TrentinoMese Maggio 2015

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ANNO XXIII N. 279

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MAGGIO 2015 9 771724 550805

ISSN 1724-5508

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appuntamenti, incontri e attualità trentina

INSERTI SPECIALI CANTINE APERTE & BIRRE ARTIGIANALI

ELEZIONI A TRENTO CINQUE NOMI PER UNA POLTRONA

LIBRO DOPO LIBRO ALBERTO FOLGHERAITER E FIORENZO DEGASPERI RACCONTANO IL TRENTINO

RINALDO DETASSIS: IN PRINCIPIO FU UN “BIDONE”


Curcu&Genovese Associati S.r.l. - S端dtiroler Studio S.r.l. - Riproduzione vietata

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RING di Pino Loperfido

di Tiziana Tomasini

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ESPORRE E SPIEGARE LE PROPRIE RAGIONI? OGGI SI USA IL “VAFFA”: SI RISPARMIANO TEMPO E FATICA

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l vaffa e ai suoi derivati, Arthur Schopenhauer ha dedicato uno dei suoi saggi più originali. Ne “L’arte di insultare”, il filosofo tedesco sostiene che l’urlo e la volgarità hanno sempre la meglio sull’argomentazione e sulla dialettica. Vi è un che di profetico in queste sue affermazioni, considerato che ci sarebbero voluti più di 150 anni prima che, durante la mitica puntata del Maurizio Costanzo Show del 23 marzo 1989, Vittorio Sgarbi desse pubblicamente della str... a una malcapitata professoressa. Da allora, l’insulto ha di fatto sostituito qualsiasi tentativo di esporre educatamente le proprie ragioni. Il fenomeno è stato corroborato dall’avvento dei social, che consentono di mandare a remengo restandosene tranquillamente nell’anonimato. Perché accade questo? Perché gli italiani sono cafoni di natura? O perché piuttosto è tutta la nostra cultura – complice il degrado scolastico e la qualità decrescente dell’insegnamento – ad essere scaduta di livello? Tolleranza e rispetto sono abitudini oramai desuete, in tutti i campi, dalla politica al giornalismo, dall’imprenditoria alla comicità. Turpiloquio e allusioni sessuali giungono oramai alle nostre orecchie da ogni dove. Un segno dei tempi e della sciatteria che lentamente sta pervadendo ogni aspetto del nostro vivere e, quindi, anche della parola. Non ci si rende conto che a lanciare la lingua a briglia sciolta a farne le spese, alla fine, è quella cosa chiamata “rispetto”. Elemento fondamentale per la pacifica – e sottolineo pacifica – convivenza in una società. Dal rispetto scaturisce tutto. È la pietra filosofale dei rapporti umani, senza la quale tutto crolla, come un castello di carte. Ma se al ricercato argomentare, oggi si tende a preferire il più diretto vaffa et similia è anche per un altro motivo. Mettere assieme due-parole-due nel corso di una conversazione, abbinare soggetto verbo e predicato nella maniera più pertinente, alternare sinonimi, coniugare in maniera intelligente i verbi, evitare allitterazioni, costruire similitudini, proporre metafore, offrire citazioni: tutta la cassetta degli attrezzi dell’ars oratoria è andata perduta nel naufragio di una cultura, che è il prodromo del più ampio naufragio di un’intera civiltà. Sì, insomma, oggi ci pare sia troppo “difficile” parlare correttamente, complicato, inutile. E che si stia colloquiando con il proprio cane, con il rettore, con il Sindaco, con la commessa del bar, con il proprio migliore amico il “vaffa”, lo str..., ecc. sono sempre graditi per risparmiarsi lunghe e farraginose frasi, grammaticalmente perfette, ma noiose da far paura.

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a mali estremi INTRECCI SENTIMENTALI DI DUE COPPIE ASSORTITE

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enza scomodare Boccaccio ed il suo celeberrimo Decamerone, posso tranquillamente assicurare che la scena alla quale ho assistito qualche giorno fa era quantomeno degno canovaccio di una sceneggiatura per un film da botteghino sold out di Woody Allen. Location d’eccezione: un noto rifugio di altrettanto gettonato carosello sciistico del Trentino. Giornata splendida, cielo terso, neve ancora straordinariamente polverosa, ottima compagnia. All’ora del pranzo, trovo fortunosamente posto su una panca occupata da due coppie. Allegria conviviale, i confini si allargano, si discorre come se ci si conoscesse da sempre. Prima di curve e di sci, poi di affari strettamente personali. Affari di cuore. La coppia giovane sfodera anello nuziale luccicante, sorrisi a denti brillanti e dichiarazioni d’amore, soprattutto da parte di lei (“L’ho già incastrato” riferendosi ad un lui molto meno socievole e decisamente più trattenuto, che abbozza un sorriso a denti stretti). La coppia di fronte a loro è più navigata e – forse proprio per questo – assolutamente disinvolta e disinibita. Lui si dichiara subito appena cinquantenne, lei viaggia sulla quarantina. Bella presenza, bella coppia, appunto. Ma qui sta il pepe della questione: lui rende nota ai presenti – tra una battuta e una forchettata di pastasciutta – la loro situazione. Sono entrambi sposati, tutti e due fidanzati e… amanti. Gli occhi si sgranano, si procede per doppi sensi ma non si riesce a venirne a capo. Lui fa notare che non portano anelli – segnale importante – e racconta con nonchalance che ognuno di loro ha una relazione in cui crede. Sì, ma allora cosa ci fanno lì, insieme? Gli sposini ridono divertiti, non ci credono: ”Siete marito e moglie!” Ma lui replica sornione:”E ti pare che io, in un giorno infrasettimanale, possa trovarmi in un rifugio d’alta montagna con mia moglie? Ahh…, non funziona, siete fuori strada!” I giovincelli sono scettici, tra i due c’è feeling, buona intesa, si intuisce. Possibile che stia dicendo sul serio? Stanno bleffando o è la verità? Lei, la quarantenne, sbirciando i messaggi in arrivo sul cellulare, afferma sorridendo che le storie paradossalmente assurde sono quelle reali. Lui – il cinquantenne – incalza ed argomenta, a documentare questa intricata rete di relazioni. Intanto il pranzo è finito. Le due coppie si salutano amichevolmente. Quella più giovane garantisce che l’argomento sarà motivo di riflessione e di presa in esame, quella più datata assicura che arriverà anche il loro momento. Il momento nella vita di dipanare strani intrecci sentimentali.


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RING di Carlo Martinelli

alla carlona L’OTTIMISMO DEI MURALES E L’APERITIVIZZAZIONE VIETATA A LIBRI E GIORNALI

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ra, la si può pensare come si vuole sugli occupanti di via Manzoni, così come la si poteva pensare come si voleva su chi, per anni, ha occupato e poi gestito il Centro sociale Bruno. Certo, piacerebbe che i versamenti di bile, i rancori e le ignoranze che spesso fanno capolino – specie nelle rubriche delle lettere ai giornali per non dire dei blog internettiani dove lo scudo dell’anonimato (chi lo tollera è complice, va da sè..) fa sì che il tenore dei commenti sia al livello della fogna, spesso – lasciassero il posto a ragionamenti più compiuti. Tant’è. Alla carlona qui si cerca di mettere in fila alcune considerazioni. Curioso, ad esempio, che la diversa caratura politica degli occupanti – al Bruno si era sul sociale antagonista, par di capire che nel cosiddetto Assillo occupato si veleggi dalle parti più colorate di nero, nel senso dell’anarchia – abbia però prodotto quel che, tranquillamente, ci pare di indicare come un frutto comunque positivo. Perché, vivaddio, il Bruno prima e l’Assillo ora hanno comunque regalato alla città muri colorati, da guardare senza schifarsi, da gustare come salutare oasi nella cementificazione imperante. Importa un fico secco, qui, a chi scrive, delle diatribe politiche (gli ...ismi e le ideologie fanno male

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RING se non trattate con cura) e men che meno di quelle giudiziarie. Qui si parla di estetica del murales, del graffitismo come finestra di luce, di uno sguardo altro sull’esistente. Allora il caro vecchio indimenticabile orso di via Dogana – ormai ricordo passato, sbrecciato e poi cancellato dalle ruspe – e i murales di via Manzoni, freschi di pittura, erano e sono lì a dirci che un altro colore le nostre città potrebbero averlo. Basterebbe volerlo. Un’amministrazione attenta, curiosa, ottimista – persino allegra – dovrebbe prendere esempio da chi, anni fa, ha dipinto un orso e oggi ci mostra gufi e lupi. Certo, a noi, inguaribili figli di Tex Aquila della notte e di Zagor lo Spirito con la scure, quei murales ancorché annuncianti gente che vuol essere altura, che vuol essere agguato, lanciano segnali financo cinematografici oltre che fumettistici. Perché, lo si voglia o no, prima di essere occupato, l’asilo dismesso di via Manzoni, faceva pena allo sguardo. Uno dei tanti palazzi “murati e abbandonati”, uno dei tanti spazi a perdere. Ed invece le città, e chi le abita, hanno bisogno di colore, anche. Di orizzonti non chiusi. Di spazi non succubi della sola regola del profitto e della proprietà. Per dirne un’altra. Chiude il Cafè de la Paix, luogo non solo di bevute ma anche di cultura, incontro, dibattito. Alla carlona vogliamo qui, strabicamente, spostare lo sguardo. Il centro di Trento, specie nel momento del sedicente “happy hour”, offre comunque più d’un locale – eccome – assai affollato. L’aperitivizzazione, lo si sa, è la parola d’ordine, specie degli universitari. Alla carlona abbiamo scrutato, per giorni, i bar strapieni al tempo dell’happy (?) hour, con centinaia e centinaia di “fedeli”. Mai si è notato uno studente o una studentessa con in mano un libro e neppure, per altro, un giornale. Mai e poi mai. Abbiamo visto male? Dobbiamo ripassare? E se è reale questa aperitivizzazione che non conosce libri e giornali, che dobbiamo pensare? Vorrà dire qualcosa?


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di Fiorenzo Degasperi

scempi ed esempi DEDICATO ALLE MALGHE: A CHI “RESISTE” ANCORA IN QUOTA

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i accingo a terminare il secondo volume di “Andar per malghe”, itinerari, escursioni e passeggiate alle malghe trentine attive, narrando, quindi aiutando con le parole e con la pubblicità, chi lavora e “resiste” in quota. Però anche con questo secondo volume mi trovo al cospetto di un ostacolo. Lo stesso ostacolo che ho incontrato nella stesura del volume di “Andar per malghe” e nella revisione dello stesso in vista della ristampa: sapere chi gestisce la malga. In Trentino assistiamo, a scavalco della fine dell’inverno e dell’inizio della primavera, all’assegnazione tramite asta delle malghe di proprietà pubblica. Ed è l’inizio del caos. C’è chi la dà in gestione soltanto per un anno e allora capita che il gestore che si porta a casa un contratto solo annuale non sia spinto ad “innamorarsi” della struttura e del luogo, e non vi apporti quindi migliorie né gestisca al meglio la struttura. Chi lo farebbe? Chi investirebbe energie e capitali con la prospettiva che l’anno successivo la malga possa andare in gestione a qualcun altro? Così la qualità cede anno dopo anno alla casualità e assistiamo a malghe aperte per un anno e l’anno seguente chiuse perché nessuno vi ha concorso, ecc. Ovvia la difficoltà di proporre un itinerario, con tutto quello che ne consegue in termini di apertura, orari, possibilità di mangiare o di pernottare, prodotti caseari fatti in loco, ecc. Bisogna ogni anno telefonare al Comune proprietario

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per informarsi chi ha vinto l’asta e su un libro, di certo, non si possono apportare variazioni annuali. E già questa è una situazione che ha portato l’allevamento e la gestione del territorio della nostra provincia a situazioni di stallo se non di crisi vera e propria. Basta frequentare qualche malga nel vicino Sudtirolo, una malga dove i gestori vi lavorano – udite bene, udite bene – da venti, trent’anni, se non per “diritto” famigliare da tempi immemorabili e subito vi appaiono le differenze: lì vige la cura estrema del territorio, del pascolo, della stessa stalla, della struttura dove abitano i casari e i malgari, lo spazio dedicato al turismo di passaggio, la possibilità della vendita dei prodotti, la capacità di intrattenere l’escursionista con piatti degni di un ristorante medio trentino. Secondo problema: la vincita dell’asta – giocata al ribasso – da parte di allevatori o consorzi esterni alla provincia, soprattutto veneti. Questi non puntano certamente alla qualità dell’ambiente, alla ricettività, al turismo di montagna, ad integrare il profitto quotidiano con quello apportato dall’escursionista, alla vendita di prodotti di qualità. Interessa la quantità di pascolo in termini di metratura e la quantità di mucche, vitelli, manzi da far pascolare. La somma dei due elementi permette all’allevatore/consorzio di chiedere contributi al governo europeo: da un minimo di 50 fino ad un massimo di 160 euro per ettaro! Con la conseguente collera degli allevatori locali che perdono il diritto di pascolare sul proprio territorio. E poi ci sono le aste che vanno deserte, le malghe che rimangono vuote anno dopo anno e le mucche che restano negli enormi stalloni di fondovalle. La qualità del prodotto caseario, in questo caso, è lontana anni luce da quella ottenuta con il pascolo all’aperto e in quota. Quindi chi scrive deve rassegnarsi a decine e decine di telefonate ogni anno per capire chi sarà a gestire la malga, chi sarà il malgaro, chi il casaro, chi il punto di riferimento. E non basta. Bisogna capire anno dopo anno se verranno ricavati e lavorati prodotti in loco, se venduti, se il latte verrà invece trasferito totalmente a valle, se la malga svolgerà anche la funzione di accoglienza, di


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RING ricettività, diurna o anche notturna, ecc. Dietro a tutto questo non ci sta soltanto un problema di numero telefonico o di nome e cognome. Ci sta la politica dell’allevamento, della cura del territorio e del turismo in Trentino. Forse per tutto questo la provincia autonoma di Trento ha deciso, per voce dell’assessore all’agricoltura Michele Dallapicolla, di intervenire, soprattutto in un momento di crisi economica dovuta al mercato dei prodotti lattiero caseari con prezzi a terra e con prospettive ancora peggiori con l’arrivata fine del regime delle quote latte. Le 600 malghe attive dovranno soggiacere adesso a bandi e ad aste condivise con il Consorzio dei Comuni. Questo vuol dire condizioni migliori per gli allevatori locali nel rispetto di alcuni requisiti di qualità: la disponibilità a lavorare il pascolo (questo non si mantiene da solo, va curato e coltivato anno dopo anno, affinché prosperino le erbe giuste e non quelle infestanti, ecc.), dimostrare un curriculum che espliciti la capacità di produrre formaggi tradizionali locali, saper monticare bestiame autoctono. Questi pur minimi requisiti richiesti si affiancano, facendo da “recinto”, all’assegnazione delle malghe che vuole premiare il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Probabilmente per il grande pubblico questi temi scivolano via senza destar scalpore o interesse. Interesse che si risveglia però quando il pubblico, diventando escursionista domenicale o estivo, si trova a passeggiare al cospetto di una malga abbandonata o di una monticata dove non ci si può più fermare a bere un bicchiere di latte, e tanto meno a mangiar qualcosa. Allora queste piccole regole sono piccole tappe verso una riqualificazione del comparto allevamento in Trentino e soprattutto una riqualificazione del turismo nella nostra provincia, basato sull’offerta qualitativa dei prodotti e delle strutture ricettive. Sicuramente non vogliamo alberghi in quota, ma un ambiente che rispetti la natura, ne valorizzi le qualità e comporti un ritorno economico per chi “resiste” ancora in quota, questo sì!

di Astrid Mazzola

il midollo della vita CHI SONO “I CUSTODI”: PALADINI E DIFENSORI DI UN SENSO DELL’UMANITÀ PERDUTO

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a un lato, le grandi catastrofi sociali e ambientali. Guerre che annientano in un colpo solo migliaia di vite, preziosi pezzi di Terra inquinati dalla stupidità umana, milioni di creature uccise per scellerati banchetti. Dall’altro, l’iperproduzione mediatica. Parole, immagini, opinioni, verità che si fanno da rivoli fiumi, da fiumi oceani, s’ingolfano perdendo senso e forza, invadono ogni spazio delle nostre vite, martellando le nostre teste e gli schermi dei nostri computer. Cosa c’è nel mezzo? Per me, ci sono i custodi. Individui che si tengono ritti in mezzo alla forza spaventosa delle correnti umane, che ascoltano solo quel tanto che basta e custodiscono ciò che è importante custodire. A volte, semplicemente, semi e piante. Non accettando le logiche della grande produzione, riuniti in piccoli gruppi raccolgono semi o talee di varietà antiche e le coltivano, convinti che la somma dei loro tanti piccoli gesti, delle loro singole capacità di cura, contribuirà alla conservazione della biodiversità. A volte le verità essenziali, che probabilmente sono davvero poche – l’anelito all’assoluto, motore di qualsiasi spiritualità; il senso della misura e del rispetto per la vita; la solidarietà. Sicuri che se ognuno di noi rifugia nel proprio cuore il seme di ciò che è davvero importante, nessuna guerra e nessuna propaganda saranno in grado di sradicare dal mondo quella cosa meravigliosa che è il senso di umanità, e che amando e valorizzando l’unicità di ogni creatura è possibile contribuire all’evoluzione dell’essere umano. Spesso, custodiscono tutte queste cose insieme. In questa strana primavera di esperimenti – di talee, innesti e sorprendenti varietà di ortaggi – ne ho incontrati molti, di custodi. Hanno età, professioni, provenienze geografiche diverse. Li diresti dimessi: non sono quelle gran bellezze che si vedono nei film sull’eroismo quotidiano e spesso non si curano se i loro abiti sono alla moda. I loro interessi sono altri: si appassionano per un mais cinquantino riscoperto in Val Camonica, per le casette per gli insetti utili o per i giochi di luce di un giorno di semina. A volte sembrano alienati dalla società, orfani di mondi che non ci sono più. Eppure, se li guardi in controluce mentre sono in un campo a marzo, ti pare di vederli camminare un passo davanti a tutti, come se cercassero di trainarlo, questo mondo strambo in cui hanno, dopotutto, fiducia. 11

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trentinoildialettoinforma di RENZO FRANCESCOTTI

il dialetto in-forma “GRÓSTE CHE NO SE’ ALTRO!”

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rosta viene dal latino crusta e significa indurimento che si forma alla superficie di alcuni corpi, per l’azione dell’aria, del caldo, del freddo: ci sono la crosta del pane, la crosta del ghiaccio e così via. Di un quadro di nessun valor si dice: “è una crosta”. Ci sono poi, la crostata, i crostini, i crostacei, le incrostazioni, il verbo scrostare, il participio passato (con valore di aggettivo) scrostate. In dialetto la crosta è la grósta, legata anche e tutta una seria di cose appetibili, robe da magnar, come i gróstoi, le gróste del formài, le gróste de la polenta… I gróstoi, tipici dolcetti di carnevale dalla realizzazione elementare, fatti di farina, latte (qualcuno ci mette anche grappa o cognac), fritti e spolverati con zucchero a velo. Alcuni pensano che siano tipici del Trentino; ma in effetti li troviamo in tante regioni, chiamati in vari modi. Fritti in olio di semi? Ora. Ma in passato si friggevano lubrificando il fondo della padella col séf, ovvero lo strutto. E ancora qualcuno lo fa (ci sono in commercio ottimi strutti, candidi come burro che – provare per credere – ti lasciano i gróstoi più leggeri di quelli fritti nell’olio).

E le gróste de formai? Buone quelle: le cuocevamo in pochi minuti sulla piastra della fornasèla, facevano qualche bolla e diventavano croccanti. Era un modo gustosi di riciclare le croste del formaggio: non si buttava nulla. “Mama, el Pino el m’ha ciavà le gróste del formài!” “E ti màgneghe quele de la polenta!” ”Ma quele le è finide…!” “E ti tote quele de la mòsa!” “De quele no ghe n’è pu: che le lo poda strangolar!” Le più buone di tutte, per me, erano le croste della mòsa, un sostantivo che non ha corrispettivo nel linguaggio nazionale: lo si deve sostituire in un giro di parole come ”farinata di farina di mais e latte annacquato”. La si mangiava a colazione o a cena: in superficie faceva una “tela deliziosa” e ci si poteva spargere sopra burro fuso o anche una salsa di mirtilli. Magnari de na volta: ahhh… Ma cambiamo argomento. Se ti scortichi in una caduta, dopo la disinfezione e una pomata, comincia a formarsi una grósta. Ti viene voglia di grattarti ma guai: la crosta sanguina. Di una persona fastidiosa, rigida, tutta di un pezzo, scostante si dice “l’è na grósta”. Si racconta che abbiano tentato di raccogliere le persone di questo tipo su una montagna sopra Madonna di Campiglio, nel Gruppo di Brenta; ma siccome per tante che ne radunavano, tante ne arrivavano, e non essendo passata per un voto la proposta de “butarle zo entén crapaz”, quella montagna fu denominata Grosté e quella gente fu riportata a valle. “Cossita ne i trovén sempre tra le bale!” “Brào!” Però, consoliamoci. Dalle croste-umane non si può guarire, ma dalle altre sì, basta pazientare e non grattare. E la guarigione della grósta è annunciata da una vago quanto salutare prurito. “Mama, che spizza che me fa ‘sta grósta!” “No sta’ gratar!” “Mama el Pino el m’ha ciavà na grósta del formài!” “Piàntala, grósta che no te sei altro!” renzofrancescotti@libero.it

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Stefano Benni Loredana Cont - Paolo Crepet Isabella Bossi Fedrigotti Simonetta Agnello Hornby Abel Ferrara - Furio Colombo Roberto Innocenti & Monica Monachesi Giuseppe Culicchia & Federica Mafucci Luigi Manconi - Valentina Calderone Aldo Cazzullo - Eraldo Affinati Simona Sparaco Stefano Bordiglioni Gustavo Corni - Enzo Fimiani Brunamaria Dal Lago Veneri Fiorenzo Degasperi - Loreta Failoni Vincenzo Passerini - Riccardo Gadotti Giorgio Antoniacomi Andrea Nicolussi Golo omaggi a T.S. Eliot - Pier Paolo Pasolini Ernest Hemingway - Andreas Latzko

www.trentinobookfestival.it e con Maura Pettorruso & Stefano Pietro Detassis Carlo Martinelli - Franco de Battaglia Giulia Tagliavia - Coro La Tor Pietro Arrigoni - Massimo Libardi Giuseppe Ferrandi Roberta Ropa - Jessica Rose Cambio Domenico Menini Corpo Bandistico di Caldonazzo Teatro San Domenico di Crema Enrico Franco - Alberto Faustini Pierangelo Giovanetti Renzo Fracalossi Fausta Slanzi - Luciana Grillo Federico Vivaldi - Giacomo Anderle Luca Buonocunto- Sergio Tessadri Pietro Cappelletti - Fabrizio Tedeschini Sistema bibliotecario trentino Alpini del Trentino - Bubamara Civica Società Musicale A.P.A.S. Trento Amnesty International Banca del Tempo PAT R O C I N I O C O N C E S S O

mostre: “Il libro di carta è morto, viva il libro” “T. S. Eliot: Inside the waste land” “Io, io, io e... gli altri?” PREVENDITE:

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trentinodadonnaadonna di LOREDANA CONT

NON C’E DUE SENZA TRE: ARRIVA IL TRILINGUISMO!!!

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llora: arriva ‘sto trilinguismo nelle nostre scuole? I giornali locali ne parlano da mesi pubblicando le posizioni pro e contro. Naturalmente i diretti interessati sono gli insegnanti e i genitori dei bambini e ragazzi che vanno a scuola, per tutti gli altri non è argomento di grande interesse anche perchè, i problemi di oggi nelle famiglie probabilmente sono ben altri. La nostra provincia sa di essere all’avanguardia e vuole anche dimostrarlo. Come? Introducendo il trilinguismo nelle scuole a partire dalla scuola materna! O forse dall’asilo nido, devo informarmi. Sarà na bellezza sentir sti mateloti pianzer per inglese, co le maestre che le zerca de farli taser per todesc... Mi sembra di aver capito che dalle elementari in avanti alcune materie saranno insegnate direttamente in una lingua straniera. Allora mi chiedo: la matematica, per il novanta per cento delle persone normali, è difficile da imparare in italiano, ma ve rendé conto se i te la spiega per inglese? E la geometria, con quel quadrato costruito sull’ipotenusa che mi me domando se no gh’era altri posti da farghe su en quadrato... Ma anche materie come storia e geografia e latino potranno essere insegnate in lingua straniera... come farai i genitori a casa a darghe na mam ai fioi a far i compiti? Sembra che questo sia un passaggio obbligato per essere europei, per avere più sbocchi lavorativi in Europa.... E se invece cercassero di crearlo qui il lavoro, con uno che te dis per taliam cossa far e ti te ‘l fai per taliam? Mi hanno detto che in fondo il tedesco è nei nostri geni (alora mì pù che geni gò deficienti) e che l’inglese è più facile di quello che si pensa. Per mi l’è pu revers del todesc dove per dire vecchio dicono alt e per dire alto dicono grosse. Spiegami perchè in inglese benzina si dice “petrol” e petrolio si dice “oil”... Mi sembra di sentirli sti bambini chiedere aiuto a tradurre frasi, magari al nonno: “oil for my car” cos’è? Fazile! “o, il formai car” E varda popo che el formai el gà de quei prezzi... “I love sleep”.. scrivi: “io lavo le mudande”... E le nonne: pensate al dramma delle nonne alle prese con i nipoti. Poréte! Dovranno parlare in inglese e hanno appena imparato (“imparato” è una parola grossa) ad esprimersi in italiano: non correre che ti inzampi... attento che ti im-

pocèchi... non cavarti fuori che ti amali... hai marendato o vuoi marendare? Credo che dev’essere dopo che hanno sentito le nonne parlare in italiano ai nipoti che hanno deciso di mettere l’inglese obbligatorio a scuola! Aspettiamo e vediamo... Il nostro presidente della provincia Red... ma anca Rot, ha detto che è un piccolo passo per l’uomo e un grande passo per l’umanità. O l’ha detto qualcun’altro? Vogliatevi bene!!!

Loredana

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Diretto da: Paolo Curcu [ paolo@trentinomese.it ] In redazione: Pino Loperfido, Cristina Pocher, Gennj Springhetti Hanno collaborato a questo numero: Paolo Chiesa, Loredana Cont, Antonia Dalpiaz, Lara Deflorian, Fabio De Santi, Fiorenzo Degasperi, Alberto Folgheraiter, Renzo Francescotti, Flora Graiff, Francesca Mazzalai, Astrid Mazzola, Francesca Negri, Silvia Tarter, Tiziana Tomasini, Giada Vicenzi

SOMMARIO MAGGIO2015 Ring

4 COMMENTI 10 IL DIALETTO INFORMA 13 DA DONNA A DONNA

Attualità 17 26 30 32 36

Progetto grafico: Fabio Monauni Redazione: Via Ghiaie 15 38122 Trento Tel. 0461/362155 Fax 0461/362170 Editrice: Curcu & Genovese Associati S.r.l. Via Ghiaie 15 38122 Trento Tel. 0461.362122 Fax 0461.362150 Concessionaria Pubblicità: Südtiroler Studio S.r.l. TRENTO Via Ghiaie 15 Tel. 0461.934494 studiotn@trentinomese.it Direzione pubblicità: Rosario Genovese BOLZANO Via Bari, 15 Tel. 0471.914776 Fax 0471.930743 bazarbz@bazar.it Direzione pubblicità: Giuseppe Genovese Stampa: Alcione Trento Registrazione Tribunale di Trento n. 536 4 aprile 1987

COME ABBONARSI:

(un anno, 12 numeri a Euro 20,00) BOLLETTINO POSTALE c/c N. 11492386 Curcu & Genovese Associati TM Via Ghiaie, 15 38122 TRENTO BONIFICO BANCARIO CASSA RURALE DI TRENTO IBAN IT15 E083 0401 8040 0000 3080 485 CARTA DI CREDITO Telefonando allo 0461.362122 DIRETTAMENTE PRESSO L’UFFICIO ABBONAMENTI Via Ghiaie 15 Trento Tel. 0461.362107 ufficioabbonamenti@trentinomese.it I Suoi dati saranno trattati per dar corso al suo abbonamento; il conferimento dei dati è necessario per perseguire la finalità del trattamento; i Suoi dati saranno trattati con modalità manuali, informatiche e/o telematiche e non saranno diffusi. Lei potrà rivolgersi (anche telefonicamente) al Servizio Privacy presso il titolare del trattamento per esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del D.lgs 196/03. Titolare del trattamento dei dati è la CURCU & GENOVESE ASSOCIATI S.r.l., Via Ghiaie, 15 – 38122 Trento Tel 0461.362122 AVVISO AI LETTORI La scelta degli appuntamenti è a cura della redazione. La redazione non è responsabile di eventuali cambiamenti delle programmazioni annunciate.

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UN SINDACO PER TRENTO LA GRANDE GUERRA DI NONNO BEPI SUI SENTIERI DI ROMEDIO UN POPOLO, DUE PATRIE RINALDO DETASSIS

THOMAS DEGASPERI

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LO CHIAMEREMO FRANCESCO CAGLIOSTRO IN TRENTINO IL GIARDINO D’EUROPA FLAVIO MOSER: ARTIGIANI A DUE RUOTE CAVALIERE DELLA LIBERTÀ TUTTI I FIGLI DI CRISTO RE AI CONFINI DELLA SURREALTÀ ALLIANZ: ABBONATI ALLA SERENITÀ SPECIALE CANTINE APERTE SPECIALE BIRRE ARTIGIANALI

Panorama 85 86 90 91 95

MASSIMO ZAMBONI MOSTRA A CASTEL PERGINE FESTIVAL DELL’ECONOMIA VOCI NELLA TEMPESTA IRENE GRANDI

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trentinoattualità di Pino Loperfido

CINQUE NOMI PER UNA POLTRONA: UNA SCELTA “INSINDACABILE” IL PROSSIMO 10 MAGGIO CI RISIAMO: LE ELEZIONI COMUNALI AGITERANNO LA POPOLAZIONE, CHIAMANDO GLI ELETTORI A SCEGLIERE TRA CINQUE CANDIDATI SINDACO: ALESSANDRO ANDREATTA (PRIMO CITTADINO USCENTE), CLAUDIO CIA, PAOLO NEGRONI, PAOLO PRIMON E – UNICA ESPONENTE FEMMINILE – ANTONIA ROMANO. ABBIAMO RAGGIUNTO I CANDIDATI CON LE NOSTRE FATIDICHE, INSIDIOSE, DIECI DOMANDE: DALLE PROSPETTIVE E I PROGRAMMI A NOTIZIE PIÙ CURIOSE, COME L’ULTIMO REDDITO DICHIARATO E LE SPESE PER LA CAMPAGNA ELETTORALE. ABBIAMO SCOPERTO CHE...

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ALESSANDRO ANDREATTA Nome: Alessandro Cognome: Andreatta Coalizione: centro-sinistra autonomista Partito: Pd Nato a: Trento Nato il: 4 febbraio 1957 Titolo di studio: laurea in lettere moderne Professione: insegnante Famiglia: due figlie già maggiorenni Il suo motto: “Tutto quel che ascende converge” (Teilhard De Chardin) Sogno frequente: difficilmente ricordo i miei sogni Ultimo libro letto: “Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa” di Mario Calabresi Piatto preferito: polenta e funghi Automobile: una Golf Volley, calcio o basket? Calcio, volley e atletica leggera (praticati), basket da appassionato tifoso

10 DOMANDE Perché i cittadini di Trento dovrebbero scegliere Lei quale nuovo Sindaco? Perché Trento deve guardare al futuro, non ripiegarsi sulla nostalgia di un passato mitico che forse non è mai esistito. E perché Trento deve continuare ad essere la città della qualità della vita, cercando di mantenere l’equilibrio tra sviluppo e tutela dell’ambiente, tra inclusione sociale e sicurezza, tra innovazione e valorizzazione della nostra storia.

cittadini. L’Amministrazione comunale è una macchina efficiente, come del resto ci dicono anche dall’esterno tutte le valutazioni e le classifiche. Le ultime, risalenti a qualche settimana fa, ci assegnavano i primi posti in Italia per qualità dell’edilizia scolastica e per l’offerta di posti all’asilo nido.

Quale la sua posizione nei confronti del discusso quartiere delle Albere? Il quartiere delle Albere ci ha portato il Muse, che a solo un anno dall’apertura è diventato uno dei dieci musei più visitati d’Italia, e un grande parco cittadino molto frequentato. Presto lì troverà posto anche la biblioteca universitaria. Per quanto riguarda le funzioni pubbliche, direi che l’operazione è più che riuscita. Degli altri candidati Sindaco, quale ritiene più vicino alle sue posizioni? E quello irrimediabilmente lontano? Non trovo molte consonanze con gli altri candidati, ma è naturale che sia così visto che apparteniamo a schieramenti politici distinti e distanti. A quanto ha dichiarato ammontare, nel 2014, il suo reddito? E quale pensa dovrebbe essere lo stipendio adeguato per il Sindaco di Trento? Il mio reddito lordo è di 105 mila euro. Lo stipendio adeguato è quello stabilito dal Consiglio regionale che, qualche giorno fa, ha giustamente congelato gli stipendi dei sindaci per i prossimi cinque anni.

Se eletto, quale la cosa che certamente non intende mantenere nella struttura del Comune? Credo che il nemico da battere siano le lungaggini burocratiche: molto è stato fatto, ma ci sono ancora ampi margini di miglioramento. Quale, invece, quella che ritiene comunque meritevole di essere salvata e che dunque, se eletto, non si sogna nemmeno di toccare? D ovrei dilungarmi troppo se dovessi elencare tutti gli uffici che funzionano, le professionalità eccellenti, gli esempi di capacità di mettersi a servizio dei 1973. Andreatta nella Virtus Allievi (tra gli accosciati, è il terzo da sinistra) 20

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trentinoattualità Quali personaggi, di ieri o di oggi, ritiene rappresentino meglio la storia della città di Trento? Citerei cinque nomi: Bernardo Clesio, Oss Mazzurana, Cesare Battisti, il grandissimo Alcide Degasperi e Chiara Lubich.

CLAUDIO CIA

Cosa sogna per Trento e i suoi sobborghi? E cosa, invece, teme? Sogno che Trento sia sempre più vicina alle città più avanzate del Nord Europa: dal punto di vista dell’ambiente, delle soluzioni innovative nel campo della mobilità, ma anche del welfare e della capacità di attrarre turisti, investimenti, intelligenze. Il timore è quello che ci si accontenti di giocare in difesa, di amministrare il risultato. Sicurezza, movida, pulizia, viabilità... L’impressione è che spesso i temi di una campagna elettorale assomiglino più a vuoti slogan che non alla necessaria concretezza. Per questo Le chiediamo UNA ed una sola cosa concreta che intende realizzare, da subito, una volta eletto Sindaco. Creeremo una squadra speciale per la pulizia e il decoro, che potrà essere allertata in tempi brevi ogni qualvolta ci vengano segnalati rifiuti abbandonati o strade lordate da qualche cittadino poco civile. Quanto spenderà per la sua campagna elettorale? Sarebbe disposto a fornire l’elenco di eventuali finanziatori? Ho preventivato di spendere poco meno di 15 mila euro. I finanziatori sono i partiti della coalizione del centro-sinistra autonomista. ■

Nome: Claudio Cognome:Cia Coalizione:centrodestra Partito: Civica Trentina Nato a: Rovereto Nato il: 30/04/1962 Titolo di studio: diplomato Professione: infermiere (da poco consigliere provinciale) Famiglia: le mie due stelline, Chiara e Anna Il suo motto: sempre e comunque... Laudato si’ mi’ Signore Sogno frequente: le mie figlie Ultimo libro letto: “Più potere ai Cittadini”, di Thomas Benedikter Piatto preferito: pasta alla carbonara Automobile: Megane del 2009 Volley, calcio o basket? Pattinaggio

10 DOMANDE Perché i cittadini di Trento dovrebbero scegliere Lei quale nuovo Sindaco? Perché se dopo oltre 20 anni di amministrazioni di centrosinistra il problema principale, a giudizio dei cittadini, è la mancanza di sicurezza – elemento basilare di ogni convivenza civile – ciò è di per sé, al di là di molti altri errori e di molte altre carenze, motivo per invocare un cambiamento. Se eletto, quale la cosa che certamente non intende mantenere nella struttura del Comune?
 L’ASIS, divenuta sempre più negli anni un carrozzone in cui si annidano inefficienze che vanno a gravare sui cittadini e sulle associazioni attraverso tariffe eccessivamente elevate per l’utilizzo degli impianti sportivi. Il personale verrà

comunque valorizzato nell'ambito del comparto sportivo del Comune. Quale, invece, quella che ritiene comunque meritevole di essere salvata e che dunque, se eletto, non si sogna nemmeno di toccare?
 La struttura dei servizi sociali, che non solo non va ridimensionata, ma va potenziata attraverso interventi di carattere organizzativo che, a costo zero, possono produrre incrementi di efficienza, appropriatezza e sostenibilità dei diversi interventi. Quale la sua posizione nei confronti del discusso quartiere delle Albere?
 Al di là del positivo impatto del MuSe, il resto del quartiere delle Albere è un pugno nello stomaco che ben documen-

Gita in montagna 21

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trentinoattualità diventò direttore generale per le attività economiche della Regione Trentino-Alto Adige. Sindaco di Trento dal 1964 al 1974, periodo durante il quale condusse all’approvazione del piano regolatore, e successivamente Presidente di Itas Assicurazioni e Presidente onorario della Trentino Volley, ha sempre raccolto nuove sfide portando competenza, curiosità, spirito costruttivo, cui si univa un tratto umano straordinariamente aperto e cordiale.

ta quel gigantismo velleitario e lontano dalla gente che ha portato ad un enorme spreco di risorse e di territorio. Un quartiere spettrale, che fa pensare a certe scene dei film di Antonioni. Un assoluto fallimento del centrosinistra autonomista e del Sindaco Andreatta e un'occasione sprecata per avere magari un centro natatorio con parco su modello delle Terme di Merano... Degli altri candidati Sindaco, quale ritiene più vicino alle sue posizioni? E quello irrimediabilmente lontano? 
 Per la sua anima autenticamente popolare ritengo Paolo Primon, al netto delle sfumature “pantirolesi”, il candidato Sindaco a me più affine. Vorrei anche sottolineare Paolo Negroni, candidato del Movimento 5 Stelle, che esprime attenzione per un maggior coinvolgimento dei cittadini sulle scelte più importanti, che anch’io ritengo fondamentale. A quanto ha dichiarato ammontare, nel 2014, il suo reddito? E quale pensa dovrebbe essere lo stipendio adeguato per il Sindaco di Trento? Il reddito 2014 è attorno ai 35.000 € dei quali 13.900 da attività politica. Sinceramente non sono al corrente di quanto guadagni attualmente il Sindaco di Trento, ma in generale ritengo che molti amministratori pubblici guadagnino davvero troppo in rapporto a quanto effettivamente “producono” in termini di provvedimenti o di proposte di carattere legislativo o amministrativo. Quali personaggi, di ieri o di oggi, ritiene rappresentino meglio la storia della città di Trento?
 Partirei da Bernardo Clesio, principe22

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vescovo a Trento nella prima parte del ‘500. Egli rappresenta esemplarmente il ruolo di Trento come città ponte tra il mondo culturale tedesco e il mondo culturale italiano. Ferreo difensore dell’unità del Cristianesimo contro le spinte centrifughe della Riforma, cercò una mediazione tra i protestanti e il Papa, ma morì proprio 6 anni prima l’apertura del Concilio, di cui era stato il principale promotore. Citerei poi Paolo Oss Mazzurana, podestà di Trento più volte tra il 1872 e il 1895. Egli segnò un periodo di grande sviluppo economico della città, combinando un'ispirazione liberale con una sensibilità nei confronti della questione operaia e il consenso all’intervento pubblico nell’economia. Creò infrastrutture quali la centrale elettrica e le tramvie e finanziò l’istruzione pubblica. Concluderei con un grande Sindaco del ‘900, Edo Benedetti. Già attivo durante la guerra di liberazione, come volontario aggregato all’Esercito americano, nel 1949

Cosa sogna per Trento e i suoi sobborghi? E cosa, invece, teme?
 Sogno una città a misura di famiglia, più pulita, più curata, più sicura. Sogno la bonifica delle aree abbandonate e delle aree inquinate. Sogno la possibilità per i cittadini di dire la loro prima che determinati progetti vengano affidati, sogno di vedere giovani professionisti locali valorizzati e incaricati dall’Amministrazione di mettere a punto progetti sostenibili e partecipati, sogno di vedere le famiglie che si impadroniscono degli spazi loro dedicati. Sogno di vedere giovani che non devono andarsene per trovare lavoro. Sicurezza, movida, pulizia, viabilità... L’impressione è che spesso i temi di una campagna elettorale assomiglino più a vuoti slogan che non alla necessaria concretezza. Per questo Le chiediamo UNA ed una sola cosa concreta che intende realizzare, da subito, una volta eletto Sindaco.
 Riorganizzare fin da subito la presenza sul territorio della Polizia municipale, rispondendo alla priorità che oggi è costituita da un capillare presidio diffuso su tutta la città e che copra tutte le 24 ore, con un rafforzamento negli orari che sono maggiormente a rischio. No alla militarizzazione della città, sì ad un incremento della presenza degli agenti sul territorio che trasmetta una sensazione di maggior presidio della città. Se i cittadini vedono un aumento della polizia, anche i malintenzionati la vedono... Quanto spenderà per la sua campagna elettorale? Sarebbe disposto a fornire l’elenco di eventuali finanziatori? Finanziatori non ce ne saranno, per poterci sentire liberi in futuro... La campagna elettorale dovrebbe impegnare circa 25mila euro, che vede la partecipazione anche dei vari gruppi politici che com ■ pongono la coalizione.


