Trantran n 11

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www.trantran.net | n. 11 mensile | 28 settembre_2010 | Distribuzione gratuita | Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale -70% - CN/RE - n.2/2010

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[ INTERVISTE ]

Lella Costa a Villa Greppi

[ Esclusiva ]

Alberto Camerini e i Dari (intervista tripla)

[ Reportage ]

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Africa Unite, Dente e Carotone a Osnago

[ EVENTI ]

Lorenzo Riva sfila a Monza

[ Formula 1 ] 9

La Ferrari trionfa a Monza

[ VIAGGI ]

India, il Kashmir

37


Studi medici dentistici

Perché sorridere è importante! Due domande al Dott.Tony Apollaro, DDS, MSc Non tutti i dentisti sono uguali. E’ assai raro incontrare la professionalità e il costante aggiornamento scientifico uniti all’umanità, all’empatia e alla cortesia. Specie perché, purtroppo, nel nostro immaginario la figura del dentista incute sempre un certo timore. Siamo quindi rimaste piacevolmente impressionate dalla polivalenza di questo dottore, Tony Apollaro, che ci riceve nel suo studio monzese raccontandoci, sempre col sorriso sulle labbra, il suo percorso professionale e le tecniche all’avanguardia che applica nei suoi studi di Monza (via Emilio Borsa, 25 - tel. 039 833214) e di Milano (via Valparaiso, 11 - 20044 Milano - tel. 02 43995656). Dottor Apollaro, perché il suo studio si differenzia dagli altri? Innanzitutto siamo specializzati in prestazioni per pazienti a rischio, ovvero tutte quelle persone con particolari problematiche di salute orale. Infatti, sono uno dei sette professionisti, selezionati in tutta Italia, ad aver conseguito questa

abilitazione specifica, dopo aver frequentato un Master organizzato dall’Università degli Studi di Milano. Vi faccio alcuni esempi di queste problematiche particolari: un paziente che ha subito un trapianto e quindi prende farmaci per cui si gonfia molto la gengiva oppure pazienti operati al cuore o diabetici, da noi vengono curati con la consapevolezza che il trattamento odontoiatrico deve essere parte di un approccio olistico finalizzato al miglioramento della qualità della vita del paziente. A tal fine, disponiamo di un microscopio operatorio, che amplia le nostre capacità diagnostiche e terapeutiche e lo studio è accreditato dalla Regione Lombardia. Poiché una bocca sana non è importante solo dal punto di vista funzionale, ma riveste un ruolo fondamentale anche nella vita di relazione, eseguiamo trattamenti sbiancanti utilizzando una lampada a luce al plasma pulsato, efficacissima anche sui fumatori, senza danneggiare i denti e la macchina per trattamenti ozono terapici che consente di curare le carie, fino a una certa pro-

fondità, senza usare il temutissimo trapano, ma semplicemente remineralizzando il dente. Ricordo infine che siamo anche abilitati per trattamenti con faccette in porcellana Lumineers e trattamenti ortodontici “invisibili” con la tecnica “Invisalign”. Sappiamo che è molto attivo anche nella prevenzione del tumore alla bocca… Certamente! Infatti, nel mio studio ho a disposizione uno spettrofotometro, macchinario inizialmente messo a punto presso l’Istituto dei Tumori Milano, poi evoluto in questa versione per rilevare immagini delle lesioni alle mucose orali e valutare i casi in cui si rende necessaria una biopsia. Il tumore alla bocca è in costante aumento tra la popolazione italiana, consiglio sempre una visita diagnostica preventiva. Questa apparecchiatura offre enormi risultati anche in campo estetico: permette di prendere il colore naturale dei denti e ricostruire un dente identico all’originale!


[ EDITORIALE ] Sommario Anno II numero 11 - 28 Settembre 2010 Editore: Trantran Editore s.r.l. Sede e Redazione: Viale Cesare Battisti, 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Reg. Trib. di Monza n.1995 del 29/06/2010 Fondatori Marta Migliardi, Elena Gorla, Adriana Colombo, Guido Bertoni Direttore: Alfredo Rossi Capo Redazione: Marta Migliardi Vice Capo Redazione: Elena Gorla Redazione: Adriana Colombo, Alberto Citterio, Juri Casati, Giulia Cavaliere, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Niccolò, Gaber, Lorenzo, Sara Tripaldi Si ringraziano per questo numero: Marta Feis, il Bar Galletto di Lambrugo, Claudio Colombo, Lizzy Bottoni e Gianni Bòttari, Lela e Chiara (StudioFluido), l’Assessore Andrea Arbizzoni, Norberto Ambrosiano e Maurizio Scalfari per la sua preziosa collaborazione nella realizzazione video. Foto di copertina Alberto Citterio Per contattarci: direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Progetto grafico, impaginazione, raccolta pubblicitaria:

a socio unico Direttore Responsabile e Amministratore Unico: Genesio Ferrari Via Degani, 1 42124 Reggio Emilia (RE) Tel. 0522.232092 - 926424 Fax 0522.231833 info@eridania-editrice.it www.eridania-editrice.it Filiale: Via Betty Ambiveri, 11 24126 Bergamo Stampa: Grafiche2000 Cassinetta di Lug. (MI) Tiratura: 14.000 copie È vietata la riproduzione di testi, grafica, immagini e impostazione. Eridania Editrice s.r.l. non si assume nessuna responsabilità diretta e indiretta sull’esattezza dei dati e dei nominativi contenuti nella presente pubblicazione, nonchè sul contenuto dei testi, degli slogan, sull’uso dei marchi e delle foto da parte degli inserzionisti.

Editoriale Vivere in coda.........................................................3 Spunti di vista Scuola. Il valzer delle riforme...................................4

Vivere in coda [ di ALFREDO ROSSI, il Direttore ] La notizia ha davvero dell’incredibile, anche in un Paese come il nostro che alle code autostradali ormai ci ha fatto l’abitudine. Chi non ha fatto, andando in montagna o al mare, almeno una codina? Oppure si è ritrovato in coda subito dopo le ferie? Ma quello che è successo in Cina, a metà del mese di agosto, è stato un maxi-ingorgo di proporzioni bibliche. E’ accaduto sull’autostrada che collega Pechino al Tibet e ha dato vita a una coda di oltre 120 chilometri (avete letto bene: CENTOVENTI chilometri) che ha bloccato milioni di veicoli, auto e camion. La media di percorrenza è stata, per giorni e giorni, di un metro (avete letto bene: UN METRO) all’ora, il che dà luogo a 24 metri al giorno. Il serpentone fumante si è dipanato da Jining, nella Mongolia centrale, a Huaìan nella provincia dell’Hebei. Il maxi-ingorgo è stato causato dal fatto che la strada vicina, la National Expressway 110 normalmente utilizzata dai camion, è rimasta chiusa per lavori. Tutto il traffico è stato quindi dirottato sulla strada alternativa, che non aveva però la capacità sufficiente per poter sostenere questo vorticoso aumento di automezzi. Quindi auto in panne o senza carburante spinte per decine e decine di chilometri, gente che non riusciva a trovare da bere o da mangiare, i prati vicini trasformati in toilette all’aperto. Un vero disastro che è durato oltre 15 giorni. Sono anche nati tre bambini (raggiunti e portati in salvo da un elicottero) e probabilmente qualche bambino sarà stato anche messo in… cantiere. La super-coda ha fatto però bene all’economia della zona: lungo i centoventi chilometri di auto e camion allineati e praticamente fermi sono sorte bancarelle di ogni tipo, messe in piedi dagli abitanti locali, e anche centri ricreativi che organizzavano tornei di carte e piccoli concerti. Oltre a vendere a caro prezzo acqua e viveri. Insomma, l’economia cinese, anche quando sembra ferma, in realtà è sempre in movimento. Qual è la lezione di tutto questo? Se l’economia cinese è quella che in questo momento di crisi mondiale tira di più, c’è poco da stare allegri. Del peggio del nostro modo di vivere hanno già imparato tutto. Insomma, la Cina è sempre più vicina, ma per il momento è in coda…

Clochart Lella Costa. E se le donne scioperassero?.............5 Cosa è rimasto di questi anni ‘80...........................9 Bis! Trantran vi racconta la festa di Osnago................12 Intervista a Madaski degli Africa Unite: in piena notte nel deserto.....................................13 Dente, il piccolo principe pop...............................15 Tonino Carotone, la historia de un santo bebedor........16 Lorenzo Riva sflila a Monza..................................19 Altrove Le due facce di Srinagar.......................................20 In cuccia Un’estate di ordinaria follia in gattile......................24 Concorso simpatia Cane e Gatto Fantasia 2010..... 24 Verdissimo Castagne, che piacere toglierle dal fuoco.............25 Brigantia La tenuta di Pomelasca e i signori del bosco.......26 NonsoloMonza Benvenuti a Muggiò..............................................29 I segreti dello chef.............................................30 Reality.................................................................31 Raccontiamoci La festa di Ognissanti...........................................32 L’angolo del pendolare Segnaletica visiva..................................................33 Le lettere dei lettori................................................33 Di tutto un pò Texas Hold’em: torneo multi-table/2.....................34 Dalla Provincia Festa del Cinema..................................................35 Dal Comune Gemme d’autunno. Due mostre per raccontare il patrimonio artistico monzese...........36 Speciale GP Monza 2010 Il nostro Gran Premio............................................37 Le sciure.............................................................39


[ spunti di vista ]

Scuola Il valzer delle riforme [ di Juri Casati ]

Tutti abbiamo sentito l’annuncio dello scienziato americano Craig Venter di aver realizzato in laboratorio un cromosoma di sintesi. Tale cromosoma di sintesi ci è stato presentato come il primo passo verso la possibile creazione di una forma di vita artificiale. Queste dichiarazioni hanno sollevato un gran polverone. Tuttavia molti di noi non sono riusciti nemmeno a decifrare i termini del dibattito per farsi un’opinione autonoma. I più onesti hanno riconosciuto di non avere le basi culturali per farlo. Chi avrebbe dovuto fornirci tali basi? La scuola, si dirà. Ma è anche una risposta ipocrita. Infatti ammettiamolo: a scuola durante le lezioni di bio-

logia, di chimica e di matematica eravamo distratti. Era come se sentissimo l’esistenza di una giustificazione morale che ci consentiva di non conoscere le discipline scientifiche. Di questo di solito si incolpa la riforma della scuola voluta da Gentile dal momento che essa faceva perno sulla netta divisione tra discipline scientifiche e umanistiche, con la dichiarata superiorità di queste ultime. Tali tesi oggi non sono più accettate. Infatti le discipline scientifiche e umanistiche vivono in una reciproca influenza continua. Tale reciproca influenza è costituita da un mutuo scambio di metodi, scoperte e argomenti. Convinzioni etiche, estetiche e filosofiche hanno costantemente influenzato, condizionato e fecondato la ricerca scientifica in tutta la sua storia. Per esempio la riscoperta di Platone nel Rinascimento ha influenzato l’emergere di teorie eliocentriche e un criterio estetico ha ispirato la stesura della tavola periodica di Mendeleev. D’altro canto i risultati tecnologici e scientifici hanno a loro volta condizionato e modificato per esempio la letteratura e l’arte: l’invenzione della stampa ha modificato il modo in cui si scrive e la scoperta della prospettiva scientifica ha modificato il modo in cui si dipinge. In conseguenza di ciò parlare della superiorità delle discipline umanistiche rispetto a quelle scientifiche o viceversa non ha alcun senso. Tuttavia Gentile è morto sessantacinque anni fa e i programmi scolastici italiani sono stati riformati a più riprese dai suoi tempi. Quindi per lui il reato è ormai prescritto. Appare comunque evidente che nelle scuole si sia comunque diffusa una mentalità che tollera uno scarso impegno nelle discipline scientifiche. In particolare due atteggiamenti su tutti meritano di essere sottoposti a critica. Il primo è la lotta al nozionismo. Questa battaglia aveva una sua logica nella scuola degli anni ’60, epoca di un feroce nozionismo fine a sé stesso. Successivamente la lotta al nozionismo si è però trasformata in un rifiuto diffuso di imparare e di insegnare, per esempio, le date di un avvenimento storico in nome di una presunta preminenza delle “spiegazioni” di quell’evento storico. In realtà conoscere le date di un avvenimento storico non è fare uno sfoggio di erudizione, ma di rigore. Infatti le date non sono dettagli, ma parte integrante e imprescindibile di un evento storico se questo vuole essere conosciuto in modo non superficiale. Un altro atteggiamento ancor più deleterio è il tanto decantato approccio interdisciplinare. Inteso come è inteso oggi l’approccio interdisciplinare è un punto di partenza di un lavoro di ricerca di collegamenti esteriori tra varie di discipline che in realtà si conoscono solo per sommi capi: è un approccio comodo perché, alla fin fine, di ogni disciplina si leggiucchia a brandelli solo ciò che interessa e ciò che serve. L’approccio interdisciplinare invece dovrebbe essere un punto di arrivo - cioè una sintesi - dello studio di più discipline. La lotta al nozionismo e l’approccio interdisciplinare a ben guardare sono due facce di una stessa medaglia che - sotto le mentite spoglie di un atteggiamento non settario e non dogmatico, ma aperto e pluralista – in realtà nascondono l’incapacità o il rifiuto di approfondire seriamente qualsiasi disciplina. Sono proprio queste due convinzioni - intendiamoci: praticate in buona fede - che alimentano i peggiori pregiudizi antiscientifici e che creano quella mentalità diffusa contro il controllo sistematico delle fonti, la raccolta scrupolosa degli elementi, l’approfondimento rigoroso, la misurazione oggettiva dei fatti: tutte caratteristiche non solo delle discipline scientifiche, ma caratteristiche di tutte le discipline serie. È paradossale il fatto che coloro che sostengono ancora oggi l’antinozionismo tout court e coloro che praticano acriticamente l’approccio interdisciplinare non si rendano nemmeno conto di essere eredi e interpreti contemporanei proprio di quel tipo di scuola voluta da Gentile. Una scuola fatta tutta di chiacchiere, in cui è premiato l’aspetto retorico del cercare suggestivi e spesso effimeri contatti tra discipline che non si conoscono rispetto all’approfondimento sistematico. Una scuola dove scompaiono i fatti per lasciare dilagare le interpretazioni. Una scuola in cui è più importante dibattere della classificazione di un certo autore in una data corrente di pensiero piuttosto che leggerlo. Una scuola che rende impossibile il formarsi di un’opinione. In pratica: una scuola fatta perché tutto rimanga così come è.


[ CLOCHART INTERVISTE A VOLTI NOTI IN GIRO PER LA BRIANZA ] Lella Costa a Villa Greppi Foto di Marta Migliardi

E se le donne scioperassero?

[ di

Adriana Colombo ]

Arrivo a Villa Greppi di Monticello Brianza per la serata conclusiva della 13° edizione del festival del teatro popolare L’ultima luna d’estate, il più importante festival di teatro estivo. Quest’anno il tema della rassegna è: L’italiano e gli italiani e, sui vari palcoscenici, tutti luoghi molto suggestivi, si sono alternati tanti artisti tra cui, citandone solo alcuni: Arianna Scomegna, Iaia Forte, Bebo

Storti e Renato Sarti. Stasera, però, c’è lei: Lella Costa amata da tanti di noi come attrice, come autrice e ammirata come donna. Chi non la ricorda alla Tv delle ragazze ma, soprattutto chissà quante donne, come me, si saranno immedesimate sentendola affermare: “Quando una come me ha un’educazione sentimentale che va da Flaubert a Mogol-Battisti, passando per Negrini-Facchinetti, da grandi è dura! Si fa fatica, si hanno delle

eredità pesantissime” (Lella Costa - Un passaggio di “Malsottile mezzo gaudio” da La daga nel loden - Feltrinelli 1992). Mentre attendo il momento dell’intervista, mi guardo intorno e resto affascinata: è l’ora del tramonto. Villa Greppi è avvolta in una luce rossa, che aumenta la sua bellezza e conferisce una buona dose di romanticismo alla serata. Con questo spirito romantico mi avvio verso i camerini dove tra le irruzioni di una gentile dama, che portava l’acqua per il the


[ CLOCHART ] all’attrice interrompendoci con allegria, mi lascio trasportare dall’ironia e dalla saggezza di questa grande attrice. Quando la risata non è sinonimo di stoltezza ma di una raffinata intelligenza. Lella Costa, stasera è in scena con Femminile e singolare. Vedi alla voce poetessa. Una lettura dedicata alle poetesse del ‘900 che parte da Emily Dickinson e passa per Amelia Rosselli, Antonella Anedda, da Sylvia Plath a Kate Clancy come mai questa scelta? E’ una scelta che ho fatto qualche anno fa, complice un’amica poetessa mantovana (Ndr. Vanna Mignoli), che è anche una delle autrici che leggo. Durante il festival della letteratura di Mantova abbiamo visto quanto fosse affascinante sentir leggere: nonostante viviamo in un’epoca dove sembra esistano solo la riproducibilità tecnica e gli effetti speciali, sentir leggere a voce alta è sempre una cosa che emoziona perché in realtà esiste un fascino della parola pura, proprio della parola nuda. Ci siamo rese conto che esiste una straordinaria produzione femminile, in ambito poetico molto poco nota; quindi con l’aiuto, appunto, di Vanna abbiamo messo insieme questa raccolta, poi io ho trovato questo titolo: Femminile e singolare che mi sembrava molto carino. Siamo partite da Emily Dickinson che non è una poetessa del 900 ma è, in qualche modo, uno dei poeti di riferimento ben al di là del genere femminile. Quello che ci tengo a dire è che la scelta delle letture è una scelta, come dire, sentimentale ma totalmente arbitraria: quelle che sono escluse non è che non vengano considerate, da me, che non sono nessuno: non è un giudizio di merito. Per esempio: il fatto che non ci sia Alda Merini è del tutto casuale; ci sono alcune grandi poetesse, che richiederebbero un approfondimento particolare o che, in qualche modo e, per fortuna, vengono sempre più lette e conosciute come appunto Alda Merini che in questi ultimi anni, io spero, sia sempre più letta e conosciuta. Poi mi piaceva avere questo sguardo un po’ internazionale per cui dalle poetesse italiane si passa a quelle di lingua inglese, quindi inglesi e americane, ma poi anche ad Anna

