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Motuproprio Traditionis custodes.Ildirittodiresistere

volta ai tempi della Riforma, quando Martin Lutero fece scomparire il canone della messa e collegò direttamente il racconto dell’Istituzione con la distribuzione della comunione

5.

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“Il ritorno alle forme primitive non significa, in casi isolati, che il rito sia stato modificato, ed infatti questo ritorno è possibile entro certi limiti. In questo modo, non vi fu rottura con il rito romano tradizionale, quando papa san Pio X ristabilì il canto gregoriano nella sua forma originaria ” . [3]

Il Novus Ordo del1969

L’illustre fondatore dell’Istituto Teologico di Ratisbonaproseguecommentandoche “ mentre la revisione del 1965 aveva lasciato intatto il rito tradizionale (...) con l’ ordo del 1969 si creò un nuovo rito ” , che egli chiama ritus modernus, poiché “ non basta, per parlare di continuità del rito romano, che nel nuovo messale si siano conservate alcune parti del precedente ” .

Per dimostrarlo, da un punto di vista strettamente liturgico, basti citare quanto sinteticamente dettoapropositodalprof.RobertodeMatteisuquestaveradevastazioneliturgica:

Durante la Riforma furono via via introdotte tuttaunaseriedinovitàevarianti,alcunedellequali non previste né dal Concilio né dalla costituzione Missale Romanum diPaoloVI.Il quid novum nonsi limitaasostituireillatinoconlelinguevolgari.Consiste anche nel desiderio di concepire l’altare come una ‘tavola’ , per sottolineare l’aspetto di banchetto piuttostochedisacrificio;nellacelebratio versus populum, sostituito al versus Deum, con conseguente abbandonodellacelebrazione ad Oriente,cioèverso Cristosimboleggiatodalsolenascente;nell’assenza di silenzio e di meditazione durante la cerimonia e nella teatralità della celebrazione spesso accompagnatadacantichetendonoaprofanareunaMessain cui il sacerdote è spesso ridotto al ruolo di ‘presidente dell’assemblea’; nell’ipertrofia della liturgia della parola rispetto alla liturgia eucaristica; nel ‘segno’dellapacechesostituiscelegenuflessionidel sacerdote e dei fedeli, come azione simbolica del passaggio dalla dimensione verticale a quella orizzontaledell’azioneliturgica;nellaS.Comunionericevuta dai fedeli in piedi e in mano; nell’accesso delle donne all’altare; nella concelebrazione, tendendo alla ‘collettivizzazione’ del rito. Consiste soprattutto e infine nel cambiare e sostituire le preghiere dell’Offertorio e del Canone. L’eliminazioneinparticolaredelleparole mysterium fidei dalla formulaeucaristicapuòessereconsiderata,comeosservailcardinaleStickler,unsimbolodellademistificazione e, quindi, dell’ umanizzazione del nucleo centraledellaSantaMessa[4].

La più grande rivoluzione liturgica è avvenuta proprio nell’Offertorio e nel Canone. Il tradizionale Offertorio, che preparava e prefigurava l’immolazioneincruentadellaConsacrazione,fusostituitodal Beràkhôth del Kiddush, cioè le benedizioni della cena pasquale degli ebrei. Padre Pierre Jounel, del Centro Pastorale Liturgico e dell’Istituto Superiore diLiturgiadiParigi,unodegliespertidelConsilium che preparò la riforma liturgica, descrisse al quoti-

“Nei fatti, [il Novus Ordo] è un’altra liturgia della Messa. Bisogna dirlo senza mezzi termini: il rito romano, così come noi lo conoscevamo, non esiste più, è stato distrutto”

P.JosephGelinau,S.J., membrodellaCommissioneche haredattoil Novus Ordo Missae

“Non c’è un solo documento, nemmeno il CodexIuriscanonici, che affermi espressamente che il Papa, come supremo Pastore della Chiesa, abbia il diritto di abolire il rito tradizionale”

Mons.KlausGamber

diano La Croix l’elemento fondamentale della riformadellaliturgiadell’Eucaristia: “La creazione di tre nuove preghiere eucaristiche, quando finora ne esisteva solo una, la Preghiera Eucaristica I, fissata nel Canone Romano fin dal IV secolo. La Seconda è stata tratta dalla Preghiera Eucaristica di [S.] Ippolito (III sec.) ritrovata in una versione etiope alla fine del XIX secolo. La Terza si ispira allo schema delle liturgie orientali. La Quarta è stata preparata in una notte da una piccola équipe attorno a P. Gelineau ” [5].

