Rivista "Tradizione Famiglia Proprietà", marzo 2020

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Anno 26, n. 85 - Marzo 2020 Sped. in Abb. Post. Art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 Filiale di Padova

A proposito della March for Life , una visione diversa degli Stati Uniti


Editoriale

N

È nella notte che è bello credere alla luce

el film The Passion, di Mel Gibson, Nostro Signore Gesù Cristo, sanguinante e sfinito sulla via del Calvario, rivolgendosi a sua Madre angosciata dice: “Io faccio nuove tutte le cose!”. Vi è in questa frase qualcosa di paradossale. Essa è tratta dall’Apocalisse (21,5), dove però è pronunciata da “Colui che sedeva sul trono (…) l’Alfa e l’Omega”, cioè dal Divino Sovrano nell’apogeo del suo potere e del suo splendore. Invece, il regista statunitense la mette in bocca a Nostro Signore proprio mentre Egli si trova nell’apparente sconfitta, nell’apparente umiliazione, trascinato per terra dai suoi aguzzini, ridotto al nulla… Ecco il paradosso della nostra Fede: è proprio nell’apparente sconfitta che si trova la radice del trionfo supremo. Con la sua passione e morte, con lo spargimento del suo Preziosissimo Sangue fino all’ultima goccia, Nostro Signore non solo ha comprato tutte le anime, strappandole alle grinfie del demonio, ma anche tutte le grazie della storia: dalla fondazione della Chiesa fino alla fedeltà degli ultimi alla fine del mondo.

Fra poco saremo nella Settimana Santa. Si succederanno, in rapida sequenza, episodi gioiosi e tristi: dal trionfo popolare della Domenica delle Palme, alla sordida cospirazione del Sinedrio, alla dolorosa passione e morte in croce, alla sfavillante aurora della Domenica di Risurrezione, completata poi con la Pentecoste. Dalla sconfitta più totale e infamante si passa al trionfo più glorioso di tutta la storia. Vincerà non tanto chi ha acclamato Gesù all’ingresso di Gerusalemme in mezzo ai festeggiamenti, ma chi ha conservato la fiducia nel Redentore quando tutto sembrava perduto; vincerà chi è rimasto ai piedi della croce quando Nostro Signore esclama “Eli, Eli lama sabactani?” e le tenebre hanno ricoperto la terra.

“La Chiesa attraversa oggi un periodo simile al Venerdì Santo”, scriveva Plinio Corrêa de Oliveira nel 1961. Da allora, la situazione è precipitata, soprattutto dopo il cataclisma postconciliare. E oggi sembra che siamo arrivati all’auge delle tenebre. Non pochi hanno perso la fede. Altri, sgomenti per il “fumo di Satana nel tempio di Dio” (Paolo VI), hanno apostatato verso altre confessioni religiose. Molti traballano, sbattuti tra lo scoraggiamento e la perniciosa tentazione del sedevacantismo.

E, invece, la soluzione è sempre una: Fiducia! “Quando tutto sembra perso, quando sembra che non ci sia più niente da fare, è l’ora di preparare l’incenso: il Te Deum sta per cominciare!”, proclamava Padre Thomas de Saint-Laurent nel suo celebre «Libro della Fiducia». “È nella notte che è bello credere alla luce”, scrisse il poeta Edmond Rostand. Plinio Corrêa de Oliveira voleva che i suoi discepoli fossero “eroi della fiducia, paladini di questa virtù”:

“Chi siamo noi? Nella tempesta, nell’apparente disordine, nell’apparente afflizione, nell’apparente rovina di tutto ciò che per noi sarebbe la vittoria, noi siamo quelli che hanno avuto fiducia, che non hanno mai dubitato, anche quando il male sembrava aver vinto per sempre. “Chi siamo noi? Siamo figli e saremo gli eroi della fiducia, i paladini di questa virtù. Quanto più gli avvenimenti sembreranno smentire la voce della grazia che ci dice ‘vincerai!’, tanto più crederemo alla vittoria di Maria!”

Che ciascuno di noi sia un paladino della Fiducia! Ecco i nostri auguri in questa Santa Pasqua 2020. 


Sommario Anno 26, n° 85, marzo 2020

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È nella notte che è bello credere alla luce Francesco ratifica Leonardo Boff e butta Fritz Löbinger nel Tevere “Il Papa la pensa come noi” parola di marxista Il Principe al Papa: Santo Padre, non riceva un criminale! Sbagliando i “segni dei tempi” In memoria di Giovanni Cantoni «Aveva la cattedrale di Chartres nel cuore» La luce della grazia Washington: mezzo milione in difesa della vita innocente Parlano i giovani “Mai più bambini!” L’ideologia dietro il movimento abortista Il vero obiettivo dell’impeachment di Trump Aumentano le Messe tradizionali Voglia di Medioevo La Santa Casa di Loreto, dimora di ogni controrivoluzionario Come poté il mondo odiare Colui che fece tanto bene? TFP italiana: quattro momenti Lo Zar e il Re

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Copertina: La March for Life che ogni anno raduna centinaia di migliaia di attivisti per la vita a Washington, D.C.

Tradizione Famiglia Proprietà Anno 26, n. 85 marzo 2020 Dir. Resp. Julio Loredo

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Direzione, redazione e amministrazione: Tradizione Famiglia Proprietà - TFP, Via Nizza, 110 — 00198 ROMA Tel. 06/8417603 Fax: 06/85345731 Email: info@atfp.it Sito: www.atfp.it CCP: 57184004 Aut. Trib. Roma n. 90 del 22-02-95 Sped. in abb. post. art. 2, Comma 20/C, Legge 662/96 — Padova Stampa Everprint s.r.l., Via Guido Rossa, 3 — 20061 Carugate (MI) TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 3


Chiesa

Querida Amazonia

Francesco ratifica Leonardo Boff e butta Fritz Löbinger nel Tevere

di José Antonio Ureta

Mercoledì 12 febbraio è stata presentata, nella Sala Stampa del Vaticano, l’Esortazione Apostolica post-sinodale «Querida Amazonia», a conclusione del Sinodo speciale dei vescovi della regione panamazzonica, tenutosi a Roma lo scorso ottobre. Molti si aspettavano un’apertura di Papa Francesco ai sacerdoti sposati e alle donne diaconesse. Tale apertura non c’è stata. Anzi. D’altra parte, però, il documento pontificio non è esente da spunti preoccupanti. Ne parla José Antonio Ureta, ricercatore della TFP francese.

L’

Esortazione Apostolica appena pubblicata conferma che nel pontificato di papa Francesco la politica ha la priorità sulla religione. Ha accelerato sull’“ecologia integrale” ma ha frenato in modo netto sull’agenda religiosa del Sinodo.

I cardinali Burke, Müller e Sarah (e il loro coautore Benedetto XVI), così come quei pochi prelati che hanno difeso con fervore il celibato sacerdotale, hanno motivo di essere soddisfatti. E possono guardare dall’alto i promotori del sacerdozio low cost, in 4 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

particolare i vescovi Fritz Löbinger, Erwin Kräutler e i loro compagni di strada sul “cammino sinodale” tedesco. Schluss! Nessuna apertura né a viri probati né a “diaconesse”. Papa Francesco riconosce che è necessario fare sforzi perché le comunità isolate in Amazzonia non vengano private dall’alimento dell’Eucaristia e dei sacramenti della Riconciliazione e dell’Unzione degli infermi (n° 86 e 89). Ammette pure che la vita e il ministero dei sacerdoti non sono monolitici (n° 87). Afferma tuttavia che la soluzione sta nel sacra-


mento dell’Ordine Sacro, che configura il sacerdote a Cristo (n° 87), che è lo Sposo della comunità che celebra l’Eucaristia e che è rappresentata dal celebrante (n° 101). In questo modo, egli convalida i due argomenti principali di coloro che si oppongono al sacerdozio uxorato. E propone come soluzione che si preghi per le vocazioni sacerdotali e perché vengano indirizzate verso l’Amazzonia le vocazioni missionarie (n°90). Di passaggio, si lamenta che sono più i missionari dei paesi amazzonici che si recano ad abitare negli Stati Uniti o in Europa di quelli che vanno alle missioni nei propri Paesi! (n° 132).

Come era stato annunciato negli ultimi giorni, non c’è neppure una menzione indiretta all’eventualità di ordinare uomini sposati che siano leader delle proprie comunità. Anzi, Francesco insiste che non si tratta semplicemente di facilitare una maggiore presenza di ministri ordinati che possano celebrare l’Eucaristia, ma di promuovere l’incontro con la Parola di Dio e la crescita nella santità attraverso i vari tipi di servizi pastorali svolti dai laici (n° 93), come aveva suggerito molto saggiamente mons. Athanasius Schneider ispirandosi alla sua personale esperienza di mancanza di sacerdoti nell’Unione Sovietica.

Per lo stesso motivo della configurazione del sacerdote a Cristo, Sposo della comunità, e dell’ampio e generoso lavoro missionario già svolto dalle donne – nelle aree del battesimo, della catechesi e della preghiera – (n° 99), Papa Francesco chiude la discussione sull’ordinazione delle donne, asserendo che sarebbe una forma di riduzionismo “clericalizzarle”, il che sarebbe come insinuare che esse solo otterrebbero uno status superiore nella Chiesa se fossero ammesse agli Ordini Sacri (N° 100). Invece, le donne danno il loro contributo alla Chiesa alla loro maniera, facendo presente la tenera robustezza di Maria, la Madre (n° 100).

religioni pagane come vie alternative alla salvezza. Il suo clamore ha raggiunto Santa Marta.

Querida Amazonia si dissocia dal concetto di “inculturazione” promosso dalla Teologia India – che ha come principali corifei i presbiteri Paulo Suess ed Eleazar López – per assumere una versione light della costituzione conciliare Gaudium et Spes. Questa fa consistere l’inculturazione in un mero adattamento del Vangelo alla comprensione di tutti, esprimendo il messaggio di Cristo in termini adeguati ad ogni cultura (n° 84). Si tratta dunque di un’inculturazione che sebbene non rigetta nulla di buono di quanto esiste nella cultura amazzonica, fa di essa un oggetto di redenzione (n° 67), e la porta a pienezza sotto la luce del Vangelo (n° 66) volendola arricchita dallo Spirito Santo mediante il potere del Vangelo (n° 68).

Questo obbliga la Chiesa ad adottare, in relazione alle culture, un atteggiamento fiducioso ma anche vigilante e critico (n° 67). Tuttavia, richiede innanzitutto di non avere vergogna di Gesù Cristo (n° 62), né di limitarsi a dare ai poveri soltanto un messaggio sociale al posto di un grande messaggio di salvezza (n° 63), avendo in vista che quei popoli hanno il diritto di ascoltare il Vangelo. Senza l’evan-

Un altro che può dirsi soddisfatto, almeno in parte, è il cardinale Walter Brandmüller. Egli denunciò l’Instrumentum Laboris del Sinodo amazzonico affermando che era un invito alla apostasia, in quanto intendeva l’“inculturazione” come una rinuncia alla predica del Vangelo e l’accettazione di

Nonostante le centiniaia di milioni di euro spesi nella realizzazione del Sinodo, la linea progressista dei vescovi tedeschi esce fortemente sconfessata A dx., il cardinale Reinhard Marx

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gelizzazione, la Chiesa si trasformerebbe in una volgare ONG che abbandonerebbe il comandamento di predicare a tutte le nazioni (n° 64). Santo Toribio d Mogrovejo e San Giuseppe di Anchieta – e non quei missionari della Consolata e altri che si vantano di non avere battezzato nessuno in 60 anni – vengono presentati come i modelli dei grandi evangelizzatori dell’America Latina (n° 65).

In contrasto con quanto detto sopra, e in un malriuscito tentativo di giustificare gli scandalosi culti idolatrici alla Pachamama nei giardini vaticani e nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco dichiara che, nel contesto di una spiritualità inculturata, è possibile adoperare in certi modi alcuni simboli indigeni, taluni miti carichi di un significato spirituale o di festività religiose rivestite di valore sacro, senza necessariamente incorrere in idolatria (n° 79).

Un riferimento passeggero a Dio Padre come creatore di tutti gli esseri viventi è insufficiente per dissipare il sapore “panteista” di quei brani, visto che sono preceduti dalla citazione di un poema sulla “comunione con la foresta” de Sui Yun (a proposito, una poetessa peruviana nota per il carattere disinvolto ed erotico delle sue opere: “la mia poesia è genitale”, afferma) (n° 56).

Tuttavia, di gran lunga l’aspetto più claudicante del documento è la sua piena adesione ai postulati e all’agenda della Teologia della Liberazione, nella sua versione ecologica riciclata da Leonardo Boff e fatta propria dai documenti sinodali.

In una palese manifestazione di “clericalismo” – visto che il magistero non ha nessuna autorità in materia scientifica o economica – e, soprattutto, in opposizione all’anelito di sviluppo dell’immensa maggioranza della popolazione che abita l’Amazzo-

Il documento pontificio contiene un tentativo di giustificare gli scandalosi culti idolatrici alla Pachamama nei giardini vaticani e nella Basilica di San Pietro

Oltre a questa infruttuosa difesa del culto alla Pachamama, il cardinale Brandmüller avrebbe un altro motivo per rimanere dispiaciuto. Papa Francesco – citando abbondantemente la sua enciclica Laudato Si’ – ribadisce la sua cosmovisione “teilhardiana” e New Age di un universo in cui “tutto è collegato” (n° 41) e tesse le lodi del misticismo indigeno che porta gli aborigeni non solo a contemplare la natura, ma a sentirvisi così intimamente legati da ritenerla una madre (n° 55). Del resto, la Madre Terra viene ben due volte citata nell’Esortazione (n° 42). 6 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

nia, l’Esortazione post-sinodale assume, senza il necessario discernimento, la diagnosi catastrofista e bugiarda delle ONG ambientaliste e dei partititi di sinistra sulla supposta devastazione dell’Amazzonia: la foresta sarebbe stata rasa al suolo (n° 13); la costruzione di centrali idroelettriche e di vie marittime starebbe rovinando i fiumi (n° 11); la regione sarebbe davanti a un disastro ecologico (n° 8); le popolazioni sarebbero decimate, nel silenzio, dai nuovi colonizzatori (nota 13) o costrette ad emigrare nelle città dove troverebbero le peggiori forme di schiavitù (n° 10).


