Trantran N°7/2010

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Mensile - 27 Aprile 2010 - Anno 2 - Nr. 7

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col patrocinio di

DYLAN DOG

VIAGGIO TRA I MITI BONELLIANI INTERVISTA

IL CANTAUTORE MONZESE VAN DE SFROOS

MUSICA

MONDO MARCIO IL RAPPER LA VILLA REALE DI MONZA APRE LE SUE STANZE RACCONTI DI VIAGGIO LE FOTO DEI VINCITORI SPORT NON SOLO FORMULA 1!



Editoriale Bambole, non c’è una lira di Alfredo Rossi, il Direttore

Direttore Alfredo Rossi

Capo redazione Marta Migliardi Redazione Elena Gorla, Adriana Colombo, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Costa, Niccolò, Juri Casati, Gaber, Lorenzo, Giulia Cavaliere, Sara Tripaldi Progetto grafico Alessandro Maianti Si ringraziano per questo numero Marzorati Stefano e la Bonelli Editore per la professionalità e gentilezza, Roberto Ravina, Giovanni Miano, Luana Somma, Daniele Arosio Per contattarci direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Per la pubblicità amministrazione@trantran.net Immagine di copertina Dylan Dog © Sergio Bonelli Editore 2010. Disegno di Angelo Stano. Foto della Villa Reale di Monza di Sara Tripaldi.

Un programma di grande successo della Rai, andato in onda nel 1975 (sembra un secolo fa, ma di anni ne sono passati SOLO 35), si intitolava “Bambole, non c’è una lira”: era uno spettacolo di varietà di RaiUno e riprendeva la frase, forse una leggenda metropolitana, detta da un impresario di avanspettacolo che, spesso, quand’era il momento di pagare le ballerine e i comici, la ripeteva perché, per mancanza di pubblico in sala, non aveva soldi da scucire. Forse il motto, leggermente cambiato visto che adesso c’è l’euro, potrebbero adottarlo i 510 sindaci lombardi (tra cui c’era anche Marco Mariani, primo cittadino di Monza) che lo scorso 9 aprile si sono radunati, con tanto di fascia tricolore di traverso sul petto (come si usa nelle cerimonie ufficiali), davanti alla Prefettura di Milano. Sindaci di tutti i colori e di tutte le componenti politiche: di destra, di sinistra, di liste civiche eccetera eccetera, senza alcuna distinzione. Poi sono entrati dal prefetto e hanno riconsegnato (simbolicamente) la fascia. Il problema, stringi stringi (a volte la politica si complica da sola, ma gli effetti poi sono molto semplici e visibili), è che nei comuni lombardi mancano i soldi. “Bambole, non c’è un euro” lo ripetono tutti i sindaci lombardi e lo stanno dicendo con forza, tutti insieme, perché amministrare senza avere il denaro in cassa diventa davvero impossibile. E allora mi viene da pensare che tutto questo gran parlare che si fa, per quanto riguarda la politica nazionale, di semipresidenzialismo

alla francese, con un solo turno o con due turni di votazione, sia come passare la vita a domandarsi se è nato prima l’uovo o la gallina: un quesito davvero filosoficamente interessante, ma che non procura né l’uovo né la gallina... Intendiamoci, non sono così sprovveduto da non sapere che il nostro stato, e la sua forma di governo, vada ammodernato e anche abbastanza in fretta, altrimenti rischiamo in un futuro neanche tanto lontano di trovarci imballati da una macchina pensata tanti anni fa, ma forse prima bisogna dare ai sindaci, che sono sul territorio e che hanno a che fare con i problemi del quotidiano, quei soldi per poter pagare chi lavora per la municipalità, i soldi per chiudere i buchi nelle strade prima che diventino voragini, i soldi per lo spettacolo in piazza per rallegrare le serate dei cittadini che magari non hanno la possibilità di andare in vacanza, i soldi per (metteteci altri cento problemi a scelta). Perché se i soldi non ci sono a noi cittadini sorge il sospetto che per recuperarli, almeno un po’, si intensifichi lo spargimento di multe (per sosta vietata, per insegne non regolari, eccetera eccetera). Per carità, la legge va fatta rispettare, ma se il sindaco, per non gridare “Bambole, non c’è un euro”, deve sperare nel ricavato delle multe non è una cosa che a noi cittadini piace. O no? 3 4 6 10 13 15 19 20 24 25 26 28 30 31 32 34 35 36 38 39 40 41

Sommario

Anno II numero 6 - 30 Marzo 2010 Distribuzione gratuita - Editore: Trantran Editore S.r.l. Viale Cesare Battisti 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Stampa: Ciemme SpA Cinisello Balsamo (MI)

Editoriale - Bambole non c’è una lira Spunti di vista... - Kramer contro Kramer Clochart - Dylan Dog, amore mio! Clochart/2 - Mondo Marcio Clochart/3 - Davide Van De Sfroos Altrove - La terra del vento: il trapanese In cuccia Bis! - Gianmario Mazzola I vincitori del concorso raccontano... NonsoloMonza - Fuorisalone a Giussano Verdissimo - Aglio Orsino Brigantia - Villa Reale di Monza I segreti dello chef - Filetto al barolo Reality Raccontiamoci - Oriel Pozzoli Raccontiamoci - Haiku giapponesi a Monza L’angolo del pendolare Di tutto un po’ - Texas Hold’em Dalla Provincia SportivaMente Dal Comune Le Sciure

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Spunti di vista...

Kramer contro Kramer: tra il prima e il poi di Juri Casati

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ono rimasto sorpreso quando hanno chiesto proprio a me di scrivere un pezzo che prendesse spunto dalla vicenda di Morgan e Asia Argento – è notizia di questi giorni la richiesta di Asia Argento al Tribunale di Roma di far decadere la potestà genitoriale di Morgan sulla loro figlia di 8 anni - per aprirsi a considerazioni più ampie relative alla condizione dei padri separati. Non sono sposato, non ho figli, non ho genitori separati, non sono un giudice né un avvocato. Pertanto, rispetto a questo tema, non ho esperienze personali o competenze professionali da mettere a disposizione. Tuttavia provo a fare qualche riflessione dall’esterno con la ovvia avvertenza – vista la delicatezza dell’argomento – che non pretendo di esaurire in 5.000 battute un tema grande, anzi enorme, ricco di sfaccettature e risvolti personali che rendono ogni caso un caso a sé. A me pare che soprattutto due problemi

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meritino attenzione: la questione del “diritto a…” – che riguarda tutti i padri separati indistintamente - e la questione economica che sta toccando sempre più persone. a questione del “diritto a…” è relativa a quali diritti abbiano concretamente i padri separati: possono avere in affidamento i figli? E, se ciò non accade, possono comunque vedere i figli? E quante volte? Per quanto tempo? Chi lo decide? E, se ciò non accade, cosa succede alla madre? Quanto possono incidere nelle scelte educative dei figli? Non sempre c’è stata chiarezza su questi temi. Sembrava che ci fosse una certa arbitrarietà nell’interpretazione delle norme, soprattutto da parte delle madri che avevano in affidamento i figli. Tuttavia le cose stanno ormai cambiando. Infatti una parte dell’opinione pubblica – ed in primis le associazioni dei padri separati – segnalava da tempo che il Diritto di Famiglia su questi temi era squilibrato e superato dai

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Asia Argento tempi. Tuttavia il Legislatore segue – e non anticipa di certo - le pubbliche esigenze che via via si creano muovendosi purtroppo a distanza di anni dal loro manifestarsi.


Pertanto si è dovuto attendere solo il 2006 un’applicazione omogenea della norma in perché il Legislatore rivedesse la normativa tutta Italia. introducendo “l’affido condiviso” e, con la e in tema di diritti il Legislatore – Legge 54/2006, sancisse che “Anche in caso seppur con ritardo – è oggettivamente di separazione personale dei genitori il figlio minore intervenuto, per la questione economica ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato non si è ancora mosso. Il tema economico e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, sta emergendo lentamente dalla nebbia educazione e istruzione da entrambi e di conservare dell’imbarazzo, del pudore e della vergogna rapporti significativi con gli ascendenti e con i che ha impedito fino ad oggi ai padri separati parenti di ciascun ramo genitoriale”. di far entrare le “vili” questioni economiche Il Legislatore, con la norma sopra citata, ha in un dibattito che ipocritamente doveva di fatto tagliato la testa al toro: una coppia essere solo “affettivo”. È inutile girarci - coniugale o non - si può sciogliere, ma ciò non comporta lo scioglimento della coppia genitoriale che deve continuare ad esistere. A seguito di ciò viene fatto obbligo ai genitori di predisporre un progetto educativo da presentare congiuntamente all’istanza di separazione con la ripartizione dei compiti e dei capitoli di spesa tra genitori. utto questo in teoria. Ma in pratica? Per la pratica serve tempo. Infatti a una rivoluzione di questo tipo Morgan e Asia Argento in un’apparizione televisiva servono – oltre che un assestamento culturale - anche anni di assestamento intorno: i padri separati hanno il diritto a giuridico fatto di sentenze e interventi della rifarsi una nuova vita dopo la separazione, Cassazione che facciano giurisprudenza ma possono non avere più le possibilità e che consentano un’interpretazione e economiche per farlo. Basta fare due

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semplici conti per capirlo. Le statistiche ci dicono che due lavoratori dipendenti su tre hanno una busta paga che oscilla tra i 1.100 e i 1.600 euro al mese. Pertanto un eventuale affitto o un eventuale mutuo per una nuova casa azzererebbero o quasi una busta paga già significativamente erosa – e giustamente intendiamoci – dal contributo dovuto per la “vita precedente”. Varie ragioni negli ultimi anni hanno aggravato questa situazione: la crisi economica, l’inflazione post euro e soprattutto il costo delle case (affitto o acquisto). Siamo arrivati al punto che la presenza di alcuni padri separati è segnalata anche nei dormitori pubblici e non si può più far finta di niente. In questo momento ci sono iniziative – per esempio a Milano vengono messe a disposizione a prezzi calmierati le case confiscate alla mafia -, ma sono iniziative locali, sporadiche e non coordinate. Certo: anche su questo tema il Legislatore arriverà, prima o poi, a legiferare. Tuttavia “il prima” piuttosto che “il poi” sarà correlato alla capacità dei padri separati di sensibilizzare il Legislatore trasformando la difficoltà economica in cui versano oggi in una pubblica esigenza di aggiornamento della norma.

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Clochart Dylan Dog, amore mio!

interviste a volti noti in giro per la Brianza

24 anni di successo dell’indagatore dell’incubo. di Marta Migliardi

Dylan Dog è il mio uomo ideale. Da sempre, dal 1986, da quando comprai la prima copia da leggere sul pullman, mentre tornavo da scuola: vegetariano, amante degli animali, tenebroso ma gentile, con un mezzo senso in più. Sono stata gelosa delle sue tante donne, sono stata adolescente a Londra e mi sono fiondata in Craven Road sperando di trovare una traccia della sua immaginaria presenza. Sono andata a tutti i Dylan Dog Horror Fest. Io sono invecchiata, lui no. Mi reco alla Sergio Bonelli Editore, a Milano, per incontrare Stefano Marzorati, il responsabile dell’ufficio stampa della casa editrice. So che non ci sarà Dylan Dog, ma sono lo stesso emozionata, perché sto andando laddove lui è nato, laddove il suo creatore, Tiziano Sclavi, avrà passato del tempo a creare, pensare, inventare. Le stanze della casa editrice sono piene di locandine, poster, quadri raffiguranti tutti gli eroi bonelliani: Tex Willer, Martin Mystère, Napoleone, Zagor e lui, il mio amato Dylan Dog. Si respira creatività. Stefano Marzorati mi racconta, incantandomi, tutta la storia del mio eroe e, tra le tante cose, scopro che Dylan, insieme agli altri protagonisti dei fumetti bonelliani, è ospite di una mostra dal titolo L’Audace Bonelli al palazzo delle Arti di Napoli. Un sogno si fa strada dentro di me: riusciremo mai a portare Dylan Dog a Monza? Il primo numero di Dylan Dog, L’alba dei morti viventi, è uscito nel 1986 e, inizialmente, sembrò un fiasco salvo poi diventare, in poche settimane, un vero e proprio fenomeno del fumetto… ci parli un po’ della sua nascita... Le 50.000 copie del presunto fiasco del primo numero di Dylan Dog oggi sarebbero un successo! Nel corso degli anni c’è stata una lenta erosione del nostro serbatoio di lettori, ma non solo del nostro. Mi riferisco alla crisi della lettura di cui si parla da anni, quindi non solo i fumetti! Comunque ai tempi queste 50.000 copie facevano presagire che Dylan Dog non avrebbe avuto lo stesso successo di altri personaggi bonelliani, come Tex Willer,

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in realtà poi il personaggio ha goduto di una crescita lenta e costante, arrivando nel 1993, in occasione del primo Dylan Dog Horror Fest, a superare lo stesso Tex Willer, da sempre il n.1 della casa editrice, con 500.000 copie mensili! Dylan Dog è stata l’ultima vera novità del fumetto popolare italiano. Perché è riuscito a coinvolgere un pubblico che, per tradizione, non leggeva i fumetti. Questo perché è scritto con una sensibilità da grande autore, Sclavi ha un passato di giornalista professionista, aveva lavorato anche per il Corriere della Sera e, con lo stesso Bonelli, svolto attività di art director in una rivista che si chiamava Pilote, la versione italiana di una rivista francese, che raccoglieva storie di fumetti d’autore. Negli anni ‘80 si parlava ancora, infatti, di fumetto d’autore grazie a personaggi come Manara e Pratt. La gente è stata anche incuriosita da questo personaggio un po’ atipico, che non è il solito eroe tutto d’un pezzo, come Tex Willer. Dylan Dog ha una grande sensibilità, Dylan Dog. Disegno di Angelo Stano un passato da alcolista, una vita travagliata: un personaggio un po’ esistenziale, un bel tenebroso, per dirlo in gergo cinematografico. Inoltre Tiziano Sclavi introduce delle novità sia a livello di contenuti che di stile. Come la sua abilissima capacità nell’inserire le citazioni, ad esempio il primo albo del 1986 ha anche una famosa sequenza di un film horror firmato da Romero che era Alba dei morti viventi, che poi è il titolo anche dell’albo, anche se in realtà la sequenza era ispirata a Zombi il film co firmato da Dario Argento.

Che rapporto ha Dylan Dog con il suo pubblico? Il Dylan Dog Horror Fest era un vero e proprio festival di cinema ideato da me e da Elisabetta Crespi ed era l’occasione per poter incontrare il vasto pubblico di Dylan Dog che, già allora si faceva sentire con lettere e messaggi. Il primo Dylan Dog Horror Fest risale all’ 87 e a livello di pubblico c’erano più di mille persone. Arriviamo poi al Dylan Dog Horror


Fest 4, organizzato al Palatrussardi, con ospiti illustri, e 8000 persone! Un fenomeno inusuale e irripetibile per un personaggio dei fumetti perché Tex, ad esempio, ha un pubblico più tradizionale, meno giovane e meno interventista, pur essendo il n.1 della collana bonelliana. Quando nacque Dylan Dog non esistevano le e-mail ma arrivavano più di 500 lettere al giorno. E non è una leggenda, perché mi occupavo io della corrispondenza. Ed è vero e noto che Bonelli rispondeva a tutti! Erano per lo più testimonianze d’affetto ma molte esprimevano anche il disagio adolescenziale perché fin da subito i ragazzi hanno visto in Dylan Dog una sorta di alter ego, di personaggio in cui vedevano rispecchiati i problemi della propria condizione esistenziale. Questo sempre per merito di Sclavi, che è notoriamente un personaggio tormentato schivo e riservato. Ha sempre schivato le interviste ma non per snobismo, solamente perché ama starsene da solo. Oggi come oggi non viene più neanche in redazione ma ha sempre contatti con Mauro Marcheselli, che è da sempre il curatore, l’editor della serie e organizza la stesura delle sceneggiature, approva i soggetti, insomma un elemento chiave della struttura bonelliana. Quanto contano i disegnatori nella riuscita del progetto Dylan Dog? La bravura dei disegnatori è, dopo la bravura di Sclavi, l’altro aspetto fondamentale del successo di Dylan Dog. Sono professionisti in grado di rispettare le scadenze e di lavorare disegnando storie dove l’atto del disegno non è meccanico ma subentra il loro stile, la propria esperienza di autori, non a caso già dall’86 in avanti nomi come Stano che è l’autore dei disegni del primo album o come Casertano stesso o come Roi diventano popolari perché ognuno identifica uno stile già ad una prima occhiata, pur mantenendo un’omogeneità che è fondamentale in una serie. Rispettano la fisionomia del personaggio ma poi è vero che ciascuno ha dato del suo: abbiamo dei Dylan Dog un po’ più gotici e dark, ed è il caso di Mari, dei Dylan Dog più tranquillizzanti e fascinosi nel caso di Freghieri, che viene dalla moda, c’è quello di Casertano, che presta molto spazio all’ironia e così dicendo…. Il fumetto non è fatto con lo stampino: in realtà per creare una storia di Dylan Dog, ma anche degli altri personaggi, occorrono in media dai 6 agli 8 mesi. Un albo di Dylan Dog di 94 pagine e dato da 94 tavole di lavoro e in media un disegnatore realizza una tavola ogni due giorni. Contraddicendo un po’ la credenza popolare, il lavoro del fare fumetti è un lavoro artigianale! In più

