Mensile - 26 Gennaio 2010 - Anno 1 - Nr. 4
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Simone Cristicchi Viaggi
Zanzibar Musica
Parla Manuel degli Stardog Salute Sgonfiarsi con le erbe
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Editoriale
centri commerciali. Anche se non è vero e lo sappiamo benissimo. Perché la colpa, senza virgolette e senza attenuanti, alla fine è nostra. Siamo noi che usiamo gli shopper per riempirli di roba quando ne abbiamo bisogno e che poi molliamo dove ci capita. Anche in mare. E così è successo anche che alcuni delfini, sempre attorno allo scorso Natale, confondendo i sacchetti di plastica con i calamaretti li abbiano mangiati e ne siamo stati soffocati. E allora sarebbe bello riuscire a mettere insieme questi due fatti apparentemente lontani da loro. Come? Semplice. Tutti i centri commerciali hanno un enorme consumo di energia elettrica, per far funzionare le luci, le insegne, i frigoriferi, ma hanno anche dei grandi tetti. E allora sarebbe bello che, proprio partendo dai tanti supermercati e centri commerciali che circondano Monza, partisse una piccola rivoluzione: che su quei tetti vengano posti degli impianti fotovoltaici o quelle grandi eliche che trasformano l’energia solare o quella del vento in corrente elettrica. Con un doppio vantaggio: risparmierebbero energia e darebbero il buon esempio ai propri clienti. Del resto molti di questi centri commerciali, proprio per dimostrare la loro voglia di fare qualcosa per migliorare il mondo, hanno cominciato a utilizzare carta riciclata per i loro depliant pubblicitari e shopper biodegradabili. I due fatti, allora, si potrebbero mettere insieme? Non me ne intendo abbastanza per dire se questa piccola rivoluzione è anche economicamente sostenibile, ma certo avrebbe un grande impatto sull’opinione pubblica. E quindi perché non sperare che parta proprio da casa nostra, da Monza, circondata da ogni lato di centri commerciali, questa piccola rivoluzione?
Al supermercato dell’ecologia del direttore Alfredo Rossi
Fondatrici Marta Migliardi, Adriana Colombo, Elena Gorla Direttore Alfredo Rossi Redazione Marta, Elena, Adriana, Gabry, Claudio, Fabio, Guido, Costa, Niccolò Progetto grafico Alessandro Maianti Si ringraziano per questo numero Corrado Beretta, Luca Lissoni e Roberto Rampi, Tambourine di Seregno, Milena Tridico, Matteo Riva, Fabio Novara Per contattarci direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Per la pubblicità amministrazione@trantran.net
Foto di copertina Laghetto intorno (parco di Monza). Foto di Sergio Necchi
Due fatti che apparentemente sembrano molto distanti fra loro. Il primo. Pochi giorni prima dello scorso Natale, a Copenhagen, si è tenuta la conferenza mondiale sul clima. Tutti i potenti della terra si sono riuniti per cercare di trovare un’intesa per sfruttare meno le risorse della terra, partendo dal fatto che l’uso indiscriminato di un certo tipo di energia impatta, negativamente e drammaticamente, con la vita del pianeta. I risultati di questa conferenza, come si sa, in realtà sono stati poco più che nulli: alla fine i potenti della terra si sono detti che il problema c’è, ma siccome trovare un accordo è difficile, se ne riparlerà un’altra volta. E intanto il nostro vecchio mondo si degrada sempre di più, le stagioni non sono più quelle di una volta, i ghiacci si sciolgono e la qualità dell’aria è sempre peggio. Il secondo fatto. Monza è una città che, da sud a nord, da est a ovest, è circondata dai supermercati e dai centri commerciali. Ce n’è di tutte le marche, di tutte le forme e di tutte le grandezze. Una cosa è certa: la forma più visibile di inquinamento è rappresentata dai sacchetti di plastica, quelli che gli inglesi chiamano shopper. Se ne vedono in giro in ogni angolo e ognuno di loro è un potenziale nemico della terra e dei suoi equilibri, perché non si degrada, perché la materia prima che si utilizza per produrlo è il petrolio. In un certo senso si può dire che la “colpa” per questo tipo di inquinamento sia proprio dei supermercati e dei
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Sommario
Anno I numero 4 - 26 Gennaio 2010 Distribuzione gratuita - Editore: Trantran Editore S.r.l. Viale Cesare Battisti 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Stampa: Ciemme SpA Cinisello Balsamo (MI)
Editoriale - Al supermercato dell’ecologia Dalla Provincia Clochart - Intervista agli Stardog Altrove - Zanzibar Bis! - Simone Cristicchi Bis! /2 - Snobismo brianzolo? Verdissimo - La tisana sgonfiante NonsoloMonza - Vimercate I segreti dello chef - Fagottino integrale Bacheca Brigantia - Consonno Reality Raccontiamoci - Luci nella notte Raccontiamoci /2 - Correre e basta L’angolo del pendolare In cuccia - Potrò venire con te? Di tutto un po’ - Texas Hold’em Dal Comune Le sciure
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Dalla Provincia...
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ostruire una Provincia nuova è una sfida entusiasmante e al tempo stesso molto impegnativa. Le aspettative dei cittadini e delle istituzioni, infatti, sono state prima - e sono ancora oggi – altissime. Da parte nostra ce l’abbiamo messa tutta, in questi primi mesi di lavoro, per dimostrare quanto una Provincia vicina sia capace di “fare la differenza” nel quotidiano e non solo. ggi, nel 2010, abbiamo a disposizione per la prima volta risorse certe su cui contare: un bilancio, personale, sedi, progetti ad hoc. Sono tutti ‘traguardi di autonomia’ che ci siamo conquistati a fatica, passo dopo passo, ma che per la prima volta nella storia sono a servizio esclusivo della Brianza. la Brianza - terra di intraprendenza, di cultura del lavoro, di tenacia – se la merita davvero una Provincia tutta per sé, in grado di accompagnare la crescita e lo sviluppo del territorio senza lasciare indietro nessuno. E’ stato proprio questo il filo conduttore che ha accompagnato il lavoro della mia Giunta sin dal primo giorno, quando i colpi della crisi economica si sono fatti sentire
forti anche qui e hanno richiesto un paziente gioco di squadra per mantenere alta la competitività delle imprese. E’ stato uno dei banchi di prova più difficili per la nostra Provincia neonata, che è scesa in campo senza se e senza ma, pronta a fare la sua parte: abbiamo applicato tutti gli strumenti a disposizione ricevendo oltre 500 richieste di cassa integrazione in deroga e concedendo circa 1.200.000 ore! entre contiamo sui segnali di ripresa che giungono da più parti per un 2010 all’insegna della fiducia e della “ripartenza”, assicuro che la nuova Provincia continuerà a lavorare al fianco dei Comuni, delle Associazioni e di tutti coloro che contribuiscono alla crescita del nostro territorio. avoreremo sodo sul fronte dell’edilizia scolastica, della viabilità, dell’ambiente e delle energie rinnovabili per fornire servizi efficienti e moderni in grado di rispondere alle attese, anche a quelle più ambiziose. Buon 2010!
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Dario Allevi Presidente
Dario Allevi, il Presidente della Provincia
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L’Associazione Tennis Concorezzo e’ in via Libertà, 1 a Concorezzo (MI). Per informazioni potete chiamare il numero 039-6040594 (fax 039-6886938 oppure 039-6907029) ai seguenti orari: dal lunedi al venerdi dalle ore 9 alle ore 23, il sabato e la domenica dalle ore 9 alle ore 19. In alternativa scriveteci all’indirizzo email info@associazionetennisconcorezzo.it. Il Maestro Federale Pier Andrea Migliardi organizza corsi collettivi per adulti e ragazzi, lezioni individuali e video analisi. Possibilità di utilizzare moderne apparecchiature, macchina lancia palle e radar per misurare la velocità.
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Clochart
interviste a volti noti in giro per la Brianza
Stardog: conversazioni moderne vestite demodè È bene dirlo, questa non è un’intervista come le altre, è piuttosto una chiacchierata tra due amici quali io e Manuel siamo, due amici che si incontrano dopo aver collaborato dando voce insieme, in diversi modi e proporzioni, a un’idea romantica e forse ormai anacronistica della città di Milano: lui con un cd, Oltre le nevi di piazza Vetra, lavoro suo e del suo gruppo, gli Stardog, io con una breve prefazione che, dall’interno dell’album stesso, ha provato a raccontarne le origini, l’ideologia. Ci incontriamo ovviamente a Milano, alle colonne di San Lorenzo, in una limpida mattina invernale di freddo pungente e cielo terso seguita, il non-caso ha voluto, a una notte di nevicate su tutta la Lombardia e ci dirigiamo in un bar vecchio stile proprio a pochi passi da piazza Vetra per iniziare, a distanza di quasi tre mesi dall’uscita dell’album per l’etichetta monzese Discipline, la nostra chiacchierata
Stardog
Le date dei concerti 30 gennaio - Neverland Inverno Castello Colleoni - Solza (BG) 6 Febbraio - MiaMi invernale Festival di Rockit.it C. S. Leoncavallo (MI) 11 febbraio - Agorà Polaresco Bergamo 19 febbraio - Fahrenheit 451 Padova 25 febbraio - Circolo delle Arti Como Manuel, rieccoci qua, permettimi di iniziare parlando un po’ di questa Milano, città che abbiamo insieme romanzato spesso, nei nostri discorsi e poi nel lavorare al disco, città in cui né tu né io viviamo, in realtà, ma alla quale siamo entrambi legatissimi anche e forse soprattutto per suggestione e romanticismo. Molte volte abbiamo parlato della nostra meraviglia nel passeggiare per queste vie, tra questi palazzi, è vero, non sempre
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antichi, maestosi e canonicamente monumentali, ma non per questo meno affascinanti, scorci ricchi di storia metropolitana, la storia della Milano della mala o dell’opulenza borghese e decadente degli anni ‘70-’80: mi viene da pensare, per restare in tema e quindi in zona, ai palazzi dall’estetica assai discutibile che si trovano dietro al Parco delle basiliche, io li trovo interessanti, a volte persino ci immagino dentro Jannacci a suonare, ci ambiento scene del passato, molto cemento capace di risvegliare malinconie, fantasie.. quelle stesse che poi si ritrovano tra le note e tra le righe dei testi di Oltre le nevi di piazza Vetra. Anzitutto ti dico che sì, è vero, siamo innegabilmente legati alle suggestioni che questa città ci offre ma in fondo, se ci penso, credo sia così anche per chi ci vive, quello che sperimenti di fatto nella tua vita, è una tua visione suggestionata e personale della città, anche chi ci risiede credo che alla fine faccia così, questo perchè nel quotidiano vive i mezzi dell’ATM, io che non ci abito, invece, facendo da tempo il dj, la frequento nelle mie ore preferite, le ore notturne, quelle in cui paradossalmente il milanese che ci lavora e ci dorme, la vive molto meno. Milano per me è un vagheggiare, è un’istigatrice di pensieri, io, escludendo appunto il lavoro, vengo qua per pensare. La fascinazione estetica di Milano per me è totale, per questo la reputo forse la città più bella d’Italia, siamo d’accordo nel non parlare di monumenti, di quantità, di canoni, parliamo più di un’antica vitalità, di profumi, sensazioni; è un peccato che i milanesi negli ultimi vent’anni non siano stati in grado di appropriarsi, nell’aggregazione quotidiana, anche di alcuni luoghi, come quelli che tu puoi aver citato, non classicamente belli: i cittadini non sono insomma stati capaci di attuare quella sorta di adattamento europeo che è, ad esempio, tipicamente berlinese, quella capacità di far proprio un luogo, di renderlo sempre vitale a prescindere dalle sue condizioni estetiche. Ai miei occhi Milano resta bellissima suggestione continua, vitale ispirazione creativa. Nel disco la città è protagonista proprio in questa veste, è presente in ogni pezzo, nonostante sia citata esplicitamente solo in Tridimensionale, in cui mi riferisco alle albe nella bella stagione, quando tornando a
di Giulia Cavaliere
casa dopo il lavoro, vedendo il cielo chiaro, mi trovo di frequente a vivere la brutta sensazione di aver già vissuto troppo, di aver già superato senza accorgermene, una porzione di giornata e quindi di essermi perso qualcosa. Queste suggestioni milanesi sono arrivate a poco a poco, ricordo, perchè questo disco ha una storia abbastanza travagliata, come anche la tua esperienza di musicsta, di autore, e quindi la storia della band. Non è questo il primo vostro lavoro, anzi, scrivi e suoni da molto ma di fatto, questo disco, lo consideri il primo, il primo vero tuo album anche un po’ per un discorso, mi dicevi, di consapevolezza acquisita di quello che vuoi fare, della musica che vuoi scrivere e suonare. Ti va di raccontare? Sì, certo. Quando ho iniziato a fare le mie cose, parliamo del 2003/2004 andavo in giro per comodità chitarra e voce, facevo il cantautore alla Dylan, scrivevo in inglese e poi anche con la band, quando ho cominciato ad averne una, abbiamo sempre scritto in inglese e non mi interessava affatto l’idea di scrivere in italiano, poi ho capito che anche per acquisire sicurezza sul palco non potevo fare il cantautore folk tutta la vita, non lo sentivo più mio, quel modo, percepivo che non aveva senso, che non andavo da nessuna parte. Arrivato a quel punto ho provato a iniziare a scrivere in italiano anche perchè mi sentivo in una bolla, ascoltavo cose italiane, i Marlene Kuntz ad esempio, che ho sempre stimato, ma scrivevo in inglese e mi iniziava a sembrare illogico. Abbiamo pubblicato alcuni demo, vinto un premio al MEI e ormai mi sentivo più consapevole, potevo fare qualcosa che davvero volevo, di cui mi sentivo capace a prescindere dai risultati, si sa, a volte peggiori altre migliori. Abbiamo lavorato a L’Aleph, un disco che possiamo definire come l’embrione effettivo di quello che sarebbe poi stato Oltre le nevi..., con pezzi in scaletta che qua nel disco non ci sono poi stati. L’album interessava alla Warner, grande etichetta rivelatasi poi solo capace di farci perdere tempo: prima ci dicevano che c’era il Festivalbar, poi che c’era Sanremo e poi noi, che aspettavamo una risposta, non li abbiamo più sentiti. Ci hanno tenuto sulle spine un anno e poi non se n’è fatto niente, tutto si è sgonfiato nel
Gli Stardog, foto di repertorio silenzio e così si era anche un po’ spenta l’enfasi che esiste quando hai lavorato a qualcosa che è pronto a essere pubblicato ma che di fatto rimane fermo. A questo è seguita una crisi, il disco ha smesso, per me che lo avevo scritto, di essere del tutto attuale, è seguita una fase critica e di blocco creativo non indifferente risoltasi poi con l’incontro con Luca Urbani che stava in quel momento cercando di dare nuovi impulsi, insieme a Garbo, all’etichetta Discipline; avendo noi ormai stretto un certo tipo di amicizia, è venuto naturale, sia per lui sia per me, pensare di pubblicare questo lavoro, sistemando alcuni pezzi, riarrangiandoli e aggiungendone altri. A quel punto il disco non è stato più L’Aleph e ha cominciato a diventare qualcos’altro,
poi chiamato con questo nome più consono alle suggestioni finali del nuovo lavoro. E l’incontro con Luca Urbani? Lo conoscevi già? Com’è andata? Io sapevo chi era anche perchè ovviamente conoscevo i Soerba sin dagli esordi, inoltre ho sempre registrato a Monza o ad Arcore (ridiamo ndr.). A Monza c’è Frequenze, una sorta di laboratorio in una zona industriale dove c’è Flu on, la casa-laboratorio di Andy (Bluvertigo) e appunto lo studio Frequenze di Luca. Quando registravamo L’Aleph abbiamo cominciato a diventare amici, poi, quando lui mi ha detto che stava cercando di dare nuova linfa alla Discipline è stato piuttosto naturale per tutti e due pensare alla pubblicazione degli Stardog.