Villa Greppi allestita per lo spettacolo Foto di Marta Migliardi

Achmatova, Marina Cvetaeva, la Szymborska, che è una poetessa straordinaria, per finire con due chicche, che sono il bis, di Carol Ann Duffy, direttrice dei corsi di scrittura creativa presso la Manchester Metropolitan University e, dal 1º maggio 2009, Poeta Laureato del Regno Unito, prima donna e prima scozzese, nonché prima persona dichiaratamente bisessuale a essere investita di tale carica. Quest’anno al festival di Mantova farò Femminile e singolare. Vedi alla voce poetessa. Però unicamente con le poetesse italiane viventi, che in buona parte, spero, saranno presenti. Villa Greppi, nel cuore della Brianza: lei, da milanese doc che rapporto ha con la verde Brianza? Io sono milanese doc perché sono nata a Milano, non so che cosa voglia esattamente dire milanese doc: anzi, io sono in una fase di grande conflittualità: Milano è la mia città, è un grande amore e come tutti i grandi amori ogni tanto ne vedi anche i difetti e i limiti. La Brianza è un luogo assolutamente magnifico secondo me, anche se paradossalmente, in questo caso, l’uso della parola ha fatto una sorta di danno non voluto: perché Brianza è un termine diventato, ormai, di uso generico, invece stiamo parlando di un luogo che invece è di grandissima bellezza e anche di grandissima storia e tradizione. Oltre

ad avere un cuore, una bellezza naturalistica, ci sono anche edifici storici, vere perle! Quindi mi piacerebbe che davvero, al di là del dire: “Ah, sì certo andiamo in Brianza”, i milanesi come me, venissero a scoprirla. Io, per esempio, a Villa Greppi non c’ero mai stata ed è una meraviglia assoluta, in un luogo bellissimo. La Brianza che viene, a torto, considerata una specie di pianura, è in realtà punteggiata da piccole alture dove sorgono anche solo delle cascine ma di grande bellezza e che offrono una vista spettacolare. Mi piacerebbe che ci fosse questa riappropriazione vera, autentica della Brianza. Tra i temi più presenti nei suoi lavori il rapporto di coppia. Due. Abbiamo un’abitudine alla notte, Magoni e altri miracoli, La daga del loden. Sono passati più di venti anni cosa pensa sia cambiato? Io l’ultimo spettacolo che ho fatto l’ho intitolato Ragazze perché ho ritenuto, e credo di avere avuto ragione, che ci fosse l’urgenza di ricominciare a parlare delle questioni legate al femminile e quindi inevitabilmente anche di quelle legate al maschile. Credo che noi ragazze, in un tempo scandalosamente breve, poche decine di anni, ci siamo trovate a fare un percorso, compresso, che gli uomini hanno avuto modo di fare in centinaia, migliaia di anni e questo ha portato sicuramente degli squilibri. Mi pare che oggi noi


[ CLOCHART ] donne abbiamo infinite potenzialità, abbiamo riconoscimenti continui del nostro valore ma, comunque, continuiamo a essere relegate in un ruolo subordinato. La cosa che mi avvilisce è, che per farsi notare, oggi, sempre perché il mercato di riferimento evidentemente è quello maschile, si usi ancora, anzi, in maniera clamorosa il corpo delle donne, la disponibilità, la subalternità delle donne come richiamo e che molte donne lo considerino, forse non a torto, date queste regole, l’unico modo per avere visibilità. Lo trovo un po’ desolante, ma non soltanto per noi! Ecco una cosa che mi sembra che sia doveroso ribadire, anche se dovrebbe essere scontata: basta pensare che a noi ci si cucini con le pari opportunità; tutto ciò che attiene alle cosiddette questioni femminili, non riguarda le donne, riguarda il mondo. Una volta che questo concetto si ficcasse bene nella testa di tutti, forse, ci si capirebbe; il rapporto di coppia, inevitabilmente, subisce i contraccolpi di tutte queste sfasature, di tutte queste difficoltà; poi, ci si può sempre ridere sopra, ma si fa sempre più fatica a ridere, no? Altro tema, affrontato anche questo agli inizi degli anni 90, la guerra: Stanca di guerra, cui collaborò come coautore anche Alessandro Baricco, affronta i temi della guerra, della non violenza insita nel femminile e del bisogno del nemico anche mediatico. Penso che questo sia, davvero, ancora attuale: lei che ne pensa? La cosa spaventosa è che io ho debuttato con Stanca di guerra nel 1996 e nel ‘96 parlare di guerra era parlare di qualcosa di lontano, perché sì, c’era stata la prima guerra del Golfo nel ‘91, una specie di grande spavento, però era una guerra raccontata come: “... ormai le guerre avvengono a distanza, sono le guerre delle armi intelligenti...”. In realtà come sempre nelle guerre contemporanee a morire o a rimanere feriti sono i civili. In più mettiamoci lo scandalo delle mine antiuomo che io non conoscevo finché non ho incontrato Gino Strada quindi finché non ho incontrato

Emergency. Così mi è sembrato che la guerra fosse l’unico, insieme alla morte e per carità anche l’amore, tema che io non avevo ancora trattato ma che vivevo come davvero universale. La cosa curiosa e terribile di questo spettacolo, che faccio magari in brani ancora adesso, è sempre più attuale, Facciata di Villa Greppi perché non solo non l’abbiamo sconfitta la guerra, ma si è avvicinata, è arrivata davvero fino alla soglia di casa ed è diventato un tema rispetto al quale è doveroso prendere una posizione. Non si può far finta che non ci riguardi, perché comunque anche recentemente sono morti militari italiani in presunte missioni di pace che poi tali non sono; perché esiste un articolo 11 della Costituzione che viene continuamente disatteso. Perché se l’Italia ripudia la guerra, come recita la nostra costituzione, l’Italia deve ripudiare la guerra e non si può trovare un escamotage come le guerre umanitarie, che sono un’offesa anche all’intelligenza oltre che all’umanità. Mi è sembrato giusto in questo spettacolo anche affrontare il tema doloroso del luogo comune che tutte le donne sono belle, brave, buone e non vogliono la guerra: non è vero! Non è vero che tutte le donne sono buone: c’è per esempio l’episodio del cecchino che terrorizzava Sarajevo perché puntava e sparava anche ai bambini. Quando si scoprì che era una donna fu uno shock. Però questo resta un valore perché: quando si scopre che certe azioni le commette una donna allora ti destabilizzano. La prima donna Kamikaze ci ha sconvolto tutti perché non ci sembrava possibile. Questo secondo me merita una riflessione, vuol dire che davvero il femminile è percepito oltre che come donatore di vita, come custode della vita e della pace,

credo sia importante lavorarci. Lella Costa e il sociale: nota la sua collaborazione con Emergency e il fatto che lei è presidente del CEMP (Centro di Educazione Matrimoniale e Prematrimoniale)… Sono anche nel Consiglio d’Amministrazione del CESVI (Ndr. Cooperazione e sviluppo), non mi faccio mancare niente. Credo di essere una persona molto fortunata e molto privilegiata perché ho potuto fare un mestiere meraviglioso, oltretutto anche correndo il rischio di provare ad avere una vita vera perché ho un marito, ho tre figlie e credo che in realtà questa sia la cosa importante. Poi non so come sarà quando faremo i conti, però, ci provo. Siccome ho una formazione per cui l’impegno, farsi carico di certe battaglie, che sono battaglie etiche, battaglie di civiltà, mi appartiene da sempre, riuscire a farle, in realtà facendo ben poco sforzo, mi fa solo del bene. Mi rendo, però, conto che serve dare un nome, una testimonianza per dare visibilità a certe cause, quindi riuscire a farlo, facendo il mio mestiere: perché no? Io considero un privilegio anche quello. Poi, però, il mio mestiere cerco di farlo bene in quanto mio mestiere; queste sono, per me, scelte imprescindibili, davvero non saprei come farne senza. Il suo ultimo lavoro, Ragazze, evidenzia


[ CLOCHART ] la sua formazione letteraria: parte dal mito di Orfeo ed Euridice con la lettura data da Italo Calvino che non è conosciuta da tanti... (No, sicuramente no, però il teatro è un bel modo di divulgare, di condividere. Interloquisce Lella Costa)… per tornare ancora a parlare della condizione della donna; lei è: artista, mamma, attrice, volontaria, donna con un marito accanto. Ma la donna nel mondo post femminista che vita fa? Angela Finocchiaro in un famoso sketch delle Tv delle ragazze diceva “sniffo”. Io invece no! La cosa curiosa è che quando vai poi a vedere il consumo di sostanze stupefacenti non sono mai utilizzate per farcela, ma solo perché così si riesce a ballare più a lungo in discoteca! Credo che ci sia una distanza sempre più incolmabile tra il mondo delle istituzioni, il mondo rappresentato e la vita vera. Questo lo vediamo nella politica, secondo me nella condizione femminile in particolare. Nel senso che le donne mandano avanti il mondo, punto! A tutti i livelli e in tutte le parti del mondo: in occidente con, magari, più contraddizioni, ma anche più possibilità di combattere, di far valere i propri diritti. Nel mondo orientale o in altri mondi, nel mondo africano, sono migliaia le testimonianze, anche maschili, che fanno capire che se il mondo si salva è merito delle donne. Se in Africa è possibile iniziare a immaginare, non dico una soluzione, ma la possibilità di iniziare ad arginare l’AIDS è perché le donne se ne fanno carico, altrimenti non ci sarebbe soluzione. Nelle università non solo, il numero di studentesse ha superato quello degli studenti, ma, credo, che in alcune facoltà il numero delle docenti abbia superato quello dei colleghi... prima o poi tutto questo esploderà. Però continuiamo a vivere in un paese in cui le donne al governo sono, restiamo sul numerico, non entriamo nel merito, sono tre, però proprio… brave, perché sembra di non averle, cioè non danno fastidio. Mi ricordo una cosa che mi aveva raccontato Romano Prodi prima di diventare Presidente del Consiglio la prima volta ed era che quando un concorso per un posto in università veniva fatto con degli elaborati scritti contraddistinti da un numero e non dal nome e dal cognome passavano solo le donne, ma solo le donne: dovevano fare una specie di discriminazione al contrario. Il che non vuol dire che non ci sono molti uomini intelligenti e dotati. Io ho una proposta da fare, prima o poi la metterò in atto: quando veramente non ne potremo più, pensiamo, a livello nazionale, a uno sciopero delle donne, nel senso che un giorno, tutte le donne smettono di fare tutto quello che fanno tutti i giorni quindi il lavoro in casa, il lavoro fuori casa: si fermerebbe il paese! I suoi inizi:, non si può dire che lei non abbia fatto la gavetta! Il lavoro di doppiatrice: io prima ancora di vederla alla Tv delle ragazze conoscevo la sua voce per Reeva di Sentieri e la gallina Marta

Emergency a Villa Greppi

della prima serie di Lupo Alberto: cosa le ha lasciato questo lavoro, questa esperienza? Reeva di Sentieri ce l’avrò ancora sul groppone per un po’. In America esattamente un anno fa ha smesso di andare in onda, ma noi in Italia siamo indietro di quasi quattro anni, quindi credo che ancora per qualche anno mi toccherà. Mi hanno chiamato l’altro giorno e mi hanno detto: “Preparati perché Reeva ha ripreso a parlare”. Adesso sta avendo un cancro. Lei ha già avuto una menopausa che non vi dico cosa è stata: quando ha iniziato a saltarle qualche ciclo, a 50 anni suonati, non è che ha pensato: forse è menopausa? No! Lei ha detto: aspetto un bambino! So che avrà questo cancro al seno, che affronterà, senza dirlo al marito, naturalmente, se no è facile. Poi arriverà in punto di morte e, per degli sviluppi che mi sono al momento sconosciuti, farà un altro figlio. Reeva è veramente l’eroina contemporanea: ha preso il posto della Medea, nessuna è alla sua altezza. La gallina Marta me la ricordo come un periodo divertentissimo, lavoravo con Francesco Salvi. Mi sono molto divertita a fare il doppiaggio; è comunque una tecnica che impari. Non ne posso più di Reeva perché sono 25 anni; però mi ero convinta di avere un vitalizio. Lei non muore mai, quindi pensavo: i problemi della pensione li ho risolti e invece...non è morta lei, però è finito Sentieri! Quali sono un odore ed un sapore che ti parlano di casa? Lo spessore, la fisicità della nebbia di quando ero bambina a Milano è una cosa che aveva anche il suo odore e che non ho più ritrovato. Adesso credo che sia il profumo del mare di quando arrivo a Levanto, che è il posto dove vado in vacanza, che per me è proprio un luogo del cuore, è una valle bellissima; poi c’è sicuramente, ma quello ormai è un profumo della memoria, il profumo della pelle delle mie bambine quando erano piccole e quello è un mix che credo nessun profumiere riuscirà mai a ricreare. Io sono talmente legata a questa cosa che

i profumi sono pezzi di noi che uso lo stesso profumo da trent’anni e non mi verrebbe mai in mente di cambiarlo perché penso che per le mie bambine quello è il profumo della mamma! Un altro odore che ho molto nel cuore: la mia nonna materna aveva al suo paese l’unica cartolibreria e una tipografia ed io quando andavo da lei in vacanza sono cresciuta con l’odore della carta stampata col piombo. E’ una cosa che ho raccontato da qualche parte: quando, da grande, ho vissuto a Milano vicino al Corriere della sera, tornavo a casa una notte, quasi all’alba e c’erano i camion che portavano i giornali ed io ancora prima di capire cos’era mi sono ritrovata in lacrime in mezzo alla strada perché quello era proprio l’odore dell’infanzia. Abbiamo scoperto (nella trasmissione Chef per un giorno, su La7) Lella Costa cuoca: ha preso 4 cappelli. Darebbe una ricetta velocissima ai nostri lettori? Quella trasmissione l’abbiamo registrata quattro anni fa! Potere della televisione! Comunque, vi darò quella dei gamberi con la pancetta e lo zenzero; ci faccio sempre un’ottima figura! Si prendono i gamberoni, si sbucciano si avvolgono nella pancetta tesa tagliata sottilissima poi si fissano con degli stuzzicadenti. Bisogna spremere dello zenzero, per spremere la radice di zenzero bisogna grattugiarla e poi passarla in un fazzoletto di lino in modo da fare il succo e poi si mettono i gamberi in una padella con pochissimo olio, perché tanto c’è la pancetta, si fanno andare per un minuto, si aggiunge del cognac e lo zenzero fresco: figurone garantito! Saluteresti i nostri lettori con un proverbio, un detto, magari in dialetto? Mi viene in mente una frase che per me ormai è diventata un detto: avevo una vicina di casa veneta che una volta che stavo piangendo perché ero stato mollata, insomma piangevo per amore, mi disse: “È inutile far così, mi meraviglio de lei che xe tanto intelligente, è inutile cercar di capirsi e andar d’accordo tra omini e donne: perché mariti e mogli non i è neanche parenti!”.


[ CLOCHART ]

Cosa è rimasto di questi anni Camerini e i Dari Foto di Marta Migliardi

[ di

Fabio Paolo Costanza

]

Cose che capitano. Poche volte in una vita. E quando succede, c’è da dire: “Grazie!”. In questo caso al Carroponte, ovvero al Parco Archeologico Industriale di Sesto San Giovanni (MI), quello che un tempo non lontanissimo era una fra le più importanti fabbriche d’Italia, la leggendaria Breda, e che in questa fresca estate 2010, grazie al nuovo gestore, Arci Milano, ha ospitato i più grandi nomi del panorama musicale italiano e internazionale (Elio & Le Storie Tese, Afterhours, Baustelle, Yann Tiersen, Gogol Bordello fra i tantissimi), diventando una delle più importanti arene estive del nostro Paese. Io qui ho la fortuna di lavorare. E’ venerdì pomeriggio e sto facendo due chiacchiere nel backstage

con gli idoli di tutte le teenager italiane, in altre parole i Dari, bravi e professionalissimi ragazzotti dalla Valle d’Aosta, capaci, come pochi, di imballarti Piazza Duomo con fanciulline in delirio, con tanto di orsacchiotti e cartelloni colorati. A Mtv lo sanno bene. Umili e tenaci, i Dari, per chi non li conoscesse, mischiano l’onda sonora emopunk/electroglam a un’elettronica d’ispirazione 80s ed hanno scalato le classifiche con l’album Sottovuoto Generazionale, uscito nel 2008 per la Major EMI. Finito il sound check, si beve una birra tutti insieme, mentre la sicurezza tiene alla larga un centinaio di fan un po’ troppo scalmanate. Si parla delle loro influenze, dei nostri progetti, del calendario del Carroponte, che è ormai sulla bocca di mezza Penisola. E viene fuori che il giorno dopo c’è Alberto Cameri-

ni in concerto, una vera e propria icona degli anni del “riflusso”, di cui i nostri sono fan sfegatati e di cui hanno coverizzato la storica hit Rock’n’ Roll Robot. E viene fuori che i Dari e Alberto Camerini sono amici da tempo (sic!) ed hanno anche suonato insieme a Scalo 76, programma musicale di Rai 2. E viene fuori che Fabio (bassista) e Cadio (tastierista) il giorno dopo restano a Milano, e decidono di passare la giornata con lo Staff che li ha accolti al Carroponte, per poi godersi tutti insieme l’ANNI OTTANTA PARTY programmato per il sabato sera. Mezz’ora prima dell’esibizione dell’Arlecchino italiano, mentre fuori duemila persone aspettano di cantare Tanz Bambolina, in un backstage esagitato raccolgo, per Trantran, un’esclusiva e scanzonata“intervista tripla”. Eccola qua:


[ CLOCHART ]

Alberto Camerini durante il concerto al Carroponte

ALBERTO CAMERINI

anni ottanta ancora attivi? Che cosa pensi di Garbo? Garbo mi piace, anche se è molto timido. Ieri sera ero con i Righeira e loro mi piacciono tantissimo. Sono ancora molto divertenti. Come definiresti l’epoca attuale in poche parole? Globalizzazione caotica. E’ un’epoca molto difficile, è tutto molto difficile, non abbiamo più lo spazio e il tempo. Potremmo essere in California in questo momento con la stessa facilità con cui potremmo essere a Bari. E’ un’era molto difficile, in cui ci vuole una grande capacità, per non morire di fame, più che per emergere. Da noi in Italia manca un po’ la grinta: perché Google non è fatta da un italiano? Un consiglio a un giovane musicista? Tantissimi consigli. Trovare un buon produttore, lasciar fare a qualcun altro, entrare in un gruppo: non fare tutto da soli! Un saluto ai lettori di Trantran? Un saluto ai lettori di Trantran!

