www.trantran.net | n. 10 mensile | 31 agosto_2010 | Distribuzione gratuita | Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale -70% - CN/RE
Speciale GP MONZA 2010 Pag. 34-37 Con il Patrocinio di
[ ESCLUSIVA ]
[ Interviste ]
Max Laudadio di Striscia la Notizia Il Sindaco Marco Mariani [ BRIANZA OPEN JAZZ FESTIVAL ] Tullio De Piscopo / Mattia Cigalini ci racconta la sua cittĂ [ VIAGGI ] Week end a Praga
[ ANIMALI ]
Come diventare volontario ENPA
Studi medici dentistici
Perché sorridere è importante! Due domande al Dott.Tony Apollaro, DDS, MSc Non tutti i dentisti sono uguali. E’ assai raro incontrare la professionalità e il costante aggiornamento scientifico uniti all’umanità, all’empatia e alla cortesia. Specie perché, purtroppo, nel nostro immaginario la figura del dentista incute sempre un certo timore. Siamo quindi rimaste piacevolmente impressionate dalla polivalenza di questo dottore, Tony Apollaro, che ci riceve nel suo studio monzese raccontandoci, sempre col sorriso sulle labbra, il suo percorso professionale e le tecniche all’avanguardia che applica nei suoi studi di Monza (via Emilio Borsa, 25 - tel. 039 833214) e di Milano (via Valparaiso, 11 - 20044 Milano - tel. 02 43995656). Dottor Apollaro, perché il suo studio si differenzia dagli altri? Innanzitutto siamo specializzati in prestazioni per pazienti a rischio, ovvero tutte quelle persone con particolari problematiche di salute orale. Infatti, sono uno dei sette professionisti, selezionati in tutta Italia, ad aver conseguito questa
abilitazione specifica, dopo aver frequentato un Master organizzato dall’Università degli Studi di Milano. Vi faccio alcuni esempi di queste problematiche particolari: un paziente che ha subito un trapianto e quindi prende farmaci per cui si gonfia molto la gengiva oppure pazienti operati al cuore o diabetici, da noi vengono curati con la consapevolezza che il trattamento odontoiatrico deve essere parte di un approccio olistico finalizzato al miglioramento della qualità della vita del paziente. A tal fine, disponiamo di un microscopio operatorio, che amplia le nostre capacità diagnostiche e terapeutiche e lo studio è accreditato dalla Regione Lombardia. Poiché una bocca sana non è importante solo dal punto di vista funzionale, ma riveste un ruolo fondamentale anche nella vita di relazione, eseguiamo trattamenti sbiancanti utilizzando una lampada a luce al plasma pulsato, efficacissima anche sui fumatori, senza danneggiare i denti e la macchina per trattamenti ozono terapici che consente di curare le carie, fino a una certa pro-
fondità, senza usare il temutissimo trapano, ma semplicemente remineralizzando il dente. Ricordo infine che siamo anche abilitati per trattamenti con faccette in porcellana Lumineers e trattamenti ortodontici “invisibili” con la tecnica “Invisalign”. Sappiamo che è molto attivo anche nella prevenzione del tumore alla bocca… Certamente! Infatti, nel mio studio ho a disposizione uno spettrofotometro, macchinario inizialmente messo a punto presso l’Istituto dei Tumori Milano, poi evoluto in questa versione per rilevare immagini delle lesioni alle mucose orali e valutare i casi in cui si rende necessaria una biopsia. Il tumore alla bocca è in costante aumento tra la popolazione italiana, consiglio sempre una visita diagnostica preventiva. Questa apparecchiatura offre enormi risultati anche in campo estetico: permette di prendere il colore naturale dei denti e ricostruire un dente identico all’originale!
[ EDITORIALE ] Sommario Anno II numero 10 - 31 Agosto 2010 Editore: Trantran Editore s.r.l. Sede e Redazione: Viale Cesare Battisti, 121 Vedano al Lambro C.F./P.I./RIMB 06774520966 REA MB1864900 Reg. Trib. di Monza n.1995 del 29/06/2010 Fondatori Marta Migliardi, Elena Gorla, Adriana Colombo, Guido Bertoni Direttore: Alfredo Rossi Capo Redazione: Marta Migliardi Redazione: Elena Gorla, Adriana Colombo, Juri Casati, Giulia Cavaliere, Gabry, Claudio, Fabio Paolo, Guido, Niccolò, Gaber, Lorenzo, Sara Tripaldi Si ringraziano per questo numero: Il Sindaco Marco Mariani per la sua preziosa testimonianza, Alfredo Viganò per le foto storiche, l’ufficio Stampa Ferrari per la gentilezza e tempestività, Corrado Beretta e il Comune di Monza, Michela Pica, Spillo per essere bravo, il Senatore Cesarino Monti per i preziosi suggerimenti, Alice e Totò per il sostegno morale. Foto di copertina La Ferrari in pista, gentilmente concessa dall’ Ufficio Stampa Ferrari Per contattarci: direzione@trantran.net redazione@trantran.net trantran@trantran.net raccontiamoci@trantran.net Progetto grafico, impaginazione, raccolta pubblicitaria:
a socio unico Direttore Responsabile e Amministratore Unico: Genesio Ferrari Via Degani, 1 42124 Reggio Emilia (RE) Tel. 0522.232092 - 926424 Fax 0522.231833 info@eridania-editrice.it www.eridania-editrice.it Filiale: Via Betty Ambiveri, 11 24126 Bergamo Stampa: Grafiche2000 Cassinetta di Lug. (MI) Tiratura: 14.000 copie È vietata la riproduzione di testi, grafica, immagini e impostazione. Eridania Editrice s.r.l. non si assume nessuna responsabilità diretta e indiretta sull’esattezza dei dati e dei nominativi contenuti nella presente pubblicazione, nonchè sul contenuto dei testi, degli slogan, sull’uso dei marchi e delle foto da parte degli inserzionisti.
Editoriale Non toccate, se potete...................................3 Spunti di vista Allarme stalking...............................................4
Non toccate, se potete [ di ALFREDO ROSSI, il Direttore ] “Son finite le vacanze/Per fortuna sono finite davvero”: così cantava nel secolo scorso (come passa il tempo!) Rita Pavone: lei era stufa delle vacanze perché voleva tornare a casa, dal suo lui. Io invece in vacanza ho trovato una persona che è riuscita a farmi pensare al dopo ferie con ansia: per togliermelo di torno. E pensare che lui, Roberto, toscano di Prato, è un tipo simpatico, brillante, sempre pronto alla battuta, allo scherzo. Ma per me aveva un difetto terribile: quando parlava, aveva sempre bisogno di toccarti. Sul braccio, sull’avambraccio, in mezzo allo stomaco, sull’anca. Un fastidio terribile, soprattutto se fa caldo e stai sudando. Sarà capitato anche a voi di avere un amico, una parente, un cugino o una zia che hanno questo tic incontrollabile, ma che a volte diventa fastidioso. A tutti loro (e a quelli che sono toccati in continuazione) dedico questa poesia in lingua milanese (di cui fornisco anche la libera traduzione) dovuta alla penna e alla fantasia di Gianbattista Crini, tratta dal libro “Fregùji de sògn” (Briciole di sogni). Con una annotazione: non arrivare allo… schiaffone! I mànn adòss (le mani adosso) Tùcc ghèm o ghèm avù amìs o conossént Che intànta che tè parlèn tè frùchen dènt (Tutti abbiamo o abbiamo avuto amici o conoscenti che mentre parlano ti toccano continuamente) L’è ‘nà ròbba dùra de digerì E ghe nànca on sànt pér fàghela capì (E’ una cosa dura da digerire e non c’è santi per fargliela capire) In sèmper lì prónt a ògni paròlla, a ògni bòffàda A mèttet ‘na màn adòss, a dat ‘na frucada (Son sempre lì, pronti a ogni parola, a ogni sospiro, a metterti una mano addosso, a sfrugugliarti) …….. Par che a parlàt sènza tóccàt Riessen mìnga a fàs capì, a comunicàt (Sembra quasi che a parlarti senza toccarti non riescano a farsi capire, a comunicare) Però riva ón momènt, al lìmit dè la sópórtasión Che àanca tì te pèrdet ón póo el balón (Però arriva il momento, al limite della sopportazione, che anche tu perdi un po’ la ragione) E in lóra t’el fruchet ón póo sènza intenzión Giùst per rivà a sègn su el so facción. (E allora lo toccacci un po’ anche tu quasi senza volere, giusto per poter arrivare a segno sul suo faccione)
Clochart Il Sindaco Marco Mariani ci commuove raccontando la sua città..................................5 Il vizio di non mandarle a dire! Max Laudadio per Trantran...........................10 Bis! It’s not only rock’n’ roll baby!.........................12 La batteria è femmina!...................................13 Paolo Rossi: La commedia è finita!...............14 Ville aperte in Brianza 2010..........................14 Altrove Praga.............................................................15 In cuccia 70 candeline per l’Enpa di Monza.................19 Verdissimo Funghi, che delizia!........................................20 Brigantia A spasso tra giganti e gnomi: i segreti del Parco di Monza..........................21 NonsoloMonza Lazzate..........................................................24 I segreti dello chef Tagliatelle con tonno fresco, fiori di zucca e bottarga.................................35 Reality..........................................................26 Raccontiamoci Il romanzo di Sergio Paoli..............................27 El ghe diseven “el Pippo”… .........................28 L’angolo del pendolare I nove gironi...................................................29 Lettera di un pendolare.................................29 Di tutto un pò Texas Hold’em: torneo multi-table/1.............30 Dalla Provincia Associazione “Comitato uniti per l’Autodromo”...................................32 Dal Comune La città vive il suo Gran Premio.....................33 Speciale GP Monza 2010.................... 34-37 Le sciure................................................38
[ spunti di vista ]
talking
Quando d’amore si muore: allarme stalking [ di Marta Migliardi ] “Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità la violenza contro le donne rappresenta la prima causa di morte per il sesso femminile fra i 25 e i 44 anni. E a leggere i dati Istat del 2007 emerge che in Italia il 14,3% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito violenza dal partner o dall’ex e che ogni anno vengono uccise di media 100 donne dal marito, dal fidanzato o da un ex. Una mattanza che non conosce confini geografici, culturali o sociali. Circa il 10% degli omicidi avvenuti in Italia dal 2002 al 2008 - secondo Massimo Lattanzi, fondatore dell’Osservatorio Nazionale sullo Stalking, ha avuto come prologo atti di stalking, l’80% delle vittime e’ di sesso femminile e la durata media delle molestie insistenti e’ di circa un anno e mezzo.” Fonte: Ansa Comincio così questa riflessione sullo stalking, con dei dati concreti che rendono l’idea della gravità della situazione. Stalking, una parola che è entrata nel nostro vocabolario giuridico nonché comune da pochi anni ma che, nella sostanza, esiste da sempre. Stalking, una parola troppo
N.B. Il numero verde dello Sportello anti-stalking del Comune di Desio è: 340.0584725
inglese, che significa persecuzione. Persecuzioni vere e proprie di ex fidanzati o mariti, appostamenti, sms, telefonate ossessive, pedinamenti che sfociano in omicidi e spesso anche nel suicidio del carnefice stesso, un pensiero fisso che si può riassumere con una frase semplice ma efficace: o con me o morta. E non si può, anzi, non si deve parlare di follia. Troppo comodo rigirare sempre la frittata invocando i demoni della mente. Si tratta, invece, per lo più di persone, di uomini, apparentemente normali, che semplicemente non accettano i cambiamenti della vita. Che pretendono amore, anche quando l’amore è finito. Perché, obiettivamente, la parola amore, a (alfa privativo) e mors (morte) dovrebbe significare l’esatto contrario, ovvero: ciò che sconfigge la morte. Ma non si può neanche filosofeggiare, si correrebbe il rischio di romanzare fatti di cronaca atroci, veri e propri delitti, negazioni della vita, negazioni della libertà. Amori malati, senso del possesso e non solo in ambienti degradati, come spesso si vuole far finta di credere, ma ovunque. Non so per quale motivo, ma specialmente d’estate siamo tempestati da notizie di cronaca di questo tipo. Anche qui, anche nella nostra bella e ricca città, Monza. Non più tardi dello scorso luglio giunge alle cronache il caso di una ventinovenne monzese rimasta anonima. Il marito, trentaseienne, la chiamava in continuazione, ripetendole che l’avrebbe uccisa. Lo stesso marito che aveva amato, lo stesso uomo che aveva sposato convinta di trascorrere con lui tutta la vita. La stessa voce che aveva fatto promesse d’amore eterno ora la minacciava, duramente, incessantemente, di morte. Immaginiamoci lo strazio, le contraddizioni che si muovevano nell’animo di questa donna, che ha aspettato fino all’ultimo momento, forse appena in tempo per non essere ammazzata, di denunciare il marito. Aveva provato a persuaderlo, con dolcezza, che la loro storia era finita e che sarebbe stato meglio per entrambi provare a rifarsi una vita. Immaginiamoci l’animo dilaniato nel non riconoscere più l’uomo che si era tanto amato, la lentezza con cui gli occhi, piano piano, cominciano a scoprire il ritratto di Dorian Gray e vedere finalmente il vero volto di un uomo. Io rimango colpita dalle foto di queste donne morte, uccise dall’amore. Una abbracciava il suo labrador e rideva, l’altra beveva un aperitivo in un bar con un’amica. E la rabbia mi assale di fronte a queste vite spezzate e private di dignità e, spesso, poco ascoltate nelle loro denunce. Bisogna imparare a difendersi. E’ già un grande passo avanti che in Italia le condotte tipiche dello stalking configurano
il reato di “atti persecutori” (art. 612-bis c.p.), introdotto con il D.L. 23 febbraio 2009 n. 11. La norma introduce nel codice penale l’articolo 612-bis, dal titolo “atti persecutori”, che al comma 1 recita: « Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita ». Adesso bisogna imparare ad usare questa legge. Ad abbattere i comprensibili timori di chi è vittima e ad ascoltare le denunce senza mai sottovalutarle. Bisogna impedire, che un uomo possa, a causa della inadempienza e leggerezza di alcuni, in un solo giorno ammazzare due sue ex fidanzate, che vivono a distanza di km e che avevano entrambe denunciato il loro futuro assassino. E solo perché non vi è stata comunicazione tempestiva tra le autorità. Piedi ben piantati in terra e solidarietà. Lasciamo ai poeti e agli scrittori l’ardore di scrivere drammi, ricordiamoci di Shakespeare con l’occhio di appassionati lettori. Perché non stiamo parlando di amore e morte in metrica. Ma di giovani donne accoltellate in mezzo ad una piazza o nella loro casa dopo che, disperatamente, avevano cercato di dar voce alla loro condizione di perseguitate. Considerate oggetti di proprietà: e in questo non c’ è niente di romantico. E non vi è riflessione sull’insicurezze sociali e lavorative che la società odierna di certo provoca in tutti noi, che possa giustificare niente di simile. D’amore non si muore. Questo non è amore. Campagna 2009 di Amnesty International
[ CLOCHART
INTERVISTE A VOLTI NOTI IN GIRO PER LA BRIANZA ]
Quando i giovani volevano cambiare il mondo e Monza profumava di cioccolato Il Sindaco Marco Mariani ci commuove raccontando la sua città
co Mariani da Il Sindaco Mar
[ di Adriana Colombo ] Foto storiche gentilmente concesse da Alfredo Viganò (collezzione privata) Quello che volevamo realizzare con questa inconsueta ed esclusiva intervista è un racconto di Monza attraverso la voce del nostro primo cittadino, il Sindaco Marco Mariani, in carica dal 2007, dopo esserlo stato già dal 1995 al 1997. Un emozionante viaggio tra cappellifici, tuffi nel Lambro, case di ringhiera e partite di pallone. Parole che dovrebbero essere lette, senza pregiudizio, da tutti. Dai giovani che potranno conoscere le radici di questa città e da chi vive qui da quegli anni e potrà rivivere emozioni che, solo la storia raccontata da chi questa città la ama e la vive da sempre, può trasmettere. Una generosa testimonianza di un uomo che si può realmente definire primus inter pares.