Ma tu la frequenti Monza? da brianzolo quale sei, perchè se non erro sei di Merate, che rapporto hai e hai avuto con la città, anche rispetto alla scena musicale vivissima dei ‘90? Sì, io vivo a Merate e ho sempre gravitato sulla zona di Vimercate e dell’attuale provincia di Monza e Brianza. A Monza tutta questa vitalità musicale era strana, seminascosta a dire il vero, c’era, sì, ma internet non c’era per cui le cose si sapevano ma non si sapevano, io vedevo i cartelloni dei live dei Soerba, dei Bluvertigo, dei Retroscena (gruppo precedente ai Soerba ndr.) nel negozio di dischi dove andavo. Monza, oltre alla vivissima scena che faceva innegabilmente capo a Morgan, aveva questi locali dove musicisti famosi
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interviste a volti noti in giro per la Brianza
Manuel Lieta, voce degli Stardog su una panchina di piazza Vetra. Foto di Giulia Cavaliere andavano a fare dimostrazioni di basso e batteria, era un periodo felice, la città era, da questo punto di vista, un’oasi negli anni ‘90. In questi locali ci ha suonato anche uno famosissimo e popolarissimo come Eros Ramazzotti e con lui molti altri musicisti e cantanti famosi. Ora purtroppo tutto questo non c’è più e la città è un po’ morta a livello di vitalità artistica. Monza è bella, ha scorci bellissimi ma ha sempre sofferto un po’ di un ovvio complesso di inferiorità nel confronti di Milano, ci sono pochi locali, la città sta morendo ed è un vero peccato perchè io credo abbia un potenziale non sfruttato, anche la Villa, il parco, sono luoghi bellissimi ma andrebbero sfruttati meglio, andrebbero organizzate più cose, andrebbe risvegliata un po’. Mi viene da dire che è una città con un grande avvenire dietro le spalle. Tutti ti domanderanno cosa stai ascoltando, che giovani musicisti o
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tuoi coetanei ti piacciono, io non te lo chiedo, e ti domando piuttosto cosa stavi ascoltando durante la lavorazione del disco: c’è stata un’illuminazione? un ascolto che ti ha aperto le orecchie e ha direzionato, in qualche modo, la tua creatività? Ho capito di voler lavorare su canzoni, cioè su pezzi italiani di matrice cantautorale pur mantenento l’aspetto di caoticità che esisteva già ne L’Aleph ed esiste come tu hai anche scritto nella tua nota introduttiva al disco, in Oltre le nevi..., soprattutto quando ho ascoltato Da A ad A, il disco di Morgan uscito nel 2007. Ha funzionato da scintilla, ho ricominciato anche ad ascoltare Bowie, ad ascoltare Wish dei Cure che è stato il primo disco loro che ho amato. Ho ripreso quindi cose che avevo accantonato da un po’. Cantautori come per esempio De Gregori invece, mi hanno sempre accompagnato anche nei periodi in cui ero più orientato verso una composizione a la Nick Cave,
uno dei miei preferiti. Da A ad A, sembrerà paradossale, mi ha fatto capire, con la sua non direzionalità, che volevo scrivere come Cristiano Godano (Marlene Kunz ndr) che prima mitizzavo un po’ e invece ho cominciato a vedere di più come un modello, qualcosa che finalmente comprendevo, a livello di scrittura, in modo maturo, e pensavo di potere seguire a modo mio. Mi va di chiederti, ancora a dispetto delle domande ovvie, o almeno si spera, cosa ascolti oggi, tra le cose di ieri, visto che noi condividiamo da sempre questo gusto per il retrò, direi antigiovanilistico, questo gusto per “le storie di ieri”, anche quello ieri ignorato dai più e spesso persino dal music buisness Sì, verissimo. In questo periodo devo dire che mi piacciono e mi ispirano i dischi sostenuti, nervosi ma suonati con relax, gli anni ‘70 che sono già anni ‘80 prima del tempo, pezzi alla Pump it up di Elvis
Costello, per intenderci. Mi piace Double Fantasy di John Lennon e Yoko Ono, disco che conveniamo essere un lavoro classicamente lennoniano ma molto all’avanguardia. Ascolto molto Sugo di Finardi che è un grande e allora suonava con musicisti eccezionali. Adesso mi sto dedicando ai dischi suonatissimi insomma, dischi rock che però guardano al futuro. Mi vengono in mente anche i Clash di Sandinista, gli Psychedelic Furs che sono già degli anni 80. Ascolto sempre molti italiani poi, mi piace studiarmi un po’ come scrivono, anche in vista delle nuove composizioni; in questo senso posso dirti che ora come ora ascolto meno De André e più Fossati. Senti cosa diceva Giogio Gaber pochi mesi prima di morire: “Suonavamo la sera, qui a Milano, al Santa Tecla; eravamo un gruppo legato dal discografico Nanni Ricordi, c’erano Endrigo, Paoli, Bindi, Jannacci. Solo Tenco era comunista, capiva la politica: poi un’ansia oscura lo attrasse a Roma, all’angoscia.. Cambiava sempre nome, nelle prime incisioni, come se temesse qualcosa. Vivevamo tutti insieme, era un gruppo, era bello. Oggi fanno la nostra apologia in tanti saggi. Allora eravamo sempre battuti a Sanremo, non riuscivamo a percepire che, invece, tanti ragazzi ci seguivano, e ci sentivamo isolati. A Roma ci fronteggiavano i “modugnini”: Meccia, Vianello, Fidenco. Poi il ‘63, la pallottola di Paoli al cuore, ‘Sapore di sale’ e fine del gruppo”. Qua lui racconta in pochissime righe molto chiare ed esaustive come era strutturata la scena italiana alla fine degli anni ‘50 e all’inizio dei ‘60 quando c’era la scena milanese vivacissima, quando Gino Paoli non suonava ancora le sue grandi canzoni d’amore e lui, Gaber, non era ancora Il Signor G. Erano gli anni di Celentano, dei primi musicarelli, Tenco era già all’avanguardia, scriveva già prematuramente le sue verità strazianti e illuminate, politiche o
amorose che fossero, a Roma intanto Fidenco scriveva grandi pezzi arrangiati magistralmente, Vianello faceva ridere, Meccia ironizzava e Modugno, come d’altronde avviene ancora oggi, non veniva minimamente capito e godeva di una fama pop senza che la gente sapesse che era lui ad essere un passo avanti a tutti. Ciò che è evidente, comunque, è che l’Italia godeva di questi microcosmi grandiosi, a Milano, a Roma ma anche a Genova, lo sappiamo. Cosa resta oggi di simili vitalità? Sembra completamente spento, in questi anni ‘00, l’ultimo vagito, quello dei ‘90, di momenti di simile aggregazione musicale... Che ne pensi? E’ bellissima questa cosa che mi hai letto, è proprio la Milano che piace a noi e mette un po’ di malinconia pensare a come sono cambiate le cose. Ciò che manca è essenzialmente quest’aggregazione tra le band, tra i musicisti, manca l’idea di trovarsi, parlare di politica, di donne (o uomini), di tutto e poi magari finire alle cinque di mattina in sala prove a scrivere un pezzo a quattro, sei, otto, dieci mani. Possiamo vedere questa cosa come causata dall’ingresso di internet nelle nostre vite e anche dal fatto che oggi i musicisti o presunti tali, sono esponenzialmente aumentati quindi da un lato ci si è abituati a dirsi quelle tre cose online per cui poi difficilmente viene da fermarsi veramente a parlare faccia a faccia e poi c’è talmente tanta gente che suona che fare spogliatoio, fare scuola nel quotidiano, è impossibile all’atto pratico: è tutto molto dispersivo. Negli anni ‘90, in effetti, come dicevi, esisteva ancora un po’ questo fenomeno, a Milano c’ erano La Crus e Afterhours da un lato e poi, abbiamo già detto, tutto il giro monzese a partire da Morgan, Bluvertigo, Soerba e poi i La Sintesi. A Roma, negli stessi anni c’erano Silvestri, Gazzè e Fabi che facevano cricca e andavano forte.
Negli ultimi anni appunto qua a Milano c’era il gruppo di musicisti che provava in via Lombroso: i Lombroso, i Cosi, anche loro che fanno o facevano capo a Morgan. Adesso sembra tutto scemato, purtroppo, sia qua sia a Roma e il concetto di scena è veramente qualcosa di retrò. Mi va di dire una cosa a chi legge e cioè che sei un grande lettore, che la tua letteratura di cantautore è ricca di alte letture e quindi che le tue influenze non vengono solo da altre musiche ma anche dai film e dai libri: lasciamoci così, con qualche consiglio di lettura a partire da quelle che hanno influenzato la composizione dell’album... Bhè sì, è vero, sono un grande lettore ma un lettore dispersivo, avrei voluto essere più sistematico, seguire le voglie però impone di non esserlo e mi va anche bene così. C’è, nelle arterie di questo lavoro, l’amore per Tutto il ferro della Tour Eiffel di Michele Mari e c’è molta Agota Kristof, una scrittrice che amo tantissimo, lei scrive in francese, lingua che ha imparato da autodidatta colta, letterata, perchè lei è ungherese ma a causa della repressione del ‘56 a un certo punto ha dovuto trasferirsi nella Svizzera francese. Ha una prosa molto scarna e molto precisa. E’ diversa da quello che sono io, io non sono così sintetico e quindi mi piace leggere cose come le sue. Sono rimasto influenzato da concetti alla base di certa letteratura come quello della crudeltà di Antonin Artaud, mi interessa la nudità feroce, quella della spietatezza appunto di un libro come Ieri della Kristof in cui si traduce questa crudeltà soprattutto verso sè stessi. Grazie Manuel. A te ...e continuiamo a passeggiare per Milano.
