www.trantran.net | n. 26 mensile | 31 gennaio 2012 | Distribuzione gratuita
con il patrocinio di:
in questo numero
LITFIBA Cervelli in Fuga da una Grande Nazione teatro Antonio Catania intervista esclusiva
musica Micol Martinez Infranti Muri Mirò
Riflessioni
Speciale
Quanto siamo made in Cina?
Il Giorno della Memoria
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SOMMARIO
Anno IV- numero 26 - 31 gennaio 2012 Editore: Trantran Editore S.r.l. Sede : via Cesare Battisti 121 - Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB 1864900 Reg. Trib. Di Monza n. 1995 del 29/06/2010 Fondatori Marta Migliardi, Elena Gorla, Adriana Colombo, Guido Bertoni Direttore Alfredo Rossi Capo Redazione Marta Migliardi Vice Capo Redazione Elena Gorla Inviata Speciale Adriana Colombo Grafico e fotografo Stefano Ponti Redazione Juri Casati, Guido Caimmi, Gabry, Gaber (UTGaber), Niccolò Rossi, Alberto Zanardo e Francesca Fawn Masperi, il misterioso Redo Alfossi, Luca Vanni Si ringraziano per questo numero Andrea Pelù per l’incoraggiamento, l’Assessore Andrea Arbizzoni, la Signora Branca, Juliet Berry, Giorgio Riva, Anna Cerantola e tutta l’Enpa sez. Monza e Brianza, Parole e Dintorni per la loro cortesia e professionalità, Maurizio e Andrea per la loro amicizia, l’amicoandy e l’amicoeffe per le precise postille contrattuali, Alice per la sua incredibile bellezza e bontà. Ringraziamo infinitamente per l’appoggio professionale ed umano il Rag. Umberto Grasso. Ps Nipote ci mancherai!
5 Editoriale La forza della diversità 6 Spunti di vista Brianza made in Cina IN QUESTO NUMERO
8 CLOCHART Litfiba: Cervelli in fuga da una Grande Nazione 12 Antonio Catania: Se devi dire una bugia, dilla ancora più grossa 15 Mirò: la band monzese in cerca di luce 18 ALTROVE Cina: la terra del dragone 20 Verdissimo I giardini cinesi
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24 I SEGRETI DELLO CHEF L'insalata di mare 25 Bis Infranti Muri: tira fuori chi sei 27 Micol Martinez: presenta il nuovo album 29 IN cuccia Tutti matti per i gatti 32 NOn solo monza Arcore: un comune che vive
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33 psicologia oggi La psicologa risponde 34 SPORTIVAMENTE Pro Victoria Volley
Foto di Copertina Piero Pelù e Ghigo Renzulli, foto di Francesca Fawn Masperi
36 PENDOLARE C’è bonus e bonus
Per contattarci direzione@trantran.net redazione@trantran.net raccontiamoci@trantran.net trantran@trantran.net
38 RAccontiamoci Il teppista: trent’anni maledetti a Milano 40 dal COMUNE 41 DALLA PROVINCIA
Progetto grafico e impaginazione Stefano Ponti Direttore commerciale Paola Scappatura
22 BRIGANTIA Il Giorno della Memoria
42 cosa succede in città
22
44 reality 45 Le sciure e il beverino 46 dove trovare la rivista
commerciale@trantran.net Trantran Editore s.r.l Sede Via Cesare Battisti 121 Vedano al Lambro (MB) Stampa REGGIANI S.p.A. 21026 Gavirate (VA) Tiratura 26.000 copie
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SPECIALE medicina
editoriale il direttore alfredo rossi
amiloidosi: nuove prospettive Un tributo al Dott. Vincenzo Branca
Si terrà a Milano, il 30 Marzo 2012, presso l’Aula Magna dell’Università di Milano un convegno sull’ amiloidosi. L’amiloidosi è una malattia rara e poco conosciuta. In quanto tale, la sua diagnosi è spesso difficile, a partire dalla medicina di base. Il Convegno vuole essere un momento di confronto fra le differenti discipline coinvolte nello studio e nella cura delle amiloidosi sistemiche, con l’obiettivo ultimo di divulgare il più possibile la conoscenza della malattia. Esso è rivolto a Cardiologi, Ematologi, Pneumologi, Anatomopatologi, Neurologi, Medici specialisti in Medicina Interna, Medici di base. Per la rilevanza dei relatori, il Convegno sarà l’occasione per fissare lo stato dell’arte di quanto svolto sino ad oggi in campo nazionale, consentendo al tempo stesso di affrontare anche il tema delle prospettive future di cura e di ricerca nel non facile ambito delle malattie rare. Esso sarà anche l’occasione per porgere un tributo alla memoria del Dottor Vincenzo Branca, Direttore della U.O.C. di Neuroradiologia Diagnostica ed Interventistica del Policlinico di Milano, prematuramente scomparso nel dicembre 2010 proprio a causa dell’amiloidosi. Raggiungiamo telefonicamente la Signora Branca, che ci spiega il perché di questa giornata e, con parole semplici ma efficaci, ci spiega, attraverso la sua dolorosa esperienza la difficoltà nel diagnosticare questa malattia al marito, il Dott. Vincenzo Branca. «…ci sono circa 800 casi all’anno in Italia conclamati di questa malattia, ma dobbiamo renderci conto che ce ne sono altri che non vengono diagnosticati. Per esempio mio marito aveva una amiloidosi ereditaria, ma mia suocera era considerata una cardiopatica. Nel
caso di mio marito l’amiloide, che è una proteina, è partita dal fegato e si è espansa per tutto l’organismo. L’amiloide intacca nervi, cuore, muscoli, ossa… colpisce gli occhi la lingua… lui ha cominciato con un piccolo dolore alla caviglia ed è stato curato come neuropatia per quasi tre anni e poi la diagnosi è stata fatta solo nel 2009, con un semplice esame…» La nostra non è una rivista specialistica e pertanto non ci tratterremo su dettagli tecnici che risulterebbero ai più incomprensibili. Invitiamo però tutti voi ad una riflessione sulle malattie rare e all’importanza di questi convegni per cercare nuove prospettive e nuove cure. Vi lasciamo alle toccanti parole della sig Branca che certamente sono per noi un inno alla vita e all’amore: «La scomparsa di una persona cara è certamente una delle prove più dure a cui la vita ci sottopone. Veniamo improvvisamente privati della loro presenza, consapevoli che sono partiti per un viaggio senza ritorno. Non potremo più vederli, sentirli, abbracciarli. Ma la cosa più importante è ricordare tutti i momenti passati assieme. La vita in famiglia Vincenzo la viveva con costante impegno e determinazione ed io non sono da meno. Avevo 22 anni quando ho conosciuto Vincenzo. Ci siamo guardati, innamorati, ci siamo presi per mano e abbiamo deciso di condividere la vita, nel bene e nel male. Abbiamo riso, ci siamo stupiti delle belle occasioni lavorative e abbiamo cresciuto
i nostri due gioielli, Giovanna e Giulia. Quando lui parlava delle sue figlie gli si riempivano gli occhi di luce. Ci siamo sorretti nei momenti di sconforto, poiché la grande voglia di vivere non ci ha mai abbandonato. Era un uomo attento, allegro, galante e geloso da buon siciliano! Ricco di sana ambizione e tanto umile da poter capire i suoi limiti. Voglio concludere con una frase di S. Agostino che mi ha detto Vincenzo. Asciuga le tue lacrime e non piangere se mi ami, il tuo sorriso sarà la mia pace!».
Per info: Segreteria Organizzativa
Viale Romagna 39 20900 Monza (MB) Tel: (+39) 039.2140320 Fax 039.9416521 - 331.1777514 amiloidosi2012@areaeventi.net www.amiloidosi2012.it Rif. Giustina D’Addario
la forza della diversità Ho passato i 60 (esattamente non so quanti, visto che dopo quella data, illuminata da una festa molto allegra e divertente, ho deciso che non festeggio più il compleanno), ma ancora oggi sono convinto che ci sono migliaia di persone che possono insegnarmi qualcosa. Ma sono rimasto sbalordito, quando, pochi giorni fa, è stato mio nipote Sebastiano, anni sette, interista sfegatato (per qualcuno una qualità, per altri uno stramaledetto difetto), frequentante con buon profitto la seconda elementare, a darmi un grande insegnamento. Tutto è nato perché mi ha chiesto un euro perché voleva prendere un giochino in uno di quei distributori automatici che si trovano fuori dalle edicole e dalle cartolerie. Con in mano la moneta mi ha chiesto: “Nonno, quanto vale lo zero?». «Niente, Sebastiano. Lo zero non vale niente». «Lo dice anche la mia maestra che è il più cicciotto dei numeri e vale per questo poco. Ma allora perché non mi dai 10 euro per i giochini? Tanto lo zero non vale niente, no?». Non gli ho dato la banconota, ma ho imparato la lezione. Anche il diverso da noi, quello che ha un’altra forma (lo 0 così cicciotto come dice Sebastiano, rispetto all’atletico 1 o al funambolico 7) può essere un valore aggiunto, che fa aumentare di molto le nostre qualità. E se vale per i numeri, può valere anche per noi, considerando altre diversità: quelle culturali, di costume e di educazione. Se c’è rispetto da entrambe le parti, le diversità hanno la capacità di esaltare e di rafforzare le nostre qualità, più che deprimerle. Del resto, il mondo va avanti fondandosi su una diversità davvero macroscopica: quella tra uomo e donna. Diversità morfologiche, anatomiche, caratteriali. Eppure se queste due diversità così profonde si incontrano danno vita anche a una nuova... vita (scusate il bisticcio di parole). E allora? Viva la diversità (ovviamente se non si vuole imporre con la forza o peggio ancora con la violenza).
Foto di Gabriele Benini P.S: Un po’ di pubblicità personale. Sabato 4 febbraio, nell’ambito dell’ormai storica rassegna delle compagnie teatrali monzesi, alle 21, al teatro San Carlo di Monza, la compagnia “Amici del teatro” va in scena con “Fools”, una commedia brillante scritta da Neil Simon. Amo il teatro: mi piace vederlo e anche farlo, per questo al San Carlo ci sarò anch’io. Non tanto per merito mio, ho una piccola parte, ma per la bravura degli altri interpreti e per il brillante testo di Neil Simon, le risate sono assicurate. Se verrete, noi “Amici del teatro” saremo contenti. E lo sarete anche voi. Buon divertimento.
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spunti di vista
l’innocenza del principio relativo
di Commercio di Monza e Brianza di qualche anno fa – i due distretti economici più forti della Brianza, e cioè il mobile e l’elettronica, si sono dimostrati sostanzialmente impenetrabili per i piccoli imprenditori cinesi presenti sul territorio lombardo. Effettivamente i dati parlano chiaro. In Brianza le aziende con titolare cinese non rappresentano neanche il 2% del settore del mobile: si tratta di una presenza irrisoria se paragonata a quella che si registra nei distretti caratteristici di altre province lombarde, come per esempio quello delle calzature nella provincia di Brescia, dove la presenza di aziende con titolare cinese supera il 30%. È solo questione di tempo – sostengono molti – prima che anche in questi settori avvenga la colonizzazione cinese, e se non saranno le aziende cinesi presenti in Italia a colonizzarci, saremo comunque sconfitti dalle aziende cinesi vere e proprie. Forse questa è una previsione allarmistica. Tuttavia essa segnala l’ormai comune insofferenza dell’opinione pubblica italiana nei confronti della concorrenza del-
le aziende cinesi che, se vogliamo, è il «fatto nuovo» nei rapporti italo-cinesi del XXI secolo. A questo proposito vorrei citare però un caso interessante che può far riflettere. Qualche mese fa una lunga inchiesta giornalistica di una televisione cinese ha accusato un’azienda brianzola di produrre i mobili in Cina, poi di spedirli in Italia, ed infine di rispedirli (e di rivenderli a caro prezzo) in Cina come prodotti di alta qualità costruiti in Italia. Al di là dell’accusa specifica (tutta da verificare), questa vicenda ci ricorda che la Cina non è solo un produttore e quindi un concorrente delle aziende italiane, ma è anche un consumatore, e anche di prodotti di alta gamma. In effetti ormai in Cina i benestanti si contano a decine di milioni e il loro numero è in ascesa, così come i loro consumi. La cosa più interessante che ci mostra questa vicenda è tuttavia un’altra. L’azienda brianzola è stata criticata non per aver falsificato i marchi – le licenze erano in regola e il design era effettivamente italiano – ma per aver venduto in Cina prodotti «italiani» che invece non era-
BRIANZA MADE IN CINA
no stati costruiti in Italia. Ciò però suggerisce l’esistenza di consumatori cinesi che siano disposti a pagare il prodotto italiano a «prezzo italiano» solo quando nel prodotto percepiscano anche il valore aggiunto dato dall’effettiva costruzione in Italia, e non solo dall’apposizione del marchio «Made in Italy». Dunque forse fino ad oggi il comprensibile atteggiamento difensivo della nostra economia e della nostra cultura ha impedito di riflettere sul fatto che esista anche un segmento di consumatori cinesi (ricco, numeroso ed in continua crescita) interessato al prodotto disegnato in Italia e di gusto italiano, sempre che questo prodotto sia stato effettivamente fatto in Italia, il vero «Made in Italy» appunto. Certo: il problema della concorrenza cinese non può essere risolto solo così, ma non dobbiamo mai dimenticarci quello che diceva Mao: «In questo mondo, le cose sono complesse e numerosi fattori contribuiscono a determinarle. Dobbiamo esaminare un problema da diversi punti di vista, non da uno solo».
LENTI DA VISTA
di Juri Casati
ACQUISTA UN SECONDO PAIO DI LENTI DA VISTA, l nucleo dirigente della nostra causa è il Partito comunista cinese. Il fondamento teorico in base al quale si orienta il nostro pensiero è il marxismo-leninismo. Per fare la rivoluzione, occorre un partito rivoluzionario». Sono frasi un po’ legnose e molto datate. Eppure furono proprio queste frasi ad essere il primo approccio che un’intera generazione di italiani – quella che aveva vent’anni negli anni ’60 – ebbe con la Cina e con la cultura cinese. Sì, toccò proprio al Libretto Rosso di Mao – da cui è tratta la citazione che avete letto – il compito di fare da apripista alla «questione cinese» in Italia. Intendiamoci: tra Italia e Cina c’erano stati contatti significativi anche prima del 1967, anno della pubblicazione in Italia del Libretto Rosso. Anzi, i primi contatti documentati di un certo rilievo fra Occidente e Cina ebbero come protagonista proprio un italiano: Marco Polo. Inoltre anche il primo viaggio ufficiale di un cinese in Europa, Rabban Sauma nel 1287, ebbe come prima tappa proprio una città italiana: Napoli. Da allora in poi i rapporti tra Cina ed Italia non si interruppero mai più del tutto, rimanendo tuttavia sempre superficiali. Fu solo nel XX secolo che le cose cambiarono. Non solo per l’interesse che suscitò in Italia il maoismo, ma anche per due altri motivi. In primo luogo, anche se è poco noto, dal 1901 al 1943 l’Italia ebbe un piccolo dominio coloniale in Cina. In realtà come dominio coloniale era ben poca cosa, dato che si trattava solo di alcuni quartieri della città di Tientsin dove, durante i quarant’anni del dominio coloniale italiano, vi risiedettero al massimo poche centinaia di nostri connazionali.
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In secondo luogo, intorno agli anni ’20, cominciarono le prime migrazioni di un certo rilievo dalla Cina verso l’Italia. I migranti, si sa, tendono a seguire nella nazione da raggiungere non tanto i propri connazionali, quanto piuttosto i propri compaesani. Questo comportamento, che si riscontra in tutti i flussi migratori, produce quel singolare fenomeno per cui gli abitanti di un certo villaggio o di una certa regione emigrano in massa, poco alla volta, famiglia dopo famiglia, in una stessa città o in una stessa regione di un’altra nazione. Non hanno fatto eccezione a questa regola nemmeno i cinesi che sono emigrati a Milano, dato che la metà di loro è arrivata dalla stessa zona, lo Zhejiang, e sembra anzi che una buona parte di loro sia arrivata dai villaggi intorno alla sconosciuta città di Yuhu. Oggi i cinesi in Italia sono 188.000 e compongono una comunità operosissima, tanto che ogni immigrato cinese presente in Italia manda in Cina mediamente 9.000 euro all’anno, una performance che non riesce a nessuna altra comunità straniera presente in Italia. Ciò è frutto di un’indubbia attitudine imprenditoriale. In Lombardia gli imprenditori di origine cinese sono 10.000, ed essi non sono più attivi solo nei settori, per loro tradizionali, della ristorazione e delle lavorazioni conto terzi, ma ormai hanno allargato le loro attività anche ai campi dell’estetica e del benessere. La provincia di Monza e Brianza però va in controtendenza perché la presenza imprenditoriale della comunità cinese non raggiunge il livello delle altre province lombarde. Ciò è stato spiegato con il fatto che – e cito un’interessante osservazione contenuta in uno studio della Camera
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clochart
interviste a volti noti in giro per la brianza
Io, invece, credo che il rock abbia ancora oggi una funzione di critica importante, mentre sembra di essere tutti parte di un grande coro dove si deve parlare solo d’amore
litfiba
Cervelli in fuga da una Grande Nazione. di Marta Migliardi Foto di Francesca Fawn Masperi
«Chi ha fatto il primo passo? » domanda un giornalista in sala. «Ho mandato io un messaggino per gli auguri di compleanno» risponde Ghigo Renzulli. «..però io ho risposto subito.. » ribatte Pelù sornione. «..ed infine ci siamo rivisti un giorno a pranzo…» è iniziata così, a Milano, la conferenza stampa per la presentazione in anteprima del nuovo album dei Litfiba, il primo di soli inediti dopo la reunion del 2010, Grande Nazione, uscito il 17
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gennaio e anticipato il 16 dal Litfiba day: in tutte le principali sale cinematografiche italiane è stato proiettato “Cervelli in Fuga- Europa Live 2011”, il documentario del fortunato tour Eu-
ropeo che vede la regia di Piero Pelù in collaborazione con Mario Piredda e a cui seguirà una parte seconda al termine del nuovo Tour.
Da questo incipit ripercorrono brevemente la storia del loro distacco e riavvicinamento che li ha infine portati a concepire il nuovo album, il primo assieme dal lontanissimo 1999. «…abbiamo incominciato a rivederci sei anni fa, poi ci siamo chiariti per altri tre anni, e poi abbiamo deciso di rimetterci insieme e di fare il reunion tour, Stato Libero, che vuol essere il primo episodio di una trilogia, la trilogia degli Stati. Grande Nazione è il secondo atto, il terzo si vedrà quel che sarà… Un progetto a lungo respiro, e quindi, mi pare ovvio, i Litfiba sono tornati per rimanere… Abbiamo già fatto la cazzata di litigare una volta nel ‘98…ed è un errore che non ripeteremo: ne faremo altri, sicuramente! Siamo pronti ad affrontare altri errori! Di sicuro uno dei motivi principali per cui ci siamo sciolti è che non avevamo più un alto livello di comunicazione tra di noi. Oggi ci stiamo calibrando in maniera molto più matura, abbiamo 10 anni di vita e di esperienza in più, anche musicalmente, ognuno nel proprio ambito, quindi il risultato è anche in questo album…Grande Nazione è la somma del passato remoto dei Litfiba ma anche del passato prossimo delle nostre esperienze…». Aggiunge Renzulli: «… la nostra separazione e incomprensione è stata anche un po’ dovuta al fatto che ci siamo trovati coinvolti dal cambiamento e dall’ evoluzione del business musicale… le case discografiche, oggi, sono in grossa crisi, non ci sono i soldi. Il disco d’oro negli anni 60 si otteneva con un milione di copie oggi con 20 o 25 mila…». L’album è stato fatto ascoltare in sala in anteprima ai giornalisti ed è sicuramente un prodotto libero e sincero, come riporta il comunicato stampa “classicamente Litfiba è un toccasana per l’apatia e il bolso conformismo che dominano il panorama rock/pop italiano”. A tal proposito spiega Pelù: «…quella del toccasana è senz’altro una provocazione. Diciamo che ci è piaciuto fare un album molto spontaneo in cui non abbiamo avuto problemi a raccontare il nostro punto di vista
rispetto a quello che accade in questa Grande Nazione, che è l’Italia. Anche se le scritture di questi brani risalgono a un anno fa, quando la situazione era differente e non ci si aspettava che Berlusconi potesse andarsene in maniera così veloce. Per quanto il berlusconismo aleggi sempre in parlamento (si veda annullamento del referendum) le ombre lunghe continuano a rimanere nel nostro paese. La nostra era chiaramente una provocazione dal momento che le rockstar nazionali si sgolano a cercare di stabilire chi è la più bella del reame. Io, invece, credo che il rock abbia ancora oggi una funzione di critica importante, mentre sembra di essere tutti parte di un grande coro dove si deve parlare solo d’amore. Questo è un album che nasce anche dall’amore, ci sono delle bellissime ballate, ma da un amore inteso in senso più ampio, amore per la vita in generale e per qualcosa che in Italia sembra latitare, cioè la democrazia…»
che ci si levi dai piedi i corruttori, i corrotti, i mafiosi e tutti quei politici che hanno fatto sì che fino a oggi si sia arrivati a questo stato preoccupante, sia economico sia sociale. Mi auguro che quelli che sono i propositi di Monti possano andare in porto, questo è il mio augurio, che ci porti fuori dalla crisi e che ci levi dalla palle tutti i politici corrotti e quindi spero che quando andremo alle prossime elezioni nessuno voglia più votare per quei soliti politici. Che la gente dica: “ci piace Monti perché è fuori da quei giochi della politica”, però Monti ce lo deve dimostrare…».