Cover di Dylan Dog. Disegno di Angelo Stano il disegnatore si deve dotare anche di una documentazione, per cui se si parla di uno scenario particolare, una piazza o una via londinese, per esempio, deve basarsi su foto e materiali reali. In questo caso internet è stato un aiuto! Un tempo si mandavano via fax brutte riproduzioni di foto, oggi è tutto facilitato! Orrore all’interno di Dylan Dog: dallo splatter all’orrore quotidiano… Ci siamo accorti che l’orrore, lo splatter quindi la violenza grafica, l’effetto un po’ di derivazione cinematografica non era l’unico elemento di attrazione nei confronti del pubblico, anzi prevaleva l’amore per il personaggio della sua psicologia e del tono ironico con cui Sclavi ha sempre contraddistinto le storie. Infatti quando dall’orrore puro siamo passati a storie di carattere più sentimentale come Il Lungo Addio e Johnny Freak, il pubblico ha gradito molto il nostro accentuare alcuni toni. Bonelli è sempre stato molto attento a non dispiacere il suo pubblico che è sempre

stato piuttosto eterogeneo. Ci fu anche una polemica nei primi anni 90, con tanto di interpellanza parlamentare, perché sulla scia di Dylan Dog uscirono molti altri personaggi che facevano però soltanto leva su questa violenza estrema. In realtà alla fine, nelle polemiche di allora, Dylan Dog fu risparmiato a testimonianza del fatto che si riconosceva un valore aggiunto alla serie. Dylan Dog, che è un fumetto d’autore, è rimasto, gli imitatori sono scomparsi nel nulla! Questo legame con l’orrore quotidiano ha permesso a Dylan Dog di sposare alcune cause come la campagna contro la droga, contro l’aids, contro l’abbandono dei cani…un personaggio dei fumetti a disposizione della società, un’altra innovazione bonelliana… Sin dall’inizio Sclavi all’insegna della frase “I mostri siamo noi” è subito andato a ricercare tutte quelle piccole situazioni quotidiane che hanno una valenza grottesca e angosciante, per cui questa mostruosità

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Sclavi l’ha ritrovata negli esseri umani, quindi i mostri diventano invece alla fine qualcosa di più accettabile rispetto alla mostruosità degli esseri umani. E Dylan Dog piacque a tal punto che dall’esterno arrivano delle offerte per utilizzarlo come testimonial per varie campagne, come quella contro l’abbandono degli animali, probabilmente questa sensibilità di Dylan Dog è sembrata un buon punto d’appoggio per utilizzarlo laddove nel contesto del sociale Tex, per esempio, è più forzato, anche per questione di realismo dato che vive nell’800 nel west. Tra i bonelliani contemporanei Martin Mystère napoleone e altri Dylan Dog è stato il prediletto, anche perché, non dimentichiamoci, è il n. 2 della casa editrice quindi, a livello di popolarità, garantiva una grossa attenzione.

New Orleans per assistere al primo giro di manovella. La scelta di New Orleans è dettata dal fatto che Londra sembrava poco cinematografica, cioè vecchia come setting per l’azione, ma ci sono motivi molto più prosaici. New Orleans sta cercando di risollevarsi dopo l’uragano Katrina e la municipalità offre agevolazioni per cui, se le produzioni assumono personale locale, ci sono degli sconti, New Orleans aiuta e vuole promuovere il lavoro per risollevare le sorti della città. E’ una città affascinante lo è stata prima e lo è anche adesso, anche se è un po’ una città fantasma. Poi essendo una produzione americana, la scelta di una location nazionale era importante. E’ un prodotto che Uscirà prima in America si rivolge non solo ai e poi in Italia, pare ad lettori italiani di Dylan ottobre 2010, un film Dog ma ad un pubblico intitolato Dead of Night internazionale, quindi anche che vede protagonista a persone che non hanno mai Dylan Dog. Ma è un letto né conoscono Dylan Dylan Dog un po’ atipico: Dog. Anche se ha avuto non c’è Groucho, vive a una edizione statunitense New Orleans e soprattutto a cura della casa editrice non è interpretato da Rupert Dark Horse Comics ha avuto Everett, segnalato dallo stesso sempre vita breve perché Sclavi come fonte d’ispirazione. il formato bonelliano per Avete già visto il film? Cosa ne il mercato statunitense è pensate? Alcuni fan l’hanno abbastanza atipico. Gli albi interpretata come una mera americani sono di poche pagine operazione commerciale… rispetto alla foliazione delle Il progetto di Dylan Dog risale a 94 o 120 pagine bonelliane. Si più di 15 anni fa e coincide con sono ispirati al personaggio questa crescita di popolarità. Per mantenendo qualche cui alla fine si sono mossi gli caratteristica, ma sicuramente interessi anche del cinema. E’ un dovevano tradirlo, perché lo contratto firmato con produttori scopo del cinema è anche quello statunitensi più di 15 anni fa, di commercializzare il prodotto. che solo l’anno scorso ha avuto Noi non abbiamo ancora visto una realizzazione concreta. nulla. Però il film è presentato Io sono stato sul set di Tex, disegno di Claudio Villa come un horror dove c’è

La prima striscia di Tex, 1948. Disegno di Aurelio Galleppini Il leggendario Tex Willer creato nel 1948 da Gian Luigi Bonelli. Il fumetto italiano più longevo di tutti i tempi, edito ininterrottamente per oltre sessant’anni. Famoso come la Ferrari, con le sue centinaia di migliaia di copie vendute resta l’indiscusso N°1delle vendite della Sergio Bonelli.

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Copertina di Zagor, n 1. Disegno di Gallieno Ferri molta azione e molto umorismo. La spalla comica non è Groucho, per evidenti motivi di copyright: sarebbe stato costosissimo comprarne i diritti. E’ comunque un prodotto che si rivolge ai teenager, viene un po’ a mancare quella vena esistenziale di Sclavi. Dovrebbe uscire ad Halloween, quest’anno, ed io credo sia loro intenzione fare una prima italiana, dove il personaggio è conosciuto e amato, e poi nel resto del mondo. Sarebbe il modo di testare il film in un mercato difficile a causa delle forti perplessità dei lettori… ma sicuramente anche chi è perplesso, e dice già che il film sarà una delusione, andrà a vederlo. E questa è già una garanzia. Comunque è un film realizzato con la professionalità del cinema statunitense che ha una tradizione antica. La sceneggiatura mi sembra buona. Dylan Dog ha il maggiolone, anche lo studio è riprodotto in maniera fedele. I patiti di Sclavi, però, sicuramente ne saranno delusi. Spesso è comunque inevitabile la delusione nel vedere il proprio personaggio preferito riportato sullo schermo. Speriamo sia un prodotto decente. Everett si è sottoposto ad una chirurgia estetica terrificante e poi c’è la questione dell’età: lui andava bene nell’86/’87 quando davvero ispirò un po’ Sclavi nell’aspetto tenebroso del personaggio, ma ora per raggiunti limiti d’età…su quello siamo tranquilli perché non è una critica che possa essere mossa, né a noi né ai produttori!! La produzione e l’attore nelle varie interviste hanno ammesso di aver dovuto tradire un po’ il personaggio ma hanno dichiarato di aver cercato comunque di rispettare l’idea di Sclavi. Non resta che aspettare l’uscita al cinema e vedere cosa è successo!!


Dylan Dog, appunto, è un grande amante degli animali. Questa caratteristica gli è stata subito data dal suo creatore Sclavi. Noi collaboriamo attivamente con L’Enpa sez. Monza e Brianza: cosa direbbe quindi, Dylan Dog, per sensibilizzare la gente al rispetto per gli esseri viventi indifesi come i cani? Io me la caverei citando direttamente uno degli slogan che Sclavi aveva ideato diverse estati fa, che è sempre efficace: “Chi abbandona gli animali è un mostro!”. Data la passione cinofila e felina di diversi membri della redazione e dello stesso Bonelli e di Sclavi, abbiamo aderito molto volentieri alla campagna contro l’abbandono degli animali, problema che, purtroppo, ogni anno si ripresenta. Il 15 Maggio Dylan Dog torna in Brianza con un omaggio che gli viene fatto dai giovani musicisti del Clarionet Ensemble di Casatenovo, che reinterpreteranno le celebri sonate macabre del suo clarinetto. Insieme a loro si esibirà anche Giampiero Casertano, uno dei suoi disegnatori… non avete in progetto qualche iniziativa o manifestazione, tipo quella di Napoli, a Monza e Brianza? Monza mi risulta avere una storia di incontri e mostre sul fumetto abbastanza rarefatta, ma anche Milano, a parte il riconoscimento dato a Bonelli con il l’Ambrogino d’oro, non è mai stata una città coinvolta in maniera viscerale con un prodotto come il fumetto, prodotto che a Milano ha delle grosse radici rispetto al resto del territorio nazionale. Su Monza…aspettiamo!! Noi siamo sempre aperti a suggerimenti e richieste. Per questa cosa di Casertano è uno spettacolo messo in piedi qualche anno fa che ha già fatto varie tappe, e il 15 maggio torna in Brianza. Credo che Casertano non suoni il clarinetto ma disegni. Quindi può essere anche un’occasione per conoscere il tratto di Casertano, che è uno dei disegnatori storici di Dylan Dog. Però, ripeto, se le associazioni e le istituzioni si sentono attratte dal fumetto o dimostrano un certo interesse noi siamo sempre pronti. Poi la nostra presenza all’esterno è fatta d’incontri col pubblico, quindi di autori e sceneggiatori, di mostre che possiamo volentieri prestare per organizzare qualcosa che sia dedicato al fumetto bonelliano ma non solo! Saluto il Sig. Marzorati, nella speranza che anche la nostra città dia risalto alla tradizione fumettistica. Intanto ci permettiamo di sognare mettendo in copertina Dylan Dog davanti alla Villa Reale di Monza. Che sia di buon auspicio per un evento nella nostra città!

Comincia il viaggio dell’ ultimo nato in casa Bonelli,

Cassidy

…dall’8 maggio in edicola!

“Una rapina terminata nel sangue, una fuga nella notte, tre proiettili in corpo... L’attesa della fine e poi uno strano, imprevedibile incontro. A volte perfino a un criminale come Raymond Cassidy può essere concessa una seconda possibilità, un modo per sistemare le cose. Ma il tempo che gli resta non è molto, non serve voltarsi indietro. È ora di cominciare il viaggio, al suono di un ultimo, malinconico blues..” Cassidy n. 1, mensile: L’ultimo blues Soggetto e sceneggiatura: Pasquale Ruju Disegni: Maurizio Di Vincenzo Copertina: Alessandro Poli

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Clochart

interviste a volti noti in giro per la Brianza

Dr. Jekyll e Mr. Marcio: alla faccia di chi pensa che i giovani d’oggi non hanno più nulla da dire! di Elena Gorla Tutti sanno che il successo in giovanissima età finisce sempre con il rovinare chi lo conquista spalancando all’animo acerbo le porte della perdizione…beh, dimenticatevi questo preconcetto, vi presento Mondo Marcio(al secolo Gianmarco Marcello), il rapper milanese che si è imposto al pubblico a soli 17 anni, dopo essersi dedicato alla musica per superare il vuoto lasciatogli dalla tormentata separazione dei genitori. Oggi, a 23anni, continua a riscuotere successi grazie al suo costante impegno ed alla sua testa sulle spalle. Dopo aver abbandonato la sicurezza (ed i relativi vincoli) di una major (EMI/VIRGIN) ha fondato la propria casa discografica, la Mondo Records con la quale ha prodotto il suo ultimo album, “Animale in gabbia”, e con la quale si prepara ad affrontare tanti progetti….

Questo tuo nuovo album nasce dopo un tuo lungo soggiorno a New York, patria dell’ Hip Hop. Cosa ti ha lasciato quell’esperienza e cosa hai imparato oltre oceano? Sicuramente la città di New York ti lascia molte influenze diverse, molti spunti e stili musicali diversi che sono poi confluiti in Animale in gabbia. NY è un grande Melting Pot e io ho cercato di trasporre nel mio disco le suggestioni di quella esperienza. C’è tanto blues, c’è tanta musica nera ma nell’insieme ne risulta uno stile completamente nuovo, soprattutto per l’Italia e quello stile, quella novità è proprio ciò che ho cercato di catturare. Nei tuoi testi è sempre presente e feroce la critica per l’ipocrisia che domina il nostro Paese e colpisce a tutti i livelli. Questo perché credi che il rap sia una cura concreta e reale, seppur radicale, per una società malata o si tratta solo di una provocazione estrema? Il rap è quasi sempre una provocazione, credo che in nessun caso possa essere una soluzione ai problemi. Può aiutare ad aprire gli occhi ma la soluzione ai problemi siamo solo noi e le scelte che facciamo quotidianamente. E’ una provocazione nel senso positivo del termine perché offre spunti di riflessione su quelli che sono i mali della società. Credo che il rap possa dare alle persone un’occasione per riflettere e la sua forza è che lo fa facendo divertire e ballare.

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Il rapper milanese Mondo Marcio. Foto di Sara Tripaldi


Il rap in una parola cos’è per te? Controinformazione. Mi spiego, il rap è quello che sta accadendo davvero: esiste una versione dei fatti che è quella ufficiale, confezionata dai media, e poi c’è il rap, con la sua visione delle cose, più vera e diretta. Nei tuoi pezzi citi spesso personaggi della scena musicale italiana che hanno legami con la televisione, Morgan e Giusi Ferreri tanto per citarne un paio, ma tu come ti poni nei confronti della TV? Parteciperesti mai ad un programma? Ma diciamo che riesco ancora a guardare la TV e trovarci anche cose divertenti che mi fanno fare due risate. Intrattenere le persone è un compito importante perché c’è molta gente sola e la TV può davvero aiutare a trascorrere una serata. Tuttavia in TV c’è anche molta confusione e questo mi spaventa un po’. Nella TV di oggi credo che sia davvero difficile riuscire a partecipare a un programma e rimanere fedeli a sé stessi al 100% ! La televisione è senza dubbio una macchina che trasforma tutto quello che ci passa attraverso. Questo mi spaventa perché non avrei il controllo di ciò che di me arriva alla gente. Comunque sono molto attratto dalla TV, soprattutto dal mondo delle serie televisive. Come concili la dimensione “contro”, di disturbo e protesta che caratterizza il rap con il tuo essere un imprenditore, uno che lavora e paga le tasse?

La stai mettendo troppo positiva! (Ride) E’ vero che ho già fatto, sto facendo tutte queste cose ma sono davvero molto giovane, ho ancora voglia di “scoprire il mondo”. So che sono solo all’inizio di un percorso, sono felice che Animale in Gabbia sia uscito con la mia etichetta, ma ho ancora tanti obiettivi: conquistare sempre più pubblico, vendere di più, produrre tanti nuovi artisti. Come ti vedi fra dieci anni? Fra dieci anni mi vedo così come sono ora, forse con più barba, con più capelli bianchi ma non prevedo chissà quale evoluzione. Certo mi piacerebbe produrre tanti artisti, questo sì: man mano che passano gli anni mi vedo più dietro le quinte, nelle vesti di produttore e meno in prima linea sul palco. Comunque ci vorranno davvero tanti anni per arrivare a quel punto…forse attorno ai quarant’anni avrò meno voglia di stare sul palco e mi dedicherò più al fare musica come produttore. Come ti ha cambiato la fama ottenuta ad appena 17 anni? In cosa il successo ti ha realmente agevolato e cosa si è rivelato solo fumo e niente sostanza? Per me è stata un’esperienza in grande parte positiva. La sola cosa che si è rivelata tutto fumo e niente arrosto sono, purtroppo, state le persone. Quando ottieni un po’ di visibilità tante persone,

nel tuo quotidiano, ti si attaccano addosso come mosche. Ci metti del tempo a capire che non sono realmente interessate a te ma solo al momento che stai vivendo e a tutti i privilegi che comporta. Il fattore umano è stato quello in cui ho maggiormente accusato il colpo. Per il resto, per la parte business e la parte artistica, gli inizi sono stati un periodo nel quale mi sono dovuto impegnare tanto, ho imparato molto, sono cresciuto professionalmente. Ho dovuto fare quel salto da una dimensione amatoriale della musica a una dimensione che è totalmente ad un altro livello, con degli altri ritmi: è stato impegnativo, ho fatto una super gavetta! All’immagine del rapper si associa sempre una certa idea di machismo, alimentata anche dalle tante ragazze in costume che ballano nei video clip. La tua critica, però, non ha risparmiato neanche il dilagante fenomeno del “velinismo”. Tu, quindi, come ti poni nei confronti delle donne? Io verso le donne non ho altro che amore, sono davvero un grande amante delle donne sotto tanti punti di vista. Anche nel lavoro, posso solo esprimere sentimenti positivi. La mia critica al “velinismo”, in realtà, non era rivolta alle sole donne: io metto sullo stesso piano le ragazze che hanno come solo interesse quello di fare le veline come i Animale in gabbia, l’ultimo album di Mondo Marcio

Sono un imprenditore? (ride) Si, nel mio piccolo sono anche un imprenditore… Ecco, credo che si possa dire che riesco a far convivere due ruoli diversi. Il lavoro fatto per produrre il disco è senza dubbio una parte di me. C’è poi dentro di me un’altra persona, quella che ha composto le canzoni e scritto i testi che è completamente diversa. Per spiegarmi meglio: quando preparo concretamente il disco e lo produco ho un tipo di mentalità ed ho a che fare con un certo tipo di persone. Quando invece compongo non penso quanto andrà a costare questa cosa o quanto andremo ad incassare, dimentico tutti gli aspetti relativi agli “affari”, penso solo alla canzone, a quello che voglio comunicare, alle emozioni che mi trasmette la base…insomma, cambio radicalmente personalità, alla Dr. Jekyll e Mr. Marcio! A soli 23 anni hai già fatto di tutto: sei un musicista di successo con vari dischi all’attivo, hai scritto un libro (Mondo Marcio, Mondadori, 2006) e da un po’ sei anche un imprenditore discografico. Ti rimangono dei sogni nel cassetto?