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Altrove
racconti e consigli di viaggio
Zanzibar: l’isola delle spezie e della magia... di Marta Migliardi
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anzibar è il nome di un arcipelago situato nell’Oceano Indiano, 30 km circa al largo della costa della Tanzania. Il nome Zanzibar viene anche usato per riferirsi all’isola più grande dell’arcipelago, detta anche Unguja. Ed è proprio qui che ci rechiamo questa volta, esattamente a 6° sotto l’equatore e 25 miglia ad est della Tanzania: Zanzibar, l’isola delle spezie e dei pirati. L’aeroporto, se così lo vogliamo chiamare, è molto piccolo e già nel ritiro bagagli incontro le prime difficoltà: dimenticatevi i nastri su cui scorrono le valigie. Qui le cose funzionano diversamente: gli addetti dell’aeroporto le scaricano direttamente dalla stiva dell’aereo e le portano, a mano, su una specie di banchetto di pietra, lungo circa 7 metri, che dovrebbe contenere le valigie di 300 persone! Ovviamente, si crea una ressa da stadio. Se accadesse una cosa del genere in Italia assisteremmo a scene
d’isterismo e vere e proprie risse ma, si sa, noi italiani siamo più bravi a lamentarci in patria. na volta usciti dall’aeroporto ci aspetta il pulmino che ci porterà in hotel. Attraversiamo quindi la capitale, Stone Town. Stone Town ( la città di pietra) è dichiarata patrimonio dell’ Umanità dall’UNESCO. L’architettura di questa città è un affascinante mix di stili: dall’europeo coloniale, all’arabo fino al persiano. Questa località, infatti, è stata per lungo tempo uno dei porti commerciali dell’Africa orientale. Ancora oggi è un brulicare di attività: dalla zona turistica, dove potete trovare molti bar e ristoranti e godervi il più bel tramonto del mondo, gustando un aperitivo (dalla terrazza dell’African House, uno dei più famosi hotel della zona), al mercato locale, dove ti ritrovi davvero catapultato in un altro mondo. Bancarelle colorate di spezie, il mercato del pesce e della frutta, ferramen-
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ta, artigiani che lavorano in strada: non si riesce quasi a camminare, ma ci si immerge completamente nella dimensione umana dell’Africa. Viene voglia di scattare migliaia di foto ma ricordatevi: non tutti gradiscono, specie nelle zone meno turistiche, quindi è sempre meglio chiedere il permesso e, normalmente, a fronte di una piccola mancia, potrete tranquillamente immortalare i vostri ricordi. li alberghi turistici si trovano principalmente nella zona di Kiwenga, sulla costa est, una delle spiagge più belle dell’isola. Parliamo proprio di quelle immagini da cartolina: la sabbia bianca che si accosta all’azzurro turchese e brillante del mare. Su queste spiagge non è raro trovare venditori di souvenir, che arrangiano come possono la loro merce e alcuni ti propongono anche escursioni, ma, per evitare spiacevoli inconvenienti, vi consiglio sempre di rivolgervi al vostro Tour Operator.
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La spiaggia di un hotel di Kiwenga
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l Safari Blu è un’escursione, a mio avviso, imperdibile. La Spiaggia Kizimkazi di Zanzibar è situata nella parte sud ovest dell’isola, ed è una spiaggia unica e spettacolare. Il litorale è caratterizzato da una sabbia bianca accecante e fine, bagnato da un mare cristallino. La spiaggia offre inoltre un’esperienza emozionante in quanto da essa partono le barche dei pescatori che portano i turisti in un tratto di mare popolato da decine di delfini. Devo ammetterlo: un po’ mi facevano pena i branchi di delfini assediati da tutte le barche di noi turisti, però mi sembravano abituati al caos, socievoli e giocherelloni. Io credo sia stata una delle esperienze più belle della mia vita. Ero in barca con altre dieci persone e tutte più agili di me con pinne e maschera. La confusione regnava totale: appena avvistavano i delfini i capitani delle barche mettevano in moto e partiva una lunga carovana che tentava di raggiungere le creature del mare. Loro saltavano e, giustamente, scappavano verso acque più tranquille. I turisti si tuffavano come bombe ogni qual volta riuscivamo ad avvicinare i delfini. Io non riuscivo ad essere così veloce, anche perché i delfini mica rimanevano lì calmi ad aspettare. Mi ero oramai arresa, credevo che li avrei visti solo saltare, con la loro eleganza, fuori dall’acqua. Ma il capitano della mia barca, che si faceva chiamare Tyson, forse per il fisico scolpito da pugile, con un occhio sguercio e la maglietta strappata, avendo capito la mia poca dimestichezza con la dimensione marina, mi ha fatto il regalo più grande. Mentre tutti gli altri erano a pinneggiare con scioltezza nel caldo mare zanzibarino, ha messo in moto la barca e ha portato solo me, in un punto strategi-
co dove lui sapeva che avremmo trovato i delfini. Io, inizialmente un po’ titubante, anche perché mi trovavo in mezzo al mare sola con lui che non parlava neanche mezza parola di italiano, non avevo capito bene perché si fosse allontanato. Poi mi ha detto, con tono trionfante e sguardo furbo: go, vai! Io, nella calma ritrovata, ho avuto il coraggio di tuffarmi e mi sono trovata in mezzo ad un intero branco di delfini. Ne ho anche toccato uno, con la mano, liscio e meraviglioso. Ricordo che aveva una piccola cicatrice sul dorso. Saranno stati 3 minuti, forse. Poi sono arrivate tutte le altre barche e il branco è scappato. Ma ho scolpito nella
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otrei continuare a raccontarvi delle magie di quest’isola per pagine e pagine. Infatti non mi sono limitata ad andarci in vacanza, io qui ci ho proprio vissuto, per lavoro. E ne conosco ogni angolo, ogni odore e, ho sentito le tante storie sia degli italiani che li vivono, come il vecchio Charles, che a Zanzibar costruisce tutti i pontili dei più rinomati hotel, che della popolazione locale. Non a caso, ancora oggi, Zanibar è ritenuta l’isola della magia e corre voce che sia ancora popolata dai fantasmi degli schiavi che qui venivano imbarcati e da stregoni che, pare, vivano ancora nelle piccole isolette dell’arcipelago. Zanzibar è poesia e le sue rime sono i colori, i paesaggi e i tramonti che la caratterizzano. Consigli per il vostro pernottamento: Per godere appieno della bellezza dell’isola vi consiglio questi due meravigliosi boutique hotel:
Stone Town, città patrimonio dell’UNESCO
mente quel momento magico. n’altra escursione che vi consiglio è quella nella riserva di Jouzani, dove potrete incontrare le scimmie Red Coulours: e ce ne sono veramente tante! Nella foresta di Josani ci sono piante bellissime, tra queste una varietà infinita di ficus. Uno in modo particolare mi ha molto colpita, si chiama Ficus Nataiensis, che significa Ficus strangolatore. Infatti questa pianta cresce avviluppando attorno ad un albero una rete intricata di rami sempre più fitta fino a soffocarlo completamente.
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Il Mvuvi Resort, ( 6 camere arredate in stile swahili) che si trova sulla bella spiaggia di Kiwenga, offre una vacanza in un piccolo club d’elite dove l’ospite può sentirsi coccolato in ogni piccolo particolare. Il tutto con l’attenta e discreta supervisione Europea. Il Next Paradise, posizionato in prossimità di un villaggio di pescatori: Pwani Mchangani (spiaggia bianca) costa nord est tra Kiwengwa e Matemwe. Tutte le stanze sono climatizzate e orientate verso il mare o la piscina. In ogni caso da qualsiasi veranda e’ possibile godere della vista dell’oceano.
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Bis!
teatro, musica ed eventi a Monza & Brianza Cristicchi a Seregno Minime conversioni di Lorenzo Andrea Paolo Balducci
No ero stanco. Ero anche già uscito la notte prima, avevo fatto tardi, no: si poteva passare in casa, quel sabato sera. Era deciso. Poi Cristicchi: me ne fregava a me di Cristicchi? Quello lì della rosa... Coi matti, i documentari nei manicomi, l’impegno “particolare”: nella migliore delle ipotesti un ingenuo, nella peggiore un fasullo (un tempo di sarebbe detto “un poser”). No non mi interessava, volevo cenare in famiglia: passare un’oretta coi miei, poi un film, una sigaretta, un pigiama fedele, il sonno del giusto. Ma come spesso accade, arriva una donna a ribaltare i tuoi piani. Una donna che ti invita a uscire, ad andare proprio lì, quel sabato, proprio a quel concerto. Non una donna qualsiasi. Una donna che ha un peso, una donna che ha un ruolo, una donna che non può sentirsi rispondere no. Tua madre. Mia madre mi invita ad uscire. E paga lei. Occasione imperdibile: non ho motivo (né modo) di rinunciarvi. I posti che siamo riusciti a ottenere sono sotto al palco, e di Elia Billoni (interprete del grande Dino Fumaretto) riusciamo quasi a contare tutti i peli della barba: fortuna che non sputa. Un’apertura comunque magistrale, imbevuta di dada e cinismo, di pianovorte e di voce tesa alla genialità. Poi la star: Simone (“Mamma: Simone si chiama, giusto?”) Cristicchi, quello che non ci va: ci torna, a Sanremo.
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Quello famoso. Che io quelli famosi, per sicurezza, non li sopporto a priori, specie quando si presentano così... così... aperti, briosi, in contatto col pubblico... Accidenti! Basisco sì, ma non mi lascio impressionare: in fondo un mestiere sapientemente truccato è il primo trucco del mestiere sapiente. La voce potente, emotivamente ricca, educata, i testi che non riescono a essere scontati neanche a volerlo, la naturalezza che è quasi conversazionale nel passare dal racconto leggero al gioco, poi alla lugubre e impietosa analisi delle situazioni di vita come dei minatori così degli internati negli istituti di igiene mentale: tutto questo sì, tutto questo mi convince. Il ragazzo (Un suo collaboratore? L’amico di un amico? Un passante? Mi rendo conto di saperne così poco, di quello che ha circondato e alimentato quella sera: e questo non riesce che ad aumentarne il fascino) che a ventate di ispirazione lo accompagna con accordion e sega ad archetto tirava fuori suoni così puliti da sembrare finti, per gli strani paradossi dei concerti ben riusciti rende tutto esclusivamente più vero. La genitrice si allontana, e i costumi – tirato un respirone - si rilassano un pelo. Alla seconda o terza birra, Simone me lo trovo davanti, che sistema con calma i suoi cd e i libri (ah: ha pure scritto un libro!?) e coi complimenti della mamma attacco bottone: nel giro di un istante ho in mano
Simone Cristicchi Live. Foto di Leonardo Angileri
una copia del voluminoso testo con inserto fotografico, con autografo per la (ormai onnipresente) madre, che un omone – con la dolcezza di un ragazzino – mi mette in mano come regalo (per lei però: purtroppo l’autografo fa testo). E alla seconda/terza birra, dopo un momento così devi allontanarti per riflettere un po’. Ma se te lo ritrovi di nuovo subito davanti, con amici, tuoi e suoi, che racconta, lasci perdere tutto: ti fermi e lo ascolti. Lo ascolti parlare del documentario, dell’angoscia inchiodata nei muri e delle cazzate fatte coi fonici, dei minatori morti per il mercurio e del Coro Dei Minatori di Santa Flora, con cui ha deciso di portare in giro uno spettacolo: i figli, questi, degli ultimi operai della miniera – abbandonata – che si divertivano intimiditi negli studi della RAI invitati a Par-
la Con Me, che avevano loro stessi altre storie, che Simone un po’ srotola, un po’ mostra di sfuggita, un po’ annoda tutto in un’inflessione o in un sopracciglio. Purtroppo non è frequente come ci piacerebbe, andare a sbattere contro persone così scopertamente oneste. E non fosse altro che per questo, appena serve, le sto ad ascoltare. Ho comprato una rosa, a mia madre: l’ho messa nel libro e le ho lasciato tutto sul comodino. Bel gesto. Mi faceva pesare di meno la consapevolezza che non appena possibile avrei tentato di rubarglielo In qualsiasi modo non avrei dovuto che riappropriarmene. Cosa che – per inciso – ancora non mi è riuscita, purtroppo.