Ma per rockstar nazionali intende la polemica via facebook che si è creata tra Vasco Rossi e Luciano Ligabue? Incalza il mitico giornalista del Corriere della sera Mario Luzzatto Fegiz dalla prima fila. «..non vorrei che fosse un’altra finta storia tipo Rolling Stone e Beatles che in realtà poi si frequentavano privatamente, e comunque, come diciamo noi a Firenze: cazzi loro!»
Com’è nato, musicalmente, questo disco? «Noi ci consideriamo degli artigiani della musica, ci piace anche dire che spesso i nostri dischi li concepiamo nei nostri studi personali…. a casa di Ghigo, a casa mia… questo disco è nato anche durante il tour invernale ed europeo di Stato Libero, ha quindi subito molto l’influenza delle energie del live, abbastanza particolare…figlio del tour precedente».
«…Grande Nazione, continua Pelù, è un pezzo figlio del documentario Cervelli in fuga-parte prima, dove abbiamo raccolto un set di testimonianze e commedie di ragazzi italiani che sono costretti ad andare all’estero e anche di amici e fan stranieri. Naturalmente tutti i commenti ruotavano intorno a questo teatrino italiano della politica, della corruzione, della mafia e del bunga bunga. Di questa Italia che, da spaghetti e mandolino che è stata per anni, è diventata il bordello d’Europa. Naturalmente Grande Nazione comprende in sé anche un pizzico d’orgoglio perché noi consideriamo l’Italia una grande nazione, con una grande storia nonostante questa crisi mondiale non risparmi nessuno. Ci rivolgiamo anche a Monti: se vogliamo che nasca davvero una terza Repubblica bisognerà
La vostra storia ci insegna che siete sempre stati contaminati da input esterni: Terremoto ispirato al metal, Mondi Sommersi dall’elettronica che si ascoltava in quel periodo e addirittura Infinito da una sorta di hip hop. Mi sembra che in Grande Nazione non vi siate lasciati attrarre da quello che sentivate attorno a voi ma abbiate fatto proprio i Litfiba classici e storici…questo dipende dal fatto che c’è poca buona musica in giro al momento? Ghigo: «No, dipende dal fatto che quando ci siamo trovati per fare questo disco ci siamo guardati negli occhi e ci siamo chiesti: cosa facciamo? E abbiamo deciso di fare quello che ci pareva e piaceva! Senza nessuna costrizione e senza nessun discografico che ci mettesse bocca».
Sono tante le domande in sala che i giornalisti hanno in serbo per Piero e Ghigo, che sembrano davvero aver ritrovato una complicità autentica e non dettata dal mero business. Sembrano uguali a tredici anni fa. «Merito della truccatrice e di tre dita di fondo tinta…», dirà Ghigo sorridendo.
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Piero: «…diciamo che già in fase di reunion avevamo deciso questa cosa, dal momento che la nostra separazione aveva anche segnato un momento di allontanamento da quelle che erano le nostre radici new wave ma anche blues e metal hard rock, quando ci siamo riuniti abbiamo deciso di ripartire da quello che per noi era il periodo storico più divertente, felice, libero e brado (Diablo, Terremoto, Spitito). Non sono poi d’accordo sul fatto che in giro non ci sia buona musica. Si dice che il rock è morto perché non va in classifica, ma il rock esiste a prescindere dalle classifiche: nelle cantine, nei piccoli club, nelle classifiche indipendenti. è anche difficile trovare un genere completamente nuovo, anche se le combinazioni musicali rimangono infinite. Bisogna recuperare un po’ tutti il fiuto da talent scout, devi essere tu ad andare a cercare le realtà forti in mezzo a tanta merda. E poi nei momenti di crisi spesso vengono fuori le cose migliori». è un disco molto forte nei testi che si sforzano di graffiare, ma a volte la voce sembra un po’ coperta dall’insieme della “tempesta elettrica”. «Ci assumiamo totalmente la responsabilità degli arrangiamenti e della produzione dell’album (ndr ride). Come abbiamo detto prima abbiamo creato un album che deriva molto dall’aspetto live». Ghigo: «…ho la mano pesante!» (ndr ride). è senz’altro un disco politico: ora che i ladri sono in galera chi ci salverà dai galantuomini? «La canzone lo Squalo vuole un po’ spiegare quello che, a volte è il sistema che ci circonda, dove il potere magari può cambiare vestito e può cambiare la faccia, ma alla fine non lascerà mai quello che è riuscito a conquistare. Quindi pre-
ferisco essere un ottimo pessimista invece che un pessimo ottimista». Siete un misto tra rock etnico dal punto di vista filosofico, avete una base culturale che pochi gruppi possono vantare. La vostra sintesi è secondo me, fuori dagli stili. Se devo pensare non tanto alla musica ma alla filosofia che sta dietro la musica mi ricordate tanto i Red Hot Chili Pepper, Musica, testo, libertà musicale e potenza della musica… (Domanda di Mangiarotti) Piero: «Hai citato uno dei miei gruppi preferiti… con un grande chitarrista, di origini siciliane. Anche noi abbiamo questa anima terrona, apuana e terrona…io ho sangue apuano lui irpino». Ghigo: «Io ascolto anche la musica tradizionale italiana (Modugno, per esempio) perché fa parte del nostro background». Piero: «Ghigo sintetizza bene queste anime che vanno dalla tradizione italiana fino al rock più classico e più vero, una varietà notevole che non è facile, fatta anche di istinto». Ghigo: «Una cosa che mi dispiace della musica oggi è che siamo troppo figli del pro tools…siamo musicisti e si suona… e anche se c’è un po’ di imperfezione chi se ne frega! E’ anche questo che da un po’ più di magia alla musica, le impercettibili differenze danno anche il gusto di riascoltare più volte la stessa canzone. La musica non è matematica». Piero: «…o meglio dovrebbe essere la giusta combinazione tra matematica e sensazioni». Sentite la responsabilità di uscire con un nuovo album dopo più di 10 anni? Perché Lo Squalo come primo singolo? «Io non ho sentito alcuna responsabilità perché abbiamo fatto, come detto prima, quello che ci veniva istintivo. Lo squalo è stato scelto come
primo singolo per far capire l’impronta del disco, che è un disco tosto. Forse la responsabilità che io ho sentito è stata quella di fare un album dove aggiungere a quella rabbia post punk del periodo 89/95 quell’ironia in più assolutamente necessaria quando si ha la nostra età. La risata, anche se amara, credo che alla fine sia sempre un ottimo toccasana». La discografia dei Litfiba comprende anche album senza Piero: adesso escono dalla produzione, rimangono disconosciuti… cosa accade? «Fanno parte della storia comunque, anche Piero ha fatto un album da solista. Sono usciti, punto e basta!». Vi considerate giovanili, giovani, o giovanilisti, nel senso che il tempo passa per tutti… «Si dice che il rock mantenga giovani… sicuramente bisogna apparire, comunque ci consideriamo maturi ma con molta energia». La copertina del disco è ricca di simboli: com’è nata questa idea? «La copertina del disco è stata un’idea di Piero. L’idea è quella di riallacciarci al periodo più latino dei Litfiba ( El Diablo e Cangaceiro), rioperando l’impostazione grafica di Josè Guadalupe Posada, che in Messico è considerato come una sorta di Michelangelo. Questa tradizione di raffigurare i morti affonda le radici nella tradizione, guarda a caso, dei Maya: siamo nell’anno dei Maya e ho cercato di chiudere un cerchio. Ci sono vari simboli dei rimandi che riportano ai testi dei vari singoli di Grande Nazione». Il tour? «Partirà in Italia ( 2 Marzo a Firenze, 6 a Milano, 10 a Roma) e proseguirà subito dopo in Europa. Questo ci darà anche la possibilità di
Valentino Alberini (www.sedicinoni.it), che si è occupato di tutta la parte “virtuale” e del sito internet dei Litfiba, www.litfiba.net, rimesso a nuovo e arricchito. Come nasce questa collaborazione tra te e i Litfiba? Nasce da una conoscenza personale tra me e Piero e dalla volontà di poter fare qualcosa di nuovo e diverso per il web, cercare di usare la parte più spontanea e divertente del social e, quindi, degli aggregatori online. Ad esempio abbiamo creato un gioco basato sull’idea di dare delle piccole anteprime del nuovo album e creare una sorta di ambiguità sui contenuti prima che uscisse…il gioco consisteva nel dare un piccolo pezzo di canzoni mai ascoltate prima corredato da anagrammi sui testi e sui nomi delle tracce… Ghigo in conferenza ha detto che lui è un po’ contrario all’uso smodato del pc per quanto riguarda l’aspetto musicale, perché è più legato al live e anche a qualche piccola imperfezione. Come coniughi la loro filosofia con quella un po’ più comune che è portata, spesso, all’abuso di que-
proseguire con la parte due di Cervelli in fuga. Oltre che per incontrare i vecchi fan, il tour in Europa ci è servito anche per leggere tutte le liste dei nomi delle famiglie mafiose che controllano il racket della droga e del riciclaggio nelle grandi città come Berlino, Barcellona, Londra, Parigi. Quando leggevo questa lista io vedevo lo stupore dei ragazzi allucinati che non credevano che così tante famiglie mafiose potessero essere presenti nelle loro città». Come sarà strutturato il Live? «Non penso che ci discosteremo molto dall’ultima formula, cioè di fare uno spettacolo rock e non ci discosteremo molto neanche dalla formula di maxi club, che abbiamo utilizzato per il tour di Stato Libero, ovvero non avremo maxi schermi, non avremo proiezioni ma ci avvarremo della pura e semplice azione scenica. Ultimamente quando si va ai concerti sembra sempre di essere davanti alla televisione. L’artista piccolo piccolo e poi il maxi schermo col faccione. Anche questa è una scelta di campo ben precisa. Ed è una formula che ha funzionato, da Assago a Berlino. A livello di scaletta suoneremo il disco nuovo, quasi tutto, e i pezzi classici e storici dei Litfiba, al di là che ci fa piacere, se no ci sparano…abbiamo selezionato anche pez-
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Piero Pelù posa per i fotografi alla presentazione del disco
il nuovo sito dei litfiba
sti mezzi informatici e di social network? Ho cercato di essere molto diretto e mai invasivo, di cercare un vero dialogo e uno scambio con i fan in attesa dell’uscita dell’album…ho lasciato molta interazione, anche con l’utilizzo degli anagrammi di cui ti dicevo, un dialogo più intimo di quanto potesse essere vedere la sola rassegna stampa o una foto… Il sito è davvero ben concepito, aggiornato e veloce: forum, rassegne stampa, date concerti e quant’altro riguardi i Litfiba! www.litfiba.net
zi vecchissimi tipo La Preda… ci sarà anche un chitarrista ritmico…». Grande Nazione non potrebbe essere il seguito naturale di Terremoto? «Non è stato certo Terremoto a far crollare la prima repubblica, è nata poi la seconda repubblica che è forse peggio della prima. Tangentopoli ha di certo creato gli anticorpi affinché la corruzione potesse espandersi ancora di più… quindi Grande Nazione fa parte di una trilogia diversa, che è quella degli Stati, dopo Stato Libero e Grande Nazione vedremo quello che accadrà nei prossimi anni… Abbiamo però tentato di uscire dal vittimismo post punk di Terremoto per tentare di assimilare, digerire e “ricagare” quello che stiamo vivendo oggi con un pizzico di ironia se no sarebbe davvero difficile capire quello che sarà il nostro futuro sia come grande nazione che come singoli individui».
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interviste a volti noti in giro per la brianza
L’importante è trovare una forma di sviluppo tale che permetta a tutti di lavorare, possibilmente al meglio delle nostre possibilità... grassa, che ti viene fuori dallo stomaco, non di testa, ti prende in contropiede, non te l’aspetti: fa molto ridere. è quasi un automatismo nel modo di interpretare: devi rispettare dei tempi, devi aprire e chiudere le porte al momento giusto, è tutto un lavoro di precisione e di ritmo».
ANTONIO CATANIA, Art.1: l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro L’attore in scena a Monza al Manzoni in Se devi dire una bugia, dilla ancora più grossa
di Adriana Colombo Foto di Milena Tridico
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ntonio Catania noi di Trantran lo conoscevamo già perché è stato uno dei tanti e illustri testimonial che, l’anno scorso, hanno aderito alla nostra campagna sociale di sensibilizzazione sulle dipendenze (La lucidità è rivoluzionaria) e, pertanto, non potevamo non andare a trovarlo in occasione della sua venuta al Teatro Manzoni, a Monza, con Se devi dire una bugia dilla ancora più grossa. Trattasi della prima versione italiana di Luca Barcellona, della nuova esilarante commedia degli equivoci di Ray Cooney che ha anche ottenuto il prestigioso premio Laurence Olivier come miglior commedia dell’anno a Londra: sul palco Catania veste i panni dell’ On. De Mitri, personaggio che interpreta con grande ironia. La visione di questa commedia è molto piacevole, è un susseguirsi di colpi di scena e
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imprevisti che portano i protagonisti a dovere coprire con bugie sempre più grandi la bugia precedente: il tutto per evitare lo scandalo che nascerebbe se si venisse a sapere dell’incontro “romantico” tra l’Onorevole De Mitri, ministro del governo, e la segretaria del leader dell’opposizione, in un prestigioso Hotel della capitale, proprio mentre alla Camera dei deputati si discute di una legge presentata dal Ministro stesso. Un cast di primordine (composto, oltre che da Antonio Catania, da Ninì Salerno, Raffaele Pisu, Gianluca Ramazzotti, Miriam Mesturino, Licinia Lentini) che interpreta magistralmente questo testo, regalando al pubblico una serata di sano divertimento, fatto da una comicità di classe molto attuale. Incontro Catania poco prima che salga sul palco la sera del debutto monzese.
Il suo è un personaggio molto attuale come lo interpreta? «Era più attuale qualche mese fa, poi Berlusconi fa così, invece di rispettare tutti i contratti dei comici, dei teatri, si dimette e lascia tutti nella merda, poteva aspettare un pochino…finivamo la stagione. Però diciamo che il testo originale è inglese e che quindi questo atteggiamento del politico di “sfruttare il suo potere” per fini personali anche di basso istinto, non è una cosa tipicamente italiana ma evidentemente è internazionale. Davanti al pericolo dello scandalo, della reputazione della politica tutto passa in secondo piano, non c’è più l’istinto animale ma il tutto diventa dire una serie di bugie per coprire la verità, bugie che diventano tanto più grosse man mano che si evolve la trama. Diciamo che la politica nostra in questo momento ha problemi più gravi che tutta la faccenda del sesso, degli scandali, in altri paesi più puritani per storie del genere si dimettono i governi …da noi non è mai successo nulla, pur essendo, il nostro, un Paese legato alle tradizioni cattoliche». Parlaci di questa commedia che ha un cast davvero importante e la regia di Gianluca Guidi… «Gianluca Guidi ha fatto tante volte, sia come regista sia come interprete, questo tipo di testo, quindi conosce bene questo genere di teatro, che è un po’ di pancia, di risata
Sul palco vi divertite anche voi? «Noi ci divertiamo,sì… guai se il teatro non fosse divertimento: quando non ti diverti più non riesci a divertire nemmeno gli altri. Adesso dopo la pausa ci siamo riposati; c’è sempre un momento di stanchezza, dovuto al fatto che lo fai tante volte, sempre tutte le sere e in cui inizi a essere meno in forma, diciamo così: ora siamo riposati!». Una delle prime rappresentazioni a cui ha partecipato è una vera chicca, Commedians, che poi diventerà il film Kamikazen: ultima notte a Milano del 1987, per la regia di Gabriele Salvatores. Con lei altri grandissimi attori del panorama comico italiano: Claudio Bisio, Silvio Orlando, Paolo Rossi, Renato Sarti, Bebo Storti, Gigio Alberti, David Riondino, Nanni Svampa, Diego Abatantuono, Mara Venier, Aldo e Giovanni). Che esperienza è stata, ci racconti? «Commedians era un testo di Griffith fatta al teatro per un po’ di anni e quella è stata una commedia molto fortunata. Diciamo che da lì è nato un po’ tutto. In realtà prima avevamo fatto una commedia, Nemico di classe, dove ci siamo conosciuti con Paolo Rossi e Claudio Bisio, poi abbiamo fatto con Salvatores questa commedia dove sono arrivati anche gli altri e da lì è nato il film Kamikazen, poi è nata Zanzibar la serie televisiva, tutto il rapporto tra di noi nasce da lì, io poi ho continuato a lavorare con Salvatores. Per fare quello spettacolo Claudio ed io (Ndr. Claudio Bisio) abbiamo scritto dei pezzi e siamo andati al Derby a farli, che poi ha chiuso e siamo passati a Zelig, siamo stati in giro per locali. Il cabaret, ad esempio, per Claudio è stato determinante perché poi lui ha continuato a fare cabaret da solo, per me
invece il cabaret era uno strumento non un fine, Claudio invece ha scommesso sul cabaret e ci ha imbroccato. All’epoca scommettere sul cabaret era “osare”; lo spettacolo che facevamo noi raccontava proprio di questa immagine che aveva il cabaret allora: di questo facile innamoramento per il guadagno facile: sali su un palco racconti due barzellette e sei famoso e guadagni, in realtà non è così dietro ci deve essere studio, professionalità cose che alla lunga sono venute fuori. Chi aveva il mestiere è andato avanti, gli altri dopo un po’ sono spariti». Con la sua carriera alle spalle che consiglio darebbe ai giovani che voglio intraprendere la medesima strada? «La chiave è il lavoro: devi esercitarti, devi allenarti, devi lavorare, lavorare, lavorare. Specialmente quando sei all’inizio e ti mancano delle basi, per cui devi cercare di crearti
Antonio Catania, foto di Milena Tridico
un bagaglio tale che ti permetta di affrontare questo lavoro con gli strumenti adeguati. Il rischio è che dopo non si faccia più, perché quando incominci a lavorare e guadagni, non lo fai più e se ti mancano le basi, alla lunga viene fuori. Poi certamente i contatti, le conoscenze, gli incontri aiutano ma, senza una formazione professionale adeguata, non si va molto lontano. Poi questo è un lavoro dove un giorno incontri un vecchio signore giudizioso che ti fa una proposta indecente, tu l’accetti…come una barzelletta che mi hanno raccontato: “mamma un signore mi ha detto che se gli facevo un servizietto mi regalava queste scarpe”…». Televisione, cinema, teatro… un pregio e un difetto di ognuno dei tre. «Il teatro è, sicuramente, un’esperienza che ti riempie, perché ti dà contatto diretto con il pubblico, tutte le sere sei gratificato, puoi verificare il livello di gradimento del tuo lavoro minuto per minuto, sera dopo sera però, il difetto del teatro è che è ripetitivo, è un’esperienza che stanca perché dopo un po’ quando fai 100 e più rappresentazioni sei stanco, però è un’esperienza gratificante. Il cinema è l’esperienza più bella a patto di trovare una scenografia bella, un regista bravo, un gruppo di lavoro affiatato… In teoria sarebbe la migliore perché un film dopo che l’hai fatto deve anche uscire, c’è la distribuzione, il pubblico deve andarlo a vedere; ci sono tanti fattori legati però, se tutto andasse come deve andare, quella è l’esperienza più bella. Perché? Perché il film ha maggiore cura, hai più possibilità di fare il tuo lavoro in maniera attenta, cercando il meglio che tu puoi dare. Cosa che invece la televisione che pure ha il grosso vantaggio di entrare nella casa di tutti e di darti una popolarità di trattare dei temi vari e può avere anche uno scopo formativo per un certo tipo di pubblico ma, la televisione ha tempi molto stretti e quindi non sempre il tuo lavoro è così accurato come dovrebbe essere». Un pregio e un difetto di Antonio Catania? «Il pregio e il difetto sono la stessa cosa: a me
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interviste a volti noti in giro per la brianza
viene molto semplice e naturale fare le cose anche senza leggere tanto le sceneggiature, senza approfondire troppo, istintivamente. Il difetto è che sono un po’ pigro, quindi questa natura che mi porta a fare questo delle volte nasconde anche la mia pigrizia». Il suo rapporto con gli animali? «Non so perché non riesco ad avere un animale fisso, in un modo o nell’altro. Avevo un cane con la mia ex compagna quando ci siamo separati, l’ha tenuto lei. Avevo un gatto ed è finito sotto la macchina. Ora ho due tartarughine che sono curate da mio figlio. Adesso prenderò un altro gatto perché a mia moglie piacciono i gatti e un cane perché io adoro i cani e voglio che mio figlio cresca con un cane vicino, con un animale con cui sviluppare un rapporto». Se dovesse augurare per questo 2012 qualcosa al nostro Paese, cosa augurerebbe? «Che si tornasse a quella serenità che è mancata in questi ultimi tempi. Che tutti potessero avere un lavoro come dovrebbe essere in tutte le società, nei paesi civili: l’articolo 1 della nostra Costituzione recita che l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; senza lavoro che società è? Non ci sono prospettive. L’importante è trovare una forma di sviluppo tale che permetta a tutti di lavorare, possibilmente al meglio delle nostre possibilità, di produrre; la gente alla fine è questo che vuole fare, non siamo così negativi nei confronti del lavoro: vogliamo lavorare tutti!». Il suo rapporto con la Brianza?
