www.trantran.net | n. 8 mensile | 25 maggio_2010
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[ MUSICA ]
Due domande a Morgan: due visioni diverse di lui
[ INTERVISTE ] Garbo: trent’anni di musica
Andrea Micucci: il Mozart di Monza Michele Allegri, lo scrittore del mistero
[ Rock targato Brianza ] The NUV
[ EVENTI ]
A Desio con Luca Jurman
[ BRIANZA ]
La Villa di Gadda
[ ALTROVE ]
Varigotti, la perla ligure
[ EDITORIALE ]
Sarà capitato anche a voi...
Anno II numero 8 - 25 Maggio 2010 Distribuzione gratuita Editore: Trantran Editore s.r.l. Viale Cesare Battisti, 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Fondatrici: Marta Migliardi, Elena Gorla, Adriana Colombo Direttore: Alfredo Rossi Capo Redazione: Marta Migliardi Redazione: Elena Gorla, Adriana Colombo, Juri Casati, Giulia Cavaliere, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Niccolò, Gaber, Lorenzo, Sara Tripaldi Si ringraziano per questo numero: Fabrizio Grigolo (F) e Andy, per la loro sempre immensa gentilezza. Mara Brioni, Isadora Banaudi, Tobia Scandolara. Foto di copertina Morgan di Mara Brioni (Violator3) Per contattarci: direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Progetto grafico, impaginazione, raccolta pubblicitaria:
a socio unico Direttore Responsabile e Amministratore Unico: Genesio Ferrari Via Degani, 1 42124 Reggio Emilia (RE) Tel. 0522.232092 - 926424 Fax 0522.231833 info@eridania-editrice.it www.eridania-editrice.it Filiale: Via Betty Ambiveri, 11 24126 Bergamo Stampa: Grafiche2000 Cassinetta di Lug. (MI) Tiratura: 14.000 copie È vietata la riproduzione di testi, grafica, immagini e impostazione della guida e della cartina allegata. Eridania Editrice s.r.l. non si assume nessuna responsabilità diretta e indiretta sull’esattezza dei dati e dei nominativi contenuti nella presente pubblicazione, nonchè sul contenuto dei testi, degli slogan, sull’uso dei marchi e delle foto da parte degli inserzionisti.
[ di ALFREDO ROSSI, il Direttore ] Un mese di maggio, almeno dal punto di vista meteorologico, qui dalle nostre parti, non tanto baciato dal sole: di acqua ne abbiamo avuta a volontà (per i miei gusti personali e per il fatto che per spostarmi uso praticamente solo lo scooter, anche troppa). Per questo motivo il Lambro (dopo aver subito l’insulto dell’inquinamento da gasolio qualche mese fa) è tornato a essere un fiume quasi maestoso, raggiungendo le sponde di contenimento dalla Brianza al parco di Milano che porta il suo nome. Conseguenza di tutto questo, spesso le strade sono state invase da pozzanghere. Sarà capitato anche a voi di fare il pedone in situazioni simili o di aver visto la seguente scenetta: ombrello in una mano, nell’altra la borsetta o un sacchetto della spesa. Per rendere il tutto ancora più complicato, aggiungete il cellulare a cui rispondere, mettendo la borsa della spesa o la borsetta davanti alla bocca, oppure un cane al guinzaglio. Vitaccia, vero? Ma il colmo viene raggiunto quando un’auto, passando dentro una pozzanghera, vi dà un bella lavata.. Ma che bella giornata! Certo, ci vorrebbe più educazione da parte degli automobilisti (o degli scooteristi), ma non solo. Il fatto è che nelle nostre strade, ci avete mai fatto caso, le pozzanghere non sono mai al centro della strada, ma sempre verso i marciapiedi. Perché le nostre strade non sono fatte a “schiena di mulo” (cioè alte al centro della carreggiata e che vanno digradando verso il marciapiede) o concave (vale a dire alte vicino al marciapiede e basse al centro della carreggiata), come succede in tenti altri Paesi europei. Le nostre strade tentano di essere piatte, ma piatte non sono e così succede che regolarmente si formano pozzanghere che diventano un’arma impropria contro i pedoni (molto spesso anziani o mamme con carrozzine). Perché allora non tornare a farle concave o convesse, come dicevo più sopra? Complicato e complesso, potrebbe obiettare qualcuno, rifare tutti i manti stradali. Giusto, anche se non sarebbe male, almeno in caso di strade da riasfaltare completamente, di scegliere una delle due soluzioni. Nell’attesa, un’altra domanda, sarà capitato anche a voi di porvela: perché ogni volta che viene rifatto l’asfalto, se in un determinato punto prima si formava una megapozzanghera, dopo la riasfaltatura, al primo temporale, quella maledetta pozza d’acqua è sempre lì? Il geometra o il capocantiere che sovrintende ai
lavori non ha alcuna possibilità di farla sparire? Forse non vi sarà mai capitato, ma vi capiterà tra poche pagine di questo numero di TranTran di imbattervi in un articolo su un monzese doc, che da mesi campeggia, per vari motivi, sui quotidiani e i settimanali: Morgan, il musicista cantautore che ben pochi non conoscono. Vi scrive di lui la nostra Marta Migliardi che Marco Castoldi (questo il vero nome anagrafico di Morgan) lo conosce bene, sotto tutti i punti di vista, da moltissimi anni. Davvero imperdibile.
Sommario Editoriale Sarà capitato anche a voi................................3 Spunti di vista All’anziano non far mancare una carezza: gliela dobbiamo..........................4 Clochart Una rosa è sempre una rosa: due domande a Morgan.................................6 Se tornasse casomai......................................9 Sulle onde fra musica e storia ragionando di universi lontani: la fine di un millennio dalla voce di Garbo................10 Meglio il piano della playstation Parla il giovane pianista monzese Andrea Micucci..............................12 Altrove Varigotti: c’era una volta, non molto lontano da qui..............................14 In cuccia......................................................17 Bis! Luca Jurman, Mariella Nava, Ivana Spagna e Silvia Olari: in Brianza per solidarietà... ma è un piacere!............................................18 The NUV (New Ultraviolet Vanish): pronti a spaccare gli USA..............................21 In Italia non si può fare la rivoluzione: lo dicono i Grenouille.....................................22 NonsoloMonza Desio.............................................................23 Verdissimo L’ortica...........................................................24 Brigantia Un angolo di letteratura in mezzo alla Brianza....................................................26 I segreti dello chef.....................................28 Reality..........................................................29 Raccontiamoci Intervista allo scrittore Michele Allegri............30 Lambro River Anthology................................32 L’angolo del pendolare..............................34 Di tutto un pò Texas Hold’em: difendersi da un giocatore...35 Dalla Provincia............................................37 Sportivamente............................................38 Dal Comune...............................................39 Le sciure................................................41
[ spunti di vista ]
All’anziano non far mancare una carezza: gliela dobbiamo
[ di ALFREDO ROSSI ] Mettersi davanti al computer e cominciare a “navigare”, vale a dire passare da un sito all’altro, da un social network (gruppi di “amici” tipo Facebook e simili) a volte riserva un mucchio di sorprese. Mica tutte piacevoli e interessanti. In rete ci si imbatte in un sacco di “pesci”: alcuni possono essere addirittura velenosi. Ma capita anche, quando meno te lo aspetti, di trovare qualcosa che ti fa pensare. Qualcosa scritto in maniera molto semplice ma non per questo poco profonda. A me è capitata sotto gli occhi questa, che vi propongo. DEDICA DI UN PADRE AL PROPRIO FIGLIO Se un giorno mi vedrai vecchio, se mi sporco quando mangio e non riesco a vestirmi… abbi pazienza. Ricorda il tempo che ho trascorso a insegnartelo.
non farmi vergognare… Ricordati quando dovevo correrti dietro inventando mille scuse perché non volevi fare il bagno.
Cerca di capire che alla mia età non si vive, si sopravvive.
Quando vedi la mia ignoranza per le nuove tecnologie, dammi il tempo necessario e non guardarmi con quel sorrisetto ironico:
Un giorno scoprirai che nonostante i miei errori ho sempre voluto il meglio per te e che ho tentato di spianarti sempre la strada.
ho avuto tutta la pazienza del mondo per insegnarti l’abc
Dammi un po’ del tuo tempo
Quando a un certo punto non riesco a ricordare o perdo il filo del discorso, dammi il tempo necessario per ricordare. E se non ci riesco non ti innervosire ….. La cosa piu’ importante non e’ quello che dico ma il mio bisogno di essere con te e averti lì che mi ascolti.
Se quando parlo con te ripeto sempre le stesse cose… non mi interrompere, ascoltami.
Quando le mie gambe stanche non mi consentono di tenere il tuo passo, non trattarmi come fossi un peso.
Quando eri piccolo dovevo raccontarti ogni sera la stessa storia finché non ti addormentavi.
Vieni verso di me con le tue mani forti nello stesso modo con cui io l’ho fatto con te quando muovevi i tuoi primi passi
Quando non voglio lavarmi non biasimarmi e
Quando dico che vorrei essere morto… non
arrabbiarti: un giorno comprenderai che cosa mi spinge a dirlo.
Dammi un po’ della tua pazienza Dammi una spalla su cui poggiare la testa allo stesso modo in cui io l’ho fatto per te. Aiutami a camminare, aiutami a finire i miei giorni con amore e pazienza, in cambio io ti darò un sorriso e l’immenso amore che ho sempre avuto per te. Ti amo, figlio mio, e prego per te anche se mi ignori. Papà Lo confesso sono un papà ma a parte qualche dolorino (e qualche minima mancanza di memoria) mi ritengo ancora efficiente e nel pieno di tutte le mie qualità, fisiche e mentali. Eppure questa poesia mi ha fatto pensare. E l’ho mandata via internet, senza alcun commento,
[ spunti di vista ]
ai miei due figli più grandi. Che, dopo averla letta, mi hanno telefonato iniziando il discorso con la stessa frase: “Papà, che è successo? Stai poco bene?”. In realtà, l’ho detto prima, al momento va tutto benissimo, ma la domanda, fatta anche in maniera spiritosa, può dar vita a un dibattito molto serio e importante. Entro il 2050, nell’Unione europea – e queste sono dati ufficiali della commissione europea - il numero delle persone oltre i 65 anni d’età crescerà del 70%, quello delle persone oltre gli 80 addirittura del
170%. Tutto ciò ha implicazioni importanti per il XXI secolo: occorre soddisfare una maggiore domanda di assistenza, adattare i sistemi sanitari alle esigenze di una popolazione che invecchia e allo stesso tempo far sì che rimangano sostenibili per società che potrà contare su una forza lavoro ridotta. La sfida fondamentale sarà promuovere un invecchiamento sano e attivo dei cittadini europei, poiché un maggior numero di anni in buona salute significa migliore qualità della vita, maggiore indipendenza e la possibilità di rima-
nere attivi. Una popolazione che invecchia in buona salute comporta anche un onere minore per i sistemi sanitari, nonché meno pensionamenti per motivi di salute. E tutto questo sta riuscendo: ci sono sempre più anziani ancora attivi, che vanno in giro per il mondo, che giocano a tennis, che si tengono in forma. Ma poi succede quello che nella poesia sopra viene descritto. Il genitore resta solo, senza moglie e senza marito, l’efficienza viene meno, anche le forze e la memoria. E così l’anziano si ritrova da solo, e la sua fatica più grande è sopravvivere, non vivere. I figli non abitano, solitamente a pochi metri: e bastano pochi chilometri di distanza per rendere le possibilità d’incontro molto rare. Colpa del traffico, dei mille impegni, del parcheggio che non si trova. E così ci si ritrova soli, quasi a galleggiare su un mondo che non ci vede più. Pensiamoci ogni tanto. E magari, invece di una partita a calcetto, di un’uscita per shopping, andiamo a trovare mamma o papà. A sentire le loro lamentele, a cercare di indovinare – senza assillo – i loro vuoti di memoria, a lasciar loro una carezza sul viso. Glielo dobbiamo.
[ CLOCHART INTERVISTE A VOLTI NOTI IN GIRO PER LA BRIANZA ]
Foto di Mara Brioni (Violator3)
Una rosa è sempre una rosa: due domande a Morgan [ di Marta Migliardi ] Sono l’ultima persona al mondo in grado di scrivere giornalisticamente di Marco Castoldi, quello che si fa chiamare Morgan. Domando scusa in anticipo ai lettori, per questa occasione perduta o forse per questa occasione d’oro, a seconda di ciò che vorreste trovarvi scritto. Conosco Marco dal 1989. 21 anni esatti. Sono una di quelle che si imbarazza a chiamarlo Morgan, arrossisco, credo di non averlo mai chiamato così. E non per cadere nella semplificazione banale di una qualsivoglia schizofrenia
tra Marco e Morgan. Quella a cui si aggrappano normalmente i giornali, quella che quando fa scalpore è Morgan e quando commuove è Marco. E’ il mio modo di unificare una personalità di certo complessa e contrastante, in una sola parola, quella con cui io lo riconosco: Marco. A 14 anni per me non c’era cosa più commovente che sentirlo suonare. La cosa che mi stupisce oggi è che non gli ho mai domandato di suonare per me. Era sempre lui a sedersi sul seggiolino del suo pianoforte e a cominciare, senza che io proferissi parola. Spesso, quando terminava, mi domandava con tono dolce
e rassicurante “ Ti sei annoiata? “. Questa è la gentilezza del suo animo. Disarmante e crudele, perché mi impediva qualsiasi moto di ribellione. Marco a 16 anni. Il primo dandy nell’epoca del paninaro che ebbi modo di conoscere. Al Liceo Ginnasio Bartolomeo Zucchi di Monza, non potevi non notarlo, con i suoi cravattini, le giacche e le camicie stile Spandau Ballet, estrose manifestazioni del suo senso estetico sentimentale. Il suo profumo era un concentrato di vaniglia e non mangiava formaggi, a parte la mozzarella sulla pizza. Era già allora un abile sofista, in grado di sopraffarti con le parole e la musica. Innegabile il suo talento genialoide
[ CLOCHART ] de, domande più filosofiche ed esistenziali che legate ai clamori che ultimamente lo accompagnano. Lui però sorprende sempre, e prima di cominciare a registrare le sue risposte mi chiede se lo aiuto a ripassare la Divina Commedia: “La devo ripetere ogni tanto sennò la dimentico”. E così mi dà in mano il libro e lui comincia con il quinto e poi il primo canto, si arrabbia se sbaglia e io lo correggo, talvolta. Poi si mette al piano, e suona. E’ generoso, Marco quando vuole.
“Io ho sempre avuto bisogno degli altri...” Morgan e la perseveranza con cui riuscì a passare dai concerti della scuola a palchi prestigiosi. E per il mio diciottesimo compleanno mi regalò una pelliccia ecologica azzurra e una zebra di peluche. Capirete da questi piccoli aneddoti, quanto sia distante la mia idea (nello spazio e nel tempo) di lui da quella dei più, da quella mediatica, del poeta maledetto, talvolta arrogante, sempre sopra le righe: io vi vorrei dare un’altra visione. E credo di non far dispiacere a nessuno, essendo trascorsa più di una decade, nel raccontare di questo grande amore che segnò la mia adolescenza per dieci lunghi anni. Dimenticate il gossip, non ci saranno rivelazioni inattese, outing o cattiverie, ma solo un grande affetto, che rimane indelebile e anzi, invecchiando, si contorna di tenerezza . Del resto, quando 10 giorni fa mi sono recata a casa sua per intervistarlo, ero partita con tutti i buoni propositi del caso: avevo preparato 8 doman-
Il pittore Basquiat sosteneva che quando si diventa famosi non si cambia atteggiamento verso gli altri ma che sono gli alti a cambiare il modo di rapportarsi a te che sei diventato famoso…nel tuo caso? Si diventa famosi per scelta, normalmente. Per cui questo rapporto con gli altri è sempre stato un rapporto diverso. Ma ci sono due modi di diventare famosi, anche se io, francamente non ragiono molto in questi termini di fama. Non amo definire me stesso in questo modo. La fama non mi interessa. Io ho sempre avuto bisogno degli altri, perché gli altri sono quelli che ti permettono di esistere quando fai una cosa di cui c’è una fruizione. Qualsiasi opera d’arte viene fatta per gli altri. Non credo agli artisti che fanno le cose per se stessi. Si fa per esprimere, almeno nel mio caso, un bisogno di farsi amare, una specie di richiesta di contatto. Una rappresentazione che un artista regala agli altri, l’arte è un dono che si fa. Non è data a se stessi. Poi c’è chi è naturale nel suo produrre, chi macchinoso e artificioso: quelli che mettono insieme delle equipe perché da soli non ce la fanno. Questo è un po’ artificiale, a me piace chi è indipendente e artigianale, chi lo fa perché ha la necessità di fare quello che fa come una naturale pratica di espressione. Per cui il rapporto con gli altri fondamentalmente non cambia, è sempre stato, per me, voler l’attenzione degli altri, che sono il principale oggetto della mia comunicazione. Cioè quando io faccio una canzone la faccio perché possa essere ascoltata e capita. In questo però io non faccio quello che gli altri vogliono, ma porto gli altri verso di me. Dipende anche come si diventa famosi, ad esempio in questo momento storico la deriva del mondo dello spettacolo permette a qualcuno di diventare famoso senza saper fare nulla, ma soltanto perché si sono imbellettati e vanno in tv a fare i ciarlatani, non hanno arte, non fanno nulla che gli altri possono apprezzare e di cui nutrirsi. Certo a quel punto la fama diventa solo il fatto di essere riconosciuti per strada o privilegiati, ma questo non è il mio caso, io cerco di far capire il mio mondo interiore. Ed allora ecco che gli altri si avvicinano a me, perché mi hanno compreso, perché mi sono espresso. L’artista ha la necessità di aprire il suo mondo
interiore all’altro e quindi di essere amato dagli altri. Se diventa famoso evidentemente è perché c’è tanta fruizione e quindi è ovvio che gli altri lo ameranno. Qual è, quindi, per te il rapporto tra depressione e arte? Riallacciandomi al discorso di prima, l’artista può essere anche amato, ma è un amore ideale, intellettuale, platonico che non ha niente a che fare con lo stare al mondo. La solitudine dell’artista rimane, sempre, anche se viene capito molto: gli altri rimangono veramente qualcosa di altro. L’artista è sempre da solo. Nella sua visione delle cose e nella sua disperazione. La depressione c’è sempre, questa disperazione latente che è parte della poetica che permette la vita dell’arte almeno nel senso romantico del termine, dell’ispirazione romantica, forti emozioni e uno sguardo sul mondo molto profondo e anche sturm und drung. Sì, c’è sempre una depressione latente. A questo punto suona il suo cellulare, spengo il registratore: peccato, stava parlando liberamente, era bello ascoltarlo. Numero sconosciuto. “Non rispondo” mi dice accendendosi una sigaretta. Poi mi fa ascoltare i suoi brani preferiti del momento, con l’entusiasmo di un innamorato che presto tradirà: “Try to Remeber” e “Albergo a ore”. Un anno fa era Fossati con “Le cose che si dicono”. Mi suggerisce l’ascolto di Walker Scott e ci perdiamo in una conversazione fatta di musica, dove io posso solo stare zitta e imparare, da lui e dal suo entusiasmo, dagli occhi lucidi che trapelano l’amore per quello che fa: il musicista. Quant’è lontano adesso il personaggio che rilascia interviste sul crack e si pavoneggia in televisione agitando le mani. Ma forse sono io che lo vedo così, è la mia visione di lui. O forse fa parte del gioco, e lui ha scelto di diventare famoso. O meglio, non aveva altra scelta. 1992: un giorno fui presa da un violento attacco di gelosia: ero giovane e innamorata. Credevo che la musica fosse una rivale imbattibile, e senz’altro lo era. Così, dopo una lunga litigata, dove minacciai di lasciarlo riuscii a fargli firmare un contratto, che ancora oggi conservo. C’era scritto così su quel pezzo di carta: Io sottoscritto Marco Castoldi prometto solennemente che da oggi in avanti non suonerò mai più in pubblico e che mi occuperò di musica solo dietro le quinte. Meno male che Marco non sempre mantiene le promesse. Che cosa c’è in un nome? Ciò che noi chiamiamo con il nome di rosa, anche se lo chiamassimo con un altro nome, serberebbe pur sempre lo stesso dolce profumo. (Giulietta: atto II, scena II)
Foto gentilmente concessa da Andy e Faber
I Bluvertigo nel 1998: Marco Castoldi ( Morgan), Andrea Fumagalli ( Andy), Livio Magnini, Sergio Carnevale.