Intervista a Simone Cristicchi: Sfido il trio Medusa e vado a Sanremo!
di Marta Migliardi
Live al Tamburine. Foto di Leonardo Angileri
Mi do appuntamento con Simone Cristicchi al Tambourine di Seregno locale dove, la sera stessa, il cantautore romano terrà il suo concerto ( vedi pagina precedente). Con lui, sul palco a fare il sound check, noto subito un particolare personaggio, Francesco Arcuri (che collabora con Vinicio Caposella e Paolo Rossi) che lo accompagna suonando una sega. Sì, una sega, quella dei falegnami per intenderci, che, con mio grande stupore, emette un suono aggraziato, molto simile, per le mie orecchie da profana, ad un violino. Durante le prove sono deliziata da grandi pezzi come Non arrossire di Gaber, una versione ironico/recitata di Un Italiano Vero di Toto Cutugno e la famosa Ti regalerò una rosa, pezzo con cui Cristicchi ha vinto il Festival di Sanremo 2007: il concerto promette davvero bene! Ci spostiamo quindi nei camerini dove ci accoglie Simone, che pur nella sua eccentricità, somatizzata dai suoi riccioli ribelli, si pone con semplicità e gentilezza: l’antidivo per eccellenza. Hai raggiunto il grande successo nel 2005 con la canzone Vorrei cantare come Biagio, suggellato nel 2007 con la vincita a Sanremo. Ti faccio una domanda che proponiamo spesso ai nostri intervista-
ti: il grande pittore e writer americano Jean-Michel Basquiat diceva che quando una persona raggiunge il successo non è la persona stessa a cambiare ma la gente gli sta intorno. Tu, in base alla tua esperienza, cosa ne pensi? In effetti io sono un caso abbastanza strano perché la mia vita è cambiata nel corso di un mese, nel momento in cui è uscito questo singolo, Vorrei cantare come Biagio (che comunque esprimeva il fatto di non avere sbocchi e possibilità, cosa che capita
hai una grande popolarità. In realtà poi vai a ricercare quelle qualità nelle persone che sono semplici. Anche quest’anno parteciperai al festival. Avevi giurato al trio Medusa delle Iene che non avresti mai più partecipato, pena: evirazione! Come mai hai deciso di prendervi ancora parte? Non temi il Trio Medusa? E’ vero, le Iene! Mi ero dimenticato! (Cristicchi ride di gusto ricordando la sua solenne
“...il successo è una specie di lente d’ingrandimento: ti accorgi delle persone a cui tieni di più e quali invece vorresti allontanare...” a tanti giovani artisti). Dopo quella canzone intorno a me è cambiato proprio atteggiamento. Se fino ad un mese prima potevo andare per la strada senza essere fermato, subito dopo questo successo improvviso, è stato il caos: è stato uno choc e ancora oggi non mi sono abituato a questa cosa. In generale anche con le persone che reputavo amiche: il successo è una specie di lente d’ingrandimento: ti accorgi delle persone a cui tieni di più e quali invece vorresti allontanare. Il cerchio si stringe molto quando
promessa alle telecamere delle Iene poi ci spiega le sue motivazioni.) Ho deciso di partecipare perché ho dei progetti da presentare e mi sembrava un’ottima platea per poterlo fare soprattutto perché velocizza molto tutte le varie comunicazioni. Al di là del disco, che sono 3 anni che non esce, ed è un modo per avere una bella pubblicità, nello stesso tempo presento anche altre cose che lì hanno la possibilità di essere raccontate a molta gente. Ad esempio il progetto con il Coro dei Minatori che è andato avanti
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Simone Cristicchi con il musico Francesco Arcuri
tutta l’estate, tra l’altro siamo stati al teatro dell’Arcimboldi insieme a De Gregari. Insomma Sanremo serve per tante altre cos. Sai che quest’anno al Festival parteciperanno, nella categoria dei big, dei giovanissimi provenienti dai talent show Amici e X Factor. Tu cosa pensi di questi talent show: aiutano realmente a trovare dei talenti che senza il mezzo televisivo farebbero molta fatica ad emergere o è semplicemente una scorciatoia mediatica dove la parola talento non c’entra niente? Io ho scritto nel nuovo album una canzone che parla di questo e s’intitola Meteora, perché mi sono chiesto dove andassero a finire tutti i ragazzi che partecipano ai talent show e a Sanremo giovani, magari ne esce fuori uno ma gli altri dieci dove vanno a finire? Tornano a casa, dalla mamma o tornano a lavorare. E la cosa che fa soffrire è questo meccanismo di tritacarne che si è messo in moto con i talent show. Riescono magari ad individuare un talento ma non danno poi un sostegno a tutti quelli che se lo meriterebbero, danno false speranze a tanti giovani, illusioni e tanto dolore. A me è capitato di partecipare tantissimi anni fa ad una specie di antenato dei reality show
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che si chiamava Destinazione Sanremo. Ero con tanti altri giovani e poi sono stato rispedito a casa e devo dire che è stato un forte dolore. Figuriamoci chi, per mesi e mesi, viene sottoposto a questo esperimento con telecamere e visibilità… Ma tu faresti mai il giudice di X Factor? No preferisco farlo a casa, dal divano… Parliamo un po’ de Li romani in Russia, questo tuo spettacolo, un progetto impegnativo…. Il progetto nasce dall’incontro con Marcel-
non voleva mai raccontarmi niente di quella avventura. Quando ho letto il libro ho capito il motivo: molti morirono di freddo durante la ritirata in condizioni animalesche. Il libro spiega bene come l’uomo in guerra si trasformi in un animale, non c’è più amico, legame, cameratismo, sparisce tutto: resta l’uomo con il suo egoismo e con il suo istinto di sopravvivenza. Questo è un monologo, con la struttura dei racconti epici, in dialetto romanesco ma elegante, privo di volgarità ma intellegibile: ieri, per dire, l’abbiamo fatto a Brescia ed ha avuto un grande successo. Questa cosa mi dà la possibilità di recitare da solo sul palco per
“...la scrittura la vivo più come una folgorazione, l’arrivo di un’ispirazione. La verità è che nelle mie canzoni parlo poco di me...” lo Teodonio, un professore di letteratura. Questo suo libro si intitola Li Romani in Russia e racconta la guerra di Russia dal 41 al 43 dove morirono centomila ragazzi, fu una grande tragedia. Mi ha sempre colpito questo argomento perché mio nonno Rinaldo fu uno dei pochi a ritornare ma
un’ora e mezza ed è un po’ la realizzazione di un mio sogno…. Attore, scrittore, cantautore, e abbiamo letto che eri anche appassionato di disegno (fumetto). Come convivono in te tutte queste personalità artistiche?
Convivono perché è il mio linguaggio, queste cose insieme mi completano. La cosa che credo mi descriva meglio artisticamente è il teatro-canzone, quello di Gaber, ovvero mescolare monologhi e canzoni. E così sono stati i miei primi due spettacoli come Centro d’Igiene Mentale, dove cantavo e c’erano altri 2 attori insieme a me, quasi un musical; il secondo con il Coro dei Minatori mi ha visto quasi in veste di narratore. Il terzo passo mi ha portato ad escludere completamente la musica suonata e recitare che è una cosa molto difficile, uno studio che sto ancora facendo e poi probabilmente verrò supportato dall’aiuto alla regia di Alessandro Benvenuti. Mi piace anche il documentario, mi piace filmare tutte le cose che ho fatto quest’estate ho girato il tour dei Minatori, sembrava un po’ di rievocare i Buena Vista Social Club e ho voluto creare questo film che s’intitola Santa Fiora Social Club. Il legame tra creatività e follia. Ci sono molti equivoci su questo fatto, non è detto che il pazzo sia un creativo a tutti i costi. E’ un pregiudizio. Come esistono tra le persone normali esseri che hanno una spiccata sensibilità per l’arte esistono anche
tra i matti. Però devo dire che ho incontrato durante il mio percorso dei personaggi che usavano l’arte per esprimersi, perché in altri modi non ci riuscivano. Come un signore che ha vissuto 60 anni in un manicomio che ancora oggi sembra un bambino se ci parli, che si graffiava la testa pelata, si autolesionava. Invece poi gli hanno insegnato che esisteva la pittura e lui adesso quei graffi li fa sulle tele e si sfoga. Ed è una forma d’espressione. Nell’artista, nel tuo caso, gli stati d’animo o di tristezza come influenzano la creatività? Ho letto una frase ultimamente che diceva “Io scrivo solamente quando sono triste, quando sono felice esco”. In realtà io la scrittura la vivo più come una folgorazione, l’arrivo di un’ispirazione. La verità è che nelle mie canzoni parlo poco di me, cerco di raccontare le mie storie tramite altri personaggi. Nel mio prossimo disco invece ci saranno un paio di canzoni in cui parlo della mia vita. Abbiamo letto la tua bellissima intervista alla poetessa Alda Merini che è venuta a mancare da poco.
Come la ricordi? La ricordo come una delle persone più carismatiche a cui mi sono trovato vicino. Un’energia che mi ha scosso, soprattutto la prima volta che l’ho conosciuta. Una persona che era aggressiva, cattiva e dopo due minuti diventava una bambina, una principessa, una diva. Convivevano in lei questi due aspetti ed era molto difficile parlarci perché non sapevi mai se il suo umore sarebbe improvvisamente cambiato. Ricordo che con me è stata comunque molto gentile, abbiamo avuto anche dei diverbi, per una canzone che ho dedicato a lei Nostra signora dei Navigli. A lei non è piaciuta forse non l’ ha capita bene perché era un’ode appassionata a lei. Negli ultimi tempi ci sentivamo solo per telefono e mi dettava anche delle poesie tra cui una meravigliosa che ha dedicato a mio figlio poco dopo la sua nascita e la conservo come un regalo preziosissimo. Sono stato anche al suo funerale. Dovevo andarla a trovare in ospedale ma pochi giorni prima se n’è andata: e ci sono rimasto molto male perché non c’è stato quest’ultimo saluto fra noi.
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Bis!
teatro, musica ed eventi a Monza & Brianza
Snobismo brianzolo? E la Brianza si mette in mostra di Elena Gorla Siamo ospiti di Luca Tommasi, gallerista attivo sul territorio Brianzolo, all’interno del suo spazio espositivo di recentissima inaugurazione in via Leonardo da Vinci (angolo p.zza Duomo)a Monza. Qui è ospitata la mostra Urban Tribe, dedicata alla Street Art italiana. Buongiorno Luca, parlaci di questa mostra e di questo spazio che hai scelto di realizzare nel cuore di Monza…con quali finalità l’hai concepito? Questo mio spazio vuole presentarsi come uno spazio interattivo, qualcosa di diverso da un mero spazio espositivo, oltre alle mostre qui trovano spazio anche presentazioni di libri d’arte, incontri con gli artisti…in mio intento era proprio quello di fare qualcosa di più variegato, di creare uno spazio di interazione col territorio. Io sono già abituato ad interagire col territorio in qualità di curatore della galleria civica Mariani di Seregno dove, ad esempio, il 16 gennaio ho inaugurato la mostra dedicata a Paul Jenkins, pittore del così detto “espressionismo astratto americano”. La mostra che ospito nel mio spazio monzese, invece, è dedicata a questo fenomeno artistico di importazione statunitense affermatosi in Italia agli inizi degli anni 90. Gli artisti qui rappresentati pur presentando sviluppi differenti sono tutti accomunati dalla comune partenza dalla realtà di strada, inizialmente rappresentata dal murales, e solo in seguito approdati alla tela, al quadro, all’esposizione indoor. Non credi, da Monzese, che in campo artistico il nostro territorio, la Brianza, abbia fino ad oggi sofferto di una forma di sudditanza rispetto alla vicina metropoli milanese? Da addetto ai lavori credi che si possa uscire da questa situazione? Vedi uno sviluppo, un fermento attivo sul territorio? Credo proprio di sì. Sarò campanilista ma credo proprio che si possa superare questa forma di sudditanza, anche perché più che di sudditanza si trattava di una forma di snobismo di noi brianzoli per cui ci sembrava più bello muoverci, operare a Milano e non in provincia. In passato era così, ora le cose stanno cambiando. Io, ad esempio, ho fatto in modo di ottenere il patrocinio della provincia, che in termini pratici non ti dà nulla se non una sorta di legittimazio-
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ne morale…ma ci tenevo proprio perché il mio discorso è legato a questo territorio: credo e voglio rivolgermi alla Brianza. Questa provincia di Monza e Brianza, non solo in senso istituzionale ma proprio territoriale, in un periodo in cui tanto si parla di Expo che verrà ospitato così vicino, come si sta preparando all’evento. Non so quale passi si stiano facendo a livello istituzionale ma io vorrei che la Brianza andasse oltre all’Expo. Quello è un evento di vasta portata che sicuramente dovrà coglierci preparati ma ancora relativamente distante. Credo che la Brianza debba fare, manifestarsi, produrre eventi anche prima e a prescindere dall’Expo. Dimentichiamoci di essere così vicini a Milano e strutturiamoci in modo da avere una propria anima. Chi si lamenta del fatto che in Brianza c’è poco, da fare, da vedere ecc. dovrebbe prima farsi un esame di coscienza e chiedersi cosa faccia in prima persona per questo territorio. Dedichiamoci un po’ di più ad una sorta di volontariato socio-culturale. Creiamo iniziative anziché lamentarci della mancanza delle stesse. Mettiamoci più in gioco anziché aspettare che tutto sia pronto!