Il già citato P. Joseph Gelineau, SJ, non sbagliava quando, nel salutare con entusiasmo la riforma,dichiarava: “Nei fatti, è un ’ altra liturgia della Messa. Bisogna dirlo senza mezzi termini: il rito romano, così come noi lo conoscevamo, non esiste più, è stato distrutto ” [6].

Come può, dunque, papa Francesco affermare nella sua recente lettera ai vescovi che “ chi volesse celebrare con devozione secondo l’ antecedente forma liturgica non stenterà a trovare nel Messale Romano riformato secondo la mente del Concilio Vaticano II tutti gli elementi del Rito Romano, in particolare il canone romano, che costituisce uno degli elementi più caratterizzanti”? Sembra un’ironia amaracomeiltitolodelMotuProprio:Custodidella Tradizione...

Nonsipuòvietareilritotradizionale

Se il Novus Ordo Missae non è una mera riforma e implica una tale rottura con il rito tradizionale,lacelebrazionediquest’ ultimononpuòessere vietata, perché, come ribadisce mons. Klaus Gamber,

“ non c ’è un solo documento, nemmeno il Codex Iuris canonici, che affermi espressamente che il Papa, come supremo Pastore della Chiesa, abbia il diritto di abolire il rito tradizionale. Né si dice da nessuna parte che abbia il diritto di modificare le consuetudini liturgiche particolari. Nel caso di specie, questo silenzio è di grande significato. I limiti della plena et suprema potestas del Papa sono stati chiaramente determinati. È indiscutibile che, per le questioni dogmatiche, il Papa debba attenersi alla tradizione della Chiesa universale e quindi, secondo san Vincenzo de Lérins, a quanto si è sempre creduto, ovunque e da tutti (quodsemper,quodubique,quod ab omnibus). Diversi autori sottolineano espressamente che, di conseguenza, non spetta al potere discrezionale del Papa abolire il rito tradizionale

Inoltre, se lo facesse, rischierebbe di separarsi dalla Chiesa. Mons. Gamber scrive, infatti, che “il celebre teologo Suarez (+ 1617), riferendosi ad autori più antichi come il Caetano (+ 1534), ritiene che il Papa sarebbe scismatico se non volesse, come è suo dovere, mantenere l’ unità e il legame con tutto il corpo della Chiesa come, per esempio, se scomunicasse tutta la Chiesa o se volesse modificare tutti i riti confermati dalla tradizione apostolica ” .

Fuprobabilmenteperevitarequestorischioche ottodeinovecardinalidellaCommissionenominata da Giovanni Paolo II nel 1986, per studiare l’applicazione dell’Indulto del 1984, dichiararono che Paolo VI in realtà non aveva proibito la Messa antica. Inoltre, alla domanda: “Può un vescovo oggi proibire a un sacerdote in situazione regolare di celebrare una messa tridentina?” ,secondoilcardinale Stickler, “i nove cardinali furono unanimi nel dire che nessun vescovo aveva il diritto di vietare a un sacerdote cattolico di celebrare la messa tridentina. Non c ’è nessun divieto ufficiale, e io non credo che il Papa emetterà alcun divieto ufficiale ” [7].

Papa Francesco, però, nel Motu Proprio Traditionis Custodes, ha di fatto autorizzato i vescovi a vietarequestacelebrazione.TantochelaConferenza Episcopale del Costa Rica si è affrettata a decretare collegialmenteche “ non è autorizzato l’ uso del Missale Romanum del 1962 né di alcuna delle espressioni della liturgia anteriori al 1970” , così che “ nessun sacerdote è autorizzato nel continuare a celebrare secondo l’ antica liturgia ” [8].

