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Regina linguarum

di HaoyangJiao

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Un cattolico cinese riflette sulla bellezza e l’utilità della lingua latina

HaoyangJiaoèungiovanecattolicocinese,natoaBeijingecresciutonella cosiddetta“ChiesaPatriottica” .OrmaifedeleaRoma,egliviveinIrlanda doveinsegnalingualatina.Eccoalcunesuerifessionisuquellache eglichiama “Regina Linguarum”

AllafinediunlungostudiosullaletteraturalatinadiCicerone,sanJohnHenry Newmanscrissein The Idea Of A University: “Sono assai sicuro di aver guadagnato molto in termini di precisione di pensiero, delicatezza di giudizio e raffinatezza di gusto ” .

Queste parole del venerabile cardinale inglese descrivonoperfettamenteisentimenticheio,cinese, cultoreeinsegnantedilatino,provoneiconfrontidi questa lingua. Leggere in latino è un’esperienza unica. Il latino è di per sé didattico, è una combinazione di matematica e di poesia. Nel latino si possono facilmente osservare due caratteristiche principali:ildominiodellalegge(grandechiarezzaa livellosintatticoesemantico),eunasommaeleganza abbinata alla brevità di espressione (capacità di trasmettereunmessaggioforteconunnumerolimitato diparole).Inpiù,ogniparolapuòesseremodificata per soddisfare le necessità contestuali di tempo, numero, caso, persona e stato d’animo. L’apprendimento del latino è anche divertente. Da esso si può ricavare un senso di consapevolezza linguistica che conduceallaluciditàdellamente.Illatinopuòavere unprofondoimpattosulnostromododipensare.

Come tutti sanno, il latino era la lingua dell’Impero romano, cioè proprio quel contesto in cui laChiesacattolicanacqueesidifusse.Iltestooriginale dell’Antico Testamento è in ebreo, quello del Nuovo Testamento è in greco antico. Ma nel IV secolo san Girolamo tradusse l’intera Bibbia in latino che,insiemealgreco,erala“linguafranca”dell’Impero. Papa Benedetto XVI scrisse nel motu proprio Latina Lingua: “In realtà, sin dalla Pentecoste la Chiesa ha parlato e ha pregato in tutte le lingue degli uomini. Tuttavia, le Comunità cristiane dei primi secoli usarono ampiamente il greco ed il latino, lingue di comunicazione universale del mondo in cui vivevano, grazie alle quali la novità della Parola di Cristo incontrava l’ eredità della cultura ellenisticoromana ” .

Findallesueorigini,ilcristianesimohacontribuito allo sviluppo delle lingue (compreso il latino) prendendo in prestito parole dal latino e infondendovinuovisignificati,eintroducendonuovimodidi

Nel tradurre al cinese i testi sacri del cristianesimo, i missionari usarono alcuni concetti tradizionali cinesi, importandone altri dalla tradizione occidentale Foto sopra: Prospero Intorcetta, S.J., Sapientia sinica, Pechino, 1662, in latino e cinese. Biblioteca centrale della regione siciliana

esprimersi.LaChiesaconservòillatinonellasualiturgia,neidocumentiufficiali,neimonasterienelle università. Nel Medioevo, il latino era una grande forza unificante nell’Europa occidentale. La lingua diinsegnamentonelleuniversitàdituttoilcontinente era proprio il latino. Le lingue europee fecero un grande passo in avanti come conseguenza della traduzione al latino delle Scritture. Molte espressioni entrarononellelingueeuropee.Questospiegaalcune dellesomiglianzetradiesse.

Oggi,il75%deitestilatiniesistentièdiorigine cattolica,l’altro25%comprendeleoperedell’antica RomaediscrittoricomeIsaacNewton.IllatinoèintimamenteintrecciatoconlastoriadellaChiesacattolica.

Il latino esercitò una profonda influenza anche sullalinguacinese,attraversoillavoroditraduzione condotto dai missionari. Durante il processo di traduzionedallatinoalcinese,imissionariinventarono inevitabilmente un nuovo vocabolario per tradurre nella nostra lingua concetti occidentali. Così, non pocheparolequotidianedelcinesemodernosonoin realtà ispirate al latino e hanno quindi le loro radici nellatradizioneoccidentale,grazieallavorodeimissionariediqueistudiosicinesidallamentalitàaperta negli ultimi quattrocento anni, specialmente nella primametàdelsecoloscorso.Sfortunatamenteglieffetti dell’influenza del latino sul cinese sono invisibili,nascostidietroagliideogrammi.

È significativo che uno dei maggiori studiosi della lingua cinese sia stato Ma Xiangbo, sacerdote gesuita del XX secolo che, guarda caso, era insegnantedilatino.Ariprovacheunabuonaconoscenza del latino può anche contribuire positivamente e creativamenteallapropriacultura.