Nome: Alberto Cognome: Camerini Età: 59 anni Titolo di Studio: Maturità Classica, Università... l’ho iniziata ma non l’ho finita. Segno Zodiacale: Toro ascendente Leone Destra o Sinistra: Centro. Non ha più senso né destra né sinistra. Alberto Camerini durante l’intervista Favorevole o Contrario a: Foto di Marta Migliardi - Aborto: Favorevole. - Eutanasia: Contrario. - Liberalizzazione delle droghe leggere: Favorevole. - Free Download: Contrario. - Scomparsa delle musicassette: Favorevole. - Scomparsa dei Cd: Contrario... non spariranno. Musica Analogica o Digitale? Digitale. Che cosa pensi dei Dari? Fantastici. Li trovo meglio degli Spandau Ballet, meglio dei Duran Duran. Il tuo album preferito? Domanda difficile! La musica è troppa, è come dire: “Qual è il tuo quadro preferito?”Comunque ora la musica che sto ascoltando è quella di Nicola Porpora (compositore del Settecento, ndr) e come album “Sacrificium” della soprano Cecilia Bartoli, roba del 1730. Quando ho ascoltato quest’album, ho avuto venti minuti di orgasmo. Il tuo idolo? David Bowie Il tuo nemico? L’intolleranza. E il Cancro. Che è il nemico di tutta l’umanità. Cosa ci è rimasto di questi anni ottanta? Tantissimo. Il Midi, la batteria elettronica, Vedi anche il video dell’intervista su l’inizio della computer-music... www.trantran.net Cosa ne pensi degli artisti degli

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Fabio Cuffari (bassista Dari) - Foto di Marta Migliardi

FABIO

Bassista Dari Nome: Fabio. Cognome: Cuffari. Età: 28 anni. Titolo di Studio: Diploma d’Istituto d’Arte. Segno Zodiacale: Leone. Destra o Sinistra: Sinistra. Favorevole o Contrario a: - Aborto: Favorevole. - Eutanasia: Favorevole. - Liberalizzazione delle droghe leggere: Favorevole. - Free Download: Favorevole. - Scomparsa delle musicassette: Contrario. - Scomparsa dei Cd: Favorevole. Musica Analogica o Digitale? Digitale. Passando alle vostre collaborazioni. Cosa provi per: Andy dei Bluvertigo? Stima. Quello che gli ho scritto prima in un messaggino. Max Pezzali? Stima e Affetto. Alberto Camerini? Ispirazione. Alberto Camerini è stato una delle maggiori fonti d’ispirazione per persone che con la propria attitudine, la propria età e le proprie ambizioni sono riuscite a portare avanti un discorso musicale che, per fortuna, ha avuto l’influenza di uno come Alberto Camerini che ha fatto della sua arte un modo di essere e, perché no, anche di vivere.


[ CLOCHART ] culturale. Come definiresti l’epoca attuale in poche parole? Pericolosa. Molto pericolosa. Un saluto ai lettori di Trantran? Ciao a tutti i lettori di Trantran!

Suoneresti vestito da arlecchino? No, con i colori sgargianti sto veramente molto, molto male. Il tuo album preferito? Direi Disintegration dei The Cure. Il tuo idolo? Potrebbe essere John Lennon. Il tuo nemico? Me stesso. Andiamo sullo scabroso. L’ultima volta che hai fatto l’amore? Due ore fa. Cosa ci è rimasto di questi anni ottanta? Probabilmente delle acconciature pessime come questa (indica la propria, nda)... la voglia di sperimentare, di fare una rivoluzione musicale, artistica e

Andrea Cadioli (tastierista Dari) - Foto di Marta Migliardi

CADIO

Tastierista Dari Nome: Andrea. Cognome: Cadioli. Età: 22... no 23 anni! Titolo di Studio: Ho studiato al Liceo Scientifico. Segno Zodiacale: Pesci. Destra o Sinistra: Destra. Favorevole o Contrario a: - Aborto: Favorevole.

- Eutanasia: Favorevole. - Liberalizzazione delle droghe leggere: Contrario. - Free Download: Favorevole. - Scomparsa delle musicassette: Contrario. - Scomparsa dei Cd: Contrario. Musica Analogica o Digitale? Digitale. Passando alle vostre collaborazioni. Cosa provi per: Andy dei Bluvertigo? Idolatria. Max Pezzali? Stima professionale. Alberto Camerini? Riconoscenza. E’ stato il primo personaggio della scena musicale a credere in noi, quindi gli dobbiamo tantissimo. Suoneresti vestito da arlecchino? No. Il tuo album preferito? Original Symmetry dei Muse. Il tuo idolo? Bjork. Il tuo nemico? Io. Andiamo sullo scabroso. L’ultima volta che hai fatto l’amore? Ehhh... mi ricordo... Cosa ci è rimasto di questi anni ottanta? Le drum machine rotte che funzionano male! Come definiresti l’epoca attuale in poche parole? Affascinante. Un saluto ai lettori di Trantran? Ciao Trantran!

Vedi anche il video dell’intervista su www.trantran.net

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[ BIS! teatro, musica ed

Dente - Foto di Giulia Cavaliere

eventi a monza e brianza ]

Trantran vi racconta la...

Festadi

Osnago Dal 2 all’11 settembre, presso il polo fieristico di Osnago (LC), la festa del Partito Democratico, ha ravvivato l’area lecchese della Brianza con una ricca proposta d’incontri culturali, dibattiti e buona musica. Al di là della politica la festa ha rappresentato un importante momento di aggregazione, anche grazie ai tanti concerti proposti e promossi tramite l’agenzia di comunicazione Parole e Dintorni. Trantran ha seguito per voi l’intera kermesse musicale e, in queste pagine, vogliamo offrirvi uno stralcio, tramite le interviste esclusive ai protagonisti della rassegna, di quelle giornate di festa e di musica.

Tonino Carotone Foto di Marta Migliardi

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Bunna live AFRICA UNITE


[ BIS! ] Bunna & Madaski AFRICA UNITE

DESERTO In piena notte nel

Madaski (Africa Unite) si racconta a Trantran… [ di MARTA Migliardi ]

In piena notte nel deserto. Questo il titolo che ho scelto dopo aver incontrato alla Festa del Pd del Comune di Osnago(LC) poche ore prima del concerto, Madaski, uno dei fondatori (insieme a Bunna) degli Africa Unite, il gruppo reggae che calca le scene in Italia da 30anni. In piena notte nel deserto, appunto. Nel deserto della nostra società, nel deserto delle idee. In piena notte, senza ambire per forza ai riflettori di una popolarità commerciale e di massa. Sa scherzare, Madaski, come quando con ironia (dopo aver letto il numero di Trantran dove intervistavo Morgan) mi chiede: Potresti domandare anche a me qual è il rapporto tra depressione e arte? Perché sono molto depresso e quindi molto artistico…. (ndr Ride) Ma torna serio, con lo sguardo diretto e intelligente, quando ci racconta il suo punto di vista sulle cose: sulla cultura jamaicana, sull’omofobia, sulla musica… Irriverente, certo, e molto deciso nella sua visione del mondo. Contro i pregiudizi di qualsiasi tipo, espone le sue idee e le sue posizioni con la rispettosa libertà che si è guadagnato sul palco, percorrendo strade meno facili, senza mai scendere a compromessi.

E se i pregiudizi li avessimo avuti noi, prima di questa intervista? Signori e signore, ecco a voi le parole di uno dei più grandi esponenti reggae in Italia, che ha suonato anche in Iraq, sotto la dittatura di Saddam Hussein, percorrendo chilometri e chilometri in piena notte nel deserto…. Trent’anni di carriera: come sono cambiati il mondo dei concerti e il pubblico? L’organizzazione dei concerti è cambiata parecchio perché quando abbiamo cominciato noi non c’era quasi nulla, soprattutto nel nostro genere, nel reggae, non c’era niente! Era tutto organizzato in maniera molto amichevole dagli appassionati di questa musica che cominciava a sentirsi anche in Italia. Perché nel resto del mondo Bob Marley erano almeno 7/8 anni che faceva proseliti, da quando ha fatto il grande salto commerciale. Da noi è arrivato nell’ 81, anno in cui è morto: abbiamo cominciato ad ascoltare il reggae, sempre con un po’ di ritardo. Quindi prima di arrivare al reggae made in Italy, che ha un’impronta filosofico culturale molto diversa da quella giamaicana, c’è voluto parecchio tempo. Gli Africa Unite sono stati protagonisti da allora fino a oggi e hanno visto questo cambiamento… Il pubblico è diventato più giovane, noi siamo diventati più vecchi. E questo è molto bello, in realtà, perché se il pubblico si fosse limitato a invecchiare con noi, adesso non ne avremmo più. Questo ci fa capire che siamo in grado di parlare: prima parlavamo solo ai nostri coetanei, ora a persone che potrebbero essere i

nostri figli, ma se continuiamo a comunicare vuol dire che gli Africa Unite hanno un senso di lungimiranza. Questo dialogare con giovani che potrebbero essere i vostri figli vi dà un senso di responsabilità maggiore in quello che scrivete o nei temi che trattate? No, perché li scrivo io che non ho figli e sono assolutamente irresponsabile (ndr Ride). Quindi continuo a dire quello che mi passa per la testa: il bello è questo! Altrimenti non si riuscirebbe a parlare ai giovani, perché la troppa responsabilità affossa le idee, molto spesso… I temi sociali caratterizzano, da sempre, le vostre canzoni. In Così sia trattate il delicato tema dell’omofobia, in maniera opposta da come viene rappresentato nella cultura giamaicana… Noi andiamo contro tutti i capisaldi della cultura giamaicana, perché comunque non siamo giamaicani! Personalmente reputo la cultura giamaicana una non cultura: quando si parla di religione e di ipotetica appartenenza al rastafarianesimo, ci si rifà, in realtà, all’imperatore Hailé Selassié che fu colui che liberò l’Etiopia da Mussolini, sostituendo una dittatura blanda con una dittatura feroce. Mussolini, infatti, in Etiopia fece anche alcune opere mentre Hailé Selassié è uno dei grandi assassini e dittatori del mondo, non sarà “famoso” come Adolfo (Hitler) o Stalin però, insomma, si difende bene... Mi sembra un po’ azzardato riconoscere in Hailé Selassié una seconda venuta del Cristo! Io francamente non riconosco nemmeno la prima…ma queste sono idee personali. Al di là di ciò la questione dell’omofobia mi sembra assolutamente inso-

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[ BIS! ] stenibile, perché dipende direttamente dalla lettura rastafariana della bibbia. Queste idee alla fine sono abbracciate da giovani aitanti e schiavi di una cultura commerciale figlia dell’hip hop americano che poi, a un certo punto, si riscoprono rastafariani ortodossi. L’ortodossia non fa mai bene. Noi prendiamo le nostre distanze anche perché abbiamo una cultura diversa. Noi abbiamo usato il reggae e abbiamo imparato a suonarlo però i nostri contenuti devono essere, ed è giusto che lo siano, diversi. Per noi la diversità, indipendentemente da quella sessuale, è semplicemente una grande risorsa e come tale va tutelata, ascoltata e non distrutta. Fra le vostre passate collaborazioni annoverate i Franziska e Chiara, ora meglio nota come Nina Zilli. Un esempio positivo di come si possa passare dalla scena indipendente a quella più “commerciale” senza passare dai reality? Io ho un’avversione atavica verso tutto ciò che è pop. Mi ritengo un intellettuale della musica e avrei un sacco di distinguo da fare. I talent show non li prendo neanche in considerazione, e comunque sono fenomeni legati al sociale e non alla musica. Per quanto riguarda, invece, questi passaggi attraverso il pop per arrivare a un pubblico più grande, io penso che sia esattamente la strada contraria rispetto a quella percorsa dagli Africa Unite, che comunque, nel corso degli anni, hanno sempre tenuto un certo livello. Ecco, il problema è questo: chi percorre una scorciatoia del genere e approda al pop poi deve subirne le conseguenze che sono una notorietà pressoché immediata ma spesso non duratura! Io, ovviamente, auguro a Chiara di scardinare anche questo meccanismo, ma ho dei grossi dubbi perché è proprio insito nel sistema: è molto difficile da mantenere questo alto livello di esposizione. Ci sono riusciti le grandi icone del pop che in Italia sono, essenzialmente: Vasco Rossi, Ramazzotti, Ligabue e la Pausini. Se Chiara alias Nina Zilli avrà il talento, la tenacia ma soprattutto la forza psicologica potrebbe poi, in futuro, ambire a diventare un’icona del pop anche lei: sinceramente non è la mia strada e non vorrei neanche sentirne parlare! Già in passato con il vostro progetto Sotto Pressione, vi siete schierati contro la pena di morte, tema, purtroppo, sempre attuale. In questi giorni, ad esempio, si parla molto del caso di condanna a morte per lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani… Noi abbiamo affrontato questa tematica per diversi anni, a partire del 2000, in collaborazione anche con Amnesty International. Chiaramente, anche se in questo momento non stiamo portando avanti una collaborazione specifica sull’argomento, tuttavia le nostre idee, le nostre posizioni su questi temi non sono cambiate. Continuiamo a credere che qualsiasi ortodossia, portata alle sue estreme conseguenze, sino

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Madaski durante l’intervista 1 AFRICA UNITE

al parossismo, sia estremamente dannosa. Il caso di questa donna ci pone di fronte a un’ortodossia che sfocia in atteggiamenti criminali di fronte ai quali, purtroppo, sembra non esserci via di scampo. Rimane aperta la questione su come combattere questo tipo di mentalità criminale ma temo che non ci siano soluzioni. Di certo non è una situazione semplice. Possiamo condannare certe azioni, certi estremismi, siamo concordi, ma in fin dei conti il semplice condannare a parole non serve a nulla, se non a ripulire un po’ le nostre coscienze. Purtroppo i movimenti democratici che smuovono l’opinione pubblica poco servono in paesi in cui il valore dell’opinione non è riconosciuto, anzi è negato. Credi negli extraterrestri? Si, assolutamente! Non sono sicuro delle loro possibili manifestazioni ma sarebbe assurdo pensare che in un universo tanto grande non ci siano altre civiltà. Se poi si parla di possibili avvistamenti sono più scettico perché non capisco perché mai dovrebbero essere interessati a farsi vedere! Posto che si dà per scontato che per riuscire ad arrivare fino a noi si debba trattare di civiltà tecnologicamente molto più avanzate della nostra, non capisco perché mai, riuscendo a vederci, dovrebbero avere voglia e interesse a stringere un contatto con noi! Nella vostra lunga carriera, vi è capitato persino di suonare al Festival Internazionale di Babilonia, festival organizzato dal regime iracheno. Come ricordate quell’esperienza? E’ stata un’esperienza senza dubbio unica nel suo genere…a partire dalle stesse modalità pratiche del viaggio: a causa dell’embargo sullo spazio aereo iracheno siamo atterrati fuori dai confini nazionali e poi abbiamo dovuto viaggiare di notte attraverso il deserto, su due pullman scassatissimi. Io sono stato fortunato perché sono capitato su quello meno scassato mentre l’altro si è fermato in piena notte nel deserto e sono dovuti andare a riprenderlo, impiegandoci così due giorni di più per arrivare. Per il resto posso dire che è stata davvero una bella esperienza, soprattutto per il rapporto con la gente, anche perché noi eravamo giovani e incoscienti e ce ne siamo sbattuti del fatto che ci abbiano detto chiaramente che non potevamo andare

da nessuna parte se non con i nostri accompagnatori ufficiali. Noi uscivamo. Io poi durante il concerto ho fatto un appello sulla libertà di parola… e, infatti, hanno fermato il concerto e ci hanno rimandati a casa. Dopo il quinto pezzo hanno fermato tutto e fine dello spettacolo. Ci hanno fatto scendere dal palco e la gente, che era tanta, se n’è andata tutta…anche perché l’hanno caricata! Eravamo a Babilonia, fuori Bagdad, che è un sito assiro ricostruito in gloria di Saddam Hussein. Ecco, una cosa che mi ha colpito all’epoca era che, in contrasto con l’idea che ci arrivava dai media, lì Saddam era davvero molto amato, e non solo in virtù del regime di terrore che aveva instaurato ma anche perché faceva leva su di un anti americanismo che lì era realmente molto sentito in quegli anni. Noi che eravamo lì per portare medicinali, questo era lo scopo principale del viaggio, siamo stati trattati molto bene ma la gente era molto curiosa di capire cosa ci facessimo realmente lì. Il festival di Babilonia, a conti fatti, è stata un’esperienza molto, ma molto, particolare perché, in fin dei conti era un festival di regime, per Saddam Hussein, e già non è una cosa che capiti tutti i giorni, ma anche in tanti altri dettagli è stata una cosa unica. Il soundcheck, ad esempio: abbiamo dovuto farlo fra le 2 e le 6 del mattino, perché, essendo in pieno deserto, poi faceva davvero troppo caldo, e il sole avrebbe fuso gli strumenti. E poi eravamo in un sito archeologico che, seppur rifatto un po’ in stile Disneyland, aveva sempre il suo indiscutibile fascino. Un’esperienza indimenticabile, nel bene e nel male. Noi, come ho già detto, portavamo farmaci, eravamo lì in virtù della nostra collaborazione con Amnesty International, ma ricordo che alla frontiera ci hanno trattenuti per 8 ore. Hanno perquisito tutto ed hanno buttato via un sacco di farmaci assolutamente buoni solo perché prodotti da case farmaceutiche che potevano essere vicine al governo israeliano. Purtroppo, ho capito, non c’è neanche da scandalizzarsi troppo per questo, è normale, è la guerra. Le guerre sono tutte così e di guerre ce ne sono molte di più di quelle che vengono apertamente dichiarate. Anche nella nostra società ci sono molte guerre, ma subdole, striscianti: la guerra mediatica, la guerra religiosa, solo per dirne un paio.