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ragazzi che hanno il solo scopo di diventare tronisti. E’ un tipo di atteggiamento un po’ vuoto che metto sotto critica. Me la prendo con quei giovani che vivono sul modello della fama in quindici minuti, senza lavoro, senza impegno. Poi certo, (ride) dire che non mi piacciono le veline…non posso proprio dirlo! Come è la tua donna ideale? La mia donna ideale deve sicuramente essere sincera. La sincerità è la sola caratteristica che non può venire meno se si parla di una rapporto che sia un vero rapporto. Leggendo la tua biografia sono rimasta colpita del fatto che tu abbia intrapreso prima studi classici per poi dedicarti al rap. Com’è successo l’incontro fra questi due mondi così differenti? La parentesi liceo classico è stata un’esperienza affascinante ma in realtà breve, di soli due anni. Poi non ho portato a termine gli studi proprio perché mi è venuto a mancare l’interesse. Ho sviluppato un forte interesse per la musica e a quello

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mi sono dedicato, senza considerare i suggerimenti che mi venivano dalla mia famiglia, o meglio da quegli scampoli di famiglia che mi erano rimasti! Credo che l’interesse personale, ai fini di una sincera realizzazione, conti di più degli standard fissati dalla società. Io ho scelto di seguire la mia passione e fino ad ora mi è andata bene. Da qualche parte ho letto che ti piacerebbe lavorare con Giuliano Palma? Questa cosa mi ha incuriosito… Partiamo dal presupposto che nella musica italiana c’è anche molto che non mi piace, tutto un filone pop che proprio non amo. Poi, per fortuna, ci sono anche bravissimi artisti che fanno musica di grande qualità, Giuliano Palma, ma anche i Subsonica mi piacciono molto… La musica di Giuliano Palma, poi, ha un sapore internazionale e lui ha un grande talento e contribuisce a tenere alto il nome della musica italiana anche all’estero, a questo mi fa molto piacere. Poi, al di là di quello che è l’immaginario comune, non è vero che i rapper ascoltano solo musica rap!

Sulla base della tua esperienza che ruolo hanno la crisi, il disagio emotivo, nel processo creativo? Un ruolo di primo piano ma non solo a livello creativo, anche a livello di quotidianità. Una cosa che ho imparato nella vita è che non c’è mai un momento di successo, un momento di vittoria. Sono idee effimere. In realtà l’esistenza è un continuo perdere e ricominciare da capo, cadere e rialzarsi. Non si può mai davvero credere che tutto sia a posto al sicuro, non si è mai tranquilli, ci sono momenti più o meno tranquilli, certo, ma nel complesso i problemi, su un fronte o su un altro ci sono sempre, la crisi è costante.. Nella vita, quindi, come nel processo creativo, la cosa più importante è imparare a dominare questa crisi: accettarla, superarla, andare avanti. Solo nell’andare avanti c’è una forma di vittoria. Per me questo è vero anche nella musica, non mi sento mai arrivato, sento di dover lavorare per andare oltre, migliorare. E’ molto edilizia come mentalità! Mondo Marcio. Foto di Sara Tripaldi.


Clochart

interviste a volti noti in giro per la Brianza

Davide Van De Sfroos: la musica è come l’aria di Guido Caimmi

Davide è nato a Monza l’11 maggio del 1965, ma vi è rimasto poco. A quattro anni si è trasferito a Mezzegra sul lago di Como, e lì, dopo qualche anno, ha intrapreso un percorso artistico basato sulle radici culturali ed etniche degli ambienti da lui abitati e vissuti quotidianamente. La sua musica parla in dialetto comasco, ma la fama internazionale raggiunta da Davide pone chiaramente l’accento sulla sua abilità che trova nel realismo e nella ricercatezza strumentale, le armi necessarie per affermarsi al di là della profondità dei testi. Non solo musica però, anche libri e cultura. E sport, con la passione smisurata per il Como calcio. Alle spalle, inoltre, l’ingrediente segreto di molti successi: una famiglia solida, composta da Paola, la moglie, e da Pietro, Luca e Vittoria, i suoi tre figli. Un artista d’avanguardia che ha saputo trarre dalla sua terra la forza per imporsi ben oltre le sponde del Lago di Como. La forza per contrabbandare, direbbe lui. ( Van De Sfroos, in comasco significa “vanno di contrabbando”).

persone con le quali vivo, e spero, quando i miei fan si presentano ai piedi del palco, di poter restituire loro tutto ciò che... rubo. L’emozione che riesce a toccare veramente un autore, poi, è più facilmente trasmettibile anche al pubblico rispetto a qualcosa di fittizio o di fantastico.”

mie canzoni. In generale io, seppur abbia collaborato con persone e programmi che si occupavano di politica, mi dissocio dalla politica perché non mi fido di lei. E delle persone che la fanno. È sempre stato così per me, perché la politica non la capisco e non mi interessa. Io sono un musicista.”

Il realismo delle tue canzoni parte direttamente dalla lingua: il dialetto comasco. Molti hanno fatto dipendere questa tua prerogativa da una particolare scelta politica. E’ così? “Penso che nelle mie canzoni io parlo di persone e di luoghi, non di politica. Chi ha voluto accostarmi a determinati pensieri politici, evidentemente non era interessato ai miei testi e ai suoni che creavo e non ha capito il significato più profondo delle

Restando al dialetto. Tu hai raggiunto una fama che va ben oltre i confini entro i quali le tue parole vengono chiaramente capite. Addirittura al di fuori dell’Italia. Come mai secondo te? “Molte delle persone con le quali ho collaborato fin dall’inizio ritenevano che il fatto di usare il dialetto avrebbe effettivamente potuto circoscrivere a un piccolo bacino di utenti la mia musica. In realtà, forse, il mix tra una musica godibile Davide Van De Sfroos

Partiamo subito dalla musica. Che cos’è e che ruolo ha per te? “Già da bambino ho avuto una smisurata passione per la musica che ho sempre considerato un’entità simile all’aria. Non intendo dire che non vivrei senza musica, ma in realtà è vero che la mia vita senza musica non avrebbe senso. La musica è come il lago, come le persone che vivo e i posti che abito. Non c’è il mio mondo senza la musica. E necessariamente nelle mie canzoni sento il bisogno di rappresentare la mia vita e quella degli altri. E proprio l’ispirazione che io traggo per comporre le mie opere nasce dalla semplicità della mia vita quotidiana. La mia musica è vicina al country e al blues, cioè fatta di pochi accordi, ma con molte sfumature ognuna delle quali ha un senso. Il mio desiderio è sempre stato quello di fare qualcosa di credibile.” Dunque racconti storie di vita vissuta, di gente che hai conosciuto? “Assolutamente si. E penso che anche da questo derivi il mio successo. A me piace raccontare le persone che conosco e i luoghi che abito. Mi piace che quanto metto sul piatto sia genuino e non geneticamente modificato. Io prendo ciò che posso dalle

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e questa componente “esotica” della lingua ha incuriosito particolarmente ed è andato a colpire coloro che erano interessati a conoscere un prodotto tipico e così particolare dell’Italia come il dialetto. Se pensiamo poi al successo di certa musica bretone o catalana, forse ne deduciamo che, tutto sommato, questo tipo di musica può interessare, e non poco.” E tu ti saresti mai aspettato un successo così grande? “In realtà no. Come ti ho detto, all’inizio gli scettici erano tanti. Ma il successo ho sempre pensato fosse una cosa che, nel caso, sarebbe venuta da sé. Non ho mai avuto in testa di creare un prodotto di marketing efficace. Io ho solo sentito la necessità impellente di fare una cosa che sentivo davvero profondamente mia. Ho sempre amato la musica e la mia casa. Dovevo tradurre tutto ciò in quello che avrei fatto della mia vita e…detto, fatto.” C’è qualche artista che ami in modo particolare? “In realtà negli anni della mia crescita professionale, e anche ora, mi piace ascoltare qualsiasi genere di musica e tantissimi autori. Certo se dovessi pensare ai miei preferiti, coloro che in qualche modo hanno influenzato la mia produzione, mi viene in mente Bob Marley per la sua incredibile potenza ritmica e per l’alchimia di suoni che riusciva a creare. Era un signore del ritmo, abilissimo a inserire i suoi testi nel contesto reggae. Inoltre penso a Tom Waits per la tipologia dei suoi testi, la varietà degli argomenti trattati, la verità delle sue storie. E non posso non citare

miti come De André o Bob Dylan…” E un grande musicista come vive il palco? Cosa fai dietro le quinte di uno spettacolo durante le tue tournee? Sono momenti difficili o piacevoli? “Bè, sai, dire che sono momenti duri non posso proprio. In molte giornate sono tirato, per esempio in questo momento sono a Mendrisio, domani sarò a Pordenone per un concerto del Club Tour che sto effettuando, e dopodomani si torna a Mendrisio che non è proprio dietro l’angolo. Però, se riesco e ne ho modo, mi piace fare il turista, visitare le località dove mi porta il mio lavoro, imparare qualcosa e portare a casa dei ricordi che magari possono servire da spunto per le mie canzoni. Per quanto riguarda il dietro le quinte, è davvero un momento divertente. Coi membri del gruppo si scherza sempre, chi si guarda un film, chi ascolta musica, alcuni fanno scherzi, si chiacchera. Sono momenti allegri che stemperano il nervosismo” Hai vinto un premio Tenco per la miglior opera in lingua locale e pubblicato quattro libri. La scrittura è un’altra costante della tua vita come la musica? “Sarò sincero, in realtà no. In primis, è molto diverso scrivere una canzone o un libro. Scrivere il testo da adattare a un brano musicale è più semplice che stendere un romanzo ma paradossalmente la maggior parte del mio tempo la impiego per le mie composizioni da suonare. Poi se riesco nel tempo libero metto insieme qualche idea per scrivere dei libri ma la mia vera passione è la musica e do tutto per lei. E poi non sono

un gran lettore. I libri, sì, mi piacciono, ma preferisco ‘leggere’ le persone che hanno storie più vicine alla mia quotidianità” Concludiamo con Monza. È solo la città dove sei nato, uno sbiadito ricordo, o qualcosa di più? “In realtà per molti anni è stata solo un ricordo. Era la città dove ero nato e devo dire che mi è mancata così come mi è mancato sentirmi parte integrante del suo territorio. Negli ultimi anni però sono riuscito in parte a compensare questo aspetto perchè è diventata tappa fissa delle mie esibizioni anche grazie all’amicizia che mi lega al sindaco. Adoro Monza e i suoi palcoscenici e ogni volta che torno mi accorgo che non resta più solo il posto in cui sono nato, ma, in un certo senso, è una casa che sento mia.” Parliamo di calcio: Monza - Como. Quest’anno negli scontri diretti siete andati meglio voi, ma in classifica siamo davanti noi. Come si risolverà la questione? “Questo non te lo so dire. In ogni caso, forza Como!”

LE DATE DEL CLUB TOUR Davide Van De Sfroos è attualmente alle prese con il Club Tour, una serie di esibizioni che lo porterà addirittura ad esibirsi a Londra. Ecco le date mancanti del tour iniziato a Taneto di Gattatico il 9 aprile e che si concluderà a Milano il 9 maggio: 30/04 Calvari (GE) Muddy Waters 03/05 Londra Dingwalls 07/05 Castelletto Cervo (BI) Koko club 08/05 Biasca (Svizzera) Biasca live 09/05 Milano Bluenote

Davide è un appassionato di anelli. Ogni esperienza da ricordare è legata a uno di questi piccoli oggetti che significa qualcosa per lui. L’anello per Davide è qualcosa senza fine, che continua a girare. Ai più cari amici regala spesso anelli dal valore molto profondo.

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Altrove La terra del vento: il trapanese

racconti e consigli di viaggio

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n’ ora e mezza di volo, meno che fare da Monza a Milano centro nelle ore di intenso traffico: ma la Sicilia è un altro mondo. Un’isola appunto, un’isola in tutti i sensi. Isola geografica, letteraria, simbolica. Un luogo denso di storia, cultura, contraddizioni e tradizioni fortissime. Essendo impossibile raccontare tutta la Sicilia che, ricordiamo, è la più estesa isola di tutto il Mediterraneo, ci concentreremo sulla zona del Trapanese. Appena sbarcata all’aeroporto di Palermo, mi colpisce subito il clima, è proprio vero: nonostante fosse appena cominciata la primavera, c’erano almeno 10° in più rispetto alla Lombardia. tarda sera, dopo un viaggio di un’ora su una bellissima autostrada non a pagamento, fiancheggiata da piantagioni di agrumi e ulivi e che alla destra lasciava intuire la costa del golfo di Palermo e di Castellamare, sono arrivata a Trapani. Questa città allungata sul mare è costantemente baciata dai venti e per questa ragione la città ha ospitato nell’ottobre 2005 la prestigiosa Louis Vuitton Cup, ma numerose sono le gare di rilievo mondiale che la vedo come tappa nei propri percorsi. La mia meta, in realtà era l’isola di Levanzo, una delle Egadi insieme a Favignana e Marettimo, ma non potevo certo perdere l’occasione di visitare almeno i luoghi più rappresentativi di questa provincia. i dirigo a Erice alta, una rocca medioevale a 750 metri sul livello del mare che domina, incontrastata, la città di Trapani e da dove, nelle giornate limpide, è anche possibile scorgere l’Etna. Erice è davvero fuori dal tempo. Meravigliosa sintesi di arte e storia, conserva praticamente intatto il suo centro medioevale, armoniosamente fuso con la natura circostante. Mi arrampico fino al castello di Venere, dove la vista è davvero mozzafiato: da qui si vedono anche le saline tipiche del paesaggio trapanese. Il castello era stato in origine un tempio, ovvero la sede di un culto dedicato alla dea madre della fecondità naturale, successivamente identificata dai romani come Venere. Qui risiedevano le jeròdulai, bellissime sacerdotesse che praticavano l’arte della prostituzione sacra, congiungendosi con i pellegrini che quotidianamente si recavano sulla vetta ericina per rendere

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onore alla Dea. Solo in epoca normanna venne trasformato nel castello che ora ammiriamo. Fa freschino quassù. Ma la fantasia corre veloce, insieme alla storia, adesso comprendo meglio le parole di Sciascia che diceva della Sicilia : “come si fa a viverci senza immaginazione?”. Tornando verso Erice Valle si perde un po’ di magia: grandi antenne e la visuale urbana di Trapani, mi riportano alla realtà, alla modernità contraddittoria di questa terra. Il tempo a mia disposizione è troppo poco: solo qui, nel trapanese, senza lunghi percorsi, si potrebbero visitare le famose saline, l’isola di Mothia, o, poco distante, la bella cittadina di Marsala, con le sue leggendarie cantine. Senza parlare di Castelvetrano, con il suggestivo tempio di Selinunte. Ma decido di prendere, infine, l’aliscafo e raggiungere la più piccola delle Egadi: Levanzo. In soli 20 minuti di navigazione raggiungo la mia meta. d accogliermi colui che sarà la mia guida in tutta la permanenza sull’isola: il pescatore Salvatore. Piccolo e scuro, con due occhi neri profondi, contornati da sopracciglia dense. Insieme a lui il suo fedele cane, Annibale, un simpatico bastardino, col pelo grigio arruffato, sempre attento al minimo movimento del suo padrone. Salvatore ci spiega che la maggiore risorsa dell’isola di Levanzo è il mare con le sue grotte. Infatti in tanti, come Salvatore, si prestano ad accompagnare i vari

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di Marta Migliardi

turisti che sbarcano sull’isola a bordo delle loro barche, facendo tappa nei punti dove si possono ammirare le grotte e dove ci si può tuffare in un mare davvero limpido e cristallino. La più famosa è senza alcun dubbio la Grotta del Genovese, dove si trovano graffiti che risalgono a 11-12 mila anni fa, ovvero alla fase finale del Paleolitico, poco prima cioè che il mare inghiottisse quei lembi di terra che rendevano le Egadi parte integrante della Sicilia, e le pitture a 5-6 mila anni fa, o meglio alla fine del Neolitico, quando Levanzo era già un’isola. Salvatore ci racconta della vita sull’isola, e ci immergiamo in una quotidianità fiabesca, fatta di piccole cose, di poche famiglie che condividono questo piccolo lembo di terra. Priva di strade carrabili, Isola di Levanzo è come ferma in un tempo antico, dove la vita scorre lenta e senza preoccupazioni. Poche sono le costruzioni, molte delle quali sono le bianche case dei pescatori, che, nel piccolo porticciolo dell’isola, ricoverano le loro barche. Levanzo è un piccolo villaggio a ridosso di un altopiano, c’è chi ci abita da sempre e chi è capitato per caso o per curiosità turistica, e ha finito per divenire cittadino dell’isola, dimenticando tutto o in parte della sua precedente vita, lasciandosi alle spalle il frastuono delle città, lo smog, gli affari e le preoccupazioni; i “locali” sono ospitali, curiosi, aperti e lontani nello stesso tempo, amabilissimi se non ti presenti con la tracotanza del “cittadino civilizzato”, chiusi con chi non è gradito. Certo la società consumistica oggi è arrivata pure qui con i suoi egoismi e i suoi limiti, ma ancora, e speriamo per tanto tempo a venire, tra questi scogli si sente in modo

