Trantran N°5/2010

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Mensile - 23 Febbraio 2010 - Anno 2 - Nr. 5

DISTRIBUZIONE GRATUITA

col patrocinio di

IntervistE

Enzo Iacchetti Bebo Storti GIOVANI

Francesca MacrĂŹ Viaggi

Messico Musica

E se tornassero i Soerba? BRIANZA Agliate

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Editoriale

l’hanno scelta come sede della propria abitazione e della propria famiglia per questioni economiche (le case costavano un po’ meno) e di vita (c’era più verde che nel capoluogo lombardo e sembrava perfetta per i bambini, allora piccoli). In realtà per questi immigrati a Monza, Milano è sempre stato il centro dei loro interessi. Prima di tutto perché lì c’era la loro sede di lavoro. Ma non solo per quello: tanti di questi immigrati hanno continuato a gravitare, per anni, su Milano per andare a comprare il prosciutto o per portare gli abiti da lavare in tintoria. E così Monza, per tantissimi, è diventata una città-dormitorio, dove non si sono messe le radici. Avvicinandomi al bancone del bar ordino un caffè e poi chiedo a quelli vicini: “Chi di voi è mai andato in Duomo a vedere la corona ferrea?”. Ecco alcune risposte. “Io, vent’anni fa con la scuola”. “E’ tanto che voglio andarci!”. “Ma dov’è esattamente?”. “Ma è sicuro che si trovi in Duomo?”. “Io ci ho portato il mio nipotino quindici giorni fa”. Il primo monzese da sempre, gli altri monzesi di... riporto (come me del resto). Prima di andare in stazione a porre la mia domanda, ovviamente, dal Duomo sono passato a vederla, ‘sta benedetta corona. C’è una guida, credo filippina, che spiega tutto, la leggenda e la storia, con professionalità, competenza e anche amore. E allora, vi chiederete, cosa c’entra tutto questo? C’entra, perché l’orgoglio, e la gioia, di vivere nel tessuto di una città si vede anche da questi piccoli gesti. Facciamo diventare, tutti, Monza la “nostra” città. Andiamo ad ammirare la corona ferrea (ci vanno anche frotte di giapponesi), camminiamo per l’Arengario con la testa alta per ammirarne la costruzione e non solo per guardare le vetrine che ci sono lì attorno e che offrono gli ultimi saldi. Per scelta o per caso, siamo a Monza e Monza merita il nostro rispetto. A cominciare dalla visione della corona ferrea.

Ripigliamoci la corona di Alfredo Rossi, il Direttore

Direttore Alfredo Rossi Capo redazione Marta Migliardi Redazione Elena Gorla, Adriana Colombo, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Costa, Niccolò, Juri Casati, Gaber Progetto grafico Alessandro Maianti Si ringraziano per questo numero Laura De Blasi, Chiara e Lela, Comune di Carate, archivo fotografico “Il Fotografo” Carate Per contattarci direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Per la pubblicità amministrazione@trantran.net Foto di copertina Ponticello romano (Monza). Foto di Niccolò Rossi

Otto meno un quarto del mattino, stazione di Monza. Apro la porta del bar. Mi sono messo anche la cravatta per darmi un tono. Sono mesi che non ne mettevo più una gettando nello sconforto moglie e figli per un motivo molto semplice: se usi la cravatta chi ti deve fare un regalo e non sa mai cosa regalarti, una cosa da appendere al collo la trova sempre, anche all’ultimo momento, e così se la cava. Mi sono messo giacca e cravatta (con cappotto, cappello di lana e sciarpa, vista l’inclemenza del tempo) perché ho deciso di fare una piccola inchiesta. E se vai a fare domande la mattina presto, in una stazione, forse è meglio darsi un tono anche con l’abito, così non si rischia di passare per uno dei tanti questuanti che chiedono una moneta o di beccarsi un “Scusi, ma non ho tempo, devo correre a prendere il treno”. Lo so, l’abito non fa il monaco (mai proverbio è stato più esatto), ma alla fine ho pensato che così fosse meglio. Il bar è abbastanza pieno e mentre richiudo la porta l’altoparlante sta annunciando: “Il treno delle 7,57 per Milano Centrale viaggia con dieci minuti di ritardo. Ci scusiamo per il disagio”. Sì, è tutto nella norma, ritardo compreso. La domanda che voglio porre è molto semplice: “Chi di voi ha visto dal vivo, andando in Duomo la corona ferrea, vanto e simbolo di Monza?”. Ma cosa mi spinge ad andare a rompere le scatole a un gruppo di infreddoliti pendolari con un simile quesito? Molto semplice. Monza è stata negli Anni 80 e 90 una specie di sirena ammaliatrice per tanti milanesi che

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Sommario

Anno II numero 5 - 23 Febbraio 2010 Distribuzione gratuita - Editore: Trantran Editore S.r.l. Viale Cesare Battisti 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Stampa: Ciemme SpA Cinisello Balsamo (MI)

Editoriale - Al supermercato dell’ecologia Dalla Provincia Clochart - Intervista a Enzo Iacchetti Clochart/2 - Intervista a Bebo Stori Clochart/3 - Intervista a Francesca Macrì Altrove - Messico Bis! - Intervista doppia ai Soerba Verdissimo - Mimosa NonsoloMonza - Carate Brianza I segreti dello chef - Risotto Bacheca Brigantia - Agliate Reality Raccontiamoci - Lambro River Anthology Raccontiamoci /2 - Cristina Sottocorno In cuccia - S.O.S freddo! Di tutto un po’ - Texas Hold’em Dal Comune Le sciure

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Clochart

interviste a volti noti in giro per la Brianza

Enzo Iacchetti: Chiedo scusa al Sig Gaber di Marta Migliardi E’ sabato pomeriggio e me ne sto bella tranquilla spaparanzata sul divano con la mia cagnolina, Alice. Mi arriva, come un fulmine a ciel sereno, un messaggio sul cellulare: Sono Enzo Iacchetti, se vuole ancora intervistarmi adesso sarei disponibile. Balzo in piedi e mi dispero: l’intervista, preparata accuratamente, giaceva negli uffici della redazione. Lezione n.1: una brava giornalista deve essere sempre pronta e, soprattutto, deve andare in giro con una borsa gigante con tutto ma proprio tutto il materiale possibile e immaginabile. Dopo i primi istanti di puro panico, faccio un ripasso mentale delle domande e, dopo essermi fatta coraggio, chiamo. Il numero è occupato, allora rifletto. Sicuramente dovrò dargli del Lei. Anche se Enzo Iacchetti è un personaggio, anzi una persona, talmente nota e talmente familiare, per me come, credo, per quasi tutti gli italiani, che avrei voluto proprio salutarlo affettuosamente e dirgli: “Ciao Enzino, grazie della tua disponibilità”. Non ho fatto niente di tutto ciò, ovviamente. La professionalità e il decoro hanno prevalso su un senso di innato affetto che spesso si prova verso chi, come Iacchetti, da 18 anni entra nelle nostre case con ironia e simpatia tramite la televisione. Lo chiamo e cominciamo la nostra educata chiacchierata e lui si dimostra davvero gentile, così come me lo aspettavo. E’ bello scoprire come il successo non sia sempre sinonimo di arroganza. E’ bello parlare di persone e non di personaggi. Signor Iacchetti, sappiamo che è in tour con uno spettacolo intitolato Chiedo scusa al Signor Gaber. Da dove nasce l’idea? L’idea viene perché io sono un suo amico, anche nella vita. Vorrei, dopo la sua morte, aiutare la gente a non dimenticarlo. Ci siamo un po’ fermati ad autori come Goldoni e Pirandello e spesso, ci dimentichiamo che oggi abbiamo scrittori straordinari. Quando dico “ l’importante è non imitarlo” intendo che bisogna mettere se stessi a disposizione di un testo. Interpretare quindi, non imitare. Infatti Gaber non ha eredi. Ci parli dello spettacolo… Ci tengo a precisare che non è uno

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spettacolo di cover, ma di canzoni che io definisco “in bianco e nero”, quelle che lui faceva come bis in teatro. E contaminate grazie a Tony Soranno e Marcello Franzoso, come se fossero nuove, con suoni moderni, grazie anche all’approvazione di Zucchero e Jovanotti. e che mi abbiano dato le liberatorie per poter usare dei loro brani già utilizzati per contaminare il disco. Fino a metà Maggio saremo in tour, speriamo anche a Monza. Sicuramente a Varese, Milano, Brescia ma anche al sud Italia! Una domanda che le faranno in molti, ma è d’obbligo: che rapporto ha con il sig. Greggio? Solo un buon collega di lavoro o una vera amicizia? Siamo fratelli, non amici. Oramai siamo uniti da diciotto anni, abbiamo anche fatto le vacanze insieme. Certo siamo sempre pieni d’impegni e quando finisce Striscia la Notizia io ho il teatro e lui il cinema e talvolta prendiamo strade diverse, ma siamo davvero amici…

Alcune date del Tour di

Enzo Iacchetti

Chiedo scusa al Sig. Gaber 13 Marzo, Cremona 16 Marzo, Lecce 17 Marzo, Taranto 19 Marzo, Reggio Calabria 20 Marzo, Salerno 30 Marzo, Udine 03 Aprile, Montecatini 12 Aprile, Roma 14 Aprile, Ivrea 15 Aprile, Bergamo 22 Aprile, Brescia 24 Aprile, Cesena 25 Aprile, Varese

Per aggiornamenti e info: www.enzoiacchetti.com Quando uscirà questa breve intervista il Festival di Sanremo sarà terminato. Striscia la Notizia, tutti gli anni, si diverte a dare i nomi dei vincitori in anticipo. Ci dica un po’, per lei chi vincerà Sanremo? Le giuro che io non so neanche chi partecipa! In questo periodo sono davvero pieno di lavoro. Non ne ho la più pallida idea. So che c’è Emanuele Filiberto, che dopo aver ballato con la Carlucci, aver tentato la strada politica ce lo ritroviamo

La copertina del nuovo cd di Enzo Iacchetti anche a cantare Sanremo. Quest’uomo ha fatto davvero di tutto, chissà quali altre “sorprese” ci riserverà… Ci parli dei film L’Ultimo Crodino… E’ un bel film, molto vicino al neorealismo, tipo I soliti Ignoti. Una cronaca reale, che racconta una storia vera che però nessuno ha difeso. Come tanti film belli è sparito dalle sale. Mi dispiace davvero perché in questo film ero in una veste d’attore diversa da come mi si può normalmente immaginare… Il nostro giornale collabora attivamente con l’ENPA di Monza. Sappiamo, anche perché a Striscia la Notizia spesso si fa accompagnare dal suo cagnolino Willy, che anche Lei è molto sensibile alla causa. Lanci un appello di sensibilizzazione ai nostri lettori… La cosa che mi sento di dire, a favore dei cani, è di andare a prenderli in canile. Senza nulla togliere ai cani di razza, i cani che provengono dal canile, che non hanno avuto vita facile e che hanno magari alle spalle storie crudeli di abbandoni e maltrattamenti, sono molto più affettuosi: tu diventi il salvatore della loro vita. A livello di emozioni il cane ripaga l’uomo cento volte tanto. Prima di comprarli nei negozi, andate nei canili: solo con uno sguardo spaccano il cuore! Attacco il telefono e lo saluto gentilmente, sempre dandogli del Lei. Ma niente mi vieta, almeno sulla carta stampata, di salutarlo come avrei voluto: Grazie mille Enzino!



Clochart

interviste a volti noti in giro per la Brianza

Intervista a Bebo Storti: il conte Uguccione è su Marte

di Adriana Colombo

Sono le dieci e mezza del mattino e parto alla volta di Milano e della casa di Bebo Storti: qualcuno mi dice che è presto (devo essere lì per l’una) ma, considerando il mio senso di orientamento cittadino (riesco a perdermi anche con il tom tom!) direi che l’orario è consono anzi, sono quasi in ritardo. Controllo, ho tutto: registratore, microfono, macchina fotografica e, fondamentale, cartina con la via stampata; posso muovermi! Arrivo a casa di Bebo puntuale (dopo essermi persa, malgrado la cartina di cui sopra, almeno un paio di volte) e lui mi spiega che ci siamo incontrati lì, invece che negli uffici del consiglio regionale, perché Bebo padre aspetta il rientro del figlio da scuola a cui deve preparare il pranzo (gnocchi scoprirò più tardi). Mi offre un bicchiere di Sauternes, che ovviamente accetto e, portando il vassoio con i due bicchieri come fosse un cameriere consumato, mi fa strada verso il salotto dove ci accomodiamo, io estraggo il registratore e gli consegno le copie dei numeri precedenti di Trantran, legge sulla copertina del numero due dell’intervista ad Aldo Baglio e gli scappa un sorriso: “Sai che ci conosciamo sin dai tempi dell’oratorio?” ed iniziamo l’intervista. Devo dire che intervistare Bebo è stata un’esperienza curiosa, intanto perché è proprio un’intervista figlia del nostro tempo, infatti il primo appuntamento l’abbiamo preso tramite facebook (è uno di quelli che risponde!) e poi perché ci sono stati dei momenti dell’intervista in cui mi sembrava di avere di fronte i suoi vari personaggi, come se a turno, ogni tanto, avessero spinto per prendere il sopravvento. Iniziamo con una domanda, anche banale, volendo ma d’obbligo: che fine ha fatto il Conte Uguccione? Il Conte so che l’hanno visto su Marte, avendo trombato il trombabile sulla terra è andato su Marte alla ricerca di nuove avventure! In realtà, il Conte non esiste più, io sono contento di quello che ho fatto, è un personaggio che era carino, era bello, era divertente. Con la Gialappa’s stavo bene, perché mi divertivo, io sono sempre stato molto onesto e corretto. I miei sono personaggi popolari, che rappresentano delle maschere vere! Non ho mai fatto il comedians, ho sempre fatto quello che interpreta uno che non è se stesso; che è

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Bebo Storti in una foto di repertorio la cosa che mi ha anche salvato, credo, dal fare troppa televisione in un certo modo. In effetti i tuoi personaggi sono stati dei tormentoni per la mia generazione: Adelmo Stecchetti era un altro personaggio, oserei dire, geniale. Anche perché rappresentavano delle brutture, delle forzature tipiche di quegli anni. Possiamo dire che, oltre a fare sorridere, i tuoi erano personaggi di analisi sociologica?