ivata giovane (foto pr
del Sindaco)
Nasce a Monza nel 1953 ed è cresciuto in una corte, cosa ricorda di quello stile di vita? Quando facevo le elementari ci davano un libretto: La città di Teodolinda, ne dovrei avere a casa ancora una copia, e iniziava così: “Monza ridente città della Brianza 65.000 abitanti”. Sto parlando del 1962-63, per cui non posso dire che ci si conosceva tutti, sarebbe un’esagerazione (anche perché c’erano dei quartieri ben definiti) però era un altro modo di vivere! Tu parli della vita di corte e, in effetti, io giocavo nel mio cortile e in quelli vicini, poi si andava tutti all’oratorio. Mi ricordo ancora la strada dell’oratorio San Gerardo, la via Sanzio e la via Raiberti oltre lo stop di via Enrico da Monza non asfaltate e i cerchioni delle biciclette che si rompevano perché c’erano delle fosse molto grandi. Io ho dei ricordi bellissimi! Com’è cambiata Monza? E’ cambiata per forza, ma mi sembra che sia cambiata un po’ la vita in generale: forse una volta era un po’ più facile stare al mondo: ora viviamo nell’epoca della comunicazione, di internet, dell’informatizzazione. Certo, se
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Il Sindaco Marco Mariani con la sua squadra di basket (foto privata del Sindaco)
devi prenotare un albergo è comodo; però se io penso alla mia professione, da un punto di vista burocratico, rispetto a quando ho cominciato, non c’è paragone: è molto più complicata adesso. Oggi, banalmente, se non hai una segretaria, fai per l’80% l’impiegato, con tutto il rispetto, e per il 20% il medico. Credo che in uno studio sarebbe meglio se accadesse il contrario. Ma, a parte il mio lavoro, faccio altri esempi di cambiamento: noi alle medie andavamo a fare a San fruttuoso o a San Rocco le corse campestri perché c’erano degli spazi enormi, senza bisogno di andare al Parco. Mi ricordo che partivamo in bicicletta dalla scuola Pascoli di via Lecco. È cambiata tantissimo. Non voglio fare il sociologo da quattro soldi, ma perché nelle case di corte facevano la ringhiera? Perché la gente si guardava in faccia, la sera, quando uscivi a prendere fresco, avevi di fianco un’altra persona e scambiavi quattro parole. Non voglio neanche fare il retorico e non sto dicendo che si dovrebbe tornare a quei tempi, però il fatto che oggigiorno sia abbastanza normale non conoscere nemmeno il nome dei propri vicini non è un bel segnale. Sicuramente la vita è anche cambiata in meglio: adesso, se hai un infarto, ti portano in ospedale, ti fanno una coronarografia, dopo due ore stai bene e non devi nemmeno essere operato, nel ‘62 morivi, in generale. Rimpiange il passato? Non sono quello che rimpiange il passato tout court anche perché mi sembrerebbe un esercizio abbastanza inutile; certe cose le ricordo con piacere: sotto casa mia c’è sempre stata l’Osteria del Molinaio (ndr. Ora il Tridente), e, dato che dopo viale Libertà a Monza c’erano molte cascine che funzionavano, io gli animali li ho visti lì, ci portavano col pullman alla cascina Vilora, la Catabrega, la San Bernardo e arrivavano i cosiddetti paesani, col carro e il cavallo, si fermavano all’osteria a bere il vino. Ce n’era uno, incredibile, tale Tullio, il Tùli, che arrivava ed era già “ingallinato” da matti, era già andato, però il cavallo conosceva la strada per cui faceva l’Osteria del Molinaio, poi lo portava al circolino in viale Li-
bertà, poi lo portava a casa. Quando arrivò in Italia la televisione, intorno al 1954, l’osteria ne aveva una delle prime: quando c’era Lascia o raddoppia non so quanta gente c’era dentro, poi dietro c’era il campo delle bocce, per cui gli uomini giocavano ed io andavo a vedere. Mi ricordo anche la fabbrica del ghiaccio in via Bixio, all’angolo con via Enrico da Monza, dove ti portavano in casa i panoni di ghiaccio. Lo avvolgevano nel sacco di iuta, altrimenti il ghiaccio ti ustiona, e lo mettevano nelle cosiddette ghiacciaie, ne ho ancora a casa una piccolina, e lì si conservava per quel che si poteva la roba; usciva dalla fabbrica del ghiaccio col carretto e col cavallo e poi svoltava in via Raiberti e noi andavamo a scuola anche il pomeriggio dalle due alle quattro ed eravamo lì ad aspettarlo e salivamo su fino all’incrocio con via Lecco, poi scendevamo e andavamo a scuola. E in particolare la sua zona (via Bergamo), com’è cambiata? Nella zona di via Bergamo e di via Raiberti erano tutte ringhiere. Anche adesso via Raiberti ha mantenuto questa conformazione. Io ho fatto in tempo a vedere l’immigrazione dal sud con le valige di cartone e la gente abitare in condizioni veramente brutte ed essere aiutata. A questo proposito vorrei sfatare certe stupidaggini, erano aiutati dalla gente che c’era qui! Per esempio capitava che i bambini non avessero nemmeno i quaderni per andare a scuola e le mamme della classe ne compravano qualcuno in più. E’ vero che è stato chierichetto nella chiesa di San Gerardo? Un ricordo bellissimo è quello di Don Attilio Valentini che è morto nel 1965. Io, al suo funerale, ho fatto il chierichetto: avevo 12 anni. Se entri nel cimitero di Monza, la sua tomba è proprio all’ingresso e c’è un porta lumini (che sarà circa lungo un metro) e, ancora adesso, a distanza di 45 anni se vai, trovi sempre tutti i lumini accesi, sempre! Era il prete delle carceri, me lo ricordo bene anche perché avevo fatto per un po’ di tempo il chierichetto con lui, lui andava nei vari negozi, andava dalla gente, per chiedere
sempre qualcosa per i carcerati. Io mi ricordo la sua, chiamiamola così, casa. La casa del parroco della chiesa di San Gerardo aveva: il letto, un armadietto, la credenza, il tavolo e la stufa economica. Quella col rampino di ferro, che fungeva da riscaldamento, ci si cucinava e poi al tubo c’erano appesi dei ferri dove, d’inverno, la gente appendeva i panni ad asciugare; me lo ricordo perché era proprio l’emblema de prete che viveva in povertà, anche lui andava avanti perché gli davano da mangiare. Com’era il Lambro? Il Lambro, per la mia generazione, è sempre stato un po’ un rimpianto. Mi ricordo che al ponte delle Grazie Vecchie c’era la tintoria Frette e, un po’ più avanti, il De Simone. Proprio sotto il ponticello vedevi dalla Frette uscire tre tubi, tre colori diversi che andavano nel Lambro. Infatti, fino a 15 anni fa il Lambro era forse uno dei fiumi più inquinati d’Italia poi, tra l’installazione di alcuni depuratori e la chiusura di un bel po’ di ditte al nord di Monza(Villasanta, Carate) si è migliorata la situazione. Quindi io no, non ho vissuto il Lambro. Ma mi ricordo mio padre, che era del 1911, e tutti i ragazzi della zona che imparavano a nuotare buttandosi dal ponte di San Gerardino: c’erano sotto i ragazzi grandi che li prendevano e quelli piccoli li buttavano giù, dopo dieci tuffi stavi a galla! Certo la lezione di nuoto non era proprio ortodossa, però funzionava. “Me purtaven lì e me tiraven denter. Gheren denter quei pusè grant che me tiraven su per i cavei. Dies volt sota e sunt a stà a gala anca mi!”. Le mie nonne mi raccontavano che facevano il risotto con i gamberi del Lambro, io ho a casa delle ricette e ci sono alcune ricette che ti fanno sorridere, io non sapevo che nella cucina brianzola, molto povera in generale, ci fossero anche i gamberi, i pesciolini, i fritti! Il Sindaco Mariani, oggi
[ CLOCHART ] Arrivano gli anni del Liceo, se non sbaglio ha frequentato lo Zucchi, che ricordi ha di quel periodo? I primi due anni al ginnasio, sono stati molto duri perché avevamo un’insegnante bravissima ma, molto severa e su 27 ore ne facevamo 18 con lei (italiano, latino, greco, storia e geografia). Siamo partiti in 28 e in prima liceo eravamo in 17, buona parte dei quali, come il sottoscritto, con gli esami a settembre. Dopo quei due anni, i tre anni di liceo sono stati una vacanza, si studiava per carità ma una vacanza! Penso che i tre anni del liceo siano stati i più belli della mia vita: prima di tutto ho conosciuto quella che poi sarebbe diventata mia moglie; ancora adesso io vedo regolarmente tre dei miei compagni del liceo. Eravamo una bellissima classe di gente intelligente, ma di un’intelligenza viva, non solo gente che studiava tanto. Alla fine della scuola avevamo tutto il nostro giro di merende per la Brianza anche perché di Monza eravamo solo in quattro. Quello che non mi piaceva di quel periodo era la situazione politica per me artificiosa e pericolosa: allora dovevi stare attento a dire certe cose perché ti spaccavano la testa da una parte o dall’altra. Si era arrivati al momento culmine della follia che se uno comprava il cosiddetto eschimo perché, magari, lo trovava a 5mila lire, o anche meno, in qualche mercatino a Milano e c’era gente che non poteva spendere e prendeva l’eschimo col pellicciotto, il cappuccio che teneva caldo, rischiava che gli spaccassero la testa, eri individuato politicamente tramite i vestiti. Se avevi i Ray Ban eri di destra: avevano perso completamente il cervello. Perché prima ti dicevo che la mia era una bellissima classe? Perché noi avevamo un paio di ragazzi del Movimento Studentesco di sinistra e ce ne erano un paio di destra, ma era tutta gente a cui non passava neanche per l’anticamera del cervello di aspettare in quattro o cinque uno dietro l’angolo e ammazzarlo di botte: discutevamo, litigavamo, poi ognuno restava delle sue opinioni. Quando si è giovani si vuole cambiare il mon-
do. Ma c’era un grandissimo rispetto e finite le discussioni giocavamo, andavamo a mangiare il gelato, si andava a spasso tutti insieme. Comunque non voglio fare polemica politica, m’interessa far capire che chi non era né di destra né di sinistra era una specie di tagliato fuori, e tra l’altro eravamo la stragrande maggioranza. Io non mi catalogavo né di destra né di sinistra non solo perché non mi sentivo né dell’uno né dell’altro, ma perché era una divisione patologica che non portava ad un confronto, ma il più delle volte portava allo scontro: erano botte da orbi. Poi in quel periodo, purtroppo, ci sono stati fior di morti, gente ammazzata per strada che ancora adesso mi chiedo: perché? C’era una violenza latente che era insopportabile. Monza all’epoca era più famosa nel mondo per i suoi cappellifici che per il Gran Premio. Era una città di botteghe, che ricordo ne ha?
Mio nonno era il direttore del cappellificio Cambiaghi, mio padre ha fatto il perito chimico colorista a Prato, che ha avuto sempre una grande tradizione per i tessuti, poi nel ‘33 l’hanno mandato a Francoforte a specializzarsi nelle colorazioni, perché lui ha sempre lavorato nei cappellifici, ma preparava le miscelazioni dei colori per i cappelli, i foulard, le sciarpe. I cappelli avevano i nastri, io ho ancora a casa gli stampi, veniva sempre a casa con le dita di tutti i colori, prima di sedersi a tavola andava in bagno per pulirle con una spazzoletta di ferro. Una volta mi ha portato alla Borsalino di Alessandria che era uno stabilimento enorme, non potevi girarlo a piedi, infatti c’era un sacco di gente in bicicletta. Alessandria e Monza erano le capitali del cappello e mi ricordo che eravamo andati perché lui doveva trattare un affare e poi ci hanno portati a mangiare gli agnolotti, avrò avuto 10 anni. Allora a Monza era difficile trovare un cortile sen-
[ CLOCHART ] za un artigiano, per esempio in via Raiberti al numero 7 c’erano il sarto e il lattaio, che faceva anche i formaggi e i gelati: al numero 5 c’era l’elettrauto poi, dopo lo stop, c’era il carbonaio e l’elettricista. Di piccoli artigiani del cappello ce ne erano tantissimi! Ho letto che, nel momento culmine dell’attività lavorativa dei cappelli a Monza, c’erano 350 cappellifici; dal Cambiaghi che era grandissimo, che prima della guerra aveva 1.200 dipendenti, fino a quello familiare: adesso ne sono rimasti un paio. Mi ricordo mio suocero che nel 1975 fece un viaggio in Egitto e tornò a casa con un bel fez ed ha scoperto che lo faceva il suo amico di fianco a lui in via Venti Settembre. Prima della guerra il Cambiaghi faceva i sombrero, i fez e i cappelli piatti della
polizia spagnola. Se andavi a New York o a Berlino, fino a qualche anno fa, trovavi, nei negozi del centro, dei cappelli fatti a mano da un cugino di mia madre che ha smesso quando aveva 75 anni, venduti a cifre notevoli: lui li vendeva a molto meno. Quale sapore e quale odore sono, per Lei, Monza? Il sapore dell’infanzia a casa mia è il sapore delle cotolette. Però mia madre era un’ottima cuoca anche di pesce perché mia madre ha avuto un padrino di battesimo, che era un vicino di casa dei miei nonni ed era uno dei primi meridionali venuti qua, e si chiamava Bilangione e faceva il vigile e le trasmise due passioni: una per il pesce, e l’altra passione per la boxe. Mia madre
era l’antiviolenza per eccellenza, non uccideva nemmeno le zanzare ma, quando a partire dal 1967, ci furono quei famosi incontri Benvenuti Griffith che, combattendo negli Stati Uniti, qui li sentivi solo alla radio, per il fuso orario, lei alle 3 di notte si alzava, accendeva la radio, si faceva la caffettiera, quella napoletana, e si ascoltava tutto il match. Se alla televisione vedeva due pugili scarsi si alzava e andava via. Se parlo di fuori casa, dove adesso c’è il cinema Apollo e hanno fatto la scuola, lì c’era una cava dove andavamo a giocare, lì c’era la fabbrica del cioccolato e quello è un profumo che è rimasto nelle narici di tanti ragazzini. Il suo rapporto con il Monza? Mio papà mi portava a vedere il Monza, ma,
[ CLOCHART ] specie nella bella stagione, si partiva da casa, entravamo nel parco alle Grazie Vecchie, poi mi prendeva il panino e l’aranciata al Cavriga: allora c’era solo quello e facevamo un bel giro a piedi di un paio d’ore. Poi c’era una latteria in corso Milano, di quelle piccole, vecchie che faceva il gelato con quelle macchine di una volta, ancora con la paletta di legno e poi andavamo a vedere il Monza. Andare al Sada per me era una specie di gioco, ma soprattutto un modo per passare un po’ di tempo con mio padre; mi divertivo, perché una volta andare a vedere la partita del Monza era come andare a teatro, anche uno a cui non piaceva il calcio ci andava perché si divertiva, doveva sentire i commenti. Allora parlavano quasi tutti in dialetto; c’era la gente che vedeva la partita seguendo il pallone, facendo avanti e indietro e ora della fine della partita aveva percorso i chilometri insultando il guardalinee, che ogni tanto non ne poteva più, si girava dicendo: “basta, non è possibile, non è che le sbaglio tutte, una ogni tanto... ”: era proprio un divertimento! Comunque abbiamo visto delle gran belle partite, alla fine degli anni settanta un paio di volte siamo stati vicini all’andare in serie A. Dove iniziava la periferia alla fine degli anni settanta? Per quel che mi ricordo io dopo il sottopasso di viale Libertà non c’era niente, solo la campagna. C’erano le case popolari e basta. Anche in via Bixio, via Canova, non c’era niente. Nel mese di Maggio tutte le sere si cambiava cortile per dire il rosario e mi ricordo le lucciole in via Bixio. Monza una volta era Duomo, San Gerardo, San Biagio: già San
Piazza Carducci 1961
Giuseppe era lontano. A Cederna c’erano le case del cotonificio, perché allora si costruivano le case per gli operai e gli impiegati, che erano una bella cosa, perché le persone si trovavano con le case ad affitto moderato e vicino al lavoro e non avevano nemmeno spese di trasporto; anche perché allora quasi nessuno poteva permettersi una casa se non ereditandola. La Villa Reale, quando ha smesso di vivere? Adesso sta ricominciando a essere viva con le visite guidate, i concerti, il cinema all’aperto, i fuochi di San Giovanni; quest’anno, anche, il dj set di Andy dei Bluvertigo, accompagnato da un’illuminazione a dir poco strepitosa. Il suo futuro? La Villa Reale ha visto il lavoro della sovrintendenza negli ultimi 15/20 anni per il recupero del piano nobile. Che futuro ci sarà? Abbiamo fatto questo “benedetto” consorzio perché c’erano seri problemi sulle varie competenze tra Comune, Sovrintendenza, Regione. Questo consorzio cosa ha portato finora? Per me è stato una specie di miracolo, perché sinceramente, non mi aspettavo che in nemmeno un anno si arrivasse a tanto; si è fatto un bando di gara di 24 milioni di euro, tanto vituperato, ma perché io ho detto di sì? Chi vincerà il bando di gara non solo sistemerà il secondo e il terzo piano, ma avrà la manutenzione per 25 anni. Certo, avran-
no in gestione tutto il piano terra ma io come Comune sono tranquillo, perché nei prossimi anni non dovremmo spendere niente. Quando sistemi la C nobile, puoi permettere al turista un bel percorso da un’oretta e mezza, poi possono visitare i giardini Reali e, volendo, li porti in autodromo: insomma puoi combinare molte offerte turistiche sia storico, naturalistiche che sportive. L’autodromo, cosa ci puoi dire del progetto di trasferire il Gran Premio? Dipende da equilibri politici, non prendiamoci in giro, io posso fare tutto il baccano che voglio, ma se non mi aiuta la Regione…. Io, per esempio, vorrei sentire in modo assolutamente apartitico i responsabili di tutti i partiti regionali dire: “Il Gran Premio: giù le zampe”. Fino ad adesso l’ho sentito dire da Formigoni e dalla Lega. Gli altri silenzi mi preoccupano un po’. Un saluto ai nostri lettori... Spero di non essere stato monotono e di avere fatto rivivere a qualcuno della mia età dei bei ricordi. Bagai cerchem de fà i brav e de laurà cun sentiment. I nostri vecchi dicevano: ma ti te ghe no un po’ de sentiment? Era una via di mezzo tra un po’ di buon senso e l’onestà, e te lo dicevano quando da piccolo combinavi qualche marachella!
[ CLOCHART ] Max Laudadio Foto Michele D’Incà
Il vizio di non mandarle a dire! Max Laudadio, per Trantran…intorno a Monza e Brianza
[ di Elena Gorla ] Profittatori, furfanti, truffatori e disonesti di ogni sorta di sicuro non lo hanno in simpatia dato che nell’arco di quasi un decennio ne ha stanati davvero tanti. Ha dato voce a chi ha subito torti e raggiri, si è schierato contro chi ha agito ai danni dell’ambiente, ha raccontato l’Italia delle truffe al grande pubblico e, talvolta, per questo è stato attaccato e malmenato. Ma lui è determinato e non molla: basta contattarlo e, munito di telecamere interviene. No, non è un uomo di legge è un uomo di spettacolo, capace anche di farci divertire e sorridere: è Max Laudadio, l’intrepido inviato di Striscia la Notizia, che qui si racconta per i lettori di Trantran. Ti abbiamo visto nei panni di presentatore a Striscia la Domenica al fianco di Dario Ballantini com’è stato lasciare la veste d’inviato per “sederti in cattedra”? E’ stata una bella esperienza! Misurarsi con una conduzione dal mitico “bancone” di Striscia la Notizia per noi inviati è stata una grande opportunità. Quale servizio giornalistico fatto negli anni per Striscia la Notizia ti ha maggiormente colpito? Sette anni di servizi sono davvero tanti. Visi, situazioni, lacrime, risate si accavallano nella testa di continuo! Mi capita di andare nelle varie città d’Italia e ricordare i luoghi dove abbiamo stanato l’ennesimo cialtrone che provava a truffare il prossimo. Ma il sevizio che io ed il mio staff continuiamo a portarci dentro è senza dubbio quello che aveva come protagonista una bimba di 5 anni. Affetta da una grave malattia degenerativa, la bimba non era autosufficiente e rischiava la vita senza le cure a domicilio. Essere riuscito a risolvere velocemente il suo problema mi ha dato molta gioia. L’espressione dei suoi occhi valeva più di mille grazie! Ti sei fatto tanti nemici in tutti questi anni come inviato per Striscia la Notizia
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e Le Iene? Il tentativo d’intimidazione più maldestro? E quello che invece ti ha davvero inquietato? Non credo di essere molto amato dai truffatori...ma ammetto che è un sentimento reciproco, quindi non me ne dispiaccio! Di servizi pericolosi ne abbiamo fatti parecchi. L’ultima stagione di Striscia l’abbiamo conclusa con la “sagra dei violenti”. Tutti i truffatori beccati ci hanno malmenato! Niente di grave. Anche perché chi viene “beccato” da Striscia pensa solo a scappare e non farsi più vedere. Però di incontri pericolosi ne abbiamo fatti diversi. L’adrenalina sale sempre, ma poi si risolve tutto. Non ho memoria di intimidazioni maldestre, ma ancora ho in mente i due fratelli idraulici che ho colto sul fatto durante un servizio con Le Iene. Stavo portando avanti le inchieste relative agli interventi farlocchi di alcuni idraulici e questi due, una volta smascherati, mi hanno puntato un coltello alla gola dicendomi: “Se mandi questo servizio torniamo e ti facciamo a pezzi.”. Non è stato molto piacevole!!! Il “caso Lambro” ti ha visto portavoce d’importanti rivelazioni nelle vesti d’inviato di Striscia. Purtroppo a soli pochi mesi di distanza dal disastro ecologico una coltre di silenzio sembra aver avvolto la vicenda. ..secondo te qual’é il motivo e quanto è importante che i media mantengano viva l’attenzione su di una situazione che di certo non si può dire risolta? La comunicazione è fondamentale. Purtroppo siamo subissati da input diversi che distolgono la nostra attenzione continuamente. E’ necessario parlare di queste notizie, mantenere viva l’attenzione. Dobbiamo stare molto più attenti al mondo in cui viviamo. Abbiamo solo questo e dovremmo preservarlo per le generazioni future. Diciamo sempre che il futuro dei nostri figli è importante. E’ ora di mettere in pratica queste parole! Non credo che ci sia un motivo che ha fatto cadere il silenzio sulla vicenda del
Lambro. Credo anzi che gli inquirenti stiano facendo ancora il loro lavoro. Ma questo spesso non fa notizia. Ti abbiamo visto nelle vesti di giornalista, inviato, presentatore, attore, autore. Indubbiamente possiedi una personalità artistica poliedrica, c’è qualcosa in cui ancora non ti sei cimentato e che rimane un tuo sogno nel cassetto? Ho la tendenza a misurarmi con tutto ciò che mi piace. Ora sto portando avanti un corso di ballo. Dal classico al jazz passando per il tiptap ed il funky. Mi diverto da morire!! Chissà, magari riuscirò prima o poi a calcare le tavole del palcoscenico della Scala di Milano. Scherzo, ma un bel musical cantato e ballato lo farei volentieri! Nel corso della tua carriera ti è capitato di incontrare qualcuno da cui hai avuto modo di imparare qualcosa che reputi particolarmente importante sul piano professionale o dal punto di vista umano? Ho avuto la fortuna di lavorare con delle personalità molto forti che mi hanno insegnato molto. E in questi anni ho cercato di imparare il più possibile da tutti. Antonio Ricci, il suo braccio destro Lorenzo Beccati, Davide Parenti de Le Iene e molti altri.....ma dal punto di vista umano mio padre rimane al primo posto. Noi di Trantran collaboriamo con la sezione Monzese dell’ENPA. Qual è il tuo rapporto con gli animali? Ultimamente mi chiamano San Francesco!! Ho il mio pappagallo Lino ormai da 1 anno e mezzo. Il rapporto che ho con lui è fantastico! Lo adoro e lui mi ama alla follia....come solo i bimbi sanno fare, senza secondi fini. Poi scorazzano da me anche i cani dei vicini ed i gatti del paese. La casa è grande e c’è posto per tutti! Sei anche musicista e hai una tua band… com’è nata la passione per la musica e quanto incide nella tua vita? La musica mi ha sempre accompagnato. Suono la chitarra ad orecchio, senza aver studiato
[ CLOCHART ] mai uno spartito. Suono le percussioni nella mia band con cui facciamo musica anni ‘70 ed ‘80. E poi canto e scrivo testi. Canzone preferita? A te, di Jovanotti. Avrei voluta scriverla io!! Sappiamo che giochi nella Nazionale Calcio TV come riesci a conciliare anche questo impegno sportivo con le tue tante attività? Non è facile. Ma la rosa della nazionale è volutamente molto ingente. Così si riesce, a turno, ad esserci tutti. Io credo che basti organizzarsi bene per portare avanti quello che si vuole! Se non avessi fatto l’uomo di spettacolo che lavoro ti sarebbe piaciuto fare? Il maggiordomo! Scherzo....anche se era il mio sogno nel cassetto da piccolo, tanto da indurmi a scegliere la scuola alberghiera. Non saprei cosa avrei potuto fare. Io mi sono sempre visto dentro questo mondo. Al massimo, mi sarei buttato nell’imprenditoria. Come ami trascorrere il tempo libero? La mia famiglia ha la priorità su tutto! Mi rilasso stando a casa e lavorando il legno. Creo dei pezzi unici riciclando il legno trovato nel bosco. Faccio lampade ed oggetti di arredo. Ti piacciono le automobili? Andrai a vedere il GP di Formula 1 qui a Monza? Per chi farai il tifo?