Secondo il Papa, è necessario sentire indignazione (n° 15), un salutare senso di indignazione (n° 17). In tale contesto non è senza significato che vengano citati, fra i poeti-profeti, il comunista cileno Pablo Neruda e il brasiliano Vinicius de Moraes, autore di un famoso poema intitolato “Signori baroni della terra”, in cui invita alla lotta armata.

Peggio ancora, le soluzioni alternative che Papa Francesco propone corrispondono ai sogni collettivisti più avanguardisti degli antropologi neo-marxisti che vedono nella vita tribale delle foreste il modello del mondo futuro.

Secondo il documento, la vera qualità della vita si esprime nel “buon vivere” indigeno (n° 8, n° 26 e n° 71), che realizza quell’utopia di armonia personale, familiare, comunale e cosmica e che trova la sua espressione nella concezione comunitaria dell’esistenza e in uno stile di vita austero e semplice (n° 71): “Tutto è condiviso, gli spazi privati – tipici della modernità – sono minimi (…). Non c’è posto per l’idea di un individuo distaccato dalla comunità o dal suo territorio” (n°20) In ciò gli indigeni avrebbero molto da insegnarci (n° 71) e i cittadini dovrebbero lasciarsi rieducare da loro, “ad accogliere la misteriosa sapienza che Dio vuole comunicarci attraverso di loro” (n° 72).

Dinnanzi a queste fantasie eco-tribaliste e collettiviste di Papa Francesco si comprende che egli sia il leader a cui si volgono le correnti di estrema sinistra in tutto il mondo!

Insomma, questa insolita Esortazione post-sinodale – che si esime dal citare il Documento Finale del Sinodo dei vescovi che l’ha motivata – rappresenta, allo stesso tempo, una accelerazione socioeconomica e un freno ecclesiologico che dispiacerà a greci e troiani.

Ma senz’altro i più dispiaciuti saranno i prelati ed esperti dell’area germanica che hanno investito lunghe ore di lavoro intellettuale e centinaia di milioni di euro in una assemblea sinodale che è finita per far nascere un uccello storpio, non in grado di spiccare il volo giacché amputato di una delle sue ali.

Sarà compito degli storici risolvere l’enigma dei motivi che hanno portato Papa Francesco a fermare la tanto propagandata apertura ai sacerdoti sposati. “Per evitare uno scisma o, peggio ancora, una destabilizzazione [del pontificato] che sarebbe stata letale”, come suggerisce Franca Giansoldati su Il Messagero? O fare ora un passo indietro nella speranza di farne in breve due avanti? (Il riferimento, nella nota 120, alla proposta del Sinodo di sviluppare un “rito amazzonico” obbliga a rimanere vigilanti. In specie, quando l’autore del documento è un noto furbo...) Chi vivrà, vedrà.

Ma per quanti di noi si sono impegnati lungo un anno al fine di bloccare l’agenda rivoluzionaria dei mentori del Sinodo sulla Regione Panamazzonica (fra i quali il sito panamazonsynodwatch.org, qualificato da un analista nordamericano come l’“hub” della resistenza) ci sono alcuni motivi di soddisfazione.

Anche se Francesco ha ratificato Leonardo Boff, almeno ha buttato nel Tevere gli orientamenti dei diversi Löbinger, Hummes, Kräutler, Suess e compagnia bella... 

Di gran lunga l’aspetto più claudicante del documento di Papa Francesco è la sua piena adesione ai postulati e all’agenda della Teologia della Liberazione, nella sua versione ecologica riciclata da Leonardo Boff e fatta propria dai documenti sinodali

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Chiesa

“Il Papa la pensa come noi”: parola di marxista

Giovedì 13 febbraio, Papa Francesco ha ricevuto in Vaticano l’ex-presidente brasiliano Luiz Inácio “Lula” da Silva, uscito dal carcere pochi mesi fa. La notizia è caduta come una doccia fredda in Brasile e in tutta l’America Latina, dove le popolazioni stanno cercando di risvegliarsi dopo gli anni bui dei vari governi socialisti. E, dal cuore di tanti latinoamericani, sorge una domanda lacerante: perché il Pontefice si mostra così vicino alla sinistra marxista? Il fatto è stato anche tema di interpellazioni parlamentarie a Brasilia.

I

n dichiarazioni riprodotte da Radio Mitre, di Buenos Aires (20-01-2020), l’ex presidente del Brasile Luiz Inácio “Lula” da Silva ha avuto parole di affetto e di vicinanza nei confronti di Papa Francesco. “Ho un profondo rispetto per il Papa. Sono felice che abbiamo un Papa così progressista. Lui è tutto ciò che noi desideriamo da un pontefice. La pensa come noi”, ha dichiarato entusiasta il leader del Partito dei Lavoratori (PT).

I rapporti fra Francesco e Lula sono sempre stati molto stretti. Qualche mese fa, per celebrare la sua uscita dal carcere, il Papa gli scrisse una calorosa lettera indirizzata “Al caro Luiz Inácio”: “Il bene vincerà sul male, la verità sulla menzogna. (…) Voglio manifestarti tutta la mia prossimità spirituale. Coraggio e avanti. (…) Che Gesù ti benedica e la Santa Vergine ti protegga. Prometto le mie preghiere e chiedo le tue”. Chi è Lula e chi sono questi “noi” che la penserebbero come Francesco?

Lula è stato il fondatore, e per lunghi anni il Segretario generale, del Partito dei Lavoratori (PT), un 8 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

partito di stampo marxista. “È stato il PT a conferire coscienza di classe al proletariato brasiliano, organizzandolo a livello nazionale”, commenta la rivista intellettuale Esquerda Marxista, organo della Corrente Marxista Internazionale. Secondo la rivista, “era assolutamente essenziale [per la rivoluzione comunista in Brasile] che i marxisti si organizzassero per permettere che si concretizzasse la costruzione di un partito proprio dei proletari”. Il ruolo del PT è stato questo. Secondo l’organo intellettuale dei marxisti brasiliani, “qualsiasi tentativo di costruzione di un partito marxista in Brasile va fatto dentro e attraverso il PT” (Serge Goulart, “Sobre a origem e o desenvolvimento do PT, Esquerda Marxista, 3-07-2012. Goulart è membro del Direttorio nazionale del PT, e leader della corrente Sinistra marxista al suo interno). Non sorprende quindi che, sin dall’inizio, Lula abbia sintetizzato il suo programma in una frase: “Vogliamo fare del Brasile una seconda Cuba”. Non sorprende nemmeno che, impossibilitato di vincere le elezioni da solo, il Partito comunista brasiliano (Pcb) abbia appoggiato Lula in varie elezioni. Que-


st’ultimo, a sua volta, ha poi ripagato il favore imbarcando nel suo governo vari rappresentanti del Pcb, e anche del Pc do B (di stampo trotzkista), per la prima volta nella storia del Brasile.

Questa simpatia da compagno si estende ai comunisti italiani. In occasione della sua liberazione, l’organo del Partito comunista italiano, Cantiere aperto, pubblicò un ditirambico articolo di copertina (Redazione PCI, “Lula è libero”, 8-09-2019). L’articolo, con aggiunta di commenti laudatori, è stato poi riprodotto e diffuso dalla pagina Facebook di Rifondazione Comunista. “Si tratta certamente di una grande e storica vittoria della sinistra – esultava Rifondazione Comunista – la liberazione di Lula rafforza la lotta popolare contro il fascismo” (“Lula è libero. La lotta continua!”, Rifondazione Comunista, 9-11-2019).

Dal 16 al 18 aprile 2019, i rappresentanti di undici Partiti comunisti latinoamericani riuniti a Lima, Perù, tracciavano le vie della rivoluzione comunista in quel continente. A conclusione dei lavori approvarono un documento di solidarietà a Lula. Leggiamo, tra l’altro: “I partiti riuniti nell’Incontro dei Partiti Comunisti Latinoamericani esprimono la loro solidarietà internazionalista al compagno Luiz Inácio Lula da Silva (…) Portiamo la nostra solidarietà

internazionalista al Partito dei Lavoratori” (Marx XI, 19-04-2019).

Il dittatore comunista Fidel Castro apprezzava talmente Lula che gli dedicò un libro – “Lula: Reflexiones del Comandante en Jefe” (Havana, 2008) – in cui lo chiamava capo della rivoluzione in America latina. A sua volta, Lula riteneva Fidel Castro “il più grande latinoamericano”.

Che la sinistra comunista, compresi il Pci e Rifondazione, appoggino Luis Inácio Lula da Silva, non deve sorprendere: lui è uno di loro, un “compagno”. Ciò che sorprende e rattrista, invece, è che Papa Francesco faccia altrettanto. 

13 febbraio 2020, Papa Francesco riceve in Vaticano e benedice Luiz Inácio Lula da Silva: un gesto interpretato dalla sinistra brasiliana come una preparazione per il “post-Bolsonaro”

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Chiesa

Il Principe al Papa: Santo Padre, non riceva un criminale! tanti altri crimini perpetrati soprattutto ai danni dei più poveri. (…) Riceverlo implicherebbe un invito all’impunità e una mancanza di rispetto per le istituzioni brasiliane (poiché) l’imputato e il suo partito promuovono apertamente, e già da diversi decenni, l’ideologia socialista e perseguono obiettivi comunisti”.

N

on appena si è saputa la notizia che Papa Francesco avrebbe ricevuto in Vaticano l’ex-presidente brasiliano Luiz Inácio “Lula” da Silva, uscito dal carcere pochi mesi fa, il Principe Luiz Philippe d’Orleans e Braganza, membro della Famiglia Imperiale nonché deputato federale, ha inviato una lettera al Nunzio Apostolico, mons. Giovanni d’Aniello, chiedendogli di trasmettere al Pontefice la costernazione dei brasiliani. “Luiz Inácio Lula da Silva – scrive il Principe – è stato già condannato per corruzione in tre successive istanze giudiziarie, ed è attualmente imputato in ben nove processi davanti alla Giustizia brasiliana per atti di corruzione, peculato e

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La situazione in Brasile è delicata. Il popolo ha votato massicciamente per voltare pagina, lasciandosi alle spalle il governo marxista del Partito dei Lavoratori (PT): “Negli ultimi decenni, la società brasiliana è stata vittima della sua gestione criminosa e dell’influenza ideologica che il Partito dei Lavoratori, insieme agli alleati, ha diffuso in Brasile. Oltre alla corruzione delle istituzioni, [il PT] aveva creato un sistema che perpetuava nella miseria milioni di brasiliani. Le conseguenze di questi atti si sono dimostrate difficile da correggere nelle varie aree della vita dei cittadini: l’economia, le pratiche politiche viziate, l’organizzazione dello Stato, la burocrazia e, soprattutto, i valori della società. Valori che sono molto distanti da quelli che la Santa Sede ha sempre rappresentato”. Ricordando le condanne al comunismo di Pio XI (1937) e di Pio XII (1949), il Principe continua: “Restiamo allibiti di fronte a una Chiesa che si comporta come braccio politico militante di un’ideologia. Sono cambiati i valori tradizionalmente insegnati dalla Chiesa, oppure è cambiato il comunismo?”.

Sua Altezza conclude: “In vista di quanto detto prima, chiedo rispettosamente a Sua Santità se non teme per l’immagine della Chiesa di appoggiare apertamente i comunisti brasiliani già condannati dalla Giustizia per diversi crimini”. 


Sbagliando i “segni dei tempi”

A

partire dal Concilio, la Chiesa si è mossa largamente all’inseguimento dei “segni dei tempi”. Invece di ascoltare la Rivelazione, radicata anche nella Tradizione, le correnti progressiste dicevano di voler ascoltare il “Dio della storia”, che parla attraverso gli “eventi” del mondo moderno. E anche oggi, il pontificato di Papa Francesco è tutto imperniato sull’“ascolto” anziché sul Magistero.

Sembra, però, che tali correnti stiano leggendo male i segni dei tempi. Mosse da un irrefrenabile wishful thinking, non capiscono che fasce sempre più ampie dei fedeli, e delle popolazioni in generale, stanno ormai camminando in direzione opposta a quella da loro auspicata, non solo nella Chiesa ma anche nel campo temporale.

Un esempio tipico è il Brasile. Dopo ben quattordici anni di governi marxisti, sotto l’egida del Partito dei Lavoratori (PT), i brasiliani hanno detto un secco Basta!, eleggendo un presidente che rappresenta l’esatto opposto. L’elezione di Jair Bolsonaro è stata l’esito naturale di un fenomeno che da tempo covava nello spirito di un numero sempre crescente di brasiliani: il rigetto del comunismo. Il PT è caduto, sì, per causa dell’allucinante corruzione istituzionale. Soprattutto, però, perché i brasiliani hanno rigettato il suo programma ideologico e politico. Il presidente Luiz Inácio da Silva, detto “Lula”, è stato condannato per corruzione in tutte le tre istanze della Giustizia brasiliana, fino alla Cassazione. E deve ancora rispondere a ben nove processi che lo vedono imputato per corruzione, peculato e altri crimini. Perciò è stato messo in stato di fermo. Con una decisione molto criticata, Lula è stato poi rimesso in libertà vigilata, in attesa dei processi.

Una certa propaganda di sinistra, ne vorrebbe fare un martire, leader delle masse popolari contro un’élite dittatoriale. “Se Lula va in carcere, in Brasile scoppierà una rivoluzione!”, tuonava João Pedro Stédile, leader del Movimento dei Senza Terra (MST). “Il Paese prenderà fuoco! Le masse si infiammeranno!”, ammonivano i portavoce del PT. La sinistra prometteva ferro e fouco. Ebbene, niente di tutto ciò è successo.

Lula è uscito (temporaneamente) dal carcere ma non è riuscito a combinare un bel niente. A parte qualche manipolo di focosi militanti comunisti, i suoi comizi si sono dimostrati un flop totale (foto sotto). Non c’è stata, ma nemmeno da lontano, la mobilitazione popolare che la sinistra si aspettava.

La rivista Veja, il più grande organo di stampa del Brasile, ha pubblicato una materia di copertina – “La sinistra alla deriva” – nella quale prende atto che “nessuna delle previsioni apocalittiche della sinistra si è avverata. La mobilitazione attorno all’ex presidente ha deluso la sinistra. Non c’è stata la Rivoluzione annunciata”. Se la sinistra continua a osannare Lula, conclude Veja, potrebbe auto-confinarsi in una situazione di scacco matto.

La domanda sorge spontanea: perché i progressisti, così attenti ai “segni dei tempi”, stanno sbagliando clamorosamente la loro lettura? E perché la diplomazia vaticana, solitamente così fine nel valutare le situazioni, ignora questo immenso fenomeno di opinione pubblica nel Paese con la più grande popolazione cattolica al mondo? Perché continuano a sostenere un pallone che si sgonfia a vista d’occhio e che rischia a ogni momento di schiantarsi per terra? 