Sì: il Conte, Alfio Muschio, che era il leghista nero ante litteram, Stecchetti, che era l’azionista mediaset, uno che voterebbe Berlusconi in qualsiasi momento, insomma. Sono quegli uomini da bar: che si vantano di avere mille avventure amorose e non ne hanno una, che vogliono non pagare le tasse e avere la Ferrari, che fanno una vita di merda e non sanno sul piano sindacale neanche da che parte ci si gira e sono razzisti perché hanno paura del mondo. Io volevo rappresentare quello, che poi ci


sia riuscito o meno non lo so. Mi interessa anche relativamente, io ci ho provato: se è andata è andata. Arriviamo un po’ alle tue origini, che per me profana, risalgono al Teatro dell’Elfo al momento di “Comedians” in cui si era creato questo gruppo di comici emergenti per lo più milanesi doc, fatta eccezione per Silvio Orlando, per altro guidati da un regista d’eccezione. La formazione di Comedians era così composta, c’era: lo scomparso, ahimé, Gianni Palladino, nostro amico del cuore, che faceva il bidello, poi c’erano Paolo Rossi, Silvio Orlando, Gigi Alberti, Antonio Catania, Renato Sarti, Bebo Storti e Claudio Bisio; Gabriele Salvatores faceva la regia e nella versione estiva impersonava l’esaminatore che viene per conto di una televisione privata. Noi eravamo avanti, la storia era questa: un gruppo di persone qualsiasi che vuole fare la scuola di comici, c’era Roberto Vezzosi che faceva il nostro insegnante di cabaret, di umanità, di comedians; poi c’era il mondo normale, cioè la gente che facendo cabaret voleva diventare famosa e fare i soldi, niente di male in questo ma, rispetto all’ insegnamento del professore, era un tradimento e un tradimento che viene attuato da alcuni quando l’esaminatore di una televisione privata viene e dice: sì, guardate, il vostro insegnante vi ha insegnato questo, questo e quest’altro però, onestamente, in televisione sono altre le cose che vanno e funzionano. In realtà le mie origini sono un po’ più lontane: io vengo dal teatro dell’oratorio Sant Andrea, quando avevo circa 11 anni, poi ho fatto la scuola d’arte drammatica del Piccolo Teatro poi sono stato socio di cooperative, ho fatto tantissima Commedia dell’Arte che ancora vorrei fare: nello spettacolo mio e di Renato Sarti “Io Santo tu Beato” io faccio Padre Pio, una specie di Balanzone pugliese, lui fa Pio XII, una specie di Pantalone pedante latinorum. Ho fatto un po’ di tutto. Un po’ di tutto, sì! In effetti, guardando la tua filmografia ho notato che sei in “Kamikazen”, che è un film che nella mia generazione ha lascito un segno, con il cast formato da tutti voi di Comedians, con l’apparizione di Aldo e Giovanni (di Aldo, Giovanni e Giacomo) e di Nanni Svampa; i dialoghi curati da altri due “mostri sacri”: Gino e Michele. A questo proposito “Kamikazen” è stato fatto e si chiamò così perché Griffiths, o non so chi per lui, che era l’autore di Comedians, non ci diede i diritti per fare un film che si chiamasse Comedians. Questa fu

un po’ la fortuna di “Kamikazen”, perché fummo costretti a improvvisare: ognuno scrisse le sue parti, con il coordinamento di Gino e Michele, di Gabriele Salvatores, di Monteleone. Fu un lavoro molto d’équipe, molto diverso da quello che sarebbe stato Comedians. Credo che se avessimo fatto il film Comedians, nella testa di Gabriele ci fosse lo spettacolo che diventava film. Così è stata un’altra cosa: ci sono state tante cose belle in quel film. Scorrendo poi la tua lunga filmografia, spicca un film che è stato anche definito di “interesse culturale nazionale” che è: “A casa nostra” di Francesca Comencini. Sì, un po’ di film li ho fatti. Alcuni, secondo me bellissimi altri, onestamente, non mi appartengono. Quello della Comencini, che io stimo e adoro, perché lei è una donna straordinaria e una regista bravissima, è uno dei film a cui sono più affezionato; insieme a quello di Manfredonia, “Si può fare” e ad “Amnesia” di Salvatores, sono i tre film tra quelli che ho fatto, che mi riguardano di più. Altri sono due corti “Nanà” e “Zoè” di Beppe Varlotta che è un regista astigiano bravissimo, che adesso sta passando dei momenti difficili, perché nessuno lo produce: uno sulla vita dei cercatori di tartufi e l’altro una storia di partigiani, SS e tradimenti in cui faccio la parte di un brigante, un borsaro nero, veramente un BIP senza precedenti(ndr ognitanto la foga del compianto Conte viene fuori). Ma, tutto nasce dal fatto, ti anticipo la domanda, che una volta fatta la televisione ed avere avuto un certo tipo di successo; dopo aver scritto il libro, fatto il film ispirato al mio personaggio che era “La vita è un gioco” con Campus, film molto carino, in cui si parla di amicizia, di gioco d’azzardo, di Toscana ecc. ecc., ho avuto come una reinvoluzione all’incontrario. Mi sono ricordato di quando andavo al cineforum e finito il film ne parlavamo: era una cosa che non si faceva più. Mi sono detto: la gente secondo me ha bisogno di andare a teatro come al cineforum e, con Renato Sarti, l’amico di tante avventure, che fonda la compagnia Teatro della Cooperativa Niguarda, nasce “Mai morti”: che è lo spettacolo sulla X Mas. Che poi non è sulla X Mas ma è sul ventennio fascista. Ancora oggi viene la Digos ad assicurarsi che nessuno ci tiri una bomba in teatro. Insomma nasce questa collaborazione di teatro civile che annovera: “Mai morti”;“Nave fantasma”, sui 283 morti nel canale di Sicilia la notte di Natale 1986, sul disconoscimento quindi, da parte dello Stato, del migrante come figura di essere umano. Con “Nave

Bebo in “Mai morti”. Foto Bruna Ginammi fantasma”, “Mai morti” e con “Io Santo, tu Beato” che è lo spettacolo sulla Chiesa, contro un certo tipo di Chiesa. Tutte le volte abbiamo pensato: bene facciamo lo spettacolo, segniamo una tacca, da qui andiamo avanti, non sarà più così: invece puntualmente ogni anno si ripropone un problema coi fascisti, un problema contro i migranti, un problema con la Chiesa, sempre così presente nella nostra vita civile. Pensa che in Francia festeggiano il giorno in cui lo Stato e la Chiesa si sono separati e gli hanno dedicato una moneta da venti euro d’oro e d’argento. Noi siamo ancora qui a discutere se il Cardinale Tettamanzi può essere cazziato dalla Lega o se un prete può dire ad un magistrato se può tenere un crocifisso nell’aula in cui svolge i processi. Quindi, il tuo è stato, per così dire, un percorso a ritroso, un ritorno alle origini? Sì, da parte mia c’è stato come un voler tornare indietro. Quando ho iniziato a fare questo lavoro, l’attore,non ero mosso dalla voglia di successo, dalla voglia di essere ricco, non me ne fregava un BIP, per altro non lo sono. La cosa che mi piaceva era il poter dire alle persone delle cose e che loro, uscendo di casa e non guardando la televisione, venissero a parlare con me e con se stessi di qualcosa. C’è una bellissima frase, di un partigiano triestino nostro amico, che ancora oggi spero sia vivo, che dice: non c’è bisogno di deportare le persone e metterle sui treni oggi basta lasciarle davanti alla televisione. La deportazione mentale, il piano Gelli, fondamentalmente, è partito. Molti di quelli che leggono anche questa rivista non sanno chi è Gelli, io vi consiglio di informarvi. Andate in internet e fate delle ricerche sulla commissione d’inchiesta che Tina Anselmi, come Presidente condusse per diversi anni sulla loggia P2 e, domandatevi anche, perché l’Anselmi è stata dimenticata dal mondo politico.

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Parliamo di cose un po’ più ludiche. Voci di corridoio, mi dicono che tu sei un patito di Texas Hold’em. Noi abbiamo aperto la scuola sulla nostra rivista (Ma daaaaiiiii a commentare sembra proprio Adelmo Stecchetti) ebbene sì e volevamo sapere da te il tuo rapporto con questo gioco. Io parlo del Texas hold’em dei circoli, cioè di quei luoghi dove la gente si trova e fa tornei da 100, 50, 30 euro, luoghi normali e tranquilli dove vai e trovi più o meno gli stessi iscritti, dove il poker è un divertimento non una spesa. Poi, se uno vuole andare a Praga, a Barcellona, a Las Vegas a fare tornei da migliaia di euro buon per lui. Ma il poker sportivo, io scrivo anche per una rivista online, è quello dei circoli, della gente normale: così io l’ho conosciuto e così l’ho cominciato ad amare ed apprezzare. Io sono un pokerista, a casa mia su quel tavolo che è davanti a noi una volta a settimana per qualche anno abbiamo fatto dei poker molto leggeri, molto easy io, Paolo Rossi, Renato Sarti, Palladino e altri amici che venivano e giocavano (ndr per un attimo guardando il tavolo rettangolare, mi immagino la scena e mi scappa un sorriso, chissà quante risate, un po’ come quelle che ci facciamo noi quando giochiamo in redazione) era sempre una roba veramente molto leggera: era bello trovarsi intorno al tavolo, mangiare due patate, bere un goccio di vino, un pezzo di panettone, un cioccolatino, un bicchiere di whisky, due cazzate: (e riecco il conte) come sta la tua ultima BIP, chi è quella? E poi, alla fine, si giocava anche a poker! Secondo me il senso del poker è questo! In questo momento, non posso fare ancora i nomi perché preferisco mantenermi ancora sul vago, sto cercando di fare partire iniziative che uniscono il poker alla beneficenza: cioè il poker si riabilita agli occhi della gente, che lo vede come una cosa oscura, fatta nei circoli fumosi, dove si spendono i patrimoni. Il poker può essere anche un’altra cosa: un momento di aggregazione.. Visto il gruppo con cui giocavi a poker, sfatiamo questo mito per cui i comici sono comici sul palco, ma poi orsi, tristi, quasi depressi nella vita privata? (su questa risposta mi sembra proprio che gli compaia in testa anche la parrucca e il Conte riatterri da Marte…) Questa è una BIP! Se è vero che i comici sono tutti a casa, tristi, che leggono i libri su Hengel e Marx, si menano i marroni con la filosofia vuol dire che tutti gli attori drammatici sono dei gran cazzoni. Niente è vero, niente è falso: uno è un essere umano, poi se ama far ridere avrà una visione della vita particolare, credo. Sono quei luoghi comuni per cui se sei dell’Islam sei un terrorista, o se sei cattolico, allora

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ti metti il cilicio! Il luogo comune vero e grave è che delle veline diventano ministro o parlamentari! Una volta dovevi fare la scuola quadri del partito, impegnarti, fare attività sindacale, farti un mazzo incredibile e quando avevi intorno ai 35/40 anni, più 40 che 35, cominciava la tua carriera politica e magari andavi a fare il sottosegretario in un consiglio regionale, quindi, ti rifacevi il mazzo per altri 10 anni, dopodiché a 50 potevi ambire ad un posto in politica: ma dovevi essere bravo e dovevi esserti costruito il tuo elettorato ed avevi avuto almeno 20/30 anni per studiare i problemi veri: inquinamento, le politiche sociali, il mondo del lavoro.