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PAOLO NEGRONI Nome: Paolo Cognome: Negroni Coalizione: // Partito: MoVimento 5 Stelle Nato a: Milano Nato il: 26/09/1972 Titolo di Studio: Diploma Professionale – stampatore Professione: Tipografo Famiglia: Sposato con Consuelo dal 2003, 2 figlie, Ginevra anni 9 e Greta anni 6 Il suo motto: le persone possono dubitare di ciò che dici ma crederanno a ciò che fai Sogno frequente: ad occhi chiusi raramente ricordo i sogni, ad occhi aperti… Trento, fiore all’occhiello d’Europa ed esempio di vivibilità. Ultimo libro letto: La Farfalla Avvelenata di Tomasi-Valenti Piatto preferito: Lasagne Automobile: Ford Focus Volley, calcio o basket: basket

10 DOMANDE Perché i cittadini di Trento dovrebbero scegliere Lei quale nuovo Sindaco? Sono l’unico cittadino libero, non politico di professione, che possa davvero ascoltare i bisogni dei trentini ed operare per il bene comune. Se eletto, quale la cosa che certamente non intende mantenere nella struttura del Comune? La delega alle società partecipate, quindi ritorno a gestione diretta con diminuzione e accorpamento delle stesse. Circoscrizioni solo funzione amministrativa, niente carica elettiva. Quale, invece, quella che ritiene comunque meritevole di essere salvata e che dunque, se eletto, non si sogna nemmeno di toccare? Il metodo di raccolta dei rifiuti “porta a porta” magari integrato con il principio “chi più differenzia meno paga” riducendo la “tariffa rifiuti” in modo proporzionale per i cittadini più virtuosi. Quale la sua posizione nei confronti del discusso quartiere delle Albere?

ttualmente è un progetto semifallito, un A quartiere praticamente deserto, frutto di un’idea di costruzione basata sull’interesse di pochi piuttosto che della collettività. Dimostra il fatto che le case costosissime (anche se i prezzi si sono abbassati) non le compra nessuno. Se non fosse per il Muse, cui ha seguito l’apertura di qualche bar, sarebbe un mortorio. La provincia sta cercando di riempire i locali con uffici. Addirittura una famosa catena alberghiera non compra ma viene in affitto dimostrando la fragilità dell’investimento.

Degli altri candidati Sindaco, quale ritiene più vicino alle sue posizioni? E quello irrimediabilmente lontano? Le coalizioni di centrodestra e centrosinistra, che sostengono i candidati sindaco, sono formate da un insieme talmente variegato di partiti che è proprio difficile capire quali siano le posizioni. Per estrazione sociale mi sento più lontano a ideologie di destra. Non conosco sufficientemente gli altri candidati per dare un parere. A quanto ha dichiarato ammontare, nel 2014, il suo reddito? E quale pensa dovrebbe essere lo stipendio adeguato per il Sindaco di Trento? Il mio reddito complessivo del 2014 ammonta a € 28418. Nel nostro programma è prevista una riduzione a € 2500 netti per il Sindaco € 2000 per il Vice e € 1500 per gli Assessori con un deposito della differenza degli importi su un fondo totalmente a disposizione della cittadinanza che ne stabilirà la destinazione attraverso una consultazione pubblica e/o attraverso il consiglio comunale. Quali personaggi, di ieri o di oggi, ritiene rappresentino meglio la storia della città di Trento?
 Il personaggio storico più rappresentativo per Trento secondo me è senza dubbio Cesare Battisti per la sua lotta a favore dell’indipendenza trentina, mentre quello più recente Don Dante Clauser fondatore del Punto d’Incontro, esempio di “prete di strada” a fianco di poveri ed emarginati. Cosa sogna per Trento e i suoi sobborghi? E cosa, invece, teme?
 Un trasporto pubblico efficiente, gratuito (almeno per fasce orarie) e sostenibile che colleghi in maniera capillare tutti i sobborghi di Trento disincentivando sempre di più l’utilizzo dell’auto, aumentando notevolmente la vivibilità. Temo un lento 23

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trentinoattualità ed inesorabile degrado di alcune zone dove spaccio e prostituzione stanno prendendo il sopravvento. Sicurezza, movida, pulizia, viabilità... L’impressione è che spesso i temi di una campagna elettorale assomiglino più a vuoti slogan che non alla necessaria concretezza. Per questo Le chiediamo UNA ed una sola cosa concreta che intende realizzare, da subito, una volta eletto Sindaco.
 Sicurezza senza dubbio. La proposta del M5S per porre rimedio alla situazione è semplice: più pattuglie per le strade, legittimate nell’intervento anche dall’introduzione di nuove sanzioni pecuniarie per chi viola le leggi, e lo sviluppo di una strategia di “risk management” che tenga conto delle aree più a rischio, delle ore del giorno e della notte in cui vengono registrati più reati. Quanto spenderà per la sua campagna elettorale? Sarebbe disposto a fornire l’elenco di eventuali finanziatori? ) Il preventivo di spesa è poco più di mille Euro. A parte le offerte volontarie dei cittadini, l’unico organo che ci aiuterà per la campagna elettorale è l’Associazione Trentino a 5 Stelle così come farà per le altre liste nei comuni dove si presenterà ■ il Movimento.

QUALE PERSONAGGIO, DI IERI O DI OGGI, RITIENE RAPPRESENTI MEGLIO LA CITTÀ DI TRENTO? 1p

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Alcide Degasperi (1881-1954)

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Chiara Lubich (1920-2008)

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Paolo Oss Mazzurana (1833-1895)

Edo Benedetti (1922-2012)

Ancilla Marighetto (1927-1945)

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Cesare Battisti (1875-1916)

Lorenzo Dalponte (1921-2002)

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Clorinda Menguzzato (1924-1944)

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Bernardo Clesio (1484-1539)

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don Dante Clauser (1923-2013)

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Adriano Goio (1936)

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PAOLO PRIMON Nome: Paolo Cognome: Primon Coalizione: Popoli Liberi Freie Völker Trentino Südtirol Partito: Popoli Liberi Freie Völker Trentino Südtirol Nato a: Trento Nato il: 13/06/1956 Titolo di studio: licenza media Professione: artigiano Famiglia: 4 figli Il suo motto: difendere la gente più debole Sogno frequente: popoli liberi (la libertà) Ultimo libro letto: il libro di Eva Klotz sulla storia del padre Georg Klotz Piatto preferito: polenta e spezzatino con crauti e luganega Automobile: Una vita sul furgone (41 anni) Volley, calcio o basket? Vela e calcio

10 DOMANDE Perché i cittadini di Trento dovrebbero scegliere Lei quale nuovo Sindaco? Bisogna che i cittadini scelgano soprattutto qualcuno che abbia voglia di decidere, che firmi e si prenda delle importanti responsabilità, sia delle idee che sulle proposte pratiche.

Quale, invece, quella che ritiene comunque meritevole di essere salvata e che dunque, se eletto, non si sogna nemmeno di toccare? Come ho detto prima, bisogna verificare e, se necessario, modificare.

Quale la sua posizione nei confronti del discusso quartiere delle Albere? Si tratta di una sorta di disastro ambientale. L’apertura del sottopasso ha portato alla proliferazione dei famosi conigli... Ma poi è proprio la costruzione dal punto di vista architettonico che io trovo oscena. Che il Muse funzioni è cosa che ci rende tutti contenti, ma bisogna stare attenti che l’andamento positivo continui. Lo collegherei ulteriormente alla città, con altri servizi e un arricchimento dell’offerta. Degli altri candidati Sindaco, quale ritiene più vicino alle sue posizioni? E quello irrimediabilmente lontano? Non vedo nessuno vicino alle mie posizioni. Se posso indicare il più lontano, quello è l’estrema destra, quella ideologica. Voglio difendere la nostra identità trentina a partire dalla Storia. Ad esempio, aspettiamo ancora le liste dei

Se eletto, quale la cosa che certamente non intende mantenere nella struttura del Comune? Va sicuramente verificato tutto. Per cominciare l’Asis va chiusa: bisogna agevolare la famiglie per tenere i nostri ragazzi lontani dalla strada. Non si può pretendere troppo da un’associazione di volontariato, com’è quella del rione Solteri. Occorre fare un passo indietro, studiare un nuovo tipo di organizzazione, ridare finalmente le strutture alle società sportive. La Federazione deve calmierare l’apertura delle società: troppo spesso si aprono società solo per incassare i diritti. Anche sulla cultura, tutti i teatri vengano dati in gestione alle Federazioni. Vogliamo gente del mestiere e vogliamo dire basta alle nomine politiche. 25

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trentinoattualità morti trentini nei campi lavoro dell’Asinara. Povera gente a cui fu cambiato perfino il nome, strappata alla propria terra con il ricatto del posto di lavoro... A quanto ha dichiarato ammontare, nel 2014, il suo reddito? E quale pensa dovrebbe essere lo stipendio adeguato per il Sindaco di Trento? 24mila Euro circa. Secondo me lo stipendio del Sindaco potrebbe aggirarsi sui 5.000 Euro netti. Quali personaggi, di ieri o di oggi, ritiene rappresentino meglio la storia della città di Trento? Mi viene in mente Monsignor Lorenzo Dalponte. E non ci sono stati più grandi sindaci dopo Adriano Goio, l’ultimo grande primo cittadino di Trento. Cosa sogna per Trento e i suoi sobborghi? E cosa, invece, teme? I sobborghi sono in realtà paesi, io li vedo così e voglio che rimangano tali, con una propria identità precisa. Vanno invece tolti i consigli circoscrizionali e riformulati. Sì, temo una profonda perdità d’identità. Riguardo la città, ricercherei una regolamentazione seria su ogni fronte. Anche su quello dell’ordine pubblico. Prendiamo la recente occupazione di Via Manzoni da parte degli anarchici: le occupazioni non vanno mai sottovalutate. Sicurezza, movida, pulizia, viabilità... L’impressione è che spesso i temi di una campagna elettorale assomiglino più a vuoti slogan che non alla necessaria concretezza. Per questo Le chiediamo UNA ed una sola cosa concreta che intende realizzare, da subito, una volta eletto Sindaco. Analizziamo attentamente la lista dei presunti “senza reddito”, staniamo gli evasori. Penso anche a tutta quella gente che se ne sta tutto il santo giorno ai giardini: mi domando: “Come vivono? Con quali soldi?” Questi sono i ragionamenti e i controlli da fare. Le telecamere sono soldi spesi per nulla e sorvegliano solamente i cittadini. Quanto spenderà per la sua campagna elettorale? Sarebbe disposto a fornire l’elenco di eventuali finanziatori? Il preventivo della tipografia ammonta a Euro 2.476,60. Non ho nessun finanziatore. ■ 26

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ANTONIA ROMANO Nome: Antonia Cognome: Romano Coalizione: nessuna Partito: soggettività plurale e unitaria “Altra Europa con Tsipras” e “Altra Trento a sinistra” Nata a: Castrovillari Nata il: 01.09.1962 Titolo di studio: laurea in scienze biologiche e master postuniversitario di secondo livello Professione: insegnante a tempo indeterminato Famiglia: una figlia e due gatte. Ma sta per arrivare la terza gattina. Il suo motto: “il momento è ora” Sogno frequente: non ricordo mai ciò che sogno quando dormo Ultimo libro letto: Arte e Matematica, di Bruno D’Amore Piatto preferito: riso al limone Automobile: bicicletta, car sharing, blablacar, mezzi pubblici Volley, calcio o basket? Trekking

10 DOMANDE Perché i cittadini di Trento dovrebbero scegliere Lei quale nuovo Sindaco? Perché sono una donna, purtroppo l’unica donna candidata, e credo che la città abbia bisogno della visione femminile nella gestione della cosa pubblica. Perché, essendo componente del comitato operativo nazionale dell’Altra Europa con Tsipras, rappresento il collegamento con la soggettività nazionale e con gli europarlamentari e ciò impedisce di chiuderci in un localismo ormai improponibile, visto che ogni scelta politica ad ogni livello istituzionale è inevitabilmente legata a quanto viene deciso in Europa, in particolare dalla Troika. Perché non credo nella personalizzazione della politica, ma nel gioco di squadra, come è la nostra lista. Il programma che propone la nostra lista è stato realmen-

te costruito a più mani, sulla base delle competenze individuali e eletta, quale la cosa che certaS mente non intende mantenere nella struttura del Comune? Io non ho alcuna esperienza di consiglio comunale, ma, certamente, vivendo la cosa finora dall’esterno, rivaluterei le circoscrizioni, facendole diventare luoghi di partecipazione diretta e consapevole delle persone alla gestione della propria città, soprattutto in termini propositivi. Applicherei seriamente il bilancio di genere, facendolo diventare realmente bilancio di genere e non mero atto burocratico, elaborato a posteriori e mutato persino nel nome e nelle finalità. Introdurrei il settore cultura tra i servizi essenziali del Comune, sganciandolo dal


trentinoattualità Ugo Rossi a presidente della provincia. Adesso l’autonomia garantisce soprattutto ingiustificati privilegi di casta.

settore turismo. Ovviamente ridurrei i costi della politica, includendo tra questi le superconsulenze esterne, che non fanno altro che nutrire il sistema clientelare. Quale, invece, quella che ritiene comunque meritevole di essere salvata e che dunque, se eletta, non si sogna nemmeno di toccare? Non toccherei nulla di ciò che può essere riconosciuto come coerente con una visione dell’economia, e quindi dell’amministrazione della città, basata su una crescita qualitativa, in contrapposizione con la crescita quantitativa, che ha prodotto e produce impoverimento e disparità sociali. uale la sua posizione nei confronti Q del discusso quartiere delle Albere? Sul quartiere delle Albere pongo in evidenza due aspetti. Dal punto di vista urbanistico, il quartiere delle Albere, seppur riuscito nella sua componente edilizia (certificazione energetica etc.) dimostra che la “densificazione” non è la soluzione di tutti i mali e che forse le trasformazioni urbane devono seguire un percorso che sia meno segnato dal pensiero unico di uno solo, anche se questo è un “archistar” come Piano e debba seguire un processo che sia condiviso dai cittadini. Dal punto di vista economico, i numeri relativi alle vendite dimostra che il mercato degli immobili a Trento è saturo. Gli interventi di “sostegno pubblico” sono andati già ben oltre gli impegni iniziali, come dimostra la decisione di collocare lì la nuova biblioteca universitaria che ha sostituito il previsto palacongressi. L’unico intervento possibile dovrebbe andare nella direzione del sostenere le fasce deboli che non hanno accesso al mercato degli immobili. Quindi, un ulteriore intervento pubblico è pensabile solo se è espressione di una politica che garantisca il diritto alla casa per tutti. egli altri candidati Sindaco, quale D ritiene più vicino alle sue posizioni? E quello irrimediabilmente lontano? Ciò che bisogna prendere in considerazione sono i programmi elettorali e le linee politiche delle forze che rappresentano sul territorio. Chiaramente centro destra e centro sinistra, con relative liste, sono espressione di quella politica neoliberista che noi vogliamo contrastare. Noi ci proponiamo come alternative e alternativi alle politiche del governo attuale della città, in netta e forte contrapposizione alle destre localiste, omofobe, xenofobe

Un selfie durante la Via Francigena

e razziste, con una posizione radicale e di sinistra, che si manifesta nelle nostre proposte programmatiche costruite avendo come riferimenti i principi ed i valori espressi nel “manifesto per una sinistra unitaria in Trentino”. Pur essendo una lista eterogenea e plurale, tutte le candidate e tutti i candidati condividono posizioni inequivocabilmente di sinistra. Per le questioni legate alla mobilità ecosostenibile e leggera condividiamo con il movimento cinque stelle il sostegno al ddl di iniziativa popolare recentemente presentato alla provincia.. quanto ha dichiarato ammontaA re, nel 2014, il suo reddito? E quale pensa dovrebbe essere lo stipendio adeguato per il Sindaco di Trento? Intorno a 35000 euro l’anno. Se fossi sindaca a me basterebbe lo stipendio che prendo da insegnante (con eventuali rimborsi spese) e che mi consente una vita dignitosa, in un periodo in cui molta gente fatica a giungere a fine mese. I costi della politica sono troppo alti e vanno ridimensionati ad ogni livello. uali personaggi, di ieri o di oggi, Q ritiene rappresentino meglio la storia della città di Trento? Due personaggi del passato che rappresentano la storia di Trento, città medaglia d’oro della resistenza, sono Ancilla Marighetto e Clorinda Menguzzato, il cui sacrificio ha contribuito a costruire la nostra repubblica e a fondare la nostra democrazia, oggi in pericolo. Un personaggio attuale, che può rappresentare la storia di Trento, è Lorenzo Dellai, supergovernatore, le cui politiche provinciali neoliberiste rappresentano l’inizio della degenerazione dell’autonomia provinciale in autonomismo clientelare, che raggiunge l’apice del localismo autoreferenziale con l’elezione di

Cosa sogna per Trento e i suoi sobborghi? E cosa, invece, teme? Per Trento e sobborghi sogno la costruzione di una realtà transculturale e solidale, in cui le persone si possano spostare scegliendo di utilizzare mezzi di trasporto ecosostenibili, in cui le piazze, magari date in gestione ad associazioni, diventino luoghi di incontro e di aggregazione anche giovanile, alternativa appetibile allo sballo fine a se stesso, in cui il controllo sociale, inevitabile in una città viva e vissuta, rappresenti un valore aggiunto ed un deterrente verso la gestione repressiva dei problemi della città. icurezza, movida, pulizia, viabilità... S L’impressione è che spesso i temi di una campagna elettorale assomiglino più a vuoti slogan che non alla necessaria concretezza. Per questo Le chiediamo UNA ed una sola cosa concreta che intende realizzare, da subito, una volta eletta Sindaco. Effettivamente ci sono temi come la cultura e le questioni di differenze di genere che nessuno affronta. Se fossi eletta sindaca farei subito una valutazione del patrimonio edilizio esistente, d e gli e dific i inutilizzati, dello stato di avanzamento di lavori di bonifica di aree dismesse e consulterei esperti per avviare progetti anche temporanei per riqualificare la città rendendola ecologicamente sostenibile, socialmente equa e viva. Si tratta di un progetto a lungo termine. Non forniamo ricette populistiche, con soluzioni immediate e non realmente praticabili. uanto spenderà per la sua campaQ gna elettorale? Sarebbe disposta a fornire l’elenco di eventuali finanziatori? Per la campagna elettorale della lista spenderemo all’incirca 2.400 Euro, ma cercheremo di contenere ulteriormente i costi. Non abbiamo finanziatori. Se li avessimo lo dichiareremmo certamente. Per il momento pratichiamo la sobrietà ■ fondata sull’autofinanziamento. 27

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trentinoattualità

di Carlo Martinelli

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l tempo, talvolta, permette di riparare ai guasti evidenti della storia. Quella storia che, lo si sa bene, è scritta dai vincitori. Già. Quel tempo ha fatto sì che mezzo secolo fa Alberto Folgheraiter - giornalista e scrittore che non avrebbe bisogno di presentazioni, tanto il suo volto e la sua voce sono familiari ai trentini - fosse, come tutti, testimone di tutto l’ambaradan messo in piedi, specie in Trentino, per ricordare i cinquanta anni che, allora, separavano dalla fine di quella prima Guerra mondiale. Furono mesi all’insegna di una retorica patriottarda che cozzava a fatica con la realtà storica, giacché l’Italia celebrava una vittoria che era invece stata sconfitta per la stragrande maggioranza dei trentini. Chi, come FolgheLa partenza dalla stazione ferroviaria di Trento della prima tradotta di richiamati dal Trentino (2 agosto 1914) verso il fronte orientale. Il clima quasi festoso, con i vagoni pavesati da corone di fiori, sarebbe rapidamente mutato un mese dopo con le notizie sulle carneficine in Galizia

LA GRANDE GUERRA DI NONNO BEPI ALBERTO FOLGHERAITER, CRONISTA DI LUNGO CORSO, "SALDA I CONTI" CON LA NOSTRA STORIA. PERCHÉ IL 14-18 IN TRENTINO FU DAVVERO UN'ALTRA COSA... raiter, come chi scrive, conservava e conserva il ricordo indimenticabile dei nonni in divisa da Kaiserjager, sa di cosa si parla. Cinquanta anni dopo le cose sono cambiate. Il centenario che stiamo attraversando ha portato un cambio di rotta. A cominciare da quel particolare che ci distingue dal resto dell’Italia ma che, per decen-

ni, fu sottaciuto per non dire peggio. Sì, perché la guerra che l’Italia inizia nel 1915, per il Trentino - terra dell’Impero austro-ungarico - è cominciata l’anno prima. I sessantenni di oggi, scolari mezzo secolo fa, lo sanno: i vincitori hanno scritto e decretato che c’erano trentini in armi dalla parte giusta (una minoranza, nobile e borghese certo, ma minoErminio Giuseppe Folgheraiter in divisa da Kaiserjäger (la fotografia fu impressa da American Photo Studio di Praga)

ranza estrema) ed una maggioranza (le migliaia di soldati in divisa austroungarica finiti in Galizia, moltissimi morti, moltissimi prigionieri in terra di Russia) che si trovò dalla parte “sbagliata”. Ecco, Alberto Folgheraiter, forte di quella passione che lo ha reso giornalista attento per anni (prima a “Vita Trentina”, dal 1971 al 1979, poi alla sede Rai di Trento fino al 2007 come cronista e, infine, per tre anni responsabile della struttura programmi) e poi scrittore che sa unire storia e reportage, memoria 28

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1915 Galizia fronte Russo. Kaiserjäger trentini

e documentazione, nel suo nuovo libro - pubblicato non a caso nei mesi del centenario - in qualche modo “salda il conto”. Il suo “Un popolo, due patrie” ovvero “Il Trentino nel vortice della Grande Guerra (1914 - 1918)”, edito da Curcu & Genovese, consta di 238 pagine, costa 18 euro ed è ricco, oltre che di un testo tanto esaustivo quanto chiaro, di un apparato iconografico di prim’ordine. A partire dall’immagine di copertina: via Oriola, nel cuore di Trento, pavesata a festa con le bandiere austroungariche. In quella stessa foto, lo sguardo rivolto a chi scattava l’immagine, c’è un Kaiserjager. Uno come il “nonno Bepi, mugnaio del Prà, che fu mandato alla frontiera del mondo, vide l’orrore, sopravvisse e tornò inseguito dal tramonto

dell’Impero”. A lui, a nonno Bepi, Alberto Folgheraiter dedica questo suo libro. E poiché chi scrive ebbe due “nonni Bepi” con la stessa divisa da Kaiserjager, entrambi fatti prigionieri in Galizia e che - hai visto mai - hanno magari condiviso l’inferno di quel immane conflitto con il Bepi mugnaio del Prà, tocca dire, subito, di avere trovato totale consonanza con la citazione che Folgheraiter mette all’inizio del primo dei 23 capitoli (più venti schede di approfondimento) che scandiscono questa lettura mai noiosa. Sì, perché Folgheraier ricorre ad una frase di Quinto Antonelli, storico di cui andare orgogliosi. Quando dice, riferito ai trentini, “troppo austriaci per essere italiani, troppo italiani per essere austriaci”, descrive in modo mirabile quel che è stata la Grande guerra dei nostri nonni. Il testo che Folgheraiter ha voluto come risvolto di copertina del suo saggio - ma questo è un libro che dovrebbe entrare nelle scuole, anche - inquadra il senso e le ragioni di una ricostruzione che deve la sua forza anche al registro giornalistico che l’autore ha scelto. Scrive: “Quella Guerra che fu definita “grande” e che papa Benedetto XV (1917) bollò come “inutile strage”, dal 2014 è al centro di convegni di studio,

Alberto Folgheraiter quando conduceva il telegiornale

Alberto Folgheraiter (1952) ha pubblicato - sempre con le edizioni Curcu & Genovese - una quindicina di volumi, fra cui “Oltre la soglia del tempo. Il Trentino di chi è partito, la terra di chi è rimasto”; “I figli della terra. Storie di gente di montagna. Come eravamo e come siamo diventati”; “La terra dei padri. Storie di gente e di paesi”. Per “La collera di Dio” e “I dannati della peste” gli è stato attribuito, nel 2009, il premio Dimaro – Val di Sole. Per il doppio viaggio inchiesta sui “Villaggi dai camini spenti e dalle stanze vuote” gli è stato attribuito il primo premio “Tolmezzo-Leggimontagna”. Dal 1998 è Accademico degli Accesi per le lettere. È socio di Studi Trentini di scienze Storiche. rievocazioni, seminari e manifestazioni. Soprattutto in Trentino-Alto Adige e nella Venezia Giulia, dove la chiamata alle armi si avviò un anno prima rispetto all’Italia. Di solito, la storia è scritta dai vincitori. In quella guerra i nostri nonni, mandati al fronte come vittime predestinate nell’estate del 1914, furono dalla parte dei vinti. Invischiati e coinvolti, loro malgrado, in una “guerra tra parenti” quale fu il primo conflitto mondiale. Metà delle teste coronate d’Europa, infatti, era imparentata direttamente; l’altra metà per via dei matrimoni combinati tra le Cancellerie più che per l’iniziativa dei nubendi. Quella sterminata carneficina si sarebbe potuta e dovuta evitare. Così non fu. Nelle valli del Trentino, quando arrivò l’ordine della mobilitazione generale, i nostri nonni dovettero lasciare la zappa nel campo, la falce sul prato, la vacca nella stalla, la famiglia in lacrime. Non ne capivano la ragione ma furono costretti a obbedi-

re. Di sessantamila chiamati alle armi per difendere gli interessi della corona di Vienna, quasi dodicimila finirono sepolti nei cimiteri improvvisati della Polonia e dell’Ucraina, in Galizia. “Italiani sbagliati” ai quali, per decenni, fu negato dall’Italia perfino l’onore della memoria. Erano morti da “nemici” anche se figli di una terra che si voleva a tutti i costi “redenta”. Per contro, ai poco meno di mille che, allo scoppio delle ostilità passarono dall’altra parte, e si arruolarono come volontari con la divisa dell’Esercito italiano, fu riservato un posto d’onore nei libri di storia. Inoltre, furono alzati monumenti celebrativi a quegli “irredenti” morti da Italiani, pertanto da eroi. Dieci mesi dopo l’inizio della guerra europea, quando pure l’Italia entrò nel conflitto, settantacinquemila civili del Trentino furono mandati oltre Brennero, deportati o profughi nelle “città di legno” dell’Austria-Ungheria; altri trentacinquemila finirono dispersi 29

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trentinoattualità in 264 comuni italiani, in una lacerazione che smembrò Comunità e singole famiglie. La Grande Guerra, che cambiò i confini d’Europa, trasformò in territorio italiano una terra dove i dotti parlavano la lingua di Dante, la stragrande maggioranza della popolazione la comprendeva, ma per otto secoli era stata legata all’area tedesca dell’Impero germanico e della Contea principesca del Tirolo. Con un incredibile effetto domino, la guerra del 1914-1918 coinvolse 28 Nazioni, tutta l’Europa, gli Stati Uniti (dal 1917) e perfino l’Estremo Oriente. Fu chiamata “Grande” ma solo perché coloro che la subirono e furono costretti a combatterla videro il sangue correre a fiumi e crescere accanto sterminate foreste di croci. Chiamato alle armi con un avviso dal pulpito o dalla cartolina precetto, nell’estate del 1914 un popolo di contadini - soldati si ammassò sui fronti degli Imperi centrali. Partirono che erano giovani. Coloro ai quali la sorte risparmiò la vita tornarono a casa già vecchi. Dopo quattro anni di guerra, i Trentini si ritrovarono cittadini italiani. Ma a che prezzo…”. Sia chiaro. Quella di Folgheraiter non è una rilettura austriacante e men che meno antitaliana. E’ il racconto - con tratti di commozione e di epicità, seppur tragica - fatto da chi, prima di tutto, vuole bene alla sua terra e a chi la abita. In questo senso Folgheraiter aggiunge un altro tassello alla

Il giornalista don Vittorio Cristelli

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Nel campo di Braunau, al confine con la Baviera, il 15 aprile 1917 si tenne una celebrazione per la pace, seguita da una processione con il quadro di Mariahilf, la Madonna dell’Aiuto venerata in tutte le regioni dell’Austria. Dopo la Grande Guerra fu anche definita “la Madonna dei profughi”

sua personalissima rivisitazione della storia e delle storie del Trentino. Un tutt’uno con il viaggio nei villaggi ormai abitati da poche decine di persone, con le ricostruzioni di come le malattie e le epidemie hanno segnato le vicende, (“anche della Prima Guerra mondiale, se pensiamo al ruolo decisivo e devastante che ebbe la spagnola”, sottolinea), con la paziente tessitura di quell’immaginario rappresentato dalla devozione popolare, dalla fede semplice e talvolta ingenua di uomini e donne, con la ricostruzione di usi e costumi. Non è bestemmia. Anche il popolo dalle due patrie che Folgheraiter racconta - dentro

DI C

DI ONO

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l’inferno di un conflitto atroce e che ancora Quinto Antonelli, citando uno storico inglese, sintetizza al meglio: “le trincee sono state i campi di concentramento della Grande Guerra” - è parte di quel travaglio della storia. Forte delle radici valligiane - la “sua” val di Cembra è orizzonte che non tramonta - Folgheraiter continua a raccontare il passaggio dalla civiltà contadina a quella postmoderna. Un cambiamento epocale. L’esodo dalle vallate, il venir meno di riti e ritmi che per secoli avevano scandito quella civiltà, l’emigrazione, il consumismo. E piace pensare che il giornalista capace di vivere la gran-

de stagione di “Vita Trentina” con Vittorio Cristelli alla direzione e poi di essere la voce della Rai nel riferire di notizie belle e brutte (si pensi alle tragedie di Stava e del Cermis, che lo videro in prima linea) affidi ancora una volta, oggi, alla scrittura il compito di un salutare bagno di memoria. Perché nel tempo del postmoderno globalizzato, altro che un popolo e due patrie. Il rischio è quello di un popolo senz’anima nel nulla dell’effimero. Per questo il viaggio nel vortice di quella Grande ed ingiusta Guerra che Folgheraiter ci permette di fare con il suo libro, è di quelli da ■ prenotare.



trentinoattualità

di Alberto Folgheraiter

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uel santo che il popolo delle Alpi venera da mille anni ha trovato un nuovo cantore. Un nuovo libro descrive le gesta di Rome-dio, il Romeo che porta a Dio; il pellegrino leggendario che lascia la natia Thaur, nella valle dell’Inn, per raggiungere Roma (romeo appunto) la città dei Papi. Un libro scritto da un altro “romeo”, un pellegrino della penna il quale, a dispetto della fatica e della fretta, usa corredare le sue note di viaggio con abbondante sudore di piedi. La sua cifra lo porta a macinare chilometri su chilometri di strade sterrate, di sentieri, di boschi e attraversare decine di villaggi. E se è vero che i santi sono proposti ai devoti come modello da seguire, Fiorenzo Degasperi potrebbe aspirare a diventare “patrono”, pertanto modello, di quei giornalistiscrittori che affidano le proprie opere alla penna, certo, ma molto meno agli scarponi. Dopo Romedio, che fu un anacoreta leggendario ancorché invocato da una discreta folla di devoti, il viaggio fra Thaur e il santuario romediano che svetta nella selvaggia valle di Tavon, nell’anno del Signore 2015 lo ha compiuto “san” Fiorenzo (da Sardagna), viaggiatore e scrittore per conto della Curcu&Genovese. La quale, proprio in questi gior-

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A LUNGHI PASSI SUI SENTIERI DI ROMEDIO UNA BELLA GUIDA AL CULTO E AL SANTUARIO PIÙ SUGGESTIVO DELLE ALPI CENTRALI. L’ULTIMA FATICA (ANCHE FISICA) DI FIORENZO DEGASPERI, PLURIPREMIATO AUTORE DELLA NOSTRA CASA EDITRICE ni propone in vetrina, fresco di stampa, un bel libro di 208 pagine corredato da un robusto apparato iconografico. Fiorenzo Degasperi, novello anacoreta, traccia una “via sacra attraverso il Tirolo storico”, riassume le leggende fiorite dopo l’anno Mille, compresa la falsa pista del monaco Bartolomeo da Trento (domenicano e agiografo medievale), che per molti secoli ha lasciato credere che l’eremita tirolese fosse stato coevo di Vigilio. La questione romediana tenne banco per decenni, soprattutto tra la seconda metà del Settecento e la prima del XX secolo. Poi venne Iginio Rogger, indimenticato storico della Chiesa di Trento, a spazzare via le incrostazioni, le leggende, le superstizioni. Oggi la questione romediana è stata risolta grazie anche ai contributi di due storici del calibro di Emanuele Curzel e Gianmaria Varanini. Se la sua vicenda umana non fu un’invenzione, Romedio da Thaur visse dopo il Mille. Il primo di due libri liturgici della Cattedrale di Trento, il sacramentario Udalriciano del

Thaur: S. Romedio, ai piedi del Karwendelgebirge

1045 non ne fa menzione; lo si cita invece nel secondo sacramentario, detto Adelpretiano, dal nome del vescovo che lo fece compilare nel 1172. È in quel periodo che si comincia a trovare notizie del culto e di una primitiva cappella che dipendeva direttamente dal vescovo. Rodolfo il Glabro, nelle sue “Cronache dell’anno Mille”, nel capitolo “De innovazione basilicarum in toto orbe” scrive: “Si era già quasi all’anno terzo dopo il Mille, quando nel mondo intero, ma specialmente in Italia e nelle Gallie,

si ebbe un rinnovamento delle chiese basilicali. […] Pareva che la terra stessa, come scrollandosi e liberandosi della vecchiaia, si rivestisse tutta di un fulgido manto di chiese”. Anche per Romedio fu avviata la fabbrica di un luogo riconosciuto di culto. Fu individuato là dove la roccia che svettava nella valletta di Tavon era già considerata sacra in epoca pagana. Sul pinnacolo, al quale sono avvinghiate cinque cappelle, fabbricate per donazioni e voti fra il XII e il XVIII secolo, furono trovate,


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infatti, le tracce di un rogo. Secondo il frate francescano Frumenzio Ghetta, morto lo scorso anno, sarebbe stato quello il luogo, dove furono bruciati nel IV secolo i martiri Anauniesi. Tre, come i tre “santi” della tradizione romediana: Romedio e i suoi compagni: Abramo e Davide. Tre come Remigio da Reims e i suoi fratelli, e via discorrendo. Il tre si mischia e si confonde; i secoli si sovrappongono; il culto si dilata come i sentieri della devozione. Fiorenzo Degasperi prende le mosse da un episodio storicamente accertato, il pellegrinaggio a San Romedio degli Schuetzen tirolesi condotti da Andreas Hofer. Era una domenica di luglio del 1809. Fu l’ultimo voto dell’oste della Val Passiria, il quale sarebbe

stato fucilato a Mantova dai Francesi di Napoleone, il 20 febbraio 1810. Dal condottiero errabondo del XIX secolo al “cavaliere errante del Tirolo” nel secolo XI, il passo è lungo. Tuttavia, l’autore del libro lo compie agevolmente, con falcate rapide fra la storia e la geografia che dalla piana dell’Inn scavalca le Alpi e si stempera nell’Anaunia del tardo medioevo. Passo dopo passo, e non soltanto in un susseguirsi di accadimenti e di note storiche, Fiorenzo Degasperi percorre “la via sacra del Tirolo”, provvista di capitelli, cappelle e pitture murali di Romedio, il santo patrono dell’Heimat e della Vaterland tirolesi. Immagini e luoghi che si contendono la devozione con Maria Hilfe, l’Ausiliatrice che punteggia di chiese e di cappelle la devozione popolare dalla Baviera al Tirolo storico. Il libro ridisegna la rete del sacro, attraversa valli e castelli, sentieri e tratturi, sale sugli antichi percorsi del popolo dei Reti e scende nelle valli, dove dal Mille transitarono eserciti di soldati e schiere di devoti. Gli uni, per dilagare nella pianura e predare le fertili terre del papato; gli altri, per portare ai piedi del Papa di Roma le offerte per l’acquisto delle indulgenze. Un filo sottile disegna l’espansione del culto romediano di pari passo con la riforma protestante. Indulgenze e voti si sommarono con le pietre che i pellegrini portavano nella valle di Tavon per alzare cappelle e manufatti in nome e per conto del santo pantirolese. Una parte corposa della pubblicazione è dedicata alla visita al santuario che resta, anche dopo i recenti restauri e il cambio della custodia, uno dei più affascinanti luoghi di culto delle Alpi centrali. Molti sono i turisti che, soprattutto d’estate, risalgono la stretta gola, un canyon scavato nelle ere geologiche dell’Anaunia,

Fiorenzo Degasperi racconta i suoi viaggi compiuti all’interno dell’arte, nel paesaggio mitologico e nella geografia sacra della cultura alpina sui quotidiani “Trentino”, “Alto Adige” e la rivista “Trentino Mese”. I suoi ormai numerosi libri nascono dal cammino attraverso innumerevoli sentieri della storia, dell’arte, dell’immaginario fantastico. Una scrittura tesa a ricostruire i legami interrotti tra gli esseri umani e la natura, tra l’uomo e ciò che ha prodotto nel corso dei secoli: arte, folklore, leggende, racconti. Da tutto questo nasce una geografia dell’interiorità e dell’identità della cultura alpina. Alcuni suoi libri, sono vincitori di premi nazionali – finalista Premio Itas 2007 per “Cavae. Le miniere in Trentino Alto Adige tra storia e leggenda” e I° Premio Gambrinus A. Mazzotti 2009 per “Santuari e pellegrinaggi dei ladini e delle genti mòchene e cimbre” – e regionali – 2010 II° Premio autori da scoprire-Ambientazione Alto Adige con “Archeologia in Trentino Alto Adige. Quando i Santi si chiamavano dèi” e, nel 2011, vincitore, nello stesso concorso, del I° Premio con “Le vie del sale nel Tirolo storico”. Nel 2012 riceve il premio d’onore “Caterina De Lia Bellati Canal”, Belluno, per il libro “I vecchi dei nostri vecchi erano pastori”. Tutti sono consultabili sul sito www.curcuegenovese.it. per cogliere scorci di rara suggestione. Si arriva da turisti e ci si ritrova devoti. Talvolta. Come l’autore del libro in oggetto, il quale chiude la sua fatica, anche fisica, proponendo al lettore più esigente l’introduzione alla vita leggendaria di Romedio. Il santo dell’orso, che l’iconografia della tradizione restituisce con un plantigrado al guinzaglio. Gli smaliziati devoti del terzo millennio restano ancora rapiti da quell’immagine, soprattutto in anni di cronache ursine. Intanto, i pastori all’alpeggio più che invocare Romedio implorano la forestale e, ma non si può scrivere, pure la Federcaccia. ■

Ex voto: grazie a San Romedio il conducente del carro ebbe salva la vita

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trentinolagrandeguerra trentinoattualità 1914-1918 UN POPOLO, DUE PATRIE – 17. E ULTIMA PUNTATA di Alberto Folgheraiter

DALL’OCCUPAZIONE MILITARE AL GOVERNATORATO CIVILE DEL TRENTINO I DIECI MESI DEL GOVERNATORE MILITARE PECORI-GIRALDI E I TRE ANNI DEL GOVERNATORE CIVILE LUIGI CREDARO. I DANNI INGENTI, LA RICOSTRUZIONE A RILENTO E L’ARRIVO DEL FASCISMO

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inchiostro delle firme sotto il trattato di pace, siglato a Villa Giusti, a Padova, non si era ancora asciugato che il Comando Supremo del Regio Esercito Italiano, il 3 novembre 1918, aveva già nominato il “Governatore Militare del Trentino con sede a Trento, per il Trentino, l’Ampezzano e l’Alto Adige sino alla linea dell’armistizio”. Fin dal 29 maggio 1915, presso il Comando Supremo era stato istituito un “Segretariato Generale per gli affari civili” con il compito di “predisporre e dare direttive per la provvisoria organizzazione amministrativa dei territori” che man a mano fossero stati occupati dal Regio Esercito. Avrebbe dovuto “stabilire e assicurare, per quanto possibile, l’ordine pubblico e la vita pubblica” nei territori occupati e “proporre la nomina di governatori militari di grado elevato nelle località di particolare importanza militare o politica”. Il Segretariato Generale per gli Affari civili fu operativo sino al 31 luglio 1919 e fu a tale organismo che il Governatore militare avrebbe dovuto rispondere del proprio operato. Pertanto, il collegamento con il Governo era assicurato dal Comando Supremo. Il governatore militare Guglielmo Pecori Giraldi arrivò in città nelle ore immediatamente successive al “rebaltòn”, al cambio di nazionalità e di governo, per occupare militarmente il Trentino “redento”. Chi era il “governatorissimo” mandato da Diaz a reggere provvisoriamente le sorti 34

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di questa “terra redenta”? Miope e sordastro, aveva scavalcato il secolo sulle ali di una fulgida carriera militare pur senza brillare di luce propria. Il ritratto che ne fa Lorenzo del Boca in “Grande guerra, piccoli generali” è da antologia: “Il generale Guglielmo Pecori Giraldi non frequentava le prime linee. Gli sembravano umide, malsane e frequentate da brutta gente. A villa Clementi [a Monte Berico, Vicenza], che aveva scelto come sede del suo comando (della I. Armata), non si trovava una cartina topografica della zona, ma non mancava il bagno di maiolica con una vasca a livello terra dove si accedeva con una scaletta di ottone cromato. Non si sa che ci stesse a fare nell’esercito. In Libia era stato battuto dai Turchi a Bir Tobras (1911) e, in seguito alla sconfitta, congedato d’autorità. Lo richiamarono quando scoppiò la prima Guerra mondiale e lui rivestì la divisa con l’impegno di non fare assolutamente nulla. Doveva arrivare alla pensione e questo doveva bastare. Non usciva mai dal suo comando da dove, peraltro, non si azzardava a comandare. A sera, le auto di servizio accompagnavano da lui gli ufficiali che invitava a cena. Violò le regole che lui stesso si era imposte per assistere alla fucilazione di quattro suoi soldati messi al muro per rappresaglia”. I poveracci facevano parte della “52a divisione”. Dopo 35 giorni di trincea e 35 gradi sotto zero avevano accolto con schiamazzi il colonnello che era andato a fare loro un’ispezione. Fatto gravissi-

Il proclama ai Trentini del governatore militare Pecori-Giraldi

mo per il quale i “macellai” della guerra non avevano trovato di meglio che sorteggiare quattro soldati del battaglione e “assassinare a sangue freddo i loro uomini. Veri e propri omicidi comuni”. Pecori Giraldi, mandato in pensione anticipata nel gennaio del 1912, fu ripescato allo scoppio della Grande guerra direttamente da Cadorna che gli affidò vari incarichi fino a nominarlo comandante della Ia Armata. Il medico di Cadorna, Casali, aveva scarsa stima. Lo conside-


trentinolagrandeguerra rava, infatti, “una nullità” e “un pallone gonfiato”. Il direttore della Stampa di Torino, Alfredo Frassati, il 14 maggio 1913 aveva pubblicato un lungo articolo scrivendo, tra l’altro, che “contro Pecori Giraldi militavano ragioni che non hanno nulla a che vedere con l’arte militare… A Pecori Giraldi si fece pagare, non il suo errore di Bir Tobras (nella guerra di Libia) ma la sua dichiarata fede cattolica, apostolica e romana, che la massoneria non può consentire”. Divenuto senatore, il conte Pecori-Giraldi chiederà in Senato (1925) l’espulsione dall’esercito di tutti gli ufficiali appartenenti alla Massoneria. A quest’uomo fu affidato da Armando Diaz il governatorato militare sul Trentino occupato. Inutile dire che fece poco. Del resto lo stesso Diaz, con un telegramma del 10 novembre aveva “consigliato” a Pecori-Giraldi di tenere il governo della città e di affidare i vari distretti ai volontari della “Legione Trentina”, gli irredentisti che tornavano a casa con lo spirito della rivincita. Grandi danni comunque non li poté fare anche perché la “zona nera” del Trentino era già devastata di suo. In verità il prof. Umberto Corsini (“Il Trentino nel primo dopoguerra, problemi economici e sociali”, 1987) ne dà un giudizio sostanzialmente positivo: “Il Governatorato oltre a segnalare con diligenza ed energia al Comando Supremo i settori pubblici e privati abbisognevoli di pronto intervento era esso stesso concretamente intervenuto” per “la derequisizione di edifici di pubblica utilità; per la pronta liberazione dei prigionieri di guerra trentini; per il ristabilimento della libera circolazione allo scopo di riavviare le relazioni commerciali e industriali; per gli approvvigionamenti di viveri alla popolazione, con razioni ri-

L’arrivo del generale Pecori-Giraldi a Trento, il 3 novembre 1918, nominato governatore militare della città e della regione

servate ai profughi e agli operai, di merci per l’industria alberghiera e l’agricoltura; per il contenimento dei prezzi, attraverso l’immissione sul mercato di generi e merci non contingentati; per il servizio sanitario, ospedali e farmacie; per il rimpatrio dei profughi che al 31 luglio 1919 era già avvenuto nella misura di 67.600 da nord; 27.500 da sud e di circa 12.500 emigrati benestanti e volontari sfuggiti al controllo; per la ricostruzione di strade, edifici pubblici e privati nelle zone devastate dalla guerra e per l’accertamento e liquidazione dei danni di guerra; per il cambio e ritiro della valuta austriaca; per la ripresa dell’agricoltura e la ricostruzione del patrimonio zootecnico; per i lavori pubblici; per la pubblica istruzione, biblioteche, archivi, belle arti, istituti di cultura” (dalla IVa e ultima relazione del Governatore al Comando Supremo, in data 5 agosto 1919).