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In memoriam Giovanni Cantoni

In memoria di Giovanni Cantoni

L

o scorso 18 gennaio è venuto a mancare, nella sua Piacenza natia, Giovanni Cantoni, fondatore e per molti anni Reggente nazionale di Alleanza Cattolica. Ne abbiamo già dato notizia sulle nostre pagine web, unendoci così all’ampio coro di voci che ha pianto la scomparsa del pensatore e leader cattolico.

Egli è stato un amico della TFP, anzi un “valente amico”, come ebbe a dire certa volta Plinio Corrêa de Oliveira. Già nel lontano 1964 Cantoni aveva scritto un articolo sul Secolo d’Italia in occasione della prima edizione italiana del libro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Nel 1972 si recò a San Paolo del Brasile per conoscere di persona colui che già allora considerava un maestro, appunto il prof. Plinio Corrêa de Oliveira, fondatore della TFP brasiliana. È poi tornato in Brasile in altre occasioni per rafforzare i rapporti.

Con quella serietà e profondità che lo caratterizzavano, Giovanni Cantoni studiò la lingua portoghese per leggere nell’originale, salvo poi tradurla all’italiano, l’opera intellettuale di Plinio Corrêa de Oliveira. In particolare, egli tradusse e diffuse ampiamente in Italia il suo capolavoro «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», vera spina dorsale del pensiero contro-rivoluzionario moderno. La prima edizione di Alleanza Cattolica uscì nel 1972, corredata da un saggio introduttivo dello stesso Cantoni poi divenuto un classico: “L’Italia tra Rivoluzione e Contro-Rivoluzione”. Nel 1976, in seguito a una sua specifica richiesta, Plinio Corrêa de Oliveira aggiunse una terza parte al suo libro, aggiornando il panorama della lotta fra la Rivoluzione e la Contro-Rivoluzione. Fu proprio in questo addendo che il pensatore brasiliano tratteggiò la tappa successiva al comunismo: la quarta Rivoluzione, quella culturale. Anni dopo, nel 2009, Cantoni ne curò l’edizione del cinquantenario, corredata da testi integrativi di Plinio Corrêa de Oliveira. Essa fu oggetto di importanti convegni nelle principali città italiane, nei quali l’intellettuale piacentino fu relatore.

Giovanni Cantoni definiva «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» un “libro da fare”, cioè non un testo da studiare ma un manuale per l’azione concreta. Ed ecco il suo aspetto militante. Per lui, lo studio era propedeutico alla militanza. Egli, infatti, spese la sua vita alla guida del movimento da lui creato nel 1972, insieme alla rivista Cristianità, che diresse fino alla fine. Abbeverandosi a «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione», si sono formate successive generazioni di cattolici italiani.

Giovanni Cantoni si manifestava grato a Plinio Corrêa de Oliveira per aver riportato in Europa lo spirito di crociata per la restaurazione della civiltà cristiana, in ciò che egli chiamava il “quinto viaggio di Colombo”. Nel pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira, scrive Cantoni, “ho creduto d’identificare una risposta utile ai miei personali problemi politico-religiosi e a quelli del mondo politico-culturale in cui vivevo: quindi uno strumento per far chiarezza. (...) E mi ha colpito soprattutto il fatto che permettesse di andare oltre la comprensione politica del passato e che, cogliendo aspetti esistenziali del processo rivoluzionario, ponesse nella seconda parte le premesse per un’opera di Restaurazione”. Con la sua scomparsa, l’Italia perde un valoroso riferimento intellettuale e organizzativo. Requiescat in pace. 

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Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

«Aveva la cattedrale di Chartres nel cuore» Intervista a Giovanni Cantoni su Plinio Corrêa de Oliveira

a cura di Juan Miguel Montes

Ottobre 1988, Plinio Corrêa de Oliveira contempla la cattedrale di Notre Dame, a Parigi TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 13


Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Lei è la persona che più di qualsiasi altra ha diffuso in Italia l’opera principale del pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira «Rivoluzione e ControRivoluzione». Perché le ha attribuito tanta importanza?

Ho dimestichezza con «Rivoluzione e ControRivoluzione» da quando uscì o quasi. Precisamente dal 1960. L’opera è del 1959. D’allora, in conformità con il mio orientamento spirituale e intellettuale di riferimento, che è ignaziano, lo leggo almeno una volta all’anno, così come raccomandano ai gesuiti di fare con gli Esercizi di sant’Ignazio.

L’elemento intorno a cui ruota il libro è una tesi di tipo storiografico: è esistito un mondo che chiamiamo Cristianità, vulgo dicitur Medioevo, che certamente faceva riferimento ai princìpi cristiani. Non si trattava di un mondo perfetto. Dove esistono uomini, alcuni sono bravi e altri meno: questa è la condizione umana. Tuttavia era un mondo in cui il messaggio del cristianesimo aveva carattere egemonico. Il che non vuol dire dominio ferreo. Vuol dire punto di riferimento accettato dal consenso della gran parte degli allora viventi in una determinata area geografica. Questo mondo ha patito un decadimento. E il ritmo di questo decadimento è catechisticamente ben illustrato appunto in «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione». Ovvero l’itinerario che ci ha portato e ci porta da una Rivoluzione Culturale elitaria alla condizione in cui ci troviamo, attraverso la sua diffusione lenta, eliminando ogni ostacolo, prima religioso, poi politico, quindi socioeconomico. In che condizione ci troviamo?

Nel contesto di una Rivoluzione Culturale che, da piccola rivoluzione elitaria in Italia, l’Umanesimo e il Rinascimento, ora si è socializzata, ha invaso

tutto il corpo sociale. Dal 1968, a far data da questo anno emblematico, il nostro mondo ha cominciato a essere insofferente non solo ai grandi legami politici e sociali, ma a ogni e qualsiasi legame.

Risultato finale: si e strappato istericamente di dosso, e continua a farlo, ogni e qualsiasi collegamento e poi — credo che l’immagine sia del regnante Pontefice — ha scoperto che questi legami che viveva come fossero catene, erano cordoni ombelicali.

La condizione attuale è questa: un mondo ormai senza legami, anzi, con una grande paura di qualsiasi tipo di legame e, però, con una grande necessità e nostalgia di molti legami. Questo itinerario è stato accompagnato da una resistenza e talora da una reazione. Alcune o molte persone, a seconda delle circostanze, hanno incominciato a rendersi conto che quelli che venivano strappati non erano catene ma cordoni ombelicali.

Ripeto, nel mondo della Cristianità vi era qualcuno che si comportava anche peggio di noi, ma l’orizzonte della società era il cristianesimo. Ma in che differivano da noi? Gli uomini di quel mondo non avevano dubbi che comportarsi male non fosse né lodevole né edificante. Oggi il comportamento sconveniente tende a trasformarsi in un nuovo diritto; l’affermazione di san Paolo, «si vantano di quello di cui si dovrebbero vergognare», mi pare una didascalia perfetta della nostra condizione. Ben diversa dalla situazione dei penitenti che andavano a piedi in Terra Santa o a Compostela. Nell’itinerario verso la presente condizione d’istituzionalizzazione del degrado, vi è stata una crescita di consapevolezza che qualcosa andava male, ora qua, ora là e talora ovunque. Nel ventaglio che parte da resistenze e reazioni a quanto non andava bene, si arriva a ciò che chiamiamo la ControRivoluzione, fino alla nascita di una specie di «scienza» della Contro-Rivoluzione. Questo doppio itinerario d’istituzionalizzazione del peggio da una parte e, dall’altra, di crescita di consapevolezza di tale istituzionalizzazione, ha aspetti di cui facciamo fatica a diventare sensibili a 360 gradi. 1972, Sede del Consiglio Nazionale della TFP brasiliana, San Paolo

Da sin.: Agostino Sanfratello, Principe Bertrand d’Orleans e Braganza, Giovanni Cantoni, Plinio Corrêa de Oliveira

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Cancellaria Apostolica, Roma, 26 novembre 2008, Giovanni Cantoni interviene in occasione del convegno per il cinquantenario di «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione»

E una delle tesi contenute in «Rivoluzione e Contro-Rivoluzione» è precisamente questa: guai a chi sa argomentare contro la Rivoluzione soltanto dal punto di vista politico. Non basta, non può bastare. Bisogna prendere coscienza di una condizione globale, che interessa tutta la nostra cultura. E la nostra cultura è una Weltanschauung, una visione circolare.

Papa Giovanni Paolo II ha dato una volta una definizione di cultura per cui essa non è una biblioteca, non è un museo, ma è l’insieme dei modi di affrontare tutti i problemi principali della vita da parte dell’uomo. Essa è — arriva a dire — persino il modo in cui ci si veste. Qualcosa a 360 gradi, dunque, che ci arricchisce oppure che c’inquina.

Lei ritiene che vi sia una filiera storica dei cultori di questa «scienza della Contro-Rivoluzione»? Quale importanza danno allo studio della società i «contro-rivoluzionari», come condizione di una sua restaurazione?

Personalmente mi metto sulla lunghezza d’onda di Plinio Corrêa de Oliveira, nato una generazione prima di me, così come il professore brasiliano è sulla lunghezza d’onda del pensatore svizzero Gonzague de Reynold, che egli stimava e che ritengo un altro dei miei maestri, nato 28 anni prima di lui.

Non perché sono io ma perché mi sono situato sulla stessa linea, mi sono chiesto cosa può essere insegnato dal loro itinerario in una prospettiva restauratrice? Come cambiare in meglio una realtà oggettivamente non solo diversa, il che di per sé non è una colpa, ma dannosa?

Vi è stata una stagione in cui si è pensato che lo strumento particolarmente felice per realizzare la restaurazione di quanto era valido prima dell’autunno del Medioevo fosse lo Stato. Ma lo Stato era diventato una «Chiesa» concorrente, non semplicemente il modo di organizzare la società, tale da far perdere alla società il suo primato.

Invece, la dottrina sociale della Chiesa non ci deve far venire in mente né un capo di Stato né un sindacalista, bensì tutta l’articolazione del corpo sociale. E non mi sto riferendo agli Stati totalitari, ma in genere a quelli moderni, che tendono a risolvere i problemi a prescindere della condizione del corpo sociale. Lei usa l’espressione Magna Europa per riferirsi a una realtà che include gli elementi di civiltà cristiana nati fuori dall’Europa, nello sforzo di una restaurazione sociale cristiana. Mi sembra che in questa prospettiva lei presti particolare attenzione al pensiero e all’opera di Plinio Corrêa de Oliveira. TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 15


Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

Plinio Corrêa de Oliveira con i membri del Consiglio Nazionale della TFP brasiliana nella fazenda Morro Alto, stato di San Paolo

Prendiamo la battaglia della Vistola nel 1920, quando il piccolo esercito polacco allontanò per 25 anni dal cuore dell’Europa l’Armata Rossa. Che cosa abbiamo fatto noi europei negli anni che ci sono stati donati prima che l’Armata Rossa arrivasse nel cuore dell’Europa? Viene da piangere.

Il tema di una mia recente raccolta di scritti è questo: ai confini di una realtà si conservano più elementi di quanti non si conservino al centro. Quello che parte con una valigia di cartone e si porta dietro una immaginetta, un «santino», conserverà quella immaginetta con una cura straordinaria. Molto di più di quanto non siano conservati i monumenti veri a casa, dove impazza un’altra mentalità.

Allora, dalla periferia nasce qualcosa. E la consapevolezza dell’uomo di frontiera è di gran lunga superiore a quella dell’uomo del centro. Alla frontiera quel poco fruttifica, nel senso che verrà trattato con grande serietà. Ebbene, una testimonianza straordinaria è proprio quella di Plinio Corrêa de Oliveira. Un signore che, da lontano, ha svolto un grande esame della situazione, anche attraverso elementi minuscoli.

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Infatti non si poteva alzare al mattino e dire «adesso vado a vedere la cattedrale di Chartres»; sarebbe stato necessario prendere una nave, ma la cattedrale di Chartres l’aveva nel cuore e questa è la cosa importante.

Facilitato dal pathos der Distanz, dal «pathos della distanza», da lontano, egli ha apprezzato meglio un quadro di quanto si possa fare appoggiando la faccia sulla tela. Prendendo la distanza giusta quanto dipinto sulla tela gli è apparso un capolavoro, o almeno una testimonianza del bello, a cui noi abbiamo abbondantemente abdicato. In cosa si può notare un particolare apporto alla visione cattolica sulla società e sullo Stato nel suo pensiero?

Vi è stata una stagione, grosso modo coincidente con la prima metà del secolo scorso, in cui il pensiero che ha animato anche un certo mondo cattolico, teneva conto della strumentazione teorica dello Stato di allora, al fine di riformare sostanzialmente la società. Questo sforzo si è rivelato inadeguato, perché lo Stato aveva patito modifiche molto consistenti. Cioè, l’idea della società rinnovata attraverso la strumentazione statuale


moderna, centralistica, nazionalistica, e così via, poteva trovare simpatizzanti nelle file cattoliche, rivelare una mentalità golpistica, la versione sociale del «tutto e subito» individualistico. Plinio Corrêa de Oliveira si è posto invece questo problema: «Come si fa a rimettere in ordine la vita di una società dopo quello che è successo per quattro o cinque secoli?».

Egli — che tuttavia apprezzava i buoni interventi dello Stato, perché lo Stato è comunque lo status societatis, lo «stato della società» — è consapevole che la società viene prima. Non è lo Stato che fa la società, è la società che fa, meglio: si dà lo Stato. Perciò la sua grande attenzione è sul corpo sociale, anche sulla gente comune, tutti gli uomini, uno dopo l’altro.

Nell’intervento scritto da lui inviato a Milano nel 1993 per la presentazione della sua opera «Nobiltà ed élites tradizionali nelle allocuzioni di Pio XII al Patriziato e alla Nobiltà romana», egli ricorda che Papa Pio XII, parlando della nobiltà, afferma che essa ha bisogno di un consenso diffuso. Cioè, ciascuno nella società deve mettervi del suo. O si trasforma il corpo sociale o tutte le sovrastrutture — senza certo utilizzare questo termine in senso marxistico — non possono migliorarne la condizione.

