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www.trantran.net | n. 18 mensile | 28 aprile_2011 | Distribuzione gratuita

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[ SPECIALE MONDO VASCO ]

Viaggio tra il popolo del Blasco [ SPECIALE ]

Scuola d’arte a Monza

[ INTERVISTE ]

Platinette Alessandro Bergonzoni Andy

[ PALLAVOLO ]

Acqua Paradiso Gabeca

[ RIFLESSIONI ]

Una generazione in bilico


SERRAMENTI

LA DIMORA

PERSIANE PORTE INTERNE PORTE BLINDATE GRATE DI SICUREZZA MONZA - VIA CAVALLOTTI 36 TEL.

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[ SOMMARIO ]

5 Editoriale Quando l’imbecillità merita la medaglia d’oro

Anno II - numero 18 - 28 aprile 2011 Editore: Trantran Editore s.r.l. Sede e Redazione: Viale Cesare Battisti, 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Reg. Trib. di Monza n.1995 del 29/06/2010

In questo numero...

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Fondatori Marta Migliardi, Elena Gorla, Adriana Colombo, Guido Bertoni Direttore Alfredo Rossi Capo Redazione Marta Migliardi Vice Capo Redazione Elena Gorla Inviata Speciale: Adriana Colombo Redazione Alberto Citterio, Juri Casati, Giulia Cavaliere, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Niccolò, Gaber, Lorenzo, Sara Tripaldi, Giulia Trapanotti e Fatima Bianchi, Marco Riva, Guido Caimmi, Massimiliano Bevacqua Si ringraziano per questo numero Si ringraziano per questo numero: Gianluca Passerella, Alice Pagani, Carlotta Fumagalli, tutti i fan di Vasco che ci hanno aiutate con le loro foto e i loro racconti, Silvia Baldo, Elena Dell’Orto, Sergio Zerbini, Luca e il Gaber, Stufìs, Milena Tridico, Gigi Ponti, Antonietta Paradiso, il Presidente Dario Allevi, il Sindaco Marco Mariani, L’Assessore Andrea Arbizzoni, il preside Guido Soroldoni, Antonietta Paradiso, lo zio Fabri e tutto il Bar Boulevard, la comunità bengalese, Reddy e Geppetto (mitico), Domi, Asia e la bellissima Alice.

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intervista a Andy Sono cattivissima, soprattutto con me stessa. Intervista a Platinette

20 Bis! 20 “A mio modesto parere,

che peraltro condivido” Parola di Bergonzoni 22 Il Risorgimento a Monza

27 In cuccia

Storie di gatti e anziani

28 Verdissimo

L’orto sul balcone

29 Brigantia

L’Oasi Lipu di Cesano Maderno 31 NonsoloMonza Sovico

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Foto di copertina di Gianluca Passarella

7 Speciale mondo Vasco 11 Clochart 11 Isa, tra leggenda e realtà 14 L’Isa dei famosi:

23 Altrove Costa Azzurra, un viaggio fra lusso e natura

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In copertina

6 Spunti di vista La terra di mezzo: una generazione in bilico...

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32 I segreti dello chef Pavè di orata su letto di salsa guacamole

33 Reality 34 Raccontiamoci 34 Stefano Duchi: chi ha detto Soerba?

35 L’angolo del pendolare Se un euro vi sembra poco Le lettere dei lettori

36 Di tutto un pò

Giocare sul buio, l’importanza dell’aggressività

37 Dalla Provincia

Segnali di ripresa nell’industria

38 Dal Comune

Lavori socialmente utili per chi guida in stato di ebbrezza

39 Sportivamente

Acqua Paradiso Gabeca Monza e Brianza: Cuore, tecnica e anima

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40 Cosa succede in città Eventi, rassegne, notizie dai Comuni della Provincia di Monza e Brianza

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Le sciure Ci vediamo presto Fiera di Monza e Brianza


SERRAMENTI “LA

DIMORA”

Onestà, preparazione e professionalità: quando l’etica incontra l’azienda Oggi parliamo di sicurezza, ma non solo. Vi raccontiamo la filosofia di un’azienda, la filosofia di una vita. La vita e l’azienda del sig. Ruggero Sacchetto, titolare della ditta di serramenti “La Dimora”. Forse potrà stupire il sentire affiancare i termini azienda e filosofia ma il signor Sacchetto è l’esempio concreto di come nella vita tutto, anche l’apertura di un’azienda, sia inscindibilmente legato a un’etica: umana e professionale. Lo incontriamo presso il bellissimo show room di Monza, in via Cavallotti 36. Ci racconta della sua lunga carriera che è iniziata nel settore commerciale di grandi imprese per finire, prima di mettersi in proprio, con la direzione di alcune importanti aziende, tante fra le quali nel settore dei serramenti. I punti di forza della professionalità del sig. Sacchetto sono onestà e voglia di lavorare, doti che da sempre comunica al cliente. Trasmettere la certezza che ci si trovi davanti ad una persona onesta, preparata, che quando dice una cosa sa con precisione di cosa si sta parlando, una persona che, in quanto umana, può sbagliare ma, se sbaglia, è subito disposta a porvi rimedio a proprie spese, è la filosofia che da sempre caratterizza il suo lavoro. “Questo”, racconta, “mi ha portato a ottenere costantemente la fiducia dei miei clienti, clienti che sono aumentati progressivamente anche grazie al passaparola di quelli soddisfatti: e la loro soddisfazione è così diventata subito anche il mio più importante simbolo di garanzia e affidabilità. Sono queste le linee guida con cui da sempre conduco la vita e gli affari e sono, ovviamente, anche i cardini su cui ho impostato la mia attività in proprio con la creazione de La Dimora”. In effetti, l’idea del “La Dimora” nasce proprio dalla volontà di unire tutte queste esperienze in un’unica impresa che sia il perfetto connubio tra la parte commerciale, incentrata sul cliente, sul contatto diretto e sulla conoscenza precisa delle sue esigenze ed aspettative, con la conoscenza tecnica del prodotto, indispensabile per offrire una consulenza ottimale. Con queste premesse nasce il primo show room di serramenti La Dimora, 200 mq di esposizione a Legnano: ed è subito un successo. Da qui l’azienda rapidamente e solidamente cresce. Nascono lo show room di Monza, 120 mq di esposizione con 6 vetrine e, in primavera, saranno inaugurate altre due esposizioni a Milano: una di 200 mq a pochi passi dal Duomo e l’altra di 150 mq in zona centralissima. Il sig. Sacchetto è soddisfatto e giustamente orgoglioso: “ Il progetto che nel lontano 1999 ho deciso di realizzare, passo dopo passo, è finalmente compiuto!” racconta sorridendo. I primi ad essere stati “contagiati” dalla filosofia del sig. Sacchetto sono, naturalmente, i suoi

addetti commerciali, il cui lavoro è incentrato, oltre che su di un’approfondita conoscenza tecnica dei prodotti, anche sull’ascolto attento del cliente. Ogni cliente, infatti, è diverso, e diverse sono le sue esigenze. Per questo motivo, appena entrato a La Dimora, ognuno viene non solo accolto con cortesia ma anche “intervistato”, così da comprendere appieno quali siano le sue necessità ed aspettative. Solo così, infatti, è possibile fornire le soluzioni su misura e un servizio ottimale. Ma il team del sig. sacchetto non sarebbe al completo senza la presentazione di chi si occupa del trasporto e della posa del prodotto. Anche in questa delicata fase La Dimora è in grado di offrire il meglio: “Mi avvalgo di 3 squadre di posatori, professionisti preparati e serissimi, assicurati per qualsiasi danno che possa verificarsi nell’abitazione in cui si trovano ad operare, anche per eventuali danni ad oggetti o tendaggi. I miei posatori si presentano sempre in divisa e con tanto di cartellino di riconoscimento. Può sembrare un eccesso ma di questi tempi la prudenza non è mai troppa ed è importante poter verificare chi stiamo facendo entrare in casa

nostra! Spesso il cliente tende a sottovalutare l’importanza di questa fase, credendo che con la scelta del prodotto giusto al suo caso il più sia fatto. Questo, però è un grosso errore! Ci tengo che il cliente capisca l’importanza di una posa effettuata a regola d’arte: un buon prodotto posato in modo grossolano, infatti, riduce notevolmente la sua efficacia, sia in termini di riduzione della dispersione termica che in termini di sicurezza! Spesso giungono nei miei negozi clienti insoddisfatti della resa di un prodotto acquistato altrove: talvolta, il prodotto acquistato a caro prezzo si rivela essere un prodotto già di per sé scadente ma, molte volte, il problema risulta dipendere dalle operazioni di posa che sono state effettuate in modo dozzinale. Per questo ci tengo a ribadire che noi ci assumiamo la piena responsabilità di come operiamo affinché il cliente sia sempre soddisfatto” spiega il signor Sacchetto. In fine, ma non certo per importanza, nell’illustrazione de La Dimora, resta la presentazione del prodotto: una vasta gamma di serramenti e un’ampia scelta di sistemi di protezione dell’abitazione che spazia dalle porte blindate alle grate di sicurezza. “Presso i miei show room”, prosegue il titolare “troverete unicamente prodotti qualificati e certificati: PVC ad estrazioni di massa in classe A, Veka e Rehau…basta andare su internet e digitare questi nomi per far capire, anche ai più inesperti, l’altissima qualità dei prodotti che offro. Per quanto concerne molti prodotti in PVC (materiale termoplastico usato nella produzione d’infissi, porte e finestre), mi avvalgo della collaborazione con un’azienda specializzata che costruisce appositamente il mio prodotto su mia licenza tecnica, cosa che mi consente di offrire al cliente un prodotto ottimo ad un prezzo molto competitivo e con tempi di consegna molto più brevi rispetto alla media del settore. A tal proposito faccio un esempio: mi sono capitati clienti che, dopo aver subito un furto, si sono sentiti prospettare tempi di consegna di oltre 60 giorni per l’installazione di grate. Una cosa inaccettabile. Io sono riuscito a fornire e installare il mio prodotto in soli 8 giorni, ed il cliente ha presto potuto riprendere a fare sonni tranquilli. Per le grate e le porte blindate, invece, ho affinato una mia struttura operativa interna che collabora con un marchio molto affermato. Insomma, sono molti i fattori che concorrono in un’offerta d’eccellenza ed io posso affermare con orgoglio di averli riuniti tutti ne La Dimora!”.

Show Room La Dimora Monza - via Cavallotti, 36 Tel. 039.3900759 la.dimora.s@alice.it Legnano - Corso Sempione, 170 Milano - Piazza Mentana, 3


[ EDITORIALE ]

[ Il Direttore ALFREDO ROSSI foto di Gabriele Benini ] Oggi voglio raccontarvi una storia minima, che però minima non è a pensarci bene... C’è un pezzo a verde del quartiere Cazzaniga, compreso tra via Leoncavallo e via John Lennon, che conosco bene perché ho casa lì vicino e ci passo regolarmente quando faccio il giro mattutino con Bimba, la cockerina che mi è compagna di passeggiate. L’interno è praticamente diviso in tre zone: una con giostrine, scivoli e altalene per i bambini, poi c’è un campo di basket e, per finire, un’ampia zona dedicata al calcio. E tante piante. Alla fine dello scorso mese di gennaio, sono andato al punto del comune per segnalare che la recinzione era stata in parte abbattuta e una delle porte del calcio divelta. Passata qualche settimana, ho visto, giorno dopo giorno, il procedere dei lavori, iniziati alla fine di febbraio. Sono partiti dalla sistemazione della recinzione, togliendo anche tutte le piante rampicanti che ostruivano la visione del campo dall’esterno. In più hanno messo in opera un punto luce (che spero serva per un futuro lampione, perché d’inverno la zona è piuttosto buia). Poi hanno sistemato i pali delle porte, mettendo due reti nuove e pareggiando il terreno con un trattore: adesso il prato non è quello dello stadio Meazza ma è molto meglio di prima. E ancora: c’è una zona, tra il campo di calcio e quello di basket, che i ragazzi del quartiere chiamano “la collinetta”, perché,

Quando l’imbecillità merita la medaglia d’oro rispetto al resto, si alza di un metro o poco più. Su questa collinetta ci sono, da anni, due tavoli in legno con panche incorporate: attorno ci hanno piantato tre piante, per ora esili, ma che tra qualche anno offriranno riparo dal sole a chi decide di sedersi lì a leggere il giornale o a mangiare la merenda: per ora, nelle ore più calde, si rischia l’insolazione. Ma non è finita: una mattina ho assistito alla fatica di due addetti nel sistemare i tabelloni e i cesti con le reti nel campo di basket che mancavano da tempo immemorabile. Insomma, proprio una bella cosa. E un sabato mattina, incontrando uno dei “canari” (io chiamo così i proprietari di quattrozampe che incontro durante le mie passeggiate), lui era così entusiasta della cosa che mi ha detto: “Dovremmo organizzare una festa del quartiere Cazzaniga. Ne parlo anche agli altri. Potremmo anche mettere in piedi un torneo tra padri e figli sia di calcio che di basket. Sarebbe un bel giorno di festa per tutti!”. Vero. E cinque minuti dopo ho sentito un ragazzo che al cellulare parlava con un amico e diceva: “Sì, hanno rimesso i canestri. Possiamo tornare qui a giocare a basket. Dai facciamo oggi pomeriggio, poi avvertiamo anche gli altri”. Quella giocata in quel pomeriggio di un sabato qualunque sarà probabilmente l’unica partita giocata su quel terreno, chissà per quanto tempo. Il motivo? Semplice, nella notte tra sa-

bato e domenica, qualcuno (munito di scala) è andata nel campo e ha letteralmente strappato un canestro dal tabellone, rompendolo. Cosa che era successa, mi dice un altro amico “canaro” con cui ho commentato l’accaduto, qualche anno fa. “Ma perché?”, domando io. Uno mi dice sottovoce: “A me han detto che può essere qualcuno che abita nelle case vicine al campo di basket, che non sopporta il rumore del pallone e le grida che i giocatori ogni tanto fanno mentre stanno cercando di vincere la partita”. Spero non sia vero, ma comunque non esiste una motivazione logica, perché il canestro l’hanno solo divelto e lasciato lì per terra, nuovo nuovo, con la retina ancora candida. Quindi non è stato un (ignobile) furto, ma la motivazione deve essere stata un’altra. Ma qualunque essa sia, l’opera è certamente da ascrivere a un imbecille, un imbecille al massimo, proprio perché la storia è minima. E all’autore del fatto, i canari del quartiere, me compreso, vorrebbero conferire la medaglia d’oro dell’imbecillità: se fosse così cortese da darci il suo nome e cognome li faremmo incidere sulla medaglia prima di consegnargliela. (Che sia così imbecille da darceli per davvero? Aspettiamo con ansia.) Alfredo Rossi


[ SPUNTI DI VISTA ]

LA TERRA DI MEZZO: UNA GENERAZIONE IN BILICO… [ di Adriana Colombo ] Mi stavo arrovellando nel disperato tentativo di trovare un modo non troppo banale per affrontare questo malessere che attanaglia un’intera generazione ed ecco che, come al solito, la musica mi viene incontro e dalla radio fuoriescono le parole: “…In bilico tra santi e falsi dei sorretto da un’insensata voglia di equilibrio e resto qui sul filo di un rasoio ad asciugar parole che oggi ho steso e mai dirò…” (Ndr. La canzone è Estate dei Negramaro); è proprio così che si sente quasi un’intera generazione: perennemente in bilico. Questo senso di precarietà a tutto tondo è molto diffuso nella mia generazione, quella che, per intenderci, era adolescente negli splendidi anni ’80, anni in cui tutto sembrava possibile: c’era il benessere, seppur apparente, ma questo si è scoperto solo dopo; molti tabù erano stati abbattuti dalle generazioni precedenti; le ragazze e i ragazzi si sentivano “alla pari”: tutti potevano fare tutto, erano gli anni del boom tecnologico; c’erano le compagnie e le cabine telefoniche… Abbiamo vissuto la nascita dei cellulari e di internet come l’avvento di nuovi strumenti di comunicazione: credevamo di avere tutto il mondo in mano! Non potevamo immaginare che ci si sarebbe rivoltato contro! Ora abbiamo tra i 30 e i 40 anni e, per la maggior parte, non siamo nemmeno lontanamente vicini ad essere quegli adulti che all’epoca ci immaginavamo di diventare. La nostra generazione viene spesso definita quella degli eterni Peter Pan, quando non dei “bamboccioni”, siamo spesso individuati come quelli che non si vogliono prendere responsabilità, non vogliono mettere su famiglia e chi più ne ha più ne metta. Vorrei rimandare indietro ai mittenti tutte queste definizioni, che penso non ci si addicano. Noi, in realtà, siamo la perfetta rappresentazione di quello che è successo nella nostra società in questi ultimi 20 anni: una società in bilico, strattonata da più parti, una società in perenne evoluzione. Siamo passati da un concetto di lavoro per tutta la vita ad un concetto di mobilità lavorativa, ci siamo dovuti abituare nel tempo che il lavoro per così dire “fisso” non esiste più: i più fortunati ed estrosi sono diventati i datori di lavoro di loro stessi e, magari, riescono a fare anche il lavoro che hanno scelto, ma quanti sacrifici e quante preoccupazioni! Tutti hanno imparato a fare quasi tutto: siamo una generazione d’istrioni! Per tutta la vita…già, per tutta la vita: questo era l’immagine che avevamo anche dell’amore e del matrimonio. Erano pochissimi i separati e noi

credevamo fortemente che avremmo incontrato quell’amore che sarebbe stato per sempre…Invece ci siamo dovuti rendere conto, pure molto in fretta, che nemmeno quello sarebbe stato così, almeno per molti di noi: sbalestrati tra un mondo, quello dei nostri genitori, dove esistevano dei ruoli uomo- donna, e un altro mondo, quello che arrivava dalla televisione e dalla modernità, dove questi ruoli venivano annullati se non ribaltati completamente. I “vecchi” ruoli tanto contestati allora: quante discussioni per tentare di far capire agli adulti e ai nostri coetanei che noi ragazze avevamo delle aspirazioni, volevamo rompere con i vecchi schemi, fare carriera, viaggiare, essere indipendenti e autonome; quanto ci piacevano quelle immagini di donne di successo delle serie televisive… Forse noi donne di questa generazione ci siamo un po’ troppo frettolosamente svestite, almeno in apparenza, da quelli che erano da sempre i ruoli a noi attribuiti: l’angelo del focolare, la fanciulla da proteggere, la parte emotiva della società, e siamo diventate dei piccoli panzer alla ricerca spasmodica di vincere in tutti i campi la competizione con l’altro, il maschio. Sapete qual è il dramma? Che apparentemente ci siamo riuscite, anche perché in realtà la competizione non è nemmeno iniziata: da una parte un’orda di ragazze convinte di dover dimostrare, per senso etico, di “avere gli attributi”; dall’altra un gruppo di ragazzi, forse anche un po’ mammoni, (ma siamo in Italia e per noi, da sempre, la mamma è Mamma), confuso e disorientato da queste due immagini di donna, così diverse eppure così simili. I nostri coetanei si sono dimostrati completamente spiazzati davanti a questo nuovo “modello femminile” che non gli garbava per nulla. A pensarci a distanza di anni probabilmente per la troppa voglia di affrancarci da quello che vivevamo come un ruolo limitante, abbiamo buttato il bambino con l’acqua sporca rinunciando spesso anche a quelle che sono le peculiarità dell’animo femminile, ritrovandoci così a essere una brutta copia dei maschi. Per dirla con le parole del Professor Vecchioni “… Prendila te quella col cervello, che s’innamori di te quella che fa carriera….e viene via dal Meeting stronza come un uomo, sola come un uomo…”. Così ecco due eserciti sconfitti e un po’ acciaccati, che brancolano nel buio, ancora intenti a cercarsi l’un l’altro e a inventarsi dei ruoli sempre nuovi, con sempre più difficoltà a vivere l’incontro, il confronto, e consentitemelo, anche lo scontro. Ed ecco che arriviamo ad un’altra aberrazione: l’incapacità di comunicare o meglio: l’incapa-

cità di ritorno: sì, perché almeno quello, noi lo sapevamo fare, ci incontravamo nei cortili, nelle piazze, bastava un gettone o 200 lire per darsi appuntamento al Parco o in gelateria, ci si incontrava, si parlava, ci si guardava negli occhi…Poi, si cresce, si hanno vite sempre più frenetiche, qualcuno magari cambia città e voilà: quelli che dovevano essere strumenti diventano scudi! “Non ho tempo”, “ti mando sms”, “entra in chat”…e si arriva a definire “amica” una persona di cui non si conosce nemmeno la voce o di che colore abbia gli occhi, ma che ci dà attenzione, o almeno così sembra, ma tanto basta: perché chi vi dice che in realtà dall’altra parte del video ci sia una persona che realmente tiene a voi? Nessuno, ma la necessità di crederlo lo fa apparire reale. Questa nostra tanto vituperata generazione è una generazione sola, maltrattata e sballottata, l’anello di congiunzione tra il vecchio e il nuovo: se ci pensate, siamo un po’ tutti senza un ruolo, un posto nel mondo, perché se chiedete di noi ad un ventenne vi dirà che siamo vecchi: largo ai giovani…se lo chiedete a un cinquantenne vi dirà che siamo giovani, che dobbiamo ancora fare tante esperienze. Insomma, come cantava Luciano Ligabue: “…Non è tempo per noi e forse non lo sarà mai…”. Eccoci qua: siamo la terra di mezzo! Anche nelle espressioni verbali, nel modo di parlare, siamo schierati in più gruppi: molti di noi sono così attaccati al “patrio idioma” da inorridire nel vedere l’abuso delle k negli scritti o la morte del congiuntivo (Ndr. Qui in redazione abbiamo una candela perennemente accesa in sua memoria) e tanti altri usano il nuovo slang giovanile, convinti che sia un modo più facile e veloce di comunicare, tra due epoche, anche in questo. Vorrei lasciarvi con un quesito: siete proprio sicuri che questa nostra generazione così sballottata non sia in realtà una generazione di combattenti? Io sono convinta, ma potrei sbagliarmi, che forse, sotto sotto, siamo quelli che, per forza o per amore, hanno dovuto tirare fuori l’anima, la testa e il cuore per sopravvivere ai troppi cambiamenti senza essere travolti dalla corrente. Malgrado tutto una generazione che “se c’è un pallone siamo tutti amici” ma che usa la play station, che ancora si emoziona davanti a un tramonto ma che conosce il mondo anche grazie ai video su Internet, che ama l’odore della carta ma non disdegna l’uso dell’ebook; forse siamo i più drammaticamente lucidi e per questo così precari in tutto. Insomma, se la nostra società fosse paragonata a un albero noi saremmo il tronco che unisce le radici ai rami…


[ SPECIALE MONDO VASCO ]

Il risveglio del popolo del Blasco: Vasco siamo noi Il nuovo album di Vasco Vivere o niente

[ di MARTA MIGLIARDI ] Manca poco e Vasco tornerà negli stadi, le sue canzoni riecheggeranno nelle voci di migliaia di persone, di tutte le età. E’ quasi scontato scrivere che avrei voluto sentire personalmente la sua voce, avere risposte alle domande che io e il resto della redazione avevamo ideato con grande entusiasmo. Ma forse non era il momento giusto: il suo nuovo album “Vivere o niente”, uscito il 29 marzo, già primo in classifica, l’ha certamente reso protagonista della carta stampata e dei media e capiamo, con amore e devozione, che non abbia