In una relazione al Comando Supremo, Pecori-Giraldi tracciò il bilancio della sua attività nel Trentino occupato, giustificandosi che “non è stato consentito al Governatorato di far altro che continuare l’opera di soccorso spicciolo dei primi mesi, senza poter mai pensare a quel piano vasto, organico e radicale che la situazione odierna rende necessario”. Il conte Guglielmo Pecori-Giraldi al quale furono intitolate piazze e vie, fu il Governatore militare di Trento per poco meno di un anno. Il 20 luglio 1919 fu nominato dal Governo un Commissario straordinario civile per il Trentino nella persona dell’on. Luigi Credaro, deputato al Parlamento. Due settimane prima era stato istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Ufficio Centrale per le nuove Province del Regno. Questo il giudizio del prof. Sergio Benvenuti su Pecori-Giraldi e Credaro (“Storia

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trentinoattualità trentinolagrandeguerra

I PRODROMI DEL FASCISMO

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ella quarta e ultima relazione del suo mandato provvisorio, quale governatore militare del Trentino, il generale Pecori-Giraldi aveva scritto: “Un fascio d’azione con programma nazionale, radicale, antidisfattista, anticlericale, antibolscevico si è testé costituito. Esso è formato da un nucleo di giovani e di volontari impazienti di lunghi indugi e desiderosi d’azione”. Fuor di metafora, giovanotti che volevano menar le mani. Fu una “meteora fascista” poiché questo primo “esperimento” del 1919 durò circa sei mesi. Passò un anno, senza che si sentisse parlare di gruppi di ex combattenti in camicia nera. Al principio del 1921 un capitano dell’esercito di nome Achille Starace costituì a Trento una sezione del “fascio italiano di combattimento”. Achille Starace, era un massone della prima ora e fu attivo nella “ricostruzione” del Trentino. Matricola n. 48.047 del Grande Oriente d’Italia, “nell’agosto del ’17, conquistato il grado di maestro, passò alla Loggia Cesare Battisti di Trento. Il cursus honorum massonico di Starace s’intreccia con le vicende del suo battesimo politico nei territori della Venezia Tridentina, non lontano dalle trincee dove aveva combattuto. Dopo la smobilitazione, il bersagliere di Gallipoli era rimasto nei ranghi dell’esercito come addetto all’ufficio legnami. In quella veste (come dettaglia una relazione riservata che giunse sul tavolo del Duce nel settembre 1931, poche settimane prima della nomina di Starace a segretario del Partito) il capitano pugliese trescò non poco in attività commerciali. In combutta con l’Ufficio affari civili del governatorato militare di Trento, che sovrintendeva ai piani della ricostruzione delle terre redente, Achille Starace lucrò sulla compravendita di legnami e favorì gli interessi di questa o quella cordata affaristica. Che c’entra in tutto questo la massoneria? C’entra moltissimo, perché si dà il caso che la loggia Cesare Battisti di Trento fosse affollata di personaggi coinvolti a vario titolo nelle commesse per la ricostruzione. Tra essi, un plotone di ufficiali dell’esercito”. (Antonella Beccaria, I segreti della massoneria in Italia, Newton Compton, 2013)

del Trentino”, vol. I, Panorama 1994): “Il Pecori Giraldi puntò costantemente (in ciò scontrandosi con Ettore Tolomei) ad una politica prudente e rispettosa dei caratteri etnico-nazionali del gruppo

sudtirolese, coerentemente agli impegni morali e politici assunti con il proclama bilingue indirizzato alle popolazioni dell’Alto Adige il 18 novembre 1918. […] Credaro fu l’uomo della mediazione e,

IL TRATTATO DI ST. GERMAIN

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on la conclusione della Grande guerra cessarono di esistere i quattro grandi imperi: Russo, Tedesco, Austro-Ungarico e Ottomano. Il trattato di pace siglato a Saint-Germain en Laye il 10 settembre 1919 determinò la nascita di nuovi Stati a cominciare dall’Austria, territorio della popolazione di lingua tedesca dell’ex impero degli Asburgo, che divenne Repubblica. Inoltre si formarono: il regno d’Ungheria, la repubblica della Cecoslovacchia, il regno di Serbia, Croatia e Slovenia (dal 1929 cambiò nome in Jugoslavia); la repubblica di Polonia; la repubblica di Lituania; la repubblica di Estonia; la repubblica di Lettonia; la repubblica di Finlandia. Si decise inoltre la restituzione della Transilvania da parte dell’Ungheria alla Romania. Le province polacche dell’Austria furono aggregate alla nuova Polonia. L’Italia, infine, ottenne una parte delle terre che aveva chiesto con il trattato di Londra del 1915: il Trentino, l’Alto Adige fino al passo del Brennero, Trieste e l’Istria.

come spesso accade ai mediatori, finì con l’inimicarsi le parti in contesa: da una parte coloro che avrebbero voluto una più incisiva azione nei confronti dell’Alto Adige per cancellarvi ogni traccia di germanesimo, dall’altra gli stessi alloglotti (popolazione di lingua diversa da quella ufficiale) che, forti della loro identità nazionale, vi si opponevano”. Intanto, il 10 settembre 1919, nel castello di St. Germain-en- Laye, antica residenza dei re di Francia, fu firmato il trattato di pace con il quale era stabilita la ripartizione dei territori del disciolto impero Austro-ungarico. I 381 articoli del trattato, siglavano, di fatto, la conclusione della prima guerra mondiale. Per quanto riguarda il Trentino-Alto Adige e l’Ampezzano, il trattato fu recepito con “Trambileno. Delle 350 case sono rase al suolo 180, molto avariate e non abitabili 166; abitabili, ma pur esse avariate, 4. Dei 1.610 abitanti ne sono tornati 1.450. Il territorio comunale è devastato tutto. Dei 294 ovini ne restano 7; dei 346 bovini, nemmeno uno!” (O. Brentari)

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trentinolagrandeguerra la legge n. 1322 del 26 settembre 1920. Un mese dopo, con un Regio decreto fu promulgato lo Statuto delle due nuove province di Trento e di Bolzano. L’anno seguente (23 giugno) entrò in vigore il codice penale italiano; sostituiva il codice penale austriaco che contemplava ancora la pena di morte. Il 19 novembre 1921 fu istituita la Giunta straordinaria per il territorio della Giurisdizione del Commissariato Generale Civile della Venezia Tridentina. Presidente fu designato il senatore Enrico Conci; i componenti furono scelti fra gli appartenenti ai diversi partiti e ai due gruppi linguistici. Le elezioni amministrative si tennero nel gennaio del 1922. A Trento fu eletto sindaco il liberale Giovanni Peterlongo; a Bolzano fu eletto Julius Perathoner. Il mese di ottobre del 1922 si aprì con un’azione squadristica a Bolzano, seguita due giorni dopo dalla calata a Trento dei fascisti i quali occuparono il Palazzo di Piazza Dante, sede della Giunta Provinciale straordinaria. Costrinsero, infine, il Commissario generale civile Credaro a lasciare la città. Inutilmente, il 14 novembre i sindaci dei comuni del Trentino, riuniti a Trento, reclamarono il mantenimento delle autonomie. Il 17 novembre, a conclusione di un comizio fascista, fu proclamata la fine dell’autonomia provinciale e si annunciarono vari provvedimenti che avrebbero trasformato la regione in una provincia unica con capoluogo Trento. La provincia di Bolzano sarebbe stata staccata da Trento solo nel 1927. Dilagava il fascismo e cominciava la dittatura: il Ventennio delle camicie nere. ■ FINE Le precedenti puntate sono state pubblicate a partire dal numero di gennaio 2014

LA RICOSTRUZIONE (1920) NEL TRENTINO “REDENTO”

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a Grande guerra aveva lasciato danni ingenti soprattutto nella “zona nera”. In regione risultavano danneggiati ben cento comuni con cinque città e 277 villaggi (di questi 110 erano stati completamente distrutti) nei distretti di Cles, Tione, Riva del Garda, Rovereto, Borgo e Primiero. La ricostruzione fu avviata dal Genio Militare, poi, da febbraio del 1920, il compito passò alla sezione Lavori Pubblici del Commissariato civile per la Venezia Tridentina. Nelle zone maggiormente devastate furono allestiti tre Uffici edili: a Borgo, Rovereto e Tione, oltre a un cantiere a Vermiglio, per un totale di 630 addetti. L’ing. Gualtiero Adami elaborò una dettagliata statistica degli interventi effettuati alla data del 1. luglio 1920 (vedi Studi Trentini anno II, 1920). Nel distretto di Borgo Valsugana, che comprendeva anche il Primiero e l’altipiano delle Vezzene, 32 comuni con 87 frazioni, prima della guerra c’erano 11.259 abitazioni. Le case rimaste intatte furono 546; quelle devastate furono 6.286. Entro l’inverno del 1920, assicurava l’ing. Adami, oltre cinquemila edifici sarebbero stati riadattati e resi abitabili. Nel distretto edile di Rovereto, 47 borghi o paesi con 166 frazioni, di 12.490 edifici esistenti nell’anteguerra, risultavano danneggiati 7.450; distrutti 1.390. Entro l’inverno del 1920 sarebbe stata ultimata la ristrutturazione di 5.074 abitazioni. Nel distretto edile di Tione, 33 paesi con 41 frazioni, comprendente la valle del Chiese e la Val di Ledro, prima della guerra c’erano 3.568 abitazioni e 2.395 fienili. Si ebbero 1.175 case danneggiate e 1.186 distrutte. Qui i lavori andavano a rilento, soprattutto a Praso e Cologna. Ad ogni buon conto, il 1. Luglio 1920, era in corso la ricostruzione di 1.888 edifici. A Vermiglio, scriveva, “saranno pronti pel prossimo inverno 299 edifici, quasi l’80% delle case danneggiate e distrutte”. Per i lavori edili, in Trentino, furono impiegati 23mila operai “per i quali sono già difficili il decente acquartieramento e l’approvvigionamento in misura e qualità adeguata”. Scrive Andrea di Michele (“Il governatorato militare di Trento e la ricostruzione”, in “Paesaggi di guerra”, 2010): “Sappiamo che l’impegno economico dell’Italia fu notevole e che, nonostante i documentati abusi e sperperi individuati dall’apposita Commissione parlamentare d’inchiesta istituita nel luglio 1920, il giudizio complessivo sull’opera di ricostruzione espresso in sede storiografica e dalla stessa Commissione è in larghissima parte positivo. Resta però, e non si può ignorare, il diffuso senso di insoddisfazione dei contemporanei che rimbalza dalla stampa locale alle relazioni di Pecori Giraldi e alle valutazioni del suo successore, il Commissario generale civile Luigi Credaro”.

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trentinoincontri trentinoattualità di Pino Loperfido e Paolo Curcu

UN CAFFÈ A CASA DI...

RINALDO DETASSIS: IN PRINCIPIO FU UN “BIDONE” SI DEFINISCE “MOLTO FORTUNATO”, MA L’INTRAPRENDENZA E LA TENACIA NEL CORSO DI SESSANT’ANNI DI CARRIERA SONO STATE DECISIVE. LA SUA SODDISFAZIONE PIÙ GRANDE? QUELLA DI NON AVER MAI INVIDIATO O IMBROGLIATO NESSUNO

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uando parla di sé sembra ti stia raccontando la vita di qualcun altro, con fare disarmante cerca in tutti i modi di “normalizzare” tutte le cose straordinarie che ha fatto nella vita. Ma non è solo umiltà quella di Rinaldo Detassis. È anche saggezza che fa belle le persone, ne rende piacevole la compagnia, gustoso lo scambio di opinioni, irresistibile l’aneddotica.

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Un racconto del passato che riesce a dare una forma ad un possibile futuro. Detassis è un raro esempio di imprenditore illuminato, innovatore in anni in cui l’innovazione era un rischio e una presunzione. Un uomo per il quale il lavoro non è mai stato una componente accessoria dell’esistenza, ma il mezzo per dare a quell’esistenza una forma e un senso profondo. Sin da quando, poco

più che adolescente, preso il diploma di computista, nel 1954, comincia a fare il contabile alla Pedroni, una ditta di trasporto. La famiglia è di origini modeste. Papà è verniciatore alla Caproni, la mamma si arrabatta come può, stirando e cucinando in ogni dove. Durante la guerra, sono sfollati ad Albiano. Ma poi la guerra finisce, e la gente riprende a esercitare


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“LA VITA È MERAVIGLIOSA” Il libro sul comodino? Sergio Zavoli: “Credere non credere”. Il film preferito? Il mitico “La vita è mervagliosa”, di Frank Capra. E invece a proposito di musica, quale predilige? Tutta quella degli anni Sessanta. Sono stonatissimo e non so ballare. Ogni volta che ne invitavo una, quella puntualmente mi rispondeva: “Sono stanca”. Qual è il suo piatto preferito? Mi piace tutto. Purtroppo... Il sogno ricorrente? Ogni tanto sogno di cascare. Nei periodi della mia carriera di maggiore stress, “cascavo” tutte le notti. Se non avesse fatto l’imprenditore, cosa le sarebbe piaciuto fare? La... guida turistica. La sua paura più grande? Ho paura per il futuro dei miei nipoti. (D’altra parte quando uno si mette a leggere Zavoli...) quella cosa chiamata vita. Oltre al diploma di proiezionista cinematografico, Rinaldo prende cinque patenti automobilistiche differenti (diesel, motore a scoppio, motocarro, metano e trasporto pubblico) perché in azienda occorre essere in grado di fare di tutto. Passa alla

Rinaldo e la signora Carla, nel soggiorno della loro bella casa di Trento

Collodo, quindi è il primo assunto alla Cremogen, azienda che produceva succhi di frutta. Gli pare di guadagnare poco. Così chiede al principale 100mila lire al mese. Quello gliene offre 90mila e lui rifiuta e si licenzia, lasciando certamente a bocca aperta il suo interlocutore. IL DESTINO HA LA FORMA DI UN ELETTRODOMESTICO L’elettricità fa il suo ingresso nella vita di Rinaldo Detassis verso la fine degli anni Cinquanta, quando il Nostro comincia a vendere porta a porta i primissimi elettrodomestici arrivati a Trento. Sono aggeggi spartani, dalle linee spigolose, i circuiti preistorici e, soprattutto, costano una botta. Ma che ci volete fare? Enrico Mattei ha già cominciato a bucherellare la Lombardia alla ricerca del metano. Il destino dei consumi casalinghi è segnato. Il commendator Borghi della Ignis presenta al mondo i primi fornelli a tre fuochi e i primi frigoriferi. Rinaldo

Lo stand di Elettrocasa alla Mostra dell’Agricoltura di Trento, nel 1964.

Detassis, che fermo non sa stare, fiuta grandi cose nell’aria. Il suo destino comincia a prendere una forma precisa: quella dell’elettrodomestico. Manca solo l’occasione per compiere il grande salto. Si macera nell’attesa e cerca di capire quale può essere la strada migliore per intraprendere. A Trento, in quegli anni ci sono già due negozi. Un televisore costa l’equivalente di quattro stipendi e Rinaldo va a montare antenne ai notabili della città, al buio e in dicembre, con la neve e tutto quel cribbio di freddo. Si capisce, è sotto Natale che arrivano le tredicesime... Nel frattempo, tanto per evitare che gli saltino fuori un paio di mezz’orette libere, tiene la contabilità ad un paio di ditte, Tomasi e Cattoi. UN BIDONE IMPREVISTO, E QUASI PROVVIDENZIALE Volevi un’occasione? Eccotela l’occasione! Un amico si presenta un giorno con una richiesta insolita. Ha ereditato

Contabile alla “Collodo” nel 1959, con una collega 39

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trentinoincontri trentinoattualità Rinaldo bambino, in posa bucolica

un bel gruzzolo e vorrebbe investirlo in qualcosa di redditizio. Un gesto che ci dice molto anche sull’affidabilità che Rinaldo sa già trasmettere al prossimo suo. Si è già fatto una certa notorietà, insomma, in tema di virtuosismi aziendali. Non ha dubbi su dove mettere quei soldi. Ha già tutto in testa. Una parola come un pensiero stupendo ricorre più volte nel suo vocabolario: elettrodomestici. Si apra un “negozio”, dunque! Se non che, il giorno seguente all’atto notarile, l’amico ci ripensa. “Ho riflettuto stanotte – dice costui ad un allibito Detassis – e secondo me gli elettrodomestici non hanno futuro…” Sì, insomma, le classiche ultime parole famose. Come Mick Jagger che nel ’64 dà altri due anni di vita ai Rolling Stones o Wilbur Wright che nel 1901 dichiara che l’uomo non volerà almeno per altri cinquant’anni. Insomma, una bella mazzata che fa vacillare, ma non crollare il

La biblioteca di Casa Detassis. I libri: altra grandissima passione 40

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Nostro, che naturalmente non si perde d’animo. Si mette a caccia dei soldi necessari a riscattare anche la parte del socio-per-un-solo-giorno e onorare il debito contratto. La provvidenziale zia Maria (abbiamo tutti una provvidenziale “zia Maria” nel momento del bisogno. O quasi tutti) gli presta il necessario. Et voilà. Ecco il primo negozio, nel quartiere della Bolghera. “DETASSIS APRE UN NEGOZIO? DURERÀ POCO...” Tra l’altro il primo negozio di elettrodomestici con i prezzi tanto bassi. Perché a Rinaldo lucrare il cinquanta per cento di margine sul groppone del cliente pare un po’ troppo. La metà per lui basta e avanza. Gli altri negozianti storcono il naso e, segretamente, se la ridono. E giù altre ultime parole famose (“Quello lì non dura…, ecc.”) E quando vedono che invece Detassis ed il suo Elettrocasa “durano” e si consolidano cominciano a far nascere leggende metropolitane. “Si era diffusa la voce che fossi una specie di protetto dell’onorevole Piccoli…” ricorda lui, divertito. In negozio, gli dà una mano il papà, che va in giro a fare mille cose, ad esempio a montare i lampadari. E poi assume questa ragazza di Trento, Carla Angeli, che diventerà presto sua moglie, e che il destino gli ha fatto incontrare per ben due volte. LA GIOVANE COMMESSA DELLA PASTICCERIA Così, spingiamo il tasto rewind e torniamo qualche anno indietro. La famiglia Detassis abita in Piazza S. Maria, in uno dei pochissimi palazzi risparmiati

dalle bombe degli inglesi. A piano terra, ci sta il laboratorio della pasticceria Molinari. Prima di andare a scuola, visto che si ritrova con “parecchi minuti liberi”, Rinaldo decide di impiegarli consegnando le pastine allo spaccio truppa del Distretto militare di Viale Verona. Alla domenica, invece, tanto per non correre il pericolo di riposarsi (o di annoiarsi), consegna torte e altri dolciumi a domicilio e alla Pasticceria di piazza Pasi (attuale Bar Pasi). Al bancone, una ragazzina di tredici anni dal sorriso disarmante. Alla sera, Rinaldo ha la precisa consegna di accompagnarla a casa, in Piazza Venezia, con la sua moto Morini Tresette (le moto, altra sua grandissima passione...). Si perdono di vista. Poi si ritrovano qualche anno dopo, per puro caso, nel tabacchino di Via San Vigilio, a dieci metri dalla Pasticceria Molinari. Carla è diventata grande e Rinaldo strabuzza gli occhi: “In quel momento ho capito cosa

Vittorio Adorni premia una cliente Elettrocasa durante il Giro d’Italia del 1967. A destra, Rinaldo sovrintende, sornione.


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Le nozze con Carla, nel 1964

ci facevano le donne su questa terra…” ammette. Cupido farà il resto. MACCHINE FOTOGRAFICHE E AUTORADIO NEL DOPPIO FONDO Arriva il 1968. Il negozio si allarga e si sposta in Viale Verona, sul Ponte dei Cavalleggeri. “The times they are a changin…” canta in quegl’anni un accigliato Bob Dylan e secondo Rinaldo Detassis, a quel punto, più che un ricambio generazionale occorre un ricambio mentale. Vanno esplorate nuove strade e nuove possibilità. Si comincia con la fotografia. “A Londra, assistendo ad un cambio della guardia, mi resi conto delle centinaia di macchine fotografiche che scattavano. C’è un mercato, pensai…” Tornato a Trento, non perde tempo a prendere la

licenza e diventerà il primo a disporre di un assortimento di macchine fotografiche. Apparecchi costosi e complicati, niente a che vedere con certe gigiatine di oggi. Poi arriverà anche lo sviluppo. Altra frontiera: le autoradio. Assieme ad un amico prete, compie numerose missioni oltre frontiera, a Monaco, acquista in contanti macchine di ogni tipo e nel doppio fondo della Ford Kadett le riporta in Italia. Che avventura, quelle autoradio! “Montarne una voleva dire lavorare almeno tre ore, tra schermaggio, alloggiamento e montaggio vero e proprio. Vendevo su ordinazione. Andavo a Verona, le acquistavo all’ingrosso, pranzavo (menu fisso 950 lire, con un quarto di rosso) e quindi alla sera consegnavo al cliente”.

1957. Sul Monte Bondone, al termine di una competizione sciistica dei “Boci de la Sat”, gruppo dal quale uscirono alpinisti molto importanti. Nel gruppo si riconoscono tra gli altri Bepi Loss e Emilio Bonvecchio

L’ERA DEL CENTRO COMMERCIALE E DEL DIGITALE Siamo al 1980. Remo Albertini decide di costruire il Bren Center, primo centro commerciale della città. La sua è un’intrapresa a carattere prettamente campanilista. Spera di farne il gotha del commercio trentino. Ed invece, i trentini che aderiscono sono solo due. L’istinto di conservazione prevale. Non per Rinaldo Detassis che acquista un primo lotto, attaccandoci un pezzo ogni tot, fino a giungere ai due piani di oggi. “Ma adesso siamo di nuovo stretti” ammette. “Il Millennium di Rovereto, quello sì che è un centro commerciale che si possa definire tale. Gli altri sono solo insieme di negozi perché ogni proprietario conserva la

Con il figlio Corrado, nel 2003, durante i festeggiamenti del 40esimo di Elettrocasa 41

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trentinoincontri trentinoattualità propria licenza”. La differenza è sottile, ma decisiva. Arrivano i computer e con essi la Vobis, altro marchio dell’epopea Detassis. “Sono stato il primo in un sacco di cose a Trento. Ad esempio, a vendere i computer restando dietro al banco…” Sì, perché nei primi tempi ti facevano accomodare in un salottino, tanto era impegnativo l’acquisto. Un fiume in piena, quest’uomo. Il ragazzo che consegnava le pastine ai militari e che montava le antenne sui tetti ghiacciati, a pericolo di spaccarsi le ossa, ne ha fatta di strada. A fermarlo ci pensa la pensione, che arriva allo scoccare dei sessantacinque anni. Nel frattempo i tre figli (Giordana, Paola e Corrado) si sono fatti adulti, e il maschietto prende il timone della corazzata Elettrocasa, che naturalmente fin dal 1965 entra a far parte di grossi gruppi d’acquisto: dalla DEA alla odierna Trony, che conta ventotto soci in Italia. Come vede le dinamiche di oggi nel

mondo dell’elettronica e del digitale? “Che Samsung stia conquistando il mondo è sotto gli occhi di tutti. E poi la concorrenza del web è pesante. Oggi acquisti l’ultimo modello e quando sei a casa a scartarlo ti accorgi che è già diventato vecchio. Ma questo, adesso, è un problema di mio figlio…” ride Rinaldo.

“IL MIO ORGOGLIO? MAI IMBROGLIATO NESSUNO” Dopo aver costruito questo piccolo impero, dopo una vita tanto piena e pregna di volti, avvenimenti, successi, scoperte cos’è che ancora oggi la riempie d’orgoglio? Le risposte sono due. La prima fa riferimento ai primi anni, quelli dell’immediato dopoguerra: “Giravamo come cani randagi sulle macerie di Trento, alla ricerca di pezzi di legna da ardere. Facevamo le balle di carta per scaldarci in casa. Eravamo davvero poveri, eppure nemmeno una volta ho invidiato chi aveva più soldi di me”. E riguardo alla sua attività? Rinaldo non ci pensa nemmeno un secondo. La risposta è già lì, sulla punta della lingua, come un colpo da sempre in canna, pronto a partire: “Non ho mai venduto qualcosa ad un cliente con la consapevolezza che lo stessi imbrogliando.” Sì, sembra proprio la storia di qualcun altro: di un tycoon californiano, di un uomo d’affari cinese, di chiunque altro, ma non la sua. ■

QUELL’IRRESISTIBILE, SCONFINATA PASSIONE PER I MOTORI

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a prima moto l’ha comprata a 14 anni, in società con il padre e il fratello: era una Capriolo 75 Sport e il patto era di usarla una settimana a testa, ma alla fine finivano sempre per litigare su chi poteva usarla. La passione per le moto lo ha accompagnato per tutta la vita e ora, ha messo assieme una collezione di più di cento mezzi a due ruote e una decina di automobili, tutti perfettamente funzionanti, veri e propri gioielli che di frequente gli vengono richiesti per mostre ed esposizioni. “Dal 1952 al 1957, in Trentino, ci fu un incremento di 5800 motocicli oltre i 125 cc e di 9100 motocicli fino 125 cc. Un boom legato al fatto che in quegli anni si passò da un’economia prevalentemente agricola a una industriale: i contadini diventarono operai e per venire in città a lavorare avevano biso-

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gno di un mezzo di trasporto.” “La mia raccolta fotografa proprio quel periodo e il tema è, appunto, La moto della motorizzazione di massa. Ci ha messo circa quarant’anni a raccogliere il tutto, frutto di una costante “caccia al tesoro” nei mercatini di antiquariato e nelle mostre-scambio. “Quasi tutte le mie moto sono restaurate: si compra il rudere e poi si va a caccia dei pezzi originali. La parte tecnica e meccanica me la cura Gilberto Navarin, il suo aiuto è fondamentale anche per tenere in ordine la collezione”. Tuttavia non si tratta solo di una passio-

ne collezionistica. “Ho fatto agonismo quando ero giovane, partecipando a gare anche nazionali, ma ero un pilota mediocre”. Della sua collezione, Rinaldo preferisce i motocicli delle Capriolo, della casa produttrice Caproni, fabbrica in cui lavorava anche suo padre. “Al tempo queste moto vincevano tantissimo, sia in competizioni nazionali che internazionali e tra i piloti c’era anche qualche nome trentino. Come moto singola, invece, la mia preferita è la Jawa 350 Six Days 1969 telaio Banana, prodotta nientemeno che in Cecoslovacchia”.


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trentinoincontri trentinoattualità di Gianfranco Gramola

SCIVOLANDO SULL’ACQUA THOMAS DEGASPERI, CAMPIONE TRENTINO UMILE E SPENSIERATO, DUE TITOLI MONDIALI NELLA SPECIALITÀ DELLO SLALOM (2007 E 2011) E 5 VOLTE CAMPIONE EUROPEO, È ENTRATO A PIENO TITOLO NELLA STORIA DELLO SCI NAUTICO, COME UNO DEGLI ATLETI PIÙ FORTI E ANCHE COME UNO DEGLI SCIATORI PIÙ PREMIATI AL MONDO

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15 anni ha vinto la sua prima medaglia e poi si è trasferito in America “per provare a diventare ancora più forte – dice Thomas di questa sua scelta – e buttarsi in un altro mondo non è facile. Però ogni sfida bisogna affrontarla con determinazione e non guardare in faccia nessuno, perché nessuno ti regala niente”. Thomas Degasperi è nato a Trento il 18 gennaio 1981. La passione per lo sci nautico gli è stata trasmessa dai suoi genitori che hanno la scuola di sci nautico a Caldonazzo. All’età di 5 anni suo padre lo ha messo sugli sci, passione che partita come un gioco è poi diventata la sua vita. Quali sono stati i suoi maestri? Il mio idolo, eroe, migliore amico sicuramente mio padre Marco, poi tanti altri: allenatori federali e internazionali come Andrea Alessi, Kiko Buzzotta; ma il mio mentor è sempre mio padre. Quando si è rivelato il suo talento? Ho vinto i campionati europei giovani nel 1995 ma direi che i risultati che mi hanno fatto riflettere di più sul futuro sono state le due vittorie ai campionati europei un44

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der 21 e il 4° posto ai miei primi mondiali assoluti nel 2001 a Milano. Qual è il momento più stressante di questo sport? Prima della gara, ci sono la tensione, l’adrenalina, l’attesa. Professionalmente parlando qual è il suo punto debole? Bella domanda, Gianfranco. Mi piacerebbe rivolgere questa domanda a mio padre e ad altri allenatori che mi hanno seguito. Le sue radici trentine hanno influito nella sua attività sportiva? Sicuramente. Mio padre, come poi io, abbiamo svolto tantissimi sport da piccoli, dall’agonistica dello sci alpino al calcio, pallavolo, tennis, judo. Cos’ha sacrificato per arrivare al successo? La lontananza dalla famiglia, dagli amici, dal Trentino e dall’Italia, ma fa parte del gioco. Qual è il suo motto? Purtroppo nello sport e come in tanti altri ambiti bisogna essere egoisti e non guardare in faccia a nessuno perché nessuno

ti regala niente. A un ragazzo che volesse avvicinarsi a questo sport, che consigli vuole dare? Di provarlo perché ne vale la pena e perché ti tiene sempre a contatto con la natura all’aria aperta, dando la possibilità di conoscere il mondo e incontrare tanta gente. Ha vinto parecchie medaglie. A chi le ha dedicate? Senza dubbio ai miei genitori, perché senza di loro e senza i loro consigli non sarei mai arrivato dove sono oggi. Quali erano i suoi idoli da ragazzo? Alberto Tomba e i grandi dello sci nautico come Andy Mapple. Ma i suoi genitori che futuro sognavano per lei? Spero questo. Mio padre, avendo la passione per questo sport, penso che sia soddisfatto di come le cose stiano andando. Ha mai prestato la sua immagine per solidarietà o per eventi benefici? Si! Ero il testimonial, qui negli Stati Uniti, per una campagna contro il tumore al


trentinoincontri seno, l’anno scorso. Il mese di ottobre negli USA è dedicato a questa causa; grazie ad uno dei miei sponsor sono stato selezionato per essere il testimonial. Nello sport oltre al talento e la bravura, quanto conta la fortuna? La fortuna conta fino ad un certo punto. Io penso sempre che ognuno è artefice della propria fortuna, della propria felicità e del proprio successo. In inverno come si allena? Molto in palestra e meno in acqua. Durante l’estate, con tutti i viaggi che si fanno non ho molto tempo per l’allenamento a terra. Per stare in forma segue una dieta particolare? Cerco sempre di mangiare alimenti non trattati e di avere in base alla giornata differenti tipi di alimenti. Mi piace sapere cosa mangio, quindi mi diverte passare del tempo in cucina a preparare i miei piatti. Come atleta cosa non deve mai mancare nel suo frigorifero? Frutta, prosciutto, latte e carne. Come è nella vita di tutti i giorni (con quale filosofia vive la quotidianità)? Allenamento in acqua e in palestra nel pomeriggio e poi ritorno al lago per allenarmi. Più m’impegno più ottengo, quindi cerco di dare il massimo in ogni sessione di allenamento e anche in palestra. E per arrotondare lo stipendio, anche perché mi piace molto, insegno ad altri atleti e

appassionati dello sport qui in Florida e l’estate a Caldonazzo dai miei genitori. Quali sono le sue ambizioni? Vincere e non fermarmi, non accontentarmi mai dei risultati ottenuti per poi lavorare ancora più sodo. Un suo sogno sportivo? Continuare ad essere in cima al mondo. Come vede il suo futuro? Bella domanda. Per ora penso alla mia carriera, comunque sicuramente starò nel mondo dello sci nautico perché non posso vivere senza questo sport. E’ la mia grande passione. Abbiamo dei talenti in Trentino? Sia nel passato che nel presente. Nel passato Irene Reinstaller, 5 volte campionessa europea. Marina Mosti, campionessa europea e seconda al mondo. Christian Rampanelli, campione europeo e campione italiano. Marco Menestrina, campione Europeo giovani 4 volte. Attualmente, io e Carlotta La Ganga, campionessa italiana numerose volte. Poi abbiamo molti piccoli atleti che stanno crescendo. Parliamo di Trento. Come ricordo la sua infanzia trentina? Beh, tanti amici che purtroppo non vedo molto spesso, anche se grazie alla tecnologia di oggi ci si ritrova un po’ tutti. Che scuole ha frequentato? Tutte a Trento? Medie a Villazzano, alberghiero a Levico per i primi 3 anni e gli ultimi 2 anni a Merano. Poi ho frequentato e concluso l’università negli Stati Uniti. Ha lasciato amici e qualche ex a Povo? Amici un pochino ovunque. Ex a Povo, non molte. Cosa le piace e viceversa di Trento? Trento è una città splendida. Offre di tutto: dalle montagne ai laghi, dalla cultura ai centri relax, non è piccola né grande. Potrebbe offrire un po’ di più per i giovani, quello sì, di sicuro. I giovani sono il futuro. So che vive 8 mesi l’anno in Florida. Qual è l’angolo del Trentino in cui ama rifugiarsi. A Caldonazzo sul lago. Durante l’estate è calmo e tranquillo e ha la giusta atmosfera per ritrovare se stessi. Cosa le manca di Trento? La famiglia, gli amici, il lago, le montagne, il cibo... E le cene interminabili tra amici. Quali sono i suoi passatempi preferiti quando non gareggia? Mi piace cucinare, mi rilassa molto passare del tempo in famiglia, dato che sono

sempre in giro per il mondo e rilassarmi e non pensare né al passato né al futuro. Di cosa ha bisogno per essere felice? Serenità, la salute fisica e mentale. Fidanzato, sposato? Non sono sposato e niente bambini. Ma sto uscendo con una ragazza americana. Il complimento più bello? Mmmmmm... Forse quando ho vinto i miei primi mondiali dai miei genitori. Un suo pregio e un suo difetto? Pregio: cerco di sorridere sempre alla gente e di essere altruista. Difetto: forse mi affeziono troppo alle persone. Chi e cosa porterebbe con lei su un’isola deserta? La mia famiglia, i nipoti, una barca e il mio sci. L’errore che non rifarebbe? Quanto tempo ho per rispondere? Ho capito, passiamo alla prossima domanda: che differenza trova tra la quotidianità trentina e quella americana? Il modo di vivere è diverso, è tutto più alla mano. In Trentino la gente vive con più tranquillità e meno pensieri quindi anche la propria vita diventa meno caotica, più rilassata. Tatuaggi, piercing… favorevole o contrario? Avevo un piercing quando avevo 20 anni, ma l’ho tolto subito. Tatuaggi non ne ho, ma non sono contrario. Cosa non sopporta? Le persone che mancano di rispetto. Quali sono le sue manie, le sue ossessioni? Mi piace guardare film e quindi avere una televisione di ultima generazione, non sopporto la mancanza di pulizia in casa. Ha un sassolino nelle scarpe che vorrebbe togliersi? No! Se c’è qualcosa che voglio fare, lo faccio. Si vive una volta sola quindi mi piace affrontare nuove avventure e nuove esperienze e non mi tiro mai indietro. ■ 45

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trentinoattualità

di Silvia Tarter

LO CHIAMEREMO FRANCESCO LA SCELTA DEL NOME DA DARE AL PROPRIO FIGLIO PUÒ ESSERE DETTATA DA VARI MOTIVI, DAI NOMI DEI FAMILIARI, DALLE MODE DEL MOMENTO, DAI PERSONAGGI DEL CINEMA O DA QUELLI DI PERSONE FAMOSE E, TALVOLTA, SEMPLICEMENTE DAL DESIDERIO CHE QUELLO DEL PROPRIO FIGLIO SI DISTINGUA DA QUELLI PIÙ DIFFUSI. C’È CHI CI PENSA A LUNGO E CHI INVECE HA DECISO DA TEMPO COME CHIAMARE LA NUOVA CREATURA ENTRATA A FAR PARTE DELLA FAMIGLIA. E A TRENTO? QUALI SONO I NOMI PIÙ COMUNI NELLA NOSTRA CITTÀ?