«Ho un aneddoto sulla Brianza, quando c’erano i mondiali in Italia: Italia’90. Io e Bebo Storti lavoravamo per Telelombardia e facevamo una rubrica nell’ambito dei mondiali che si chiamava: La palla al piede, abbiamo vinto anche un premio per questa trasmissione. Andavamo nei luoghi dei vari ritiri delle nazionali e facevamo le interviste alle persone. Qui in Brianza, a Erba, c’era la Germania e noi andavamo in giro per la città di Erba a chiedere, non ci crederete non ce n’è stato uno che non ci mandò a quel paese, non ci
rispondevano neanche. Ah sì, una vita fa, io insegnavo storia dell’arte a Meda, nel lontano 1972, in una scuola di mobilieri regionali, ho fatto un anno e mezzo, a tentare di spiegare a dei ragazzini la cassapanca del ‘600 mentre loro passavano il tempo a darsi dei colpi in testa. Poi mi licenziai e mi dedicai al teatro. Me ne sono ricordato perché pensando alla pensione, ho dei contributi sin da allora».
Spazio ai Mirò
sei ragazzi alla ricerca di luce! di Elena Gorla, foto di Alberto Zanardo
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ei ragazzi accomunati da una grande passione per la musica decidono di unire le proprie esperienze musicali per dare vita ad un nuovo progetto: nasce così il sound dei Mirò. Sono monzesi, determinati e decisamente in gamba… hanno da poco presentato il loro primo disco, A Luci Spente. Accendiamo i riflettori su di loro, andiamo a conoscerli… Li abbiano incontrati in una fredda e tersa mattina d’inverno nel luogo che più di ogni altro è il simbolo e il cuore del loro città, Monza: i giardini della Villa Reale. L’entusiasmo è palpabile e traspare senza veli dalle loro parole: “…è la nostra prima intervista”. Il microfono passa rapidamente di mano in mano mentre i ragazzi rispondono alle do-
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mande, parlano di musica di sogni… e ridono. Sarebbe superfluo cercare di mettere ordine alle loro risposte divertite, di dare un nome e un volto agli stralci di frase: le voci che si rincorrono e accalcano sono molte ma il concetto è sempre uno e ben chiaro. Questi ragazzi sono una band, molte voci ma un spirito, quello dei Mirò, ed è questo spirito corale che, comprendo, risponde alle mie domande. Come nascono i Mirò? Come vi siete conosciuti e come ha preso forma il progetto? «I fondatori del gruppo sono Fabio (voce) e Gibbo (chitarra) poi, poco a poco, si sono aggiunti tutti gli altri elementi… prima con l’ingresso di Mirko (basso), poi con l’aggiunta di Cisco (violino). Siamo partiti in quattro ma decisi a trovare anche un altro chitarrista e,
ovviamente, un batterista. Così è entrato nel gruppo anche Colo (chitarra) ed è proprio lui che, subito dopo, ci ha presentato Cero (batteria). Ci siamo trovati fin da subito accomunati dalla volontà di impegnarci in modo serio per fare crescere il nostro progetto…non vogliamo fare come tanti gruppi che si riuniscono una volta alla settimana più per gioco che per altro. Per noi la musica è una cosa seria, che quindi richiede impegno e dedizione. Su questo ci siamo trovati tutti d’accordo, è nata subito l’intesa e quindi… siamo partiti!». A Luci Spente è il titolo del vostro primo album… è un titolo simbolico, nella speranza che le luci si accendano su di voi? Cosa è per voi il successo? «Il successo è sicuramente un’idea bellissima, qualcosa a cui ognuno di noi aspira. Naturalmente con successo non dobbiamo pensare solamente al concetto di risalto mediatico, a quel successo che si limita alla fama, alla notorietà…il successo è qualcosa di più profondo che coinvolge tutti gli ambiti del vivere. E’ un qualcosa che, in ogni caso, richiede impegno, studio e… fortuna! »
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I vostri testi sono scritti da Fabio Ricci, quindi questa domanda è per lui: dove trovi la tua ispirazione? Nella vita privata o attingi ad esperienze esterne? «Quasi tutti i brani parlano attingono a fatti realmente accaduti, a emozioni realmente vissute, da me ma anche da altri…insomma, dipende! L’ispirazione spesso arriva dalle vie più disparate da storie raccontate da amici come dalla cronaca…talvolta, invece, è la pura suggestione a fornirmi l’ispirazione per brani che danno sfogo alla fantasia e permettono, a me come a chi le ascolta, svariate letture ed interpretazioni». Siete di Monza, cosa ne pensate di questa città per quanto concerne lo spazio che dedica ai giovani? Se poteste esprimere un desiderio in questo senso, cosa vorreste in città che manca? «Monza è una città molto attiva, anche in ambito musicale. La nota dolente è però l’eccessiva presenza di contest… spesso organizzati
col solo fine di racimolare denaro tramite le iscrizioni… queste manifestazioni in realtà, molto spesso, non offrono nulla a chi vi partecipa perché spesso si risolvono nell’esecuzione di un solo brano in mezzo ad un’altra ventina di gruppi… insomma, non offrono visibilità. Quello che servirebbe sono, invece, degli spazi dedicati ai concerti delle band emergenti, che qui nel territorio sono davvero tantissime, luoghi in cui sia possibile esibirsi davvero ed iniziare a farsi le ossa». Cos’è la musica per voi? «Per noi la musica è un metodo comunicativo, uno strumento di grande energia comunicativa. Questo perché la musica è immediata, fa leva su meccanismi emotivi insiti nella persona. La musica ci permette di essere diretti, di comunicare emozioni che probabilmente, espresse a parole, non avrebbero la stessa efficacia. Nel testo della canzone, invece, con le parole affiancate alla musica, si genera una sinergia che rende la comunicazione molto più
efficace. Per noi, quindi, la musica è il solo modo possibile per esprimere in modo forte quello che siamo». Che musica ascoltate? Vi ispirate a qualche artista in particolare? «Di musica ne ascoltiamo tanta, di tutti i generi… e poi oramai i confini fra un genere e l’altro non esistono quasi più…inoltre siamo in tanti e ognuno di noi è più orientato verso un tipo di ascolto rispetto ad un altro. Queste differenze, tutte queste diverse influenze confluiscono in uguale misura nella nostra musica andando a creare un sound nuovo, il nostro, il sound dei Mirò! ». Se poteste scegliere un gruppo già affermato con cui suonare chi scegliereste? «Elio e le storie tese! Sono davvero bravissimi, preparatissimi dal punto di vista musicale e capaci di fare riflettere divertendo! ». Una parte dei proventi delle vendite del
Per noi la musica è un metodo comunicativo, uno strumento di grande energia comunicativa. Questo perché la musica è immediata, fa leva su meccanismi emotivi insiti nella persona. La musica ci permette di essere diretti
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vostro album vengono devoluti all’associazione Lele Forever (www.leleforever. it), una onlus schierata nella lotta contro la leucemia. Perché avete scelto di appoggiare questa causa? «Noi abbiamo conosciuto l’associazione in occasione di un nostro concerto e parlando con il responsabile dell’associazione ci ha spiegato come per loro sia importante l’appoggio fornito da manifestazioni ed eventi sia sportivi che musicali per raccogliere fondi e promuovere il lavoro svolto. Noi in quel periodo stavamo lavorando al disco e, quindi, è naturalmente nata l’idea di dare il nostro appoggio in questo modo». Cosa ne pensate dei talent show? Voi partecipereste? «Per la verità non siamo molto favorevoli a questo tipo di spettacoli… non ci piacciono… li reputiamo solo l’ultimo mezzo in possesso della discografia italiana, e non solo, per fare soldi, certo non una fucina creativa. E’ solo
un modo per sfruttare la risonanza data dallo schermo per produrre denaro sulla base del gradimento e della simpatia delle masse. Non credo siano un aiuto per i giovani che tentano di emergere ma solo un modo per strumentalizzarne l’immagine. Da poco è nato un talent sulla musica lirica… il tentativo di strumentalizzazione è evidente. Crediamo sia molto più importante farsi della sana gavetta, suonando tanto live e facendosi conoscere per gradi. è anche fondamentale avere la possibilità di crescere e migliorarsi, di fare esperienza e imparare a gestire le situazioni prima di trovarsi di fronte ad un pubblico vasto».
riori! Sappiamo benissimo che sarà molto dura arrivare a vivere di sola musica, farne una professione. e necessariamente non possiamo permetterci di allentare l’impegno nemmeno nelle altre nostre attività». Per scoprire tutti gli appuntamenti live dei Mirò, rimanere sempre aggiornato sulle attività del gruppo ed acquistare il loro cd: www.rockmiro.com.
Siete molto giovani, questo vostro percorso è ancora agli inizi: avete un “piano b” nel cassetto qualora le cose non vadano come sperate? «Ognuno di noi ha il proprio percorso, la musica ci assorbe moltissimo ma nella vita facciamo anche altro: c’è chi studia, chi lavora, chi addirittura non ha ancora finito le supe-
e-mail: info@costruzionielettriche.it - web: www.costruzionielettriche.it
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altrove
racconti e consigli di viaggio
nella cultura di questo popolo, simbolo reale ma anche effige di divinità, dominatore di acque piovane ma anche destriero di eroi. Il dragone, non a caso è il protagonista nei festeggiamenti di moltissime ricorrenze e festività cinesi, prima fra tutte il Capodanno Cinese che, nella tradizione di questo popolo è innanzi tutto un momento di rinnovamento e pulizia che coincide con l’inizio della primavera, col rinnovarsi della natura. La danza del dragone per il Capodanno avviene tradizionalmente in Cina in associazione con la “festa delle lanterne”, ossia 15 giorni dopo il Capodanno, e ciò collega il drago alla luce ed alla rigenerazione stagionale primaverile (Ndr. quest’anno il capodanno cinese cade il 23 gennaio e la festa delle lanterne, quindi, il 6 febbraio. Quest’anno il capodanno per il calendario cinese coincide inoltre con l’ingresso nell’anno del Drago). Un viaggio in questo paese straordinario non può, dunque, che essere “mirato” e organizzato sulla base dei propri interessi. Sicuramente non si può prescindere da una visita alla capitale, Pechino (Beijing in cinese), città di fondazione antichissima (nei pressi della città furono infatti trovati resti di un insediamento urbano risalente al I millennio a.c.), anche perché, con ogni probabilità, sarà già meta di arrivo del vostro volo proveniente dall’Europa. La città si sviluppa su di un disegno a cerchi concentrici e Piazza Tienanmen (letteralmente Porta della Pace Celeste), cuore simbolico della nazione,
Le sterminate distese della terra del dragone
La pesca col cormorano sul fiume Li
di Eleanor Abernathy
L
a Cina è la nazione più vasta al mondo, terra di storia e cultura millenaria, paese dalla natura imponente e suggestiva, ricca di fascino e contraddizioni. Abbracciare in poche pagine la vastità del territorio cinese, con le sue ventitré estese provincie e quasi un miliardo e mezzo di abitanti è un’impresa impossibile e vergognosamente riduttiva. Per questo motivo preferiamo limitarci a offrire pochi e semplici scorci di questa terra al viaggiatore deciso ad intraprendere
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un viaggio alla sua scoperta, concentrarci sulle suggestioni profonde che potranno orientarlo nella scelta del proprio itinerario, piuttosto che su di un vero e propri itinerario pre confezionato. Disponendo, infatti, di un paio di settimane di tempo è necessario pianificare un percorso limitato ad una zona di interesse, sia essa “geografica” o “concettuale”(Cina classica, Imperiale, Naturalistica, Via della Seta, ecc.) e lasciarsi guidare nella decisione dalle immagini e
è sita esattamente al centro della città. Per il turista italiano la sua vista ha sicuramente un effetto sconvolgente: abituati a ben altre dimensioni urbane la piazza, con i suoi 440.000 metri quadri di estensione, monotona e monocromatica, induce inevitabilmente a sentirsi come proiettati in un paese alieno in cui tutto assume proporzioni a noi estranee. Attraversando la Porta Celeste (sita a Nord) da Piazza Tienanmen si entra nella Città Proibita, il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing. Costruita all’inizio del XV secolo, è considerato il più antico complesso di edifici in legno ancora conservato. Il suo nome le deriva dal fatto che per secoli l’accesso entro le sue mura è rimasto vietato agli estranei alla corte imperiale, e fu aperta al pubblico solo nel 1949, anno in cui l’Armata Rossa conquistò la città di Pechino. Oggi è un museo visitabile, disseminato di palazzi, giardini ed edifici religiosi, ed ha le sue maggiori attrattive nel Palazzo Imperiale (il Palazzo della Purezza Celeste), ricco di opere d’arte e decorazioni sontuose e nella Sala della Suprema Memoria, dove si svolgevano le cerimonie dei membri della famiglia imperiale. Da Pechino suggeriamo di recarsi verso la non lontana Badaling per ammirare uno dei tratti meglio conservati e più rappresentativi della Grande Muraglia, la maggiore opera militare difensiva della Cina antica, estesa in direzione est-ovest, ossia dal mare dell’oriente ai deserti e praterie dell’occidente che
attraversa monti e valli per una lunghezza di oltre 6000 chilometri. Abbandonando Pechino, spostandosi a Nord con un volo interno, è possibile dirigersi a Xi’an. Qui, è conservato il Mausoleo dell’imperatore Qin Shihuang, che regnò sul paese dal 246 al 221 a.c., nei pressi del quale è stato effettuato il più grosso ritrovamento archeologico dell’ultimo cinquantennio: l’imponente Esercito di terracotta. Si tratta di 6000 statue alte da 1,75 a 1,95 metri (stranamente troppo alte per raffigurare personaggi cinesi), piene dalla vita in giù, vuote internamente dalla vita in su, probabilmente per dar loro maggiore equilibrio e farle così rimanere in piedi senza problemi, dettagliatissime nella raffigurazione dei tratti somatici e delle caratteristiche degli originali raffigurati. Un esercito imponente e maestoso, capace di raccontare a distanza di millenni la potenza del grande imperatore. Imponenza sovrumana e smisurate latitudini, questa è la Cina imperiale. Ma la Cina è anche terra di una natura maestosa e incantata, luoghi in cui il paesaggio è da secoli modello per l’arte e la letteratura come moltissimi scorci della zona di Guilin e del fiume Li Jiang incorniciato dalle suggestive montagne che sovrastano le sue sponde. Poche città in Cina, infatti, vantano i superbi scorci panoramici di Guilin, una città di 670.000 abitanti immersa nella regione autonoma del Guangxi il cui nome tradotto letteralmente significa “foresta di cassie”, un albero che fiorisce a novembre inebriando l’intera vallata di un soave profumo. Picchi calcarei maestosi, erosi dagli agenti atmosferici che li hanno modellati in forme ripide e dentate, entrano fin dentro la città, dove scorre anche il tortuoso Li Jiang (il Fiume delle Perle), un tempo placido corso d’acqua lungo il quale sorgevano tranquilli villaggi dediti alla pesca con il cormorano, oggi affollato di imbarcazioni ma comunque ancora capace di essere all’altezza del suo importante nome.
dalle emozioni evocate dalle sue antiche leggende e tradizioni, dai suoi paesaggi sublimi e toccanti e dalle sue manifestazioni folkloristiche caratterizzate dalle tinte sgargianti del blu e del rosso. Nelle leggende cinesi un ruolo importante è ricoperto degli animali, legati tramite simbologie molto forti alla vita umana di cui incarnano, estremizzandole, molte caratteristiche. Animali reali ma, ancor di più, animali soprannaturali come il drago, figura leggendaria sempre presente
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verdissimo
SPECIALE BENESSERE
curiosità, proprietà e usi delle piante intorno a noi
La Clinica del Sale, specialisti in Haloterapia
Quando la botanica si veste d’ arte il mirabile esempio del giardino cinese
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uando immaginiamo un giardino fiorito immediatamente alla nostra mente si offrono le immagini peonie dalle svariate tonalità di rosa, profumate camelie, imponenti magnolie, ostinati glicini e generose forsizie e delicate azalee che con i loro vivaci colori e le loro dolci fragranze ogni anno inebriano le primavere lombarde di colore e vitalità. La loro familiarità, tuttavia, spesso ci porta ad ignorane l’origine antica ed esotica di queste piante provenienti dalla Cina, terra ricchissima di specie floreali grazie alla sua particolare situazione geografica che le garantisce connessioni territoriali ininterrotte dalle foreste tropicali sino a quelle boreali. Questa continuità spaziale, nel corso dei millenni, ha infatti generato molteplici associazioni di piante introvabile nel resto del mondo ma tuttavia capaci di naturalizzarsi alla perfezione nelle aree climatiche corrispondenti a quelle della loro zona di provenienza. Tra queste si annoverano specie commestibili di grandissima importanza come riso, soia, arance, limoni, cetrioli, albicocche, pesche, solo per citare alcune fra le coltivazioni oramai diffusissime da secoli in Italia. In virtù delle sue 31.000 specie botaniche native del suo territorio, ben un ottavo di quelle dell’intero pianeta, e della sua antica e sapiente tradizione agricola, la Cina è definita “madre del giardino”: in Cina, infatti, natura e talento botanico hanno dato vita alla metà delle intere specie ornamentali oggi esistenti e la cultura del giardino si è fatta vera e propria arte. La creazione di giardini, infatti, in Cina diventa un atto nel contempo artistico e filosofico fin dalle epoche più antiche e costituiscono una preziosa testimonianza della civiltà che li ha prodotti. Essi non solo abbracciano e raccontano la storia e la cultura del paese ma sanno farsi specchio della sua anima più profon-
da, la stessa che in altre forme espressive pervade la poesia, la letteratura, l’estetica e l’intera spiritualità cinese. Nello spazio del giardino tutti questi elementi si fondono con le architetture, l’acqua, le rocce, le piante e gli animali in una grande armonia cosmica. Nello spazio verde, natura ed artificio convivono senza che né l’una né l’altro abbiano mai il sopravvento, ma confrontandosi in una simbiotica e continua dialettica. Il giardino si configura, quindi, come opera d’arte complessa ed infinita in quanto la componente naturale della sua struttura resta in perenne mutamento. La grandezza del giardino è proprio nella sua capacità di creare un equilibrio ed una quiete apparente dove è il regno del divenire: la natura. Le piante, infatti, crescono e muoiono ed il giardino è un’opera che non conosce fine nella sua costante necessità di essere accudito. L’elemento vitale dalla valenza estetica più importante è sicuramente il fiore che nella cultura cinese riveste un’enorme valenza simbolica. Le piante più amate diventano delle vere e proprie immagini tradizionali, cariche di riferimenti simbolici. L’esempio più classico è la peonia, la cui celebrità in Cina le vale il titolo di regina dei fiori. Essa incarna il concetto di rispettabilità, di nobiltà d’animo e solidi valori ma anche di onesta agiatezza. è simbolo della stessa primavera e metafora della bellezza femminile. Nel corso dei secoli la passione per questo splendido fiore ha dato origine ad un incessante selezione da parte degli ibridatori che sono stati capaci di creare varietà nuove dalla bellezza sempre più armoniosa e duratura. La forte valenza simbolica dei fiori nella cultura cinese tocca moltissime piante oramai diffuse in tutto il mondo, conoscerle può offrire una ragione in più per farne un dono speciale perfetto in molte
L’unica Grotta del Sale a Monza che sfrutta la tecnologia Aerosal. occasioni. II rosso è un dono eccellente per le persone anziane perché rappresenta una buona vita. Simbolo della potente energia Yang, viene spesso utilizzato come offerta sugli altari dei templi buddisti e attira la buona fortuna nelle case. È quindi un regalo gradito anche da chi si trasferisce in una nuova abitazione. La pianta di ortensia esprime amore, gratitudine e illuminazione. È un ottimo regalo per ringraziare una persona che ci è stata d’aiuto senza gloriarsene. L’azalea rappresenta l’eleganza, la ricchezza e la temperanza ed è simbolo della femminilità. Messaggera di fortuna, è un fiore da regalare prima di affrontare una prova importante. Il narciso fa fiorire i nostri talenti nascosti ed è di buon auspicio nel successo lavorativo. Il fiore perfetto dunque per chi ambisce a una promozione e fortuna nel lavoro. L’orchidea è simbolo di fertilità, ma è anche di perfezione, abbondanza e crescita interiore. Ammirandone l’eleganza si introduce bellezza e prosperità nella propria vita. I fiori di pesco rappresentano la bellezza femminile, lunga vita e abbondanza. Tradizionalmente durante il capodanno cinese chi vuole trovare l’amore compra un’intera pianta da tenere in casa per propiziare la fortuna nell’anno a venire. Per i matrimoni vengono invece regalati gigli, perché significano cent’anni di felicità. Simboleggiano anche unità e sono quindi adatti per gli amici più cari.