Immagine tratta da “Tu Santo, io Beato” A questo punto nasce naturale la domanda: l’esperienza di Bebo politico. E’ stato bello perché ho conosciuto della gente che ci crede, preparata, brava, che si fa un gran mazzo. Io mi sono potuto impegnare al 70% delle mie possibilità, perché ho anche un altro lavoro, ma ho dei collaboratori in ufficio che sono bravissimi e che mi hanno aiutato a restare aggiornato, soprattutto su tutti i lavori di commissione, dove vanno al posto mio. Dal punto di vista politico ho prodotto, con i miei collaboratori, davvero tanto: 8 PDL (ndr Progetti di Legge); ho girato 3 documentari: centri sociali, carceri e migranti; ho preparato molte mozioni, interrogazioni, ordini del giorno che sono rimasti inesausti perché essendo io di sinistra...Poi sto cercando di fare vivere questa rete: MAI, Movimento Antifascista Italiano, che è un luogo dove la gente semplicemente comunicando e parlando attraverso facebook, myspace, i blog si tiene informata e tiene una specie di termometro antfascista del territorio: tutto qua. Prima parlavamo del poker, e ancora prima di iniziare l’intervista di Aldo e dell’oratorio Sant’Andrea. Raccontaci un po’ dei tuoi rapporti con gli altri comici con cui hai lavorato e che sono degli altri pezzi da 90. Allora Renato (Sarti) l’ho conosciuto ai tempi di Comedians nell’85, insomma, sono passati un po’ di anni e siamo amici da allora. Paolino l’ho conosciuto ai tempi del Teatro degli Eguali: io e Paolo Rossi abbiamo fatto un Calapranzi di Pinter

insieme, con cui abbiamo girato l’Italia, credo ci abbiano dato anche un premio per il miglior Pinter dell’anno. Bè, Aldo e Giovanni li conosco dai tempi dell’oratorio: giocavamo a pallone insieme, poi io ho fatto la scuola d’arte drammatica, loro hanno fatto la scuola di mimo, mi sembra all’Arsenale. Hanno sempre avuto la testa fine! Io li ho battezzati, con affetto e spero non se la siano presa, i “Vanzina del terzo millennio”, perché loro sono l’evoluzione in bene di un certo tipo di cinema. L’ho detto in un paio d’occasioni, credo se la siano presa, mi auguro che non sia vero, perché il mio è un complimento. Perché tanto quanto i Vanzina hanno rappresentato un certo tipo di cinema popolare e populista negli ultimi 20 anni del secondo millennio, così loro potrebbero essere i Vanzina, tra virgolette, dei primi anni del terzo millennio, tutto qua. Botta e risposta: il Festival di Sanremo? (Risponde il Conte) Sanremo fa BIP. Un tuo pregio e un tuo difetto. Il pregio non lo dico, il difetto è che sono pigro. Un aggettivo per definirti. Ne scelgo tre: pirla ma simpatico...onesto. Tu con Monza e la Brianza, che rapporto hai? Bè a Monza viveva Gianni Palladino, il mio amico, il nostro amico, l’amico di tanti: il giorno del funerale a Monza c’era una marea di gente, una marea di persone, tutti lo conoscevano. A Monza ho fatto una serata d’appoggio in campagna elettorale (ndr. Ricordo che tranquillizzava gli elettori: “Se la matita inizia a parlarvi: non vi preoccupate è Fassino”), a Monza viveva Elio De Capitani, se vive ancora lì, la mamma era sicuramente di Monza. Poi a Monza c’è un bellissimo negozio di fumetti, dove ora però non vado più perché ne ho trovato uno a Milano. Monza dovrebbe cominciare a differenziarsi da Milano per qualche cosa e, soprattutto, dovrebbe prendere la Villa Reale e restaurarla, darle nuova vita. È un luogo immenso e meraviglioso che potrebbe essere destinato a tante cosa, anche per opere di bene, invece mi dicono che stia deperendo. Un saluto ai nostri lettori… Un modo di dire che mi ha ricordato ieri un mio amico e che diceva sempre anche mio nonno quando si discute, si parla tanto su una cosa, poi non si decide mai niente: l’è tua, l’è mia, l’è morta l’umbria, è tua, è mia, è morta l’ombra. Che vuol dire: a forza di discutere è morta l’ombra, cioè è andato via il sole e s’è fatta sera. Ed è ora di andare a casa.


Clochart

interviste a volti noti in giro per la Brianza

Francesca Macrì: largo ai giovani! Ogni domenica, al fianco di Alessandro Cattelan, ci fa ridere dagli studi di quelli che il calcio, il fortunato programma condotto da Simona Ventura. La stagista più popolare di Rai Due, Francesca Macrì, si racconta per noi e scioglie l’annoso dilemma: ma quella biondina ci è o ci fa? Francesca, iniziamo proprio da lì: parlaci di questa tua esperienza a Quelli che il calcio e di come nasce questo simpaticissimo personaggio della stagista Io sono a Quelli che il calcio da settembre, oramai è trascorso qualche mese e posso dire che mi trovo veramente bene. Immagino che lavorare con Simona Ventura sia il sogno di tutti quelli che vogliono fare televisione. Io, infatti, ne sono felicissima per un duplice motivo: perché Quelli che il calcio è una vetrina molto importante, e perché durante la registrazione del programma si ha modo di imparare davvero tantissimo di questo lavoro guardando Simona all’opera. L’idea del personaggio della stagista, in realtà, è nato proprio da questo, dal fatto che io realmente voglio imparare il più possibile da lei e perciò il personaggio della stagista di Simona Ventura è venuto a delinearsi anche se in realtà a livello embrionale il personaggio comico esisteva già dai tempi in cui lavoravo per All Music ne Lo show più buono che ci sia condotto da Gip ed ha continuato a a prendere contorni più definiti come valletta strampalata di DJ Angelo nel programma Scorie , sotto la conduzione di Nicola Savino. E’ con Dj Angelo che è nato il personaggio della biondina sulle nuvole, che non sai mai se ci è o ci fa!

E come ti sei trovata a lavorare al fianco di un personaggio così surreale, al limite fra il comico ed il cinico, come Gip? Forse sarò sempre stata fortunata ma io mi sono sempre trovata benissimo con tutti coloro con cui ho avuto modo di lavorare. In quegli incontri professionali ho avuto modo di imparare molto da tutti e, anche dal punto di vista umano ho avuto la fortuna di andare davvero sempre d’accordo con tutti. I tuoi personaggi dimostrano una comicità naturale, innata: come hai scoperta questa tua vena comica? In realtà è sempre stato così. Da che ho memoria e per quello che mi raccontano i miei genitori fin da piccola mi ha sempre divertito fare ridere gli altri. Poi crescendo e lavorando, anche grazie all’aiuto di un bravissimo autore come Dario Paietta, ho cercato di affinare la mia comicità innata.

costanza e io, in questo periodo, di costanza nello studio proprio non ne posso avere. Mi sembra più onesto riconoscerlo.

So che studi ingegneria. Come riesci a conciliare il lavoro nello spettacolo con degli studi così impegnativi? In realtà ora lo studio è in stand-by, perché il lavoro in quest’ultimo periodo mi sta impegnando parecchio. Quando si fa qualcosa bisogna dedicarcisi appieno. Io, per quest’anno, dato che ho avuto un’opportunità professionale così importante ho deciso di dedicar mici completamente. Anche se sono in tv solo un giorno a settimana in realtà il lavoro che sta alle spalle del programma non impegna solo la domenica ma richiede davvero una lunga preparazione settimanale. L’università, poi, è un’altra cosa che va fatta con impegno e

In questi giorni non si parla d’altro che del cosiddetto “caso Morgan”. Immagino tu abbia sentito parlare delle sue dichiarazioni sull’uso delle droghe. Abbiamo visto che già in una puntata di Quelli che il calcio avevi fatto uno sketch su Morgan, che, fra l’altro è anche amico di Simona Ventura con la quale ha lavorato per due edizioni di X Factor. Cosa pensi di tutta questa faccenda? Penso che comunque, se anche uno fa uso di certe sostanze, non dovrebbe mai rilasciare dichiarazioni del genere in quanto rappresenta un pessimo esempio per tanti ragazzi che lo prendono a modello. Tutta questa vicenda proprio non mi piace.

La bellissima Francesca Macrì In internet ho visto il video della tua partecipazione al programma Veline, il programma che altro non era che la grande selezione per le veline di Striscia la Notizia. Come mai avevi deciso di parteciparvi? Ho partecipato a Veline alla ricerca di un’occasione professionale. Speravo di darmi visibilità. E’ stata un’esperienza di quelle che a meno di vent’anni ci può stare! Tuttavia poi, nei due anni e mezzo seguenti, il mio percorso è stato diverso ed io sono molto contenta che sia andata così. Grazie Francesca Grazie a voi ed un saluto a tutti i vostri lettori. Seguitemi a quelli che il calcio perché ho intenzione di farvi ridere ancora molto!

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Speedy Pub Monza Speedy Pub via Appiani 22/a 20052 Monza - MB Tel. 039 321663 Apertura: da lunedĂŹ a sabato dalle 11.00 alle 2.00 Giorno di chiusura: domenica www.speedypub.it 12


Altrove

racconti e consigli di viaggio

Messico: la fine del mondo e i sorrisi di Marta Migliardi

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artiamo da un semplice presupposto: io amo il Messico. E, come spesso accade quando si ama, a volte l’obbiettività latita. Sono stata in Messico almeno venti volte, vivendoci per un anno, per lavoro, e tornandoci tutte le volte che mi era concesso. Come un amante disperato dalla distanza, lacerato dai ricordi e spiazzato dall’assenza. Scriverne è davvero arduo, perché tante, troppe sono le cose che mi hanno stregata di questo paese vivace e magico. Mare, natura, cultura e storia: pochi posti al mondo riescono a offrire così tante ricchezze tutte insieme. Essendo, inoltre, un paese molto vasto, mi dovrò concentrare nella descrizione della penisola dello Yucatan, affacciata sul Mar dei Caraibi e impreziosita da molti siti archeologici della antica civiltà Maya. a vita dei Maya, così come la loro religione, era incentrata sul naturalismo, come riportato anche nei testi antichi, la loro filosofia si può semplificare con questa frase: l’uomo è un tutto armonico con l’ambiente. Così, questa armonia è palpabile anche presso i principali siti archeologici dello Yucatan. Il più famoso è senz’altro Chichén Itzá, al nord della penisola, le cui rovine si estendono per più di 3 km quadrati. Qui spicca la più famosa piramide a gradoni precolombiana, Kukulkan, dove agli equinozi di primavera e d’autunno, al calare e al sorgere del sole, gli angoli della piramide proiettano un’ombra a forma di serpente piumato, Kukulkan appunto, lungo la scalinata nord. a piramide di Kukulkan è essenzialmente un preciso e strabiliante misuratore del tempo, gli astronomi degli antichi Maya avevano previsto precisamente, più di 1500 anni fa, l’esatto allineamento della Terra, del Sole, dell’ammasso stellare delle Pleiadi e del centro della nostra Galassia, arrivando a formulare la teoria del 2012, oggi molto seguita e chiacchierata, ovvero che il 21 dicembre del 2012 vi sarà la fine del mondo che per i Maya coincideva con il ritorno di Kukulkan, la divinità serpente. empre all’interno del complesso di Chichen Itza si può ammirare il campo della pelota (il gioco della palla degli antichi Maya) Si tratta del più grande campo per il gioco della palla di tutta la mesoamerica, lungo 166 metri e largo 68. Le mura che

chiudono i lati lunghi sono alte 12 metri e sorreggono al centro anelli di pietra intagliata con figure di serpenti intrecciati. Imperdibili anche Cobà, immersa nella foresta, la più alta piramide dello Yucatan. e le rovine di Tulum. Il sito archeologico di Tulum, infatti, situato sulla riviera Maya, con i suoi monumenti a picco sul mare dalle verdi sfumature, è un luogo di bellezza ineguagliabile. er gli amanti della natura consiglio, invece, la visita alla riserva naturale di Sian Ka’an” che, tradotto dalla lingua Maya, significa”dove il cielo è nato” o “dono del cielo”. Dichiarata patrimonio

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mondiale dall’Unesco, questo ecosistema caraibico consente di effettuare molte attività: dallo snorkeling al bird watching. Come avrete capito la bellezza del Messico è imprescindibile dalla sua storia: l’influenza dei Maya è ancora molto presente, palpabile non solo nelle sue espressioni architettoniche ma anche e soprattutto nella filosofia esistenziale che è rimasta impressa in questo popolo. Infatti una delle esperienze più emozionanti che ho vissuto qui, è stata la cerimonia Temazcal, nel centro cerimoniale di Dos Palmas. Per la cultura antica , entrare nel Temazcal (che significa bagno di vapore) era sinonimo Il rito a Dos Palmas

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Coco Bongo, la discoteca più grande del Messico, dove è stato girato il film “The Mask” e dove, ogni sera, vengono proposti spettacoli di arte varia. Vi ho parlato delle rovine Maya, dei riti magici, delle bellezze naturali, contornate dal Mare dei Caraibi. a il Messico è molto di più. Il Messico è Juanito, un bambino orfano, che vive con la vecchia nonna e che si guadagna qualche soldo facendo muovere lo stomaco a ritmo di musica e sorridendo, anche se gli mancano due denti. Il Messico è Pablo, il cantante di un gruppo per turisti, che con i suoi occhialoni da sole scuri, che porta giorno e notte, è convinto che un giorno sarà famoso come Bono Vox degli U2. Il Messico è Enrique, la guida turistica che mi ha accompagnato in tutte le escursioni, alto un metro e 50, con il collo tozzo e un universo misterioso dentro l’anima che fa illuminare il suo viso, quando parla del suo popolo, i Maya. Il Messico è Manuel, 23 anni e 4 figli, che quando lo vedi passare con loro, non capisci chi è davvero il bambino, perché i piccoli sembrano già grandi, esperti di vita, e i grandi sembrano sempre bambini che nascondono le loro disgrazie e i loro problemi dietro quel sorriso. he non è un sorriso falso o di circostanza. E’ il sorriso di uomini che amano la vita e amano la loro terra, la natura. E’ il sorriso di un popolo che si porta millenni di storia e di contraddizioni sociali sulle spalle, con orgoglio e con amore. Il Messico è questo: il saggio sorriso di chi la vita la vive davvero e la ringrazia ogni giorno.

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di entrare nel grembo di Madre Terra, e l’ atto di uscirne significava rinascita e purificazione. Lo Shamano, con le sue mani lunghe e affusolate, mentre ripeteva incessantemente delle orazioni rivolte agli spiriti degli avi, bagnava con acqua di fonte delle pietre vulcaniche incandescenti che producevano un vero e proprio bagno di vapore. Questa cerimonia dura 4 ore. E, siccome prima di essere immersi nel vapore, ci avevano anche fatto bere un bicchiere di vino, per spalancare i nostri sensi, devo dire che la sensazione finale è stata davvero mistica. Ci sarà sicuramente una componente turistica non indifferente ma le atmosfere sono autentiche e molto suggestive. Per il vostro soggiorno non ho alcun dubbio nel consigliarvi una delle tante Pousade che si trovano a Playa del Carmen.