[ BIS! ]

Dente sul palco Foto di Giulia Cavaliere

DENTE Il piccolo principe pop [ di Giulia Cavaliere ] La prima volta che ho incontrato Dente non sapevo ancora che si chiamasse Giuseppe Peveri e nemmeno il suo nome d’arte mi era, in effetti, già noto. Saranno state circa le tre di mattina e mi trovavo fuori da un noto locale milanese, sul Naviglio Pavese, appena terminato un concerto lunghissimo. Mentre parlavo con i miei amici ed eravamo tutti stanchi e un po’ brilli, vedo avvicinarsi un ragazzo alto e magro, una di quelle facce che notavo spesso più o meno accanto a me tra il pubblico dei live ai quali anche io presenziavo. “Martedì venite al mio concerto?” ci dice lui un po’ ridendo e un po’ no, io scherzo, lo prendo in giro e gli dico “ma cosa dici? Figurati! che concerto?” insomma, tra una risata e l’altra, nessuno gli crede e la cosa finisce lì fino a quando, il martedì seguente, ce lo ritroviamo davanti, a suonare per davvero la chitarra e cantare quelle che in una prima e superficiale battuta ci parvero solo piccole canzonette. Il giovane musicista, mi dicono, si fa chiamare Dente. Sono trascorsi ormai quattro anni credo e il ragazzo, dopo “Anice in bocca”, delirio prepunk amoroso veloce e inconsueto, e “Non c’è due senza te”, perla rara eccezionale e nuova di cantautorato minimale, all’inizio del 2009 ha dato alle stampe il suo “L’amore non è bello”, un disco amatissimo nel panorama dell’indie italiano, album meritatamnte in concorso per la Targa Tenco 2009 e che, soprattutto, ha portato Dente a rimanere in tour per quasi due anni, calcando e ricalcando generosamente palchi e giardini italiani in su e in giù e in lungo e in largo, creando un legame molto forte con il suo pubblico, probabilmente per quel suo modo profondamente leggero seppur doloroso di raccontare, autobiograficamente, l’universale tema d’amore.Incontro Dente a Osnago in occasione di uno degli ultimi concerti di quello che molti hanno definito il “neverending tour”,

curiosa di sapere adesso cosa succederà. Lui mi viene incontro e mi sembra sempre più alto e magro, con quel suo grande e inconfondibile ciuffo di capelli che lo fa assomigliare davvero al Piccolo Principe, come lo ritrae la locandina del suo tour, a nascondere occhi timidi. “L’amore non è bello”, il tuo ultimo disco, è andato molto bene, sei in tour ormai da tantissimo, come stai ora che sei alla fine di questo percorso? come ti senti, soprattutto, nei confronti di queste canzoni, pezzi così autobiografici, che scavano a fondo nella tua vita e che ti sei trovato a cantare quasi ogni sera per circa due anni? Sono esattamente ventuno mesi che siamo in giro a suonare e se mi domandi come mi sento la prima cosa che mi viene in mente è che mi sento stanchissimo, proprio fisicamente e che adesso ho bisogno di fermarmi. Sono stati mesi bellissimi, ho fatto molto, mi sono divertito, ho visto moltissime cose nuove e mi ritengo veramente soddisfatto. Le canzoni, sai, dopo che le canti e le ricanti centomila volte abbassano un po’ la loro emotività, mi ci sento sempre e comunque molto legato però è inevitabile che adesso io le abbia un po’ superate. Come finirai questo tour? Ho letto che ci sarà una data conclusiva, il 5 novembre, a Milano, con molti ospiti, cosa farete? Sì, esatto, abbiamo deciso di concludere il tour in grande stile, al di sopra delle nostre possibilità, direi, il 5 novembre al Teatro Dal Verme, un teatro prestigiosissimo di Milano, in compagnia di alcuni amici con i quali ho diviso esperienze diverse in questi anni. Ci sarà Vasco Brondi (Le luci della centrale elettrica, n.d.a.), con il quale ho condiviso gli esordi scapestrati milanesi, quando suonavamo a rimborso spese o perdendoci soldi solo per il gusto e il piacere di suonare, ci saranno i Perturbazione con i quali ho cantato

“Buongiorno buonafortuna”, un pezzo del loro ultimo lavoro, ci sarà Max Collini (Offlaga disco pax, n.d.a.) che è un amico con cui divido da tempo l’idea di un progetto che sarebbe bello poter iniziare a realizzare insieme, ci saranno poi Il Genio e altri ancora. Diciamo che sarà una festa, ecco, non proprio un “Dente & Friends” ma un momento conclusivo tutti insieme, visto che poi mi fermerò per un annetto. Hai citato Il Genio, duo con cui hai tra l’altro appena inciso una cover di “Precipitevolissimevolmente” un pezzo bellissimo scritto nel 1962 da Bruno Martino, ci racconti come sono nate questa collaborazione e la scelta di questo pezzo? Il pezzo è su un lato di un 45 giri beat che si può trovare da oggi in vendita e che, sull’altro lato, vede la collaborazione tra i Calibro 35 e Roberto Dell’Era. Io e i Calibro 35 pubblichiamo entrambi con Ghost Records mentre Il Genio e Dell’Era pubblicano per un’altra etichetta (Disastro records, n.d.a.) quindi la collaborazione nasce come un incrocio tra le due label, in occasione dell’uscita dell’ultimo disco de Il Genio e di quella imminente del nuovo lavoro Roberto Dell’Era. Mi hanno proposto di fare questa cosa, la scelta dei pezzi degli anni ‘60 non so a chi sia venuta in mente, inizialmente ci era stato proposto un pezzo piuttosto sconosciuto di Gianni Morandi, non mi piaceva, ognuno ha fatto le sue proposte, io ho proposto questo pezzo che mi piace molto e anche gli altri hanno apprezzato per cui eccoci qua. La scelta di questo brano è proprio una mia responsabilità. Lo eseguiamo in una versione che somiglia molto a quella che

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[ BIS! ] realizzò Caterina Valente. Hai detto che ti fermerai per un anno, cosa combinerai, riposo a parte? Riposo molto e poi, beh, mi occuperò del nuovo disco, per la prima volta mi piacerebbe affidarmi a un produttore artistico per vedere cosa ne esce, ho già in mente qualcosa a riguardo ma ancora è prestissimo per fare nomi e parlarne. Hai già scritto qualche pezzo? I tuoi fan si domandano se cambierai direzione. Sì, ho scritto già qualcosa, si tratta sempre di brani autobiografici e d’amore. Sono sempre fermo lì... Poi chissà cosa accadrà, da qua a un anno...chi può dirlo? Ultimamente dal vivo hai riproposto alcuni brani dal tuo primo lavoro “Anice in bocca”, un disco particolare che dura circa mezz’ora pur contenendo 16 pezzi e che sembra essere a tutti gli effetti l’embrione dei tuoi lavori successivi. Il disco è fuori catalogo, lo ristamperete? Per ora l’idea non c’è, il disco non desta molto l’interesse degli addetti ai lavori, diciamo così, però magari proprio con l’uscita del nuovo album lo ristamperemo. C’è qualche disco a cui ti sei particolarmente legato ultimamente? Qual è, insomma, l’ultima cosa di cui ti sei innamorato in campo musicale? Direi che mi sono innamorato di alcuni lavori di Lucio Dalla, infatti di recente ho voluto fare la cover di Disperato Erotico Stomp con Brunori Sas. Sono particolarmente catturato dal primo Dalla, quello di “Storie di casa mia” e da quello dei primi anni ‘80 “Balla balla ballerino” e così via. Sono curiosa di sapere qual è la canzone d’amore che ti fa dire “questa è proprio la mia”, quella che, quando inizi ad ascoltarla, non arrivi alla fine senza lacrime. Me la dici? Canzone per te, di Sergio Endrigo. Seguono istanti di intenso silenzio, trascorsi a pensare probabilmente, contemporaneamente, alle parole di questa canzone di Sergio Endrigo. Ci guardiamo, stiamo per salutarci ma ho un’ultima curiosità da togliermi. Senti, facciamo un gioco, scommetto che so qual è la prima parola che ti viene in mente se ti dico “Brianza” “Velenosa”, questa parola mi viene in mente, perchè quando nella canzone (Una giornata uggiosa, n.d.a.) Battisti diceva “fuggir via da te Brianza velenosa” io mi domandavo cosa fosse questa Brianza...poi ho capito. Avevo ragione allora! E ora che la conosci ti sembra davvero così velenosa? Mah, non so, direi che ci sono in effetti posti meno velenosi. Tipo? Tipo...le Bahamas! Ridiamo e ci salutiamo.

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Tonino Carotone live

Tonino Carotone La historia de un santo bebedor…

[ di Elena Gorla ] Tonino Carotone non è uomo da lasciare indifferenti. E’uno di quei tipi che non conoscono, né concedono, vie di mezzo. O lo si ama o lo si odia. Eccentrico, vulcanico e anticonformista (ci ha invitate, divertito, a fotografarlo di fronte ai cassonetti della spazzatura!) ma, al tempo stesso, tradizionalista e ricercatamente demodé. Cuore d’oro e farabutto a metà fra il Bogart di Casablanca (Michael Curtiz, 1942) e il gitano Zare di Gatto nero, gatto bianco (Emir Kusturica, 1998) che fugge le proprie nozze alla ricerca del vero amore. Lo immagino scendere dal palco con una densa boccata di sigaro e un semplice “suonala ancora Sam” buttato lì alle tastiere… Lui, noto al vasto pubblico per il celebre incipit del suo brano Me cago en el amor, che nell’estate del 2000, era diventato una massima filosofica sulla bocca di tutti: “E’ un mondo difficile…è vita intensa…felicità a momenti e futuro incerto…”, recitavano tutti, giovani e vecchi, belli e brutti, amanti corrisposti ed amanti respinti… Lui, che dopo poche battute si scusa con noi per il suo improvvisato itagnolo (lingua senza fissa grammatica propria degli spagnoli alle prime armi con l’italiano), che conferisce, in realtà, un calore tutto speciale alle sue riflessioni. In questa trascrizione la scelta di “tradurre” in un italiano più fluente è stata sofferta: quel calore e la sua nostalgica follia sono andati irrimediabilmente persi. Scusa Tonino, capirai…è un mondo difficile…bisogna fare delle scelte. Fortuna che in un afflato di lungimiranza questa intervista è stata realizzata in video. Non perdete sul nostro sito www.trantran.net la “vera” (e integrale) intervista a Tonino Caroto-

ne ma attenzione, siete stati avvertiti: amore o odio. A voi la scelta. Le tue canzoni sotto una veste di allegria lasciano spesso trasparire un animo nostalgico, un po’ come dall’allegria del vino spesso affiora la malinconia? In te senti prevalere il versante dello spensierato gaudente o del riflessivo nostalgico? Di base mi sento pessimista ma con la tensione ad andare sempre avanti, ed è questo lo spirito che mi da la forza per affrontare la vita, ma conservo il mio spirito nostalgico, l’attaccamento e l’amore ai ricordi di quando ero bambino, che mi fa prediligere, anche musicalmente, un gusto per il passato. Guardo indietro per andare avanti. Un tempo si viveva diversamente, e a me piace guardare alle cose belle del passato, anzi, a tutto il passato perché è importante ricordare anche le cose brutte che sono accadute ma sono parte della vita, della società che era e di ciò che noi eravamo e siamo. Per me quest’atteggiamento è istintivo, anche dal punto di vista musicale: certo, forse si può dire che sono un po’chiuso alle novità, ma non posso farci nulla. Ho sempre amato ascoltare la radio, soprattutto in macchina nei miei tanti viaggi, mentre, in effetti, ora la ascolto molto meno. Anche il cinema…amo i film degli anni ’70…riconosco che, in Spagna, oggi c’è un fermento cinematografico molto vitale ma il mio atteggiamento nostalgico mi porta a prediligere i vecchi film americani e le pellicole erotiche degli anni 70, espressione della rivoluzione sessuale che in quegli anni iniziava a smuovere il mio paese. Raffaella Carrà, ad esempio, qui in Italia aveva un’immagine diversa ma in Spagna, negli anni ’70, era un’icona


[ BIS! ]

erotica dirompente. Rappresentava e incarnava la liberazione sessuale della donna. Era rivoluzionaria. Da bambino e da ragazzo eri un grande amante dell’Italia, dal costume alla musica fino alla tv…cosa ti attrae ancora nell’Italia di oggi? D’acchito ti risponderei che mi piacciono le spiagge…perché, in realtà, se devo parlare dell’Italia oggi…è un problema…quello che accade qui in Spagna è inconcepibile, perfino a destra… Torniamo allora in spiaggia e alle donne italiane che sulle spiagge spagnole sono sempre in topless: questo mi attrae! Devo dire, però, che le stesse donne, qui sulle spiagge italiane, hanno, invece, l’abitudine di stare più coperte. La società italiana mi sembra che oggi abbia un grave problema di conformismo! In passato la Spagna guardava all’Italia come a una sorella maggiore più avanti e più libertaria, oggi mi sembra avvenga il contrario. Dell’Italia di oggi, a parte le donne ovviamente, mi piacciono e mi portano qui la band con cui suono, il mio pubblico e tanti musicisti: dalla Bandabardò a Vinicio Capossela. Ma soprattutto mi trattiene in Italia il contatto con il pubblico italiano. In spagna non ho ancora un pubblico così, o per lo meno là ho un pubblico diverso…, devo ammettere che il pubblico qui mi fa stare bene; il musicista, l’artista è spesso egocentrico e il mio ego qui si gonfia (Ndr. ride), mi piace fare ballare la gente! Per il resto penso che l’Italia sia giunta ad un momento di estrema difficoltà, la situazione è critica come non mai perché non ci sono più illusioni, non ci sono più ribellioni… proprio non mi piace il conformismo che oramai regna in Italia. Qual è secondo te il rapporto fra depressione e arte?

Io credo che vadano a braccetto. L’artista proietta il suo pensiero, il suo bisogno di relazione in ciò che fa e se non ci riesce, se non comunica cade in depressione. Tuttavia esiste anche un altro versante del rapporto fra le due, ossia che quando l’artista cade in depressione perché non riesce a esprimersi è lì che attinge nuovo pensiero e nuova linfa per comunicare, per comunicarsi. Quando non ti dedichi alla musica come ami trascorrere il tuo tempo libero? Faccio il matto…mi perdo…o non faccio nulla! Però la realtà è che, anche quando uno non lavora, la musica è sempre presente: ho sempre un ritornello in testa, è un’abitudine che mi è rimasta dall’infanzia! Non è che mi dedico alla musica tutti i momenti ma se hai la passione per la musica i motivi sedimentano nella tua testa, e poi si ripresentano e saltano fuori…il mio avvicinamento alla musica, da bambino, è iniziato così, dai ritornelli. Li cantavo e li rifacevo cambiandoli: da Sandokan alle canzoni di Albano e Romina! E mi davano un’adrenalina le mie improvvisazioni! Credo che la musica, se anche non è protagonista, sia comunque sempre presente: non si può immaginare, ad esempio, un circo senza musica o il cinema senza la musica. Perfino il cinema muto era sempre accompagnato da un pianoforte! Per il tuo libro Il Maestro dell’Ora Brava (Chinaski Edizioni, 2006) hai vissuto, per così dire, a braccetto con il co-autore, Traversa Federico, che esperienza è stata vivere con un occhio vigile sempre pronto a raccontarti? Federico, bravissimo! Quando mi hanno proposto questa collaborazione ancora non conoscevo Federico e la mia prima risposta è stata che per dire di sì o di no avrei dovuto vedere come andava il primo incontro con questa persona! Quando si conosce qualcuno il primo scambio può andare bene o male: o ci si trova subito o difficilmente si andrà d’accordo solo per la volontà di farlo. E’ andato molto bene e alla fine abbiamo trascorso otto mesi assieme, condividendo un sacco di situazioni…bukowskiane … abbiamo fatto un viaggio in nave da Genova a Barcellona e abbiamo vissuto davvero tante av-

Tonino Carotone Foto di Marta Migliardi

venture. E non è facile starmi vicino per otto mesi…La cosa più importante, però, è che da quel lavoro è nata un’amicizia che ci accompagnerà tutta la vita! Il bello del libro sulla mia vita, invece, è che non racconta solo la mia vita passata ma proprio il tempo che Federico ed io abbiamo trascorso assieme, le esperienze vissute in quei mesi sono una parte fondamentale della narrazione. Il gerundio è una forma grammaticale importante, più del passato e del presente perché è l’espressione del divenire, della tensione al vivere, all’andare avanti e si colloca proprio al limite del futuro. Nel libro Federico è riuscito a illustrare e a far comprende con precisione il senso della mia “filosofia notturna” . In una parola come sintetizzeresti la tua filosofia di vita? Sempre avanti! Ciao mortali! è il tuo ultimo album ed è stato prodotto senza una major, come i tuoi album precedenti. Questo quali differenze ha introdotto nel tuo lavoro? Ciao mortali!, innanzi tutto, è il primo disco che produco in Italia, per la precisione proprio qua in Brianza, a Vimercate, e poi devo dire che questo disco, e per me è stata una cosa molto importante, è stato fatto senza fretta. Un disco, come tutte le cose che non vengono prodotte in serie, necessita di tempo. La fretta è nemica dell’arte, la uccide. Per questo disco, invece, i produttori hanno rispettato i miei tempi, mi hanno lasciato fare esattamente ciò che volevo, per questa ragione per me è il migliore che abbia mai fatto, con una qualità del suono perfetta e realizzato assieme ai musicisti che suonano con me anche dal vivo. E questo ha senza dubbio fatto la differenza. Lavorare così è molto meglio, il disco che ne nasce ha sempre una qualità maggiore. Quando a un musicista impongono, sulla scia del successo, di fare un disco l’anno, va a finire che di quel disco il pubblico ascolta solo una canzone! Credo, invece, che questo sia davvero un disco speciale, io lo vivo così, e per me è un disco perfetto per i lunghi viaggi in auto! Noi siamo una testata locale e tu stasera sei qui a Osnago, nella nostra verde terra: fai una rima con Brianza… Ti ho lasciata Brianza, sono andato a Madrid e mi è cresciuta la panza! Santo peccatore, qual è il posto più scomodo in cui hai fatto l’amore? Più scomodo? In carcere… (Ndr. Tonino Carotone ha scontato un anno di carcere in quanto renitente alla leva militare e accusato di incitare a questo reato nel suo brano Insumision, un inno anti militarista). In carcere si fa l’amore una volta al mese, in tempo di visite, è scomodo ma molto intenso! Un messaggio per i nostri lettori… Se volete fare una buona cosa, leggete Il barone rampante di Italo Calvino, e poi…non voglio parlare di politica però attenti: non siate conformisti, mai!