Possiamoquindicapireperchélalingualatinaè considerata la “Regina linguarum ” . Imparare il latino va ben oltre l’acquisizione di un complesso insiemediregolegrammaticaliediunvocabolario.Il latino porta con sé anche una cultura e una tradizione.Senzaalmenounaconoscenzasuperficialedel latinoèdifficileavereunavisionechiaraedirettadei fondamentiultimidimoltecose,peresempioneldiritto,nellafilosofiaenellaletteratura.

Perpoterpensareconunaqualcheprofonditàè importante conoscere almeno il vocabolario e la grammatica di base di questa lingua. Il latino contiene idee secolari, senza le quali non saremmo in gradodicomprenderelamaggiorpartedellecoseche abbiamoimparatoascuola.Illatinoèonnipresentein molte discipline, in molte lingue, in molti luoghi. Non è affatto una lingua morta! Il latino va oltre la storia,trascendelenazioni,èqualcosacheappartiene assolutamentealpresente.Lastessaideadi”modernità”provienedallatino.

Purtroppo,nellamenteditantepersoneoggi,il latinoèuna“linguamorta” ,quindistudiarlasarebbe una perdita di tempo. Meglio studiare qualcosa di utile. Io rispondo con una frase tratta dalla Bibbia: “Lapidem, quem reprobaverunt aedificantes: hic factus est in caput anguli” (La pietra scartata dai costruttorièdivenutatestatad’angolo.Salmo117,22). Ritengo che il latino sia la “pietra scartata” che diventeràpietrad’angolonelfuturo.Forsenonaiutaa faresoldi,cheèciòchemoltepersoneoggivogliono, mastabilisceunostandardumano.

Sempre più persone e organizzazioni si stanno aprendo alla necessità imperativa di riaccendere la fiammadellospiritocattolico,ediristabilirel’identità cattolica autentica e perenne. Per raggiungere questoobiettivo,illatinodeveesserepresosulserio, perchécileganonsoloalpassato,allatradizione,ma ancheaifedelidituttoilmondo.Lalinguanonèmai unaquestionesecondaria.

Il grande papa Benedetto XVI disse: “La Chiesa dovrebbe essere un luogo dove la verità e la bellezza sono di casa ” . Non possiamo essere più d’accordo!Nondobbiamomaichiuderegliocchidi

Padre Matteo Ricci, S.J. (1552-1610), primo traduttore delle Sacre Scritture in lingua cinese, difensore dell’inculturazione

fronteallabellezzachecicirconda:labellezzadella natura,dell’arteedellelingue.Dobbiamosapercontemplare le bellezze della nostra Santa Chiesa Cattolica,dellasuaarchitettura,dellasuamusicasacra, della sua liturgia, della sua lingua. Il latino porta le persone a intravedere una realtà trascendente, invitandole ad andare oltre se stesse. Il latino è una lingua sacra che si staglia in tutta la sua maestà nella Chiesa,invitandociadacquisireunacertamentalità. Perchéquestaindescrivibilebellezzaciportaallaverità.Perciòèsempreunbeneavereunalinguasacra e bella nella preghiera e nella liturgia. E il latino è perfettoperquestoscopo.

Perciò credo che chi butta via questo tesoro dellaChiesastafacendounpassonelladirezionesbagliata,chepuòportareagraviconseguenze.Usaree insegnare il latino è un modo efficace per combattereilpredominiodiunacertaculturapostmoderna, liberale e vuota. Al contrario, è un eccellente modo percostruireunaculturacattolicanobileeattraente. Rinvenire questo tesoro culturale significa stabilire solidebasiperilfuturo.

Regina linguarum laudemus Regem regum.LodiamoilRedeireconlareginadellelingue.

Apropositodelmotuproprio Traditionis custodes

I fedeli hanno pieno diritto di difendersi da un’aggressione liturgica anche quando viene dal Papa

diJoséAntonioUreta

Con un tratto di penna, Papa Francesco ha compiuto passi concreti per abolire nella pratica il rito latino della Santa Messa,sostanzialmenteinvigoredaSanDamasosin dallafinedelIVsecolo(conaggiuntediSanGregorio Magno alla fine del VI secolo), fino al messale del1962promulgatodaPapaGiovanniXXIII.L’intenzione di limitare gradualmente – fino alla sua estinzione–l’ usodiquestoritoimmemorabileèevidente nella lettera che accompagna il Motu Proprio Traditionis Custodes, in cui il pontefice regnante esortaivescovidituttoilmondoa

“ operare perché si torni a una forma celebrativa unitaria ” conimessali dei papi Paolo VI e Giovanni Paolo II che diventano così “l’ unica espressione della lex orandi del Rito Romano ” . La conseguenza pratica è che i sacerdotidiritolatinononhannopiùildirittodicelebrarelamessatradizionale,mapossonofarlosolo conilpermessodelvescovo(edellaSantaSede,per colorochesarannoordinatid’orainpoi).

IlPapahapotereperabrogareunrito?