da questo punto di vista le opportunità si stiano sviluppando. Certo mi auguro che una sinergia ed un dialogo fra le istituzioni, comuni, provincia, porti a sviluppare sempre più progetti tesi alla promozione dei giovani artisti perché è innegabile che oggigiorno è molto difficile che una galleria, si assuma in toto l’onere ed i rischi della promozione di un emergente. Con un po’ di coordinamento istituzionale si potrebbe venire incontro anche alle gallerie, che vogliono essere qualcosa di più che semplici “negozi” di arte, che vogliono offrire strumenti di crescita ed educazione culturale. In ambito culturale il dialogo con le istituzioni è fondamentale. Parlando di arte a Monza non si può non parlare di quell’enorme patrimonio artistico urbano che è la Villa Reale. Un patrimonio che da sempre vige in una sorta di abbandono, sotto gli occhi di tutti. In quest’ambito cosa ci si può aspettare dal dialogo con le istituzioni? Si può sperare nella realizzazione di iniziative sempre più numerose tese alla valorizzazione (e ristrutturazione) della Villa Reale e dei sui spazi? Non ho grandi competenze per capire qua-
“...L’arte deve essere una scelta di vita altrimenti è un ottimo hobby ma che va accostato senza la presunzione di proporsi al pubblico....” Oggi su questo territorio credi che esistano canali, percorsi percorribili dai giovani artisti che vogliano affermarsi ed emergere o sembra comunque ancora preferibile uscire dal territorio brianzolo? Io credo che oggi ci siano davvero tenti pittori ma non so quanti artisti…forse ci sarebbe bisogno di un po’ più di autocritica e studio. L’arte deve essere una scelta di vita altrimenti è un ottimo hobby ma che va accostato senza la presunzione di proporsi al pubblico. Poi per quanto riguarda le opportunità Monza stessa ha abbracciato il progetto della Biennale dei Giovani, un ottimo modo per aprire l’arte al contemporaneo, una manifestazione che ha già visto tre edizioni. Credo, quindi, che anche
li siano i problemi che ruotano attorno alla Villa Reale. Senza dubbio un problema c’è stato. In passato il problema era che ci fossero troppi proprietari dell’immobile, non solo il comune ma vari enti sovra-comunali e come sempre, quando ci sono troppi proprietari qualsiasi forma di organizzazione e di accordo risulta alla fine impossibile. Mi sembra che con il contributo della regione Lombardia qualcosa sia stato fatto per sbloccare la situazione. Di fronte a queste difficoltà tecniche ed istituzionali relative all’individuazione di un unico gestore mi posso solo augurare che si sviluppi sempre maggiore impegno ed attenzione verso questo patrimonio cittadino perché nel mondo di regge di questa portata ce ne sono davvero poche.
MONZA
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16 gennaio /14 febbraio 2010 Galleria Civica “Ezio Mariani” via Cavour, 26 festivi 10.00-12.30 e 16.30-19.00 feriali 16.30-19.00 Ingresso gratuito
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curiosità, proprietà e usi delle piante intorno a noi
La tisana sgonfiante: bardana, tarassaco, cardo mariano.
A cura di Adriana Colombo
Eccoci, reduci dai bagordi delle feste natalizie, tutti alla ricerca di fare pace con il proprio corpo. Allora vediamo come possiamo aiutare il nostro organismo a depurarsi e tornare efficiente. Io mi sento gonfia e mi sembra che il mio fegato sia stato sottoposto a un iper lavoro, la mia pelle porta ancora tutti i segni degli stravizi natalizi, quindi, deciso: si inizia il periodo di depurazione. Oltre alla dieta sana e al movimento vediamo con quali piante posso aiutarmi… Cerco tra i barattoli delle erbe di casa e, a colpo sicuro, recupero un po’ di radici di tarassaco, di semi di cardo mariano e di radice di bardana: mi preparo un decotto… sono sicura dell’effetto!!! Infatti il tarassaco, è conosciuto anche come dente di leone e soffione, o piscialletto ( per le sue enormi proprietà diuretiche ). Il tarassaco è ottimo anche in insalate o ripassato in padella con l’aglio. La bardana, che viene spesso usata in gocce ha molte proprietà officinali: ha un elevato potere purificatore, è spesso usata
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Bardana contro l’acne, ed inoltre rafforza il sangue con il suo elevato contenuto di ferro. Il cardo mariano esercita un’azione epatoprotrettiva contro vari agenti tossici, come l’alcool e agisce come antiossidante rispet-
Tarassaco to ai radicali liberi. Sono sicura che l’effetto sarà stupefacente…ricordo quando su consiglio della mia estetista feci un periodo a bardana…che pelle che avevo, liscia e compatta!
NonsoloMonza... Vimercate I
l fascino di Vimercate e’ sicuramente legato al suo borgo medievale, alle viuzze in porfido strette illuminate la sera dalla luce gialla dei lampioni. Allo splendido ponte romano, fortificato nel medioevo, e che conserva intatte le due porte. Vederlo alla luce del grande falò di S. Antonio il 17 gennaio e’ uno spettacolo semplice e grandioso che rimanda nei secoli al rapporto tra l’uomo e la natura che si trasforma, alla vita dei campi e ai suo cicli. La bellissima pieve di S. Stefano, con le sue poderose mura ricordo della fortificazione medievale, la sua abside e la facciata cinquecentesca merita una visita anche per la sua cripta e l’importante ciclo pittorico del Gambara. Ville di delizia, metà centri di villeggiatura e metà luoghi di produzione, hanno caratterizzato gli anni dal 1700. Il palazzo Trotti e’ da oltre 100 anni la sede del Comune e conserva splendidi affreschi di argomento mitologico, soffitti lignei dipinti e pavimenti originali. La splendida sala Cleopatra, oggi sede di cerimonie e matrimoni civili e’ uno straordinario esempio del gioco tra architetture finte e vere della sfida tra arte e natura che caratterizzava l’epoca. L’altra dimora patrizia, acquistata
dall’Amministrazione Comunale nel 2001, Villa Sottocasa, e’ sede di mostre spesso basate sulla ricostruzione e divulgazione della storia locale. Nella sua ala sud e’ in allestimento il MUST, un museo interattivo e moderno che racconta con una raccolta di preziosi oggetti, con filmati e ricostruzioni, la storia della Città e del territorio che va dall’Adda al Lambro, dalle origini alle grandi fabbriche del ‘900. Il convento francescano oggi Casa Banfi conserva ancora gran parte del suo fascino e fu il ritiro operoso di uno dei più’ importanti filosofi italiani del ‘900, Antonio Banfi. La modernità ha lasciato le sue tracce migliori nella biblioteca, uno dei migliori esempi di costruzione dedicata allo scopo in Italia, una delle prime costruite sul modello delle nordeuropeo, con un grande ruolo della luce naturale e la massima e libera accessibilità a tutti i volumi, oggi rafforzata dal sistema RFID,
Vimercate. Foto di Max Spinolo e Laura Scaccabarozzi
microchip capaci di “comunicare” tramite radiofrequenze, e dal vasto orario di apertura al pubblico. Il centro direzionale delle Torri Bianche, prima grande multisala di Milano con i suoi due matitoni che caratterizzano il territorio, visibili dall’aereo e da lontano svolge la funzione che il campanile di S. Stefano e le porte di S.Rocco avevano nel medioevo. a città e’ viva e attiva soprattutto grazie al suo fortissimo tessuto associativo, culturale e di volontariato. Il passeggio del sabato e’ tradizione, così come il grande mercato nel centro storico del venerdì erede di una tradizione cui forse deve il nome, dal latino Vicus Mercati, Borgo del mercato, snodo commerciale nei pressi del ponte romano di San Rocco, che univa Milano al guado di Trezzo sull’Adda. I suo grandi
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parchi cittadini e un territorio ancora non edificato per oltre il 50% contribuiscono non poco alla qualità del vivere. imercate è situata ad 8 chilometri da Monza ha circa 26.000 abitanti ed è attraversata dal fiume Molgora. Il tessuto cittadino si caratterizza anche per il suo policentrismo, con i borghi di OldanigaRuginello, Velasca e Oreno (della cui bellezza e storia abbiamo già parlato nello scorso numero). Vimercate è stata insignita dal Presidente della Repubblica della Medaglia d’argento al Merito Civile quale centro nevralgico della resistenza al nazifascismo, per la collettiva e straordinaria attività dei giovani, delle donne, del clero e dell’intera cittadinanza. pazio Città e’ da diversi anni il punto di accesso a tutti i servizi per il cittadino: certificati, atti, informazioni, sondaggi, segnalazioni, aperto per più di 60 ore, dal lunedì al venerdì dalle 8 fino alle 19 il giovedì fino alle 21.00 e il sabato mattina fino alle 12.30. E’ anche un occhio sempre aperto sul mondo con notizie a ciclo continuo, quotidiani e settimanali e una postazione internet libera e gratuita.
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I segreti degli Chef Morbido è il cuore...
Fagottino morbido integrale con robiola e cuori di pomodori d’inverno
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i avvicina la festa degli innamorati e per donare a chi ci starà accanto in quest’occasione qualcosa di davvero irresistibile ci siamo recati all’Osteria dell’Oppio, incantevole locale monzese dall’atmosfera intima ed avvolgente. Qui lo chef Mauro Civiero, chef di respiro internazionale che lungo il suo percorso è venuto elaborando uno stile di cucina fatto di rivisitazione della tradizione ed attenzione alla modernità, ci guiderà nella preparazione di questo morbido e gustosissimo dono. Per la preparazione della pasta misceliamo le due varietà di farina, aggiungiamo il latte freddo, il formaggio grattugiato, correggiamo di sale e pepe e lavoriamo il tutto sino ad ottenere un composto omogeneo e senza grumi. Lo stendiamo in modo da ottenere uno strato sottile e ne ricaviamo dei dischi che cuociamo con una padella, come fossero delle crespelle. Procediamo, quindi, con preparazione del ripieno. Come prima cosa passiamo allo schiacciapatate le patate ancora bollenti precedentemente lessate in abbondante acqua. Quando poi si saranno raffreddate, incorporeremo la robiola, il grana grattugiato e, ovviamente, sale e pepe. Lavoreremo fino ad ottenere un composto cremoso e compatto. Andremo quindi a comporre il nostro fagottino dal cuore morbido e cremoso, guarniremo con i pomodori ed inforneremo a 170°.
Osteria Dell’Oppio, Monza
Segui la preparazione dello chef Mauro Civiero nella videoricetta sul nostro sito www.trantran.net alla pagina “I Segreti degli Chef ”!
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Ingredienti per 8 persone Per la pasta: 100 gr. di farina integrale 100 gr di farina 00 Per il ripieno: 400 gr di patate 40 g r di grana grattuggiato
20 gr di grana grattuggiato 500 ml di latte
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Brigantia
storia, leggende ed escursioni nella nostra verde terra
Consonno, il paese fantasma di Niccolò Rossi
“A
Consonno il cielo è più azzurro” si poteva leggere su una enorme scritta in ferro all’ingresso di quella fantastica città in stile medioevale, con un alto minareto arabo sulla sinistra e un pagoda cinese in fondo alla lunga strada che tagliava perfettamente a metà il borgo. Adesso la scritta è ancora lì, arrugginita dal tempo, segno del degrado che ha invaso questo borgo. Fino ai primi anni ’60 Consonno era un piccolo paese di 250-300 abitanti, per la maggior parte contadini che vendevano castagne e sedani, che qui crescevano particolarmente buoni, finché non venne acquistato in blocco dal conte Mario Bagno. Questi era un famoso industriale di
Il Minareto di Consonno.
