocatore dei Boston Celtics. Il centro plurititolato (3 titoli con i Lakers, 1 con Miami) ex Cavs nella prossima stagione vestirò la canotta dei vice campioni Nba. «Sono onorato di entrare a far parte i Celtics» ha detto O'Neal. «Ho giocato contro Paul, Ray, Kevin, Rajon, e Jermaine per molti anni e sarà bello adesso poterli chiamare i miei compagni di squadra. Non vedo l'ora di arrivare a Boston per iniziare la rincorsa a un altro titolo». Anche se i termini del contratto non sono stati ancora divulgati, “The Diesel” dovrebbe guadagnare l’intera Mid Level Exception da 5.8 milioni di dollari. «Non accade tutti i giorni di poter aggiungere un giocatore del calibro di Shaquille alla tua squadra», ha detto Danny Ainge, presidente Basketball Operations dei roster». O’Neal è il quinto marcatore della storia Nba con Celtics. «La sua esperienza, il suo passato parlano da sé e 28.225 mila punti segnati e il quattordicesimo rimbalzista noi crediamo che sia particolarmente adatto al nostro (12.291)
Tyreke Evans ingrana le marce alte anche in macchina, guai in vista Tyreke Evans, guardia dei Sacramento Kings, non ama correre solo sul campo da basket. Il rookie della passata stagione è stato infatti arrestato dalla polizia al termine di uno spettacolare inseguimento sulla Interstate80, una trafficatissima autostrada californiana. Le riprese effettuate dall'elicottero mostrano la giovane star Nba impegnata in una folle gara con un'altra auto a una velocità di 130 miglia orarie dove il limite è di 80. La bravata è costata a Evans 80 ore di servizi sociali, oltre al ritiro della patente per 30 giorni. Alla squadra è stato chiesto di sospendere il giocatore per 30 giorni.
S TAR S ‘N’ STR I PES
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TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET
SEZIONE A CURA DELLA REDAZIONE DI
Turkoglu spara a zero su Toronto Che Hedo Turkoglu e i Toronto Raptors non si siano lasciati d'amore e d'accordo è cosa nota, basti pensare alle dichiarazioni del turco poche settimane prima di lasciare il Canada, quando aveva praticamente lanciato un ultimatum alla dirigenza per cederlo. Ora che Turkoglu è un giocatore dei Suns, le polemiche non accennano a placarsi, ed è lo stesso giocatore a gettare benzina sul fuoco in un'intervista a FoxSports: «La gente si deve rendere conto che c'è qualcosa che non va con l'organizzazione e nessuno vuole più andare lì. Non sono solo i giocatori a rendersi conto di questa situazione». Inoltre, Turkoglu ha voluto dire la sua sulla questione Colangelo-Bosh, con il GM dei Canadesi che ha accusato il nuovo acquisto degli Heat di non aver dato il meglio nella stagione appena conclusa. «È divertente quando la gente ti parla alle spalle,
se pensava veramente questo, perché non lo diceva durante la stagione?» -sbotta Turkoglu- «Perché non dirlo a Chris? Ora che Chris è partito, non è carino dire certe cose...».
Colangelo ha preferito non replicare, per evitare di alimentare ulteriori polemiche, ma c'è da dire che a Toronto non si sta certamente vivendo un buon momento.
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S T A RS ‘ N ’ S T R IP E S
NBA NEWS
House trova casa ai Miami Heat Eddie House ha firmato un contratto di due anni con i Miami Heat. L'ex tiratore dei Celtics riceverà 2,8 milioni di dollari nelle due stagioni, avendo firmato al minimo salariale per i veterani, con una player option per il secondo anno. «Eddie aveva già giocato con Miami nei primi anni della sua carriera, ed era rimasto in ottimi rapporti con lo staff dirigenziale- ha dichiarato il suo agente-, che ha aggiunto: «Sarà molto utile alla squadra, è ancora uno dei giocatori più dinamici ad uscire dalla panchina e segnare tiri decisivi in momenti importanti. E’ il migliore nella lega per quanto riguarda questo campo». Dopo il titolo vinto con i Celtics, grazie anche alle sue giocate, lo scorso febbraio era stato inserito nella trade che ha portato Nate Robinson a Boston, finendo alla corte di Mike D’Antoni. Le sue cifre dello scorso anno parlano di 7 punti a partita in 17 minuti, anche se convinti che questo sia un tassello molto importante per le nel deserto tecnico della squadra della Grande Mela. Siamo chance di vittoria degli Heat.