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Un tratto di spiaggia della località di Tulum

laya del Carmen è uno spazio costruito a misura d’uomo. Le case sono basse e colorate e si sente ovunque un odore intenso di carne di pollo e di maiale messe a cuocere. Le bancarelle ondeggiano nel caldo, trasbordanti di coloratissime coperte e collanine magiche. Impreziosita da decine e decine di locali in legno di palma, la piccola città mi ha conquistata irreversibilmente. Anche la sera, questa località offre musica dal vivo, locali sulla spiaggia, dove sorseggiare amabilmente un buon cocktail, con i piedi piantati nella sabbia. Cancun, invece, che dista circa un’ora da Playa del Carmen è meno caratteristica. Ha subito, infatti, una forte influenza statunitense e per tipologia di edifici e stile di vita assomiglia sempre di più a Miami. Certo se siete giovani e avete voglia di passare una nottata un po’ pazza, non potete esimervi dall’andare al

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Bis!

teatro, musica ed eventi a Monza & Brianza

Soerba: the pop is love, intervista doppia di Marta Migliardi Correvano gli anni 90. In una Monza che fremeva di idee e creatività nascevano i Soerba, gruppo composto da Luca Urbani e Gabriele D’Amora. Uno biondo e uno moro. Due intelligenti e sensibili anime del pop, che si sono distinti senz’altro per i testi raffinati e arguti. Forse testi non per tutti. Di certo vi ricorderete il loro brano più famoso I am happy, che fu primo in classifica nelle programmazioni radiofoniche per tutta l’estate del 1998 e li ha portati anche sul palco del Festivalbar. Un tormentone, nel senso buono del termine, perché dietro ad un ritmo pop/gioviale, nascondeva,

Luca Urbani

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a mio avviso, una sfumatura tragicomica molto raffinata e ben studiata. Un’ironia rappresentata anche nel video che si trova ancora oggi su youtube. Nel 1999 i Soerba approdano a Sanremo Giovani, nell’edizione condotta da Fabio Fazio e nel 2002 pubblicano il loro ultimo album B-side, preceduto dal singolo Un po’ d’aria. Tutto sembrava andare per il meglio, ma nel 2003, il gruppo si scioglie. Che fine hanno fatto i Soeba? Intanto informiamo tutti i nostalgici fan che il 26/02/2010 uscirà, solo per il digitale

(itunes, amazon), Sviluppi Urbanistici una raccolta dei provini dei Soerba dal 1995 al 2000. Sappiamo anche che Stefano Duchi ha scritto la loro biografia che sarà presto disponibile ( per maggiori informazioni visitate il sito www.karusonet.com ). Abbiamo quindi voluto incontrare Luca e Gabriele per soddisfare la curiosità di molti di voi lettori e vecchi fan, cosa stanno combinando adesso i Soerba? Torneranno a fare musica insieme? Ecco a voi una simpatica intervista doppia, in stile Iene…

Nome Luca Gabriele D’Amora Soprannome il biondo “il Gaber” Da che città vieni? Monza Monza Dove vivi? Sempre a Monza Cernusco Lombardone Età 36 Saggia Stato civile Eterno celibe Poco Destra o sinistra? Sinistra Dipende dal punto di vista Da quanto tempo vi conoscete? Mmm dal 90 quindi vent’anni Una vita Chi sono i Soerba? Un’entità aliena che fa pop Luca e io non troppo commerciale La tua canzone preferita dei Soerba? La bellezza Normale tu Perché? Non mi stanca... Mi emoziona Ed è un giusto equilibrio tra testo e musica Dove sono finiti i Soerba? Nel cassetto Uno qui, uno lì Cosa vi ha lasciato il successo? Di non prendersi mai sul serio Esperienza Cosa pensi dei talent show? Beh x factor l’ho guardato Oddio! tutte e tre le edizioni ... più per Marco (Morgan) che altro ma alla fine (in generale) sono programmi che stancano e che portano poco alla musica


Di cosa vi occupate adesso? Lavoro in uno studio sala Faccio cose... vedo gente... No prove a Monza (Frequenze) vabbè, a parte scherzi ho uno e sono socio insieme a styloo e studio di registrazione, scrivo garbo di una piccola etichetta qualche musica per documen(Discipline) tari e simili e ho prodotto recentemente un paio di artisti. Al momento sono in contatto con una piccola etichetta americana e dovremmo chiudere un accordo di distribuzione entro breve. Un pregio di Gaber? L’intelligenza’ La sintesi Un pregio di Luca? Boo Il distacco Un difetto di Gaber? È violento eh eh A volte sono un po’ irruento Un difetto di Luca? Eternamente addormentato Il distacco Un aggettivo per descrivere la tua esperienza a Sanremo nel 1999? Divertente Extraterrestre Chi conduceva? Fabio Fazio Fabio Fazio Chi vince Sanremo quest’anno? Non so manco chi c’è .... Non saprei E tra i giovani?

Favorevole o contrario: alla liberalizzazione delle droghe leggere Favorevole Favorevole all’eutanasia Favorevole Favorevole al processo breve Contrario Se fosse veramente il processo breve... alle coppie di fatto Favorevole Favorevole Progetti futuri? Un album solista in cantiere... Fare cose, vedere gente... Salutate i nostri lettori Brianzoli….. Ciao ahahahahaha eh mmm Ciao ciao! lunga vita e prosperità

Grabriele D’Amora

Anche li non saprei... diciamo che Idem, speriamo in un po’ di lavoro a frequenze di sera ecco buona musica... Il personaggio dello spettacolo che più ami? Se è spettacolo televisivo in Madonna senso stretto direi Fiorello. Se devo fare l’alternativo pop Guzzanti Sabina Quello che ami di meno? Filiberto di Savoia Lo trovo talmente insopportabile che l’ho rimosso Definisci con un aggettivo il “caso Morgan”? Folle Imbarazzante Tornerete mai a lavorare insieme come Soerba? Possibile Improbabile ma non impossibile Suggerite ai nostri lettori l’ascolto di un album di musicisti esordienti… Anche se sono di parte C’è un gruppo di rockers Stardog - Oltre le nevi di monzesi molto bravi, Piazza Vetra si chiamano NUV. Definisci con un aggettivo: il panorama musicale in Brianza Mah e ri mah... Interessante mmm silenzioso? la vita notturna a Monza Tranquilla Deprimente gli anni 80 Bugiardi The fabulous

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Bis!

teatro, musica ed eventi a Monza & Brianza

AIM: dalla Brianza al centro dell’Europa di Fabio Paolo Costanza

Suoni ricercati e distorti, ispirati ai Sigur Ros e ai Radiohead più sperimentali: ecco gli AIM. Mani in fiamme sugli strumenti, dionisiaci, invasati, infuriati: su ogni palco, piccolo, medio, enorme, sempre gli stessi AIM. Il trio brianzolo (Marco e Matteo Camisasca, gemelli di Cesano Maderno, e Marco Fiorello, di Verano Brianza) ultimamente sta cominciando a fare sul serio, e la voce sta cominciando seriamente a girare. E non solo all’Estero. Come capita a molti gruppi nostrani che si “convertono” alla lingua inglese, anche per gli AIM le soddisfazioni maggiori sono, infatti, giunte dall’estero. Tour di successo in Germania, Austria, Svizzera e sopratutto in Repubblica Ceca, dove sono stati definiti “band emergente dell’anno”. L’unica patria degli AIM è, infatti, il palco. E chi li ha visti live ve lo confermerà: un concerto degli AIM

è un esperienza che vale. Negli ultimi 3 anni hanno collezionato centinaia di concerti (dalla bettola salentina al “Colors of Ostrava” in Repubblica Ceca, dalla provincia campana a Lipsia, passando per Praga, Brno, Roma, Vicenza, Pisa, Napoli e innumerevoli altre città italiane, ceche e tedesche). Spitits Of Your Tide, l’ultimo album della band uscito a fine 2008 per Via Audio Records, esce infatti proprio quest’anno in Germania per l’indipendente ZYX. La copertina di “Spitits Of Your Tide”

CO.CO.CO. Artista Contemporaneo Cercasi

In alto a destra gli AIM

Le Date Del Club Tour 25/02/2010 - Cantu’ (Co) All’Unaetrentacinquecirca 05/03/2010 - Brescia (Bs) Latteria Artigianale Molloy 12/03/2010 - Cusano Milanino (Mi) Club Giallo 13/03/2010 - Verderio Inferiore (Lc) Arci Pintupi 20/03/2010 - Mariano Comense (Co) Circolo Delle Arti 26/03/2010 - Genova (Ge) Lucrezia Wine Food & Sound 17/04/2010 - Rho (Mi) Rock’n’roll Rho 15/05/2010 - Genova (Ge) Buridda

Scordatevi le classiche sigle per definire i contratti di lavoro atipici. CO.CO.CO. è un concorso d’arte per giovani artisti, promosso dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Como, II edizione. E’ rivolto ad artisti che operano nell’ambito delle arti visive, di età compresa tra i 18 e i 32 anni, che partecipino con un’opera d’arte recente, senza vincoli di genere o tecnica, spaziando dalla pittura alla scultura, dalla fotografia all’installazione e alla video arte, inviando la documentazione richiesta entro il 31 marzo 2010. Una giuria di esperti selezionerà 20 artisti. Il vincitore oltre a ricevere un premio di 2.000 Euro, realizzerà una mostra personale nella struttura espositiva comasca di San Pietro in Atrio nel mese di novembre 2010. Gli artisti selezionati esporranno l’opera presentata in una mostra collettiva presso il Chiostrino di Sant’Eufemia nei mesi di giugno - luglio 2010. La partecipazione al concorso è gratuita. Per partecipare scarica il bando e la scheda di adesione da www.comune.como.it al link bandi di gara.

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In mostra

Le Immagini della Fantasia 2010

Dal 28 febbraio al 28 marzo 2010 ospiterà la Mostra Internazionale Le immagini della fantasia 2010. La mostra è un appuntamento molto atteso ed importante poiché Monza è l’unica città lombarda ad ospitare questa manifestazione. A Monza l’edizione 2010 di Le Immagini della fantasia verrà ospitata in tre sedi: oltre all’esposizione nel Palazzo dell’Arengario, ci sarà una piccola mostra presso la Biblioteca dei ragazzi Al segno della luna: I libri della fantasia, dove accanto ad alcune tavole, ci saranno tutti i libri degli illustratori della 27° edizione e presso la Biblioteca di San Rocco: Le stampe della fantasia, dove alcune tavole tematiche saranno affiancate da stampe antiche prestate dai Musei Civici di Monza.

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Ogni occasione è buona per farsi contaminare dal : non solo recupero creativo ma una reale filosofia di lavoro e di vita 19


Verdissimo

curiosità, proprietà e usi delle piante intorno a noi

Marzo il mese delle mimose, le donne si tingono di giallo: da annusare, da mangiare, da bere ... MIMOSA Acacia dealbata Famiglia: Mimosaceae Genere: Acacia Specie: A. dealbata

di color bianco grigio e da essa si estrae il tannino. I fiori, parte per cui la mimosa è conosciuta a tutti, sono piccole sfere di colore giallo, molto profumati e raccolti in gruppi da 7 a 10. La mimosa fiorisce tra gennaio e marzo. d è proprio per questo che nel 1946 fu scelto da alcune donne italiane come simbolo dell’8 Marzo, festa intenazionale delle donne; pare, infatti che durante una riunione, tenutasi a Roma, dell’UDI (Unione Donne Italiane) preparatoria della prima festa della donna in Italia, qualcuno pensò di contraddistinguere la giornata con un fiore e la scelta cadde sulla mimosa perché gli alberi, già fioriti, erano abbondanti nei giardini e sulle strade di Roma, i fiori erano facili da raccogliere ed anche se divisi in piccoli rametti, da mettere tra i capelli o all’occhiello, non perdono in bellezza. Proprietà Se versate una goccia d’olio essenziale di mimosa sul vostro cuscino vi garantirete una notte di sonno profondo e ristoratore. Infatti il delicato profumo dell’olio ha un effetto calmante. In caso di ipertensione,

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a mimosa è un albero che arriva in Europa dall’Australia quasi 200 anni fa! In Australia, sua terra di origine, la mimosa arriva ad essere un albero alto anche 30 metri, da noi difficilmente supera i12. La mimosa ha foglie bipennate di colore verde-argento, che al minimo tocco si richiudono su se stesse: è per questo che è simbolo di pudicizia. Il suo frutto è un legume di colore nerastro, la corteccia è

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per diminuire la frequenza cardiaca, basterà versarne su un fazzoletto una goccia ed inalare con respiri profondi. Pare poi che l’essenza di mimosa sia in grado di esaltare la sensualità femminile...Provate ad usarne l’olio per un massaggio, poi fatemi sapere. A tavola Ma l’8 Marzo vuol dire anche Torta Mimosa, che è a base di Pan di Spagna, crema e panna... buonissima e delicata. Provate a farla, so che in alcune versioni ci mettono anche della frutta, ma io la preferisco così: per il Pan di Spagna: 150 g di farina, 150 g di zucchero, 6 uova . Per la crema pasticcera: 500 g di latte, 4 tuorli, 100 g di zucchero, 25 g di farina 00, scorza di limone. Poi 200 g di panna montata con 50 g di zucchero a velo. Rhum o succo di arancia o succo di ananas sciroppato per bagnare il pan di Spagna. reparate il pan di spagna montando separatamente i tuorli con lo zucchero e le chiare a neve, dopodiché unite i due composti ed incorporatevi lentamente la farina setacciata. Versare l’mpasto in uno stampo e cuocere per 40’ a 150°. Mentre il pan di spagna