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tangibile quello spirito di solidarietà che anima le piccole comunità. E’ auspicabile che ogni iniziativa intrapresa in questa isola tenda a valorizzare e migliorare quanto già esistente e non mai a distruggere ciò che è il frutto del lavoro e dei sacrifici di tante generazioni che hanno dato l’anima e sono state l’anima di questa piccola isola di Levanzo. Salvatore mi racconta che sono 25 anni che non lascia l’ isola. Dice che si fa raccontare dai turisti cosa accade nel mondo e che i turisti vengono qui perché hanno visto un episodio del Commissario Montalbano in tv. E’ un racconto a due voci, quello che istauriamo nel noto ristorante dell’isola, l’Albergo Ristorante Paradiso, che con la sua terrazza vista mare nutre anche gli occhi, oltre allo stomaco. Noi raccontiamo a Salvatore della vita in Lombardia, del frastuono e degli stress del lavoro, lui ci narra della sua isola, dei turisti che ha incontrato, della sua piccola casa bianca, non lontana dal porto, dove dice di non avere neanche la televisione. I suoi occhi guardano lontano, verso l’orizzonte increspato del mare. Quella saggezza che ridimensiona, ancora una volta, le cose, e fa sentire l’importanza di azioni, gentilezze e gesti dimenticati. Secoli di storia e di vita negli occhi di Salvatore. Annibale, come Argo, fedele servitore, attende che il suo padrone ritorni presente a noi, perché in quello sguardo c’è l’assenza straordinaria di chi forse fisicamente è rimasto sempre ancorato a questi 6 km di terra, ma che ha viaggiato tanto con il pensiero. E proprio vero, ripeto tra me e me, come si fa a viverci senza immaginazione? l giorno dopo rientro a Trapani e mi precipito a visitare la famosa Riserva

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Levanzo vista dalla costa di Favignana. Foto di Elena Gorla. Nella pagina precedente, veduta del castello di Erice

dello Zingaro. Lo Zingaro è famoso per il suo mare di un blu intenso, le sue calette silenziose e protette da rocce a picco dove il falco volteggia alla ricerca di prede, per i suoi fondali limpidi e ricchi di pesce e grotte sottomarine. Non avrei potuto non menzionarla. Ma quante cose in questo poco spazio non sono riuscita a spiegare. n’ora e mezza scarsa di volo e sono di nuovo a Milano. Sull’aereo ho finito di leggere il Gattopardo, di Tommasi di Lampedusa. Concludo con le sue parole, con le parole di un siciliano: …..questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; che non è mai meschino, terra terra, distensivo, umano, come dovrebbe essere un paese fatto per la dimora di esseri razionali; questo clima che ci infligge sei mesi di

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febbre a quaranta gradi;……sei volte trenta giorni di sole a strapiombo sulle teste; questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo;….. se in ognuno di quei sei mesi un Siciliano lavorasse sul serio spenderebbe l’energia che dovrebbe essere sufficiente per tre;….. Questa violenza del paesaggio, questa crudeltà del clima, questa tensione continua di ogni aspetto, questi monumenti, anche, del passato, magnifici ma incomprensibili perché non edificati da noi e che ci stanno intorno come bellissimi fantasmi muti; tutti questi governi sbarcati in armi da chissà dove, subito serviti, presto detestati e sempre incompresi, …..tutte queste cose hanno formato il carattere nostro che rimane così condizionato da fatalità esteriori oltre che da una terrificante insularità di animo. Il Principe Fabrizio Salina da “Il gattopardo” di Tomasi di Lampedusa

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In cuccia

due chiacchiere a quattro zampe

Aiutiamo i due segugi Lillo e Indo: appello dell’Enpa a cura di Gabriella È mistero sul ritrovamento di due segugi, trovati legati ad un palo posizionato davanti ad una gioielleria di via Vittorio Emanuele, nell’isola pedonale in centro Monza. E’ successo la mattina del 6 aprile. I due cani, di circa cinque anni, sono stati avvistati e prontamente segnalati da una socia dell’ENPA monzese, proprietaria del negozio. Attaccata alla saracinesca, c’era un foglio di carta scritto dalla presunta proprietaria dei cani, in cui cercava di spiegare le ragioni del singolare abbandono. Ecco il testo integrale del biglietto: Buongiorno Signora (nome e cognome) Mi chiamo (nome e cognome), sono una signora anziana e pensionata, rimasta recentemente vedova. Percepisco la pensione minima sociale e sono praticamene sotto sfratto. A malincuore devo abbandonare questi 2 tesori, unico ricordo di mio marito, ma non riesco più a mantenerli. Mi scuso del modo in cui ve li affido, ma veramente non ho altra scelta, so che lei ama gli animali. I 2 cani sono segugi italiani di pura razza, mai andati a caccia, ideali per compagnia. I nomi sono Lillo e Indio, adorano correre. Sono sanissimi, fino all’anno scorso erano in perfetta regola con i vaccini, sono da vaccinare per la filaria. Ringraziandola per tutto. La saluto cordialmente (firma)

proprietaria dei segugi. La storia ha toccato il cuore di molte persone che si sono rese disponibili a dare una mano alla signora affinché se li riprenda. L’ENPA stesso è disposto a fare la sua parte per realizzare il lieto fine: che Lillo e Indio possano

tornare a casa con lei e rimanere insieme come ultimo ricordo del marito che non c’è più. Nella foto sotto, Lillo e Indio nella loro nuova “casa” presso il canile di Monza, speriamo solo per poco tempo.

Dopo essere stati accalappiati, Lillo e Indio sono stati trasferiti presso il canile di Monza in via Buonarroti 52, dove rimarranno sotto regime sanitario per 10 giorni, come da prassi legale. I segugi, due maschi di taglia media e pelo raso marrone, comprensibilmente traumatizzati per la brutta avventura capitata, stanno vivendo un po’ male la permanenza in canile, dimostrandosi ancora molto spaventati e diffidenti nei confronti degli operatori e volontari. La destinataria del biglietto ha dichiarato di non conoscere affatto la proprietaria dei cani. Ora si sta cercando di rintracciare l’autrice del gesto: se qualcuno la conosce, o riconosce i suoi cani, chiediamo gentilmente di contattarci allo 039-388304 / canile@enpamonza.it. Grazie anche all’articolo pubblicato sul quotidiano Il Giorno del 12/4/10, abbiamo già ricevuto diverse offerte di aiuto per la

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Bis!

teatro, musica ed eventi a Monza & Brianza

Gianmario Mazzola, pittore e musicista: il suo primo singolo in uscita a Maggio di Marta Migliardi

L’intervista è fissata alle 10,30 del mattino a Lissone, presso la sede della Over the Rainbow. Solo la location vale la pena di essere vista. Una vecchia fabbrica tessile ristrutturata, quasi in centro. Possibile che vivo qui vicino da anni e che veda solo ora, per la prima volta, questo luogo? Pensandoci bene, da quando faccio la giornalista ho scoperto che esiste l’arte in Brianza, che esistono questi luoghi creativi, loft spaziosi, riempiti di quadri, scrivanie, fogli, progetti, sogni. Luoghi professionali, intendiamoci, ma che ti colgono sempre impreparata e stupiscono. Incontro quindi Gianmario Mazzola, giovane artista brianzolo, che ci racconta la sua passione per l’arte e la musica. Il suo primo cd uscirà a Maggio. Parlaci un po’ di quello che fai, come hai cominciato? Per quanto riguarda l’aspetto visual artistico, diciamo che ho sempre disegnato. Fin dalle elementari. Ho portato avanti questa mia dote del disegno iscrivendomi al liceo artistico Le Preziosine di Monza e infine all’Accademia delle Belle Arti a Brera. Mio padre, architetto, voleva che facessi architettura ma io volevo fare pittura, allora abbiamo trovato un compromesso ed ho scelto di fare scenografia. Grazie a questo adesso lavoro in uno studio di scenografia che si chiama Over the Rainbow ( www.overtherainbow.it ) dove progettiamo degli spazi, anche per eventi particolari. Organizziamo anche mostre. (NB. Max Falsetta Spina, scenografo e fotografo, è il fondatore della Over the Rainbow, ed è stato inserito fra i candidati al titolo nella categoria BEST TO NEXT GENERATION, il cui vincitore verrà decretato il 22 Aprile nella serata di gala Premio Best Brianza 2010, evento al suo primo anno.) Tu dipingi: da cosa trai ispirazione? C’è una corrente particolare da cui prendi spunto? Inconsciamente ho avuto un’impostazione che mi è stata un po’ data al Liceo, molto grafica, ispirata a Bruno Munari. Da qui ho ereditato il mio essere pulito, grafico. I messaggi che voglio comunicare riguardano sempre la società in cui viviamo: l’estetica unita al messaggio sociale. Un filo conduttore è l’aspetto tecnologico della società, infatti, nei miei quadri vado a prendere elementi dei computer

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e li decostruisco. Ad esempio c’è una occidentale. Oppure prendo vari elementi ( reinterpretazione dell’uomo di Vitruvio il simbolo dell’uomo la chiocciole @, ecc) attorniato da una costruzione che potrebbe e li mescolo cercando ogni volta di dare sembrare un’architettura fantascientifica, significati diversi, costruendoci intorno quindi l’uomo che sta sempre all’interno una linea estetica mia: una fusione tra linee di un contesto iper tecnologico, che è poi estetiche e messaggi, forma e contenuto. come viviamo noi oggi specie nel mondo Gianmario Mazzola e la sua opera ‘Sistema n° 3’


C’è un momento del giorno in cui ti viene una particolare ispirazione per dipingere? Molti artisti prediligono la notte… Di notte sicuramente c’è molta più tranquillità ed i pensieri volano. Però non c’è un vero e proprio momento in particolare, io di giorno giro sempre col taccuino e prendo appunti che poi rielaboro quando ho tempo. Diciamo che è un po’ sorpassata, per quanto mi riguarda, l’immagine dell’artista bohémien e tenebroso che vive e lavora solo di notte. Io sono legato alla vita, all’esperienza ed è andando in giro che colgo le ispirazioni per le mie opere. Cosa pensi del rapporto tra Monza e Brianza e l’arte? Da quando faccio la giornalista ho scoperto varie oasi creative, come questa, ma, francamente sembrano un po’ nascoste…una sorta di massoneria dell’arte…. Qualcosina si sta muovendo, ma si potrebbe fare di più, anche perché in Brianza ci sono luoghi nascosti stupendi: ville scorci..a partire dalla Villa Reale di Monza che è l’esempio più palese. Questi luoghi, spesso sono lasciati lì a morire, tutti luoghi che potrebbero essere riqualificati e , perché no, anche adibiti ai giovani artisti, oppure si potrebbero creare show room, cercare di valorizzarli. A Lissone, ad esempio hanno fatto un ottimo lavoro con Villa Reati, dove hanno trovato degli affreschi, ed ora ci fanno dei concerti di musica classica. In Brianza c’è questa tendenza ad essere molto concreti, forse certe volte un po’ troppo chiusi, però è una cosa anche positiva perché c’è grande rispetto del lavoro in Brianza. Però bisogna essere anche sognatori. Io amo immaginarci come se fossimo l’Ispettore Gadget, che aveva i piedi ancorati a terra ma con delle molle poteva saltare per aria, sognare, pur non staccando i piedi dalla realtà, dalla concretezza.

La sede di Over The Rainbow

Particolare dell’opera ‘Motore Immobile n°4’

elettronici che raccontano di cose serie in maniera sempre ironica e scanzonata.

con un discorso artistico visual, anzi le cose si incrociano perché io nella musica uso molto l’elettronica e nei miei quadri mi rifaccio al mondo tecnologico.

Quindi hai seguito un po’ quella corrente che a metà degli anni 90 a Monza andava per la maggiore. Mi riferisco ai Soerba e ai Bluvertigo… Esattamente loro! E anche i La Sintesi, io sono cresciuto con quei gruppi e li trovavo veramente spaziali. Il primo disco dei Soerba per me era un capolavoro. Monza fino alla fine degli anni 90 era molto vivace in questo senso. I Bluvertigo e i Soerba andarono, infatti, anche a Sanremo. So che è difficile per un artista a 360° come te, ma se dovessi scegliere tra arti visive e musica? Non è necessario scegliere: infatti ci sono artisti come Jovanotti, Luca Carboni e lo stesso Andy ( Bluvertigo) che sono famosi e hanno inziato la loro carriera con la musica e poi l’hanno portata avanti e integrata

A Maggio quindi uscirà il primo singolo con tanto di video, Nulla Cambia al Mondo. Sì il video è stato realizzato con i ragazzi dell’Università IULM, che ho coinvolto tramite un docente, speriamo che vada bene e che abbia visibilità… Grazie Gianmario, allora riparleremo del tuo cd dopo l’uscita… Un’ultima cosa, continuate a leggere Trantran che è davvero una piccola perla…. www.myspace.com/jimmygianmariomazzola Facebook pagina fan: jimmygianmario mazzola

Motore Immobile n°5 (facebook era), Gianmario Mazzola, 90x90, tecnica mista, tasti pc su tela e legno, 2009

Tu non sei solo un artista grafico ma ti occupi anche di musica, e sappiamo che il mese prossimo uscirà il tuo primo cd… Mio fratello suonava le tastiere e il piano così mi sono appassionato anche io guardandolo, poi mi sono lanciato sull’elettronica e sul canto. Cominciai con un gruppo, Disciplina Plastica ( con cui collaborò anche Andy dei Bluvertigo). Poi per conto mio ho sempre portato avanti questo discorso di pop elettronico, con arrangiamenti fatti da me, prodotto da Filippo Bentivoglio, ed è un pop solare e ironico, a metà tra Franco Battiato ( che ho anche intervistato per la mia tesi di laurea) e Alberto Camerini: due grandissimi. Suoni

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Sara Denova - “FENICE”

di Lorenzo Andrea Paolo Balducci

Teatro degli Arcimboldi di Milano Programma maggio 2010 3 maggio 2010, h. 21:00

GIOVANNI ALLEVI

Il pianista e compositore, che ha scelto il pianoforte come mezzo privilegiato di espressione, torna in concerto per proporre al pubblico tutti i suoi grandi successi. Sara Denova

Ci si sente un po’ adolescenti. Ascoltare, sentire, rimanere sospesi sulla sensazione, e trovarsi nell’obbligo di darle parole, scavare all’indietro nei “perché” e negli “in quanto”: vedere la storia - noiosa - di un contatto che per la musica è così immediato da renderla insopportabile, per un momento. Ci si sente un po’ adolescenti. Musica che odora di pioggia. Suoni che scivolano fino dentro al naso e lasciano tracce di ozono, di finestre appannate, di sguardi desolati e dolci su un cielo in tormento. Come fa un pianoforte a odorare di pioggia? Come arrivano tocchi, pause e silenzi nel mio respiro, ora che ascolto? Ci si sente un po’ adolescenti. Ed è meraviglioso, perdersi in silenzio e passeggiare sui sentieri di questo piccolo disco, che sa di L. Einaudi messo a obbediente servizio dell’eterna grazia della donna. Note che cadono sulla pelle, la puliscono e la fanno tremare, cadono sulla terra e le danno acqua da bere. Ci si sente un po’ adolescenti. Un disco concepito e costruito e composto ovunque potesse succedere: camere, automobili, palchi, parchi, stanze d’ospedale, inevitabile e spavaldo come qualsiasi vita stia arrivando per nascere. Un disco che ha un nome gentile che parla di fuoco, “Fenice”, di cenere. Mentre continua a profumare di pioggia.

http://www.myspace.com/saradenova

Album in free download

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Biglietti da euro 25 a euro 40 (+ prevendita) Dal 5 al 9 maggio e il 13 e 14 maggio 2010, h. 21:00

DALLA DEGREGORI DUEMILADIECI WORK IN PROGRESS

Dopo il successo del concerto di Nonantola (Mo), due fra i più grandi cantautori della musica italiana tornano insieme per un tour davvero unico e indimenticabile. Biglietti: venerdì e sabato: da euro 29,00 a euro 63,00 (+ prevendita) tutti gli altri giorni: da euro 21,50 a euro 60,00 (+ prevendita) 21 e 22 maggio 2010, h. 21:00

BÉJART BALLET LAUSANNE - LE CONCOURS

Soggetto, coreografia e regia di MAURICE BEJART Le Concours, un balletto poliziesco creato da Maurice Béjart nel 1985, arriva a Milano per la prima volta, interpretato dalla compagnia del Béjart Ballet di Losanna. Biglietti da euro 25,00 a euro 60,00 (+ prevendita) 23 maggio 2010, h. 20:00