Fra le guerre mondiali s’impose nel mondo europeo lo Stato autoritario. Non mi riferisco allo Stato totalitario, che ha come intenzione rifare l’uomo, creare l’«uomo nuovo», ma allo Stato che aveva come intenzione proteggere in qualche modo la società. Ma questa ipotesi esige che la società si rianimi. Altrimenti possiamo vestirla con tutti gli abiti che vogliamo e non sarà sufficiente. Non è che mettendo sulla porta del sindacato la targa «corporazione» siamo tornati al Medioevo. Le vere corporazioni salgono, non scendono dall’alto, e devono prima esistere nel corpo sociale.

I termini vanno dunque intesi bene. Bisogna che il corpo sociale capisca e dia la propria disponibilità, il proprio consenso alla strutturazione dello Stato. La democrazia vi è stata anche in altre stagioni, non solamente da quando vige il principio «un uomo un voto». Giuseppe Toniolo diceva che era più democratico il regno di Luigi IX di quanto non lo fosse la democrazia del suo tempo. Che cosa voleva dire? Che vi era più consenso. E come si manifestava questo consenso? Nel fatto che la gente non si rivoltava sparando, anche quando ciascuno aveva il fucile in casa e non vi era l’esercito. Serve consenso. Plinio Corrêa de Oliveira lo dice esplicitamente: se non cambia la gente non cambia il mondo. Se qualcuno vuole cambiare il gioco, deve cambiare prima il giocatore. In questo senso va

Plinio Corrêa de Oliveira con un gruppo di giovanni membri della TFP brasiliana

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La luce della grazia

Il pensiero di Plinio Corrêa de Oliveira

di Plinio Corrêa de Oliveira

O Madre mia, Mediatrice di tutte le grazie, nella vostra luce vedremo la Luce!

Madre mia, meglio restare cieco che smettere di vedere la vostra luce, perché vivere è solo questo. Nel fulgore della vostra luce vedremo tutte le luci, senza questo fulgore nessuna luce è luce.

Non mi preoccuperò più di niente, se non di avere questa luce davanti ai miei occhi. Non dimenticherò mai che, in un certo momento della mia vita, questa luce è scintillata davanti ai miei occhi. Io non riposerò fino al giorno in cui voi non mi darete la grazia di vedere questa luce brillare su tutto il mondo. Io non considererò vita i momenti in cui questa luce non brillerà. Dalla vita io non voglio niente sennonché questa luce illumini il mio spirito.

O luce che, quando ero ancora piccolo, mi visitasti e apristi per me una prospettiva dalla quale considerare tutte le cose, fuori dalla quale tutto è niente, perché solo questa luce è vera.

O Grazia, io vi inseguirò a qualsiasi costo, vi inseguirò nelle valli e nei monti, nelle isole e nei deserti, nelle torture e nelle persecuzioni, nell’abbandono e nella tentazione, negli infortuni, nella gioia e nella gloria. Io vi inseguirò con tanto slancio che, perfino nel fasto della gloria, io non penserò alla gloria ma soltanto a Voi. Io vi ho vista – o grazia! – e non riposerò fino a vedervi di nuovo in Cielo!

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“Facilitato dal pathos der Distanz, dal «pathos della distanza», da lontano, Plinio Corrêa de Oliveira ha apprezzato meglio un quadro di quanto si possa fare appoggiando la faccia sulla tela. Prendendo la distanza giusta quanto dipinto sulla tela gli è apparso un capolavoro, o almeno una testimonianza del bello, a cui noi abbiamo abbondantemente abdicato”

l’appello a ciascuno di fare la sua parte, perché senza consenso n o n c a m b i a niente.

La salvezza del mondo non consiste nel fatto che gli altri diventino come noi, ma nel fatto che ciascuno si riappropri, per così dire, della sua vocazione e della sua funzione. L’aspetto più importante del suo ultimo libro in cui commenta i discorsi di Pio XII alla Nobiltà sarebbe allora un grande appello alle élite attuali a fare la loro parte?

A mio avviso l’opera è stata fraintesa. In essa si coglie qualche elemento di appello alla nobiltà esistente, a cui si rivolgeva papa Pio XII. Ma bisogna ricordare che questa nobiltà è il frutto del riconoscimento giuridico di un’aristocrazia. Se non esiste l’aristocrazia, non esiste neanche la nobiltà se non come club degli amici dei potenti. E l’aristocrazia, cioè, l’insieme delle persone migliori in tutti i settori dell’esistenza, non è necessariamente riconosciuta giuridicamente.

Il nostro diritto moderno prevede un diritto penale ma è scomparso ogni elemento premiale. Anche se ci sono brandelli di premialità, non sono costitutivi né fondativi. Un tempo lo Stato diceva «hai fatto bene e ti do un titolo», non solo da ostentare ma accompagnato da un corrispondente brandello di autorità da esercitare. Così la nobiltà era soltanto l’istituzionalizzazione dell’aristocrazia. E l’aristocrazia è il modo naturale della trasmissione della virtù nella storia. Il nipote passando davanti al quadro del nonno pensa: «Lui non era niente, diventò quello che è stato comportandosi in un determinato modo. Quindi, essere virtuosi è anche conveniente».

Questo è il messaggio dell’opera. Non una mera laudatio temporis acti, anche se si elogia una società che riconosceva i «notabili», quelli noti a tutti perché si comportavano bene ed erano riconosciuti come un vantaggio per il corpo sociale. Oggi è noto

un serial killer ma non necessariamente chi si comporta bene reiteratamente.

Tuttavia il libro va oltre: è un testo sulla famiglia, che è il primo stato della società, ed è un testo sul corpo sociale. Perché lo Stato se non è lo status societatis non è niente. E l’opera afferma che vi sono aristocrazie in tutti i settori, non solo quella a ricaduta politica alla quale si pensa subito.

Io credo in buona coscienza che questa sia la sua lettura corretta. L’autore si è reso conto che non è l’organizzazione che salva la società, ma la salvezza della società dipende dal riacquisto di consapevolezza da parte di tutti e di ciascuno. E perché questa consapevolezza ci sia serve di lievito una minoranza, che dia l’esempio facendo bene la propria parte. In questo senso ogni famiglia, continuità nel tempo, è potenzialmente aristocratica.

Papa Benedetto XVI ha invitato il «cristianesimo moderno» a fare autocritica, perché si è creduto che tutto fosse esclusivamente costruito al fine della salvezza individuale. No, la buona strutturazione della società favorisce la socializzazione della santità. E ciò lo dice anche papa Pio XII, quando asserisce che dalla forma data alla società può dipendere la salvezza delle anime.

Per noi di Alleanza Cattolica questo non è un pensiero qualsiasi, è un vita che riflettiamo su di esso. Sant’Agostino dice magnificamente che quando hai posto gli elementi per la santificazione del tuo prossimo, hai posto gli elementi per la tua santificazione. Se hai tolto qualche elemento di oggettiva tentazione, se hai migliorato le condizioni storiche, sociali, economiche e culturali del tuo prossimo, lo hai aiutato a diventare santo e hai posto la caparra per la tua santificazione.  [Tratto da Radici Cristiane, febbraio 2009, N° 41, pag. 25-28.] TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 19


Attività

Il Miracolo della Santa Casa di Loreto

* Si tratta della casa dove nacque e visse la Madonna e dove l’arcangelo S. Gabriele le annunciò l’Incarnazione del Verbo? Oppure di un falso medievale? * La Santa Casa fu davvero portata miracolosamente dagli angeli in Italia?

* Perché la Madonna di Loreto era invocata prima delle battaglie contro i musulmani?

In un libro molto ben documentato e corredato da bellissime fotografie, alcune delle quali originali, Federico Catani racconta la storia di una delle più straordinarie reliquie della Cristianità: la Santa Casa di Loreto. Una lettura d’obbligo per chi vuole vivere con profondità intellettuale e ardore spirituale questo Anno Giubilare Lauretano.

(Il libro si può richiedere visitando il sito www.lucisullest.it, oppure scrivendo direttamente a segreteria@lucisullest.it).

“Call to Chivalry” Summer Camp

C

C am p e g g i e s t i v i p e r r a g az z i

ome ogni anno, le TFP europee stanno organizzando due campeggi estivi rivolti ai ragazzi. Uno nella sede della Féderation pro Europa Christiana, a Creutzwald, Francia, dal 4 al 12 luglio; l’altro organizzato dall’Irish Society for Christian Civilisation nella casa di ritiri Glencomeragh House, Irlanda, dal 20 al 27 luglio. I campeggi comprendono riunioni sulla dottrina cattolica e su temi di attualità, visite culturali e atti-

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vità ricreative. L’assistenza ai Sacramenti è garantita dalla presenza di sacerdoti diocesani, che celebrano quotidianamente la Santa Messa nel rito straordinario della Liturgia romana. I campeggi sono indirizzati ai ragazzi dai tredici anni in su. La lingua ufficiale è l’inglese, con possibilità di traduzione simultanea all’italiano. Per informazioni, chiamare 348-3812471, oppure scrivere una mail a info@atfp.it.


Speciale: Stati Uniti

A proposito della March for Life , una visione diversa degli Stati Uniti Esiste nella nostra società un antiamericanismo diffuso, cioè la convinzione che ogni male del mondo provenga dagli Stati Uniti. Questa credenza, da sempre un punto centrale della propaganda comunista, oggi fa preda anche in certi ambienti ritenuti di “destra”. Ce ne siamo già occupati in modo approfondito (cfr. Tradizione Famiglia Proprietà, marzo 2004). Senza negare che un certo americanismo (tra l’altro condannato da Papa Leone XIII) abbia avuto un ruolo molto negativo sulle nostre società europee, è tuttavia riduttivo identificarlo tout court col Paese. D’altronde, ci può impedire di vedere certe buone tendenze che, in strati profondi dell’anima di molti americani, si stanno affermando ormai da qualche decennio. E ci può impedire di seguire alcuni buoni esempi che arrivano da oltre-oceano, come ad esempio il movimento prolife. A proposito della March for Life, tenutasi a Washington lo scorso gennaio, ecco qualche riflessione spassionata su cosa sta succedendo negli Stati Uniti.


Speciale Stati Uniti

Washington: mezzo milione in difesa della vita innocente

I

o c’ero! È stata la più grande Marcia per la vita di sempre. Oltre mezzo milione di persone hanno sfilato venerdì 24 gennaio nella capitale statunitense per difendere la vita innocente e i diritti del nascituro. Con una mossa senza precedenti, il presidente Donald Trump ha tenuto un discorso incoraggiando i partecipanti a continuare la loro crociata pacifica in nome di Dio.

Ogni anno, nell’anniversario della famigerata sentenza della Corte Suprema nota come Roe vs. Wade, che nel 1973 aprì la strada all’aborto legale negli Stati Uniti, migliaia di attivisti pro-vita marciano nella capitale in quella che è diventata la “madre di tutte le marce”, il modello che tutti i movimenti pro-vita nel mondo dovrebbero seguire. La Marcia rappresenta l’apice di un lungo processo di organizzazione e motivazione che coinvolge migliaia di attivisti su tutto il territorio nazionale. In altre parole, la Marcia non è tanto fine a sé stessa quanto uno strumento per mantenere attiva la crociata per la vita negli Statu Uniti. La Marcia ha anche profonde ricadute politiche. 22 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

di Julio Loredo

I risultati sono straordinari. Gli Stati Uniti sono, forse, l’unico paese in cui l’aborto sta effettivamente diminuendo. Sotto la pressione delle campagne provita, le cliniche abortiste stanno chiudendo. Alcuni Stati non hanno nemmeno un solo centro sanitario in cui le madri possono uccidere i loro bambini. Altri Stati stanno approvando leggi che rendono illegale l’aborto, o almeno lo restringono. I pro-vita stanno chiaramente vincendo la battaglia culturale. Ci sono voluti 47 anni, ma i risultati ora stanno venendo alla luce. Una chiara dimostrazione di ciò è stato il completo fallimento della Marcia femminista convocata una settimana prima a Washington, come una sorta di contraltare alla March for Life. Ha attirato appena 10 mila donne. I blog della sinistra culturale cercarono di nascondere il fallimento parlando di “poche ma entusiaste” donne. Questa è stata la mia prima volta alla March for Life, anche se, ovviamente, la conoscevo benissimo, anche perché la TFP Americana vi partecipa sin dalla prima edizione, nel 1974. Mentre guardavo allibito il fiume umano che sfilava davanti a me sulla Consti-


tution Avenue, nel cuore della città, alcune riflessioni affioravano nella mia testa.

I giovani

La prima osservazione è il numero di giovani. Oltre il 60% della Marcia era composto da giovani nella fascia 15-25 anni. Cosa spinge queste ragazze e questi ragazzi a perdere un giorno di scuola o di università, viaggiare per molte ore nel bel mezzo dell’inverno e poi marciare tutto il giorno senza quasi mangiare o bere? La risposta è, ovviamente, l’entusiasmo. Questi ragazzi hanno un fuoco, una generosità e una voglia di combattere che giustificano ogni speranza per il futuro del movimento pro-vita in America. Molti di loro avevano partecipato all’Adorazione eucaristica durata tutta la notte nel Santuario dell’Immacolata. Ho intervistato decine di ragazzi e ragazze: i loro discorsi erano tutti molto articolati, spiegando la loro militanza a favore della vita come risultato di convinzioni profondamente radicate, sia religiose che filosofiche. C’era poco campo per un sentimentalismo vuoto.

I cattolici

Una seconda osservazione riguarda la partecipazione dei cattolici. Anche se la Marcia è un’iniziativa laica, anzi politica, e quindi aperta a tutti, la presenza cattolica è schiacciante. Molti pregano il Rosario, altri portano immagini della Madonna o di Santi, altri ancora cantano inni religiosi. Ci sono molti sacerdoti, soprattutto giovani, che indossano la talare e perfino la berretta. Alcune diocesi sono rappresentate ufficialmente, con tanto di gonfalone con lo stemma del Vescovo. Ci sono tantissimi gruppi parrocchiali guidati dal proprio parroco, che portano stendardi con i loro santi patroni. I cattolici americani non hanno paura di portare la propria Fede sulla piazza pubblica.

Sotto, Gianna Molla, figlia di Santa Gianna Beretta Molla, davanti alla statua pellegrina della Madonna di Fatima portata a spalla dai volontari della TFP americana in abito di gala

Non ho potuto fare a meno di contrastare questa bella militanza cattolica con la ritrosia che si riscontra in tanti ambienti ecclesiali europei. Mi sono ricordato quando, all’indomani della vittoria cattolica nel 2005 contro la Legge 40, un giornalista chiese al cardinale Cammillo Ruini, allora presidente della CEI, se, forte di questa vittoria, la Chiesa intendeva quindi contestare la Legge 194. Risposta: “La Legge 194 non si tocca!”. Senza parole.