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cuoce preparate la crema pasticcera:scaldatee il latte con la buccia di limone, poilasciatelo raffreddare, intanto in un pentolino montate i tuorli con lo zucchero, amalgamate la farina, poi aggiungete lentamente il latte: portare il composto ad ebollizione, a fuoco basso, fino ad ottenere la consistenza che preferite, poi lasciare raffreddare. A questo punto tagliare il Pan di Spagna,svuotarlo, ed inumidirlo col rhum o il succo. Unire la crema pasticcera alla panna montata per ottenere la crema chantillycon cui riempiremo il vuoto. Appoggiate il coperchio di pan di spagna all’incontrario sopra il tutto e spalmate tutto con la crema avanzata, poi attaccate i pezzetti fatti con il pan di spagna che avete prima tolto...mettete la torta nel freezer per circa tre ore per “solidificarla”....vedrete che bella, ma soprattutto sarà una gioia per le papille gustative!!! Se poi proprio volete esagerare accompagnate il tutto con il cocktail mimosa di facilissima preparazione: 1/3 di succo d’arancia, 2/3 di prosecco! Buona festa della donna a tutti!!! Adriana Colombo


NonsoloMonza... Carate Brianza L

’area del caratese presenta tracce di insediamenti urbani fin dal neolitico. La favorevole posizione nei pressi del fiume Lambro, un tempo pescoso ed incontaminato, attirò fin dall’inizio dei tempi gli insediamenti urbani. n epoca pre romana Agliate divenne capoluogo di un distretto celtico ed il nome della località iniziò al lasciare il proprio segno nella storia. L’attuale basilica, dedicata ai Santi Pietro e Paolo, e l’attiguo battistero, seppur risalenti al secolo X, sorsero con tutta probabilità sulle piante di precedenti luoghi di culto appunto risalenti all’epoca romana e pre romana: immaginando le vaste foreste che ricoprivano la zona e la vicinanza di tanti corsi d’acqua è, infatti, facile immaginare i celti intenti i riti propiziatori dedicati alle divinità naturali. Circa sei secoli dopo la nascita di Cristo, con il declino dell’Impero Romano d’Occidente, il Cristianesimo sembra prendere il sopravvento sui riti pagani. Grazie soprattutto all’azione missionaria di sant’Ambrogio ad Agliate sorge una piccola chiesa destinata a diventare capo pieve per ben ventuno parrocchie: solo in questa chiesa si poteva amministrare il battesimo. urante il basso medioevo Carate stava assumendo nell’alto milanese un ruolo sempre più importante in quanto passaggio obbligato nei traffici commerciali sulla strada che conduceva verso i laghi e verso le colline dell’Alta Brianza. L’antico borgo di Carate era difeso da un castello, costruito dal casato nobiliare della famiglia De Carate. Questo sorgeva in posizione rialzata, dove ora si erge Villa Cusani Confalonieri. Villa Cusani Confalonieri, (che al suo interno ospita anche

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la biblioteca comunale e il cui splendido parco è aperto a tutti dal mattino sino al tramonto) eretta in posizione elevata, mostra, infatti, ancora chiaramente le sue origini di massiccio fortilizio. nche Costa Lambro era dotata di un castello, di proprietà della famiglia Confalonieri, feudatari di Agliate. el 1275, nei terribili scontri che contrapposero Visconti e Della Torre per dominio sul territorio milanese, a Carate la “foppa dei dusent” ricorda il terribile scontro avvenuto in quel luogo ed i tanti morti sul campo di battaglia che lì furono sepolti. on l’arrivo dell’epoca moderna, tra XVIII e XIX secolo, lungo le rive del fiume Lambro sorsero numerose filande, tessiture e tintorie. Queste caratterizzarono per tutto il secolo l’elemento dominante del comparto economico dell’area caratese. E’ in questo periodo che le frazioni di Agliate e Costa Lambro furono accorpate al comune di Carate.

Villa Cusani Confalonieri - Archivio Forografico IL FOTOGRAFO,Carate

Carate in pillole Lo stemma comunale

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discende direttamente dallo stemma dell’antica e illustre famiglia milanese dei De Carate.

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Nome degli abitanti Superficie comunale Popolazione Altitudine Santo patrono Personaggi noti

Caratesi 9,86 km2 17.846 abitanti tra i 215 e i 299 metri s.l.m. Sant’Ambrogio Vito Mancuso (teologo e scrittore) Federica Moro (Miss Italia 1982, attrice) Roberto Vecchioni (cantautore) Nando Sanvito (giornalista)

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I segreti degli Chef Il più famoso fra i brianzoli: il risotto (… con radicchio e speck) I rigori invernali non sembrano proprio voler cedere il passo alla primavera, ed anche la scuola di cucina di Trantran si adegua proponendo uno dei piatti più apprezzati nelle fredde sere d’inverno, amato da tutti e protagonista delle tavole brianzole: il risotto. Per questo incontro ravvicinato con il re della tradizione lombarda ci siamo recati alla Taverna degli Artisti, nella caratteristica frazione di Costa Lambro, a Carate Brianza, dove di tradizione e di Lombardia ci parlano anche i muri: e non è un modo di dire. Le due diversissime sale di questo locale sono, infatti, state ricavate dal restauro delle stalle di Villa Stanga Borromeo Arese, la splendida villa risalente agli inizi dell’ottocento affacciata sulla valle del Lambro. La piccola sala ricavata dalla mangiatoia, dal sapore antico ed intimo, e l’imponente salone ricavato dal fienile con gli altissimi soffitti sorretti da enormi travi di legno. Qui incontriamo il giovane chef Andrea Barzaghi, pronto svelarci i trucchi per la preparazione di un grande risotto. “Preparerò un risotto con radicchio e speck ma ci tengo a precisare che, indipendentemente, dal tipo di risotto che si vuole preparare, per cucinare un risotto a regola d’arte serve, innanzitutto, dell’ottimo riso: io utilizzo solo riso di varietà Carnaroli, ricco d’amido e dal chicco lungo e compatto, che tiene bene la cottura.

Risotto radicchio e speck

Iniziamo col soffriggere in olio extravergine d’oliva una mezza cipolla tagliata fine poi aggiungiamo il radicchio, lo speck ed in fine il riso. Facciamo tostare i chicchi, mescolando con cura e, in fine, avviniamo con un bicchiere di vino rosso corposo. Lasciamo evaporare il fino girando di tanto in tanto. Quando il vino sarà evaporato del tutto potremo aggiungere il brodo di carne precedentemente preparato e portato ad ebollizione. Ora non resta che aspettare

che il riso si cuocia. Serviranno fra i 16 ed i 18 minuti. Di tanto in tanto mescoliamo con un cucchiaio di legno, verificando che il riso non si attacchi al fondo della pentola. A cottura ultimata aggiungiamo del burro, che serve per mantecare la preparazione e renderla cremosa e vellutata, e del parmigiano grattugiato. Mescoliamo per amalgamare il tutto e possiamo servire il nostro risotto. ...buon appetito!

Ingredienti per 4 persone 350 gr. di riso Carnaroli 40 gr di olio extravergine d’oliva 80 gr di parmigiano grattuggiato

100 gr di speck 80 gr di burro ½ cipolla

1 radicchio tagliato a julienne 1 bicchiere di vino rosso

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Brigantia

storia, leggende ed escursioni nella nostra verde terra

Agliate: prendi una mattina d’inverno O S

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apitano qui in Brianza, da fine novembre fino anche ai primi di marzo, alcune mattine ammantate da un freddo bagnato. Mattine che non possono essere neppure descritte come grigie perché la fitta nebbiolina che le permea dona al paesaggio una aura sfuocata ma così candida da ferire quasi gli occhi atrofizzati dal buio invernale. Proprio in una di quelle gelide mattine voglio invitarvi a sperimentare la magia di una passeggiata in riva al Lambro. A due passi dalla frenesia dei centri urbani e delle arterie stradali ad Agliate il parco del Lambro regala scorci incantati, immagini di una Brianza sospesa nel tempo.

gni libro che parli di questa zona della Valle del Lambro vi racconterà, con dovizia di particolari storici ed architettonici, l’importanza artistica della basilica romanica di Agliate (sec IX e X) e dell’attiguo battistero, posteriore di un secolo, la cui inconsueta pianta è rappresentata da un poligono a nove lati e sulle cui pareti perimetrali è ancora possibile vedere ciò che resta degli affreschi originali. Basilica e battistero, maestosi e pressoché immutati nei secoli, saranno però solo il punto di partenza per questa passeggiata alla scoperta di ciò che di stagione in stagione muta e si rinnova: il bosco, il fiume e la fauna che li popola. La vasca delle Lavandaie

Attraverseremo l’ordinato parco sottostante il battistero dirigendoci verso il Lambro che lì scorre. eguendo il corso del fiume si offrono due itinerari: in direzione sud, procedendo attraverso i prati ed i sentieri fra i boschi, si raggiungono Costa Lambro e Realdino, mentre seguendolo in direzione nord, lungo le più comode strade asfaltate, si attraversa l’abitato del piccolo borgo di Agliate per giungere, appena varcato il vecchio ponte, verso l’antica zona dei mulini e delle filande di Verano (via Molino Filo). Scelgo di lasciarmi guidare dal mio cagnolino Totò che opta subito e senza indugio per il percorso più avventuroso, attraverso i boschi e lontano dalle automobili. Il terreno è molle e per le abbondanti precipitazioni autunnali ed è solo grazie al carro armato delle mie calzature che riesco a rimanere ben ancorata al suolo ed evitare rovinosi scivoloni. Costeggiamo la riva del fiume fino al piccolo laghetto in cui confluiscono le acque sorgive che sgorgano dalle grotte sovrastanti la vasca delle lavandaie, dove ancora una trentina di anni fa le nonne di Costalambro venivano a lavare i panni mentre i nipotini giocavano con le barchette nel ruscello. Scene d’altri tempi che appaiono ancora più irreali se ascoltate dalla bocca di quei bambini, oggi neanche quarantenni, che assomigliano a dei vecchi se osservati attraverso la distanza di quei ricordi. ui il sentiero vira verso sud e mentre sulla sponda occidentale si apre una radura sabbiosa popolata da aironi ed anatre, sulla riva orientale il fiume scorre sovrastato, dal dirupo di Costalambro fino ai pilastri del ponte di Realdino. Il ponte sovrasta il piccolo canyon che il Lambro in quel punto arriva a formare, e ricongiunge “ La Costa” (come quelli del posto usano chiamare la piccola frazione), con Carate. Il ponte, maestoso ed inquietante del suo carico di tristi leggende, sembra sospeso sopra le dense nebbie che si alzano dall’acqua quando appare all’improvviso, appena usciti dal bosco all’altezza delle Grotte, nel piccolo nucleo abitato di Realdino. Qui, fin dagli inizi del ‘900, venivano i milanesi a bordo del mitico tram Gamba del Legn’ che da Milano arrivava fino a Carate, nelle calde domeniche d’estate a

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di Elena Gorla


Il ponte di Agliate

“.L’umida nebbia è connettivo cromatico di utilità non solo ottica. Terra pudica, madre Lombardia si affretta ad avvolgersi in quella non appena la spoglia il crudo inverno padano.” godere della frescura offerta dalle grotte da cui gocciola incessantemente acqua sorgiva e a mangiare nelle tante trattorie che sorgevano lungo le rive di questo tratto del Lambro. Da qui nacque il motto che recita che “ a Realdino si visita l’acqua e si beve il vino!”. ino a meno di dieci anni fa quell’acqua sorgiva era ancora potabile e non era per nulla raro, passando per Realdino, vedere gli abitanti della zona, muniti di taniche,

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approvvigionarsi d’acqua alla sorgente affacciata direttamente sulla strada. In una fredda giornata invernale, tuttavia, non è certo l’allettante frescura delle grotte a condurci fino a qui quanto, piuttosto, la meraviglia delle tante stalattiti di ghiaccio che pendono cristalline dalla parete rocciosa ricoperta di verde muschio. a qui, se fosse una tiepida giornata primaverile, potrei proseguire lungo l’impegnativo sentiero (circa sette

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chilometri) che attraverso il parco conduce fino a Canonica Lambro ma oggi tornerò sui miei passi, ripercorrendo il fianco del Lambro fino al borgo di Agliate dove acquisterò un giornale nell’edicola del piccolo centro, e proseguirò fino al vecchio e piccolo ponte. Qui è bello fermarsi ed osservare il corso d’acqua che a pochi metri di distanza, riflettendo su quale direzione scegliere alla ricerca di un caffè. Camminerò ancora un po’, in direzione nord, costeggerò il Lambro nel territorio veranese fino a scovare l’imbocco dell’antica scalinata a ciottoli che, passando per il bosco collegava la vecchia chiesa di Verano con il fiume ed i suoi mulini. La salita è ripida ed il freddo presto scompare mentre appare la fame. Altro che caffè! Appena giunta in paese mi concederò una cioccolata con panna, indispensabile prima di rimettermi sulla via del ritorno. ra il gelo è ancora pungente ma entro un mese, per la solita magia che ogni anno si rinnova, il sole si farà più vicino e spazzerà via ogni malinconia mentre la natura tornerà alla vita . Allora quotidianamente, assieme al mio amico fedele, percorrerò quei sentieri che dalla fonte delle lavandaie si snodano sotto il costone “della Costa” più volte ogni giorno ed ad ogni passaggio avrò il piacere di scorgere qualche nuovo bucaneve che fa capolino dal terreno gelato. La promessa di questo impavido fiore non rimane mai disattesa: entro poche settimane appariranno i muscari curiosi, le chiassose primule e le timide violette. E con la primavera torneranno numerose anche le persone e questi boschi, prati e rive si ripopoleranno di nonni, bambini, cani e pescatori: il Lambro è un fiume che sa farsi amare. Tempo di percorrenza: 1 ora e mezza circa.