quel tempo nel ramo dell’edilizia e divenne proprietario di tutta Consonno grazie all’acquisto dell’“Immobiliare Consonno Brianza”. Il conte fece buttare giù dalle ruspe tutte le abitazioni del paese eccetto la piccola chiesa di San Maurizio e una casa adiacente: la sua idea era quella di costruire la “Las Vegas della Brianza”, con tavoli da gioco, slot machines, ristoranti, bar e sale da ballo. L’idea di Bagno funzionò per duetre anni. poi una frana colpì nel ’76 il borgo e ostruì la strada principale che lo collegava alle città vicine. L’industriale abbandonò la sua Las Vegas ancor prima di completarla e parte del suo interno venne utilizzata da un frate, fratel Alberto Bosisio, per dar vita una casa di riposo dal Frate Bosisio, la qua-
In alto a destra: i giovani escursionisti a Consonno di notte
le continuò ad operare fino al 2007 per poi essere abbandonata e distrutta dopo il Rave Party “Summer Alliance”al quale presero parte diverse centinaia di persone. Ora Consonno è quasi del tutto abbandonato (resistono poche persone che abitano in una casa vicino alla chiesa), ma i muri della “Las Vegas della Brianza” sono ancora in buono stato, arricchiti da murales e disegni di artisti di strada. Fin qui le notizie che i miei amici e io avevamo scoperto attraverso internet e i vaghi ricordi dei nostri genitori. Be’, ci aveva incuriosito l’esistenza di un “paese morto”, a pochi chilometri da Monza. Vicino al monte Brianza, che dà il nome a tutta la nostra zona. La curiosità era grande. “Perché non andarci? Perché non provare il brivido di andare alla “città fantasma”?”. Dopo un’animata discussione, decidiamo la data della spedizione: sabato è perfetto. Di sera, però, altrimenti che avventura sarebbe? a un iniziale numero di 15-16 persone aderenti a questa avventura, sabato sera al ritrovo se ne presentano la metà:7 ragazzi e 1 ragazza, che inaspettatamente alla fine seppe dimostrarsi la più coraggiosa del gruppo. Muniti di tutto l’occorrente -torce,acqua, pile e cappello di lana- finalmente partiamo: la carovana è composta da tre macchine e dopo una serie di lunghi rettilinei nelle campagne, salite ghiaiose e tornanti a gomito arriviamo a Consonno. Dal 2007 è proprietà privata ma, da buoni avventurieri che siamo, certo qualche cartello e una rete non ci possono fermare. Il paese è totalmente isolato, noi siamo totalmente isolati. Ci sfiora l’idea di tornare indietro in tutta fretta, ma è la nostra amica che accende la sua pila e comincia ad avanzare. E noi dietro. Andiamo subito a visitare il maestoso minareto ancora in perfetto stato per poi passare ai mercatini in stile arabo, usati molto probabilmente negli ultimi anni
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come “stanze d’albergo” per senzatetto: umidi materassi e grigie coperte adornano ogni stanza. Le torce non si sono mai spente cosi come la nostra curiosità: Proseguiamo impavidi con il “tour”visitando la casa di riposo devastata dopo il Rave Party e la vecchia sala da ballo. Devo ammetterlo: la situazione,l’ambiente e la nebbia che si fonde con il vento freddo incute molto timore e il brivido di un presunto serial-killer dietro l’angolo cresce a ogni edificio che scopriamo. assiamo poi attraverso il vecchio “eden” della città, un maestoso giardino con piante e fontane che devono essere state di grande stile, dove è collocata la pagoda cinese per poi finire davanti alla piccola chiesa di San Maurizio: c’è una Madonnina con una candela “elettrica” accesa, forse l’unica fonte di luce del borgo e qui ci fermiamo: lo prendiamo come un segno, un po’ come la provvidenza Divina di Dante, e torniamo sui nostri passi verso le macchine: il giardino, la pagoda, i mercatini, il minareto, scavalchiamo la rete e saliamo in macchina più in fretta possibile dato il nostro giustificabile nervosismo. Si torna a casa, a testa alta e ridendo, ma solo apparentemente perché dentro di noi la paura è ancora padrona. P.S. Comunque, se volete andarci, meglio di giorno e meglio tra qualche settimana: il panorama da lì dev’essere stupendo. Noi abbiamo visto solo le luci, là in basso, ma probabilmente vale di giorno è tutta un’altra cosa.
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COME ARRIVARCI lcune importanti informazioni da conoscere prima di visitare Consonno. Le strade comunali sono percorribili a piedi mentre alle auto è stato precluso l’accesso tramite una stanga posta all’inizio del paese. Tale stanga viene aperta solo durante gli orari di apertura del cimitero (domenica e festivi dalle 10 alle 16) per consentire l’accesso al cimitero. Meglio parcheggiare l’auto all’esterno della stanga anche per non rischiare di restare chiusi all’interno.
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La piazza deserta di Consonno
Gli edifici sono stati interamente recintati: come ogni recinzione provvisoria è possibile trovare dei varchi per superarla ma occorre ricordarsi che si sta entrando in una proprietà privata, cintata, e pertanto si è passibili di denuncia. Inoltre negli edifici abbandonati sono esistenti rischi di crollo quindi sconsigliamo in ogni caso l’accesso. ur essendo Consonno una località di Olginate, da questo paese è raggiungibile solo a piedi, in mountain bike o con ciclomotori utilizzando la vecchia strada oggi recuperata, che è percorribile con autoveicoli solo autorizzati. Per arrivare da questa strada è sufficiente imboccare da Olginate la via Belvedere, che è una traversa della vecchia Strada Statale 36 del Lago di Como e dello Spluga (oggi Provinciale 72): all’incrocio tra via Belvedere e la Provinciale c’è un impianto semaforico. Via Belvedere si trova sulla sinistra per chi proviene da Monza e sulla destra per chi arriva da Lecco. a strada ufficiale invece sale dall’altra parte della collina. Bisogna prendere la strada per Merate. Giunti alla rotonda di Calco svoltare a sinistra per Como e imboccare a destra la strada per Santa Maria
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Hoè - Colle Brianza alla prima rotonda. Giunti a Colle Brianza proseguire diritti lungo la Strada Provinciale 58 seguendo le indicazioni per Galbiate - Villa Vergano. Superato un tratto di bosco, alle prime case di Villa Vergano (a sinistra è visibile la chiesa), svoltare a destra in salita: c’è la freccia “Consonno”. Imboccata la strada, procedete con attenzione: la salita a tratti è ripida ed è stretta. Proseguendo diritti sulla destra la vista si apre sulla pianura dei laghi briantei e sulle montagne del Triangolo Lariano: a Ovest nelle giornate serene è visibile il Monte Rosa. Proseguire diritti ignorando la deviazione per l’Azienda Agricola “Figina” (o meglio, ci potete passare magari dopo la visita a Consonno, ci sono prodotti agricoli biologici e la cascina Figina è molto bella): la strada dopo un tratto in falsopiano entra nel bosco e si fa più tortuosa. Sulla sinistra tra il bosco d’inverno, senza le foglie, si può apprezzare una bella vista verso il lago di Garlate. La strada inizia a scendere, superate un arco in ferro e dopo un muraglione sulla sinistra di fronte a voi potrete intravedere il minareto: siete arrivati. Per maggiori informazioni: www.consonno.it
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Reality
venti domande per vedere la brianza con gli occhi dei brianzoli
Intervista 1 Nome: Giuseppe Età: 26 Dove sei nato? Milano Dove vivi? Brugherio Vivi da solo o con la famiglia? Da solo Destra o sinistra? Destra Che lavoro fai? Cameriere ai Tri Basei di Vedano al Lambro Cosa ti piace di Monza e della Brianza? Il parco Cosa non ti piace? Nulla Quante volte vai al parco? 5o6 Associazione di idee. Se ti dico verde... parco
Intervista 2 Nome: Giuseppe Età: 38 Dove sei nato? Cantù Dove vivi? Verano brianza Che lavoro fai? Barista, cantante e animatore all’Eurotaverna di Desio Cosa ti piace di Monza e della Brianza? Che è alle porte di Milano ed è un angolo di tranquillità Cosa non ti piace? Niente Quante volte vai al parco? Raramente Associazione di idee. Se ti dico liceo... istruzione verde natura musica vita
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Chi è Allevi? Il Presidente della Provincia. Un amico di mia suocera. Dai un voto a Monza e alla Brianza 8 Trasporti Senza voto. Non li uso. Viabilità 6 Commercio 8 Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? Roma Esprimi un desiderio Benessere Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole Dimmi un proverbio L’erba del vicino è sempre più verde. Dì qualcosa ai nostri lettori spero di farmi una bella cantata e ballata con tutti...venitemi a trovare!
cena pranzo Chi è Dario Allevi? Un mio carissimo amico Dai un voto a Monza e alla Brianza 9 Trasporti 8 Commercio 4 Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? Miami Esprimi un desiderio Voglio diventare miliardario Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole Dimmi un proverbio Chi fa da sé fa per tre Dì qualcosa ai nostri lettori Venite a trovarmi ai Tri Basei e continuate a leggere Trantran!
Raccontiamoci Luci nella notte di Milena Tridico
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i accompagna da quando ero piccola…un po’ gioco, un po’ curiosità…Ora di anni ne ho qualcuno in più ma non smetto di farlo, anzi ne sono sempre più rapita. Soprattutto la sera, meglio la notte; mi guardo in giro alla ricerca delle luci accese nelle case.
no, coccole o solitudine e tristezza…Come vorrei poter dare solo un’occhiata furtiva e veloce. Così per rubare un piccolo spaccato di vita della gente, forse il più intimo, quello celato e protetto dai muri di casa propria. Cerco di immaginare cosa indossano, categoria da pigiama e vestaglia o da tutoni e maglioni? E come si muovono? Veloci per fare freneticamente più cose possibili pri-
“...Insomma vorrei poter volare come Peter Pan all’interno delle case e guardare un po’ in giro senza essere visto. Pochi istanti potrebbero bastare...” Mi rapisce l’idea di immaginare cosa accade nelle case delle persone ad una certa ora. Il buio, il silenzio, tutto si muove lentamente e con leggerezza, lì dove regna il riserbo più totale sulla libertà degli individui, sulle abitudini e sui pensieri più profondi dopo un’intera giornata vissuta, magari intensamente, potrebbe essere il momento in cui si tirano le somme, si valuta, si riflette, sbadigli, sorrisi, lacrime e affetto, calore uma-
ma di andare a letto o con la lentezza di chi almeno vuole godersi con calma gli ultimi minuti della giornata? e donne restano truccate fino al momento di andare a letto?I giochi dei bambini sono stati sistemati o sono ancora disseminati sul pavimento come dopo un’azione di guerra? E le case come sono arredate? Che stile hanno usato...e i dettagli? Ho sempre avuto
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scrittura creativa
grandi passioni per gli arredamenti, parlano molto di chi li sceglie e aiutano a capire molto di chi abita la casa. Le tende. I tappeti. Gli animali domestici. Insomma vorrei poter volare come Peter Pan all’interno delle case e guardare un po’ in giro senza essere visto. Pochi istanti potrebbero bastare. Ieri sera ho coinvolto la mia amica in questo gioco…Una finestra illuminata con le tende scostate…E’ stato irresistibile, la fantasia parte…Che stanza sarà? Come mai non si muove nessuno all’interno? È tutta arredata di bianco, che stanza sarà? La curiosità oltre ad essere donna è molto contagiosa. Per me si trattava della cucina, per lei del bagno. Bene alla fine siamo uscite dal locale da dove osservavamo e ci siamo avvicinate alla palazzina; si trattava di un salotto, ma nessun movimento in casa. volte quando sono in giro a tarda sera, da sola, mi sembra di sentire i pensieri delle persone che per uno e mille motivi sono ancora sveglie ed avvolte da riflessioni e pensieri, pensieri, pensieri… Dovrei farmi i fatti miei vero? Bè per quelli ho tutta la giornata a disposizione!
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SPORTPARK
Vedano al Lambro (MI)
Vedano al Lambro (MI) via V.Alfieri, 32 - Tel. 039.24.94.581 Calcio a 5 - Calcio a 7 - Tennis - Minicar Minigolf coperto - Ping Pong coperto www.sportparkonline.com 27
Raccontiamoci Correre e basta di Matteo Riva
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ra il mese di settembre, quando quei due strani tizi, con il loro cagnolino biondo e spocchioso, si sono avvicinati alla porta del mio box per portarmi a casa con loro. Inizialmente non mi sono nemmeno scomodato ad alzarmi perché pensavo fossero interessati alla cagnetta rossiccia con la quale condividevo da poco i miei due metri quadri. In fondo, perché avrebbero dovuto essere lì proprio per me, che in quel box ci stavo già da molti anni, otto forse, senza che nessuno avesse mai chiesto di adottarmi. oro erano una giovane coppia, da poco convivente, ed ho saputo in seguito che la ragazza mi aveva visto solo in fotografia alla festa del canile del quale ero ospite. Troppo vecchio per andare alle feste, caro mio. Lei si avvicina, mi indica, mi guarda, parlotta con lui, che scuote il capo. Riparlottano. Lei allunga la mano per accarezzarmi ed io quasi la mordo pensando che voglia darmi un bonbon. Dico che quasi la mordo perché ormai mi rimangono pochissimi denti e chiamarli così è un’offesa per quelli veri, quelli di smalto. Non come i miei che sono tenuti insieme da una corazza di tartaro. Ecco! Me li sono giocati. Se ho morso lei, quella che mi vorrebbe portare a casa, non ho più speranze. Ridono! Ridono e chiedono un guinzaglio. ella mezz’ora successiva do il meglio. Fingo di vederci benissimo. Cerco di stare al passo del loro cagnolino biondo e perfetto, bastardo… anche lui, come me. Sorrido tenendo la bocca ben chiusa
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per nascondere l’alitosi. Fatico molto perché non sono più allenato come un tempo. Ormai ho sedici anni, che per un cane di grossa taglia sono un’eternità. La passeggiata “per conoscersi meglio” è una prova del nove. Bisognava testare il grado di simpatia tra me ed il biondino. Arrivati al canile si parlotta ancora. Si era già parlottato moltissimo durante l’ultima mezz’ora, ma si parlotta ancora. Eccoci al verdetto finale: sarà il mio collega più giovane e fortunato a decidere, annusandomi il didietro. engo lo sguardo basso. Sono emozionantissimo. Sono nelle sue mani. Mi sorride come si fa tra noi cani, annusandomi il didietro. È fatta! È fatta? È fatta… è fatta! Mi sorridono tutti e tre. il ragazzo e la ragazza mi fanno i grattini sulla testa, annusandosi subito dopo le mani e prendendomi in giro per quanto puzzo. Avrei voluto annusarli io dopo anni di galera. Fatte tutte le raccomandazioni del caso, il passaggio di ricette ed una ingente scorta di medicinali per i reni e per il cuore, un paio di firmette qua e là, viene il momento di partire. Un ultimo e poco nostalgico sguardo alla mia vecchia casa, una sistematina alla coperta nel bagagliaio dell’auto, notevoli sforzi per entrarvi e si parte, con i finestrini ben abbassati, che mica profumo di lavanda, io. a mia nuova casa è bella. Spaziosa quanto basta per viverci bene tutti e cinque. Ho anche una nuova sorella, una gatta ancora più spocchiosa del biondino. C’è un cortiletto dove posso prendere il sole e fare i miei bisogni all’occorrenza.