La domanda ovvia che sorge di fronte a questa misuradrasticaè:haunPapailpoterediabrogareun rito che è stato in vigore nella Chiesa per 1400 anni eicuielementiessenzialiprovengonodaitempiapostolici?Perché,sedaunlatoilVicariodiCristohala plenaria et suprema potestas nelle materie che riguardano«ladisciplinaeilgovernodellaChiesadiffusa nel mondo» [1], come insegna il Concilio Vaticano I, dall’altro, deve rispettare i costumi universalidellaChiesainmaterialiturgica.

Larispostaèdataperentoriamentedal Catechismo della Chiesa Cattolica promulgatodaGiovanni PaoloII,alparagrafo1125: “Nessun rito sacramentale può essere modificato o manipolato a discrezione

“Il papa non è un monarca assoluto la cui volontà è legge, ma piuttosto il custode dell’autentica Tradizione. Non può fare ciò che vuole”

CardinaleJosephRatzinger

“Nessun rito sacramentale può essere modificato o manipolato a discrezione. Neppure la suprema autorità della Chiesa può cambiare la liturgia a suo piacimento”

CatechismodellaChiesaCattolica

del ministro o della comunità. Neppure la suprema autorità della Chiesa può cambiare la liturgia a suo piacimento, ma solo nell’ obbedienza alla fede e nel religioso rispetto del mistero della liturgia ” .

Commentando questo testo, l’allora cardinale Joseph Ratzinger scriveva: “Mi sembra molto importante che il Catechismo, nel menzionare i limiti del potere della suprema autorità della Chiesa circa la riforma, richiami alla mente quale sia l’ essenza del primato, così come viene sottolineato dai Concili Vaticani I e II: il papa non è un monarca assoluto la cui volontà è legge, ma piuttosto il custode dell’ autentica Tradizione e perciò il primo garante dell’ obbedienza. Non può fare ciò che vuole, e proprio per questo può opporsi a coloro che intendono fare ciò che vogliono. La legge cui deve attenersi non è l’ agire ad libitum, ma l’ obbedienza alla fede. Per cui, nei confronti della liturgia, ha il compito di un giardiniere e non di un tecnico che costruisce macchine nuove e butta quelle vecchie. Il ‘ rito ’ , ovvero la forma di celebrazione e di preghiera che matura nella fede e nella vita della Chiesa, è forma condensata della Tradizione vivente, nella quale la sfera del rito esprime l’insieme della sua fede e della sua preghiera, rendendo così sperimentabile, allo stesso tempo, la comunione tra le generazioni, la comunione con coloro che pregano prima di noi e dopo di noi. Così il rito è come un dono fatto alla Chiesa, una forma vivente di parádosis ” . [2][Terminegreco usato tredici volte nella Bibbia e tradotto per tradizionecomeistruzione,trasmissione.]

Mons. Klaus Gamber, che lo stesso cardinale Joseph Ratzinger considerava uno dei più grandi liturgisti del Novecento, sviluppa questo pensiero nella sua opera La riforma della Liturgia Romana. Egli parte dalla constatazione che i riti della Chiesa Cattolica, intendendo l’espressione nel senso di forme obbligatorie di culto, risalgono definitivamenteaNostroSignoreGesùCristo,masisonovia via sviluppate e differenziate dall’ usanza generale, venendopoicorroboratedall’autoritàecclesiastica.

Daquestarealtà,l’illustreliturgistatedescotrae leseguenticonclusioni:

1.

“Se il rito è nato per consuetudine generale – e su questo non c ’è dubbio per chi conosce la storia della liturgia – non può essere ricreato nella sua interezza ” .Nemmenoall’iniziodellaChiesaciòavvenne, poiché “ anche le forme liturgiche delle giovani comunità cristiane si separarono progressivamente dal rito ebraico ” .

2.

“Così come il rito si è sviluppato nel tempo, potrà continuare a farlo anche in futuro. Ma questo sviluppo deve tener conto dell’ atemporalità di ogni rito e svolgerlo in modo organico (...) senza rompere con la tradizione e senza un intervento dirigista delle autorità ecclesiastiche. Queste non avevano altra preoccupazione nei Concili plenari o provinciali che quella di evitare irregolarità nell’ esercizio del rito ” .

3.

“Ci sono diversi riti indipendenti nella Chiesa. In Occidente, oltre al rito romano, sono presenti i riti gallicano (ora scomparso), ambrosiano e mozarabico; in Oriente, tra gli altri, il rito bizantino, armeno, siriaco e copto. Ciascuno di questi riti ha attraversato un ’ evoluzione autonoma, nel corso delle quali si sono formate le loro particolarità specifiche. Ecco perché, semplicemente, elementi di questi diversi riti non possono essere scambiati tra loro ” .

4.

“Ogni rito costituisce un ’ unità omogenea. Pertanto, la modifica di una qualsiasi delle sue componenti essenziali significa la distruzione dell’intero rito. È esattamente quello che accade per la prima

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