Mi piacciono, ma non sono così appassionato. Non credo che verrò a Monza per il Gran Premio, ma farò il tifo per la scuderia di casa nostra. Mi sembra d’obbligo! Com’è la tua donna ideale? E’ difficile raccontare com’è la mia donna ideale. E’ un insieme di pregi e difetti che, sommati, la rendono unica e speciale. E’ una scia di sensazioni che provo quando mi è accanto e di cui sento la mancanza quando non c’è. Insomma, è mia moglie! Sei originario di Pistoia ma da tantissimo vivi in Lombardia… cucina toscana VS cucina lombarda: tu con chi ti schieri e con quale piatto? Io sto col naturale, sempre! Quindi sì alla cucina regionale, di qualunque tipo, ma fatta con ingredienti semplici di una volta, senza troppi artifizi! Capisco che l’occhio voglia la sua parte, ma non a scapito dello stomaco …....o del portafogli! Che rapporto hai con i social network? Devi necessariamente esserci! Più andiamo avanti e più internet sarà parte integrante della nostra vita. La comunicazione comincerà a girare soprattutto sul web e non possiamo farci trovare impreparati sull’argomento. Ho un profilo facebook anche io, che curo personalmente e che cerco di seguire quotidianamente. E’ un modo per interagire con le persone e noi che
facciamo televisione dobbiamo dire grazie proprio al pubblico che ci segue. Facebook è diventato un punto di contatto. Credi negli extraterrestri? Non è vero, ma ci credo! Penso che l’universo sia infinitamente grande e che sia impossibile sapere esattamente cosa c’è milioni di anni luce lontano da noi. Quindi, lasciamo una porta aperta. Droga: cosa ne pensi di questo problema oggi così diffuso? La dipendenza dalle droghe è sempre negativa. Ti toglie la volontà, la possibilità di scegliere autonomamente. Ti rende schiavo. Ti riduce un automa. E perdere la forza di volontà è deleterio per l’essere umano. Ben vengano, quindi, gli eventi che sensibilizzano su questo problema, ma accompagnamoli ad azioni mirate a prevenire. Puntiamo sugli adolescenti, facciamogli capire che se ti droghi non sei figo, ma sfigato! Progetti in cantiere? Tanti! Ogni giorno mi sveglio con un’idea nuova che mi frulla in testa e finché non ne capisco la fattibilità non l’abbandono. Sto studiando canto e ballo e vorrei davvero cimentarmi in un musical dopo l’exploit di “Studio 54” di 4 anni fa. Un’ultima domanda: come ti vedi fra dieci anni? Come ora, ma con qualche capello in meno! L’anima non invecchia, il cuoio capelluto sì......
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[ BIS! teatro, musica ed eventi a monza e brianza ] Andy nel suo spazio alla Triennale Bovisa. Foto di Sara Tripaldi
It’s not only rock’n’ roll baby! Andy espone alla Triennale Bovisa di Milano [ di Marta Migliardi ] It’s not only rock’n’roll baby!, ovvero quando la musica si esprime anche attraverso le arti figurative. Un modo inusuale di guardare il rock, attraverso la creatività poliedrica di alcuni grandissimi esponenti della musica mondiale. Sono dodici i nomi selezionati da Jérôme Sans il noto critico di arte francese, direttore artistico dell’Ullens Center for Contemporary Art (UCCA) di Pechino. Il nome più noto è sicuramente quello di Patty Smith, che espone alcune sue polaroid e che si esibirà a Milano il 12 settembre in un evento dedicato alla mostra stessa, ma, insieme a Pete Doherty, Alan Vega e The Kills, possiamo trovare, come unico rappresentante italiano in questa ricca ed eclettica scena internazionale, Andy, ex Bluvertigo, cittadino Monzese. Lo avevamo intervistato nel primo numero di Trantran, proprio presso il suo studio di Monza, il Fluon, e, già allora, ci aveva raccontato della sua attività di pittore. Andy, unico italiano ad esporre in questa mostra di respiro internazionale, un grosso riconoscimento artistico: come vivi questa esperienza? E come è nata? Un enorme riconoscimento, ne sono lusingato. La proposta risale a circa due anni fa, cercavano un esponente delle arti figurative e musicali, è stato fatto il mio nome, e il curatore Jerome Sans insieme a Mauro Mattei si sono recati nel mio studio. Immediata la sintonia con entrambi, è bello riscontrare che personaggi di grande caratura come Jerome siano in realtà degli entusiasti creativi, molto piacevoli.
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Avrai senz’altro avuto modo di guardare le opere dei tuoi colleghi: chi ti ha colpito particolarmente? Ogni lavoro selezionato è prezioso a mio parere, a prescindere dal genere e dalla tecnica utilizzata, ogni artista presente alla mostra esprime un’arte sincera e rappresentativa. Mi piace molto il lavoro di Patty Smith, delle Chicks on Speed e di un componente dei Fischerspooner. Cosa ne pensi dei dipinti di Pete Doherty, fatti con il sangue? Il solito binomio che lega il rock a personalità maledette… non ha un po’ stancato? Penso che il lavoro di Pete Doherty sia basato sul legame droga musica. Molto famose, infatti, sono le sue performance dove la siringa è spesso in bellavista. Penso che faccia parte del suo marketing…a me non comunica molto, anche musicalmente, ma è solo un mio gusto..fortunato lui con tutto quel che spero abbia fatto con la divina Kate Moss! Devo, però, aggiungere che il suo quadro dedicato a David Bowie è stupendo. In quale delle tue opere esposte senti scorrere più forte il legame tra musica e arti visive? In uno degli ultimi nati, il più grande in sala, si chiama “Gurutech”, è un omaggio alla musica elettronica, con i Kraftwerk, la nipote di Leon Theremin e il grande Brian Eno.
Andy e i suoi genitori all’ingresso della Triennale. Foto di Sara Tripaldi
La mostra inaugurata il 24 Giugno, sarà aperta fino al 26 Settembre.
a i r e t t a b La ! a n i m m e èf
[ BIS! ]
Incontriamo Tullio De Piscopo e la giovane promessa del jazz Mattia Cigalini alla Villa Reale di Monza ck stage copo nel ba Tullio De Pis
[ di Migliardi e Colombo ] Ancora una volta la splendida Villa Reale di Monza fa da cornice a un evento sensazionale: il concerto jazz, capitanato da Tullio De Piscopo, inserito nella rassegna Brianza Open Jazz Festival. Al numeroso pubblico sono stati proposti brani per sola batteria dedicati al grande Max Roach (uno dei più importanti esponenti del jazz mondiale, batterista e percussionista morto nel 2007) e brani blues e jazz. De Piscopo si è fatto accompagnare dal suo quartetto jazz, in cui certamente non si poteva non notare il giovanissimo e talentuoso saxofonista Mattia Cigalini, che in veste di side man, più che di semplice componente della band, ci ha sorprese già nel pomeriggio durante le prove. Cigalini, infatti, a detta di molti critici è considerato un vero e proprio “enfant prodige” del sax. Due personalità molto diverse quelle di De Piscopo e Cigalini. Paradossalmente il giovane 21enne è molto pacato e tranquillizzante, mentre De Piscopo, nel suo essere partenopeo, ci coinvolge con euforia e allegria. Una miscela, questa, di personalità, suoni e strumenti differenti, che esplode sul palco in un concerto da brividi sulla pelle. Ecco cosa ci hanno raccontato…. Tullio De Piscopo: uno splendido concerto in uno scenario incredibile. Qual è stata la tua sensazione? La giornata è iniziata un po’ male, abbiamo avuto tanti problemi per arrivare fino a Monza, e per di più sotto un sole cocente! Ma poi tutto si è risolto e alla fine l’abbiamo fatta. E abbiamo fatto un gran bel concerto. Ci siamo divertiti. E questo, quando si è su un palco, è importante. Ho visto che il pubblico era davvero numerosissimo e questo mi ha fatto proprio piacere perché significa che pur non avendo padroni si va avanti alla grande! Come sei arrivato a suonare la batteria e sviluppare la tua passione per il jazz? Fin da quando sono nato, sono sempre vissuto in mezzo alla musica (ndr il padre era percussionista per il Regio Teatro San Carlo di Napoli), fra tamburelli e percussioni di vario genere, e tramite lui e mio fratello (ndr anch’egli musicista), ho avuto modo di conoscere da subito molti dischi di grandissimi jazzisti. Poi, però, per trovare la
mia collocazione nel mondo del jazz ho dovuto lasciare Napoli, dove la scena jazz era pressoché inesistente, e venire a Milano. Ora anche a Napoli ci sono dei club che fanno musica jazz ma, allora, ci toccava andare nei locali situati nella zona del porto e aspettare l’arrivo dei marines che scendevano dalla flotta. Lì dovevi saper suonare un po’ tutto quello che era nel loro gusto! Perché la batteria? Perché è femmina! E’ stato il mio primo e più grande amore. L’ho conosciuta fin dall’infanzia e non l’ho più voluta lasciare. Senza di lei non so fare niente, le devo tutto. Come mai, secondo te, sei più famoso come percussionista jazz all’estero che non in Italia, dove sei noto al grande pubblico principalmente per la hit Andamento Lento? In realtà io, prima di Andamento Lento, avevo già fatto praticamente di tutto perché avevo già suonato con musicisti del calibro di Quincy Jones, Barry White, Bob James, Emil Deodato, Slide Hampton e Gerry Mulligan. Avevo già suonato in undici dischi di Astor Piazzolla e di tantissimi artisti italiani…tuttavia non avevo nessun riscontro economico da tutte quelle attività! Allora mi sono chiesto cosa potessi fare per migliorare la mia situazione economica ed ho fatto quello che amavo da bambino, il rap. Il risultato è stato che la prima canzone che ho cantato in rap, Primavera, ha venduto due milioni di dischi. Ed ho potuto comprare una casa per me e la mia famiglia, una macchina, ecc… e così ho capito che forse avrei dovuto iniziare a cantare anche un po’ prima! Prima di salutarti vorremmo che tu ci parlassi un po’ del tuo ultimo lavoro, dal titolo Questa è la Storia, la cui splendida apertura è il singolo Conga Milonga. Per la presentazione dell’album invito tutti ad andare sul mio sito www.tulliodepiscopo.it dove, fra le altre cose, è possibile anche ascoltare Conga Milonga che parte da sé come sottofondo musicale alle immagini e al testo! Intanto saluto tutti i brianzoli e con particolare calore i lettori di Trantran. Alla prossima! Ci rivolgiamo ora a Mattia Cigalini, per scoprire qualcosa di più su questo giovane grande artista… Mattia, sassofonista, promessa del jazz riconosciuta in tutto il mondo, com’è andato l’incontro con Tullio? L’incontro è avvenuto per merito di un discografico, Paolo Scotti, della Dejavu Records, molto importante in Giappone, che mi ha scoperto e mi volle in un suo disco che è stato registrato a
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Maggio dell’anno scorso. C’eravamo io, Fabrizio Bosso, Riccardo Fioravanti e Tullio De Piscopo alla batteria. Un disco che mi vedeva protagonista come leader. C’erano anche mie composizioni. In Giappone è stato l’unico album italiano a entrare nella classifica dei migliori album dell’anno e mi ha fatto conoscere in ambito internazionale. Grazie a questo sono stato richiesto da molte riviste in Francia e in Italia da Jazzit e il Corriere della Sera. Poi Tullio, parallelamente, mi ha invitato a suonare con lui. Io stasera faccio il side man nel suo gruppo ma, a volte, viene anche lui a suonare con i miei gruppi, quindi c’è un rapporto bellissimo, lui è un vero artista, che si merita ancora tutt’oggi di essere sulla cresta dell’onda. Da cosa nasce il tuo amore per il Jazz? E’ stato un vero e proprio colpo di fulmine. Quando avevo 12 anni, un mio amico mi diede un disco dicendomi: “È jazz, non so se ti piacerà!”. Mi è piaciuto talmente tanto che dentro di me ho pensato che volevo che la mia vita fosse questa musica. Ma ancora prima, a soli 9 anni, mi ero innamorato del sax: appena ne ho visto uno ho voluto suonarlo! Ho cominciato a suonare nella banda del paese, a Gazzano, nel piacentino, un posto che conta 2000 anime. Vivo tuttora lì. E’ nato tutto come un gioco, uno scherzo, anche se vengo da una famiglia di musicisti, seppure dilettanti: mia mamma suonava la chitarra classica per diletto, mio padre il clarinetto, mio fratello è batterista per passione. La musica la respiravo già nell’aria! Una grande soddisfazione, a soli 21 anni, essere già riconosciuto a livello internazionale come jazzista… Io non mi pongo mai dei limiti, cerco di crescere e migliorarmi sempre di più: non mi accontento mai! Poi suonare con dei grandi come Tullio o Uri Caine mi fa crescere tantissimo. Ma sta agli altri giudicare quello che faccio: io non ci penso, penso solo alla musica e a cercare di fare sempre del mio meglio e di metterci il cuore, perché questo è indispensabile!
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[ BIS! ]
Paolo Rossi e Trantran
Ville aperte in Brianza 2010 26 SETTEMBRE 2010: Una giornata alla scoperta del patrimonio artistico della Provncia Monza Brianza. 55 siti visitabili tra dimore, castelli e chiese. Monza, 9 luglio 2010. Grande attesa per l’ottava edizione di “Ville Aperte in Brianza”, giornata dedicata al patrimonio artistico del territorio con la visita guidata ai siti piu’ significativi della Brianza. Palazzi signorili, antiche rocche, parchi e giardini all’italiana e all’inglese, basiliche e oratori: domenica 26 settembre 2010 ben 55 siti monumentali nella Provincia MB, normalmente chiusi al pubblico, apriranno i battenti per un giorno in occasione della manifestazione “Ville Aperte in Brianza”, manifestazione organizzata dalla Provincia di Monza e Brianza insieme a 32 Comuni ed inserita nelle Giornate Europee del Patrimonio. Sarà questa una giornata utile per mostrare i gioielli architettonici della Brianza che spalancano le porte ai visitatori al fine di riscoprire i tesori del territorio nell’ottica della valorizzazione turistica e culturale della Brianza. L’edizione 2010 di Ville Aperte presenta molte novità a partire dal notevole incremento dei siti visitabili e dai Comuni coinvolti nell’iniziativa. Al fine di facilitare l’adesione del pubblico, sarà possibile prenotare le visite guidate direttamente on line dal sito www. villeaperte.info o, in alternativa, contattando i Comune aderenti alla manifestazione. Altra novità è la creazione di itinerari consigliati sulla base della prossimità storica dei siti visitati o della localizzazione territoriale, percorsi che agevoleranno l’ottimizzazione delle visite. Come consuetudine, dalle 10 alle 19, sarà possibile visitare gli edifici e le dimore storiche della Brianza con la possibilità di partecipare ai numerosi eventi collaterali tra concerti, mostre e degustazioni. Suddivisi in gruppi, i visitatori verranno accompagnati da guide esperte che illustrano la storia, le caratteristiche architettoniche e le curiosità dei siti. La narrazione sarà l’elemento centrale del percorso, ravvivato da momenti di intrattenimento (esibizioni musicali e corali, eventi, mostre e performance teatrali) che racconteranno episodi legati alla storia delle dimore e dei monumenti accessibili. L’obiettivo della manifestazione è quello di restituire al territorio il proprio patrimonio culturale recuperandone origini e identità. L’evento, oltre ad essere un importante occasione di riscoperta turistica e culturale per l’intero territorio della Brianza, acquista altresì una funzione didattica ed educativa per i numerosi bambini che ogni anno partecipano all’iniziativa che prevede un accesso gratuito per i ragazzi con meno di 11 anni.