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Birrifici

Il Birrino: quando la birra è salute! A Brugherio un birrificio artigianale ecosostenibile Di birre che abbiano pochissime calorie, che facciano bene per chi è obeso, iperteso oppure celiaco non se ne trovano, normalmente, in commercio. Al Birrino, il birrificio artigianale ecosostenibile (info@birrino.com) però, questa è la norma! Noi di Trantran siamo andati a visitare questo birrificio in via Doria 14, a Brugherio. Queste birre hanno meno calorie di un succo d’arancia. Una birra doppio malto, per esempio, normalmente si aggira attorno all’8% di alcool. La loro doppio malto, invece, dà la stessa soddisfazione con solo il 6% di alcool ma ha un gusto pieno e corposo e ve lo possiamo confermare noi, che le abbiamo degustate tutte! Dal punto di vista emodinamico la bassa percentuale di alcool presente in queste birre aiuta a mantenere le arterie pulite mentre il ricco concentrato di vitamine del gruppo B apporta tantissimi anti ossidanti che neutralizzano i radicali liberi. Per questo da un punto di vista medico nutrizionale possiamo affermare che questa birra è salute! E per di più questi risultati sono stati ottenuti con un processo biologico completamente certificato (anche per quanto riguarda le materie prime utilizzate) ed ecosostenibile! La maggior parte dei birrifici artigianali non sono ecosostenibili perché

producono un terribile spreco di acqua. Il malto macinato in caldaia viene fatto cuocere per 6/8 ore e poi passa nei serbatoi a doppia camera per la fermentazione e la maturazione. Il 97% del vapore che producono al Birrino viene recuperato: non hanno, quindi, emissioni. Non vi è spreco di energia e pertanto l’impatto ambientale è minimizzato. Le birre qui prodotte, sono frutto di un attento lavoro di studio, nel quale sono confluite più

e viene utilizdi queste birr ne io colo, uz od pr Per la e del XIX se ca tta della fin la ricer al e on zata una rice zi di così la tra tivo congiungendo unico e distin fattore primo, : ità al qu . o” lla in de otte da “Il Birr delle birre prod

competenze, sia tecniche sia scientifiche sia medico-nutrizionali, che hanno portato alla realizzazione di una gamma di birre non pastorizzate e non rifermentate in bottiglia, sia senza alcool sia prive di glutine: per questo motivo le birre de Il Birrino sono innovative e sono state premiate dalla Regione Lombardia. Quali birre potete gustare? ZeroVirgola è la birra senza alcool ma con tutto il sapore di una birra artigianale dal gusto rotondo e corposo. Light Grano Saraceno la birra dedicata a chi ha problemi d’intolleranza al glutine, ma assolutamente consigliata a tutti gli amanti della buona birra. Briantea Pilsner la più classica delle bionde, perfetta per tutte le occasioni e per tutti i palati. E chi ama l’ambrata può gustare la Wiener. Non dimenticate la Brughè 1867 la birra doppio malto dal gusto pieno e dalla schiuma fantastica. Per saperne di più sul birrificio ecosostenibile Il Birrino, sulle loro birre, sui corsi e le degustazioni che organizzano in sede e per acquistare direttamente, in sede previo appuntamento o nel negozio on-line i loro prodotti, potete visitare il sito: www.birrino.biz!

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[ BIS! ]

Lorenzo Riva e Susanna Messaggio

[ foto di Alberto Citterio ]

Lorenzo

a a l fi s

a z n o M

Lorenzo Riva abito da sposa Foto di Alberto Citterio

In occasione dei 50 anni di carriera, il comune di Monza ha deciso di chiudere il centro e dedicare a Lorenzo Riva un’imponente sfilata con sullo sfondo l’Arengario, il monumento che più identifica la città. Una passerella lunga quaranta metri, trenta modelle, un flash di alta moda, di pret a porter, le spose e poi una sfilata di abiti d’archivio che ripercorrono la carriera dello stilista: tra questi quelli indossati da star come Penelope Cruz, Whitney Houston, Isabella Rossellini, Martina Stella, tra le altre; quelli creati da Lorenzo Riva per il cinema, tra i quali per Emanuelle Seigner in Segreti di Famiglia, per il film I panni sporchi di Monicelli e dulcis in fundo quelli per La solitudine dei numeri primi di Saverio Costanzo che, proprio il 9 settembre, è stato presentato alla mostra del cinema di Venezia. Presenti le autorità, i personaggi dello spettacolo a lui più vicini (con lui sul palco Susanna Messaggio), le clienti più affezionate come Gabriella Dompè e il socio e amministratore delegato della Lorenzo Riva, Luigi Valietti che da tempo lo accompagna in quest’avventure lavorativa. Testimonial della serata l’attrice Susanne Ripli, musa dei Manetti Brothers, e Arianna, interprete di Belle in La Bella e la Bestia.

Sfilata abito da sera Lorenzo Riva

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[ ALTROVE racconti e consigli di viaggio ]

Le due facce di

Srinagar [ di Gianni Bòttari

foto di Lizzy Bottoni ]

Chi, come ho fatto io con alcuni amici, è andato a Srinagar verso la fine di luglio, avrà quasi subito avvertito lo stridente contrasto tra la paradisiaca pace del luogo e la situazione politica, caotica, violenta e burrascosa che l’affianca. Uscendo dall’aeroporto diretti verso la città, attraversando zone desolate e costruzioni fatiscenti, sarà sicuramente capitato al viaggiatore di imbattersi in parecchi posti di blocco collocati lungo il tragitto, dove la polizia è armata fino ai denti. Poi non avrà potuto evitare di scorgere gli sguardi attenti e curiosi dei ragazzini, seri, senza cenni amichevoli, senza sorrisi e la poco promettente indifferenza cupa degli adulti. Ma infine, al lago Dal, lo sconforto si sarà dileguato alla vista delle sue acque lucenti come uno specchio, contornate da alberi, solcate da imbarcazioni a remi e circondate da montagne, contrafforti della grande catena himalayana. Srinagar è la capitale del Kashmir (altitudine 1731 metri), dalla terraferma si affaccia sul lago con la sua moschea bianca riflessa nelle acque, ma buona parte della città occupa il lago stesso e le sue vie sono costituite da canali, come una Venezia meno fastosa e più decadente. Il viaggiatore che arriva vorrà alloggiare nelle house-boat, grosse imbarcazioni che fungono da alberghi, lì costruite e ancorate dagli inglesi in periodo coloniale, perché non avevano il permesso di abitare sulla terraferma. Interamente di legno, con intarsi e decori, hanno gli interni confortevoli e ampi L’arredamento ricorda un tempo passato e più prospero, ma non mancano le comodità, come un bagno grande e attrezzato per ogni camera, un ottimo cuoco, il servizio lavanderia, un terrazzino (la poppa del

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natante?) dove sedersi a rimirare il lago, perfino la televisione in una stanza addetta a soggiorno. Anche noi, arrivati alla banchina, siamo saliti su una shikara, sorta di gondola sulla quale ci si accomoda semi sdraiati, che ci ha traghettato su uno di questi battelli-albergo, tutto per noi, accolti dalla sobria gentilezza del gestore e del cuoco. Dopo una doccia e il pranzo servito nell’apposita stanzetta, con tendaggi, credenza e piatti decorati alle pareti, rispettosi del nostro programma, siamo andati con una shikara a visitare i giardini Moghul, testimonianze, tra le innumerevoli altre, della passata magnificenza di quell’impero. I giardini sono distese di variegati e coloratissimi fiori, prati rasati all’inglese, alberi secolari con poderose chiome che ombreggiano i viali da passeggio; non mancano corsi d’acqua che si gettano nel sottostante lago degradando con numerose cascate in un gioco prospettico di sicuro effetto. E’ qui che tutti abbiamo avvertito per la prima volta un senso di pace e calma, così differente dall’impressione ricevuta sul tragitto intrapreso all’aeroporto: una quiete che subitaneamente s’è impadronita di noi, facendoci vagare tra i fiori, sostare alle cascate, zitti e assorti, ma sereni, sorridenti, quasi stupefatti dalla bellezza del luogo, dal silenzio fievolmente interrotto dai rumori ovattati giungenti da lontano. Abbiamo visitato altri giardini, sempre provando le medesime sensazioni, ma il richiamo all’altra faccia del paese, quella oscura, non tardò a far sentire la sua presenza. Infatti, ritornati all’house-boat, il gestore ci disse che nella manifestazione di quel giorno erano morte quattro

donne e che da quel momento era imposto il coprifuoco. Voglio ricordare che quando si costituì l’India moderna il Kashmir venne a fare parte di quella nazione, ma sotto le richieste di autonomia il presidente Nehru promise un referendum sulla autodeterminazione, referendum che non è mai stato fatto. I kashmiri, islamici di tradizione sufi, non interpretano il corano in maniera integralista, ma sotto il giogo dello stato indiano hanno dovuto subire parecchi soprusi che hanno provocato manifestazioni dall’iniziale intento pacifico e fatalmente conclusi in bagni di sangue; da vent’anni a questa parte si contano circa 125.000 morti negli scontri. A queste deprimenti notizie si aggiunsero quelle del vicino Pakistan, dove tremende alluvioni avevano fatto centinaia di migliaia di morti e milioni di sfollati. Il giorno dopo avremmo dovuto fare un trekking sulla terraferma fino a un alto valico che ci avrebbe permesso di ammirare la catena del Karacorum, ma non c’era verso di attraccare alla banchina, vedevamo da lontano la polizia che prendeva a bastonate le imbarcazioni che cercavano di approdare: era proibito a chicchessia andare sulla terraferma. Abbiamo ripiegato per un giro in shikara con la visita al mercato sull’acqua, che si svolge al mattino. Nel luogo del mercato convogliano innumerevoli imbarcazioni di svariati tipi, ma tutte rigorosamente condotte a forza di remi, tutte stracariche di mercanzie alimentari rigorosamente


[ ALTROVE ] sopra e quello riflesso, che compivano lo stesso gesto. Pure le rive lontane, con gli alberi, gli arbusti, le rare automobili, le minuscole sagome umane, avevano la loro immagine riflessa nelle acque, il tutto come un mondo contrario e identico, indice di quella multiforme sostanza di cui è fatta la realtà, così impenetrabile e inafferrabile malgrado il nostro desiderio di conoscerla, così sfuggente ed ermetica da essere illusoria, fraintesa, ingannevole; ma a volte, quando si è attenti e assorti, permette che uno dei suoi aspetti si sveli lasciandoci colmi di stupore e meraviglia. Al ritorno ci ha colto il tramonto: la luce obliqua del sole rendeva rosso l’intero lago, un rosso tenue, non violento e accecante, che occhieggiava tra le deboli onde, tinteggiava i nostri volti, i vestiti e sfumava tra le distese di ninfee e di loto. Arrivati al nostro alloggio le notizie erano che le macchine straniere venivano bruciate dai manifestanti: come andare via? Riuscimmo dopo vari contatti a trovare un autista che due mattine dopo, ma alle 3, ci avrebbe condotti in Zanskar, nostra prossima meta. Il giorno dopo, sempre impossibilitati a scendere sulla terraferma, abbiamo fatto un altro giro in shikar, ma questa volta nella parte cittadina, percorrendo un labirinto di canali: un’escursione (se così si può chiamare) che si rivelò di gusto fortemente commerciale. In primo luogo, data la scarsità di turisti, mentre si naviga tra le acque, si affiancano altre shikar comprese di relativo venditore e si naviga appaiati per tutto il tempo necessario alle lunghe contrattazioni. Via uno, sotto un altro. Ti mostrano di tutto, dai gioielli alle pietre preziose, dalle stoffe ai tappeti, dalle spezie di ogni genere ai famosi oggetti di cartapesta laccata di cui il Kashmir è apprezzato produttoordinate: mele, fiori, spezie, uova, albicocche, cespi di insalata, agli e cipolle; si comprano e contrattano i prezzi in un disordine variopinto, donne velate, uomini barbuti e bambini gridano, parlano, si chiamano da lontano, qualcuno canta. Lontano, di un altro mondo, sembravano le notizie funeste dei fatti avvenuti il giorno prima, piuttosto pareva di trovarsi al centro di un luogo armonioso e pacifico, dove vive e lavora una società che cammina con il passo della natura, senza nulla chiedere più del bene che già posseggono, privi di astio, senza dolori che non siano quelli scanditi dal naturale e semplice corso della vita. Dal mercato siamo andati poi, sempre navigando sul lago, a un’isola posta al suo centro, con due alberi immensi alla cui ombra alcuni uomini giocavano d’azzardo, con un piccolo ristoro dove gustammo un chai e ci fermammo ad osservare a lungo il lago. Le montagne e le nuvole vi si specchiavano così nitidamente da dare l’impressione che fossero disegnate sulle acque, le canoe che passavano davano anch’esse l’immagine doppia, una rovesciata e contrapposta all’altra, con i rematori, quello

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[ ALTROVE ] nammo in albergo e dopo cena ci preparammo per la levataccia: io guardavo dalla finestra la quiete del posto e, al di là della situazione politica, pensavo a come sarebbe stato facile distruggerlo. Un numero sovrabbondante di turisti “non responsabili”, avidi imprenditori del settore e affaristi senza scrupoli, avrebbero potuto installare nuove costruzioni, riempire il lago di motoscafi e battelli a motore, colmare quelle acque e quelle rive dei divertimenti che tanto vanno per la maggiore sulle rive dei mari e dei laghi occidentali e che sembra stiano invadendo il mondo: speriamo che in futuro, quando le loro questioni politiche saranno risolte (se mai lo saranno), i kashmiri non si facciano allettare da simili mostruosità.

re. Non si può comprare tutto, ma nemmeno rifiutare ogni offerta, così che abbiamo fatto incetta di mercanzie varie, anche oltre la nostra reale volontà di acquistarle. Non solo, ma i barcaioli, che indubbiamente ricevono una commissione per ogni turista, si fermano davanti ai negozi, ti fanno sbarcare e ti obbligano quasi a entrare, solo per guardare, dicono, solo per bere un the. Di tutti i negozi visitati, non pochi, ricordo quello dove si vendeva il miele: una signora grassoccia, ma di aspetto piacevole, ci ha fatti sedere a semicerchio e lei si è messa in mezzo; le tre sorelle, al contrario magre e secche, si collocarono alle nostre spalle pronte a ubbidire ai suoi ordini. La donna grassoccia, che sembrava il capo, aveva una tale piacevole chiacchiera, un fare così ammaliante, una cerimoniosa gestualità nel versare il miele per farcelo assaggiare, che mi

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sembrava di stare nella casa di una bruja propinatrice di antidoti contro ogni male, conditi da formule magiche incomprensibili. Ed effettivamente vantava per ogni tipo di miele la cura per un determinato male e aggiunse, ahimè, che Roberto Baggio e Mike Jagger erano stati suoi clienti e, con un tono di voce più basso, precisò che il cantante aveva comprato il miele all’oppio. A riprova di tutto ciò fece portare da una delle rinsecchite sorelle un librone con le foto dei due personaggi accanto a lei, con tanto di dediche. Insomma, tanto fece e tanto brigò che comprai due vasetti di miele, uno al loto, l’altro al mandorlo. Il giro ci permise comunque di osservare le case e i cortili, le altre barche, con uomini e donne che pagaiavano tranquilli, i bambini che facevano i tuffi nell’acqua, le botteghe degli artigiani che si aprivano sui canali. Ritor-

Il giorno dopo, alle 3 di mattina come previsto, abbiamo lasciato l’house-boat, salutato il gestore, ci siamo imbarcati per il breve tratto fino alla banchina e siamo saliti su una jeep lì in attesa. Per molto tempo abbiamo percorso le strade buie verso le montagne, con un traffico quasi assente. Solo di tanto in tanto lunghe colonne di camion militari scendevano in senso opposto obbligandoci ad accostare per farli passare: andavano a Srinagar a controllare la rivolta. Chissà cosa sarebbe successo. Noi guardavamo avanti, lasciavamo il Kashmir e il lago Dal con rimpianto e preoccupazione, ma anche con un certo sollievo per la consapevolezza di abbandonare un luogo caldo e potenzialmente pericoloso. Ci attendeva un’altra terra, altri abitanti, altra lingua e religione, lo Zanskar dalle alte vette, ma questa è già un’altra storia.