Date concerti Vasco: • 11 giugno 2011 - Mestre Parco San Giuliano (Heineken Jammin’ Festival) • 16 giugno 2011 - Milano Stadio San Siro • 17 giugno 2011 - Milano Stadio San Siro • 21 giugno 2011 - Milano Stadio San Siro • 22 giugno 2011 - Milano Stadio San Siro • 26 giugno 2011 - Messina Stadio San Filippo • 1 luglio 2011 - Roma - Stadio Olimpico • 2 luglio 2011 - Roma - Stadio Olimpico

avuto il tempo di risponderci. Tania Sachs, la sua mitica ufficio stampa, ci aveva avvisate, con gentilezza, con la correttezza delle grandi organizzazioni: non so se ce la faremo. Va bene va bene va bene, distratto quando ti conviene, diresti anche che ci vuoi bene, anche se non ce ne vuoi più: noi non arretriamo di un passo. Specie di fronte a questo album, che racchiude, come uno scrigno prezioso, l’anima di un grande, anzi, un’anima grande con quella caratteristica vena malinconica che però lascia sempre uno spiraglio aperto alla vita e a un’ironia a volte rassegnata e altre pungente. Vasco che trova accordi e parole universali,


[ SPECIALE MONDO VASCO ] che scrive per sé, ma scrive di noi. Ribalteremo i ruoli. Saremo noi, oggi, a scrivere di te. A ridere di te. Ci uniamo nella magia dell’appartenenza, nell’atmosfera unica che abbiamo vissuto mille volte ai tuoi concerti. Accordiamo la nostra voce a quella del tuo popolo, che ci ingloba irrimediabilmente. Raccogliamo foto, consigli, parole, emozioni del reggimento dei tuoi fan. Parole ed emozioni non meno importanti delle tue, anzi mi correggo, che sono poi le tue, dall’altra parte della barricata. La stessa medaglia ribaltata. Tu ti fidi di noi così come noi ci fidiamo di te. Nonostante l’attesa e la delusione, l’amore è anche un po’ cieco. E questo è amore. Ho qui davanti queste foto. Le foto del tuo popolo. Foto di tatuaggi con le frasi delle tue canzoni, foto di noi attaccati alle transenne dalla sera prima, noi che facciamo le smorfie e mostriamo il dito medio, come dire, almeno stasera lasciateci vivere. Noi con le nostre leggi morali, i codici etici, precisi e corretti (quasi sempre) dei tuoi live. Quelli seduti sugli anelli fanno la ola, ed è spettacolare vederla dal prato. Avanti e indietro. Anno dopo anno. Sempre con il cuore che batte più forte ed è la famigliarità che poi ci frega. E’ quella tua voce che conosciamo bene, noi del 1975, come quelli più giovani e più vecchi. Ma da dove viene quella voce? La sua imprecisione, quel timbro inconfondibile, irriverente forma di autonomia di pensiero, un lasciapassare per i cuori palpitanti di corpi che sudano. E i luoghi comuni, dalla birra che gira a fiumi alle canne…attenzione alle canne, ci sono mille poliziotti con i cani! E ave ai poliziotti, che lavorano per noi! Non sarà un articolo corretto al 100% ma è un articolo d’amore denso. Denso come i tuoi occhi che ci guardano sempre sorpresi, come dire: cazzo ci fate qui ragazzi? Io credo che la dicotomia più sorprendente sia la tua ingenuità accostata visivamente alla folla oceanica che assiste ai tuoi concerti. Arianna, 28 anni mi racconta di lei e del suo gruppo. “Noi arriviamo lì sempre la sera prima. Aspettiamo anche per 24 ore che apra il cancello. Ci sono regole anche le più stupide da seguire, ovvero: non bere troppa acqua o birra, almeno nella prima fase di attesa. Se no si deve andare in bagno e poi non si riesce più ad arrivare davanti. Una volta aperti i cancelli e guadagnata la transenna, man mano che lo stadio si riempie, noi siamo sempre immobili, a presidiare il nostro posto. Se bevessimo troppa acqua, dovremmo andare al bagno e poi col cavolo che i farebbero tornare in prima fila. In men che non si dica, tra una foto, una sigaretta e un pisolino, ci giriamo e lo stadio è pieno. Immenso. Mi viene anche un po’ di paura e mi sudano le mani. Ma poi si guadagna il rispetto degli altri, si individuano le facce di quelli che sono lì da ore e ore e allora si può anche andare in bagno a pisciare e prendere una birra, allora la folla si apre e si richiude e so che poi mi farà tornare al mio posto, perché ho guadagnato il loro rispetto”. Li riconosco i tuoi occhi Vasco. E se ti vedo invecchiare mi commuovo. Come ti sei trasformato da amante ideale a padre ideale? Ho imparato che siamo solo esseri umani. Che poi, di fronte alla depressione o allo tsunami, tra me e te, tra me e noi non corre tanta differenza. La mia arroganza è anche la tua. La mia umiltà sono i

tuoi occhi buoni, azzurri, gli occhi della canaglia che si fa perdonare tutto. Potessi solo togliermi la curiosità dell’odore che hai! Anche Leopardi diceva che l’attesa vale più della festa. Ma io lo so che non sei perfetto. Un individuo che si divide, come in un film di fantascienza, in mille insetti. E gli insetti siamo noi. Noi siamo come te. Lasciacelo credere. Lasciaci sperare che, almeno nella grossolanità del genere umano, i tuoi problemi siano uguali ai nostri. E chi se ne fotte se tu non hai il mutuo da pagare e io sì. Qui si parla di essenza. Di onde radio. Di traslitterazione emozionale. E’ forse poesia o mera illusione. Nel solipsismo del senso di appartenenza, tuo a noi e nostro a te, poco importa. Non hai dato troppo valore ai soldi, e di questo ti siamo grati. E anche mi sbagliassi, quale miglior inganno esiste se non l’amore? Se dovessi definirti con poche parole, direi che sei un sognatore con gli occhi buoni. A questo punto, capirai, non m’importa neanche più se hai risposto alle domande. Hai già parlato con le tue canzoni. Non c’è niente di irrisolto nella nostra relazione. Guardo il tuo ultimo video. Ne è passato di tempo. Ma tu sei ancora qua. Romantico eroe di amori disastrosi e vite accalcate vicino alle transenne. Canteremo fino a perdere la voce. Che tanto di cazzate se ne dicono sempre troppe. E adesso andiamo a vedere se riusciamo a trovare un biglietto di seconda mano, a prezzo abbordabile, per venire a San Siro e mescolare la nostra voce alla tua, a quella della tua gente. “Io il giorno che vengono messi in vendita i biglietti di Vasco su Internet, mica ci vado a scuola” ci racconta Riccardo, 18 anni appena compiuti. “ perché dopo pochissime ore non ce ne sono più. Bisogna avere il dito veloce e cliccare come un matti, fino ad avere crampi. E poi io voglio andare nel prato. Quelli del prato vanno via come il pane…” E’ primavera. Si risveglia il popolo del Blasco, nell’irrinunciabile appuntamento che solo gli amanti più ostinati si danno senza mettersi d’accordo. Come la lettera d’amore che non c’è bisogno di aprire. E lasciatelo dire, con una sigaretta in mano: Vasco siamo noi. Io pago il biglietto. E tu paghi pegno. Regali la tua anima a un branco di persone sudate e puzzolenti, che non potrai mai guardare una a una negli occhi. Noi i tuoi li vediamo bene. Le luci su di te. Le note su di noi. La tua voce in mezzo. Noi siamo ancora qua… eh già…

Vasco siamo noi di Elena Dell’Orto

Il popolo di Vasco: quelli che… Quelli che passano ore a cliccare, per il biglietto, in una sfrenata corsa contro il tempo… Quelli che non ce l’hanno fatta e ticketone ha chiuso la vendite… Quelli che allora si riversano nei fan club per cercare, vendere, scambiare un biglietto… Quelli che, mal che vada, c’è il bagarino… Quelli, anzi, quelle che, anche con un pancione di otto mesi, non rinunciano a vedere il concerto dal prato… Quelli che partono il giorno prima, non bevono, non mangiano e non dormono per non perdere il posto in prima fila… Quelli che la salamella a fine concerto non ce la leva nessuno… Quelli che, se sono tristi, cantano a squarciagola le sue canzoni per poi pensare che domani sarà sempre meglio... Quelli che si tatuano il Blasco per averlo sempre con sé… Quelli che fanno una band per cantare solo sue canzoni… Quelli che…vedi Zocca e poi muori. Quelli che Siamo solo noi… Sono migliaia i volti del popolo di Vasco, anzi, milioni, tanti quanti sono i suoi fan. Ognuno ha una storia, ognuno ha ricordi, un’occasione mancata, ad un’occasione colta… ognuno ha emozioni private e personali inscindibilmente legate ad una sua canzone. Un popolo appassionato e partecipe capace anche di sincere manifestazioni di affetto. In queste pagine ne troverete alcune, poche fra le tante, ma potrete sempre arricchire questo mare raccontandoci di voi: queste pagine, certo, sono già stampate ma il nostro sito www.trantran.net (e la nostra pagina di facebook: trantran) è sempre lì, pronto ad accogliere i vostri commenti, le vostre foto, i vostri ricordi…le vostre canzoni.


[ SPECIALE MONDO VASCO ]

Zocca: in pellegrinaggio dove tutto ebbe inizio

[ di Elena Gorla ] C’è chi la vuole capitale d’Italia, chi posta una foto ricordo in cui è lì, a soli sei anni assieme al fratellino in fasce, portatoci dalla mamma…chi ci va spesso, per ricaricare le batterie e ritrovar se stesso perché, dice, ogni volta è come tornare un po’ a casa…* Un piccolo paese di 4978 abitanti arroccato a 758 m sul livello del mare in provincia di Modena, ai confini col territorio bolognese, meta di pellegrinaggio ( i fan più scatenati la chiamano addirittura Terra Santa!) oramai da molti anni, per tante generazioni di ragazzi: Zocca Neanche io, naturalmente, feci eccezione ed armata di tanta speranza e voglia di bighellonare, assieme all’amica di sempre decidemmo: oggi si va a Zocca a cercare Vasco. Naturalmente non lo trovammo ma poco importava, ce lo aspettavamo (era stato avvistato spesso, in quell’estate, a due passi da casa nostra, la casa di Bologna nel periodo in cui stavamo a Bologna per studio, in un locale chiamato Made in Bo) , la cosa davvero importante per noi era semplicemente partire per andare a cercarlo. Era una giornata caldissima di metà luglio. Macchina rovente e musica a palla: la voce di Vasco e le nostre vocine stridule inondavano la campagna modenese. Una serie infinita di tornanti. Questi li ricordo bene, poi, appena arrivate, i ricordi si fanno un po’ più…offuscati: tappa prima, oserei dire obbligatoria, andammo a bere al bar del paese. Il bar del paese si chiama Bar Trieste (chissà poi perché) e sta proprio vicino alla casa in cui Vasco trascorse l’infanzia. Il soffitto del bar era interamente tappezzato da mattonelle con le dediche dei fan che sono passati di lì. Anche noi, ovviamente, volevamo lasciare il nostro segno ma, non avendo con noi mattonelle, ritenemmo più sbrigativo afferrare l’Uni Posca per

imbrattare le pareti del cesso. Via di li facemmo un giro in paese e rimanemmo colpite da come (all’epoca, oggi chissà) il nome di ogni esercizio commerciale, come nella migliore tradizione di ogni paese turistico, si rifacesse ai titoli delle canzoni dell’eroe locale. In paese non c’era un cazzo di nessuno, e perché mai uno avrebbe dovuto rimanere lì in un caldissimo sabato di metà luglio? Ma noi rimanemmo, naturalmente, saltellando di bar in bar e chiacchierando allegramente con tutti (i pochissimi “tutti” che incontrammo) quelli che incontrammo, decise ad interrogarli, soprattutto gli esausti anziani dediti ai giochi a carte, sui loro ricordi di Vasco ragazzo. Verso sera fummo colpite da un insolito barlume di saggezza: meglio non azzardarsi ad affrontare i chilometri di tornanti che ci separavano da Bologna. Cenammo in una trattoria e, solo dopo, munite dei giornali vecchi che la titolare ci aveva gentilmente fornito, facemmo ritorno alla macchina…e la tappezzammo per bene per non essere disturbate dalle luci dell’alba…e buona notte! Il pellegrino, si sa, spesso si deve adattare. (*memorie dalla pagina facebook: Siamo solo noi…quelli che sono stati in pellegrinaggio a Zocca) Si vedano anche su www.trantran.net tutte le foto spediteci dai fan, foto di copertina di Gianluca Passarella.

Vasco nel cuore e sulla pelle [ di ELENA GORLA ]

Tantissime le foto postate su facebook, sui molti fan club, ufficiali e non. Ritratti, frasi o titoli di canzoni, tutti con un significato speciale e personale, legati ad un emozione, a un momento o ad un ricordo indelebile: tatuaggi, segni perpetui di ciò che si ama, di ciò che è importante, di ciò che si vuole ricordare sempre. Qualcuno si è tatuato semplicemente Albachiara: la canzone in assoluto più famosa di Vasco. Quella che immancabilmente segna, da sempre, la chiusura di ogni concerto. Quella che tutti i fan riconoscono subito sin dal primissimo accordo e cantano a squarciagola accendini alla mano alzati verso il cielo. Quella che tutti ci siamo chiesti se forse Vasco lo fa perché scaramanticamente crede che sempre solo da quel gran finale risorgerà un nuovo grandioso inizio. Proprio quell’Albachiara lì che conosciamo tutti, ma anche un’altra in questo caso, un’Albachiara meno famosa ma di certo molto più importante per lei che si è tatuata quel nome, il nome della sua bambina. C’è, poi, chi, in ricordo del nonno scomparso, si è tatuato una spirale con la frase “Ogni volta che cammino e mi sembra di averti vicino”, chi (e questo è davvero gettonatissimo), si è tatuato il monito “La vita è un brivido che vola via”, chi si lamenta domandandosi “ma nessuno si è tatuato una frase di vita spericolata….allora per rimediare dovrò proprio farlo io…” Tante frasi che ognuno ha vissuto a modo proprio, che ognuno di noi sente proprie in modo viscerale, perché, in fondo, è proprio in questo che sta la grandezza di Vasco: nella capacità tutta sua di esprimere in modo chiaro, semplice e vero i pensieri nostri. Frasi che segnano un percorso, una scelta, frasi dure o parole magiche…abbiamo trovato anche chi un tatuaggio con una frase di Vasco non l’aveva ancora, dicendosi indeciso su quale scegliere. Tantissime le risposte e tutte dello stesso tenore: “Non preoccuparti…quella giusta arriverà”, “a me una notte è arrivata in sogno…ben due volte”, “Noooo? Anche a me!”


[ SPECIALE MONDO VASCO ]

RedioVasco, la cover band di Vasco made in Brianza Se non facciamo Albachiara ci sparano! [ di Adriana Colombo ] Un altro fenomeno legato al Blasco sono loro: le cover band, dai nomi più bizzarri: Alcolici sospetti, Vasco Dentro, Vasco Road, Vascossi, Effetto Vasco, Colpa D’Alfredo band, Nessun pericolo per voi ecc… Sono tutti musicisti che suonano, interpretano e vanno in giro per festival e locali a cantare le mitiche canzoni del Sig. Rossi. Siamo qui a Vedano al Lambro con tre dei RedioVasco Alessio, Simone e Francesco. La band al suo completo è così composta: Cantante, Danilo Riboldi; basso, Francesco Squillace (Disel); batteria, Alessio Buschi (Grunge); chitarra, Stefano Bertei (Stef); chitarra, Simone Imeri; tastiere, Mirko Izzo; sax, Luca Guerrini (Lisa). Cerchiamo di conoscerli un po’ meglio e approfondire con loro la Vascomania, precisando che questi 7 ragazzi sono tutti brianzoli doc e quindi, se volete cantare a squarciagola le canzoni del mitico ma non avete modo di andare a San Siro, chiudendo gli occhi potrete rivivere le stesse emozioni anche nella verde Brianza… Perché una cover band di Vasco? Nasce dal fatto che è l’artista italiano che stimiamo di più. Senza nulla togliere agli altri, Vasco ha una marcia in più, l’album è uscito da pochi giorni ed è già record di vendite. È un uomo di quasi sessant’anni, potrebbe quasi essere nostro padre e comunque tiene ancora tutti in riga. Avete mai pensato di fare qualcosa di vostro oltre le cover Vasco? Di fare qualcosa di nostro? Tutti i giorni…per un musicista il bello è poter cambiare, rinnovarsi tutti i giorni. Il fatto di continuare a suonare Vasco è perché, in primis, ci piace e poi ci permette di andare in giro a suonare con una certa facilità, cosa che oggi in Italia sta diventando sempre più difficile. Non è sicuramente una questione monetaria, di soldi se ne vedono pochi o niente, ma ci divertiamo e questo è importante! Se noi oggi decidessimo di fare canzoni nostre per noi sarebbe bellissimo, ma non penso sarebbe cosa gradita alle persone che gestiscono gli spazi e decidono di farci suonare. Non essendo un fenomeno tipo Lady Gaga, non potendo mostrare chiappe e tette, ci dobbiamo arrangiare con la musica…(Ndr. Scherzano tra loro) pur-

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RedioVasco

troppo oggi la televisione è tutto un apparire e noi cerchiamo di fare la nostra battaglia, con il nostro Rock’n Roll…Prima o poi vinceremo! Il fenomeno cover band di Vasco secondo voi a cosa è dovuto? Sicuramente è legato a lui, all’importanza che ha in Italia, come cantante. La sua musica dà un sacco di carica e ti diverti nel suonarla, ti fa piacere, poi non neghiamo che il fatto che lui sia così apprezzato ti dà una certa facilità a portarla in giro. Per chi vuol fare rock italiano è sicuramente una musica che ti carica sia che la suoni per te stesso sia che la suoni per gli altri, è difficile che la gente non ti segua, non canti con te: un po’ è merito di chi suona ma principalmente è merito suo: di Vasco. Molti criticano Vasco dicendo che è diventato molto più commerciale, voi cosa ne pensate? Sì, poi non ci sono più le mezze stagioni…sono tutte cazzate! Vasco s’è rinnovato nel tempo. Non può essere oggi il Vasco di quando aveva 20 anni. Se piace bene, se non piace, ci sono tantissimi altri dischi da comprare: io la penso così! A noi piace quello che sta facendo. Se Vasco fosse ancora quello degli anni ’80 secondo me non piacerebbe. Quando uscì Nessun pericolo per te la gente disse: “cosa ha combinato Vasco?” invece è un album molto bello! La gente dice: “non è più quello di una volta” e meno male aggiungo io, vuol dire che è cresciuto, si è evoluto. Cosa pensate del suo ultimo album? Penso che sia vario, ha tutta una serie di canzoni che non hanno un denominatore comune, si percepiscono le varie collaborazioni con altri musicisti, l’ho trovato cambiato in meglio: ha preso molti generi. Ci piace molto perché è ricco: ci sono anche dei pezzi che richiamano il jazz. La canzone che vi chiedono di più durante i concerti? Ce ne sono tante, ma sicuramente Albachiara: se non fai Albachiara…ti sparano! Poi Siamo solo noi, Gli Angeli. Gli Angeli è una canzone molto bella e noi abbiamo anche ricordi nostri che ci legano a lei. Invece tre o quattro anni fa ci chiedevano spesso Portatemi Dio, la Strega

e Asilo Republic. Poi, dipende molto da quello che butta fuori lui, se lui ora dovesse riuscire con Vivere senza te ovviamente ci chiederebbero quella. Noi pensiamo che il vero il fan di Vasco ami tutte le sue canzoni, perché ogni canzone ti evoca qualche cosa, racconta un pezzo di te e ti lega a dei periodi della tua vita. Secondo voi da chi è formato il popolo di Vasco? Da tantissime persone da giovani, meno giovani, quasi giovani…Si porta dietro i suoi primi fan ma ne acquisisce sempre di nuovi: al giorno d’oggi è un fenomeno straordinario, perché in genere i cantanti seguiti sono molto più settoriali. Questa è l’eccezionalità di Vasco, non puoi relegare ad una sola categoria il suo popolo, il suo è un popolo dalle mille facce! È un catalizzatore! Un esempio: mia madre segue Vasco. Ad un concerto noi eravamo seduti, calmi e mia madre era in prima transenna col materassino! Soprattutto non è vero che sono tutti sballati….guardate noi… (Ndr. Ridono) Avete incontrato Vasco? “Io sì”, esordisce Simone: Natale e capodanno scorso a Zocca è stato emozionantissimo, sono riuscito a farmi firmare la copertina dell’album Gli spari sopra che è stato il mio primo amore con Vasco. Poi ho fatto il salto più alto del mondo per arrivare a prendere il suo cappellino che custodisco gelosamente in saletta prove da noi. Dove possiamo venirvi ad ascoltare? Sicuramente ci potrete ascoltare dal vivo il 21 maggio al Time Out a Barzanò, il 12 giugno al Cerenghito di Carugate, il 9 luglio saremo alla Festa della birra di Scorceseri in Toscana e domenica 24 luglio siamo a Lele forever di Villasanta, un concerto di beneficenza per la costruzione di una casa per i genitori dei bambini malati di leucemia, poi ci saranno sicuramente altre date: sul nostro sito trovate tutte le informazioni e le date che faremo www.rediovasco.it Poi ci trovate su Facebook ed abbiamo anche il nostro canale Youtube: http://www.youtube. com/rediovasco. Progetti futuri? Scrivere delle nostre canzoni ed iniziare a fare tour mondiali (Ndr. Ridono tutti).