La grotta di sale è uno strumento di benessere dalle origini molto antiche. Sostanzialmente è una stanza prefabbricata, molto simile ad una sauna dal punto di vista strutturale, ricoperta interamente di sale sulle pareti, sul pavimento e sul soffitto. Ospita fino a 4 persone che, appena entrate, avvertono una sensazione di assoluto relax grazie al colore bianco del sale che riveste tutto l’ambiente. Le proprietà benefiche del sale fanno il resto: si crea infatti un microclima puro, che viene mantenuto costante per temperatura e umidità; una ventola dà origine ad un’aspirazione forzata, assicurando il ricambio d’aria. Per entrare nella grotta non servono particolari accorgimenti e neppure un abbigliamento specifico: si rimane vestiti, preferibilmente in modo comodo e ci si rilassa, magari ascoltando musica o addirittura guardando un dvd, e in una sola seduta di circa 30 minuti si possono ottenere gli stessi risultati e benefici di 3 giorni al mare. I vantaggi per il benessere fisico. Le particelle di sale nebulizzate a secco da uno speciale apparecchio, sono di dimensioni ideali per raggiungere tutte le sezioni delle vie respiratorie. Il cloruro di sodio inalato è in grado di far funzionare al meglio la “clearance muco ciliare”
“Da oggi, per vivere il benessere di 3 giorni di mare basta trascorrere 30 minuti in un piccolo ambiente dai grandi benefici”
e cioè quell’insieme di piccole ciglia di cui sono dotate le cellule che tappezzano le vie respiratorie e che, con movimenti molto frequenti, regolari e coordinati, trasportano il sottile strato di muco che le ricopre verso il cavo orale: si ottiene così una continua detersione dell’intero albero respiratorio. Nel muco, infatti, restano intrappolati virus e inquinanti atmosferici. Il sale inalato ha inoltre un effetto battericida: vi è, infatti, una dimostrata diminuzione della carica batterica presente nelle vie aeree. In altre parole il sale inalato, che si deposita nelle prime vie, interferisce con la sopravvivenza dei batteri (pneumococchi e stafilococchi) che vengono pertanto a trovarsi in un ambiente a loro poco favorevole. Vi sono anche dimostrazioni di un miglioramento del nostro apparato immunologico difensivo. Il sale vanta anche proprietà igroscopiche (è in grado di assorbire l’umidità atmosferica), una seduta nella grotta ha così effetti sgonfianti decongestionanti, e contribuisce ad alleviare la
fatica, aumentare la circolazione e rafforzare il sistema immunitario. Un ambiente ideale per i bambini. I bambini, spesso i più piccoli, sono i primi a soffrire di raffreddore e problemi respiratori che, in buona parte, scompaiono durante le vacanze al mare. La grotta del sale, ricreando un’umidità e una temperatura ottimali, offre anche a loro la possibilità di trarne benefici (inconsapevolmente) mentre giocano. Anche il pavimento infatti, così come le pareti, è ricoperto di sale che permetterà ai bambini di divertirsi facendo castelli di sale. Nella grotta i bambini potranno entrare anche in piccoli gruppi, accompagnati dai genitori, potranno sentirsi liberi, guardare un cartone animato o fare un riposino. La grotta di sale Aerosal sarà per i bambini una sorta di “concentrato di mare” (tutto naturale) di cui potranno giovarsi giocando, senza fastidio ma solo divertimento.
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Brigantia
storia ed escursioni nel nostro territorio
Il giorno della Memoria
Internati militari italiani: una storia da raccontare di Juri Casati Foto www.robertozamboni.com
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uesta volta vorremmo utilizzare questa rubrica per parlare di storia. Una storia poco celebrata, una storia di cui colpevolmente si è persa memoria, ma che ci riguarda da vicino. Partiamo dall’oggi. Tutti gli osservatori prevedono concordemente un 2012 fatto di sacrifici e di rinunce. Molti si chiedono però se gli italiani sapranno sopportare i sacrifici che si preparano, dato che gli italiani nella loro storia non sembrano aver mai dato prova di una particolare attitudine alla sofferenza. In realtà si tratta di un luogo comune, perché ci sono state diverse occasioni in cui singoli cittadini, migliaia di cittadini, e talvolta anche centinaia di migliaia di cittadini italiani hanno coscientemente scelto di tenere un comportamento opposto all’immagine co-
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mune dell’italiano molle, furbo ed opportunista, dimostrandosi in grado di saper soffrire, e talvolta anche di sapersi sacrificare. In questo senso, durante le celebrazioni dei giorni scorsi, si è persa ancora una volta l’occasione di sfatare questo luogo comune. Come sapete, la legge 211/2000 ha istituito il 27 gennaio come «Giorno della Memoria». Molti pensano che il Giorno della Memoria sia stato istituito per ricordare solo le persecuzioni a cui furono sottoposti gli ebrei. In realtà la legge 211 intendeva ricordare, accanto alle persecuzioni subite dagli ebrei, anche le persecuzioni subite dai «deportati militari e politici italiani nei campi nazisti». L’anno scorso abbiamo parlato delle persecuzioni subite dagli ebrei (cfr. Trantran numero 15). Quest’anno vorremmo concentrare la
nostra attenzione sui deportati militari italiani nei campi nazisti. La loro è una di quelle vicende per le quali può essere indicato un momento di inizio preciso. Nel loro caso erano le 19.42 dell’8 settembre ’43, ora in cui la radio diffuse un comunicato del maresciallo Badoglio che cominciava con queste celebri parole: «Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta…»: era l’annuncio dell’armistizio con gli Alleati, ed implicitamente era anche l’annuncio della fine dell’alleanza con la Germania nazista. La rappresaglia nazista non si fece attendere: in pochi giorni i tedeschi catturarono un milione di soldati italiani e ne deportarono in Germania circa 710.000 (avete letto bene: settecentodiecimila), ai quali venne affib-
biata la denominazione di Imi, internati militari italiani. I nazisti non ne facevano però una semplice questione terminologica. Infatti negare ai soldati italiani lo status di prigionieri di guerra significava sottrarli alle tutele previste dalla Convenzione di Ginevra, e ciò concretamente si traduceva nella possibilità di utilizzarli nei lavori forzati, principalmente nelle miniere e nelle fabbriche di armi tedesche. Dopo aver toccato con mano il rigore dei 70 campi di concentramento nazisti in cui erano stati internati (il più famoso dei quali era Flossenbürg), agli Imi venne data l’opportunità di tornare in Italia – per militare ovviamente con la Repubblica Sociale – sottoscrivendo un «impegno di ubbidienza incondizionata al capo delle forze armate germaniche, Adolf Hitler». Firmarono circa il 15% dei militari italiani deportati in Germania. Lo fecero per tornare in Italia dalla famiglia, ma anche per fame, per paura o per sfinimento. Infatti le loro condizioni di prigionia erano talmente dure che uno storico tedesco ha riconosciuto che i nazisti riservarono agli internati militari italiani il trattamento peggiore dopo quello che avevano riservato agli ebrei ed ai russi. In particolare è stato stimato che, durante la deportazione e durante i lavori forzati, siano morti circa 50.000 nostri connazionali. Tuttavia la differenza tra gli Imi da una parte, e gli ebrei e i russi dall’altra parte, era che gli Imi avrebbero potuto sottrarsi alla prigionia e ai lavori forzati, se lo avessero voluto, semplicemente firmando un giuramento. Nome e Cognome e sarebbero tornati in Italia: 600.000 scelsero di non farlo. Veniamo a noi. Gli Imi brianzoli furono sicuramente nell’ordine di alcune migliaia, e l’ultimo dato a nostra disposizione, parziale e probabilmente inferiore alla portata reale dei fatti, indica in circa 90 unità il numero dei caduti brianzoli. Per avere un elenco dei caduti diviso per provincia (che per motivi di spazio non posso pubblicare in questa sede), vi rimando al sito www.robertozamboni.com (da cui abbiamo tratto le immagini), che ha una sezione dedi-
Sopra e nella pagina a fianco: Cimitero militare italiano d’onore di Francoforte Sul Meno cata a Monza e Brianza. Si tratta di un blog di un provato cittadino che ha messo a disposizione della comunità il frutto di una lunga e meticolosa ricerca nei vari archivi disponibili, con l’intenzione di far conoscere la vicenda degli Imi e di provare a stilare un elenco dei caduti. Della ricerca di Roberto Zamboni, il cui titolo emblematico è Dimenticati di Stato, mi preme sottolineare due aspetti interessanti. Da un lato alcune famiglie potrebbero eventualmente ottenere informazioni – è già successo – circa la sorte dei loro familiari dispersi in guerra e circa il luogo della loro sepoltura. D’altro lato, chiunque fosse in possesso di informazioni – ricordi di famiglia, diari, documenti ufficiali e non – potrebbe contribuire ad integrare (ed eventualmente a correggere) i dati fino ad oggi elaborati, partecipando così ad un tentativo di scrivere la storia «dal basso» di grande valore. Un’ultima cosa. Sono sicuro che molti tra i nostri lettori non avevano mai sentito nominare gli internati militari italiani fino a questo momento. Non è strano: a partire dal dopo-
guerra sulla loro vicenda calò un deplorevole silenzio causato dal fatto che, in gran parte, gli Imi dissero «no» per mantenere fede ad giuramento che avevano prestato davanti al re e all’Esercito. Il re e l’Esercito furono però le Istituzioni che maggiormente caddero in disgrazia nel dopoguerra, dato che l’Italia divenne una Repubblica e dato che l’Esercito Italiano scontò a lungo il fatto di essere stato un vanto del fascismo. La decadenza di queste due Istituzioni fu il principale motivo per cui gli internati militari italiani vennero trattati con indifferenza al loro rientro in Italia. L’indifferenza che circondò gli Imi fu però un atteggiamento culturale superficiale e miope che sminuì l’importanza di fatti storicamente avvenuti, e che soprattutto rimosse dalla coscienza collettiva italiana un esempio civile di grande valore, fatto di rispetto delle Istituzioni, di rispetto per la parola data, di disinteresse per il proprio tornaconto immediato e di una non scontata (e mai più riconosciuta) capacità di soffrire.
Troppe volte il silenzio non è d’oro, perché tacere è spesso comodo e facile, mentre parlare è difficile e penoso. Tacere può anche essere un segno di prudenza ma parlare è quasi sempre un atto di coraggio 23
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i segreti dello chef
teatro, musica ed eventi
ricette e trucchi in cucina
care un rivenditore di fiducia? Come essere sicuri che si tratti realmente di pesce fresco e non di pesce “decongelato”? La differenza non sempre viene indicata come si dovrebbe… a questo, spesso, si aggiungono anche problemi di natura organizzativa: molte pescherie, infatti, restano aperte solamente al mattino, restando così precluse a tutti coloro che lavorano. A Monza, invece, chi desidera gustare pesce sempre freschissimo ha una certezza: la Pescheria il
Pescheria il Porto del Mare
Pesce fresco, piatti pronti e friggitoria
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he il pesce oltre che squisito sia anche molto salutare non è una novità, spesso però ci si scontra con il pregiudizio radicato, soprattutto qui in Lombardia dove i prodotti del mare sono ben distanti dalla tradizione gastronomica locale, che sia difficile da cucinare: nulla di più falso!
Insalata di mare Per dare ai lettori un’idea di quanto sia semplice avvicinarsi a preparazione di piatti a base di pesce anche da parte dei cuochi meno esperti, spiega Rocco, ho scelto di guidarvi nella preparazione di un classico della tradizione marinara, buonissimo eppure molto facile: l’insalata di mare. Questo è un piatto dietetico e leggero ma molto gustoso e di grande effetto, adatto quindi a tutte le occasioni, dalla cena più raffinata al pranzo più informale. Ingredienti per 4 persone: 500 gr di polipetti 300 gr di seppioline 300 gr di calamari 300 gr di gamberi 300 gr di scampi 300 gr di cozze 300 gr di vongole 1 cucchiaio di aceto Olio extravergine d’oliva q.b. Limone, Sale Prezzemolo
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Il pesce è in realtà un alimento che si presta a molteplici e semplici preparazioni, di facile esecuzione e rapida cottura, in particolar modo quando si può contare su di una materia prima freschissima e di ottima qualità. Ma proprio su questo punto, spesso, sorge il problema: come identifi-
Preparazione: Fate bollire un pentolone di acqua con l’aceto e, a bollore, inserite polipetti e seppioline per 8 minuti. Aggiungere, quindi, i gamberi precedentemente sgusciati e puliti e gli scampi interi (che però avrete pulito mediante incisione del guscio) e lasciate cuocere per cinque minuti. Mettere, infine, le cozze e le vongole (che avrete precedentemente lasciato spurgare in acqua fredda e sale per almeno 4/5 ore) ed i calamari già affettati a rondelle e lasciate cuocere per ulteriori 10 minuti. Scolare, lasciare raffreddare e condire con olio d’oliva, sale, prezzemolo e qualche goccia di limone. Buon appetito!
Porto del Mare, in via Cavallotti, 91. Qui ogni giorno arriva, scelto personalmente ogni mattina al mercato ittico di Milano dai titolari, Rocco e Giovanni, il miglior pescato nazionale: molluschi, crostacei, frutti di mare, oltre alle più apprezzate varietà di pesci da gustare cotti o in carpaccio. A chi, però, non ha tempo o voglia di mettersi ai fornelli la Pescheria il Porto del Mare offre anche un ampia offerta di gastronomia marinara già cotta: zuppe di pesce, sughi all’astice, al tonno, insalate di mare, carpacci misti, sauté di molluschi, branzini al forno, ecc. preparati freschi ogni giorno, oltre ad un fritto fresco e fragrante, sempre appena fatto, in vendita all’ora di pranzo e cena. A quanto già pronto in negozio, naturalmente, si aggiunge tutto ciò che possa stuzzicare l’appetito ed il desiderio dei singoli clienti: su ordinazione, infatti, la Pescheria il Porto del Mare prepara piatti su prenotazione e…li consegna direttamente a domicilio, giusto all’ora di cena, dal martedì al sabato!
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uattro ragazzi (Claudio, voce, synth e chitarra; Lee, basso e DnB prog; Giacomo, chitarra; Francesco, batteria e synth prog) dalle origini parecchio distanti che iniziano a fare musica insieme mettendo in campo ognuno la propria sensibilità. L’approdo inaspettato arriva un anno dopo con la label torinese Bliss Corporation, e il risultato è un mix di combinazioni post-grunge, trance e techno, rock elettronico e drum n’ bass. Il concept dell’album è ben descritto dalla canzone apripista Diamanti e nella frase “fuori chi sei, tira fuori chi sei”: mai nascondersi dietro ai propri difetti ma combattere. Il primo passo discografico degli Infranti Muri è l’invito lungo un cammino ancora tutto da immaginare, condotto grazie a un melting pot d’impatto, passaggi in accelerazione e metriche inaspettate. è Claudio che qui ci parla di loro, della loro musica, dei loro obiettivi, dei loro sogni…
A proposito della vostra musica mi sono imbattuta più volte nella definizione di rock elettronico…sposate questa definizione? «In linea di massima direi di sì perché la base da cui siamo partiti quando la band si è formata era di stampo post grunge, fatta di tanta energia e chitarre distorte, mentre l’inserimento dell’elettronica è iniziato un po’ sulla base della sperimentazione. Abbiamo iniziato quasi per gioco aggiungendo ai nostri pezzi, decisamente rock, delle parti elettroniche. La cosa ci è piaciuta a tal punto che poi questo è diventato, per così dire, il nostro stile. Così, mano a mano, i pezzi sono sempre più stati pensati già nell’ottica dell’elettronica». Quali sono i vostri riferimenti musicali? «Inizialmente ci siamo rifatti molto a gruppi come i Foo Fighters o i 30 Seconds to Mars e ancora, addirittura, ai Nirvana. L’influenza di questi gruppi rimane sempre fondamentale e per questo, ancora adesso, nei live ogni tanto amiamo ripro-
porre qualche loro cover. Questa è la base e come tale non cambierà ma. Il resto, come ad esempio l’elettronica, può anche essere un elemento destinato a mutare nel tempo, a svilupparsi come a scomparire… ma la nostra anima è rock, e non la rinnegheremo mai». Avete partecipato alle selezioni per Sanremo Giovani… che esperienza è stata? «E’stata una bella esperienza perché ci è servita per crescere… anche il fatto di non essere passati, a ben vedere, ci è servito! Ad Agosto abbiamo firmato con la nostra casa discografica e dopo pochi mesi ci siamo ritrovati catapultati dentro il polverone di Sanremo…inizialmente si è portati a pensare che tutto fila, che andrà alla grande…poi ti arriva la mazzata, che però fa bene, perché ti riporta coi piedi per terra, ti fa capire che c’è ancora tanto da lavorare e sudare. La delusione ci ha unito e fortificato… però, certo, ci è dispiaciuto non passare, la partecipazione a Sanremo sarebbe stato un ottimo
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teatro, musica ed eventi
trampolino di lancio. Quello che non ci è piaciuto, invece, è stata la formula tipo reality…non ha senso, tanto più per gli artisti emergenti, essere messi nella condizione di dover chiedere praticamente a tutti voti giornalieri a pagamento per poter accedere ad un festival che dovrebbe essere basato su qualcosa d’altro». Voi avete intrapreso una strada del tutto diversa ma cosa ne pensate dei Talent Show? «Non abbiamo nulla contro chi sceglie di parteciparvi, anche perché ci rendiamo conto che oramai è quasi la sola strada percorribile per emergere ma crediamo che siano fenomeni che finiscono con l’influenzare negativamente il giudizio che il pubblico ha sulla musica e sull’arte in generale. Poi riconosco che talvolta possano uscire dai talent anche artisti che sanno il fatto loro... ». Lo studio e la competenza musicale devono coesistere con l’apparenza e l’immagine? «Lo studio, l’acquisizione di competenze tecniche, soprattutto quando si è giovani, è una componente molto importante. è come prepararsi una valigia che contenga tutto quello che ti potrà servire in un viaggio. Attraverso lo studio è possibile poi arrivare ad avere delle competenze a tal punto abituali e note che si potrà utilizzarle sempre agevolmente e senza sforzi…insomma, una base solida serve sempre! Per quanto riguarda l’immagine, invece, devo riconoscere che è anch’essa una componente importante, pur non essendo la sostanza di ciò che si fa. Spesso con la musica accade come accade in natura: prima arriva la luce e solo in seguito il suono, prima si osserva un videoclip e solo dopo si ascolta davvero il pezzo. Noi non abbiamo mai pensato di “costruire” la nostra immagine ma è inevitabile che talvolta ci sia capitato di darci delle direttive, come il tentare di essere coerenti gli uni con gli altri…»
Parlami di Diamanti, il vostro ultimo videoclip… «Realizzare Diamanti è stato davvero molto divertente, l’idea ci è venuta mentre eravamo tutti assieme a mangiare al fast food, è molto ironico e per questo ci rappresenta molto». Quali sono secondo voi i valori portanti della vita, quelli da difendere, quelli da non scordare? «Capire sé stessi, anche se spesso è un impresa! Devo riconoscere che c’è davvero tanta confusione, in noi come in tanti altri giovani. Crediamo anche molto nel valore dell’unità, dell’ avere qualcuno con cui condividere le sfide della vita. L’amore, che spesso è ridotto ad un concetto frivolo, mentre in realtà è solamente un concetto semplice: così semplice che davvero in pochi riescono a coglierlo e a viverlo». Per la musica internet è un aiuto o un handicap? «Per quello che sto vedendo direi un aiuto, è uno strumento sul quale bisogna investire anche a livello discografico perché mi sembra uno strumento in costante crescita. Certo sarebbe bello se le cose stessero ancora come alcuni decenni fa…però le cose sono cambiate, adesso internet è una realtà…nel vero senso della parola». Se aveste una bacchetta magica quale desiderio esaudireste? «…è difficile mettere tutti d’accordo ma, forse, con qualcosa di cattivo...aboliremmo le Party Band!».