Undirittodiresistenza

Per tutto quanto scritto sopra, sottoscriviamo pienamente le conclusioni tratte da padre Francisco

“Per diritto naturale è lecito rifiutare la violenza mediante la violenza. Ora, con tali ordini e dispense, il Papa fa violenza, perché agisce contro la Legge, come sopra dimostrato. Pertanto, è lecito resistergli”

FranciscodeVitoria,O.P.

José Delgado: “Penso che la cosa più intelligente adesso da fare sia, in modo calmo e pacifico, difendere la verità dalle leggi perverse. Il Papa non può cambiare la Tradizione per decreto o dire che la liturgia post-Vaticano II è l’ unica espressione della lex orandi nel Rito Romano. Essendo questo falso, la legislazione che scaturisce da questo principio è invalida e, secondo la morale cattolica, non deve essere osservata, il che non implica cadere nella disobbedienza ” .

Nonènecessarioavereunaconoscenzaspecialisticainecclesiologiapercapirechel’autoritàel’infallibilitàdeipapihannodeilimitiecheildoveredi obbedienzanonèassoluto.Sononumerosiitrattatisti di altissima caratura che riconoscono esplicitamente la legittimità della resistenza pubblica a decisioni o insegnamenti errati dei pastori, inclusi a quelli del Sommo Pontefice. Costoro sono stati ampiamentecitatinellostudiodiArnaldoXavierdaSilveira intitolato Resistenza pubblica alle decisioni dell’ autorità ecclesiastica pubblicato sulla rivista Catolicismo nell’agostodel1969.

Nelcasospecifico,èlecitononsolononosservare il Motu Proprio di Papa Francesco, ma anche resistereallasuaapplicazione,secondoilmodelloinsegnatodaSanPaolo(Gal2,11).Nonsitrattadimettereindiscussionel’autoritàpontificia,versolaquale devecrescereilnostroamoreelanostravenerazione. ÈquestostessoamoreperilPapatochedeveportarci alla denuncia di Traditionis Custodes, che intende eliminareinmododittatorialeilritopiùanticoevenerabiledelcultocattolico,acuituttiifedelihanno ildirittodidissetarsi.

“Con questo atto filiale diciamo al Pastore dei Pastori: la nostra anima è Vostra, la nostra vita è Vostra. Ordinateci ciò che desiderate. Solo non comandateci di incrociare le braccia di fronte al lupo rosso che attacca. A questo si oppone la nostra coscienza”

PlinioCorrêadeOliveira

Comedicel’insigneteologoFranciscodeVitoria: “Per diritto naturale è lecito rifiutare la violenza mediante la violenza. Ora, con tali ordini e dispense, il Papa fa violenza, perché agisce contro la Legge, come sopra dimostrato. Pertanto, è lecito resistergli. Come osserva il Caetano, non affermiamo tutto questo nel senso che spetta a qualcuno essere giudice del Papa o avere autorità su di lui, ma nel senso che è lecito difendersi. Ognuno, infatti, ha il diritto di resistere a un atto ingiusto, di cercare di prevenirlo e di difendersi” [9].

Ilmodellodifermaresistenza,maintrisadivenerazione e rispetto per il Sommo Pontefice, sulla quale i cattolici possono oggi basare la propria reazioneèladichiarazionediresistenzaall’ostpolitikdi PapaPaoloVIscrittadalcompiantoprof.PlinioCorrêadeOliveiraedaltitolo “La politica di distensione vaticana verso i governi comunisti - Per la TFP: cessare la lotta o resistere?” ,che,nelsuoparagrafocruciale,diceva:

“Il vincolo di ubbidienza al Successore di Pietro, che mai romperemo, che amiamo dal più profondo della nostra anima, al quale tributiamo il meglio del nostro amore, questo vincolo noi lo baciamo nel momento in cui, macerati dal dolore, affermiamo la nostra posizione. E in ginocchio, fissando con venerazione la figura di S.S. Papa Paolo VI, noi gli manifestiamo tutta la nostra fedeltà.