Ricadute politiche

Questo vasto movimento a favore della vita negli Stati Uniti, ha poi conseguenze politiche. A

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Speciale Stati Uniti

“Poche ma entusiaste”: il flop femminista

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a alcuni anni, una settimana prima della March for Life, le femministe organizzano - come una sorta di contraltare - la Women’s March, per chiedere più libertà per abortire e altri “diritti” sessuali.

Dopo un primo, relativo, successo (si parlò di duecentomila partecipanti), la Women’s March è entrata in un declino inesorabile. Quest’anno, di fronte ai più di mezzo milione di prolifers, le femministe non hanno potuto schierare nemmeno 10mila militanti. Non ci sono stati discorsi finali né testimonianze. “Marcia molto ridotta ma comunque entusiasta”, ha titolato il blog femminista npr.

Curiosamente, il tema principale di quest’anno non è stato nemmeno quello dei presunti “diritti” delle donne, ma il cambiamento climatico: una scelta che mostra quanto questo tema sia stato ormai sequestrato dall’estrema sinistra.  Marcia finita, i leader pro-vita contattano i propri deputati e senatori, facendo pressione su di loro a favore della vita innocente e contro qualsiasi legislazione che possa ostacolare i diritti dei nascituri. Il movimento pro-vita americano segue da vicino i politici e registra i loro interventi al Congresso, indirizzando poi il voto pro-vita verso i politici che difendono davvero la vita umana. Il voto pro-vita può

significare la vittoria o la sconfitta per un candidato, e i personaggi pubblici lo sanno. Ciò segna una netta differenza con molti movimenti a favore della vita in Europa che, per molte ragioni, non riescono a trasformare la loro azione in risultati politici concreti.

Donald Trump

Il presidente Trump conosce benissimo il peso del voto pro-vita. È il primo presidente americano in carica a partecipare alla March for Life. In un discorso di grande ispirazione, ripetutamente interrotto da applausi, ha elencato tutto quanto ha fatto per difendere i bambini innocenti e le loro madri. Ha promesso di rendere l’America il principale paese a favore della vita e della famiglia: “Vinceremo la battaglia per la vita!”. Infatti, dati alla mano, il suo Governo è di gran lunga il più “pro-vita” della storia degli Stati Uniti. E i risultati sono lì per chiunque voglia vederli. Solo tre giorni prima, Trump aveva ottenuto una grande vittoria quando il Senato aveva respinto le accuse che i democratici stavano presentando contro di Il presidente Donald Trump si dirige alla folla radunata sul National Mall

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La banda di cornamuse della TFP americana: una presenza ormai immancabile nella Marcia

lui nel processo di impeachment. È ovvio che lo perseguitano non per le sue presunte azioni, ma per ciò che rappresenta. In effetti, si sente una crescente divisione nell’opinione pubblica americana. C’è uno scontro frontale tra due visioni dell’America: una basata sui valori cristiani e l’ordine naturale, l’altra basata sul secolarismo e la licenziosità morale. La via di mezzo si sta riducendo rapidamente.

Questo spiega un altro aspetto del dibattito sull’aborto: la sua crescente intensità. Mentre i pro-vita diventano sempre più audaci e vincono le battaglie culturali, gli abortisti stanno ricorrendo alla violenza e al satanismo. In effetti, sta diventando sempre più comune per gli abortisti attaccare i pro-vita al grido di “Viva Satana!”.

Considero tutto questo, in fondo, uno sviluppo positivo. Non che mi piacciano gli scontri violenti, ma almeno le idee vengono presentate con chiarezza. Il bene avanza mostrandosi senza paura, mentre il male avanza nascondendosi e ingannando. Quando le idee sono proclamate apertamente e le posizioni sono chiaramente definite, il bene ha condizioni migliori per vincere. Queste sono alcune riflessioni che mi ha ispirato la March for Life a Washington D.C., a cui ho avuto la gioia e il privilegio di partecipare. Già alla sua 47° edizione, la Washington March for Life è una fonte d’ispirazione per coloro che, in tutto il mondo, stanno difendendo la vita umana innocente e la famiglia. 

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Speciale Stati Uniti

Parlano i giovani

Il giorno prima della March for Life si tiene una riunione dei movimenti pro-vita nel Renaissance Hotel, interamente prenotato per l’occasione. Ai vari workshops seguono conferenze di autorevoli relatori e proiezione di filmati. Il centro convegni dell’albergo è invece dedicato alla mostra dei gruppi partecipanti. E anche qui la presenza giovanile è predominante. Abbiamo intervistato alcuni giovani, facendogli una semplice domanda: Come ti chiami e perché sei pro-vita? Andrew. Il mio nome è Andrew Costantino, e sono pro-vita perché ogni essere umano ha il diritto di vivere. Dio ci ha creato con un’anima immortale che possiede una dignità intrinseca che nessuno può violare. Ciò ci distingue dagli animali. Noi siamo una persona, creata da Dio a Sua immagine e somiglianza. E creati per vivere, non per morire. Nessuno ha il diritto di togliere qualcosa data da Dio. Una volta concepito il bimbo, nessuno ha il diritto di scegliere quale deve vivere e quale, invece, deve morire. È un diritto dato da Dio che nessuna persona, nessuna organizzazione, nessun governo, nessuna dittatura può togliere o coartare. Si tratta non di una scelta ma di un diritto inalienabile. La nostra associazione si chiama Faith Driven (Spinti dalla Fede), siamo cattolici e vogliamo creare un brand in cui ogni cattolico si possa indentificare. Spesso vediamo persone che giustificano la loro posizione per la vita con argomenti naturalistici o umanistici, magari veri ma non sufficienti. Noi fondiamo tutto sulla nostra Fede cattolica, totalmente cattolica, radicalmente cattolica.  Anna. Sono Anna, e sono pro-vita perché penso che ogni persona è creata a immagine e somiglianza di Dio. Perciò tutti abbiamo un valore e uno scopo nella vita, di una grandezza che non possiamo immaginare, poiché ha Dio come misura. Dio ha un progetto per ogni persona, e sopprimerlo mi sembra il peggiore dei crimini. Io mi impegno nel difendere la vita, dentro e fuori dal grembo, specialmente per quelli più vulnerabili, per quelli che non possono lottare per loro stessi. 

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Paula. Il mio nome è Paula, sono un’attivista pro-vita dell’Associazione Save the One (Salva questo essere unico). La nostra Associazione ha quasi mille membri, tutte ragazze concepite come conseguenza di uno stupro, o a nostra volta stuprate e messe incinte. Le nostre mamme, e noi stesse, abbiamo scelto la vita anziché l’aborto. Alcune sono state poi cresciute dalla propria mamma naturale, altre sono state date in adozione. Io stessa sono figlia di uno stupro e, a mia volta, ho subito uno stupro di gruppo con una pistola puntata alla testa, in conseguenza del quale ho dato alla luce un bellissimo bimbo, che ho scelto di tenere. Lavoriamo anche con famiglie alle quali era stato consigliato di abortire per una malformazione del feto e hanno, invece, scelto di partorire. Se vuole, noi trattiamo i “casi duri”, i casi estremi, i casi eccezionali. Facciamo questo per un motivo molto semplice. Ispirati a una compassione equivoca, alcuni pro-vita ammettono l’eccezione per stupro o per malformazione del feto. Non si rendono conto che anche questi bimbi sono persone. Oltre all’azione propagandistica, facciamo anche lobby politico per impedire che sia approvata l’eccezione per stupro e per malformazione fetale. In concreto, appoggiamo il Rape Survival Custody Act (Legge di protezione alle vittime di stupro), già approvato in alcuni Stati che, mentre offre un percorso alle donne vittime di violenza, infligge pene molto severe agli stupratori.  Joseph. Ciao, mi chiamo Joseph, lavoro per la Fondazione Susan B. Anthony, nella quale sto facendo un internship, come anzi molti giovani che vengono negli Stati Uniti per studiare i temi della vita e per imparare a lottare contro l’aborto. Io sono per la vita perché credo che ogni vita inizia dal momento del concepimento. Se il bambino prima di nascere non ha diritti, vuol dire che non ne avrà mai. Se la vita – e quindi il soggetto dei diritti – non inizia al momento del concepimento, quando è che inizia? Due o quattro settimane, sei o nove mesi, due o tre anni non fanno differenza. Cosa cambia? Certo, il corpo cresce, prima nel grembo poi fuori. La mente si sviluppa. L’essere umano matura. Ma egli esiste già dal concepimento. È un processo continuo, indivisibile. Se i diritti non iniziano al momento del concepimento non inizieranno mai. Perciò io sono per la vita. 

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Speciale Stati Uniti Jacyntha. Ciao, sono Jacyntha e sono di Saint Louis, Missouri. Io sono pro-vita, anzitutto perché sono cattolica. Poi, sono pro-vita per la grande testimonianza che ci ha lasciato papa Giovanni Paolo II. Egli dovette attraversare periodi di grande sofferenza. La sua mamma morì quando era piccolo, poi morì anche il suo fratello maggiore. All’età di vent’anni, tornando a casa trovò morto il padre, rimanendo quindi solo. Vi furono poi le tremende sofferenze per le vicissitudini politiche e militari: prima l’invasione nazista della Polonia, seguita dalla seconda Guerra mondiale, poi l’invasione comunista, col regime di oppressione e di uccisioni che ne seguì. Conobbe, dunque, sulla sua pelle ciò che poi chiamerà “cultura della morte”. Ecco perché il suo appello per la vita ha un suono diverso, profondo e ispiratore. C’è oggi una totale mancanza di rispetto per la vita umana, e l’aborto ne è l’elemento principale. Io voglio essere parte del movimento che restaurerà la cultura della vita e, con essa, la vera civiltà. Ecco perché sono contro l’aborto, nella qualità di Coordinatrice regionale di Students for Life. Il nostro lemma è molto semplice: We are the pro-life generation - Noi siamo la generazione pro-vita.  Radiance. Il mio nome è Radiance, e sono pro-vita perché credo che ogni vita ha un valore intrinseco, sia dentro che fuori dal grembo. Credo che tutti dobbiamo avere la possibilità di vivere, anche quando c’è qualcosa che non va bene, come una malformazione fisica o un problema mentale. Dio ha dato la vita a tutti, e vuole che la godiamo con Lui fino all’eternità. La nostra fondazione, la Radiance Foundation, offre programmi educativi, specialmente per giovani, sulla sacralità della vita e sui problemi etici e scientifici legati alla causa per la vita. Poi cerchiamo di spingere i giovani a impegnarsi per la vita, per esempio venendo a questa Marcia. Vedendo il grande numero di ragazzi e ragazze qui presenti, credo che abbiamo fatto un bel gran lavoro! Il futuro è dei giovani e, siccome i giovani americani sono sempre più per la vita, credo che la vittoria è solo questione di tempo, ovviamente con la grazia di Dio. 

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Josh. Ciao, il mio nome è Josh e sono pro-vita per due ragioni. La prima è per la mia fede in Gesù Cristo. Credo che Dio ha amato la Sua creazione sin dal primo momento, ed ama ogni elemento di essa. E se Dio ha amato la Sua creazione sin dall’inizio, io devo fare altrettanto. Ecco la prima e principale ragione. La seconda ragione è che io sono un infermiere. Io conosco benissimo come i bambini crescono nel grembo e poi nascono. Biologicamente parlando, è impossibile negare che il feto, il nascituro, è una persona umana. Ritengo, quindi, un mio preciso dovere lottare per il loro diritto a vivere. La nostra organizzazione si chiama Pro-Life Man perché vogliamo incoraggiare i ragazzi a parlare e a impegnarsi in questa lotta contro l’aborto. Perché qui, negli Stati Uniti, sentiamo questo slogan: “No uterus, no opinion”. Noi invece crediamo che i maschi abbiano il diritto, anzi il dovere, di parlare e di intervenire nel dibattito contro l’aborto e a favore della vita.  Mary. Sono Mary e sono per la vita perché mi piace tanto aiutare le persone, specialmente le donne, di qualunque condizione. Mentre più ci penso, più mi rendo conto che ognuno ha una dignità in quanto persona umana, che va rispettata, sostenuta e promossa. Questa dignità inizia col concepimento. La nascita non fa nessuna differenza per la dignità. L’abbiamo prima e anche dopo. Considero l’aborto un’oppressione, anzi un’aggressione contro le donne. Ecco perché mi sono impegnata nel movimento per la vita. Concretamente, sono impegnata nei servizi sociali, con una speciale attenzione al traffico di esseri umani e alla prostituzione.  Dominique. Sono pro-vita perché credo che tutti abbiamo diritto a vivere. Ognuno di noi ha una dignità superiore, spirituale, che ci viene da Dio, e ciò va rispettato. Dal concepimento alla morte naturale. Senza eccezioni e senza compromessi. Lavoro per The Human Life Review, l’organo intellettuale del movimento per la vita. Qui vedete tanto attivismo, tanto entusiasmo, ma sappiate che dietro c’è anche molto lavoro intellettuale. 

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Speciale Stati Uniti

“Mai più bambini!”

L’ideologia dietro il movimento abortista Inoltre, l’IPPF è attiva in politica attraverso una rete di Political Action Commitee che favoriscono i candidati pro-aborto.

L’IPPF assume con entusiasmo l’eredità ideologica della sua fondatrice, rendendole omaggio col Premio Margaret Sanger, concesso ogni anno a chi si è distinto nella promozione dell’aborto. Una lettura anche sommaria degli scritti della Sanger, però, svela delle idee veramente scioccanti: dal razzismo all’eugenetica. Ecco un aspetto del movimento abortista che non tutti conoscono. Vediamone un campione: — “Secondo il mio punto di vista, non ci dovrebbero essere più bambini” (Intervista con John Parsons, 1947).

L’

americana Margaret Sanger (18791966, foto sopra) è considerata, con ragione, la fondatrice del movimento abortista nel mondo. Già leader femminista, nel 1921 la Sanger diede origine all’American Birth Control League, che nel 1947 si trasformò nella Planned Parenthood Federation of America. Diffondendosi nel mondo, diventò poi l’International Planned Parenthood Federation (IPPF).

Con un budget di oltre due miliardi di dollari e 149 succursali in altrettanti Paesi, l’International Planned Parenthood Federation è la principale lobby abortista nel mondo. Gestisce più di 800 cliniche dove si pratica questo crimine abominevole, come anche una miriade di “health care centres” che incamminano le povere donne a tali cliniche. 30 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

— “La cosa più misericordiosa che una famiglia numerosa può fare a uno dei suoi piccoli è ucciderlo” («Woman and the New Race», capitolo 5 “The Wickedness of Creating Large Families”, 1920).