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MICOL MARTINEZ LA TESTA DENTRO il nuovo album. di Fabio Paolo Costanza
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icol Martinez, milanese ma parigina d’adozione, dipinge, scrive versi, recita ma soprattutto crea musica che veste con parole importanti. Il termine è forse obsoleto, ma come spesso accade rende l’idea: Micol Martinez è una cantautrice. Forse anche “gavetta” è un ter-
mine in disuso, ma crearsi un’ esperienza non passerà mai di moda. Micol di gavetta ne ha fatta parecchia: è al suo secondo album, dopo il successo del primo “Copenhagen”, uscito nel 2010, album che ha nome La Testa Dentro, dal 3 febbraio in tutti i negozi di dischi. La incontro dopo aver avuto
la fortuna di ascoltare in anteprima la sua ultima fatica, e si fanno due chiacchiere in un Bar sui Navigli, la zona prediletta da Micol. E pure dal sottoscritto. La Testa Dentro, il tuo ultimo disco Micol. Come nasce e a quali urgenze risponde? Nasce com’è nato il primo disco: da una profonda esigenza espressiva. Ho una forte propensione per varie forme artistiche forse perché sono, di base, chiusa e timida. Posso sembrare la persona più socievole del mondo se mi si conosce una sera: quel modo è una reale parte di me. Ma poi, nel tempo, non ho facilità ad aprirmi con le persone. Ho un forte senso di protezione verso me stessa, un pò di sfiducia, a volte, nel prossimo, e un pò
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© foto archivio enpa monza e brianza
Anche il più piccolo dei felini, il gatto, è un capolavoro. di insicurezza; così l’apertura all’altro arriva dopo una forte osservazione del rappresentante umano di turno e un conoscimento lentissimo. Questo mi porta ad aver bisogno di esprimere me stessa in altro modo; quello più immediato per me è proprio la musica. Il primo disco, Copenhagen, è scuro e introspettivo, questo è più morbido, a tratti solare e acustico... Più morbido a volte, più divertito, più vario. E’ vero e non è stata una scelta di partenza. Forse l’unica scelta iniziale è stata soltanto quella di non censurarmi. O censurarmi meno. Ho scritto le canzoni del disco durante il 2011. E’ stato un anno più sereno e questo si riflette sul mio lavoro. Il risultato è un disco legato al presente, a necessità più immediate, a un futuro immaginato: a volte possibile a volte sognato. Posso dire che a differenza del primo disco, stavolta ho scritto in totale apertura. Questo è manifestato non soltanto nella scrittura, ma anche nel modo di interpretare i brani: finalmente ho giocato e ho giocato con tutto: con le parole, con il tempo, con gli accordi e con le sfumature vocali. In particolare uso la voce in altro modo. Nel primo era sempre trattenuta e virata sulle basse, giocando a favore dei brani. Questa volta no. E questa volta, per me, è perfetta. Quanto ha giocato il fatto che tu sia anche attrice e dj? Queste due caratteristiche si sono rivelate essere fondamentali. Lo studio di recitazione per quello che riguarda la vocalità - non amo i virtuosismi e non amo chi sale su un palco per dimostrare di cantare bene ma amo chi interpreta le proprie canzoni in modo personale e sincero - e i djset per una questione di apertura mentale: se non mi fossi confrontata con questa “passione” avrei ascoltato sempre e solo un certo tipo di musica (Nick Cave, Drake, Sparklehorse, Violent Femmes etc...). In questo frangente, ho dovuto invece forzatamente aprirmi ad altro. E aprirsi ad altro apre la testa, anche quando “l’altro”, magari, non piace così tanto. Nel futuro come vedi queste attività? Mi ci avvicino ogni tanto. Mi divertono e mi fanno stare bene. Per i djset, o meglio “selezione musicale” visto che fare il dj è un’altra cosa, qualche volta mi sento un poco una “dipendente” perché non posso sempre mettere quello che voglio (esigenze del locale e/o dei gestori) ma mi aiuta economicamente e amo i posti in cui lo faccio. Per
[Leonardo da Vinci]
quello che riguarda il teatro... mi manca. Mi manca sempre. Nella grafica del tuo primo cd la tua immagine è quasi oscurata e all’interno del booklet lo spazio è dedicato ai testi e ai bellissimi disegni di Robert Herzig. In questo disco, finalmente, appari. Cos’è accaduto? è una scelta legata all’apertura di cui ti parlavo prima. Il primo era, appunto, il primo disco. Da un lato non volevo dare l’idea di usare la mia immagine, volevo che l’attenzione fosse solo e unicamente sulla mia musica. Inoltre ero più insicura ed emergeva prepotente quella volontà di protezione. Oggi la faccia la metto in copertina. Come dire “questa sono io, che ti vada bene o meno”. Ciò che faccio è, come sempre, pulito e sincero. Quindi non ho nulla da perdere. Il brano a cui sei più legata? Sarà d’inverno. Perché? Perché è un futuro straordinario. In questo disco c’è un brano quasi pop: L’alveare. Cos’è successo? Mi sono divertita e non l’ho nascosto? E’ così. Mi piace, quel brano, perché è per me un bellissimo giocattolo. Il primo singolo è 60 secondi ed è affiancato da un video... Un altro divertissement che nasconde un messaggio: che a volte è meglio spegnerla, la testa, e vivere la realtà con intuito e passione.
Io non sono Giuseppe Verdi, è questo il titolo dell’album d’esordio di Andrea Giops. L’ex concorrente del talent show X Factor è ora al suo debutto discografico con un disco prodotto dall’etichetta Nuvole Production diretta da Dori Ghezzi e voluta da Fabrizio De André. Ha presentato il suo album d’esordio, composto da 10 brani inediti, il 16 gennaio alla Fnac di Milano. Un disco fatto di brani di ironici ed amari come di pezzi in cui la riflessione si fa più profonda e insieme sommessa. Ne parleremo in modo più approfondito direttamente con Andrea Giops che abbiamo intervistato a Milano in occasione della presentazione del suo album, sul prossimo numero di Trantran in uscita il 6 marzo.
E perché il disco si chiama La Testa Dentro? Perché vediamo candidamente le nostre interiora e non guardiamo più al di fuori. Ma si cresce solo se ci si rapporta costantemente con l’esterno. Altrimenti si finisce col nutrirsi solo di se stessi... e sarebbe pure noioso. No? Aspettative future? Riuscire a pagare più facilmente le bollette. Le tue risposte diventano man mano più stringate... E le tue domande anche. Fammi la domanda più breve che puoi ed io ti risponderò con la risposta più breve che posso. Ah sì? Sì.
ENTE NAZIONALE PROTEZIONE ANIMALI Onlus
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www.enpamonza.it
Sezione Provinciale di Monza e Brianza
in cuccia
due chiacchiere a quattro zampe
Tutti matti per i gatti sabato 18 febbraio in centro Monza a cura di Gabriella, in collaborazione con ENPA sez. Monza e Brianza “Tra tutte le creature di Dio ce n’è una sola che non può essere resa schiava dalla frusta. Questa creatura è il gatto.” (Mark Twain) Sabato 18 febbraio torna “Tutti Matti per i Gatti”, l’appuntamento annuale dell’ENPA monzese per festeggiare l’animale dallo spirito libero per antonomasia, il nostro amato micio. Al gazebo della Protezione Animali, allestito dalle 9,00 alle 18,30 in via Italia (nei pressi della libreria Feltrinelli) troverete diverse esposizioni a tema, numerosi volantini e pannelli informativi. Saranno disponibili dati sulle attività della nostra sezione a favore dei gatti, come ad esempio la sterilizzazione dei gatti liberi delle colonie feline, e il progetto Asilo dei Cuccioli, istituito per salvare gli eserciti di gattini che, tutti gli anni all’inizio della primavera, cominciano a bussare al portone rosso del canile/gattile di Monza. Troverete anche informazioni curiose, utili e interessanti, su come stimolare il vostro micio, i sensi del gatto e indicazioni che sfatano i pregiudizi sulla pericolosità delle malattie feline nei confronti dei loro compagni umani. Punto Raccolta: l’aiuto più concreto e immediato Presso il gazebo in centro Monza verrà allestito un Punto Raccolta dove sarà possibile lasciare le pappe per i nostri mici ospiti del gattile. Occorrono in particolare alimenti specifici per gatti, quali “Intestinal” e “Convalescence Support” della
Le due timidissime sorelline Emilia e Flaminia, tuttora ospiti del nostro Asilo dei Cuccioli (edizione 2011), estratte dopo ore di pazienti tentativi dal motore di un’auto dove cercavano di ripararsi dal freddo, sperano tanto di essere adottate insieme!
Royal Canin, “A/D” della Hill’s, e le scatolette di qualità per gattini, tutti reperibili nei negozi di prodotti per animali. Queste risultano altamente appetibili e quindi servono in particolare per i tanti mici con varie forme di raffreddamento o che arrivano molto debilitati e che vanno continuamente stimolati a mangiare in quanto, essendo molto raffreddati, non sono attratti dall’odore del cibo e rischiano di diventare sempre più deboli
e di non farcela. Tra quelle disponibili anche al supermercato, sono gradite le pappe morbide in formato mousse o paté (es. Gourmet o Whiskas). Gadget e non solo Non mancheranno al banco anche una ricca gamma di simpatici gadget ed accattivanti idee regalo tutti a tema felino e gli ultimi calendari dell’ENPA monzese! Sarà naturalmente possibile iscrivervi all’associazione o rinnovare la vostra iscrizione.
Volontarie ENPA alla manifestazione “Tutti Matti per i Gatti”
Amici Cucciolotti 2012: protagonista anche una capretta dell’enpa monzese! Torna anche quest’anno il famoso album di figurine “Amici Cucciolotti” della Pizzardi Editore, da molti anni grande sostenitore della Protezione Animali. Il 2012 vede una nuova importante iniziativa: completando l’album, i bambini contribuiranno al mantenimento di oltre 3.500 trovatelli accuditi in 13 Oasi e rifugi ENPA, tra cui il canile di Monza, fornen-
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do cibo, medicine, attrezzature e giochi. Sarà in effetti la più grande adozione a distanza fatta dai bambini! A rappresentare ognuno dei 13 rifugi c’è una simpatica mascotte; per il canile di Monza la scelta è caduta sulla giovane Filippa – o Pippa per gli amici (nella foto) - una bellissima capretta che viveva in un allevamento
abusivo e che è stata salvata dai volontari ENPA il giorno di Pasqua 2011, insieme alla sua famiglia. Il valore di questo progetto non è soltanto “economico”: trattare un tema così delicato su un album di figurine che entra in casa di milioni di famiglie vuol dire infatti sensibilizzare piccoli e grandi su un problema sociale
La copertina dell’album “Amici Cucciolotti 2012” Filippa, mascotte del canile dell’Enpa di Monza di grande importanza, raccontando loro i mille volti dell’abbandono e coinvolgendoli in maniera attiva nell’adozione a distanza. L’impegno sociale dell’iniziativa si evidenzia ulteriormente con l’attenzione verso i bambini ricoverati in ospedale, attraverso la distribuzione gratuita di intere collezioni ai reparti
pediatrici in cui operano i volontari delle oltre 60 Associazioni ABIO. L’album è già disponibile in edicola e sarà distribuito gratuitamente anche al nostro banco sabato 18 febbraio in centro Monza. Ulteriori informazioni sono disponibili sul sito www. enpa.it La tribù dei Delfini Enpa > Le mascotte, dove è possibile anche leggere le storie e vedere le foto e filmati di Filippa e delle altre 12 mascotte.
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No alla macellazione Firma la petizione! L’Ente Nazionale Protezione Animali promuove a livello nazionale una petizione che chiede di abolire la deroga di legge, a uso delle confessioni ebraica e musulmana, che permette di macellare gli animali senza stordimento preventivo, come invece espressamente previsto dalla normativa del nostro Paese. La macellazione rituale prevede che l’animale debba essere ancora cosciente quando, con una lama affilata, vengono recisi esofago, trachea e vasi sanguigni fino al totale dissanguamento, con una morte lenta e atroce. Naturalmente l’unico modo per non far soffrire un animale sarebbe quello di non uc-
ciderlo, optando per la scelta vegetariana o vegana. Ma ciò non toglie che obbligarlo a essere cosciente nelle ultime fasi della sua vita sia una cosa intollerabile. Per questo è possibile firmare la petizione al banco ENPA in centro Monza il 18 febbraio in occasione della manifestazione Tutti Matti per i Gatti, online sul sito www.enpa.it, o ancora presso la sede operativa dell’ENPA monzese in via Lecco 164.
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ARCORE Un comune che vive con te L
a politica lontana dai cittadini? La casta che dimentica le tappe fondamentali dell’esistenza dell’uomo e della donna “comuni”? Spesso è vero, purtroppo. Il progetto “Un comune che vive con te” pensato dall’Assessore alla Cultura del Comune di Arcore, Raffaele Mantegazza, prevede che l’Amministrazione di Adriana Comunale seguaColombo passo per passo il cittadino e la cittadina in quelli che sono i momenti topici della loro esistenza, sia individuale che quelli che collettiva, quei momenti che nelle culture cosiddette primitive davano luogo ai riti di passaggio. In concreto il progetto, a costo ridottissimo, prevede anzitutto una lettera di benvenuto ogni bambino/a neonato residente nel Comune, per poter fare sentire accolti i nuovi nostri cittadini: i ragazzi delle classi II medie sono guidati direttamente dall’Assessore in una visita agli uffici comunali che permetta loro di capire il funzionamento dalla macchina amministrativa (progetto Un amico Comune) mentre i ragazzi che devono sostenere l’esame di III media si vedranno regalare a giugno un volumetto sul metodo di studio e su “Come si studia nella scuola secondaria di II grado; non poteva mancare la celebrazione dell’”ingresso in società” dei/delle 18enni che il giugno incontreranno la Giunta Comunale e si vedranno consegnare la Costituzione. Sempre il 2 giugno i ragazzi di III media presenteranno uno spettacolo sull’Unità d’Italia. Scegliere di
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condividere la propria vita con un’altra persona è un passo importante; l’Assessorato alla cultura ha perciò predisposto un piccolo opuscolo per le coppie che espongono le pubblicazioni di matrimonio sul significato civile e pubblico del medesimo, con il commento degli articoli del Codice Civile sul matrimonio; un ulteriore evento che si terrà nel mese di febbraio è la nascita della Consulta Under 20 e del Forum per l’immigrazione che coinvolgano direttamente i ragazzi e le ragazze e gli/le immigrati/e per l’organizzazione delle politiche a loro destinate. Nell’anno scolastico 2012/13 si procederà alla creazione del Consiglio Comunale dei ragazzi e delle ragazze. Sono poi i momenti di festa collettiva, quelli che creano il senso di comunità ad essere seguiti con particolare attenzione: la Fiera di S. Eustorgio del 2011 ha visto la distribuzione a tutti i bambini e i ragazzi dell’opuscolo “Facciamo fiera”, con la spiegazione dei giochi tradizionali tipici del Palio; il Natale è stato celebrato con una iniziativa di grande successo organizzata dall’Assessore al Commercio e dalla Pro Loco; la vigilia del’Epifania ha visto i nonni del paese narrare il loro Natale ai bambini (progetto Per bocca dei nonni); il prossimo Carnevale prevederà una sfilata organizzata da tutte le associazioni e le scuole. Il tutto nell’ottica di una partecipazione che vede l’Ente locale andare verso i propri cittadini piuttosto che il contrario;
perché la vita di un Comune è la vita dei suoi cittadini e lo si vede nella presenza discreta ma forte delle istituzioni nei momenti topici delle esistenze delle persone.