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Isa, tra leggenda e realtà

Andy, ingresso ISA - Foto di Daniela Castoldi

Incontriamo il Preside Guido Soroldoni e l’associazione no profit RestArt [ di Marta migliardi ] Quasi tutti noi monzesi e brianzoli, di varie generazioni, ci siamo fatti una strana idea dell’Isa (Istituto Statale d’Arte oggi Liceo Statale d’Arte di Monza). Molti pregiudizi e molte leggende girano intorno alla scuola del parco (donata dalla regina Maria Teresa d’Austria): luogo degli artisti scapigliati, dai capelli colorati e con mille orecchini, abbigliamenti casuali, eclettici, cartellette disegnate o forse decorate con gli spray e l’Uni Posca. Io provenivo dall’area ribelle del Liceo Classico Bartolomeo Zucchi, ai tempi della leggendaria e severissima preside Enrica Galbiati, eppure persino alle mie orecchie giungevano le gesta della scuola d’arte circondata dai giardini reali, che aveva quell’aria decadente e un po’ dannata tipica degli artisti. Negli anni ‘80 alla domanda: che scuola fai? Se la risposta era “l’Isa” le reazioni potevano essere solo due: d’amore o di odio. Ma quando ci si trovava tutti quanti davanti al prato della Villa Reale, in quelle mattine troppo belle e magiche per poter varcare i portoni delle scuole, si era semplicemente ragazzi. Ed i pregiudizi crollavano con una partita a pallone o due chiacchiere sotto il cielo azzurro e terso. E così, noi “zucchini”, che uscivamo dalle mura di un convento e studiavamo il greco antico, non eravamo poi così diversi dai ragazzi dell’Isa che, anzi, ammiravamo per la loro dedizione all’arte e ascoltavamo rapiti mentre ci descrivevano o

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[ CLOCHART ] mostravano i loro lavori… li invidiavamo anche un po’ per quel guizzo di libertà anticonformista che trapelava dai loro occhi. “Perché ci si sente legati a questa scuola come ad una ex fidanzata, come ad un’amica che non si vede tanto tempo? Perché ogni volta che guardo le foto mi vengono gli occhi lucidi? Ci deve essere un perché... ” scrive Paolo, ex studente, su una delle pagine di facebook dedicate all’Istituto. E credo che questa frase possa riassumere in maniera efficace il senso di appartenenza a questa scuola e quell’alone di romanticismo, a tratti un po’ elitario/snob, che unisce chi ha frequentato l’Isa. Leggendo, sempre su facebook, la discussione Le cazzate che hai fatto a scuola o di cui sei stato testimone… ecco che davvero la leggenda si fonde con la colorata realtà: una professoressa che faceva aprire le finestre (anche d’inverno) per far uscire gli spiriti maligni, gavettoni, il frisbee durante la ricreazione, il bidello che correva dietro ad un bidone dell’immondizia rotolante contenente una studentessa, un pollo ruspante ed infiocchettato che girava per i corridoi, sedute spiritiche improvvisate, ecc… Non ci è dato sapere dove la fantasia superi la realtà, di certo sappiamo che l’Isa è soprattutto un’ evidenza concreta che ha annoverato, nel suo corpo docenti, artisti di calibro internazionale come Nanni Valentini, riuscendo così a formare molti artisti e illustri lavoratori: Giuseppe Basile, direttore di Domus, Alessandro Vicario, fotografo, Stefano Gabbana (Ndr. il celebre stilista facente parte, assieme a Domenico Dolce, della maison di moda Dolce&Gabbana), Alioscia (Ndr.cantante dei Casino Royale), Andy e Sergio (Ndr. musicisti dei Bluvertigo. Andy, personalità decisamente eclettica, si dedica anche alle arti figurative ed è stato il solo italiano ad esporre a Milano, in Triennale Bovisa, in occasione della mostra “It’s not only rock’n roll baby”, curata da Jérôme Sans, fondatore ed ex-direttore del centro d’arte “Palais de Tokyo” di Parigi, oggi direttore del “Centro Ullens per l’Arte Contemporanea” di Pechino), Barbara Fusar Poli (Ndr. campionessa di pattinaggio su ghiaccio), Claudio

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Silvestrin (Ndr. architetto e designer), e molti altri. L’Isa, inoltre, si è sempre battuto per la manutenzione ed il restauro degli edifici storici in cui ha sede e oggi più che mai, sotto la direzione del preside Guido Soroldoni, offre una formazione efficace e concreta, volta all’inserimento nelle realtà lavorative artistiche e tecniche del territorio (si veda anche www.isamonza. it sezione didattica). Ed è il Preside stesso a spiegarci cos’è l’Isa oggi: “Oggi siamo un Liceo Artistico con sei indirizzi, l’Isa, in pratica, è confluito nel liceo. Continuiamo, però, a mantenere, dove possibile e adeguandoci a quello che la riforma prevede, la didattica che ha sempre contraddistinto la scuola. Una didattica imperniata sul confronto costante con la realtà di un possibile committente esterno, che dia agli studenti una dimensione anche di ciò che li potrà attendere in futuro. Realizziamo molteplici bandi, concorsi e proposte che fissano tempi e modi con i quali gli alunni si devono misurare e dai quali gli studenti ottengono molti riconoscimenti. La nostra formazione tende ad essere completa: umana e culturale e che si avvicini il più possibile al prosieguo del proprio percorso come lavoratori, come uomini e come donne. Questi due aspetti, quello umano e quello professionale, non sono mai scissi. Le iscrizioni della prima sono cresciute in maniera considerevole. Per la prima volta abbiamo una lista d’attesa. E per questo necessitiamo sempre di adeguare le attrezzature qualitativamente e quantitativamente….”. Per capire ancora meglio l’essenza speciale di questa scuola incontriamo RestArt, un’associazione no profit, costituita da ex e attuali docenti, studenti e genitori di studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore di Monza, il cui primo emendamento recita: “difendere l’istruzione artistica pubblica e la Costituzione, in particolare gli articoli che sanciscono la libertà e l’indipendenza delle arti, dei saperi, della cultura e della ricerca”. La presidentessa, Arianna Tomassini, ci spiega l’origine dell’associazione: “RestArt nasce da una costola di facebook, legata all’Istituto d’Arte dove si sono incontrati ex studenti ed ex docenti che hanno ancora a cuore la loro scuola e che, nella vita, si sono realizzati anche grazie alla scuola. Il nome RestArt deriva dalla contrazione di Resto e Artista, ma può anche avere (dall’inglese to REST, cominciare) il significato di partenza dall’arte. Questo nome denso di significati e interpretazioni è nato da un’idea di Alex Falcone (ex alunno) e Michelangelo Casiraghi (attuale docente di fotografia) ”. Protagonisti di RestArt, quali vice presidenti, altri due ex allievi: Giancarlo Cazzaniga e Cristiana Ceruti che invitiamo nella nostra redazione per fare due chiacchiere più approfondite.

Il peso della cultura

Giancarlo, come e perché è nata RestArt? RestArt nasce tre anni fa, all’interno dell’Istituto Statale d’Arte a Monza, istituto storico perché nasce negli anni ‘60 ed ha avuto insegnanti di grandissimo spessore nazionale e internazionale. RestArt nasce dalla volontà d’insegnanti, ex insegnanti e studenti che si ritrovano con un amore speciale per questo luogo che, nonostante tutte le difficoltà di tipo logistico e di tipo anche organizzativo, lascia a tutti i ragazzi che escono da qui qualcosa di particolare. La nostra volontà è quella di dare, in qualche modo, a questi ragazzi e oramai non più solo a loro, alcuni suggerimenti, informazioni e un confronto con il mondo imprenditoriale perché in questo momento c’è una distanza molto ampia tra mondo della scuola e mondo del lavoro. Comunque penso che il nostro primo emendamento spieghi esaustivamente i nostri intenti. Parlateci un po’ delle prossime iniziative che vedranno coinvolta RestArt? Cristiana: Primo fra tutti c’è un progetto chiamato De Ja Vu che si concretizzerà in un evento durante la Settimana della Comunicazione di Milano ma che si svolgerà a Monza la prima settimana d’Ottobre, e che mostrerà coloro che


[ CLOCHART ] rà attraverso il contatto diretto e sto studiando l’organizzazione di aperitivi creativi aperti a tutti, in cui la gente possa capire che cos’è RestArt e cosa vuole fare. Io spero di arrivare ad avere anche più di 350 iscritti! Io vengo dal Liceo Classico Bartolomeo Zucchi ma, nonostante questo, sono legata affettivamente all’Isa perché è una scuola storica di Monza, dove ho conosciuto molti amici. RestArt è aperto a tutti o vuole rimanere un’iniziativa essenzialmente legata a chi ha frequentato la scuola? Giancarlo: RestArt è rivolta a chiunque ama questa scuola e la cultura. E, come recita l’articolo uno della nostra associazione no profit, intendiamo promuovere la cultura in tutte le sue forme. I tagli dello stato sono stati micidiali, non permettono più di fare quello che il nostro tessuto sociale ed economico permetterebbe, ovvero svolgere le grandi manifestazioni volte alle arti e alla cultura: quindi ci rivolgiamo a tutti i cittadini Monzesi e brianzoli. Spiegate ai nostri lettori come, eventualmente, ci si può iscrivere a RestArt… Cristiana: in primis andando sul sito dell’associazione, www.assorestart.org. Qui, dopo la registrazione al sito, ci si può associare pagando la quota d’iscrizione di 12 euro che, se ci pensate, per un anno, è il costo di un caffè al mese! In futuro lo si potrà fare anche nei momenti d’incontro, come gli aperitivi creativi, in cui ci sarà un apposito banchetto. Per tenersi informati sui vari appuntamenti ed iniziative v’invitiamo a tenere d’occhio il nostro sito. Per concludere, cose’è per voi l’arte? Cristiana: sono caleidoscopiche sensazioni. Giancarlo: Mi ha fregato (Ndr. ride)! Volevo dire la stessa cosa! Per me ogni qual volta qualcosa mi emoziona è arte: dalla musica alla pittura ma anche un albero che si muove fuori dalla finestra della redazione di Trantran….

Un club vitale è quello che si rinnova, nel segno della tradizione A questa regola non si sottrae anche il Lions Club Monza Corona Ferrea, che il giorno 7 aprile ha rinnovato le proprie cariche sociali, confermando presidente il dottor Edoardo Cavallè e ringraziando per l’impegno profuso il direttivo in corso. Si tratta di un avvenimento importante nella vita del sodalizio perché è la prima volta che la successione del direttivo avviene alla luce degli adempimenti previsti nello statuto di recentissima adozione. Nuovo statuto e nuovo sito, un ottimo bilancio sociale e un forte impulso al service storico, il Centro di Riabilitazione Equestre nel Parco di Monza, sono gli obiettivi pienamente raggiunti dalla presidenza Cavallè. Sulla scorta di questi risultati e sulla necessità di consolidare gli stessi i consiglieri e i soci si sono orientati per una conferma del presidente che è quindi stato rieletto con amplissima maggioranza. Tra gli altri propositi espressi dal direttivo la necessità di far crescere fin d’ora una figura in grado di succedere alla guida del club e di rinnovare gli impegni assunti dai vari consiglieri. che sulla base del nuovo regolamento, la metà di essi andranno rieletti ogni anno. Le cariche sociali risultano ora così conferite: Presidente: Edoardo Cavallè. Segretario: Piercarlo Caimi. Comitato Soci: Giorgio Parma (Presidente), Flavio Scippa (vice Presidente), Gianclaudio Piermattei. Consiglieri: Roberto Esposito (vice Presidente); Paolo Paleari, Roberto Astuti, Claudio Lonardo, Enrico Damiani Franzetti di Vergada, Enzo Schiavello, Ernesto Gandini. Revisori dei conti: Adriano Piva, Luigi Magni (effettivi); Pino Sala, Gino Ferrario (supplenti). A tutti gli eletti i migliori auguri per un proficuo lavoro secondo lo spirito dei LIONS. Il Presidente Edoardo Cavallè

ieri sono stati studenti e oggi sono professionisti attraverso un racconto fotografico. Questo perché la scuola ha avuto anche un problema di vissuto all’interno del tessuto sociale di Monza. Chi faceva l’Isa era visto come persona un po’ strana mentre, in realtà, in questo luogo sono veramente cresciuti degli ottimi professionisti di tutti i campi della creatività e della comunicazione. Vogliamo mostrare alla cittadinanza di Monza un’eccellenza che ha sotto gli occhi e che magari non ha visto fino ad adesso. Giancarlo: Un’altra iniziativa che dovrebbe partire all’inizio del prossimo anno scolastico è quella che io ho chiamato Contest Professional. Attraverso la collaborazione di Walter Minelli, che è un grande illustratore e art director, vorremmo portare dei professionisti nell’istituto e organizzare un incontro in cui i ragazzi si possono iscrivere ad una prova d’esame, senza voti, in cui venga assegnato un progetto da realizzare. I progetti giudicati migliori dalla giuria verranno pubblicati sul nostro sito e conservati per farne, tra qualche tempo, un evento. RestArt vuole essere attiva, entrare concretamente nella scuola e nel capoluogo monzese. Alunni, ex alunni, docenti e coloro che oramai sono affermati professionisti: è difficile mettere insieme tutte queste generazioni? Giancarlo: Sì, è un po’ difficile mettere insieme tutta questa gente o ritrovarla, ma oggi noi stiamo davvero aprendoci a tutti. Abbiamo aperto alla società e vorremmo arrivare, con un progetto che sta curando Cristiana che si chiama appunto “350”, a raggruppare questa quota di associati nel giro di due anni (ossia alla fine del nostro mandato). La quota associativa è irrisoria, 12 euro annui, che però ci permette di concretizzare i progetti: ricordiamo, infatti, che la nostra è una associazione no profit. Cristiana: è vero che abbiamo età diverse e siamo generazioni diverse che hanno vissuto l’istituto in anni differenti, ma l’istituto d’arte ti rimane dentro, sempre. Per quanto riguarda il progetto “350”, si evolve-

LIONS CLUB MONZA CORONA FERREA

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L’Isa dei famosi: intervista a Andy Foto di Daniela Castoldi

Non amo definire Andy, come spesso accade, ex Bluvertigo, a maggior ragione in un contesto come questo, ovvero un’intervista dove lui, musicista, pittore, artista d’eccellenza, racconta la sua esperienza presso l’Isa di Monza. Il nome della sua ex band, in questa intervista, non viene neanche citato. Parliamo di colori, di luoghi, di borghesia e del tempo che passa. Parliamo di altezza, di punk, new wave, di energie, dell’ India, di Miami, di Honk Kong e di auricolari. Parliamo di fasci di luce, di marketing, di lavoro. Parliamo della Villa Reale, di genitori, di esposizioni, di vita e , ovviamente, della sua arte. Di quante cose si può discutere amabilmente con un artista come Andy che non siano i Bluvertigo! Ups…l’ho scritto ancora! In questo numero di Trantran abbiamo dedicato uno speciale all’Isa, il mitico Istituto d’Arte di Monza, oggi Liceo. Ovviamente non potevamo esimerci dal conoscere la tua esperienza, avendolo tu frequentato per 5 anni… Sono stati senza dubbio degli anni di profonda

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formazione e anche di caos inconsapevole. Ero un quattordicenne alto un metro e 55 cm quando sono entrato, in prima, e sono uscito, nel ’90, con i capelli frisè e molto più alto: ero già arrivato, nel frattempo, a un metro e78 cm! In quegli anni si è svolto un percorso ricco di esperienze bellissime. Adesso la nuova generazione può godere di tanti miglioramenti, avvenuti anche grazie ad una serie di proteste e manifestazioni tese a portare attenzioni sulla struttura dell’Istituto d’Arte. Sono stato lì l’altro giorno, per scattare la foto che sarà sulle vostre pagine, ed è stato bellissimo vedere i laboratori nuovi, piuttosto che la nuova aula magna dove stavano inaugurando una mostra del FAI (Ndr. Fondo Ambiente Italiano). E’ avvenuto un progresso meraviglioso anche se, nello stesso tempo, non si capisce bene che tipo di futuro attenda agli Istituti d’Arte. Come ogni scuola è una tavolozza piena di colori, poi sta ad ognuno di noi attingere alle varie tonalità. L’istituto d’arte mi ha permesso di sperimentare tantissimo perché non era un sistema rigido ma un metodo sperimentale, in cui tanti insegnanti potevano interpretare il modo di insegnare, dal-

la grafica la design. Gli insegnanti uscivano dal solito programma statale: è una scuola dove gli individui fanno la differenza. Io, tra l’altro, ho partecipato all’autogestione del 1985, ero nella “commissione striscioni”: avevo imparato a fare le mascherine e sbombolettare gli striscioni che servivano per una manifestazione finale. Non si trattava del mero graffito con la parolaccia, ma di un modo di interpretare uno spazio artistico. C’era un’energia propulsiva molto forte! La location della scuola è molto particolare e intorno all’Isa ci sono sempre stati molti pregiudizi e “leggende”. Sulla pagina di facebook degli ex studenti ho letto di bizzare situazioni ed episodi. Quanto c’è di vero in queste stravaganze e quanto invece è pura leggenda? Nella mia esperienza personale non ricordo francamente di episodi così esoterici come le sedute spiritiche o di polli che vagavano per i corridoi. Certamente la matrice politica, specialmente negli anni ‘70, ha inciso molto. L’Istituto d’Arte, ai tempi, poteva rappresentare la Sinistra e gli scontri con il Fronte della Gioventù. Io però, del mio periodo, ricordo solo un gran via vai e, con il parco a portata di mano, la possibilità di falsificare le firme per entrare a scuola quando volevi era una pratica piuttosto diffusa che ci permetteva anche di godere della natura…cosa che non tutte le scuole avevano. C’è da dire anche che negli anni ‘80, o meglio nell’ 85, in un periodo di finto borghesismo, dove tutti facevano finta di avere un sacco di soldi, cosa di cui oggi noi paghiamo le conseguenze, additare il rockabilly piuttosto che il dark o il new wave era un modo per affermare il borghesismo imperante. Ed era anche una condanna, per quanto mi riguarda. L’Isa, infatti, era anche un manifesto di quelle che potevano essere le “bande” di un tempo: chi si associava ai dark, psyco dark …e c’erano anche dei paninari. Negli anni ‘80 queste erano forme culturali con un fervore molto forte perché permettevano a ragazzi molto giovani di interessarsi alla storia, alla musica, alla lettura. Adesso purtroppo vedo un uniformarsi generale, mentre ai tempi c’erano tante tipologie di cui l’Istituto d’Arte era un pullulare diversificato di tendenze. Io non vedevo il disfacimento ma, al contrario,


[ CLOCHART ] Nella Pagina precedente: Fluon Andy Villa Reale di Monza visual mapping by AreaOdeon, dj set Andy A fianco: Lady party opera di Andy

una forza propulsiva e creativa. Con le nuove riforme tante ore di pratica e laboratorio sono state tagliate e molti istituti stanno diventando licei artistici. Quanto è importante per te la pratica? Partirei dalla premessa che a livello generazionale, è difficile avere le idee chiare. Molto spesso dei genitori troppo ingombranti decidono ancora per i figli come si debbano orientare, e così fanno mancare ad un giovane le basi e la curiosità. E’ già difficile poter scegliere. A mio parere poter fare tante ore di laboratorio è una possibilità preziosissima. Piuttosto che uniformare ad un programma legato alle normative, la cosa fondamentale è dare la possibilità agli insegnanti di avere un metodo sperimentale. Io sono stato contento di poter studiare cose diverse in una situazione come quella che ho vissuto io, proprio perché l’individuo insegnante poteva fare la differenza. E all’Isa è pieno di insegnanti fantastici che non sono solo quelli che seguono il programma ma anche quelli che ti aiutano dopo scuola se devi fare la tesi di maturità, ti aprono il laboratorio. Io ho imparato tantissime cose grazie a personaggi come Flavio Pressato, Lino Gerosa… questi per me sono uomini profondamente appassionati di quello che insegnano e quindi non fanno parte necessariamente di un sistema scolastico. Io sono dalla parte delle persone piuttosto che delle prassi di sistema. Il binomio studi artistici e lavoro sembra divaricarsi sempre di più: c’è una grande difficoltà a poter vivere con l’arte imparata a scuola. Ho visto fra le tue realizzazioni degli auricolari di un noto brand personalizzati tramite la tua opera grafica. Un matrimonio ben riuscito fra arte e marketing. Che consiglio ai giovani che, usciti da scuola, devono iniziare a lavorare con la loro arte? Oggi la situazione economica e sociale è difficilissima. C’è una vecchia generazione che specula sui giovani. Si è diffusa, oramai, l’abitudine da parte di aziende affermate di prendere i giovani in stage gratuito, con la scusa di insegnare loro come si lavora, senza, però, la minima intenzione di passare poi ad un’integrazione nell’organico aziendale. I ragazzi vengono presi e spremuti, le loro idee vengono saccheggiate ed essi talvolta svolgono persino compiti che i loro datori di lavoro non saprebbero fare, senza ricevere compensi. Ai miei tempi, almeno, un riconoscimento economico di solito era pattuito. E’ un mondo saturo. Tuttavia bisogna anche dire che spesso i ragazzi non hanno la perseveranza di sbatterci

la testa per anni, provarle tutte e provarci ancora. Ed anche la perseveranza è necessaria, oggi come anni fa. Ci sono fasi che bisogna passare, esperienze su cui farsi le ossa: lo snobismo dei galleristi, il non essere pagato, opere rubate perché non avevo rilasciato una bolla d’accompagnamento, ecc. Sono cose in cui mi sono imbattuto per anni e solo negli ultimi due posso dire di avere goduto di qualche gratificazione. Tu poi citavi gli auricolari che ho realizzato…li reputo un bell’esempio di arte applicata di cui Bruno Munari (Ndr. 1907-1998, artista e designer milanese) è stato un capostipite. Dell’arte applicata mi piace soprattutto il riconoscere il mio tratto, un frammento della mia arte, nella vita quotidiana di tante persone, in questo caso “vederla indossata”. Il solo consiglio che posso dare è di credere nel proprio talento e lavorare tantissimo, conoscere altre realtà, viaggiare per ampliare la propria prospettiva e focalizzare la propria ottica.

Sempre in tema di Villa Reale, dove ha sede l’Isa, l’hanno scorso sei stato protagonista di un dj set fantastico, a cielo aperto con, come sfondo, la Villa Reale colorata da luci proiettate, raccontaci di questa esperienza? L’amore profondo che puoi provare verso la Villa Reale è strano da spiegare. E’ uno spazio istituzionale, ci ho studiato dentro però, in sé, tutto quello che concerne la Villa Reale, dentro di me, è uno spazio armonico. AreaOdeon (associazione culturale che promuove arte e cultura contemporanea e che coinvolge sia artisti locali che stranieri ad operare nel nostro territorio www. areaodeon.org), ha rielaborato al computer ogni parte della Villa Reale ricolorandola con fasci di luce in una manifestazione di videoarte applicata. Io non ho visto neanche a Berlino una cosa del genere, dei lavori più belle e più grosse (Ndr. trattasi di visual mapping, proiezioni architetturali). La mia città mi ha messo di fronte alla possibilità

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[ CLOCHART ] di vedere qualcosa di grandioso e proprio nella serata del mio dj set! E’ stata uno dei momenti più belli del mio percorso da dj che, in genere, si muove nei club o nei festival. E’ stata davvero un’esperienza preziosissima. Ringrazio davvero tutte le persone che mi hanno permesso di fare questo: è stata una serata molto, molto forte! A Gennaio sei stato in India per esporre. Hai esposto anche ad Honk Kong, Miami…che differenza c’è fra l’esporre in Italia o all’estero? Innanzi tutto all’estero viene a mancare un traino, quello del nome della band che mi ha visto partecipe per tanti anni. Per contro decadono anche i pregiudizi presenti nel mondo dell’arte italiana e dovuti al mio lavoro come musicista. Ricordo con entusiasmo la freschezza americana…a Miami avevo esposto in uno spazio collettivo, ma la gente guardava il lavoro con entusiasmo, faceva domande, era ricettiva. Nel mio immaginario tu non hai età, ti vedo sempre uguale, ma che rapporto ha Andy con il tempo? Io sono molto attaccato all’esistenza. Studio anche delle pratiche orientali che mi aiutano a cogliere la preziosità del mio tempo. Questo permettere di andare a fondo nella conoscenza di sé, di lavorare nella direzione della mancanza di ansia, cosa che ti porta a vivere il tuo presente. Tre motivi per cui vale la pena vivere… Primo motivo è che siamo un’opera, un meccanismo straordinario e vivere per capire come funzioniamo, dal punto di vista scientifico, spirituale o sociale che sia è già un gran motivo, una possibilità preziosa. Secondo perché se l’unica vera certezza che abbiamo è la morte tanto più vale la pena di godere ogni istante di vita. Terzo motivo è la bellezza del comunicare e sentirsi connessi. Progetti per il futuro? In questo periodo la pittura si sta muovendo bene…ultimamente mi hanno proposto di fare una sorta di mostra antologica sui miei primi 15 anni di lavoro: questo significa che dovrò andare nella stiva impolverata e vedere cosa mi ha portato qui, in modo da dipanare un percorso. Poi, la musica. Con il progetto Fluon, assieme al grande chitarrista Fabio Mittino ed al grande socio di sempre Fabrizio Grigolo, diventeremo I Fluon, con l’album al quale da tempo stiamo lavorando. Stiamo lavorando all’ampliamento dell’album in modo assolutamente underground, al di fuori del sistema discografico, consci di una nuova realtà di fare e fruire musica, completamente diversa da quella che ho vissuto in passato. Vedremo… Così di botto: qual è il colore che ti rappresenta in questo istante? Non uno solo, almeno due: giallo fluo e viola fluo.