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Paolo Rossi: La commedia è finita! Una calda giornata di luglio, a Milano, si è tenuta la presentazione del nuovo libro di Paolo Rossi: La Commedia è finita, un dialogo tra il comico e Carolina de la Calle Casanova, in cui ci raccontano come sia nata l’idea del libro. “ Tra un camerino, un primo e un secondo a cena, e quattro passi fuori dal solito hotel, gli autori immaginano e costruiscono un metodo, lo smontano e rimontano in esercizi sempre più’ audaci. E si divertono a inventare nuovi trucchi, mettendo per una volta il loro mestiere non al servizio del “pubblico”, ma di chiunque stia là fuori. Se un tempo era il mondo stesso a essere un palcoscenico, come può oggi quella cosa che sta là sul palco, o tra le quinte, farsi mondo? come può far ridere, far pensare, commuovere? La nuova epica popolare, come si autodefinisce, e’ un teatro che affronta questa domanda fondamentale e per farlo, come diceva Brecht, gli autori devono sedersi dalla parte del torto. Convinti però che, se il moribondo scherza della propria malattia, può forse salvarsi, o quanto meno morire ridendo di qualsiasi forma di potere…” Purtroppo, si sa, trovare parcheggio a Milano è impresa assai ardua. Quindi, dopo aver pagato 12 euro di autosilo, raggiungiamo la conferenza già iniziata. Paolo Rossi è in splendida forma, un po’ abbronzato e con il suo sguardo furbo e attento, anche mentre parla. Non può che metterci di buon umore, perché, sebbene non trascuri mai la tragicità della nostra condizione umana, il suo modo di raccontarla è sempre divertente, quasi catartico. Scherza sul suo nome, Paolo Rossi, molto comune. Scherza sulle omonimie tra lui e il calciatore o lui e l’astronauta, e, infine, ci racconta il suo più grande sogno: una festa dove i soli invitati siano tutti i Paolo Rossi d’Italia, una festa che assume i toni comici ed irriverenti quando giunge una retata dei Carabinieri che devono chiedere i documenti a tutti i partecipanti! Alla fine della conferenza ci avviciniamo, per la foto di rito. E’ lui a domandarci, molto gentilmente, se vogliamo che posi con il nostro giornale il mano. In copertina avevamo il Presidente della provincia Dario Allevi. Lui guarda, sorride e si mette in posa senza batter ciglio: l’ennesima prova che la cultura non ha barriere politiche. L’intelligenza si esprime a più voci. Questo lo spirito della nostra testata.
[ ALTROVE racconti e consigli di viaggio ]
Dal Golem a Kafka: panoramiche su Praga
Lovers in Prague. Foto di Giulia Cavaliere
[ di Giulia Cavaliere ] Non una città europea consueta, se consuetudine esiste, non di certo la Londra perpetuamente agognata, non la Parigi che piace sempre e piace a tutti né la recente favilla Berlino, meta principessa di esodi, culla di presunte controculture e contropolitiche anti-italiche. Praga, potreste scoprire andandoci, non c’entra granchè con tutto quello che fino ad ora avete visto delle grandi capitali né con quanto avrete presumibilmente, quantomeno in maggioranza, immaginato di vedere: non è l’Est che l’ha abbandonata naturalmente e definitivamente nel 1989 con la caduta del Muro di Berlino né, lo abbiamo detto, la capitale tedesca, che dello stesso Est ha conosciuto le politiche e le violenze e che oggi, più che mai aspirazione e moda per i giovani del nostro continente, corre ai ripari e alla rinascita con una velocità degna solo degli Stati Uniti. A Praga si va piano, e si respira il gusto di un’incombente e sempre fervida voglia di riprendersi dal passato di regime e dalle miserie che furono, di cui potrete aver saggio, senza pentirvene, grazie all’ironica e al contempo drammatica ricostruzione nel bellissimo Muzeum Komunismu, tra busti di Marx e Lenin, ilari immagini di Stalin circondato da fanciulle in mise discinta, riproposizioni di ambientazioni della quotidiana vita pre ‘89 e un commuovente filmato dove si mostrano senza censure le violenze sulla popolazione. L’aria del passato, a Praga, esiste sempre, percepibile, quasi tangibile, in ogni via, angolo, tentata costruzione di un centro commerciale a pochi passi dal bellissimo quartiere ebraico che ospita, tra sfarzi di case eleganti bianche come l’avorio e boutique delle migliori marche montenapoloniche, il suo antichissimo cimitero, dal 1700 non più adibito a sua funzione e oggi uno dei complessi monumentali decisivi e sconvolgenti della capitale ceca. La Moldava di Dvorakiana memoria, intanto, scorre e divide la città in due grandi aree diversissime, al di qua del fiume scuro e imponente, vanno menzionati su tutti i quartieri di Staré m sto e Nové m sto, rispettivamente “città vecchia” e “città nuova” mentre al di là si staglia, rivolgendosi all’imponente e bellissimo castello, quella zona che porta il nome di Mala Strana (Malostranska). Se a Staré m sto si può camminare tra le vie di una città che sente e mostra di voler sempre più assottigliare lo spazio che la divide dalla massima occidentalizzazione tanto che anche le due piazze più importanti, vale a dire piazza San Venceslao e piazza della Città Vecchia (Staromestske nam sti), si mostrano nient’affatto diverse da alcune altre note piazze europee delle capitali
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[ ALTROVE ] Praga di notte
sopra citate (non è difficile, raggiungendo la seconda piazza dopo aver visitato la prima, pensare che il lungo viale che ci permette di approdarvici, e che porta già il nome della piazza stessa, ricordi enormemente gli Champs-Élyseées parigini), a Malostranska sembra di essere in un piccolo borgo che non potevamo immaginare ancora esistente, superata la Moladava infatti i palazzi alti e soggioganti che avevamo trovato dall’altra parte lasciano spazio a casette basse e colorate, un’atmosfera da cittadina abitata essenzialmente da artigiani dove la vita di quartiere fa la vita della stessa città. Poco importa che proprio a Malostranska vi siano le sedi politiche e amministrative della capitale, a pochi passi, immerse in un’aria silenziosa e pacifica, nella parte più bassa del quartiere, possiamo trovare anche attrazioni pop di grande spicco come il Kafka Muzeum e il muro dedicato a John Lennon, mete costanti di molti fan di quelli che sono forse il più influente romanziere e il più importante autore di musica pop mai esistiti. È salendo nella sua parte collinare, però, che Praga regala alcune tra le sue perle migliori: residenza dei re di Boemia, degli imperatori del Sacro Romano Impero, di presidenti delle Cecoslovacchia e, in seguito, della Repubblica Ceca, troviamo il castello, considerato la più grande fortezza medievale del mondo, circondato da un’altra serie di costruzioni che sono istituzioni tra i monumenti cittadini: numerose gallerie d’arte, il palazzo reale e, soprattutto, la cattedrale di San Vito, uno dei simboli della città, divisa tra gotico e neo-gotico e che al suo interno ospita complessi di vetrate dipinte, tra gli altri, anche da uno degli artisti emblema della città: Alfons Mucha, il più importante tra i pittori dell’art nouveau, movimento artistico che a Praga trova uno spazio particolare. A unire ciò che la Moldava divide, su tutti, è il Ponte Carlo (Karluv Most): attraversare la sua enorme struttura in pietra è un’esperienza pressochè unica: maestoso, nordico di torri, alle estremità, e statue barocche, scure, fiabesche, al suo interno, questo ponte ci ricorda che siamo pur sempre nella città del Golem, quella creatura simbolo del folklore medievale e della mitologia ebraica, che lo scrittore ed esoterista Meyrink descrisse nel suo omonimo romanzo del 1915. Una città, questa Praga, intrisa di letteratura e mistero, angolo antico dalle atmosfere incontaminate, non lontano dal centro dell’Europa. Sono molteplici e contrastanti le sensazioni che potrà lasciarvi, un po’ di decadenza e un po’ di rinascita che nel mescolarsi inaspettatamente mentre la si conosce, contribuiscono a renderla episodio di forte impatto nell’esperienza di ogni viaggiatore.
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Birrifici
Il Birrino: quando la birra è salute! A Brugherio un birrificio artigianale ecosostenibile Di birre che abbiano pochissime calorie, che facciano bene per chi è obeso, iperteso oppure celiaco non se ne trovano, normalmente, in commercio. Al Birrino, il birrificio artigianale ecosostenibile (info@birrino.com) però, questa è la norma! Noi di Trantran siamo andati a visitare questo birrificio in via Doria 14, a Brugherio. Queste birre hanno meno calorie di un succo d’arancia. Una birra doppio malto, per esempio, normalmente si aggira attorno all’8% di alcool. La loro doppio malto, invece, dà la stessa soddisfazione con solo il 6% di alcool ma ha un gusto pieno e corposo e ve lo possiamo confermare noi, che le abbiamo degustate tutte! Dal punto di vista emodinamico la bassa percentuale di alcool presente in queste birre aiuta a mantenere le arterie pulite mentre il ricco concentrato di vitamine del gruppo B apporta tantissimi anti ossidanti che neutralizzano i radicali liberi. Per questo da un punto di vista medico nutrizionale possiamo affermare che questa birra è salute! E per di più questi risultati sono stati ottenuti con un processo biologico completamente certificato (anche per quanto riguarda le materie prime utilizzate) ed ecosostenibile! La maggior parte dei birrifici artigianali non sono ecosostenibili perché
producono un terribile spreco di acqua. Il malto macinato in caldaia viene fatto cuocere per 6/8 ore e poi passa nei serbatoi a doppia camera per la fermentazione e la maturazione. Il 97% del vapore che producono al Birrino viene recuperato: non hanno, quindi, emissioni. Non vi è spreco di energia e pertanto l’impatto ambientale è minimizzato. Le birre qui prodotte, sono frutto di un attento lavoro di studio, nel quale sono confluite più
e viene utilizdi queste birr ne io colo, uz od pr Per la e del XIX se ca tta della fin la ricer al e on zata una rice zi di così la tra tivo congiungendo unico e distin fattore primo, : ità al qu . o” lla in de otte da “Il Birr delle birre prod
competenze, sia tecniche sia scientifiche sia medico-nutrizionali, che hanno portato alla realizzazione di una gamma di birre non pastorizzate e non rifermentate in bottiglia, sia senza alcool sia prive di glutine: per questo motivo le birre de Il Birrino sono innovative e sono state premiate dalla Regione Lombardia. Quali birre potete gustare? ZeroVirgola è la birra senza alcool ma con tutto il sapore di una birra artigianale dal gusto rotondo e corposo. Light Grano Saraceno la birra dedicata a chi ha problemi d’intolleranza al glutine, ma assolutamente consigliata a tutti gli amanti della buona birra. Briantea Pilsner la più classica delle bionde, perfetta per tutte le occasioni e per tutti i palati. E chi ama l’ambrata può gustare la Wiener. Non dimenticate la Brughè 1867 la birra doppio malto dal gusto pieno e dalla schiuma fantastica. Per saperne di più sul birrificio ecosostenibile Il Birrino, sulle loro birre, sui corsi e le degustazioni che organizzano in sede e per acquistare direttamente, in sede previo appuntamento o nel negozio on-line i loro prodotti, potete visitare il sito: www.birrino.biz!
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[ IN CUCCIA Due chiacchere
a quattro zampe ]
• la pubblicazione nel 2007 del primo calendario, raffigurante le immagini dei nostri ospiti; dal 2008 lo pubblichiamo in due differenti versioni; • da quattro anni è operativo l’Asilo dei Cuccioli, che mira a dare una chance in più alle centinaia di gattini abbandonati ogni anno: l’anno scorso 55 volontari e collaboratori hanno accudito temporaneamente a casa propria 253 micetti, dai neonati in su. Le manifestazioni e banchi, sempre più numerosi, si rinnovano costantemente, con nuovi temi e materiali propagandistici, gadget e dolci natalizi e pasquali che aiutano a finanziare le nostre attività a favore degli animali. Le manifestazioni sono pubblicizzate sul sito www.enpamonza.it: settembre e ottobre sono già fitti di eventi! Visitatissime anche le pagine degli animali in affido e la nuova rubrica Lieto Fine, dedicata alle storie e foto dei nostri ex ospiti. Nel futuro? Il nuovo parco canile Nel 2009 ENPA ha accolto 516 cani e ben 1.234 gatti, mentre si è occupato di più di 300 altri animali di oltre 50 diverse specie. Come sanno i nostri soci e sostenitori, l’attuale struttura è vecchia, fatiscente e fuori norma, inadatta sia per gli animali ricoverati che per gli operatori e volontari che ci lavorano. La ricorrenza dei 70 anni arriva in un momento di grande attesa per tutti gli amici degli animali: la vigilia della realizzazione del nuovo parco canile di Monza. I fondi necessari per la costruzione dell’innovativa struttura (12.000 mq per una spesa di 2.600.000 euro) sono stati stanziati; il progetto è stato approvato a novembre del 2009 e alcune modifiche sono state apportate per garantire alle famiglie residenti nelle vicinanze il rispetto dei limiti acustici e delle norme igieniche-sanitarie. Ora aspettiamo la modifica del Piano di governo del territorio per l’area scelta per la costruzione su viale delle Industrie, e poi potremo festeggiare anche l’apertura del cantiere!
candeline per The NUV (New Ultraviolet Vanish): l’Enpa di Monza
pronti a spaccare gli USA
[ rubrica a cura di GABRIELLA ]
Nel 2010 l’ENPA monzese ha raggiunto un importante traguardo: i 70 anni dalla sua nascita. La sezione ha celebrato la ricorrenza con una festa tenutasi il 27 giugno nel giardino della sede operativa di via Lecco, con un rinfresco vegetariano preparato dai volontari, seguito dal classico taglio della torta. Tra gli ospiti che hanno festeggiato insieme ai volontari, la presidente nazionale della Protezione Animali, Carla Rocchi, e il coordinatore regionale, Sergio Sellitto. Le origini dell’ENPA di Monza La nostra storia è cominciata nel lontano 1940, in un contesto e clima profondamente diversi da quelli di oggi, per iniziativa di Don Giuseppe Baraggia, canonico del Duomo e grande amante degli animali. Durante la guerra ha formato il primo gruppo zoofilo che recuperava il carniccio per darlo ai cani e gatti randagi. Dopo la morte del fondatore, la sede monzese ha vissuto un periodo buio. “Nel 1974 – ricorda Giorgio Riva, – l’associazione era, di fatto, non operativa. Avevamo una dozzina di trovatelli, mantenuti in una pensione di Lissone grazie al sostegno di due zoofile monzesi, ma non offrivamo servizi né di pronto intervento, né di informazione; così come non avevamo mezzi a nostra disposizione, e i volontari scarseggiavano”. Difficoltà dalla quale, a partire dal 1979, è seguita la rinascita, coincisa con l’elezione di Giorgio Riva a presidente, che ha chiamato a collaborare con lui un esiguo ma ben motivato gruppo di giovani. Inizia l’era della gestione del canile di Monza Nel 1983 è arrivata la svolta: in seguito alla nuo-
va legge che trasferiva la competenza dei canili dai Comuni alle ASL, abbiamo proposto di prendere in gestione il canile di Monza: l’ENPA monzese è diventata così la prima associazione zoofila in Italia a gestire un canile pubblico. Per rimetterlo in sesto ci siamo indebitati per 30 milioni di lire, e avevamo solo 500 mila lire in cassa. Ma grazie alla grande generosità dei monzesi, i debiti sono stati ripianati in soli sei mesi. L’ENPA monzese oggi: forza e innovazione aOggi il canile di Monza è convenzionato con 11 comuni e l’ENPA di Monza e Brianza può contare sul sostegno di oltre 1.300 soci e sulla sensibilità costante di monzesi e brianzoli che negli anni hanno dimostrato sempre un grande affetto per la nostra associazione. La forza arriva anche dagli oltre 150 volontari, che vanno dai 18 ai 73 anni di età, di ogni estrazione sociale e occupazione, uniti dall’amore e dal rispetto per gli animali. Se la sezione di Monza e Brianza è considerata dai vertici dell’ENPA nazionale tra le migliori in Italia, questo è soprattutto grazie ai volontari, attivi in molteplici settori – non solo presso il canile-gattile - con iniziative sempre nuove. Ecco alcune delle più recenti: • la realizzazione dal 2008 di una campagna annuale di sensibilizzazione contro l’abbandono: quest’estate hanno aderito alla campagna 21 Comuni della Provincia di Monza e Brianza con l’affissione di manifesti personalizzati sul proprio territorio; • il lancio nel 2005 del Progetto Famiglia a Distanza per l’adozione a distanza di alcuni nostri ospiti; • la costruzione di un piccolo laghetto nell’area dietro il canile per accogliere uccelli e tartarughe acquatici feriti o abbandonati;
Festa dei 70 anni: Giorgio Riva, Presidente della sezione provinciale di Monza e Brianza, insieme a Carla Rocchi, Presidente nazionale dell’ENPA
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[ VERDISSIMO CURIOSITà, PROPRIETà E USI DELLE PIANTE INTORNO A NOI ]
Funghi La fine dell’estate, soprattutto quando si è avuta una stagione calda ed umida, è il momento perfetto per dedicarsi alla ricerca dei funghi. Tuttavia, quando si parla di funghi è sempre indispensabile portare molta attenzione in quanto le insidie celate fra queste delizie del bosco possono rivelarsi letali! Indispensabile, quindi, prima passare nel piatto il frutto della nostra raccolta, fare verificare il nostro cestino dagli esperti presenti negli ispettorati micologici delle ASL di zona. Alcuni giorni prima della raccolta ricordatevi di recarvi presso la sede del Corpo Forestale della zona in cui intendete effettuare la raccolta ad informarvi se eventuali normative specifiche regolamentano la raccolta (ad es. se è necessario il rilascio di un tesserino giornaliero o stagionale). Per tutti i fungiatt, la regione Lombardia ha sancito l’obbligo di raccogliere i prodotti micologici solo con le mani, trasportandoli esclusivamente in contenitori rigidi e ben areati (che oltre a garantire un minore deperimento dei funghi consentono alle spore, dalle quali nasceranno nuovi funghi, di disperdersi nell’ambiente circostante durante lo stesso trasporto) e non più in sacchetti di plastica, per un quantitativo massimo di 3 kg. Curiosità botaniche: un regno dedicato Il fungo non è, come generalmente si pensa, una pianta bensì è il frutto di una pianta microscopica composta da sottilissimi filamenti: il micelio. Fino a poco tempo fa venivano classificati, senza distinzioni, all’interno del regno vegetale ma i vegetali contengono clorofilla tramite la quale, col processo di fotosintesi, rendono le
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che delizia! sostanze inorganiche assimilabili e, dunque, creano il proprio nutrimento. I funghi, invece, non contenendo clorofilla sono costretti ad alimentarsi direttamente di sostanze organiche, proprio come gli animali e per questa ragione si è iniziato a parlare di un vero e proprio regno dei funghi. A tavola I funghi in cucina sono un alimento davvero versatile. Perfetti come antipasto, nei primi o nei secondi piatti, sia a base di carne che di pesce. Deliziosi con le uova e sopraffini con i formaggi. Le ricette che li vedono protagonisti sono davvero tantissime ma noi consigliamo, soprattutto per quanto concerne i buonissimi porcini, di consumarli crudi in insalata, tagliati sottilissimi ed accompagnati da scaglie di grano e sedano oppure grigliati su pietra ollare e conditi con olio, uno spicchio d’aglio, sale e prezzemolo. Per godere di queste delizie di fine estate fino all’inverno, invece, proponiamo una semplice ricetta per realizzare una conserva di funghi porcini sott’olio: 1 kg Funghi porcini piccoli e sodi 1 litro di aceto di vino bianco secco 2 cucchiaini di sale 2 foglie di alloro 1 cucchiaio di grani di pepe olio d’oliva q.b. Dopo avere pulito con cura i funghi ed averli tagliati a fette un po’ spesse, metteteli in una
pentola capiente di acciaio inox o smaltata dove sta bollendo la soluzione di aceto, vino e sale. Fate cuocere per circa 8 minuti. Scolateli e fateli asciugare appoggiati su di un telo pulito per almeno 24 ore in modo che perdano tutta l’umidità. Sgocciolateli poi bene e suddivideteli nei vasi con le foglie di alloro ed i grani di pepe. Ricopriteli completamente con l’olio di oliva, chiudete bene i vasi e conservateli in un luogo buio e asciutto per almeno un mese prima di consumarli. Si conservano per circa 3 mesi.