Non ha ancora fine, la telenovela di ‘Casa Rudy Fernandez’ Continua a tenere banco in questi giorni la “Telenovela” legata a Rudy Fernandez. Lo spagnolo ha espressamente richiesto una cessione allo staff dei Blazers, che stanno vagliando offerte arrivate da molte squadre. Tra queste vi sono Bulls, Celtics e soprattutto Knicks, che sembrano in pole-position per accaparrarsi il riccio tiratore. Nei giorni scorsi era apparso un “rumors”, prontamente smentito, in cui si diceva che i Knicks per avere Rudy avessero messo sul piatto della bilancia addirittura Wilson Chandler. Mentre è delle ultime ore la notizia che i Blazers vorrebbero ricevere delle prime scelte future in cambio di Fernandez. Ma le prime scelte dei Knicks fino al 2012 appartengono ai Rockets per via di uno scambio precedente e la prima scelta disponibile sarebbe quella del 2014, forse un po’ troppo in là con il tempo per questa NBA frenetica.
S TAR S ‘N’ STR I PES
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TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET
SEZIONE A CURA DELLA REDAZIONE DI
Yao, una carriera appesa ad un filo Se non riuscirà a riemergere dall'ormai lunghissimo stop per l'infortunio al piede, Yao Ming potrebbe decidere di lasciare il basket. Il trentenne centro cinese degli Houston Rockets, le cui parole hanno trovato oggi vastissima eco in tutti i media del suo paese, si è mostrato ottimista circa un prossimo ritorno in NBA, ma non ha escluso drastiche decisioni. «Se non guarisco la prossima stagione posso anche smettere», ha detto. Il giocatore è stato operato lo scorso anno ed ha saltato per intero l'ultima stagione NBA, ma ora è pronto per tornare a disposizione dei Rockets, che intanto, per cautelarsi, hanno ingaggiato il veterano Brad Miller. Ming ha quindi praticamente escluso la possibilità di tornare a vestire la maglia della nazionale cinese per le Olimpiadi di Londra 2012: «Le possibilità che io vada sono scarsissime, l'infortunio non mi permette di pensare di giocare troppe partite. D'altronde prima o poi dovrò smettere di giocare, accade per tutti. E a 30 anni non posso certo permettermi di considerarmi ancora il futuro del basket cinese».
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NBA NEWS
MJ intrudurrà Pippen nella Hall of Fame Sarà Michael Jordan a introdurre Scottie Pippen nella Hall of Fame. Jordan è entrato a far parte della Naismith Memorial Basketball Hall of Fame l'anno scorso, e adesso avrà il compito di presentare il suo compagno, con il quale ai Chicago Bulls ha vinto sei titoli. " Non posso pensare a una persona migliore per farlo ", - ha detto Pippen dal sito web dei Bulls, che per primo ieri ha riportato la notizia-." Michael è la persona con la quale ho condiviso la mia carriera, riuscendo a vincere tutto. Era un grande compagno di squadra e maestro. Sono entusiasta di avere l'opportunità di essere la prima persona presentata da lui nella Hall of Fame. Se qualcuno merita di essere sul palco con me, quello è Michael ". Pippen arriverà giovedì a Springfield (Massachusetts) dove verrà accolto. Il giorno dopo avrà luogo la presentazione. " Non vedo l'ora"- ha aggiunto Scottie-. " Essere attorniato da tutti i miei compagni di squadra, da tutti coloro con i quali ho condiviso grandi esperienze è fantastico. E' una settimana molto emozionante per me. Sto chiudendo il libro della mia carriera, voglio fare un respiro profondo e godermi ogni istante".
Niente ritorno del figliuol prodigo: Isiah Thomas ‘rifiuta’ i Knicks Isiah Thomas non farà parte dello staff dei Knicks. Thomas ha rescisso il contratto di consulenza con i blu-arancio, dopo aver parlato con il commisioner David Stern. Il doppio incarico come capoallenatore alla Florida International University e il ruolo di consulente per una franchigia Nba, violavano alcune norme previste nella Lega. «Dopo aver parlato con David Stern, hodeciso di rescindere il mio contratto con la squadra» - ha detto Thomas -. Ringrazio Jim Dolan, Donnie Walsh, Mike D'Antoni e l'intera organizzazione dei Knicks per avermi offerto questa possibilità». «Il ritorno dell'ex coach era stato fortemente caldeggiato dal proprietario Jim Dolan, co-responsabile dei disastri sportivi e manageriali, di cui si era reso protagonista Thomas, quando era alla guida dei Knicks. Tuttavia Dolan continua a credere ciecamente in Thomas. «Anche se sono deluso dal fatto che Isiah non lavorerà con i Knicks in qualità di consulente, continuo a credere nella sue capacità, tra cui l'abilità nel riconoscere e giudicare il talento» - ha detto Dolan-. «È un mio buon amico e avrà sempre un forte legame con me e la squadra. Gli auguro i migliori successi per la sua carriera di allenatore al College».