[ CLOCHART ]
Se tornasse casomai [ di Giulia Cavaliere ]
Faccio il giro di molte pagine internet, leggo alcune biografie e finisco persino in uno di quei siti in cui se ti registri ascolti gratis la musica che vuoi: per tre giorni, certo, poi se vorrai continuare, dovrai pagare. Mi muovo a vuoto, come quelli che non sanno, non conoscono e si avvicinano per la prima volta, girano intorno, annusano, e lo faccio forse nella speranza di dimenticarmi qualcosa, di poter ricominciare anch’io: io, che di questo Morgan ho scritto la biografia online più importante da cui quasi tutte le altre hanno rubato qualcosa più o meno celatamente, io che questa musica che sto ascoltando gratis dal web non solo l’ho sempre comprata il giorno stesso della sua uscita ma l’ho regalata a chi credevo capace di meritarla, di capirla, l’ho difesa dalle unghie dei più sprezzanti recensori, la conosco a memoria, l’ho fatta per anni mia, filtro mentale dei discorsi più importanti con me stessa e più ludici, in compagnia. In buona sostanza e banalità, io di Morgan ho così tanto da raccontare che non so da dove cominciare. Infiniti ritratti nella mia mente, si accostano gli uni agli altri e si sovrappongono, di quello che probabilmente è stato il più grande cantautore italiano di nuova generazione, il più importante musicista pop italiano degli anni ‘00. Morgan, lui, l’ex giudice di X-factor, Morgan che fa dichiarazioni shock e che poi cerca in un modo goffo che rasenta il patetico di difendere l’onestamente indifendibile. Io di questo Morgan, il Morgan odierno, personaggio per mamme e ragazzine, cantautore cantante di cover poco lucide e di certo non più autore, non vi parlerò, per quanto mi concerne, artisticamente parlando, lo dico in tutta sincerità, al momento non c’è pressoché più nulla da dire e quel che di giornalistico potrebbe esserci non mi interessa. Mi piacerebbe invece raccontarvi dall’altro Morgan, quello che c’era prima e che ora stento quasi a ricordare, quello capace di regalare alla musica italiana contemporanea due grandi album d’autore come “Canzoni dell’appartamento” e “Da A ad A”, uno capace di fare in pop ciò che Frank Lloyd Wright con la sua “Casa sulla cascata” fece in architettura, uno capace di scrivere testi e armonie perfette senza ricorrere al gioco facile della parola e del suono, un Franco Battiato sentimentale e disperato, tendente alla sregolatezza e al poco equilibrio emotivo, capace nel suo “lavoro”, di fare benissimo il meglio, anzi, il bene, quello che non piace alla gente, che non riempie le sale da concerto ma che è la salute dell’arte. Morgan che suona per tre ore in un palazzetto dello sport dalle fattezze decadenti, nel centro
Foto gentilmente concessa da Andy e Faber
dell’hinterland milanese e lo fa benissimo, gratuitamente, davanti a una scarsa cinquantina di spettatori e Morgan che in una calda sera di maggio del 2007, in piazza del Comune a Cremona, minuto dopo minuto, porta un luogo decisamente poco affollato a riempirsi di curiosi che diventano velocemente appassionati scopritori di un talento sconosciuto ai più, capace di meritare, sotto un cielo blu tersissimo, quasi dieci minuti di applausi. Morgan che, andando ancora un po’ più indietro, mi è piaciuto subito, quella domenica pomeriggio d’autunno di più di dieci anni fa, in televisione, perché sembrava così cinico, così distaccato dalle frivolezze poetiche, così poco concentrato a far canzoni in rima “fiore - amore” (ch’era “la più antica e difficile del mondo” l’avrei scoperto un po’ dopo)e così volto invece ai significati veri, alle profondità quasi inesplorate, l’Io, l’alternativa. A me piacque perché mi piaceva Bowie, ero una ragazzina tredicenne, lui un ragazzo ben più maturo, e Bowie piaceva anche a lui. E via di musica nuova, e nuove prospettive, io volevo conoscere, volevo sapere, mi facevo accompagnare da mio padre alle mostre in Triennale, a Milano, e lo costringevo ad ascoltare in auto Metallo non Metallo dei Bluvertigo. Morgan che mi ha spiegato, senza saperlo, alcune sfumature della bellezza, l’architettura di Lele Gaudì, quello della Sagrada Familia (“l’ottava meraviglia del mondo”), Morgan che amava la letteratura importante, Pavese e Musil, e come me, che da molto giovane mi
ci avvicinai, la poesia. Morgan, di cui ho visto, occhio e croce, un centinaio di concerti che mi hanno fatto conoscere moltissime persone, di cui un buon sessanta percento, ad oggi, sono i miei più grandi amici. Morgan, soprattutto, che mi ha mostrato com’è più alto di tutto l’amore e come bello lanciarsi, e com’è bello cadere. Morgan innamorato che suonando piange un abbandono eppure a me non è mai parso così forte. Morgan, mi viene da pensare, che chi lo sa se tutto questo era vero o se noi che ci abbiamo creduto eravamo sciocchi o ci volevamo semplicemente credere. Morgan, che se questo Morgan è vero, tra due anni si risveglia da questo suo palese letargo dalla vita e mi chiede un’altra sigaretta fuori da un locale decisamente poco alla moda, dopo il live del suo nuovo disco, bellissimo e importante, da farmi tremare, ancora una volta, le vene dei polsi.
[ CLOCHART INTERVISTE A VOLTI NOTI IN GIRO PER LA BRIANZA ]
Sulle onde fra musica e storia ragionando di universi lontani: la fine di un millennio dalla voce di Garbo [ di Elena Gorla ] Una voce di velluto, gentile e suadente, ripercorre le tappe di una carriera lunga tra decadi (per festeggiare la quale sta lavorando ad una raccolta in uscita dopo l’estate): Garbo (al secolo Reanato Abate), icona new wave, quando parla ammalia con il suo timbro ricercato ed elegante. Peccato non lo possiate sentire. In bilico fra passato e futuro con sguardo analitico ripercorre le tappe salienti della fine di una secolo: cosa è cambiato e cosa rimane nello stretto legame fra musica e società? Lasciate liquefare le parole immaginando quella voce…lasciatevi cullare dall’onda… Ad un artista che come te calca la scena pop italiana da tre decadi non possiamo non chiedere una retrospettiva sulle variazioni del panorama pop italiano dalla new wave ad oggi: sei un nostalgico o un ottimista orientato al futuro? Cerco di non essere nostalgico perché non porta a nulla. Conservo molti bei ricordi di tutto quello che ho fatto in passato ma il nastro non è riavvolgibile, bisogna andare avanti sempre! Vivere l’attualità ed essere proiettati al futuro è molto più interessante, naturalmente portandosi il bagaglio di esperienze maturato negli anni, il passato serve a questo, a costruirsi un patrimonio d’esperienza. Focus su Monza: la scena musicale nostrana dagli anni ’80 ad oggi: è vero che con il passare del tempo questa città,
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come molti sostengono, diventa sempre più povera di nuove proposte? Io frequento molto Monza, ci vengo spesso perché lì ho molte amicizie e molti contatti professionali. Innanzi tutto coloro che ruotano attorno allo studio e sala prova di Frequenze, Luca Urbani (ex Soerba) in primis che è anche un mio socio nell’etichetta Discipline…ma anche molti altri musicisti monzesi, Andy (Bluvertigo) e Morgan. Trovo che ci siano davvero molti musicisti, la differenza rispetto agli inizi della mia carriera è che ora c’è molta frammentazione. Mi spiego: prima c’erano dei veri e propri movimenti, stilistici e di pensiero, che raggruppavano più artisti, ed era il movimento che aggregava quello che era veramente forte. Oggi invece ci sono molte realtà ed individualità artistiche isolate. E questo vale per Monza ma non solo: i movimenti, in Europa, sono finiti con gli anni 80. E l’ambito musicale riflette ciò che è la realtà storica. In altri ambiti la cosa è diversa ma nel mondo occidentale i movimenti come eravamo abituati a intenderli, ovvero aree sostenute da un pensiero comune, non esisto più. E questo ovviamente non solo in ambito musicale. Fra le tante collaborazioni della tua carriera (Antonella Ruggiero, Morgan, Boosta dei Subsonica, Delta V e Luca Urbani dei Soerba, ecc.) da quale ti sei sentito, per un motivo o per l’atro, maggiormente coinvolto? Tutte le collaborazioni con la nuova generazio-
ne di musicisti hanno portato molti elementi interessanti ma fanno parte di un percorso di maturità, invece, senza dubbio le collaborazioni intraprese agli inizi della carriera sono quelle che mi hanno segnato di più, non fosse altro che per il fatto che inevitabilmente segnavano anche delle nuove direzioni. In questa ottica la collaborazione per me più significativa fu senz’altro quella con Franco Battiato. Quel lungo periodo in cui girai con lui, ancora prima di pubblicare il mio primo disco Berlino…Va Bene, il disco era pronto ma uscì in settembre e tutta quella estate mi aggregai al gruppo di Battiato, facendo l’apertura del suo tour di presentazione de La Voce del Padrone. Avremo fatto una sessantina di concerti e io, nel ruolo di supporter, ho avuto modo di imparare davvero tanto. Anche da un punto di vista umano, viaggiare con loro in lungo ed in largo per le strade d’Italia, fare concerti tutti i giorni, mi ha davvero lasciato moltissimo, era entusiasmante e professionalmente una grande esperienza. Cosa ne pensi di quegli anni 80, prima rinnegati ora di gran moda? Quale dovrebbe essere la giusta prospettiva per interpretarli? Credo vadano visti in una semplice prospettiva storica: in quegli anni è accaduto questo e quello, per questa e quella ragione. Bisogna prendere atto dei fatti e fare una semplice riflessione: ogni decade, sul piano musicale ma ovviamente non solo, è costellata di falsità e di verità, di plastica e di legno, di elementi liofiliz-
[ CLOCHART ] zati ed altri naturali, di carne e sangue. Bisogna solo saper discriminare. E’ vero che c’è stata della plastica negli anni 80 ma come in ogni altro periodo. Anche gli anni 60 hanno avuto la loro bella dose di plastica con tutte quelle canzoncine melense, cantate sulla base di pezzi stranieri senza però dichiararlo, registrate col solo scopo di vendere alle ragazzine in amore. Bisogna stare attenti ad etichettare o mitizzare. In tutto c’è il buono e il cattivo. Bisogna osservare e distinguere. Musicalmente certo segnano la fine, come dicevo prima, dei movimenti aggregativi, dopo il post punk e la new wave c’è stato un cambio di rotta, e onde in grado di attraversare l’intero mondo occidentale, iniziate con il Rock ‘n Roll negli anni 50, non si sono più viste. Ma è già nella seconda metà di quegli anni che inizia la frammentazione che ancora ci caratterizza. Si correva verso la fine del secolo e del millennio e si cominciava, forse, ad avere paura. Gli anni ottanta stanno proprio lì. al loro posto dentro il novecento. Parlavi prima di movimenti di pensiero sostenendo che gli anni 80 hanno visto la fine di tutte le onde di aggregazione. Se questo è vero in campo musicale però in campo letterario gli anni 90 ti vedono al centro di quello che è stato definito il movimento filosofico e letterario del Nevroromanticismo. Com’è avvenuta questa tua commistione e collaborazione con l’ambiente letterario di quel gruppo di giovani scrittori italiani definiti Cannibali? Come spesso accade tutto è cominciato con degli incontri. Io sono sempre stato interessato ed appassionato di arti in generale, sono sempre stato affascinato dalla multimedialità: non solamente musica ma anche fotografia, video, arti figurative ed ovviamente, la letteratura. Io in quel periodo stavo lavorando ad Up the Line e mentre stavo componendo mi chiamarono Aldo Nove, Tommaso Labranca e Tiziano Scarpa. Tra loro erano già molto amici, io li conoscevo ma non seguivo molto quell’area. Mi chiesero se volevo rappresentarli nella loro rievocazione letteraria degli anni 80 di cui volevano che io fossi portavoce. Anche Isabella Santacroce e Niccolò Ammaniti parteciparono a quel progetto per la rivista Maltese Narrazioni. Volevano descrivere gli anni della loro formazione letteraria, gli anni 80 appunto, gli anni che hanno visto nascere e crescere quell’area pulp, cannibale. Io accettai e da lì nacque un’amicizia per cui poi a me venne l’idea di coinvolgerli nel mio progetto discografico, che ancora non aveva parole. E accadde una cosa paradossale: consapevolmente o inconsapevolmente loro in quel periodo, col manifesto del Nevroromanticismo, posero fine a quella stessa esperienza pulp che li aveva caratterizzati e presero tutti
direzioni diverse. Il Nevroromanticismo sancì la fine di qualcosa di precedente a sé stesso. Il tuo percorso artistico ti ha portato anche a fondare, nel 1992, l’etichetta discografica Discipline, che ancora oggi ti vede impegnato nei panni di produttore. Come ti senti in quel ruolo e perché hai iniziato? E’ stata una cosa naturale: inizialmente volevo liberarmi dal giogo delle multinazionali della musica, serviva a me per fare in prima persona la musica che volevo. Poi nel tempo il progetto si è allargato, arrivando ad includere altri soci e producendo nuovi artisti…Stardog, Micol Martinez,Elisabetta Fadini, Hellzapop solo per citarne alcuni… per saperne di più vi rimando alla pagina myspace dell’etichetta: http://www. myspace.com/disciplinemusica Credi negli extraterrestri? Anni fa rimasi molto colpito da una lunga intervista al fisico premio nobel Carlo Rubbia, nella quale sosteneva che è praticamente impossibile nell’insieme degli universi considerare che noi siamo la sola forma di vita. Non fosse altro che per un dato meramente probabilistico, visto che tanti e tanto vasti sono gli universi, è scontato che esistano altre forme di vita. Il
problema, tutt’al più risiede nel contatto e nella difficoltà di comunicazione. Io sono decisamente d’accordo con questa interpretazione della scienza. Progetti per il futuro? A parte tutto il lavoro che gravita attorno alle produzioni di altri artisti con Discipline ora sono impegnato nella pubblicazione di un mio cofanetto contenente 4 cd e un dvd, che raccolgono, in occasione dei miei trent’anni di carriera tutti i miei lavori dal 90 fino al mio ultimo lavoro del 2008. ..in più ci saranno un paio di inediti. E dopo l’uscita del cofanetto riprenderò con i live che ultimamente sono un po’diradati proprio perché sono impegnato nella preparazione di questa edizione. “Sono struggenti e spietati. Sono carnali e inorganici. Hanno patito le parole dell’universo. Quelle della pubblicità e quelle della letteratura. Canzonette, poemi, telegiornali, bibbie, settimane enigmistiche. Li hanno definiti in mille modi. Trash, splatter, cannibali. Ma sono nevrotici. Sono romantici.” Tratto dal manifesto del Nevroromanticismo.
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[ CLOCHART INTERVISTE A VOLTI NOTI IN GIRO PER LA BRIANZA ] Andrea Micucci foto di Niccolò Rossi
Meglio il piano della playstation Parla il giovane pianista monzese Andrea Micucci [ di Niccolò Rossi ] Si chiama Andrea Micucci e ha 27 anni, visto che è nato a Monza l’8 marzo del 1983. Lo conosco bene, visto che i suoi abitano nello stesso condominio in cui abitano i miei genitori. Ancora adesso, quando passo davanti alla porta del suo appartamento, se è tornato a casa a trovare i parenti, sento attraverso i muri le note del pianoforte. Ricordo i primi accordi, semplici e ripetuti all’infinito. Adesso invece è tutta un’altra musica. Non me ne intendo, ma tutti dicono che è bravo. Se volete andarlo a sentire il Centro Culturale Talamoni organizza una concerto con alcuni capolavori della storia della musica classica: da Schubert a Debussy, da Prokof’ev a Schumann. Al pianoforte, ci sarà proprio lui, Andrea Micucci. Il concerto inizierà alle 21, presso la Sala Maddalena di Monza (via S. Maddalena, 7). Quando hai capito che il pianoforte sarebbe stato una parte importante della tua vita? Come è nata la passione?