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o scorso settembre, a Valenciennes, un paese nel nord della Francia, il tribunale ha vietato ad una coppia di chiamare la propria figlia Nutella. Sempre in Francia, stavolta a Raismes, sempre a Nord vicino al freddo Passo di Calais, ad ottobre il tribunale ha vietato ad un’altra coppia di registrare la figlia con il nome di Fraise, che tradotto sta a significare “Fragola”. Forse i romantici francesi speravano di augurare ai propri figli una vie en rose piena di dolcezza, scegliendo nomi tanto golosi: fragola e nutella, a pronunciarli tutti e due insieme fanno un insolito abbinamento per un cono gelato. A salvare le due bambine da un simile destino però è intervenuto 46

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opportunamente il tribunale, impedendo che le due neonate venissero registrate in tal modo. In entrambi i casi infatti, una simile denominazione risultava “contraria all’interesse dei minori”. La vicenda si è infine conclusa con un compromesso accettato dai genitori: l’opzione Nutella, nome “contrario all’interesse del bambino che potrebbe in seguito subire beffe e riflessioni dispregiative” a detta del giudice, è stata ridimensionata al più comune “Ella” dal procuratore, mentre per la piccola Fraise si è raggiunto un accordo ed è diventata Fraisine, nome a quanto pare in uso in Francia nel XIX secolo. Insomma, alla fine comunque una cer-

ta originalità, soprattutto per la piccola dall’appellativo che richiama i delicati sapori del sottobosco, è stata preservata. COSA DICE LA LEGGE IN ITALIA La legislazione che tratta la materia del nome da dare al proprio figlio pone, fortunatamente è il caso di dire, delle restrizioni anche in Italia. La Legge (D.P.R. 396/2000 art. 34-35-36) cita infatti che “è vietato imporre al bambino lo stesso nome del padre vivente, di un fratello o di una sorella viventi, un cognome come nome, nomi ridicoli o vergognosi”. E’ proibito quindi anche dare al proprio figlio/a il nome di un genitore o fratello viventi (niente Mario junior da abbreviare in


trentinoattualità jr. come si usa in America), cosa invece permessa ai tempi dei nostri nonni, ma lo si può fare però se al nome del padre o della madre segue un altro nome, ad esempio se la madre si chiama Rosaria la figlia si può chiamare Rosaria Giulia. Non è possibile neppure dare come nome un cognome esistente. Si può, invece, chiamare il bambino di cittadinanza italiana con un nome straniero, a patto che il nome venga espresso con le lettere dell’alfabeto italiano con l’inclusione delle lettere J, K,X,Y,W. Per i bambini stranieri vige la legislazione del paese di provenienza (e la trascrizione resa nel nostro alfabeto, se diverso, ovviamente). E per mettere d’accordo tutti i nonni e gli zii, quanti nomi (prenomi nel

NOMI MASCHILI

NUMERO

gergo tecnico) si possono dare al bambino? Al massimo tre, dice la legge, che possono essere separati o meno dalle virgole; se c’è la virgola dopo il primo nome, si considera questo come nome a tutti gli effetti (Diego, se il nome è

FRANCESCO

22

MATTEO

18

DAVIDE

14

ALESSANDRO

12

SOFIA

21

ANDREA

12

ANNA

15

GABRIELE

12

GIULIA

12

LEONARDO

11

NOEMI

11

TOMMASO

11

ARIANNA

10

FEDERICO

10

GIADA

9

RICCARDO

8

CAMILLA

8

EDOARDO

7

CHIARA

8

FILIPPO

7

ELISA

8

GIOVANNI

7

EMILY

7

GIULIO

7

GAIA

7

LUCA

7

GIORGIA

7

NICOLA

7

MADDALENA

7

PIETRO

7

AURORA

6

SAMUELE

7

EMMA

6

SIMONE

7

GINEVRA

6

ALEX

6

ADELE

5

DAVID

6

ALESSIA

5

JACOPO

6

ALICE

5

LORENZO

6

CATERINA

5

MATTIA

6

ELENA

5

ANAS

5

GRETA

5

GABRIEL

5

IRENE

5

GIACOMO

5

MATILDE

5

MARCO

5

REBECCA

5

MASSIMO

5

SARA

5

MICHELE

5

VITTORIA

5

SEBASTIAN

5

AMELIA

4

ADAM

4

CARLOTTA

4

ALESSIO

4

EVA

4

ELIA

4

ISABELLA

4

MANUEL

4

LETIZIA

4

NICOLÒ

4

VALENTINA

4

RAFFAELE

4

VIOLA

4

NOMI FEMMINILI

NUMERO

Diego, Armando; oppure Diego Armando se invece tra i due non c’è la virgola), altrimenti tutti i nomi andranno a comporre un unico nome, da riportare sempre in maniera completa negli estratti e nei certificati rilasciati dall’ufficiale di stato civile e dall’anagrafe. Infine, naturalmente, ma non è affatto scontato dirlo, il nome va dato in base al sesso del bambino, anche se ci sono molte splendide bambine di nome Andrea, nome sull’onda dell’influenza germanica finalmente accettato da noi, e persino qualche Elia. Per i maschietti, si può aggiungere il nome Maria dopo il primo nome: un nome come Giandomenico Maria, ad esempio, sarebbe quindi ammesso. Da notare però che nella legge attualmente in vigore, contrariamente al passato, tra i divieti non c’è nessuna menzione alle indicazioni geografiche. Galileo, 16 settembre 2014

* Si considerano tutti i nomi che hanno una frequenza maggiore o uguale a 4 47

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Foto Elena Ciurletti - www.elenaciurletti.com

Nomi femminili e maschili più diffusi tra i nati nell’anno 2014*

Chiara, 5 maggio 2014


trentinoattualità Anche se, nonostante ciò, Italia e Italo non erano certo nomi inauditi ai tempi dei nostri genitori e nonni! Oggi si sente più spesso invece Asia, riconosciuto e accettato, anche perché oltre a riferirsi al continente più grande del mondo, è riconducibile alla divinità greca figlia di Oceano e Teti. Quindi, se l’ispirazione geografica è tollerata dalla nostra legge, nomi come Ravina, Glorenza, Calavino e Albiano sarebbero dunque possibili… Ma per non suggerire ulteriori idee stravaganti, meglio fare silenzio su questo punto! E SE VOLESSI CAMBIARE IL MIO NOME? “Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati”. Così dice la legge. In casi eccezionali dunque, il proprio nome o cognome si può cambiare, poiché oggettivamente ridicolo, vergognoso o perché rivela l’origine naturale, ad esempio, in quest’ultimo caso rientrano cognomi come Esposito o Trovato, dati di solito a persone orfane. COME SI CHIAMANO I NUOVI BEBÈ TRENTINI? Il Servizio Sviluppo Economico Studi e Statistica del Comune di Trento ha da poco pubblicato lo studio annuale relativo alla popolazione residente nel comune di Trento al 31 dicembre 2014. Tra i cittadini del capoluogo, che ammontano ora a 117.304, si contano 19 persone in più rispetto all’anno prima. L’aumento vale anche per il numero dei nati: l’anno scorso ci sono stati 1.049 nuovi nati residenti, 22 in più rispetto al 2013. Di questi bebè un buon numero è rappresentato dalla popolazione con cittadinanza straniera, che dal 2005 è in continua crescita anche nella nostra città e che tendenzialmente, secondo i dati, fa più figli rispetto alla media delle famiglie trentine: i nati figli di stranieri infatti sono stati ben 214 lo scorso anno, il 20,4% del totale (anche se nel 2014 gli stranieri hanno fatto meno figli rispetto ai due anni precedenti, mentre è cresciuta lievemente rispetto al 2013 la percentuale di nati trentini). Anche il numero di figli, nelle famiglie straniere, è generalmente più alto di quello delle famiglie italiane, con una crescita nel 2014 di famiglie con più di 5 componenti. Questi cambiamenti nel panorama demografico trentino, naturalmente, hanno 48

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contribuito anche a modificare negli anni la percentuale di nomi più diffusi nella nostra città. Ma veniamo alla “classifica” dunque, dei nomi preferiti dai trentini per i loro bambini. In cima alla lista, nel 2014, il nome più gettonato per i figli maschi è stato Francesco scelto per 22 neonati, naturalmente sull’onda positiva del carisma del nuovo papa. Seguono Matteo (18) e Davide (14), e a pari merito Alessandro, Andrea e Gabriele (12). Tra i nomi vagamente stranieri, anche se ormai entrati a far parte del nostro vocabolario di nomi comunemente adottato, troviamo Alex e David (6), Anas, più insolito, di origine araba (5) che significa amico intimo, servitore del profeta, Gabriel e Sebastian (5) o Adam (4). E PER LE BAMBINE? SEMBRA CHE PIACCIANO DI PIÙ I NOMI BREVI E SEMPLICI Sul podio troviamo infatti Sofia (21) dal greco, che significa sapienza, Anna (15) e Giulia (12); seguono Noemi (11), Arianna (12), Giada (9) e a pari merito Camilla, Chiara ed Elisa (8). Di origine straniera tra i nomi più amati c’è solo Emily, scelto per 6 bambine. Qualcosa insomma, è cambiato in termini di gusti, ma neppure troppo, se diamo un occhio alla media generale dei nomi più diffusi di persone di ogni età nel comune di Trento. Tra le donne spicca ancora, com’era prevedibile, Maria, a cui rispondono 1.278 persone, seguito da Anna (1.118) e Francesca (910), che hanno un’età media che si aggira intorno ai 50 anni, mentre tra gli uomini Andrea (1580), Marco (1.477) e Paolo (1.265), di età media intorno ai 43 anni. I nomi più diffusi in assoluto in Trentino dei residenti stranieri sono invece Elena (91) Maria (90) e Mariya (56) per le donne, di origine russa o comunque slava (età media 45 anni) mentre Ion (53) rumeno, Mohamed (51) arabo o magrebino, e Vasile (41) rumeno, per

gli uomini (età media 36 anni). Nomi per lo più riconducibili dunque a paesi dell’Europa dell’est come Romania, Albania, Moldavia, ma anche nord Africa e Medio Oriente, destinati, probabilmente, ad aumentare nei prossimi anni. ■ I 50 cognomi più diffusi tra i residenti nel Comune di Trento - anno 2014* ORDINE

COGNOMI

FREQUENZA

1

TOMASI

933

2

DEGASPERI

588 553

3

PEDROTTI

4

FERRARI

547

5

BORTOLOTTI

536

6

NARDELLI

505

7

FRANCESCHINI

453

8

GIOVANNINI

397

9

AGOSTINI

391

10

TAMANINI

375

11

DECARLI

364 359

12

ROSSI

13

MOSER

347

14

SARTORI

326 322

15

BALDESSARI

16

GIRARDI

312

17

FILIPPI

307

18

BERTOLDI

301

19

MOSNA

297

20

SEGATA

287 278

21

COSER

22

PIFFER

276

23

PONTALTI

269 268

24

BAZZANELLA

25

TRENTINI

261

26

PISETTA

255

27

BRIDI

249

28

CAPPELLETTI

248

29

PEGORETTI

246

30

PISONI

246

31

CAINELLI

242

32

ZENI

241

33

FORTI

230

34

ANDREATTA

226

35

DEMATTE’

226

36

CAGOL

225

37

MENESTRINA

223

38

CONCI

222

I COGNOMI DEI TRENTINI

39

CESTARI

218

40

ZANETTI

217

41

BONVECCHIO

214

S

42

DORIGATTI

214

43

MERLER

214

44

MARCHI

210

correndo i dati statistici, gettiamo un occhio anche a quali sono i cognomi più diffusi dei trentini: stravince su tutti Tomasi con 933 occorrenze, seguito da Gasperi, 588 e Pedrotti 553, mentre appena dopo troviamo i Ferrari, i Bortolotti, i Nardelli e i Franceschini.

45

MERZ

210

46

FRONZA

207

47

STENICO

206

48

TASIN

206

49

BALDO

204

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GIULIANI

201


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trentinostoria trentinoattualità

PASSAGGIO IN TRENTINO

di Francesca Mazzalai

OSCURE ALCHIMIE DI MONTAGNA

GUARIGIONI STRAORDINARIE, TRASFORMAZIONI DI METALLI IN ORO, PRODIGIOSE PREMONIZIONI. QUESTO E MOLTO ALTRO CONOSCERANNO TRENTO E ROVERETO GRAZIE ALL’ARRIVO DEL CONTE DI CAGLIOSTRO, AL SECOLO, MOLTO MENO POMPOSAMENTE, GIUSEPPE BALSAMO

È

una tiepida serata di fine estate. Nella fiorente Rovereto di fine ‘700 il sole è appena tramontato, quando nella città, che è in fermento da ore, fa il suo ingresso trionfale uno degli uomini più chiacchierati di tutta Europa. La città pare impazzita, la popolazione si accalca attorno a lui, tanto che la sua grande carrozza, tirata da sei maestosi cavalli, fatica a farsi strada tra la folla. Accanto a lui siede la bellissima moglie Lorenza, detta anche la regina di Saba. Dietro la carrozza, come in 50

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un corteo, seguono segretari, servitori e maggiordomi, che a mala pena riescono a stargli al passo e a impedire ai cavalli di imbizzarrirsi. È il 6 settembre del 1788, e quell’uomo seduto in carrozza, acclamato come una star, è un personaggio noto in tutta Europa per i suoi straordinari poteri di alchimista e guaritore. Un novello messia che gli abitanti di Rovereto non vedono l’ora di incontrare finalmente dal vivo: il Conte di Cagliostro. È in particolare un letterato roveretano a lui contemporaneo, Clementino Van-

netti, il più curioso di tutti. Per ironia della sorte, la sera dell’arrivo a Rovereto, Cagliostro passa proprio sotto le finestre di un suo palazzo.

Clementino Vannetti

E qualche giorno più tardi Clementino annoterà: “Era di aspetto oltremodo amabile, di una statura non molto alta, di testa grande, e grasso assai. Ed essendo così pingue si muoveva nondimeno agilmente. Il suo colore era vivo, i capelli della sua testa bruni, gli occhi incavati e vivaci. Parlando egli con grata pronuncia e con gesti impetuosi li alzava al cielo, e rassomigliava a uno che trae l’ispirazione dall’alto”. Una descrizione minuziosa, apparentemente frutto di attenta osservazione. E invece Clementino Vannetti disprez-


trentinostoria

La “Contessa di Cagliostro”

za a tal punto Cagliostro da non volerlo nemmeno vedere. Si è fatto raccontare tutto da chi ha incontrato il Conte di persona. Ma oltre al disprezzo c’è dell’altro... Si dice che Vannetti tema lo sguardo indagatore di Cagliostro, la sua famigerata capacità di leggere nel pensiero. E che preferisca non rischiare uno scontro con un uomo esperto di magia nera. D’altronde

i due non potrebbero essere più diversi. Se per i contemporanei di Cagliostro è difficile conoscerne persino il vero nome, la vita di Vannetti non ha segreti. Pur sette anni più giovane del famigerato Conte, Clementino ha già avviato una solida carriera come filologo e scrittore. E inoltre è figlio di persone molto note ed amate in città. I suoi genitori sono

Giuseppe Valeriano Vannetti e Bianca Laura Saibanti, a loro volta letterati, che nel 1750, prima ancora che lui Clementino venga al mondo, danno vita proprio a Rovereto ad un vivace circolo letterario intitolato “Accademia degli Agiati”. Questa istituzione culturale, dedita alla promozione degli studi, arriva ad ottenere pochi anni dopo il riconoscimento di Imperial Regia Accademia dall’allora Imperatrice Maria Teresa d’Austria.

La collana di Maria Antonietta

L’Accademia, fulcro del risorgimento culturale trentino, vanta tra i suoi soci grandi storici, letterati, scienziati giunti da tutta Italia nella città della Quercia. E proprio a Rovereto Cagliostro sceglie di stabilire la sua nuova dimora. Anche se solo provvisoria. In merito la biografia del Conte parla chiaro. Cagliostro non ama metter radici. O forse non riesce a trovare terreno fertile per farlo. Fatto sta che all’età di soli 45 anni può dire di aver soggiornato in ben 82 città diverse, comprese Pari-

gi e San Pietroburgo passando per Londra e Lisbona. Oltre a cambiare casa Cagliostro si diletta anche nell’arte del travestimento e raggiunge presto un’abilità tale che nessuno tra coloro che lo hanno incontrato può dirsi certo di conoscerlo davvero. È via via un pittore, un ufficiale del re di Prussia, poi un certo Marchese Pellegrini, un massone, un cristiano devoto e non ultimo anche Colonnello del re di Polonia. In realtà Alessandro, Conte di Cagliostro, professione

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trentinostoria trentinoattualità

Il cardinale De Rohan

alchimista, viene al mondo a Palermo il 2 giugno del 1743, col nome di Giuseppe Balsamo. La sua vita spericolata lo porta a Rovereto quasi vent’anni dopo il primo passaggio di Amadeus Mozart (1769) e pochi anni prima dell’invasione francese che verrà guidata da Napoleone Bonaparte in persona (1796). A fine ‘700 la città della Quercia fa parte (e sarà così ancora per un decennio) del

Principato vescovile di Trento, uno stato ecclesiastico nato ottocento anni prima e che pur facendo parte del Sacro romano impero, gode di una relativa e privilegiata indipendenza. Nonostante questa sfumatura di autonomia, Rovereto e Trento devono pur sempre rendere conto al sovrano regnante, Giuseppe II. L’Imperatore è uno dei 16 figli della prolifica Maria Teresa d’Austria, ed è anche fratello

della regina Maria Antonietta, acerrima nemica del Conte di Cagliostro. Come Cagliostro sia arrivato ad indispettire la sovrana di Francia è presto detto. Qualche anno prima il Conte si è ritrovato invischiato nientemeno che nello scandalo della collana, ovvero una gigantesca truffa ai danni di Maria Antonietta architettata da Jeanne de Valois, un’orfana molto ambiziosa e (non abbastanza) scaltra che insieme al marito era quasi riuscita a farsi beffe della regina di Francia. La loro prima mossa era stata conquistare la fiducia di un grande ammiratore di Maria Antonietta, il ricco cardinale De Rohan, e convincerlo che la regina desiderava ardentemente acquistare una costosissima collana composta da 647 diamanti africani, ma che per non suscitare polemiche nella popolazione, ormai ridotta alla fame, la sovrana preferiva rimanere anonima. Serviva dunque una terza persona che facesse da intermediario. E proprio il cardinale De

Rohan, evidentemente accecato dall’ambizione di entrare nelle grazie della regina e diventare un giorno Primo Ministro di Francia, cade nel tranello, offrendosi senza indugio come garante per la sovrana. Il gioielliere consegna dunque la collana a De Rohan. De Rohan la affida alla de Valois, e la de Valois al marito che la fa rapidamente sparire e smontare, per poterne poi rivendere i singoli diamanti sul mercato di Londra. Come la de Valois e marito pensassero di farla franca rimane un mistero. Fatto sta che ovviamente il piano non va a buon fine. Il gioielliere infatti, non vedendo arrivare il denaro, anziché rispettare le indicazioni dei truffatori e aspettare, corre a lamentarsi direttamente da Sua Maestà la regina, che scoperto l’inganno rinchiude tutti nella prigione della Bastiglia, compreso il Conte di Cagliostro, additato da Jeanne de Valois, come la vera mente della truffa. Cagliostro viene imprigionato nella Bastiglia il 23 agosto del 1785 e liberato un anno

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trentinostoria dopo, perché, nonostante le indagini, della sua colpevolezza non si riesce a trovare alcuna prova. Ma Luigi XVI, re di Francia non si dà pace. Non crede in alcun modo alla sua innocenza e così, non appena uscito di prigione, Cagliostro viene immediatamente espulso dalla Francia. Col divieto assoluto di rimettervi piede. Il Conte decide allora di tornare in Inghilterra, dove già anni prima aveva vissuto di espedienti, spacciandosi per pittore e contemporaneamente vendendo al miglior offerente i favori dell’avvenente moglie. Era stato proprio in quel primo soggiorno inglese, nel lontano 1777, che Cagliostro aveva deciso di iniziarsi alla Massoneria. Vi aveva coinvolto anche la consorte, la quale nel frattempo, dopo averlo lasciato e denunciato per sfruttamento della prostituzione, era stata sua volta accusata da lui di abbandono del tetto coniugale. Così, per non finire in prigione, Lorenza si era vista costretta a riappacificarsi col marito. L’iscrizione alla Massoneria toglie ogni freno alla fantasia creativa di Cagliostro, che negli anni successivi gira l’Europa vantando poteri ultraterreni, tra cui quello di evocare spiriti, di trasformare il piombo in oro, e naturalmente la capacità di guarire qualsiasi malattia.

Pietro Vigilio Thun

È però nel maggio del 1784, a Bordeaux, poco prima dello scandalo della collana, che il Conte tocca l’apice. Subito dopo essersi ripreso da un terribile attacco di febbre, decide infatti di fondare lui stesso un nuovo culto, il Rito Egizio, di cui si autoproclama Gran Cofto. Promettendo ai suoi adepti la rigenerazione del corpo e dell’anima, Cagliostro si mette alla ricerca dei dodici Maestri che lo assisteranno nelle attività iniziatiche. E così, quando diversi anni più tardi mette piede a Rovereto, Cagliostro è già stato abbondantemente preceduto dalle notizie sulla stampa che raccontano le sue peripezie ed esaltano la sua fama di taumaturgo. Giunto in città, il Conte, che si presenta fin dalla prima apparizione abbigliato con grandissimo sfarzo, proclama a gran voce di voler elargire i suoi favori esclusivamente ai poveri, e di possedere pozioni capaci di guarire qualsiasi malessere. Il successo è inevitabile. Il suo alloggio viene costantemente preso d’assalto da malati e da medici curiosi. Tutti vogliono ascoltare i suoi responsi, nessuno osa contraddirlo. Non di fronte a lui, per lo meno. In realtà, alle sue spalle, polemiche e delatori non mancano, e infatti, passati soli dieci giorni dal suo arrivo, già si fa richiesta in municipio affinché a Cagliostro, privo in effetti di qualsiasi attestato o abilitazione medica, venga proibito di curare gli infermi. A denunciarlo per esercizio abusivo della professione è proprio un medico vero, tale Ernesto Gervasio Zanini. Interviene a quel punto il Magistrato, il quale passa la palla all’Imperial regio ufficio Circolare che il 15 ottobre risponde lapidario: Cagliostro non può e non deve esercitare. Per tutta risposta il Conte il 21 ottobre prende moglie e

valigie per trasferirsi. Questa volta a Trento, dove sa di poter contare su un protettore molto potente, nientemeno che il Principe Vescovo Pietro Vigilio Thun. A Trento Cagliostro ricomincia ad esercitare l’attività medica e nei ritagli di tempo pubblicizza la sua loggia egizia, facendo levitare il numero degli adepti e le ben gradite donazioni in denaro. Se però Cagliostro si illude di aver trovato finalmente un luogo accogliente, viene presto smentito. È semplicemente una questione di tempo. E infatti non appena giunge a Innsbruck la notizia della sua presenza nel Principato, la sua discussa attività di guaritore viene ancora una volta bloccata. Cagliostro è messo alle strette. A piovergli addosso sono anche l’improvvisa morte di un paziente che era in cura da lui e la cattiva riuscita di altri interventi con vari ammalati. Uscire da un pantano simile sembra impossibile. Ma ecco che Cagliostro, con un insospettabile colpo di teatro mette in scena l’ultima delle sue magie: un’improvvisa quanto provvidenziale conversione al cattolicesimo. Il Principe Vescovo, Pietro Vigilio Thun, da sempre succube del carismatico conte, rimane colpito e commos-

so da un simile ravvedimento del Conte e sotto richiesta dello stesso Cagliostro, più che mai ansioso di lasciare Trento e lasciarsi i brutti affari alle spalle, si adopera per raccomandarlo presso la Chiesa di Roma. Oltre a scrivere di suo pugno diverse lettere che gli possano aprire le porte della Santa Sede, Il Principe vescovo fa preparare per lui uno speciale passaporto corredato anche di attestato di “buona condotta”. E non contento lo fa scortare anche per un bel tratto di strada. Il conte di Cagliostro abbandona dunque la città di Trento il 17 maggio 1789 alle sette del mattino, affrontando ignaro quello che in realtà sarà per lui l’ultimo viaggio, destinato a portarlo, prima alla prigionia e, infine, alla morte, il 26 agosto 1795. A Roma Cagliostro va incontro alla propria fine. Pochi mesi dopo il suo arrivo viene infatti accusato di aderire alla massoneria e di propagandare l’eresia. La sentenza della magistratura romana è lapidaria. Carcere a vita. Eppure molti l’avevano messo in guardia, sconsigliandogli di recarsi nella città eterna. Uno fra tutti Giacomo Casanova, il quale oltre al Conte aveva conosciuto anche il Principato di Trento. Ma questa è un’altra ■ storia. 53

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trentinoluoghi di Paolo Chiesa

GIARDINO D’EUROPA FORSE NON TUTTI SANNO CHE A PIEVE TESINO C’È UNO DEI PIÙ BEI GIARDINI DEL TRENTINO CHE IN QUESTI GIORNI DI PRIMAVERA SI MOSTRA NELLA SUA VESTE MIGLIORE. GESTITO DALLA FONDAZIONE TRENTINA ALCIDE DE GASPERI, LO STATISTA CHE A PIEVE TESINO NACQUE E DOVE SI TROVA ANCHE IL MUSEO DELLA SUA CASA NATALE

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l “Giardino d’Europa” sorge su un’area di quattro ettari di proprietà del Comune, all’interno dell’arboreto del Tesino ed è stato inaugurato ufficialmente il 18 agosto 2011 alla presenza, tra le varie autorità, delle figlie di Alcide De Gasperi. È nato su richiesta della Fondazione da un progetto del Centro Studi Alpino di Pieve Tesino e del Centro Interdipartimentale dell’Orto Botanico di Viterbo, due strutture autonome dell’Università della Tuscia. L’ateneo opera da anni in Tesino, dove conduce varie attività tra le quali ricerca, didattica, organizzazione di tirocini e varie iniziative di divulgazione scientifica. Il “Dipartimento Risorse forestali e montane” della Provincia Autonoma di 54

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Trento ha adottato il progetto e il Servizio Conservazione della natura e valorizzazione ambientale lo ha realizzato. PER PASSEGGIARE MA NON SOLO Il “Giardino d’Europa” si trova in una zona verde veramente bella sotto la strada che porta a Cinte Tesino. Come detto, è all’interno del più ampio arboreto del Tesino, dove tro-

vano posto prati e boschi e anche una parte paludosa, un laghetto, un labirinto e vari sentieri perfetti per passeggiare e da dove, perché no, iniziare un’escursione più impegnativa sulle alture della Conca del Tesino. Poco dopo l’incrocio che porta a Cinte, si gira a sinistra in una stradina che, una volta parcheggiato, porta direttamente al giardino e all’arboreto. C’è una costru-

zione che serve da base per i vari eventi che durante la bella stagione vengono organizzati dalla Fondazione. Eventi che hanno sempre una certa portata. Per dire, l’anno scorso per “I suoni delle Dolomiti” c’è stato Mauro Pagani che ha proposto “Crêuza de mä 2014, il viaggio continua”, la riproposizione dello straordinario album di Fabrizio De André. L’EUROPA IN UN GIARDINO Ma cos’è che rende particolare questo posto? La sua struttura architettonica ricorda la forma ad emiciclo del parlamento ma anche del teatro classico, con un collegamento tra moderno e antico che dovrebbe unire e nello stesso tempo educare i cittadini. E non poteva essere altrimenti


trentinoluoghi

visto l’ideale di un’Europa unita e democratica che è stato uno dei temi centrali degli ultimi anni di attività diplomatica di Alcide De Gasperi. “Le voci di tutte le epoche si armonizzano nel concerto europeo. Esse si fondano in una tradizione le cui radici sono classiche, ma che si estendono in ramificazioni lussureggianti e folte, una tradizione che ci ispira unendoci”. E sono proprio queste parole che lo statista trentino pronunciò in un discorso dal titolo “La nostra patria Europa” che nel Giardino di Pieve Tesino vogliono ricreare il senso di bellezza, di diversità nell’unità e nell’armonia. Il Giardino è “fratello” di quelli della Adenauer-Haus tedesca e delle Maison Monnet e Maison Schuman francesi, che insieme al Museo Casa De Gasperi formano la rete delle Case dei Padri fondatori d’Europa. Nell’intento della Fondazione

questo però non deve essere solamente un luogo-simbolo dell’unità europea da ammirare per la sua bellezza, ma un punto di riferimento per la comunità, uno spazio da vivere, con eventi sociali e culturali e luogo di meditazione. I FIORI DEL GIARDINO Nel Giardino si trovano specie tipiche del luogo coltivate da sempre in Tesino, vicino a varietà provenienti da altri ambienti: la sua identità rappresenta l’importanza e la bellezza delle piante in natura e si ricollega all’arte del paesaggio. Le aiuole rialzate a forma di emiciclo sono in acciaio Corten che si auto protegge dalla corrosione (in pratica quello color ruggine di certe sculture che si vedono in giro). In basso le piante perenni blu e gialle richiamano i colori della bandiera d’Europa. Al centro le peonie cinesi convivono con le peonie officinali europee. Ai

Alcide Degasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman

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Provincia Autonoma di Trento

L’EUROPA IN GUERRA Europe at war Traces from the Short Century Europa im Krieg Spuren des kurzen Jahrhunderts

18 04 2015 06 09 2015

Orari: 18 aprile – 03 maggio da martedì a domenica 9.30 – 17.00 05 maggio – 06 settembre da martedì a domenica 10.00 – 18.00 Apertura straordinaria: tutti i lunedì da lunedì 20 luglio a lunedì 31 agosto

Castello del Buonconsiglio Via Bernardo Clesio 5 Trento +39 0461 23 37 70 info@buonconsiglio.it www.buonconsiglio.it Info e prenotazioni visite guidate: didattica@museostorico.it +39 345 999 4754 www.traccedelsecolobreve.com www.lacollina.org

Design: Michele Galluzzo e Ilaria Roglieri

Castello del Buonconsiglio Trento

TRACCE DEL SECOLO BREVE


trentinoincontri

LE DATE IMPORTANTI In occasione della Festa d’Europa del 9 maggio, lo spazio si tinge dei colori rosa, giallo e blu. Dalla seconda metà di agosto, in prossimità dell’an-

niversario della morte di De Gasperi (il 19) è invece il momento della fioritura di diverse specie montane. Il Giardino è accessibile gratuitamente a chiunque in tutte le stagioni. LA FESTA D’EUROPA Il 9 maggio è stato proclamato dal Consiglio europeo di Milano del 1985 come “Festa dell’Europa”. Perché questo giorno? Alle ore 16 del 9 maggio 1950, l’allora Ministro degli Esteri del governo francese Robert Schuman

Famiglia Santoni

NUOVA

GESTIONE

LA FESTA 2015 La “Festa d’Europa 2015” ha come sottotitolo: “L’Europa del futuro nello specchio del passato. Osservare, capire, sognare” ed è rivolto agli studenti delle scuole primarie dell’altopiano del Tesino.

C’è stato un percorso in tre tappe che l’8 maggio sfocerà in una grande festa di comunità, aperta alle famiglie dove verranno presentate le attività dei bambini. Nel primo incontro i ragazzi, suddivisi in gruppi, hanno girato per le strade di Pieve Tesino, fotografando e descrivendo in apposite schede le tracce del passato che si presentano a noi al giorno d’oggi, come i portali delle case con datazioni, le edicole sacre, le scritte residue sulle pareti delle case, le fontane, gli edifici storici. La seconda tappa ha visto i bambini realizzare con i loro lavori una cartina del paese, arricchita dei suoi dati storici. Nel terzo passaggio (il 4 maggio) i bambini verranno portati a raccordare il passato al presente per aprire la prospettiva del futuro spiegando loro le scelte di De Gasperi. La Festa d’Europa vera e propria sarà quella dell’8 maggio, dove verrà restituito alla comunità il frutto del lavoro svolto dai ragazzi e con l’aiuto di uno spettacolo circense, si recupereranno i temi principali di ■ tutto il progetto.

lati le piante dai colori vivaci completano l’insieme. Più sopra una galleria di meli fa da cornice alla composizione. Il giardino inizia a fiorire con le bulbose primaverili di crochi e tulipani, raggiunge la massima fioritura da giugno a settembre ed è godibile in autunno con i suoi frutti e i suoi colori.

tenne un discorso a Parigi che viene oggi considerato il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica e poi politica tra i vari Stati europei, rappresentando l’inizio del processo di integrazione europea. La dichiarazione prospetta il superamento delle rivalità storiche tra Francia e Germania, legate anche alla produzione di carbone ed acciaio, grazie alla realizzazione di un’Alta Autorità per la messa in comune e il controllo delle riserve europee di queste materie prime. Questo auspicio trovò realizzazione poco meno di un anno dopo, con la creazione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Ma in pratica questo discorso diede avvio al processo di creazione della Comunità Europee.

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BOTTEGHE STORICHE

Nancy Berti con Andrea Bocelli

di Stefano Voltolini e Claudio a “Ballando con leRensi stelle” Michele Casatta, a destra, dal primo maggio 2015 titolare del negozio

ARTIGIANI A DUE RUOTE PER ANNI, FLAVIO MOSER HA CONTINUATO CON PASSIONE L’ATTIVITÀ AVVIATA DAL PADRE ERMANNO. FINO AL MAGGIO DI QUEST’ANNO, QUANDO GLI SUBENTRA IL GIOVANE MICHELE

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omini curvi sopra le loro biciclette di acciaio pedalano con indosso vestiti di cotone e lana. Attorno alle spalle hanno i copertoni di ricambio. Neve, ghiaccio, ghiaia e terra non fanno paura alle ruote spesse e nemmeno ai conducenti che le fanno filare lungo la polvere delle strade battute. Non importa che si chiamino Ermanno Moser, Learco Guerra, Vasco Modena, in un elenco in cui occupano la scena gli eterni Fausto Coppi, immortalato nell’ascesa al Pordoi, o Bartali, vincitore nel 1938 della tappa di Trento del giro d’Italia, e nel quale un posto spetta di diritto a Maria Costa, che nella squadra trentina Forti e veloci arrivava davanti a tanti compagni maschi. Sono loro i protagonisti di un ciclismo epico e eroico che si è perso nel tempo ma conserva inalterato il suo fascino, anche visivo: lo testimoniano le decine e decine di fotografie d’epoca 58

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che adornano gli interni del civico 63 di via Calepina a Trento, dove ha sede dal 1933 il negozio cicli Moser. Flavio Moser continua con grande passione l’attività avviata dal padre Ermanno, nato nel 1909 e scomparso nel 1995. Il suo è uno dei nomi impressi nella storia del ciclismo, trentino e italiano: tra i primi corridori trentini a partecipare al giro d’Italia, Ermanno Moser (da non confondere con gli “altri Moser”, Aldo e Francesco, il primo acquirente della sua prima bicicletta proprio in via Calepina) vanta gare assieme ai miti Girardengo, Binda, Guerra e Bartali. Lunga tutta una vita la sua amicizia con Coppi, testimoniata anche dalla foto che li ritrae insieme posta nella parete in fondo a destra della bottega storica. Il campionissimo, approdato al Briamasco per l’arrivo del giro d’Europa nel 1956, guarda quasi con ammirazione Ermanno, che aveva dieci anni in più e già da oltre vent’anni gestiva il negozio da cui passavano i protagonisti di un’epopea sportiva indimenticata. “Mio padre è stato uno dei dilettanti migliori della sua epoca” ricorda Flavio, con affetto e slancio. Corridore dal 1925 al 1937 sotto le insegne della squadra


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IL FUTURO

E

ra ancora adolescente quando la mamma lo accompagnò nella bottega di Flavio Moser. Michele Casatta, classe 1991, aveva dimostrato fin dalla più tenera età una grande passione per la bicicletta e tutto ciò che vi ruota attorno, praticando anche la disciplina del downhill. In principio, dunque, fu uno stage. Adesso, a partire dal primo di maggio, coadiuvato dalla sua famiglia, Michele ha accettato di prendere in mano la gestione del negozio, diventando così uno dei più giovani gestori di botteghe storiche di tutto il Trentino. Forti e veloci, Moser senior è stato il secondo trentino, dopo Ermete Sebastiani, a correre il Giro d’Italia. “Aveva partecipato da indipendente” precisa il figlio a proposito dell’edizione negli anni Trenta in cui il padre si classificò 54/esimo. Ed eccolo il giovane Ermanno nelle gare dilettantistiche locali. La sua figura è fissata nelle foto in bianco e nero che sono ovunque nella bottega ricavata nei volti dei palazzi storici di via Calepina. Gli spazi lasciati liberi dalle bici appese sono adibiti ad esposizione. Di immagini ce ne sono anche sopra il bancone, coperte da un vetro, e pure all’entrata dove Flavio espone gli articoli di giornale dedicati al padre. Il negozio è un piccolo museo vivo. In un’immagine si vede Moser senior a fine gara assieme a Italo Condini. “I due erano grandi rivali

Fausto Coppi ed Ermanno Moser

nel ciclismo trentino degli anni Trenta” spiega Flavio. Un po’ come Coppi e Bartali. Seguono gli scatti fatti nelle gare: la Trento-Riva del Garda e ritorno, la cronometro Trento-Ponte Arche, il giro della Bolghera durante la quale il corridore, in una delle inquadrature più suggestive, esce da una curva sopra l’allora hotel Bellevue verso Villazzano. La strada è battuta e delimitata dai paracarri. Attorno non ci sono case ma il verde della collina. Le fotografie fungono da preziosa testimonianza della carriera sportiva di Moser che per nove anni si è sovrapposta a quella di esercente. Per quest’ultima la data da tenere a mente è il 1928. Ermanno apre un’officina per la riparazione di biciclette in piazza Lodron. Cinque anni dopo trasloca negli spazi occupati ancor’oggi. Alla riparazione si aggiunge la vendita. Nel 1937 il ritiro gli permette di concentrarsi sull’attività commerciale. Via Calepina diventa il ritrovo dei ciclisti dell’epoca.

L’attività prosegue durante il secondo conflitto mondiale. La bici è sempre un mezzo richiesto. Moser unisce l’attitudine al commercio con la passione per lo sport. Nel dopoguerra finanzia la costruzione di una pista ciclabile presso lo stadio cittadino Briamasco. Nella bottega gli atleti sono di casa: viene Aldo Moser, classe 1934, fratello maggiore di Francesco, che sarà professionista dal 1954 al 1974, un altro capostipite del ciclismo provinciale. Il primo trentino a vestire la maglia rosa al Giro si porta a casa da via Calepina una Gloria da ottomila lire dell’epoca. La sua prima bici, che si impegna a saldare a rate: cinquemila lire subito, le restanti tremila non in contanti ma in bottiglie di grappa, come racconterà anni dopo a Bruno Zorzi de L’Adige. “Sarà un caso ma dopo quell’acquisto comincia a vincere” scherza Flavio pensando alla lunga carriera di Aldo. “Mio padre curava particolarmente l’offerta per la corsa” racconta l’esercente. Ma la rivendita non si limita agli sportivi. Sotto le volte trovano posto biciclette da strada per uomo e donna, una categoria che si affacciava in quegli anni al mondo dei pedali. Le due ruote al tempo erano ancora considerate un oggetto da maschi, poco consono all’allora gentil sesso. Pratiche e funzionali, le bici fungevano da mezzo di trasporto preziosissimo in anni in cui chi non era ricco si muoveva per lo più a piedi. Nel caso di Moser senior sono servite anche a conoscere la sua futura moglie. “Mia nonna, la madre di mia madre, veniva da Romagnano a piedi in città per lavorare in lavanderia. Al ritorno percorreva il ponte di San Lorenzo e poi giù fino alle caserme e di nuovo nel sobborgo. Ebbene, un giorno si è decisa a comprare una bici ed è venuta nella bottega di mio padre. Anni dopo mia 59

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Flavio Moser, Paola Imoscopi, Gianluca Mancia e Michele Casatta, nuovo titolare

mamma, Bruna, inizia a venire qui, forse per una piccola riparazione o manutenzione alla bici, e mio padre comincia a farle la corte” ricorda divertito Flavio. Un amore e una famiglia non potevano che iniziare dalle due ruote. Naturale per il figlio Flavio l’approdo alla bottega, prima da aiutante del padre (a partire dal 1968) e poi dal 1991 gestore unico per via del ritiro definitivo di Ermanno, ormai settantratreenne. “Il 1968? Non avevo certo tempo di contestare” afferma Flavio. Per la famiglia quello fu un anno tragico: in un incidente stradale muore il fratello che stava per rilevare il negozio di bici Giovanazzi, oggi scomparso. I Moser avrebbero così tenuto due rivendite. Ma il destino ha deciso in altro modo. E se il singolo uomo ha a disposizione un tempo finito, il manto dell’eternità sembra rivestire un oggetto che ha attraversato i secoli come il velocipede. “Decenni e decenni fa le bici avevano una qualità pazzesca” dice il titolare. “È vero che pesavano un po’ di più, ma neanche tanto, essendo fatte in acciaio, ma non si rovinava mai niente”. I marchi storici nel dopoguerra si chiamavano Bianchi, Torpado, Umberto Dei, Fregius, Willier Triestina, Cinelli, di cui molti tuttora presenti. “Tra i migliori esempi del made in Italy” prosegue. “Una volta cambiare la ruota era un caso, oggi si fa più spesso. Le bici sono più leggere, per via dei telai in alluminio, carbonio, titanio, ma alcuni pezzi soffrono di più l’usura. Perni, ruote, mozzi si rovinano più facilmente. Siamo nella globalizzazione: il 95% dei telai utilizzati da tutte le aziende viene dalle fabbriche di Taiwan, che sono in grado di realizzare tutto, compresa la verniciatura 60

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a piombo, con una qualità ottima. Anche per questo una bici oggi costa in proporzione cinque volte meno rispetto al dopoguerra. Il made in Italy resiste nelle fasce alte del mercato. La Campagnolo ad esempio lavora per le bici da corsa di alto livello”. I Moser evidentemente ne sanno. La bottega ha conosciuto da vicino l’evoluzione del mercato. “Mio padre ha sofferto il boom della motorizzazione – continua Flavio –. Ma dagli anni Sessanta in poi, fino ai Novanta, è stato il periodo migliore. Ricordo il 1962: è l’anno in cui arriva la Graziella, richiestissima perché pieghevole e trasportabile in auto, ed è un boom. Poi c’è il periodo dell’austerità, nel 1973: una follia. Lo stop alle auto spinge tutti ad andare a pedali. Abbiamo venduto migliaia di prodotti. In un mese il magazzino

IL LIBRO Scritto dal giornalista Stefano Voltolini e corredato dalle splendide immagini di Claudio Rensi, il volume “Le Botteghe Storiche di Trento” è stato pubblicato nel 2014 da Curcu & Genovese. pag. 184 Euro 15,00 www.curcuegenovese.it

si è svuotato. Quello è stato sicuramente l’anno magico”. Negli anni Ottanta – 1984 per la precisione – un altro boom: la Cinelli mette in vendita il rampichino ed è un successone. Il primo esemplare di mountain bike, genere che prima non esisteva. “Come per la Graziella, siamo stati i primi ad averlo a Trento. Certamente l’invenzione ha aiutato molto il ciclismo” commenta a proposito di un modello che ha aperto un nuovo filone, oggi ulteriormente evoluto nel downhill e nell’all-mountain. Dagli anni Novanta in poi il mercato si stabilizza, fino ad arrivare ai tempi recenti apparentemente contraddittori: in anni di crisi economica si assiste a una diffusione crescente delle due ruote, mezzo ecologico per lo svago e il trasporto, grazie anche agli investimenti pubblici nelle ciclabili. Ma la crisi economica incide sulle vendite. “Per noi c’è stato un calo del 20-30% rispetto. Quando però ce la facciamo lo stesso”. Cicli Moser fa affidamento sulla clientela cittadina che cerca bici da città e da turismo. Il settore corsa è stato abbandonato una ventina di anni fa. “Assorbiva troppe energie. Non potevamo fare tutto e quindi ci siamo specializzati”, spiega Flavio. Non mancano gli oggetti alla moda. La testa all’insù e si vede la bici Cinelli a scatto fisso, stile vintage e minimal: dopo il free-style l’ultima novità in fatto di due ruote ad approdare anche a Trento. Più un accessorio da sfoggiare con gli amici in città che un mezzo per una corsa oltre i trenta all’ora. Il freno a pedale invita alla prudenza. Sarà perché andare in bici dona benessere, nella bottega di via Calepina regna l’ottimismo. Il potenziale di sviluppo della mobilità senza impatto ambientale è infinito. “Il Trentino Alto Adige ha fatto molto per le piste ciclabili, che sono figlie di una sensibilità comune nei Paesi a nord dell’Italia: Austria, Germania, Olanda. I Paesi latini invece si stanno avvicinando ora. Il terreno perso va recuperato al più presto. Dovremmo essere noi la nazione dove vanno tutti in bici. Pensiamo a cosa sarebbero Roma e Napoli senza le auto. Pedalare tra i monumenti, ammirando scorci unici al mondo. Il paradiso”. Chissà se sarà così un giorno e chissà cosa ne penserebbe Fausto Coppi la cui foto campeggia in alto sopra l’entrata del laboratorio per le riparazioni. Il campionissimo con la sua grazia naturale, i capelli impeccabili pettinati all’indietro, pedala veloce sul Pordoi mentre le Dolomiti con la loro mole sullo sfondo sembrano spingerlo ancora più forte. ■


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trentinopersonaggi trentinoattualità

di Renzo Francescotti

CAVALIERE DELLA LIBERTÀ FRANCO BERLANDA, COMANDANTE PARTIGIANO, ARCHITETTO E DOCENTE UNIVERSITARIO, CUGINO DEL PITTORE MARCO, AMICO DI GIULIO EINAUDI E DI ITALO CALVINO. UNA VITA CHE È UN STORIA DA RACCONTARE

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ive a Torino, dove ha compiuto i 93 anni nel novembre scorso; ma è trentino di famiglia, di nascita e di formazione Franco Berlanda, comandante partigiano, architetto e docente universitario. La passione per l’architettura e per la pittura circola in famiglia: suo prozio è Natale Tommasi, nato a Tavernaro, frazione di Cognola sulla collina est di Trento, morto a settant’anni nel 1923, sovrintendente ai beni architettonici del Tirolo, progettista a Innsbruck del Palazzo delle Poste e del famoso Ferdinandeum, della Basilica della Madonna del Mare a Pola, di Villa Laner a Bolzano; a Trento del collegio delle Dame di Sion (ora sede del Liceo “Leonardo da Vinci”), del Seminario Maggiore e delle chiese di Povo e Miola di Piné…” Il che fa di lui il maggior architetto trentino dell’800. Quanto alla pittura, suo primo cugino 62