[ IN CUCCIA Due chiacchere a quattro zampe ]

Un’estate di ordinaria follia in gattile [

rubrica a cura di GABRIELLA

]

Anche questa estate l’emergenza abbandoni ha assunto sembianze prevalentemente “feline” (preoccupante tendenza ormai riscontrata puntualmente in questi ultimi anni) e non ha risparmiato il Gattile di Monza, arrivato ad accogliere attorno a Ferragosto un picco massimo di 270 ospiti grandi e soprattutto piccoli. Diamo i numeri… Non chiedeteci come abbiamo fatto e dove li abbiamo messi… Possiamo solo dirvi che l’efficiente rete di volontari e collaboratori dell’Asilo dei Cuccioli è stata messa a dura prova, arrivando ad accudire fino a 80 cuccioli di età variabile dai pochi giorni di vita ai 2-3 mesi, e che le responsabili del Gattile, le veterinarie e i pochi volontari presenti hanno tutti dovuto fare i conti con un’estate quanto mai impegnativa ed estenuante. Quest’anno, in un clima di totaPHIL CAPPIO - questo è il gatto trovato con uno strettissimo cappio attorno al bacino, di cui parla specificatamente l’articolo. Oggi lo stesso gatto, che si è ripreso dall’intervento, gode di ottima salute ed è dolcissimo

Appuntamento da non perdere per tutti gli amanti degli animali Domenica 3 ottobre l’ENPA monzese organizza l’annuale Benedizione degli Animali e concorso simpatia Cane e Gatto Fantasia 2010. Tra le numerose proposte: la fattoria didattica, truccabimbi, percorso di Mobility Dog, palloncini, disegna la tua maglietta, mostre, stand degli esperti, vendita di gadget, idee regalo, le nuove magliette e borse ENPA, piantine, il calendario ENPA 2011…. Omaggi per tutti gli iscritti al concorso e premi per i vincitori offerti dallo sponsor Pappa’s Dog. Via Procaccini, angolo via Mentana, dalle ore 14,00. Tutti i dettagli sul sito www.enpamonza.it.

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le emergenza, è stata allestita anche una vera e propria “nursery” gestita dalla moglie del nostro Presidente, dove hanno trovato ospitalità due dolcissime mamme gatte con i rispettivi 6 + 5 gattini che in gattile non avremmo proprio saputo dove mettere… Concentrandoci sul vergognoso fenomeno dell’abbandono di gattini ed intere cucciolate, pensate che ai primi di settembre registravamo ancora la bellezza di 76 piccoli in Asilo e di 63 gattini in Gattile. Aggiungetevi almeno un centinaio di gatti adulti tuttora presenti e potete farvi un’idea di quanto il problema dell’abbandono prettamente felino sia una drammatica realtà! Affidi “eccellenti” Un lato indubbiamente positivo però c’è stato: non possiamo lamentarci dell’andamento delle adozioni che fortunatamente quest’anno non si è mai arrestato nei mesi di luglio e agosto, al punto che abbiamo potuto salutare alcuni ospiti “eccellenti”, tra cui adorabili nonnetti, mici con problemi fisici ed ex selvatici convertiti alle coccole che, per la prima volta, non hanno dovuto trascorrere l’intera estate in gabbia attendendo pazientemente che venissero adottati prima tutti i cuccioli, per i quali c’è sempre una maggiore richiesta. A fronte di tante belle e positive adozioni, il Gattile tuttavia non si è ancora “svuotato”, né tantomeno il nostro Asilo, e l’emergenza purtroppo non è ancora terminata. Mici di ogni età continuano a bussare alla nostra porta e siamo costretti - costrizione che ci mette sempre in difficoltà e a disagio - a valutare caso per caso le situazioni di maggiore rischio che richiedono un ritiro immediato e inevitabile e quelle che non possiamo far altro che rinviare a momenti migliori che ci auguriamo possano presto arrivare con l’inizio dell’autunno. Storie di brutalità Non possiamo infine concludere questo racconto di fine estate senza condividere almeno in parte con voi la rabbia, l’amarezza e il profondo disgusto che abbiamo provato di fronte a due episodi di straordinaria crudeltà che hanno tinto indelebilmente di nero il mese di luglio. Come dimenticare il dolore e il terrore stampato negli occhi della bellissima micia simil-norvegese soccorsa invano, la vita spezzata dopo due giorni di terapia

GATTINA TRICOLORE gattina di pochi giorni portata all’ENPA il 9 settembre con i 3 fratellini. Vengono alimentati con il latte speciale per gattini presso una nostra volontaria.

intensiva in clinica veterinaria, dopo essere stata ripetutamente aggredita e percossa brutalmente sul balcone di casa dal proprietario in preda ad un raptus di follia, alle porte di Monza? Ha invece fortunatamente avuto un lieto fine la storia di Phil (da “filo”), un giovane micio nero recuperato a Ornago, su segnalazione della signora “gattara” che gli dava da mangiare e si era accorta che da qualche tempo faceva fatica a camminare. Nessuno si era accorto della presenza di uno strettissimo cappio metallico a scorsoio praticamente ormai incarnato quasi del tutto all’altezza del bacino del gatto e ricoperto dal pelo. La scoperta è stata fatta in fase di sedazione del micio, che sembrava essere semiselvatico ed è stato pertanto addormentato per poter essere accuratamente visitato, dal nostro veterinario che ha immediatamente proceduto ad un delicato intervento chirurgico per la rimozione di questo rudimentale strumento di tortura. Nella foto vedete il cappio accanto a micio, ancora sedato dopo la rimozione. Ora la ferita si è del tutto rimarginata e Phil ci ha permesso di scoprire e apprezzare giorno dopo giorno il lato dolce e mansueto del suo carattere. Quel che è certo è che non tornerà più in quel posto in cui ha potuto sperimentare sul proprio pelo la cattiveria umana, al punto da rischiare di rimetterci la vita. Per lui cerchiamo ora una famiglia disposta a rassicurarlo e a dimostrargli che, grazie al cielo, gli uomini non sono tutti della peggiore specie. Il canile/Gattile di Monza, in via Buonarroti 52, è aperto tutti i giorni tranne mercoledì e festivi dalle 14,30 alle 17,30.

MINU’ – gattino bianco arrivato all’ENPA a Ferragosto all’età di 15 giorni. Questa foto è stata scattata all’inizio di settembre quando ormai aveva un mese di età. Accudita in Asilo dei Cuccioli a casa della volontaria Valentina.


[ VERDISSIMO CURIOSITà, PROPRIETà E USI DELLE PIANTE INTORNO A NOI ]

Castagne che piacere toglierle dal fuoco!

L’inizio dell’autunno, con le sue tinte calde e sgargianti e le prime giornate più fresche è il periodo che, per lunghissima tradizione contadina, è consacrato alle feste in onore della castagna, frutto di antichissima origine, da sempre molto diffuso e amato anche in virtù del suo alto valore nutritivo che, nella saggezza popolare, gli è valso il soprannome di “pan di pover”. Grazie alla larga diffusione di quest’alimento in tutta la penisola, le preparazioni e le ricette a base di castagne sono tantissime: sotto forma di creme e composte, utilizzate fresche per conferire un gusto tutto autunnale ai piatti a base di carni bianche, trasformate in farina come in gradiente per dolci, crespelle, e pasta, semplicemente arrostite direttamente sulla fiamma viva con la tipica padella forata o cotte come semplici ballotte (così venivano chiamate le castagne lessate in acqua leggermente salata ed aromatizzata con qualche foglia di alloro). Negli ultimi anni, quest’alimento della tradizione, dopo un periodo in cui la sua popolarità era andata scemando, sta tornando di moda sulle tavole europee e i piatti che la vedono protagonista sono oramai molto diffusi anche nei ristoranti più ricercati: non solo, infatti, è un prodotto versatile, sano e nutrizionalmente valido ma, grazie al riccio che protegge il frutto, è anche naturalmente protetto dagli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera e dagli antiparassitari ad uso topico. In Italia sono diffuse ben trecento varietà di questo frutto ma, semplificando, la distinzione più marcata è quella fra castagne e marroni. La castagna comune è il frutto del castagno selvatico (castanea sativa) il cui riccio contiene tre frutti, mentre il marrone è il frutto del castagno coltivato e “migliorato” nel tempo tramite sapienti

innesti, in modo da rendere questo frutto più grosso e dolce, tant’è che ogni riccio ne contiene un solo esemplare. Le belle giornate di ottobre sono il momento perfetto per una castagnata con gli amici o la famiglia, la Brianza, al riguardo, offre molte opportunità: dalla Val Curone, nel territorio fra Montevecchia, Sirtori e Perego, zona ricca di castagneti, fino ai boschi attorno ad Alzate Brianza o Canzo. Fate, però, attenzione a non raccogliere i frutti in terreni in cui il sottobosco sia stato ripulito in quanto, sicuramente, si tratta di castagneti coltivati e la raccolta, in quei luoghi, è riservata ai soli proprietari coltivatori. Abbiate, inoltre, cura di raccogliere solo le castagne cadute al suolo, infatti, i ricci maturi cadono spontaneamente e, in questo modo, non si corre il rischio di danneggiare le piante. Una particolare variante di servizio del celebre Monte Bianco, accompagnato da gelato alla crema anziché dalla classica panna montata

Tagliatelle di castagne al vino rosso e finferli Ingredienti per 4 persone: 300 gr. Farina di castagne, 200 gr. Farina bianca, 4 uova, 150 gr. Pancetta affumicata, 300 gr. Finferli, una tazza sugo di carne, 2 cucchiai salsa di pomodoro, ½ cipolla, sale e pepe, vino. Mescolare le due farine, salare e impastare con le uova, tirare la sfoglia e tagliare a tagliatelle. Rosolare la cipolla tagliata fine con la pancetta e i finferli, irrorare con il vino e far sfumare. Aggiungere il sugo di carne e la salsa. Salare e pepare. Cuocere per 15-20 minuti.

Monte bianco Il monte bianco è un classico dolce al cucchiaio, che deve il proprio nome al suo caratteristico modo di presentazione. Ingredienti: 1kg di castagne, 250 gr di zucchero, 500 gr di panna montata, 250 gr di cacao amaro, 1 stecca di vaniglia, 1 bicchiere di latte, 2 cucchiai di rum. Lessare le castagne in acqua leggermente salata per un’ora, sbucciarle e privarle della pellicina prima di passarle al passaverdure. Riporre la purea ottenuta in una casseruola e amalgamare con lo zucchero, il cacao e il latte. Inserire la stecca di vaniglia e mettere a cuocere a fuoco dolce mescolando con cura. Quando il composto inizierà a staccarsi dalle pareti togliere dal fuoco e fare raffreddare. Unire quindi il rum e mescolare il tutto. Comporre una montagnola aiutandosi con lo schiaccia patate a fori larghi, ricoprirla con la panna montata e guarnire con pezzetti di marron glacé. Riporre in frigo fino al momento di servire.

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[ BRIGANTIA STORIA, LEGGENDE ED ESCURSIONI NELLA NOSTRA VERDE TERRA ] La chiesetta di Pomelasca Foto di Marta Migliardi

Pomelasca La tenuta di

e i signori del bosco [ di MARTA Migliardi ]

Io e Alice, la mia cagnolina meticcia di 6 anni, durante una delle nostre scorazzate per i verdi prati della Brianza ci siamo imbattute in un luogo davvero bello: la tenuta di Pomelasca. Iniziamo col dire che questa tenuta (ancora oggi di proprietà dei conti Sormani) si trova tra Lurago D’Erba, Inverigo e Lambrugo (provincia di Como) e comprende, oltre all’edificio di residenza nobiliare, la cascina Teresa, due fabbricati dell’azienda agricola e una cascina sulla costa della valle del Ruspo. Nel 1590 per il matrimonio di donna Agnese Ciocca con don Luigi Squarcia di Giussano, discendente dall’antica casata dei Giussani, Pomelasca passò in proprietà di quest’ultima famiglia e vi rimase fino al 1786, anno in cui donna Fulvia, ultimo rampollo di casa Giussani, la portò in dote al marito, conte Cesare Sormani; da allora, la tenuta appartiene ai Sormani che ne sono tuttora i proprietari. La leggenda narra che fu proprio donna Fulvia ad imporre, nel suo testamento agli eredi, di non poter mai vendere questa tenuta. Noi cominciamo la nostra camminata dal

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sentiero di Lambrugo, che attraversa un bosco rigoglioso che mi fa sentire parte di un romanzo di Tolkien. Il sentiero comunque è piacevolmente fruibile. Giunte al primo grande prato, che riconoscerete per la presenza imponente di un faggio secolare, incontriamo il signor Claudio Colombo. Normalmente, in un bosco, sola con il mio cane, qualsiasi incontro mi avrebbe un po’ inquietata, ma il signor Colombo è intento a fabbricare cartelli naturalistici. Il signor Colombo, in pratica, ha ripulito (senza snaturarla) una vasta area del bosco e, mi spiega, con il supporto del Sig Radaelli (che gli ha fornito i materiali per i cartelli) e del Sig. Manzoni ( esperto botanico che gli ha indicato le varie specie di piante) e ha creato un sentiero educativo adatto ai bambini delle scuole elementari, ma non solo. Anche io, infatti rimango stupita dalle molte varietà di alberi e cespugli: faggi, castagni, cipressi, bossi, oleacee e ma anche piante pregiate esotiche. Il Sig. Colombo ha già rifatto 3 volte i cartelli. Sembra, infatti, che di notte, qualche dispettoso abitante della zona, si diverta a distruggerli. Ma lui ama il suo bosco.


[ BRIGANTIA ]

Alice prende la via dei prati....

Conosce tutta la storia del luogo, e me la racconta con gli occhi che brillano. Mi accompagna quindi, fino alla piccola chiesetta di Pomelasca, una suggestiva costruzione in stile romanico-lombardo dei maestri comacini, poco distante dal bosco, che si staglia su un verde prato a ridosso delle cascine. Mi racconta che la campana della chiesa è un pezzo storico: forgiata da Giuseppe Guajta nel 1300 e proveniente dal monastero di San Genesio, sul così detto Monte di Brianza. Da qui il panorama è davvero mozzafiato: si vede anche, all’orizzonte, Villa Sormani di Lurago d’Erba. A questo punto io e Alice abbiamo solo l’imbarazzo della scelta: scendere per la strada delle cascine, che costeggia la tenuta nobiliare, o andare verso il grande prato sotto la chiesetta o attraversare la ferrovia dalla strada principale. E’ Alice a decidere: si va per prati! Saluto il signor Colombo gli dico che scriverò senz’altro qualcosa del suo bel progetto di rinnovo del bosco. Gli domando: dove posso farle avere qualche copia della rivista? La sua risposta è quella che mi sarei aspettata dal protagonista di un romanzo: me le porti nel bosco, tanto mi trova sempre qui. Eccomi spiazzata: niente mail, ne spedizioni postali. Dovrò tornare nel bosco. Mi sembra davvero di aver sognato, un sogno molto brianzolo: Colombo, Radaelli e Manzoni. I signori del bosco. Il percorso a piedi è di circa 25 minuti. Consigliato a bambini e famiglie.

Una visita a Lambrugo Dopo questa rilassante ed istruttiva passeggiata, data la vicinanza, vi consiglio di fare una visita al paese di Lambrugo. Lambrugo, all’inizio del secolo scorso, divenne ambita località di villeggiatura; sorsero così alcune ville che, ristrutturate e in parte rimaneggiate, fanno ancora bella mostra di sé, dando un tocco di eleganza al paese. E’ pure degno di una visita il percorso storico-naturalistico denominato “Ca’ di lader” che si snoda nella parte nord del paese, partendo nei pressi della stazione ferroviaria e giungendo, poi, vicino al campo sportivo. Oltre a numerose bellezze naturali offre la visione di una caratteristica cava da cui, un tempo, provenivano gli enormi massi da cui gli artigiani del luogo ricavavano le macine per i mulini. Imperdibile anche il Monastero di cui rimangono tuttora alcuni elementi degni di considerazione. Il monastero fu fondato nel XI, e oggi la parte meridionale appartiene al comune mentre il resto della costruzione è tutt’ora proprietà privata.