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Beh, come è nata è semplice: avevamo un pianoforte in casa perché mia sorella lo suonava nei momenti liberi e prendeva a volte qualche lezione, allora mi sono messo anche io a suonarlo sin da piccolo per gioco, poi ho cominciato a prender lezioni con la mia insegnante Emilia Stradella Crippa che mi ha aperto questo nuovo mondo della musica e da lì in poi ho sempre continuato a suonare il piano. Quando ho capito che quello strumento sarebbe stato fondamentale nella mia vita? A 19 anni, forse un po’ tardi rispetto alla media di tutti gli altri pianisti: dopo aver dato l’esame di maturità presso il Liceo musicale di Monza ho capito che difficilmente avrei abbandonato il pianoforte. Per questo strumento pensi di aver rinunciato a qualcosa rispetto ai tuoi amici? No... penso proprio di no, di sicuro il pianoforte è una passione che ti richiede un sacco di tempo, per cui devi tener conto che devi studiare ed esercitarti parecchie ore al giorno, magari rinunciando al giro in centro del pomeriggio o la giornata al parco come facevano più spesso di me gli amici... Ma ci sono rinunce più grandi, dai!! E poi, dico la verità, credo che l’unica cosa cui abbia rinunciato siano stati i videogame. Anche adesso con i giochini elettronici, visto che non ho praticato il genere da giovanissimo, sono una mezza schiappa. Per il resto credo poco di non aver fatto rinunce incredibili: sono stato per anni negli scout e ho fatto tutte le passeggiate e i raduni possibili e immaginabili. E poi il calcio... Tifo per il Milan (ahimé....) ma soprattutto mi piace giocarlo: sono arrivato a giocare con la serie B con una squadra di clacetto e me la cavavo mica male. Insomma, non credo a chi dice che rinuncia a qualcosa se ha una grande passione: la rinuncia non la vivi proprio come tale, proprio perché* la tua passione ti dà così grandi soddisfazioni che basta e avanza. Ti è mai venuta la voglia di mollare? Avendo sempre studiato e suonato il piano all’università la voglia di andare avanti non mi è mai mancata. C’è da dire che devi continuare a studiare, continuare a provare e riprovare e anche dal lato economico
[ CLOCHART ] è dura sostenere questi tipi di studio. diare e come ho detto prima, a volte Ora sei in Germania, a Friburgo, a stuè molto dura. Inoltre nei giorni diare pianoforte grazie al programma in cui sei “sotto concerto” ti europeo “Erasmus”, cosa stai facendo? tocca provare quasi di conCome sono i tuoi compagni? Da dove tinuo per tutta la giornata e i vengono? momenti di pausa sono davveMi sono trasferito qui dall’ottobre del ro pochi. 2009 e studio nella scuola “HocIl tuo sogno più grande riguarschule Für Musik” nella classe di do al pianoforte? pianoforte della professoressa Beh, sicuramente potermi guadapolacca E. Kolodin. Nella mia gnare da vivere suonandolo. classe c’è una ragazza itaUn lavoro legato alla musica e in liana che viene da Monopoli, particolare al pianoforte è il mio più Niccolò Rossi di o fot i cc cu Mi a Andre ma anche nel resto della scuola ci grande sogno.. sono molti ragazzi italiani che frequentaSuonerai a Monza il 12 giugno: no diversi corsi, come clarinetto, violino cosa si prova prima di mettersi o fagotto. Essendo una scuola internadavanti a una tastiera mentre zionale che aderisce al programma Eracentinaia di persone ti ascolsmus, ci sono studenti da tutta Europa tano? e anche da molte parti del mondo... puoi immaginare quante lingue Cosa si prova? Una grande tensione! sento ogni giorno! Ma questo è bello perché ti permette di entrare in Il sangue ti si concentra nelle parti interne del corcontatto con culture e tradizioni diverse. po, ti si raffreddano gli arti, ti si chiude lo stomaco, cominci Raccontami una giornata “tipo” tedesca. a sudare e il tuo battito cardiaco è a mille..ma devi controllarti! Via Diciamo che ci sono due giornate “tipo” e quindi due differenti scelte: o via che suoni in pubblico affini le tue tecniche di concentrazione e studi tutto il giorno da solo, mattina e pomeriggio, o frequenti le lezioni rilassamento, ma quel brivido che si prova a salire sul palco non lo che coprono l’intera giornata, ma anche li studi! Alla fine ti tocca stu- riuscirai mai a soffocare! Ne sono sicuro.
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[ ALTROVE racconti e consigli di viaggio ]
VARIGOTTI C’era una volta, non molto lontano da qui…. [ di Marta Migliardi ] Mettiamo una giornata di primavera, anche di una primavera come questa, dove il sole stenta a scaldarci e le ore della giornata sono scandite dal cielo grigio. Mettiamo di avere voglia di andare via, di staccare la spina, di rifugiarci in un luogo altrove da qui, da questa Brianza bella, senz’altro, ma che lascia poco spazio, talvolta, ai pensieri. Mettiamo di non avere però tantissimo tempo a disposizione, magari solo uno o due giorni, un week end, poca roba, insomma, per decidere di affrontare un lungo viaggio. Io so sempre dove andare in questi casi: io vado a Varigotti. E sfatiamo subito il mito che più un luogo è lontano, più è affascinante: il vero viaggio si fa con la testa, e se poi, a sole due ore scarse di macchina da Milano, esistono luoghi incantati come questo piccolo borgo Saraceno, Varigotti appunto, allora vedrete che non sempre è necessario macinare migliaia di km per sentirsi fuori dal tempo, in un’altra dimensione.
andolara Foto di Tobia Sc
Foto di Isadora Banaudi
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Il molo di Varigotti di Tobia Scandolara
Questo piccolo paesino, in provincia di Savona e confinante con Finale Ligure, è davvero un luogo magico, e non lo scrivo perché ci ho passato tutta la mia infanzia, perché ogni pietra, ogni vicolo, ogni scoglio per me è un ricordo. E’ tangibile la magia di Varigotti, è qualcosa di concreto, che entra nelle viscere e ti conquista, tant’è che, purtroppo e meno male, anche molti personaggi noti, artisti, attori ne sono stati conquistati e persino la Walt Disney ha qui ambientato un episodio di Zio Paperone e Paperino. Il Borgo Vecchio è una zona quasi interamente pedonale, dove chi è stato bambino e chi lo sarà, potrà correre a piedi nudi, senza paura di essere investito. Anche i nomi delle piazzette sono originali: Piazza del Nonno, Piazza Cappello da Prete e Piazza dei Pescatori, quella da cui si arriva al molo, quel molo che durante le mareggiate regala immagini spettacolari e indelebili, delle onde, grandi onde che lì s’infrangono. E’ un po’ come vivere in un dipinto, a Varigotti. Le case del borgo, per lo più gialle, ocra, si affacciano sul mare, adagiate sulla sabbia, contornate dai vicoletti che sembrano intagliati nella roccia. Poi c’è la torre saracena, che si raggiunge con una bellissima camminata, che domina incontrastata e che protegge, con la sua conformazione, tutto il paese. E dietro, come sfondo, la natura mediterranea che si scatena con colori e profumi, il profumo della mia infanzia. Percorrendo la Via del pepe, almeno ai miei tempi si chiamava così, si può raggiungere anche la Chiesa di san Lorenzo. Anche il mare è bello a Varigotti. Quando ero bambina, i miei genitori
[ ALTROVE ]
e un gruppo di amici scatenati, avevano fondato, un po’ per scherzo e un po’ per amore, la Repubblica Marinara di Varigotti, e avevano anche composto una canzone, che diceva così: Se quest’estate non sai dove andare Da retta a noi ti faremo vedere Un posticino in riva al mare Quando lo vedi ti puoi innamorare e non vorresti più partir… C’è il molo, la torre, la Lilo, la piazzetta e la spiaggetta. E d’estate si riempie di gioia e d’allegria, mentre tutti ci troviamo qua… A Varigotti, c’è il mare bello e quando piove non serve ombrello A Varigotti quando c’è il sole vine proprio voglia di far l’amor… E sia, forse dietro la composizione di questa canzonetta c’erano due o tre Campari di troppo, c’era l’allegria di chi ha trascorso una vita intera in questo luogo. La mia vecchia amica d’infanzia, Isadora, quando le ho detto che dovevo scrivere di Varigotti mi ha scritto: non farlo troppo bello l’articolo, se no poi i turisti ci invadono! C’è anche una sorta di gelosia, la gelosia di chi ama, di chi ha respirato l’odore e la magia di Varigotti. Per questo mi fermo qui. Lascio la parola alle immagini, immagini di tempesta, romantiche (gentilmente concesse da Tobia Scandolara e dal suo sito www. quellichevarigotti.com) che senz’altro vi conquisteranno di più di qualsivoglia nozione storica. Che la favola abbia inizio. C’era una volta, non troppo lontano da qui….
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[ IN CUCCIA
Asilo dei cuccioli 2010: ecco come potete aiutare i piccoli ospiti dell’Enpa [ rubrica a cura di GABRIELLA ] All’ENPA di Monza e Brianza stanno cominciando ad arrivare alla spicciolata i primi gattini abbandonati e non sempre, purtroppo, sono storie a lieto fine. E’ il caso per esempio dei quattro gattini rossi neonati trovati abbandonati in uno scatolone in centro Monza il giorno di Pasquetta. Purtroppo, nonostante le cure esperte e amorevoli delle nostre volontarie veterane del progetto Asilo dei Cuccioli, due dei fratellini non ce l’hanno fatta. I due micini sopravissuti sono ora accuditi a casa della volontaria ENPA Simona, e per ora stanno bene: mangiano tanto, hanno messo i dentini e giocano tantissimo. L’Asilo dei Cuccioli è un progetto della Protezione Animali monzese, nato quattro anni fa, per far fronte al numero allarmante e sempre crescente di gattini abbandonati di ogni età: segno che siamo ancora lontani da una presa di coscienza sociale in termini di responsabilità, ovvero la sterilizzazione come unica prevenzione delle cucciolate indesiderate e quindi come lotta al randagismo. A prescindere dall’impossibilità numerica di accogliere in gattile tutti i micetti che vengono abbandonati, ospitare provvisoriamente in casa il maggior numero possibile significa poter offrire loro una reale probabilità in più di sopravivere. In casa infatti è possibile somministrare pasti frequenti, monitorare assiduamente lo stato di salute ed eventuali segni di malessere, assicurare la temperatura ambientale idonea, prevenire la trasmissione di malattie e via dicendo: tutte cose molto difficili da garantire in gattile.
Nel 2009 l’ENPA monzese ha potuto contare sul coinvolgimento di ben 59 persone nell’Asilo dei Cuccioli, tra volontarie ENPA e fidati collaboratori e i loro famigliari, che hanno accolto a casa propria un totale di 253 micini. Al 10 maggio c’erano già oltre 30 gattini nel Asilo dei Cuccioli, divisi tra il reparto “Nido” - per gattini che hanno meno di 45 giorni di età e che richiedono più cure e parecchio tempo - e la “Scuola Materna” - per micini dai 45 giorni in su che richiedono un impegno minore. Ai volontari che accudiscono i micetti a casa propria vengono fornite le pappe, gli attrezzi necessari e il supporto veterinario. Tra i new entry nel reparto Nido vi presentiamo il piccolo Quelo. Abbandonato neonato, con gli occhietti ancora chiusi e il cordone ombelicale attaccato, in un giardino a Giussani, ora è accudito a casa da Paola. Nella foto lo vedete mentre viene allattato a biberon (con il latte specifico in polvere per gattini, sciolto in acqua tiepida, con l’aggiunta di alcune vitamine), e mentre Paola lo pulisce, massaggiandogli il pancino e l’area anale per incoraggiarlo a scaricarsi, proprio come farebbe la mamma gatta con la sua lingua ruvida, operazione essenziale da ripetere dopo ogni pasto. Questa è una fase delicatissima in cui è facile che il micino si ammali, proprio perché privato degli anticorpi e delle cure feline che solo la sua vera mamma saprebbe dargli. Pertanto per ora non si parla di adozione; più avanti tutti i gattini, una volta fatta almeno la prima vaccinazione (dai due mesi in su, a seconda dello stato di salute), verranno presentati sul sito (www.enpamonza.it) per l’adozione.
Due chiacchere a quattro zampe ]
Appello Per chi gentilmente volesse dare un aiuto concreto ai piccoli ospiti già arrivati, e quelli che arriveranno a breve, ecco i materiali che ci servono maggiormente: • scatole di buona qualità per gattini; ottime quelle della Almo Nature. Mentre, tra le marche più comuni, per i cuccioli ancora piccoli utilizziamo soprattutto quelle del tipo paté e anche le scatolette della Gourmet per gatti adulti ma del tipo mousse; • scatolette della Hill’s tipo A/D (ricche di proteine; reperibili presso negozi di articoli per animali); • omogeneizzati per bambini alla carne (per i gattini appena svezzati); • latte in polvere specifico per gattini ancora in fase di svezzamento e microbiberon appositi per cuccioli (reperibili in farmacia o presso negozi di articoli per animali); • anche lo specifico latte KMR già pronto negli appositi biberon graduati va benissimo (ma non è così facilmente reperibile!); • crocchette specifiche per gattini (soprattutto quelle “baby” di formato piccolissimo per gattini da 0 a 1 mese e quelli per i mesi successivi); • boule per l’acqua calda, e copertine di lana o di pile; • antiparassitari sia per cani sia per gatti (del tipo spot-on/pipette ad esempio Stronghold (per parassiti interni ed esterni) e Frontline Combo (parassiti esterni); • giochini di ogni tipologia, forma e dimensione per gatti e gattini (ad esempio, le piccole peluche, ma anche le palline da ping pong o i contenitori vuoti degli ovetti Kinder Sorpresa!). Tutto quello avrete la possibilità di raccogliere lo potrete portare direttamente al canile-gattile di Monza in via Buonarroti 52, aperto al pubblico ogni pomeriggio dalle 14,30 alle 17,30 esclusi mercoledì, o presso la sede operativa in via Lecco 164, il martedì sera e il giovedì sera dopo le ore 21. Vi ringraziamo in anticipo e davvero di cuore per la generosità!
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[ BIS! teatro, musica ed eventi a monza e brianza ]
Luca Jurman, Mariella Nava, Ivana Spagna e Silvia Olari: in Brianza per solidarietà... ma è un piacere! angolo di Trantran” sulle scale del Paladesio e mentre Jurman inizia il suo sound check noi conosciamo meglio Mariella Nava.
Mariella Nava a Desio
[ di Adriana Colombo ] È lunedì 19 aprile e stiamo andando al Paladesio per il concerto “Artists music show” dell’associazione Salute Donna, che è alla sua decima edizione. Salute donna è un’associazione che nasce nel 1994 all’Istituto dei Tumori di Milano e che ha come fondatrice una cittadina monzese: Annamaria Mancuso. L’associazione si occupa di prevenzione dei tumori femminili, di promozione di campagne di sensibilizzazione e di educazione alla salute, sostiene la ricerca scientifica. Nel particolare il ricavato di questo evento è servito, mi spiega Anna Mancuso, ad aggiornare e rinnovare una borsa di studio per una psicologa nel reparto del Professor Bidoli all’Ospedale di Monza, e, per il reparto di senologia del-
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l’Istituto dei Tumori di Milano. Aggiunge, però, che quest’anno c’è stato un po’ meno pubblico del solito, quindi anche i fondi, con cui in genere riescono a fare molte più cose sono meno. Arriviamo presto, come nostro solito e notiamo subito fuori un gruppo di ragazzi giovanissimi che aspetta e si informa sull’arrivo di Silvia Olari, entriamo e restiamo subito affascinate dal numero di donne volontarie che si dà da fare, sono organizzatissime, ci danno i nostri pass e ci accompagnano ai nostri posti, nelle primissime file. Iniziamo ad ascoltare Mariella Nava che fa il sound check e quando finisce le chiediamo di rispondere a qualche nostra domanda, con la stessa gentilezza e disponibilità, che poi avranno anche gli altri, ci dice subito di sì e così improvvisiamo “un
Mariella, arrivi in Brianza per questa causa: perché hai deciso di partecipare a questa iniziativa organizzata da Salute Donna? Intanto perché sono una donna e, per tutte le tematiche che ci riguardano, ogni donna dovrebbe essere attenta: quindi io lo faccio in quanto donna. Poi in quanto artista donna, anche di più! Mi è stato detto che era importante essere qui, che ci sarebbero state altre colleghe illustri, sempre attente al sociale anche loro, quindi non ho nemmeno voluto indagare di più, ho detto: ci sono. Intanto mettete il mio nome; quando si è trattato di scegliere cosa proporre qui ho pensato ad alcune canzoni che sono molto vicine a noi, quindi: la vita, il fatto che noi la generiamo, possiamo anche in qualche modo aiutarla a continuare su questo pianeta, abbiamo questo bellissimo, arduo compito. Poi ho scelto un altro aspetto nostro che è quello dell’amore, per amore cosa non fa una donna? Quanto non soffriamo? Quanto non siamo disposte a spenderci? Poi altre canzoni che sono proprio nate dall’osservazione delle condizioni della donna; ce ne è una che proprio ci descrive e si intitola Il nostro profilo, un’altra che riguarda le donne un po’ meno fortunate che sono nate in quei luoghi della terra dove essere donna è ancora molto duro, dove ancora non si può scegliere né una vita, né un mestiere, né il proprio compagno, tutto è stato prestabilito e se qualcuno si azzarda a dire: “io voglio fare così”, come scrivo nella canzone c’è un padre non disposto, molto spesso, a capire. A volte, noi donne siamo ancora spettatrici di storie assurde, addirittura di assassinii; tra l’altro neanche puniti, che è l’aspetto peggiore della faccenda, questa canzone si chiama Dentro una rosa. Poi concludo con una canzone che credo sia la più conosciuta, tra quelle che ho scritto, qui in Italia, ma che non ho cantato io ma la cantò, divinamente bene, il grande Renato Zero che è Spalle al muro: è una canzone che non posso mai non fare, non accennare quando sono su un palco ed
[ BIS! ] anche questa sera farò. Mi hai anticipato la domanda: Mariella Nava, autrice prima che cantante? Tu hai scritto un sacco di canzoni molto belle, non solo per Renato Zero, ma anche per altri, Spalle al muro è una di queste, ma pochi sanno che le hai scritte tu. In effetti questa è una cosa curiosa, credo che nell’ambiente mi si conosca, forse addirittura mi si stimi di più per quello che ha fatto la mia penna che per la mia voce. Tutto sommato, però, siccome la mia penna è legata alla mia anima, va bene così. Ultima domanda: come hai trovato la Brianza? Io ne avevo sentito parlare anche nelle canzoni, mi viene in mente Brianza velenosa, devo dire che l’ho trovata ordinata, almeno apparentemente, poi bisogna vedere come è vissuta da chi risiede qui. Pulita, molto pulita, forse troppo e mi inquieta questa inquadratura. Ultimissima: qualche nuovo progetto in cantiere? Tornerai in Brianza? Assolutamente sì, ci devo tornare anche perché insomma, vorrei venire a fare un concerto intero in questa bella struttura. Sto ultimando un nuovo disco, anche se di questi tempi si spaventano quasi quando dici che stai per uscire con un nuovo disco: dove lo mettiamo anche il tuo? E’ vero, c’è sovraffollamento, c’è crisi: sono più i dischi che si fanno che quelli che si vendono, quindi ovviamente anch’io ho questo pudore di dire: mah, aspettiamo il momento buono, non ho fretta, ma posso anticipare che siamo in una fase di ultimazione del lavoro, sono molto vicina e prossima a farlo uscire.