Educazione alla natura Riprendiamo sito di Raffaele Mantegazza, ciò che intende per educazione alla natura, tema molto caro alla nostra rivista: L’educazione alla natura, all’ecologia, allo sviluppo sostenibile, in sinergia con i contadini, i consorzi, coloro che si occupano di prodotti a km zero, per insegnare ai bambini e alle bambine, ai ragazzi e alle ragazze che cosa e come si coltiva, che cosa e come si consuma, per ricordare ai bambini che il latte viene dalla mucca e non dal supermercato e che le noci si mangiano in inverno e le pesche invece in estate. Educazione alla natura che è riscoperta dei valori veri e fondanti della civiltà brianzola che sono valori di accoglienza, rispetto e apertura all’altro.
che non va. Che cosa Gentilissima dott.ssa Convertino, indica entilissima dott.ssa Convertino, sono Deboquesto momento di c’è disagioqualcosa e fatica scrivendomi. È possibile gestire meglio le richieste ra, ho 32 anni e scrivo per chiedere aiuDalle sue parole emerge una situazione di sodell’ambiente? accade? Ognuno diEsistono noi vive in un sono Debora, ho 32 anni e scrivo per blocch to. Da qualche mese ho una forte difficoltà ad vraccarico emotivo che dà origine a diversi test scientificamente validi che uscire di casa, ad andare lavoro, mi mese sento sintomi, di essere presi in di individuare e certo ambiente ed èpermettono bombardato da i sintomiDiagn chiedere aiuto. Da alqualche ho i quali necessitano sempre stanca e mi manca la voglia di fare considerazione. Proviamo a chiederci: cosa ci formulare una diagnosi precisa della sofnumerosi richieste. Può unaqualsiasi forte attività. difficoltà ad uscire di casa, precis Nonostante cerchi di ripovogliono comunicare questi sintomi?stimoli e ferenza? ho spesso e perdo mi la concentrazione La mancanza di voglia e di energia,che la stanchezLa risposta è sì, abbia è possibileaimparare delle straaccadere il nostro Io non ad sare andare alsonno lavoro, sento sempre disagi facilmente, e questo rende difficile svolgere le za prolungata, l’apatia, il senso di rallentamentegie per gestire le richieste dell’ambiente. In disposizione strategie idonee stanca e miattività manca la voglia di fare conos mie normali quotidiane. to generale sono dei segnali che dicono delle ALT! alcuni momenti della vita a tutti può capitare di Al lavoro sono sottoposta ad orari pesanti e ritFermati, c’è qualcosa che non va. Che cosa actrovarsi in situazioni difficili e di sentire blocchi per far fronte a queste richieste degli qualsiasi attività. Nonostante cerchi mi frenetici, e il clima che si respira all’interno cade? Ognuno di noi vive in un certo ambiente emotivi, affettivi e comportamentali. della lavoro. di riposare ho spesso e perdo Come dell’ufficio è competitivo. Tuttasonno questa situaed è bombardato daaltri, numerosi stimoli efamiglia, richieI testdel scientifici aiutano A a identificare i motivi della sofferenza e danno questo punto il nostro corpo reagisce la concentrazione facilmente, e negat indicazioni per trasformare questi blocchi. significa identificare e sviluppa dei Diagnosi sintomi. Una con precisione questo rende difficile svolgere le mie Ognun i sintomi e i motivi del disagio, attraverso un possiedono le risorsesituazione per di questo genere, normali attività“Tutti quotidiane. situaz percorso di conoscenza. può creare i Al lavoromigliorare sono sottoposta ad orari i propriprolungata bisogn e sciogliere blocchi.” nel tempo, Come si può uscire dai blocchi negativi e presupposti per una depressione. pesanti e ritmi frenetici, e il clima di p guarire? Ognuno di noi si può trovare a gestire situazioni La depressione e complesse l’ansia spesso chezione si mi respira all’interno dell’ufficio impor crea spesso ansia e mi ritrovo a pianste. Può accadere che il nostro Io non abbia a e può aver bisogno di intraprendere per nulla. Ogni giorno sento di peggiorare disposizione delle strategie idonee per far fronte un percorso di psicoterapia. Nella vita è impordeterminano comportamenti è gerecompetitivo. Tutta questa intrap e aumenta dentro di me il senso di sfiducia e a queste richieste degli altri, della famiglia, del tante darsi l’opportunità di intraprendere un automatici negativi,percorso come evitare situazione miautostima. crea spesso ansia e lavoro. mi A questo punto come mancanza di Mi sento costanteil nostro corpo reagisce per capire come superare i propri blocmente inadeguata ed inferiore agli altri. e sviluppa dei sintomi. Una situazione di quechi e sperimentare nuove ambienti ritrovo a piangere per nulla. Ogni o persone, o non riuscire piùstrategie, allo sperim Ho perso anche molto peso a causa di uno scarsto genere, prolungata nel tempo, può creare i scopo di affrontare, in maniera efficace e con giorno e so appetitosento e le personedi che mipeggiorare vogliono bene presupposti per una depressione. uno spirito emotivo positivo, le relazioni affetincominciano a mostrare segni di preoccupaLa depressione e l’ansia spesso determinano tive e lavorative. aumenta dentro di me il senso di zione. Da una parte sento che la speranza mi comportamenti automatici negativi, come eviCara Debora, a questo punto è importante che sfiducia e mancanza autostima. ha abbandonato, dall’altra di ho voglia di tra- Mi tare ambienti o persone, o non riuscire più a Lei faccia un ulteriore passo e ascolti la sua voce sformare la mia vita e di liberarmi da questo svolgere attività quotidiane, oppure ridurre i che molte volte le avrà detto di fare qualsento costantemente inadeguata contatti ed e le relazioni amicali, così da sentirsi interna grigiore che mi opprime dentro. cosa per uscire da questa situazione problematiSecondo lei qualialtri. sono i motivi che mi hanno sempre più soli e insoddisfatti, entrando in un ca, e allora può vedere davanti a sé una nuova via inferiore agli portata a sentirmi così male? circolo che crea infelicità e frustrazione. di uscita, confidandosi con una persona prepaHoCome perso molto peso a causa posso anche uscire da questa sofferenza? Lei, Debora, è stata molto brava a dare ascolto rata ed esperta in queste problematiche. ringrazio per la appetito risposta. D. e le persone alle sue sensazioni e a ciò che le sta accadendo Tutti possiedono risorse per migliorare e di La uno scarso e soprattutto nell’accettare di mettersi alla risciogliere i propri blocchi; riconoscerli è il cheGentile mi vogliono bene incominciano a di un aiuto. Molti Debora, la ringrazio per la sua lettera e per cerca possono trovarsi nella quotidiane, primo passo. oppure scopo a svolgere attività avermi raccontato la sua storia. Credo sia molto sua stessa situazione e desiderano uscire dalla mostrare segni di preoccupazione. efficac ridurre i contatti e le relazioni importante che Lei abbia deciso di affrontare sofferenza al più presto. Da una parte sento che la speranza positiv amicali, così da sentirsi sempre più mi ha abbandonato, dall’altra ho lavora soli e insoddisfatti, entrando in un voglia di trasformare la mia vita e di Cara circolo che crea infelicità e liberarmi da questo grigiore che mi impor Per chi volesse contattare lafrustrazione. dottoressa Ornella Convertino: opprime dentro. SEDE: Monza-Lissone | TEL: 039.2301179 | ornella.convertino@libero.it www.studio-convertino-pellegrini.it passo Lei, Debora, è |stata molto brava a Secondo lei quali sono i motivi che molte dare ascolto alle sue sensazioni e a mi hanno portata a sentirmi così qualco ciò che le sta accadendo e soprattutto
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SPORTivamente
Monza e Brianza in movimento
L’obiettivo è la crescita delle nostre giovani atlete, a volte questo va a discapito dei risultati immediati, ma solo in questo modo, vale a dire giocando, loro possono fare esperienza e migliorarsi… Hai sempre giocato in Pro Victoria? No sono in Pro dalla stagione 2008-2009, prima giocavo a Desio. Pensi che il tuo futuro possa essere la pallavolo o vorresti fare altro “da grande” ? Il mio obiettivo è quello di arrivare più in alto possibile nella pallavolo anche se so che non sarà facile e ci vorrà tanto impegno e forza di volontà. Vorrei però anche riuscire a laurearmi in fisioterapia. Attualmente frequenta la terza superiore del liceo Scientifico sportivo di Carate Brianza.
VOLLEY, SEMPRE VOLLEY FORTISSIMAMENTE VOLLEY
di Luca Vanni
Nel panorama sportivo monzese la Pro Victoria Volley sta balzando alla cronaca per gli ottimi risultati della sua prima squadra femminile e della squadra Under 18. La Saugella Monza (nome della prima squadra) occupa le posizioni di vertice del campionato B1 e ha come obiettivo la promozione, mentre la Vero Volley (squadra Under 18) ha vinto il campionato provinciale del 2011 e una serie di importanti tornei. La squadra Under 18 è allenata da Michele Marchiaro, mister con un palmarès di tutto rispetto con all’attivo numerose vittorie: 3 scudetti di categoria, 3 scudetti Under 18 di Lega (campionato riservato alle squadre di serie A), oltre a una serie di campionati regionali, provinciali e di molti tornei. Per parlare del progetto (molto simile al progetto Cantera utilizzato nel mondo del calcio dal Barcellona) abbiamo intervistato Claudio Bianchi, direttore sportivo del Vero Volley. Quale è l’obiettivo della squadra? L’obiettivo è la crescita delle nostre giovani atlete, a volte questo va a discapito dei ri-
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sultati immediati, ma solo in questo modo, vale a dire giocando, loro possono fare esperienza e migliorarsi. Siamo comunque stati bravi a creare un gruppo forte che ci ha già regalato degli importanti successi. L’anno scorso abbiamo vinto il campionato provinciale, a settembre il torneo “Arianna” a Pavia e inoltre abbiamo vinto, poche settimane fa, il “Torneo Elder villaggio degli elfi” a Cantù. Attualmente abbiamo raggiunto la seconda fase del campionato regionale. La nostra squadra inoltre è iscritta al campionato di serie C dove occupiamo la sesta posizione. Considerando che l’età media della squadra è di 16,5 anni siamo molto contenti di quello che stanno facendo e dei risultati che stanno ottenendo. Lei crede di avere qualche giovane promessa? Penso proprio di si, però essendo ragazze molto giovani non voglio mettere troppe pressioni addosso indicando quali ritengo siano le migliori. Sono però convinto che con costanza e dedizione alcune di loro
avranno dinnanzi un importante futuro nella pallavolo. Anzi, se devo dirla tutta, non mi meraviglierei se qualcuna delle nostre ragazze riuscisse anche ad arrivare alla maglia azzurra. Nella Saugella Monza abbiamo inserito in pianta stabile alcune nostre giovani (Trevisan e Pozzoni della classe ‘95 e Pastrenger del ‘94) e quando la Saugella ha bisogno di giocatrici “pesca” dalla nostra Under 18 senza cercare nuove atlete altrove. Questo a dimostrazione della qualità delle ragazze. Abbiamo avuto l’opportunità di parlare anche con Dalila Quartarella, palleggiatrice dell’under 18, classe 1995. Da quando è nata la tua passione per questo sport? Da quando ero piccolissima ho provato a fare prima nuoto poi danza, però entrambe le discipline non facevano per me, poi all’età di 6 anni ho iniziato a praticare minivolley a scuola e ho subito capito che quello era lo sport che volevo continuare a fare.
Quale è il tuo risultato più importante finora ottenuto? Come squadra, sicuramente la vittoria del campionato provinciale del 2011, peccato solo che non siamo riuscite a vincere anche le “Final Four” regionali. Individualmente invece sono i due premi che tengo a casa in bella vista. Nel 2009 ho vinto il premio come Miglior Alzatrice al “Torneo delle province”, mentre qualche settimana fa ho ricevuto, al “Torneo Elder villaggio degli elfi”, quello come Miglior Palleggiatrice. Ne vado davvero orgogliosa e ogni volta, quando li vedo, mi ricordo che so voglio andare avanti e migliorarmi sempre di più, devo impegnarmi con costanza.
Non solo sport, ma anche cultura sportiva Il consorzio Vero Volley nasce il 9 settembre 2008 da un’idea della dottoressa Alessandra Marzari. Lo scopo del consorzio è stato quello di creare una rete organizzativa volta al supporto e all’affiancamento di società sportive nel campo della pallavolo. Attualmente fanno parte del consorzio otto società, che arrivano al rispettabile numero di settanta squadre (nelle diverse categorie): U.S. Pro Victoria Pallavolo Monza, Volley Milano, Pallavolo Avis Cernusco, Pallavolo Rondò Muggiò, Polisportiva Vedanese, Polisportiva di Nova, U.S.D. Viscontini Volley e Volley Brianza Est. Vero Volley si pone come punto di riferimento per le società che ne fanno parte gestendo le risorse economiche, il materiale, aiutando dove possibile la crescita di ogni singola realtà. Tutto questo è regolamentato da uno statuto che definisce gli obblighi e gli adempimenti degli iscritti nei confronti del consorzio.
Vero Volley fornisce anche corsi di aggiornamento professionale agli allenatori e dirigenti di ogni singola società, gestisce i diritti collettivi d’immagine, dei contratti di sponsorizzazione e dei diritti audiovisivi. Il consorzio inoltre ha iniziato un progetto di cultura sportiva con alcune Università. Per esempio all’Università degli studi di Milano è in atto un progetto con lo scopo di cercare nuove tecnologie di biomeccanica da applicare alla pallavolo. Lezioni di “Coaching dell’età evolutiva” per quanto riguarda l’Università di Torino e corsi per “L’educazione dei giovani in un gruppo” nell’Università di Bologna. Il Vero Volley di anno in anno sta crescendo e migliorando, attualmente conta 2000 atleti tesserati, 70 allenatori, 180 dirigenti. Una realtà davvero importante per lo sport della Brianza.
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Alcuni sono più bonus degli altri di Juri Casati
H
o affrontato la lettura dei centotrenta articoli che compongono le Condizioni Generali di trasporto di Trenord. Non li ho letti per un mio sghiribizzo personale, ma li ho letti come si legge la Bibbia, cioè alla ricerca di risposte. E devo essere sincero: di risposte ne ho trovate; ne ho trovate a bizzeffe; ne ho trovate per domande che non avevo posto, finché, quasi per caso, non ho trovato la risposta che cercavo. Cosa stavo cercando? Io cercavo una risposta in merito ad un mistero che interessa i pendolari della linea Monza-
i pendolari monzesi non sono gli unici esclusi dal diritto al bonus, ma godono della compagnia dei pendolari di Rho, Saronno e Pioltello. Quali peccati abbiano commesso i pendolari di queste tre città per meritarsi questa penitenza è presto detto. Cito ancora le sacre Condizioni Generali di trasporto di Trenord che solennemente prescrivono quanto segue: «Sono esclusi gli abbonati i cui viaggi hanno origine e destinazione entro le seguenti tratte [e qui segue la lista di città maledette tra cui c’è Monza, ndr], sulle quali è presente un elevato livello di servi-
Io cercavo una risposta in merito ad un mistero che interessa i pendolari della linea Monza-Milano, e cioè il motivo per cui essi non abbiano diritto – come tutti gli altri pendolari lombardi – al bonus… Milano, e cioè il motivo per cui essi non abbiano diritto – come tutti gli altri pendolari lombardi – al bonus, cioè a quel parziale indennizzo della spesa sostenuta per acquistare l’abbonamento. L’indennizzo viene riconosciuto «nei casi in cui non sia rispettato lo standard di qualità del servizio previsto, secondo un indicatore concordato e definito all’interno del Contratto di Servizio». Come vi dicevo, ho trovato la risposta, anche se non piacerà a tutti. Innanzitutto vi confermo che chi prende il treno a Monza per andare a Milano effettivamente non ha diritto, anche in caso di continui ritardi, al parziale rimborso dell’abbonamento. Ho scoperto però una curiosità:
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zio lungo tutto l’arco della giornata». In pratica, secondo Trenord, ci sarebbe da ringraziare, altro che chiedere il bonus! Guardiamo al lato positivo: almeno abbiamo capito una volta per tutte qual è la logica di Trenord. Mi permetto di riassumerla: a Monza passano treni diretti a Milano con una frequenza superiore rispetto alla frequenza di passaggio che si ha nelle stazioni più lontane da Milano dove, se salta una corsa, bisogna aspettare un’ora per la corsa successiva. Pertanto l’eventuale ritardo di un treno in arrivo a Monza non provoca alcun disagio. Infatti ne passerà comunque un altro a breve che, anche se è diretto ad una
stazione finale che era non proprio quella voluta dal viaggiatore, nondimeno si avvicinerà in qualche modo alla meta. Trenord però a questo punto dovrebbe aiutarci a capire il motivo per cui i pendolari monzesi, nonostante l’«alta frequenza garantita» sulla linea tale da rendere superfluo il riconoscimento dei bonus, non sempre riescano ad arrivare in orario a lavoro. Mistero. Attenzione però: anche i pendolari che hanno diritto al bonus, ne hanno diritto secondo una logica contorta. Mi spiego meglio: l’importo del bonus viene calcolato secondo un indicatore concordato e definito nel Contratto di Servizio che Trenord ha stipulato con la Regione Lombardia. Il calcolo dell’indice di affidabilità – superata una certa soglia del quale scatta il bonus – però considera i ritardi e le soppressioni di tutti i treni di una data direttrice, avvenute in tutte le ore della giornata, per tutti i giorni della settimana e nell’arco di un mese. Capite tutti facilmente dove stia il problema: questo metodo di calcolo appare teoricamente corretto perché prende in considerazione tutti i treni a tutte le ore, ma in realtà diluisce la portata dei ritardi veri e propri perché la gran parte degli abbonamenti (sui quali poi viene applicato il bonus) viene utilizzata nelle ore di punta dei giorni lavorativi – quando di solito si registrano i ritardi più gravi e sicuramente i ritardi che coinvolgono il maggior numero degli abbonati – e non, per esempio, di pomeriggio, di notte o alle 11:00 della domenica, quando i ritardi sono meno frequenti. In pratica il calcolo dell’indice di affidabilità mette tutti i treni nello stesso calderone senza «pesarli». Insomma: c’è chi non ha per niente diritto al bonus e chi, tutti gli altri, ne ha un diritto annacquato. È proprio vero: se Atene piange, Sparta però non ride.
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ncontriamo la Dott.ssa Gambuto Francesca, igienista dentale, e il Dott. Alessandro Nembri, odontostomatologo e direttore sanitario della struttura che ci espongono nel dettaglio alcune attività dell’ambulatorio. La riabilitazione implanto protesica viene effettuata dal Dott. Sala che ha perfezionato i suoi studi a Goteborg, in Svezia, culla dell’im-
plantologia mondiale. Per questo tipo di intervento è possibile usufruire del supporto di un anestesista effettuando in questo modo un intervento in sedazione cosciente (cioè un anestesia in cui il paziente è monitorato dallo specialista ma risulta sempre vigile) direttamente presso l’ambulatorio. Questo permette al paziente più ansioso e timoroso di affrontare l’intervento con uno stato d’animo più tranquillo.
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Dir. San. Dott. Alessandro Nembri Spec. in Odontostomatologia Dott. Sala Davide Odontoriatra Perf. in Implantologia e Parodontologia
Si riceve su appuntamento Via Don Mezzera 5/7, 20834 Nova Milanese (MB) Tel e Fax 0362 44613 info@studiodentitalia.it - www.studiodentitalia.it
Una particolare attenzione è dedicata al pre e post trattamento, e dunque al fondamentale ruolo dell’igienista dentale che prende in consegna il paziente, lo tiene sotto controllo e cosa ancora più importante lo educa alla pratica di una corretta igiene orale, requisito fondamentale per il mantenimento della salute della bocca. È essenziale prima del trattamento rendere consapevole il paziente su ciò che andrà ad affrontare ed istruirlo sulle pratiche di igiene orale quotidiane che dovrà effettuare sia prima che dopo la riabilitazione. È altresì importante non dimenticare che la terapia di mantenimento quotidiana deve essere rigorosa e costante negli anni affinchè non insorgano patologie come mucositi (infiammazioni reversibili dei tessuti molli che circondano l’impianto) che trascurate possono portare alla ben più grave perimplantite(infiammazione che può compromettere la stabilità e la durata dell’impianto). Se quindi per un paziente non chirurgico (senza impianti), i richiami sono effettuati con scadenza semestrale, per un soggetto che ha subito una riabilitazione implanto protesica verrà invece stabilito un piano di incontri necessariamente più fitto stabilito secondo le necessità cliniche del singolo paziente. La pedodonzia (odontoiatria pediatrica) e l’ortodonzia, sono affidate alla professionalità di due dottoresse che si occupano dei problemi relativi all’odontoiatria infantile. I bambini sono pazienti con esigenze diverse rispetto agli adulti, infatti richiedono tatto e sensibilità, dall’accoglienza in studio sino al momento della visita e dell’eventuale trattamento. A tal proposito, è importante sottolineare come lo studio sia organizzato a ricevere i bambini in determinati giorni della settimana: in questo modo non hanno occasione di incontrare pazienti adulti magari affetti da patologie più serie tali da intimorirli rispetto a ciò che stanno per affrontare. Nelle giornate dedicate alla pedodonzia, gli spazi della sala d’attesa vengono riorganizzati per l’accoglienza dei piccoli pazienti affinché possano distrarsi colorando o giocando insieme in modo che l’attesa non si trasformi in un occasione di angoscia per loro e per i genitori che li accompagnano.