— “Il peggiore male dei nostri tempi è incoraggiare le famiglie a essere numerose. La pratica più immorale oggi è procreare troppi figli” (Id.). — “Non vogliamo che si sappia che vogliamo sterminare la popolazione nera” (Lettera al dott. Clarence J. Gamble, 10 dicembre 1939).

— “Credo che il peccato più grande al mondo sia far nascere bambini da genitori con problemi o con malattie. I figli dei delinquenti e dei prigionieri sono segnati dalla nascita. Il più grande peccato al mondo è farli nascere” (Intervista con Mike Wallace, 1957). — “L’eugenetica senza controllo delle nascite è come una casa costruita sulla sabbia” (“Birth Control and Racial Betterment”, The Birth Control Review, 1919).

— “Non possiamo risolvere i problemi della civiltà se non rettifichiamo la sproporzione fra i bambini atti e quelli non atti a vivere” (“The Eu-


Nell’aborto ci sono due vittime

genic Value of Birth Control Propaganda”, The Birth Control Review, 1921).

— “Il problema più importante oggi è come limitare e scoraggiare la nascita di quelli mentalmente o fisicamente difettosi” (id.).

— “Il matrimonio dà al marito e alla moglie solo il diritto di vivere insieme, non il diritto di essere genitori” (“America Needs a Code for Babies”, 27 marzo 1934).

— “Nessuna donna dovrebbe avere il diritto legale a procreare un figlio, né un uomo a diventare genitore senza un apposito permesso. (…) Questi permessi non dovrebbero permettere più di un figlio per coppia” (id.). — “Dobbiamo applicare un rigido codice di sterilizzazione e di segregazione nei confronti di quei segmenti della popolazione la cui eredità è macchiata o questionabile” (“My Way to Peace”, 17 gennaio 1932). — “Due parole sintetizzano la nostra filosofia: controllo delle nascite. (...) Implica incentivare e coltivare i migliori elementi della nostra società, e la graduale soppressione ed eliminazione, fino all’estinzione, dei segmenti difettosi” (“High Lights in the History of Birth Control”, ottobre 1923).

— “La carità pubblica organizzata è il sintomo di una brutta malattia sociale” («The Pivot of Civilization», 1922). — “Tutti i nostri problemi provengono dall’eccessiva fertilità della classe operaria” (“Morality and Birth Control”, 1918).

— “Ritengo che la dottrina cattolica sia illogica, non consone alla scienza e decisamente nemica del benessere del popolo e del miglioramento della razza” (“The Pope’s Position on Birth Control”, 27 gennaio 1922). 

Con un budget di oltre due miliardi di dollari e 149 succursali in altrettanti Paesi, Planned Parenthood gestisce più di 800 cliniche dove si pratica l’aborto, e una miriade di “health care centres” che incamminano le povere donne a tali cliniche

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Speciale Stati Uniti

Il vero obiettivo dell’impeachment di Trump: una visione cristiana dell’America

È

difficile dare un senso al caos politico che regna oggi in America. La maggior parte delle persone alza disperata gli occhi al Cielo quando gli viene chiesto di spiegare l’impeachment di Donald Trump. E giustamente. Il processo al Presidente è diventato un misto di politichina e di circo da paese.

Il bizzarro dramma che si sta consumando negli Stati Uniti sembra fatto apposta per confondere: manca un filo conduttore, mancano dei personaggi ben profilati e un copione. Gli attori si limitano a riempire il teatro di urla, emozioni, rabbia e slogan che servono solo a frammentare l’America come mai prima.

C’è qualcosa di sinistro in tutto questo caos. Non sembra esserci un desiderio di chiarezza. Troviamo unicamente la volontà di distruggere istituzioni, protocolli e persone. Il tam-tam mediatico ha 32 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020

di John Horvat II

poi creato un’atmosfera fremente, come quelle che precedono le grandi rivoluzioni.

Che cosa possiamo dire in mezzo a tale baldoria, che sembra sfidare ogni spiegazione logica? Forse la cosa migliore è allontanarci dal palcoscenico, prendere le distanze dalle minuzie del caso, andare oltre le polemiche politiche cercando invece di assumere una visione più alta e universale.

Facciamo dunque alcune osservazioni generali dall’alto, lontani dalla folla ululante.

Non è Trump

La prima osservazione è che l’impeachment non riguarda il presidente Donald Trump. È ovvio che il suo comportamento ha fornito il pretesto per avviare la procedura. Indipendentemente dal merito dell’accusa, però, l’effervescenza passionale indica che il


vero obiettivo è qualcosa di molto più importante e profondo della persona del Presidente.

Il vetriolo della sinistra è diretto verso ciò che il Presidente rappresenta, piuttosto che verso ciò che ha fatto o non fatto. I suoi oppositori vogliono farlo fuori non per la sua condotta, bensì perché egli rappresenta qualcosa che essi vogliono cancellare dalla scena politica americana. Tale motivazione si estende al di fuori del Congresso, coinvolgendo l’establishment liberale e le false élite di Hollywood/Silicon Valley. Tutti chiedono la rimozione di Trump.

Il bersaglio dell’impeachment non è un uomo, bensì una visione dell’America. Preoccupata che questa visione si affermi e si diffonda, la sinistra vuole spazzarla via quanto prima.

Trump non corrisponde alla pseudo-narrativa

La seconda osservazione è che la sinistra e i media hanno costruito una falsa narrativa in cui cercano di inquadrare il presidente e i sessantatré milioni di americani che lo hanno votato.

vibrante maggioranza di democratici, donne, persone di colore e giovani”.

Hanno furbescamente bollato la destra come “razzista” ovviamente perché questa è l’unica questione che può ancora accendere l’indignazione del grande pubblico. Marchiando i sessantatré milioni di elettori di Trump come vecchi, bianchi, omofobi, xenofobi e misogini, Goldberg e la sinistra sperano di demonizzare tutti coloro che hanno votato per il Presidente, indipendentemente dalle ragioni che li hanno spinti a farlo.

Tuttavia, il razzismo non è affatto il nucleo del dibattito, e la sinistra lo sa benissimo. Tutti gli americani di buon senso rifiutano il razzismo in ogni sua manifestazione. Si tratta semplicemente dell’ultima furbata della sinistra per promuovere la propria causa.

Che cosa rappresenta esattamente Trump?

Se il dibattito sull’impeachment non riguarda la narrativa razzista, allora che cosa rappresentano Trump e i suoi elettori? E perché ciò terrorizza la sinistra a punto di rischiare tutto pur di rimuovere tale minaccia?

Secondo questa falsa narrativa, il presidente Trump rappresenterebbe un Questa non è segmento ormai mouna domanda facile. rente, composto da Tutti ammettiamo pochi bianchi omoche il Presidente è fobi e xenofobi, pieni una persona comdi odio contro gli La crescente polarizzazione dell’opinione pubblica plessa che sfida ogni altri gruppi razziali, americana, basata su un campione di opinioni categoria, si contrale minoranze, le politiche, secondo uno studio del Pew Institute dice facilmente e può donne e gli immicomportarsi in modo grati. Questa narraassai irregolare. Allo stesso modo, i suoi elettori non tiva inquadra il dibattito nella dialettica della lotta di formano un blocco monolitico in cui tutti la pensano classe marxista: uno scontro fra questi bianchi, oggi allo stesso modo. È difficile mettere in atto un attacco al potere con Trump, e la stragrande maggioranza del efficace contro un bersaglio indefinito e in movipopolo americano che ne sarebbe invece oppressa. mento. La sinistra ha trasformato questa falsa narrativa A questa complessità si aggiunge la crescente in dogma, non ammettendo nessun altro motivo per radicalizzazione della società, il crollo della famiglia il quale un americano abbia potuto votare per Trump, e delle comunità. Tutto ciò ha scosso le fondamenta come ad esempio per il fatto d’essere contro l’aborto. del classico mondo liberale. Al suo posto c’è un I media della sinistra ripetono questa falsa narrativa fino alla nausea. Ecco, per esempio, come l’editoria- mondo instabile e frenetico in cui l’immagine è tutto. lista del New York Times Michelle Goldberg ha de- Tutto diventa possibile, sebbene nulla sia certo. scritto il dibattito sull’impeachment: “Una Pertanto, dobbiamo prendere in considerazione discussione fra anziani bianchi repubblicani e una non tanto ciò che il presidente Trump sia in realtà, TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 33


Speciale Stati Uniti

ma ciò che egli rappresenta per la destra, e anche per la sinistra. La vera lotta è tra due visioni dell’America per le quali il Presidente Trump sta fungendo da parafulmine.

Una lotta tra due visioni dell’America

Per la destra traumatizzata, il Presidente Trump tocca alcuni temi che hanno una risonanza profonda in larghe fasce dell’opinione americana. Egli incoraggia l’amore patrio, promuove la famiglia e i diritti del nascituro. Ha nominato giudici pro-famiglia e pro-vita. Invoca il nome di Dio e la Croce. Augura agli americani un “Santo Natale” anziché “Buone Feste”. Al di là del personaggio, per molti, questi discorsi rappresentano una speranza in mezzo a un mondo ormai alla deriva.

Per la sinistra radicalizzata, questi discorsi rappresentano invece tutto quanto è deplorevole per l’America. Essi minacciano il “progresso” faticosamente ottenuto dalla sinistra in passato, e in particolare la rivoluzione sessuale.

Quando i piccoli gesti hanno un grande significato

Alcuni potrebbero obiettare che altri presidenti hanno fatto simili riferimenti a Dio, alla famiglia e alla Patria. In effetti, fa parte del costume nazionale che ogni presidente, anche liberale, faccia un vago accenno a Dio, chiedendo la sua benedizione sull’America.

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Ciò che rende oggi le cose diverse è la disperazione dei tempi in cui viviamo. Molte persone, di entrambe le parti, ritengono che siamo arrivati a un punto di non ritorno, e sono disposte a cogliere al volo qualsiasi cosa dia loro un barlume di speranza, anche se ciò li porta poi ad abbracciare un’evidente contraddizione.

Così, coloro che difendono la morale cristiana trascureranno gli ovvi difetti del Presidente e plauderanno i suoi più piccoli gesti come un incoraggiamento a continuare la lotta per la Fede. Dall’altra parte, i sinistrorsi dimenticheranno le sue azioni, passate e presenti, che portano acqua al loro mulino, e vedranno invece nei suoi minimi gesti conservatori un fattore scatenante di oltraggio, irrazionalità e malcontento.

Evitare la possibilità di un risveglio

In un tale clima, ogni azione del Presidente assume un’importanza esagerata. Entrambe le parti sentono che una semplice parola di sostegno al nascituro insinua una legge morale e un ordine sociale basato sul matrimonio tradizionale e sulla famiglia. Le manifestazioni esteriori di patriottismo vecchio stile potrebbero far risorgere nozioni di dovere, sacrificio e onore in contrasto con le richieste liberali per l’abolizione dei confini e l’istituzione di un governo mondiale. Una semplice menzione a Dio potrebbe risvegliare sentimenti religiosi che sfidano il nostro sterile secolarismo.

La semplice possibilità che i gesti morali del Presidente possano risvegliare qualcosa nel profondo dell’America terrorizza la sinistra e rende urgente l’impeachment. Il suo dramma/circo oscura i problemi reali. Ecco perché la sua falsa narrativa deve trascinare nel fango i sessantatré milioni di elettori che hanno votato per il Presidente. Il vero oggetto dell’impeachment è una visione cristiana dell’America. 

Militanti lgbt e pro-aborto insultano e aggrediscono i giovani della TFP americana nell’Università George Washington. Solo l’intervento della Polizia (chiamata dalla TFP) ha evitato che l’episodio degenerasse


Aumentano le Messe tradizionali

P

er un cattolico tradizionalista in viaggio per gli Stati Uniti, un fatto salta subito all’occhio: l’estrema facilità nel trovare una Santa Messa in rito romano antico, la cosiddetta Messa di S. Pio V. Nella zona metropolitana di Washington D.C., per esempio, si celebrano ben 14 Messe tradizionali ogni domenica. Il 95% delle diocesi statunitensi conta con almeno una chiesa dove si celebra la Messa tradizionale. Alcune appartengono a congregazioni religiose ma la maggior parte sono diocesane. Oggi, ben 489 parrocchie offrono almeno una Santa Messa in rito romano antico la domenica. Dal 2005, l’aumento della frequenza a queste Messe si è attestato attorno al 29% annuo. Questo aumento esponenziale delle Messe Vetus Ordo è tanto più interessante in quanto contrasta con una vera e propria emorragia di fedeli dalle chiese Novus Ordo. La frequenza alla Messa domenicale è crollata dal 75% nel 1960 al 39% di oggi. Uno studio condotto nel 2018, mostra che quasi la metà dei millennials (nati tra il 1980 e il 1995) ha abbandonato la fede cattolica. Principale motivo: la Chiesa non soddisfa i loro bisogni spirituali. In dichiarazioni al Washington Examiner, l’analista Greg Colker, un

protestante convertito, ha affermato: “Mi domando se non dobbiamo vedere le cause del declino della fede nelle forme meno tradizionali di cattolicesimo. Dobbiamo interrogarci se le forme moderne di cattolicesimo riescono a trasmettere la Fede”.

La risposta è, apparentemente: NO. A riprova di ciò, il fatto che molti cattolici lasciano le chiese “aggiornate” per unirsi alle sette protestanti più radicali, di tipo evangelico. In altre parole, la loro crisi non è tanto provocata da una diminuzione nella domanda di Fede (secolarizzazione), quanto piuttosto dalla diminuzione dell’offerta: le chiese aggiornate non danno loro ciò di cui hanno bisogno, spiritualmente.

Alcuni segnalano il fatto che, pur in forte crescita, il settore tradizionalista negli Stati Uniti è ancora marginale. Cosa sono, per esempio, le 489 parrocchie che offrono la Messa tradizionale a confronto delle oltre 17mila parrocchie nel Paese? È vero. Si tratta, comunque, di una sanior pars che la Chiesa farebbe bene a coltivare. 