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Reality

venti domande per vedere la brianza con gli occhi dei brianzoli

Intervista 1

Nome: Chiara Età: 35 Dove sei nata? A Giussano

Dove vivi? A Seregno Vivi da sola o con la famiglia? Vivo con la mia nuova famiglia: il mio compagno ed i nostri animali Destra o sinistra? Né destra né sinistra. Non mi interessa la politica ma concettualmente opto per il giusto mezzo. Che lavoro fai? Ho uno studio creativo. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Lo Studio Fluido, il mio lavoro. Cosa non ti piace? Le troppe fabbriche ed il troppo poco verde. La Brianza una volta doveva essere ben altra cosa. Quante volte vai al parco? Una volta alla settimana Associazione di idee. Se ti dico verde… Brianza! Cena… Piacere Chi è Dario Allevi? Il presidente della provincia di Monza e

Brianza Dai un voto a Monza e Brianza. 5 Ai trasporti in Brianza E’ un pezzo che non ne usufruisco ma direi un bel 4! Al commercio in Brianza Sotto la sufficienza Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? Oltre oceano. Messico: caldo, palme e sabbia. Esprimi un desiderio. Andare a vivere in Messico. Metropolitana a Monza: favorevole o contraria? Favorevole Dimmi un proverbio Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino. Dì qualcosa ai nostri lettori Peace and Love Chi vincerà Sanremo? Morgan E fra le nuove proposte? Nina Zilli

Dove vivi? A Seregno Vivi da solo o con la famiglia? Vivo in famiglia Destra o sinistra? Sono di sinistra Che lavoro fai? Non saprei rispondere: adesso faccio il barista disoccupato. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Non saprei. Davvero non ci sono molte cose che mi entusiasmano in Brianza Cosa non ti piace? Soprattutto non mi piacciono le attitudini dei brianzoli. Quante volte vai al parco? D’estate anche tutti i giorni, d’inverno molto meno. Associazione di idee. Se ti dico verde… Albero Cena… Amici Chi è Dario Allevi? Dario Allevi…Allevi non è un musicista? Dai un voto a Monza e Brianza.

2 Ai trasporti in Brianza 5 Al commercio in Brianza 4 Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? A Roma Esprimi un desiderio. Suono perciò ti dico: avere un disco in classifica! Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Contrario Dimmi un proverbio Il Diavolo fa le pentole ma non i coperchi. Dì qualcosa ai nostri lettori Resistere, resistere, resistere Chi vincerà a Sanremo? Morgan ora che è stato escluso! E fra le nuove proposte? Non saprei…

Intervista 2

Nome: Andrea Età: 36 Dove sei nato? A Seregno

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Raccontiamoci Lambro River Anthology di Juri Casati Il poeta americano Edgar Lee Masters (1869-1950) pubblicò a puntate tra il 1914 e il 1915 sul “Mirror” di St. Louis una raccolta di poesie che divenne nota come Antologia di Spoon River (Spoon River Anthology). Ogni breve poesia raccontava in forma di epitaffio la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un piccolo paesino della provincia americana, Spoon River appunto. Masters si ispirò a personaggi veramente esistiti nei villaggi di Lewistown e Petersburg, vicino a Springfield nell’Illinois. Tuttavia Nell’Antologia di Spoon River sono evidenti anche gli influssi dovuti alla lettura dell’Antologia Palatina e alla lettura dell’Elegia scritta in un cimitero di campagna di Gray. L’influenza e il fascino esercitati da quest’opera - che ebbe immediati riconoscimenti da parte del pubblico e della critica - sono stati enormi. Inoltre la tecnica narrativa utilizzata per costruire un’opera unitaria qual è Spoon River - venti storie fitte di rimandi che coinvolgono quasi 250 personaggi - a partire dalla giustapposizione di più voci distinte e talvolta dissonanti tra loro è stata poi ampiamente utilizzata, soprattutto in ambito statunitense, anche al di fuori della dimensione letteraria. Si veda, come ultimo esempio in ordine di tempo di utilizzo di questa tecnica, la costruzione

narrativa di alcune puntate di Lost. Anche in Italia la fortuna di Spoon River è stata grande. L’opera fu “scoperta” da Cesare Pavese e lo stesso Pavese scoprì e lanciò la traduzione della giovane Fernanda Pivano. L’opera fu pubblicata per la prima volta in Italia nel 1943, ma si dovette ricorrere a uno stratagemma per ottenere il visto della censura - il testo venne infatti presentato come Antologia di S. River, come se si trattasse dei pensieri di San River dal momento che si trattava di un’opera americana e per di più di chiara ispirazione pacifista, decisamente incompatibile con lo stato di guerra che c’era allora in Italia. Nel 1971 Il cantautore Fabrizio De André scelse nove poesie dall’intera raccolta e incise l’album Non al denaro, non all’amore né al cielo in cui è contenuto il celebre verso antimilitarista “hanno rimandato a casa le loro spoglie nelle bandiere legate strette perché sembrassero intere”. Intervistato proprio dalla Pivano in occasione dell’uscita del disco, De Andrè osservò: “Soprattutto mi ha colpito un fatto: nella vita si è costretti alla competizione, magari si è costretti a pensare il falso o a non essere sinceri, nella morte, invece, i personaggi di Spoon River si esprimono con estrema sincerità, perché non hanno più da aspettarsi niente, non hanno più niente da pensare. Così parlano come da vivi non sono mai stati capaci di fare”.

scrittura creativa

Nel 2005 il brianzolo Morgan ha pubblicato una cover dell’intero album di De André. Come accade per le grandi opere anche Spoon River è stata ripresa e rielaborata in più modi nel corso degli anni. È un chiaro segno di vitalità. Pertanto da questo numero in poi proponiamo in modo sperimentale alcuni epitaffi collocandoli nel nostro contesto: Lambro River. Più che la qualità poetica l’obiettivo è quello di provare a mantenere lo spirito funereo del testo originale. Ricordiamoci però che l’originale statunitense era anche un gioco salace e talvolta polemico, capace tuttavia di mettere in risalto certi tratti e caratteristiche della provincia americana. Una altro obiettivo non secondario è quello di invogliare alla lettura proprio dello Spoon River originale.

Luisa Barzaghi Il senso del dovere

Luigia Monguzzi La povera

Ho avuto l’orgoglio di dire Io non ho mai fatto un giorno di malattia Io non ho mai fatto un’ora di sciopero Io non mi sono portata a casa nemmeno una matita, neanche per sbaglio Il mio orgoglio era dire: “Io non...” Non ho mai osato dire di aver fatto qualcosa L’hanno chiamata timidezza L’hanno chiamata viltà L’hanno chiamato servilismo Per me era senso del dovere

Qui giaccio vicino alla tomba di Ambrogio Castoldi Che diventò ricco non pagando mai una lira di tasse E fece crescere in me l’invidia per le cose che non avevo O era l’invidia per la scaltrezza che non avevo? Mi azzardai una volta Era una sera che pioveva A non pagare il biglietto del bus Fui scoperta E dovetti pagare la multa Ora dormiamo uno accanto all’altro E per le foglie che cadono dagli alberi Non c’è differenza tra il ricco e il povero

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Raccontiamoci

scrittura creativa

Scrittori Monzesi: Cristina Sottocorno presenta il suo nuovo libro E’ da poco in libreria il nuovo romanzo di Cristina Sottocorno: giovane autrice Monzese di nascita, con l’innata passione per il giallo e il vizio della moda alla Carrie Bradshaw. Tra lo studio della cultura locale (una delle sue passioni), il lavoro per la Pubblica Amministrazione e lo shopping compulsivo, questa vivace scrittrice trentenne alla sua terza pubblicazione, in quest’opera rimane fedele ai suoi stilemi: noir, arte, mistero, un passato oscuro che si intreccia ad un milanesissimo presente… con una connotazione spumeggiante ed ironica, una nuances assolutamente glamour che rende vivaci e fresche le vicende della protagonista. Cristina, parlaci un po’ di “Fashion(&) Victims”. Con piacere. Il romanzo si snoda sullo sfondo di una Milano frenetica, cosmopolita, vestita a festa per la settimana della moda. La protagonista – Ginevra Ferri, giovane single esperta d’arte e ovviamente appassionata di moda – si trova ad affrontare il misterioso omicidio dell’amica giornalista americana Margharet Davi, trovata morta nella sua camera al Four Season in via del Gesù. Un suicidio a cui Ginevra non crede neppure per un istante e, mentre Milano celebra in passerella le divinità pagane del Fashion System, lei si getta in una disperata ed intensa ricerca della verità: affascinanti poliziotti, fotografi dal sorriso ammaliante e donne dai mille volti la aiuteranno nel suo difficile percorso e sapranno abilmente confondere le acque laddove ce ne sarà bisogno. Tra gli indizi con cui Ginevra si ritrova a fare i conti, una misteriosa e pericolosissima lettera scritta da un filosofo francese del XVIII secolo, una arcigna nobildonna inglese e tante tentazioni a cui cerca (invano?) di sfuggire. Ginevra, dunque: single, trentenne, fashion victim: un personaggio autobiografico? Direi che più che autobiografico – visto che io convivo felicemente da anni e sono in attesa del

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mio primo figlio - Ginevra è rappresenta la trasposizione letteraria di come mi piace pensare alla donna di oggi: una donna indipendente, forte, determinata, capace di perseguire le sue idee anche quando sembrano osteggiate dai più. Una donna che non ha paura di sbagliare, di chiedere aiuto, di appoggiarsi alle persone che le stanno vicine, ma senza annichilire la propria personalità. Insomma: una ragazza come tante, piena di progetti e con

l’entusiasmo di vivere, la voglia di amare e – perché no! – il coraggio di togliersi lo sfizio di una borsa costosa o di un paio di Manolo Blanhik, senza per questo tradire il suo spirito brillante, la sua intelligenza e la profondità del suo pensiero. Un mix fra “essere e apparire”? Diciamo una “dicotomia in perfetto equilibrio”, come lo siamo tutte. In fondo una donna è talmente tante cose che ridurre un genere così ricco e sfaccettato a qualche


semplice stereotipo, mi sembra davvero ingiusto. Non si è solo Carrie Bradshow o Marie Curie, non solo Barbie o Nobel per la medicina… in mezzo c’è un mondo intero che merita rispetto. Tu sei nata a Monza, vivi a Lissone, ma hai ambientato il tuo romanzo a Milano: come mai? Beh, premetto che io nutro da sempre una grandissima passione per le mie “origini”, se così le possiamo chiamare… (ride). La storia della Brianza, del territorio che vivo quotidianamente, delle tradizioni che hanno permesso a noi giovani di diventare ciò che siamo adesso, il racconto di secoli lontani così ricchi e interessanti come quelli che di chi ci ha preceduto – dalla vita rurale dei nostri bisnonni, delle cassine e i racconti del focolare, fino alle tracce di impronta longobarda che possiamo ritrovare ancora oggi nel nostro presente, nella nostra lingua, nelle nostre città – costituiscono per me un continuo stimolo alla ricerca, allo studio e fanno maturare in me la consapevolezza della ricchezza di cui spesso noi giovani “brianzoli” non ci rendiamo conto: siamo “nani sulle spalle di giganti”, non saremmo arrivati dove siamo

se non grazie agli errori, ai progressi, alle esperienze di chi prima di noi ha popolato questa realtà. Detto questo, non posso negare il mio amore per il capoluogo meneghino: una città affascinante, frenetica, con quel respiro internazionale che in Italia è – a mio avviso – unico. Inoltre Milano è per ma la città del giallo: solo qui ritrovo quegli scorci un po’ grigi, un po’ fumosi, un po’ noir che ispirano le mie spy-story… E’ un po’ la New York che abbiamo sotto mano, la nostra “Grande Mela Misteriosa” e vicina. Quindi da dove arriva la tua ispirazione? I “mondi” che mi affascinano maggiormente sono senza dubbio quello dell’arte e della storia, e quello della modernità incalzante: tutto per me è permeato dal fascino dei secoli in un costante scambio sinergico con un presente che volge veloce verso un futuro prossimo. Il passato e il presente sono le due facce inscindibili di una stessa medaglia: l’una non potrebbe esistere senza l’altra. Ecco perché mi piace cercare - nelle mie storie – la “commistione” di queste due dimensioni:

ieri e oggi, passato e futuro. Dall’incontro di queste due dimensioni nascono le mie storie più intriganti. Qualche curiosità: Adoro i cani: ho un Jack Russell viziatissimo che pesa 10 Kg. Adoro la moda: sono una borsa-addicted, non posso uscire senza. Fosse per me ci fare anche il bagno. Adoro il mio fidanzato, Emiliano, con cui convivo da oltre 6 anni e con il quale sono fidanzata da ben 13! Città d’elezione: Parigi, bien sur! Cibo: adoro cucinare e mangiare, soprattutto dolci (il cioccolato è – dopo la scoperta del fuoco – la più grande innovazione che l’uomo abbia mai partorito) Segno zodiacale: orgogliosamente Toro ascendente Cancro Scrittori preferiti: Valerio Massimo Manfredi, Marek Halter, Stefania Bertola. Genere letterario: ovviamente il giallo, in tutte le sue sfaccettature. E il Fantasy perché sono e resto una sognatrice. Sogno nel cassetto: vivere del mestiere di scrivere (ok…ok: e comprarmi un’Hermes in coccodrillo!).