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L’Isa dei non (ancora) famosi. Ambra Airoldi, giovane ex studentessa: l’arte è libertà! Cos’ha significato per te frequentare l’Isa di Monza? L’Isa è come se fosse una grande famiglia. Adesso che ho finito di frequentare l’istituto e non sono più lì me ne rendo ancora più conto. Le esperienze vissute, però, uno se le porta dentro per sempre. Incontrare persone con cui condividere l’amore per l’arte è una cosa magnifica. A Monza ho spesso sentito circolare molti pregiudizi sui ragazzi che frequentano questo istituto. Tu che lo hai frequentato e ti ci sei diplomata cosa ne pensi? E’ vero che sono tutti un po’matti, sopra le righe e senza disciplina? Mi chiedi se fossimo più liberi che in altre scuole? Sicuramente alcuni docenti ci lasciavano un po’ più di libertà ma questo era legato sia alla natura delle materie che insegnavano, nelle quali la libertà espressiva era alla base di ogni lavoro, sia alle lunghissime giornate di lezione che avevamo, per cui all’interno di lunghe sessioni di laboratorio, anche quattro ore consecutive, ci venivano di tanto in tanto, lasciati quei 10 minuti per staccare. Io credo che uno studente di arte, se non viene mai lasciato libero, non possa fare il proprio lavoro! Un aneddoto che ricordi sempre del tuo quinquennio all’ISA? In prima, ricordo una lezione di storia dell’arte trascorsa a cantare accompagnati da tanto di chitarra. Un professore che ricordi con particolare riconoscenza? Tutti i miei professori di laboratorio. Spesso si facevano lezioni di laboratori interdisciplinari, con più professori e per me erano davvero dei bellissimi momenti. Si imparava tantissimo erano momenti si “sfogo e produzione” manuale per me importantissimi. Abbiamo visto le tue opere, in gesso, dipinti e disegni…fra le tante forme espressive qual è quella che senti più tua? In realtà quella che poi ho un pochino più abbandonato per questioni pratiche, cioè i plastici, i modelli in legno. E’ una tecnica che mi appassiona ma richiede macchine e spazi appositamente dedicati e non facili da trovare

fuori dalla scuola. Però disegnare è dipingere sono, in fondo la più grande passione, una cosa che mi fa stare davvero bene. Come scegli i tuoi soggetti? Come ti viene l’ispirazione? Generalmente parto da disegni già realizzati che, se mi colpiscono, rifaccio e rielaboro. Per quanto riguarda la ceramica, invece, sono tutti lavori assegnati in un corso che ho seguito…il porta incensi, invece, era un oggetto che abbiamo realizzato, per così dire, a tema libero, e io adoro gli incensi. So che sogni di aprire fra qualche anno, ora sei giovanissima (Ndr, classe 1990) un laboratorio artigianale qui a Monza, ma nel frattempo se qualcuno fosse interessato ai tuoi lavori come ti può contattare? Chi volesse può contattarmi scrivendo all’indirizzo grasso.al@tiscalinet.it ! Oggi le materie economi o tecniche vengono ritenute molto più importanti, ai fini lavorativi, rispetto alle artistiche. La tua esperienza scolastica è stata influenzata da quest’orientamento agli studi? Io, essendomi diplomata da due anni, non ho vissuto la riforma scolastica attuale che ha praticamente cancellato gli aspetti più legati alla pratica artistica dell’Istituto d’Arte. Togliendo, o perlomeno tagliando, drasticamente le materie pratiche si è cancellata la peculiarità di questo tipo d’istituto e lo si è, di fatto, equiparato nella preparazione didattica, ad un liceo artistico, incentrato su studi teorici. Io credo che con questa riforma chi si sia iscritto all’istituto d’arte abbia perso la possibilità di studiare tutto ciò che si prefiggeva di studiare: se sei un’artista “fai” e vuoi “fare”, realizzi usando le mani, per affinare la manualità la pratica è indispensabile. Anche la teoria, certo, è necessaria, ti da delle salde basi per sviluppare la propria visione, i propri progetti, ma da sola proprio non basta ed anzi rischia, abbandonata a se stessa, di rimanere inutile. Cos’è, per te, l’arte? L’arte è la libertà. Per me è un modo di raccontare agli altri come io vedo le cose.


[ CLOCHART ]

Sono cattivissima, soprattutto con me stessa [ di ALFREDO ROSSI ]

Platinette - Foto Stefano Micozzi

L’appuntamento è per le quattro del pomeriggio e la raccomandazione è stata chiara: “Facciamo l’intervista a quell’ora, appena arrivo in redazione a Radio Deejay. Poi così ho tutto il tempo per preparare la diretta delle 18,30, senza farmi prendere dall’ansia”. Mauro Coruzzi, in arte Platinette, senza gli abiti di scena, i parrucconi e il trucco vistosamente pesante, resta comunque imponente: alto, con una corporatura massiccia, di chi difficilmente sa dire no alla buona tavola, e con pochi capelli in testa. E allora cominciamola l’intervista, facendo un po’ di spirito: “Puntuale come un orologino svizzero, eh, Mauro?”. “Nel mio caso non parlerei proprio di un orologio svizzero, soprattutto al diminutivo: vista la stazza dovrei essere paragonato a uno di quei bei pendoloni a stelo che ancora sopravvivono nei castelli inglesi e nei film horror. Comunque, sì, mi piace essere puntuale perché rispetto il lavoro degli altri e anche il mio. Le perdite di tempo, il più delle volte sono fonte di stress e uno dello stress ne fa volentieri a meno. O no?”. Giusto. E allora partiamo dalla stazza: non è un po’ troppa? “Sì, ma evidentemente in me c’è una forma di sadomasochismo: so tutto sulle diete, ho provato anche a operarmi, inutilmente, per perdere peso. Pensa un po’ che potrei dire che amo strafogarmi di cibo, proprio leggendo come dovrebbe essere una dieta corretta. Che ci posso fare? Evidentemente la contraddizione si trova bene con me...”. In effetti in te convivono due anime: quella privata di Mauro e quella artistica di Paltinette... “Vero. Sembriamo diversi, in realtà siamo tutti e due beatamente immersi nell’esagerazione. Il primo nell’0alimentazione, la seconda nel linguaggio, nella veemenza di come espone le proprie idee e le sostiene. In fin dei conti, possiamo definirci complementari”. Già, qualcuno, a proposito di Platinette, parla anche di perfidia. Cos’è per te la perfidia? “Non lo so. Io non sono perfido, ma amo dire la verità, anche quando è scomoda e quindi sembra cattiva. Esempio. Quando sento qualcuno o qualcuna che partecipa al Grande Fratello e e poi piagnucola dicendo che essere andati nella Casa più spiata d’Italia è come essere finiti in galera, esplodo a parole per non far esplodere il fegato. Ma insomma, quando uno fa la fila per ore per essere preso dal Grande Fratello o è uno che vive su Marte o sa benissimo a che cosa andrà incontro. Quindi, per piacere, niente

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[ CLOCHART ] Platinette Foto Stefano Micozzi

divertito moltissimo a dare il mio contributo al festival di Sanremo. In coppia con Van De Sfroos presiedevo la commissione che doveva scegliere, nella sezione giovani, le canzoni che in qualche modo avevano a che fare con il dialetto. L’altra era presieduta da Mario Lavezzi. E mi sembra che la sezione giovani, al festival, abbia dato buoni frutti. Intendiamoci, mica mi voglio prendere dei meriti, sto solo constatando”. Chi è la più grande diva di tutti i tempi e perché? “Non ho dubbi: sul piano estetico le grandi dive del cinema degli anni 60, tipo Jane Mansfield o Zsa Zsa Gabor. Donne che anche sul piano fisico erano all’eccesso, ben tornite. Donne donne, insomma, magari con un filo di grasso che non guasta”.

vittimismi, sennò vi sbrano! Allora sì che divento davvero cattivo e mi comporto con loro come faccio con me stesso: non mi risparmio mai niente. E me ne dico di cose a muso duro”. Tutti da buttare quelli del GF? “Praticamente sì, anche se salvo quelli della prima edizione, perché qualcuno poteva non aver capito esattamente dove avrebbe messo piede. Io ti confesso che sono ancora un grande amico di Cristina Plevani, che vinse l’edizione numero 1. Ha saputo uscire dal giro e adesso, spente le luci della ribalta, fa un altro mestiere. E bene”. Restiamo alla Tv: cosa ti piace guardare? “I telefilm, quelli medici e quelli investigativi. Starei delle ore, mangiando pop corn ma anche qualche bella fetta di salame, a guardarmeli. Adesso scrivo anche di tv per i giornali diretti da Sandro Mayer e quindi ho imparato a seguire anche altre cose. Ma prima avevo una vera e propria repulsione per le fiction: le trovavo, tutte o quasi, terribili, un filo ammorbanti. Adesso ho imparato un po’ ad apprezzarle da critico, ma da utente della tv niente batte i telefilm!”. E qual è la tv che preferisci fare? “Non ho dubbi: ‘Amici’ è la trasmissione in cui mi ritrovo di più. Mi hanno anche offerto di entrare nella giuria di ‘X Factor’, ma ho deciso di rifiutare: preferisco di gran lunga la trasmissione di Maria De Filippi e soprattutto per una ragione. A ‘X Factor’ in gara ci sono dei semiprofessionisti, gente che ha già scelto cosa vuol fare nella vita e che cerca l’occasione per mettersi in mostra.

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Ad ‘Amici’, invece, sono ragazzi sui 18 anni o giù di lì che sono spinti solo dal fuoco della passione e che hanno tutto da imparare. E vederli crescere settimana dopo settimana è stupendo: mi sembra di ritrovarmi con i miei 18 anni e con i sogni di allora. E poi ad ‘Amici’ ero in coppia con Mara Maionchi, una grande professionista che conosco fin... dall’età della pietra, intelligente e molto preparata: lavorare con lei è davvero una gran soddisfazione...”. E poi ti piace la radio... “Di quella non potrei proprio fare a meno, anche perché quando avevo 18 anni o giù di lì ed ero alto alto ma anche tanto magro magro è lì che ho cominciato. A dire il vero avevo mosso i primi passi nella ‘Gazzetta di Parma’, facevo cronaca nera, cronaca bianca e poi scrivevo anche di musica, che era la mia passione. Poi, la stessa proprietà diede vita nel 1975 a Radio Parma e mica parliamo di pizza e fichi: stiamo parlando della prima radio privata italiana certificata come tale. Ce n’era un’altra, se non ricordo male in provincia di Biella, ma non aveva programmi continuativi, andava a veniva. Ecco, ho avuto questa fortuna qua, anche se per un anno intero lo stipendio era rappresentato dai pranzi pagati al ristorante lì vicino. Quindi posso dire di essere stato tra i primi deejay italiani. Adesso ho il mio programma a radio Deejay e mi piace tantissimo il rapporto che si crea con chi ti sta ad ascoltare, inframmezzando chiacchiere e buona musica”. La musica, appunto. Per te è importante, vero? “Certo. E quest’anno devo dire che mi sono

Torniamo all’argomento ciccia: non è che sia una forma di difesa? “Non lo so. Io ho solo una certezza, perché la vivo come tale giorno dopo giorno: quella di poter vivere più vite in una sola: Una vita da grasso/ a, una da magro/a, una da uomo, una da donna. Non so se penso con testa di una donna e il cuore di un uomo o viceversa. Non so, quando vado a letto con qualcuno, se ci sta andando un travestito o meno. Insomma, sono un concentrato di contraddizioni, solo che a differenza di molti non le nascondo a me stesso, ma cerco di viverle tutte. Perché è vero, ho sempre voglia di una cosa e del suo contrario. Un vero casino!”. Tu hai provato anche con la politica, vero? “Sì, a Parma, perché non mi interessa tanto la politica a livello nazionale, ma quella a livello locale. Perché noi bassopadani, come sai io sono di Parma, tendiamo sempre a tornare da dove siamo partiti. Come ti dicevo, mi sono presentato a Parma, ma hanno trombato quello che era il mio sindaco e con lui hanno trombato anche me. Ma ci riproverò anche perché sono convinto di poter dare una mano ai miei concittadini come assessore al tempo libero, occupandomi di musica e di spettacolo”. Conosci Monza e la Brianza? “Poco, solo perché ci sono andato per qualche serata. Tra gli altri difetti di noi bassopadani c’è anche la voglia di tornare a dove siamo partiti per ricaricare le pile. Pensa che ho comprato la casa, che si trova tra Langhirano, terra del prosciutto crudo, e Felino, terra di ottimo salame, dove ho vissuto da bambino per ritrovare le mie radici. E appena posso ritorno lì, a far scorte di prosciutti, salami, formaggi, frutta fresca e quando ho tempo mi metto a fare delle conserve e delle marmellate, cosa che mi rilassa molto”. A proposito di marmellate: anni fa me ne avevi promesso un barattolo di albicocche. Quando me lo darai? “Prima o poi lo farò. Il problema è che come entro in casa a Milano praticamente li ho già finiti. E non ne restano per gli altri. Ma prima o poi te la darò la tua marmellata!”.


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[ BIS! ]

“A mio modesto parere, che peraltro condivido”

Parola di Alessandro Bergonzoni [ di Elena gorla ] Presentare Alessandro Bergonzoni è cosa quasi impossibile. Non perché lui sia impresentabile ma perché persona difficilmente definibile tramite semplificazioni linguistiche, luoghi comuni, definizioni preconfezionate: comico, scrittore, poeta, autore ed attore di teatro. Tutto questo e molto di più: la celebre frase riportata qui nel titolo racchiude a meraviglia la sua innata capacità di condurre il discorso sempre sul filo dell’assurdo. Abbiamo il piacere di incontrarlo a Monza, presso il Teatro Binario 7, dove è presente per un’incontro legato alla rassegna, oramai giunta con successo alla sua quinta stagione, Poesia Presente 2011. Sei a teatro con uno spettacolo dal titolo emblematico, Urge, raccontaci un po’di questo spettacolo e delle tue urgenze. Urge grandezza e non manie di grandezza. Ora si lavora sempre sulle manie di grandezza, sul concetto di superbia. Sicuramente urge vastità e urge una ricerca del pensiero, ancor prima che della parola. Urge quella che chiamo la ricerca “interiore ed ulteriore”. La poesia senza dubbio fa parte di questo lavoro di ricerca. Amo non relegare agli ambiti di poesia la poesia, agli ambiti d’arte l’arte, agli ambiti della trascendenza la trascendenza. Credo che sia un tutt’uno per un artista. La parola arte in questo momento è una di quelle parole che, insieme ad amore, sfida, morte, vita io chiamo “le parole coi lavori in corso”, nel senso che sono state talmente distrutte, destrutturate, sprofondate che richiedonono,

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non direi neppure una manutenzione ma proprio una rigenerazione. Da qui la protesta di Urge: questo è uno spettacolo che lavora non soltanto con una finestra sul quotidiano, sul contingente e sulla realtà ma anche su di un’antropologica denuncia e su di un antropologico Basta. Un basta al quale dobbiamo unirci non solo per ripristinare stipendi, scuola, lavoro ma per ripristinare anche un pensiero senza il quale non esistono partiti nuovi, governi nuovi, unità d’Italia e tutto il resto. Com’è nata la tua partecipazione odierna al progetto PoesiaPresente 2011? Poesia e parola, una relazione pericolosa? Come anticipavo prima, in realtà, quella fa poesia e parola non è neanche una relazione nel senso che è molto di più: come fai a mettere in relazione il sangue con il cuore, il cuore con la vista, la vista con il passo. E’ una relazione naturale, congenita e indivisibile. E’ troppo facile dire ad un certo momento “bene adesso ci curiamo della poesia! Adesso mettiamo in relazione la poesia e la vita! La poesia è in eterna relazione con tutto questo. A forza di dividere queste due zone, poesia e vita, così come poesia e arte, poesia e malattia, poesia e dolore, poesia ed erotismo, siamo arrivati dove siamo arrivati: con questa separazione abbiamo spolpato l’esistenza, come si spolpa il famoso osso del pollo per poi fratturarlo spezzandolo in due metà. E’ giunta l’ora di rendersi conto che la vita stessa è nel dna dell’arte e della poesia: non si può più attendere il momento della ricreazione, del facciamo ricreazione e andiamo nei musei, godiamo l’arte, andiamo ad ascoltare la poesia, ad amare Alda Merini e

a riscoprire il grande Edoardo Sanguineti dopo la loro morte, per poi, però, tornare nelle nostre case alle nostre cose, ai nostri giornali, alle nostre televisioni. E’ un conto che non torna più. Senza voler entrare nella polemica di come negletta è la poesia e relegata a funerali non di stato, quando i funerali di stato vengono elargiti a presentatori e personaggi dello show business. Andrebbe rivisto antropologicamente ed antroposoficamente il concetto di tutto. Il mio contatto con questa manifestazione è avvenuto attraverso la poesia della comicità, la poesia della scrittura e della parola. L’altro ieri ho avuto un incontro sui temi di malattia, anima e arte. Oggi vediamo i temi del dolore, della sofferenza e della morte trattati esclusivamente a livello giurisprudenziale, legislativo, amministrativo o politico: legge “sul fine vita”, le cure palliative, il tema dell’idratazione, ecc. Prima di tutto questo sarebbe necessario fare un discorso profondo ed estremo sul tema politico della vita. Quindi, come ho detto più volte, anche citando Saviano che giustamente parla di Gomorra e parla della violenza che subisce la civiltà da parte di chi vuole spodestare la libertà e la democrazia, tutto questo è prima di tutto un tema di anime. E’ anche un tema politico, certo, ma è innanzi tutto un tema poetico, di anime appunto. Una persona che scioglie nell’acido un bambino è una persona costituzionalmente priva di poesia, di arte, di anima. In quell’individuo si evince come tutto sia collegato in modo profondo, arte e vita. Non è che mentre uno cammina possa dirsi: “domani dedico la giornata al pancreas, oggi penso alle articolazioni e poi mi occuperò del cuore”, l’individuo è un tutto unitario, e


[ BIS! ] questa unità è la vita, un’unità interiore. E’ questa necessità di rivendicare l’unità che mi ha spinto a scendere nell’agone poetico, infatti nel 2012 uscirà il mio primo libro di poesia in senso stretto. Senza poesia non c’è teatro, non c’è arte. Questa manifestazione serve per andare a vedere un tutto, una complessità. Non molto tempo fa alla camera si è ridiscussa la legge sul testamento biologico, molto criticata e chiacchierata per i tanti limiti alla libertà etica individuale che comporta. La tua opinione in merito? Non ho ancora letto integralmente questo testo di legge, sono in fase di scorsa, lo sto affrontando con lentezza perché gli articoli di legge non hanno a che fare con la mia velocità di pensiero ma hanno necessità di approfondimento continuo. Vanno letti e riletti, interpretati e riletti ma sicuramente sono “assertore” del fatto che la nutrizione e l’idratazione non siano assolutamente delle cure ma, per me, facciano parte dell’esistere umano. Mi trovo già, quindi, con una mia base di partenza e, per quanto visto, mi sembra una legge che non è ancora fatta bene. E’ una legge a cavallo fra il divieto di eutanasia e la difficoltà estrema di regolarizzare legislativamente una decisione precedente che poi diventa complicatissima nell’applicazione postuma. Io ho sicuramente un’idea che mi accompagna sempre: dobbiamo prima trovarci attorno ad un tavolo, che non è quello delle leggi, delle regole e dei codici, ma è quello poetico, dell’amore, del concetto filosofico e trascendentale di vita, di dignità. Perché con questa legge ci si sta riferendo a coloro che saranno in coma in futuro, pretendendo di stabilire a priori le condizioni di quello stato ed il relativo approccio operativo e terapeutico. Qualche giorno fa ho avuto un incontro pubblico presso l’università Bicocca con una persona affetta da Locked In Syndrome, sindrome rappresentata nel film di Julian Schnabel, Lo scafandro e la farfalla. Credo che l’incontro sia il primo passo per la conoscenza e l’approfondimento interiori necessari a definire cosa sia “dignitoso”, cosa “bello”, cosa “vivo”, cosa “morto”, cosa “stantio”, cosa “invivibile” e cosa “inconcepibile”. Credo che proprio su questa parola bisognerebbe fare un grande studio prima di andare a parlare di testamento biologico: l’inconcepibile. Io non voglio avvalorare le divisioni, in molti mi chiedono se io sia pro o contro la vita, io credo che si debba, invece, fare un lavoro di semina del pensiero, dell’anima e solo in seguito a questo si possa parlare dei temi di vivibilità, del dolore e così via. Certo è, ed è stato dimostrato da moltissimi casi, che non è così scontato che una persona quando si ritrova “poi” nella condizione del malato mantenga le stesse opinioni e creda nelle stesse verità in tema di malattia che aveva quando “prima” si trovava nella posizione di sano. Questa conoscenza, questa analisi, però, non deve mai essere fatta in modo dogmatico. Nei miei incontri presso le università e le scuole con Giampiero Steccato, persona affetta dalla sindrome del Chiuso Dentro (Locked In Syndrome), cerchiamo sempre di non cadere nella retorica del “vedete che lui è felice” “vedete che lui vuole vivere quindi dovete pensare come

lui” ma vogliamo solo raccontare la sua esperienza, portare conoscenza di un vissuto. Non siamo un partito politico e non vogliamo vincere o convincere. Da dieci anni rappresento come testimonial La Casa dei Risvegli, un’associazione che lavora per la cura e l’assistenza agli stati di coma. Lo scopo dell’associazione è quello di effettuare ricerca, senza il pregiudizio di dove la ricerca porterà, potremmo arrivare anche a posizioni inaspettate o variabili nel tempo. Sicuramente io non credo nell’eutanasia tout court ma bisogna studiare attentamente cosa sia la libertà, cosa sia la volontà e, soprattutto, l’idea di paura. Prima di fare una legge, dunque, dovremmo fare un’operazione di ristrutturazione interiore che ci renda capaci di abbracciare realmente concetti tanto difficili e profondi come il morire, il vivere, l’essere. Da qualche parte mi sono imbattuta in questa tua affermazione: “ In questo momento storico è importante non farsi vedere”, un punto di vista interessante, me lo spieghi? Questa frase era provocatoriamente riferita all’apparire ed all’apparenza. A me piace l’apparire nel senso che se sono qui e riesco ad apparire al casello di Melegnano, sono molto contento…il dono dell’ubiquità, una gran cosa! L’apparire, invece, nel senso dell’appariscenza, nel senso del se non mi guardate, se non mi applaudite praticamente non vivo, non sono, è una cosa che non sopporto più molto. Sono anche contrario alla posizione di chi sostiene che i cantautori, i poeti debbano stare nella loro torre d’avorio perché mostrarsi è indispensabile per comunicare, per raccontare. Purtroppo alcuni cantautori e uomini di cultura sono stati messi nella torre d’avorio dal pubblico, da un sistema culturale che preferisce applaudire gli avvoltoi che nei pomeriggi televisivi sventolano fatti di cronaca. E’ indispensabile che uno appaia per comunicare ciò che sta facendo, ciò che è accaduto e successo, ma questo è molto diverso dall’apparire per avere successo, senza in realtà avere fatto nulla. Il dover lavorare, poi, richiede necessariamente anche una zona mercantile ma da qui al farne la prima istanza e condizione d’esistenza ne passa. Per contro, e in modo apparentemente auto contradditorio, mi sento anche di dire che proprio in questo momento storico è importante farsi vedere, nel senso che è importante mostrarsi e scendere in piazza (anche nella piazza interiore), a protestare. Protestare, però, non solo per motivi economici ed amministrativi ma protestare anche per la mancanza di pensiero. Perché ci portano via neuroni, non solo risparmi e lavoro. Non solo perché gli studenti non hanno futuro nell’Italia che lavora ma perché vengo derubati della stessa materia grigia! Questo è un furto a cui molti genitori assistono impotenti. Purtroppo siamo afflitti da una serie di tumori intellettuali, di metastasi culturali che hanno già attecchito in tutto il nostro corpo interno. Andando nelle scuole mi accorgo che gli studenti mantengono una propensione al ragionamento e un’anima ma queste vengono osteggiate. E’ora di combattere contro chi fa la guerra al pensiero: dobbiamo fermare i teppisti culturali che invadono le nostre televi-

sioni, i nostri giornali e le nostre radio. Bisogna capire che oggi più che mai i problemi, e gli avvenimenti in Giappone ce lo insegnano, non sono più solo di un paese ma sono di tutti, i problemi, dunque, non sono limitati all’ambito politico ma si estendono, e vanno affrontati, a livello cosmico, a livello del tutto. La tue molte attività ti hanno portato anche in cattedra…oggi è ancora possibile insegnare? E’ doveroso andare nelle cattedre, ma senza che ciò si trasformi in un diktat. Il valore dell’insegnare, inteso come salire in cattedra, risiede nel raccontare. Per questo è importante che gli accademici abbandonino le cattedre per allargare il loro racconto anche alle piazze, ai luoghi in cui non sono attesi, come le carceri, gli ex manicomi, ecc… e devo ammettere con piacere che, negli ultimi anni, in molti lo stanno facendo.