Irving, Texas, Messa solenne domenicale: maggioranza di giovani in giacca e gravata

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Speciale Stati Uniti

“E

Voglia di

siste nel mondo moderno un luogo dove Lei può provare tutta l’avventura e il fascino del Medioevo. Si lasci trasportare indietro, fino a un tempo in cui la cavalleria esisteva ancora...” No, non si tratta dell’esordio di un conto di fatte dei vecchi tempi, ma dell’invito a cena rivolto agli ospiti di uno dei ristoranti Medieval Times che si stanno moltiplicando negli Stati Uniti. Con dieci esercizi già aperti in altrettanti stati, Medieval Times si afferma come un grande successo.

Ambientati all’interno di fedeli riproduzioni di fortezze medievali, i ristoranti offrono ai commensali, oltre ai piatti forti della cucina antica, un brioso spettacolo di cavalleria, con giostre e combattimenti autentici. Cavalcando puro sangue andalusi, i cavalieri rompono lance al suono di trombe, salvo poi continuare il combattimento a piedi, brandendo grosse spade da due mani. Alla fine, il “Signor feudale” incorona il vincitore, che può quindi scegliere la sua “dama” fra le giovani commensali.

“Viaggia attraverso le nebbie del tempo fino a un’età dimenticata, fatta di devozione, coraggio e amore. Vieni al Medieval Times Dinner & Tournament – leggiamo sulla homepage – Immagina lo spettacolo e l’eccitazione d’essere ospiti di una Regina d’altri tempi. Questo è esattamente ciò che vivrai nel più famoso ristorante con spettacolo degli Stati Uniti”.

Medieval Times non è l’unico sintomo della sete di medioevo che si sta diffondendo negli Stati Uniti. Allo scopo di insegnare alle nuove generazioni la cultura e le usanze medievali, nel 1966 si è creata la Society for Creative Anachronism. Oggi, conta più di trentamila membri. La società promuove incontri periodici nei quali i partecipanti assumono un’identità medievale, dovendo vivere come a quei tempi: con gli stessi vestiti, le stesse regole di cortesia e, soprattutto, con la stessa mentalità. Tali incontri comprendono attività educative, come lezioni e workshop, e attività sportive come giostre a cavallo, lotte con la spada e via dicendo. Alla fine un banchetto di Corte chiude l’occasione. Si cerca la fedeltà ai modelli storici.

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Parallelamente, si stanno diffondendo i combattimenti medievali sportivi. Si tratta di una moda arrivata dall’Europa centrale che ha gettato radici in


Medioevo

questo Paese. Bardati con armature del tutto identiche a quelle tardo-medievali, i cavalieri si affrontano nelle varie discipline: a cavallo con la lancia, a piedi con la spada da due mani, oppure con spada e scudo e via dicendo. I combattimenti sono veri, i colpi sono duri e cercano di buttare giù l’avversario, stordendolo. Regole stringenti e imbottiture di ultima generazione impediscono di farsi troppo male. Le squadre americane ormai competono con le loro simili in Europa, spesso riportando a casa gli allori della vittoria.

“Roba da Hollywood...” dirà qualcuno con far sdegnoso. Non è così semplice. Senza negare che in talune manifestazioni vi possa essere una venatura cinematografica, il fatto è che la cultura Hollywood/ Silicon Valley rappresenta l’esatto opposto della mentalità conservatrice/tradizionalista alla base della rinascita medievale. Si tratta di due Americhe chiaramente contrapposte. Semmai, per motivi finanziari, Hollywood prova a cavalcare l’onda, proponendo film e serie Tv medievaleggianti di gran successo – che spesso di medievale hanno solo l’esteriorità –come Braveheart, Signore degli Anelli, Kingdom of Heaven, Excalibur, A Knight’s Tale o Game of Thrones. L’enorme successo di questi film dimostra la profonda voglia di medioevo che esiste nell’opinione pubblica americana, senza parlare dell’infinità di videogiochi ambientati nel Medioevo o, comunque, contenenti elementi medievali.

La voglia di Medioevo negli Stati Uniti affonda radici anche nel mondo accademico. Si moltiplicano, infatti, le facoltà di studi medievali, con la conseguente produzione di saggi e libri sull’argomento. Il tutto sulla scia della rivalutazione del Medioevo fatta nel secolo scorso da storici europei come Jacques Le Goff, Régine Pernoud, Marc Bloch e altri. Col titolo «Medievalism. A Manifesto», nel 2017 fu pubblicato un interessante libro di Richard Utz che fa il punto della situazione degli studi medievali. Cosa porta un numero crescente di americani a fare questa sorta di full immersion nella cultura guerriera del Medioevo? Da dove nasce questa appetenza per qualcosa di diametralmente opposto alla way of life hollywoodiana? È un problema di cui possono e devono discutere gli analisti. Diciamo gli analisti imparziali, ossia quelli non abbagliati dai miti anti-americani. 

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Santuari italiani

La Santa Casa di Loreto, dimora di ogni controrivoluzionario di Alfredo Monteverdi

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Cento anni fa, il 24 marzo 1920, papa Benedetto XV proclamò la Madonna di Loreto Patrona degli aeronauti. Per celebrare tale anniversario, papa Francesco ha concesso un Giubileo Lauretano per i viaggiatori in aereo, militari e civili, e per tutti coloro che giungeranno pellegrini al Santuario della Santa Casa da ogni parte del mondo. Qual è la storia di questa straordinaria Casa? È stata davvero trasportata dagli angeli? Perché si vuole oggi tacere su questo aspetto miracoloso?

TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 39


Santuari italiani

Basilica dell’Annunciazione, Nazareth

C

ento anni fa, il 24 marzo 1920, papa Benedetto XV proclamò la Madonna di Loreto Patrona degli aeronauti. Per celebrare tale anniversario, papa Francesco ha concesso un Giubileo Lauretano per i viaggiatori in aereo, militari e civili, e per tutti coloro che giungeranno pellegrini al Santuario della Santa Casa da ogni parte del mondo. L’Anno Santo è stato aperto l’8 dicembre 2019 e si concluderà il 10 dicembre 2020. “L’indulgenza plenaria dell’anno giubilare – come ha ricordato il vescovo di Loreto, mons. Fabio Dal Cin – riguarderà i fedeli che varcheranno la Porta Santa per chiedere il dono della conversione a Dio e ravvivare la propria filiale devozione a Colei che ci protegge nei viaggi in aereo”.

Quasi in concomitanza con l’indizione dell’anno giubilare, la Congregazione per il Culto divino, il 7 ottobre 2019, ha introdotto nel Calendario Romano Generale la memoria facoltativa della Madonna di Loreto, da celebrarsi il 10 dicembre, omettendo però totalmente qualsiasi riferimento alla traslazione miracolosa della Santa Casa e dimenticando di sottolineare che lungo i secoli è stata proprio questa ad essere il centro della venerazione dei fedeli.

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Si assiste così ad una realtà ambigua e contraddittoria, tipica purtroppo della Chiesa degli ultimi decenni. Da un lato viene ricordato il patronato della Madonna di Loreto sui viaggiatori in aereo, che certamente non sarebbe stato possibile se le sacre pareti fossero state trasportate via mare dagli uomini. E dall’altro, contravvenendo alla secolare liturgia che ha sempre celebrato la Traslazione della Santa Casa e non la Madonna di Loreto, i testi della messa e il decreto del Culto divino ignorano ogni aspetto miracoloso.

Baluardo contro l’islam e luogo di miracoli

Per fare chiarezza in questa situazione intricata e difendere la verità sulla “questione lauretana” è consigliabile leggere “Il Miracolo della Santa Casa di Loreto”, scritto dal giornalista Federico Catani e pubblicato dall’Associazione Luci sull’Est. Il libro, che si segnala per il suo solido e convincente rigore storico e la ricchezza del materiale iconografico, è un’ottima guida per chi, in questo anno giubilare lauretano, vorrà recarsi presso il santuario della Santa Casa, tra quelle pareti dove la Madonna è stata concepita immacolata, è nata ed ha ricevuto l’annuncia-


zione dell’arcangelo Gabriele. Pareti, dove, in definitiva, è iniziata l’opera della nostra Redenzione.

Il volumetto – di facile lettura – non solo difende la veridicità storica delle miracolose traslazioni della Santa Casa, ma affronta tutta la storia del santuario di Loreto e il ruolo imprescindibile che ha ricoperto nella storia della Cristianità universale, come ad esempio la difesa dell’Europa. È alla Madonna di Loreto ad esempio che i Papi e i condottieri si sono rivolti prima di affrontare – tra le altre – le due battaglie più decisive e celebri contro l’islam: quella di Lepanto (1571) e quella di Vienna (1683). A Loreto poi si sono recati come pellegrini centinaia e centinaia di uomini illustri: re e regine, santi e sante, letterati, filosofi e musicisti. Lì sono avvenuti e tuttora avvengono miracoli straordinari, di guarigione e di conversione.

Tra quelle pareti san Luigi Maria Grignion de Montfort ebbe l’ispirazione di scrivere il suo Trattato della vera devozione a Maria: e infatti, quale luogo più adatto per scegliere di vivere la schiavitù d’amore alla Madonna? Come Nostro Signore, incarnandosi nel grembo di Maria Santissima, si è reso a Lei completamente dipendente, così anche i cattolici che fanno la consacrazione predicata dal Montfort si donano totalmente alla Madre di Dio.

I fatti smentiscono i modernisti

Ma ripercorriamo brevemente la storia.

Tra il 9 e il 10 maggio 1291 avvenne un fatto straordinario in Palestina. Erano i giorni in cui si stava approssimando la fine della presenza crociata in Terra Santa. In quella notte, nella Basilica dell’Annunciazione di Nazareth sparì la preziosissima reliquia lì custodita da secoli: la Santa Casa in cui la Madonna aveva ricevuto l’annuncio dell’arcangelo Gabriele e dove il Verbo si era fatto carne, dando così inizio alla Redenzione dell’umanità.

vozione per tre anni. Poi, la notte tra il 9 e il 10 dicembre 1294, la Santa Casa sparì miracolosamente così come era arrivata. Le tre pareti consacrate dalla presenza della Santa Famiglia giunsero in Italia, nelle Marche, territorio appartenente allo Stato Pontificio. Storicamente la sua presenza è accertata in tre luoghi prima di giungere dove ancora è possibile venerarla. Ad Ancona (attuale località di Posatora) e nel territorio di Loreto, dapprima in pianura (attuale località di Banderuola), poi nel campo di proprietà di due fratelli (di fronte all’attuale santuario). Infine, nel dicembre 1296, la Santa Casa si posò nel luogo in cui tuttora si trova.

Le suddette traslazioni avvennero tutte miracolosamente; secondo la tradizione (immortalata in innumerevoli dipinti e sculture), ad opera degli angeli. Purtroppo da alcuni decenni, se almeno ufficialmente nessuno nel mondo cattolico mette in dubbio che a Loreto vi sia la vera Santa Casa di Nazareth, la traslazione angelica della stessa è stata derubricata a una mera leggenda da parte degli stessi ecclesiastici, così come in passato fecero i protestanti, gli illuministi e i modernisti.

Ma è credibile pensare che il trasporto delle sante pareti sia avvenuto per mezzo degli uomini? Come spiegare ad esempio così tanti spostamenti? Sarebbe stato tecnicamente possibile trasportare per nave così tante volte delle pietre che poi sono state perfettamente risistemate? E ancora: perché collocare definitivamente la Santa Casa nel mezzo di quella che all’epoca era una strada pubblica dove, secondo la legge locale, nulla si doveva costruire, pena l’abbattimento coatto?

Chiunque fosse andato nel paesino della Galilea il 10 maggio 1291 non avrebbe più trovato le tre pareti di cui era composta la dimora della Sacra Famiglia, presenti invece fino al giorno prima.

Le pareti apparvero la mattina di quello stesso giorno nel bosco di Tersatto (oggi un quartiere della città di Fiume, in Croazia). Da quel momento, l’insigne reliquia divenne meta di pellegrinaggi e di deLa Santa Casa a Loreto TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 41


Santuari italian

L’architetto Federico Mannucci, in una relazione del 1923, ebbe a scrivere che «è assurdo solo pensare che il sacello possa essere stato trasportato con mezzi meccanici» e rivelò pure che «è sorprendente e straordinario il fatto che l’edificio della Santa Casa, pur non avendo alcun fondamento, situato sopra un terreno di nessuna consistenza e disciolto e sovraccaricato, seppure parzialmente, del peso della volta costruitavi in luogo del tetto, si conservi inalterato, senza il minimo cedimento e senza una benché minima lesione sui muri». Anche l’architetto Giuseppe Sacconi constatò che «la Santa Casa sta parte appoggiata sopra l’estremità di un’antica strada e parte sospesa sopra il fosso attiguo», ragion per cui non può essere stata fabbricata o rifabbricata, come è, nel posto in cui si trova.

Le ragioni della tradizione

C’è pure un altro elemento da rilevare. La malta con cui le sante pietre sono murate proviene dalla Palestina dell’epoca di Gesù. Come può questo dato essere compatibile con una ricostruzione successiva al trasporto su nave? E come è possibile che, a seguito di tanti spostamenti e di molteplici riedificazioni, non si sia minimamente alterata la perfetta geometria della Santa Casa, che

combacia perfettamente con le dimensioni delle fondamenta rimaste a Nazareth?

Recentemente inoltre è stata dimostrata la falsità storica del Chartularium culisanense, documento spesso citato perché proverebbe il trasporto umano delle pietre della dimora nazaretana per mezzo della famiglia Angeli o De Angelis (da cui poi sarebbe sorta la “leggenda” degli angeli…). Il testo in questione però risalirebbe al 1294, tre anni dopo il primo miracoloso trasporto della Santa Casa a Tersatto. E poiché è attestato che nel 1294 questa non era più a Nazareth ma in Dalmazia, la famiglia Angeli non avrebbe potuto portar via nulla direttamente dalla Palestina, come invece si è detto. Inoltre, vi si parla dell’asporto di alcune pietre e non delle tre pareti integre, come sempre si è detto e si è inteso.

Quindi quella del trasporto umano della Santa Casa è una mera ipotesi, senza alcuna prova, che produce solo l’effetto di minare la fede dei semplici, contraddicendo peraltro non solo secoli di studi e dimostrazioni, ma anche secoli di pronunciamenti pontifici e testimonianze di santi.

Ancora una volta, la tradizione della Chiesa è molto più affidabile e “scientifica” della presunta modernità dei progressisti cattolici. 