KÄFIG – TRICÔTÉ

Coreografia hip-hop per 5 danzatori. Direzione artistica e coreografica: MOURAD MERZOUKI, assistente alla coreografia: KADER BELMOKTAR, danzatori: REMI AUTECHAUD, KAREEM BEDDAOURIA, JOHNNY MABROUK GOUICEM, CHEU LY. L’ hip hop al Teatro degli Arcimboldi: una novità assoluta! Tra salti acrobatici e movimenti sinuosi, i danzatori della compagnia franco-magrebina Käfig tessono una pièce dal ritmo incalzante. Biglietti da euro 21,00 a euro 34,00 (+ prevendita) www.teatroarcimboldi.it www.myspace.com/teatroarcimboldi www.youtube.com/teatroarcimboldi


PROIEZIONI FUTURE workshop di arti visive, multimediali e interattive 12 maggio / 4 giugno 2010 Area Odeon, Monza 5 giugno Evento finale - Villa Reale, Monza OPEN CALL PER GIOVANI CREATIVI - ISCRIZIONI APERTE AreaOdeon presenta, nell’ambito del progetto HubYoung - Creativi in impresa, il terzo ed ultimo workshop di arti visive, multimediali e interattive PROIEZIONI FUTURE che si svolgerà a Monza, presso gli spazi di AreaOdeon, dal 12 maggio al 4 giugno. La partecipazione è gratuita e aperta ai giovani con la voglia di mettere in pratica il proprio talento e sperimentare con i professionisti del settore le potenzialità delle nuove tecnologie audiovisive.Durante le quattro settimane di workshop, i partecipanti, guidati da esperti che hanno fatto dell’arte multimediale il loro lavoro, avranno modo di integrare le proprie conoscenze alla sperimentazione tecnologica d ai linguaggi visivi contemporanei. Nella prospettiva di sviluppare queste competenze in ambito professionale, i partecipanti avranno l’opportunità di cimentarsi nella realizzazione di una performance audiovisiva ed interattiva di proiezioni architetturali e audio spazializzato, che sarà presentata al pubblico in occasione dell’evento conclusivo del progetto HubYoung che si svolgerà alla Villa Reale di Monza il 5 giugno 2010. MODALITA’ E SVOLGIMENTO Il programma sarà strutturato in tre fasi: una teorica in cui diversi professionisti introdurranno i partecipanti alla progettazione e allo sviluppo di contenuti audiovisivi; una pratica, in cui si lavorerà con le applicazioni e le strumentazioni multimediali ed interattive, e un’ultima fase applicativa, in cui le tecniche approfondite si concretizzeranno nella realizzazione della performance per l’evento pubblico del 5 giugno. DESTINATARI L’Open-call è indirizzata a giovani motivati di età compresa tra 18 e 30 anni, di qualsiasi nazionalità, che siano interessati ad approfondire l’uso dei media tecnologici ed interattivi nel campo della creatività, con la prospettiva di applicare in campo professionale le competenze acquisite. Per l’iscrizione al workshop è indispensabile una minima esperienza personale negli ambiti affrontati (vedere il modulo di partecipazione per ulteriori dettagli). TERMINI DI PARTECIPAZIONE La partecipazione al workshop è gratuita. Le iscrizioni verranno accettate fino ad esaurimento dei posti disponibili (20). Il modulo di partecipazione al workshop è disponibile sul sito www.areaodeon.org/hubyoung. Gli interessati dovranno inviare il modulo compilato in tutte le sue parti, via mail all’indirizzo hubyoung@ areaodeon.org, oppure via fax al numero +39 039 5960863. L’iscrizione dovrà essere formalizzata da ogni partecipante entro giovedì 6 maggio presso gli uffici di AreaOdeon - associazione culturale, aperti dal lunedì al venerdì dalle 9.30 alle 18.30. L’eventuale chiusura delle iscrizioni per il raggiungimento del numero massimo dei partecipanti verrà prontamente segnalata nella pagina internet sopra indicata. www.areaodeon.org/hubyoung

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I vincitori del concorso fotografico di Trantran ci raccontano dei viaggi vinti Eccoci di ritorno. Ringraziarvi a parole non e’ sufficiente e non sappiamo proprio cosa dire per la bellissima opportunita’ che ci avete dato. La settimana e’ volata in un baleno in un villaggio che possiamo dire con sicurezza essere il piu’ bello della zona. Solo il mare antistante merita di essere visto, senza considerare l’accoglienza e la qualità della struttura e di tutto il personale che ci lavora. Ne parleremo benissimo ai nostri amici e ci siamo ripromessi di tornarci, questa volta anche con le nostre ragazze che con così tanto affetto hanno permesso a noi di godere della loro fatica e di potere così festeggiare alla grande il nostro 25° anniversario di matrimonio. Grazie ancora e complimenti a tutti voi. Mariateresa e Riccardo Dell’Orto.

Le foto dei vincitori in vacanza, sopra i signori Dell’Orto, sotto una foto realizzata da Matteo Mariani

Qui sotto una foto di Nadia Cappelletti con famiglia a Sharm el Sheik

Un pensiero sul Kenya: Ho viaggiato molto in Europa, ho conosciuto gli Stati Uniti, il sud est asiatico e i caraibi, ma nulla di tutto ciò mi ha preparato all’incontro con l’Africa a sud del Sudan. Il Kenya è pieno di sensazioni ed emozioni che diventano rindondanti, sì perché dopo aver visto la luna così alta in cielo come solo all’Equatore, indossare il suo vestito più bello pieno di paillettes; i tramonti in cui le nuvole eplodono con colori che riempiono gli occhi; la savana e i suoi giganti, i colori e la vita con tutto il suo cinismo e la sua poesia mescolati a caso e gettati sulla terra. Ecco dopo tutto ciò un viaggiatore ha già ampiamente soddisfatto le sue aspettative; ma l’incontro con la gente nei villaggi ha un sapore magico, che rende, appunto, rindondante ogni emozione che si somma alle precedenti e alla sorpresa dell’ingenuo che in ogni viaggio è giusto portarsi nel bagaglio da casa. Ogni persona incontrata, ogni storia ascoltata, ogni tramonto vissuto, ogni luna che sale, ogni animale sfiorato, è come se ci avessero attaccato un invisibile filo, per legarci a loro, per obbligarci a tornare...questo credo si chiami mal d’Africa. Matteo Mariani E’ stata una vacanza bellissima, all’insegna del caldo, mare spettacolare, buona cucina, ottima animazione, ma soprattutto tanta e tanta allegria! Grazie per averci dato la possibilità di godere di tutto questo aiutando nello stesso tempo i nostri amici pelosi del canile di Monza!! Nadia - Tomas - Gioele e Matilde

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NonsoloMonza...

Giussano: il Fuorisalone approda in Brianza

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iussano è un comune di confine fra la provincia di Monza e Brianza e la provincia di Como e si colloca su di un’arteria che unisce Milano a Como già percorsa in epoca romana. Il nome della località venne assunto da una nobile famiglia della zona attorno al IX sec. a.c., i da Giussano, il cui discendente più noto è quell’Alberto da Giussano eroe della battaglia di Legnano del 1176 in cui i Comuni lombardi ebbero la meglio sul Sacro Impero Germanico dell’imperatore Federico Barbarossa. n occasione dell’appuntamento milanese col Salone Internazionale del Mobile, l’ importante rassegna di design, Giussano è stato il primo comune brianzolo ad ospitare un appuntamento legato al Fuorisalone (il maxi evento milanese formato dalla galassia di happening incentrati sull’eccellenza del design dei marchi presenti al Salone del Mobile, a metà strada fra la mondanità e l’avanguardia artistica, che per una settimana ha animato le serate milanesi). L’evento che si è svolto a Giussano presso MEDLAR’S il 18 Aprile, portava

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La sedia Mag di Alessia Galimberti Mag prima del montaggio

Villa Sartirana - Il giardino d’inverno

il significativo nome di Alchimia Briantea: percorsi fra urbanistica, design e moda attraverso le opere ed i progetti dell’architetto Alessia Galimberti realizzate in collaborazione e per conto di note aziende brianzole. L’obiettivo dell’iniziativa era proprio quello di promuovere l’immagine della nuova provincia di Monza e Brianza grazie ai marchi dell’industria del design che tanto numerosi sono sul territorio. L’innovazione insita in questa fuga dalle location milanesi oramai sature verso la Brianza è tesa a promuovere il valore dell’idea di design, e delle sue trasposizioni in oggetti di uso quotidiano anche in Brianza, il territorio in cui il mobile di design vede spesso la sua nascita sia in termini di progettazione che di produzione industriale. ’importanza rivestita dal comparto culturale sul territorio comunale è immediatamente percepibile appena varcati i cancelli di Villa Sartirana, la bellissima villa acquistata e poi restaurata dal comune nell’ultimo decennio. All’interno di questa bellissima dimora, infatti, vengono ospitate mostre espositive temporanee dedicate sia ai temi del design che dell’arte. Il nucleo più antico dell’edificio risale probabilmente al secolo XIII e numerosi furono nei secoli a venire gli ampliamenti ed i rimaneggiamenti sino a trasformarla nella

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villa nobiliare che è giunta sino ai giorni nostri. Tra le tante firme dell’edificio spicca quella, ancora visibile su di un architrave in pietra, a nome Pietro Sormano e la data del 1595. Attorno alla fine del XVIII secolo Cesare Sartirana fece realizzare significative modifiche alla villa, soprattutto nel prospetto che fronteggia il giardino e nelle decorazioni ad affresco, attribuite con grande probabilità ad Andrea Appiani, che raffigurano scene di battaglia nelle stanze di rappresentanza al piano terra e temi musicali nelle camere del piano superiore. Verso la metà dell’ottocento, in linea con la moda dell’epoca amante dei temi botanici ed esotici, venne realizzato un bellissimo giardino d’inverno chiudendo tramite vetrate tutto il porticato a Sud della villa. Giovedì 29/04, 06/05 e 13/05 alle ore 21 Proseguono gli incontri del ciclo

INVITO ALLA FILOSOFIA

incontri per principianti a cura del dott. Matteo Piazza Tema degli incontri: Il pensiero di Platone

“...ho una gran voglia di sentire che cosa sono giusto e ingiusto, e che potere hanno per sé quando sono dentro nell’anima.” Villa Sartirana via Carroccio, 2 - Giussano tel. 0362 851172

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Verdissimo

curiosità, proprietà e usi delle piante intorno a noi

Maggio per noi brianzoli ha quell’odore inconfondibile di aglio selvatico!!! a cura di Adriana Colombo

AGLIO ORSINO Famiglia: Liliaceae Specie: Allium ursinum Altri nomi comuni: Aglio dei boschi, Aglio selvatico.

L’ORIGINE DEL NOME il nome allium deriva dal celtico all che significa “bruciante”, riferito al sapore dei bulbi. il nome della specie ursinum deriva dal latino ursus orso. sull’origine di tale nome vi sono più versioni: per alcuni si riferisce alla forma delle foglie, che ricorderebbero le orecchie degli orsi; per altri starebbe ad indicare una sua inferiorità rispetto a quello coltivato e, quindi, degno

Appuntamento a “Per Corti e Cascine”

Domenica 17 maggio si inaugura la tredicesima edizione di ‘Per Corti e Cascine’, la manifestazione promossa da Turismo Verde e dalla Confederazione Italiana Agricoltori (CIA) della Lombardia, che anche nel 2009 darà vita a una ricca stagione di iniziative e di animazione delle campagne lombarde, organizzate nelle aziende agricole e agrituristiche della regione Lombardia. Anche quest’anno la giornata di inaugurazione della stagione, sarà ricca di iniziative di grande interesse per grandi e bambini. 100 aziende aspettano a porte aperte per farci scoprire come si allevano vacche,

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degli orsi, che in effetti,al risveglio ne fanno grandi scorpacciate. se ci rifacciamo, poi, alla credenza popolare dei celti e dei germani, interpretazione che a noi piace di più, questa pianta possedeva le virtù della rigenerazione e della purificazione e avrebbe reso forti come orsi. proprietà l’aglio orsino ha diverse proprità terapeutiche disinfettanti, ipotensive, diuretiche e depurative. Abbassa il tasso del colesterolo, purifica il sangue, funge da antibiotico ed anti micotico disintossicando l´organismo da parassiti, attenua le malattie cutanee, previene l’arteriosclerosi, aiuta in caso di reumatismi, dolori articolari e ci rende svegli e in forma. alcuni consigli... per i reumatismi: schiacciare 25 gr di bulbi in un mortaio e mescolarli con 50 gr di olio di oliva caldo e il succo di un limone. massaggiate la parte per 5-10 minuti, poi copritela con una pezza di lana calda. come ipotensivo: fate macerare 200 gr. di aglio cavalli, maiali, bufali, struzzi, pesci dalle carni prelibate e perfino lumache e api regine. Una possibilità particolarmente importante in questi momenti in cui la ricerca della qualità, della fiducia nei produttori e la sensibilità a sostenere le produzioni del territorio sono sempre più sentite e diffuse. Potremo acquistare direttamente i prodotti freschi o trasformati - sia biologici che tradizionali- e partecipare alle numerose iniziative di animazione dedicate sia agli adulti che ai visitatori più piccoli. I profumi e i colori di fiori e piante ci accompagneranno in questo viaggio alla scoperta della campagna non lontana da casa, tra le bellezze dell’architettura rurale. La Scuola Agraria del Parco di Monza partecipa alle manifestazione e apre a tutti le porte della Cascina Frutteto, sua sede storica. Il programma delle attività è variegato e invitante: - per tutta la giornata sarà possibile acquistare miele, piante orticole, aromatiche, stagionali, erbacee perenni e piccoli arbusti in vaso; - la mattina dalle 10.00 alle 12.00 e

in 350 gr di acquavite in un vaso di vetro e a chiusura ermetica, agitandolo di tanto in tanto. dopo 3 settimanei versate in un litro di vino bianco secco. lasciate riposare per 24 ore e filtrate. uso: due bicchierini al giorno prima dei pasti principali. A tavola Le foglie giovani tagliate finemente, vengono utilizzate per dare sapore ai piatti di pesce, insalate, formaggi teneri e patate lessate. burro all’aglio orsino: amalgamare il burro con l’aglio finemente tritato,sale e pepe. assaggiatelo sul pane tostato... lo stesso procedimento si può usare per aromatizzare dei formagg iteneri. pesto all’aglio orsino: ca 100 gr piante di aglio orsino , olio d’oliva qb, ca 100 gr frutta secca, formaggio pecorino e parmigiano , sale. lavate bene le piantine , steli foglie fiori , frullate il tutto fino ad ottenere un composto di consistenza simile al pesto. Provatelo su bruschette, con la pasta, con la carne...e ovunque vi piaccia, vi leccherete i baffi!!! ...buon appetito! il pomeriggio dalle 16.00 alle 18.00 i nostri esperti saranno a disposizione dei visitatori per dare consigli sulla coltivazione dell’orto; - dalle 10.00 alle 11.00 e dalle 16.00 alle 17.00 alle stesse ore della mattina e del pomeriggio i bambini potranno divertirsi con i laboratori didattici Esperimenti d’acqua; - dalle 11.00 alle 12.00 e dalle 17.00 alle 18.00 ai genitori saranno presentate le Settimane Verdi, quest’anno incentrate sul tema dell’acqua, del suo utilizzo responsabile e della sua valenza nella vita di tutti gli esseri viventi; - nel pomeriggio i nostri esperti saranno a disposizione per i consigli sulle piante ornamentali del giardino e il Centro Internazionale Bulbi da fiore terrà delle minilezioni sull’uso delle bulbose in vaso e in giardino. - E’ anche previsto un incontro divulgativo ‘Parco di Monza: tenuta agricola, tenuta di caccia, luogo di delizie’ - Un servizio ristorante sarà aperto per l’ora di pranzo ,dalle 12.00, e per la merenda. Vi aspettiamo!


Energia alternativa

Si parla di energia solare ma è opportuno ricordare che tutta l’energia ha origini dal sole. Anche le energie fossili come il carbone, il petrolio, il metano si sono formate nei secoli con l’energia proveniente dal sole. Perché è il sole che ha fatto crescere immense foreste che a seguito di terremoti e cataclismi sono state sepolte e tramite reazioni chimiche e biologiche si sono trasformate nelle energie fossili sopra ricordate. Il problema è che le fonti energetiche tradizionali sono limitate e in fase di esaurimento, ma fortunatamente la ricerca ha permesso l’utilizzo immediato dell’energia proveniente dal sole. Il sistema più diretto di produzione di energia dai raggi solari è la loro trasformazione mediante processi fotoelettrici in energia elettrica. Alcuni materiali, come ad esempio il silicio, hanno la proprietà di produrre energia elettrica quando sono colpiti dalle radiazioni solari. Con questo materiale vengono prodotte industrialmente delle lamine di circa 100 cm2 dette celle fotovoltaiche che colpite dai raggi del sole si comportano come generatori di corrente continua fornendo una corrente di 3A (Ampere) con una tensione di 1,5 V ( Volt ). Una di queste cellette è pertanto in grado di fornire una potenza di 4,5W (Watt). (Ricordiamo che una comune lampada elettrica da 25 candele consuma 25 Watt.). Le piccole celle vengono poi composte in moduli che portano atenza elettrica compresa fra 50 e 100W. I moduli a loro volta vengono uniti in pannelli che sono i generatori dell’impianto fotoelettrico. La figura mostra un pannello solare con le sue dimensioni. Le caratteristiche elettriche principali sono:

reddito notevole pagato dalla società GSE (Gestore dei servizi energetici) e garantito dallo Stato. Per fare un semplice esempio si consideri la propria bolletta ENEL (o altro fornitore). Se si decide di fare un impianto fotovoltaico, si riceverà il contributo dallo Stato nella seguente misura: se si consumano 3.000 kWh/anno, si spendono circa 600 euro di energia elettrica che sarebbero completamente risparmiati. Inoltre il GSE pagherà: 3.000 x 0,422 = 1.266 euro l’anno per l’energia elettrica prodotta in più dal proprio impianto e immessa nella rete. Quindi un impianto, che per essere realizzato costa circa 13.000 euro, renderà: 1.266 + 600 = 1.866 euro l’anno: quindi

dividendo 13.000 per 1.866 si ottiene 7. Questo vuol dire che si recupera la spesa sostenuta in 7 anni. Il contributo previsto dalla legge dura, invece, 20 anni di conseguenza il risultato finale sarà: ( 1.866 x 20 ) – 13.000 = 24.320 euro di guadagno installando un impianto fotovoltaico. E questo considerando soltanto l’aspetto economico. Nel conto va messo che l’energia è pulita, non inquina ed è praticamente inesauribile. Ecco perché, ultimamente, molti palazzi costruiti ex novo hanno sul tetto pannelli solari per produrre energia. Ma non solo privati: anche molte aziende (per esempio quelle di trasporti che hanno capannoni con tetti di ampia metratura) hanno preso in considerazione il fotovoltaico. Ne riparleremo.