[ BRIGANTIA STORIA, LEGGENDE ED ESCURSIONI
NELLA NOSTRA VERDE TERRA ]
il lungo cannocchiale prospettico che parte dalla facciata posteriore della Villa Reale
A spasso tra giganti e gnomi: i segreti del Parco di Monza [ di Gorla e Migliardi
con il contributo del Comune di Monza ]
Molti di voi saranno già rientrati dalle vacanze estive e indaffarati nelle incombenze quotidiane accantonate durante le ferie. Ma per godere di una passeggiata nel verde non è sempre necessario allontanarsi troppo e spendere un’intera giornata. Inoltre Trantran, sulla scia dell’evento mondiale che vedrà protagonisti la nostra città e l’autodromo, ha deciso di dedicare questo numero a Monza e al suo splendido parco, cornice di sport ed eventi. Automobili da corsa e personaggi famosi sono sotto gli occhi di tutti, mentre noi abbiamo scelto di presentarvi ciò che del nostro parco è lì da sempre ma che senza un aiuto non siamo abituati a vedere. Premesso che anche noi della redazione, da buone monzesi, abbiamo trascorso tanti pomeriggi indolenti sul prato che fa da scenografia alla facciata posteriore della Villa Reale, pur inconsapevoli dei tanti tesori che i nostri occhi di adolescenti
sorvolavano ignari. Proprio in questi giardini si snodano, infatti, alcuni percorsi, sospesi tra la natura e la magia, di grande interesse storico e botanico. Noi abbiamo scelto per voi quello de I Giganti Verdi (alla scoperta degli alberi secolari che hanno più di 200 anni). Senza una buona guida non è facile identificare questi monumenti naturali, fra le tante varietà di piante e alberi che popolano i giardini e il parco, pertanto ci siamo affidate all’accurata descrizione del sentiero indicata sul sito del Comune di Monza. Stampato l’itinerario, sotto la preziosa guida di questo Virgilio digitale, abbiamo finalmente aperto gli occhi e osservato questo luogo tanto familiare da una prospettiva completamente diversa. Lo sguardo che va dal basso all’alto, dai tronchi imponenti fino alle chiome che si perdono nell’azzurro del cielo, da secoli. Partiamo, dunque, attente a seguire ogni singola indicazione, come una vera mappa del tesoro, alla scoperta delle magie del parco recintato più grande d’Europa…. Una peculiarità che ha reso famoso il Parco di
Monza nel mondo nei suoi duecento anni di vita è costituita dal vasto campionario di alberi, quasi un collage di un’opera d’arte naturalistica. Nel Parco, infatti, si può ammirare una varietà di essenze di elevato pregio. Alcune di essi sono considerati dei veri e propri monumenti naturali. Anche i Giardini della Villa Reale di Monza, splendido esempio di giardino all’inglese, offrono al visitatore il contatto con alberi maestosi provenienti da tutto il mondo. Attraverso queste indicazioni è possibile incontrare i Giganti verdi. Partenza La passeggiata alla scoperta dei Giganti verdi del Parco ha inizio di fianco al Serrone della Villa Reale, dove, nel 1800, vennero coltivate diverse specie di agrumi. Di particolare pregio e valore storico sono i resti dei tre faggi monumentali dell’epoca napoleonica. Colpiti da attacchi fungini, negli ultimi anni, il loro apparato è notevolmente compromesso. Nel prato, che fa da scenografia alla splendida
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[ BRIGANTIA ] facciata posteriore della Villa, si incontra una collezione di piante “solitarie” nostrane: il gruppo dei vecchi faggi. Proseguendo lungo il cannocchiale prospettico che si diparte dalla Villa Reale, s’incrocia la “Roggia Principe”. Qui a fianco è possibile incontrare le due querce, presenti nell’elenco degli alberi monumentali d’Italia. I due giganti fissano il loro sguardo sulla facciata della Villa Reale da due secoli. Dopo qualche passo nel prato all’inglese si incontra uno splendido esemplare di ginkgo, tipica essenza giapponese. Si compie un salto al di là dell’oceano e voltandosi si incrocia con lo sguardo la sequoia americana, dal tronco rossiccio. A fare da guardiano al lato della Villa Reale c’è anche l’albero dei tulipani, che crea nel tardo autunno uno spettacolo cromatico degno di Monet! A chiudere questo angolo dei Giardini Reali dedicato alle essenze esotiche ci pensa il monumentale cedro del Libano. Seguendo il vialetto, che prende l’avvio dallo spigolo sud-est della Villa, si scende in zona ombreggiata e si costeggia per un tratto il muro di cinta passando in prossimità del gigantesco cedro del Libano, impareggiabile campione degli alberi dei giardini della Villa Reale. Non un tronco ma quattro si dipartono verso il cielo; questa caratteristica fa di quest’albero un autentico monumento botanico. Il percorso nei Giardini si esaurisce qui in un’ora di tragitto. Per chi avesse le gambe allenate, è possibile proseguire l’itinerario lungo i sentieri del Parco ottocentesco di Monza. Alla vostra sinistra il muro di cinta che divide i Giardini Reali dal resto del Parco. Proseguendo dritti sulla sinistra s’incrocia la Cascina del Sole e il Viale Cavriga. Non ci si è ancora stancati di ammirare la cascina Cavriga, splendido esempio di architettura neoclassica, che bisogna scontrarsi con la bellezza della facciata neogotica della cascina S. Fedele. Da qui il nostro percorso prosegue nel cuore del Parco ottocente-
Vicino alla panchina il Cedro del Libano manifesta la sua imponenza
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I resti di uno dei faggi di epoca napoleonica
[ BRIGANTIA ]
Dell’antico ponticello sulla roggia oggi rimane visibile solo la pavimentazione alle sue estremità
Le due querce
sco. Vi trovate ora nel grande pratone dell’ex ippodromo: l’area è stata riqualificata ed è stato ripristinato il “Viale dei Carpini” foggiati a palla che un tempo univano le due Ville Mirabello e Mirabellino, già residenza nel 1600 e ‘700 della famiglia Durini. E’ ancora possibile godere della bellezza di 2 carpini di fronte al giardino del Mirabellino. Proseguendo verso la montagnetta di Vedano, dopo aver appena lasciato la Villa Mirabellino sulla sinistra è possibile scendere nella radura della regina degli alberi del Parco: la quercia secolare, nascosta e protetta ai più da un bosco di sambuchi e tassi. Il suo tronco contorto è testimonianza della sua lotta alla ricerca della luce. Guardando in alto, verso le sue fronde più alte ci si rilassa e ci si sente abbracciati da questa nonna verde! Arrivo Dopo qualche centinaio di metri il sentiero si rimpicciolisce e s’imbocca un piccolo sentiero nel bosco. Appena le fronde si diradano ci troviamo su Viale Vedano: qui svetta tra gli altri un noce secolare che in autunno si veste di un manto color oro. Voltando a destra su Viale Mirabello si svela l’ultima sorpresa di questo lungo percorso: posto dietro alla Villa Mirabello, sulla terrazza che degrada lentamente verso la Valle del Lambro, motivo paesaggistico abilmente sfruttato per la localizzazione della Villa, è possibile ammirare un ippocastano di duecento anni dalla forma singolare, che invita a riposare ai suoi piedi. Lunghezza del percorso Circa 9 km. Adatto a piedi. L’antica storia del parco, inoltre, ha fatto sì che nascessero miti e leggende legate agli edifici e agli alberi più vecchi. Per questo per i bambini, consigliamo il percorso Sui Sentieri degli Gnomi del Parco, che comincia dall’ingresso di Viale Cavriga. Si veda per il percorso http://www.comune.monza.it/portale/monzadascoprire/parco/itinerari/gnomi.html Buona magia!
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[ NONSOLOMONZA... ]
Il borgo ai confini del tempo L’origine del nome di questo piccolo borgo della provincia di Monza e Brianza, sito ai confini del territorio comasco, sembra derivare dal verbo latino laxare, che significa dar sollievo, dar ristoro. Probabilmente, infatti, fin dall’epoca arcaica il borgo era luogo di villeggiatura per le nobili famiglie milanesi e comasche. E la cosa non stupisce dato che anche oggi i suoi confini sono delimitati da boschi, fra i quali spicca per bellezza il Parco Groane, sito sul versante nord-est di Lazzate. Come risulta evidente dallo stemma comunale il comune è legato al nome di Alessandro Volta, il celebre scienziato, inventore della pila, che qui aveva l’abitudine di soggiornare per lunghi periodi. Per il forte legame fra questo celebre personaggio ed il borgo di Lazzate il comune ha, infatti, deciso di inserire all’interno del gonfalone comunale l’effige della pila voltai-
ca, figura centrale dello stemma della famiglia volta. Una curiosità legata ai soggiorni lazzatesi del Volta emerge dall’incisione riportata sulla lapide murata sulla sua dimora nel borgo. Su di essa ,infatti, lo scienziato viene definito mago del tubero. Questo strano appellativo sembra essergli derivato dalla sua iniziativa di proporre agli agricoltori della zona la coltivazione della patata, da lui assaggiata durante i suoi tanti viaggi all’estero. Il borgo di Lazzate è stato capace di valorizzare la propria storia e le propria tradizioni e, ciò facendo, si è proiettato verso il futuro: ribaltando il tradizionale approccio urbanistico che demolisce il vecchio in favore di nuove costruzioni, il comune di Lazzate, nell’ultimo quinquennio, ha promosso una serie di interventi di restauro conservativo e manutenzione degli edifici storici e dei vicoli del borgo. Sulla scia dell’opera comunale anche i privati hanno intrapreso autonomamente questa strada ed oggi il centro storico di questo piccolo comune, più vitale che mai, gode di ritrovato splendore, e tanti sono gli appuntamenti fissi che, oramai da anni, animano e colorano le piazze, i vicoli ed i giardino di questo antico borgo rurale. Eventi annuali SAGRA DELLA PATATA dal 23 al 26 Settembre 2010 Nella centralissima Piazza Giovanni XXIII, sotto una tensostruttura coperta, presso il ristorante della Sagra della Patata sarà possibile degustare piatti sempre diversi a base di patate.
Ordinando comodamente seduti ai tavoli, senza fare coda alle casse. Dal giovedì al sabato il ristorante aprirà alle ore 19.00 mentre la domenica, oltre all’appuntamento serale sarà possibile deliziarsi già a pranzo, a partire dalle ore 12.00. La Sagra, che si snoda per le vie del riqualificato centro storico lazzatese, raccoglie un notevole successo in termini di partecipazione del pubblico. Tutte le sere e la domenica pomeriggio, sono previsti spettacoli musicali e cabaret. Nell’ambito Sagra della Patata, nelle vie del Borgo di Lazzate, si terranno i tradizionali Mercatini dei Sapori d’Autunno. MERCATINO DI NATALE 11 e 12 dicembre 2010 MERCATINO DI PRIMAVERA generalmente a ridosso del 25 aprile VACANZE NEL BORGO nei mesi di luglio ed agosto.
Per saperne di più su Lazzate è possibile visitare il sito ufficiale del comune www.lazzate. com dove, nella sezione dedicata al borgo, sotto la voce Pubblicazioni, è possibile leggere online una completa opera dedicata alla storia di Lazzate e del territorio circostante ma anche, andando alla voce eventi, essere sempre aggiornati sulle feste e gli appuntamenti organizzati nel borgo.
Particolare della chiesa di San Lorenzo Martire
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[ I SEGRETI DELLO CHEF ]
Tagliatelle con tonno fresco, fiori di zucca e bottarga
Per continuare a concederci i gusti ed i piaceri della vacanza anche ora che siamo rientrati in città, abbiamo incontrato Piero, lo chef del Turné, un bistrot nel cuore di Monza dall’atmosfera calda e caratteristica, dove il buon cibo ed il buon vino vanno a braccetto una programmazione musicale live di qualità. Ho voluto riunire nel piatto che vi propongo oggi, ci racconta Piero, i profumi che per me contraddistinguono l’estate: tonno fresco, bottarga e fiori di zucca. E’ una ricetta molto semplice e veloce ma anche molto colorata e gustosa. Io vi do le dosi per una porzione, vi sarà poi
facile fare da voi il calcolo in base al numero dei commensali. 100 gr. di tagliatelle fresche 100 gr. di tonno fresco 1 zucchina, 4 fiori di zucca 1 spicchio d’aglio 2 cucchiai di bottarga 6 pomodorini ciliegini cotti al forno Olio extra vergine d’oliva Prezzemolo tritato Come prima cosa butto la pasta che dovrà cuocere in acqua solo pochi minuti, poi ultimeremo la cottura in padella. Scaldo l’olio in un’ampia padella e vi aggiungo qualche fettina d’aglio tritato finemente (ma ognuno può comodamente dosare questo ingrediente a seconda dei propri gusti, lasciandolo intero ed eliminandolo prima di servire o abbondando a piacere). Poi taglio la zucchina a fettine sottili in modo che cuocia molto velocemente a fiamma alta. Salo leggermente le zucchine ma con molta attenzione (e lo stesso vale per l’acqua della pasta) perché la bottarga con cui ultimeremo il piatto è già molto saporita. Taglio a dadini il tonno e, infine, i fiori di zucca
a larghe strisce. Scolo le tagliatelle (facendo attenzione di conservare un po’di acqua di cottura da aggiungere, quando necessario) e termino la cottura direttamente nella padella, con gli altri ingredienti. Aggiungo subito un mestolino d’acqua per amalgamare ed unisco i fiori di zucca e, infine, il tonno. Lascio cuocere il tutto per pochi istanti, il tonno deve risultare appena scottato. Prima di terminare aggiungo ancora un po’d’olio e prezzemolo e passo subito ad impiattare. Per finire spolvero con la bottarga e guarnisco con i pomodorini al forno. Buon appetito! Guarda lo chef Piero all’opera nella video ricetta sul sito di Trantran nella sezione I segreti dello Chef ! Per saperne di più sui menù stagionali proposti dallo chef Piero e per la programmazione musicale del Turné visita il sito www.turnemonza.it o le pagine facebook e myspace del locale!
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[ REALITY venti domande per vedere
la brianza con gli occhi dei brianzoli ] Intervista1
Nome Chiara Età 35, appena compiuti. Dove sei nata? A Giussano. Dove vivi? Valle Guidino, Besana in Brianza. Vivi da solo o con la famiglia? Vivo col mio fidanzato. Destra o Sinistra? Destra. Che lavoro fai? Mi tengo occupata! Durante il giorno faccio tante cose! Cosa ti piace di Monza e Brianza? Un po’tutto. Mi sento a casa. Associazione d’idee. Se ti dico verde… Bosco. Cena… Tanto cibo, gli amici, il buon vino e il fidanzato che è sempre pronto ad uscire per una buona cena! Chi è Dario Allevi? Grazie a Trantran so che è il presidente della provincia di Monza e Brianza!
Dai un voto a Monza e Brianza Otto. Ai trasporti in Brianza? Non lo so, mi muovo solo in macchina. Al commercio in Brianza? Sette e mezzo. Vai al Parco? D’inverno, quando non c’è in giro quasi nessuno ci vado spesso coi miei cani. Se non in Brianza dove vorresti vivere? Al mare sicuramente. Esprimi un desiderio. Vorrei avere intorno solo persone che mi vogliono bene! Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole. Dimmi un proverbio Il lupo perde il pelo ma non il vizio!...anche se mi piace molto anche il detto del bue che da del cornuto all’asino! Dì qualcosa ai nostri lettori. Andate ad adottare i cani nei canili, anche quelli anziani che hanno un gran bisogno di una casa!
Intervista2 Nome Omar Età 34. Dove sei nato? A Monza. Dove vivi? A Valle Guidino.
Dai un voto a Monza e Brianza Sei e mezzo. Ai trasporti in Brianza? La sufficienza. Al commercio in Brianza? Un bel sette per incoraggiare!
Vivi da solo o con la famiglia? Con la mia fidanzata.
Vai al Parco? Quasi mai.
Destra o Sinistra? Destra, ma non Berlusconi.
Se non in Brianza dove vorresti vivere? Nelle Langhe
Che lavoro fai? Sono negli alimentari. Cosa ti piace di Monza e Brianza? Sinceramente poco o niente. Ci sono molti posti più belli.
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Chi è Dario Allevi? L’ho già sentito ma non saprei dire chi sia…
Esprimi un desiderio. Fatto! Metropolitana a Monza: favorevole o contrario? Favorevole.
Associazione d’idee. Se ti dico verde… Il senatur.
Dimmi un proverbio Tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino!
Cena… Abbondante e di qualità!
Dì qualcosa ai nostri lettori. Fate l’amore e non la guerra!