PoesiaPresente PoesiaPresente è un progetto dell’associazione culturale monzese Mille Gru, giunto alla sua quinta edizione, nella quale ha presentato in cartellone autori del calibro di Alessandro Bergonzoni, del cubano Alexis Diaz Pimienta e dell’inglese Stephen Watts, oltre ad una produzione teatrale e due pubblicazioni: - Milano Ictus spettacolo poetico, nato dall’officina di Mille Gru accompagnato dal libro con DVD - Un’antologia trilingue (italiano, inglese e farsi) di Ziba Karbassi, una delle più importanti poetesse iraniane, edita per la prima volta in Italia. Ziba Karbassi che, fin da giovanissima, vive esule a Londra. Partendo dalle tragiche vicissitudini personali e del suo Paese, la Karbassi, che fin da giovanissima vive esule a Londra, tesse un canto struggente che è il soffio di vita di chi ha dovuto lottare per la stessa sopravvivenza: “…dolore gioia odio amore affetto desiderio ossessione vulnerabilità follia vendetta. Per un attimo il poeta resta senza respiro: è in quell’attimo che la percezione si cristallizza attorno a una sensazione e libera, come in una reazione chimica, le parole.” (Z.K) Per saperne di più: www.poesiapresente.it - info@poesiapresente.it - millegru@ poesiapresente.it - tel. 039/2304329

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[ BIS! ]

IL RISORGIMENTO A MONZA [ di JURI CASATI ] Alla Galleria Civica di Monza è visitabile fino al 15 maggio 2011 la mostra “Monza racconta 1848-1861. Storie e volti del Risorgimento Monzese”, una delle manifestazioni organizzate dal Comune di Monza per celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia. I curatori della mostra hanno cercato tra i beni culturali di Monza – e in particolare nella Biblioteca Civica, nell’Archivio storico e nei Musei Civici - l’eco degli eventi nazionali del periodo risorgimentale, facendo emergere numerosi documenti narrativi tratti da diari, giornali e manifesti murari. Attorno a questo nucleo “scritto” sono stati posti gessi, quadri, bandiere, medaglie e altro ancora per arricchirne la comprensione. Sappiamo tutti che il monzese Achille Mapelli - nella mostra sono esposti un suo ritratto ed un gesso - partecipò all’azione più nota del Risorgimento: l’impresa dei Mille. Tuttavia nell’avventura risorgimentale forse Monza e la Brianza ebbero il loro vero momento di gloria qualche anno prima - nel 1848 - quando anche dalle nostre parti si verificarono tumulti antiaustriaci.

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In realtà il 1848 monzese e brianzolo affondava le sue radici in un diffuso malcontento contadino. Le masse rurali brianzole in quegli anni avevano subito un forte impoverimento e indirizzarono il loro malcontento verso gli Austriaci che occupavano la Lombardia. La scintilla che innescò la rivolta fu data dalle celebri Cinque Giornate di Milano. In un diario esposto alla mostra il giovane studente monzese Paolo Mategazza, a proposito di quelle giornate di cui era stato testimone e partecipe, scrisse: “In questi giorni si vive due volte”. La rivolta contro la guarnigione austriaca che occupava Monza divampò dalle parti dell’Arengario il 18 marzo 1848. L’esercito austriaco sparò sui dimostranti provocando 5 morti. Il 21 andò in scena il secondo atto della rivolta. Anche questa volta l’esercito austriaco aprì il fuoco provocando 15 morti tra i dimostranti, ma ebbe la peggio e dovette ritirarsi. Monza divenne a quel punto lo snodo di transito più comodo per coloro che volevano recarsi a Milano a combattere. Anche quattrocento patrioti monzesi - guidati da Gerolamo Borgazzi che morì di lì a poco su una barricata - decisero di andare a Milano per aiutare i milanesi nella loro lotta. Nella mostra è visibile un tricolore donato dai giovani milanesi a quelli monzesi in segno di ringraziamento per la partecipazione alle Cinque Giornate del 1848. Non era però ancora venuto il tempo della libertà. A Monza passarono in quei convulsi mesi Garibaldi e forse anche Mazzini, ma non poterono impedire il ritorno dell’esercito austriaco in città il 4 settembre 1848. L’esercito austriaco impose sostanzialmente la legge marziale e si lasciò andare a rappresaglie. Il 12 settembre 1848 vennero fucilati davanti alla Villa Reale Carlo e Pietro Rivolta, padre e figlio, che abitavano in una cascina dell’odierna via Monti e Tognetti e che avevano nascosto delle armi e un tricolore. Gli Austriaci seppellirono i loro corpi in terra sconsacrata ai bordi dell’attuale viale Cesare Battisti. I Monzesi si opposero all’occupazione come poterono: scritte sui muri (per le quali erano previste pene severissime), diserzioni e imboscate. Ma per la libertà bisognò attendere fino al 1859 quando gli Austriaci lasciarono la città, ma portarono a Vienna la Corona Ferrea. Tuttavia il Risorgimento monzese non era ancora concluso poiché Monza, che era nelle retrovie della guerra del 1859, accolse i feriti dal fronte e successivamente comprò armi a Garibaldi. Dopo la definitiva sconfitta austriaca i corpi di Carlo e Pietro Rivolta vennero riesumati e posti nel cimitero di San Gregorio, nei pressi dell’attuale stadio Sada. La stele funeraria che allora venne posta è visibile alla mostra. La Corona Ferrea venne restituita alla città nel 1866. Nell’ultima sezione della mostra è stato fatto il tentativo di capire cosa è rimasto oggi a Monza del Risorgimento, in particolare dal punto di vista toponomastico e monumentale, censendo oltre settanta vie dedicate a personaggi del Risorgimento, due statue di Garibaldi, ma anche steli funerarie, gessi e altri monumenti. Le classiche informazioni utili finali: la mostra è visitabile fino al 15 maggio 2011. La Galleria Civica di Monza si trova in via Camperio, 1 (sul retro del liceo classico Zucchi). Gli orari di apertura sono: da martedì a venerdì: 15.00-19.00; domenica e festivi: 10.00-12.00/15.00-19.00; lunedì chiuso. L’ingresso è gratuito. Tutti i sabati alle 15.30 (su prenotazione) sono previste visite giocate per i bambini dai 6 ai 10 anni. Tutte le domeniche alle ore 15.30 (su prenotazione) sono previste visite guidate per adulti. Info e prenotazioni: Chloe Arte 333 6096087, info@chloearte.net. Io però voglio darvi un consiglio. Per gustarvi meglio la mostra comprate e studiate prima di andarci il catalogo della mostra che è in vendita per cinque euro e che comprende un DVD contenente anche molti materiali non esposti, ma comunque utili all’approfondimento degli argomenti trattati.


[ ALTROVE racconti e consigli di viaggio ]

COSTA AZZURRA un viaggio fra lusso e natura [ di Elena Gorla ] Con la preziosa collaborazione di Elena Dell’Orto Per Costa Azzurra (Côte d’Azur) si intende il tratto della costa meridionale francese che va da Cassis a Mentone, al confine con la Riviera Italiana. La principale città della Costa Azzurra è Nizza. Giungendovi dall’autostrada la prima sorpresa è data dal forte impatto visivo de la Marina Baie des Anges (la Marina di Baia degli Angeli), quattro costruzioni chiamate Le Vele concepite in modo da dare l’impressione, viste in lontananza e in movimento, del moto ondoso. Una meraviglia che cede però il posto ad un deluso stupore in chi attratto vi si avvicini

troppo. I quattro edifici capaci di creare l’illusione ottica marina, visti da vicino, si rivelano quattro mastodonti di cemento realizzati dall’architetto André Minangoy negli anni ’60 su di uno spazio costiero abbandonato e così “riqualificato” in residenze esclusive affacciate sul mare: un’opera architettonica impressionante, al tempo stesso grandiosa ed opprimente. Nizza è una delle città più grandi della Francia, ma qui è facile ritrovare silenziose stradine dal sapore antico, con il suo bellissimo mercato dei fiori e le piazze colorate. E’ una città famosa per i suoi caffè dove ci si può fermare dopo lunghe passeggiate per concedersi deliziosi pranzetti a base di pesce e buon vino. Non ci addentrere-

mo, però, in Nizza, troppo grande per darvene un assaggio in queste poche pagine senza rubare eccessivo spazio alle altre perle della zona. Dopo Nizza il secondo centro che si incontra venendo dall’Italia è Antibes, un piccolo gioiello che merita indubbiamente una visita. Racchiusa nelle sue antiche mura è forse la località più romantica della Costa Azzurra: con il suo suggestivo porto vecchio, i suoi negozi di artigianato, il suo mercatino in cui trovare spezie, formaggi, fiori e ostriche e gli stretti vicoli inondati dal profumo di croissant e baguette. Non mancano calette meravigliose, avvolte da nubi di piante d’oleandro che profumano l’aria e colorano l’incantevole scenario.

Gorge du Verdon 23


[ ALTROVE ] Vicinissima alla tranquilla Antibes è Juan le Pen (in realtà le due località fanno parte dello stesso comune) meta giovanile per eccellenza che, con le sue tantissime discoteche e locali serali, vive prevalentemente di turismo estivo. Qui la musica è praticamente ovunque e i negozi restano aperti fino a tarda sera. Se avete meno di 30 anni e tanta voglia di fare baldoria questo è il posto che fa per voi, viceversa è da evitare con cura! Non distante da Antibes, nell’entroterra, c’è Grasse, città nota come la città dei profumi. Qui, infatti, fin dagli inizi del XIX secolo si producono le essenze rare e raffinate che hanno fatto la fortuna delle più prestigiose maison di moda del mondo. Tre storiche profumerie sono aperte per visite guidate nelle quali imparare le tecniche di produzione dei profumi e, naturalmente, alla tecnica profumiera qui è dedicato anche un museo internazionale nel quale viene narrata la storia del profumo a partire dalle sue origini, ben 4000 anni fa. Già che siete a Grasse, inoltre, vi suggerisco di non perdere l’occasione per visitare la bellissima Cattedrale di Notre-Dame du Puy, nella quale ammirare opere di Rubens, Bréa e Fragonard. Un’altra esperienza imperdibile, per la quale vale certo la pena di spostarsi nell’entroterra lasciando per qualche ora la vista del mare, è quella alle gole di Gorge Du Verdon (le Gole scavate dal fiume Verdon), in Provenza, il più spettacolare canyon d’Europa. Si possono raggiungere in automobile attraverso una strada panoramica che conduce fino al lago nascosto fra le gole ed offre scorci mozzafiato. Qui è possibile affittare delle canoe con le quali andare a visitare le tante grotte naturali lì presenti. Sempre nell’entroterra merita una visita anche Mougins, una cittadina di origine medioevale, ancora oggi interamente racchiusa fra le mura. L’ideale è visitarla nel tardo pomeriggio e perdersi fra le

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sue viuzze in cui si incontrano tanti negozietti di prodotti tipici ed artigianato locale, fittamente costellate di porticine e finestrelle abbellite da cascate di gerani e rifugio sicuro per i molti gatti che vivono nel paese. Quanto a Cannes, la Promenade de la Croisette (famosa per i tantissimi vip che vi si possono avvistare durante le giornate del festival del cinema che si svolge ogni anno a maggio, quest’anno dall’11 al 22), è la strada principale, interamente affacciata sul mare e costellata di negozi delle maggiori griffe dell’alta moda. Per i comuni mortali meglio dirigersi, per lo shop-

ping, nella parallela Rue d’Antibes dove i negozi hanno un profilo nettamente più abbordabile. Rue de Meynadier è dedicata ai souvenir turistici: oli aromatizzati, formaggi ed artigianato locale. La vicina Rue du Suquet è un indirizzo da ricordare: di giorno l’irta stradina è completamente vuota iniziando ad animarsi solo al tramonto quando i tantissimi ristorantini, perlopiù poco più grandi di un garage, portano in strada i propri tavolini. La strada è così ripida che, per consentire la stabilità di tavoli e sedute, i ristoratori sono costretti a mettere sotto le gambe dei tavoli zeppe alte anche mezzo metro. Ce n’è


[ ALTROVE ] A fianco: Il porto di Saint Tropez Sotto: La barca a vela Observer of Southampton Nella pagina precedente: Antibes

più esclusivi come, ad esempio, la Nikki Beach, riservata a soci tesserati. La leggenda narra che qui ci sia addirittura una doccia che, al posto della banalissima acqua, rinfreschi e purifichi tramite nobili getti di champagne…ovviamente, prosegue la leggenda, questo lido è assai caro alla sobria Paris Hilton. Inutile dire che, quanto a shopping, Saint Tropez pullula di negozi inavvicinabili ai più. Molto più conveniente fare acquisti al bellissimo mercato (presente il martedì, il giovedì ed il sabato), dove potrete trovare a prezzi convenienti capi di moda che anticipano di due stagioni le proposte degli atelier italiani. Oltre Saint Tropez si entra nel territorio dei co-

per tutti i gusti e per tutte le tasche: noi, se siete amanti di verdure e pinzimoni, vi consigliamo Le maschou. Qui il menu è fisso (non vegetariano) dall’antipasto al dolce e include un immenso cesto di verdure di stagione magistralmente affettate presentate. Altro indirizzo gastronomico imperdibile è il famoso Astoux et Brun, in Rue Félix Faure. Specializzato in cruditè di mare e piatti di pesce è aperto con orario continuato dalle 8 alle 23! Fra gli appuntamenti cittadini ci sono le numerose esibizioni pirotecniche estive che vengono offerte dalle autorità comunali fra giugno ed agosto: le serate con i fuochi più importanti e spettacolari sono, però, quelle del 14 luglio, con i festeggiamenti per la presa della Bastiglia, di Ferragosto e del 24 agosto, data della liberazione di Cannes. Uno spettacolo davvero imperdibile: i fuochi vengono sparati dal mare a tempo di musica in modo da riempire, danzando, il cielo dell’intera baia che abbraccia la città. Per godere lo spettacolo dei fuochi i lidi organizzano cene in spiaggia o aprono, per l’occasione, con servizio bar. Una particolarità che potrà stupire il turista è il patriottismo francese. I fuochi sono, infatti, preceduti dall’inno nazionale francese che tutti, ma proprio tutti, si alzano, mano sul cuore, a cantare con trasporto. Non possiamo tralasciare un accenno alla mondana Saint Tropez senza però dimenticare gli splendidi aspetti naturalistici di questa zona. Cannes e Saint Tropez, infatti, sono collegate (oltre che dall’autostrada percorribile in un paio d’ore) dalla bellissima strada de l’Estérel (una formazione rocciosa di origine vulcanica che si protende, come un promontorio, verso la costa mediterranea) intermente costeggiata da spettacolari rocce rosse fra le quali si aprono numerose baie con bellissime ville affacciate sul mare. La zona è sotto tutela ambientale tramite il Parco Dipartimentale de l’Estérel e i suoi

tanti sentieri sono punteggianti da moltissimi borghi e villaggi di interesse storico che, per gli amanti delle passeggiate, offrono una variante alla vita da spiaggia: in queste zone, infatti, nei secoli scorsi, si davano alla macchia e trovavano rifugio molti banditi, tant’è che lo stesso Napoleone qui venne assalito e derubato durante un suo viaggio verso la capitale. Lungo il tragitto Cannes-Saint Tropez si incontrano anche Port Grimaud, un porto turistico sorto negli anni ’60 e articolato, come una piccola Venezia, su di una fitta rete di canali artificiali costellati da ponti e case colorate, e Fréjus. Quest’ultima, fondata da Giulio Cesare, era in epoca romana il maggiore porto militare di tutto il Mediterraneo ed è oggi una città ricca di storia. La parte antica di Frejus è sita ad un paio di km dal mare su di un piccolo colle e nell’ antichità era raggiunta da un canale che sfociava in un porto. Oggi, purtroppo, di quest’ultimo non è rimasta alcuna testimonianza ma sono in corso opere tese a riportare nuovamente lo specchio d’acqua in prossimità della città antica. Nel borgo antico le testimonianze romane (ma anche quelle di epoca medievale) sono di notevole pregio (soprattutto l’imponente arena e l’acquedotto) e le strette stradine, che si aprono su incantevoli piazzette ricche di ristoranti e tranquilli locali, offrono nelle serate estive un riparo sicuro dalla confusione che regna sulla costa, a Port Fréjus. Finalmente a Saint Tropez, la località più chic dell’intera Costa Azzurra. La sua notorietà ebbe un picco negli anni ’60, quando la bellissima Brigitte Bardot la elesse a località prediletta per le sue estati. La parola d’ordine qui è ostentare. Nel porto si assiepano e gareggiano in potenza e splendore gli yacht dei vip che, invece, per i loro bagni prediligono la baia di Pampelonne che ospita i lidi

siddetti Domini del Vino, dove visitare i tantissimi paesi in cui la produzione viti vinicola è diventata, nei secoli, un’arte Bandol, Cassis, Nimes, e tantissimi altre rinomate zone di Provenza e Camargue. Una costa generosa di bellezze naturali, artistiche e gastronomiche, lambita dalle acque generose del nostro Mediterraneo. Un’idea per godere a al meglio di questa costa è di visitarla “via mare”, e se non possedete uno yacht potete sempre optare per la più ecologica e sportiva vela, assistiti da uno skipper professionista che vi garantirà divertimento e sicurezza a prezzi davvero modici rispetto agli hotel della zona come, ad esempio, a bordo della comoda ed elegante Observer of Southampton assieme al capitano Bebo (Per informazioni: www. bebosail.net).

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[ IN CUCCIA Due chiacchere a quattro zampe ]

STORIE DI GATTI & ANZIANI

Quando il micio diventa una scomoda eredità [ rubrica a cura di GABRIELLA ] Mentre il gattile si sta preparando alla sempre più vicina emergenza gattini, i nostri box si stanno purtroppo affollando di ospiti “senior” la cui permanenza nella struttura di via Buonarroti è generalmente destinata a durare. Il cliché è pressoché simile: gatti adulti, dai sette ai 17 anni di età, mici che sono stati per anni compagni fedeli, presenze discrete nella vita dei loro proprietari umani, membri a tutti gli effetti della famiglia, a un certo punto diventano di troppo. Si cerca così di liberarsene adducendo le più svariate motivazioni: allergie, gravidanze, il trasloco in una casa più piccola (ma secondo voi, starà meglio in un monolocale o in una gabbia del gattile?!). E sempre più spesso, il decesso o il ricovero in ospedale o in una casa di riposo dell’anziana padrona che non ha nessun parente disposto a prendersi cura del suo micio. “Portiamolo in canile, tanto troverà una nuova casa”, si dicono i parenti o gli ex-proprietari per sentirsi a posto con la propria coscienza, senza chiedersi cosa significhi per un gatto passare 15 anni su un divano, nel calore di una famiglia, e ritrovarsi all’improvviso in un ambiente nuovo, in un piccolo box, con volontari che non conosce che cercano di accarezzarlo nel tentativo di fargli capire che può fidarsi di loro, quando invece lui è così spaventato da non voler fare altro che schiacciarsi sul fondo del trasportino, sperando sia solo un incubo destinato a finire presto. Invece no, i giorni passano e il micio è sempre lì. Non ha nemmeno voglia di mangiare, ma butta giù

qualcosa grazie alle operatrici e ai volontari che cercano di imboccarlo stimolandolo con le pappe più gustose. Ma è triste, non sente più la voce della sua anziana proprietaria, ma solo tanti odori di altri gatti che non riconosce. Chiude gli occhi, si concentra, li riapre ma lo scenario è sempre lo stesso….