Raccontiamoci
libri, racconti, scrittura e poesia
IL TEPPISTA Trent’anni maledetti a Milano di Giorgio Specchia Casa editrice Indiscreto 160 pagine 12€ (e-book: 5€) www.ilteppista.com
Un estratto dal libro di Giorgio Specchia Venduto mai
N
on mi sono mai venduto a nessuno, soprattutto a un giornalista. Però un libro, anzi un romanzo, sulla mia vita ci voleva. Perché? Prima di tutto perché sugli ultras ho letto sempre e solo cazzate, scritte da chi gli ultras non li conosce. Come se a me facessero commentare un concerto della Scala o scrivere un editoriale sul debito pubblico. Sulle curve, invece, sdottorano sempre quelli che non possono sapere niente di noi: sociologi, giornalisti, persino scrittori che scoprono il
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calcio solo dopo un episodio di cronaca nera. Tutta gente, quella lì, che vive su pianeti diversi dal mio e pretende di farmi la morale. Giorgio invece questa storia l’ha vissuta, ha fondato insieme a me e a tanti altri ragazzi un gruppo allo stadio e per parecchi anni abbiamo condiviso gioie e lutti. La gioia di sentirsi tra amici, senza invidie, ogni volta che ci incontravamo allo stadio e fuori. E la gioia di vivere a mille all’ora, di collaudare il nostro corpo giovane contro altri corpi giovani. Ma
anche i lutti, troppi. Molti dei ragazzi che sono citati in questa storia non ci sono più, portati via da droga, incidenti stradali, malattie infami. Sempre sommersi, anche da morti, dalla merda che ci gettano addosso. Ma nella merda spesso ci sono caduti anche loro, i politici e gran parte della stampa. Comunque non mi sento superiore a loro, come invece si sentono quei tipi lì rispetto a noi. Oh, non prendetemi per presuntuoso o montato. La mia è una storia come tante altre. Tutti nella vita abbiamo qualcosa da scrivere su noi stessi. Tutti. Basta saperla raccontare, questa storia. E magari, come ha fatto Giorgio, romanzarla. Però alla fine mi ha convinto a dirgli di sì. Non ho voluto scriverla io, queste faticose righe di prefazione mi sembrano sufficienti. E nemmeno ho voluto che Giorgio scrivesse per conto mio o, peggio ancora, con me a dirgli cosa mettere o non mettere in queste pagine. Lui è l’autore e io sono il protagonista, i ruoli sono chiari. E’ giusto che la gente capisca chi siamo veramente noi ultras, ma di sicuro questo non è uno dei mille libri sugli ultras. Anzi, il calcio e ciò che gli gira intorno sono solo una piccola parte di una storia che racconta tre decenni di Milano, di Italia e di ragazzi senza troppe prospettive. Gli Ottanta delle bande giovanili e della Milano da bere sono il decennio più interessante, ma anche i Novanta e gli Zero sono pieni di vicende mai davvero raccontate da chi le ha vissute. Chi è nato nella seconda metà dei Sessanta o nella prima dei Settanta potrà magari identificarsi in qualche personaggio, in un certo senso questo è un libro generazionale. Sappiate però che non tutti quelli della mia generazione sono come me. Io mi sono solo spinto un po’ più in là. E, per questo, l’ho pagata con le dodici foglie d’edera tatuate sul mio braccio sinistro. Una per ogni anno di galera davvero scontato. Se non fossi andato in curva forse queste foglie sarebbero state di più... In questo libro ci sono una Milano e un’Italia lontane dai luoghi comuni, anche da quelli sulla criminalità. E proprio per questo
poco conosciute, perché la gente non si rende conto di quanto ambienti all‘apparenza lontanissimi siano in realtà collegati. La finanza, la politica, lo spettacolo, il calcio, la criminalità più o meno organizzata, la cultura, eccetera: un mondo parallelo che prende per il culo tutti voi, un mondo che per una serie di circostanze ha permesso a un ragazzo di strada come me di dare del tu a personaggi noti in tutto il pianeta. In carcere il tempo per leggere non mi è mancato e devo dire che mai ho trovato qualcosa di interessante sulle periferie e su realtà ai confini di tutto, dove sbagliare è più facile che fare la cosa giusta. Sempre ammesso che una cosa giusta esista. Di solito il giornalista o il sociologo della situazione alternano il loro moralismo a una sorta di passione per i dettagli più violenti e squallidi, senza nemmeno provare a capire che dietro a ogni persona c’è una vita. Magari senza speranze, ma pur sempre una vita. Non sono un critico letterario, come si sarà intuito, quindi non so come classificare questo libro a metà fra storia e romanzo. Forse non è tutto vero quello che leggerete nelle prossime pagine, trovo giusto lasciare il dubbio. Come non è vero, d’altronde, tutto quello che leggete sui giornali sulle pagine di cronaca. Sì, magari è vero che quel tale ha sparato a quell’altro, per la storiella basta copiare i comunicati della polizia. Più difficile è capire il perché, visto che la maggior parte delle disgrazie accade solo perché…accade. Tutto è assurdo e senza senso, chi ha vissuto senza protezioni se ne può rendere conto meglio degli altri. Il problema è che loro pensano di fare cronaca e anche di educare i lettori come se fossero bambini. Questo è bene, questo è male, quel tale è rispettabile, quell’altro no. Invece... Cazzate. Cazzate e solo cazzate. Per evitare equivoci concludo dicendo che non sono certo uno da imitare, anche perché a fare le spese di tante prodezze sono quasi sempre stati mia moglie e i miei figli. Sono partito da Quarto Oggiaro e arrivato non so dove, rischiando più volte di morire lungo il percorso. Non sono una vittima del sistema, non sono un eroe, non cerco approvazione ideologica. Però posso guardarmi allo specchio senza provare vergogna. Non è poco. Nino Ciccarelli 2. A ROMA CON IL LAMIERONE Gli occhi dei due ragazzini si spalancano di fronte a San Siro, il gigante di cemento armato finora visto solo in tv. In realtà Nino e Gianni i soldi li hanno già spesi, ma l’idea di entrare per la prima volta nello stadio è diventata una sfida da vincere.
- Guarda Gianni, c’è un punto dove la cancellata è vicina alla rampa che porta ai popolari. Se mi fai la scaletta, ci arrivo su facilmente, poi ti tiro io. Nino e Gianni nell’arco di trenta secondi completano il piano. E scappano, verso l’alto. I carabinieri, dal basso, osservano la scena e li lasciano correre... Manca mezz’ora all’inizio della partita e lo stadio è già pieno. Il settore più colorato e vivace attira i due ragazzini. Ci sono tre striscioni: Boys, Ultras, Savage. Dietro quei lunghissimi tessuti nerazzurri attaccati alla balaustra è appesa una decina di tamburi: sembrano quasi dare il ritmo ai ragazzi che, pagina dopo pagina, distruggono le guide del telefono per farne dei coriandoli. - Dai, dateci una mano anche voi due. E si comincia. Una, due, tre domeniche. Sempre allo stesso posto, con le facce che presto diventano quelle degli amici della domenica. E poi anche del mercoledì, con le riunioni al Cium Cium, un bar in zona Città Studi. I più attivi del gruppo, tra una birra e l’altra, raccolgono i nominativi per la prossima trasferta. In genere si riempiono tre o quattro pullman, ma si può arrivare anche a otto, dieci o addirittura dodici per Verona, Genova, Torino. C’è però un viaggio che, per qualche anno, non viene nemmeno preso in considerazione. A Roma non si va. Perché la resa dei conti c’è già stata qualche anno prima a Milano: ventitre accoltellati, compreso il capo dei CUCS (Commando Ultrà Curva Sud) giallorossi. Nino, Gianni e i loro nuovi amici per la prima volta alzano la voce. - Noi ci andiamo. Giorgio gira per il bar con un blocchetto e raccoglie i nomi. Venti sono già scritti a penna da qualche settimana, se ne aggiungono altri cinque da Monza, altri cinque dei Boys e poi un’altra ventina. Fatto: cinquanta! Il pullman si può prenotare. 22 febbraio 1987: il lamierone parte, in piena notte, dalla Stazione Centrale. L’ultimo ad aggregarsi è Occhiolino, così chiamato a causa dello strabismo: uno che alla stazione ci vive. C’è un posto libero che avanza e il viaggio è offerto dalla Nord. Occhiolino ovviamente accetta, ma fa ritardare la partenza di qualche minuto perché deve prima risolvere una questione con un altro residente del luogo. Estrae dalla giacca un coltellaccio da sub e, nonostante abbia superato i quaranta da un pezzo, insegue a grandi falcate il rivale tra gli eterni cantieri del piazzale. Per
avere un angolo di visuale da persona normale è costretto a correre con la testa spostata di quarantacinque gradi verso sinistra. Dopo qualche minuto, Occhiolino torna al pullman con il coltello sporco di sangue e lo getta in un tombino. Il viaggio verso Roma può finalmente iniziare. Le tappe sono scandite dagli autogrill. In uno di questi viene presa anche una bottiglia d’olio d’oliva extravergine, offerta ad Occhiolino come whisky. - Bbono ‘sto uischio. Un gesto scellerato, visto che dopo un’ora il pullman puzza come un letamaio. Altra furbata dei ragazzi: passare una canna all’autista, un simpatico milanesone sulla cinquantina che a un certo punto imbocca la terza corsia e urla. - Uè, me tira l’usèl! Il viaggio scorre via veloce con Fullegan che al microfono imita il tacchino e con la musica dei Timex Social Club: “How do rumors get started, They’re started by the jealous people, And they get mad about somethin’ they had...”. Al casello di Roma c’è la polizia. Tutti in caserma. Tutti identificati e cinquanta coltelli sequestrati. - Adesso - dice il commissario - vi accompagniamo noi allo stadio. Il gruppo arriva all’Olimpico proprio all’inizio della partita con lo striscione tenuto su a mano, giusto per farsi vedere. Di là, quelli della Curva Sud capiscono... La Roma vince 1-0 con un gol del danese Klaus Berggreen. L’altro straniero dei giallorossi è il polacco Zibì Boniek. I due assi esteri dell’Inter sono l’argentino Daniel Passarella e il tedesco Karl Heinz Rummenigge, assente per infortunio a Roma e sostituito da Oliviero Garlini. I nerazzurri di Trapattoni escono dal campo a testa bassa. Nella bolgia non sentono nemmeno i cinquanta della Nord, la cui sfida con gli ultras romanisti inizia adesso. All’uscita il pullman viene distrutto, sassi ovunque. Tutti giù, per salvare le facce. Il gruppo è a mani nude, non ha coltelli ma nemmeno paura. Mentre una sassata fracassa l’ultimo finestrino rimasto intero, Nino e gli altri si guardano in faccia e scoppiano a ridere. - Avete visto? Venire a Roma è stata una cazzata.
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DAl COMUNE
Assessorato al Turismo e spettacolo
Assessorato al Turismo e spettacolo
il comune segnala
Un progetto promosso e coordinato dalla Provincia di Monza e della Brianza
ENTI PATROCINANTI
da un’idea dei Comuni di
ENTI PATROCINANTI Assessorato
Comune di Villasanta
al Turismo e spettacolo
PARTNER
Assessorato al Turismo e spettacolo
Assessorato alla Cultura
assessorato alla Cultura
PARTNER
in collaborazione coi Comuni di Monza, Arcore, Brugherio, Cesano Maderno, Giussano, Lissone, Nova Milanese, Villasanta, Vimercate
MEDIA PARTNER
direzione scientifica Prof. Michele Di Francesco Preside Facoltà di Filosofia - Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
MEDIA PARTNER
BUSES AND TRAINS TO AUTODROME IF YOU ARRIVE BY TRAIN From Milano Centrale and Porta Garibaldi:
Friday 9 TO and AUTODROME Saturday 10: train to Monza + black line to the Autodrome; AND TRAINS 11 Sunday only from Milano Centrale train station to free up Biassono-LesmahagowRRIVEonly BY TRAIN
Circuit, in 30 minutes arrive at only 50 meters from the Lesmo curves (see train schedules).
ano Centrale and Porta Garibaldi: From Monza Railway Station (Gate Porta Castello): nd Saturday train to Monza blackSunday line to 11th: the Autodrome; Friday10: 9th, Saturday 10th+ and BLACK LINE free shuttle bus no-stop to unday only Milano Centrale train Gate station to free up Biassono-LesmahagowVialefrom Cavriga/RAI (Autodrome Vedano). 30 minutes arrive at only 50 meters from the Lesmo curves (see train schedules).
IF YOU ARRIVE BY CAR
za Railway Station (Gate Porta Castello): , Saturday 10th and Sunday 11th: BLACK LINE free shuttle bus no-stop to and ride. ga/RAIPark (Autodrome Gate Vedano).
WARNING: it’s not allowed to drive in the Monza park! Leave your car in P+Bus
RRIVEParkings BY CAR or in external Parkings near Biassono. Friday 9th, Saturday 10th and Sunday
11th: from toll parkings leave free shuttle buses. The ticket of the shuttle bus is ride. 3 Euro if you haven’t the parking ticket: G: it’s not allowed to drive in the Monza park! Leave your car in P+Bus BLUE LINE: Park +near Shuttle 15 EuroFriday (only Shuttle 3 Euro round trip)Sunday or in external Parkings Biassono. 9th, Saturday 10th and P Monza leave Stadio-Shuttle-Park / Autodrome GateofMirabello m toll parkings free shuttle buses. The ticket the shuttle bus is GREENthe LINE*: Parkticket: + Shuttle 20 Euro (only Shuttle 3 Euro round trip) you haven’t parking P Monza Rondò-Shuttle-Park / Autodrome Gate Mirabello
on Friday E: Park*Not + Shuttle 15 Euro (only Shuttle 3 Euro round trip) Stadio-Shuttle-Park / Autodrome Gate Mirabello NE*: Park + Shuttle 20 Euro (only Shuttle 3 Euro round REQUIRED): trip) OTHER PUBLIC TRANSPORTATION (TICKET Rondò-Shuttle-Park / Autodrome Gate Mirabello
riday Bus Brianza Transports line z204 from Corso Milano in Monza to Vedano
UBLICBus TRANSPORTATION Brianza Transports(TICKET line z221REQUIRED): from Corso Milano in Monza to Carate (bus stop: Biassono Santa Maria delle Selve).
za Transports z204 from Corso Milano infrom Monza to Vedano Train toline Biassono-Lesmo-Autodrome Sesto S.G. railway and underground (MM1) station and Monza Station (Friday and Saturday only, Sunday it runs from Milan). za Transports line z221 from Corso Milano in Monza to Carate : Biassono Santa delle Selve). Metro link Maria MM2 Porta Garibaldi Station Milan Central Station.
assono-Lesmo-Autodrome from Sesto S.G. railway and underground (MM1) d Monza Station (Friday and Saturday only, Sunday it runs from Milan).
BUSSE UND ZUGE ZUM AUTODROME WENN SIE MIT DEM ZUG ANKJOMMEN
MM2 Porta Garibaldi Station Milan Central Station. Von Milano Centrale und der Porta Garibaldi:
I CONCERTI A MONZA 2012 Diciottesima edizione
UND ZUGE ZUM dem AUTODROME Am Freitag 9 und Samstag dem 10: Zug nach Monza + schwarze Linie auf der nur 11 Sonntag nur von Milano Centrale Bahnhof zum free Biassono-LesmoE MIT Autodrome; DEM ZUG ANKJOMMEN
Circuit, in 30 Minuten zu erreichen und nur 50 Meter von der LesmoKurven (siehe Fahrplan).
o Centrale und der Porta(Ausgang Garibaldi:Porta Castello): Ab Monza Bahnof g dem 9Ab und Samstag Zug nach + schwarzeLINIE Liniekostenlose auf der Busfahrt zum Freitag demdem 9 bis10: Sonntag demMonza 11: SCHWARZE e; nur 11 Sonntag nur von Milano Centrale Bahnhof zum free Biassono-LesmoCavriga/RAI (Vedano Tor vom Autodrome). 30 Minuten zu erreichen und nur 50 Meter von der LesmoKurven (siehe Fahrplan).
WENN SIE MIT DEM AUTO ANKOMMEN
Bahnof (Ausgang Porta Castello): dem 9 bis Sonntag dem 11: SCHWARZE LINIE kostenlose Busfahrt zum Paken AI (Vedano Torund vomlaufen. Autodrome). ACHTUNG: Im Park ist das Autofahren verboten! Parken Sie bitte Ihren Wagen den Parkplätzen P+Bus oder auf denen des Autodroms in Biassono. E MIT auf DEM AUTO ANKOMMEN Ab Freitag dem 9 bis Sonntag dem 11: fahren freie Busse von den Parkplätzen:
d laufen.BLAUE LINIE: Park + Busse 15 Euro (einzig Shuttle 3 Euro rundreise) : Im Park ist dasStadio Autofahren Parken Sie bitte P Monza Park /verboten! Autodrome Mirabello Tor Ihren Wagen arkplätzen P+BusLINIE*: oder auf denen des Autodroms in Biassono. GRUENE Park + Shuttle 20 Euro (einzig Shuttle 3 Euro rundreise) dem 9Pbis Sonntag demPark 11: /fahren freie Busse von Tor den Parkplätzen: Monza Rondò Autodrome Mirabello
La rassegna di musica da camera “I Concerti a Monza” è ormai giunta alla XVIII edizione e si presenta come un appuntamento consueto e ormai tradizionale in città.
*Nicht Freitag NIE: Park + Busse 15 Euro (einzig Shuttle 3 Euro rundreise) Stadio Park / Autodrome Mirabello Tor LINIE*:SIE ParkKÖNNEN + Shuttle AUCH 20 EuroMIT (einzig Shuttle 3 Euro rundreise) DEN GEWÖHNLICHEN ÖFFENTLICHEN Rondò Park / Autodrome Mirabello Tor
VERKEHRSMITTEL FAHREN (FAHRPREIS IST ZU ZAHLEN):
La proposta certamente non deluderà le aspettative di un pubblico sempre più affe(auf der Haltestelle Biassono Santa Maria delle Selve aussteigen). zionato e numeroso, e sarà in grado di rianza Verkehrsmittel linie z204 ab Corso Milano ab (Monza) Zug FS zum BiassonoLesmoAutodrome Sesto zum S.G. Vedano Bahnof MM1 und ab Monza Bahnof (nur Freitag und Samstag - am Sonntag direkt ab Mailand degli appassionati spondere sia alle esigenze anza Verkehrsmittel linie z221 ab Corso Milano richtung Carate altestelle Biassono SantaPorta delle Selve aussteigen). MM2 U-Bahnhof GaribaldiBahnhof Milano Centrale Link. sia diMariaquanti desiderano accostarsi per la prim BiassonoLesmoAutodrome ab Sesto S.G. Bahnof MM1 und ab hnof (nur Freitagma und Samstag - am Sonntag ab Mailand classica. volta alladirekt musica
eitag
PROGRAMMA 5 febbraio 2012 Paolo Oreni (organo)
ahnhof Porta GaribaldiBahnhof Milano Centrale Link.
«La rassegna “I concerti a Monza” - afferma l’Assessore alla Cultura Alfonso Di Lio - amplia l’articolata offerta musicale dell’Assessorato per la cittadinanza e propone giovani esecutori affermati in alcuni dei maggiori concorsi internazionali. Un doveroso riconoscimento va alla direzione artistica che nella scelta delle proposte conferma ancora una volta competenza e passione nell’ambito della musica classica».