la possibilità di farmi sentire quindi, poi di avere un contratto discografico che sto portando avanti, anche facendo sempre passi in avanti, come in questo caso che sono passata da interprete a cantautrice. Si cerca di fare piano piano sempre un passo in avanti. Anche perché tu sei giovanissima e diciamo che il tuo mentore, colui che, forse, ti ha dato una spinta in più è Luca Jurman cosa provi a condividere con lui questo palco? M ha veramente aiutato tanto, durante il programma televisivo, a tirare fuori gli attributi, come si suol dire. Sono contenta di condividere insieme a lui questa serata. Sicuramente Luca Jurman è stata una delle persone chiavi del mio percorso. Nuovi progetti all’orizzonte? Verrai qui in Brianza per un concerto tutto tuo? Mi piacerebbe molto venire qua, anche perché con la produzione sono spesso vicino a Milano, e quindi sono in zona, e mi piacerebbe qualora partisse una tourné o comunque delle serate di riuscire a portare la mia musica anche in Brianza. Novità a brevissimo termine? A Maggio uscirà il mio secondo album, come cantautrice.
Lasciamo Mariella con l’impegno a rivederci con l’uscita del suo nuovo disco: avrei ancora un sacco di cose da chiederle....Incontriamo subito dopo Silvia Olari e anche a lei facciamo qualche domanda. Come mai sei qui a Desio? Semplicemente penso che si debba sempre partecipare a questo tipo di cose, al di là dell’esibizione come artista, penso che la tematica sia molto importante e che ci sia bisogno di partecipazione, quindi lo faccio più che volentieri. Cosa puoi dirci della tua esperienza del reality Amici? E sai che ci sono qui fuori un gruppetto di ragazzi da circa due ore ad aspettarti? (ndr poco dopo vediamo che Silvia incontra i suoi fan) Devo dire che è una grande soddisfazione il calore che la gente mi sta dimostrando in questo periodo, nonostante sia passato un anno dalla mia apparizione in televisione. L’esperienza del reality è stata assolutamente bella perché mi ha fortificato tanto, mi ha aiutato a superare tante mie difficoltà, mi ha dato
Anche con lei ci lasciamo con l’impegno di risentirci non appena ci saranno novità...Fermiamo ora Luca Jurman e iniziamo anche con lui con la domanda di rito. Come mai ha deciso di aderire all’iniziativa di Salute Donna, associazione che nasce proprio in Brianza? É un’iniziativa molto importante secondo me. Da qualche anno cerco di appoggiare iniziative, anche della Lilt, quindi qualsiasi cosa che ha a che fare con i tumori. Penso di avere conosciuto un sacco di persone nella vita che hanno avuto bisogno di soccorso e di aiuto riguardo a questa problematica: purtroppo c’è una grande diffusione soprattutto fra le donne di questa malattia, anche se non mi piace usare la parola malattia. E’ una problematica e siccome si può in qualche modo combattere all’inizio è molto importante che la gente si sensibilizzi riguardo al problema e cominci in qualche modo ad interessarsi, a cercare di visitarsi, di controllarsi prima che sia troppo tardi
Silvia Olari
È una bella emozione essere sullo stesso palco con una propria allieva e pupilla? A me capita spesso di portare sul palco allievi e persone che ho seguito. In particolar modo questa sera c’è Silvia Olari che è una persona per cui mi sono battuto molto. Io penso che lei abbia bisogno di essere valorizzata e bisogno di essere conosciuta dal grande pubblico per le vere doti che ha, che sono veramente notevoli. Sappiamo che a maggio esci con un libro, Vocal Classes® - L’evoluzione nel canto: come è nato? È un progetto che c’è da tanti anni, in realtà, perché è un progetto che ha a che fare con la didattica. Il primo libro è un’introduzione, che possono leggere tutti e quindi capire il punto di vista da cui è nata questa mia voglia di insegnare alle persone, degli studi che ho fatto per cercare di aiutare tutti gli artisti. È un progetto molto importante perché secondo me fa chiarezza su tanti punti riguardo al canto, anche per le persone normali, insomma le persone comuni che non fanno canto, ma che vogliono sapere qualcosa e anche per i professionisti. È nato poi questo rapporto con la De Agostini che mi ha dato l’opportunità di diffondere questo messaggio in maniera molto più professionale. La Brianza, per te brianzolo, com’è? Ma la Brianza per me è casa. Per me stare in Brianza è gioia: è una vita ver-
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[ BIS! ]
Luca Jurman
de, nel vero senso della parola, quindi al di là delle piante, è una vita verde: un modo di intendere la vita forse ancora più naturale di quello che si possa immaginare. Per me, da brianzolo,esibirmi in Brianza mi fa sempre piacere. Hai nuovi progetto o hai in programma un’esibizione tutta tua, qua in Brianza? In Brianza non lo so, vedremo, ovviamente c’è un tour in via di allestimento; quindi non appena ci saranno le data ci sarà il sito ufficiale che le comunicherà. Spero di esibirmi anch’equa, a casa mi!. Ringraziamo anche Jurman e andiamo a parlare con Ivana Spagna che è un po’ una “veterana” di queste iniziative e iniziamo anche con lei con la stessa domanda: Perché l’adesione a questa iniziativa? Perché io conosco Anna Mancuso da tanti anni. Sono venuta tante volte a fare questa manifestazione. Anna ha vissuto sulla sua pelle questa situazione, ha avuto la forza di andare avanti, ha avuto la forza di lottare ed ha capito qual è il grande problema delle donne: il fatto di trovarsi da sole. Passata la malattia, che è già bruttissima da affrontare, quando dopo sembra che tutto sia passato, la donna si ritrova a lottare, perché queste esperienze non lasciano solo cicatrici nel fisico, ma il più delle volte colpiscono anche l’anima, ed ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino. Anna lottando proprio per questo. Anche mia madre, poi, è passata attraverso questa esperienza: a lei era proprio stato tolto il seno, dall’oggi al domani, lei pensava di togliersi solo una
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cosina, ma quando io sono arrivata all’ospedale lei stava piangendo perché gli avevano asportato totalmente il seno; ho visto da vicino come si vive questa cosa ed è un calvario, ti cambia tutti i rapporti anche con gli altri, non sei più sicura. Vedevo lei che la viveva malissimo, anche e soprattutto col marito, poi un po’ alla volta è riuscita a venirne fuori, soprattutto con la sua forza. Perché io allora non sono riuscita ad essere forte, non sono riuscita a capire il problema, forse perché ero giovane e non capivo la gravità della cosa: adesso lo so, ma quando si è giovani la vivi diversamente, poi vedi la mamma come questa forza della natura che sa rimediare a qualsiasi cosa, la vedi immortale. La lotta che sta portando avanti Anna è una cosa importantissima, proprio per aiutare dopo la malattia, perché è proprio dopo che ci può essere il tracollo finale anche se la malattia in quel momento non c’è più: quello è il momento più importante dell’assistenza. Essendo una “veterana” di questa iniziativa sei già stata in Brianza. Che rapporto Ivana Spagna
hai con la nostra Brianza? Io non sono ancora riuscita a viverla bene, io la vivo attraverso delle amicizie tipo quella di Anna o quella con Piero Calabrò. Non riesco a viverla fisicamente la Brianza. Vedo gente che si dà da fare, questo sicuramente, c’è voglia di fare, voglia di creare, non c’è gente che si addormenta e che vive sugli allori; c’è grande fermento, c’è una grande vita questo l’ho notato, altre cose non sono riuscita ancora a viverle. Nuovi progetti professionali, tra cui magari un concerto tutto tuo qua in Brianza? Magari mi farebbe piacere un concerto qui, perché avendo tanti amici andrei incontro loro, invece che farli spostare ogni volta. Ho appena fatto un album, da due mesi, che si chiama Il cerchio della vita e anche se il titolo è una canzone mia vecchia, l’album è nuovo e racchiude la maggior parte delle canzoni più belle dei cartoni animati: da Aladino a La bella e la bestia, tutte rivisitate in chiave pop. Dal 2 maggio inizio la tournée dove porterò in giro questo spettacolo anche un po’ teatrale. Per esempio nell’album c’è Mary Poppino e Mary Poppins sarà ovviamente nello spettacolo. Ma cosa fa Mary Poppins? Vola, quindi volerò anch’io se no che Mary Poppins sarei? Usciamo soddisfatte da questo evento, sia per la qualità elevata dello spettacolo che per la bellezza umana degli artisti che abbiamo incontrato. Speriamo di rivederli presto dalle nostre parti e speriamo che la prossima volta ci sia più pubblico per fare del bene.
[ BIS! teatro, musica ed eventi a monza e brianza ] foto di Paolo Proserpio (www.myspace.com/paolop)
The NUV (New Ultraviolet Vanish): pronti a spaccare gli USA [ di Elena Gorla ] Che cosa hanno in comune gli emigrati italiani che agli inizi del secolo scorso si stipavano sulle affollate navi della “Compagnia Transatlantica per la navigazione a vapore con le Americhe”, dopo aver detto addio alle radici e a mammà e quattro bei ragazzi di oggi residenti in Brianza?Facile: la speranza di fare fortuna oltre oceano! Andrea Caristo (batteria), Leonardo Sergun (chitarra e voce), Stefano Tangorra (basso), e Demis Tripodi (chitarra e voce)…in una parola The NUV: la band che con il suo disco Top Model Super Fashion (in uscita per l’estate) ha strappato un contratto negli USA…. Ragazzi presentatevi… com’è nato il progetto dei NUV? Siamo quattro ragazzi brianzoli. Il gruppo si è formato sette anni fa ma poi, a seguito di una serie di aspettative disilluse da parte della discografica del tempo, il gruppo si è sciolto. Poi io (è Demis che parla) sono partito per il Canada assieme a Stefano, il bassista del gruppo, alla ricerca di nuovi stimoli creativi, deciso a ricominciare tutto da lì. Ma poi, una volta rientrato in Brianza, il gruppo si è poco a poco ricompattato. Ho ascoltato i nuovi lavori Leonardo e mi sono convinto che si poteva ricominciare assieme: nuove influenze, vecchia e rodata formazione. E sono nati i NUV Parlateci un po’ del vostro album d’esordio, Top Model Super Fashion: la scelta
di cantare in inglese è legata solo alle influenze musicali che vi hanno segnato o anche ad una precisa esigenza di ampliare il mercato delle vendite anche all’estero? Il problema è che la scena musicale italiana ci va un po’ stretta. Ci siamo quindi messi nei panni di chi a casa propria si rende conto di non avere la possibilità di lavorare. Che cosa si fa allora? Si emigra, si va oltreoceano a cercare fortuna! A parte gli scherzi, la scelta dell’inglese è stata dettata da un nostro sentirci vicini a una data realtà musicale che in Italia non troppo ha sufficiente spazio. Questa scelta si è per ora rivelata azzeccata in quanto ci ha permesso di strappare, per la distribuzione, un contratto con un’etichetta americana, Blockstarzmusic. Hanno apprezzato il nostro lavoro sia a livello compositivo che a livello tecnico. Che rapporto avete con la Brianza? Ambivalente. Nel senso che noi qui viviamo e abbiamo prodotto il nostro disco, tuttavia anche qui la scena musicale, e con questa espressione mi riferisco anche all’utenza e non solo alla scena discografica, ha attraversato una fase di decadenza dal duemila in avanti. Le band venivano giudicate più per il pantalone e le pettinature proposte che per la musica suonata. Per fortuna negli ultimi anni le cose stanno migliorando. La Brianza poi a ben guardare ha anche più proposte di Milano, dove ultimamente i locali chiudono (anche se questa tendenza a ben vedere è iniziata nel con la chiusura del Binario Zero) o non fanno più programmazione, e i pochi che restano più che
musica “fanno moda”. La in Brianza, invece, ci sono realtà che funzionano. A due passi da qui, ad esempio c’è il Tambourine, certo che da quando non è più possibile fare musica elettrica ma solo acustica i gruppi come il nostro, che fanno musica casinara, sono un po’penalizzati. Quattro buoni motivi per comprare il vostro disco… Primo: suona bene. Poi le canzoni sono belle. Terza buona ragione…è che è un disco interessante: ad esempio ci sono due cantanti, e questo è un elemento che c’è davvero in pochissime band. E sono due cantanti veri. E, per finire, è un disco molto eterogeneo, spazia molto… Comunque, arrivando al sodo, dato che abbiamo da poco firmato con Blockstarzmusic fra poco, finalmente, il disco uscirà, speriamo entro un mesetto…insomma, in tempo per portarselo in vacanza! Comunque appena sarà fuori lo annunceremo a subito sulla nostra pagina di myspace ( http://www.myspace.com/ thenuvspace ) e su facebook...intanto andate su myspace ad ascoltarvi le canzoni! Chi è il bello del gruppo? Siamo un gruppo abbastanza fortunato e ben assortito: mi spiego, abbiamo la fortuna di avere gusti abbastanza diversi in fatto di donne e tutti andiamo abbastanza bene proprio con il tipo che preferiamo…quindi siamo tutti contenti e senza conflitti. Quindi, se dire che siamo tutti belli è uno sproposito, di certo siamo tutti interessanti!
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[ BIS! ] Ed il pazzo del gruppo? Anche qui…ognuno di noi ha il suo tipo di pazzia anche se la forma più evidente, almeno così mi dicono, sul palco è la mia (è Demis che parla) ma anche nella vita, forse sono quello che rischia di più, anche se devo dire, ho la fortuna di avere alle spalle una famiglia che mi para il …colpo…per cui è più facile mettersi in gioco (ride)! Quello serio, invece, è senza dubbio Andrea. Lui è il collante del gruppo, è quello che ci fa ragionare e che ha fatto sì che tornassimo a lavorare assieme. ..anche se sotto sotto con lui viene fuori anche il vero lato psicotico del gruppo. Concludiamo con una domanda di rito: cosa significa NUV? Letteralmente NUV sta per Near UltraViolet che è la frequenza d’onda più prossima alla luce visibile. Questo spettro viene utilizzato in astronomia per analizzare determinati aspetti dei corpi celesti che altrimenti non sarebbero visibili né, dunque, quantificabili. Quindi noi The NUV (New Ultraviolet Vanish) stiamo alla musica come quella frequenza d’onda sta all’astronomia: rendiamo visibili nuove realtà altrimenti inaccessibili!
In Italia non si può fare la rivoluzione: lo dicono i Grenouille [ di Fabio Paolo Costanza ]
E’ uscito emblematicamente il 25 aprile per Via Audio Records il nuovo Ep dei brianzolissimi GRENOUILLE: “In Italia Non Si Può Fare la Rivoluzione”. Questo Ep di 4 brani vuole essere il grido finale della post adolescenza, la resa dei conti nell’Italia che muore perchè è immobile, ferma, apatica. Quindi rabbia e disillusione (la title track in stile Pixies), ma anche amarezza e sarcasmo (“La Democrazia è il Porno”). Non a caso in Italia non si può fare la rivoluzione “perchè ci conosciamo tutti”, denunciano in chiave post grunge i Grenouille. E’ la fine delle illusioni e forse la quiete, prima di un nuovo inizio. Tre can-
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foto di Paolo Proserpio (www.myspace.com/paolop)
zoni che potevano essere del precedente LP “Saltando dentro al fuoco”, ma non lo sono, e la quarta, una chicca, l’interpretazione à la Grenouille del tormentone “I Fiori” degli amici siciliani “IL PAN DEL DIAVOLO” , che vengono definiti dalla band come “il miglior gruppo punk del momento, anche se loro non lo sanno”. Questo Ep è la ricerca di un posto, di un suono e poi la calma, prima di iniziare. Di Nuovo. Dopo “Saltando dentro al Fuoco”, 4 pezzi bomba che sanno di bruciato nella terra che del sole sembra non sapere che farsene. Su www.viaaudio.it/grenouille è disponibile un brano in Free Download.