Micia: quando il dolore è più forte della separazione Questa è la triste storia di Micia (nella foto), ceduta dai parenti della padrona deceduta. Per lei l’ingresso in gattile non ha avuto un happy end, solo una dolorosa conclusione: se n’è andata il 14 marzo, appena una settimana dopo che Simona, volontaria ENPA dal cuore grande, l’aveva portata a casa per darle almeno un’illusione di aver ritrovato un ambiente (anche se era solo una stanzetta) più tranquillizzante e “familiare” rispetto alla gabbia che tanto l’aveva depressa... Eravamo quasi certi che la sua non sarebbe stata una sistemazione temporanea, in attesa di una poco probabile adozione del cuore, quanto piuttosto una sorta di accompagnamento verso un destino che si era già delineato quel maledetto sabato 5 febbraio in cui ce l’hanno lasciata, f i r mando il modulo di cessione. Con i suoi 16 anni suonati, un fisico già magrolino e con tutti i segni dell’età avanzata, Micia alternava giorni in cui mangiava da sola ad altri in cui occorreva imboccarla con le scatolette migliori che prendeva dalle dita o con l’aiuto di una siringa. Ma è il suo cuore che non ha retto al trauma improvviso e lacerante della separazione dalla sua casa e dai suoi affetti (almeno quelli che lei riteneva essere tali...). L’unica nostra “consolazione” è stata quella di ricevere, in cambio alle nostre coccole, carezze e attenzioni, delle fusa spaventosamente rumorose, amplificate dalla costipazione che, con le cure, stavamo cercando di alleviare. Ci piace pensare che ora, da qualche parte, sia finalmente tornata a d acciambellarsi felice in grem- bo alla sua “nonna” umana.

Il Canile/Gattile di Monza in via Buonarroti 52 è aperto al pubblico tutti i pomeriggi tranne mercoledì e festivi, dalle 14,30 alle 17,30. Le schede degli animali che cercano casa sono sul sito www.enpamonza.it nella rubrica Adozioni.

4 Passi a 4 Zampe: appuntamento al Parco di Monza il 15 maggio Manca ancora poco: domenica 15 maggio ci rivediamo tutti al Parco di Monza per un’allegra camminata nel parco cintato più grande d’Europa! Attenzione però: non è a giugno ma a maggio - la 17a edizione della sempre popolare manifestazione è stata anticipata di tre settimane rispetto alla data pubblicata sul nostro calendario! La Protezione Animali di Monza e Brianza invita tutti i cani e rispettivi padroni all’annuale 4 Passi a 4 Zampe. L’appuntamento è alle ore 14,00 nei pressi del parcheggio interno alla Porta di Vedano al Lambro. Quota di iscrizione: € 10 per ogni cane, che riceverà un simpatico omaggio firmato ENPA Monza. La marcia, non competitiva, si snoda lungo un percorso ombreggiato di circa tre km (agibile anche per passeggini e sedie a rotelle) partirà alle ore 15,30 per concludersi verso le 16,30 alla Cascina San Fedele. Ad attendere gli “atleti” a due e a quattro zampe un meritato ristoro: torte casalinghe e bibite per i primi, acqua fresca e crocchette per i secondi. Solo in caso di forte maltempo persistente la marcia verrà annullata.

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[ VERDISSIMO CURIOSITà, PROPRIETà E USI DELLE PIANTE INTORNO A NOI ]

L’orto sul balcone A fianco: Un raccolto Sotto: Un pomodoro capovolto Un orto appeso realizzato con oggetti riciclati

La Brianza è per definizione una verde terra e per questo, molti di noi dispongono di giardini e piccoli terreni per potersi prodigare, specie con l’arrivo della primavera, in un’attività rilassante e terapeutica: la coltivazione degli orti. Piccoli, medi o grandi che siano ci consentono di osservare la rinascita della vita e della natura e quanta soddisfazione negli occhi dei coltivatori, anche i meno esperti, quando spuntano le prime foglioline o al primo raccolto! Avete mai gustato pesto migliore di quello fatto con il basilico della vostra pianta? Oltretutto questa nuova tendenza, che sta prendendo piede anche nelle grandi città come Roma e Milano, è utile anche contro il caro vita e sta appassionando proprio tutti: manager, mamme in carriera e studenti universitari si dilettano nella coltivazione di piante destinate all’alimentazione e nel tempo libero dimenticano tacchi e 24 ore a favore di vasi e vanghette. Ed infatti, negli ultimi 5 anni, nonostante la crisi, la vendita di settore è notevolmente aumentata, grazie anche ad alcuni esempi illustri di dedizione all’orto come Michelle Obama che ha realizzato un piccolo orto su misura nientemeno che nei giardini della Casa Bianca. Non tutti, però, hanno a disposizione grandi spazi per dedicarsi a questa attività perché magari vivono in un condominio al terzo piano. Oggi però è sana abitudine creare piccoli orti in balcone con varie tecniche salva spazio: dall’orto in bottiglia a quello “capovolto”. Nel primo caso basta davvero poco: tagliare una bottiglia di plastica, inserire all’interno della stessa il terriccio, mescolarlo con dell’acqua e inserire la piantina all’interno della stessa. Ogni bottiglia deve avere un foro nel fondo per consentire il drenaggio ed evitare che le radici marciscano. Per l’orto capovolto, invece, bastano dei secchi appesi al soffitto del vostro balcone. Riempito di terriccio, il secchio, va forato sul fondo di modo

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che la pianta si sviluppi dal fondo “upside down”. Sembra complicato, ma, in realtà, oltre ad essere un metodo semplice e salva spazio è anche un diversivo ornamentale per i nostri balconi. Ovviamente, per chi ha a disposizione terrazze più ampie si può procedere anche con la classica coltivazione in vaso tenendo conto di vari fattori, per evitare di trasformarle in giungle tropicali ingestibili e fomentare liti con i vicini. Bisogna, in pratica, considerare sia la grandezza dei vasi ( per esempio il carciofo, che ha radici molto lunghe, necessita di molto spazio), sia la loro profondità e, nel caso voleste dilettarvi con la semina di rampicanti, come alcune specie di pomodori, anche dello spazio verticale che avete a disposizione. Tornando ai nostri piccoli balconi, le piante che, a detta degli esperti, sono più adatte a questo tipo di ambiente e che non necessitano di troppe attenzioni ( adatte quindi anche ai pollici meno verdi) sono: basilico, prezzemolo, carota, lattuga, rosmarino, aglio cipolla, ravanello, sedano e salvia. Ma i più temerari possono cimentarsi anche con pomodorini a grappolo, zucchini e melanzane. Ma passiamo dalla teoria alla pratica. Ecco come far crescere una rigogliosa pianta di prezzemolo. Il prezzemolo può essere coltivato in vaso da Marzo a Ottobre e comincia a germogliare già dopo pochi giorni. Il vaso può essere collocato sia in ombra che in pieno sole. La pianta va innaffiata frequentemente evitando però che l’acqua ristagni. Quando cominciano a spuntare i primi steli di fiori (normalmente dopo i primi due anni di vita) è bene reciderli, per far si che la pianta si mantenga più a lungo, considerando anche il fatto che il prezzemolo, se coperto con un telo di plastica, può sopravvivere anche in inverno. Quando arriverà il momento di raccogliere le foglie, queste andranno tagliate vicino alla base. Una volta fatto il vostro “raccolto”

oltre che utilizzare il prodotto fresco avete due possibilità: congelare le foglie o seccarle ( in questo caso l’aroma si mantiene più intatto). Cari lettori, provate anche voi a fare il vostro orto. Il sapore di un piatto composto dalle vostre coltivazioni non ha davvero prezzo!


[ BRIGANTIA

STORIA, LEGGENDE ED ESCURSIONI NELLA NOSTRA VERDE TERRA ]

L’Oasi LIPU di Cesano Maderno

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[ BRIGANTIA ]

Per maggiori informazioni e contatti: Oasi LIPU di Cesano Maderno Via Don Orione, 43 - 20811 Cesano Maderno (MB) Tel 0362.546827 - Fax 0362.508199 oasi.cesanomaderno@lipu.it - www.oasicesanomaderno.it

Ancora una volta vorremmo presentarvi una piccola perla naturalistica del nostro territorio che, forse, non tutti conoscono: L’Oasi LIPU di Cesano Maderno. L’area dell’oasi è all’interno del Parco delle Groane e si estende su tre comuni: Cesano Maderno, Limbiate e Bovisio Masciago. Nata nel 1997 dalla collaborazione tra LIPU (Ndr. Lega Italiana Protezione Uccelli), Comune di Cesano Maderno e Parco delle Groane è gestita attraverso personale qualificato ed un folto gruppo di volontari dalla LIPU - Birdlife Italia. L’Oasi di Cesano è un caratteristico e “miracoloso” esempio di area protetta metropolitana, infatti si estende per circa cento ettari di boschi, brughiere e zone umide, inseriti in un contesto molto urbanizzato e industrializzato, nella quale è, però, possibile visitare le riserve naturali di Ca’ del Re, del Biulé, dei Boschi di S. Andrea e di Ceriano e della ex Polveriera. La zona è stata oggetto, a partire dal 1998, di una grande operazione di recupero ambientale che ha portato alla realizzazione di una grande area umida di 12 ettari in un’ex-cava di argilla. In quest’area ora ci sono diversi specchi d’acqua, canali, prati allagati ed un esteso canneto, che favoriscono l’insediamento di fauna selvatica che può essere osservata da tutti i visitatori, grazie alla creazione di appositi capanni e di circa 4,5 km di sentieri attrezzati. L’Oasi è caratterizzata dalla presenza di boschi di robinia, querce, betulle e ampie radure occupate da vari arbusti, soprattutto di rosa canina e biancospino. Gli uccelli qui più diffusi sono picchi (picchio rosso maggiore, minore, verde, torcicollo e muratori) ed altre specie boschive come cince e rampichini oltre ad alcune specie di rapaci diurni fra cui gheppio, sparviere e falco pecchiaiolo, che nelle Groane nidifica in pianura. L’Oasi ospita anche tutte e quattro le specie di rapaci notturni presenti in pianura Padana: allocco, civetta, gufo comune e barbagianni. Gli arbusteti offrono un sito ideale per l’averla piccola e la sterpazzola, mentre presso i torrenti e gli stagni si possono osservare tarabusino, ballerina gialla, migliarino di palude e martin pescatore. L’Oasi è dotata di un centro visite, con annesso parcheggio, area picnic, servizi e magazzino, dove è possibile trovare materiale informativo e dove ven-

Già che siete a Cesano… Se siete già a Cesano per fare visita all’Oasi Lipu, allora vi consigliamo di concedervi anche un giro per il centro della città, dove potrete ammirare il Palazzo Borromeo con il suo meraviglioso parco. Per informazioni sull’apertura al pubblico del Palazzo e iniziative consultate il sito: http:// www.vivereilpalazzo.it. Praticamente di fianco al Palazzo, potrete vedere il Torrazzo, edificio di interesse storico che risale al XIII sec. Segnaliamo poi il Teatro Excelsior, sempre promotore di belle iniziative: magari potete abbinare la vostra visita diurna con un bello spettacolo serale.

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gono allestite piccole esposizioni. Adiacente al centro visite si trova un’area di tre ettari totalmente ricreata, con microhabitat didattici dove sono riproposti gli ambienti tipici delle Groane, e da cui si snoda un sentiero di 4 chilometri, attrezzato con pannelli didattici. Lungo il percorso il visitatore incontra una deviazione verso la Stazione di Ambientamento, voliera utilizzata per lo “svezzamento” di giovani rapaci, soprattutto notturni: essa è fruibile in primaveraestate grazie ad un corridoio esterno che consente di osservarne gli ospiti senza disturbarli. Ricchissimo il programma di proposte didattiche per le scuole, dalle materne alle superiori, e di visite guidate. Da Marzo a Luglio, ogni seconda e quarta domenica del mese, i volontari LIPU accompagnano i visitatori alla scoperta di brughiere, boschi e stagni dove fare birdwatching. Un’esperienza particolare è quella delle passeggiate serali fra i sentieri dell’Oasi alla ricerca di civette, allocchi e piccoli abitanti del bosco, in programma il 6 ed il 20 maggio, il 10 ed il 24 giugno e l’8 e 22 luglio. L’Oasi è aperta al pubblico tutto l’anno mentre il centro visite è aperto da mercoledì a domenica. L’ingresso è gratuito ma e visite guidate per gruppi e scolaresche vanno prenotate. Come raggiungere l’Oasi: • con le Ferrovie Nord Milano: direzione Seveso - Asso - Meda, fermata Cesano Maderno. • in auto: superstrada Milano - Meda, uscita Binzago, oppure Statale n. 35 (Comasina). • in bici: attraverso la rete di piste ciclabili


SOVICO

[ NONSOLOMONZA... ]

il comune che ama il verde

Cosa oramai rara di questi tempi il 57% del territorio di Sovico ((Sùvic in dialetto brianzolo, è un comune di 8.121 abitanti della provincia di Monza e Brianza che confina con Macherio, Albiate e Triuggio) è rappresentato da aree non edificate e questo anche grazie alla presenza della Valle del Lambro, zona sottoposta a vincoli idrogeologici che, grazie ai tanti e bellissimi scorci che il fiume ancora oggi regala, è anche zona di forte interesse paesaggistico. Nella zona, entro i confini comunali di Sovico, sono anche presenti alcuni edifici storici quali Villa Visconti, Cascina Belvedere e l’antichissimo Molino Bassi. Non c’è da stupirsi se proprio il comune di Sovico sarà teatro, sabato 21 e domenica 22 maggio, ella manifestazione VeRdiamoci a Sovico, evento dedicato al verde inteso a 360° (ornamentale, agricoltura, tutela ambientale, tempo libero e natura, stili di vita sostenibili), sostenuta dall’amministrazione comunale e patrocinata dalla Provincia di Monza e Brianza. La prima edizione della rassegna dedicata al verde , coinvolgerà tutto il paese in una grande festa. Ma quali sono i temi della manifestazione? “Le piante innanzitutto”, spiegano gli organizzatori, “si potranno ammirare ed acquistare piante di tutti i tipi: dalle rose ai bonsai, dalle aromatiche alle fioriture stagionali, dalle piante grasse agli agrumi. Poi l’ambiente, con la presenza di varie associazioni ambientaliste e naturalistiche, ed esperti di educazione ambientale. Ma si vuole dare spazio anche all’agricoltura

locale, che a fatica cerca di sopravvivere in un ambiente sempre più ostile e limitato, con una particolare attenzione al settore del biologico. Saranno presenti associazioni agricole con produttori di nicchia di specialità brianzole, apicoltori, aziende agrituristiche, produttori di vino e birra artigianale. In questo settore particolare risalto avrà la partecipazione dell’Associazione Direfaremangiare, che presenterà la Piccola Osteria del Mercato, a cura di Tutti Giù per Terra, Messaggeri del Gusto di Brianza, collegata a Slow Food. La parte forse più originale del programma è quella che è stata definita stili di vita sostenibili, che intende portare l’attenzione del vasto pubblico verso fenomeni in crescita quali, ad esempio, i G.A.S. (gruppi di acquisto solidale), il co-housing, la bioarchitettura e la bioedilizia, la mobilità sostenibile ed il car-pooling, il movimento per la decrescita felice, il vegetarianesimo, il turismo consapevole e l’economia solidale in generale. Non mancherà una sezione dedicata alle energie alternative ed al risparmio energetico. Si darà spazio all’artigianato creativo, al benessere naturale, a libri e riviste di settore e tanto altro ancora”. La manifestazione si terrà al sabato dalle 15 alle 22, e alla domenica dalle 10 alle 19. Al sabato la rassegna tirerà la volata alla “notte verde” organizzata dalla Associazione commercianti e artigiani di Sovico, che prevede altri motivi di attrazione, spettacoli musicali e sfilata di auto d’epoca.

Fittissimo il programma di attrazioni per grandi e piccoli, eccone alcuni esempi: Per i più piccoli: • Atelier di tree climbing (arrampicata sugli alberi) ricreativo • Manipolazioni botaniche (es. trapianto piantine pomodori in vasetto da portare a casa) • “Orchestra della natura” (laboratorio di musica con oggetti naturali) • “Battesimo della sella” con pony • “Nella vecchia fattoria” (esibizione di animali) • Laboratori vari a tema ambientale (con il coinvolgimento di fattorie didattiche e associazioni ambientaliste): • Alla riscoperta dei giochi dimenticati Per tutti: • Sportello S.O.S. piante (“Il dottore delle piante”) • Laboratori dimostrativi vecchi mestieri artigianali • Moderne tecniche di arboricoltura (poster e dimostrazioni potatura, valutazione stabilità degli alberi, tree-climbing) • Degustazione vini • Laboratorio autocostruzione lampade a LED

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[ I SEGRETI DELLO CHEF ]

Pavè di orata su letto di salsa guacamole Il consiglio di Marco: Per apprezzare appieno questo fresco e gustoso piatto ho scelto, nella buona carta dei vini proposta dal locale, un vino bianco campano, un D.O.C. Sannio Falanghina 2009 dell’azienda agricola Nifo Sarrapochiello. L’azienda ha sede a Ponte, nel beneventano, e Lorenzo ne è la giovane guida. I dodici ettari di proprietà sono gestiti a conduzione famigliare e la produzione si aggira intorno alle 70.000 bottiglie l’anno. Dal 1998 le uve vengono coltivate con il metodo dell’agricoltura biologica. L’etichetta degustata è un vino di piacevole beva, con profumi che variano dal frutto tropicale ai fiori gialli, dalla bella componente minerale. In bocca è sapido, salato, di nuovo a ripresentarsi è una mineralità accentuata; ma è anche fresco e persistente. E’ ottimo da abbinare con il piatto proposto grazie alla “pulizia” che lascia in bocca ed alla concorIngredienti: 170 gr di filetto di orata ½ lime (succo) ½ avocado maturo Sale, pepe, olio extravergine d’oliva

[ rubrica a cura di MARCO RIVA ] Oggi siamo ospiti dell’Osteria Flam di Vedano al Lambro, un bel ristorante dall’aria vagamente provenzale, gestito e curato in ogni dettaglio da Florence e Luca, i due titolari. Appena entrati rimaniamo colpiti dai bei quadri che impreziosiscono il locale, realizzati, ci raccontano, dalla sorella pittrice di Florence, Jasminka, appositamente per il loro locale. Ci accompagnano in cucina dove ci attende l’abilissimo chef Mike, anche lui amante del dettaglio e della bella forma: con poche mosse, infatti, ci stupirà per la sua capacità di trasformare questo piatto, fresco e semplice da realizzare anche a casa, in una piccola opera d’arte gastronomica. “Ho tagliato un filetto di orata di circa 170 gr. in tre parti, lasciando la pelle, e l’ho lasciato a marinare per qualche minuto su di un condimento di olio extravergine e pepe misto. Giusto il tempo di preparare la salsa guacamole. Per la salsa ho usato mezzo avocado maturo, sale, pepe, erba cipollina (la ricetta originale della guaca mole prevede l’uso di cipolla ma l’uso dell’erba cipollina rende il piatto più aromatico e meno invasivo) ed il succo di mezzo lime. Ho frullato il tutto, aggiungendo poco a poco dell’acqua in modo da rendere la salsa molto cremosa e fluida, ideale per farne un letto su cui adagiare il pesce. Nel frattempo ho cotto il pezzi di filetto d’orata

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sulla piastra bel calda per circa 4 minuti, rigirandoli qualche istante a metà cottura anche sul lato della pelle. Attenzione, un trucco: coprendo il pesce i suoi succhi non si disperdono e la carne risulta più saporita! Passiamo ad impiattare e guarnire: sul fondo del piatto colloco la salsa, ci adagio i filetti d’orata e li accompagno con un’insalatina di carote e zucchine tagliate a julienne e germogli di soia che condisco con una leggera citronette. Tremino il piatto con qualche goccia di olio aromatizzato alle erbe (di mia preparazione) e guarnisco con una fetta di lime ed arancia. Buon appetito!” Guarda il video della ricetta su www. trantran.net nella rubrica I segreti dello chef!

danza di profumi che ricordano appunto l’avocado della salsa guacamole. Un ottimo rapporto qualità-prezzo ed un diversivo per il palato, troppo spesso abituato ai soliti sapori proposti dalle etichette di distribuzione. Segui Marco nel suo viaggio fra vini e sapori sul blog http://il beverino.blogspot.com!

Per info sulle opere di Jasminka, che prima di frequentare l’Accademia di Belle arti di Brera si è diplomata a Monza presso l’Istituto d’Arte di cui in questo numero proponiamo uno speciale, si veda il blog http:// jasminkaruggeri.blogspot.com


[ REALITY ]

REALITY Venti domande per vedere la Brianza con gli occhi dei brianzoli

MARIO Età 58

Se ti dico verde… Un bel prato.

Dove sei nato? In Calabria, a Rogliano, provincia di Cosenza.

Cena… Una bella bionda.

Dove vivi? A Carate. Vivi da solo o con la famiglia? Vivo da solo. Destra o Sinistra? Centro. Che lavoro fai? Il pensionato. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Le donne! Associazione d’idee.

Se non in Brianza dove vorresti vivere? Al mio paese in Calabria, o comunque al mare. Esprimi un desiderio. Non posso esprimermi…

Vai al parco? Mica tanto. Chi è Dario Allevi? No, proprio no.

Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole al massimo!

Dai un voto a Monza e Brianza Quanto a panorami 9 ma… per come è tenuta -1.

Dimmi un proverbio A Biasòn, bruta la tera bei i donn!

Ai trasporti in Brianza? Non li uso ma mi pare ce ne siano abbastanza. Al commercio in Brianza? Il commercio è florido.

Dì qualcosa ai nostri lettori Ai lettori ma anche all’amministrazione: a Carate non ci sono parcheggi, facciamo qualcosa!

Yanisel Gomez Martinez Età …non la dico…

stupidi.

Dove sei nata? A Cuba.

Associazione d’idee. Se ti dico verde… Rosso.

Dove vivi? A Giussano.

Cena… A base di pesce...

Vivi da sola o con la famiglia? Vivo col mio compagno.

Vai al parco? Si, tutte le domeniche a Seregno.

Destra o Sinistra? Sono neutrale.

Chi è Dario Allevi? Non lo so.

Che lavoro fai? La barista. Cosa ti piace di Monza e Brianza? In Italia ho vissuto anche a Napoli e a Firenze e in Veneto ma qui devo dire che mi piacciono molto le persone. Mi piace come sono fatti i brianzoli, non sono per niente

Dai un voto a Monza e Brianza Nove. Ai trasporti in Brianza? Non saprei, ho sempre avuto la macchina e poi mi muovo pochissimo. Al commercio in Brianza? Funziona 8.

Se non in Brianza dove vorresti vivere? In Sardegna. Esprimi un desiderio. Vorrei che le cose a Lampedusa si sistemassero… Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole, qui ci sono tanti pendolari. Dimmi un proverbio La vita è fatta a scale: c’è chi scende e c’è chi sale. Dì qualcosa ai nostri lettori Dobbiamo iniziare a pensare un po’ di più con il cuore, stiamo usando troppo solo la testa. Siamo diventati troppo egoisti.

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[ RACCONTIAMOCI ]

Stefano Duchi: Chi ha detto Soerba? Storia di due musicisti in scala maggiore e minore

Se fossi un Soerba chi saresti, Luca o Gabriele? Credo che potrei essere Luca! Nel senso che Gabriele, da quanto è emerso, è quello più metodico, è quello che sistema le cose, che cura gli arrangiamenti nel dettaglio. Forse io sarei stato dei due quello un pochino più creativo, quindi Luca! I testi dei Soerba sono sempre stati molto apprezzati, per ironia e eclettica profondità. Durante un’intervista Luca ha detto che la sua canzone preferita era la Bellezza, Gabriele Noi non ci capiamo, e per te? Ce ne sono tante, è difficile dirlo! Sicuramente una canzone di Playback… sono indeciso tra Normale tu e I am Happy, potrà sembrare banale quest’ultima scelta, ma è talmente perfetta come canzone pop che non mi stanca mai! L’ho sentita e trasmessa centinaia di volte! Ma davvero dovrei farti un elenco lunghissimo! Ce ne sono alcune, come Mangiare Sano, che sono diventate, per me e i miei amici, dei veri e propri modi di dire!