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In cuccia

due chiacchiere a quattro zampe

S.O.S. freddo! I consigli dell’ENPA per “dare una zampa” agli animali a cura di Gabriella Sulla nostra Provincia continua l’ondata di freddo con periodiche nevicate, con disagi grandi e piccoli più o meno per tutti. Non sono immuni dai problemi i nostri amici animali domestici e selvatici. Cerchiamo di “dare una zampa” a chi fa fatica a sopportare bruschi cambiamenti di temperatura oppure non trova riparo o ha difficoltà a nutrirsi in queste condizioni climatiche.

I nostri pet Per i quattrozampe di casa è sufficiente un pizzico di attenzione in più, magari lasciandoli entrare in casa se fuori fa troppo freddo, o provvedendo a proteggerli con un riparo adeguato e una coperta calda se vivono all’aperto.

Una cuccia coperta e sempre asciutta, con una bella coperta calda di lana, è fondamentale per evitare infreddature: non basta una semplice tettoia, specialmente se di notte ci sono improvvisi cali di temperatura. Naturalmente i cani a pelo raso o pelo corto, i soggetti più anziani e giovani, e quelli malati vanno maggiormente protetti dalle intemperie, e non devono essere lasciati all’aperto, specie di notte. In commercio ci sono anche tanti modelli di capottini per proteggere i nostri amici a quattro zampe durante le passeggiate invernali. Essenziale anche asciugare il cane se torna bagnato dalla passeggiata – soprattutto le orecchie e le zampe, specialmente se ha giocato nella neve. Cerchiamo di dare una mano se possibile anche agli animali randagi meno fortunati dei nostri amici coccolati al caldo a casa, che magari non hanno la possibilità di mangiare e bere acqua pulita tutti i giorni. Gli animali selvatici La fauna selvatica è in gravi difficoltà in questi giorni per trovare pozze di acqua non ghiacciata dove abbeverarsi e cibo per sfamarsi.

Per gli uccelli che frequentano i nostri giardini o i nostri balconi

consigliamo di lasciare una ciotolina di acqua e qualche manicaretto sul davanzale, o in altro luogo a prova di gatto, che oltre ad essere provvidenziale per qualche piccolo volatile stremato, restituirà al donatore uno spettacolo ineguagliabile in contraccambio. Menù per gli uccelli E’ opportuno lasciare fuori una varietà di cibi per attrarre specie differenti: • arachidi non salate • semi di girasole e di zucca • piccole granaglie, miglio • briciole di panettone, dolci e pane • fiocchi di cereali (corn flakes ecc) • croste di formaggio tagliate a cubetti • carne cruda a pezzetti e ritagli di grasso (per gli uccelli insettivori), ma anche il cibo dei cani e gatti; • frutta fresca o secca

• riso bollito (senza sale). Da evitare: briciole troppo secche, legumi crudi e il latte. Ricordare di lasciare a disposizione sempre una ciotola di acqua pulita, curando che non si ghiacci. Torta per uccelli Possiamo anche preparare una nutriente “torta” per i nostri amici alati, sciogliendo lo strutto insieme ad una varietà di ingredienti, come i semi (es. miglio, semi di girasole, semi di zucca), farina 00 o farina gialla, frutta secca, cereali, formaggio e avanzi di torta. Mescolare il tutto creando una palletta e lasciare a riposare in una terrina in frigo. Quando il composto sarà solidificato, appenderlo con uno spago (vedi foto in alto). In alternativa, si possono formare tante piccole palline da lasciare sul davanzale (vedi altra immagine in alto). Esistono in commercio nei negozi specializzati infine diverse miscele di mangimi altamente energetiche appositamente preparate per gli uccelli selvatici, alcune già pronte in reti o cestini da appendere.

Lara ha perso la sua amata padrona a Natale

Lara è una bella cagnolona con una storia triste alle spalle. Incrocio spinone dal pelo ruvido grigio e biondo, Lara arriva al canile di Monza proprio alla vigilia di Natale. La sua proprietaria, una giovane signora,

viene tragicamente a mancare pochi giorni prima. Così per Lara, e i cinque gatti con cui viveva, si aprono le porte dei box del canile, e da quel giorno la loro vita è cambiata in peggio. Sballottata all’improvviso dal suo comodo divano al cemento e le sbarre del canile, Lara non capisce cosa sia successo. Certo i volontaria dell’ENPA sono gentili e la compagnia ottima... ma la mia mamma quando verrà a prendermi?

Lara si è lasciata andare e la sua salute se ne è risentita. Non mangiava più ed è stata messa in cura intensiva, accudita provvisoriamente a casa di Simona, una volontaria ENPA. Ora è guarita, gli esami sono buoni, anche se è ancora molto magra, e rimarrà a casa di Simona fintanto non troveremo una nuova famiglia per lei. Lara è di una tenerezza infinita, è molto affettuosa e dolce, è socievole con tutti, e trasmette amore puro. Ha circa dieci

anni, è sterilizzata ed è ideale per persone tranquille come lei, anche se naturalmente ha bisogno delle sue belle passeggiate. Ottima sia per chi ha già avuto cani e sa quale possa essere la loro sofferenza quando entrano in canile, sia per chi è alla prima esperienza. Per sapere di più su di Lara o per prendere un appuntamento per conoscerla, scrivere a canile@enpamonza.it.

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Di tutto un po’

svago giochi curiosità

Texas hold’em: il calcolo delle probabilità

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el precedente appuntamento sul Texas Hold’em abbiamo accennato ai diversi fattori in gioco in una mano di poker. Abbiamo considerato brevemente l’importanza della posizione dalla quale giochiamo e la tipologia di avversari che affrontiamo, e dato uno piccolo sguardo all’uso della matematica nel poker. Oggi, anche per rispondere ai numerosi lettori che chiedono delucidazioni proprio su questo argomento, tratteremo in modo più approfondito il calcolo delle probabilità. Ritornando sugli esempi già citati, abbiamo detto che in caso di scontro fra 77 e AK le probabilità sono circa il 57% a favore della coppia, e questo perché AK per migliorare il proprio punto dovrebbe vedere sul board un A o un K (quindi 6 carte nel mazzo), o due coppie più alte di 7, oppure chiudere una scala o un colore. In ogni altro caso vincerebbe la coppia di 7. Abbiamo detto che le probabilità di trovare un A o un K al river (o prima) è del 60% circa, e questo – per chiarire i dubbi di qualche lettore – non significa che abbia il 60% di probabilità di vincere, ma come abbiamo detto meno del 43%, e questo in considerazione del possibile set (o tris) dell’avversario. l calcolo delle probabilità, di per se non è complicatissimo, comunque non è esattamente facile da eseguire mentalmente e non è certo frequente incontrare un giocatore che abbia la capacità di farlo al tavolo da gioco. Non per questo dobbiamo però rinunciare ad avere un supporto statistico al nostro gioco, quindi sarà bene imparare a memoria, magari anche approssimando, le probabilità preflop delle giocate principali, che potremmo dividere fondamentalmente in giocate al 80/20, 70/30, 60/40 e i coinflip. Due carte alte spaiate contro una coppia più bassa sono intorno al 44/50%, essendo il coinflip perfetto AK suited (dello stesso suit – seme) contro una coppia di 2. Un tipico caso di 60/40 è lo scontro tra una coppia e una mano con una delle due carte più alta, ad esempio KK AQ. Nel caso di una carta dominata – quando cioè abbiamo una carta in comune con l’avversario ma accompagnata da un kicker più alto, come ad esempio AK contro AQ –le percentuali possono salire fino al 70%, con maggiori probabilità di split pot (cioè di pareggiare il

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punto e dividere il piatto) tanto più basse sono le carte, in considerazione della maggiore probabilità di un board che annulli il vantaggio del kicker. Quando invece ci scontriamo contro una coppia dominata – ovvero più bassa di quella che abbiamo in mano – ci troviamo in vantaggio con circa l’80% delle probabilità a favore. Due carte a colore danno circa il 3% di probabilità in più. Bisogna però ricordare che tali percentuali si riferiscono sempre a scontri testa a testa, e in qualora più giocatori entrino nella mano le percentuali possono variare sensibilmente, motivo per cui è sempre bene rilanciare per isolare il piatto e ridurre il numero dei giocatori.

Outs 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23

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Probabilità al flop (%) 4.2553 8.4181 12.4884 16.4662 20.3515 24.1443 27.8446 31.4524 34.9676 38.3904 41.7206 44.9584 48.1036 51.1563 54.1166 56.9843 59.7595 62.4422 65.0324 67.5301 69.9352 72.2479 74.4681

Probabilità al turn (%) 2.1739 4.3478 6.5217 8.6957 10.8696 13.0435 15.2174 17.3913 19.5652 21.7391 23.9130 26.0870 28.2609 30.4348 32.6087 34.7826 36.9565 39.1304 41.3043 43.4783 45.6522 47.8261 50.0000

opo il flop il discorso è un po’ diverso. Sono uscite tre delle cinque carte comuni, e iniziano a delinearsi i progetti o concretizzarsi punti. Da questo momento comincia il gioco vero e proprio e da qui in poi è tutta una questione di outs. Le outs sono le carte ancora non viste che se girate possono migliorare un punto e renderlo vincente. Se ad esempio siamo in progetto a colore (flush draw) aspettiamo quindi l’uscita di una quinta carta dello

stesso seme, e abbiamo pertanto 9 outs a nostro favore. Se il nostro progetto fosse invece una scala ad incastro (bellybuster o gutshot) aspetteremmo l’uscita di una carta di uno specifico valore e di qualsiasi seme; questo ci darebbe 4 outs a disposizione, che ovviamente sarebbero 8 in caso di doppio incastro o bilaterale ( double bellybuster). Il caso delle 23 outs, che è il progetto con maggiore probabilità di uscita, si verifica quando si sommano le outs per il colore e per la scala bilaterale con le 6 outs per realizzare una coppia alta, avendo due carte più alte dell’avversario. emplicemente contando le outs possiamo quindi conoscere con precisione le probabilità a nostro favore e decidere se può essere conveniente o meno investire una certa quantità di chips in un piatto. La tabella riporta esattamente le probabilità al turn e al river per tutte le outs possibili, da 1 a 23. Ma a meno di impararle tutte a memoria o di saperle calcolare esattamente occorre trovare una piccola scorciatoia per poter riportare le possibili outs alle probabilità a nostro favore. Al flop si può avere una buona approssimazione fino a 9 outs moltiplicando il numero delle outs per 4, e da 10 in poi moltiplicando per 3 e aggiungendo 9. In questo modo abbiamo un facile metodo per un calcolo veloce che ci da un errore massimo di poco superiore all’1% fino a 19 outs. Per un calcolo ugualmente preciso al turn bisogna invece moltiplicare il numero delle outs per 2,2. In questo modo l’approssimazione è inferiore all’1% fino a 19 outs. Sulla rete esistono comunque numerose applicazioni che possono velocemente calcolare le probabilità per una mano di Texas Hold’em (una fra tante la trovate su snipurl.com/u8akx), ed è sicuramente consigliabile darci anche più di un’occhiata per rendersi effettivamente conto del potenziale valore delle diverse mani. vere in mente queste nozioni, che rappresentano la base di un buon poker, ci offre uno strumento in più per poter decidere se e quanto investire in un piatto e renderà sicuramente più solido e proficuo il nostro gioco. A questo punto non posso quindi salutare gli affezionati lettori di Trantran e augurare a tutti buone probabilità al tavolo da gioco! UTGaber

S

A


BOULEVARD V.le Cesare Battisti, 117 Vedano al Lambro (MB)

La saggezza di nonna Elena: Chi no manten i gatt, manten i ratt; chi no manten i can, manten i lader

Sudoku

Ricevitoria e bar

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Bah! Ai miei tempi Morgan era un grande pirata

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Oggi è solo una grande pirlata

filati per aguglieria, merceria, hobby & craft Via Montello 221/223 - 20038 Seregno (mb) - ITALY www.ornaghi.it - info@ornaghi.it 33


L’angolo del pendolare Non aprite quella porta rubrica a cura di Juri Casati

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el XX secolo nessuna teoria scientifica ad eccezione della teoria psicoanalitica di Freud ha colpito l’immaginario collettivo più della “teoria del caos”. Pare che essa sia stata anticipata da un racconto di Bradbury o da un passo di Joyce, ma a noi poco importa. Quello che ci importa è che la tesi più nota della teoria del caos sostiene che piccole variazioni nelle condizioni iniziali sono in grado di produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. L’esempio portato da Lorenz divenne celebre: “il batter d’ali di una farfalla in Brasile può provocare un tornado in Texas”. pieghiamoci meglio. Primo caso: le porte del treno si stanno chiudendo, ma con uno scatto felino riesci comunque a salire. Secondo caso: le porte del treno si stanno chiudendo, ma nonostante uno scatto felino non riesci a prendere il treno. C’è una bella differenza tra questi due banali eventi. Voi capite certamente come il verificarsi dell’uno piuttosto che dell’altro evento possa cambiare il corso della vostra vita. Nel film del 1998 Sliding Doors si immaginava proprio lo svolgersi di due vite parallele - profondamente diverse - che si erano sviluppate a partire dal verificarsi o meno di un banale evento come quello di prendere un treno piuttosto che non riuscirci. Attenzione quindi: sulle porte non si scherza. E sulle porte dei treni ci sarebbe molto da dire. Ci sarebbe molto da dire a partire dal fatto assolutamente inspiegabile per cui le porte dei treni si rompono con una frequenza così elevata. E per farci un’idea della frequenza abnorme di rottura teniamo presente il fatto che le porte automatiche dei supermercati e le porte delle banche si rompono molto più di rado malgrado si debbano aprire con una frequenza assai maggiore. ’è poi un aspetto per così dire divertente: il malfunzionamento delle porte è talmente frequente che i controllori hanno già pronti in tasca mazzi di avvisi di “porta guasta” da attaccare al momento opportuno. Circola a questo proposito anche una leggenda ferroviaria: alcuni sostengono che non tutte le volte che una porta viene segnalata come guasta essa sia davvero guasta. Costoro sostengono che ci sia una scelta preordinata di indicare come