Giubileo lauretano

Papa Francesco ha concesso un Giubileo Lauretano per i viaggiatori in aereo, militari e civili, e per tutti coloro che giungeranno pellegrini al Santuario della Santa Casa da ogni parte del mondo. L’Anno Santo è stato aperto l’8 dicembre 2019 e si concluderà il 10 dicembre 2020. L’indulgenza plenaria dell’anno giubilare riguarderà i fedeli che varcheranno la Porta Santa per chiedere il dono della conversione a Dio e ravvivare la propria filiale devozione a Colei che ci protegge nei viaggi in aereo. 42 - TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020


Settimana Santa

Come poté il mondo odiare Colui che fece tanto bene?

L’

di Plinio Corrêa de Oliveira

immagine di questa pagina riproduce una tela del Maestro Pflock (secolo XVI), custodita nel Museo di Gand: «L’incoronazione di spine».

Attorno al Divino Redentore, vestito con una porpora da scherno, si riuniscono cinque figure. In primo piano, un uomo gli stende una canna a guisa di scettro, e allo stesso tempo, con un saluto caricaturale, si toglie il copricapo e tira fuori la lingua. A fianco, un altro spalanca la bocca con un atteggiamento beffardo. Gli altri, sullo sfondo, sono impegnati a conficcare sul capo adorabile del Salvatore, a guisa di corona, una specie di immenso copricapo di spine. Al centro il Figlio di Dio, che esprime il suo dolore fisico, ma soprattutto l’intensa sofferenza morale, la quale supera il tormento del corpo e che permea interamente la Vittima divina.

Si direbbe che Gesù soffra del rancore di questi miserabili carnefici, ma che questo odio non sia altro che la riva di un immenso oceano di rancore che si estende oltre, sino ai limiti dell’orizzonte. Ed è su questo oceano che si sofferma lo sguardo di Gesù in una dolorosa meditazione.

Il quadro del Maestro Pflock focalizza un aspetto importantissimo della Passione: il contrasto tra la santità infinita e l’amore ineffabile del Redentore, e l’insondabile bassezza e implacabile odio di coloro che Lo suppliziarono ed uccisero. In questo contrasto si evidenzia l’irriducibile opposizione tra la Luce - «erat lux vera» (Gv. I,9) - e i figli delle tenebre, tra la Verità e l’errore, l’Ordine e il disordine, il Bene e il male. «Popule meus, quid feci tibi? Aut in quo contristavi te?», «Popolo mio, che male ti feci? In che cosa ti rattristai?». Queste parole, che la Liturgia del Ve-

nerdì Santo pone sulle labbra di Nostro Signore, sono proprio al centro del tema che abbiamo enunciato. Che un uomo odi chi gli fa del male, può essere censurabile, ma non incomprensibile. Però, come può un uomo odiare chi è buono, chi gli fa del bene? Questo problema è vecchio quasi quanto l’umanità. Perché Caino odiò Abele? Perché i giudei perseguitarono e non di rado uccisero i Profeti? Perché i romani perseguitarono i cristiani? Più recentemente, perché i protestanti sparsero tanto sangue di martiri cattolici, perché la Rivoluzione Francese agì allo stesso modo ed altrettanto fece la Rivoluzione Bolscevica in Russia?

Come spiegare l’odio dei comunisti nella guerra civile spagnola, nelle persecuzioni del Messico, dell’Ungheria e della Jugoslavia? Sappiamo bene che, formulate così, tali domande sembrano a molti un po’ semplicistiche. L’odio dei nemici della Chiesa non sempre fu gratuito. Non mancarono, a volte, anche da parte dei cat-

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Settimana Santa

tolici, provocazioni ed eccessi che generarono delle reazioni. D’altro canto, vi furono in certi casi, equivoci, malintesi ed incomprensioni che diedero luogo a violenze. Vi furono allora dei martiri, non perché la Chiesa fosse debitamente conosciuta e odiata come tale, ma precisamente perché era sconosciuta o ingiustamente deformata.

Non neghiamo nulla di questo. Tuttavia, ridurre a queste cause l’odio delle tenebre contro la Luce, del male contro il Bene sarebbe, questo sì, una singolare semplificazione del problema. È quello che nella Passione si evidenzia con solare chiarezza. ***

Osserviamo preliminarmente che, se i cattolici possono avere dei difetti, Nostro Signore non li ebbe. Su questo non può esserci alcun dubbio, sia in merito alla sostanza che alla forma della sua predicazione, sia riguardo al tatto che all’opportunità con cui insegnava, sia ancora per quanto attiene al carattere edificante dei suoi esempi, al valore apologetico dei suoi miracoli, e all’aspetto santissimo e trascinante della sua Persona. Egli non fornì pretesti a nessuna legittima obiezione, a nessuna fondata recriminazione. Al contrario, fu solo prodigo di occasioni per farsi adorare e seguire. Tuttavia, anche Lui fu odiato, persino più dei suoi fedeli lungo i secoli. Come si spiega? È perché nei figli delle tenebre c’è un odio che si rivolge precisamente contro la Verità e il Bene?

È quindi inutile voler attribuire il tutto ad un mero gioco di equivoci. Questi senz’altro ci furono, ma non servono a risolvere il problema. ***

Qualcuno forse dirà che questo odio è molto semplice da spiegare. La Legge di Dio è austera. Chi non vuole assoggettarsi ai sacrifici che comporta la sua osservanza, disubbidisce e facilmente si ribella. La ribellione a sua volta genera l’odio, specialmente l’odio contro la Verità ed il Bene. Ed è tutto spiegato. Non neghiamo che nella maggior parte dei casi sia questa la radice dell’odio contro Dio. Ma per capire bene il problema, non si devono trarre conclusioni affrettate. Ogni peccato è un’offesa a Dio. Ma ci sono peccatori che serbano una certa tristezza del male che

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praticano ed una certa ammirazione del bene che non fanno. Perciò, si rammaricano della vita che conducono, consigliano agli altri di non seguire il loro esempio e prestano omaggio a coloro che vivono rettamente. In conseguenza di questo atteggiamento umile, molte volte Nostro Signore concede loro grandi grazie ed essi ritornano al cammino della salvezza. Se in Israele vi fosse stato soltanto questo genere di peccatori, non credo che Gesù sarebbe stato perseguitato, ed ancor meno crocifisso. Se tra questi vi fosse stato Caino, non avrebbe ucciso Abele. Se tutti i peccatori della Storia fossero stati come questi, essa non avrebbe registrato le orrende persecuzioni di cui abbiamo appena parlato.

Come sono, allora, i peccatori che rappresentano quelle anime che si sono dannate a causa delle persecuzioni che hanno mosso contro la Chiesa? È questo il problema. ***

Il peccatore rattristato e vergognato di cui abbiamo trattato non può essere chiamato propriamente un empio. Egli scivolerà verso l’empietà se si infangherà nel peccato sino a perdere la tristezza di praticarlo e l’ammirazione per coloro che esercitano la virtù. Ne deriverà, quindi, un primo grado di empietà, che condurrà all’indifferenza per la Religione e la morale. All’empio di questo genere importano soltanto i suoi interessi personali. Per lui fa lo stesso vivere in un ambiente buono o cattivo: purché guadagni soldi e faccia carriera o si diverta, qualsiasi cosa gli sta bene.

Ovviamente questa empietà è molto censurabile. Ne furono rei tutti coloro che a Gerusalemme assistettero alla Passione come meri curiosi. E quelli che nel corso della storia, sino ad oggi, si ritengono nel diritto di assistere alla lotta tra i figli della luce e i figli delle tenebre senza prendere partito, come una egoistica «terza forza». Ancora una volta, però, gente di questo tipo, di suo, non avrebbe praticato il deicidio. ***

Eppure ci sono anime che vanno oltre. Mosse dalla sensualità, dall’orgoglio, da qualsiasi altro vizio, portano la malizia così lontano, si identificano


col peccato in tal modo, che giungono a sentirsi bene solo dove sono lusingate le loro cattive abitudini, e non sopportano nulla che costituisca una censura e nemmeno un mero disaccordo nei loro riguardi.

demonio entrò in lui (Lc. 22, 3). Per fede sappiamo che gli spiriti maligni «vagano per il mondo per la perdizione delle anime».

Farne l’anelito di tutti i momenti, oppure l’ideale di una vita, ecco dove sta la quintessenza dell’empietà. Gente così, ha tutti i requisiti per pianificare, ordire e compiere la persecuzione. Se in Israele non vi fosse stata gente così, Nostro Signore non sarebbe stato crocifisso.

***

Ne deriva un odio verso i buoni e verso il Bene, verso i paladini della Verità e alla Verità stessa, che fornisce loro una sorta di ideale negativo. Voltaire lo espresse molto bene nel suo motto «écraser l’infâme», cioè, «schiacciare l’infame» (l’«infâme» sarebbe stato il Verbo Incarnato!).

***

Dio non nega la sua grazia a nessuno. Anche gli empi come questi possono convertirsi, e di tutto cuore. Tuttavia, è doveroso aggiungere che, finché non lo fanno, portano già in questa terra la più rilevante caratteristica dei condannati all’inferno. In effetti, in generale si pensa che i dannati, se potessero, fuggirebbero tutti verso il Cielo. Non è vero. Essi odiano tanto Dio che se anche potessero liberarsi dal fuoco eterno in cui sono prigionieri, non lo farebbero se ciò comportasse di prestare a Dio un atto di amore e di ubbidienza. Tale è la forza di quest’odio; ed è sotto questa luce che si capisce bene colui che potremmo soprannominare empio di secondo grado. Fu questa accurata empietà la forza motrice che animò la Sinagoga nella ribellione contro il Messia. Fu essa a suscitare la lotta degli empi contro la Chiesa, contro i buoni cattolici, nel corso dei secoli. ***

I figli delle tenebre, sono proprio questi: gli empi. Il principe delle tenebre è proprio Satana. Quale relazione esiste tra gli uni e gli altri? Giuda era un figlio delle tenebre. Il Vangelo ci dice che il

Quando il demonio riesce a compiere in un’anima il suo completo operato, la conduce sino a questo stato di empietà. A sua volta, una tale anima è un campo aperto alle tentazioni del demonio. È facile, dunque, riconoscere in questi empi i più attivi ausiliari dell’inferno nella lotta contro la Chiesa. Signore, in questo momento di misericordia in cui consideriamo il tuo sacrosanto Corpo mentre versa da ogni parte il tuo Sangue redentore, Ti preghiamo per i meriti infiniti di questo stesso preziosissimo Sangue, e per le lacrime della vostra e nostra Madre, di mantenerci molto ma molto lontani da qualsiasi empietà: «Non permettere che ci separiamo da Te», di tutto cuore Te lo imploriamo! Ovunque gli empi perseguitano i figli della luce, e specialmente nella Chiesa del Silenzio, sii la forza dei perseguitati, non solo perché non si scoraggino, ma affinché si innalzino, si organizzino e sbaraglino il tuo avversario. Te lo supplichiamo per il Cuore Immacolato di Maria!

E poiché all’ultimo momento promettesti il Paradiso ad uno scellerato, Signore, per i meriti della tua agonia Ti supplichiamo, in unione a Maria, che la tua misericordia scenda sino agli antri occulti dell’empietà, al fine di invitare alle vie della virtù persino i tuoi peggiori avversari. E ancora per misericordia, Signore, confondi, umilia, e riduci all’intera impotenza coloro che, rifiutando i più estremi appelli del tuo amore, persistono nell’intento di distruggere ciò che resta della Civiltà Cristiana e perfino – se fosse possibile – la vostra Sposa mistica, la Santa Chiesa.  (Tratto da Catolicismo, Aprile 1960). TRADIZIONE FAMIGLIA PROPRIETÀ / MARZO 2020 - 45


Il mondo delle TFP

TFP italiana: quattro momenti

Messa per Plinio Corrêa de Oliveira. In occasione del genetliaco del prof. Plinio Corrêa de Oliveira (13 dicembre), è stata celebrata una Santa Messa in rito ambrosiano antico nella bellissima chiesa di Santa Maria della Consolazione, di fronte al Castello Sforzesco, a Milano. All’uscita, volontari della TFP hanno distribuito un ricordo del leader cattolico brasiliano. Libro di Aldo Maria Valli. Sala strapiena, tante persone in piedi. Un vero successo la presentazione del libro di Aldo Maria Valli “L’ultima battaglia”, organizzata dalla TFP in collaborazione con la casa editrice Fede & Cultura. Il noto autore, già vaticanista del TG1, ha tracciato un panorama allo stesso tempo tragico e lucido della situazione di Santa Madre Chiesa, finendo con un tono di speranza nella vittoria finale del bene.

L’Europa dopo l’Europa. Organizzato dal Circolo del Regno Lombardo-Veneto, si è tenuto nella sede della Regione Lombardia il convegno “L’Europa dopo l’Europa”. Tra i relatori, Julio Loredo, presidente della TFP italiana, che ha parlato su “Il mistero della Russia”.

Convegno a Portici. Si è tenuto a Portici (NA) il V Incontro nazionale del movimento cattolico Opzione Benedetto, col titolo “La sfida della storia, la risposta dell’eterno”. È intervenuto Juan Miguel Montes, direttore dell’Ufficio TFP di Roma, che ha parlato su “L’anticomunismo e la contro-rivoluzione”. 

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Lo Zar e il Re

o Zar Nicola II di Russia ( a sin.) assomigliava moltissimo al cugino di primo grado Re Giorgio V di Gran Bretagna (a dx.), al punto che si racconta che, per scherzo, si siano scambiati i ruoli più d’una volta. Personalmente, trovo il portamento dello Zar molto interessante, molto diverso da quello del Re. Giorgio V è un inglese, ha qualcosa dell’uomo pratico, sembra un re del commercio. Non è un uomo religioso. La religione anglicana è una religione protestante che, a differenza della Chiesa russa, non possiede i sacramenti. Di conseguenza, gli anglicani non hanno quel calore, quella profondità spirituale dei russi.

di Plinio Corrêa de Oliveira

Lo Zar Nicola II assomiglia fisicamente a Giorgio V, ma c’è un tono di tristezza e di profondità nel suo sguardo. Egli possiede un universo interiore da cui tira fuori la sua sacralità. Quando lo Zar vuole sentire la sua sacralità, non ha bisogno di guardare fuori da sé, gli basta scavare nella propria anima, nei suoi universi interiori, dove serba migliaia di icone e di tradizioni religiose russe. Sempre però con un tono di tristezza. Egli vive in un mondo superiore, quasi esiliato dalla società terrena. Esplora la sua anima e sente tutto il peso del rappresentare una missione sacrale che altri popoli non capiscono, ma che egli capisce e che vorrebbe far capire a tutti. In questo senso, il suo portamento è veramente esemplare! 


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