[ di Marta Migliardi ] Dei Soerba (Luca Urbani e Gabriele D’Amora), gruppo pop anni ‘90 dai natali monzesi, saltati ai vertici delle classifiche nel 1998 con il brano I am happy, abbiamo già parlato nel numero 5 di Trantran (per chi volesse rileggere l’intervista doppia la può trovare sul nostro sito www.trantran. net). Oggi incontriamo Stefano Duchi, conduttore radiofonico nonché autore del libro Chi ha detto Soerba?, biografia dei due musicisti ricca di foto, racconti e aneddoti curiosi dall’infanzia fino a (quasi) i giorni nostri. L’incipit del libro, ovvero come siano arrivati a chiamarsi Soerba, è oramai leggenda metropolitana: Parco di Villa Reale, Monza: sotto il sole di un’estate alle porte, nei pressi di una grande quercia, Gabriele (D’Amora), Luca (Urbani) e Morgan (Marco Castoldi) sono distesi sul prato a rollare una canna. Marco però continua nervosamente a strappare i fili d’erba. Luca lo riprende seccato: “Smettila di strappare l’erba!” “Cos’hai detto? Soerba?” “Io non ho detto Soerba, l’hai detto tu!” “Gabriele, hai detto Soerba?” “No, però mi è sembrato proprio che qualcuno dicesse Soerba.” Nessuno aveva pronunciato quella parola, ma tutti l’avevano sentita: ne convennero fosse un ottimo nome per un gruppo. Stefano, come mai hai voluto scrivere questo libro proprio sui Soerba? Un po’ perché avevo sempre desiderato scrivere una biografia di uno o più musicisti e poi perché sono un loro grande estimatore. Mi sono innamorato della loro musica a partire da Playback e, come i grandi innamoramenti, è nato tutto molto per caso e, ad un certo punto, mi sono trovato molto coinvolto fino a che, qualche hanno fa, ho deciso che mi sarebbe piaciuto fissare su carta la loro storia. Anche perché credo che siano dei musicisti da rivalutare o, per lo meno, che sono stati valutati troppo poco. Hai definito i Soerba “i più grandi irriconosciuti artisti emersi dal gran calderone pop degli anni ‘90”. Cosa non ha funzionato? Da radiofonico, la radio ha qualche colpa in merito? (Ndr. ride) Con quella mia affermazione ho voluto “pompare” un po’ la cosa! Senz’altro ci sono tan-

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parte di sua madre (perché ho parlato anche con lei) che di Luca, che entrambi hanno affrontato la tragedia in maniera molto serena. Io non volevo violare la loro sensibilità e soprattutto la loro intimità però alla fine, grazie a loro, è stato possibile trattare in maniera naturale anche questo punto. Momenti divertenti ce ne sono stati tanti, soprattutto legati all’infanzia: come la propensione di Gabriele a distruggere tutto, nel senso che pare sia particolarmente maldestro, o anche su Luca scolaro, che non ha avuto propriamente una carriera scolastica brillante, come me del resto (Ndr. ride).

ti altri musicisti che potremmo annoverare tra gli irriconosciuti, ma essendo io molto innamorato, come ti dicevo, della loro musica ho voluto definirli “i più grandi irriconosciuti”! Per quanto riguarda la radio in Italia c’è questa specie di organizzazione occulta, che si è creata in qualche maniera tra le varie emittenti, per cui sono le grandi radio che influenzano la programmazione delle altre, a scapito di tanti artisti meritevoli, cercando più la portata commerciale che quella artistica. Non so perché avvenga questa cosa, probabilmente si cerca di raggiungere un ascolto più o meno certificato. E quindi questo meccanismo si può riportare anche alle vicende Soerba perché probabilmente qualcuno ha pensato che i singoli successivi non avessero lo stesso mordente di I am happy. Quanto tempo ci hai impiegato a raccogliere tutto questo prezioso materiale? Qualche aneddoto particolare durante la raccolta? Partirò da quello un po’ più drammatico. Ho avuto senz’altro qualche difficoltà ad avvicinarmi ai momenti in cui Luca ha perso suo padre. Era chiaramente un momento drammatico della sua vita e della sua famiglia. Ho tentennato parecchio su questo ma, chiaramente, essendo una biografia non potevo omettere. Ho scoperto però sia da

Dove possiamo trovare il tuo libro? Il libro si può acquistare su internet: su ebay, digitando Soerba nel campo di ricerca. Costa 10 euro più 2 di spedizione. C’è anche un link a www.karusonet.com Stiamo anche organizzando delle presentazioni in varie città, in concomitanza con il nuovo lavoro di Luca, l’album Catodico Praticante (uscito il 22 Aprile). Due incontri sono già stati fissati a Cremona: sabato 14 maggio, presso la Feltrinelli, presenteremo il libro e il disco. Luca canterà alcune canzoni in acustico accompagnato alla chitarra da Matteo Agosti. Poi, sempre a Cremona, sabato 4 giugno ci hanno invitati ad una manifestazione che si chiama Le corde dell’anima. E’ anche in allestimento il sito www.chihadettosoerba.net dove troverete tutti gli aggiornamenti. Tu che conosci bene Luca e Gabriele , pensi ci potrà mai essere una reunion? Ci siamo andati vicino circa un anno e mezzo fa nel senso che Catodico Praticante doveva essere il quarto album dei Soerba. Poi, un po’ perché Gabriele non era convinto delle canzoni (nel senso che lui è uno che ragiona molto in scala maggiore, Luca invece in minore), un po’perché c’è stata una dose di pigrizia di fondo, la cosa alla fine non è andata in porto. Bisognerebbe che i loro pianeti si mettessero in fila e che le loro costellazioni si allineassero ma… perché no? La cosa potrebbe accadere ancora! Io ci conto e ci spero perché, secondo me, sono molto diversi tra loro ma, anche se è sempre Luca a scrivere le canzoni, il risultato “Soerba” lo si ottiene solo con Gabriele!


[ L’ANGOLO DEL PENDOLARE ]

SE UN EURO VI SEMBRA POCO [ di JURI CASATI ] Alzi la mano chi, seduto al ristorante, non ha mai partecipato ad una discussione sul tema “quanto guadagna il gestore del ristorante”. Da un po’ di tempo in qua questo tipo di discorsi – che prima erano un’esclusiva dei ristoranti possono essere sentiti anche nei bagni pubblici della stazione Centrale di Milano per via del fatto che per accedere a questi bagni bisogna spendere un (1) euro. Un euro ed entri. Non lo vuoi sganciare? Te la tieni. Intendiamoci: anche altre stazioni, ad esempio quella di Milano Porta Garibaldi, fanno pagare l’ingresso ai bagni pubblici, ma la Centrale è stata una tra le prime stazioni ad aver toccato la soglia psicologica di un euro. I motivi sono chiari e ne abbiamo già parlato un’altra volta. Le Ferrovie hanno dato in gestione gli edifici che ospitano le stazioni più grandi a società private che ristrutturano l’edificio, pagano un certo canone, ma che poi possono sfruttare gli spazi interni.

Tutto corretto, tutto legale se non fosse che il bagno pubblico della Centrale è diventato una specie di zecca, una fabbrica di soldi che funziona come una catena di montaggio a ciclo continuo per diciotto ore al giorno per 365 giorni all’anno con un viavai continuo di persone che entrano attraverso varchi automatici come per il metrò inserendo le monete in un’apposita fessura. Le uniche spese a carico del gestore sono date da un paio di passaggi al giorno – se va bene – dell’omino delle pulizie che cambia la carta e sbroglia le situazioni più intricate. Poi basta. Capite che l’indignazione è legittima dal momento che stiamo parlando di un affare da centinaia di migliaia di euro all’anno che sfrutta l’impellenza e l’urgenza di certe situazioni. Se l’importo fosse stato di 40, 50, ma anche 60 centesimi non avrebbe detto niente nessuno o quasi. Invece l’importo di un euro, duemila lire, procura un certo disagio psicologico. Ora è inutile invocare con una retorica strappalacrime i bei vecchi tempi andati che nessuno ha visto in cui si cantava “se potessi avere mille lire al mese” (1939) o la celebre poesia di Pasolini - un po’ più recente - che riconosceva il valore sudato delle “preziose mille lire” (1968). Tutto finito e da tempo. Amen. Bisogna mettere da parte l’emotività. Se la mettono sul piano economico allora anche noi dobbiamo affrontare l’argomento con una logica terra terra: per un euro cosa ci stanno vendendo? Sicurezza? Questo può essere vero. Infatti dobbiamo riconoscere che un euro fa una discreta selezione all’ingresso. Ma oltre alla sicurezza cosa cambia poi? Che non ci sono più scritte sui muri? Anche questo può essere vero. Infatti per misteriose ragioni le scritte sui muri dei bagni pubblici (anche quelli gratuiti), così come le scritte sulle banconote, sono molte meno di un tempo, al contrario delle scritte sui muri degli edifici che invece sono aumentate. Tuttavia vale la pena poi di spendere un euro per avere un muro senza scritte mentre si fa quella cosa lì? E poi le scritte sui muri dei bagni pubblici non assolvevano in fondo la preziosa funzione di darci qualcosa da leggere per distrarci in quei delicati momenti? Che altro ci offrono per un euro? Pulizia? Oggettivamente c’è stato un discreto miglioramento rispetto ai tempi andati, anche se una cosa rimane sempre uguale: il pavimento bagnato se

non proprio allagato. Mezzo centimetro d’acqua distribuita uniformemente su tutto il pavimento che ci fa fare splash splash. Da dove arriva quell’acqua? Forse per pulire i bagni hanno utilizzato un manicotto dei pompieri? C’è una perdita? C’è una sorgente da qualche parte? Oppure è solo un subdolo espediente per far notare che hanno fatto le pulizie? In ogni caso non so se questi aspetti valgano oppure no l’euro che ci chiedono. Per concludere la trattazione di un argomento così “basso” dobbiamo trovarne un aspetto “alto”. Eccolo: qualche mese fa è stato inaugurato a Milano il Museo del Novecento. In una sala del Museo sono esposte alcune opere dell’artista Piero Manzoni tra cui la celebre Merda d’artista, cioè una scatoletta contenente appunto… Niente di nuovo sotto il cielo: una provocazione artistica simile era già stata già presentata decenni prima da Michael Duchamp con il suo Fountain, che poi era guarda caso… un orinatoio.

Dai lettori… Cari amici di Trantran, vi chiamo così, perché ormai vi sento vicini! Scusate se vi scrivo questo sfogo, magari non lo pubblicherete ma io lo scrivo in ogni caso! Io sono parte integrante di quell’esercito di persone che tutti i giorni prende il treno dalla Brianza e va alla volta di Milano. Stamane sentivo in stazione, da altri pendolari come me, che sono previsti per maggio ulteriori aumenti delle tariffe, ma stiamo scherzando? Un altro 10 % in più dicono…Ora, non so se sia vero, anche se in internet mi pare di avere letto qualcosa in proposito, ma se fosse vero mi viene solo da dire: MA STIAMO SCHERZANDO?????? L’ultimo aumento risale a febbraio, ed ora a nemmeno 3 mesi un altro 10 % in più! Lo so è uno sfogo e voi nulla potete, però, se fosse vero, la cosa inciderebbe non poco sulle mie tasche… e non solo sulle mie! Cari saluti Roberta

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[ DI TUTTO UN PO’ SVAGO GIOCHI CURIOSITà ]

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GIOCARE SUL BUIO - L’IMPORTANZA DELL’AGGRESSIVITÁ [ rubrica a cura di UTGaber ] Uno degli aspetti più cruciali per riuscire a trovare la vittoria in un torneo di Texas Hold’Em è la capacità di saper ben gestire il gioco dalle posizioni sul buio. Ma è allo stesso tempo anche uno degli argomenti meno trattati nella letteratura sul poker, probabilmente per le moltissime variabili soggettive implicate. Ricordiamo innanzitutto che le posizioni sul buio sono le prime due a sinistra del bottone del dealer, e sono quindi early positions a tutti gli effetti, anche se i giocatori che siedono in tale posizione pagano la scommessa minima prima della distribuzione delle carte (appunto al buio) e sono quindi gli ultimi a poter esprimere un’azione nella fase preflop. Nelle fasi iniziali di un torneo, quando il livello dei bui è relativamente scarso rispetto alla dimensione media degli stack, non è particolarmente conveniente rilanciare con una mano mediocre o scarsa con il solo scopo di rubare i bui (blind stealing). Ma quando si avanza verso le fasi finali e il livello dei bui si innalza considerevolmente o addirittura si sommano all’ante messo da ogni giocatore prima della distribuzione delle carte allora il piatto diventa sufficientemente consistente da indurre i giocatori a sfruttare il vantaggio posizionale e rilanciare aggredendo il piatto anche con starting hands di scarso valore con il solo scopo appunto di rubare i bui. Una simile mossa non è necessariamente prerogativa di un giocatore aggressivo, anzi al contrario è tipicamente un’arma nell’arsenale di tutti i giocatori di alto livello ed è indispensabile per riuscire a raggiungere le fasi finali di un torneo, sia un piccolo sit&go sia un affollatissimo multitable. Possiamo quindi distinguere fondamentalmente due strategie riguardo al gioco sui bui, una strategia offensiva e volta a rubare i bui avversari, e una strategia difensiva con la finalità di salvaguardare il proprio buio dalle aggressioni degli

Sudoku

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avversari. Uno dei casi tipici di blind stealing è il rilancio piazzato da un giocatore nelle ultime posizione (cutoff o dealer) quando tutti i giocatori abbiano precedentemente foldato. Se una simile azione viene ripetuta frequentemente da un giocatore è facile immaginare che il rilancio non venga necessariamente effettuato con una mano forte. La migliore contromossa in questo caso è probabilmente un rilancio forte, tale da indurre al

fold chi abbia rilanciato con una mano mediocre, sempre però che il nostro stack ci consenta ancora azione nella fase post flop. Diversamente invece dovremmo valutare se mandare i resti oppure subire il colpo e abbandonare la mano. Normalmente – salvo appunto il caso di short stack – controrilanciare l’intero ammontare delle nostre chips non è una buona mossa, perché se sfortunatamente ci trovassimo a fronteggiare una monster hand verremmo ovviamente chiamati e rischieremmo di perdere un piatto altissimo quando invece avremmo potuto limitare le perdite, se non addirittura vincere con un buon gioco post flop in bluff. Un’altra opzione è limitarsi al call purché si sia in grado di gestire correttamente il gioco dopo che vengono scoperte le prime tre carte. Chiamare nella speranza di incrociare il flop con l’unica motivazione che si è già investito il buio, e il call è quindi relativamente poco costoso, è decisamente sempre un errore. Dopo il flop avremo una posizione sfavorevole ma potremmo essere in grado di ribaltare la situazione aggredendo per primi il flop, con una strategia simile al floating, ricordando che però la proporzione tra gli stack dei giocatori nella mano e tra stack e buio è sempre fondamentale e da tenere bene in considerazione per scegliere la mossa più corretta. È naturalmente importante anche avere una buona lettura del nostro avversario se decidiamo per una simile tattica in quanto appare ovvio che un punto debole di una simile giocata risiede nel fatto che qualora sbagliassimo l’interpretazione

della mano ci troveremmo a perdere una grande quantità di chips. Un altro caso tipico è quello in cui rimangono in gioco solo il piccolo e il grande buio dopo il fold di tutti gli altri giocatori. In una simile ipotesi è abbastanza facile immaginarsi il tentativo di steal da parte di SB in quanto le probabilità che giocando contro un solo avversario questi abbia una mano decente sono relativamente poche. Possiamo quindi dire che è sicuramente corretto rilanciare da SB anche con una mano qualsiasi, facendo però attenzione a non esagerare nella frequenza se vogliamo mantenere un minimo di credibilità. Dall’altra parte ancora la contromossa più giusta è aggredire il giocatore che rilancia da SB, con però l’eccezione del caso in cui ci trovassimo ad avere noi una mano molto forte come QQ o meglio, per cui potremmo decidere di giocare in slow play, certi del fatto che l’original raiser continuerà ad aggredire il piatto in c-bet anche se non ha incrociato nulla sul flop. Allo stesso modo può risultare vincente lo slow play dal bottone o da SB, magari piazzando un rilancio minimo (2xBB) e offrendo così la possibilità al giocatore sul buio di controrilanciare tentando di vincere il piatto uncontested nella convinzione che il nostro rilancio esprima debolezza e sia solo un tentativo di steal. Ovviamente non esiste una regola valida per tutti i casi e la nostra decisione dovrà essere fatta prendendo in considerazione la nostra immagine al tavolo (quante volte abbiamo rilanciato da bottone o SB) e il tipo di giocatore che siede sul buio (se ha mostrato o meno una certa tendenza a controrilanciare, o se invece ha avuto in precedenza un comportamento più passivo). Personalmente credo che il comportamento più corretto sia variare il tipo di giocata, alternando aggressività e passività con mano deboli e mani forti, in modo da non fornire un aiuto per la lettura della nostra mano. Teniamo comunque sempre presente la storia delle mani precedenti; se abbiamo sempre rilanciato in caso di fold di tutte le posizioni precedenti allora la mossa migliore con una monster hand (come AA o KK) sarà probabilmente di continuare a rilanciare con lo stesso importo relativo. Non sarà raro che proprio in virtù della continua pressione imposta, il nostro avversario decida di difendere il proprio buio esattamente nel momento in cui le sue possibilità di vincere sono minime, cadendo così in trappola. Questo è un altro vantaggio non trascurabile del gioco aggressivo, laddove al contrario uno slow play potrebbe dare la possibilità di vedere e magari centrare un buon flop a basso costo, e la cui lettura apparirebbe peraltro molto difficile da parte nostra.


[ DALLA PROVINCIA ]

Segnali di ripresa nell’industria Richiesta di figure qualificate ma aumento di contratti flessibili Monza, 1 aprile 2011. E’ stato presentato lo scorso aprile, presso la sede della Provincia MB, il secondo rapporto relativo ai flussi del mercato del lavoro 2010 elaborato dall’Osservatorio Mercato del Lavoro della nuova Provincia, che raccoglie e analizza i dati - tra cui le assunzioni e le cessazioni - derivanti dalle comunicazioni obbligatorie effettuate dalle aziende della Provincia di Monza e Brianza. Le informazioni - elaborate dal CRISP - Centro di Ricerca Interuniversitario per i Servizi di Pubblica Utilità dell’Università di Milano Bicocca per conto della Provincia MB - consentono di individuare le dinamiche in atto nel mercato del lavoro provinciale ed il loro impatto sull’occupazione; si possono osservare gli andamenti sia per le ricadute che hanno sui lavoratori (assunzioni per contratti utilizzati, durate, lavoratori coinvolti, cessazioni, trasformazioni e proroghe contrattuali), sia per le aziende che operano in provincia, opportunamente classificate nei settori di attività economica. Il Rapporto 2010 permette di individuare alcuni segnali di ripresa - seppur deboli - con un incremento di avviamenti soprattutto nel settore industriale , aumento però di forme contrattuali flessibili con una richiesta di skill di medio livello. “Il nostro Osservatorio Provinciale sta crescendo giorno dopo giorno, abbiamo un database aggiornato con gli indicatori più utili riferiti al mondo produttivo MB - spiega il Presidente Dario Allevi - La piena consapevolezza della nostra realtà socio - economica è un tassello fondamentale per indirizzare le scelte in tema di lavoro, sicurezza e sostegno all’occupazione anche per le categorie svantaggiate. Da questo rapporto riferito al 2010 cogliamo i primi segnali di ripresa con un aumento degli avviamenti ma siamo consapevoli che la crisi non è ancora finita: lo testimoniano i dati sulla tipologia contrattuale che sono ancora lontani da quel quadro auspicato di maggior stabilità occupazionale”. Delle 194 mila comunicazioni obbligatorie raccolte da parte di aziende con sede operativa in Brianza il 47% è relativo ad avviamenti (pari a oltre 91 mila), il 41% a cessazioni (pari a oltre 79 mila), la quota rimanente, pari al 12%, riguarda proroghe e trasformazioni contrattuali. Per quanto riguarda la tipologia contrattuale emerge che il 65% degli avviamenti nel 2010 è stato effettuato con l’uso di forme contrattuali flessibili (tempo determinato, somministrazione, lavoro a progetto e altre comunicazioni), mentre nel 2009 la quota percentuale era pari al 58%. Le principali variazioni nelle quote di utilizzo sono dovute da un lato ad

un maggiore impiego della somministrazione, che passa da una quota pari a circa il 12% del 2009 al 15% nel 2010 e del tempo determinato, che passa dal 32% dell’anno 2009 al 35% dell’anno 2010; dall’altro ad un calo dell’utilizzo del tempo indeterminato che dal 39% del 2009 scende al 32% del 2010. Rispetto al 2009 diminuisce la quota degli avviamenti per il settore Commercio e Servizi, che passa dal 74% al 71% mentre l’Industria registra una tendenza inversa con quote che passano dal 17% del 2009 al 20% nel 2010 . Di rilievo anche il dato relativo alle qualifiche professionali inerenti gli avviamenti: in Brianza il 48% degli avviamenti complessivi avviene per il medium skill level, segue il low skill level con il 26% ed infine l’high skill level con il 24%. Un quadro interessante emerge anche nell’analisi di genere in cui si evidenzia che il 45 % degli avviamenti, il 42% delle cessazioni e il 13% delle proroghe e trasformazioni riguarda gli uomini mentre per le donne si osserva una quota del 49% relativa ad avviamenti, del 39% relativo a cessazioni ed il restante 11% riguarda proroghe e trasformazioni. Dunque l’universo femminile evidenzia quattro punti percentuali in più negli avviamenti rispetto al mondo maschile e tre punti percentuali in meno per le cessazioni di rapporto di lavoro. Infine nel Rapporto sono raccolti dati interessanti che riguardano la presenza di stranieri: sono 41 mila le comunicazioni obbligatorie riferite all’anno 2010, di cui il 50% è relativo ad avviamenti (pari a oltre 20 mila), il 38% a cessazioni (pari a oltre 15 mila) mentre il 12%, riguarda proroghe e trasformazioni contrattuali. “I segnali di ripresa indicano una continuità con i dati precedenti; chiedono pertanto di essere attentamente analizzati nella prospettiva di una loro evoluzione sempre più decisa. Ci attendiamo che dall’esame di questo rapporto – il primo che coglie un’intera annualità per la Provincia MB – si traggano anche ulteriori elementi di riflessione e strumenti di azione per correlare il mondo del lavoro a quello dell’Istruzione e della Formazione: settori basilari per il mantenimento e l’ampliamento delle opportunità lavorative, a salvaguardia della stabilità economica e sociale del nostro territorio” - conclude l’Assessore al Lavoro Giuliana Colombo.