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guaste alcune porte al fine di far chiudere interi vagoni. Il motivo sarebbe di carattere sindacale: il controllore sarebbe tenuto a controllare solo un certo numero di vagoni. Oltre quel numero ci dovrebbe essere altro personale a bordo. Se quel personale non c’è i vagoni “in eccedenza” che non si possono sganciare dal convoglio perché non si saprebbe dove metterli vengono tenuti chiusi con questo stratagemma. n caso particolare di porte sono quelle porte strettissime che si trovano sui trenini del far west. I trenini del far west sono quelle cagatine diesel che arrivano giù a fatica da Molteno e vanno – si fa per dire – a Milano Porta Garibaldi. Sono quei treni dove ti sembra di viaggiare in modo un po’ rustico, tipo diligenza o qualcosa del genere. Astutamente Trenitalia presenta la cosa come se fosse voluta: una sorta di Marlboro Country o giù di lì. Ad ogni fermata di questi trenacci per fare scendere chi deve scendere è un macello: bisogna fare il ricambio del sangue. È necessario che tutti i passeggeri in piedi (cioè il 90% dei passeggeri) scendano in modo tale che quelli che devono effettivamente scendere a quella fermata possano abbandonare il treno. Poi tutti possono risalire: sia quelli che erano sul treno, ma che non dovevano scendere a quella fermata sia quelli che volevano salire a quella fermata. a singolare caratteristica di tali treni (trainati da locomotori FS D445 dove la D sta appunto per diesel) è quella di avere un impianto di riscaldamento capace di produrre temperature di 40/50 gradi. Ovviamente è solo il riscaldamento ad essere funzionante seppur in modo abnorme perché il condizionamento non ce l’ha sostanzialmente nessun treno pendolaresco. Il caldo, la lentezza del mezzo, i sobbalzi e il frastuono sulla linea ti impediscono di sonnecchiare, leggere e parlare. Non potendo fare niente ti metti a guardare gli altri passeggeri tentando di indovinare a) che lavoro fanno oppure b) se ci sono parenti tra loro (fratelli, padri e figli e così via). Il punto a) è facile: se non ci sono a bordo studenti tutti gli altri passeggeri fanno lo stesso lavoro: impiegati. Il punto b) può creare le maggiori soddisfazioni: è bello ritrovare in due persone diverse la somiglianza dell’attaccatura dei capelli, del taglio degli occhi, di certe fossette nel mento e via dicendo. E che tristezza

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quando si arriva al capolinea e queste due persone si alzano, non si salutano e ognuna va per la sua strada: non erano parenti. Poco male: c’è tanta ignoranza in giro in merito alle scienze antropometriche che un po’ di più un po’ meno non fa differenza. Ci si sente un po’ come quando uno studiacchia d’inverno due e dico due libri di storia dell’arte – ma che dico libri: opuscoli! – e poi d’estate in vacanza spara a destra e a manca attribuzioni di monumenti a stili e/o periodi vantandosene anche. Poi si avvicina alle indicazioni (i cartelli gialli) e scopre di aver sbagliato di quattrocento anni. Torniamo a noi: il problema delle porte strette, inagibili etc ha prodotto nel tempo due comportamenti, irrazionali e razionali. ominciamo dagli irrazionali: per evitare il ricambio del sangue quotidiano gli irrazionali sognano di fare come nel film Ghost e saltare all’interno di un treno in corsa, magari il Cisalpino diretto a Milano, treno che non fa nessuna fermata intermedia tra la Svizzera e Milano a meno che non sia costretto da rivolte pendolaresche che minacciano l’occupazione dei binari se non si ferma a raccattare i malcapitati rimasti a terra dal mancato arrivo dei treni precedenti. Nelle altre occasioni, cioè quasi sempre, il Cisalpino viaggia comodamente e malinconicamente vuoto fino all’arrivo a Milano in perfetto orario. Invece altri, i razionali, hanno elaborato “la teoria del treno prima”. Secondo questa teoria se uno vuole arrivare a Milano alle 8.30 non deve prendere il treno che è previsto in arrivo a Milano alle 8.20, ma appunto il “treno prima” che dovrebbe arrivare a Milano alle 8.10. Tuttavia (a) tutti l’hanno pensata e quindi il ricambio del sangue è solamente anticipato (b) comunque non si arriva a Milano in tempo. È inutile combattere: il caos vince sempre.

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Dal comune... Il sito del Comune di Monza si rinnova

Online il nuovo portale del Comune con molte novità e applicazioni innovative E’ online nuovo sito del Comune di Monza (www.comune.monza.it), un vero e proprio portale completamente rinnovato con più di 1000 pagine di testi e oltre 5000 file (tavole, modulistica, documenti) in grado di informare i cittadini sui servizi che il Comune offre e sulla città in generale. Ogni giorno circa 4000 utenti si collegano al sito visitando quotidianamente oltre 20.000 pagine. “Il nuovo sito Internet del Comune – afferma l’Assessore alla Comunicazione Pierfranco Maffè - è stato completamente riorganizzato secondo criteri di accessibilità e di semplicità d’utilizzo. I cittadini potranno creare un rapporto interattivo con il Comune, conoscendo le varie aree a disposizione e usufruendo dei tanti servizi disponibili online. Abbiamo voluto regalare alla nostra città uno strumento utile, semplice, intuitivo e innovativo”.

Contenuti

Visite al giorno

Oltre 1000 pagine di testi

4000 visitatori unici (media)

Oltre 5000 file scaricabili

21.000 pagine viste (media)

LE nOVITA’ DEL Nuovo sito La grafica risulta più pulita e i contenuti sono più facili da trovare grazie alla riorganizzazione degli argomenti in base alle necessità dei cittadini. Alle classiche news, si affianca il nuovo servizio che permette di vedere brevi video su ciò che accade in città. Una sezione è dedicata alla mobilità sul territorio e si possono visualizzare i lavori stradali, le modifiche alla viabilità, i parcheggi, il sistema dei trasporti con l’indicazione dei percorsi dei bus in Monza e fuori Monza oltre agli orari dei treni per Milano. All’interno del nuovo sito attraverso le mappe interattive si può visualizzare sulla cartina di Monza l’ubicazione degli uffici pubblici (comunali e di altri enti), scuole, luoghi degli eventi, impianti sportivi, chiese ecc. E’ inoltre possibile visualizzare il percorso per raggiungere il punto che di interesse da qualsiasi luogo della città. Tramite il sito si possono usufruire di alcuni servizi direttamente da casa, come il pagamento delle mense scolastiche. I cittadini che vorranno iscriversi potranno ricevere via e mail ogni 15 giorni una newsletter d’informazioni sulle novità del Comune. Nell’home page è presente un calendario degli eventi e delle manifestazioni in programma o in corso. Nella sezione Scoprire Monza e Vivere Monza viene presentata la città dal punto di vista turistico e territoriale. Il sito www.monzapartecipa.it è un’area per discutere ed essere interpellati su alcuni argomenti importanti per la città. Nella home page è visibile il sondaggio del mese. Il nuovo sito è accessibile al 100% da tutti i browser e anche dalle persone con disabilità visive (daltonici, ipovedenti, non vedenti). 35


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Le sciure

la redazione risponde

Care Sciure, sono nata nel 1973 e mi domando tutti i santi giorni: MA DOVE SONO SPARITI, EMIGRATI GLI UOMINI DI UNA VOLTA? È già perché la nostra è quella generazione che è stata cresciuta a pane ed insegnamenti dei nonni: l’uomo forte, che si occupa della famiglia, che da stabilità, che sa fare i lavoretti in casa, che ti apre la porta ed ha una vaga idea di cosa sia la cavalleria. Invece? Isabella F. Invece, cara Isabella, è già tanto che non chiamino te per farsi cambiare una lampadina, se poi c’è da montare un mobile, li vedi lì, anche con degli amici volendo strafare che girano da tutte le parti le istruzioni...girano e rigirano quel foglietto manco fosse una mappa del tesoro priva dei punti cardinali, poi se lo passano, pontificano su da quale parte è meglio iniziare, con quale “fine” strumento tecnologico è il caso di intervenire: Se tu non sapessi di cosa stanno parlando penseresti ad un simposio di chirurghi. Quindi, rassegnata da anni di esperienza ed anche un po’ preoccupata delle sorti della tua casa, mentre proseguono nell’improbabile studio ingegneristico ti armi di cacciavite e...oplà come per incanto in dieci minuti hai montato l’astruso mobiletto! Ed allora: ecco qui, iniziano a guardarti come se tu fossi un drago a tre teste: “come hai fatto? Sicuramente ne avevi già montato uno simile! Ti eri già letta le istruzioni!! Se eri già capace tu perché mi hai chiesto una mano?”. Ti verrebbe da rispondere forse perché nel frattempo io: ho preparato la cena (per te e i tuoi amichetti che hai invitato ad aiutarti...sarà un caso ma stasera c’è anche la partita della vostra squadra del cuore), lavato, stirato ecc....Ma taci, perché ti rendi conto di avere, di nuovo, commesso l’errore: hai, di nuovo, mostrato di essere pensante ed indipendente.... Poi, quale donna della nostra generazione (e anche di quella subito prima) non conosce a memoria le parole di “tanta voglia di lei” o di “Teorema”?Nessuna, le sappiamo a memoria, le cantiamo a squarciagola ridendo, felici e non ci rendiamo nemmeno conto che quelle parole ci sono entrate

talmente tanto nel DNA che, quasi quasi, ci siamo convinte siano romantiche....e chi le cantava?!?! Uomini!!!! Per non parlare di quando si deve uscire: è già tanto che non ci si trovi da qualche parte, ognuno con la sua macchina: quando ne trovi uno che ti viene a prendere sotto casa hai quasi le lacrime agli occhi dalla commozione...non ti sembra vero! Se poi per errore ti apre anche lo sportello,

sono più nemmeno le donne di una volta? E già perché noi non siamo come le nostre nonne, noi siamo le figlie delle sessantottine cresciute a pane, femminismo e cultura... siamo effettivamente forti, indipendenti e molto reattive e ci siamo dimenticate un altro importantissimo insegnamento delle nostre nonne: “ a casa si fa come dico io, ma decide lui!”....

“...ma a tutte fa piacere quel gesto di carineria, quel pensiero, quell’attenzione, ma deve essere spontaneo...” foss’anche solo allungandosi sul sedile hai quasi i singhiozzi...: è sceso e ti ha aperto da fuori, dopo essergli quasi svenuta tra le braccia in preda ad un vero e proprio mancamento lo guardi stralunata, anche un po’ dubitativa e nei tuoi occhi si legge lo stupore e la chiara domanda: dov’è la fregatura? Ed ecco lì, hai commesso l’ennesimo errore, lo pagherai a vita: hai mostrato che non sei abituata a queste cose che nella sua testa vuol dire: “e vai!!!! Non se le aspetta, quindi sono esentato!” per non parlare di quando si avvicinano i venditori di rose, li guardano già da lontano sottecchi poi a bassa voce ti chiedono “ne vuoi una?” con l’espressione e il tono di voce che sottende: tu non sei una da rosa...Ebbene sì, signori uomini: tutte le donne sono da rosa, non in quanto rosa , io personalmente preferisco le margherite, i girasoli, i fiori di campo....ma a tutte fa piacere quel gesto di carineria, quel pensiero, quell’attenzione, ma deve essere spontaneo è ovvio che se ce lo chiedete risponderemo: “no, non ti preoccupare, a me nemmeno piacciono le rose” e intanto penseremo guarda che cafone...ed oplà ennesimo errore imperdonabile: abbiamo decretato da sole il nostro destino: non aspettiamoci più che quel lui ci regali dei fiori...mai più, l’abbiamo esentato!!!! Insomma abbiamo iniziato con una domanda e finiamo con una domanda...non è che oltre agli uomini di una volta non ci

Care Sciure, sono allibita dal clamore del così detto “caso Morgan”. Essendo anche lui monzese, mi sento di chiedervi: cosa ne pensate? Mi piacerebbe leggere qualcosa di diverso dalle varie ipocrisie che ho letto in giro, da una parte e dall’altra….che tristezza! Una fan monzese (mail firmata) Abbiamo riflettuto molto sullo scrivere o meno una nostra opinione su questo fatto che ha coinvolto un nostro concittadino Monzese. E, a parte qualche piccolo richiamo privo di giudizio, noterai che essenzialmente non abbiamo voluto dare voce a questa triste storia. Le nostre motivazioni sono molteplici e comunque crediamo che in casi come questo il silenzio sia la forma di rispetto migliore. Non ragioniamo in termine di colpevole o innocente, è una sua vicenda privata balzata sui giornali per leggerezza o disattenzione, certo, ma anche per volere del giornalista. Ti posso solo dire questo: se fossimo state noi ad effettuare quell’intervista a Marco/ Morgan, non avremmo mai pubblicato le sue dichiarazioni (anche se registrate!), e non per censura, ma per rispettare la sua sfera privata. Noi non siamo per lo scoop a tutti i costi, soprattutto se lo scoop va a procurare dolore nella sfera privata di tante persone. A Marco, che conosciamo bene, auguriamo di superare presto questo difficile momento.

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Ci vediamo presto!

Il prossimo numero uscirà martedì 30 Marzo 2010 NUMERI UTILI

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