[ RACCONTIAMOCI ]
Un cadavere in stazione…
Monza si tinge di nero nell’appassionante romanzo di Sergio Paoli [ di ELENA GORLA ] Sergio Paoli è l’autore di un noir avvincente ambientato nel nostro capoluogo di provincia ed articolato attorno al mondo delle grandi aziende, del denaro, dei manager, delle belle donne e della bella vita. Truffe, malavita organizzata, potere corrotto e droga, i vizi che corrodono un sistema in apparenza dorato: ma qualcosa di vero rimane nell’eterna lotta fra il bene ed il male. Questa è la “Monza delle delizie” narrata da Sergio Paoli. Di origine toscana ma trapiantato in Brianza…come si vive qui? Sicuramente si vive in maniera umida fra afa e nebbie ma ci sono abituato dato che mi sono trasferito qui quando ero piccolo e mi sento a pieno titolo brianzolo. Monza delle delizie (2010, Frilli Editore) il tuo secondo romanzo (dopo Ladro di sogni, 2009, Frilli Editore) è ambientato, come il titolo stesso suggerisce, nel nostro capoluogo di provincia: come mai questa scelta? Devo ammettere che è stata un po’una scelta di comodo: qui in zona ci sono parecchi giallisti e Milano è davvero affollata di personaggi letterari. A Monza, invece, non c’era ancora nessuno ed ho pensato di collocarci i miei personaggi. Inoltre Monza è una città che conosco bene, nella quale, quindi, posso farli muovere ed agire senza troppe difficoltà. Inoltre, dopo la nascita della nuova provincia, la città sta assumendo un ruolo di primo piano, non più subordinata a Milano, e dunque mi è apparsa un’ambientazione interessante. Come hai selezionato le location, dalla Stazione FS al Mc Donald’s, che compaiono nel romanzo? Io faccio il pendolare da vent’anni per andare al lavoro, quindi passo dalla stazione tutti i giorni due volte al giorno. Un altro luogo molto frequentato dal vicecommissario Marini (NDR. il protagonista dei romanzi di Paoli), è Mc Donald’s. Anche questo è un luogo che frequento spesso avendo dei bambini. E’ un luogo che mi piace perché è frequentato da persone di tutti i tipi. Spesso i locali come questo sono visti con un po’di puzza sotto il naso ma in realtà a me piacciono moltissimo perché dentro Mc Donald’s c’è il mondo: ci trovi di tutto e puoi sentir parlare tutte le lingue. E’ un posto rappresentativo del luogo in cui viviamo, della società in cui viviamo. Poi ci sono anche luoghi più classici, come il parco di Monza o, nel nuovo romanzo che sto scrivendo, il “Re di Sasso” (NDR. la ce-
lebre scultura raffigurante re Vittorio Emanuele secondo sita all’entrata dei Boschetti della Villa, raccordo architettonico urbanistico tra la città e la Villa Reale di Monza). Oltre che scrittore lavori in un’azienda come “quadro” (NDR. ruolo responsabilità e raccordo fra la dirigenza e gli impiegati). Quanto la tua esperienza personale all’interno delle gerarchie aziendali ha influenzato la visione disincantata del mondo manageriale che affiora in Monza delle delizie? Certo mi ha influenzato tanto, anche se certe cose sono facilmente deducibili anche da quello che si legge sui giornali. Bisogna, inoltre, aggiungere che certe dinamiche sono fin troppo consolidate e probabilmente già agli inizi del secolo i meccanismi che muovevano l’economia erano gli stessi. Comunque il viverli dall’interno mi ha sicuramente influenzato. Ovviamente poi si lavora di fantasia per costruire una storia e non conta più se la vicenda narrata è reale o no. E’ realistica e quello che conta davvero è il voler raccontare un sistema, un ambiente. Credo che nessuno scrittore possa prescindere dal contesto in cui vive e opera. Il noir si trasforma strumento di analisi sociale: in questo romanzo compaiono alcuni temi di enorme attualità: in primis l’uso di cocaina radicato a tutti i livelli della scala sociale. Dal manager al poliziotto sono tutti identificati come consumatori, per lo meno occasionali… Ricordo di aver letto tempo fa un articolo in cui si parlava del risultato di un’analisi effettuata sulle acque della rete fognaria di Milano. Da quell’esame delle acque reflue risultava un con-
sumo di cocaina almeno doppio rispetto alle stime ufficiali, di circa un kg al giorno. Questa cosa mi aveva molto colpito e, dunque, è uno spaccato sociale che è entrato a far parte del romanzo. E poi c’è anche la componente di vita vissuta: avendo conosciuto molti manager risulta facile capire chi ne fa uso. Si incontrano persone che viaggiano costantemente a ritmi sostenuti ma questo, è evidente, non sarebbe possibile senza l’uso di droghe anche se poi, ovviamente, questi ritmi non confluiscono in buoni risultati. La cocaina è diventata, lo dice anche Saviano in Gomorra, una merce di largo consumo e, dunque, relativamente a buon mercato. Per questo, oggi più che mai è possibile trovare consumatori in quasi tutti gli ambiti sociali. Per questo c’è la necessità di raccontare la società ed i problemi che la toccano anche attraverso un romanzo “d’evasione”, non con saggi sociologici ma con altri strumenti narrativi, comunque efficaci perché calati nella società di cui narrano una vicenda specifica. Qualsiasi scrittore non può prescindere, a mio avviso, dal fotografare la società che lo circonda mettendone a fuoco le dinamiche ed i problemi reali: è una responsabilità a cui chiunque voglia raccontare qualcosa deve assolvere. Tanto più nell’Italia di oggi in cui i mezzi d’informazione non sembrano interessati a raccontare talune realtà. Gli scrittori possono fare la loro parte raccontando storie inventate ambientate un mondo reale, dicendo così anche qualcosa su cui si possa riflettere. Altro tema estremamente attuale, soprattutto in un periodo in cui tanto si parla di Expo, è il rapporto impresa, politica, criminalità organizzata ora
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[ RACCONTIAMOCI ] El ghe diseven “el Pippo”… di Ivana Gorla Oggi ho settantotto anni. Ne avevo undici quel sabato pomeriggio. Sono trascorsi 68 anni ma dopo tanto tempo il ricordo è vivo come allora. Era il 24 di ottobre e camminavo assieme a mia mamma, Margherita, fra le bancarelle del mercato alla darsena di Porta Ticinese. Era una bella giornata, fino a quel momento era stato un autunno molto mite ed il sole ancora caldo conservava ancora intatte alla memoria le fragranze dell’estate in realtà già lontana. Mi attardavo, appesa alla mano di mia madre, rapita dai rumori e dai colori delle tante bancarelle di quel mercato affollato di persone. Osservavo ogni cosa con fare distratto, semplicemente felice di essere lì, a spasso per le vie chiassose della città, a godere di uno degli ultimi miti tramonti dell’anno. Le nebbie, si sa, a Milano arrivano coi morti, portandosi il freddo e la pioggia. Per questo, forse, inizialmente non mi accorsi di nulla e non feci caso al rumore già vicino. Fu la mano di mia mamma a richiamarmi alla realtà. La sua presa distratta ed indaffarata divenne ad un tratto una morsa inamovibile che con uno scatto rapido e perentorio mi avvicinò a sé: quasi a nascondermi fra il suo braccio ed il suo esile corpo. Non era esattamente un donnone Margherita, ma si fece montagna nell’istintiva volontà di proteggermi. Fu un istante. Solo un secondo di empasse, poi la sua mente rapida focalizzò prontamente il da farsi: scappare. Solo a quel punto avvertii quel rumore ed alzai gli occhi al cielo. Negli anni a venire, io, come del resto tutti i milanesi, diventai più pronta e veloce a riconoscere il pericolo in quello che iniziava come un lontano ed anonimo ronzio. “Arriva il Pippo!”. Era il grido che si alzava fra la folla non appena qualcuno identificava quel suono nel cielo. E la folla, senza pensare, si dava alla fuga. Gli aerei, già a bassa quota, volavano sopra il naviglio e su via Ascanio Sforza. Mia madre iniziò a correre, svelta, senza mai lasciarmi la mano ma abbandonando la pesante borsa che portava appese all’altro braccio. Il Pippo, e non so come mai si diffuse l’abitudine di chiamare così tutti gli aerei che minacciavano i cieli di Milano, era davvero vicino. “Corri Ivana! Corri!” urlava correndo a perdifiato verso l’imbocco di via Magolfa. Solo a quel puntò iniziò a suonare la sirena d’allarme. Furono solo pochi istanti perché subito quel frastuono venne coperto da un fragore ancora più grande. Un boato terrificante. Avevano sganciato la prima bomba, erano le 17.57. La sirena non aveva dato il preavviso. Le bombe caddero anche sulla scuola di via Brunacci che fortunatamente, a quell’ora del sabato, era vuota. Abitavamo al 30 di via Torricelli, in uno stabile che oggi chiamano “della Vecchia Milano”, con le lunghe ringhiere che costeggiano i popolati ballatoi, a pochi metri in linea d’aria dalla scuola colpita due volte: da una bomba incendiaria e da una bomba dirompente. La violenza dello scoppio danneggiò anche la nostra casa. A causa delle profonde crepe alle pareti, che la mettevano a pericolo di crollo, fummo costretti a sfollare. Come noi in tanti dopo quel giorno furono costretti ad abbandonare le proprie case e cercare rifugio nelle abitazioni, più periferiche e dunque considerate più sicure, messe a disposizione dal comune. Mio padre, Francesco, lavorava presso le cartiere Binda, alla Conca Fallata, dunque noi fummo sfollati lì, presso gli edifici della cartiera. La nostra vecchia casa c’è ancora, in via Torricelli al 30 e la scuola è stata ricostruita dopo la liberazione. Ancora oggi, quando avverto un velivolo sopra la mia casa, ho paura: queste cose non si dimenticano. Mario Broggi. Picchiatello verso l’uscita
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come non mai attiva e presente anche al nord… Devo ammettere di non aver fatto chissà che ricerche particolari, mi sono limitato a guardare quello che è un po’ sotto gli occhi di tutti e che emerge anche talvolta dalla stampa. Ad esempio ho letto un libro molto interessante, scritto dal magistrato calabrese Nicola Grattieria assieme a Antonio Nicaso, dal titolo La mala pianta (ed. Mondadori) in cui il magistrato racconta la sua lotta alla ‘ndrangheta ed in cui emerge come il fatturato della malavita organizzata calabrese si aggiri attorno al 3% del nostro Pil. Questi capitali illeciti, chiaramente, da qualche parte devono essere investiti e ripuliti. E nelle grandi opere si sa, soprattutto in Italia, confluiscono sempre grandi capitali, anche quelli di dubbia provenienza. Come si è avvicinato alla scrittura? Ho sempre avuto la passione per la scrittura ma posso dire di avere iniziato a scrivere veramente solo qualche anno fa. Quando, non so bene come, tutti i miei precedenti lavori ed esperienze sono confluiti in un libro, una raccolta di racconti (Rumori di fondo, ed. MEF Maremmi Editori Firenze, 2007) con cui ho partecipato ad un concorso per scrittori emergenti. Il libro è piaciuto, è stato pubblicato…ed è iniziata così. Ma il vero mondo dell’editoria è un’altra cosa. L’ho scoperto quando ho pensato di scrivere un romanzo, il mio primo romanzo Ladro di sogni. Terminato il romanzo ho fatto una ventina di copie le ho imbustate e le ho spedite a varie case editrici, quelle che mi sembravano più adatte a pubblicare il mio lavoro, prendendo gli indirizzi da internet. Poi ho aspettato! Promozione letteraria: oggi quali canali? E quanto conta l’auto promozione? La rete è senza dubbio uno strumento importante, non solo per la promozione ma per la scrittura in generale perché permette di scrivere a tutti ed avvicina tanti alla scrittura, e permette a tanti di essere letti perché qualcuno sulla tua pagina ci capita sempre. Dunque garantisce un “pubblico”, seppur limitato. Poi per quanto riguarda la vera e propria promozione dei libri, bisogna partire dal dato di fatto che in Italia il mercato del libro è difficile perché si legge pochissimo e dunque si hanno dei budget ridottissimi. Questi ultimi vengono quindi quasi del tutto assorbiti dalla promozione di quelle opere già best seller o alle cui spalle ci sia un nome di forte richiamo. Il passaparola fra i lettori è dunque, per gli altri autori, lo strumento più importante…e qui si torna, quindi, all’importanza della rete che facilita e veicola il passaparola. A livello di numeri non è influente ma è già una conquista in termini di pubblico. L’autopromozione, invece, è un’arma a doppio taglio perché è forte il rischio di essere rifiutati. In molti pensano: “ se questo fa tutto da sé significa che non ha alle spalle nessuno!”. E’ quindi una cosa che va fatta in modo molto mirato, scegliendo i canali con pazienza. Io, infatti, mi ripeto sempre: “se conquisto un lettore al giorno ho già fatto un buon lavoro!”
[ L’ANGOLO
DEL PENDOLARE ]
I nove gironi [ rubrica a cura di Juri Casati ] Per noi che viaggiamo sui mezzi la vita non è mai un Paradiso, il più delle volte è un lungo Purgatorio, qualche volta è un vero Inferno: evidentemente abbiamo le nostre colpe da scontare. A questo proposito sono sorprendenti le analogie tra l’Inferno pendolaresco e i nove cerchi dell’Inferno della Divina Commedia. 1° cerchio: Dante colloca qui coloro che non hanno ricevuto il battesimo perché vissuti prima dell’avvento del Cristianesimo. Costoro non hanno particolari colpe. Nel nostro caso qui stanno i normali e innocenti pendolari. Il contrappasso, cioè la pena, sia nella Divina Commedia sia nel caso dei comuni pendolari è il medesimo e cioè l’attesa eterna. 2° cerchio: qui sono puniti i lussuriosi. Nel nostro caso qui sono collocati coloro che in estate fanno finta di voler restare in piedi – e fanno anche la figura dei gentleman che cedono il posto per guardare meglio la scollatura delle signorine sedute. Il contrappasso nella Divina Commedia sta nell’essere trascinati per aria (in analogia con la passione che travolse queste persone in vita). Nella vita pendolaresca il contrappasso è venir trascinati giù dal treno da qualche fidanzato che si accorge delle sbirciate. 3° cerchio: qui sono puniti i golosi. Coloro che si azzardano comprare dalle macchinette in Stazione un tramezzino fresco. Il contrappasso dantesco è lo stesso di quello ferroviario: rantolare per terra. 4° cerchio: qui sono puniti gli avari e i prodighi, cioè coloro che accumulano o sperperano ricchezze. Nel nostro caso gli avari viaggiano con un biglietto di una fascia chilometrica inferiore a quella effettivamente da percorrere, mentre i prodighi viaggiano con un biglietto di una fascia chilometrica superiore al dovuto. Il contrappasso nella Divina Commedia è complicato: sia i prodighi che gli avari spingono enormi massi e si rinfacciano l’un l’altro i peccati compiuti. Sui treni questa categoria di peccatori è facilmente riconoscibile: la moglie accusa il marito di aver sbagliato a fare il biglietto per l’imbarazzo di chiedere in Biglietteria quanti chilometri ci sono tra Milano e Desio. Il marito spinge questo masso di moglie da Milano a Desio dicendole di starsene zitta. La moglie replica che… 5° cerchio: qui sono puniti gli iracondi e gli indolenti. Gli iracondi insultano il controllore quando il treno è in ritardo o fermo in aperta campagna. Gli indolenti sono i pendolari che non dicono niente, ma borbottano considerazioni grottesche. Il contrappasso dantesco prevede che siano immersi nel fango di una palude. Gli iracondi vengono immobilizzati di solito dal con-
One Way Ticket To Hell di MarkWilkinson
trollore con un: “Lei ha ragione, ma non dipende da me…” Per quanto riguarda gli indolenti una volta ne ho sentito uno che fangosamente si domandava “Dove andrà a finire questa Italia?” e non si riferiva alla Nazionale. 6° cerchio: qui sono puniti gli eretici. Il contrappasso dantesco è il rogo. Qui sono puniti coloro che un minuto prima del deragliamento erano certi che il treno fosse il mezzo più sicuro per viaggiare. 7° cerchio: qui sono puniti i violenti. Il peccato ferroviario è ovvio: il lancio di oggetti dal finestrino. Il contrappasso nella Divina Commedia è l’immersione in un fiume di sangue bollente. Anche nella vita pendolaresca il contrappasso per questo peccato - da tutti commesso in gioventù - è simile perché prevede l’immersione in un vagone dai finestrini sigillati e con l’aria condizionata rotta, cioè l’esser destinati a soffrire un caldo soffocante per tutta l’estate. 8° cerchio: qui sono puniti i fraudolenti. I ladri, d’accordo. Ma Dante considera fraudolenti anche i seduttori. I broccolatori da viaggio sono persone strette da un lato dagli obblighi di famiglia e dall’altro dalle rigidità imposte dal lavoro in ufficio. Dante è comprensivo: li descrive come puniti con la pena più comune della sua epoca: la fustigazione. Come se dicesse: hanno già scontato una pena. Siamo comprensivi anche noi. 9° cerchio: Dante nell’ultimo cerchio dell’Inferno colloca “i traditori di chi si è fidato” e li descrive come immersi nel ghiaccio e completamente soli. È una scelta che lascia perplessi. Tuttavia proprio qui si dipana il genio del Sommo Poeta che sa vedere gli eventi con secoli di anticipo. Infatti nessuna scelta è stata più azzeccata. Fino all’ottavo cerchio sono stati puniti i peccati dei viaggiatori… ma chi aveva promesso nuovi treni per i pendolari?
Lettera di un pendolare Buongiorno, sono una dei tanti pendolari che ogni giorno affronta la giornata pensando: chissà oggi che cosa capita. Vi voglio raccontare cosa è successo stamattina 22 Luglio 2010 alla stazione di Lissone: Siamo in parecchi in attesa del treno delle 7.29 da Chiasso per Milano Garibaldi. E’ in ritardo di 5 minuti (eh va bene) Dopo l’annuncio tutti pronti dietro la riga gialla. Giriamo lo sguardo verso destra al fischio del treno ma....... a forte (e confermo forte) velocità il treno passa e ...non si ferma!!! e tutti, con i capelli al vento, a guardare a sinistra..... Al momento sguardi sbigottiti poi..... un rumore di frenata e in lontananza il treno che si ferma. Chi ride, chi sorride, la maggior parte impreca e infine qualcuno applaude. Dopo quasi 10 minuti il treno torna indietro e c’e’ l’assalto. Non tutti riescono a salire ma intanto annunciano il prossimo treno a sua volta in ritardo. A quel punto sono già passate le 8. La situazione (se vogliamo anche un pò pericolosa) avrebbe potuto essere divertente ma purtroppo il caldo, la stanchezza ma più che altro i disservizi ai quali siamo abituati da troppo tempo noi pendolari fanno sì che ormai il nervosismo prevalga sul sorriso. Buona giornata e buone vacanze Roberta Fossati pendolare di Lissone Grazie a tutta la redazione di TRAN TRAN per la bella rivista che ,Vi assicuro, ci aiuta a iniziare bene la giornata.
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[ DI TUTTO UN PO’ SVAGO GIOCHI CURIOSITà ]
Texas Hold’em: giocare un torneo multi-table/1 Questo mese continuiamo nell’approfondimento degli aspetti psicologici del gioco del Texas Hold’em, innanzitutto chiudendo brevemente l’argomento delle tipologie di giocatori parlando del quinto e ultimo macrotipo di avversario che possiamo incontrare al tavolo, il Donk, ma soprattutto introducendo un argomento estremamente ricco ed interessante, ovvero le strategie di gioco nei tornei più importanti tanto dal punto di vista sportivo quanto da quello remunerativo: i tornei multi-table. Del Donk (pollo, fish o calling station) abbiamo già avuto più volte occasione di parlare precedentemente, e qui ne riassumeremo solo e brevemente le caratteristiche inquadrandolo nello “schema” delle tipologie di giocatori proposto. Dei cinque tipi di avversari che possiamo incontrare è in realtà il meno pericoloso e il più facile da battere, e peraltro quello contro cui si realizzano molto spesso le vincite più consistenti. Non di meno però può anche essere estremamente scomodo da avere al tavolo, soprattutto se non si adatta opportunamente il proprio gioco. Perdente per eccellenza, il Donk riassume in sé tutte le peggiori qualità dei diversi tipi di giocatori di poker. Della sua posizione al tavolo quindi non dovremmo preoccuparci, ma potendo scegliere sicuramente lo vorremmo seduto senza dubbio alla nostra sinistra. In generale andrebbe inquadrato come un loose-passive, differentemente dal Nit non sa piazzare puntate solide coerentemente con un punto forte, né tantomeno rilanciare o controrilanciare pre-flop una buona starting hand. Non per nulla è appunto detto calling station, si limita spesso al semplice call indipendentemente dalla dimensione della puntata e tendenzialmente vede anche con progetti improbabili come scale a incastro o addirittura con una coppia bassa se servita. Per questa ragione bluffare contro questo tipo giocatore risulta spesso essere una scelta perdente, non solo in termini di fiches ma anche di credibilità al tavolo, giacché il nostro bluff verrà regolarmente visto e spesso battuto appunto da punti miseri o da improbabili progetti chiusi fortunosamente alla quinta carta comune.