[ NONSOLOMONZA... ]
La città di Desio (Provincia MB) ha 40.313 abitanti (fonte: servizio anagrafe comunale - 31 dicembre 2009), ha una superficie complessiva 14,810 Km quadrati, altitudine: 196 metri sul livello del mare; confina con i seguenti comuni: a nord con Seregno – a ovest con Cesano Maderno e Bovisio Masciago – Varedo – a sud con Nova Milanese e Muggiò e a est con Lissone. Ha le Frazioni di S. Carlo, S. Giuseppe, S. Vincenzo e S. Giorgio. Il territorio Comunale è attraversato dalla Strada Statale n. 36 che collega Milano – Como – Lecco (Nuova Valassina) e dalla Statale n. 35 (chiamata Milano- Meda) che prosegue sino alla provincia di Como. Attraverso le due strade statali, si ha l’accesso alle Autostrade MI-TO e MI-VE. Il territorio è dotato di parchi ed aree a verde di utilizzo pubblico per una superficie di circa 600.000 mq. Il parco principale si trova in P.le Parco In Via Agnesi si trova il Paladesio struttura utilizzata per attività sportive, concerti e manifestazioni culturali per un totale di 8.000 posti ed è ubicato in Largo Atleti Azzurri d’Italia. Telefono 0362/629286. Sempre in Via Agnesi si trova il Centro Sportivo con n. 2 campi di calcio, n. 4 campi da tennis in terra battuta e sintetico, la pista di atletica e n. 1 piscina con 2 vasche, una per adulti con una lunghezza di 25 m. ed una per bambini. La festa patronale cittadina cade la prima domenica del mese di Ottobre (Madonna del Rosario) e in questa occasione viene organizzata una Fiera intercomunale dell’Artigianato, Industria e Commercio (F.A.I.C.). Una sagra di sapore antico è quella che si svolge annualmente presso la frazione S. Giuseppe nella domenica più vicina al 19 marzo. Va ricordata anche la festa di S. Rocco nel quartiere Bolagnos, che viene celebrata il giorno di S. Rocco. Desio, infine, ospita una manifestazione storico-folcloristica denominata Palio degli zoccoli, a cui partecipano le undici contrade cittadine con personaggi in abiti storici e con scene e rievocazioni storiche di grande attrazione. A seguito di importanti eventi storici nel 1924 a Desio fu concesso il titolo di “Città”. Il cittadino più famoso è Achille Ratti che fu Papa dal 1922 al 1939 con il nome di Pio XI e sottoscrisse i Patti Lateranensi con lo Stato Italiano. Nel secondo dopoguerra la città si sviluppò tumultuosamente si insediarono molte aziende meccaniche tra cui un complesso automobilistico (Autobianchi) e si espansero
quelle dei mobili e dell’arredamento. E lo sviluppo del terziario (servizi, commercio, credito, assicurazioni). Villa Tittoni Traversi è il più importante monumento di Desio. Si tratta di una tipica villa di campagna della nobiltà milanese, costruita e ricostruita per circa duecento anni e che passata indenne fra le due guerre, divenne nel 1975 parte del patrimonio di Desio, dove attualmente oltre ad essere idonea per manifestazioni, mostre etc. ospita la Biblioteca civica. SANTI PATRONI I Santi patroni di Desio sono S. Siro e S. Ma-
terno. MERCATI E FIERE Il Mercatino Cittadino ha luogo ogni lunedì, al mattino (8-13) in Piazza Giovanni XXXIII° (Mercato Nord), e nell’area compresa tra le Vie Grandi, Prati, e Montenero (Mercato Sud). Ogni venerdì al mattino (8-13) nella zona di San Giorgio in Piazza Carendon (Mercato San Giorgio). Sagra S. Giuseppe domenica più vicina al 19 marzo Grande sagra accompagnata da concerti, marce podistiche, intrattenimenti vari, esposizioni di automobili, quadri, ceramiche, fiori secchi e freschi, animali domestici, attrezzature agricole e da giardino. Nel corso di tutta la manifestazione è attivo un servizio di ristorazione. Palio degli Zoccoli 1ª domenica di giugno (o ultima di maggio) Il Palio rievoca la battaglia del 1277 tra i Torriani e i Visconti per la supremazia su Milano e sui territori vicini. Esso tende anche ad affermare la tenacia della gente desiana in relazione ad un odioso episodio di prevaricazione: quando infatti la città era un piccolo borgo, era meta dei nobili milanesi che vi venivano per delle battute di caccia. In tali occasioni era vietato alla popolazione fare uso degli zoccoli (allora normali calzature) poiché il rumore che provocavano avrebbe causato la fuga della selvaggina. Ma i contadini si ribellarono e tennero ai piedi gli zoccoli nonostante la proibizione. Alla manifestazione prendono parte le undici contrade della cittadina che sfilano in costumi dell’epoca per le vie del centro. Nella basilica dei SS. Siro e Materno si svolge inoltre la cerimonia che prevede l’omaggio alla croce, la promessa dei contradaioli e la benedizione delle contrade. Nel corso della messa l’officiante accende il tradizionale pallone di S. Vittore dal quale si ricavano i pronostici per l’andamento del raccolto. Si crede infatti che, a seconda della direzione presa dal fumo, si possano leggere buoni o cattivi presagi. Nel pomeriggio nuova sfilata accompagnata da un gruppo di sbandieratori e poi disputa del Palio, che consiste in una corsa a staffetta intorno alla basilica: due atleti per ogni contrada che calzano gli antichi zoccoli. Al termine i vincitori ricevono il gonfalone ed un trofeo costituito da un paio di zoccoli di legno e argento. Manifestazioni folcloristiche e concerti fanno da contorno alla manifestazione.
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[ VERDISSIMO CURIOSITà, PROPRIETà E USI DELLE PIANTE INTORNO A NOI ]
L’ORTICA [ a cura di Adriana Colombo ]
Famiglia: Urticaceae Specie: Urtica dioica Nomi dialettali: Besia (meneghino), Pungia L’ortica è una pianta perenne e, come dice lo stesso nome botanico della specie, è una pianta dioica, ovvero divisa in esemplari che portano fiori maschili e piante che portano fiori femminili. Le foglie sono ovali, dentellate e pelose e sono appunto i peli dell’ortica ad essere urticanti. E’una pianta che può raggiungere il metro e mezzo di altezza e che cresce spontaneamente un po’ ovunque ed è una pianta della quale, semi esclusi, non si butta via niente. Fiorisce da maggio ad ottobre e la raccolta delle foglie si effettua in primavera ed inizio estate. Cenni storici e curiosità: Sono tante le credenze intorno all’ortica ad esempio anticamente si riteneva che buttare delle foglie d’ortica nel fuoco allontanasse i fulmini. I latini erano convinti che la puntura dell’ortica curasse i reumatismi, questa credenza
Settimane verdi alla scuola agraria La Scuola Agraria del Parco di Monza, centro di formazione professionale specializzato in verde ornamentale e agricoltura, organizza, per il terzo anno consecutivo, campus estivi dedicati ai ragazzi dai 6 ai 10 anni, con lo scopo di trasmettere loro nuove conoscenze, sperimentare abilità diverse, e fornire loro l’opportunità di costruire un miglior rapporto con la natura. Educatori esperti li seguiranno in un percorso volto a fornire, attraverso il gioco, la conoscenza del valore culturale e ambientale del territorio ed il ruolo sociale dell’agricoltura in virtù del legame particolare che ci lega ad essa, all’interno di un cornice che, pur essendo in ambito urbano, li emoziona grazie ai suoi aspetti naturalistici e al suo legame con il contesto del Parco. In occasione del decennale dell’Acqua, inaugurato dall’Onu nel 2005, il program-
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è sopravvissuta nei secoli e, anche durante il medioevo si usava questa pianta per curare i reumatismi. Si dice poi che sognare di essere punti dall’ortica sia segno di buon auspicio. Effettivamente le sue foglie contengono acido formico, e gallico, carotene, clorofilla, tannino, istamina, potassio, calcio, ferro, manganese, silicio, vitamina C, e in virtù di tale ricchezza di nutrienti questa pianta vanta davvero innumerevoli proprietà: è emostatica, antireumatica, diuretica, cicatrizzante, vasocostrittrice, antiflogistica. Usi: La parte usate è quella aerea. • Con le foglie secche o fresche è possibile preparare tisane ed infusi drenanti e purificanti • Lozioni per rinforzare il cuoio capelluto e combattere la forfora • Macerati di foglie e fusti in acqua fredda per la coltivazione biologica di orti e terrazzi (si lascia macerare in un contenitore non metallico per circa un mese, fino a che avrà finito di fare schiuma, poi si diluisce in rapporto di 1:10 e si conserva per mesi in contenitori chiusi): E’ ma delle settimane verdi organizzate dalla Scuola Agraria del Parco di Monza sarà dedicato alla conoscenza dell’ “ACQUA”: acqua come risorsa da non sprecare, come elemento dell’ecosistema, come fattore di interazione nella formazione e nello sviluppo di un territorio, come paesaggio, come ciclo idrogeologico, come elemento centrale nella vita di tutti i viventi. I ragazzi, attraverso escursioni in bicicletta, saranno condotti alla scoperta degli ambienti acquatici presenti sul territorio del Parco di Monza, ne monitoreranno lo stato di salute attuale e, con esperimenti e analisi, ne valuteranno le caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche. Saranno coinvolti nella realizzazione di un orto, anch’esso progettato rispettando le regole sul risparmio idrico e sperimenteranno diverse tecniche per limitare la dispersione dell’acqua, per comprendere che non è facilmente reperibile in tutte le parti del mondo. Impariamo giocando: esperti educatori li accompagneranno nei diversi percorsi, divideranno con loro momenti di gioco e di sportiva competizione, creando appositi la-
perfetto per concimare ortaggi e fiori e, vaporizzato, sulle piante combatte gli afidi. A tavola.... L’ortica è davvero prelibata e si usa in cucina per molteplici piatti: provate a sostituirla nel ripieno dei ravioli o dei cannelloni di magro, sentirete che bontà! Un altro piatto velocissimo con l’ortica è la frittata, io personalmente ci metto anche della noce moscata e del grana, un po’ come in quella di spinaci. Ma oggi voglio darvi la ricetta del risotto all’ortica che fa sempre la mia mamma e che secondo me è buonissimo... Sbollentare le cimette tenere di ortica (solo foglie) in poca acqua salata. Intanto nella pentola mettete a soffriggere uno spicchio d’aglio e un po’ di peperoncino. Scolate l’ortica e aggiungetela al soffritto, mi raccomando non buttate l’acqua di cottura. Aggiungete il riso poi aggiungete l’acqua messa da parte ed ultimate la cottura con brodo vegetale. Mantecate con del burro e del parmigiano...Buon appetito. boratori finalizzati a stimolare la conoscenza ed il rispetto dell’ambiente, della natura e del territorio agricolo. In questo modo, potranno imparare ed apprezzare l’importanza del lavoro di gruppo, condividendo le proprie risorse, ed imparando a dare una giusta valutazione di quelle degli altri. Per ogni settimana verrà formato un gruppo classe di 25 ragazzi, assistiti da due educatori in possesso di adeguato titolo di studio, di esperienza maturata nel campo educativo ed ambientale, da personali caratteristiche di affidabilità, capacità di lavoro in equipe e abilità di animatori. Durante la giornata sono previsti merenda a metà mattina, pranzo e merenda a conclusione di ogni giornata, preparati in loco da personale apposito. Per chi fosse interessato, contattare la Scuola Agraria del Parco di Monza al n. 039/2302979, dal lunedì al venerdì nei seguenti orari: 8.30 – 12.30 / 13.30 – 17.30, o tramite mail all’indirizzo settimaneverdi@ monzaflora.it. Per ulteriori informazioni, consultare il nostro sito www.monzaflora.it alla sessione SETTIMANE VERDI.
[ FOTOVOLTAICO ]
Così si “spreme” l’energia solare
Con la voce “energia solare” si intende l’energia, termica o elettrica, prodotta sfruttando direttamente l’energia che è irraggiata dal Sole verso il nostro pianeta. La quantità di energia solare che arriva complessivamente sul suolo terrestre è enorme: è stato calcolato che è circa diecimila volte superiore a tutta l’energia usata dall’umanità nel suo complesso. Il vero problema è che è poco concentrata, nel senso che è necessario raccogliere energia da aree molto vaste per averne quantità significative da poter utilizzare comunemente nelle nostre case. Per il suo sfruttamento occorrono prodotti in genere di costo elevato che rendono l’energia solare notevolmente costosa rispetto ad altri metodi di generazione dell’energia. Lo sviluppo di tecnologie che possano rendere economico l’uso dell’energia solare è un settore della ricerca molto attivo e che ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni. I pannelli fotovoltaici convertono la luce solare direttamente in energia elettrica. Questi pannelli non avendo parti mobili necessitano di
pochissima manutenzione: in sostanza vanno soltanto puliti periodicamente. La durata operativa stimata dei pannelli fotovoltaici è di circa 30 anni. Grazie a una legislazione che prevede incentivi economici all’installazione di impianti fotovoltaici e alla possibilità di vendere l’energia prodotta in eccesso al gestore della rete di trasmissione, la Germania è al primo posto in Europa per la potenza elettrica prodotta da energia solare: tale quantità, però, soddisfa solamente lo 0,1% del fabbisogno nazionale tedesco ed è del tutto insufficiente a sostenere il trend crescente della domanda energetica (in Germania la prima fonte di produzione di energia elettrica è il carbone, con oltre il 50%, e al secondo posto c’è il nucleare con quasi il 30%). Analoghe iniziative, comunemente note come Conto Energia, sono state intraprese da diversi stati europei ratificanti il Protocollo di Kyoto, tra cui anche l’Italia, mediante il Decreto Interministeriale 28/07/2005 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 05/08/2005 e successivi aggiornamenti, comunemente noto come Decreto Conto Energia. Attualmente la maggior parte degli studi si concentrano su nuove generazioni di celle fotovoltaiche dotate di una maggior efficienza di quelle attuali o su celle fotovoltaiche dotate di un’efficienza simile a quella delle celle attuali ma molto più economiche. Studi più ambiziosi puntano alla realizzazione di centrali solari orbitanti. Queste centrali dovrebbero raccogliere i raggi solari direttamente nello spazio e trasmettere la potenza assorbita sulla Terra per mezzo di microonde o raggi laser. Gli attuali progetti di
costruzione prevedono l’installazione di queste centrali nel 2040. La tecnologia fotovoltaica è indicata per produrre elettricità anche mediante la realizzazione di piccoli impianti, perchè la tecnologia solare può essere inserita in svariate attività (case, aziende, uffici, negozi, centri commerciali, industrie, attività agricole, comunità) e molte altre attività. Il prossimo mese intervisteremo un brianzolo che da qualche anno ha installato in casa sua un impianto fotovoltaico e ci faremo spiegare, in diretta e dal’interno, se questa tecnologia è solo un costo o può diventare realmente un’alternativa, anche economica. Didascalia per il disegno (di lato mettere una scritta piccola: copyright Solar, Varese) Il sole arriva sul tetto, gli impianti fotovoltaici catturano l’energia solare e la trasformano in corrente elettrica continua. La corrente elettrica continua, per poter essere utilizzata, viene trasformata da un inverter in corrente alternata. Due contatori tengono il conto della corrente che viene utilizzata da chi la produce e di quella che, invece, viene ceduta alla rete.