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è il pittore trentino Marco Berlanda. Franco – come ricorda Marco – è nato nella casa che i Berlanda possedevano in Via Cavour a poche decine di metri da Piazza Duomo e, dopo aver passato la sua fanciullezza e adolescenza a Trento iniziando il Liceo, verso il 1936 si trasferisce con la famiglia prima a Milano e poi a Torino. Il 10 giugno 1940 l’Italia entra nella Seconda guerra mondiale. Per Franco la chiamata alle armi arrivò a vent’anni, nel ’41, quando frequenta il corso allievi sottufficiali a Merano. Finì con l’addestramento in una batteria di artiglieria alpina, composta di quattro pezzi. Il secondo pezzo era composto tutto da allievi trentini. Fu lì che conobbe il coetaneo Renato Marchi, in una corsa a piedi. Concluso il corso e nominato sergente, lui e l’amico Renato finirono in Val Martello dove ebbero come commilitone Bruno Detassis, che diverrà

uno dei più famosi rocciatori trentini. Fu l’amico Renato a convincerlo ad iscriversi al Politecnico. Iniziò la Resistenza armata e Franco si diede alla macchia facendo il partigiano in Val d’Aosta. “La prima azione fu quella di interrompere strade e linee ferroviarie con delle cariche di dinamite. Partivamo da Cogne e scendevamo in Valle. Una volta con noi c’era il vecchio Franz Elter, allora direttore delle Miniere, che ci aveva istruito all’uso degli esplosivi…Sono di quei mesi l’assalto a Villeneuve, finito senza successi e con il ritrovamento dei nostri morti dell’avamposto alla Vasca… Ho fatto il partigiano a Cogne: conservo alcuni amici nella Valle, mi sento profondamente legato a quella terra. Il fatto di avervi sperimentato per prima cosa gli effetti distruttivi della dinamite per interrompere i binari ferroviari, o di avervi combattuto vedendo il nemico nel bianco degli occhi e portando a casa salva la pelle, mi è di profondo compiacimento.” Quando finì la sanguinosa guerra, Franco Berlanda fu congedato come comandante dei Raggruppamenti 2° e 4° Divisione Garibaldi “Valli di Lanzo e Canavese”. Berlanda aveva partecipato alla Resistenza con l’editore Giulio Ei-


trentinopersonaggi naudi che gli offrì un lavoro e quindi il “nostro eroe” lavorò per qualche tempo in Casa Editrice. Nel frattempo studiava al Politecnico di Torino, dove funzionavano corsi di recupero per chi aveva fatto la guerra. Lì ritrovò alcuni suoi compagni di lotta torinesi come Nello Corti, Ruggero Cominotti, Ugo Pecchioli, ricomponendo, sia pur e in ambito universitario, la “banda di Cogne”. Il padre di Nello Corti era docente di anatomia comparata: a Franco piaceva una sua assistente. Si frequentarono e si sposarono l’anno successivo. Alla facoltà di Architettura Berlanda ebbe come docente e relatore di laurea Giovani Muzio: “Ci stavamo simpatici e frequento ancora adesso sua figlia Lucia, che mi ha fatto un paio di sculture; vedo talvolta suo figlio Jacopo a Milano. È stato per me un secondo maestro di architettura, dopo Rogers, istillandomi soprattutto la coscienza del bel costruire. Realizzare cioè opere che sarebbero durate nel tempo, sia per le loro qualità funzionali che per quelle costruttive. Case che abbiano bisogno di poca manutenzione e la cui gestione possa sempre essere economica. Così cominciò la sua professione di architetto. Fondamentale fu il suo sodalizio con Gino Becker, durato per un decennio, dal 1961 al ’71, quando Becker morì prematuramente: ”Gino Becker è stato per me l’associato di studio migliore che si possa immaginare. Era di pochi anni più anziano, dotato di una straordinaria capacità inventiva e progettuale. In particolare furono predisposti molti progetti che non sono stati poi attuati. La realizzazione più significativa fu quella dell’edificio di Piazza Adriano a Torino; il

Italo Calvino

Berlanda, Bonetti e Marchi

progetto più sofferto quello di Mirafiori Sud (1963), predisposto con un sistema innovativo di prefabbricazione”. Sono anni di entusiasmi. Franco riesce a far realizzare tra l’altro i progetti per la Scuola Media di Moretta (Cuneo); della Scuole medie di Beinasco e di Grugliasco (To). Ma non mancano tormentose delusioni. Ad un certo punto Berlanda decide di chiudere con la professione di architetto e urbanista, per dedicarsi all’insegnamento. Insegna per due anni a Palermo, per altri due a Torino; e infine a Venezia dove, nel 1976, vince l’incarico di professore ordinario di urbanistica. Avrebbe voluto insegnare al Politecnico di Torino, città d’adozione dove si era laureato. Ma al Politecnico un comunista come lui non ce lo vogliono. Così insegna a Venezia sino alla pensione. Ma non mancarono atri incarichi. Come quello della nomina nel Consiglio di Amministrazione del Parco del Gran Paradiso, come rappresentante della minoranza consigliare della Provincia di Torino. Il direttore era quel grande trentino che è stato Renzo Videsot, che riuscì a salvare il Parco dai bracconieri durante la guerra. Successivamente si era battuto – tra i primi ambientalisti in Italia – contro la speculazione e gli interessi privati per la preservazione e la valorizzazione del Parco; che è alla fine divenuto una grande risorsa anche per le popolazioni che risiedono nella valli. Con Videsot, Franco divenne amico; come lo fu con personaggi famosi quali (lo si è ricordato) l’editore Giulio Einaudi e con Italo Calvino, anche lui combattente partigiano in Piemonte, autore di uno dei primissimi romanzi sulla Resistenza italiana, vista attraverso gli occhi di un ragazzo, ”Il sentiero dei nidi di ragno” (1947). Con Calvino, Berlanda fu subito amico, frequentando la casa dei suoi genitori in un soggiorno di convalescenza a Ospedaletti: “Un’estate agli inizi degli anni

’60, noleggiammo una barca ad Atene per fare il giro delle isole del mare Egeo. Fu una navigazione piacevolissima con Italo che leggeva i versi dell’Odissea, con tante rive e paesini incontaminati. Col suo fisico alto e asciutto, Franco è stato un ottimo sportivo: già l’abbiamo visto podista con gli Alpini; è anche un ottimo sciatore (c’è una foto che lo ritrae nel 2001 sul Monte Bondone, 80 anni, al campionato nazionale dei veterani). Ed è anche un appassionato velista. Iniziò con corsi di vela negli anni’60, navigando con Ivar Oddone e Tommaso Pansini assieme ai quali acquistò il “Bagheera VI”, navigando in Corsica e Sardegna e, addirittura, circumnavjgando l’Italia per sbarcare a Venezia: “Ho percorso l’Adriatico molte volte con la barca a vela. E posso consideralo una specie di lago chiuso che finisce in un laghetto ancora più piccolo, che è la Laguna di Venezia…” In tutti questi anni Franco è tornato molte volte nel natio Trentino, tra l’altro facendo visita al suo cugino Marco, “pittore selvaggio”. Il 25 aprile dello scorso anno, sul quotidiano “La Stampa” di Torino è uscito un ampio articolo con una fotografia in cui si vede Franco Berlanda – nome di battaglia “Grigia” – che sfila alla testa dei suoi uomini, dopo essere stato tra quelli che liberarono Torino nei giorni della Liberazione. Si scrive nell’articolo: ”Io me li sogno ancora quelli che ho mandato a morire” dice Franco Berlanda, l’allampanato comandante Grigia della quarta Brigata Garibaldi, che il 24 luglio del ’45 espugnò Corgné e un paio di caserme torinesi…” E l’articolo si conclude: “Ma insomma, Berlanda, cosa vorrebbe per ritenersi soddisfatto?. “Un riconoscimento morale”. Cioè?: “Una cosa vera… un titolo di cavaliere, una medaglia. Costano nulla, ma che almeno i mei nipoti e pronipoti possano dire: “Il nonno è un cavaliere della Libertà”. ■

Giulio Einaudi

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trentinoamarcord

TUTTI I “FIGLI” DI CRISTO RE DAL 30 MAGGIO, UNA VERA E PROPRIA “GIORNATA DEL RICORDO” PER RIUNIRE TUTTI I “BOCI” DEL RIONE CRISTO RE, NATI TRA GLI ANNI QUARANTA E I SETTANTA, DALLE MACERIE ALLA RICOSTRUZIONE

L’

idea frullava nella testa di un gruppo di amici già da parecchio tempo: organizzare una “giornata del ricordo” per riportare nella mente di tutti i “boci” di Cristo Re nati dalle macerie della seconda guerra mondiale, il periodo per ognuno indimenticabile della nascita e dello sviluppo del rione “Cristo Re”, dagli anni quaranta agli anni settanta. Nell’immediato dopoguerra, venne progettato e realizzato dall’Istituto Trentino di Edilizia 64

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Abitativa (ITEA) un complesso di case cosiddette “popolari”, che ancora oggi rimane un esempio di grande interpretazione ingegneristica per la vivibilità della gente che rientrava in città dopo i terribili bombardamenti del 1943 e gli inevitabili sfollamenti. Il complesso nasceva attorno alla nuova chiesa intitolata a Cristo Re e i dirigenti politici pensarono di dare lo stesso nome al quartiere. La posizione geografica del rione partiva dalle campagne

di Campotrentino a nord, estendendosi verso sud fino a piazza Centa. A ovest, seguendo le tangenti di corso Buonarroti e Lungadige Leopardi (che costeggiava il fiume), arrivava fino al ponte di San Lorenzo che era in costruzione, mentre a est era delimitato da un corso d’acqua fognario denominato “Adigetto” che costeggiava la ferrovia del Brennero. Ma il cuore del rione partiva dalla chiesa e il suo perimeCarlo Battisti, “patriarca” di Cristo Re

tro era racchiuso tra piazza Cantore, via Fontana, corso Alpini, via Pedrotti con l’appendice di Via Maccani. Corso Buonarroti, invece, era considerato “zona residenziale” al pari di Lungadige Leopardi, mentre alla sinistra di via Fontana si estendeva il complesso delle “case dei ferrovieri”, occupate dagli addetti alla ricostruzione della Ferrovia del Brennero. Dal 1947 gli “sfollati” cominciavano a rientrare in città e le case del rione di Cristo Re offrivano loro una dignitosissima sistemazione, con i suoi viali e i suoi spaziosi cortili interni. In questi cortili una miriade di ragazzini si inventavano dei giochi incredibili, sfidandosi lungo percorsi scavati nella ghiaia in gare con le “balòte” (palline di terracotta e vetro) o con le “scudeléte” (tappi corona metallici delle bottiglie) all’intero delle quali si


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Le caserme Battisti trasformate i campo da calcio

La prima asfaltatura di piazza Cantore

inserivano le foto dei campioni di ciclismo di allora (Coppi, Bartali) e si percorrevano le tappe di un giro d’Italia in miniatura. Quelli erano i divertimenti che la situazione offriva ai bambini e solo molto più tardi cominciarono a comparire i primi palloni e l’unico spazio a disposizione per fare qualche partita era la piazza d’armi delle caserme (bombardate) che costeggiava corso Alpini. Le scuole elementari più vicine al rione, prima che si costruissero le “Bellesini”, si trovavano in piazza Mostra (le “Sanzio”) a ridosso del Castello del Buonconsiglio e frotte di ragazzini le raggiungevano ogni mattina a piedi costeggiando l’Adigetto, carichi di libri contenuti in cartelle di cartone. All’epoca cominciarono ad

operare nel rione delle persone che sono rimaste indelebili nella memoria dei “boci di Cristo Re”. Primo fra tutti è giusto ricordare il parroco Don Guido Avi, conosciuto come “don Torta”. L’intraprendenza di questo prete è ancora viva nei ricordi di tutti. Il nomignolo gli era derivato dalla sua iniziativa di organizzare dei “vasi della fortuna”, i cui premi erano costituiti da torte che le famiglie del rione producevano in casa e gli mettevano a disposizione. I proventi di questi modesti vasi della fortuna servivano per finanziare la costruzione della chiesa e grossomodo ogni dieci torte corrispondevano ad un blocco di granito. La maestosità e l’imponenza della chiesa possono far immaginare quante torte si

sono prodotte per la sua costruzione, anche se gli aiuti maggiori sono dipesi dalla generosità delle persone più o meno abbienti del rione. Ancora oggi, all’interno della chiesa si possono ammirare le grandi panche per assistere alla messa, su ognuna delle quali c’è una targhetta che ricorda le famiglie che le hanno donate e hanno dato il loro prezioso aiuto per la realizzazione della chiesa. Purtroppo le torte finirono prima che fosse terminata la costruzione del campanile, che non fu mai completata ed è passato alla storia come l’unico campanile incompiuto al mondo. Ad onore di don Torta va anche il merito di aver promosso la realizzazione del “campo della gioventù” in via Maccani, dove i ragazzi-

ni potevano giocare al pallone (o pattinare d’inverno) lontani dalle macerie delle caserme. La seconda figura dell’epoca di cui tutti i “boci” hanno un vivo ricordo è Guido Gadotti, detto “Guido Baréta” per via della coppola che non levava mai in nessuna occasione. È stato il primo imprenditore ad aprire una specie di spaccio in piazza Cantore, al tempo stesso luogo di ritrovo per la gente del rione, dove si poteva bere un buon bicchiere di vino e comperare anche sigarette sciolte (un’Alfa, una lira!) oltre ad altri prodotti del monopolio (sale, zucchero, ecc.). Tutti sono passati di lì, ad ogni ora del giorno e a volta anche della notte. All’interno di questo spaccio c’era in bella mostra un orologio a cucù. L’uccellino si dondolava

1955, Chiesa di Cristo Re. Don Guido Avi sovrasta i comunicandi de l 1948

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trentinoamarcord trentinoattualità

Piazza Cantore negli anni Sessanta

Il rione allagato nel 1966

su una piccola altalena (“zinzorla”) attaccata al pendolo e suonava ad ogni scoccare di ora. Il nome “Zinzorla” è rimasto nella storia del rione anche dopo che il bar si è trasferito in un palazzo moderno. Ancora oggi l’orologio fa bella mostra di sé anche se non suona più. Una citazione particolare meritano le famiglie Artuso e Sembenotti. La prima costruì, in corso Buonarroti, il cinema “Astra”, all’epoca uno dei pochi divertimenti che all’epoca le famiglie del rione si potevano concedere. La famiglia Sembenotti inve-

Il piazzale B14

ce, realizzò il primo (e ancor oggi unico) albergo del rione, l’”Everest”, dando lustro al quartiere sia per l’ospitalità che per la ristorazione. Nel corso di quello storico trentennio, dal 1940 al 1970, moltissime persone sono state la linfa vitale per lo sviluppo del rione di Cristo Re. Sono tutte ricordate in una “brossura” che sarà distribuita durante la festa al campo CONI di Via Maccani il 30 e il 31 maggio 2015, dove saranno esposte anche numerose foto storiche di quel periodo. Lo stimolo maggiore per organizzare questa festa è stato quello di testimoniare

il ricordo, l’affetto e la stima nei confronti di Claudio Prada, un maestro di vita che attraverso lo sport ha tolto dalle strade moltissimi ragazzi portandoli dentro il gruppo sportivo “Ariete”, del quale è stato il fondatore e per tanti anni l’allenatore. Durante la festa gli sarà intitolato il campo di calcio di Via Maccani, con la partecipazione di alcune squadre di calcio regionali di giovanissimi che disputeranno un minitorneo, per l’assegnazione dei memorial intitolati appunto a Claudio Prada e agli indimenticabili Covi, Postal e Rusconi.

IL PROGRAMMA DELLA FESTA 30 MAGGIO 31 MAGGIO

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L’iniziativa è stata condivisa e appoggiata sia dal Comune di Trento che dalle Autorità Sportive regionali che hanno messo a disposizione gli impianti e l’area di Via Maccani per l’avvenimento. Durante la due giorni di festa del rione sarà allestito anche un punto di ristoro con distribuzione di piatti tipici. Sul palco invece, si esibiranno dei gruppi musicali in un concerto dedicato a Chico Forti, con l’intenzione di testimoniare la solidarietà e la vicinanza della gente del suo rione alla sua tragica vicenda negli Stati Uniti. ■ La vecchia Zinzorla


Presidenza del Consiglio della Provincia autonoma di Trento

Lina Wertmüller

IL NOSTRO LAVORO SABATO 30 MAGGIO - ORE 9.30 - INCONTRO PUBBLICO Il mondo del lavoro sembra “senza voce”: i giovani faticano a trovarvi spazio e a interpretarlo, in un cortocircuito che rischia di rompere il dialogo tra generazioni. Alcuni protagonisti della vita culturale italiana racconteranno la loro esperienza: input creativi da mettere a valore. Introduce Bruno Dorigatti Presidente del Consiglio provinciale di Trento

Elio

Partecipano Lina Wertmüller regista e sceneggiatrice Elio cantante e musicista Vanni Santoni scrittore Modera Luca Zanin capo ufficio stampa del Consiglio provinciale di Trento

SALA DEPERO – PIAZZA DANTE (TRENTO)

Vanni Santoni


trentinobottegad’artista

www.samutojj.com

di Renzo Francescotti

È

figlio di Luciano Maranelli (trentino, originario di Marani di Ala, come suggerisce il suo cognome) e dell’austriaca Sylvia Lippitz il nostro Samuel, in arte Samutojj. Perché si è messo quel nome d’arte che suona un po’indonesiano? Vallo a sapere… Forse perché questo giovane artista trentenne – quanto meno stando ai suoi

AI CONFINI DELLA SURREALTÀ “SAMUTOJJ” DA OLTRE DIECI ANNI HA MATURATO LA SUA ESPERIENZA NEL CAMPO DELLA GRAFICA, DEL DESIGN, DELLA FOTOGRAFIA E DELL’ARTE. DALLO SPLATTER AL SANGUINOLENTO “FIABESCO”

Pork 1

lavori – un po’ strano, come vedremo, lo è. Nato a Rovereto nel 1985, tre anni dopo la sorella Viviana, diplomato al Liceo Scientifico della sua città natale, laureato in ingegneria ambientale a Trento, assunto in un’azienda che si occupa di pannelli solari, “lavora e sbirilla” – come scrive – a Santa Margherita di Ala, avendo lì “una figlia bellissima, Aurora”. Da oltre dieci anni ha maturaLa Palude

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to la sua esperienza nel campo della grafica, del design, della fotografia e dell’arte. Nel 2010 l’esordio a Trento e Rovereto e poi una serie di collettive e individuali in Trentino e fuori. Tra altro, nel 2011 ha realizzato un murales esterno a Barcellona; nel 2013 ha esposto alla WeArt Gallery, ad ArteBrescia, alla Biennale d’arte e alla Fiera di Bolzano; nel 2014 al Trentino Book Festival di Caldonazzo (assieme a Stefania Simeoni) e al Palazzo della Regione a Trento. Sin dall’adolescenza, Samuel disegna personaggi surreali, a matite, penne, gessetti, con sua madre pittrice che lo addestra nei “fondamentali”, senza mai forzare o prevarica-

re. Disegna per la gioia di inseguire il segno, maturando una perizia grafica basata sul solo bianco e nero, a mio avviso clamorosa. Il suo pittore di culto, Egon Schiele – dal tratto contornante, dal segno inconfondibile e dominante – lo scopre in un viaggio in Austria coi suoi genitori, in una mostra itinerante. Un’altra sua scoperta è un pittore italiano, il lucchese Arturo Carmassi, scomparso a 90 anni nel gennaio scorso. Di lui lo colpì un “giallo squillante”… Samuel ha 25 anni quando espone per la prima volta in una collettiva di pittori, alcuni dei quali sono addirittura più giovani di lui. Prosegue le sue esperienze con esibizioni di street art e graffit art, curate da Mario Cossali, Pierluigi Negriolli e Franco Spada. Ma, in ambiente studentesco, si diverte anche a creare loghi, locandine, magliette (dal 2009 è il designer ufficiale del CUS Trento, il Centro Universitario Sportivo per le annuali Facoltiadi). Utilizza anche l’informatic art, il web design e la fotografia, vincendo un premio con una sua foto. Insomma fa esperienza e si diverte. Vorrebbe raggiungere con i suoi lavori un tipo di pubblico che di norma non visita Mu-

Jacopo

sei e Gallerie, non frequenta i luoghi deputati all’arte, sentendosene in soggezione, reputandosi impreparato. E così (se Maometto non va alla montagna…) bisogna secondo lui raggiungere “l’uomo della strada” nei luoghi che frequenta. Ma all’uomo della strada gliene frega qualcosa dell’arte in genere e di quella moderna in particolare?


trentinobottegad’artista

Disturbi mentali

“Andiamo lì tra le gente a portare i nostri lavori, a parlarne con loro…”, è la risposta dei giovani come Samuel. Un giorno, il nostro “Samutojj” scopre Niccolò Ammaniti e ne rimane in qualche modo folgorato. Questa volta non si tratta di pittori come Schiele e Carmassi, ma di uno scrittore. Ammaniti, nato a Roma nel 1966, nel 2006 pubblica il romanzo “Come Dio comanda”, che l’anno seguente vince il Premio Strega, divenendo il caposcuola di quel gruppo di giovani scrittori che sono stati chiamati “Cannibali”, tra cui potremmo citare Enrico Brizzi, Aldo Nove, Isabella Santacroce… Sono scrittori paragonabili a quelli dell’Avantpop statunitense, all’insegna del pulp che contraddistingue i film di Quentin Tarantino, ovvero “fuordicrànio” (come dico io) per gli effetti più splatter, più sanguinolenti. Un genere di film e di libri che il vecchio Andrea Camilleri (un classico ormai…) ha rivelato di non sopportare, scrivendone nel suo racconto “Montalbano si rifiuta”. Viviamo in un mondo che invade le nostre abitazioni e i nostri cervelli, ogni giorno più spaventosamente. Che fare? Conviviamoci allenandoci, sembrano dire i registi o gli scrittori nominati. O anche: divertiamoci con il sanguinolento prima della catastrofe. Anche il nostro Samuel sem-

bra spaventato dal mondo in cui viviamo. Così negli ultimi anni, ha realizzato una serie di lavori allarmati. Nel 2013 una piccola opera (20 x 20) dal titolo “Far venir fuori le idee” in cui appare, in bianco e nero, un umanoide che si è sparato; il suo cervello è zampillato fuori dalla testa in uno stagno rosso scarlatto. Dello stesso anno e dello stesso piccolo formato è un immagine che mi ricorda quella dei “Cobra” olandesi, con un gatto dalla gola spalancata che inghiotte tutto. Del 2014 sono due quadri esposti durante il citato evento di Caldonazzo in cui, dopo tanti anni di astinenza, esplode il colore. Il primo, “Pork 1”, è una tela circolare a tecnica mista, alla fine ricoperta da una luminosa vernice plastificante, una tela grottesca e inquietante. La seconda, “Iacopo”, alta oltre un metro e larga mezzo metro in cui è dipinto un uccellaccio giallo (il giallo di Carmassi che colpì Samuel adolescente?), personaggio del romanzo inedito di Ammaniti, “Il libro italiano dei Morti”. Il libro che ha ispirato anche “Palude” ove una nera figura dagli occhi fosforescenti, sullo sfondo di una vegetazione che brucia, emerge da una palude di sangue bollente. Qualcuno (o molti, non so) potrebbe pensare che l’autore di questi lavori – tutti in ogni caso di magistrale bravura – sia destinato ad essere preso presto preso in consegna da uno “strizzacervelli”. Io penso invece che “Samutojj” ha bisogno di visitare questi paesi presidiati da paure e incubi (che son dentro e fuori in ognuno di noi), per imparare a conoscerli, per riuscire a esorcizzarli. Un po’ come i bambini che adorano essere spaventati con fiabe tenebrose per, alla fine, – come Hansel e Gretel – uscire dalla foresta dopo aver bruciato la strega. E sono o non sono gli artisti degli eterni fanciulli? ■

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trentinoaziende trentinoattualità VOLTI, ESPERIENZA E TABLET. OGGI SONO QUESTI GLI INGREDIENTI PRINCIPALI DI UNA COMPAGNIA ASSICURATIVA. ALLIANZ È AI PRIMI POSTI DEL MERCATO ITALIANO DELLE ASSICURAZIONI. ROBERTO CAMPANA LAVORA CON PROFESSIONALITÀ E PASSIONE NELLA STORICA AGENZIA DI TRENTO CITTÀ. ECCO COME VEDE L’EVOLUZIONE DEL MONDO ASSICURATIVO E DEL RAPPORTO TRA AGENZIA E CLIENTE

ABBONATI ALLA SERENITÀ di Nicola Tomasi

R

isparmio, protezione, previdenza, tutela. Forse si può partire da queste quattro parole per raccontare la pluriennale esperienza dell’agenzia assicurativa Allianz di Trento, una delle cinquanta che il colosso tedesco ha aperto in Trentino. Quattro parole che sono un rifugio per i risparmiatori, garanzia di serenità per chi affronta il mondo del lavoro o si deve destreggiare tra le mille insidie della vita famigliare. Ne parliamo con uno dei due soci fondatori dell’Agenzia di Via S. Francesco 8 a Trento, già conosciuta come sede del Lloyd Adriatico, Roberto Campana (l’altro è Francesco Maria Rugi). Gli chiediamo subito cosa cerca una persona quando si rivolge ad un’agenzia come la vostra? “In questi anni di congiuntura incerta, la gente domanda innanzitutto sicurezza, in tutti i campi. E poi, a fronte di una diminuzione della spesa, vi è un’impellente necessità di investimento alla quale noi rispondiamo con una o più delle nostre numerose soluzioni”. Roberto Campana, trentino, è nel set70

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tore da oltre trent’anni, proveniendo da una famiglia di assicuratori. Arriva ad Allianz nel 1995 portandosi dietro un bagaglio di esperienza considerevole, nonostante la giovanissima età, e alcune solide convinzioni che infonde subito nella sua idea di agenzia assicurativa. “Allianz in questi anni ha vinto la sfida della digitalizzazione. Grazie alle nuove tecnologie la Compagnia è in grado di avvicinarsi sempre più al cliente.

Ciononostante sono convinto che tutto questo anziché indebolire il rapporto umano, lo rafforza e lo esalta: con il risparmio di tempo, la semplificazione delle procedure”. Non per niente l’Agenzia di Trento incarna questo principio alla perfezione. Basta entrarci per capire come oltre che di numeri e di statistiche, sia composta da volti, quelli dei collaboratori esperti (Mauro, Carlo Maria, Giulio, Giulia e

83 MILIONI DI CLIENTI IN 70 PAESI

A

llianz è ai primi posti del mercato italiano delle assicurazioni e dei servizi finanziari e fa parte del Gruppo Allianz SE, il leader assicurativo mondiale, che ha sede a Monaco di Baviera e una forza di oltre 147mila persone al servizio di 83 milioni di clienti in 70 paesi. In Italia, Allianz S.p.A. ha circa 5500 dipendenti e fa leva su una forza vendita composta da 2.900 agenti, circa 22.000 collaboratori e 2.300 promotori finanziari. In Trentino Alto Adige, Allianz ha 74 agenti, 50 agenzie e gestisce un portafoglio di più di 150 milioni di Euro.


trentinoaziende

CHI È ROBERTO CAMPANA

N

ato nel 1965, ha due figli, Filippo e Pietro. Da sempre nel mondo assicurativo, è rappresentante regionale dell’Associazione agenti Allianz. È commissario del Corecom, Comitato provinciale per le comunicazioni. È presente anche nella vita sociale, associativa e politica. Ha avuto un’esperienza nel Partito Popolare Trentino, fa parte della Fondazione S. Vigilio di Ossana. È un grandissimo appassionato di barca a vela, disciplina che pratica regolarmente e che – a suo dire – insegna valori imprescindibili per la vita moderna, quali la sostenibilità. “La vela – dice – insegna a governare uno strumento complesso come una barca utilizzando le sole forze naturali e, quindi, il mondo”.

mente se stessi, cercare e trovare nel lavoro quell’autostima che è strumento indispensabile per una buona riuscita professionale”. E poi mettersi in gioco continuamente, essere lungimiranti, vedendo avanti di almeno cinque anni. Analizzare la società, studiarla. “Solo così sei in grado di fare il mercato. Altrimenti sei costretto a subirlo e basta. In questo, Allianz è un supporto indispensabile”. Il mondo assicurativo è in continua evoluzione. La già citata digitalizzazione può rivelarsi una marcia in più. “Solo però se

ALLIANZ AGENZIA TRENTO Viale S. F D’Assisi, 8 0461.981394 Mail: info@rcatrento.com Lunedì - Giovedì: 8:30-17:00 Venerdì: 8:30-12:30, 14:00-17:00 Sabato : Chiuso la si utilizza nella maniera giusta”, precisa Campana. “Sono tante le caratteristiche che fanno di un’Agenzia un’ottima Agenzia. Un preciso rapporto post-vendita, la capillarità, la presenza sul mercato, la velocità di liquidazione, l’esaltazione delle professionalità interne.” In tanti anni di esperienza nel mondo assicurativo, qual è la cifra dell’evoluzione di questa professione? “Un tempo, nemmeno troppi anni fa, il compito di un’assicurazione era quello di studiare un rischio e di tariffarlo. Oggi quello stesso rischio si cerca di evitarlo, assicurandolo”. Ecco allora che quella che un tempo pareva una distaccata agenzia di servizi, oggi è davvero un alleato del cliente, un sostegno, un socio in affari in quell’impresa articolata, affollata e maledettamente affascinante che si chiama “vita”. Allianz, appunto. ■

INFORMAZIONE PUBBLICITARIA

Alberto) e quelli del front-line (Elena, Carolina, Arianna, Silvana e Roberta). Uno staff nutrito di persone competenti ed affiatate, pronto a garantire la soddisfazione della clientela e la volontà di assicurare un servizio efficiente e puntuale in ogni settore. La capacità imprenditoriale di Roberto Campana e di Francesco Rugi ha portato in vent’anni a risultati che definire “considerevoli” equivale a volerli sminuire. Qual è dunque il segreto di questo successo? “Credo che il segreto sia innanzitutto quello di rimanere sostanzial-

INFO

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trentinoattualità

di Giada Vicenzi

CANTINE APERTE

SABATO 30 E DOMENICA 31 L’ULTIMO WEEK END DI MAGGIO, UN APPUNTAMENTO CHE SI SVOLGE IN CONTEMPORANEA IN TUTTE LE REGIONI D’ITALIA, PER SCOPRIRE LA CULTURA DEL VINO DIRETTAMENTE NEI LUOGHI DI PRODUZIONE.

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trentinocantineaperte

È

iniziato il conto alla rovescia per l’appuntamento più atteso nel panorama enologico trentino: l’ultimo week end di maggio (sabato 30 e domenica 31) torna “Cantine Aperte”, edizione numero 23, sempre per la regia organizzativa del Movimento Turismo del Vino. Un appuntamento che si svolge in contemporanea in tutte le regioni d’Italia e che mette in circolo ogni anno oltre un milione tra appassionati e enoturisti, portandoli a scoprire la cultura del vino direttamente nei luoghi di produzione. Per un’intera giornata i produttori aderenti al Movimento Turismo del Vino apriranno al pubblico le loro cantine e le loro campagne, per svelare tutta l’alchimia di tecniche e di saperi racchiusa dentro a una bottiglia di vino. “Cantine Aperte” è diventato ormai un appuntamento fisso anche in Trentino. Visitare le cantine del territorio è, infatti, il modo migliore per conoscere da vicino l’arte millenaria che dà vita agli straordinari vini trentini, un’occasione, sempre nuova e sempre diversa, per addentrarsi nella conoscenza dei migliori vini della nostra regione, accompagnati dalle guide più esperte e sincere che si possano trovare: i produttori. Ma “Cantine Aperte” rappresenta molto più che un itinerario di degustazioni; è, piuttosto, una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta non solo del vino, ma anche della grappa e dell’olio; in una parola, del territorio, a partire proprio dai suoi prodotti più tipici, quelli che meglio lo descrivono e lo rappresentano. La novità di quest’anno è il contest Bevi cosa Vedi, che abbina all’esperienza in cantina gli scatti su Instagram, coinvolgendo le

community di Instagramers di tutta Italia e premiando i migliori scatti che raccontino l’abbinamento vino e territorio. I programmi di “Cantine Aperte” sono ancora in fase di definizione (e per questo vi invitiamo a contattare le singole aziende), ma sappiamo che saranno venticinque le aziende trentine (tra centine, distillerie e frantoi) che apriranno i battenti ai visitatori l’ultimo week end di maggio. In questo articolo ve ne proponiamo qualcuna. Alla Cantina sociale Viticoltori in Avio, attiva dal 1957 e che ora annovera 450 soci e 700 ettari di vigneto coltivati, i prodotti di punta sono sicuramente il Pinot Grigio, ma anche Pinot Bianco, Chardonnay Marzemino, Lagrein, Pinot Nero e Trentino Rosso. Ma il vino più rappresentativo è sicuramente l’Enantio, quella particolare uva autoctona un tempo nota con il nome di “lambrusco a foglia frastagliata”. È proprio sul “progetto Enantio” che negli anni si è concentrato gran parte del lavoro dei Viticoltori in Avio. Perché è il vino autoctono di questa zona, da sempre presente in questo territorio anche per la sua “generosità” e per la sua resistenza ai patogeni della vite. È riuscito, infatti, a superare il nefasto periodo della fillossera e nel comune di Avio esistono ancora vigneti centenari a piede franco assolutamente da visitare. La Cantina di Avio produce Enantio dal 1996. Dallo scorso anno, dopo un lavoro certosino e vari aggiustamenti, è stata messa in commercio la versione “Riserva”, concepita per durare a lungo nel tempo. A questo vitigno i Viticoltori in Avio, in collaborazione con l’associazione storico-culturale Memores, hanno voluto affi73

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trentinocantineaperte dare anche un messaggio di memoria storica. Con l’inizio delle celebrazioni per il Centenario della Grande Guerra, hanno creato una linea di Enantio con 13 etichette speciali, disegnate dal professor Maurizio Cesarini: sei di esse raffigurano i soldati dell’Imperial Regio Esercito Austro-Ungarico, altre sei quelli del Regio Esercito Italiano, mentre una è dedicata alle vedove e agli orfani che patirono la lontananza e il lutto dei propri cari. La presenza di una personalità forte e attrattiva come quella dell’Enantio, unita alla suggestione storica merita sicuramente una nota in agenda, per programmare una visita e un assaggio. Alla Cantina Sociale Mori-Colli Zugna la produzione enologica va di pari passo con i concetti della sostenibilità ambientale. Fondata nel 1957 per iniziativa di 50 vignaioli della zona e composta oggi da oltre 700 soci conferitori, che coltivano circa 700 ettari vitati, la

Cantina Mori-Colli Zugna si è trasferita dal 2011 in una nuova struttura, quasi invisibile dalla strada, perché tutta ipogea, ossia realizzata sotto il livello del suolo. Sui due ettari di terreno che occupa l’immobile, la quasi totalità della copertura della cantina è stata realizzata con un tetto “verde”: in parte con vigneti, che ricostituiscono integralmente l’ambiente originario, in parte con semplice manto erboso, andando così “restituire” la cantina alla campagna. Per ricoprire il tetto, la cantina ha usato più di 6.000 vigne di un particolare clone, selezionato dalla Fondazione Mach: una varietà resistente che abbisogna di ridotti o nulli trattamenti anticrittogamici. Si tratta di un progetto ad alto risparmio energetico e a bassa antropizzazione del territorio. La cantina è dotata di un complesso sistema di utilizzo razionale dell’acqua, che ha permesso di ridurre i consumi del 70%. L’acqua, calda o fredda, è assicurata da dodici sonde geotermi-

che, che per tutto l’anno riscaldano e rinfrescano l’area degli uffici e dei laboratori. Sul tetto della cantina sono in funzione anche una serie di pannelli fotovoltaici. È una cantina che merita sicuramente una visita, non solo per vedere da vicino l’insolita struttura, ma soprattutto per assaporarne gli ottimi vini (Marzemino, Lagrein, Pinot Nero, Müller Thurgau, Traminer Aromatico, Sauvignon e molti altri) e la giornata di “Cantine Aperte” rappresenta sicuramente un’ottima occasione. Chi sceglie di visitare la Cantina Sociale di Isera non potrà non assaggiare un bicchiere (o anche più di uno) di Marzemino: sicuramente il vino simbolo di questa parte della Vallagarina. Celebrato da Mozart nel suo “Don Giovanni”, il Marzemino ha trovato l’habitat ideale proprio sulle colline di Isera, dove raggiunge la massima espressione qualitativa grazie ai terreni che conferiscono alle uve, e

quindi al vino, una struttura e un bouquet eccezionali. Il Marzemino è uno dei “gioielli” della Cantina Sociale di Isera, cantina dalla tradizione ormai centenaria, ma che ha saputo rinnovarsi con intraprendenza. Dalla scelta dei nuovi impianti sino al controllo sistematico dell’intero ciclo vegetativo, tutto è seguito e controllato rigorosamente, al fine di ottenere una produzione viticola di alta qualità.

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trentinocantineaperte trentinoattualità A nord di Trento un altro caposaldo della vitienologia trentina è rappresentato dalla Cantina Mezzacorona, forte di 110 anni di storia, e oggi realtà composita che segue tutta la filiera produttiva, dalla campagna al consumatore, capace di raggiungere ben 60 paesi del mondo con i suoi marchi ormai conosciutissimi. Una struttura efficiente e organizzata, che trae forza dalla tradizione e dalla cultura di un popolo, quello trentino, abituato a convivere con un ambiente bellissimo ma difficile, da armonizzare con delicatezza. I 1600 viticoltori associati curano i pendii

vitati delle vallate del Trentino e dell’Alto Adige, in tutto 2.800 ettari di vigneto (cui si aggiungono altri 1000 ettari in Sicilia nelle aziende a marchio Feudo Arancio), in maniera artigianale e paziente, nel pieno rispetto della salvaguardia dell’ambiente e dei criteri di sostenibilità. Primo produttore italiano di Pinot Grigio, Chardonnay, Gewürztraminer, Teroldego e Lagrein, Mezzacorona è al primo posto anche per la produzione di spumante Metodo Classico Trento Doc con il marchio Rotari. Oltre a queste, le principali varietà coltivate sono Müller Thurgau, Lagrein, Marzemino,

Sauvignon, Pinot Nero, Nosiola, Merlot, Schiava. Ma è il Teroldego Rotaliano il simbolo di Mezzacorona, di cui annovera tre eccellenti versioni: il Castel Firmian, la Riserva e il vertice assoluto, il Nos. E allora “Cantine Aperte” è l’occasione giusta per assaporare preziosi sorsi di quello che, senza esagerazione alcuna, è considerato il vino “principe” del Trentino. “CANTINE APERTE” IN TRENTINO: Azienda agricola Barone de Cles, Azienda agricola Mas dela Fam, Azienda agrico-

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la Carlo Bleggi, Borgo dei Posseri, Cantina Aldeno, Cantina LaVis e Valle di Cembra, Cantina sociale Mori Colli Zugna, Cantina sociale Roveré Della Luna, Cantina sociale Trento, Cantine Ferrari, Distilleria Bertagnolli, Distilleria Marzadro, Distilleria Segnana, Endrizzi Casa vitivinicola, Frantoio Bertamini, Azienda vinicola Gaierhof, Madonna delle Vittorie, Maso Cantanghel, Maso Poli, Maso Toresella di Cavit, Mezzacorona Rotari, Moser, Pedrotti Spumanti, Cembra cantina di montagna, Vivallis. ■


trentinobirrificitrentini di Giada Vicenzi

BIRRA ARTIGIANALE TRENTINA: E SAI COSA BEVI... UN ITINERARIO ESCLUSIVO ALLA SCOPERTA DI ALCUNI BIRRIFICI ARTIGIANALI DEL TRENTINO, PER CONOSCERE UN SETTORE CHE, È PROPRIO IL CASO DI DIRLO, È IN CONTINUO E INTERESSANTE... FERMENTO!