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[ DAL COMUNE... ]

MONZA

Lavori socialmente utili per chi guida in stato di ebbrezza

Tra le prime città in Italia impegnate in questa sperimentazione Il 5 aprile scorso, su proposta dell’Assessorato al Personale, in collaborazione con l’Assessorato alle Politiche Sociali, la Giunta Comunale ha deliberato l’avvio di una sperimentazione annuale per la prestazione da parte di soggetti residenti nella Provincia MB colti alla guida in stato di ebbrezza, di attività non retribuite a favore della collettività così come previsto dalla riforma del Codice della Strada. Chi ha subito per la prima volta questo tipo di condanna senza aver provocato incidenti, avrà infatti la possibilità di chiedere la conversione della pena detentiva o pecuniaria in prestazione di lavori socialmente utili. L’espletamento di questo tipo di attività comporterà inoltre la dichiarazione di

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estinzione del reato, la riduzione alla metà della sanzione della sospensione della patente e la revoca della confisca del veicolo sequestrato. La prestazione non potrà superare le sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, studio, famiglia e salute del cittadino, salvo differente richiesta dello stesso. I soggetti saranno inseriti, a seconda delle proprie attitudini e sulla base di appositi progetti individuali curati dai Servizi Sociali, presso i Servizi Biblioteche e Parco e Villa Reale, oppure presso associazioni e cooperative che collaborano con l’Amministrazione Comunale. Se la sperimentazione avrà esito positivo, il

servizio sarà inserito stabilmente nella convenzione che l’Amministrazione Comunale rinnoverà prossimamente con il Tribunale di Monza, inerente lo svolgimento di lavori di pubblica utilità. Le richieste di attivazione del servizio, già corredate dell’autorizzazione da parte dell’Autorità giudiziaria, devono essere presentate all’Ufficio Affari Legali del Personale – 1° piano del Palazzo Comunale di Piazza Trento e Trieste, dal lunedì al venerdì dalle ore 8.30 alle ore 12.00. “Nel 2008 il capoluogo brianzolo vietò per primo in Italia la somministrazione e la vendita di bevande alcoliche ai minori di 16 anni - afferma l’Assessore al Personale Alfonso Di Lio -. Il lavoro dell’Amministrazione Mariani prosegue oggi con l’obiettivo di educare la cittadinanza a un uso moderato e responsabile delle sostanze alcoliche, soprattutto in caso di guida. Se da un lato questa Amministrazione si è distinta per un provvedimento repressivo che ha fatto scuola in Italia, dall’altro ci stiamo attivando per iniziative mirate all’educazione della cittadinanza verso comportamenti responsabili. Questa iniziativa ha l’obiettivo di riabilitare con dei lavori utili alla collettività le persone che hanno sbagliato e che quindi hanno potenzialmente messo in pericolo altri cittadini. Si tratta di uno scambio, di un modo positivo per scontare l’errore commesso. Sono convinto che in questo modo sarà molto meno facile cadere nuovamente nello sbaglio di assumere bevande alcoliche prima di mettersi alla guida”.


[ SPORTIVAMENTE ]

A fianco: L’allenatore Luca Monti durante l’intervista Sotto: La squadra al lavoro!

Acqua Paradiso GabecA Monza e Brianza: Cuore, tecnica e anima [ di Marta Migliardi ] Il PalaIper è gremito di gente e di entusiasmo. Si parla di più di 2500 persone. La Gabeca Acqua Paradiso oggi (13 Aprile 2011) gioca contro Casa Modena, in gara 3 dei Quarti di Play Off . E’ oramai più di un anno che la nostra città ha l’onore di avere come squadra di pallavolo di serie A1 questo eccezionale Team. La società arancio blu, la cui guida tecnica è affidata all’allenatore Luca Monti, quest’anno gode dei rinforzi di Konstantin Shumov (miglior centrale) e l’olimpionico Sean Rooney, che, insieme ai magnifici 7, ovvero Simone Buti, Jean Francois Exiga, Marcello Forni, Mauro Gavotto, Marco Molteni (lo storico capitano), Jeroen Rauwerdink e Dragan Travica regalano grande lustro e soddisfazione ai numerosi sostenitori e al capoluogo brianzolo. L’atmosfera del palazzetto è quella delle grandi occasioni, quella che regala lo sport nel suo aspetto più sano, entusiasta e vivo. Un tifo organizzatissimo, con tamburi e cori di incitamento, coriandoli e colori. Impossibile stare seduti, specie in una partita giocata sul filo del rasoio e infine meritatamente vinta al quinto set dalla squadra di casa nostra. Presenti in tribuna il Presidente della Provincia di Monza e Brianza Dario Allevi, il Sindaco Marco Mariani e l’Assessore Andrea Arbizzoni che, ad ogni punto dei nostri, esultavano con sportività. Quando uscirà il nostro giornale i quarti di Play Off saranno già terminati e speriamo che l’Acqua Paradiso abbia portato a casa più vittorie possibile. Quello che a noi interessava testimoniare è la grandezza di questo sport a Monza e l’impegno costante di

questa società. Del resto, per capire quanto questa squadra sia amata e benvoluta dal popolo monzese e brianzolo, basta andare su facebook dove vanta di più di 1300 fan e sostenitori che non mancano mai di commentare, scrivere, entusiasmarsi e appoggiare questi giocatori. Il sogno continua, dunque. A fine partita una vera e propria invasione di campo. Cronisti, fan, giovani e meno giovani, si lanciano in un abbraccio di gioia verso gli atleti: “..una partita all’ultimo respiro che ha infiammato il PalaIper”, commenterà il Presidente Allevi. Con fatica, data la ressa e il rumore assordante, riesco, infine, a raggiungere l’allenatore Luca Monti che, un’informatissima signora del pubblico, durante la partita, mi aveva segnalato essere stato, qualche anno fa, il secondo allenatore proprio della rivale squadra modenese. Monti è chiaramente soddisfatto della partita appena conclusa: “Oggi i ragazzi hanno dato veramente tutto, cuore e anima, ma anche tecnica

perché, ad un certo momento siamo proprio riusciti a cambiare la partita….” Come fa lei come allenatore a trovare sempre nuovi stimoli per i suoi ragazzi? Ha un trucco particolare? Nessun trucco! Non c’è bisogno di stimolare questi ragazzi. Giocatori di questo tipo sanno trovare in loro e nel gruppo stesso gli stimoli giusti per fare questo tipo di partita.” Voi siete a Monza da un anno circa, come vi trovate? Onestamente l’abbiamo vissuta poco! Monza ci piace moltissimo, nelle poche pause che siamo riusciti a concederci siamo andati in centro e ti posso proprio dire che è una città piacevolissima e molto vivibile! L’unica cosa che noi, purtroppo, la viviamo molto poco perché siamo quasi sempre in palestra! Se dovesse sognare in grande, quali sarebbero i suoi obiettivi? Il mio obiettivo è la prossima partita. Ci concentriamo passo per passo, sperando di poter giocare come oggi! Un saluto ai nostri lettori? Spero di vedere tanti di voi qui alle nostre partite perché è davvero uno spettacolo di alto livello! L’allenatore ha davvero ragione. Anche per noi, neofite di questo sport, è stato molto entusiasmante assistere a questa sfida. E con orgoglio continueremo a seguirli e a tenervi informati su questa meravigliosa squadra. Per informazioni sempre aggiornate: www.gabecapallavolo.it

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[ COSA SUCCEDE IN CITTà ]

A LISSONE...

Giovedì 28 aprile - ore 21.00 “RIDI BUSTER RIDI” BRIANZA MUSICA & CINEMA FESTIVAL GIORGIO GASLINI, pianoforte Sequenze filmate a cura di Pietro Baj - tratte dal celebre film di Buster Keaton Musiche: composizioni istantanee di Giorgio Gaslini Rassegna promossa dall’Associazione Musicale Duomo Direzione Artistica: Roberto Porroni Palazzo Terragni Comune di Lissone - Assessorato alla Cultura Sabato 30 aprile - ore 21.00 FESTA POPOLARE CON LA BANDA Concerto bandistico a cura della FANFARA

DEI BERSAGLIERI IN CONGEDO “A. LA MARMORA” di Casoli (CH) Palazzo Terragni Associazione Amici della Banda Domenica 1 maggio - ore 15.30 FESTA POPOLARE CON LA BANDA - ore 15.30 Sfilata del Corpo Bandistico S. Cecilia 1858 di Lissone e della Fanfara dei Bersaglieri in congedo “A.La Marmora” di Casoli (CH) - partenza da P.za Giovanni XXIII - ore 16.00 Concerto bandistico a cura del gruppo ospite ed esecuzione finale in assieme Piazza IV Novembre (in caso di maltempo a Palazzo Terragni) Associazione Amici della Banda

Novità in biblioteca: Sezione multimediale: - ampliamento orario di apertura: si aggiunge il martedì mattina dalle 9.30 alle 12.30 - possibilità di prenotazione cd musicali, dvd e audiolibri - navigazione in internet e utilizzo del computer gratuiti (limite massimo di 2 ore al giorno) - ri-collocazione dei cd musicali secondo 4 macrogeneri (musica straniera, italiana, jazz e classica) - nuovi scaffali nella sezione dedicata al cinema - nuovo spazio dedicato alle riviste di musica e cinema Al primo piano della biblioteca è stata organizzata la Sezione di Libri in “Altre Lingue” ovvero una sezione di libri in lingue diverse dall’Italiano (dal russo all’inglese, dallo spagnolo al francese, dal portoghese al tedesco e così via) creata per rispondere alle richieste degli utenti che studiano lingue o che vengono da altri paesi. Vi si trovano saggi e romanzi, classici e best sellers: testi originali in versione integrale o ridotta, ad esclusione dei libri con testo a fronte. Le lingue sono identificate da una sigla di tre lettere basata sul codice internazionale.

A NOVA MILANESE... PAESAGGI DELL’ANIMA di LUCA BONFANTI Opere 2005-2011 A cura di MATTEO GALBIATI 30 Aprile - 16 Maggio 2011 Inaugurazione Sabato 30 Aprile 2011 ore 17.00 - Villa Vertua, Nova Milanese La mostra, allestita nelle sale di Villa Vertua, ripercorre, attraverso una selezione di opere, il percorso recente della ricerca del giovane artista Luca Bonfanti. Artista complesso e poliedrico che, da diversi anni, con un impegno costante segue un’espressione artistica che, maturata da autodidatta, l’ha portato, nel tempo, a sperimen-

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tare continuamente tecniche, stili e materiali. L’urgente ed emotiva voglia di dire ed esprimersi lo ha visto, infatti, praticare e operare con la fotografia, la scultura e la pittura. Nonostante le specificità che tali linguaggi impongono siano estremamente differenti, nelle sue realizzazioni si lascia sempre intravedere la grande forza e la dirompente carica sentimentale che ne muovono la poesia, espressa sempre con rigorosa e attenta coerenza. Il suo linguaggio, che nel ciclo più recente di dipinti trova una ridefinizione più rarefatta negli elementi e nelle cromie, benché permanga nella superficie una tensione fremente, cerca di narrare le storie complesse dell’animo umano e delle sue esperienze. ensioni e pacificazioni, equilibri e instabilità di-

ventano percezioni e manifestazioni nell’arte e, di queste, Luca Bonfanti riesce sempre a trasmettere un forte controllo e non lascia cadere mai l’opera nella sguaiatezza e nell’eccesso del clamore. L’intimismo e la concentrazione diventano il mezzo per riferirsi all’uomo e al suo sentire, permettendo ad un’esperienza umana individuale di diventare il tramite per una condivisione universale. In mostra si possono ammirare, oltre ad una selezione di opere di cicli precedenti, un nucleo di lavori recenti in cui la tensione emotiva e plastica del passato diviene ancor più introspettiva e lirica. Luca Bonfanti giunge ad una nuova maturazione del suo percorso e lascia trapelare quel


[ COSA SUCCEDE IN CITTà ] A fianco: Paesaggi dell’anima n. 5

costante impegno, che diventa dedizione, nel comunicare e coinvolgere l’osservatore parlando di emozioni intime ed umane che narrano i paesaggi interiori dell’anima fatti di sentimenti e passioni vive e intense. Paesaggi tanto suggestivi, in qualunque accezione vengano intesi, da diventare condivisibili. In occasione della mostra è stato pubblicato un catalogo, in collaborazione con “Le Mappe dei Tesori d’Italia” e “Bimage”, bilingue italianoinglese con il testo critico di Matteo Galbiati, la riproduzione di tutte le opere in mostra e un aggiornato apparato bio-bibliografico.

A VIMERCATE... Al primo piano il MUST racconta la storia più recente; la sezione dedicata alla produzione industriale del Novecento presenta prodotti e immagini delle aziende che hanno caratterizzato il nostro territorio: tra l’altro un computer della IBM, i prodotti della STAR, una motocicletta Gilera. A seguire la sezione chiamata “Identità e Memoria”, dove è possibile vedere preziosi filmati che datano a partire dal 1930, accanto a strumenti e oggetti della cultura contadina.

IL MUST E’ APERTO! Il primo museo civico dedicato al territorio vimercatese Un affascinante viaggio nel tempo, dall’età romana fino ai giorni nostri Il Sindaco della Città di Vimercate Paolo Brambilla e l’Assessore alle Politiche Culturali Roberto Rampi hanno il piacere di annunciare l’apertura al pubblico del MUST Museo del territorio vimercatese.

Terminato il restauro dell’ala sud di Villa Sottocasa, conclusi i lavori di studio, di reperimento dei materiali e delle collezioni e dell’allestimento del percorso espositivo, si sono finalmente aperte le porte del primo museo interattivo e multimediale dedicato alla Brianza-est, l’area posta tra i fiumi Lambro e Adda. I visitatori possono accedere alle 14 sale del percorso espositivo, partendo dai locali di servizio con la reception, il bookshop, la sala di lettura e il punto ristoro. Si passa poi alla prima sala del museo dove sono presentati numerosi reperti archeologici, provenienti dalle necropoli locali, e si continua nelle altre sale del piano terreno che seguono una scansione cronologica e ospitano opere d’arte di notevole valore: le statue trecentesche in deposito dalla collegiata di Santo Stefano, numerosi e straordinari dipinti tra i quali la pala d’altare con l’Immacolata del Legnanino, i ritratti cinquecenteschi dei feudatari, alcuni dipinti di Mosè Bianchi, considerati tra i suoi capolavori.

All’interno del percorso espositivo i visitatori possono interagire con le opere esposte e con i contenuti didattici attraverso moderne tecnologie multimediali, animazioni video, touchscreen e istallazioni interattive.

MUST museo del territorio Villa Sottocasa via Vittorio Emanuele 53 Vimercate (MB) Info: 039 6659488 www.museomust.it

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[ LE SCIURE ]

[ Le mamme e i suv ]

Vivo a Monza, zona Collegio San Giuseppe (via Manara). Essendo una zona centrale è sempre abbastanza trafficata. Ma dalle ore 16 diventa un vero e proprio inferno in terra. Orde di SUV si fiondano e intasano le strade: sono le mamme, quelle che vanno a prendere a scuola i loro pargoli. Tutte vestite a puntino, ognuna sulla propria auto, rendono le strade vicine al San Giuseppe e alla Scuola elementare, per intenderci, un incubo. Parcheggi in seconda fila, nelle vie già strette, o sulle strisce pedonali, gruppetti di mamme che, praticamente in mezzo alla strada, si fermano a chiacchierare tra loro. Tutto rimane intasato per circa un’ora. Io non sto negando il sacrosanto diritto di una madre di andare a prendere a scuola il proprio figliuolo ma diamine, un po’ di civiltà e di organizzazione! Che ne so, fare i turni (dato che, anche nella classe di mia figlia, per esempio, molti bimbi vivono vicini se non addirittura nello stesso condominio) oppure organizzare navette della scuola. L’altro giorno, per fare dal San Giu-

seppe a Corso Milano ci ho messo 40 minuti… Mirella, Monza Cara Mirella, è accaduto recentemente anche a noi della redazione di muoverci da Vedano al Lambro alla volta del nostro mitico commercialista, in zona stazione di Monza, verso le ore 16 e fare l’errore di passare davanti al San Giuseppe. Errore imperdonabile: siamo rientrate in redazione alle 18.30 passate e abbiamo trascorso dal commercialista meno di 20 minuti. Non posso negare di aver avuto una vera e propria crisi isterica, ho cercato di introdurmi in qualche via laterale peggiorando solo la situazione. La nostra auto si muoveva di 1 cm ogni 5 minuti. Gas di scarico e clacson impazziti peggioravano il tutto. Mi è sovvenuto di quando vivevo al Cairo ( Egitto) dove sono stata per lavoro qualche tempo. Peccato che li ci sono 22 milioni di abitanti e 4 milioni di pendolari. Monza conta però circa 121.000 abitanti! Io consiglierei a tutte le belle mam-

me, specie d’estate e di primavera, di andare a prendere i loro figliuoli in bicicletta o, come dici tu, organizzare dei turni. Il buon senso, cara Mirella, risolverebbe molte cose…. Con grande solidarietà ti mandiamo un bacio. Le Sciure

[ Trantran all’Università ]

Io vado all’ Università di Medicina Bicocca che ha il suo ingresso a Vedano al Lambro e l’altro giorno vi ho scovate nel bar dove vado a pranzare! Io sono un pendolare al contrario, ovvero da Milano mi sposto verso la verde Brianza per studiare. Perché non fate anche Trantran Intorno a Milano? Un free press così ricco, a colori ben fatto noi non ce lo abbiamo!! Grandi! Mario, Milano Grazie Mario, pavoneggiandoci delle tue belle parole, torniamo chine al nostro lavoro per poterti sempre dare la ricchezza di contenuti che voi tutti meritate. Un bacio. Le Sciure

Signore e Signori, inauguriamo la posta de Il Perfido! Non capite cosa passa nella testa di un uomo? Volete consigli da parte di un astuto maschietto della peggior razza? Scrivete a: ilperfido@trantran.net

La rubrica de “Il Perfido” Caro Perfido, sono una grande fan di Trantran. Adoro le Sciure ma quando ho visto su facebook che ci sarebbe stata la posta del maschilista per antonomasia ho deciso di scrivere a te. 1) Mi spieghi perché un ragazzo che ho conosciuto e che per le prime due settimane mi ha riempita di regalini e inviti, da un giorno all’altro è sparito dicendomi che non eravamo fatti l’un per l’altra? Considera che il giorno prima mi aveva regalato un palloncino a forma di cuore. 2) E poi perché voi maschietti andate dietro solo a quelle che vi ignorano e che vi trattano male? Io ho solo 18 anni, e vorrei sapere se devo diventare una stronza anche io per farmi corteggiare o se vado bene così, dolce e sensibile... Baci Sonia Cara Sonia, hai fatto benissimo. Le Sciure possono darti e scriverti solo quello che vuoi sentirti dire,

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da donna a donna. Andando con ordine, ecco la mia lettura della situazione: 1)Un ragazzo che nelle prime due settimane ti riempie di inviti ci può stare perché ha una gran curiosità e voglia di scoprirti, ma i regalini proprio NO! Voto: 4 al corteggiatore che si brucia le cartucce prima del tempo ma soprattutto voto 2 al palloncino a forma di cuore, PENOSO! Se è scomparso da un giorno all’altro è tipico di tal soggetto: con la stessa facilità e velocità con cui il soggetto usa “accessori” per agghindarti, te ne spoglia completamente in un baleno quando meno te lo aspetti, senza remore. 2) Noi si va dietro allo stuzzicante gusto del difficile, del proibito, dell’irraggiungibile. Un po’ per sfida, un po’ per sfiga. Ci piace tremendamente pensare, ripensare, sforzarci di capire e conquistare, perché il piacere a volte sta nel corteggiamento. Nel

tuo caso credo che probabilmente non gli piacevi fin dall’inizio ma come spesso accade uno non è che subito ti dice che non gli piaci. Passa una sera, 2, 3... Intanto che elucubriamo sul da farsi non stiamo con le mani in mano e nel frattempo si fa i brillanti perché mica ci si può bruciare l’eventuale riuscita del corteggiamento, causa lassismo, se poi si decidesse di andare avanti. I più bravi e risoluti,al massimo alla seconda uscita, sanno e capiscono se ci sarà un futuro. I più pigri la tirano per le lunghe, magari anche per mesi o anni, piuttosto che star da soli. Sonia, tu resta come sei, fatti furba, impara a individuare i soggetti e vedrai che potrebbe anche diventare divertente il gioco delle parti. Comunque direi che tutto sommato t’è andata di lusso: 15 giorni, mezza incazzatura e di nuovo in pista! Saluti dal Perfido.


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Il prossimo numero uscirà martedì 31 maggio

Carabinieri ............................................. 112 Centro antiveleni (Ospedale Niguarda) .................. 02 66101029 Croce Rossa Italiana.... 039 322384-32365 Emergenza sanitaria ........................... 118 Guardia medica ......................840 500092 Guardia Igienico Veterinaria .............................................. 039 2323501 Guasti acqua e gas . ...................039 23851

Guasti illuminazione strade. .800 901050 Guasti ENEL .............................800 023421 Polizia di Stato......................... 039 24101 Polizia Municipale Monza ........039 28161 Polizia stradale Arcore: ........039 617333 Polizia stradale Seregno: .... 0362 239077 Protezione civile ......................039 28161 Soccorso stradale ........................... 116 Vigili del fuoco .................................. 115

DOVE TROVARE LA RIVISTA • Stazione di Monza • Stazione di Arcore • Stazione di Seregno • Stazione di Desio • Stazione di Seveso • Stazione di Meda • Stazione di Lissone • MM Cologno Monzese/Brugherio Nelle stazioni sopra riportate, la distribuzione avverrà la mattina del giorno d’uscita tramite hostess • Edicola Sira, via Solferino, davanti all’Ospedale Vecchio, Monza • Edicola Enrico, via Cavour 142, Seregno • Bar Boulevard viale Cesare Battisti 121, Vedano al Lambro • Ottica Mottadelli, via Preda 13, Verano Brianza • Bar Zapin, via IV Novembre, Vergo Zoccorino (Besana Brianza) • Tennis Concorezzo, via Libertà 1, Concorezzo • Tambourine, via Carlo Tenca 16, Seregno • Comune di Vedano al Lambro (info point) • Comune di Monza (info point) • Enoteca Brambilla, via Cattaneo 57, Lissone • Flu-on laboratorio, S. Rocco Monza • Speedy Bar,Via Appiani 22 Monza

• Studiofluido, via Leonardo da Vinci 30, Seregno • Osteria dei Vitelloni, via Garibaldi n.25, Seregno • Bloom di Mezzago • Bar Tabacchi Ambrosini, Monza • Baby College - Oxford Group, via Verdi 83, Seregno • Biblioteche comunali di Monza • Biblioteca di Lissone • Bar la Piazzetta, via S.Bernardo, Carate Brianza • Pescheria Satalino, Corso del Popolo 94, Seregno • Turnè trattoria e bistrot, via Bergamo 3 Monza • Buffetti Corso Milano 38, Monza • Ambrosini Tabacchi, Piazza Carducci 2, Monza ..e inoltre presso le copie saranno reperibili all’interno della Galleria Auchan di via Lario a Monza, collocate in appositi espositori, a disposizione dei numerosi clienti che vi transitano ogni giorno

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