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[ BRIGANTIA STORIA, LEGGENDE ED ESCURSIONI NELLA NOSTRA VERDE TERRA ]
Foto di Giulia Cavaliere
Un angolo di letteratura in mezzo alla Brianza [ di Giulia Cavaliere ] “Il cemento armato e la plastica e lo scatolame hanno coperto anche la terra Lombarda, la verde Lombardia non è più. Viviamo in un tetro inferno, dovunque è arrivato il cosiddetto miracolo!” scrive in una lettera del 1964 Carlo Emilio Gadda alla “Gentile Signora” Lucia Rodocanachi che lo ospitò di frequente nella sua villa di Arenzano. Secondo lo scrittore milanese, riconosciuto oggi forse come la penna più nobile, alta, sempre ironica, autobiografica e travagliata della nostra letteratura del ‘900, la progressiva violazione e distruzione delle originarie bellezze lombarde era infatti avvicinabile a quella che negli anni d’oro del boom economico colpì molti spazi della riviera ligure. Rapporto tormentato e in ogni caso appassionato, chissà se i brianzoli di oggi lo sanno, fu quello di alcuni dei più celebrati e importanti autori milanesi con la terra di Brianza, luogo d’origine o d’acquisizione, talvolta cantato con parole d’elogio, come nel caso di Giuseppe Parini (“Oh beato terreno del vago Eupili mio, ecco al fin nel tuo seno m’accogli; e del natìo aere mi circondi, e il petto avido inondi […] Austro scortese qui suoi vapor non mena: e guarda il bel paese alta di monti schiena, cui sormontar non vale Borea con rigid’ale […] Io de’ miei colli ameni nel bel clima innocente passerò i dì sereni tra la beata gente, che di
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fatiche onusta è vegeta e robusta.”) e in altri casi vissuto con astio, rabbia e reconditi rancori famigliari come fu proprio per Carlo Emilio Gadda. Poco lontano da Bosisio Parini, che diede i natali al celebre autore de “Il giorno”, l’opera
che ridicolizzò l’oziosa aristocrazia milanese del Settecento, tra i monti industriali dell’alta Brianza, c’è un altro piccolo paese che sembra uscire da un tempo che non c’è più e che riesce in pochi minuti a farti dimenticare la vicinanza di Milano, si tratta di Longone al Segrino ed è qui che, su una piccola altura, tra case in costruzione e abitazioni da far impallidire i giovani architetti ammiratori/imitatori di Le Corbusier, si staglia ancora oggi, immersa in una vegetazione varia e foltissima, Villa Gadda, la “fottuta casa” (così la definisce l’autore in una memoria autobiografica del 1963) che il padre di Carlo Emilio, Francesco Gadda, fece costruire tra il 1899 e il 1900 e che rimase “appiccicata” all’autore fino al 1937, con il suo “panorama stupendo sui laghi brianzoli”. “Fottuta” e “appiccicata”, sì, perchè la villa fu per lo scrittore fonte di lunghe e affannate tribolazioni a causa del fatto che, alla morte del padre nel 1909, dati i numerosi problemi economico-famigliari che gli eredi dovettero affrontare, fu proprio su Carlo Emilio, divenuto capofamiglia, che gravò il peso della costruzione paterna: “La mia casa di campagna (…) mi procura più grattacapi che una suocera isterica. Sono le fisime casalinghe, brianzole e villereccie di un mondo che è tramontato per sempre lasciandomi solo stucchevoli tasse da pagare. – Mi vendicherò” scrive infatti al critico e amico Gianfranco Contini in una lettera del ‘36. Tra le braccia della “suocera isterica” sappiamo però che l’autore milanese si dedicò alla stesura di alcune tra le sue opere più importanti: “La madonna dei filosofi”, “La meccanica”, “Meditazione Milanese”, “Racconto italiano di ignoto del ‘900” e “Fulmine
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[ BRIGANTIA ]
Foto di Giulia Cavaliere
sul 220”. Insieme al breve racconto “Villa in Brianza” riedito di recente dalla casa editrice Adelphi, volumetto di secondaria importanza seppur, come evidenziato dal titolo, piuttosto esaustivo sulla questione della Villa, è ne “La cognizione del dolore” del 1938, l’opera incompiuta eppure più importante, incisiva e ricca di autobiografismi dell’Ingegner Gadda, che la Brianza è, seppur non in termini espliciti, protagonista. Dietro il Maradagal, un immaginario quanto improbabile paese del Sud America che fa da sfondo alle vicende del protagonista alter ego di Gadda, l’hidalgo decaduto Gonzalo Pirobutirro, ingegnere, proprio come lui, si cela infatti Longone al Segrino, con i suoi Lukones, gli abitanti del paese, e le sue donne bruttissime dalle scelte linguistiche sgradevoli: nemmeno le bellezze naturali che riempiono e circondano il luogo, sono per lo scrittore fonte di ripensamento positivo sulla questione brianzola. Nonostante tutto questo livore però, risolte le problematiche economiche che lo costrinsero per anni a occuparsi di questa casa ai suoi occhi inutile e persino mal progettata, una volta venduto il fardello, Gadda scrive al cugino di provare un’infinita tristezza e un enorme senso di malinconia per tutte le cose “perdute e profanate”. Ambiguità di sentimenti: ecco alla fine dei conti placarsi tutto l’acredine e la voglia di vendetta nei confronti di questa sua terra d’acquisizione. Oggi, Villa Gadda, che architettonicamente è in effetti una costruzione piuttosto insignificante, dopo anni di abbandono a sé stessa, non è neppure chiaro a cosa sia adibita, for-
se un bed & breakfast o una residenza estiva di qualcuno più ricco di quanto non lo fosse Francesco Gadda quando l’acquistò. Sulla cima del monticello sul quale si trova arrivano di continuo persone che senza neppure scendere dalle proprie automobili, osservano soltanto il procedere dei lavori di costruzione delle loro future “Ville in Brianza”. Ci riesce difficile biasimare lo scrittore, a Longone non solo non ci sono indicazioni o riferimenti stradali per raggiungere la Villa, ma sembra proprio che
quasi nessuno sappia di cosa si sta parlando, quando gli si domanda qualcosa a riguardo. Che la Brianza, quindi più precisamente Longone, stia restituendo a Carlo Emilio Gadda quanto ricevuto dalle righe de La cognizione del dolore? Chi lo sa... sarebbe in ogni caso molto bello che chi abita il paese oggi prendesse a cuore il ricordo di questo spazio, pur sempre un cubo di cemento giallo in cui però sono state scritte alcune tra le pagine più importanti di tutta la letteratura italiana.
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[ I SEGRETI DELLO CHEF ]
Millefoglie di bresaola con lattuga e salsa allo yogurt
Per questa puntata del video corso di cucina di Trantran siamo ospiti della sede monzese della scuola di cucina Mangiando e Imparando, dove ci accoglie lo chef Marco Olivieri. Dopo pochi secondi non posso trattenermi dal chiedergli: scusa, forse noi ci conosciamo…il tuo volto proprio non mi è nuovo? E’ l’operatore addetto alle riprese video che scioglie l’equivoco correggendomi: forse lo hai visto in TV… Effettivamente Marco, come ci racconterà poi, ha per anni partecipato a diverse trasmissioni televisive, prima in emittenti locali ed approdando ben presto su Rai 2. Gli impegni televisivi e l’edizione di numerosi libri di ricette non lo hanno però mai distolto da quella che è, a suo dire, la sua prima vocazio-
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ne, l’insegnamento. E la cosa non ci stupisce dato che la sua verve e la sua simpatia hanno senza dubbio un impatto entusiasmante sugli allievi. Ma cediamo la parola a Marco: Oggi ho scelto di presentarvi una ricetta molto semplice ma di grande impatto, perfetta per il caldo che finalmente sta arrivando, da prepararsi interamente senza cottura. E’ un piatto che può essere proposto sia come antipasto che come secondo, in base alle singole preferenze ed al menù che avrete scelto. Inoltre non richiede particolari strumenti da cucina, è rapido e light! Andiamo, quindi, a comporre una millefoglie di bresaola con lattuga e salsa allo yogurt. Mettiamo lo yogurt in una bacinella, lo aromatizziamo aggiungendo 2 cucchiai di olio, sale e pepe (se piace si possono anche aggiungere aromi come il basilico o l’erba cipollina) e lo lavoriamo con una frusta in modo da ottenere una bella salsa vellutata. Prendiamo la bresaola e cominciamo a comporre il piatto: adagiamo una fetta di bresaola sul fondo del piatto, prendo la lattuga e con il coppapasta tagliamo dalle foglie di lattuga dei tondi che poi adagiamo sulla bresaola. Prendiamo la salsa e iniziamo a condire questo
Ingredienti Per 4 persone: 200 gr. di bresaola tagliata molto sottile 250 gr. di yogurt al naturale non dolcificato, intero o magro a seconda dei gusti 20 pomodorini ciliegini 1 lattuga iceberg 2 cucchiai di olio extra vergine d’oliva Sale e pepe q.b. Guarda la videoricetta e lo chef Marco Olivieri all’opera sul sito www. trantran.net alla pagina I Segreti degli Chef!
primo strato. Procediamo così per circa 4 o 5 strati e terminiamo con la bresaola. Tagliamo i pomodorini a spicchi ed andiamo a contornare la millefoglie. Condiamo i pomodorini con la nostra salsa allo yogurt, un filo di olio extravergine d’oliva e spolveriamo con il pepe nero. Buon appetito a tutti! Per maggiori info: www.marcoolivieri.com e www.mangiandoeimparando.it
[ REALITY venti domande per vedere
la brianza con gli occhi dei brianzoli ] Intervista1 Nome Antonio
Età Sessanta! Dove sei nato? Acquedolci, frazione di San Fratello, Messina.
Chi è Dario Allevi? Questo non lo so… Dai un voto a Monza e Brianza Ottimo voto a Monza! Ai trasporti in Brianza? Sì…sufficiente Al commercio in Brianza? Il commercio non è un gran che...
Dove vivi? A Seregno.
Vai al Parco? Spesso e volentieri.
Vivi da solo o con la famiglia? Vivo con la mia famiglia.
Se non in Brianza dove vorresti vivere? In montagna.
Destra o Sinistra? Destra. Che lavoro fai? Il saldatore. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Che si guadagna tanto e si spende poco. Associazione d’idee. Se ti dico verde… Rosso. Cena… Di tutto e di più!
Esprimi un desiderio. Avere un pezzettino di terra e vivere in montagna. Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Contrario. Dimmi un proverbio No, non lo dico! Dì qualcosa ai nostri lettori. Adesso dico un sì! Che è sempre un messaggio positivo!
Intervista2
Nome Pierpaolo Età 41 Dove sei nato? A Desio Dove vivi? A Costa Masnaga, provincia di Lecco. Vivi da solo o con la famiglia? Vivo con la mia famiglia: mia moglie e le nostre due bambine Destra o Sinistra? Destra. Che lavoro fai? Il barista. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Mi piace il territorio. Associazione d’idee. Se ti dico verde… Brianza Cena… Casa amia fra amici. Chi è Dario Allevi? Un politico di Monza… presidente
della provincia? Dai un voto a Monza e Brianza Non ho ancora ben capito come questa provincia stia lavorando perciò non mi sento di dare giudizi. Ai trasporti in Brianza? Non uso trasporti pubblici per cui anche qui non posso giudicare. Al commercio in Brianza? Prima della crisi andava decisamente bene, ora tentenna un po’. Vai al Parco? Sì, con le bambine ci vado spesso. Se non in Brianza dove vorresti vivere? Al lago. Esprimi un desiderio. Desidero che le mie bambine crescano felici. Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Contrario. Dimmi un proverbio L’erba del vicino…se la taglia lui! Dì qualcosa ai nostri lettori. Bevete con responsabilità!
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[ RACCONTIAMOCI ]
Intervista allo scrittore desiano Michele Allegri
Profondo conoscitore della storia e della politica antica e contemporanea, nonché esperto studioso in campo religioso ed esoterico. Tre le opere già edite per l’editrice Italianova: Io sono ciò che mangio, Elvis e il Priorato di Sion, Dossier: I Nuovi Templari. Il legame fra il suo libro dedicato al mistero del grande Elvis ed il testo dedicato ai Nuovi Templari mi risulta comprensibile mentre il titolo dedicato alla alimentazione (Io sono ciò che mangio) mi ha decisamente sorpreso: come è approdato alla redazione di un testo dall’argomento apparentemente così distante dagli studi di carattere esoterico? Il manuale che ho scritto, in verità, nasce per completare i miei studi in campo religioso ed esoterico. Infatti ho inteso riscoprire la valenza del cibo esoterico, magico e divino partendo dallo studio della tradizione alimentare e gastronomica primitiva dell’uomo. Il cibo è indissolubilmente legato alla tradizione e alla religione. Si pensi all’eucarestia, in cui si mangia il corpo di Cristo oppure alle varie prescrizioni
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ebraiche e mussulmane per quanto riguardo l’esclusione dalle tavole di certi tipi di carni. Se andiamo ancora più indietro nel tempo, ci ricordiamo che i cibi preferiti dagli dei romani e da quelli dei Greci erano il nettare e l’ambrosia. La stessa letteratura medievale del Graal, che nasce a cavallo tra paganesimo e cristianesimo mistico, ci parla di un mitico calderone o coppa nel quale si producono cibi e bevande a volontà. La vera sfida della modernità è tornare alle tradizioni e imparare a conoscere le reazioni biochimiche del corpo che i nostri antenati conoscevano bene, cosicché la vita e la nutrizione smettano di essere un procedimento meccanico tout court. Ci spieghi un po’ il suo rapporto con il cibo…. Beh, il manuale che ho scritto (Io sono ciò che mangio) è nato proprio da un’esperienza personale. Ho lavorato alcuni mesi presso il ristorante di un cuoco francese, sperimentando alcune “novità”. Io sono amante della buona cucina. Insomma mi piace mangiare e questo inevitabilmente fa ingrassare. Con un metodo sperimentale ho capito che in alcune situazioni ingrassi, per esempio quando mangi pasta di sera o quando il tuo pranzo è troppo ricco di zuccheri o grassi animali. Così, imparando a conoscere alcune reazioni biochimiche del nostro corpo, ho cominciato a combinare alcune pietanze in modo tale da non ingrassare. Ho mangiato la pasta integrale di mattina presto, cuocendola in acqua senza sale sgranocchiando, poi, alcune noci. In questo modo ho abbassato l’indice glicemico del pasto e non ho accumulato “ciccia”, perché è bene dirlo: sono il sale e lo zucchero a farci ingrassare. Nel libro ho riportato i menu che ho sperimentato nella cucina ma non solo. Posso aggiungere di essere un amante dei cibi biologici e, in parte, della cucina vegetariana. Credo di non sbagliarmi nel dire che occorre oggi mangiare molta meno carne. Non solo per il nostro benessere quotidiano ma per cercare di mantenere intatto un ecosistema che si sta spegnendo giorno dopo giorno… e questo grazie alla scarsa sensibilità di noi consumatori che, ovviamente, siano spinti in questo vortice del consumo e ci facciamo condizionare troppo
dai mass-media e dall’industria alimentare che ci propina gusti artificiali, dolci e salati, per farci consumare di più. In questo senso, il mio libro è stato giustamente definito “un manuale di autodifesa del consumatore”. Il suo interesse per Il Re del Rock (Elvis Presley) ha avuto origine da un innamoramento estetico e musicale che l’ha portata a studiare e scoprire il personaggio ed i misteri ad esso correlati o, viceversa, tutto è nato da un interesse intellettuale in quanto sono stati gli studi legati alla storia del Priorato di Sion ed i suoi studi di politica internazionale a condurla sino ad Elvis? In verità rimasi colpito dal carisma di Elvis quando la Rai fece vedere il suo ultimo concerto, nel settembre del 1977. Rimasi impressionato dallo strano costume di scena che indossava e da come una folla impazzita cercasse di accaparrarsi le sciarpe di seta che lui gettava dopo essersi asciugato il sudore. Poi, più avanti ho letto alcune significative biografie e sono andato a Memphis per cercare di capire al meglio questo personaggio che ha rivoluzionato la musica e i costumi. Ho scoperto, col tempo, che il talento non basta a spiegare un fenomeno e che le persone possono essere consapevolmente o inconsapevolmente manipolate. Gli spin doctor, per usare un gergo da scienziato politico, sono coloro che “manipolano la realtà”. Il manager di Elvis, il colonnello Tom Parker, era uno di loro, uno che aveva agganci con l’industria discografica americana che, negli anni ’50, era alleata con la politica in una lotta senza quartiere contro il comunismo internazionale. Come ha rivelato il prof. Baigent, tra i tanti soggetti che in quegli anni si sono dati da fare per combattere il comunismo ci sta pure il Priorato di Sion, un’antica società segreta che affiliava i più importanti geni dell’arte (dalla musica alla pittura) e che nel 1956, data del successo commerciale di Elvis, riemerse dalla storia grazie ad un membro dei Servizi Segreti francesi, il nobile Pierre Plantard de Saint Clair. Il mistero di Elvis sembra essere oggi più attuale che mai date le molte coincidenze che legano la sua vita e la sua morte con
[ RACCONTIAMOCI ] chael Jackson sono persone che divengono lo strumento dell’astuzia della ragione. I due sono figli del proprio tempo. Da qualche tempo l’esposizione della Sacra Sindone sta attirando verso il nostro Paese folle di pellegrini, fedeli, curiosi, studiosi, ecc, ad un esperto come lei in tema Ordine dei Templari e misteri esoterici non possiamo
la vita e la recente morte di un altro Re, quello del Pop Michael Jackson…la musica dunque come strumento nelle mani di chi tesse le trame della storia? La musica è il giusto veicolo con l’infinito. Può far da tramite con le forze della razionalità e con quelle dell’impulso. Infondo, Apollo e Dioniso rappresentano gli aspetti razionali e irrazionali di ogni cosa e i due dei greci erano tra di loro “fratelli gemelli”. La musica, la pittura, la poesia, la letteratura e, perché no, i film sono un veicolo, un mezzo attraverso il quale l’artista lancia un messaggio razionale ed irrazionale nello stesso tempo e non è un caso che questo messaggio possa essere interpretato in maniera diversa da ciascuno di noi in base alla nostra sensibilità, al nostro grado di cultura, alla nostra disponibilità a porci in sintonia con quell’opera d’arte. Nonostante questo, quel messaggio, quell’opera d’arte, che sia un bel romanzo, una bella canzone o un bel dipinto riunisce persone che non hanno alcuna ragione di conoscersi… Questa è l’essenza del messaggio ermetico, criptico che tante volte può essere anche manipolatore delle coscienze. Quanto la musica rock e pop abbiano influenzato i costumi, è sotto gli occhi di tutti. Elvis e Mi-
non chiedere qualche chiarimento circa questo discusso simbolo della cristianità. Sul suo curatissimo blog (http://inuovitemplari.blogspot. com/) ho letto alcune sue anticipazioni relative ad un suo ultimo articolo dedicato ai misteri della Sindone appena edito: sarebbe un’ennesima beffa leonardesca? Chi l’avrebbe commissionata e perché? Il pontefice regnante Benedetto XVI, che si è recato recentemente nel Duomo di Torino, ha parlato di Icona e non già di reliquia riferendosi alla Sindone. Chi parla della Sindone come del sudario di Cristo o è in mala fede o lo fa per ignoranza. La datazione al radiocarbonio C14 fatta nel 1988 dai tre laboratori più grandi del mondo
(Tucson, Ginevra e Londra) ha dato la prova che il telo è del 1300. E’ plausibile, però, che un telo medievale possa essere stato usato da un abile falsario, da uno che conoscesse l’anatomia dei corpi, i chiari e gli scuri che possono scaturire da un’immagine. Da lì l’idea che il falsario possa essere stato Leonardo da Vinci, l’unico in grado di scrivere al contrario, l’unico che si dedicava allo studio dei cadaveri. E’ bene non dimenticare che l’uomo della Sindone ci appare nel suo aspetto solo se lo riguarda al negativo. La prima ostensione di casa Savoia fu fatta nel 1505 e Leonardo aveva allora una cinquantina d’anni. Prima del 1505 non abbiamo una prova che quella Sindone che sta a Torino sia la stessa a cui fa riferimento il vescovo Pierre d’Arcis di Lirey a proposito della Sindone dei De Charny. D’Arcis, tra le altre cose, lasciò scritto che quella Sindone dei De Charny era un falso. Chi dice che la Sindone apparteneva ai Templari non ha studiato bene la storia dell’Ordine, visto che negli atti inquisitori del 1308 si parla della venerazione di un idolo, di una testa di morto. E’ bene ricordare che l’Ordine dei Templari fu sciolto da papa Clemente V per allontanamento dalla fede e per idolatria e i suoi capi furono bruciati al rogo come eretici impenitenti. Di tutto questo ho parlato recentemente nella trasmissione Rebus-questioni di conoscenza. Ultima domanda, d’obbligo, essendo noi una rivista incentrata sul territorio di Monza e Brianza: sappiamo che sei di Desio. Cosa pensi della Brianza? Sì vivo in Brianza, una terra laboriosa e attenta al proprio territorio. Mi piacerebbe che questa porzione di territorio eccellesse anche per meriti legati alla cultura ma credo che il vero problema sia politico. Manca una lungimiranza, si pensa troppo al presente e poco al futuro. Ci sono delle grandi opere architettoniche come la Villa Reale o la Villa Tittoni che potrebbero essere sfruttate meglio. Ci sono pochi sostegni alla cultura. Il 22 maggio chiuderò a Monza la Rassegna di Letteratura Gastronomica. Prima di me sono venuti nomi importanti del panorama letterario della gastronomia. Nonostante questo, gli incontri si svolgono in uno spazio privato. Mi chiedo perché. Per chiudere ringrazio la vostra rivista che mi ha dato ospitalità e che sono sicuro sarà un punto di riferimento per la cultura nella Provincia di Monza e Brianza, per fare meglio e di più.