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TUTTOBASKET TUTTOBASKET. NET NET
SEZIONE A CURA DELLA REDAZIONE DI
Tracy McGrady si accasa a Detroit Quando ormai la trattativa sembrava tramontata, è arrivato il colpo di scena finale. I Detroit Pistons e Tracy McGrady hanno trovato l'intesa. L'accordo tra l'ex Knicks e Rockets e la franchigia di Motown prevede un anno di contratto a 1.3 milioni di dollari. Per i Pistons si tratta di un'operazione importante, forse l'unica possibile in questo momento dato le precarie condizioni economiche in cui versa la franchigia (sulla quale c'è un concreto interesse di Mike Ilitch, proprietario dei Detroit Tigers e dei Red Wings). I dubbi riguardano, ovviamente, le condizioni fisiche di T-Mac. L'arrivo a Detroit di McGrady potrebbe far presagire la partenza di uno tra Rip Hamilton e Tayshaun Prince.
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AROUND THE USA
STAR S ‘N’ STR I PES
ST TE EFA FAN NO O LI IV VI I DI
Terrell Owens ai Bengals
S T A R S ‘ N ’ S T R IP E S
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Finalmente T.O. ha trovato una casa. Quello che era il free agent più ambito ha firmato per i Bengals un contratto annuale da 2 milioni di dollari più incentivi, potrebbe guadagnare 333mila dollari ad ogni obiettivo raggiunto tra i seguenti: 60 ricezioni, 100 ricezioni, 900yds, 1300 yds, 10 touchdowns e 14 touchdowns. I Bengals erano la prima scelta di Owens, che ha ricevuto un’offerta lunedì 26 luglio accettandola il giorno successivo, avendo così la possibilità di essere compagno di squadra del suo grande amico Chad Ochocinco che ha già ribattezzato la coppia come i “Batman e Robin” dell’ NFL. Del resto proprio Ochocinco, nel gennaio scorso, aveva dato per sicuro l’arrivo dell’amico a Cincinnati. La presenza del numero 85 delle tigri del Bengala sarà senz’altro d’aiuto per il nuovo arrivato. Sarà proprio Ochocinco il ricevitore principale dell’attacco tigrato, di quattro anni più giovane rispetto ad Owens che ne ha 36, e, a quest’età, non è possibile portare sul groppone il peso di un intero attacco da solo. Ma nonostante ciò T.O. è ancora un’ottima opzione come secondo ricevitore forte abbastanza per corte ricezioni, e capace di rompere placcaggi per ottenere lunghi guadagni. Oltre ad Ochocinco, anche Carson Palmer ha avuto un ruolo importante nella trattativa. Il quarterback ha lavorato con Owens in California durante l’off season, rimanendone colpito, tanto da chiamare il coach Marvin Lewis consigliandogli di ingaggiarlo. Tutto ciò non fa che aiutare T.O. nell’inserirsi nel migliore dei modi nello spogliatoio. Con Palmer, Owens avrà la possibilità di dimostrare di essere ancora un ricevitore coi fiocchi dopo aver deluso nell’ultima stagione, anche a causa dell’assenza di un quarterback valido a guidare l’attacco dei Bills, dove si sono avvicendati Trent Edwards e Ryan Fitzpatrick. Nonostante fosse l’arrivo di Owens a Cincinnati fosse tra tutte le ipotesi quella più quotata, qualche dubbio era sorto nel marzo scorso. In seguito alla rescissione del contratto del ricevitore Laveraunes Coles dopo una sola stagione nei Bengals, si stava cercando un degno sostituto; dopo aver fatto sostenere un provino ad Owens, la scelta è però caduta su Antonio Bryant, ex Buccaneers, il quale ha raggiunto un accordo che lo legherà a Cincinnati per i prossimi quattro anni, ma una volta arrivati alle porte della nuova stagione, ed essendo Owens ancora senza contratto, il proprietario Mike Brown ha deciso di accaparrarsi le sue prestazioni. Owens porterà anche a Cincinnati, così come è stato a San Francisco, Philadelphia, Dallas e Buffalo, i suoi singolari festeggiamenti, simpatici e goliardici, che spesso sono costati delle penalità alle proprie squadre per eccessiva celebrazione; come quando, dopo un TD per i Cowboys, saltò sulla protezione dietro l’endzone prendendo