Due impianti fotovoltaici

Potenza nominale 220 Wp (Potenza di picco) Tensione nominale 28,6 V Corrente nominale 7,1 A I tipi di impianto si possono dividere in due categorie: impianti singoli e impianti allacciati alla rete elettrica. Gli impianti singoli richiedono di essere accoppiati a una o più batterie per poter disporre di energia anche nelle ore notturne. Gli impianti allacciati alla rete elettrica nazionale contribuiscono a ridurre la necessità di costruire nuove centrali elettriche, costose, difficili da localizzare, inquinanti. Per incentivare la costruzione di impianti fotovoltaici collegati con la rete elettrica è stato varato, nel 2005, il “Conto Energia” che oltre a permettere di non pagare l’energia autoprodotta genera un

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Brigantia

storia, leggende ed escursioni nella nostra verde terra

Villa Reale di Monza: una storia di amori e di odio

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di Elena Gorla e Marta Migliardi

pesso si tende a sottovalutare ciò si ha sotto gli occhi tutti i giorni. Noi Monzesi e brianzoli abbiamo una delle ville neoclassiche più rappresentative del XVIII secolo, circondata dal parco recintato più grande d’Europa, ci riferiamo alla Villa Reale di Monza naturalmente, e spesso ce ne dimentichiamo. Magari ci passiamo davanti tutti i giorni, per andare in centro o per recarci, passando da viale Brianza, nella caotica Milano e neanche più ci facciamo caso. A ben pensarci, la storia della nostra Villa Reale, sembra costellata di difficoltà, a partire da quando in epoca Napoleonica volevano distruggerla per riciclarne i materiali, fino al ripudio di Vittorio Emanuele III che, dopo la morte del padre Umberto I, assassinato a Monza, volle chiuderla e infine donarla ai Comuni di Monza e di Milano. Le vicende dell’immediato dopoguerra della Seconda Guerra Mondiale provocarono occupazioni, ulteriori spoliazioni e decadimento del monumento. Una storia fatta di amore e di odio, di lusso e trascuratezza, fino ai

giorni nostri dove, senza polemica alcuna ma è un dato di fatto, la gestione della Villa Reale è in mano a più enti comunali e non, cosa che purtroppo ha spesso fatto sì che non venisse valorizzata al meglio la sua presenza sul territorio. Proprio per questo, ora che, in occasione della mostra sulla pittura ottocentesca dedicata al paesaggio (organizzata al Serrone della Villa Reale fino al 11 Luglio 2010) hanno aperto al pubblico alcune stanze restaurate della villa, noi di Trantran ci siamo precipitate per raccontarvi di questa emozionante visita, che vi consigliamo caldamente, per portare a nuova vita questo dinosauro in letargo e riappropriarci del cuore della nostra storia. a nostra visita comincia con i dipinti esposti presso il Serrone. Dai primi paesaggi in perfetto stile neoclassico, caratterizzati dalla presenza di personaggi mitologici e tempietti, paesaggi immaginari orchestrati come quinte scenografiche ( come, ad esempio, nei dipinti di Rosa Mazzera ) passando per il realismo del Canella ( di cui si può ammirare il

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meraviglioso “Vedute di Trento”) fino al superamento stesso del realismo nelle opere del Segantini, già tese al simbolismo. Fra le tante opere esposte da non perdere la Villa Reale di Monza dipinta dall’Albertolli. Vi assicuriamo che, anche senza essere esperti od appassionati d’arte, questi quadri, visti da vicino, sono veramente emozionanti e ancor di più poiché incorniciati da questa bellissima location. Infatti, al di là della bellezza della mostra, già il percorso su una passerella sospesa sugli specchi d’acqua attorniati da roseti, che conducono al Serrone, contribuirà a farvi immergere nel clima della corte ottocentesca. i spostiamo quindi all’ingresso della Villa Reale dove, ogni 20 minuti, una guida vi condurrà all’interno delle stanze visitabili. Anche qui sfatiamo il mito che le visite guidate devono essere per forza enciclopediche e noiosissime: la giovane guida che ci ha accompagnate è stata senz’altro esaustiva ma ha saputo raccontare aneddoti e curiosità capaci di mantenere sempre vivo l’interesse. Ad esempio

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Raffaele Albertolli, La Villa Reale di Monza, 1803, tempera su carta

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scopriamo che Umberto I di Savoia ne fece il suo luogo di villeggiatura favorito non solo per la bellezza dei luoghi ma anche perché, la sua amante storica, Eugenia Attendolo Bolognini detta la Litta (sposa, infatti, del Duca Giulio Litta Visconti Arese) , conosciuta a soli 18 anni dal futuro re che si invaghì di lei perdutamente, risiedeva gran parte dell’anno a Vedano al Lambro, nella villa adiacente il Parco di Monza, che divenne fino alla morte del Re, il luogo dei loro incontri amorosi. Amore e odio. Umberto I amò la sua Villa e rispetto agli Asburgo, che nella costruzione della stessa, tesero al risparmio ( come si evince, ad esempio dall’uso dei finti bassorilievi ottenuti con la tecnica trompe l’oeil), non badò a spese per arricchirla anche secondo il proprio gusto personale e per impreziosirne anche i suoi giardini con varietà botaniche esotiche. Suo figlio, Vittorio Emanuele III di Savoia, odiò invece questa dimora a tal punto che la leggenda narra che quando vi passava davanti con la propria carrozza, chiudesse con sdegno le tendine per non vederla. Certezza è che la odiò a tal punto, da decretarne la rovina. Anche se siamo un gruppo di 15 persone, appena varcato l’ingresso principale, ci si sente trasportati indietro nel tempo. Non importa se le stanze visitabili sono solo alcuni ambienti di rappresentanza, spogli degli arredi, per lo più depredati in epoca napoleonica, e se l’intimità delle stanze reali ci viene celata: anche solo

L’ingresso al Serrone, foto di Elena Gorla

osservare attraverso le vetrate della sala da ballo il giardino che tante volte abbiamo frequentato nelle giornate primaverili dall’altra parte del vetro, ci fa sentire come un Alice che ha attraversato lo specchio ed ora si trova a vivere in una dimensione fantastica. Il tempo trascorre veloce: come avremmo voluto essere due api e svolazzare, eludendo la sorveglianza della guida, verso le stanze reali, le cucine, i bagni, le scuderie! enza volervi svelare tutti i segreti, gli aneddoti, le curiosità che questo luogo racchiude, vi lasciamo assicurandovi che il tempo che spenderete per queste visite (

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percorso della mostra e visita alla villa 2 ore circa) sarà sorprendente e indimenticabile. E la prossima volta che passerete in macchina, in mezzo al traffico, davanti alla Villa Reale forse tornerete col pensiero all’amore e all’odio, al fasto e alla miseria che sono il cuore della nostra storia, a due passi dalle nostre case. Un invito a non perdervi questa iniziativa anche per dimostrare con il vostro interesse quanto sia importante che gli enti che gestiscono la Villa Reale trovino sempre più modi di valorizzare questo immenso patrimonio storico-culturale, che troppo spesso ci viene negato.

MELROSE KOBUTA CIAN, nuova trattoria giapponese di Via Solferino, 35 Specialità calde e i tradizionali crudi, sushi e sashimi, preparati con grandissima cura utilizzando solo prodotti freschi di prima qualità Prodotti di pasticceria di produzione propria MELROSE KOBUTA CIAN TRATTORIA GIAPPONESE Via Solferino, 35 MILANO - TEL. 02.24003345

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I segreti degli Chef Filetto di fassona al barolo P er questo nuovo appuntamento con la scuola di cucina di Trantran siamo in compagnia dello chef Enzo, del ristorante I Tri Basei di Vedano al Lambro, che ci guiderà nella preparazione di un piatto classico perfetto per tutte lo occasioni in cui si vuole fare bella figura anche senza avere troppo tempo a disposizione: il filetto di manzo al barolo. Per un eccellente filetto al barolo sono indispensabili materie prime di ottima qualità: troppo spesso si pensa di poter preparare piatti a base di vino utilizzando dei vini sensibilmente più economici di quelli riportati nella ricetta originale confidando che grazie all’ottimo taglio di carni utilizzate la resa del piatto non ne risenta. In realtà quando si prepara, come in questo caso, una salsa a base di vino, la scelta del vino si rivela, ovviamente, decisiva. rendiamo un filetto di fassona piemontese di circa 300 gr e, dopo averlo pulito e sgrassato, lo infariniamo su entrambe i lati. Sporchiamo una padella antiaderente con una piccola noce di burro

P

ed un goccio di olio d’oliva e, quando inizierà a rosolare, vi adageremo il filetto che dovrà cuocere 4 minuti circa per lato (il tempo varia in base all’altezza del taglio). A questo punto fiammeggiamo con un goccio di cognac e, quando tutto il liquore si è così asciugato, bagniamo con il barolo (a questo punto saranno trascorsi i primi quattro minuti e possiamo girare il nostro filetto affinché cuocia in modo uniforme mantenendosi al sangue nel suo interno). Terminata la cottura della carne togliamo il filetto e procediamo ultimando la salsa che faremo addensare aggiungendovi un po’ di burro lavorato con la farina. Prima di servire scaldiamo per qualche istante il filetto, che nel frattempo avrà rilasciato i liquidi in eccesso, nella salsa attenzione però: non più di un minuto perché deve scaldarsi ma non deve andare avanti di cottura! A questo punto possiamo comporre il piatto adagiando il filetto sopra il letto di salsa al barolo e guarnendo a piacere: io amo servire questo piatto con una patata al cartoccio aromatizzata con burro e rosmarino. Buon appetito!

Speedy Pub Monza

Speedy Pub, via Appiani 22/a 20052 Monza - MB - Tel. 039 321663 Apertura: da lunedì a sabato dalle 11.00 alle 2.00 Giorno di chiusura: domenica www.speedypub.it 30

Ingredienti 1 filetto di manzo fassone di circa 300 gr. 1 bicchierino da liquore (scarso) si cognac 1 bicchiere (abbondante) di barolo 50 gr. di farina 2 piccole noci di burro Sale e pepe Olio q.b.

Panificio Duca

Via IV Novembre 33, Zoccorino Besana in Brianza Tel. 0362 96053


Reality

venti domande per vedere la brianza con gli occhi dei brianzoli

Intervista 1 Nome Matteo

Monza e Brianza? I miei amici

Età 36

Associazione d’idee. Se ti dico verde… Speranza

Dove sei nato? A Monza Dove vivi? In una frazione di Besana in Brianza Vivi da solo o con la famiglia? Con la mia famiglia: moglie, figlio, cane e quattro gattoni Destra o Sinistra? Sinistra Che lavoro fai? Sono artigiano. Cosa ti piace di

Cena… Candela, mia moglie, e un’ottima bottiglia di vino.

Un bel sette Se non in Brianza dove vorresti vivere? In Sicilia, così è felice mia moglie che ne è innamorata. Esprimi un desiderio. Avere più tempo libero.

Chi è Dario Allevi? Il presidente della nostra provincia

Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole

Dai un voto a Monza e Brianza 7

Dimmi un proverbio Can che abbaia non morde

Ai trasporti in Brianza? N.C. Sono vergognosi.

Dì qualcosa ai nostri lettori. Fate l’amore non la guerra!

Al commercio in Brianza?

Intervista 2 Nome Alfonso

Tutto, è la mia casa, ma soprattutto il verde.

Età 70, non ancora compiuti

Associazione d’idee. Se ti dico verde… Prato, primavera

Dove sei nato? A Seregno

Cena… Ristorante

Dove vivi? A Costa Lambro, Carate Brianza

Chi è Dario Allevi? Proprio non saprei…

Vivi da solo o con la famiglia? Vivo con mia moglie, ma spesso c’è con noi il nostro nipotino. Destra o Sinistra? Destra Che lavoro fai? Il pensionato Cosa ti piace di Monza e Brianza?

Dai un voto a Monza e Brianza 8 Ai trasporti in Brianza? Mah! Quelli sono davvero disastrosi… Al commercio in Brianza? Quanto a commercio siamo messi molto bene.

Se non in Brianza dove vorresti vivere? Sinceramente sono contento di vivere qui, ma altrimenti andrei a Milano. Esprimi un desiderio. Alla mia età desidero la salute, per me e tutta la mia famiglia. Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole Dimmi un proverbio Mi sembra di essere tornato a scuola… non mi viene in mente niente! Dì qualcosa ai nostri lettori. Leggete sempre Trantran, è un gioiellino di rivista

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Raccontiamoci

Oriel Pozzoli presenta il suo nuovo libro di Adriana Colombo

Eccoci a Carate dove incontriamo Oriel Pozzoli, scrittrice brianzola e insegnante . Cerchiamo di conoscerla meglio. Il Donatore è la tua seconda pubblicazione, sempre con la casa editrice La vita felice hai già pubblicato Ferrovie Nord, che è un insieme di racconti. La Brianza è sempre presente nei tuoi scritti e, non sempre ne descrivi solo i lati positivi. Da brianzola e da scrittrice: cosa pensi davvero della Brianza? La domanda più imbarazzante, ma che mi potessi fare. Rispetto alla Brianza ho il rapporto che si ha con la famiglia, con il nido: di amore, di conoscenza e nello stesso tempo di insofferenza. Qualche volta di senso di estraneità, di solitudine. Nei miei scritti la rappresento più come luogo dell’anima, che come luogo fisico. Diciamo che prendo spunto dal nome, dalla suggestione di un angolo, ma poi confondo i particolari reali con la fantasia. Per me la Brianza è stato ed è il luogo della timidezza, della difficoltà di esprimere

i propri sentimenti e di fare scelte che corrispondano davvero alla propria vocazione. C’è una grande rigidità nelle relazioni e nel concepire in generale la vita. In Ferrovie Nord un personaggio dice, non testualmente, che se ti alzi alle 8.15 piuttosto che alle 8.00 significa che sei malato, se il sonno si prolunga hai problemi seri.... Non so se questa visione corrisponda o meno al mondo che esiste ancora, ma è quello che ho vissuto io da ragazza, fino ai tempi dell’Università. Parlaci del tuo nuovo romanzo, Il Donatore: ha una trama originale, troviamo il protagonista in una sala d’attesa di una clinica svizzera per la donazione del seme. Come mai hai scelto questo tema? Non sono partita dal tema della donazione del seme e qualche lettore si è detto stupito perché pensava di trovare delle considerazione di tipo etico sull’argomento. L’idea di inserire la donazione del seme nella storia, mi è venuta un po’ di traverso:

parlandone con amici mi sono chiesta perché un uomo decida di fare questa cosa. L’obiettivo era mettermi nella testa di un personaggio che avesse fatto questa scelta. Il protagonista de Il Donatore, Lorenzo, è un personaggio a disagio che non sa che cosa fare di sé nella vita, quale sia il suo posto nel mondo con un rapporto difficile con la famiglia; è sostanzialmente angosciato dall’idea della morte e di morire senza lasciare una traccia. E’ di origini brianzole, vive a Milano e torna in Brianza, per lavoro, ogni giorno. Intorno a lui ci sono tanti personaggi secondari e nella costruzione della storia io sono partita da uno di questi che è legato al passato della famiglia di Lorenzo. Mi sono ispirata alla figura di un matematico inglese che lavorò anche nei servizi segreti britannici durante la seconda guerra mondiale: Alain Turing; mi piacevano i suoi percorsi interiori, un personaggio che si fa domande sul futuro, sui figli sul suo ruolo nella storia, sul segno che lascerà: quindi uno specie di specchio rispetto a Lorenzo. Il libro ‘Il Donatore’ di Oriel Pozzoli

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Hai tradotto Eschilo, Sofocle e Euripide, indubbia la tua formazione classicista. Trovi i classici ancora attuali? Sì, risposta scontata. Lo studio dei classici è stato per me fondamentale ed è tuttora fonte di ricchezza continua. Nei temi trattati dalla letteratura classica in realtà c’è già tutto: ci sono gli archetipi, non soltanto stilistici, estetici, canonici dei generi letterari, ma ci sono proprio i contenuti. C’è l’anima dell’uomo. Nella mia esperienza di insegnante alcune delle lezioni che i miei alunni trovano più appassionanti sono , sicuramente, quelle di lettura dell’Iliade e dell’Odissea. Nei miti, troviamo davvero i nostri comportamenti: la famiglia del mito greco è la famiglia con la effe maiuscola è la famiglia archetipica. Ovviamente non mi riferisco soltanto ai classici latini e greci, ma parlo anche dei classici contemporanei. Domanda di rito: come hai cominciato a scrivere? È davvero così difficile la strada verso la pubblicazione? Hai qualche consiglio da dare agli esordienti? In realtà la scrittura mi è sempre piaciuta. Purtroppo non sono stata abbastanza coraggiosa per cominciare prima la scrittura narrativa. Il lavoro di traduzione è stato comunque un’opportunità per cominciare

a lavorare con la scrittura in maniera professionale. Ad un certo punto ho sentito la voglia di ritornare a questa passione, che ho sempre coltivato, e mi sono iscritta ad un corso di scrittura creativa dove sono stata incoraggiata ad andare avanti. Il lavoro della scrittura è impegnativo, non è soltanto accendere il computer e scrivere: è la lavorazione, lo studio, l’osservazione. Le cose devono maturare dentro di te. Quanto alla pubblicazione è un capitolo difficilissimo anche perché i libri devono rispondere ad un’esigenza di mercato. Le case editrici pubblicano tantissimo e c’è veramente di tutto anche se, penso che gli spazi di maggiore libertà e possibilità per gli esordienti, siano nelle medie e piccole case editrici, come La vita felice, che ho avuto la fortuna di incontrare. Che consigli dare? Io stessa sono un’esordiente ed ancora in attesa del consiglio buono: non demordere, essere comunque autocritici. A parte il tuo, quale altro romanzo consiglieresti ai nostri lettori? Ora sto leggendo i Canti del caos di Antonio Moresco: è sicuramente molto interessante e molto diverso dalla narrativa italiana che conosco. Mentre scrivevo Il Donatore ho letto diverse cose di David Foster Wallace sia racconti come Brevi interviste con

Oriel Pozzoli

uomini schifosi, che alcuni romanzi tra cui il postumo Questa è l’acqua . Ma mi piace molto anche Alice Munro.