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[ RACCONTIAMOCI ]
Lambro River Anthology Continua l’esperimento letterario di Juri Casati… [ AMBROGIO CASTOLDI – L’avaro ]
Dovevo andare a trovare dei parenti (Anche se non ero nell’asse ereditario) Volevo comprare una torta (Anche se era un po’ troppo cara) Poi ricordai una macchia nei nostri rapporti Non mi avevano fatto nessun regalo a Natale Soltanto un biglietto di auguri Ripiegai sui biscotti (In fondo non gli dovevo niente) Mi orientai infine sulle caramelle Ovviamente non di marca Ovviamente non troppe Di quelle che si succhiano così durano di più Ahimè non erano in offerta Provai a tirare sul prezzo Ma lei era solo una dipendente e non poteva accontentarmi Quasi quasi volevo inventare una scusa per rinunciare alla visita Ma mi dissi che si vive una sola volta E le comprai
[ FABIO FUMAGALLI – Il falegname ]
Il lavoro prima di tutto Il lavoro ben fatto significa un taglio preciso Una levigatura pulita Millimetro dopo millimetro In silenzio Un lavoro ben fatto significa Svegliarsi all’alba Precipitarsi nel capannone Non fare mai nessuna sosta Concentrati sull’obiettivo Un lavoro ben fatto significa Finire il letto ordinato da Paolo Ghisalberghi, il metronotte Consegnarlo all’ora stabilita e il giorno stabilito E fu in quell’occasione che ebbi l’incidente Il lavoro ben fatto significa non pensare ad altro se non al lavoro E rifiutare tutto il resto della vita
[ FRANCESCA ARRIGONI - La madre ]
Quel cretino di Fabio Fumagalli Sì, lo conoscete benissimo, il falegname ligio al dovere Ebbene lui ha spezzato la mia vita perfetta Lui era tutto legato all’etica del dovere Del dover consegnare il lavoro in tempo In segreto beveva. Non si accorse nemmeno di avermi investito E tutto per consegnare un letto Ma qual era il vero dovere? Il suo o il mio? Io che mi svegliavo presto alle otto tutte le mattine Appena in tempo per salutare i bambini che andavano a scuola Che poi uscivo per fare colazione al Live Bar Che poi andavo in palestra al Eberard Fashion Club Che poi mi fermavo con le amiche a chiacchierare Che poi andavo al centro estetico Solaris Che poi pranzavo da Annette Che andavo a fare compere per i figli e il marito Che poi controllavo l’operato dei domestici
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Che poi salutavo i figli al ritorno da scuola E poi li accompagnavo A seconda dei casi A nuoto, tennis, inglese, francese, ceramica, Chitarra, pianoforte, danza O dal dentista O a equitazione La mia vita perfetta è andata persa per un letto
[ UMBERTO BIRASCHI – Il commesso viaggiatore ]
Una villetta immersa nel verde Io volli Tranquillità e niente stranieri Io comprai con quella villetta Niente classi miste per i miei figli Ora giaccio qui sulla verde collinetta di Lambro River per l’eternità La tranquillità che cercavo è vicino al fattorino marocchino del supermercato Mia figlia ha sposato un bengalese I miei ideali sono crollati Ma le piste ciclabili e le aiuole sono rimaste in piedi ovunque Era bello quel cielo azzurro azzurro quando tirava il vento caldo Ma non riuscii nemmeno a godermelo Ci volevano ore andare in città e ore a tornare dalla città Oggi mi chiedo: ne valse la pena?
[ LIBERO CAMBIAGHI – I valori della vita ]
Fin da piccolo mi hanno inculcato i veri valori della vita E io li ho sempre seguiti Quando crebbi mi dissero chi votare Un certo Partito e i suoi valori cristiani Il vecchio parroco mi mandava assolto con un’Ave Maria e questo bastava Oltre che la salvezza ultraterrena, si intende E io rimasi spaesato Il giorno in cui quel Partito sparì Il vecchio parroco era ormai morto Tuttavia alcuni mi dissero Che un nuovo Partito incarnava i vecchi e sani valori cristiani Quei valori che non avevano permesso ai cavalli dei cosacchi di abbeverarsi a San Pietro E che non avrebbero più permesso agli zingari di continuare a chiedere l’elemosina.
[ GINA SALMOIRAGHI – La giornalaia ]
Ho sempre pensato Ma quanto si guadagna a fare la giornalaia Su ogni giornale un tot Su ogni biglietto dell’autobus un tot Su ogni matita un tot Alla fine del mese era tot più tot più tot Divenni così giornalaia Ho vissuto accumulando E quando sono morta hanno parlato di modello di virtù Una persona che sapeva vivere con poco Mangiava alle sei. Era questa la virtù? Maledetti: non avete trovato il mio tesoro! Ben sotterrato nell’orto Nessuno lo avrà mai Quella è la mia virtù
[ RACCONTIAMOCI ] [ LUCA CASIRAGHI – L’eroe ]
Fui il primo caduto della battaglia per Falluja Quando ho sentito la pallottola entrarmi in petto Avrei preferito essere rimasto a casa Ed essere sottoposto a processo per il piccolo sbaglio fatto Piuttosto che arruolarmi volontario Mille volte meglio essere rinchiuso in carcere Che essere sepolto sotto una statua alata e coperta di parole retoriche E la chiamavano missione di pace
[ PAOLO GHISALBERGHI – Il metronotte ]
Ho fatto il metronotte Scivolavo silenzioso di negozio in negozio Di ufficio in ufficio, di fabbrica in fabbrica Per controllare che non rubassero e non danneggiassero Nel mio peregrinare notturno Incrociavo sempre il canuto farmacista che faceva il turno di notte Che adesso giace qui vicino Oggi un altro vigila dopo di me su Lambro River Come altri hanno vigilato prima di me Qui non c’è bisogno di controlli notturni né di farmacisti
[ LUIGI VALLERI – L’Avvocato ]
Mi sono trasferito a Lambro River decenni fa Aria pulita, prezzi delle case contenuti In macchina ci voleva poco tempo per arrivare in città Ho difeso le Ferrovie Dopo quel terribile incidente Non feci dare soldi né agli orfani né alle vedove Errore umano Questa fu la mia tesi Errore umano del macchinista Morto anch’egli nello schianto Che andassero a chiederli a lui se proprio li volevano i soldi Anche se sui treni non c’erano sistemi di sicurezza funzionanti La Ferrovia venne assolta
Lampada che riproduce il volto del grande compositore di opere liriche Giuseppe Verdi (per chi si ricorda, il volto che campeggiava sulle vecchie mille lire!). In plastica, alta 80 centimetri, perfetta per chi ama la lirica o da regalare a qualche melomane che vuole ascoltare l’Aida (o il “Va’ pensiero”...) con un sottofondo di luce diffusa. 80 euro. Telefonare 333 9986327
Pallone da rugby ufficiale della Federazione Italiana, nuovo, mai utilizzato. Se avete tyifato per l’azzurro dei fratelli Bergamasco, questo è davvero un gadget irrinunciabile. 20 euro. Telefono 347 0416603
Ora posso dirlo Avevo corrotto i periti e la Giuria I prezzi delle case sono aumentati Per andare in città in macchina ci vuole una vita. La mia cassa si è rotta Ora sono cibo per i vermi
[ LORIS MEREGALLI – “Quello che straccia i biglietti” ]
Ho fatto l’onorata professione un po’ da tutte le parti a Lambro River Ho cominciato al cinema, ma poi man mano li hanno chiusi tutti Sono passato ai musei, ma erano sempre meno e desolatamente vuoti tutta la settimana Un po’ meglio le mostre, mostre dozzinali con i loro ipocriti vernissage che ti senti a Paris Poi il giorno dopo vai a cercare cosa ne ha scritto “Il Cittadino” Una volta una signora mi chiese se poteva avere indietro il prezzo del biglietto Ovviamente tutti si lamentano per lo stato pietoso in cui versa la Villa E per il fatto che ci sarebbero centinaia, forse migliaia di quadri sepolti da qualche parte E non accessibili al pubblico (che d’altronde non andrebbe mai a vederli). Ma cosa ci volete fare: anche la biblioteca è poco frequentata Solo qualche ultima novità Copertine grosse e dure con le scritte un po’ in rilievo Il gusto del provinciale Sono stato sulla porta dei cimiteri tutta la vita
[ LUCA MELLI - Il ladro ]
Le case erano ricche ma ben protette Ma nei giorni dell’autodromo si facevano affari d’oro Arrivavano giù dalla Germania dei tedeschi Certo non erano più quelli di una volta a cui potevi fottere tutto Ma insomma non ci si poteva lamentare Fino a quando non presi la bottigliata fatale da uno che sembrava un vecchio tedesco Di quelli che non si vedono più E invece chissà chi era.
Amate lo zio Moretti, quello della birra, e vi piace giocare a calcetto? Ecco l’oggetto che fa per voi: il pallone del baffo Moretti, nuovo, mai utilizzato. Un vero pezzo da collezione, 20 euro. Scrivere a: rossirossi3@gmail.com
Volete fare un regalo originale a qualcuno che è nato nel 1968 e nel 1971? Ecco l’idea giusta. una bottiglia di Nebbiolo d’Alba firmata Bersano del ‘68, oppure una di Dolcetto dei marchesi di Barolo del ‘71. Un modo originale per festeggiare il compleanno di un parente o di un amico. 15 euro cadauna. Telefono 339 7949619
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[ L’ANGOLO DEL PENDOLARE ]
Alla ricerca del tempo perduto [ rubrica a cura di Juri Casati ] Lo sappiamo: l’orario ferroviario contiene informazioni puramente indicative. Sarebbe forse piaciuto a Machiavelli visto che è un bell’esempio di come il piano del “dovere essere” non debba essere confuso con il piano dell’”essere”. Infatti i percorsi che secondo l’orario ferroviario “dovrebbero essere” coperti in un dato lasso di tempo, nella realtà quotidiana vengono coperti in un lasso di tempo diverso e ovviamente maggiore. Tu consulti l’orario, guardi i binari, ma non trovi il treno previsto. Il treno è in ritardo. Il ritardo è un problema sentito da tutti, anche da Trenitalia. Trenitalia tuttavia considera il ritardo come una condizione strutturale del viaggio e pertanto ha introdotto una sorta di quarto d’ora accademico: i cinque minuti ferroviari. Infatti, sotto questa soglia, il ritardo non viene nemmeno conteggiato né comunicato ai passeggeri: c’è e basta. Certo che 5 minuti all’andata e 5 minuti al ritorno fanno 10 minuti accademici al giorno, 50 minuti accademici a settimana, 200 minuti accademici al mese. E 200 minuti accademici al mese
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moltiplicato per 11 mesi (consideriamo pure un mese di ferie) fanno 2.200 minuti di ritardo accademico all’anno: 36 ore. Un giorno e mezzo all’anno. E questo è il ritardo “accademico” a cui vanno aggiunti i ritardi assortiti veri e propri. E purtroppo qualsiasi cosa crea un piccolo o grande ritardo: pioggia, neve, vento, grandine, nebbia. E c’è sempre qualcosa che non va: il traffico sostenuto, le rotture, la lentezza nella salita/discesa dei passeggeri, un incidente indipendente dallo loro volontà, il fatto che non è arrivato il materiale corrispondente (e chissà cosa vuol dire), oppure il fatto che bisogna consentire gli accertamenti dell’autorità giudiziaria in seguito all’investimento di una persona nella stazione di... (un piccolo brivido corre sulle nostre schiene: sembra impossibile, ma anche per questa eventualità hanno pronto messaggio registrato). In ogni caso ogni piccolo ritardo provoca una serie di ritardi a catena che si ripercuotono su tutto il territorio regionale. La situazione può essere sintetizzata così: l’architettura ferroviaria dell’intera regione è appesa ad un filo e giornalmente questo filo si rompe per questo o quel motivo. Il motivo di questa fragilità è presto detto: i treni hanno a disposizione una sorta di slot (una finestra temporale) di pochi minuti – talvolta due o tre minuti soltanto - in cui
possono transitare da un determinato scambio. Se un treno non arriva in tempo a quello scambio cominciano i problemi perché il diritto a transitare per quello scambio a quel punto è di un altro treno. Tuttavia non è solo il primo treno a ritardare. Infatti il primo treno è rimasto fermo occupando uno spazio che doveva essere destinato ad un altro treno. E così via. Il ritardo si propaga in tutte le direzioni. D’altronde poi le linee sono quelle che sono e non possono far passare tutti i treni contemporaneamente. A volte tuttavia accade il miracolo: i treni arrivano in orario perfetto - come accade quotidianamente in Giappone - senza neanche i 5 minuti accademici. Tali miracoli si verificano in corrispondenza di periodi ben precisi dell’anno, un po’ come per il miracolo di San Gennaro. Ciò avviene – a riprova del carattere miracoloso dell’evento - quanto più ci si avvicina al 15 agosto (Assunzione Beata Vergine Maria) oppure quanto più ci si avvicina al 25 dicembre (Santo Natale). È bello pensare che il treno che si prende al mattino è partito quando ancora dormivamo. Suona la sveglia e il capotreno fa il primo fischio. Bevi il caffelatte e il treno è in viaggio per la prima fermata. Ti fai la barba e il controllore fa il primo giro per controllare i biglietti e così via. Ti vesti, vai in stazione e il treno non c’è. Si è fermato mentre ti facevi la doccia? Mentre ti pettinavi o mentre sbirciavi il giornale? Tu consulti l’orario, guardi i binari, ma non trovi il treno previsto. Poi vedi transitare treni carichi di enormi tronchi che vanno verso Milano e ti chiedi se tutto questo ha un senso.