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[ BRIGANTIA ] Villa Sormani vista dalla tenuta Pomelasca

Alice nel sottobosco

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Il bosco con i cartelli botanici del Sig Colombo


[ NONSOLOMONZA... ]

Muggiò Benvenuti a

Muggiò è un comune in Provincia di Monza e Brianza, confinante con Monza, Cinisello Balsamo, Desio, Lissone e Nova Milanese. I suoi abitanti sono chiamati muggioresi. L’origine del nome sembra derivare dal latino metula, diminutivo di meta (altura) quindi collegato al fatto che Muggiò è situata su di una “pianura ondulata”. La prima vota che Muggiò viene riconosciuta come centro abitato è nel 879 e d era inizialmente chiamato Ameglao. Le mappe sette - ottocentesche rappresentano un borgo le cui abitazioni erano concentrate nell’attuale centro storico, mentre tutto intorno si sviluppavano campi agricoli e poche cascine e, in effetti, Muggiò fino alla fine del 1800 rimane pressoché inalterata rispetto alla struttura medioevale e mantiene la sua natura di città agricola. Tuttora in pieno centro storico si possono riconoscere le testimonianze della vita contadina: sono state risparmiate alle demolizioni alcune corti come la Curt di quaranta martir, la Curt nova e la Curt de Barus. Nel corso del secolo scorso Muggiò, ha visto un importante sviluppo industriale, che è rappresentato anche nel gonfalone muni-

cipale tramite una ruota d’oro dentata posta proprio al centro. Tra le varie industrie che qui videro i natali si possono ricordare la PANEM, la STAR, la RAVIZZA. Muggiò, come molti paesi della Brianza, fu eletta luogo di villeggiatura da alcune famiglie della nobiltà milanese e in particolare dai Casati e gli Isimbardi che vi lasciarono pregevoli architetture. Dal punto di vista storico è importante ricordare la Parrocchiale dei SS Pietro e Paolo, il Palazzo Taccona, Villa Isimbardi e Villa Casati tutte riconosciute come monumenti nazionali, con leggi apposite. Villa Casati Stampa di Soncino, di cui le prime testimonianze documentali risalgono alla metà del ‘500, è oggi sede del municipio, ed è tra le Ville che sono state aperte per la giornata “Ville aperte in Brianza” ed ha visto sul finire del 1700 una ristrutturazione affidata all’architetto Leopoldo Pollack per volere del conte Agostino Casati. Meritano poi una citazione anche: il Santuario della Beata Vergine Addolorata del Castagno che è sorto nel XVI secolo per devozione popolare alla Madonna Addolorata. E il Santuario delle Grazie già Chiesetta di Santa Giuliana che

sembrerebbe essere l’edificio più antico di Muggiò, infatti, durante i lavori di restauro, è stato trovato un mattone che pare risalire addirittura all’anno 1000. Nella foto in alto: Municipio e Parco Casati

Eventi annuali La terza domenica di settembre si effettua la festa patronale dedicata alla Madonna Addolorata del Castagno. In ottobre ha luogo, nella frazione Taccona, la festa patronale dedicata alla Madonna del Rosario. Sempre a ottobre, in genere, ha luogo la festa della castagna. Il 13 dicembre ha luogo il Premio di Santa Lucia che è la consegna delle benemerenze civiche. In dicembre possiamo assistere al Presepe vivente nel centro storico. In occasione della befana normalmente assistiamo al corteo dei Magi. Per ulteriori informazioni e specifiche visitare il sito www.comune.muggio.mb

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[ I SEGRETI DELLO CHEF ]

La tradizione a modo mio: risotto con filettini di pesce persico in guazzetto

La ricetta

Lo chef Daniele Gerosa

Nella nostra rubrica Brigantia di questo numero vi abbiamo presentato una breve escursione alla scoperta della tenuta di Pomelasca (che si trova vicino a Lambrugo), quindi ora, giunto il momento di parlare di cucina, restiamo nel comune di Lambrugo per recarci al ristorante L’Arca. Qui ci attende Daniele Gerosa chef, nonché titolare, del ristorante che ci racconta la storia del suo locale, di proprietà della sua famiglia da 140 anni e, da un decennio, gestito da lui col prezioso aiuto della moglie. Daniele ha scelto di preparare per noi un piatto unico legato alla tradizione lombarda ma qui proposto in una gustosa variante di sua ideazione: il risotto con pesce persico in guazzetto. “ A differenza del classico riso con il pesce persico, che viene semplicemente fritto nel burro e composto su un letto di riso bollito, in questo piatto la base è un risotto vero e pro-

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Il ristorante L’Arca

prio. Procediamo quindi preparando un semplicissimo risotto alla parmigiana. Faccio tostare il riso in una pentola con un po’ di olio e poi procedo aggiungendo poco a poco il brodo. Mentre il riso cuoce, ovviamente ricordatevi di mescolare spesso affinché non attacchi al fondo, preparo il pesce. Servono quattro filettini di pesce persico per porzione. In una padella soffriggo uno spicchio d’aglio nell’olio extravergine d’oliva, passo rapidamente i filetti di persico nella farina e poi li metto in padella a rosolare a fuoco vivace, fino ad ottenere un crosticina dorata. A questo punto, sempre a fuoco vivo, sfumo con del vino bianco e faccio fiammeggiare. Aggiungo un po’ di prezzemolo tritato, sale, uno spruzzo di worcestershire sauce e qualche goccia di angostura. Mescolo, facendo attenzione a non rompere i filetti di persico e lascio restringere la salsa. Spengo quindi la

Ingredienti per una porzione per il risotto: 3 pugni di riso Carnaroli 300 ml di brodo già salato Olio extra vergine d’oliva Una noce di burro Formaggio parmigiano grattugiato Per il pesce: 4 filetti di pesce persico Olio extra vergine di oliva Uno spicchio d’aglio Prezzemolo tritato Mezzo bicchiere di vino bianco Uno spruzzo di worcestershire sauce 4 gocce di angostura Sale q.b.

fiamma e lascio riposare (se i filetti di pesce cuociono troppo, infatti, rischiano di sfaldarsi) mentre ultimo la preparazione del risotto mantecando con una noce di burro e un po’ di formaggio parmigiano. Prima di impiattare scaldo rapidamente il guazzetto e, quindi compongo il piatto: adagio il filetti sopra il risotto, aggiungo la salsa ristretta e guarnisco con prezzemolo fresco tritato.” Buon appetito!


[ REALITY venti domande per vedere

la brianza con gli occhi dei brianzoli ] Intervista1

Nome Elena Età 37 Dove sei nata? Sono nata a Giussano. Dove vivi? A Seregno. Vivi da sola o con la famiglia? Vivo con la mia famiglia. Destra o Sinistra? Destra. Che lavoro fai? Impiegata. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Cosa mi piace? Mi piace che non è città e non è campagna. Associazione d’idee. Se ti dico verde… Erba, prati…Heidi. Cena… Buon cibo, bella compagnia, tante risate. Vai al parco? Molto poco. Chi è Dario Allevi?

Ho letto da qualche parte che è il presidente della provincia. Dai un voto a Monza e Brianza 8. Ai trasporti in Brianza? Non li uso ma da quello che sento in giro direi 6 e mezzo. Al commercio in Brianza? 7 Se non in Brianza dove vorresti vivere? Al mare senza ombra di dubbio. Esprimi un desiderio. Ok espresso. Però non te lo dico altrimenti non si avvera! Metropolitana a Monza: favorevole o contraria? Favorevole. Dimmi un proverbio Chi rompe paga e i cocci sono suoi… Dì qualcosa ai nostri lettori Posso dirlo ad un pendolare, vostro lettore, in particolare? Buon viaggio Fabio!

Intervista2

Nome Ambrogio Età 64 Dove sei nato? A Seregno. Dove vivi? A Seregno. Vivi da solo o con la famiglia? Vivo con la famiglia. Destra o Sinistra? Centro. Che lavoro fai? Pensionato (Ndr. ride)! Sono imprenditore… Cosa ti piace di Monza e Brianza? Monza è una bella città e della Brianza mi piace il verde. Associazione d’idee. Se ti dico verde… Colline. Cena… Una bella tavola imbandita. Vai al parco? No. Chi è Dario Allevi?

Il presidente della nostra provincia. Dai un voto a Monza e Brianza Ottimo. Ai trasporti in Brianza? Mai usati....non saprei proprio che voto dare. Al commercio in Brianza? Buono. Se non in Brianza dove vorresti vivere? A Como. Esprimi un desiderio. Un desiderio? Che la provincia lavori bene! Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole. Dimmi un proverbio Mogli e buoi dei paesi tuoi! Dì qualcosa ai nostri lettori Venite a Seregno che è anche più bella di Monza!

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[ RACCONTIAMOCI ]

La festa di

Ognissanti [ di Sonia Marelli ]

Quella mattina si svegliò di buon umore ma, subito, il sereno variò verso la tempesta. Il barometro del suo umore mutò repentinamente non appena si avvide che il frigorifero era vuoto. Vuoto. Spalancò gli occhi ed affondò la testa nella fredda luce del neon per accertarsi da vicino dell’assolutezza di quel nulla. SBAM. Richiuse con violenza la porta. Il vento freddo e umido che dal mare sferzava la città, filtrava sibilando dagli infissi, già vecchi da una trentina d’anni, delle finestre. “Che tempo di minchia” fu il suo solo pensiero. In pochi secondi, però, riuscì ad addossare la colpa di quella sventura a Rosalia, la cameriera, e subito si sentì un poco meglio. La sciagurata Rosalia, infatti, con i pochi spiccioli che lui le aveva lasciato, il giorno innanzi, per la spesa, pensò bene di comperare fiori per la tomba della buonanima della signora Nunzia, povera e defunta di lui madre, perché si sa che, se la tomba é spoglia il giorno di ognissanti, la gente parla…….. Non aveva alternative: sarebbe dovuto uscire per comprarsi qualcosa da mettere sotto i denti. Raccolse i calzoni sporchi che giacevano, ai piedi del letto, appallottolati come carta straccia, indossò il giaccone sopra la casacca del pigiama e non pensò, neppure lontanamente, di rasarsi. Si sistemò con cura la coppola a protezione della vulnerabile pelata ed uscì, accompagnato da un lungo corteo si santi e madonne che, anche in quel giorno di festa, erano stati da lui scomodati dalle sfere celesti per accompagnarlo al mercato del porto. Appena fu in strada una gelida raffica di vento si accanì conto la sua calvizie, strappandogli dalla testa la sua logora protezione. La coppola scappava, rotolando imprevedibile, da un lato all’altro del marciapiede. Dovette correre, ma l’agguantò. La riposizionò con prudenza sull’estremità scoperta, si accomodò il bavero del giaccone alzandolo fino alle orecchie e sputò a terra; tanto per darsi un contegno dopo quell’imbarazzante inseguimento. Mise le mani in tasca, contò con dovizia la monete che vi incontrò, quindi si incamminò lungo la strada per il porto. La fame ed il freddo so-

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stenevano il suo passo; giunse, infatti, in pochi minuti. In quel giorno in cui tutti, dopo un breve passaggio obbligato al cimitero, erano indaffarati fra pranzi in famiglia e bisboccia al bar con gli amici, il porto era praticamente deserto. “Scusasse,” chiese all’unico ed intirizzito passante “ha pi caso visto se ci sta in giro u Giuzzu? Quello del panino colla milza?” Ma della bancarella di Giuzzo, quello del panino con la milza, a buon mercato e così nutriente che ti tiene impegnato lo stomaco per almeno una quindicina di ore, nessuna notizia. Camminava invano da una buona mezz’ora, soffiando nuvole di grigia condensa e sviluppando propositi omicidi contro l’ignara cameriera, quando s’imbatté nell’unico venditore ambulante al lavoro in quel giorno di festa e mal tempo.

MELE? Un ragazzino di neppure quindici anni stava lì, contro il vento e contro il freddo, nel porto deserto, cercando di smerciare alcune cassette di mele di dubbia provenienza. Non aveva mai amato le mele ma, del resto, non ricordava nulla che avesse mai davvero amato. “Quanto vengono?” “Cinque euri a cascia ma con venti till’ accatti tutti i mi ‘ndi vajo a casa!” “ Ma io mi ne fotto da cascia e di to venti euri pi tutti. Cincu puma voghiu!” “Va beh, fanno cinque euri”

“Ma cinque erano pa cascia” “Appunto: prezzo all’ingrosso feci! Al dettaglio cinque mele fanno cinque euri. Accussì ié! O te l’accatti o vattinne!” Come prevedibile, per chiunque lo conoscesse ma non per il ragazzo che non poteva immaginare quale razza di spilorcio (virtualmente capace di contrattare per ore con un beduino, fortuitamente incontrato in mezzo al Sahara, lo sconto sul prezzo di un bicchiere d’acqua), fosse l’uomo che aveva davanti, scoppiò in un colorito soliloquio contro il ragazzo e l’intera classe dei commercianti. Dopo un’altra buona mezz’ora di delirio accusatorio, minacce di morte e bestemmie, il ragazzo, pur di levarselo di torno, gli regalò cinque mele, con tante scuse, da parte sua e di tutta la categoria dei venditori, per il disturbo recatogli ed augurandoli, fra sé e sé, ogni bene. Si avviò soddisfatto verso casa. Giunto sulla strada maestra estrasse dai tasconi della giacca, una delle mele che vi aveva faticosamente stipato e finalmente l’addentò. “Manco duce iè! Che fetenzia! Colla fatica che m’è costata….” commentò ad alta voce mentre se la sbafava rapidamente fino all’osso. Aveva appena gettato il torsolo dietro le sue spalle e già la mano tornava a tuffarsi avida alla ricerca di un altro frutto. Qualche brontolio contro la seconda mela, lancio del torsolo e già ad addentare la terza. “Baciamu li mani Don Fefé” gli urlò, sorridendogli dalla porta della sua bottega, la fioraia Caterina “ ha visto che bei ciuri che accattò Rosalia pi so matruzza?” Il sangue iniziò a ribbollirli a tal punto che le orecchie gli fischiavano mentre assumevano l’aspetto di due purpuree parabole. Dunque si trattava di un complotto? L’indignazione gli bloccò in gola le ingiurie che, in una condizione normale, avrebbe prontamente sputato di rimando alla fioraia…….ma non solo quelle. Fu forse perché il nervoso gli serrò le mascelle o forse per semplice distrazione ma un piccolo pezzo di mela gli si piazzò di traverso, ad ostruirgli l’esofago. Si fece paonazzo, non riuscì neppure a tossire, cadde subito a terra. La sua coppola volò via mentre la fioraia Caterina , in preda al panico, urlava cercando soccorsi e mentre tutti i santi, traditi da un sorriso sornione, lo stavano a gurdare.


[ L’ANGOLO DEL PENDOLARE ]

Stazione centrale di Milano

[ rubrica a cura di Juri Casati ] Se negli ultimi tempi siete passati per la Stazione Centrale di Milano vi sarete certamente accorti che ha subito una profonda ristrutturazione. La Biglietteria non è più vicino all’ingresso, ma è stata spostata in una posizione più interna. È stato creato un nuovo passaggio che conduce dal mezzanino del metrò al piano dei binari ferroviari attraverso una serie di tapis roulant. È stata chiusa la sala d’aspetto. In compenso sono stati ricavati spazi commerciali per circa 100 negozi, cioè come in un centro commerciale. La ristrutturazione ha certamente affrontato un punto critico. Infatti la Stazione Centrale era stata costruita negli anni Trenta quando la linea del metrò non era stata ancora nemmeno progettata mentre oggi la maggioranza dei viaggiatori arriva in Stazione Centrale utilizzando il metrò. Pertanto effettivamente un passaggio più comodo dal mezzanino del metrò al piano dei binari era necessario. Tuttavia qualcuno ha storto la bocca: la via che i tapis roulant percorrono dal mezzanino del metrò al piano dei binari non è per nulla lineare, ma è lenta e tortuosa. Anzi: sembra fatta apposta per passare di fronte ai negozi. E lo spostamento della Biglietteria seguirebbe la stessa logica di avvicinamento alla galleria dei negozi, così come l’abolizione della sala d’aspetto che è stata sostituita da file di sedili nei corridoi e in prossimità delle vetrine. Intendiamoci: non c’è niente di scandaloso. La

società che ha in gestione la Stazione Centrale e che ha finanziato la ristrutturazione è una Società per Azioni che deve distribuire un dividendo: è ovvio che debba affittare gli spazi commerciali ricavati dalla ristrutturazione. E dal momento che uno spazio commerciale è tanto più appetibile quanto più c’è passaggio di persone davanti ad esso e dal momento che - come ho detto - il grosso dei viaggiatori si muove da o verso il metrò era inevitabile che questi viaggiatori venissero convogliati verso la galleria dei negozi. In fondo si tratta di una deviazione che comporta pochi minuti di viaggio in più e chi conosce la strada può anche fare il vecchio tragitto. Teniamo poi presente che non dispiace a tutti passare davanti ai negozi e che non si sa mai…a Natale potrebbe anche tornare comodo. Ciò che tuttavia non è accettabile è che a qualsiasi ora ci siano sempre persone in affannosa ricerca ora della Biglietteria, ora dell’uscita, ora del metrò, dei taxi, dei bagni, delle navette per gli aeroporti. È evidente che il nuovo sistema di segnaletica visiva non consente ai saltuari frequentatori della Stazione Centrale di muoversi autonomamente e con rapidità. Infatti la segnaletica visiva o non c’è o è piazzata in punti sbagliati o è di difficile lettura. Inoltre c’è un problema di fondo: il sistema di segnaletica visiva risulta di difficile individuazione a colpo d’occhio dal momento che è affogato dall’inquinamento visivo dovuto alla pubblicità che invade tutto l’edificio: cartelloni, manifesti, stendardi, banchetti promozionali, parallelepipedi, televisori pubblicitari. Intendiamoci: anche la pubblicità risponde a esigenze simili a quelle che hanno portato alla creazione di un centro commerciale in Stazione Centrale. Tuttavia in questo mare di indicazioni visive è ovvio che le indicazioni essenziali sfuggano. Visti gli spazi enormi dell’edificio, la grande affluenza di viaggiatori e il contesto di inquinamento visivo è necessario elaborare per il siste-

ma di segnalazione visiva una soluzione diversa da quella adottata fino ad ora. Una soluzione omogenea per tutto l’edificio, disposta in modo razionale, di forte impatto grafico, immediatamente riconoscibile anche da lontano, immediatamente percepita come cosa diversa dalla pubblicità, di facile lettura, ordinata ed elegante. Insomma bisogna creare un’impronta grafica che diventi inconfondibile come è diventata inconfondibile la fascia orizzontale della Metropolitana milanese, progettata dal designer Noorda negli anni Sessanta, che conteneva tutte le informazioni utili al viaggiatore e che poi è stata ripresa anche dal metrò di New York.