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Raccontiamoci Haiku giapponesi a Monza

scrittura creativa

un’idea di Daniele Arosio

Continuano gli esperimenti letterari dei nostri lettori creativi! Questa volta l’idea arriva dal nostro lettore Daniele Arosio, che ci diletta con dei “haiku monzesi”. Per chi non lo sapesse, spieghiamo cosa sono gli haiku. Vi riportiamo la spiegazione di Wikipedia: Un haiku (俳句, pronuncia giapponese /haikɯ/è un componimento poetico di tre versi caratterizzati da cinque, sette e ancora cinque sillabe. È una poesia dai toni semplici che elimina i fronzoli lessicali e le congiunzioni e trae la sua forza dalle suggestioni della natura e le sue stagioni. L’haiku fu creato in Giappone nel secolo XVII e deriva

dal tanka, componimento poetico di 31 sillabe che risale già al IV secolo. Il tanka è formato da 5 versi di 5-7-5-7-7 sillabe rispettivamente. Eliminando gli ultimi due versi si è formato l’haiku. Per l’estrema brevità richiede una grande sintesi di pensiero e d’immagine. Tradizionalmente l’ultimo verso è il cosiddetto riferimento stagionale o kigo, cioè un accenno alla stagione che definisce il momento dell’anno in cui viene composta o al quale è dedicata. Soggetto dell’haiku sono scene rapide ed intense che rappresentano, in genere, la natura e le emozioni che esse lasciano nell’animo dell’haijin

Una vasca in Viale Italia I wish you were here Due anime perse nuotano

Lucchetti di Mocciana memoria Lungo canale verso area Cambiaghi I Leoni di pietra proteggono

Gelato cadente All’Arengario vuoi scioglierti Negli occhi di chi te lo serve

Monza pomeriggio Folla esausta in centro Lì vicino alberi che sorridono (in silenzio)

Cade una chiave in P.zza San Paolo Ho messo via il tuo ricordo Chinandomi c’è nuova luce

Fumo sigari al Teodolinda Davidoff mi insegna Vedi la scia ? Finisce in fondo la via

Sappi linea Tracciarti lei non vuole Cerchiamo le forme per creare il circuito

Guardami bene Scherzare non vale più Studiare nemmeno Bacio torbido Indipendenza al Libraccio

Un nuovo incontro al Cavriga Sapori amari di ieri Il viale ci porta a Villasanta Ennesima possibilità Le nostre intenzioni rigano dritto

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(il poeta). La mancanza di nessi evidenti tra i versi lascia spazio ad un vuoto ricco di suggestioni, quasi come una traccia che sta al lettore completare. Gli haiku tradizionali non hanno alcun titolo. Nei licei americani e in Marocco si insegnano tutt’oggi le tecniche per scrivere haiku. In Giappone si calcola che più di dieci milioni di persone (circa il 10% della popolazione) si diletta a scrivere haiku. I gruppi di poeti che si riuniscono per parlare di haiku si chiamano haijin. Pressoché ogni giornale nipponico ha una sezione riservata agli haiku. Ed ecco allora, gli haiku monzesi di Daniele!

Fuori dal Frisi C’è gente da evitare Mi consiglia la campanella


L’angolo del pendolare

Se un giorno d’estate un viaggiatore rubrica a cura di Juri Casati

A

fare il pendolare a volte ti senti un po’ come in quelle zone polari che stanno sei mesi senza sole: esci di casa che è ancora buio e torni a casa che è già buio. La sensazione dell’arrivo della primavera comincia verso fine febbraio inizio marzo quando – pur partendo da casa quando è ancora buio - cominci ad intravedere in lontananza durante il tragitto verso il luogo di lavoro un certo chiarore ad est. Ad un certo punto arriva il giorno in cui vai al lavoro e finalmente vedi uno spicchio di sole in basso tra i palazzi. Da quel giorno in poi ogni volta che guardi dalla parte del sole quando vai a lavorare lo vedi un po’ prima oppure lo vedi un po’ più in alto rispetto al momento o alla posizione in cui lo vedevi appena una settimana prima. Certo con l’estate arrivano altri problemi, uno dei quali è quello della pulizia dei treni. È una questione importante dal momento che in inverno le macchie si vedono meno, ma d’estate si indossano vestiti chiari, a volte bianchi, e una eventuale macchia balzerebbe subito agli occhi dei colleghi di lavoro. i solito si ritiene che la pulizia dei treni sia un prodotto di molti fattori e di molte variabili: con che frequenza vengono fatte le pulizie, come vengono fatte, quanto tempo e quante persone vi si dedicano. Ma dipende anche da due variabili spesso trascurate: quali sono le superfici da lavare e

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se è presente o meno una custodia notturna dei vagoni dei treni. Le superfici da lavare sono i classici sedili in gommapiuma trapuntati da quelle macchie unte che sono penetrate in profondità nei tessuti e forse oltre. Adesso i nuovi sedili in “gommadura” vanno un po’ meglio: sono molto meno porosi e macchiabili dato che sono ricoperti da uno strato di materiale impermeabile e lavabile. Tuttavia certe macchie resistono in ogni caso e propongono interrogativi inquietanti: da dove vengono quelle grosse chiazze dai contorni irregolari sui sedili? E già che siamo in tema: chi produce quelle profonde depressioni scure nei sedili? Sono terrestri? n altro dei fattori da tener presente quando si parla di pulizia di un treno è quello relativo alla custodia notturna dei vagoni. All’interno dei treni talvolta è buio perché i finestrini sono coperti dalla vernice spray di graffiti che spesso ricoprono fiancate intere di vagoni, finestrini compresi. Più che di graffiti in realtà si tratta, nella maggior parte dei casi, solo di scritte panciute e illeggibili fatte nottetempo da writer di solito non molto dotati che sfruttano i depositi all’aperto delle carrozze. Tuttavia per sicurezza non prendiamo troppo in giro i moderni graffitari: ricordiamoci del sarcasmo che ricoprì i primi impressionisti. uttavia il buio e il caldo oltre che la scarsa pulizia dei convogli possono

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T

avere conseguenze imprevedibili: nel 2005 sul Milano-Sondrio venne avvistato uno scorpione e una ragazza venne portata al pronto soccorso per un suo morso. Trenitalia negò che si trattasse di uno scorpione. Tuttavia il giorno dopo ne vennero pubblicate le foto sui giornali e Trenitalia fu costretta ad ammettere che uno scorpione aveva viaggiato sul MilanoSondrio senza pagare il biglietto, ma precisò che si trattava di un esemplare di una specie non velenosa presente - gli zoologi confermarono - in certe zone d’Italia dove evidentemente vengono predisposti i depositi all’aperto dei treni. Probabilmente avrà trovato l’habitat adatto sui vagoni e forse avrà tratto nutrimento dalle famose macchie. vviamente il treno – vista la stretta comunanza degli spazi e la forzata promiscuità oltre cha la scarsa pulizia dei convogli - favorisce inevitabilmente la diffusione di malattie, epidemie varie, febbri assortite. Gli “apocalittici” ci ricordano sempre a questo proposito che la peste arrivò in Europa a bordo di una nave. Varrebbe pertanto la pena di riflettere, secondo costoro, sul fatto che le malattie del XXI secolo – magari quelle portate dalle ondate immigratorie di questi ultimi anni – potrebbero forse trovare un terreno fertile e uno strumento di diffusione nei mezzi pubblici, visto anche come sono tenuti.

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La stazione di Monza

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Di tutto un po’

svago giochi curiosità

Texas hold’em: tipologie di giocatori Tra tutte le diverse abilità che caratterizzano un giocatore di poker vincente rispetto ad uno mediocre, la lettura del gioco degli avversari è probabilmente la più importante. Abbiamo visto negli appuntamenti precedenti i fondamenti matematici che ci permettono di valutare il potenziale valore in termini di probabilità di una determinata starting hand, e lo scorso mese abbiamo accennato all’importanza della posizione al tavolo rispetto al dealer. Sono tutti elementi importantissimi e da tenere sempre in grande considerazione, ma sicuramente non bastano da soli a fare la differenza, mentre risultano decisamente fondamentali nell’analisi del gioco dei nostri avversari. Capire lo stile di gioco di chi siede al tavolo con noi è la base per massimizzare le vincite e minimizzare le perdite, e l’analisi della tipologia di giocatore da cui viene una determinata mossa è l’elemento più importante da tenere in considerazione per fare la scelta migliore al nostro turno. Ciascun giocatore approccia il Texas Hold’em con un proprio stile, dettato dal carattere e dalla personalità in primo luogo, ma anche e soprattutto dalla diversa esperienza nel gioco. È comunque possibile classificare le tipologie di giocatori in cinque categorie fondamentali: Donk o Fish, Nit o Tight Passive Tight Aggressive (TAG oTAgg) Loose Aggressive (LAG o LAgg) Maniac Della prima abbiamo già detto. Sicuramente non è la categoria a cui ambire; il Donk, ovvero il Pollo (letteralmente asino), è chiamato anche Calling Station per la sua peculiare caratteristica di gioco passivo. Entra in numerose mani senza rilanciare mai (o quasi) e contina a chiamare rimanendo in gioco spesso ingiustificatamente e anche con mani mediocri in piatti molto alti. Il suo opposto è il Maniac, giocatore iper aggressivo con fortissima tendenza al bluff. Anche questo tipo di giocatore entra in gioco con una varietà di mani amplissima ma tendenzialmente lo fa rilanciando o puntando molto forte anche da fuori posizione e in bluff totale. Queste due sono le categorie di giocatori che risultano alla lunga perdenti.

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Diverso dal Maniac è il LAG. Il suo gioco è comunque aggressivo e “aperto”, gioca cioè un range di mani più ampio rispetto ad un giocatore conservativo, ma non lo fa in modo sconsiderato come un Maniac. Gioca sicuramente un grande di numero di bluff, ma in generale è capace di diversi tipi di giocata e sa come massimizzare un buon punto. È un ottimo interprete delle mani degli avversari e spesso il suo gioco si basa più sulla “lettura” della mano che sul proprio punto. Nit è il termine, di incerta origine, usato per definire quel tipo di giocatore che entra solo con mani solide ma gioca tendenzialmente in modo passivo. Non controrilancia quasi mai (e se lo fa forse è meglio pensare di uscire) e se controrilanciato generalmente folda. Il bluff è praticamente sconosciuto a questo tipo di giocatore. Quella del TAG è la categoria a cui appartengono la maggior parte dei giocatori professionisti. Il TAG ha un gioco

Tight Loose Runner runner

la buona riuscita al gioco, ma lo è altrettanto il nascondersi per evitare di dare indicazioni che i nostri avversari sfrutterebbero per interpretare il nostro modo di giocare. Un buon giocatore deve sempre sapersi adattare al tipo di avversari che incontra ma soprattutto cercare di variare il tipo di gioco, in modo da spiazzare l’avversario e non fornire ovvie indicazioni che facilitarebbero la lettura della sua mano. Variare lo schema di puntate – betting pattern – è un ottimo modo per non dare indicazioni sul nostro tipo di gioco, per cui se ad esempio abbiamo precedentemente mostrato di giocare con particolare aggressività le coppie medio-alte come JJ o TT da late position, fare la medesima giocata con AK o addirittura dei connectors potrebbe essere particolarmente premiante in caso di flop favorevole se il nostro avversario è ad esempio un LAG e lo abbiamo appunto convinto che la nostra mano sia ancora una coppia. Per questo motivo è bene

Mini Glossario

Letteralmente stretto, chiuso si usa per indicare un giocatore che partecipa al gioco solo quando ritiene di avere le maggiori probabilità di vincita. È l’opposto di tight, letteralmente slacciato indica un giocatore che partecipa a un ampio numero di mani, anche marginali. Progetto che necessita di due specifiche outs consecutive, ad esempio 3/5 di colore o di scala, o un poker da una coppia al flop.

estremamente solido, entra solo con buone starting hands ma lo fa in modo aggressivo. Sa sfruttare le diverse situazione di gioco, e spesso usa i semi-bluff e i bluff. Sa controllare a suo favore la dimensione del piatto e generalmente riesce a massimizzare le vincite. Un giocatore di questa categoria con anche una buona capacità di lettura dell’avversario è sicuramente il giocatore più difficile che si possa incontrare al tavolo. A queste ultime tre categorie appartengono i giocatori vincenti, laddove però il Nit raramente riesce ad avanzare fino alle fasi finali di un torneo, mentre è più probabile che la vittoria finale arrivi in mano ad un LAG, ma alla lunga sarà un TAG che avrà acculato un maggior numero di piazzamenti positivi. Riconoscere le tipologie di giocatori che affrontiamo come avversari al tavolo abbiamo detto è un’abilità fondamentale per

non etichettare mai un avversario per una singola giocata ma è meglio invece seguire con attenzione tutte le mani che vengono giocate al nostro tavolo cercando di interpretare le diverse mosse nel contesto in cui vengo eseguite. Ad esempio all’inizio di un torneo è facile vedere un gioco molto loose da parte di tanti giocatori, ma questo è spesso solo un effetto dei bui ancora bassi e non deve indurci a dare giudizi affrettati, che ci porterebbero a fraintendere il gioco e quindi con grande probabilità a perdere. Nel prossimo appuntamento analizzeremo più in dettaglio le diverse categorie di giocatori e le relative strategie da adottare per difendersi in ciascun caso. Per il momento quindi ancora buon divertimento e buona fortuna al tavolo da gioco. UTGaber


Sudoku

Ricevitoria e bar

1

5

7

BOULEVARD

4

V.le Cesare Battisti, 117 Vedano al Lambro (MB)

3

3 8

5 2

1

9

5 4 2 9

4

3 8 9

8 3

9

1

1

5 4

La saggezza di nonna Elena: Chi ruba poco va in galera, chi ruba tanto fa carriera.

ah! sono queste le famose ri-forme!?

...e queste sono forme avariate che rigeneriamo e ricicliamo...

.