Sudoku
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Mini Glossario TPTK Top Pair Top Kicker. La coppia più alta che si possa avere in combinazione col board, accompagnata dalla carta non accoppiabile più alta. Set Tris in inglese, tre carte dello stesso valore. Quad è il poker. Cooler Una giocata obbligata, e dall’esito ineluttabile. Letteralmente una doccia fredda per chi lo subisce. Il tipico cooler è AA vs KK. È bene invece effettuare puntate solide e anche eccessive quando si abbia legato un punto molto forte, certi del fatto che così facendo isoleremo il nostro avversario imponendo il fold ad altri eventuali giocatori, e contemporaneamente aumenteremo la dimensione del piatto, e quindi della nostra (quasi) certa vincita. Non dimentichiamoci però che diversamente da un Maniac il Donk gioca (male) delle mani iniziali generalmente buone; per cui se da un Maniac è possibile davvero aspettarsi di tutto, e ogni tentativo di lettura della mano è tendenzialmente poco propizio, contro un Donk non è impossibile capire che un rilancio, ad esempio su un river che mostra una carta apparentemente insignificante, possa in realtà rappresentare veramente un improbabile punto chiuso in extremis (spesso un set o una scala). Impariamo quindi a dare comunque un certo tipo di credibilità a questo tipo di giocatore, soprattutto se ha mostrato di non avere particolare tendenza a piazzare bluff sconsiderati. Concluso il ragionamento sulle tipologie di giocatori, e avendo quindi a disposizione una serie di elementi in più per la valutazione delle nostre giocate, è ora sicuramente interessante introdurre alcune considerazioni sul gioco nei tornei multi-table, che per la caratteristica di offrire premi molto consistenti a chi si classifica nelle prime posizioni ingolosiscono molti giocatori, e sono diventati estremamente popolari. Un MTT (Multi-Table Tournament) online può avere cinquecento, mille o addirittura cinquemila o più giocatori iscritti. È importante quindi considerare che per arrivare in fondo possono volerci anche cinque/sei ore o più; inutile iscriversi se non siamo più che certi di avere questo tempo a disposizione, e che la qualità di questo nostro tempo sia adeguata all’impegno che dovremo affrontare. Non ha senso giocare un MTT se siamo stanchi dopo altri impegni o magari sconvolti ad esempio da un litigio con la fidanzata, o per aver ricevuto una brutta notizia. Per giocare bene un MTT è necessario mantenere alta la concentrazione per diverse ore di seguito e dedicarsi integralmente al gioco, un MTT è una maratona e per arrivare in fondo ci vuole tanta attenzione, concentrazione, ma soprattutto moltissima, moltissima, moltissima pazienza (e un pizzico di fortuna ogni tanto). Durante un MTT è bene adattare lo stile di gioco alle diverse fasi del torneo che attraversiamo. Delle migliaia di iscritti la metà circa verrà eliminata nel corso della prima ora; nelle prime fasi è quindi bene giocare più tight, evitando di entrare in situazioni rischiose con piatti molto alti, anche perché con i livelli dei bui ancora bassi non è improbabile incrociare mani particolarmente illeggibili. Per l’appunto infatti non bisogna comunque disdegnare di vedere dei flop con starting-hands inusuali, ma bisogna anche saper foldare se non si è legato un ottimo punto. Con
[ DI TUTTO UN PO’ ] il prosieguo del torneo sarà bene invece limitare il gioco passivo e mostrare maggiore aggressività; con l’innalzarsi del livello dei bui, quando questi prendono consistenza in rapporto allo stack medio del tavolo, c’è maggiore tendenza a rispettare puntate solide e forti controrilanci. Durante un MTT bisogna evitare le molte trappole in cui rischieremmo di perdere tutto. Ricordiamoci che è senza dubbio un buon risultato finire a premi, ma il nostro vero obiettivo è il tavolo finale. Massimizzare le vincite e minimizzare le perdite sembra fin troppo ovvio ma spesso ci si dimentica di questa regola basilare; è facile perdere la concentrazione e una sola decisione presa in un momento di scarsa lucidità potrebbe compromettere il nostro piazzamento. Prendiamoci sempre il tempo necessario a riflettere sulle singole giocate, e anche se abbiamo in mano un ottimo punto come TPTK e veniamo controrilanciati, riflettiamo due volte su cosa fare; stacchiamo il dito dal pulsante del mouse per un momento e pensiamo bene se davvero sia il caso di fare click su “all-in”. UTGaber
La saggezza di Nonna Elena: “Se vuoi avere giorni contenti, stai lontano dai parenti”
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[ DALLA PROVINCIA... ]
Associazione “Comitato uniti per l’Autodromo” Provincia MB, Comune di Monza e Camera di Commercio i soci fondatori
Il Sistema Tariffario Integrato non cambia per gli autobus della Brianza Confermati gli accordi SITAM per gli spostamenti da e per Milano Dal 1 settembre 2010 - contrariamente a quanto già annunciato in modo autonomo dalle Aziende di trasporto – resta confermata la consueta integrazione tariffaria SITAM, che consente, ad esempio, di poter utilizzare con un unico biglietto o abbonamento i bus di Brianza Trasporti sino a Sesto FS, per poi proseguire con la Linea 1 della metropolitana. Brianza Trasporti emetterà, inoltre, una specifica tessera per l’utilizzo delle linee MB, che sarà possibile richiedere direttamente all’azienda anche “on-line”. Durante questo primo anno la Provincia ha ottenuto, inoltre, la modifica del percorso dell’autolinea z227 Lissone FS – Muggiò Cinisello Balsamo – Sesto FS, attestandola alle stazioni ferroviarie. L’orario integrato gomma-ferro è consultabile sul sito internet www.provincia.mb.it
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Monza, 28 luglio 2010. E’ prevista per oggi alle 19.30, presso la Sala Giunta in via T. Grossi 9 a Monza, la costituzione dell’Associazione “Comitato uniti per l’Autodromo”, alla presenza del notaio Dott. Carlo Conti. Per la Provincia MB, socio fondatore, saranno presenti il Presidente Dario Allevi e l’Assessore Andrea Monti. Sigleranno la costituzione dell’Associazione anche il Sindaco di Monza Marco Mariani e il Presidente della Camera di Commercio di Monza e Brianza Carlo Edoardo Valli. Lo scopo dell’Associazione, che in base allo statuto ha la durata di 10 anni, è “promuovere, incentivare, proteggere e sostenere l’Autodromo di Monza come sede del Gran Premio d’Italia di Formula 1 e di tutte quelle iniziative, agonistiche e non, che siano direttamente collegate alle attività motoristiche a due e quattro ruote”. La necessità di costituire l’Associazione, infatti, era nata nei mesi scorsi dopo la candidatura di Roma ad organizzare nella capitale un GP. “Oggi mettiamo nero su bianco l’impegno delle istituzioni a difendere il simbolo della Brianza nel mondo, che è l’Autodromo Nazionale di Monza con il suo Gran Premio – spiega il Presidente Allevi, che è anche Presidente del neonato Comitato – Proseguiremo, con forza, a sostenere la tradizione del nostro circuito anche promuovendo eventi e manifestazioni da realizzare con enti pubblici e privati. Il tesoro di quasi un secolo di gare e storia, non può andare perso”. “Quello odierno è un momento estremamente importante, in cui viene finalmente a concretizzarsi l’unione sinergica di volontà e di intenti di tre soggetti fortemente rappresentativi della
nostra realtà territoriale, per la difesa, la valorizzazione e la promozione dell’Autodromo Nazionale di Monza, gioiello ed orgoglio per la nostra Brianza, il cui legame col nostro territorio rimane unico ed indissolubile” - ha aggiunto l’Assessore allo Sport ed Autodromo Andrea Monti - “Con l’atto di costituzione ufficiale del “Comitato Uniti per l’Autodromo si pongono le basi operative per poter agire con efficacia e determinazione, attraverso strategie coordinate e condivise, per la tutela e la salvaguardia di un patrimonio unico che costituisce un’eccellenza distintiva per Monza e la Brianza nel mondo intero cui non potremo mai rinunciare”. Allevi ha commentato con grande soddisfazione anche la nomina di Carlo Edoardo Valli ai vertici dell’ACI Milano, avvenuta oggi. “Avere un brianzolo doc nella stanza dei bottoni è senza dubbio una grande garanzia per noi – ha concluso il Presidente – Sono certo che, anche grazie a questa nomina, riusciremo a potenziare il lavoro di squadra per difendere e rilanciare il nostro circuito”. Anche l’Assessore Monti ha voluto formulare le più sentite congratulazioni a Carlo Edoardo Valli, esprimendo “profonda felicitazione per l’elezione di un valido e noto esponente della Brianza a capo di ACI Milano”. “Mi pare altamente indicativo - ha aggiunto l’Assessore - il fatto che la sua elezione sia avvenuta proprio nel giorno della costituzione del “Comitato Uniti per l’Autodromo”. E’ finita un’epoca, quella di chi pensava alle convergenze parallele. Oggi possiamo veramente iniziare a marciare tutti uniti. Finalmente la Brianza si presenta a viso aperto, schierando a tutto campo le sue pedine migliori.”
[ DAL COMUNE... ]
La città vive il suo Gran Premio Tra le tante iniziative in programma il concerto di Mario Biondi e la sfilata di Lorenzo Riva Torna dal 7 al 12 settembre MonzaPiù, iniziativa multiforme che introduce e accompagna il Gran Premio di Fomula Uno, organizzata dal Comune di Monza con Scenaperta Spa. Un evento che si presenta come un caleidoscopio di appuntamenti che trasforma le vie e le piazze della città di Monza in un gigantesco palcoscenico. MonzaPiu’ è una grande vetrina delle attività e delle tradizioni del territorio monzese che vive in sinergia tra imprese, associazioni e istituzioni locali coinvolgendo molti luoghi delle città, dalle piazze alle vie, ai musei e teatri e altri ancora.
anche sul piano musicale, la Brianza sia un territorio in continuo fermento creativo.
La splendida cornice delle piazze monzesi e dell’intera provincia, diventeranno luogo di numerosi eventi. Ci sarà spazio per il Trial, l’unico sport motoristico in cui la velocità non è uno dei parametri più importanti ed è anche l’unico sport motoristico dove l’abilità del pilota è nettamente più importante della bontà del mezzo e per il Drifting, lo Show offerto dai piloti D1 Stella che grazie anche alla spettacolarità del Twin Drift, ovvero la tecnica di scendere in pista coppie di piloti che devono dare il meglio dei loro mezzi a suon di traversi partendo insieme o semplicemente da soli con derapate e sbandate controllate. Non mancheranno poi i Kart! Per chi vorrà provare l’emozione di partecipare in prima persona ad una gara automobilistica Monza Più metterà a disposizione del pubblico kart molto facili da guidare anche per neofiti alla prima esperienza ed anche per il pubblico femminile.
Già negli anni scorsi MonzaPiù ha portato nel cuore della città migliaia di persone facendo vivere tante realtà commerciali monzesi. Da sottolineare nel programma di quest’anno una serie di appuntamenti che puntano all’aggregazione sociale come Bimbò in Pole Position. Un’area a misura di bambino che si colora di sfumature allegre e variopinte con i laboratori creativi, giochi gonfiabili, spettacoli di burattini e animazioni con clown.
L’8 settembre sarà la volta del Brianza Side Festival, evento ideato con lo scopo di dare spazio alle giovani realtà che con costanza e creatività portano avanti il loro talento musicale nella Provincia di Monza e Brianza. Le giovani band avranno possibilità di esibirsi all’interno di un evento prestigioso, di farsi conoscere al pubblico e di mostrare come,
Come ogni anno si rinnova l’appuntamento con Griglia di Partenza: il mondo dei motori sarà oggetto della trasmissione televisiva che trasmetterà da Monza, attraverso la verve e la simpatia di Franco Bobbiese, dei suoi ospiti, campioni ed esperti, con servizi e filmati da tutti i circuiti.
L’edizione 2010 si arricchisce di due iniziative di prestigio. Sabato 11 settembre 2010, in Villa Reale, nella residenza più rappresentativa dello stile neoclassico in Lombardia, avrà luogo un concerto suggestivo di una delle più acclamate voci soul jazz italiane: Mario Biondi. In via Vittorio Emanuele, nella serata del 10 settembre, invece, la Maison Lorenzo Riva festeggerà i 50 anni della attraverso una sfilata di moda degli ultimi capi dello stilista monzese che ha vestito le donne più belle del mondo realizzando capi di moda eccezionali, ispirati al passato e perfetti per la donna che ama vestire in maniera elegante e femminile.
“MonzaPiù è diventato con gli anni il tradizionale appuntamento collaterale del Gran Premio a testimonianza che la città vuole vivere intensamente la settimana della grande corsa automobilistica, colorandosi e dando spazio a una serie di attività culturali, sportive e sociali – sottolinea l’Assessore allo Sport e agli Eventi Andrea Arbizzoni – Monza e il Gran Premio sono un binomio inscindibile che viene arricchito dalla presenza di tanti eventi proprio a significare come l’Autodromo e la grande corsa mondiale siano un insostituibile veicolo di promozione per tutta la Brianza. Mi piace sottolineare l’omaggio che la città intera farà a uno dei suoi migliori artisti: il grande Lorenzo Riva che festeggia cinquant’anni di attività con una sfilata ai piedi dell’Arengario”. “L’obiettivo, da sempre, è animare la Provincia di Monza e Brianza nei giorni precedenti al Gran Premio di Formula 1 con attività ed eventi di carattere culturale, ludico e sociale coinvolgenti e coerenti con il tema motori, destinate a un pubblico ampio e variegato – ha affermato Luca Magni, Presidente Scenaperta, società organizzatrice di MonzaPiu’ – Il territorio monzese vuole dimostrare di essere altamente titolato ad ospitare grandi eventi come il Gran Premio e iniziative collaterali come Monza Più dalla valenza culturale, artistica e sportiva. Scenaperta conferma e dimostra la propria identità di organizzatrice di grandi eventi, in grado di rispondere al meglio alle esigenze del contesto in cui è inserita.”
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[ SPECIALE GP MONZA ]
GRANPREMIO2010
Autodromo 1958 ò di Alfredo Vigan Archivio privato
CONTO ALLA ROVESCIA
Settembre a Monza: l’autodromo e la Ferrari. Come ogni anno a settembre si ricomincia. [ di Juri Casati con un intervento dell’Assessore Andrea Arbizzoni
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Per gli altri italiani settembre è il mese in cui ricominciano le scuole e in cui bisogna comprare libri, zaini e quaderni. Per gli altri italiani settembre è il mese dei buoni propositi: ci si iscrive a corsi per imparare qualcosa – di solito una lingua straniera - che poi vengono regolarmente abbandonati verso novembre, quando il freddo si fa più intenso. Per noi brianzoli settembre vuol dire questo, ma vuol dire anche qualcos’altro dal momento che il primo evento di un certo rilievo che ci troviamo ad affrontare a settembre è il Gran Premio di Formula 1. Quest’anno il Gran Premio si svolgerà il 10, 11 e 12 settembre. A pensarci bene in realtà il Gran Premio di Formula 1 ci ha seguito anche in vacanza. Infatti a chi di noi durante le ferie non è mai capitato di sentirsi chiedere o di dover dire la città in cui è nato o la città da cui proviene? E chi di noi quando ha dovuto citare Monza non ha abbinato il nome di Monza al Gran Premio di Formula 1? D’altronde cosa dovremmo fare? Abbinare il nome di Monza al regicidio? No. Mettiamocelo bene in testa: è il Gran Premio di Formula 1 che rende conosciuto il nome di Monza nel mondo e non altro: né corone ferree, né longobardi, né ville reali, né regicidi. Solo auto. Il che – bene inteso – non è uno scandalo. Anche questo semplice esempio ci ricorda come un Gran Premio di Formula 1 porti visibilità e notorietà internazionale alla città che lo ospita.