A

gli italiani piacciono le bionde. Ma anche le luppolate, le «doppio malto», le non filtrate. Purché siano made in Italy, o meglio ancora: made in Trentino. Insomma, non è più necessario andare in Germania per assaporare un’ottima birra artigianale. Ci sono in Trentino tanti piccoli birrifici che mantengono viva questa antica tradizione. E con risultati straordinari, visto che in poco tempo quello della birra artigianale si sta rivelando un settore sempre

più vivace e interessante nel comparto dell’agroalimentare. Si tratta di realtà aziendali piccole, o addirittura piccolissime, guidate da persone giovani e dinamiche che hanno deciso di tornare a scommettere sulle birre artigianali, fatte di ingredienti di prima qualità, dedizione e pazienza. «Date a un uomo una birra e ci perderà un’ora. Insegnategli a farsela da sé e ci perderà una vita intera», recita un sito di home brewing. E se parli con loro, con i produttori, quasi tutti

Matteo del birrificio Barbaforte

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trentinobirrificitrentini trentinoattualità

CEREVISIA, IL FESTIVAL DEI BIRRIFICI ARTIGIANALI. A FONDO, 22, 23 E 24 MAGGIO

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erevisia malorum divina medicina”, ovvero, la birra rimedio divino contro tutti i mali, diceva Paracelso nel XVI secolo. Bevanda dalla storia millenaria, la birra è una delle più diffuse e antiche bevande alcoliche al mondo. Anche in Trentino, fino alla metà del secolo scorso, era pratica comune produrla in casa, per la famiglia e per la vita contadina. Ma era diffusa anche l’esistenza di piccole birrerie, dove il mastro birraio ricopriva sia il ruolo di produttore, che quello di oste. Un fenomeno, quello della birra artigianale, che dopo una parentesi di interruzione, è rinato in Italia e in Trentino da circa 15-20 anni. Ed è proprio per celebrare questi birrai, che hanno voluto riscoprire i tradizionali metodi di produzione, la cura e la scelta nelle materie prime, l’attenzione nei processi produttivi, pazientando e lasciando alla birra il tempo necessario per maturare, che dal 2014 è nato “Cerevisia”, il festival delle birre e dei birrifici artigianali del Trentino. Il festival si svolge a Fondo, in Val di Non, da venerdì 22 a domenica 24 maggio. L’idea è quella di raggruppare assieme birre e produttori, per farli conoscere al pubblico di appassionati attraverso degustazioni, incontri, tavole rotonde, laboratori per conoscere al meglio la birra e il mondo affascinante che le ruota attorno. Si parte venerdì 22 maggio, con una cena di più portate che propone interessanti abbinamenti tra cibo e birra. La birra non sarà solo bevanda di accompagnamento, ma verrà utilizzata anche nella preparazione dei piatti. Dopo la cena ci sarà l’apertura ufficiale degli stand per le degustazioni e la serata si concluderà in musica. Le giornate di sabato 23 e domenica 24 maggio avranno lo stesso format, con la possibilità di assaggiare le birre artigianali agli stand dei produttori e di partecipare ai laboratori con la presenza di docenti Slow Food di Trento e Bologna. Sarà un’occasione per imparare tecniche e segreti di produzione della birra artigianale. Come lo scorso anno una giuria di esperti nazionali assegnerà il premio alla migliore birra trentina 2015. Quest’anno vi prendono parte 13 birrifici artigianali: Birra Pejo, BioNoc’, Rethia, Maso Alto, Teddy Bier, Birra di Fiemme, Carador, Birra del Bosco, Melchiori, Birrificio Val Rendena, Barbaforte, Birrificio indipendente Ritagliano e Birrificio Clesium. Cerevisia è organizzata da Pro Loco Fondo e Apt Val di Non, con la partecipazione del Comune di Fondo, della Provincia Autonoma di Trento, Slow Food Terre del Noce, Strada della mela e dei sapori, Strada del Vino Trentino, Strada dei formaggi delle Dolomiti, Cassa Rurale Novella Alta Anaunia e dei marchi Val di Non e Trentino. Per ulteriori informazioni: www.cerevisiafestival.com

hanno iniziato così: per passione. È così che è nato il progetto del birrificio Barbaforte di Folgaria: passione, maturata nel tempo, di assaporare e brassare birra artigianale. «Nati come molti da esperimenti casalinghi – racconta il birraio Matteo – dopo 9 anni abbiamo deciso di produrre le nostre creazioni, inizialmente solo per il nostro locale e poi anche per altri». Il nome scelto si ispira a una delle grandi passioni del birraio per la radice di rafano (cren), chiamata appunto barbaforte. «Le nostre birre – prosegue Matteo – sono tutte non pastorizzate e non filtrate, contengono quindi lieviti vivi che donano profumi e sapori che raramente si possono sentire nelle birre industriali. Usiamo il luppolo come unico conservante naturale, il risultato è una bevanda piena di profumi e aromi complessi. Per il futuro l’idea è di legarsi sempre più al territorio, utilizzando, almeno in parte, malti, luppoli e spezie coltivati nelle nostre terre». La prima nata in casa Barbaforte è “San Lorenzo”, ispirata alle Golden Ale inglesi e pensata per avvicinare alla birra artigianale chi è abituato a bere quella industriale. Il nome è quello del patrono di Folgaria, ma anche della

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Cerevisia. Festival delle Birre Artigianali. Seconda Edizione 22.23.24maggio2015 Fondo(Tn)_Palanaunia

produce una birra artigianale fatta con molta passione e molta cura. La prima birra prodotta nello stabilimento è stata chiamata Fravort Fresh Beer, in omaggio a uno dei monti più conosciuti della zona. Accanto a birre a bassa fermentazione, come la Birra Valsugana e la Fravort, l’azienda produce anche alcune birre speciali ad alta fermentazione, come la Rossa del Brenta e la Bionda del Brenta. Gli ingredienti, anche in questo caso, sono di prima qualità e il più possibile locali: l’acqua leggera delle sorgenti del Lagorai, il malto d’orzo distico, acquistato direttamente dalle malterie artigianali, le diverse varietà di luppoli provenienti da vari paesi di produzione e lieviti esclusivi. Genuine e naturali, prive di additivi chimici, le birre di Valsugana Birra si trovano nei locali di diverse zone d’Italia: dal Veneto alla Campania alla Toscana, da Roma a Milano. Dallo scorso anno è stato aperto un canale di esportazione anche oltreoceano, in America e Australia. Scrivevamo in apertura che quella dei birrifici artigianali in Trentino è una realtà vivace e

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piazza dove si trova il locale di Matteo e famiglia. Poi c’è “Obice”, ispirata alle Indian Pale Ale americane, più impegnativa e decisa, con una nota amara in chiusura. Il nome rievoca l’obice, un cannone utilizzato durante i conflitti, e quindi l’amarezza della guerra. La terza birra, “Abete”, si ispira alle Extra Special Bitter inglesi. Chiamata così perché con il suo colore ricorda la corteccia dell’abete rosso. Ed è in arrivo “Quadro”, la quarta birra, che sarà pronta a giugno, su ispirazione delle Saison belghe, con l’utilizzo di spezie fra cui coriandolo, radice di genziana biologica del Monte Baldo e rafano fresco. Il nome è stato scelto perché i 4 lati del quadro che verrà rappresentato in etichetta, ricordano le quattro stagioni. Saison, appunto, stagione Scendendo da Folgaria e arrivando in Valsugana, a Ospedaletto si incontra un’altra realtà che ha fatto della produzione e della vendita – in tutta Italia e all’estero – della birra artigianale il suo punto di forza: Valsugana Birra. Emanuele Perrella dalla fine del 2010 è amministratore unico di questo birrificio che

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Emanuele Perrella di “Valsugana Birra”

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La birra artigianale

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aperta alle novità. Il birrificio BioNoc’ ne è la dimostrazione lampante. Progetto birraio di nuova concezione che ha preso forma a Mezzano, nel Primiero, BioNoc’ è guidato da Nicola Simion e Fabio Simoni, due giovani soci con una grande passione per la birra. A una condizione: che sia artigianale, fatta con cuore e consapevolezza. Ed eccoli, quindi, con orgoglio, pronti a servire al pubblico nuove birre dai gusti inaspettati, piene di quella passione che nel 2009 li ha spinti a intraprendere questa avventura. «La nostra filosofia – raccontano – è quella di produrre birra così come è nata, non filtrando e non pastorizzando, per mantenere inalterate le caratteristiche organolettiche dei nostri prodotti». Al momento il birrificio BioNoc’ produce circa 650 ettolitri di birra all’anno, declinati in dieci diversi tipi di birre: Staiòn, Alta Vienna, Lipa e Nociva, cui di recente si sono aggiunte GoldonAle, La Guana, 100% Primiero (con orzo e luppolo primierotti, quindi totalmente a km zero), Bio Lupo, Mengose e Vai Serena. Birre la cui qualità è stata affermata da due importanti riconoscimenti: la medaglia d’oro a Cere-

visia 2014 e il quinto posto alla manifestazione Birra dell’anno 2015 di Rimini, nella categoria “Scure alta fermentazione e basso grado alcolico”. Insomma, BioNoc’ è attualmente il birrificio artigianale più premiato del Trentino. Ma non si fermano alla produzione della birra Fabio e Nicola e in questi mesi stanno lavorando a un progetto ambizioso: trasformare il Trentino nella regione più importante d’Italia per coltivazione di luppoli biologici e produrre birra con ingredienti locali bio, smarcandosi dall’importazione estera. Il recupero della tradizione è alla base della filosofia che dal 1999 guida Birra Fiemme. Stefano Gilmozzi, il titolare, ha riscoperto quella che negli anni passati era una tradizione della valle di Fiemme, ovvero la produzione di birra artigianale, rappresentata in valle dagli storici birrifici di Predazzo e Fontanefredde, che utilizzavano cereali locali e il luppolo che cresceva lungo l’Avisio. «Da noi le birrerie c’erano – racconta Stefano – e con esse le ricette per fare ottime birre: credo nell’importanza di riscoprire queste cose, gran parte del mio mestiere sta nella ricerca dei malti e dei


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Stefano Gilmozzi del Birrificio Fiemme con la famiglia nel loro campo di orzo

luppoli giusti per produrle». Dopo un periodo di apprendistato in Germania, Stefano Gilmozzi cominciò a produrre la sua birra. Nel primo periodo lavorò a Cavalese e nel 2006 di trasferì a Daiano. Dal 2010 il figlio Michele lo affianca in questa attività. La famiglia Gilmozzi coltiva da sé l’orzo (nel veronese) e il luppolo (a Masi di Cavalese): «Circa l’80-90% delle materie prime sono di nostra produzione – conferma Stefano –. Ovviamente, l’acqua pura di alta montagna è la base fondamentale». La produzione annua si aggira sui 1.300 ettolitri suddivisi in cinque tipi di birra, più

una stagionale. Flaimbier, la birra di Fiemme, dissetante, con un tenue aroma di luppolo, Larixbier, dalle note corpose ma non amare, che prende il nome dal larice per il suo colore rosso, e la Weizen. La ricostruzione storica è poi alla base di birre come Lupinus, dove l’ingrediente caratteristico è una particolare varietà di lupino, coltivato ad Anterivo, che si usava come surrogato del caffè, e la Nòsa, che utilizzando un’antica tecnica di tostatura del malto, luppoli forti come quelli selvatici della Val di Fiemme e lieviti ad alta fermentazione, ripropone il gusto della birra

prodotta più di un secolo fa nella birreria di Predazzo. Nel periodo invernale si trova la Birra di Natale, morbida e speziata. È forte il richiamo alle tradizioni del passato anche per il Birrificio Val Rendena, che sebbene relativamente recente (è nato nel 2012) custodisce e ripropone tradizioni antiche. Alla base c’è l’idea dei gemelli Paolo e Claudio Collini (classe 1988) di provare a cimentarsi in quell’attività affascinante, che impegnava i loro nonni ad ogni inverno e primavera. In quelle valli montane dove la vite non cresce, ogni famiglia era solita prodursi la birra per uso domestico. I primi esperimenti di Paolo e Claudio andarono bene, il prodotto era buono e apprezzato ed ecco l’idea di mettersi in società. Lo scopo che li guida è quello di produrre vera birra di montagna: «Vera perché la birra del birrificio Val Rendena è prodotta senza l’uso di sostanze chimiche, senza stabilizzanti, senza l’aggiunta artificiale di anidride carbonica, non è pastorizzata né filtrata ma fatta solo con materie prime di elevatissima qualità nel più rigoroso rispetto della tradizione. Di montagna, perché il sapore della nostra birra deve evocare la terra in cui è prodotta e le sue

materie prime: soprattutto l’acqua pura delle sorgenti delle Dolomiti di Brenta. È anche un modo per far capire che la nostra birra è proprio come la gente e il territorio di montagna: non solo buona ma anche genuina, schietta, che non lascia mezze idee in bocca quando la si beve!». La produzione del birrificio Val Rendena ruota attorno a quattro birre: Helles Tradition, una chiara a bassa fermentazione nello stile delle Hell bavaresi, Lager Vienna, a bassa fermentazione prodotta nello stile europeo delle Dark Lager, Weizenbier, birra di frumento ad alta fermentazione nello stile delle Bayrische Weizen, e la Bira da l’ors, birra speciale prodotta seguendo l’antica ricetta del nonno di Claudio e Paolo, con ricercate tipologie di malti d’orzo e pregiate qualità di luppoli. Per finire, la birra di Natale, una rossa morbida da abbinare ai dolci delle feste. Se leggendo l’articolo vi è venuta voglia di dissetarvi con un bel boccale di birra artigianale, il posto più indicato per farlo è sicuramento L’angolo dei 33 alla Vela a Trento. Una volta entrati, vi accoglierà Paolo Cereghini, titolare del locale nonché profondo conoscitore delle birre artigianali, non solo del Trentino e dell’Italia, ma

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Coltivazione di luppolo in Val di Fiemme

di tutti gli angoli del mondo. Sin dalla sua apertura, nell’ottobre 2013, il locale ha concentrato la sua proposta sulle birre artigianali. Le birre in selezione alle spine (6 classiche e 2 per la spinatura all’inglese senza CO2) vengono personalmente selezionate da Paolo Cereghini. Le spine non sono fisse, ma sono tenute in continua rotazione, in modo da offrire al cliente una scelta di birre sempre nuove e diverse. Accanto alle birre alla spina,

vastissimo è l’assortimento di birre in bottiglia, davvero insolite e sperimentali. Se si è indecisi su quale birra ordinare, non c’è problema: Paolo è lì apposta per spiegare le caratteristiche organolettiche di ciascuna birra, ma anche la storia, il tipo di produzione… insomma, il perché di certi sapori. «È così – racconta Paolo – che i nostri clienti un po’ alla volta si sono abituati anche a sapori non proprio facili, come le birre acide del Belgio e della

Germania». La clientela, in effetti, è cresciuta parecchio ed è anche per questo motivo che Paolo Cereghini ha deciso di traslocare da Corso Buonarroti, dove era prima, alla Vela, in un locale più spazioso, che ospita anche un ristorante. Ma torniamo alle birre artigianali trentine. In questo settore, infatti Paolo Cereghini ha messo in piedi delle collaborazioni ad hoc con alcuni produttori locali, a cominciare dal birrificio BioNoc’, con la birra Jesus Christ. Dal prossimo settembre nuovi e interessanti progetti partiranno anche con altri birrifici artigianali trentini. LE ORIGINI DELLA BIRRA: TRA STORIA, LEGGENDA E MISTERO Nessuno può affermare con precisione dove e quando sia nata effettivamente la birra: alcuni sostengono che la prima fermentazione, sicuramente casuale, di un cereale miscelato con l’acqua, sia avvenuta in Mesopotamia, altri in Egitto, altri nelle iso-

le Orcadi e altri, addirittura, nell’isola di Malta. Indagini e studi archeologici sembrano, però, confermare come molti popoli diversi sfruttarono largamente la fermentazione di cereali per produrre bevande che fossero ristoratrici, grazie al loro moderato contenuto di carboidrati e di alcol, e oltremodo salutari per il loro apporto di vitamine e di sali minerali. È certo che fu la Mesopotamia a rivestire un’importanza fondamentale nella storia antica della birra, in quanto furono i Sumeri a codificare, oltre 5000 anni fa, il metodo di produzione e a istituire la professione del mastro birrario. In Mesopotamia, infatti, già in quel tempo antico, si potevano degustare svariate tipologie di birre: chiare, rosse, scure, aromatizzate, forti e leggere, alcune delle quali prodotte addirittura usando anche cereali diversi all’orzo. A Babilonia, anche il famoso imperatore Hammurabi, in un paragrafo all’interno del celebre codice, regolamen-

info@biereparaise.eu www.biereparaise.eu ” La “biereparaise to si e m si propone co di e-commerce ra, del prodotto bir ” o meglio “biere La nostra selezione è vincolata solo alle sensazioni che una certa “biere” può donarci, al piacere di una Pausa che si meriti questo nome, una selezione di “biere” che di tanto in tanto sarà aggiornata, per regalarci diverse esperienze di gusto. Se ti sembrano poche, lasciati trasportare dai pensieri che le caratterizzano per un’altra esperienza birraia e... provale tutte!!

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trentinobirrificitrentini ta il comportamento delle ostesse (solo le donne, infatti, potevano vendere la birra) nel commercio della birra, e alcuni studiosi, sulla base di precise indagini archeologiche, ritengono che solo nel mercato di Babilonia si potessero reperire addirittura una ventina di tipi di birra diverse. Presso i Babilonesi la birra assumeva un’importanza religiosa e rituale in occasione dei funerali, durante i quali veniva consumata come rito propiziatorio in favore del defunto; mentre nel pantheon babilonese, Ishtar, la dea della vita, traeva la sua potenza creatrice proprio dalla bionda bevanda. Furono, però, gli Egiziani a far conoscere questa bevanda agli altri popoli orientali i quali, a loro volta, la portarono nel bacino del Mediterraneo. Anche nell’antico Egitto la birra rivestiva un ruolo fondamentale nell’alimentazione come nella religiosità: addirittura i bambini, fin da piccoli, venivano abituati a bere birra, considerata un rimedio a metà tra il nutrimen-

to e la medicina. Gli stessi faraoni producevano birra in fabbriche artigianali di loro proprietà, come testimonia un’iscrizione in caratteri geroglifici rinvenuta all’interno di una piramide. Non da meno degli Egizi erano gli Ebrei che nei loro testi sacri (Deuteronomio e Talmud) parlano già della birra. Anche a proposito della festa degli Azzimi, gli Ebrei ricordano che durante la fuga dall’Egitto veniva consumato pane senza lievito e un particolare

tipo di birra, che ancora oggi è protagonista dell’annuale festa del Purim. Diversa la situazione nella Grecia classica, dove padrone incontrastato delle mense era, ovviamente, il vino, prodotto in gran quantità a differenza della birra la cui produzione era pressoché inesistente. I Greci, però, la importavano copiosamente dall’Egitto, dalla Fenicia e, naturalmente, da Babilonia. E la birra, per la sua leggerezza, divenne ben presto addirit-

tura la bevanda ufficiale dei giochi Olimpici della classicità. Durante i giochi, infatti, si proibiva agli atleti l’uso del vino e, quindi, la palma di bevanda alcolica per eccellenza spettava alla birra che, guarda caso, veniva abbondantemente consumata anche in occasione delle festa sacre dedicate a Demetra, dea delle messi e dei cereali. Dal bacino del Mediterraneo l’arte della birra si sviluppò nell’Europa del nord e in tutto il resto del mondo. A far arrivare l’orzo, ingrediente fondamentale per la preparazione della birra, in Italia, ci pensarono gli Etruschi con i loro commerci. La birra era molto utilizzata anche nell’antica Roma, tant’è che l’imperatore Diocleziano fissò, addirittura, il prezzo massimo dei tre tipi di birra allora in commercio. DAL MEDIOEVO, L’IMPIEGO DEL LUPPOLO NELLA PRODUZIONE Con l’avvento dei ‘secoli bui’, l’arte di produrre birra fu salvaguardata e migliorata nei

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monasteri, piccoli e operosi centri nei quali i monaci cominciarono ad impiegare varie sostanze naturali per aromatizzare la bevanda, tra cui la mirica, il rosmarino, l’alloro, la salvia, lo zenzero ed infine il luppolo. Quest’ultimo ingrediente, ancora oggi usato per la produzione della birra, fu introdotto tra l’VIII e il IX secolo, presumibilmente ad opera dei monaci del convento di San Gallo in Svizzera. TEMPI MODERNI Nel nostro Paese la prima fabbrica di birra nacque nel 1789 in Piemonte e appena pochi anni dopo, nel 1814, Vittorio Emanuele I introdusse la prima tassa di fabbricazione sulla birra. Nel 1848 fu realizzata la prima pubblicità di una birra italiana che fece pubblicare sulla Gazzetta Piemontese un’inserzione a pagamento per reclamizzare la sua “birra di Marzo”. Alla fine dell’Ottocento in Italia operavano 150 fabbriche di birra, con una produzione di circa 150 mila hl. MITI E RITI LEGATI ALLA BIRRA In materia di superstizione legata alla birra, è curioso quanto succede nei paesi del Nord Europa, specialmente in Norvegia. I contadini di quella terra, infatti, produ-

cevano nei loro casolari due tipi diversi di birra, una più leggera da consumarsi nei mesi estivi e una più forte per le feste di Natale, i matrimoni, le nascite e i funerali. La birra destinata alle esequie veniva preparata proprio dagli anziani, che lavoravano il malto per quella bevanda che sarebbe stata offerta, dopo la loro morte, a parenti e amici per un ultimo brindisi alla loro memoria. Poteva, addirittura, capitare che il rito funebre slittasse di qualche giorno fino a fermentazione avvenuta! Per secoli la produzione della birra è rientrata tra le comuni attività domestiche, di cui si occupavano sia donne che uomini. Nel caso in cui la fermentazione si rivelasse piuttosto difficoltosa, venivano posti sui tini capi di biancheria maschile. Sempre a proposito di donne, era molto diffusa la credenza che, in particolari giorni del ciclo, queste esercitassero influenze negative sul lievito, mettendo a rischio la buona riuscita della fermentazione. Le tradizioni legate alla produzione della birra, molto spesso, si intrecciano con le leggende sugli spiriti maligni. Nei paesi nordici, infatti, si credeva che dai quattro angoli del locale in cui si preparava la birra, spiassero spiriti maligni che andavano


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Paolo Cereghini de “L’angolo dei 33”

‘esorcizzati’ con abbondanti spruzzi di mosto e birra. Di notte, inoltre, si lasciava nei locali di produzione il gatto di casa, con il compito di mettere in fuga il più malvagio e dispettoso degli spiritelli, il temutissimo Okorei, che rubava la birra e faceva inacidire quella che non riusciva a portarsi via. Molto diffusa anche la credenza secondo la quale non si doveva, in alcun modo, “spaventare” il lievito sbattendo porte o facendo

vibrare i pavimenti di legno delle case. In realtà, questa superstizione popolare nasce da una constatazione di natura squisitamente empirica: perché il lievito si depositi e la fermentazione avvenga regolarmente, infatti, bisogna davvero evitare ogni minimo scuotimento del mosto e, addirittura, anche la minima corrente d’aria. Anche il Trentino Alto Adige è ricco di storie, tradizione e credenze legate alla birra.

La più diffusa riguarda la maturazione della bevanda e la sua prima degustazione. Una volta pronta la birra, infatti, si riteneva di doverla bere soltanto in stato di buon umore perché l’umore si trasmette alla bevanda e il malumore non si addice alla festa. Inoltre, per non rendere fiacca la birra bisognerebbe berla in piedi e perché risulti limpida e di bell’aspetto la prima degustazione va fatta in direzione del sole e guai a girarsi dall’altra parte: in agguato ci sono i soliti spiritelli e la birra inacidirebbe subito! Un’altra occasione in cui la schiumosa bevanda aveva una parte davvero importante era all’inizio dei lavori nei campi, dopo il gelo dei mesi invernali. Come rituale propiziatorio per una nuova stagione provvida di messi, i contadini sacrificavano grandi quantità di birra che irroravano i campi e ne bevevano a loro volta, a turno, da un unico grande boccale. Solo a seguito di tale rituale si poteva dare avvio all’aratura e pratiche analoghe si

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ripetevano al momento del raccolto, della trebbiatura e della nuova semina. In Alto Adige il consumo pubblico della birra avveniva soprattutto in locande contrassegnate in genere da rami di pino o di abete appesi sopra la porta d’entrata e immediatamente riconoscibili anche dai forestieri. Non aveva tutti i torti Goethe quando scriveva: «conoscere i luoghi vicini o lontani non vale la pena, non è che teoria; saper dove meglio si spini la birra è pratica vera, è geografia!». ■

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di Fabio De Santi

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ono due gli appuntamenti di maggio a Rovereto che avranno come protagonista, seppure in forme diverse, Massimo Zamboni chitarrista prima dei Cccp e poi dei Csi. Il nome del musicista emiliano è inserito infatti nel cartellone di “Breviario Partigiano. Immagini e suoni per il settantesimo anniversario della Resistenza” organizzato dall’Anpi Rovereto – Vallagarina, insieme al Nuovo Cineforum Rovereto e ai ragazzi dello SmartLab location che ospita tutti gli eventi. Martedì 5 maggio, alle 21, verrà proiettato il film di Federico Spinetti “Il nemico – un breviario partigiano”. Al centro c’è Massimo Zamboni e intorno a lui c’è la sua storia musicale, quella della sua famiglia, quella della sua terra. E poi c’è la Resistenza partigiana: le sue rappresentazioni, la memoria, i valori. Sono ancora vivi? Un film che intreccia la ricerca musicale con la storia personale di Massimo Zamboni, tragicamente segnata da uno sparo. Ed è proprio a quel momento della sua vita che si riferisce il titolo del suo nuovo libro “L’eco di uno sparo” appena uscito

BREVIARIO PARTIGIANO MASSIMO ZAMBONI, CHITARRISTA PRIMA DEI CCCP E POI DEI CSI, NEL CARTELLONE DI “IMMAGINI E SUONI PER IL SETTANTESIMO DELLA RESISTENZA” per Einaudi al centro del reading concerto di martedì 19 maggio alle 21.30. Al fianco di Zamboni, fra note e letture del libro (chitarra elettrica, acustica e voce) ci saranno anche Emanuele Reverberi (violino, sax) e Cristiano Roversi (stick bass, basso e synths). La storia è lineare solo quando scegliamo di raccontarla cosi, ma a uno sguardo più attento gli eventi si sovrappongono in un ordine che non è quello cronologico. La vicenda personale di Massimo Zamboni è segnata dal suono di uno sparo, il cui eco è divenuto il punto di partenza e di arrivo per questo viaggio musicale che parte dalla Resistenza e che si allarga progressivamente come un cerchio

nell’acqua. Su queste pagine di un libro definito come “un memoir, un’indagine, ma soprattutto un canto appassionato in nome di tutte le creature” Zamboni ha raccontato: “Questa è la storia di mio nonno Ulisse e dei suoi sparatori che si spararono tra loro. Il racconto di ciò che ha innescato quei colpi in canna, e di ciò che è stato dopo. L’eco di uno sparo non si acquieta mai”. In questo libro Massimo Zamboni affronta la storia più dolorosa e rimossa della sua famiglia e si ritrova fra le mani il volto sfinito di un intero Paese, col suo eterno ripetersi di soprusi e di vendette. “Quanti anni di ricerca e scrittura per arrivare a questo libro – ha raccontato il musicista - Pen-

sarli a ritroso, sembra impossibile. Eppure il libro è qua. Ben rilegato, un’eccellente copertina e - soddisfazione nella soddisfazione - il logo Einaudi Supercoralli sulla costa”. Un’occasione, quella data dal reading concerto, per incontrare ed ascoltare un artista che ha iniziato il suo percorso musicale all’inizio degli anni ’80 sull’asse Berlino – Carpi al fianco di Giovanni Lindo Ferretti con i Cccp Fedeli alla Linea gruppo fondamentale per il punk tricolore. Poi dopo l’avventura del Csi (Consorzio Suonatori Indipendenti) per lui il nuovo millennio ha portato dischi come Sorella Sconfitta, L’inerme è l’imbattibile e Solo Una Terapia accanto ad Angela Baraldi. ■

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astel Pergine Valsugana in Trentino presenta dal 18 aprile all’8 novembre 2015 le sculture dell’artista tedesco Robert Schad. Questa è la sua più grande mostra in Italia, ed è curata da Theo Schneider e Verena Neff con la collaborazione di Riccardo Cordero. Robert Schad è nato nel 1953 a Ravensburg ed è tra gli scultori che lavorano l’acciaio uno dei più famosi a livello europeo. Delle sue opere a grande scala si trovano a Stoccarda, Mannheim, Brema, Mosca, Kathmandu, Belo Horizonte, Besançon, Fatima e Berlino. Ha esposto a Barcellona, Lisbona (1986), Madrid (1987), Karlsruhe (1989), Duisburg (1990), Mannheim (1993), Budapest (1995), Rio de Janeiro e São Paulo (1996),

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PIÙ VICINI AL CIELO A CASTEL PERGINE, LA MOSTRA ANNUALE: “GRAVITÀ SOSPESA (TANZ_5)”, LE SCULTURE DI ROBERT SCHAD, DAL 18 APRILE ALL’8 NOVEMBRE Porto (1997), Praga (2006), Francoforte (2009)... Castel Pergine presenta venti sculture negli spazi esterni ed interni ed alcuni disegni. Quasi metà dozzina sono state create appositamente per questo sito. “TANZ_5” (Danza n. 5) è la quinta stazione della tournée europea che ha soggiornato in forma modificata a Altshausen (D), Heidelberg (D), Linz (A) e Landshut (A) e sarà ampliata per il 2016 quando si esibirà in sette luoghi storici a Finisterre in Bretagna. Tutti i lavori di Schad sono in acciaio, il materiale delle armi e delle macchine. Nonostante la loro pesantezza ed immobilità costruttiva conferisce a loro una sensazio-

ne di leggerezza ottica e una movimentazione articolata. Trialogando con l’ambiente montano e l’architettura cruda del complesso castellare medievale si è creato una coreografia scultorea, un palcoscenico di un teatro in acciaio che invita l’osservatore a partecipare nel cerchio degli attori scultorei. Roberto Schad dice: “Pergine è un luogo speciale... La bellezza austera e la sterilità sono la patria ideale per i miei abitanti in acciaio a tempo determinato. Proprio qui è particolarmente tangibile l’apparente leggerezza delle pesanti forme. Alcune sculture sembrano voler spiccare il volo per volare nel vasto paesaggio montano. Sembrano essere in movimento e sostare al momento dell’osservazione per poi proseguire, nell’istan-

te, successivo, la loro danza in questo immenso scenario. Altre appaiono come guardiani d’acciaio, sembrano attendere qualcosa in questo mondo duro, qualcosa che non possiamo definire. Altre ancora si rintanano nel fossato e nelle segrete. Nacquero così una varietà di esperienze visive diverse, una coreografia scultorea, un teatro con attori in acciaio sul palcoscenico del castello lassù, sopra la Valsugana. Le sculture abitano un castello a tempo determinato. Tutto sembra essersi fermato in un mondo senza tempo, dove solo l’alternarsi del giorno e della notte e il cambio del clima sembrano scandire il ritmo interiore di questo luogo. Il rumore della città è lontano. A Castel Pergine si è più vicini al cielo.” ■


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uò la cucina avvicinare culture e tradizioni diverse? La risposta è sì e sta tutta nella storia di Singh Satwant e della sua famiglia. Una storia che ha il profumo del curry e delle terre lontane da cui proviene. Erano gli anni Novanta quando Singh Satwant lasciò la sua casa nel Punjab, nel nord ovest dell’India, per approdare in Italia (ma prima era stato per tanti anni in Germania e negli Stati Uniti), dove iniziò a lavorare come cuoco. Si stabilì a Bressanone e successivamente a Limone, per poi arrivare, nel 1997, a Rovereto, alla pizzeria ristorante La Brace. Fino a quel momento della sua permanenza nel Belpaese, Satwant aveva cucinato solo ed esclusivamente piatti italiani. Aveva fatto molta esperienza e messo da parte nozioni e tecniche che gli permettevano di passare con la giusta disinvoltura dalla pizza alle lasagne alla bolognese. Ma il richiamo e la nostalgia della cucina indiana erano forti. Così, quasi per prova, Satwant propose al titolare della Brace di introdurre nel menù anche alcuni piatti indiani. Fu un successo. Quel tipo di cucina, così esotica e profumata, piacque molto alla clientela roveretana e le pietanze indiane di Satwant entrarono in pianta stabile nella carta del ristorante. Forte di una solida espe-

LE RICETTE DELLA FAMIGLIA SINGH SANNO CONIUGARE IL CARATTERE DELLE SPEZIE ALLA FRESCHEZZA DELLA CUCINA ITALIANA rienza alle spalle e del gradimento espresso dai clienti per il suo buon cibo, Satwant decise a un certo punto di provare a intraprendere un ulteriore passo in avanti e di aprire un ristorante tutto suo. Affezionatosi al Trentino, al suo territorio e alla sua cucina, decise di ricreare un pezzetto d’India proprio qui, dove già viveva e lavorava. Ma non era un’impresa che poteva affrontare da solo. E così, Satwant chiamò con sé dall’India i suoi due figli, Sarabjit e Lakhwinder, la figlia Kamaljit e il genero Turna, che aderirono con entusiasmo alla sua proposta, e insieme a loro nel 2001 aprì il ristorante «All’Amicizia» a Villa Lagarina. Il nuovo ristorante proponeva – e tuttora propone – sia una ricchissima scelta di piatti della tradizione nord indiana, che della migliore cucina italiana e, inoltre, decine di pizze di tutti i tipi. Iniziava così per la famiglia Singh, un nuovo capitolo della sua storia: dopo aver viaggiato molto e conosciuto molte culture culinarie, la famiglia Singh aveva finalmente trovato il posto ideale dove stabilirsi, ovvero il Trentino. L’accoglienza calorosa e l’ottima risposta da parte della clientela, spinsero padre e fratelli Singh ad espandere il raggio

Singh Satwant

di azione. Nel 2004 aprirono il ristorante «Lungoleno» e nel 2009 il ristorante «Villa Cristina», entrambi a Rovereto. L’ultimo (per il momento) capitolo culinario di questa famiglia intraprendente è l’apertura del nuovo ristorante «Torrefranca» a Mattarello, che dal dicembre scorso offre anch’esso buon cibo indiano, a base di carne, pesce e tante verdure, cucinato secondo la tradizione e preparato con i migliori ingredienti, piatti italiani e pizze (anche a mezzogiorno). Il tutto da gustare negli accoglienti spazi interni oppure sulla bella e panoramica terrazza coperta. Le ricette della famiglia Singh sanno coniugare il carattere e il piacere delle spezie, soprattutto del curry, alla freschezza e leggerezza della cucina mediterranea, intrecciando sapori, storie e tradizioni lontane. Quattro

ristoranti, per una trentina di collaboratori, e un’offerta che riesce davvero ad accontentare tutti i gusti e tutte le esigenze e che si arricchisce anche di un menù a prezzo fisso (12 euro) per i lavoratori. I quattro ristoranti sono aperti tutti i giorni della settimana, con i seguenti orari: dalle 12 alle 15 e dalle 18 alle 23,30. Guidati dal motto «la nostra famiglia è nei nostri ristoranti, la nostra storia è nei nostri piatti», Satwant e i suoi figli hanno fatto del loro lavoro quasi una missione, per affinare i cinque sensi attraverso piatti prelibati cucinati con amore, perché essi sono storia e memoria, ma anche condivisione e scambio di culture che ■ si incontrano. Torrefranca Via Pomeranos 46 Mattarello (Tn) Tel. 0461.944511 Lungoleno Via Lungo Leno sin., 64 Rovereto (Tn) Tel. 0464.433569 Villa Cristina Via delle Maioliche, 48, Rovereto (Tn) Tel. 0464.425537 All’Amicizia P.zza S. Maria Assunta, 2, Villa Lagarina (Tn) Tel. 0464.411420

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di Nicola Tomasi

FESTIVAL DELL’ECONOMIA LA DECIMA EDIZIONE DEDICATA AL TEMA DELLA “MOBILITÀ SOCIALE”, DAL 29 MAGGIO AL 2 GIUGNO

Federico Rampini

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ome da tradizione, il Festival si aprirà e si chiuderà con le conferenze di due premi Nobel per l’Economia, il 29 maggio, interverrà il professore Joseph E. Stiglitz, mentre il 2 giugno sarà la volta del professor Paul R. Krugman. L’inaugurazione di una mostra, che ripercorre la storia di questi primi 10 anni, in cui molto è cambiato nel mondo, sarà l’evento di apertura del Festival, partito come una scommessa nel 2006 e oggi divenuto una realtà consolidata e di respiro internazionale. L’esposizione sarà ospitata a Palazzo Sardagna, sede del Rettorato dell’Università di Trento. Nella giornata di apertura anche l’ironia di Alessandro Bergonzoni, che al Teatro Sociale presenterà il suo monologo: “Per non fare economia di energia, interiore”. Il tema della disuguaglianza è al centro del dibattito politico, ma fino ad oggi sono state modeste le proposte concrete per ridurla. Su questo delicatissimo tema offrirà il suo punto di vista l’economista Anthony Atkinson sabato 30 maggio, mentre Thomas Piketty della Paris School of Economics illustrerà quali siano le dinamiche che guidano l’accumulazione e la distribu-

zione del reddito, tracciando una sorta di storia mondiale della disuguaglianza. Martin Wolf, editorialista del Financial Times, presenterà, invece, il suo ultimo libro, The Shifts and the Shocks, in cui analizza le cause delle crisi finanziarie e il modo in cui sono state affrontate. Da segnalare, sempre nella giornata del 30 maggio, anche un insolito confronto sulle difficoltà dei giovani ad entrare nel mondo del lavoro fra Elio, quello delle “Storie tese” e la regista Lina Wertmüller. In Germania, al contrario di altri paesi, la disoccupazione giovanile non è aumentata durante la recessione. Per esaminare i punti di forza e di debolezza del modello tedesco, sarà a Trento, il 31 maggio Heike Solga, direttrice del dipartimento “Educazione e mercato del lavoro” presso il Wissenschaftzentrum Berlin für Sozialforschung.

Thomas Piketty 92

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L’assenza di diritti politici e sociali per la maggioranza povera del pianeta è uno dei maggiori ostacoli alla mobilità sociale. È il tema al centro della relazione dell’economista americano William Easterly, in programma il primo giugno. Lo stesso giorno il professore Stephen P. Jenkins, della London School of Economics, parlerà dell’evoluzione della mobilità sociale e delle recenti tendenze e differenze tra nazioni. Il primo giugno arriverà anche il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, per un confronto aperto sui vincoli e le opportunità della fase che attraversiamo mentre il ministro dei Beni e delle Attività Culturali, Dario Franceschini interverrà al Museo di Scienze di Trento per parlare del rapporto fra “sapere” e benessere economico. La crisi economica può essere l’occasione anche per tornare a riflettere sulle lacune e gli

Joseph E. Stiglitz

errori commessi negli ultimi decenni. Su questo lo speech, il 2 giugno, del Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco. Ci sarà anche il presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Nei quattro forum tematici, ospitati sempre alle 12 nella cornice “futurista” della Sala Depero, ci si interrogherà sugli errori commessi dall’Europa nella gestione del debito. Torna anche Federico Rampini, editorialista e corrispondente dagli Stati Uniti di “Repubblica” che ripercorrerà i 10 anni che hanno stravolto l’economia mondiale. Mentre per il format “Nella Storia” novità che nella scorsa edizione ha registrato una grande successo di pubblico - è la volta di quattro prestigiosi storici italiani (Alessandro Portelli, Amedeo Feniello, Vittorio Vidotto, Andrea Giardina) che declineranno il tema della mobilità sociale ■ in diverse epoche.


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artedì 5 e mercoledì 6, per il percorso “Tendenze Prosa” al Teatro Cuminetti l’Associazione Teatrale Pistoiese presenta “War now!”, uno spettacolo prodotto da Centrale Fies che nasce dall’incontro fra il regista lettone Valters Silis ed il Collettivo Teatro Sotterraneo, sollecitati dal centenario dello scoppio della Grande Guerra. “War now!” mette in scena un gioco che, coinvolgendo il pubblico, racconta la Terza Guerra mondiale attraverso determinati meccanismi manipolatori. L’8 ed il 9 maggio al Teatro Portland per la stagione “Portlandoff”, Mirko Corradini dirige il lavoro “I’m not a tourist”, una produzione Estroteatro, scritto da Cinzia Scotton. Tre ragazzi, Elisa, Paolo e Riccardo partono per un’esperienza di solidarietà e cooperazione internazionale in Kosovo, Vietnam e Mozambico. Co-

VOCI NELLA TEMPESTA MAGGIO, MESE CHE CHIUDE IL SIPARIO DELLE STAGIONI TEATRALI SUL TERRITORIO, CONCENTRA A TRENTO LE ULTIME RAPPRESENTAZIONI PRIMA DELLA PAUSA ESTIVA nosceranno nuove culture e diventeranno più consapevoli del mondo che li circonda e del fatto che partire significa anche cambiare punti di vista e proiezioni verso il futuro. Sempre per “Tendenze Prosa” al teatro Cuminetti il 19 ed il 20 maggio, l’Accademia degli Artefatti presenta “I (Io) Shakespeare” per la regia di Fabrizio Arcuri. Due spettacoli in una serata: ovvero “I Banquo” e “I Cinna” ideati da Tim Crouch, drammaturgo inglese tra i più innovativi che porta in scena due personaggi shakesperiani: Banquo, generale dell’esercito scozzese che Macbeth fa uccidere in quanto “War now!”

“I (Io) Shakespeare”

avversario nella sua corsa al trono e Cinna, poeta e presunto cospiratore in “Giulio Cesare”. Due personaggi a confronto con il pubblico per un’analisi serrata sulla verità politica e sociale di allora e di adesso. Al Teatro Portland per “Portlandoff”, quarto ed ultimo appuntamento da giovedì 21 a domenica 24 maggio con “Let’s switchfate cambio”, testo di Cinzia Scotton e Poyraz Turkay, che firma anche la regia. In scena Alessio Dalla Costa, Anna Valerio, Michele Comite e Cinzia Scotton. Un intreccio di storie personali, esaminate con occhio ironico, dipanate in un susseguirsi di situazioni nelle quali

ognuno lotta per difendere la propria libertà e conquistare nuovi spazi. Si conclude con “Voci nella Tempesta” la rassegna “Tendenze Prosa” del centro Santa Chiara, un lavoro della Compagnia Teatrincorso/Spazio 14 in scena il 26 ed il 27 maggio al Teatro Cuminetti. Scritto e diretto da Elena Marino, con Silvia Furlan, Silvia Libardi e Chiara Superbi in scena, il lavoro è la rilettura da un punto di vista femminile di un episodio della prima guerra mondiale: l’esodo forzato dei trentini in Boemia, all’entrata in guerra dell’Italia nel 1915. Lo spettacolo è risultato vincitore dell’edizione 2014 del Premio “Nuova_scena.tn”. ■ 93

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di Fabio De Santi

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a i contorni dell’evento il concerto che il 12 maggio chiuderà al Teatro Sociale di Trento la rassegna di musica jazz che ha proposto una serie di concerti fra il capoluogo e Rovereto. Sul palco ci saranno infatti Maria Schneider, impegnata a dirige la Trento-Vicenza Jazz Orchestra, con studenti e docenti dei conservatori di musica di Trento, Vicenza e Castelfranco Veneto con le note impreziosite dalla presenza del Fabrizio Bosso Quartet, la formazione che accanto al trombettista schiera Julian Oliver Mazzariello al pianoforte, Luca Alemanno al contrabbasso e Nicola Angelucci alla batteria. Si tratta di una produzione tra il Centro S. Chiara, il Conservatorio F.A.Bonporti di Trento, il Conservatorio di Vicenza e il festival New Conversations Vicenza Jazz. Di arrangiatrici e band leader di valore assoluto, la storia del jazz ne annovera diverse, da Mary Lou Williams a Carla Bley, passando per Melba Liston. Se Maria Schneider occupa oggi un posto di primissimo piano nel jazz orchestrale di oggi, le ragioni sono ancora più profonde. Allieva di Bob Brookmeyer e soprattutto del leggendario Gil Evans (di cui è stata per anni l’assistente), la Schneider è compositrice e arrangiatrice che dà l’immediata sensazione di sapere “dipingere” con i colori dell’orchestra, di comporre con gli strumenti un sensuale universo di emozioni. Tra le primissime artiste a intuire e sfruttare le potenzialità del crowdfunding (ha vinto un Grammy con un disco interamente finanziato sulla piattaforma ArtistsShare), la Schneider ama condividere la propria musica con altri organici. Fresca di una colla94

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TRENTO-VICENZA JAZZ ORCHESTRA L’ENSEMBLE, ASSIEME AL FABRIZIO BOSSO QUARTET, IL 12 MAGGIO CHIUDERÀ AL TEATRO SOCIALE DI TRENTO LA RASSEGNA DI MUSICA JAZZ borazione con David Bowie, per il singolo Sue (Or In A Season of Crime), la Schneider si prepara a lanciare una nuova registrazione discografica della sua orchestra: The Thompson Fields, prevista per l’aprile 2015 e realizzata grazie ad ArtistShare, il sistema di finanziamento tramite sovvenzioni degli stessi fan della musicista: una modalità produttiva della quale la Schneider è stata una pioniera. Come già lo scorso anno, Itinerari Jazz di Trento e Rovereto unisce le forze con Vicenza Jazz mettendo

assieme una voluminosa compagine orchestrale, che sarà poi affidata alla sapiente e magica direzione di Maria Schneider per una produzione originale che coinvolgerà anche il trombettista Fabrizio Bosso come solista d’eccezione. Sui leggii ci saranno le composizioni della stessa Schneider, ormai da anni sul più alto podio tra le direttrici/ compositrici/arrangiatrici jazz per grandi organici. Come evidenziato Maria Schneider è la più importante compositrice, arrangiatrice e direttrice di big band in attività, conside-

rando l’ormai venerabile età e la rada attività orchestrale di Carla Bley, l’unica altra donna ad essersi così notevolmente distinta nel panorama delle grandi formazioni jazzistiche. Nonostante ciò, ascoltarla in Italia è cosa assolutamente rara. Nata a Windom (Minnesota) nel 1960, la Schneider si trasferisce a New York nel 1985, divenendo immediatamente, e sino al 1988, assistente di Gil Evans, che rimane a tutt’oggi la più evidente fonte di ispirazione del suo linguaggio orchestrale. La formazione che assembla le forze musicali messe in campo da Vicenza Jazz e dalla rassegna Itinerari Jazz di Trento per questa co-produzione originale si aggiunge a un lungo elenco di prestigiose compagini orchestrali affidatesi alle mani della Schneider. A cavallo tra la tradizione delle big band, il jazz sperimentale e la classica contemporanea, la Schneider infatti ha potuto far ascoltare le sue composizioni per mezzo delle esecuzioni della big band di Mel Lewis e di numerose altre orchestre, sia statunitensi che europee. ■



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www.luciogardin.it

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ome fare a sensibilizzare le persone su temi spinosi e delicati senza risultare troppo pesanti? Ancora una volta, per il comico Lucio Gardin, la chiave per affrontare qualunque argomento è il sorriso, l’ironia, con cui è possibile riuscire ad arrivare a tutti e farsi ascoltare. Dopo il successo del cortometraggio “Diario di una trappola” realizzato nel 2013, che affrontava il problema crescente della ludopatia e del gioco d’azzardo mostrando il rapporto di dipendenza di un cliente in un bar alle prese con una slot machine, ora è la volta de “La Gabbia” che vuole far riflettere sul problema molto diffuso tra le ragazzine, ma purtroppo anche tra i ragazzi, dei disturbi alimentari e dell’anoressia. Il corto è stato realizzato insieme agli studenti del Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci di Trento e prodotto da Rai e Fondazione Caritro. Il progetto è nato infatti all’interno di un Bando indetto dalla Fondazione Caritro nel 2013: “il Concorso per idee creative degli studenti su un

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DISAGIO INGABBIATO IL CORTOMETRAGGIO “LA GABBIA” DI LUCIO GARDIN, GIRATO INSIEME AI RAGAZZI DEL LICEO, SI AGGIUDICA IL PRIMO PREMIO AL FILM FESTIVAL INTERNAZIONALE DI IMPERIA 2015, PARLANDO CON DELICATA IRONIA DEL DISAGIO DELL’ANORESSIA disagio sociale”, rivolto agli studenti delle classi quarte e quinte degli Istituti superiori e dei centri di formazione professionale, ed ha coinvolto la Provincia Autonoma di Trento – Assessorato alla salute e politiche sociali e l’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (APSS). Gli studenti del liceo Da Vinci hanno deciso di aderi-

re e si sono messi all’opera, immergendosi seriamente in un compito interessante quanto impegnativo come costruire la trama di un film, e inviando diverse proposte. La più convincente e dettagliata, che è poi stata scelta dalla giuria, è stata quella che descriveva il disagio dell’anoressia. Lo script formulato dai ragazzi si è trasformato, con l’intervento di Lucio Gardin e la supervisione costante di uno psicologo dei disturbi alimentari della Provincia, in una sceneggiatura e infine un film, diretto dal comico trentino. Per raccontare la storia di un disagio, che sta loro particolarmente a cuore, in modo efficace evitando toni troppo drammatici, gli studenti del “Da Vinci” hanno usato il linguaggio dell’ironia, alternato a passaggi più seri. La storia è quella di una giovane studentessa del liceo che si scopre ammalata di anoressia. Cerca però di reagire e radunare in sé tutta la sua forza

di volontà per riuscire a combattere, e poi vincere la malattia. Il messaggio di fondo che si vuole trasmettere, per infondere fiducia e coraggio, è quello di non vergognarsi di trovarsi nel disagio di una simile malattia, ma avere il coraggio di aprirsi, parlare con qualcuno, e provare a chiedere aiuto per uscire da quella terribile gabbia che imprigiona il proprio corpo finendo per annientarlo. Oltre ad occuparsi della scrittura della sceneggiatura i giovani sceneggiatori in erba si sono improvvisati anche attori, interpretando i personaggi da loro creati e dimostrandosi anche piuttosto bravi, ha osservato soddisfatto Gardin. Il film è stato poi presentato al Festival Internazionale del cinema di Imperia, che si è tenuto dal 21 al 25 aprile, dove si è aggiudicato il Primo Premio nella categoria Cortometraggi Professionisti, gareggiando con ben 721 opere provenienti da 65 ■ nazioni diverse.