Dai lettori… Metti una mattina qualsiasi, un po’ piovosa, di settembre. Ho un appuntamento a Milano e decido di andarci in treno, partendo da Lissone. Appeso c’è questo messaggio (anonimo) che vi lascio da leggere. “E’ sempre bello passare per le grandi stazioni ferroviarie, crocevia d’Italia, sintesi del mondo. La stazione centrale di Milano, per esempio, è da poco stata rinnovata. Hanno fatto molti negozi. Ma hanno abolito le sale d’aspetto. I viaggiatori possono aspettare al freddo e al gelo i treni (che magari hanno il cronico ritardo...). Nessun riparo nemmeno nei giorni di sciopero, a meno che non si sia soci dell’esclusivo club Eurostar. Altrimenti bisogna scaldarsi nelle boutique! A Bologna invece la sala d’aspetto c’è ancora, però la stazione forse più frequentata d’Italia non ha neppure UNA scala mobile. Stanno facendo, con la dovuta calma, l’ascensore. Nell’attesa i passeggeri anziani si mantengono in forma sollevando valigie…” Ogni commento è superfluo… Gina (da Lissone)

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[ DI TUTTO UN PO’ SVAGO GIOCHI CURIOSITà ]

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Giocare un torneo multi-table/2 [ rubrica a cura di UTIGaber ] Abbiamo introdotto nello scorso appuntamento un approccio al gioco dei tornei MTT. Questo tipo di tornei possono durare diverse ore e, si è detto, non bisogna cedere troppo facilmente alla tentazione di giocare tutte le mani quando il livello dei bui è molto piccolo rispetto al nostro stack. In questa fase infatti è molto facile rischiare di perdere tante chips ma è invece raro vincere dei piatti relativamente grossi; e prova della difficoltà intrinseca dei primi livelli è il fatto che spesso più della metà dei giocatori esce nella prima ora di gioco o poco più. Se il livello dei bui è molto basso rispetto allo stack medio del tavolo (come ovviamente avviene sempre ai primi livelli di un MTT) è più facile che un rilancio standard di tre o quattro BB faccia comunque entrare più giocatori di quanto normalmente accadrebbe. Purtroppo nelle prime mani in un tavolo nuovo non abbiamo ancora indicazioni sulle attitudini degli altri giocatori, e con quattro o più avversari al flop sarà veramente molto difficile interpretare la mano e, a meno di un punto nut, non vorremmo far salire la dimensione del piatto per non dover rischiare l’intero torneo in una mano probabilmente assurda. Nel contempo però se non difendiamo la nostra puntata con una continuation bet correttamente proporzionata, corriamo il rischio di far chiudere un punto ad uno dei nostri avversari. Dall’altra parte, anche aprendo il gioco con un forte rilancio preflop, si rischia di non trarre quasi profitto dalla nostra giocata oppure di avere comunque qualche call particolarmente azzardato, e in questo caso il rischio è che essendoci impegnati economicamente di più nella mano risulta poi ancora più difficile foldare. Ognuno deve trovare anche in questo caso lo stile di gioco che meglio gli si adatta: conosco molti giocatori

Sudoku

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Mini Glossario ANTE Una quota in chips, di solito un quarto dello small blind, pagata al buio da tutti i giocatori al tavolo. Nel nostro poker tradizionale a cinque carte è chiamata Cip. ITM In The Money, a premi. MTT Multi Table Tournament. bravissimi nel prendere piatti anche consistenti proprio giocando molto loose l’inizio del torneo, e altrettanti che addirittura si alzano dal tavolo (sit-out) e non giocano nemmeno nei primi due o tre livelli. Superata la prima fase bisogna già cambiare marcia. Con un po’ di fortuna saremo rimasti allo stesso tavolo e avremo quindi già una serie di informazioni sullo stile di gioco dei nostri avversari, e allo stesso modo avremo dato agli altri giocatori una certa immagine del nostro gioco. Bisogna sfruttare questo elemento per cercare di accumulare chips. Se avremo dato un’immagine particolarmente solida potremo anche azzardare dei bluff, quando la situazione ce lo consenta, con maggiori possibilità di riuscita. Al contrario se ci siamo fatti scoprire a giocare spesso in bluff o in maniera troppo disinvolta e aggressiva, potremmo trarre grandi guadagni dal giocare poi solo ottime mani o combinazioni particolarmente favorevoli; la nostra scarsa credibilità indurrà nei nostri avversari una maggiore propensione al call, permettendoci di vincere piatti di notevoli dimensioni. Con il crescere dei livelli diminuisce la tendenza a fare giocate strane, e giustamente poiché potrebbero costare molto in termini di chips, ma se il nostro stack ce lo permette non disdegniamo qualche giocata un po’ più loose, e non dimentichiamo che aumentando i livelli sale anche l’importanza di rubare i bui, soprattutto quando si inizia a pagare l’ante. Racimolare le chips è quasi un’arte si potrebbe dire, comunque è certo che difficilmente si andrà lontano senza questa abilità. Bisogna fondamentalmente saper leggere il tavolo, capire il momento giusto e tenere sempre presente lo stack di chi segue e soprattutto di chi difende il buio. Con uno stack troppo piccolo, quattro o cinque BB, si è già impegnati (committed in inglese - e quindi in gergo) e probabilmente l’opzione più corretta sarebbe comunque un call indipendentemente dalle carte. Se invece il giocatore che ha pagato il BB ha uno stack simile o addirittura superiore al nostro, sospettando che dietro il nostro raise ci sia un tentativo di rubacchiare i bui potrebbe anche

piazzare un forte controrilancio obbligandoci a lasciare, o quantomeno a rischiare più di quanto vorremmo. L’unica altra alternativa corretta oltre al fold in un simile caso sarebbe infatti un terzo raise, sempre che però le dimensioni siano tali da scoraggiare il call dell’avversario – la c.d. Fold Equity di cui parleremo prossimamente – e che siamo convinti che si tratti di una azione dovuta alla convinzione del nostro avversario che stiamo cercando di rubare i bui. Un momento topico di ogni torneo di poker sportivo è la cosiddetta bolla, o meglio l’attesa dello scoppio della bolla. Il momento in cui, dopo l’eliminazione dell’ultimo giocatore non a premi, si entra tra i giocatori che verranno comunque pagati (ITM). Poiché una differenza di piazzamento di un solo posto vale infinitamente in termini economici, ci si trova spesso a giocare molto più abbottonati in questa fase per non rischiare di uscire prima di raggiungere la certezza di ricevere un premio. Bisogna saper sfruttare questa tendenza a nostro favore imponendoci con un gioco aggressivo, ma tenendo sempre presente che se un avversario si mostra estremamente determinato avrà probabilmente una mano molto forte – oppure potrebbe aver letto il nostro tentativo di rubacchiare. Prima della bolla si può notare che il ritmo di eliminazione dei giocatori rallenta notevolmente, per poi riaccelerare subito dopo lo scoppio. Che si tratti di un torneo più o meno grande comunque i premi veri arrivano solo per chi si siede al tavolo finale. I primi giocatori ad uscire ITM riceveranno poco più del buy-in pagato e con l’eliminazione dei successivi giocatori il premio sale, ma non di molto. È inutile avere un gioco troppo conservativo in questa fase, tra bui e ante si corre il rischio di vedere il proprio stack erodersi mano dopo mano. Non bisogna temere di rilanciare perché i bui sono alti, al contrario è bene continuare a giocare aggressivamente se decidiamo di entrare in una mano. Guadagnare dieci o venti posizioni può non valere molto in termini economici ed è quindi giusto prendersi qualche rischio in più del solito. Avvicinandosi al tavolo finale invece i premi crescono più velocemente e ci troviamo ancora in una fase di rallentamento del gioco. A nessuno infatti farebbe piacere uscire a una o due posizioni dal tavolo finale, e saper sfruttare questa tendenza a proprio favore è un’arma importantissima per arrivare con molte più chips ad affrontare la fase più difficile di un MTT, il Final Table appunto. Di questo specifico argomento parleremo nei prossimi appuntamenti, per il momento buona fortuna e buon divertimento al tavolo da gioco.



[ DAL COMUNE... ]

Gemme d’autunno Due mostre per raccontare il patrimonio artistico monzese Per il terzo anno consecutivo ritorna l’iniziativa Gemme di Monza, organizzata dall’Assessorato alla Cultura, con l’obiettivo di riscoprire ed esporre il patrimonio artistico cittadino, composto da oltre 20.000 opere. Le edizioni passate hanno portato, attraverso quattro grandi mostre che hanno registrato oltre 21.000 visitatori, all’attenzione del pubblico oltre 160 ritratti e 170 paesaggi tra dipinti, sculture, stampe e incisioni. Anche per l’edizione 2010 è stato scelto un taglio tematico per esporre il patrimonio cittadino che metterà a confronto il soggetto sacro e profano, la narrazione mitologica a quella biblica.

SACRO E PROFANO Temi mitologici e religiosi dalle collezioni civiche monzesi 2 ottobre 2010 - 9 gennaio 2011 Monza, Serrone della Villa Reale Orari: da martedì a venerdì, 10.00 – 13.00/15.00 – 18.00 Sabato, domenica e festivi, 10.00 – 18.00 Lunedì chiuso. Ingresso gratuito Catalogo: Silvana editoriale IN PRINCIPIO Storie dal mito e dalla Bibbia nelle stampe dei Musei Civici di Monza 09 ottobre - 28 novembre 2010 Monza, Arengario Orari: da martedì a venerdì 15.00 – 19.00 Sabato, domenica e festivi, 10.00 – 13.00/15.00 – 19.00 martedì e giovedì mattina su appuntamento Lunedì chiuso. Ingresso gratuito Catalogo: Silvia Editrice

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Serrone della Villa Reale di Monza

SACRO E PROFANO

Temi mitologici e religiosi dalle collezioni civiche monzesi A cura di Graziano Alfredo Vergani dal 2 ottobre 2010 al 9 gennaio 2011 INAUGURAZIONE VENERDI’ 1 OTTOBRE ORE 18 Dal 2 ottobre 2010 al 9 gennaio 2011 il Serrone della Villa Reale ospita la mostra “Sacro e Profano. Temi mitologici e religiosi dalle Raccolte Civiche Monzesi” una selezione di oltre 90 capolavori delle collezioni civiche monzesi. La mostra, che raccoglie dipinti e sculture realizzate dal XVI al XX secolo, è articolata in due parti: una dedicata alla mitologia e l’altra ai soggetti religiosi. Le rappresentazioni mitologiche sono narrate dalle opere di Ambrogio Borghi, Arturo Martini e Pina Sacconaghi; la seconda parte - dedicata all’Antico Testamento, al Vangelo e Storie di Santi – presenta, tra gli altri, opere del Garofalo, Eugenio Bajoni e Anselmo Bucci. Verrà inoltre esposta una selezione di frammenti di affresco tratti dal fregio con Storie dell’Antico Testamento dipinto nel 1811 dal pittore neoclassico Angelo Monticelli nella chiesetta di Santa Maria delle Grazie Nuove presso l’ospedale di San Gerardo a Monza. L’offerta didattica che accompagna la mostra quest’anno è stata ampliata per incontrare le diverse esigenze: alle tradizionali visite guidate domenicali gratuite (per info guidarte@libero.it) si aggiungono i laboratori per le scuole a cura di esperte in didattica museale (info@chloearte.net) e la distribuzione di un kit didattico per i più piccoli. LE FORME DEL SACRO è il titolo del ciclo di eventi gratuiti che, dall’11 ottobre al 23 novembre alle ore 21.00, accompagna la mostra con incontri, musica e film.

Partecipano agli incontri: il curatore della mostra Graziano Alfredo Vergani, il pianista Francesco Conti, il teologo Carlo Molari, il filosofo Salvatore Natoli, il regista Krzysztof Zanussi e il critico cinematografico Gianni Canova (attivitaculturali@comune.monza.it) Arengario

IN PRINCIPIO

Storie dal mito e dalla Bibbia nelle stampe dei Musei Civici di Monza A cura di Dario Porta e Francesca Milazzo dal 9 ottobre al 28 novembre 2010 INAUGURAZIONE VENERDI’ 8 OTTOBRE ORE 18 La mostra intende offrire ai visitatori una selezione di stampe dei Musei Civici nell’ambito del progetto iconografico tra “sacro” e “mito” mettendo a confronto i due grandi ambiti iconografici fermandosi alle soglie dell’era cristiana. Il percorso espositivo prevede la presenza di 72 stampe di varie epoche – dal XVI al XIX secolo – e di varie dimensioni, eterogenee riguardo gli autori e lo stato di conservazione ma accomunate da un alto livello qualitativo. Sono state individuate infatti opere realizzate da grandi maestri dell’incisione – da Stefano Della Bella a Cherubino Alberti, da Hendrick Goltzius a Cornelis Cort, dagli Audran a Giuseppe Longhi – e soggetti tratti da alcuni tra i più grandi nomi della pittura di tutti i tempi: Raffaello, Pietro da Cortona, Giulio Romano, Nicolas Poussin, Tiziano, Andrea Appiani, solo per citarne alcuni. La mostra è accompagnata da un ciclo di incontri e approfondimenti, visite guidate gratuite, laboratori - gioco per i bambini e percorsi didattici per le scuole. Agli incontri del mercoledì interverranno Dario Porta e Francesca Milazzo, curatori della mostra, la restauratrice Lucia Tarantola e l’incisore Teodoro Cotugno.


[ SPECIALE GP MONZA ]

Il nostro

Gran Premio Monza e la Ferrari: un matrimonio indissolubile!

Avrete seguito tutti il GP di Formula 1 a Monza, domenica 12 Settembre. Noi di Trantran, eravamo presenti con ben due fotografi d’eccezione: Alberto Citterio e Sara Tripaldi. Le foto che vedrete sono tutte assolutamente di nostra esclusiva e vogliono omaggiare e raccontare l’evento sportivo che dal 1922 anima il nostro territorio. La Ferrari di Alonso ha vinto, ci sembra di buon auspicio… Ecco i colori e la gioia di Monza nei giorni del GP. Giù le mani dal Gran Premio di Monza! La redazione il Gp di Monza e i giovani Foto di Sara Tripaldi

Alonso, vincitore del GP di Monza Foto di Alberto Citterio Il pubblico del GP Dettaglio di Sara Tripaldi

La presentazione della nuova Ferrari a Monza Foto di Alberto Citterio

La Ferrari durante il GP di Monza Foto di SaraTripaldi

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[ SPECIALE GP MONZA ]

Gli spettatori del GP di Monza Foto di Sara Tripaldi

La Ferrari ai box nel circuito di Monza Foto di Alberto Citterio

Alonso con Il Presidente Allevi e il Sindaco Marian - Foto di Alberto Citterio

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Il pubblico del GP di Monza Foto di Sara Tripaldi


[ LE SCIURE ]

Le sciure... La redazione risponde [ UNA CURIOSITA’ SU PIAZZA TRENTO E TRIESTE… ]

Amici di Trantran, mi sapreste spiegare cosa sono quegli ideogrammi nella pavimentazione di piazza Trento e Trieste??? Mi piace pensare che siano opera dei Camuni, ma non mi è molto chiaro il messaggio! Grazie! Marco Caro Marco, Quelli non sono simboli camuni ma i nomi dei commercianti di stoffe e lane del XV secolo che operavano appunto sul mercato (e quella un tempo si chiamava Piazza Mercato) a Monza. Faremo su questo un servizietto su uno dei prossimi Trantran. Spero di aver soddisfatto la tua curiosità e continua a leggerci! (Risposta del direttore)

[ TRANTRAN: E’ POSSIBILE ABBONARSI? ]

Salve! Domanda: è possibile ricevere la vostra bella rivista a domicilio? Naturalmente le spese di spedizione me le accollo io! Grazie! Maridda Cara Maridda, in tanti ci hanno domandato questa possibilità ed è una cosa che ci da grande soddisfazione, se pensiamo che Trantran non ha ancora compiuto un anno di vita! Sarà sicuramente oggetto della prossima riunione il cercare di accontentare questa tua richiesta. Ti faremo sapere prestissimo qualcosa! Grazie a te! Le Sciure

nia ma ho davvero paura di perdere il lavoro o comunque che s’incrini il rapporto con il mio capo. Come posso fare? Aiuto. Nicola T. Caro Nicola, purtroppo temiamo che Sonia non si darà per vinta troppo facilmente, forte della sua amicizia col capo, e andando in là con il tempo le complicazioni per te possono solo aumentare e la tua posizione aggravarsi. Ti consigliamo t’invitare il tuo capo per un aperitivo e due chiacchiere a quattro occhi dove ti conviene chiarire subito che il tuo interesse per Sonia era stato inizialmente sincero ma, come spesso accade nella vita, solo dopo averla conosciuta bene, hai capito che non siete fatti l’uno per l’altra. Ti consigliamo di agire in fretta, perché più aspetti, più rischi di passare dalla parte del torto, come quello che ha illuso la sua migliore amica. Consiglio per il futuro: mai mischiare amore e carriera! Un abbraccio e buona fortuna, facci sapere! Le Sciure

[ QUANDO AMORE E CARRIERA SI MESCOLANO ]

Care Sciure, sono un vostro ammiratore, vi seguo anche su internet e facebook! Date sempre ottimi consigli di cuore a tutte le fanciulle che vi scrivono, vediamo se sarete altrettanto brave da mettervi nei panni di un uomo. Il mio capo (donna) due mesi fa ha organizzato una festa per l’azienda, dove ha invitato anche la sua migliore amica Sonia. Io sono single e lo era anche Sonia, pertanto abbiamo trascorso la serata piacevolmente insieme. All’inizio ero persuaso nel volerla conoscere meglio e, perché no, magari frequentarla anche perché mi piaceva molto. Dopo le prime uscite informali (sempre in compagnia del mio capo e suo marito), Sonia ha cominciato a “prezzemolarsi”, ovvero: venire a tutti gli aperitivi aziendali, taggarmi su foto di facebook con cuoricini, venire spesso in ufficio con la scusa di salutare la sua migliore amica (il mio capo, appunto). Insomma, una cosa che poteva essere bella, è stata rovinata dall’ossessività di questa persona e soprattutto dal sottile ricatto che mi sento tipo spada di Damocle: se, per esempio, un giorno non ho voglia di vederla o sentirla, me la ritrovo tra i piedi con il mio capo che mi scruta con aria severa. Ora io vorrei troncare definitivamente ogni relazione con questa So-

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[ CI VEDIAMO PRESTO ] Il prossimo numero uscirà martedì 26 ottobre NUMERI UTILI

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