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A dire il vero, ci ho messo un po’ a capire dove andassero fatti, ma nell’errore sono sempre stato perdonato con grandi sorrisi. C’è anche un cuscino gigante che mi aspetta ai piedi del letto in cui dormono tutti, nella nostra camera. Mi ambiento. Imparo. Mi nutro bene. Faccio lunghe passeggiate. Una volta mi hanno persino portato in braccio perché ci siamo allontanati troppo dall’automobile e non riuscivo più a tornare. Sono persino stato a bermi dei grandi aperitivi nei locali di mezza brianza e di milano. ono cresciuto, ma soprattutto sono cresciuti i miei padroni. Che brutta parola padroni. So che anche a loro non piace. I miei compagni. Sono cresciuti come famiglia. Nel mio piccolo gli ho insegnato cosa significa sperare, tenere duro, lottare, soffrire, amare un vecchio decrepito, spegnersi lentamente e morire. Tutte cose che forse già conoscevano o che comunque avrebbero imparato da soli, perché è risaputo che la vita non è tutta rose e fiori. Io li ho lasciati dopo quasi due anni di convivenza, e pensare che in quel settembre in cui ci siamo conosciuti, tutti i miei amici del canile dicevano che non avrei superato l’inverno. Ce l’ho fatta. Ne ho superati due di inverni, finchè anche per me non è giunto il momento di lasciare la verde brianza e questo corpo arrugginito, per ricominciare a correre. A correre e basta.
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L’angolo del pendolare Tre anni : la mail di un nostro lettore che ci invita a riflettere sul tempo. Io passo 3 ore al giorno sui mezzi pubblici. Ho fatto due calcoli veloci. Tanto per capirci: 3x5 ( che sono i giorni lavorativi della settimana) =15. 15x 4( che sono le settimane in un mese) = 60. 60 x 12 ( che sono i mesi in un anno) = 720. Se contiamo che lavoro da 10 anni, sempre nello stesso posto e con le stesse dinamiche, ho già passato sui mezzi 7200 ore. Se divido 7200 ore per 24 ( ovvero le ore che ha un giorno) si evince chiaramente che per 300 giorni sono stato imprigionato sui mezzi di trasporto. Ho trascorso quasi un anno della mia vita sul treno. E questo senza contare ritardi, nevicate, scioperi. E non sono neanche a metà del mio percorso lavorativo: ce ne manca di tempo per la pensione. Mi tocca arrivare all’amara conclusione che, se tutto va bene, ovvero se avrò una vita mediamente lunga e potrò arrivare alla mia meritatissima pensione, allora arriverò ad aver speso circa 3 anni sul treno. Nei suoi primi tre anni di vita mio figlio ha imparato
a camminare, parlare. In tre anni, mia sorella minore, ha preso la laurea breve in lettere. Così, mentre guardavo fuori dal finestrino, l’altra mattina, nel solito girone infernale del mio pendolarismo, mi sono messo a pensare cosa avrei potuto fare in questi 3 anni che mi sono e mi saranno rubati. Forse avrei potuto scrivere un libro, il mio sogno da tempo. Avrei potuto imparare a giocare a tennis. Avrei reso felice mia moglie, portandola fuori a cena più spesso, avrei potuto passare più tempo con mio figlio oppure andare a teatro o a correre nel parco, per tenermi in forma. La mia non vuole essere una mail polemica per i disservizi ( che pur ci sono e che pur mi fanno tanto arrabbiare). Non voglio scrivere dei ritardi, delle macchinette che non funzionano, del fatto che, salendo sul treno a Seveso, non trovo quasi mai posto a sedere. Non voglio lamentarmi dei soliti cafoni che trovo sul treno, gentaccia che urla, puzza, o che non chiude mai la porta dello scompartimento.
La stazione di Milano Bovisa
Io vorrei solo invitarvi alla riflessione, una riflessione sul tempo. Sull’uso che, volenti o nolenti, siamo costretti a farne. Voglio immaginare che esista una magia, che possa teletrasportarmi sul luogo di lavoro, restituendomi questi 3 anni di vita. Non me la prendo con nessuno, a cosa servirebbe? Così è la vita, per me come per molti altri di noi… ma quanto tempo perso! Giacomo da Seveso
LIBERI PENSIERI di Fabio Novara Treno delle 18.10 dalla Stazione Centrale destinazione Seregno, arrivo previsto 18.30, di un giorno qualunque. Mi sono ripromesso di scrivere qualcosa per la rubrica l’Angolo del Pendolare cercando di evitare di cadere nella trappola delle solite lamentele. La giornata lavorativa è finita ed io ho la giusta predisposizione d’animo. Di cosa voglio scrivere? Delle occasioni di socializzazione di cui gode un pendolare? O dei vantaggi e degli svantaggi di spostarsi quotidianamente con il treno piuttosto che con altri mezzi di trasporto? Oppure ancora dei servizi o disservizi che offrono quotidianamente le FS? O forse è meglio se racconto di qualche aneddoto personale? Ma cos’è questo brusio di sottofondo? Alzo gli occhi dal mio taccuino e mi accorgo che la gente seduta intorno a me sta rumoreg-
giando. Cosa sta succedendo? Sono le 18.20 ed il treno che ci deve riportare a casa è ancora ai nastri di partenza. Forse ci sarà un problema sulla linea. Prima o poi l’oracolo metallico che annuncia orari e ritardi si pronuncerà e chiarirà l’inconveniente. I minuti passano e non c’è nessuna comunicazione ufficiale. La gente, nell’incertezza generale, inizia ad innervosirsi. Una signora di mezza età, compagna di pendolarismo, rende partecipe il vagone di una disavventura ferroviaria capitatale nel 1968 alla stazione di S. Maria Novella. Penso subito all’anzianità di servizio di questa eroica collega. Quarantuno anni di onorato pendolarismo e nessuno che abbia mai pensato di premiare la sua costanza e fedeltà al treno con una medaglietta o una spilla da attaccare all’occhiello del cappotto. Sono le 18.40 e finalmente arriva l’annun-
cio tanto atteso: il treno è stato soppresso. E’ solo la terza volta questa settimana, ma siamo già a mercoledì. Siamo ancora in tempo a prendere il 18.45 per Lecco, scendere a Monza ed aspettare la coincidenza per Seregno. Presto detto subito fatto. Una carovana di persone migra dal binario 5 al binario 8 ed in un battibaleno siamo tutti al sicuro sul nuovo convoglio. Il viaggio prosegue poi senza grossi inconvenienti e riusciamo ad arrivare alla meta con solo un’ora abbondante di ritardo. E allora di cosa voglio scrivere? Del treno e delle ferrovie che tra alti e bassi ti permettono per certo di sviluppare una delle virtù oggi più importanti: la pazienza. Ed è tutto gratis (a parte il prezzo del biglietto). Buon viaggio a tutti.
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In cuccia
Potrò venire con te? a cura di Gabriella
Oggi è domenica, sono molto felice, mi aspetta un’intera giornata in compagnia dei miei cari. Per il vero il tempo è un po’ così così, pioviggina, Ugo però con me non si risparmia e non mi fa mancare una lunghissima passeggiata al parco di Monza. Sto benissimo, riesco a sgranchirmi le zampe come piace a me, correndo dietro la palla che Ugo mi lancia e poi che piacere annusare tra i cespugli e le foglie secche gradevoli odorini dei miei simili o di eventuali prede. Purtroppo la pioggia aumenta e decidiamo di rientrare. Prima di mettere le zampe in casa Ugo, per non farmi ammalare, mi asciuga bene con un telo che tiene
sempre pronto per me in caso di cattivo tempo. Dopo una gustosissima pappa decido di rilassarmi sul divano proprio vicino al mio amato padrone che inizia a leggere il giornale. Che pace! Mi distrae dal riposino per comunicarmi e coinvolgermi in due notizie sensazionali. In una regione italiana, mi pare la Toscana, stanno approvando dei regolamenti per la tutela degli animali. Sentite: “ Nelle fiere e nei Luna Park non potranno essere regalati in premio pesci rossi e tartarughine” “Cuccioli di cani, gatti e uccelli non potranno essere esposti nelle vetrine di 4 ore”
due chiacchiere a quattro zampe Ma udite udite: “ Cani, gatti, uccellini potranno seguire i loro padroni nelle case di riposo.” Questo provvedimento, se verrà approvato, sarà riservato a strutture idonee e a persone autosufficienti, ma è un primo passo che permetterà a noi di non staccarci mai dai nostri amati padroni e a loro di non intristire giorno dopo giorno sapendoci affidati a chissà chi. Riflettendo: cosa c’è di più bello che poter far compagnia a chi ci ha amato, curato, continuando con loro il cammino? Potrò venire con te Ugo?
SABATO 13 FEBBRAIO: “TUTTI MATTI PER I GATTI”. ENPA FESTEGGIA I MICI IN CENTRO MONZA “Chi ha inventato i gatti si poteva permettere di sbagliare tutto il resto.” (Mario Migliaccio) Nell’ambito della Festa Internazionale del Gatto, che ricorre il 17 febbraio di ogni anno, i volontari dell’ENPA di Monza e Brianza saranno presenti in centro Monza per tutta la giornata di sabato 13 febbraio dalle ore 9,30 alle ore 18,30 nell’isola pedonale via Italia. Verranno allestito alcuni gazebo dedicati al meraviglioso mondo dei nostri amici baffuti. Esposizioni e informazioni Troverete esposizioni fotografiche a tema, come quello sugli “SfiGatti” del gattile di Monza (ovvero gli ospiti particolarmente sfortunati bisognosi di un’adozione del cuore). Altre cartelli sono dedicati ai residenti della nostra Oasi, quell’allegra banda di gatti selvatici o semi selvatici che per svariati motivi non possono tornare in colonia e nemmeno affrontare un affido a domicilio. Tra loro la famiglia di otto gatti “terremotati” portati a Monza dai nostri volontari al termine della loro missione in Abruzzo a seguito del sisma dello scorso 6 aprile che ha distrutto la loro colonia felina nel centro storico
de L’Aquila. Ci saranno numerosi pannelli e volantini informativi sulle molteplici attività della nostra sezione a favore dei gatti, che siano quelli ospitati presso il gattile, i micetti curati a casa dei nostri volontari e collaboratori nell’ambito del progetto Asilo dei Cuccioli, i gatti soccorsi dai nostri operatori o quelli salvati grazie all’opera del settore maltrattamenti o difesi nei loro diritti dal nostro ufficio legale, e ancora i gatti liberi sterilizzati e poi rilasciati nelle loro colonie feline d’origine…. Altri argomenti spaziano dalle superstizioni riguardo ai gatti neri alla necessità della sterilizzazione degli animali domestici da parte di ciascun padrone responsabile e civile, e ancora come evitare il vostro micio si annoi in vostra assenza ed utili informazioni che sfatano i miti sulla pericolosità delle malattie feline nei confronti dei loro compagni umani. Ricco banco vendita Troverete anche un rinnovato banco stracolmo di simpatici gadget ed accattivanti idee regalo tutti a tema felino, per voi, per i vostri amici e per la casa. Non abbiamo dimenticato che il 14 febbraio e San Valentino! Troverete sicuramente qualco-
sa da regalare al vostro lui o alla vostra lei! Ma perché non fare un dono d’amore originale ed unico: l’adozione a distanza di uno degli animali ospitati presso il canile-gattile di Monza! I nostri volontari saranno a disposizione per spiegare questa iniziativa, oltre ad offrire consigli su ogni aspetto del vostro amico baffuto! Punto Raccolta: l’aiuto più concreto e immediato Sotto i gazebo verrà allestito un Punto Raccolta dove sarà possibile lasciare le scatolette e crocchette per i nostri mici ospiti del gattile, oltre ai plaid e vecchi indumenti in lana o pile. Tra pochi mesi cominceranno ad arrivare i primi gattini orfani e ci prepariamo ad accoglierli
con il latte speciale in polvere per e i micro-biberon che si trovano presso i negozi di prodotti per animali e in farmacia. Sono utili inoltre cibi omogeneizzati con i quali vengono nutriti i micini per alcuni giorni una volta svezzati. Diventate dei nostri: iscrivetevi all’ENPA Al banco sarà possibile associarsi alla Protezione Animali, o rinnovare l’iscrizione per il 2009. I nostri volontari saranno a disposizioni per dare informazioni anche a chi sta pensando di fare volontariato con noi! Per la conferma dell’esatta ubicazione dei nostri gazebo, consultare il sito www.enpamonza.it
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Di tutto un po’
svago giochi curiosità
Texas hold’em: il calcolo delle probabilità A tutti il lettori di Trantran che hanno voluto sperimentare il poker Texas Hold’em sarà sicuramente piaciuta la grande spettacolarità di questo gioco, che attraverso lo schema delle quattro puntate successive e di progetti sempre aperti è in grado di creare momenti di grande tensione ma anche di notevole divertimento. Non bisogna però dimenticare che lo scopo del gioco è vincere, e sicuramente vincendo ci si diverte anche di più.