.

via leonardo da vinci, 30 - 20038 seregno (mb) - info@ilfluido.it

Ogni occasione è buona per farsi contaminare dal : non solo recupero creativo ma una reale filosofia di lavoro e di vita 37


Dalla Provincia... Completato il progetto preliminare per la realizzazione del ‘Boulevard del Villoresi’ Prevista la realizzazione di quattro giardini oltre alla riqualificazione delle sponde e dell’alzaia del canale

Monza, 13 aprile 2010. Sistemazione paesistica e ambientale dell’alzaia e delle sponde scoperte del canale, rimozione delle specie infestanti e impianto di nuovi filari arboreoarbustivi, e quattro giardini attrezzati denominati “I Giardini del Villoresi”: sono questi gli interventi principali previsti nel progetto del Boulevard del Villoresi, che interessa il tratto monzese del canale, compreso tra la Villa Reale di Monza e il fiume Lambro, per una lunghezza complessiva di circa 7 Km. Il progetto preliminare è stato consegnato alla Provincia nei giorni scorsi dal Consorzio di Bonifica Est-Ticino Villoresi, incaricato della riqualificazione paesisticoambientale del tratto monzese del canale. “Il Boulevard è uno dei primi progetti che mettiamo in campo per valorizzare il paesaggio urbano della Brianza – spiega Antonino Brambilla, Vicepresidente della Provincia MB e Assessore alla Pianificazione Territoriale – Il canale Villoresi, opera di grande ingegno, è una delle risorse più preziose della nostra Provincia. Merita cura ed attenzione per scoprire la bellezza anche negli scorci urbani normalmente sottovalutati. Il recupero ambientale sarà però

completo solo quando l’acqua del canale ci sarà tutto l’anno”. Le risorse economiche per la progettazione del Boulevard sono sostenute dalla Provincia - si prevede uno stanziamento complessivo di circa 100.000 Euro - mentre quelle per sua la realizzazione sono a carico del Consorzio Villoresi, per circa 800.000 Euro. Il progetto definitivo sarà consegnato entro l’anno ed i lavori inizieranno l’anno prossimo. Oltre alla riqualificazione delle sponde, il progetto prevede la realizzazione di quattro ”Giardini del Villoresi”: spazi aperti all’interno della realtà urbana per i quali si propone la connessione tra il canale e il sistema verde della città, in linea con le indicazioni del PGT del Comune di Monza. Delle quattro aree, una è stata oggetto di particolare approfondimento, perché collocata nell’intersezione tra il canale e le anse del fiume Lambro, un intreccio di acque di grande suggestione ambientale. “Con questo progetto intendiamo migliorare l’immagine complessiva del Villoresi e la sua fruibilità da parte dei cittadini - conclude il Presidente Dario Allevi – Offriremo anche ai più piccoli occasioni nuove per stare all’aria aperta, nel verde e sulle rive del canale: anche il capoluogo della nuova Provincia avrà, così, il suo primo boulevard”. Tratto monzese del ‘Boulevard Villoresi’

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SportivaMente

Tomcat Racing: un team che fa strada! di Elena Gorla

Non è semplice arrivare all’hangar della scuderia creata dall’ingegner Carlo Dell’Orto nel lontano 2002, ben nascosto com’è in località Bareggia, fra Macherio e Lissone: eppure di qui sono passati davvero tanti piloti ancora agli inizi della loro carriera che in alcuni casi, come ad esempio Jaime Alguersuari pilota della Toro Rosso, li ha condotti fino al traguardo della Formula 1. Come è nata la Tomcat Racing? La scuderia è nata nel 2002 da un mio sogno. Essendo nato vicino all’autodromo di Monza ho subito da sempre il fascino di questo circuito e sono sempre stato un grande appassionato di corse. Per questo motivo ho studiato da ingegnere e dal 1999 ho iniziato a lavorare in pista, in Formula Mista, in Formula Open Lotus e in Formula 3. Poi nel 2002 mi si è presentata l’occasione di partire da solo con questa nuova categoria che si chiamava Formula Renault 1600 il cui target erano i ragazzini che scendevano dal go kart e cominciavano nelle monoposto. Così è iniziata e da allora abbiamo vinto 3 campionati e moltissime gare e ci siamo fatti così conoscere sia in Italia che all’estero. Il nome deriva da qualcosa in particolare? Chiamare la scuderia con il mio cognome, Dell’Orto Team o Dell’Orto Corse, mi sembrava suonasse malissimo, così dato che sono anche un appassionato di aerei, e con gli aerei i motori delle auto da corsa hanno qualche familiarità; ho dato alla scuderia il nome del famoso aereo dell’aeronautica US lo stesso pilotato da Tom Crouise in Top Gun.

nuovo campionato di Formula Abarth, dedicato ai ragazzini che scendono dal go kart avvicinandosi alle monoposto e che sognano di diventare domani i protagonisti della Formula 1. Il fatto che questo campionato di formula Abarth sia supportato anche dalla Federazione Internazionale dell’Automobile quali vantaggi comporta? L’avere alle spalle una federazione che lavora in sinergia con un grosso gruppo automobilistico come la FIAT è fondamentale perché in questo modo tutte le squadre hanno la sicurezza di avere un prodotto uguale per tutti (stesso motore piombato dalla FIAT, stesse gomme fornite dalla Kumho e stessa benzina in circuito) e così si ha la garanzia, che davvero possa emergere il pilota migliore. Oltre a questo la Federazione promuove la visibilità del campionato tramite un accordo con il canale Nuvolari della piattaforma SKY per cui le saranno trasmesse in diretta. La Ferrari, poi, si è impegnata a seguire i primi tre classificati nel loro percorso di crescita, supportandoli anche con contributi economici.

Come sono queste monoposto e che velocità raggiungono? Le auto assomigliano molto a quelle di Formula 1 in quanto hanno le ruote scoperte e gli alettoni davanti e dietro ma sono più corte di una trentina di cm: certo hanno meno potenza e meno elettronica mail motore è pur sempre un 200 cavalli e l’auto pesa solo 400 kg. Questo ti permette di raggiungere a Monza, che è il circuito più veloce del campionato, punte di 250 km/ ora… un bell’andare! Chi sono i vostri piloti? Quest’anno abbiamo una ragazza, Vicky Piria, che è una rarità nel mondo dell’automobilismo ma che, in realtà, si difende davvero molto bene: ad esempio nei test appena effettuati a Misano, sotto l’acqua, ha fatto il miglior tempo ed ha lasciato indietro 36 ragazzi! Ed ha 16 anni e un grande margine di miglioramento! L’altro ragazzo si chiama Andrea Barbierato, ed è di recente acquisizione nel team: deve fare ancora un po’ di esperienza, un po’ di chilometri ma crediamo che riuscirà a mettersi in luce quanto prima. Per saperne di più visita il sito www.tomcatracing.it

Nell’hangar Tomcat Racing si lavora su una monoposto. Foto di Sara Tripaldi

Come siete approdati alla Formula Abarth? Quando nel 2006, per volere della Reanault, il campionato Formula Renault 1600 è morto noi siamo passati di categoria con la Renault Formula 2000, campionato che facciamo tuttora, e da quest’anno siamo entrati anche nel campionato di Formula Abarth perché, probabilmente gli appassionati di automobilismo già lo sanno, da quest’anno la Ferrari, o meglio il gruppo FIAT, ha ricominciato ad investire nelle corse in circuito, fornendo i motori alla Formula 3 e avendo istituito questo

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Dal comune...

Costituita a Monza la cooperativa Casa Bimbo Tagesmutter E’ stata costituita nel mese di aprile la cooperativa Casa Bimbo Tagesmutter Monza, che riunisce le 20 donne brianzole che hanno terminato il corso di formazione di 250 ore e che hanno preso parte allo stage formativo di 50 ore presso la cooperativa Casa del Bimbo Tagesmutter di Bolzano.

lanciato attraverso l’iniziativa è stata quella di finalizzare la formazione alla costituzione di una cooperativa per l’erogazione di questo servizio. Sfida raccolta dalla donne partecipanti al corso che oggi in 20 hanno costituito davanti al notaio la prima cooperativa tagesmutter della Provincia di Monza e Brianza.

La Tagesmutter è una donna che svolge la funzione di assistente domiciliare per la prima infanzia (0-3 anni) accogliendo un numero limitato di bambini (4 o 5 al massimo) presso la propria abitazione debitamente messa a norma sugli standard già sperimentati nel nord Europa e in Italia in Alto Adige. Il servizio sarà attivo in città a partire dal mese di giugno con l’ausilio delle prime dieci “tate” che potranno ospitare ciascuna una media di quattro bambini di età compresa fino ai 12 anni.

La sede della cooperativa sarà in via Enrico Da Monza 6, presso il centro sportivo Nei a partire dal mese di giugno.

L’ iniziativa è nata dalla collaborazione tra l’Assessorato alle Politiche Giovanili e Pari Opportunità del Comune di Monza, Formaper, Tagesmutter Alto Adige, Regione Lombardia e con il patrocinio del Ministero della Pari Opportunità. Nel mese di giugno 2009 è stato lanciato un bando pubblico per reclutare le potenziali donne interessate a divenire Tagesmutter, attraverso un corso di formazione. La città ha risposto con circa 100 candidature e 30 donne sono state ammesse al corso, che è partito nel mese di novembre e si chiuderà a maggio. La sfida più alta che il Comune ha

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“Si tratta di un grande risultato per tutta la città. Queste 20 donne – afferma il Sindaco Marco Mariani - sapranno soddisfare le esigenze di un territorio che necessita sempre più strutture in grado di accogliere i bambini in età prescolare. Ogni anno le liste di attesa per gli asili nido si compongono, infatti, di circa 300 nominativi di bambini; con il supporto delle tagesmutter questa lista si potrà ridurre sensibilmente. Anche grazie a queste imprenditrici, nei prossimi tre anni, potremmo rispondere a tutte le richieste. Si stima infatti che entro il primo anno di attività le tagesmutter saranno in grado di garantire circa 45000 ore di servizio e di ospitare mensilmente una quarantina di bambini”. “Tagesmutter, – spiega l’Assessore alle Pari Opportunità Martina Sassoli - un’idea da cui siamo partite, una best practise dell’Alto Adige, che in meno di 8 mesi si è concretizzata in un servizio innovativo di cura per le famiglie della nostra città. Si tratta di un servizio flessibile e di qualità, che è in grado di aiutare concretamente le mamme che lavorano, dando loro un

contributo nel gestire il tempo tra lavoro e famiglia. Questa cooperativa rappresenta inoltre un’opportunità di lavoro per 20 donne, che grazie alla loro imprenditività, oggi si sono costituite in cooperativa. Grazie alla collaborazione con Regione Lombardia è stata riconosciuta anche nel nostro territorio questa figura professionale equiparandola a quella della tata familiare. La Regione è al nostro fianco per monitorare e valutare questo nuovo servizio sperimentale. Numerose in questi mesi le telefonate di amministratori di altri comuni per l’interesse su questo progetto con la volontà di riportarlo anche sui loro territori, le telefonate di altre donne che vogliono divenire tagesmutter, ma anche di famiglie che cercano una tagesmutter per i loro bambini. E’ un grande risultato per la nostra città che si colloca al fianco di grandi realtà europee, dando un esempio di come l’Amministrazione può muoversi per dare risposte concrete a una società che si evolve. La cooperativa è indipendente dal Comune, ma vogliamo continuare a sostenere queste imprenditrici, certi della grande importanza di questo progetto per la città di Monza. In questa direzione sosterremo la cooperativa attraverso la ricerca di finanziamenti per poter erogare voucher sociali in base all’indicatore isee, per le famiglie che usufruiranno del servizio. Considerata la grande adesione al primo corso di formazione che abbiamo offerto alla cittadinanza, stiamo pensando di organizzare un secondo corso per altre donne che intendono divenire tagesmutter e associarsi alla nuova cooperativa”. Per ulteriori informazioni rivolgersi all’ufficio politiche giovanili e pari opportunità del Comune di Monza 039.2372377.


Le sciure

la redazione risponde

Carissimi lettori, come avrete notato in questo numero, per lasciare spazio alle immagini di viaggio dei vincitori del nostro concorso fotografico, siamo stati costretti a non pubblicare la nostra Bacheca ma non temente: dal prossimo numero i vostri annunci torneranno ad avere il proprio spazio dedicato. Per le vostre inserzioni gratuite, quindi, scrivete a: trantran@trantran.net Care sciure, più che farvi una domanda vorrei urlare ai quattro venti la mia rabbia: ma è mai possibile che tutti i maledetti week end debba esserci brutto tempo mentre, nella lunga settimana di lavoro dalla mia scrivania invasa di cartacce debba veder risplendere il sole fuori dalla finestra? Qualcuno sa spiegarmi perché la iella meteorologica debba perseguitare sempre noi poveri lavoratori già vessati da capi ottusi e ambienti di lavoro spesso opprimenti? Angelica74 Carissima Angelica, accogliamo volentieri il tuo sfogo, che probabilmente raccoglierà moltissimi consensi, e cerchiamo di rispondere al tuo quesito: la cosa forse ti sconcerterà ma in tema di pioggia da week end non si può parlare unicamente di cieca sfortuna. Infatti, stando a quanto afferma Antonello Pasini, fisico esperto di climatologia che ha studiato le relazioni fra comportamenti umani e variazioni climatiche «sono il traffico urbano e le attività lavorative a provocare un accumulo

di polveri sottili nel corso della settimana: la cappa di inquinanti scherma la luce del sole e favorisce l’aggregazione dell’umidità che forma le nuvole». Questo significa che le fantozziane nuvolette dell’impiegato non sono solo un’arguta ed un po’sadica trovata narrativa, ma una realtà bella e buona. Ed anche loro, al termine di un’intensa settimana lavorativa, arrivano al fine settimana con la comprensibile ed urgente necessità di dare libero sfogo alle “tensioni accumulate”. Poverine!

che dedicate al territorio. Sandro Caro Sandro, purtroppo non sei il solo ad essere rimasto sconvolto in quanto l’accaduto ciò che è accaduto è realmente sconvolgente. Fortunatamente ci sono persone che, come te, hanno il coraggio di farsi sconvolgere e la forza di indignarsi per quello che succede attorno a loro. Purtroppo troppi sono quelli portati a credere di non essere coinvolti in un fatto solo perché il fatto in questione, in questo

Il solito Trantran? Uguale ma diverso!

Dal prossimo numero Trantran cambia veste: una grafica tutta nuova scandirà la ricchezza di contenuti di sempre! Gentile redazione, la vostra rivista mi è capitata fra le mani di recente, portatami da un amico che ci teneva a farmi leggere l’articolo del sig. Casati in merito ai tragici avvenimenti che hanno coinvolto il Lambro, ben sapendo che io sono letteralmente rimasto sconvolto dall’accaduto ed ero letteralmente indignato dal fatto che i media avessero, di punto in bianco e come se nulla fosse accaduto, smesso di parlare della cosa. Volevo ringraziarvi per avere contribuito a tenere viva l’attenzione sul problema e per l’offerta giornalistica di qualità

caso il fiume Lambro, non passa per il loro salotto, fra il divano e la tv. Ciao sciure, mia mamma, Lucia, va tutti i giorni al lavoro in treno ed è una vostra lettrice affezionata. Ho visto che il vostro prossimo numero uscirà il 27 Aprile che, per la mia mamma non è un giorno come gli altri e, dato che esce molto presto la mattina e quando vi leggerà non l’avrò ancora vista, voglio dirglielo per prima, tramite voi: AUGURI MAMMA! La tua Sabry

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Ci vediamo presto!

Il prossimo numero uscirà martedì 25 Maggio 2010 NUMERI UTILI

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Carabinieri Centro antiveleni (Ospedale Niguarda) Croce Rossa Italiana Emergenza sanitaria Guardia medica Guardia Igienico Veterinaria Guasti acqua e gas Guasti illuminazione strade Guasti ENEL Polizia di Stato Polizia Municipale Monza Polizia stradale Protezione civile Soccorso stradale Vigili del fuoco

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DOVE TROVARE LA RIVISTA Stazione di Monza Stazione di Seregno Stazione di Desio Stazione di Seveso Stazione di Meda Stazione di Lissone MM Cologno Monzese/Brugherio

..nelle stazioni la distribuzione avverrà la mattina del giorno d’uscita tramite hostess

Edicola Sira, via Solferino, davanti all’Ospedale Vecchio, Monza Edicola Canzi, via Vittorio veneto angolo cavallotti, Monza Edicola via Cesana e Villa ang. S. Maria delle Selve, Biassono Edicola Enrico, via Cavour 142, Seregno Bar Boulevard viale Cesare Battisti 121, Vedano al Lambro Ottica Mottadelli, via Preda 13, Verano Brianza Bar Zapin, via IV Novembre, Vergo Zoccorino (Besana Brianza) Tennis Concorezzo, via Libertà 1, Concorezzo Tamburine, via Carlo Tenca 16, Seregno Comune di Vedano al Lambro (info point) Comune di Monza (info point) Enoteca Brambilla, via Cattaneo 57, Lissone

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Tennis di Vedano al Lambro, Via Alfieri 32, Vedano al Lambro Flu-on laboratorio, S. Rocco Monza Speedy Bar,Via Appiani 22 Monza Studiofluido, via Leonardo da Vinci 30, Seregno Osteria dei Vitelloni, via Garibaldi n.25, Seregno Bloom di Mezzago Bar Tabacchi Ambrosini, Monza Baby College - Oxford Group, via Verdi 83, Seregno Biblioteche comunali di Monza Biblioteca di Lissone Biblioteca di Carate Biblioteca di Muggiò Biblioteca di Seregno Biblioteca di Albiate Biblioteca di Biassono Biblioteca di Villasanta Biblioteca di Desio Biblioteca di Giussano Biblioteca di Verano Brianza Biblioteca di Triuggio Bar la Piazzetta, via S.Bernardo, Carate Brianza Pescheria Satalino, Corso del Popolo 94, Seregno


Cocina Mexicana y Bar Specialità della cucina messicana tradizionale e contemporanea e speciali menù light Cantina con pregiati vini, rum e tequilas Cocktails internazionali e caraibici Happy Hours con buffet messicano tutti i giorni fino alle 20.30 Da lunedì a venerdì aperto per pranzo fino alle 15 Aperto tutti i giorni Aria condizionata e tavoli all’aperto. www.ganas.it Corso Como, 2- Milano (zona Garibaldi) Tel. 026590444


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