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rene Grandi è tornata in azione con tanta voglia di graffiare con la sua musica e tanta, tantissima, voglia di riproporsi on stage come accadrà il 24 maggio a Trento per il concerto all’Auditorium S. Chiara, che chiuderà la prima parte della stagione di Musica d’Autore. Una canzone scritta da lei per Sanremo, un tour teatrale che la vede protagonista assoluta e un nuovo contratto discografico: tante le novità che riguardano Irene Grandi in questo 2015 soglia, ma soprattutto tanti i suoi progetti che svelano una donna nuova, più ricca e complessa artisticamente, sempre più vera. Per la prima volta la cantante toscana è stata invitata a partecipare al Festival della Canzone Italiana di Sanremo con una canzone di cui è anche autrice, “Un vento senza nome” : una ballad molto intensa, un testo che tocca con leggerezza un argomento di grande attualità, raccontando di una donna che volta pagina lasciandosi alle spalle una situazione difficile. “Un vento senza nome” ha dato il suo titolo e ha anche anticipato l’uscita del nuovo cd che inaugura la collaborazione con la Sony Music la sua nuova casa discografica. Con queste sonorità così eleganti, con un progetto sviluppato in modo armonioso ed accurato, Irene torna a canatare nei teatri dopo il fortunato tour con Stefano Bollani: un luogo raffinato ed intimo per un concerto che si annuncia di grande spessore artistico. “Un vento senza nome” arriva a distanza di cinque anni dal suo ultimo lavoro e propone attraverso undici inediti il ritratto di un’artista più complessa artisticamente e più consapevole. Il disco nasce da un percorso della

IRENE GRANDI LA SIMPATICA INTERPRETE TOSCANA SARÀ IL 24 MAGGIO A TRENTO PER IL CONCERTO ALL’AUDITORIUM S. CHIARA. UN TOUR TEATRALE CHE LA VEDE PROTAGONISTA ASSOLUTA

musicista che risale a 5 anni fa dopo aver realizzato un sogno musicale assieme a Stefano Bollani e dopo l’incontro artistico con Cristina Donà. Per “Un Vento senza nome” fondamentale è stata la collaborazione con Saverio Lanza, il produttore ideale per questo nuovo progetto che ha saputo interpretare al meglio gli spunti musicali di Irene e valorizzarne i testi. Un disco che racconta come spesso nella vita nulla avviene per caso.

“Per rendersene conto, a volte è necessario allontanarsi da una vita frenetica, affollata da mille impegni -spiega Irene- E’ importante fermarsi a guardare e ci si accorge che le esigenze, i desideri e le aspirazioni cambiano mentre la mente e il cuore cominciano a viaggiare su un’altra lunghezza d’onda. Conseguentemente, anche le persone e le situazioni intorno cambiano e si sintonizzano con noi”. Altri brani: “Casomai” ha il

sapore di un’atmosfera settembrina, l’apparire di un arcobaleno che sorprende per la sua bellezza pur svelando la fugacità dell’attimo (guardo l’arcobaleno, troppo bello non è mai per essere vero, può svanire casomai). Una canzone cantautoriale scritta da Marco Parente, tra i grandi nomi della scena indipendente da oltre 20 anni, amico fiorentino di Irene da lunga data è “Cuore bianco” , brano che sintetizza l’aspirazione di ognuno di noi all’infinito, colorandola con una venatura di bossa nova . Il momento di libertà e leggerezza che si vive quando si scrive senza filtri e aspettative ha ispirato Irene in “Stato di gratitudine”: “Questa canzone - racconta lei - ha un’anima gioiosa che si sprigiona sino a raggiungere i confini della dance. Un botta e risposta tra voce e chitarra invita ad assumere un atteggiamento grato con cui superare le pressioni dello stress quotidiano” . “Sé” un brano nato da un loop di pianoforte suonato da Stefano Bollani durante un’improvvisazione ad un concerto del 2012 segna l’epilogo di questo viaggio musicale e non solo: pensarsi spogliati da tutti i ruoli, i condizionamenti, i legami e le cose materiali. ■ 97

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ASSAPORARE CON TUTTI I SENSI

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urante l’intero fine settimana, in vari momenti della giornata, le terrazze dei ristoranti e dei bar che si affacciano su Piazza Walther, nel cuore di Bolzano, ospiteranno presentazioni di prodotto, show culinari e menù creati ad-hoc per l’occasione. A Palais Campofranco, nel Paradiso Latte & Mela, il Latte Alto Adige e la Mela Alto Adige IGP (indicazione geografica protetta) si presenteranno unitamente, offendo un’informazione interattiva per grandi e piccini, nonché la possibilità di gustare prelibatezze come canederli al formaggio, piatti

DAL 29 AL 31 MAGGIO, IL CENTRO STORICO DI BOLZANO SI TRASFORMERÀ IN UN PALCOSCENICO DEI SAPORI, PROPONENDO UN VARIEGATO PROGRAMMA, INCENTRATO SUI PRODOTTI DI QUALITÀ DELL’ALTO ADIGE COME LO SPECK, LA MELA ED IL LATTE E CON UNA NOVITÀ

di formaggi assortiti e dolci alla mela. Gli amanti dei frullati al latte e alla frutta potranno approfittare del “Bar Vital” e lasciarsi sorprendere da creazioni ad-hoc come la “Applekuhlada”. Per i più piccoli sono invece previste delle “aree dedicate” per giocare, creare, dipingere e farsi trasportare nel mondo della fantasia dai ‘racconta storie’. Un tenue aroma di affumicato attirerà poi i visitatori verso Piazza della Mostra che, per l’occasione, si convertirà in Piazzetta dello Speck. Qui si avrà occasione di scoprire come si produce il tradi98

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zionale Speck Alto Adige IGP e di gustare classici taglieri e panini allo speck. Chi predilige i pasti caldi potrà fare una puntatina al ristorante “Zur Kaiserkron” che, in occasione del festival, proporrà nel proprio menu esclusive creazioni a base di Speck Alto Adige. Lo storico Museo Mercantile ospiterà invece l’inedito programma “Wine & Dine”, dove si potranno assaporare i Vini Alto Adige in un ambiente lounge, mentre nel cortile interno verranno servite esclusive delizie della cucina altoatesina. Da non perdere poi due appun-

tamenti che avranno luogo nel giardino dello storico Parkhotel Laurin, ovvero il Wineparty Alto Adige il venerdì sera e la colazione allo spumante “Swinging Bubbles” la domenica mattina, alla quale saranno presenti i produttori di spumante altoatesini. I prodotti con il Marchio di Qualità Alto Adige, che quest’anno celebrano il loro decimo anniversario, saranno invece presenti lungo il Miglio del gusto, che si snoderà da via Argentieri e via della Mostra fino a Piazza Walther e Piazza del Grano, regno dei fornai e pasticceri


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La bontà dà spettacolo! Festival del Gusto Alto Adige Bolzano, 29 – 31 maggio 2015

altoatesini. Tra i prodotti con il marchio di qualità sono da menzionare anche il succo di mela, il miele, le erbe aromatiche, i piccoli frutti, la verdura ed altri ancora. Ad attraversare l’intera area del festival sarà inoltre un Percorso sensoriale, che, grazie a strumenti interattivi, fornirà ai visitatori interessanti informazioni sui prodotti stessi e la possibilità di partecipare ad un gioco a premi. Presso ogni singola stazione del Percorso sensoriale un ruolo di rilievo sarà svolto dagli Ambasciatori del gusto, i quali fungeranno da interfaccia tra i prodotti e i visitatori. Per la prima volta nell’ambito del Festival del Gusto Alto Adige, precisamente venerdì 29 e sabato 30 maggio, si

svolgerà una manifestazione internazionale incentrata sulla birra, ovvero la “Beer Craft”. Castel Mareccio, nel cuore di Bolzano, è stato scelto da un nutrito gruppo di espositori nazionali ed esteri per valorizzare con i loro prodotti la cultura birraia. Beer Craft è un punto d’incontro per gli appassionati della birra che credono nella produzione artigianale e vogliono contribuire a fare rivivere questa antica tradizione. I birrifici altoatesini partecipanti proporranno le loro birre con il marchio di qualità. Ulteriori informazioni sul Festival del Gusto Alto Adige, quest’anno certificato “Going-Green Event”, sono reperibili online al sito: www. festivaldelgusto.it ■

10 ANNI MARCHIO DI QUALITÀ ALTO ADIGE Il marchio garantisce un’elevata qualità grazie a: - Provenienza regionale delle materie prime - Lavorazione e produzione in Alto Adige - Regolari controlli lungo tutta la filiera produttiva. I prodotti con il Marchio di Qualità Alto Adige sono: latte e latticini, pane e specialità da forno, verdura, piccoli frutti e ciliegie, prodotti da frutto (succo di mela torbido, frutta essiccata, fette di mele fresche, frutta da spalmare e confetture), miele, erbe aromatiche e spezie, grappa, carne, birra, uova da allevamento all’aperto e canederli allo speck e al formaggio.

festival del gusto alto adige L’Alto Adige festeggia la qualità: l’ultimo fine settimana di maggio, per tre giorni consecutivi, il centro storico di Bolzano si trasforma in un percorso dei sapori con specialità culinarie regionali – un appuntamento da non perdere per tutti i buongustai!

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MEN DER BOLT: BOSCO E TRADIZIONE MOCHENA

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o attraversiamo migliaia di volte, salendo verso il cielo o discendendo nel fondovalle. Ma la maggior parte degli alpinisti non “guardano” il bosco, men

che meno si soffermano ad ascoltare le voci della foresta. Lo oltrepassano velocemente perché l’obiettivo è oltre. Eppure il sistema “bosco”, “foresta”, è tra gli elementi più suggestivi, interessanti e peculiari, che noi possiamo incontrare. E lo era ancor di più in passato. Affinché non ci dimentichi di quando il rapporto tra uomo e foresta era estremamente delicato ma appunto per questo estremamente armonico e regolamentato, l’Istituto Culturale Mòcheno/Bersntoler Kulturinstitut ha allestito, nelle sue sale, una bella e intrigante mostra dal titolo

Lem der Bolt. Storia e saperi del bosco nella comunità mòchena, a cura di Claudia Marchesoni e Leo Toller (chiude il 31 ottobre).

NON FIORI, MA OPERE...

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n programma allo Spazio “Klien” di Borgo Valsugana, dal 9 al 24 maggio, l’ultima mostra di Annamaria Targher ripropone (come già a suo tempo per le Ninfee) la tematica del fiore. Tema ritrovato, si esplica, però, in un connubio inestricabile tra pittura ad olio di matrice astratta e l’impiego massiccio e metodico del collage che riporta, in maniera dettagliata e inequivocabile, l’oggetto di natura così caro all’artista. Il fiore colto nella citazione inderogabile della carta stampata, è collocato soventemente sugli incroci di quella “rete” costituita dal sovrapporsi pressoché ortogonale delle larghe pennellate, punto d’esordio fondamentale di questi lavori, dove il colore emula il contesto naturale: prativo o boschivo. Annamaria Targher ha lavorato per mesi a questa tematica la cui modalità può far pensare ad una battuta d’arresto nella sua produzione: la perdita di spontaneità, a vantaggio dell’atto ossessivo - maniacale della ricerca degli elementi utili ad essere dapprima ritagliati e poi faticosamente contestualizzati, può tradire, infatti, un atteggiamento cinicamente post - moderno per cui tutto è già stato fatto, detto e visto e all’autrice non rimarrebbe altra via se non quella del ritrarsi, del sospendere l’atto di pittura come sola forza e potenzialità di rappresentazione personale del mondo.

Un’esposizione di documenti, vecchie e nuove fotografie, il tutto accompagnato da un catalogo trilingue (mòcheno, italiano e tedesco) edito dall’Istituto con scritti di Tatiana Andreatta, Claudia Marchesoni, Leo Toller, Barbara Tomasi, Mauro Nequirito, Maurizio Beber, Remo Tomasetti, Lydia Flöss, Anthony R. Rowley, Giovanni e Roberto Pezzato,

Chiara Pompermaier, Sara Toller e Matteo Valentinotti. La scelta del tema del bosco e dei suoi prodotti per la realizzazione di una mostra e di un catalogo nasce dalla volontà di dare voce alle vicende legate a questo spazio che ha rappresentato un luogo privilegiato in cui convergono saperi, conoscenze e storie che hanno caratterizzato la comunità mòchena dalla sua colonizzazione fino ad oggi. Quello mòcheno è un bosco vissuto, fin dalla preistoria, dai minatori, poi dai roncadori, quindi dagli agricoltori e dagli allevatori, attraversato dai pastori, cacciatori per terminare con l’invasione della moltitudine di soldati durante la I guerra mondiale. I toponimi sono strettamente legati alla vita quotidiana oppure alle caratteristiche di un luogo. Diversi sono quelli legati ad esempio alle specie arboree: basti pensare a Roveda/Oachlait, da oach che in lingua mòchena significa “rovere”, oppure la stessa Sant’Orsola, il paese di lingua romanza sulla sponda destra della valle chiamata altresì Oachpèrg, letteralmente montagna dei

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trentinomostre roveri. Anche numerosi micro toponimi come laltol, da ial maggiociondolo e tol valle, o Kerschpa’m da ciliegio, testimoniano l’importanza degli elementi vegetali ai fini della conoscenza del territorio e dell’orientamento in esso. E poi ci sono gli animali. Altri toponimi ci parlano di orsi, di volpi, di lupi oppure del circospetto tasso. Quest’ultimo è segnalato vicino a Palù, nel nome Tlar van tuks che corrisponde a un ripido canalone roccioso e letteralmente significa sassi fini del tasso. Boscaioli, minatori, cacciatori, contrabbandieri – da questa valle transitava il vino della Valsugana che voleva evitare il dazio a Trento e a Lavis – per secoli hanno plasmato il territorio facendo nascere storie, leggende e un ricco immaginario popolare

e s e M degli asparagi

(purtroppo scarsamente approfondito nel catalogo eppure fondamentale per la creazione dei valori umani), terra d’incontro tra il mondo nordico e quello mediterraneo, tra i più vividi dell’arco alpino. La mostra è corredata da pannelli, oggetti e materiali multimediali i quali offrono la possibilità di approfondimenti sul rapporto uomo-bosco che ha plasmato sia il paesaggio, come la denominazione dei luoghi, l’architettura, la commistione fra boschi e pascoli, sia gli stili di vita, dando vita a profonde conoscenze sul legno e i suoi multiformi utilizzi, sulle piante, risorse e animali del bosco. La mostra è il frutto di un lavoro pluriennale di ricerca condotta su libri e documenti d’archivio, ma soprattutto sul campo, attraverso interviste e attenzione alla valorizzazione di oggetti di uso quotidiano e strumenti di lavoro. Oltre

SERATA EVENTO IN OCCASIONE DEL “MESE DEGLI ASPARAGI”

2015 sabato 09 maggio

ASPARAGUS

Menù completo dall’antipasto al dolce, tutto a base di asparagi di Zambana, con vini abbinati. € 30/persona bevande incluse. È gradita la prenotazione.

alla ricostruzione della tradizione e del passato, il percorso espositivo propone spunti di riflessione sul ruolo e sull’uso del bosco nel ventunesimo secolo, nella consapevolezza che il bosco è cosa viva, si “muove”, non si esaurisce come la materia inanimata. Orari: maggio, settembre e ottobre il venerdì, sabato e domenica; giugno, luglio e agosto tutti i giorni, dalle 10 alle

INFO E PRENOTAZIONI: TRENTO - Corso Alpini, 14 Tel. 0461 825300 • info@hoteleverest.it DOMENICA APERTO

12, dalle 15 alle 18. Info: tel. 0461 550073, www.bersntol.it. 101

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trentinomostre ARCO Mostre SEGANTINI E ARCO Apertura: fino a giovedì 31 dicembre. MAG Arco, Galleria Civica G. Segantini. Mostra a cura di Alessandra Tiddia, Mart. Info: www. museoaltogarda.it.

BESENELLO Mostre LA NATURA E I SUOI COLORI Apertura: da lunedì 11 a lunedì 18 maggio. Spazio espositivo Centro Polifunzionale, via S. Giovanni, 49. Mostra personale di Lorenza Buccella. Orario: sabato e domenica ore 10-12/16-19; dal lunedì al venerdì ore 16-19.

zione Museo storico del Trentino fondazione.museostorico.it.

CALDONAZZO Fiere 14° RADUNO NAZIONALE NATURA A CAVALLO Apertura: da giovedì 30 aprile a domenica 3 maggio. Vie del centro. Info: Natura a Cavallo Trento - Gianfranco Cecco 348.8889899.

LAVIS Mostre STEFANIA RICCADONNA Apertura: da sabato 25 aprile a martedì 5 maggio. Palazzo de Maffei. Mostra su acquarelli. Orario: 16-19.

LEVICO TERME

BRENTONICO Mostre INVENTARI VERDI: IL CONTRIBUTO DEI FARMACISTI ALL’ESPLORAZIONE BOTANICA DEL TERRITORIO TRENTINO NEI SECOLI XIX E XX Apertura: da sabato 4 luglio a lunedì 4 maggio. Palazzo EccheliBaisi - Via Mantova, 4. La mostra, attraverso l’esposizione di oggetti, documenti e fogli di erbario, documenta il profilo biografico di alcuni di loro evidenziandone l’apporto scientifico. Mostra a cura di Francesco Rigobello e Rodolfo Taiani. Orario: Mostra visitabile solo su prenotazione. Tel. 0464.395059. Info: Biblioteca comunale di Brentonico, Tel. 0464.395059; Fonda-

FESTIVAL DEL LATTE Apertura: fino a domenica 3 maggio. Dalle 10.00 alle 19.00. Lungo le vie del centro. Un vero e proprio percorso che vi condurrà a conoscere le nostre montagne, la vita delle nostre malghe, la tradizione contadina, la produzione di latte, formaggio e i suoi derivati secondo metodi antichi. Protagonisti della festa saranno i contadini ed i prodotti legati al mondo del latte in particolare il Formaggio Vézzena uno dei formaggi più antichi della tradizione casearia trentina, prodotto esclusivamente con il latte estivo delle vacche delle malghe dell’Altopiano di Vézzena. Un formaggio particolarmente ricercato per le sue caratteristiche organolettiche dovute alla particolarità delle erbe dei pascoli. Info: Con-

sorzio Levico Terme in Centro. Tel. 346.5149276; www.visitlevicoterme.it; Azienda per il Turismo Valsugana Tel. 0461.727700.

MEZZOCORONA Fiere MEZZOCORONA EXPÒ Apertura: da venerdì 29 a domenica 31 maggio. 18^ rassegna di attività economiche ed artigiane presso le Cantine Rotari di Mezzocorona. Info: www.mezzocoronaexpo.com.

MONTEVACCINO Mostre ARGENTARIO LEGGENDARIO Apertura: fino a domenica 17 maggio. Centro Sociale - Sala circoscrizionale. Mostra di disegni ispirati alle leggende del territorio di Gabriele Nardelli. Orari: dom. 11-12; merc. 19-22; gio. 14.30-16; ven. 16.30-18.30 e durante gli appuntamenti de “ Il mese leggendario”. Ingresso lbero. Info: www.montevaccino.it.

PERGINE VALSUGANA Mostre GRAVITÀ SOSPESA Apertura: da sabato 18 aprile a domenica 8 novembre. Castello. Mostra di sculture di Robert Schad. Più di venti grandi opere in ferro massiccio sono esposte lungo il percorso tra le due cinta murarie e prima del parcheggio grande. Altre sono collocate nella Sala d’entrata, nella Cantina Rosa e nella Prigione della Goccia. Inoltre alcuni grandi quadri si trovano

Una primavera di eventi

in Valsugana & Lagorai

nelle Sala d’entrata. Mostra a cura di Theo Schneider e Verena Neff, coordinatore Riccardo Cordero. Entrata libera. Orario: da martedì a domenica ore 10.30-22.00. Lunedì ore 17-22. Info: Castel Pergine Tel. 0461.531158; verena@castelpergine.it; www.castelpergine.it.

PIEDICASTELLO Mostre LA GRANDE GUERRA SUL GRANDE SCHERMO Apertura: fino a domenica 6 settembre 2015. Le Gallerie. Due gallerie, una bianca e una nera, due tunnel stradali in disuso. Una superficie di oltre 6.000 metri quadrati diventata sede espositiva originale e suggestiva gestita dalla Fondazione Museo storico del Trentino. Info: www.museostorico.it.

RIVA DEL GARDA Mostre IL TEMPO E L’ISTANTE. PAESAGGI FOTOGRAFICI DEL GARDA 1870-2000 Apertura: fino a domenica 1 novembre. MAG Riva del Garda, Museo. Mostra a cura di Layla Betti, Claudia Gelmi, Sara Vicenzi. Info: www.museoaltogarda.it. Mostre OLTRE. VISIONI DI MARIO RACITI SUL PAESAGGIO DELL’ALTO GARDA Apertura: fino a domenica 12 luglio. MAG Riva del Garda, Museo. Mostra a cura di Claudio Cerritelli. Info: www.museoaltogarda.it.

ORTINPARCO

Levico Terme - Parco delle Terme > 24-26 Aprile

VALSUGANA EXPO

Levico Terme – Palalevico e Zona Lago > 1-3 MAGGIO

FESTIVAL DEL LATTE

Levico Terme – Vie del Centro > 1-3 MAGGIO

FESTA DEI MELI IN FIORE

Caldonazzo - Vie del Centro > 3 MAGGIO

PEDALATA PER LA VITA

Pergine Valsugana > 17 MAGGIO

SULLA BRENTA CON GUSTO

Borgo Valsugana - Vie del Centro > 30-31 MAGGIO MAIN SPONSOR

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trentinomostre ALBERTO FOLGHERAITER

Un popolo, due patrie Il Trentino nel vortice della Grande Guerra (1914-1918)

CURCU & GENOVESE Mostre L’ULTIMO GIORNO DI PACE. 27 LUGLIO 1914 Apertura: fino a domenica 28 giugno. MAG Riva del Garda, Museo. Mostra a cura di Quinto Antonelli, Fabio Bartolini, Mauro Grazioli, Alessandro Paris, Mirko Saltori. Info: www.museoaltogarda.it.

ROVERETO Mostre LA GUERRA CHE VERRÀ NON È LA PRIMA. GRANDE GUERRA 1914-2014 Apertura: da sabato 4 ottobre 2014 a domenica 20 settembre 2015. Mart. Commemorazione del centenario della Prima guerra mondiale, in collaborazione con importanti istituzioni culturali nazionali, costituisce la colonna portante di un grande progetto Mart/Grande guerra 1914-2014 che si sviluppa nelle tre sedi del Museo e si completa con un programma collaterale di eventi, incontri, convegni, appuntamenti. Info: Mart Rovereto www.mart.trento.it/guerra.

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Mostre MORIRE PER TRENTO Apertura: da domenica 22 marzo 2015 a domenica 31 gennaio 2016. Museo Storico Italiano della Guerra - Castello di Rovereto. Soldati Italiani ed austro-ungarici sul fronte trentino della Prima guerra mondiale. Orario: da martedì a domenica ore 1018. Info: Museo Storico Italiano della Guerra - Via Castelbarco,. 7 Tel. 0464.438100; www.museodellaguerra.it. Mostre IL SEGNO E IL SILENZIO - VISIONI E PERCEZIONI DALLA GRANDE GUERRA IN TRENTINO Apertura: da sabato 25 aprile a domenica 28 giugno. Museo Storico Italiano della Guerra - Via Castelbarco, 7. Mostra fotografica di Alberto Bregani. Orario: da martedì a domenica ore 10-18. Info: Tel. 0464.438100; www.museodellaguerra.it.

TRENTO Mostre I TRENTINI NELLA GUERRA EUROPEA 1914-1920 Apertura: fino a domenica 30 dicembre 2018. Le Gallerie, Piedicastello. Una mostra che racconta il dramma dei trentini nel corso del primo conflitto mondiale. Orario: da martedì a domenica ore 9.00-18.00 (lunedì chiuso). Ingresso libero. Info: www.fondazione.museostorico.it. Mostre OLTRE IL LIMITE. VIAGGIO AI CONFINI DELLA CONOSCENZA Apertura: fino a domenica 14 giugno 2015. Muse. Corso del lavoro e della scienza. Mostra dedicata al tema del limite. Grazie ad exhibit interattivi, allestimenti, video ed esperienze multimediali i visitatori potranno avventurarsi alla scoperta dell’universo e dei suoi misteri. Tra i temi trattati, il big bang, l’infinitamente piccolo e l’infinitamente grande, le relazioni tra energia e materia, l’antimateria, i limiti della mente e della tecnologia scientifica e la natura del tempo. Info: www.muse.it.

IN L S IB w w UL RER w. NO IA cu ST O r c u R PP eg O S UR en IT E ov O ese .i t

Mostre THE FIRST GLOBAL WAR: 1914-2014 Apertura: fino a martedì 2 giugno 2015. Piedicastello. Le Gallerie. 55 fotografie di reporter europei che hanno vinto Pulitzer o Robert Capa Gold Medal, 5 grandi infografiche, informazioni, video di Medici senza frontiere e altri autori: è tutto questo a raccontare “la guerra dura da cent’anni”, o almeno così sembra al curatore della mostra Raffaele Crocco, inventore e direttore dell’Atlante delle Guerre e dei Conflitti del Mondo, per anni reporter in zone di guerra. Orario: Da martedì a domenica ore 9-18. Lunedì chiuso. Ingresso libero. Info: Fondazione Museo storico del Trentino Tel. 0461.230482; info@museostorico.it.


trentinomostre Mostre ALPEN UNTER STROM L’ENERGIA DELLE ALPI Apertura: fino a mercoledì 13 maggio. Una mostra itinerante della sezione Archivi della Comunità di Lavoro delle Regioni Alpine (ARGE ALP) sul tema produzine di energia ed elettrificazione nelle Alpi. Info: www.alpen-unter-strom.eu. Mostre ASTRAZIONE OGGETTIVA OLTRE LA TEORIA, IL COLORE Apertura: da sabato 14 febbraio a domenica 17 maggio. Galleria Civica - Via Belenzani, 44. Mauro Cappelletti, Diego Mazzonelli, Gianni Pellegrini, Aldo Schmid, Luigi Senesi, Giuseppe Wenter Marini. Mostra a cura di Giovanna Nicoletta. Info: www.mart.trento.it. Mostre VIA ANTONIO PILATI 6 Apertura: da mercoledì 18 febbraio a martedì 2 giugno. Le Gallerie, Piedicastello. Mostra fotografica. Il carcere di Trento in 50 scatti di Nicola Eccher. Ingresso libero. Orario: 9-18. Info: fondazione.museostorico.it; Tel. 0461.230482; info@ museostorico.it. Mostre FRAMMENTI DI UN PAESAGGIO SMISURATO MONTAGNE IN FOTOGRAFIA 1850-1870 Apertura: da sabato 18 aprile a domenica 10 maggio. Palazzo Roccabruna. Mostra in occasione del Trentino Filmfestival. Ingresso libero. Orari: da martedì a venerdì dalle 9 alle 12; al pomeriggio e sera: martedì e mercoledì dalle 15 alle 17;

giovedì e venerdì dalle 15 alle 20; sabato dalle 17 alle 20; lunedì chiuso. Mostre L’EUROPA IN GUERRA TRACCE DEL SECOLO BREVE Apertura: da sabato 18 aprile a domenica 6 settembre. Castello del Buonconsiglio, via Bernardo Clesio 5. La mostra - realizzata nell’ambito delle iniziative nazionali per il Centenario - indaga le cause e gli interessi che hanno scatenato il conflitto e sulle condizioni di assoggettamento di contadini e operai morti a milioni nella prima guerra mondiale. Orario: fino al 4 maggio 9.30-17; dal 5 maggio 10-18. Info: www. buonconsiglio.it; tel. 0461.492803; info@buonconsiglio.it. Mostre AFFIDARSI AL CIELO. ARTE E DEVOZIONE A MONTAGNAGA DI PINÉ. GLI EX VOTO Apertura: da venerdì 24 aprile a lunedì 7 settembre. Museo Diocesano Tridentino. Info: www.museodiocesanotridentino.it. Mostre FRANCO MURER Apertura: da venerdì 1 a domenica 31 maggio. Galleria d’Arte Il Ritrovo degli Artisti, via Endrici, 17, mostra di immagini sacre di Franco Murer eseguite dal 2000 al 2014. Orario: dal lunedì al sabato ore 10-12-1619. Per informazioni telefonare al numero 334.1028483. Mostre GEMME DI GUSTO Apertura: da sabato 2 a domenica 31 maggio. Cinque fine settimana nel pieno dei profumi e dei colori della primavera trentina tra

passeggiate nei vigneti, arte, laboratori, visite in cantina, degustazioni esclusive, prati in fiore, menù creativi e trekking in luoghi incantati. Il tutto studiato per far vivere esperienze originali e dinamiche e per raccontare gli incanti enogastronomici del nostro territorio. Proposte da vivere in una sola intensa giornata o, per i più appassionati, in un intero weekend. Info: www.tastetrentino.it. Mostre AFTERSELFIE, BEYOND MASKS - OLTRE LE MASCHERE Apertura: da venerdì 15 maggio a martedì 30 giugno. Palazzo Trentini, via Giannantonio Manci 27. Mostra a cura di A Cura di Carolina Bortolotti. Coordinamento di Simon Sultana Harkins. Orario: dal lunedì al venerdì 10-18, sabato 10-12 (chiuso domenica). Ingresso libero. Info: 328.0210218; afterselfie@gmail.com. Mostre FULVIO DI PIAZZA VIAGGIO VERSO TERRE MISCONOSCIUTE Apertura: da giovedì 21 maggio a venerdì 25 settembre. Studio d’Arte Raffaelli. Saranno in mostra una quindicina di opere inedite su tela e su tavola, e una selezione di disegni su carta. Info: Tel. 0461.982595; studioraffaelli@tin. it; www.studioraffaeli.com.

mettere in mostra designer e artigiani da tutto il mondo selezionati attraverso un concorso internazionale. Finalità di quest’edizione è porsi come facilitatore per il networking di competenze e progettualità tra giovani designer, istituzioni e piccole-medie imprese del made in Italy. Info: APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi Tel. 0461.216000; www.discovertrento.it. Mostre VOCI DAL VILLAGGIO E DALLA FORESTA Apertura: fino al 17 maggio. Sala Thun e Cantine di Torre Mirana di Palazzo Thun, Via Belenzani 3, angolo via Manci 2, Trento. 40 serigrafie di Tara Books per raggiungere l’India. Orario: 10-13 e 14-19. Ingresso libero. Info: www. trentofestival.it; Tel. 0461.986120. Mostre ERICA PATAUNER STORIE PREISTORICHE ILLUSTRAZIONI Apertura: fino al 12 maggio. Studio d’Arte Andromeda - Via Malpaga, 17. Orario: 17.30-19.30 (domenica chiuso). Entrata libera

Mostre OPEN DESIGN 2015 Apertura: da venerdì 29 a domenica 31 maggio. Open Design Italia è a Trento all’interno di Trento Fiere, per

Mettiti alla prova

sulle salite da mito della Valsugana!

Scala la salita in totale libertà, per allenarti in sicurezza senza preoccuparti del traffico! Le salite saranno tutte cronometrate con partenza alla francese!

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da Telve al Passo Manghen > 7 giugno

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da Pergine Valsugana alla Panarotta > 13 giugno

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da Grigno all’altopiano della Marcesina > 17 giugno

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da Castello Tesino al Passo Brocon > 19 giugno Per tutti i dettagli e per le iscrizioni visita il sito

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trentinoappuntamenti

DA FESTIVAL A FESTIVAL: ECONOMIA E MONTAGNA

I

n attesa di un Festival

dell’Economia

particolarmente ricco di presenze e di grossi nomi, dedicato alla “Mobilità sociale”, in programma a Trento

dal 29 maggio al 2 giugno, il mese di maggio si apre con il

Trento Film Festival, rassegna di proiezioni, di

incontri e serate alpinistiche. Ma parliamo di musica. Sono due gli appuntamenti di maggio a Rovereto che avranno come protagonista, seppure in forme diverse, Massimo

Zamboni

chitarrista prima dei Cccp e poi dei Csi. Il nome del musicista emiliano è inserito infatti nel cartellone di “Breviario Partigiano. Immagini e suoni per il settantesimo anniversario della Resistenza” organizzato dall’Anpi Rovereto. Il 12 maggio chiuderà al Teatro Sociale di Trento la rassegna di musica jazz con

Maria Schneider,

impegnata a dirige la TrentoVicenza Jazz Orchestra, con studenti e docenti dei conservatori di musica di Trento, Vicenza e Castelfranco Veneto con le note impreziosite dalla presenza del Fabrizio

Bosso

FABRIZIO BOSSO

D

iplomato a 15 anni al conservatorio Giuseppe Verdi di Torino, completa i suoi studi al St. Mary’s College di Washington DC. Nel corso della sua carriera ha avuto numerose collaborazioni con artisti quali Stefano Di Battista, Frankie hi-nrg mc, Claudio Baglioni, Paolo Fresu, Aldo Romano, Flavio Boltro e molti altri artisti di livello internazionale. Più di una volta si è esibito in pubblico insieme alla cantante jazz Chiara Civello. È costante la sua presenza all’Umbria Jazz Festival di Perugia. ]]Nel 1999 viene votato come “Miglior Nuovo Talento” jazz italiano da un referendum istituito dalla nota rivista Musica jazz. Nel 2003 partecipa al Festival di Sanremo 2003 con Sergio Cammariere con il brano Tutto quello che un uomo. Nel 2008 ha ricevuto una nomination e, in seguito, vinto l’Italian Jazz Awards - Luca Flores come Best Jazz Act. Partecipa inoltre al Festival di Sanremo 2008 con Sergio Cammariere. Nel 2009 partecipa nuovamente al Festival di Sanremo come ospite della giovane promessa Simona Molinari. Compare nella compilation Club Jazz Digs Lupin The Third (2010) con il brano Toward the Patrol Line. Nel 2011 ha accompagnato Raphael Gualazzi nel brano Follia d’amore risultato vincitore della categoria Giovani del Festival di Sanremo 2011 e nel giugno 2011 incide insieme alla London Symphony Orchestra e Stefano Fonzi “Enchantment” un tributo alla musica di Nino Rota in occasione dei cento anni dalla nascita. Nel 2012 suona nel nuovo disco di Ivana Spagna dal titolo Four, nella canzone Listen to your heart, e si è esibito con Nina Zilli sul palco del Festival di Sanremo 2012.

Quartet. Irene Grandi è tornata in azione con tanta voglia di graffiare con la sua musica e tanta, tantissima, voglia di riproporsi on stage come accadrà il 24 maggio a Trento per il concerto all’Auditorium S. Chiara, che chiuderà la prima parte della stagione di Musica d’Autore. Per il teatro, Martedì 5 e mercoledì 6, per il percorso

“Tendenze Prosa” al Teatro Cuminetti

l’Associazione Teatrale Pistoiese presenta “War now!”, uno spettacolo prodotto da Centrale Fies che nasce dall’incontro fra il regista lettone Valters Silis ed il Collettivo 106

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Teatro Sotterraneo, sollecitati dal centenario dello scoppio della Grande Guerra. E, infine, diamo un’occhiata in Alto Adige. dal 29 al 31 maggio, con il Festival

del Gusto, il centro

storico di Bolzano si trasformerà in un palcoscenico dei sapori, proponendo un variegato programma, incentrato sui prodotti di qualità dell’Alto Adige come lo speck, la mela ed il latte e con una novità...


trentinoappuntamenti 1 VENERDÌ Cultura FUMETTI IN VALLE DI LEDRO Valle di Ledro. Un fine settimana dedicato al fumetto per scoprire la Valle di Ledro in formato cartoon! Durante l’intero weekend i cosplayer animano il paese di Pieve mentre i fumettisti creano le loro tavole nei negozi, bar e ristoranti aderenti. Presso l’Oratorio di San Giuseppe di Pieve mostra delle tavole dei fumetti e mercatino dei prodotti agricoli nella Piazza di Pieve. Presentazione del fumetto “Una vacanza magica in Valle di Ledro” nel centro storico di Pieve. Alle ore 20.30 presso il Centro Culturale di Locca proiezione del film “Big Hero 6”, entrata gratuita. Info: Consorzio Per il Turismo Valle di Ledro - Tel. 0464.591222; booking@vallediledro.com; www.vallediledro.com/weekendcartoon . Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Un programma all’insegna di una ricca sezione di film narrativi e documentari d’autore che presentano racconti emozionanti di uomini in relazione agli spazi della natura, della montagna e dell’avventura. Oltre al programma cinematografico il festival propone anche incontri, mostre tematiche, spettacoli e una rassegna internazionale dell’editoria di montagna. Info: www. trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Teatro BASTA PARLAR MALE DELE DONE! Mezzolombardo. Ore 20.45. Teatro “S. Pietro”. Spettacolo di Roberto Pasquini con la “Filolevico” di Levico Terme. Per la 4a edizione di “Comedie a Mezombart”. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@ cofas.it; www.cofas.it.

Tradizione EXPO VALSUGANA LAGHI LAGORAI E TRENTINO CAVALLI LevicoTerme. Palalevico. Ore 1020. Tradizionale appuntamento con la mostra mercato nata per valorizzare il territorio della Valsugana e del Trentino Orientale con l’area del biologico ed espositori dell’artigianato, industria, commercio, sevizi e nuove tecnologie. Inoltre, in concomitanza, Trentino Cavalli, la rassegna di allevamenti locali con gare, spettacoli, convegni, animazione e concerti. Info: APT Valsugana, ufficio di Levico Terme Tel. 0461.727700.

2 SABATO Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Cultura FIORI VIE PALAZZI 2015 Trento. Ore 9-18. Via Belenzani. Laboratori, performance e molto altro.... Musica FUMETTI IN VALLE DI LEDRO Valle di Ledro. Un fine settimana dedicato al fumetto per scoprire la Valle di Ledro in formato cartoon! Concerto di Giorgio Vanni che canterà le sigle più famose dei cartoni animati nel Centro Culturale di Locca, biglietto d’ingresso € 5,00. Info: Consorzio Per il Turismo Valle di Ledro - Tel. 0464.591222; booking@vallediledro.com; www.vallediledro.com/weekendcartoon. Musica FESTIVAL MUSICALE CONTRASTI 2015 Trento. Castello del Buonconsiglio, via Bernardo Clesio 5. Ingresso libero. Ore 19: Compositrici nel ‘900 e nella contemporaneità, al-

Preparatevi all’estate al centro Benessere Greta presso Hotel Adige

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TRENTO – Loc. Mattarello – T. 0461.944545 www.adigehotel.it

cune esperienze. Conferenza a più voci. Relatori: Andrea Mattevi, Marco Longo, Valentina Massetti. Ore 20: Musica e genere. Compositrici. Concerto del Trio Motocontrario: Andrea Mattevi (viola), Margherita Franceschini (violoncello), Marco Longo (pianoforte) su musiche di Clarke, Ustvolskaja, Saariaho, Massetti. A seguire visita guidata al Castello, alle opere d’arte e affreschi (alla Loggia del Romanino) incentrati sul tema della figura femminile. Info: www. buonconsiglio.it; Tel. 0461.233770; info@buonconsiglio.it Teatro EL CAMP DEI FRATI Lavarone. Ore 20.45. Teatro-Cinema “Dolomiti”. Spettacolo di Peppino De Filippo - adattamento in vernacolo trentino di Silvio Castelli con la Filodrammatica “S. Floriano” di Lavarone. Per la 3a edizione di “Lavarone a Teatro”. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@ cofas.it; www.cofas.it. Teatro EN CASO DISPERÀ Tenno. Ore 20.30. Teatro. Spettacolo di Maria Pellegri Beber con la Filodrammatica “Tra ‘na roba e l’altra” di Cavrasto. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@cofas.it; www.cofas.it. Tradizione EXPO VALSUGANA LAGHI LAGORAI E TRENTINO CAVALLI LevicoTerme. Palalevico. Ore 1020. Tradizionale appuntamento con la mostra mercato nata per valorizzare il territorio della Valsugana e del Trentino Orientale con l’area del biologico ed espositori dell’artigianato, industria, commercio, sevizi e nuove tecnologie. Inoltre, in concomitanza, Trentino Cavalli, la rassegna di allevamenti locali con gare, spettacoli, convegni, animazione e concerti. Info: APT Valsugana, ufficio di Levico Terme Tel. 0461.727700.