guire con regolarità simili risultati. Sono fondamentalmente due: la matematica e la psicologia, e ovviamente sempre in combinazione fra loro. La matematica da una parte ci aiuta a capire quali sono le mani migliori dal punto di vista delle probabilità, e quando può essere conveniente o meno entrare in una mano mettendo in gioco le nostre preziosissime chips; la psicologia dall’altra ci permette di interpretare il gioco dei nostri avversari e ci
difficoltà. Abbiamo già detto che il bottone segna la posizione del dealer (il mazziere) e che i primi due giocatori alla sua sinistra pagano rispettivamente il buio (small blind) e il controbuio (big blind); chiameremo queste posizioni BTN, SB e BB. Il primo a parlare preflop, non è difficile intuire, si trova in una situazione piuttosto scomoda. Ha difatti dopo di sé l’intero tavolo e c’è il rischio che gli altri giocatori rilancino e controrilancino in maniera talmente forte
Sappiamo che il poker è per definizione un gioco d’azzardo ma abbiamo anche detto dell’esistenza di giocatori professionisti che costantemente arrivano a premi nei tornei sportivi più importanti, capitalizzando vincite spesso anche molto consistenti, e dimostrando così che (alla lunga) l’abilità al gioco conta più della fortuna. Cerchiamo quindi di capire quali siano gli strumenti che utilizzano i professionisti per conse-
da indicazioni delle probabili mani contro le quali ci stiamo confrontando. Esistono quindi diversi fattori da tenere in considerazione contemporaneamente per cercare di massimizzare le vincite e/o contenere le perdite. Naturalmente le carte sono importanti, ma forse è ancora più importante la posizione al tavolo rispetto al bottone e rispetto ad altri giocatori che per il loro stile di gioco possono crearci delle
da rendere poco conveniente chiamare la puntata e costringendolo a lasciare il piatto e le chips investite. Non per nulla questa posizione viene detta Under The Gun (UTG), più o meno “con la pistola puntata”. Man mano che ci si avvicina al bottone si acquisisce un piccolo vantaggio di posizione, a seconda anche della dimensione del tavolo; chiameremo queste posizioni medie (middle positions) M1, M2 e così via. L’ultima posizione prima del dealer viene detta CutOff (CO), ovvero di “taglio”, perché da lì si può avere più facilmente avere la forza (se la situazione lo consente) di puntare forte e portare a casa il piatto senza neanche vedere il flop. Ovviamente da BTN questo è ancora più facile, ma persino scontato, e molti giocatori ne approfittano per un bluff. Spesso è difficile ipotizzare in mano a BTN delle carte forti proprio per questa ragione, ma se siamo SB o BB e ipotizziamo un rilancio di BTN per rubare i bui è spesso un errore andare a vedere il flop, e potrebbe essere meglio un forte rilancio. Altro fattore importantissimo da considerare è il tipo di giocatori che affrontiamo. È possibile suddividere i giocatori in base al
La saggezza di nonna Elena: Mangiare per vivere e non vivere per mangiare L’uomo a forza di cibi succulenti si scava la fossa coi propri denti! 32
loro comportamento al tavolo da gioco, sia per quanto riguarda l’atteggiamento (la gestualità, le microespressioni, la riservatezza o l’espansività) sia per quanto riguarda le mani giocate e soprattutto il modo in cui vengono giocate (da quale posizione e con quali rilanci). Delle diverse categorie in cui si può suddividere l’universo dei giocatori di Hold’em la peggiore a cui appartenere è quella del Pollo (in inglese Fish - letteralmente pesce, o anche Calling Station). Purtroppo capita a molti neofiti di ritrovarsi esattamente calati in tale ruolo; la curiosità è incontenibile e non si riesce a fare a meno di andare a vedere tutti i piatti anche da posizioni svantaggiose, inseguire progetti spesso improbabili, e continuare a chiamare le puntate altrui (da qui calling station) nella speranza di chiudere fortunosamente un punto. Ovviamente niente di più sbagliato. Un buon giocatore infatti gioca solo
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U.T.Gaber
8 le ho chiesto del grana padano, non una grana!!!
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definisce gergalmente coinflip), e non sempre può essere opportuno giocarsi tutto a queste condizioni. Per evitare quindi di investire eccessivamente in una coppia, che certo è da difendere, bisogna considerare innanzitutto la nostra posizione, e ricordarci che le probabilità di trovare un tris al river sono inferiori al 20%, mentre anche se abbiamo KK la possibilità di trovare delle overcards, cioè delle carte più alte – in questo caso solo A, sono oltre il 35% al river e salgono quasi al 60% con QQ. Tratteremo l’argomento in modo più approfondito al prossimo appuntamento, per il momento buona fortuna al tavolo da gioco e non dimentichiamo il vecchio detto: “se dopo mezz’ora al tavolo non hai capito chi è il pollo... allora il pollo sei tu!”.
le mani dove ha serie possibilità di vincere e normalmente non investe una cifra sproporzionata rispetto a tale probabilità. Per il momento analizziamo le probabilità tra una coppia tipo 77, e due carte alte tipo AK. Rappresentano entrambe un buon punto d’inizio, ma vediamo le reali probabilità di vincita. Nel poker è possibile calcolare esattamente la probabilità di un evento, e la matematica ci dice che nel caso di scontro testa a testa tra queste due mani la prima sarebbe in vantaggio con circa il 55% di probabilità di essere vincente al river, e lo stesso per qualsiasi altra coppia. Una coppia di Q avrebbe circa il 57% e una coppia di 2 il 53%; le differenze sono dovute dalle diverse probabilità di avere sul board due coppie più alte di quella in considerazione, dando così il punto ad AK (doppia coppia + A). Uno scontro del genere sarebbe simile al lancio di una monetina (infatti si
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Dal comune... Teatrino di corte della Villa Reale
Ufficio Cultura Comune di Monza
Villa Reale
tel. 039 2302192 attivitaculturali@comune.monza.it
Teatro Villoresi
Divertimento Ensemble
Piazza Carrobiolo, 8
tel. 02 30907566 / cell. 334 1732400 www.divertimentoensemble.it info@divertimentoensemble.it
Domenica 17 gennaio 2010
Sabato 13 marzo 2010
Sabato 8 maggio 2010
Teatro Villoresi Ore 17.00
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con Fabien Lévy e Yann Robin Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Yann Robin, Fabien Lévy, Ludwig van Beethoven e Robert Schumann
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 presentazione del volume “Musica Corpo Espressione” di Carlo Serra Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Arnold Schönberg e Luciano Berio
Sabato 13 febbraio 2010
Sabato 10 aprile 2010
Sabato 22 maggio 2010
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con Gabriele Manca e Maurizio Pisati Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Domenico Scarlatti/Maurizio Pisati, Elliot Carter, Aldo Clementi, Gabriele Manca e Tao Yu
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con i compositori Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Frédéric Chopin e Tre Partiture selezionate attraverso la prima edizione del Concorso riservato agli allievi di composizione dei Conservatori e degli Istituti Musicali parificati italiani.
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con i tre compositori vincitori degli Incontri Internazionali per giovani compositori “Franco Donatoni” Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Johannes Brahms e dei tre compositori selezionati dagli Incontri Internazionali
Variété, concerto/spettacolo con il mimo Bustric Musica di Mauricio Kagel
Sabato 27 febbraio 2010
Sabato 17 aprile 2010
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con Pasquale Corrado, Federico Gardella e Paolo Perezzani Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto con musiche di Claude Debussy, Richard Galliano, Ned Rothenberg, Albert Roussel, Pasquale Corrado, Paolo Perezzani e Federico Gardella
Teatrino della Villa Reale Ore 20.15 incontro con Andrea Cazzaniga e María Eugenia Luc Ore 20.45 Rondòvino Ore 21.15 concerto dell'ensemble Kuraia (Bilbao) con musiche di David Del Puerto, Gabriel Erkoreka, María Eugenia Luc, Jorge Fernández Guerra, Fernández Guerenabarrena e César Camarero
INGRESSI Concerto e Rondòvino
Prevendita: www.vivaticket.it - call center 899.666.805
ABBONAMENTI Concerto e Rondòvino
Intero € 15 / ridotto* € 10
Gli studenti dell’Istituto Statale d’Arte e del Liceo Musicale Appiani che esibiscono il tesserino d’iscrizione possono usufruire di un ingresso speciale al costo di € 1
Intero € 75 / ridotto* € 50
*ridotto: studenti e over 65
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I vincitori si aggiudicheranno viaggi a Watamu-Kenya, Marsa Alam- Egitto, Sharm el SheikEgitto, Torre Xiare- Trapani
Le sciure
la redazione risponde
Care sciure, lette le vostre risposte precedenti mi date l’idea di essere tipe che la sanno proprio lunga in materia amorosa e quindi mi rivolgo a voi per dipanare un dilemma sul quale anche l’opinione delle mie amiche più care è discordante ed io non so che fare: tacere o non tacere? Mi spiego meglio. Da tre anni sto assieme ad un ragazzo fantastico, carino, simpatico, dolce…perfetto insomma. Il problema è che frivolamente stanca di tanta perfezione sono andata ad incasinarmi la vita e l’ho tradito con uno che è il suo opposto. Ora la cosa fra me e l’altro è chiusa e sepolta (è durata davvero pochissimo) per mia volontà perché frequentando quest’altro ho capito quanto amo il mio ragazzo. Io mi sento una schifezza, e vorrei potermi liberare di questo peso confessandogli tutto. So che è un rischio ma voglio che fra noi regni la sincerità. Che fare? Ovviamente Anonima Cara Anonima, la regola è tacere e sempre tacere! Non è una questione di disonestà, tutt’altro!
Immagino che tu sia devastata dal rimorso ma quando si commette un errore bisogna almeno avere il coraggio di assumersene le conseguenze, senza fare soffrire inutilmente chi ti sta accanto. Se davvero sei convinta di aver commesso un errore che giammai vorrai ripetere perché infliggere un’inutile sofferenza a quel povero ragazzo che non ha colpe? Per lenire la tua coscienza con un suo perdono? E a quale prezzo? Se anche lui dovesse decidere di perdonarti (e ripeto se) tu lo avresti comunque ferito, ferendo mortalmente la sua fiducia in te. E, contrariamente a quanto molti pensano, io non credo sia una cosa che si possa riconquistare nel tempo. Donna avvisata…. Care sciure, ho letto con estremo piacere il vostro articolo dedicato al Texas Hold’em, davvero chiaro e illuminante. Nella mia famiglia è abitudine consolidata di ammazzare la noia del dopo pranzo natalizio con una partitona a carte. Ovviamente a soldi altrimenti con la pancia piena ci si addormenta senza un po’ d’azzardo. Quest’anno io ho proposto il
torneo di Texas Hold’em. Molti cugini e zii hanno aderito con entusiasmo ed abbiamo finito col tirar su un piatto di 250 euro. Morale: HO VINTO!!!!! Grazie Trantran! E’ possibile approfondire l’argomento ed conoscere qualche trucchetto? Alex81 Ciao Alex, davvero complimenti! Come vedi anche in questo numero abbiamo dedicato spazio a questo popolare gioco e non ci fermeremo certo qui, continua a leggerci e scoprirai tutti i trucchi dei campioni. Care sciure, vi prego di pubblicare la mia lettere perché contiene un proposito per l’anno nuovo molto importante e se lo vedrò scritto nero su bianco su carta stampata non potrò proprio più tirarmi indietro. E così faccio felice la mia mamma che insiste. Dalla pubblicazione di questa mia promessa la cosa diventa effettiva: smetto di fumare! VanessaS. Detto fatto, ora tocca a te. Tieni duro.
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Ci vediamo presto!
Il prossimo numero uscirà martedì 23 Febbraio 2010 NUMERI UTILI
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