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3 Febbraio 2012
2 Marzo 2012
23 Marzo 2012
MAssiMo MARAssi
ViTToRio PossenTi
edoARdo boncinelli
Monza - Teatro Manzoni Via Manzoni, 23
Giussano – Sala Consiliare Piazzale Aldo Moro, 1
Villasanta – Teatro Astrolabio - Via Mameli, 8
10 Febbraio 2012
6 Marzo 2012
30 Marzo 2012
eMAnuele seVeRino
elio fRAnZini
fRAncA d’AgosTini
Cesano Maderno – Teatro Excelsior Via S. Carlo, 20
Brugherio – Teatro S. Giuseppe Via Italia, 76
Vimercate – Centro Omnicomprensivo Via Adda, 6
15 Febbraio 2012
9 Marzo 2012
lAuRA boellA
sAlVAToRe nAToli
La colpa e il suo fantasma
Busse Brianza Verkehrsmittel linie z204 ab Corso Milano (Monza) zum Vedano
NEN AUCH MIT DEN GEWÖHNLICHEN ÖFFENTLICHEN RSMITTEL (FAHRPREIS IST ZAHLEN): BusseFAHREN Brianza Verkehrsmittel linieZU z221 ab Corso Milano richtung Carate
Riflessioni sull’oggi nell’incontro con grandi filosofi
19 febbraio 2012 Michael Flaksman (violoncello) Konstantin Bogino (pianoforte)
15 aprile 2012 Trio Rospigliosi (flauto, chitarra, pianoforte) 6 maggio 2012 Leonel Morales (pianoforte) Per tutti i concerti è prevista un’introduzione critica di Marco Moiraghi
4 marzo 2012 Claudia Grimaz (soprano) Andrea Rucli (pianoforte)
Biglietto d’ingresso € 3,00 / Abbonamento per l’intera rassegna (8 concerti): € 20,00
18 marzo 2012 Ippazio Ponzetta (pianoforte)
Organizzazione Amici della Musica - Monza
1° aprile 2012 Fiorella Andriani (flauto traversiere) Giorgio Dellarole (fisarmonica)
Info e prenotazioni 340.59.46.486 amicidellamusica.monza@gmail.com
L’errore e l’errare
Agire, errare, perdonare Arcore - Teatro Nuovo Via S. Gregorio, 25
Errore, colpa e pentimento
Errore, arte e immaginazione
Il falso tra errore e inganno
Per prova ed errore: campi d’esperienza e pratiche di conoscenza Lissone – Palazzo Terragni Piazza Libertà
23 Febbraio 2012
16 marzo 2012
MAssiMo cAcciARi
giulio gioRello
Monza – Teatro Manzoni Via Manzoni, 23
Nova Milanese – Auditorium Comunale Via Giussani, 3
Storia ed errore
L’errore generatore di vita
La libertà di errare
Programma dettagliato su: www.provincia.mb.it
ingResso libeRo
ore 21
fino ad esaurimento posti
cosa succede in città eventi in giro per la brianza
MONZA Le immagini della Fantasia 2012 Dal 18 febbraio al 18 marzo 2012 In occasione del 63° anniversario della Dichiarazione dei Diritti Umani, la UPF Universal Peace Federation e l'Associazione per l'Amicizia Italia Birmania, in collaborazione con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Monza, presenta: L’immagine coordinata scelta per presentare la 29°edizione della mostra “Le immagini della fantasia” è dell’illustratrice Simona Mulazzani e raffigura un principe indiano al di sotto di un baldacchino, seduto sulla groppa di un elefante. La mostra, dal 1996, è un appuntamento annuale molto atteso ed importante. L’esposizione comprende: una selezione di 36 artisti che presentano le loro piu recenti pubblicazioni; due sezioni speciali: una dedicata ad un ospite d’onore, Linda Wolfsgruber; l’altra dedicata alla sezione fiabe dal mondo “Il Grande Albero delle Rinascite, fiabe delle Terre d’India”, con opere realizzate da 50 illustratori e 50 allievi della Scuola Internazionale d’Illustrazione di Sarmede. Teatro Manzoni, Monza Via Manzoni, 23 sabato 4, domenica 5 febbraio 2012 PIRATES il musical con Luisa Corna regia Maurizio Colombi sabato 25 febbraio 2012 Un americano a Parigi Compagnia Nazionale Raffaele Paganini e Compagna Almatanz con Raffaele Paganini
Teatro Binario 7 Via Turati 8 11-12 febbraio Elettra. Biografia di una persona comune con Sara Borsarelli e Nicola Russo - drammaturgia e regia Nicola Russo “Elettra” affronta la vita di una donna che non si è lasciata abbattere dalle difficoltà e che ora, a 83 anni, racconta la sua verità. Ex ballerina, subrettina e attrice di avanspettacolo. Una vicenda drammatica raccontata con ironia e delicatezza, il riscatto da un’infanzia segnata dalla morte e dalle maledizioni, una vita dedicata alle luci della ribalta, con coraggio e incoscienza, ma soprattutto col sogno, potente, del teatro. Una scena vuota, solo due attori a incarnare emozioni, personaggi e a rendere la scissione di una vita, divisa tra dura realtà e magia della ribalta 10 -11 marzo Il giardino dei ciliegi di Anton Cechov con G.Bacchetta, C.Boschetti, M.Barbato, L.Chieregato, C.Orlandini, M.Paioni - regia di Claudio Orlandini Comteatro sceglie di affrontare questo
capolavoro,a più di cento anni dalla morte dell’autore, nel tentativo di renderlo possibile ancora oggi. Lo spettatore viene immerso all’interno della casa, del giardino, a pochi passi da coloro che raccontano la tragedia. Presto lo spettacolo abbandona il piano della realtà per diventare baluardo dell’infanzia perduta, angolo dei giochi, luogo della memoria e della sospensione. I personaggi attraversano la scena con la leggerezza che li contraddistingue e che svela lentamente le inquietudini che ognuno di loro nasconde sotto la pelle BRUGHERIO Lucignolo Cafè L’evento inizierà il 18 febbraio 2012 Al Lucignolo Cafè le serate si arricchiscono di Sapori Letterari Luciana Limone presenterà alcune sue originali realizzazioni ed illustrerà il laboratorio di scrittura creativa gastronomica in programma dal 18 febbraio al 24 marzo 2012. In tutto sei incontri “golosi” - che si terranno ogni sabato alle ore 15 al Lucignolo Café - per apprendere come coniugare piacevolmente sapori e saperi. Poiché la disponibilità di posti limitata, si raccomanda di rivolgersi al più presto per informazioni ed iscrizioni ai numeri 0395251261 – 349 3047796. CESANO MADERNO ALL’OASI LIPU via Don Orione 43, Cesano Maderno (MB)
mercoledi’ 8 febbraio 2012 – centro a.langer “Suolo bene comune” Mercoledì 8 Febbraio 2012 alle ore 21.00 presso il Centro A.Langer, verrà proiettato il videodocumentario del regista Marco Tessaro “Tra agricoltura e biodiversità nel Parco Agricolo Sud di Milano” riguardante il forte consumo di suolo che oggi preme attorno alla metropoli milanese. Alcune aziende agricole del Parco Sud stanno tentando innovative forme di resistenza contro la bulimica fame di suolo delle città e una battaglia contro i processi agricoli che non tengono conto degli equilibri naturali: un’ agricoltura attenta alla salvaguardia biodiversità e con una forte connessione al contesto locale. La serata, ad ingresso libero, vedrà l’intervento di Paolo Pileri, professore associato di pianificazione territoriale ed ambientale al Politecnico di Milano. L’iniziativa rientra nel calendario degli eventi di “Vivere insieme: 6 associazioni per 1 percorso comune” organizzati con il contributo di “LIBERA, associazioni, nomi e numeri contro la mafia”, in collaborazione con Oasi Lipu Cesano Maderno, l’Associazione Consenso, il Circolo Culturale Don Bosco, Magister Ludi, Noi per Cesano e la Cooperativa Le Stelle. Teatro Excelsior via San Carlo 20 9 Febbraio 2012 Romeo e Giulietta di W. Shakespeare su traduzione di Salvatore Quasimodo con Maria Pilar Pèrez, Mattia Fabris, Arianna Scommegna, Sandra Zoccolan, Chiara Stoppa, Stefano Orlandi; regia Serena Sinigaglia; scene Maria Spazzi; costumi Maria Spazzi, Luisa Raimondi; Una produzione Atir Romeo e Giulietta: uno Shakespeare di travolgente carica vitale, una danza esplosiva di pianto e divertimento. Il Romeo e Giulietta di Shakespeare possiede un ritmo travolgente, è una tragicommedia che si fonde nel gioco sprigionando una carica vitale irrefrenabile. E proprio questa danza esplosiva di pianto e divertimento ha appassionato la regista Serena Sinigaglia nella costruzione dello spettacolo per Atir NOVA MILANESE Se il tempo fosse un gambero Venerdì 3 febbraio 2012 alle ore 21:00 presso l’Auditorium Comunale di Piazza Gio.I.A. Se il tempo fosse un gambero (I Saltafoss) commedia musicale di Garinei e Giovannini; sceneggiatura di Iaia Fiastri e Bernardo Zapponi; musiche di Armando Trovajoli - Ingresso € 8,00 con abbonamento OPEN TEATRO.
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Cultura La meccanica degli antichi. Un (divertente) percorso per tutti al Circolo Numismatico
Commedia musicale scritta da Iaia Fiastri e Bernardino Zapponi nel 1986 e diretta da Pietro Garinei. Mostra Colori e Sapori Dal 21 Gennaio al 6 Maggio Colori e sapori delle Etnie presenti sul territorio novese promosso dall’Associazione Culturale Impronte in collaborazione con il Forum Cittadino dell’Ecomuseo del Territorio di Nova Milanese nel Parco del Grugnotorto Villoresi, con il patrocinio delle Amministrazioni comunali di Nova Milanese e Palagenello ed il sostegno della Banca Mediolanum. Il progetto prevede tre mostre di artisti contemporanei in Villa Vertua e l’organizzazione di bancarelle di sapori in piazzetta Viviani, diverse, a seconda delle etnie richiamate dall’artista che espone: Michele Carpignano dal 21 gennaio al 5 febbraio Paola Romano dal 11 febbraio al 26 febbraio Antonio Pedretti dal 14 aprile al 6 maggio
“Arti meccaniche e pensiero tecnico nella civiltà occidentale “ è un titolo forse un po’ austero, che si lega a una serie di conferenze promosse dal Circolo Numismatico Monzese, e che non lascia certamente intravedere il percorso affascinate e divertente che cela la storia del progresso scientifico nel mondo classico e medievale. Di fatto, si tratta di un ciclo di lezioni multimediali, ideato dall’ing. Dante A. Casati, socio del Circolo, che è aperto a tutti ma risulta ideato espressamente per le scuole. Da uno sguardo delle prime conquiste tecniche in età pre e protostorica Casati risale abilmente il corso dei secoli soffermandosi sul mondo greco e in particolare sull’ età ellenistica: i filosofi, il loro sapere coniugato all’indagine dei fenomeni naturali, il binomio tra tecnica e arte della guerra sono tra i caposaldi di uno sviluppo che non segue le leggi moderne dell’economia. All’interno di questo panorama si collocano le figure di Archimede e di Erone, le invenzioni ad essi associate e le portentose creazioni che tramandano il loro nome: macchine belliche, ciclopiche costruzioni navali, congegni meccanici creati per il divertimento. La minuziosa ricostruzione dell’astrolabio di Archimede, la sua possibile identificazione con la macchina di Antikitera e con un frammento di ingranaggio da poco emerso da uno scavo archeologico hanno lasciato sorpreso il pubblico. In questa circostanza la perfetta padronanza delle leggi meccaniche è stata asservita alla conoscenza della geografia astronomica, tale per cui questo congegno può prevedere alcuni movimenti celesti fino oltre il .. 2020! Le prossime tappe in questa avventura del sapere -riservate al mondo romano e medievale- sono però ben più vicine: appuntamento dunque il 24 febbraio e il 16 marzo, alle ore 21 presso la sede del Circolo Numismatico di Via Annoni. Ingresso libero. Paolo Paleari
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Le sciure
Reality
la redazione risponde
venti domande per vedere la brianza con gli occhi dei brianzoli
Pensionato scrittore Cosa ti piace di Monza e della Brianza? La Brianza mi piace tutta! Vado volentieri in Brianza è una bella terra tra le sue alture ondulanti e gli avvallamenti. Mi piace il silenzio di alcuni paesini. Io spesso prendo la macchina e mi avventuro alla scoperta di angoli che non conoscevo Nome Lido Età 85 Dove sei nato? San Sepolcro (AR) Dove vivi? Monza Vivi da solo o con la famiglia? Con la famiglia Destra o sinistra? Sinistra Che lavoro fai?
Le sciure le vostre lettere
Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? A New York Esprimi un desiderio Di desideri ce ne sono tanti. So che potrei sembrare ripetitivo ma il mio desiderio sarebbe essere a New York
Associazione di idee. Se ti dico verde... Rosso
Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole
Cena Appetito
Dimmi un proverbio Chi la fa l’aspetti
Tu vai qualche volta al parco? Sì.
Dì qualcosa ai nostri lettori Bisogna imparare a saper vedere
Chi è Dario Allevi? Il Presidente della Provincia Dai un voto a Monza e alla Brianza 9 Trasporti 5 e 1/2 Commercio 8
Che lavoro fai? Pensionato Cosa ti piace di Monza e della Brianza? Di Monza le dimensioni è una città a misura d’uomo. La Brianza mi piace per il suo tanto verde Associazione di idee. Se ti dico verde... Albero Nome Enrico
Cena Appetito
Età 65
Tu vai qualche volta al parco? No
Dove sei nato? Venezia
Chi è Dario Allevi? Il Presidente della Provincia
Dove vivi? Monza
Dai un voto a Monza e alla Brianza 8
Vivi da solo o con la famiglia? Solo
Trasporti 6
Destra o sinistra? Sinistra
Commercio 9
La maleducazione in treno Gentile Redazione, scrivo a voi perché so che siete distribuiti in tante stazioni della Brianza e che avete anche una rubrica spesso satirica, sul mondo dei pendolari. Io non sono pendolare, prendo ogni tanto il treno per spostarmi da Seregno a Monza, per fare compere o fare un giro in centro. Cerco sempre di evitare gli orari di sovraffollamento ma a volte, per mie esigenze, mi sono trovata proprio nei momenti della giornata dove uscivano le scolaresche da scuola o di rientro dei lavoratori da Milano. I ragazzi in età scolare urlano, sputano, corrono e schiamazzano in maniera assai maleducata ma posso avere nei loro confronti un po’ più di tolleranza, data la loro giovane età. Quello che proprio non sopporto sono i così detti adulti che rientrano dal lavoro e tengono le suonerie dei loro telefonini a massimo volume e parlano a voce altissima. Quello che proprio non sopporto è che nessuno si alzi per far sedere me, che ho superato i sessant’anni da tempo, e magari lasciano anche borse e zaini ad occupare posti che dovrebbero essere dedicati alle persone. Una volta, un ragazzo, nell’ora di punta mi ha detto: “Certo che almeno Lei, signora, poteva prendere il treno in orario diverso dato che non ha niente da fare tutto il giorno…” e questo solo perché qualcuno gli aveva fatto notare di lasciarmi il posto dato che ero in piedi. Quindi io, pensionata, devo decidere quando e come uscire di casa in base agli orari degli altri o dell’affollamento del treno? Quindi noi anziani siamo sempre e solo considerati un peso? Cordialmente. Lina
Gentilissima Lina, la ringraziamo molto per la sua lettera che solleva non uno ma più problemi purtroppo di notevole rilievo. Il sovraffollamento dei treni negli orari di punta è certo una realtà di non facile risoluzione e un problema che affligge, insieme a lei, praticamente tutti coloro che prendono il treno negli “orari caldi”, sia occasionalmente che quotidianamente. Ci ha però particolarmente colpite la seconda parte della sua lettera, da cui emerge un problema dilagante e ben più grave rispetto al disagio dato dal sovraffollamento: la maleducazione. Certo la maleducazione verrebbe percepita con minore intensità su treni non colmi fino all’orlo ma anche in quel caso il problema non sarebbe risolto ma solo celato. Ciò che rattrista è constatare come la maleducazione sia un problema dilagante nella società moderna, specie quando si spinge a non riconoscere il ruolo delle persone più “mature” entro il contesto sociale. Molti mali discendono dal considerare coloro che non sono più giovani come “persone che non hanno niente da fare” solo perché in pensione e, dunque, non più produttrici di reddito. è importante che i ragazzi vengano educati e guidati nel comprendere la ricchezza ed il valore del tempo vissuto, certo non è una cosa sempre semplice portarli a capire ciò che è da loro tanto distante, certo è più semplice per l’adulto, sulla base di un “già vissuto”, capire il giovane… tuttavia, ogni tanto, un ceffone potrebbe essere una semplice e chiara occasione di riflessione. Un caro saluto, la redazione
di Marco Riva
Se non a Monza e Brianza dove vorresti vivere? A Venezia Esprimi un desiderio Che ci sia una maggior sensibilità dell’uomo rispetto agli animali Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole Dimmi un proverbio Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino Dì qualcosa ai nostri lettori Leggete questa rivista perché è davvero interessante
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Valtellina gourmet La Valtellina è un territorio molto particolare, da vedere, conoscere e dove andare se si ha voglia di una bella gita eno-gastronomica grazie ai prodotti locali di grande bontà e valore storico. Tra gli emblemi culinari della zona troviamo il Bitto, formaggio che generalmente si conosce, insieme ad altri, come ingrediente dei pizzoccheri. Quando qualche mese fa provai “quello vero”(!), ad una degustazione, capii di non averlo praticamente mai assaggiato fino a quel momento. Ciò che avevo mangiato, era solo un prodotto commerciale che non ne rappresentava le vere caratteristiche. Enorme è il sacrificio che viene fatto da una piccola quantità di pastori che ancora lo producono secondo tradizione. Quello Storico delle valli di Albaredo e Gerola, è un formaggio d’alpe le cui operazioni di produzione si svolgono secondo consuetudini antiche, legate alle caratteristiche di clima ed ambiente, a quote elevate (14002000 metri)e in pascoli naturali. Questi chiaramente, per l’Industria che vuole accorciare i tempi e standardizzare le produzioni, sono dei limiti troppo eccessivi. Per tale motivo, a proteggere l’unicità di questo latticino, sono rimasti solo persone che credono nel rispetto delle usanze e non desiderose di scorciatoie a discapito di qualità e unicità. Esiste un’ entearappresentare queste intenzioni, con sedea GerolaAlta (SO), l’Associazione Produttori Valli Del Bitto (Presidio Slow Food dal 2003). Per quanto riguarda il vino invece, seguendo gli stessi concetti protratti fin
ora, immancabile una visita all’Azienda Agricola Bruno Leusciatti, con sede a Sondrio, in via Valeriana 10. Questa, produce da tre generazioni Sassella, nei 3 ettari di vigneto di proprietà. Da queste parti il vitigno principe è il Chiavennasca, com’ è chiamato il Nebbiolo nella zona. Per la produzione del suo “Del Negus”, Bruno, seleziona le uve che vengono raccolte manualmente seguendo criteri di qualità, quella vera, che si impara con l’esperienza, sporcandosi le mani e con la fatica del lavoro in vigna. La vinificazione viene effettuata pigiando e diraspando i grappoli raccolti, per poi lasciar fermentare le uve direttamente in botti di castagno, utilizzate anche per la maturazione e l’invecchiamento del vino. A seconda dell’annata vengono prodotte circa 10/12.000 bottiglie. Dico che non tutti gli anni le quantità sono le stesse perché, come ad esempio nel 2008, causa una grandinata e un forte vento laterale che ha spinto i chicchi di ghiaccio a ridosso delle piante, i numeri si sono dimezzati. Il prezzo è assolutamente competitivo, 6 euro in cantina per una bottiglia del suo ottimo Valtellina Superiore. Un vino curioso, affascinante, di grande bevibilità nonostante non sia un prodotto ruffiano. Da bere subito ma che si può aspettare anche qualche anno, perché esprima a pieno le sue caratteristiche di tipicità. Un vino da non perdere. Un piacere da provare. leusciatti.bruno@alice.it 0342. 212916 info@formaggiobitto.com 0342 690081
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Viene distribuita tramite hostess la mattina dell’uscita nelle stazioni ferroviarie di Monza, Lissone, Arcore, Desio, Meda , Seregno, Seveso e presso la fermata MM di Cologno Monzese/Brugherio
numeri utili Carabinieri | 112 Centro antiveleni (ospedale Niguarda) 02 66101029 Croce Rossa Italiana | 039 322384-32365 Emergenza sanitaria | 118 Guardia medica | 840 500092 Ente Nazionale Protezione Anumali (sezione Monza e Brianza) 039 388304 Guasti acqua e gas | 800 388088 Guasti illuminazione strade | 800 901050 Guasti enel | 800 023421 Polizia di stato | 039 24101
Nelle 13 sedi presenti sul territorio provinciale di APAMonza e Brianza - Confartigianato Imprese Monza via GB Stucchi, 46 Carate Brianza via Matteotti, 19 Cesano Maderno via Matteotti, 16 Desio via Garibaldi, 258 Giussano Largo Europa, 7 Lissone via San Rocco, 97 Meda viale Francia, 15 Muggiò via I° Maggio ang. via San Rocco Nova Milanese via Berlinguer, 2 Seregno via Rismondo, 28 Seveso via Solferino, 16 Triuggio viale Rimembranze, 3 Vimercate via Ronchi, 12
Polizia municipale di Monza | 039 28161 Polizia stradale Arcore | 039 617333 Polizia stradale Seregno | 0362 239077 Protezione civile | 039 28161 Soccorso stradale | 116
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