[ DI TUTTO UN PO’ SVAGO GIOCHI CURIOSITà ]
Texas Hold’em: difendersi da un giocatore Come anticipato nel precedente appuntamento questo mese cominceremo ad analizzare le diverse strategie di gioco e come meglio adattare il nostro gioco rispetto agli avversari al tavolo. Abbiamo visto nel numero precedente (per chi lo avessse inauguratamente perso c’è sempre il nostro sito trantran.net) le diverse tipologie di giocatore che abbiamo la possibilità di incontrare al tavolo da gioco, e oggi cercheremo di riassumere e inquadrare le principali strategie per vincere contro i giocatori più aperti e aggressivi: il Loose Aggressive (LAG) e il Maniac. Uno dei maggiori punti di forza di un buon LAG, e una delle caratteristiche che distinguono dal Maniac, è la capacità di leggere le mani avversarie e di giocare quindi più in base a quello che pensa abbia in mano il suo avversario che non in base alle proprie carte. Questo ci può rendere spesso difficile modulare il nostro gioco in funzione delle sue azioni, proprio perché un buon LAG è maestro in questa stessa arte, ma con un po’ d’astuzia è possibile trasformare il suo punto di forza nel suo tallone d’Achille. Innanzitutto non dimentichiamoci mai della posizione. Entrare fuori posizione in un una mano contro questo tipo di giocatore è quasi certamente garanzia di sconfitta. La posizione ideale rispetto ad un LAG e ad un Maniac è alla sua sinistra. Da questa posizione infatti potremo decidere, nella maggior parte delle mani, la nostra azione dopo aver visto quella del LAG o del Maniac. Questi tipi di giocatori sanno essere particolarmente fastidiosi per via della loro eccessiva aggressività, rilanciano troppo spesso in modo spropositato rispetto alla qualità delle loro starting hands e se averli alla propria destra vuol dire che sicuramente saremo costretti a rinunciare ai nostri bui più spesso di quanto vorremmo, contemporaneamente ci garantisce un’azione più libera e un minor rischio
Mini Glossario Value bet Una puntata proporzionalmente piccola rispetto al valore del piatto. Spesso sinonimo di debolezza in realtà viene usata dai giocatori più conservativi per alzare un piatto che sono certi di vincere, attirando il call degli altri giocatori. Pot Odds Letteralmente le probabilità rispetto al piatto. È la proporzione tra quanto è necessario investire in una scommessa e la dimensione totale del piatto, rispetto alle proprie probabilità di vincere. Nut Hand Punto massimo tra tutte le possibili combinazioni di carte con il board. Esiste quindi anche un second nut, third nut etc. Si usa anche “the Nuts”. potendo meglio controllare la dimensione del piatto. Viceversa giocare alla destra di un LAG o di un Maniac risulta spesso difficile e ci costringe a essere sempre molto tight ed ad entrare in gioco solo con mani forti, o al contrario rischiare di abbandonare perdendo molte mani a causa dell’aggressività di questo tipo di giocatori. Sfruttare l’aggressività del LAG a nostro vantaggio è il fattore chiave per risultare vincenti contro questo tipo di giocatore. Esistono fondamentalmente due modi per farlo. Indurlo al bluff è uno di questi: LAG e Maniac sfruttano la debolezza altrui aggredendo il piatto quando gli altri
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[ DI TUTTO UN PO’ ] giocatori mostrano un gioco passivo. Un semplice check o call, anche con un buon punto, può spesso essere una scelta giusta. Ci permette di controllare la dimensione del piatto se non siamo sicuri di essere vincenti o siamo in progetto, ma soprattutto se pensiamo di poter indurre il nostro avversario al bluff tentandolo con un piatto mediamente ricco a cui partecipano però giocatori che ritiene deboli. A quel punto, in base alla mano che immaginiamo abbia il giocatore aggressivo, possiamo optare per un chek-raise o un call seguito da un forte bet o ancora un check raise al giro di scommesse successivo. Questo tipo di giocatori tende a entrare con una grande varietà di mani (specialmente il Maniac) e spesso si trova al flop con un progetto mediocre – che però tende a inseguire ugualmente indipendentemente dalle pot odds, ovvero da un rapporto più o meno vantaggioso della scommessa rispetto alla possibile vincita. Se però abbiamo dato del nostro gioco un’immagine solida è quasi certo che il LAG foldi una mano media, anche con un punto in mano. In un simile caso il miglior bluff possibile contro un LAG a cui riteniamo di avere dato l’idea di essere un giocatore conservativo è piazzare una value bet, inducendolo a pensare in un tentativo di alzare un piatto della cui vincita siamo certi. Giocando contro un Maniac invece è più improbabile vederlo foldare un punto mediocre o un anche un vago progetto. La continuation bet è una mossa che difficilmente persuade un Maniac a foldare, ed è quindi bene farla solo se si vuol far salire la dimensione del piatto. Tipicamente un Maniac potrebbe addirittura controrilanciare con nulla in mano o tentare un forte bluff al river persino se – o forse perché – non ha chiuso il proprio progetto. Non bisogna farsi spaventare da una grossa puntata da parte di questo tipo di giocatori. Sono portati a rischiare moltissimo e la possibilità di perdere tutto in un bluff anche inutile non li spaventa. Spesso saremo in vantaggio anche con una semplice middle pair o addirittura meno. L’altro modo per girare a nostro vantaggio la sfrontata aggressività di un LAG o di un Maniac è essere ancora più aggressivi. La loro caratteristica di giocare aggressivamente un numero di mani iniziali molto ampio difficilmente li mette in condizione di poter reggere un’ancor più marcata aggressività da parte di un avversario, specialmente se quest’ultimo è in favore di posizione. Bisogna quindi imparare a bluffare controrilanciando preflop quando la posizione ci è favorevole, anche con mani con cui
Sudoku
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solitamente non saremmo portati a far salire la dimensione del piatto, anche – e soprattutto - in caso di di 3° raise (bet, raise, re-raise) o 4° raise, indipendentemente dalla grandezza della puntata. Tale tipo di giocata, detta squeeze, è un bluff tipico dei giocatori molto loose aggresive, ma anche un tipica mossa di un giocatore tight per difendere un ottimo punto, come AA o KK. È probabile che il Maniac possa chiamare preflop e come detto eventualmente anche inseguire con un progetto o con una coppia minima, ma se giocando solo mani forti avremo dato un’idea di giocatore solido, continuando a mostrarci aggressivi sul flop potremmo anche portarci via il piatto senza giungere allo showdown. Genericamente aggredire una mano nelle fasi dopo il flop ci offre due fondamentali vantaggi potendo innanzitutto massimizzare la vincita su un piatto e inducendo un LAG a giocare meno aggressivamente e con un range più ristretto di starting hands. Riassumendo possiamo quindi dire che l’atteggiamento più corretto da avere nei confronti di un giocatore aggressivo è di attesa e pazienza, ma mai di passività. Variare il proprio gioco è fondamentale tanto quanto avere un’immagine di giocatore solido. Una strategia troppo tight alla lunga non pagherà più molto. Essere inquadrati come un giocatore che entra solo se ha legato un punto ci metterà poi nella condizione di venire chiamati solo quando siamo probabilmente perdenti, mentre ci verranno lasciati facilmente solo i piatti più miseri. Per ora è tutto; appuntamento al mese prossimo e come sempre buon divertimento al tavolo da gioco. UTGaber
[ DALLA PROVINCIA... ]
107 mila euro per progetti di buone prassi ambientali Assegnati i contributi a 11 progetti targati MB che hanno partecipato al bando provinciale Monza, 6 maggio 2010. Sono 11 i progetti idonei, selezionati dalla Provincia MB, per ottenere il finanziamento a seguito del bando - promosso lo scorso gennaio - per progetti di “valorizzazione e miglioramento dell’ambiente e delle risorse ambientali nel territorio della Provincia di Monza e Brianza”, che prevedeva un investimento complessivo della Provincia di 107 mila Euro e per il quale sono state presentate 39 candidature. Il bando era rivolto a consorzi, associazioni e organizzazioni ambientali operanti in Brianza, Università e scuole di ogni ordine e grado, società a capitale pubblico per l’erogazione di servizi. “Abbiamo valutato con attenzione tutti i progetti pervenuti, che nel complesso sono risultati interessanti e capaci di interpretare in modo originale i temi suggeriti - spiega Fabrizio Sala, Assessore all’Ambiente - Abbiamo scelto di privilegiare le proposte di educazione ambientale capaci di coinvolgere con iniziative ad hoc sia gli adulti che i bambini. La Provincia sta lavorando con impegno sul tema della tutela dell’ambiente, ma è possibile ottenere risultati solo se tutti condividiamo gli stessi obiettivi”. Gli 11 progetti premiati: Soggetto proponente
Titolo del progetto
Comune di Monza Settore Ambiente, Qualità Urbana e Manutenzione Spazi Cimiteriali
Amica Brianza 2010
Istituto Comprensivo “G. Marconi”
Concorezzo, Città verde
Consorzio centrale della Brianza milanese per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani
Ecobrianza
Comune di Muggiò - Settore Cultura e Sport VAS - Verdi, Ambiente e Società
Amare la terra attraverso la conoscenza Uguali ma differenziati
Agenzia InnovA21 per lo sviluppo sostenibile
Forum 2010:città capace “Mobilità sostenibile -azione quotidiana
ReGiS - Rete dei Giardini Storici
Percorsi di conoscenza per amatori dell’arte dei giardini alla scoperta dei beni culturali e ambientali presenti sul territorio
LO SCIAME Cooperativa Sociale ONLUS
Orti e profumi
Comune di Arcore
Studio preliminare di fattibilità per l’installazione di impianti fotovoltaici sugli edifici comunali
LIPU Onlus - Lega Italiana Protezione Uccelli
Biodiversità intorno a noi
LEGAMBIENTE - Circolo Alexander Langer - Monza
Un’oasi nel cuore di Monza
Il contributo provinciale previsto raggiunge un massimo di 20 mila euro e copre fino all’ 80% dei costi complessivi previsti. “La tutela e la salvaguardia dell’ambiente sono tra i temi che più stanno a cuore alla nuova Provincia - conclude il Presidente Dario Allevi - Questo bando è un’ottima occasione per coinvolgere i cittadini in progetti concreti per diffondere buone prassi di comportamento e imparare a rispettare e proteggere il nostro prezioso patrimonio ambientale”.
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[ SPORTIVAMENTE ]
orbi a d Botte [ di Juri Casati ] Avete presente quello sport che si gioca in 15 con un pallone ovale che rimbalza male? Quello sport dove ci si mena per 80 minuti e alla fine ci si abbraccia? Quello sport in cui si torna a casa tutti infangati e pesti per lo sconforto di madri, fidanzate e mogli? Ecco: quello sport è il rugby. E si gioca anche a Monza. Certo: il rugby è considerato uno sport minore, ma in Italia tutti gli sport ad eccezione del calcio sono considerati sport minori. Tuttavia il rugby è circondato da un alone di rispetto. Forse ciò accade per via di quei valori di fair play che lo caratterizzano - lealtà, impegno e rispetto per l’avversario – così poco praticati in un paese come il nostro dove la più antica espressione sportiva, e per certi versi la più emblematica, è il Palio di Siena, manifestazione in cui è consentito corrompere l’avversario e in cui l’obiettivo primario di una data contrada è quello di impedire la vittoria alla contrada storicamente nemica. L’Associazione Sportiva Dilettantistica Rugby Monza ha una buona tradizione dato che è stata fondata nel 1949. La squadra gioca e si allena in via Rosmini a Monza in uno stadio che si chiama Adriano Chiolo e che prende il nome da uno dei fondatori della società. Oltre ad una squadra Seniores – tutti rigorosamente dilettanti - la società dispone di varie squadre
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giovanili (under 18, under 16, under 14, Minirugby), una squadra femminile molto quotata e una compagine di veterani. Il Rugby Monza – chiamiamolo così per comodità – non ha un grande palmares, ma essendo una società dilettantistica va bene così. Ha militato più volte in serie B. Quest’anno la squadra Seniores ha militato in serie C1 elite. La stagione ormai si sta concludendo e purtroppo i risultati di quest’anno non sono stati brillanti. Tuttavia le formazioni giovanili biancorosse hanno conseguito risultati che fanno sperare in un futuro migliore. Il Rugby Monza non ha grandi mezzi economici. Il nome completo della squadra sarebbe Maire Tecnimont Rugby Monza dal momento che, come in altri sport, per ragioni economiche il nome della società deve comprendere anche il nome dello sponsor. In questo caso lo sponsor è la Maire Tecnimont, una multinazionale nel settore della progettazione e dell’impiantistica energetica che sul suo sito ha comunicato di aver voluto sponsorizzare una società di rugby perché i valori del rugby – impegno, lealtà, rispetto di cui dicevamo – sono gli stessi valori della Maire Tecnimont. Vogliamo dare conto di una bella iniziativa. La cronica mancanza di fondi e lo stato in cui versano le strutture sportive – situazione tipica dello sport dilettantistico – hanno spinto il Rugby Monza ad organizzare una lotteria. L’estrazione avverrà il 6 giugno 2010. I fondi raccolti con tale lotteria (i biglietti costano 2,00 euro) serviran-
no a finanziare il rifacimento e l’adeguamento delle strutture esistenti. Una parte del ricavato verrà devoluta in beneficenza alla S.Vincenzo De Paoli di Monza e ad ABIO Brianza di Monza. Il primo premio è una Cytroen C1 Airdream ideal 3 porte. Il secondo premio è uno Scooter Piaggio Zip 50. Ma ci sono anche decine di altri premi. Le informazioni complete si trovano sul sito: www.rugbymonza.com. Sul sito è riportato anche un numero di telefono per chi volesse informazioni diverse… per esempio informazioni per entrare in squadra. Il rugby è uno sport completo: gambe e braccia, resistenza e potenza. Non ci sono particolari controindicazioni. Forse non è uno sport di quelli che si fanno in primavera per perdere un po’ peso in vista dell’estate. Anzi: un po’ di peso in mischia non è sgradito. E comunque: per dimagrire per l’estate ormai è tardi. Siamo quasi a giugno: bisognava pensarci prima.
[ DAL COMUNE... ]
Special Olympics 2010: un esercito di 1600 volontari per i Giochi Estivi nazionali a Monza Oltre 1600 volontari hanno risposto all’appello lanciato lo scorso anno dal comitato organizzatore dei giochi nazionali estivi Special Olympics che si terranno a Monza dal 28 giugno al 4 luglio. Si tratta della più importante manifestazione sportiva italiana dedicata agli atleti con disabilità intellettiva. Mille ragazzi provenienti dalle scuole superiori di Monza e della Brianza hanno aderito all’iniziativa e hanno preso parte a due corsi di formazione. Dal mondo dell’impresa si sono aggiunti circa altri 100 volontari provenienti da alcune importanti aziende del territorio, attraverso progetti mirati di volontariato d’impresa. Altri volontari arriveranno dal mondo dell’associazionismo (Protezione Civile, Agesci, Casa del Volontariato, oratori di tutta la Brianza ecc). Ai Giochi Nazionali prenderanno parte circa 1700 atleti. “Milleseicento persone hanno deciso di regalare parte del loro tempo al servizio di una manifestazione tanto importante e particolare come i giochi nazionali di Special Olympics. E’ un risultato straordinario – afferma soddisfatto il Sindaco Marco Mariani - che conferma la disponibilità e la sensibilità delle persone del nostro territorio. Addirittura mille giovani dedicheranno una settimana della loro estate al servizio degli atleti Special Olympics, un segnale evidente che molti sono i ragazzi con le giuste motivazioni nei confronti del prossimo. Un plauso va quindi a tutti gli studenti, alle famiglie e anche al mondo dell’impresa e dell’associazionismo che si sono dimostrati sensibili. A tutti loro va un sentito grazie da parte dell’Amministrazione”. “Abbiamo centrato in pieno l’obiettivo. La risposta del territorio ha superato le aspettative segno di una grande sensibilità dei giovani della Brianza e delle loro famiglie. Negli ultimi mesi, nella fase di reclutamento dei volontari – dice Cesare Boneschi, Presidente del Comitato Organizzatore Special Olympics Monza e Brianza – abbiamo incontrato decine di scuole e di aziende, e in ognuna di queste realtà abbiamo trovato gente disponibile, interessata e con la voglia di mettersi in gioco in prima persona. Soprattutto i ragazzi hanno subito manifestato il loro entusiasmo e la loro
voglia di fare; ora abbiamo la certezza che Monza e Brianza sapranno accogliere gli atleti con un abbraccio straordinario”.
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[ LE SCIURE ]
Le sciure... La redazione risponde [ Dylan o Morgan?
Questo è il dilemma.. ]
Ma che cosa bellissima la copertina con Dylan Dog!!! La hostess in stazione me ne ha data una copia in mano e quando ho visto che c’era Dylan sono tornata indietro e gliene ho chieste 5!! Cosa ci riserverete nel prossimo numero? Io ho 21 anni e non credevo che avrei potuto appassionarmi di un giornale gratis, di solito non scrivono tutte le cose interessanti che scrivete voi. Di solito li leggo e li butto via. Di Trantran ho la collezione a casa!! Continuate così… Erika L. Cara Erika, grazie mille!! Ci fa davvero piacere ricevere mail come la tua e quindi, scusate la vanità, abbiamo deciso di pubblicarla. A quest’ora il numero 8 sarà già uscito, pertanto avrai visto chi ti abbiamo messo in copertina, allora, Erika, meglio Dylan o Morgan? Un bacio. Le Sciure.
[ Separazione: il punto di vista di Sara ]
Sono una mamma di 32 anni, monzese. Ho letto nello scorso numero, l’articolo di Juri Casati sui padri separati. Vi erano senz’altro osservazioni condivisibili ma non cadiamo neanche da un estremo all’altro. E’ vero che quando ci si separa ci sono sempre difficoltà economiche, ma sono da ambo le parti, anche per chi ( come me) ha la custodia del figlio. Come punto di vista, ci stava… ma vogliamo parlare dei padri che spariscono? Che non pagano gli alimenti? Che si disin-
teressano di tutto, salvo poi trovarsi un’amante 20enne a cui fare regali costosi? Diamo voce anche alle donne abbandonate a crescere, sole, i figli…. Sara (mail firmata) Cara Sara, come del resto il nostro collaboratore Juri aveva specificato all’inizio dell’articolo, non è facile riassumere in 5000 battute un problema complesso, di cui, ogni caso è una storia a sé. Abbiamo semplicemente preso spunto da un fatto di attualità, che coinvolgeva un nostro illustre concittadino, Morgan appunto, per dar vita ad una serie di riflessioni, riflessioni anche come la tua. Il problema comunque serio e grave, al di là del lato psicologico delle varie vicende, è che il costo della vita, gli stipendi bassi non permettono quasi mai, a chi percepisce uno stipendio medio, di gestire una separazione serenamente. Ne riparleremo… Un abbraccio. Le Sciure.
[ L’amore
ai tempi di face book… ]
Care Sciure, vi ho scoperte tramite face book e ora vado a leggere tutti i mesi la vostra rivista, partendo dalla posta dei lettori dove noto che vi lanciate in consigli amorosi. Anche io devo chiedervi aiuto. Ho conosciuto, sempre su face book, un ragazzo carinissimo, con cui chattiamo e ci scriviamo un sacco di messaggi al giorno. Ora lui, che è di Bologna, mi ha detto che verrà presto in Brianza per lavoro e che vorrebbe incontrarmi. C’è solo un piccolo problema: la foto che ho messo sul mio profilo è della mia mi-
gliore amica che è bellissimissima. Cosa devo fare? Glielo devo dire? O evito di vederlo? In fondo il feeling tra noi è nato per quello che ci siamo scritti e non per le foto… almeno credo…. Aiutoooooo. M.G. Cara M.G., dopo aver confabulato per mezz’ora in redazione, tra un caffè e un dolcetto, le 3 Sciure, all’unanimità ti consigliano quanto segue: non andare all’appuntamento! Datti malata, dì che sei via, che purtroppo, proprio in quei giorni devi andare in Tibet a meditare, insomma: non vederlo. In primis, e qui torniamo serie per un attimo, perché è sempre meglio diffidare delle conoscenze fatte su internet: e se anche lui ti avesse mentito? E se fosse un pazzo maniaco? Non vogliamo fare le vecchiette apprensive ma, con tutto quello che si legge in giro, sempre meglio evitare. Se poi vogliamo dare alla cosa un aspetto più romantico, perché mai dovresti interrompere un amore ideale, che per definizione è meglio che rimanga tale? Comunque, cara M.G., ben vengano i social network ( anche noi di trantran abbiamo sia la pagina su face book che su my space) ma sarebbe meglio che togliessi le mani dalla tastiera e uscissi di casa: non che la realtà deluda meno del mondo virtuale, anzi, spesso è ancora più spietata, ma almeno è vita. Ah… dimenticavo: togli la foto della tua amica. Gli esseri umani sono unici e inimitabili, tu compresa. Baci. Le Sciure.
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[ CI VEDIAMO PRESTO ] Il prossimo numero uscirà martedì 29 giugno NUMERI UTILI
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