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[ SPECIALE GP MONZA ]
Il circuito
Ma un Gran Premio di Formula 1 porta - anche questo è risaputo - turismo e un cospicuo giro d’affari. Era pertanto inevitabile che prima o poi qualcuno volesse entrare nel business. Lo ha fatto Roma e lo ha fatto in modo scoperto. Certamente la città di Roma ha il più antico circuito del mondo, il Circo Massimo, perfetto per le corse dei carri, ma non ha un circuito automobilistico. Infatti l’ipotesi allo studio è quella di creare un circuito cittadino sul modello del Principato di Monaco. Tuttavia, a differenza del Principato di Monaco, il circuito di Roma non potrà essere ospitato in centro per motivi tecnici e vincoli storici, ma dovrà situarsi vero la periferia. Il quartiere prescelto sembra essere quello dell’EUR. Se ci pensate bene la manovra che Roma sta compiendo in questi mesi con Monza e il suo Gran Premio è la stessa compiuta (e coronata da successo) pochi anni fa da Roma con Venezia e il suo Festival del Cinema. Tale comportamento è certamente determinato da fattori economici legati al cambiamento delle abitudini turistiche. Infatti la permanenza dei turisti non solo a Roma, ma in tutte le località turistiche, è di durata inferiore rispetto al passato: spesso si tratta una toccata e fuga. Le celebri Vacanze Romane non esistono più o si sono ridotte di molto. Da questa situazione – che porta con sé la necessità di intercettare continuamente nuovi turisti mordi e fuggi – è nata l’idea di esprimere durante tutto il corso dell’anno un ciclo ininterrotto di eventi speciali sempre diversi: dalla notte bianca al Festival del Cinema, dal Gran Premio al Concerto del Primo maggio. E, se capitano, ben vengano Giubilei, Olimpiadi e Mondiali. È una logica di marketing simile a quella applicata dalla città di Las Vegas - e infatti anche Las Vegas ha ospitato la Formula 1 - che tende ad attivare tutti i giorni eventi speciali di tutti i generi e per tutti i gusti, dai concerti di Cèline Dion ai Mondiali di Boxe, e che non disdegna di citare sfacciatamente “beni” altrui come l’antico Impero romano, gli antichi Egizi e il lago di Como dal momento che ha come unico scopo quello di attirare a getto continuo un po’ tutti i tipi di turisti. È una logica di marketing che porta a chiedersi: quale città dopo Venezia e Monza dovrà pagare pegno a Roma la prossima volta? È una logica di marketing che però non è oggettivamente adatta a Roma.. Infatti Roma non è Las Vegas, ma è la Capitale d’Italia. Roma è la sede di Istituzioni politiche e culturali di rilevanza internazionale. Roma è la sede del Cattolicesimo. La statura storica, politica, culturale e religiosa della città consiglierebbe di mantenere per quanto possibile comportamenti misurati. Gli eventi speciali sono possibili – ci mancherebbe altro –, ma non a ciclo pressoché continuo perché altrimenti essi snaturerebbero e sminuirebbero il ruolo, la funzione e se vogliamo il primato di Roma trasformandola da città ricca di primari contenuti storici, politici, culturali e religiosi a cittàcontenitore di qualsiasi format, proprio come Las Vegas. Comunque sia la città di Roma potrà anche ospitare un Gran Premio – d’altronde lo ha già fatto in un lontano passato – ma non potrà mai avere la storia che ha il circuito di Monza. Sul sito ufficiale dell’Autodromo (www.monzanet.it) potete trovare la storia completa, affascinante e anche controversa dell’Autodromo di Monza dalla costruzione ai giorni nostri arricchita da un’enorme mole di dati storici, tecnici e statistici oltre che da una significativa galleria foto-
grafica. Vi consigliamo caldamente di visitare questo sito: è molto utile per avere tutte le informazioni ufficiali e aggiornate sul circuito, sul Gran Premio o per acquistare i biglietti. Impossibile rendere conto in questa sede di tutta la storia del circuito. Aiutandomi con le informazioni contenute nel sito dell’Autodromo ne ripercorro qui qualche passaggio iniziale. La costruzione dell’Autodromo di Monza fu decisa nel gennaio del 1922 dall’Automobile Club di Milano per rispondere ad una serie di esigenze. Innanzitutto celebrare il venticinquesimo anniversario di nascita dell’Associazione. In secondo luogo per fornire una sede adatta al Gran Premio automobilistico d’Italia in modo tale da poter competere con il già affermato Gran Prix dell’Automobile Club di Francia, nato qualche decennio prima. Infine c’era anche l’esigenza di disporre di un impianto stabile che consentisse di svolgere prove sperimentali di ogni tipo con autoveicoli e motoveicoli. Teniamo presente che quelli erano gli anni in cui stava esplodendo il fenomeno del Futurismo, una corrente culturale che esaltava apertamente la velocità, la macchina, l’industria. Per la localizzazione geografica dell’Autodromo vennero fatte varie ipotesi tra cui l’area in cui sorge l’attuale Aeroporto di Malpensa. La soluzione monzese prevalse perché c’era la disponibilità di un’ampia area libera in un parco recintato, era a breve distanza da Milano ed era ben collegata. Il compito di redigere il progetto fu affidato all’architetto Alfredo Rosselli. La prima pietra fu collocata alla fine di febbraio del 1922, ma fin da subito si manifestarono perplessità per l’impatto ambientale che il circuito avrebbe avuto. Le autorità ordinarono la sospensione dei lavori per motivi di “valore artistico, monumentale e di conservazione del paesaggio”. Alla fine prevalse la tesi dell’assoluta necessità di un autodromo, anche se dimensioni ridotte rispetto al progetto originario. Pertanto a fine aprile arrivò il benestare definitivo. Quello fu il punto di non ritorno. Ricordiamoci però che la sensibilità paesaggistica ed ecolo-
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[ SPECIALE GP MONZA ]
Il team Ferrari (foto gentilmente concessa dalla Ferrari)
gista in Italia si è diffusa solo in questi ultimi decenni. In quegli anni non c’era. Anzi per esempio il Futurismo esprimeva un certo disprezzo per la sensibilità paesaggistica, considerata una romanticheria sorpassata. Infatti una celebre espressione del movimento futurista era: “Uccidiamo il chiaro di luna che si specchia nei Navigli”. L’Autodromo fu costruito in centodieci giorni, tempo impensabile per qualsiasi opera pubblica ai giorni nostri. Il circuito ideato dall’architetto Rosselli comprendeva un anello per l’alta velocità della lunghezza di 4,5 chilometri. Il recinto tribune includeva la tribuna d’onore con una capienza di 3000 posti e sei tribune laterali da 1000 posti ciascuna, tutte costruite in legno e muratura. La pista fu percorsa per la prima volta il 28 luglio da Pietro Bordino e Felice Nazzaro a bordo di una Fiat 570.L’apertura ufficiale dell’impianto avvenne il 3 settembre 1922 alla presenza del Presidente del Consiglio Facta, con una gara che fu vinta da Pietro Bordino su una Fiat 501 modello corsa. Nel 1933 sulla curva sopraelevata Sud perdettero la vita in un incidente i piloti Campari, Borzacchini e Czaykowski. Il triplice incidente mortale portò a ripetute modifiche del tracciato che si susseguirono per diversi anni. Nell’aprile del 1945 il rettifilo delle tribune ospitò una parata di mezzi corazzati alleati che ne rovinò il fondo. Poco più tardi vaste aree,
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soprattutto nella zona meridionale del circuito, furono adibite a deposito di automezzi militari e di residui i bellici. Nel 1955 si decise di realizzare opere che trasformassero l’intero complesso sotto il profilo della funzionalità. Fu l’inizio di una serie di opere che si sono susseguite senza soluzione di continuità nei decenni successivi fino ai giorni nostri soprattutto per migliorare la sicurezza dei piloti, del pubblico e dei commissari di gara. Ma gli interventi negli anni si sono via via resi necessari anche per migliorare la fruizione delle gare dal vivo e per esigenze televisive. Bastano questi brevi cenni storici per farci comprendere come tutte le tematiche relative al circuito di Monza ancora oggi dibattute fossero in realtà già presenti fin dalla sua costruzione. In particolare mi riferisco al tema della sicurezza e al tema ambientale della convivenza del circuito con il Parco. In sede di consuntivo dobbiamo ammettere però che se il circuito di Monza è nato molti anni prima della Ferrari, tuttavia esso è diventato famoso anche e soprattutto perché la sua storia si è intrecciata con la storia della Ferrari. Ripercorriamo la leggenda - anche qui purtroppo solo per brevi cenni - della Scuderia Ferrari (e questa volta dobbiamo ringraziare l’ufficio stampa della Ferrari per la preziosa collaborazione). La storia della Ferrari comincia ufficialmente nel 1947 quando dallo
[ SPECIALE GP MONZA ] storico portone di via Abetone Inferiore a Maranello uscì la prima vettura marchiata Ferrari, la 125 S, una vettura frutto della passione e della determinazione del fondatore, Enzo Ferrari. Nato a Modena il 18 febbraio 1898 e scomparso il 14 agosto 1988, Enzo Ferrari ha dedicato tutta la sua vita alle vetture sportive e alle corse automobilistiche. Pilota ufficiale dell’Alfa Romeo nel 1924, cinque anni dopo fondò la Scuderia Ferrari, in viale Trento Trieste a Modena, con lo scopo di far partecipare alle competizioni automobilistiche i propri soci, soprattutto gentlemen. Nel 1938 diventò direttore di Alfa Corse, incarico che lasciò nel 1939 per fondare, presso la vecchia sede della Scuderia, l’Auto Avio Costruzioni. In questa sua nuova azienda Enzo Ferrari realizzò una vettura sportiva, una spider 8 cilindri, denominata 815, che fu costruita in due esemplari e partecipò alla Mille Miglia del 1940. L’inizio della seconda guerra mondiale pose fine a ogni attività agonistica. Alla fine del 1943 le officine della Auto Avio Costruzioni furono trasferite da Modena a Maranello. Al termine del conflitto ebbe inizio la progettazione e la costruzione della prima Ferrari, la 125 S, 12 cilindri che, affidata a Franco Cortese, debuttò sul Circuito di Piacenza l’11 maggio 1947 e il 25 dello stesso mese vinse la sua prima gara al Gran Premio di Roma, sul circuito intorno alle Terme di Caracalla. Da allora la Ferrari ha colto sui circuiti e sulle strade di tutto il mondo oltre 5.000 vittorie, creando le basi della leggenda Ferrari. A tutto il 2009 i successi più significativi ottenuti dalla Ferrari sono: 15 Campionati del Mondo Piloti F1, 16 Campionati del Mondo Costruttori F1, 14 Campionati del Mondo Marche Sport, 9 successi alla 24 Ore di Le Mans, 8 alla Mille Miglia, 7 alla Targa Florio e 210 vittorie in Gran Premi F1. Il marchio che contraddistingue le vetture Ferrari ha una origine eroica. Il pilota da caccia Francesco Baracca, medaglia d’oro della prima guerra mondiale, lo aveva adottato come emblema personale, dipingendolo sulla fusoliera del suo aereo. Al termine del conflitto, i genitori di Baracca affidarono l’immagine del Cavallino a Enzo Ferrari, che lo assunse quale simbolo della scuderia automobilistica da lui fondata (apponendolo su uno scudo giallo, colore della città di Modena, sormontato dal tricolore). Invece il colore rosso tipico della Ferrari, mai abbandonato, è ripreso dal colore stabilito dalla Federazione Internazionale dell’Automobile nei primi anni del secolo scorso come colore nazionale italiano per le vetture da Gran Premio. Nel 1969, per far fronte alle crescenti richieste del mercato, Enzo Ferrari cedette al Gruppo Fiat il 50% delle sue quote azionarie, percentuale salita al 90% nel 1988. Attualmente la composizione azionaria del capitale sociale Ferrari è così ripartita: 85% Gruppo Fiat, 10% Piero Ferrari, 5% Mubadala (Abu Dhabi). Fu proprio dopo la scomparsa del fondatore verso la fine degli anni ‘80, che gli azionisti, per rilanciare una Ferrari in difficoltà, nel 1991 nominarono Presidente Luca di Montezemolo. Sotto la sua guida l’azienda è tornata a vincere nei circuiti di Formula 1, a lanciare nuove vetture, ad aprire nuovi mercati senza dimenticare i valori del passato. È stato inoltre avviato un grande progetto di rinnovamento aziendale denominato Formula Uomo, che pone le persone al centro di tutte le attività aziendali, creando ambienti di lavoro belli, innovativi, luminosi, ecologici e sicuri. Più volte in questi anni abbiamo letto delle indagini di mercato che hanno indicato la Ferrari come il luogo di lavoro ideale. Arrivati a questo punto ci accorgiamo che abbiamo messo tanta carne al fuoco: il derby Roma- Monza per il Gran Premio d’Italia, la questione economica legata alla presenza di un Gran Premio, la storia del circuito di Monza e la storia della Scuderia Ferrari. Diamo a questo punto spazio alle istituzioni locali per vedere cosa ne pensano di questi temi. Abbiamo rivolto alcune domande ad Andrea Arbizzoni, Assessore allo Sport del Comune di Monza. La prima domanda è anche la più ovvia: il Gran Premio via da Monza? Assolutamente no. A Monza rimarrà il Gran Premio d’Italia innanzitut-
to fino al 2016 da contratto: Roma o non Roma. Il problema semmai è un altro e si potrà evidenziare o dal 2012 o dal 2013 con l’eventuale secondo Gran Premio d’Italia. Io non credo che con i due Gran Premi le torte diventerebbero due, ma ci sarebbe una spartizione e Monza rischierebbe di più di Roma. Anche se Monza già in passato ha prevalso su San Marino, vincendo la sfida e restando Gran Premio d’Italia. Proprio in quest’ottica è evidente che l’Autodromo L’Assessore Arbizzoni Andrea di Monza non possa più essere solo dedicato alla Formula 1, ma debba diversificare la propria attività. Cosa ne pensi? Proprio per la sfida di Roma l’Autodromo non può più essere pensato solo come contenitore di motori ed alta velocità, ma va usato 365 giorni all’anno anche per altro come la manifestazione BIMBO’, che quest’anno per la prima volta si è appunto svolta al suo interno, o le Special Olympics. Insomma: iniziative che possano rilanciare l’Autodromo come contenitore di eventi di più tipologie. Sarebbe bello anche portarci dei concerti, in futuro. Passiamo al Gran Premio 2010. Quanto lavoro comporta l’organizzazione e l’ideazione degli eventi legati al GP? Puoi parlarci di Monzapiù, il tradizionale appuntamento che introduce e accompagna il Gran Premio di Formula 1 con iniziative collaterali di carattere culturale, sportivo e sociale? Ci sono novità in vista? In realtà noi diamo in gestione l’organizzazione degli eventi di MonzaPiù alla società Scenaperta SpA che si avvarrà a sua volta della collaborazione di altre società. Come Assessorato allo Sport diamo degli input a Scenaperta SpA: quest’anno vorremmo avere una “Monza più più”, vista la sfida che ci lancia Roma. Poi è Scenaperta SpA ad organizzare in concreto la manifestazione. La novità principale è che quest’anno la manifestazione durerà due giorni in più rispetto al passato ed infatti si svolgerà da martedì 7 settembre a sabato 11 settembre. I punti di forza saranno: la sfilata di moda di Lorenzo Riva in via Vittorio Emanuele il 10 settembre e il concerto di Mario Biondi in Villa Reale l’11 settembre. Ma ci sono moltissime altre iniziative. Una domanda quasi scontata. Che scuderia tifi? Ovviamente la Ferrari. Spero che quest’anno possa tornare a vincere nel nostro Gran Premio. Torniamo a noi. Le ultime indicazioni. Come accade da qualche anno a questa parte anche quest’anno è stato predisposto un piano integrato di mobilità per facilitare l’arrivo dei tifosi all’Autodromo con treni speciali e bus navetta di collegamento. Infatti non è possibile entrare nel Parco con l’auto. L’auto deve essere lasciata nei parcheggi predisposti al di fuori del Parco. Infatti è vero - e lo abbiamo riconosciuto - che Monza deve la sua notorietà internazionale al fatto che a Monza si svolge il Gran Premio di Formula 1, ma Monza e non è esclusivamente il Gran Premio di Formula 1. Monza è anche una Villa Reale, una chioccia con i pulcini, una corona ferrea e - perché no - anche un regicidio. Ma Monza è anche e soprattutto il Parco cintato più grande d’Europa, un Parco all’interno del quale per uno scherzo del destino è stato costruito un Autodromo che ha intrecciato la propria storia con la storia di una scuderia leggendaria: la Ferrari. Storie, leggende, cittadini, tifosi, ecologisti, soldi e passione, Autodromo e Parco. La quadratura del cerchio sembra proprio impossibile da trovare. Ma in fondo non esistono circuiti quadrati.
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[ LE SCIURE ]
Le sciure... La redazione risponde [ AMORE MIO…CI PENSO IO… ]
Care sciure, vi scrivo in preda allo sconforto, incapace di comprendere le malformazioni dell’animo maschile. Perché mai gli uomini, sempre restii e sbuffanti peggio di un treno a vapore ogni qual volta gli si chieda di mettere mano a piccoli lavori domestici (appendere un quadro, cambiare una lampadina, ecc), non appena si rende necessario l’intervento di un professionista sfoderano il più becero orgoglio e si auto proclamano Aggiusta Tutto? Mio marito, di fronte ad un gravissimo problema idraulico che ha già messo in scacco almeno un paio di esperti del settore, alla mia richiesta di contattare una grossa impresa, dotata di macchinari idraulici appositi, mi ha lanciato uno sguardo misto fra il furore omicida ed il trasporto mistico ed ha sentenziato: lo faccio io…ho un’idea! L’istintivo orrore dipinto sul mio volto non deve essergli risultato gradito e dunque, ferito nel suo orgoglio di maschio latino, si è categoricamente rifiuto di richiedere l’intervento di chicchessia. Inutile dire che lo scontato epilogo della faccenda è stato un’ulteriore aggravamento della situazione idraulica del mio appartamento. Ed ecco il punto, vorrei dire due cosette a tutti gli uomini che leggeranno queste mie poche righe: PIANTATELA!!! Le grandi imprese non sono richieste mentre un pizzico (ma proprio poco) di impegno in più nelle pratiche domestiche quotidiane porterebbe in molte case inaspettate ventate di buon umore…siate uomini non super eroi! Angela71 Angela carissima, non possiamo che es-
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sere solidali con il tuo sgomento ed il tuo appello. Anche noi siamo mogli e fidanzate.
[ LUGLIO COL BENE CHE TI VOGLIO ]
Care sciure, mi chiamo Giacomo e sono impiegato in una ditta milanese. Come al solito anche quest’anno per il mese di agosto la ditta chiude. Come al solito, quindi, sarò costretto a spendere cifre da capogiro per le vacanze su lidi chiassosi ed affollati oltre misura. Ovviamente non posso non consumare la gran parte delle mie ferie in questa circostanza perché, come già detto, la ditta chiude e la sola scelta possibile e consumare le vacanze che preferirei fare in un altro momento dell’anno. Mi domando se questa cosa avrà mai fine. Quando anche noi italiani impareremo a scaglionare le pause estive senza paralizzare ogni attività? Vedo che neanche voi di Trantran, del resto, siete usciti da questa logica! Caro Giacomo quello delle ferie scaglionate sembra proprio essere un concetto che in Italia non ha presa, ed anche noi di Trantran ci siamo dovuti piegare a quest’abitudine: t’immagini le nostre hostess a distribuire le nostre 14000 copie in stazioni ferroviarie deserte?
[ CALDO AL VOLANTE?
PERICOLO COSTANTE! ]
Care sciure, sarà il caldo a dare alla testa degli automobilisti monzesi o è solo l’esasperazione per gli onnipresenti cantieri a scaldare gli animi? Forse entrambe le cose ma fatto è che nel
giro di un mese ho rischiato di “prenderle” per ben tre volte da automobilisti inferociti…e pure nel torto. Una bella signora, con sandalo taccatissimo e borsa griffata mi ha rivolto parole irripetibili e minacciata di cavarmi gli occhi (e date le unghie lunghe e ben curate la minaccia non era vana) visto che già non ero stata capace di vedere (ed evitare) lei che, impegnata a parlare al cellulare, se ne usciva da una via incurante del segnale di stop. E’ stata poi la volta di un professionista al volante di un furgone che mi ha insultata ferocemente mentre io, parcheggiata nelle apposite righe, piangevo al telefono durante una discussione con il mio fidanzato, la mia colpa era sta quella di non accorgermi che lui mi stava chiedendo di agevolarlo spostando un po’la mia vettura. E, infine, un arzillo ed iracondo vecchietto che mi ha tamponato al semaforo. A suo dire era giallo: peccato che davanti a me ci fossero già altre due vetture ferme in colonna. Forse per l’estate sarebbe il caso di potenziare il servizio di mezzi pubblici. Potrebbe essere una soluzione? Sonia Cara Sonia, il problema è reale: il caldo da alla testa ma purtroppo, al di la di potenti impianti di condizionamento, non vedo molte soluzioni. Riesci a immaginare i potenziali pericoli insiti nel pigiare i personaggi da te incontrati su di un autobus di linea pieno di persone accalcate nel caldo afoso?
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[ CI VEDIAMO PRESTO ] Il prossimo numero uscirà martedì 28 settembre
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