“Con questo atto filiale diciamo al Pastore dei Pastori: la nostra anima è Vostra, la nostra vita è Vostra. Ordinateci ciò che desiderate. Solo non comandateci di incrociare le braccia di fronte al lupo rosso che attacca. A questo si oppone la nostra coscienza ” .[10]

[1]Cfr.Denz. -Rahner1827. [2] “Lo sviluppo organico della liturgia” , 30 Giorni, http://www.30giorni.it/articoli _ id _ 6275 _ l1.htm [3] http://www.obrascatolicas.com/livros/Liturgia/A _ reforma _ da _ liturgia _ romana __ .pdf.Altrecitazionidimons.Gamberintutto l'articolo,sonotrattedaquestolavoro. [4] “Considérations sur la réforme liturgique ” ,testolettoinoccasionedelCongressoLiturgicodiFontgombault,22-24luglio2001, allapresenzadelCardinaleJosephRatzinger. [5]Cfr.LaCroix,28aprile1999,p.19. [6] Demain la liturgie — Essai sur l’évolution des assemblées chrétiennes, Cerf, 1979, in Cristophe Geoffroy et Philippe Maxence, Enquête sur la mese traditionnelle, La Nef hors série n°6,pp.5152. [7] Queste dichiarazioni del cardinale Stickler apparvero per la primavoltasullarivistaamericana The Latin Mass eriprodottedalla rivistafrancese La Nef,nelnumero53delsettembre1995. [8]https://www.facebook.com/16994947640064posts/4383320898396791/ [9] Obras de Francisco de Vitoria,p.487. [10] https://www.atfp.it/biblioteca/documenti-delle-tfp/698-lapolitica-di-distensione-vaticana-verso-i-governi-comunisti.

Dossier Lepanto

Lepanto: la più grande giornata che videro i secoli

Nel1571laCristianitàmedievalenonc’erapiù.Corrosadallospiritoumanista erinascimentale,spaccatadalloscismaluterano,indebolitadallepolitichemachiavelliche,inbalìaaigodimentisensualichelanascentemodernitàoffriva, l’Europa sembrava un frutto marcio pronto a cadere nelle mani di un popolo guerriero e credente, anche se nell’errore: l’Impero Ottomano. Nessuno parlava più di crociata. Le stesse guerre di contenimento del nemico musulmano, per esempio nell’Adriatico, eranodettatepiùdamotivipoliticiestrategicichereligiosi. “Lacavalleriamedievaleèmorta!” , proclamavanogliumanisti.

Eppure,nel1571qualcosarisuonònelpiùprofondodell’animaeuropea.Unventodicrociata soffiò impetuoso. Papa San Pio V lanciò un nuovo appello Deus vult! Se ne fecero eco alcuni principi cristiani, in primis Filippo II di Spagna, allora signore anche di parte dell’Italia. Dettaglio importante poiché, in realtà, una parte dei combattenti nella flotta “spagnola” erano siciliani e napoletani, senza dimenticare la flotta calabrese agli ordini del principe GaspareToraldodiTropea.

E fu “la più grande giornata che videro i secoli” , nelle parole dello scrittore Miguel de Cervantes,chevipreseparte,perdendoperfinounamano.Motivoperilqualeèchiamato“il moncodiLepanto” .Allafinedellagiornata,controogniprevisione,icristianiavevanoriportato una vittoria così schiacciante che fermò definitivamente l’avanzata marittima dei turchi. Nonmancòchiintravedesseunarinascitadell’anticospiritodicavalleria.

Labattaglia,pienadimiracoliedifattiprodigiosi,sicombattésottolaprotezionediMaria Ausiliatrice.PapaSanPioVvidemisticamentel’esitodelloscontromentresitrovavainVaticano,eaggiunsel’invocazione “Auxilium Christianorum ” allaLitanialauretana.Lepantofu un trionfo di Maria. E questo fu riconosciuto da tutti. Nella Sala del Consiglio, nel Palazzo ducale di Venezia, si può ammirare un immenso dipinto della battaglia con sopra le parole: “Non virtus, non arma non duces sed Maria Rosarii victores nos fecit” -Nonilvalore,nonle arminonicondottieri,bensìMariadelRosariocihadatolavittoria.

Nel commemorare i 450 anni della battaglia, preghiamo a Maria Santissima che faccia soffiareunnuovoventodicrociataperchépossiamocombattereinemiciodiernidellaChiesa edellaCiviltàcristiana,millevoltepeggioriepiùinsidiosideimusulmaniturchidiallora.

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