le pop corn dalle mani di un tifoso cercando di mangiarle attraverso il casco o quando fece finta di schiacciare un pisolino usando la palla a mo’ di cuscino. Potrebbero, invece, destare qualche preoccupazione i comportamenti di T.O. fuori dal campo. Comportamenti che negli anni passati sono stati un po’ troppo sopra le righe, che vanno dal litigio con l’ex compagno di squadra Hugh Douglas fino allo sputo in faccia al cornerback DeAngelo Hall, all’epoca ai Falcons, passando per il tentato suicidio a causa di un’overdose. D’altronde i Bengals non sono nuovi ad affrontare questo
Fonte foto: http://im.sport.cz
tipo di problemi; Brown si è sempre contraddistinto sia per aver perdonato i suoi giocatori dopo essersi resi protagonisti di atteggiamenti poco ortodossi, sia per aver messo sotto contratto, nelle ultime stagioni, giocatori che hanno avuto precedenti controversi come i ricevitori Chris Henry e Matt Jones, e i running back Larry Johnson e Cedric Benson, tutta gente che era stata cacciata dalle rispettive squadre di appartenenza a causa dei loro problemi fuori dal campo. Tra l’altro proprio Benson è stato arrestato poche settimane fa per aver aggredito e picchiato un barman. «Le persone possono commettere errori», ha dichiarato Brown nella presentazione della preseason dei Bengals, «ma questo non vuol dire che passeranno il resto della loro vita a commettere gli stessi errori. Possono far virare la nave puntando nella giusta direzione. Owens è un uomo di 36 anni, ne ha passate tante nella sua vita, e ha dimostrato di valere sia come giocatore che come uomo» «I Bengals sono stati sempre in prima fila» ha detto Rosenhaus, agente di Owens oltre che rappresentare gli interessi di Ochocinco. «Anche se abbiamo trattato con altri team durante questi mesi, la franchigia di Cincinnati è stata quella che ha mostrato più interesse e Terrell è stato sempre entusiasta di ciò». Rosenhaus ha accennato anche alla situazione contrattuale di Ochocinco, giunto ormai al suo ultimo anno di contratto che include un’ opzione per la stagione 2011. “Abbiamo discusso di un’estensione, e ci sono tutti i presupposti affinché Ochocinco rimanga ancora a Cincy” Dal punto di vista meramente tecnico, nell’ultima stagione con i Bills, T.O. ha ricevuto 55 passaggi per 829 yards, mettendo a segno 5 TDs, le sue peggiori prestazioni da quando ha cominciato la carriera con i 49ers. Dall’altra parte abbiamo una squadra che proverà a migliorare il proprio gioco aereo essendo stata una delle peggiori squadre nell’ultima stagione sotto questo aspetto. Infatti i Bengals hanno vinto la propria divisione basando il loro gioco sostanzialmente su una solida difesa e sulle corse di Benson, che hanno garantito la nona partecipazione ai play offs, ma da quando la franchigia ha fatto la sua prima apparizione nella lega nel 1968, non ha mai disputato un Super Bowl. Cincinnati è una grande città di football, ma avrebbero bisogno di qualche stagione vincente per rendere davvero felici i propri tifosi. E l’ingaggio di Terrell Owens sembra proprio essere una mossa vincente per la franchigia. A parte le chiacchere sui suoi comportamenti e la non più giovane età, Owens è indubbiamente un giocatore di talento. In 14 anni di NFL è alla terza posizione tra i ricevitori per i TDs messi a segno, e alla sesta per quanto riguarda le ricezioni. Pro Boiler per 6 volte, diventando insieme a Jerry Rice e Randy Moss uno dei migliori ricevitori di tutti i tempi. Anche Ochocinco è un sei volte Pro Bowler e, come il suo amico e compagno, ha infranto numerosi record. Questi due giocatori insieme, dovrebbero dare una grossa mano ai Bengals per raggiungere gli obiettivi preposti e, quantomeno, dovrebbero offrire un po’ di spettacolo dalle parti di Cincinnati. E allora prendete birra e pop corn, Barman e Robin entrano in azione.
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