3 DOMENICA Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Palazzo Roccabruna. Trento. Via SS. Trinità. Ore 18. “Sulle tracce della Grande Guerra. Itinerari escursionistici tra cime, trincee, caverne e postazioni nelle valli di Fiemme e Fassa, Primiero, Vanoi” (Curcu & Genovese) di Maurizio Capobussi. Presenta Carlo Martinelli. Tradizione FIERA DI SANTA CROCE 2015 Trento. Dalle 7 alle 19. Centro storico. Ritorna in centro città, la tradizionale Fiera di Santa Croce, meglio conosciuta, nel tempo e nei secoli, come “Fiera delle scale”. Info: www.comune.trento.it; Tel. 0461.884453; comurp@ comune.trento.it. Tradizione EXPO VALSUGANA LAGHI LAGORAI E TRENTINO CAVALLI LevicoTerme. Palalevico. Ore 1020. Tradizionale appuntamento con la mostra mercato nata per valorizzare il territorio della Valsugana e del Trentino Orientale con l’area del biologico ed espositori dell’artigianato, industria, commercio, sevizi e nuove tecnologie. Inoltre, in concomitanza, Trentino Cavalli, la rassegna di allevamenti locali con gare, spettacoli, convegni, animazione e concerti. Info: APT Valsugana, ufficio di Levico Terme Tel. 0461.727700. Tradizione FESTA DEI MELI IN FIORE Caldonazzo. Vie del centro. Protagoniste della festa, sono la fioritura e la mela, la cui coltivazione carat-

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trentinoappuntamenti terizza la campagna di Caldonazzo, tra l’abitato e il lago. Oltre a bancarelle con le mele, assaggi enogastronomici e artigianato, sono in programma musica e animazione per bambini. La manifestazione è arricchita dalla presenza del bancarelle. I ristoranti di Caldonazzo preparano per Voi il menù “dei meli in fiore” che potrà essere degustato nell’ora di pranzo e durante il corso della manifestazione. Info: APT Valsugana Tel. 046. 727700.

4 LUNEDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it.

5 MARTEDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it.

Cultura I GRANDI PROCESSI E LA STORIA DELLA REPUBBLICA Trento. Ore 17.30. Facoltà di Giurisprudenza, foyer, via Rosmini 27. Ciclo di incontri “Il Diritto in prima pagina”.Relatori accademici: Fulvio Cortese, Università di Trento, Emanuela Fronza, Università di Trento Interviene: Roberta Petrelluzzi, conduttrice e regista de “Un giorno in pretura”. Info: www.unitn.it/ giurisprudenza; Tel. 0461.281818 Musica FUNAMBOLISMI Trento. Ore 20.30. Aula Magna Liceo “A. Rosmini”, via Malfatti 2. Violini Nadia Carli, Marica Anderle; Viola Desy Rossi; Violoncello Giovanna Trentini; Voce recitante Chiara Turrini. Ingresso libero. Info: www.rosmini.tn.it; Tel. 338.2919656; nadiacarlimis@ gmail.com. Teatro WAR NOW! Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Lo spettacolo, prodotto da Centrale Fies all’interno del quadro tematico delineato dal progetto internazionale SharedSpace, nasce dall’incontro fra il regista lettone Valters S lis e il Collettivo Teatro Sotterraneo, sollecitati dal centenario dello

scoppio della Grande Guerra. War now! cerca di proiettare in avanti il senso del centenario allestendo un gioco che racconti la Terza Guerra Mondiale attraverso determinati meccanismi manipolatori, fra infowar (la guerra dell’informazione) e disinformacjia (la parziale o totale invenzione dei fatti) fino ai limiti del warporn dove, nella violenza dell’immagine, il divertimento anestetizza l’orrore. Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Salotto Letterario. Spazio espositivo MontagnaLibri. Trento Piazza Fiera. Ore 17. “Trentino Outdoor” (Curcu & Genovese) di Alessio Bertolli con Giulia Tomasi.

6 MERCOLEDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Vezzano. Ore 20.30. Presso il foyer del teatro, Fiorenzo Degasperi

presenterà il suo ultimo libro: “San Romedio. Una via sacra del Tirolo” ed. Curcu&Genovese. Info: www. curcuegenovese.it. Musica CONCERTO ORCHESTRA HAYDN: DIRETTORE STEFANO RANZANI Trento. Ore 20.30. Auditorium Santa Chiara, via Santa Croce 67. Stefano Ranzani, direttore; Stefano Ferrario, violino su musiche di Ludwig van Beethoven - Egmont: Ouverture, op. 84; Antonín Dvorák - Concerto per violino e orchestra in la minore, op. 53; Franz Schubert - Sinfonia n. 4 in do minore, D 417 “Tragica”. Info: www.haydn.it; n. verde 800.013952; info@haydn.it. Teatro WAR NOW! Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Lo spettacolo, prodotto da Centrale Fies all’interno del quadro tematico delineato dal progetto internazionale SharedSpace, nasce dall’incontro fra il regista lettone Valters S lis e il Collettivo Teatro Sotterraneo, sollecitati dal centenario dello scoppio della Grande Guerra. Info: www.centrosantachiara.it; n. verde 800.013952; info@centrosantachiara.it.

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Orario: lunedì-venerdì 8.30-12.30/14.30-18.30

IRENE GRANDI

NINA ZILLI

STEFANO BOLLANI

FRANCESCO TESEI

Una canzone scritta da lei per Sanremo, un tour teatrale che la vede protagonista assoluta e un nuovo contratto discografico: tante le novità che riguardano Irene Grandi in questo 2015 ancora sulla soglia, ma soprattutto tanti i suoi progetti che svelano una donna nuova, più ricca e complessa artisticamente, più consapevole.

Dopo il successo alla 65esima edizione del Festival di Sanremo con il brano Sola, primo singolo estratto dal nuovo disco “Frasi&Fumo” pubblicato il 12 febbraio per Universal Music, Nina Zilli torna alla dimensione live, quella che più la appassiona e le è congeniale come lei stessa ammette: “Sono una cantante, amo ogni posto dove si possa cantare! Che sia un teatro o un club, con quell’energia sudata e fumosa, con la ‘caldazza’ e l’umanità che ti avvolge a ogni nota”.

Indubbiamente uno dei pianisti italiani più geniali e creativi, personaggio istrionico capace di catalizzare l’attenzione del suo pubblico in modo quasi unico. Ideatore ed interprete di innumerevoli progetti musicali, in piano solo o insieme ad altri musicisti, è sempre estremamente affascinante ed unico.

La certezza di avere una privacy da difendere può risultare superflua, quasi ridicola se il nostro interlocutore è... un mentalista, uno che ti legge il pensiero. Un interlocutore davvero interessante, che sa cosa vuoi dire... prima ancora che tu l’abbia pensata: Francesco Tesei torna in teatro con “Mind Juggler”, una serie di giochi, esperimenti volti a farci stupire della potenza e potenzialità della comunicazione subliminale... per scoprire in leggerezza quanto sia importante stare all’erta e lontani dal rischio di essere manipolati.

TRENTO Auditorium S. Chiara 24 maggio 2015 ore 21

VERONA Teatro Romano 20 giugno 2015 ore 21.15

VERONA Teatro Romano 25 giugno 2015 ore 21.15

TRENTO Auditorium S. Chiara 10 ottobre 2015 ore 21

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trentinoappuntamenti 7 GIOVEDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it.

8 VENERDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Musica MUSICA E GIOCO Trento. Castello del Buonconsiglio, via Bernardo Clesio 5. Ingresso libero. Ore 19: Arti figurative e musica. Conferenza. Relatore Valentina Massetti. Ore 20: Musica e gioco. Concerto del Duo pianoforte quattro mani / due pianoforti Cosimo Colazzo-Maria Rosa Corbolini. Musiche di Satie, Casella, Poulenc, Šostakovič. A seguire visita guidata al Castello, alle opere d’arte e affreschi (alla Loggia del Romanino) incentrati sul tema della musica e degli strumenti musicali. Info: www.buonconsiglio.it; Tel. 0461.233770; info@ buonconsiglio.it Musica CONCERTO Rovereto. Ore 20.45. Sala Filarmonica. Lorenza Baldo violoncello; Yevheniya Lysohor pianoforte su musiche di F. Busoni, J. Brahms, N. Mjaskovskij, D. ostakovi . Info: www.filarmonicarovereto.it. Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Mezzolombardo, Sala Spaur, ore 17.30. “Io tinta di aria” di Nadia Ioriatti (Curcu & Genovese). Teatro I’M NOT A TOURIST Trento. Ore 21. Teatro Portland, Via Papiria, 8. drammaturgia: Cinzia Scotton; adattamento e regia: Mirco Corradini; in scena Andrea Deanesi, Emilia Bonomi, Simone Panza, Elisa Fedrizzi, Laurent Gjeci. Info: www.teatroportland.it; Tel. 0461.924470; prenotazioni@ teatroportland.it. Teatro HOTEL BUONRIPOSO Mezzolombardo. Ore 20.45. Teatro “S. Pietro”. Spettacolo di Saint Granier e Philippe Bonières con la Filodrammatica “La Sortiva” di Denno. Per la 4a edizione di “Comedie a Mezombart”. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@ cofas.it; www.cofas.it.

9 SABATO Cabaret CABARET DI MARIO CAGOL Levico Terme. Ore 20.45. Teatro “Mons. Caproni”. Spettacolo di e con Mario Cagol. Per la 13a edizione di “Franco&Daniela”. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@ cofas.it; www.cofas.it. Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it. Famiglia BLOCK AND WALL - URBAN BOULDER TRENTO Trento. Al via la IV edizione di Block & Wall sarà la più bella mai fatta: scaldate i polpastrelli, spolverate il crash, risuolate le scarpette che ci sarà da divertirsi! Info: Asd Block and Wall Via Cogni Zugna, 2 - Trento; info@blockandwall.com . Musica SOGNO RUSSO TRIO Vezzano. Ore 18. Teatro Valle dei Laghi. Un appuntamento con il più classico dei connubi musicali ovvero il duo violino e pianoforte delle sorelle Oksana ed Helena Tverdokhlebova che assieme al soprano Maria Letizia Grosselli presenteranno un programma tutto incentrato sulla musica russa di fine ‘800- inizio ‘900. Info: www. teatrovalledeilaghi.it. Teatro I’M NOT A TOURIST Trento. Ore 21. Teatro Portland, Via Papiria, 8. drammaturgia: Cinzia Scotton; adattamento e regia: Mirco Corradini; in scena Andrea Deanesi, Emilia Bonomi, Simone Panza, Elisa Fedrizzi, Laurent Gjeci. Info: www.teatroportland.it; Tel. 0461.924470; prenotazioni@ teatroportland.it. Teatro TUTTI AL CENTRO BENESSERE Mezzocorona. Ore 20.45. Teatro Parrocchiale. Spettacolo di Franco Kerschbaumer con la Filodrammatica “S. Gottardo” di Mezzocorona. Per la rassegna teatrale “S. Gottardo”. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@ cofas.it; www.cofas.it.

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trentinoappuntamenti Teatro EN CASO DISPERÀ Fiavè. Ore 20.30. Teatro. Spettacolo di Maria Pellegri Beber con la Filodrammatica “Tra ‘na roba e l’altra” di Cavrasto. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@cofas.it; www.cofas.it.

10 DOMENICA Cultura TRENTO FILM FESTIVAL DELLA MONTAGNA Trento. Rassegna cinematografica internazionale di film di montagna, esplorazione e avventura. Info: www.trentofestival.it; tel. 0461.986120; info@trentofestival.it.

11 LUNEDÌ Cultura CICLO DI INCONTRI “IL DIRITTO IN PRIMA PAGINA” Trento. Ore 17.30. Facoltà di Giurisprudenza, foyer, via Rosmini 27. l diritto penale ed i disastri ambientali: dalla tragedia di Stava ad oggi Relatori accademici: Antonio Cassatella, Università di Trento, Alessandro Melchionda, Università di Trento, Luigi Stortoni, Università di Bologna. Interviene: Carlo Ancona, Tribunale di Trento. Info:

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www.unitn.it/giurisprudenza; Tel. 0461.281818.

12 MARTEDÌ Musica MARIA SCHNEIDER CONDUCTS MARIA SCHNEIDER Trento. Ore 21. Teatro Sociale. Info: www.centrosantachiara.it.

13 MERCOLEDÌ Cultura #TUTTINRETE Trento. Ore 17.30. Biblioteca comunale - Sala degli affreschi. Un ciclo di incontri organizzati dalla Biblioteca comunale con l’obiettivo di far conoscere al pubblico la rete Internet nei suoi aspetti più discussi, ma anche e soprattutto a diffondere una cultura della navigazione in rete consapevole dei rischi e delle opportunità e libera da pregiudizi dovuti all’informazione sbagliata. Appuntamento con Ivan Bedini, informatico, coordinatore del CoderDojo e di altre attività di diffusione della conoscenza scientifica e informatica per ragazzi. Info: www.bibcom.trento.it Musica «ORCHESTRA HAYDN» Trento. Ore 20.30. Auditorium Santa Chiara, via Santa Croce

67. Concerto Orchestra Haydn: direttore Arvo Volmer; Klara Ek, soprano; Lucio Gallo, baritono; Coro da Camera Sloveno di Lubiana; Martina Batic, maestro del coro su musiche di Johannes Brahms: Un Requiem tedesco, op. 45. Info: www.haydn.it; n. verde 800013952; info@haydn.it. Musica L’ARCO DEL SOFFIO Trento. Ore 20. Castello del Buonconsiglio, via Bernardo Clesio 5. Ingresso libero. “Festival musicale Contrasti 2015”. Duo fisarmonicavioloncello, Margherita Berlanda (fisarmonica) Nicolò Nigrelli (violoncello). Musiche di autori del ‘900 e di oggi. Info: www.buonconsiglio.it; Tel. 0461.233770; info@buonconsiglio.it

14 GIOVEDÌ Musica DARK NOTES: LA MUSICA ILLUMINA L’ANIMA Trento. Ore 20. Sede Cooperativa IRIFOR, via della Malvasia 15. Concerti al buio 2015. Posti disponibili limitati, ingresso su prenotazione (0461.1959596 o irene.matassoni@irifor.it). Info: www.irifor.it.

15 VENERDÌ Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Trento. Ore 18.30. Sala Rosa della Regione, Piazza Dante. Presentazione del libro “Doveva essere per sempre” di Irene Cocco (Curcu & Genovese). Trento. Presenta: Pino Loperfido. Letture: Loredana Cont. Segue rinfresco. Ingresso Libero. Info: www.curcuegenovese.it.

16 SABATO Musica NOUVELLES ADVENTURES Trento. Ore 18. Sala Conferenze Fondazione Caritro, Via Calepina 1. Ingresso libero. “Festival musicale Contrasti 2015”. Riccardo Terrin (tromba), Marco Longo (pianoforte), Raul Masu (live electronics) su musiche di Colazzo, Massetti, Essl, Viel, Harvey, Di Furia. Info. www.motocontrario.it Esposizione MERCATINO DEL RIUSO E DELLA CREATIVITÀ Trento. Dalle ore 10 alle 19. Contrada Santa Maria Maddalena. (Via L. Marchetti - Via santa Maria Maddalena - Via Dietro Le Mura B - Via F. Ferruccio - Vicolo santa Maria Maddalena). Mercatino riservato ai privati con l’oggetto principale di promuovere le arti, la creatività


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17 DOMENICA Tradizione PEDALATA PER LA VITA EDIZIONE 2015 PergineValsugana. Caserma Vigili del Fuoco. , tradizionale appuntamento in sella dell’AIL -Associazione italiana contro le leucemielinfomi e mieloma- Trentino Onlus. La Pedalata è un percorso cicloturistico non competitivo aperto a tutti i cittadini senza limiti di età. Il ritrovo è fissato alle ore 8.00 a Pergine Valsugana presso la Caserma dei Vigili del Fuoco, in viale dell’Industria 4, mentre la partenza è prevista per le ore 9.30. Percorso Baby: 8 km con gimcana. Percorso Turistico: 12 km con gimcana. Percorso Esperti: 25 km (riservato a partecipanti con età superiore ad anni 12). Quota d’iscrizione: € 10,00 (ridotto € 8,00 per i minori di 12 anni). Info: APT Valsugana Tel. 0461.727760.

19 MARTEDÌ Teatro I (IO) SHAKESPERARE Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Info: www.centrosantachiara.it; n. verde 800013952; info@centrosantachiara.it.

20 MERCOLEDÌ Teatro I (IO) SHAKESPERARE Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Info: www.centrosantachiara.it; n. verde 800013952; info@centrosantachiara.it.

21 GIOVEDÌ Cultura #TUTTINRETE Trento. Ore 17.30. Biblioteca comunale - Sala degli affreschi. “Creatività e riuso: le opportunità della rete nel rispetto del copyright”.Appuntamento con Maurizio Napolitano, tecnologo della Fondazione Bruno Kessler e Digital Champion. Info: www.bibcom.trento.it Musica ORCHESTRA HAYDN Vezzano. Ore 21. Teatro Valle dei Laghi. Giacomo Sagripanti. direttore. Opere di Gluck, Beethoven e Mozart. Info: www.teatrovalledeilaghi.it.

Teatro LET’S SWITCH - FATE CAMBIO Trento. Ore 21. Teatro Portland, via Papiria 8. Spettacolo di Cinzia Scotton e Poyraz Turkay; regia di Poyraz Turkay con Alessio Dalla Costa, Anna Valerio, Michele Comite e Cinzia Scotton. Info: www. teatroportland.it;Tel. 0461.924470; prenotazioni@teatroportland.it.

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Tradizione BIAGIO DELLE CASTELLARE CastelloTesino. Partenza da Piazza Molizza. Rievocazione storica con sfilata da Castello Tesino a Pieve Tesino e ritorno a Castello per l’impiccagione del fantoccio. Info: APT Valsugana ufficio di Castello Tesino Tel. 0461.593322.

22 VENERDÌ Musica «ORCHESTRA HAYDN» Rovereto. Ore 20.45. Teatro Zandonai. Daniele Giorgi direttore su musiche di C. W. Gluck, L. v. Beethoven, W. A. Mozart. Info: www. filarmonicarovereto.it.

Curcu & Genovese Associati S.r.l. - Südtiroler Studio S.r.l. - riproduzione vietata

e l’artigianato domestico che non svolgono attività con carattere di impresa e che intendono esporre o vendere oggetti usati e da collezione, prodotti di artigianato hobbistico ed opere d’arte da loro realizzate. I partecipanti non potranno essere commercianti, né titolari di partita iva nell’ambito del commercio, né ambulanti, né antiquari. Info: www.amicitta.com.

Musica IL PUNTO E L’EFFUSIONE Trento. Sala Conferenze Fondazione Caritro, Via Calepina 1. “Festival musicale Contrasti 2015”. Ore 18.30: Le Percussioni. Un’opera e storie infinite. Presentazione del volume “Le percussioni”, di Guido Facchin, Zecchini editore con Guido Facchin. Seguirà intermezzo eno-gastronomico. Ore 20: Il punto e l’effusione. Concerto del duo Patrizia Boniolo (arpa), Guido Facchin (percussioni). Info: www. motocontrario.it Teatro LET’S SWITCH - FATE CAMBIO Trento. Ore 21. Teatro Portland, via Papiria 8. Spettacolo di Cinzia Scotton e Poyraz Turkay; regia di Poyraz Turkay con Alessio Dalla Costa, Anna Valerio, Michele Comite e Cinzia Scotton. Info: www. teatroportland.it;Tel. 0461.924470; prenotazioni@teatroportland.it.

23 SABATO Corsi COSTELLAZIONI FAMILIARI Zambana vecchia. Ore 15-18. c/o sede Associazione “Mana”. Metodo Bert Hellinger con Julijana Osti. Info: julijana.osti@libero. it - 320.0790075. Cultura COSTELLAZIONI FAMILIARI Zambana vecchia. Ore 15-18. c/o Associazione Mana. Metodo Bert Hellinger con Julijana Osti. Info: julijana.osti@libero.it; Cell. 320.0790075. Teatro LET’S SWITCH - FATE CAMBIO Trento. Ore 21. Teatro Portland, via Papiria 8. Spettacolo di Cinzia Scotton e Poyraz Turkay; regia di Poyraz Turkay con Alessio Dalla

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Costa, Anna Valerio, Michele Comite e Cinzia Scotton. Info: www. teatroportland.it;Tel. 0461.924470; prenotazioni@teatroportland.it.

24 DOMENICA Musica IRENE GRANDI IN CONCERTO Trento. Ore 21. Teatro Auditorium, via Santa Croce 67. Prevendita biglietti presso la redazione di Trentinomese - Via Ghiaie, 15 - Trento.

26 MARTEDÌ Teatro VOCI NELLA TEMPESTA Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Spettacolo con la Compagnia Teatrincorso/ Spazio 14. Regia e drammaturgia: Elena R. Marino. Con: Silvia Furlan, Silvia Libardi, Chiara Superbi. Info: www.centrosantachiara.it; n. verde 800013952; info@centrosantachiara.it.

27 MERCOLEDÌ Cultura FRANCO FARINELLI: GEOGRAFIE E PAESAGGI Trento. Ore 17.30. Sala Falconetto di Palazzo Geremia, via Belenzani 20. MASTERinvita 2015: incontri sulla conoscenza e gestione dei Beni naturali iscritti nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO. Incontro con Franco Farinelli. La partecipazione a MasterInvita è libera e gratuita previa iscrizione online sul sito www.tsm.tn.it. Info:

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www.tsm.tn.it; Tel. 0461.020060; step@tsm.tn.it. Teatro VOCI NELLA TEMPESTA Trento. Ore 20.30. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Spettacolo con la Compagnia Teatrincorso/ Spazio 14. Regia e drammaturgia: Elena R. Marino. Con: Silvia Furlan, Silvia Libardi, Chiara Superbi. Info: www.centrosantachiara.it; n. verde 800013952; info@centrosantachiara.it. Teatro LA GRANDE GUERRA MESCHINA Ala. Ore 21. Teatro G. Sartori. In occasione dell’entrata delle truppe italiane in Ala durante la Grande Guerra. Spettacolo con la Compagnia Le Falie. Drammaturgia, testi e regia di Alessandro Anderloni con Alessandro Anderloni narrazione, Raffaella Benetti canto Thomas Sinigaglia fisarmonica. Info: www.trentinospettacoli.it.

28 GIOVEDÌ Musica DARK NOTES: LA MUSICA ILLUMINA L’ANIMA Trento. Ore 20. Sede Cooperativa IRIFOR, via della Malvasia 15. Dark Notes: La musica illumina l’anima” è una rassegna musicale “al buio”: il pubblico in sala viene guidato da ciechi e ipovedenti a prendere posto a piccoli gruppi all’interno della sala, nella più completa oscurità. Questa situazione si rivela nuova sia per il pubblico sia per l’artista ed entrambi possono calarsi, sebbene per un tempo limitato, nella

condizione di privazione della vista ma allo stesso tempo percepire le vibrazioni della musica con gli altri sensi e creare un’atmosfera di empatia. Al termine della performance, della durata indicativa di 40/45 minuti, si apre uno spazio di dibattito in cui il pubblico può esternare le proprie sensazioni, fare delle domande agli artisti o alle guide non vedenti e ipovedenti. Posti disponibili limitati, ingresso su prenotazione (0461.1959596 o irene.matassoni@irifor.it).

29 VENERDÌ Tradizione MEZZOCORONA EXPÒ Mezzocorona. 18^ rassegna di attività economiche ed artigiane presso le Cantine Rotari di Mezzocorona. Info: www.mezzocoronaexpo.com.

30 SABATO Folklore SAGRA DEI PORTONI Fraveggio di Vezzano. La Sagra dei Portoni è l’evento che viene proposto nel borgo di Fraveggio per abbinare momenti sportivi e promozionali, iniziative di valorizzazione del territorio, attività ricreative per ragazzi e adulti, offerte di gastronomie tipiche locali. L’intento è far conoscere la cultura locale e il territorio attraverso l’attività sportivo-ricreativa e quello di recuperare tradizioni popolari ed etnografiche. Info: www.gsfraveggio.it.

Musica KATHARSIS 2015 CONCERTI DI PRIMAVERA Trento. Ore 18. Via Malpaga, 17 Sala Sosat. “La stagione con la musica contemporanea purificata”. Ingresso gratuito. Francesco Schweizer, pianoforte su musiche di Schubert e Scelsi. Info: www. arsmodi.it; info@arsmodi.it Tradizione MEZZOCORONA EXPÒ Mezzocorona. 18° rassegna di attività economiche ed artigiane presso le Cantine Rotari di Mezzocorona. Info: www.mezzocoronaexpo.com.

31 DOMENICA Folklore SAGRA DEI PORTONI Fraveggio di Vezzano. La Sagra dei Portoni è l’evento che viene proposto nel borgo di Fraveggio per abbinare momenti sportivi e promozionali, iniziative di valorizzazione del territorio, attività ricreative per ragazzi e adulti, offerte di gastronomie tipiche locali. L’intento è far conoscere la cultura locale e il territorio attraverso l’attività sportivo-ricreativa e quello di recuperare tradizioni popolari ed etnografiche. Info: www.gsfraveggio.it. Tradizione MEZZOCORONA EXPÒ Mezzocorona. 18° rassegna di attività economiche ed artigiane presso le Cantine Rotari di Mezzocorona. Info: www.mezzocoronaexpo.com.


trentinoscoop&news

ALLA “STROPAIA”, CUCINA A CHILOMETRO ZERO GIORGIO È IL PRINCIPE DEL TORTEL DE PATATE

IL SUGGESTIVO AGRITUR DI MIOLA DI PINÉ COMPIE SETTE ANNI

SABATO 25 APRILE, SI È TENUTA UNA GRAN TENZONE DE LO TORTEL DE PATATE IN CONTRADA LARGA A TRENTO

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e nostre tradizioni, come si sa, molte volte possono rappresentare una zavorra, un peso al nostro volerci aprire a nuove culture ed a nuovi stili di vita, mentre il bello è proprio rivivere i momenti di un tempo accompagnati dal cibo e dai suoi profumi e sapori, creando questi importanti momenti socio-aggregativi. Proprio per tali motivi, l’Associazione culturale Amici della Città in collaborazione con la Contrada Larga ed il Circolo Alpini Duomo, ha organizzato Sabato 25 aprile una Gran Tenzone de lo Tortel de patate in Contrada Larga - prima edizione presso Circolo Alpini Duomo – Vicolo Benassuti,1 - Trento. È stata un’occasione per non perdere tradizioni, momenti significativi dello stare insieme, che sono la base del nostro tessuto sociale e culturale. La giuria ha decretato: Principe del Tortel de patate de Trento, anno 2015 : Giorgio Dissegna del Circolo Alpini Duomo (Trento). A seguire, staccato di un solo punto, il Ristorante “Maso Finisterre” della Vela di Trento. Terzo posto: Ristorante “Da Germana” (Roverè della Luna). A sottoscrivere il risultato della tenzone, Mario Tonon (Gran Maestro della “Confraternita della torta de patate” di Sporminore), Giuseppe Casagrande (Presidente della Confraternita del Smacafam) e Stefano Grassi (ideatore ed organizzatore del Concorso Presidente dell’Associazione culturale Amici della Città e Priore delle Contrade de Trento).

o abbiamo chiesto a Sara, titolare assieme a Daniele, e lei ce lo ha confermato: l’Agritur “La Stropaia” non sta accusando la proverbiale crisi del settimo anno. Anzi. Sta registrando consensi e apprezzamenti sempre crescenti, anche grazie al passaparola. Sara e Daniele sono due giovani frutticoltori con una grande passione per l’ospitalità e per la ristorazione genuina. Chi meglio di un agricoltore può infatti offrire una cucina legate indistricabilmente alla Natura circostante? Sono quaranta i coperti che “La Stropaia” è in grado di offrire e per ogni cliente un’attenzione superlativa a tutto quanto può rendere felice un cliente: comodità, ricercatezza, affidabilità, ecosostenibilità e, ultimo ma non ultimo, lo scenario che, imponente, fa da corona alla struttura. Tanti i riconoscimenti che la struttura pinetana ha ricevuto in questi anni: dal marchio Ecoristorazione Trentino a diverse recensioni su guide e riviste specializzate. Inoltre, quattro ricette della Stropaia sul libro di Paolo Marchi “Cucina di Montagna Trentino”. Frutti di bosco, ortaggi, crauti: sono numerosi i prodotti a chilometro zero che si possono gustare dalla “Stropaia”. La cucina è tipica trentina, ma rivisitata per renderla più innovativa e fresca; il menù cambia mensilmente, rispettando in maniera rigorosa la stagionalità. Insomma, è questo un luogo tutto ideale per eventi da ricordare, ma anche per una semplice cena tra amici o di coppia. Agriturismo La Stropaia Via della Prestala, 20 38042 Baselga di Piné Tel. 0461.557578 Cell. 349.5703243 lastropaia@email.it Apertura: venerdì e sabato a cena, domenica a pranzo. È gradita la prenotazione.

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IL GEMELLAGGIO D’ARTE PROSEGUE LA GRANDE GUERRA IN TRENTINO. SULLA RAI

TRA STUDIO D’ARTE ANDROMEDA DI TRENTO E “PUCCINI” DI ANCONA

“TERRA DI MONTAGNA”, TRASMISSIONE PRODOTTA DALLA STRUTTURA DI TRENTO

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omenica 3 maggio (ore 9.40 circa su RAI3 ed in replica sul canale 103 del Digitale Terrestre alle ore 22.30) andrà in onda su RaiTre Regionale “Terra di Montagna”. Al suo interno, prosegue il Ciclo sulla Grande guerra in Trentino realizzato dalla Struttura di Programmazione della Sede Rai di Trento con la regia di Ugo Slomp. L‘undicesima puntata avrà come tema “Come si porta un uomo alla morte”. Mediante la scansione fotografica, lo storico Diego Leoni illustrerà il calvario che condusse Cesare Battisti all’impiccagione nel Castello del Buonconsiglio, l’esecuzione avvenne nella Fossa della Cervara, sul retro del castello. Una ricetta trentina per l’Expo: “Mille foglie di salmerino alpino delle acque del Brenta, con carpaccio di Asparagi bianchi di Zambana, su spuma di tarassaco e olio extravergine d’oliva del Garda trentino, con uova di trota, zabaione salato al profumo di rosmarino e Trento Doc”… sembrerebbe quasi il titolo di un film di Lina Wertmüller, ma è invece una leccornia gastronomica che lo chef Marcello Franceschi ha scrupolosamente preparato nella cucina di Palazzo Roccabruna, con la estroversa e cortese partecipazione di Paolo Massobrio, giornalista di economia agricola ed enogastronomia. Una escursione nella cucina trentina condotta da Patrizia Orsingher e curata dal regista Flavio Pedrotti. Nella puntata del 17 maggio, La quarta puntata di “L’Europa in trentino”, realizzato dalla RAI regionale in collaborazione con il Centro Europeo d’eccellenza Jean Monnet dell’Università di Trento, parlerà di immigrazione e di come quest’ultima deve essere vista come opportunità più che una sfida; per questo occorre una politica europea comune a tutti i paesi. Il programma è a cura di Stefano Uccia e condotto da Elisabetta Curzel. Continua l’appuntamento con gli chef del territorio che interpretano antiche ricette trentine con gusto e diletto 114

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emellaggio d’arte tra Trento e Ancona è il titolo di un progetto organizzato dallo Studio d’Arte Andromeda di Trento e la Galleria Puccini di Ancona. L’accordo tra le due associazioni prevede lo scambio annuale di artisti attraverso l’organizzazione di mostre d’arte nei due capoluoghi. Il progetto ha avuto inizio nel 2011 ed ha già visto la realizzazione nel capoluogo marchigiano delle mostre degli artisti trentini Luigi Penasa, Rosalba Trentini, Giordano Pacenza, Paolo Dalponte e nel capoluogo trentino degli artisti marchigiani Anna Maria Alessandrini, Patrizia Calovini, Francesco Lozzi , Rodrigo Blanco, Walter Paoletti. L’esperienza, che ha avuto un’ottima riuscita negli anni precedenti, che si è ripetuta quest’anno con l’esposizione dal titolo “Selvatica, animalità e spirito” ad Ancona, presso la Galleria Puccini dell’artista trentino Umberto Rigotti e quella dell’artista marchigiano Daniele Gigli a Trento. La mostra di Daniele Gigli dal titolo “Il mondo incantato” si è tenuta dall’11 al 24 aprile a Trento presso lo Studio d’Arte Andromeda in via Malpaga 17. personale, abbinando i vini più adatti per degustare al meglio la leccornia. Questa settimana la gara coinvolge lo chef Nicoletta Andreis che propone: “Canederlo in salvietta”. Domenica 31 maggio si ricorda l’anniversario del 22 maggio, la partenza dei profughi ledrensi per le terre Boeme. “In fuga dalla guerra”, è un film-documentario che racconta di relazioni, di intrecci tra persone di nazionalità e cultura diversa, tenuti ancora in vita dagli stessi figli dei protagonisti. Storie di coraggio e solidarietà, aneddoti, coincidenze per ricordare che “l’essere stati profughi” è una realtà di tante persone che ancora oggi, ogni giorno, incrociamo nelle nostre strade. Segue la quinta puntata di L’Europa in Trentino.


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OMAGGIO A LILIA SLOMP FERRARI “VITA DA CAGNI”: SUCCESSO DI PUBBLICO

IN UNA SALA “FOGOLINO” GREMITA NEL PALAZZO GEREMIA A TRENTO

SECONDA RECITA SECONDO EXPLOIT PER I “SENIORES” DELLA FILOLEVICO

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a sera del 21 marzo, dopo la recita al Teatro Caproni di Levico Terme di “Vita da cagni” di Renzo Francescotti, messa in scena dai “Seniores” della “Filolevico”, replicata la sera del 25 aprile, il sindaco Michele Sartori in un breve intervento con l’assoluta mancanza di retorica che lo contraddistingue, riferiva di un suo ricordo, forse risalente alla sua adolescenza, circa una recita, nello stesso Teatro Caproni, con la presenza di un pubblico di sole sette persone. Al contrario, la costante presenza di un grande pubblico alle recite dell’odierna stagione della Filolevico, sembra voler gratificare le indubbie fatiche dei componenti dell’associazione. In particolare la recita di “Vita da cagni” ha visto il tutto esaurito. La “piece” ambientata negli anni Settanta è caratterizzata da forti implicazioni politiche e sociologiche legate all’emigrazione in Germania. Un brillante Marco Pasquini ha dato prova di spontaneità e talento interpretativo nel ruolo di Ciano, il capofamiglia contadino e un po’ filosofo, costretto ad emigrare in Germania. Bianca Perina, la moglie Assunta, con un ruolo un po’ più defilato ma sempre presente, è risultata credibile in ogni dettaglio. Altrettanto efficace è risultato Pierino Vergot, il nonno Sperandio, nel continuo riferirsi al suo bagaglio di perenni ricordi di prigioniero in Russia della guerra 14/18. Anche una garrula e leziosa Chiara Bassetti, con Luciano Magnago nei ruoli meno centrali ma pur importanti, cioè la figlia Lina e il fidanzato tedesco Heinrich, hanno recitato con leggerezza e bravura. Gli altri personaggi come il figlio Gerardo, il cugino Celestino, il marocchino Mohamed e la vicina di casa Teresa, cioè Antonio Libardi, Umberto Uez, Marco Francescatti e Franca Pedrin, hanno completato il quadretto dando credibilità e una vena di casereccia comicità all’intera vicenda. Il regista Ferdy Lorenzi ha usato una mano lieve e sapiente nel coordinare il gruppo senza forzature e senza indulgere in manierismi.

a Sala “Fogolino” gremita nel Palazzo Geremia a Trento ha salutato la poetessa Lilia Slomp Ferrari nelle serata-omaggio che la “Pro Cultura” le ha dedicato. Presenti Lucia Maestri, consigliera provinciale, e Andrea Robol, assessore comunale alla Cultura che hanno portato il loro saluto, si è sviluppata una manifestazione molto ricca, coordinata dallo psicologo Renzo Luca Carrozzini, vicepresidente delle “Pro Cultura, con gli interventi di Elio Fox e Renzo Francescotti, scrittori e critici, la lettura di poesie di Antonia Dalpiaz e della stessa autrice, gli interventi musicali di Piergiorgio Lunelli, voce e chitarra, e di Alessio di Caro alle tastiere. Fox, prefatore di alcune raccolte dell’autrice, ha citato le dieci raccolte di versi della Slomp Ferrari, perfettamente ripartiti tra il linguaggio dialettale e quello nazionale; ha rievocato episodi della vita di Lilia; ha messo in luce la poetessa nella sua produzione dialettale, il suo linguaggio inconfondibile e imitato, contraddistinto dalla limpidezza e musicalità, dalla ricchezza delle immagini, dall’ispirazione alla natura e ai sentimenti umani in cui tutti si possono riconoscere. Renzo Francescotti, anche lui autore delle prefazioni di due libri di versi di Lilia, oltre che di recensioni e di un saggio su di lei, si è soffermato su “Nonostante tutto” (1991), il primo libro di poesie in italiano di questa autrice trentina ma conosciuta anche fuori regione. Già in quella prima raccolta di versi, che apre la produzione in italiano, appaiono tre tematiche fondamentali della Slomp Ferrari: le metafore fondate sui fiori, il gioco dei travestimenti e la magia nel quotidiano, in versi dal timbro inconfondibile che la pongono tra i maggiori poeti del Trentino e la situano oltre i confini provinciali.

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VETRINA ROMANA PER CINZIA E LA SUA “MILA” IL GRADITO RITORNO DI MEZZOCORONA EXPO LA RASSEGNA ORGANIZZATA DAGLI OPERATORI ECONOMICI ED ARTIGIANI MEZZOCORONA

IL CORTO DELLA ANGELINI È SOSTENUTO DA TRENTINO FILM COMMISSION E DALLA FONDAZIONE CASSA RURALE DI TRENTO

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itorna anche quest’anno da venerdì 29 a domenica 31 maggio la 18^ rassegna di attività economiche ed artigiane presso le Cantine Rotari di Mezzocorona, con inaugurazione ed apertura stand alle ore 18.00. Nutrito il programma con Orchids and Wine, Mostra mercato internazionale di Orchidee, Mastro Costruttore, evento in collaborazione con LEGO laboratori e vendita. Si prosegue con Bibliotecall’Aria, letture di fiabe e laboratori di creatività ad esse ispirati. Sarà presente anche Dragoland, il più grande parco giochi per bambini (trenino, animazione, pista kart, gonfiabili, giochi interattivi). Durante l’Expo si potrà ammirare dall’alto il territorio della Piana Rotaliana con un volo turistico a bordo di un elicottero della compagnia Elicampiglio. Mezzocorona Expò rappresenta un’occasione unica per le diverse categorie merceologiche. L’esposizione fieristica e il contatto diretto con un pubblico molto vasto permettono non solo di proporre prodotti e servizi, ma anche di dare visibilità alla propria attività e di consolidare l’immagine del proprio marchio. Gli stand particolarmente curati sono seguiti in tutti i particolari logistici ed organizzativi, allo scopo di creare un percorso coerente e agevolato per i visitatori, per facilitare il contatto tra espositore e cliente. Ingresso libero. Per info: http://www.mezzocoronaexpo.com

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ei giorni scorsi a Roma, presso la Sala Fellini di Cinecittà, si è tenuta la presentazione sugli ultimi aggiornamenti di “Mila”, il cortometraggio animato diretto da Cinzia Angelini. L’evento ha raccontato come “Mila” sia riuscita ad unire più di 200 professionisti volontari da 25 paesi diversi. “Mila” è il corto d’animazione 3D indipendente ideato nel 2007 da Cinzia Angelini per raccontare la storia di una bambina che vive la drammaticità della guerra. Il corto è ambientato a Trento, durante i bombardamenti del 1943 e si ispira alle storie raccontate dalla nonna e dalla mamma, all’epoca ancora bambina, della storyartist Cinzia Angelini; in Trentino è sostenuto dalla Trentino Film Commission e dalla Fondazione Cassa Rurale di Trento. Durante la presentazione è stata mostrata in anteprima una breve animazione di “Mila”: “Speriamo di finire l’anno prossimo, stiamo iniziando la terza sequenza di animazione su un totale di 6”, ha dichiarato Cinzia Angelini. Gli interventi degli addetti ai lavori hanno mostrato l’impegno e il tempo che il team di volontari impiega per ogni singolo frammento di “Mila”. Flavio Gargano, composer, ha parlato della realizzazione delle musiche e di come si relaziona con gli altri collaboratori della grafica. Lorenzo Pedergnana, texture artist, ha spiegato i vari passaggi tecnici del reparto di modellazione e texture: “Mila è divisa in singoli oggetti 3D (assets) che passano tutti per questi reparti nella fase di creazione per poi essere assemblati insieme in fase di layout così da poter vedere la scena completa del film”. Valerio Oss, visual effects supervisor, ha messo in evidenza come la proiezione 3D riesca a modificare e migliorare un “semplice” mattepainting 2D e creare un movimento di camera realistico e tridimensionale. Inoltre, parlando di rendering, Valerio Oss ha sottolineato il numero di ore totali necessarie per fare tutto il corto: circa 2 anni, che grazie all’ausilio delle renderfarm possono però essere notevolmente ridotte. Sono intervenuti anche Lorenzo Paoli, lead color stylist e Filippo Dattola, lead animator, Laura Zumiani, di Trentino Film Commission, nonché i referenti della Fondazione Cassa Rurale di Trento.


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PER L’ASSOCIAZIONE “SENZA CONFINI”, SUMMA 15 RACCOGLIE OLTRE 35MILA EURO L’APPUNTAMENTO ORGANIZZATO DA ALOIS LAGEDER HA NUOVAMENTE PROMOSSO LA COMUNITÀ DEMETER

sempre più richiesti e apprezzati dai consumatori”. Una due giorni in armonia con la natura dunque, dedicata a una sana enogastronomia di pregio, che ha offerto agli ospiti un susseguirsi di visite guidate della cantina e dei vigneti, seminari, verticali e degustazioni di raffinate etichette incluse le nuove annate di Alois Lageder. Da segnalare, tra le altre, la verticale del KRAFUSS Pinot Noir: un omaggio a Rarum, la raccolta delle annate storiche di Alois Lageder. Summa è ancora una volta una manifestazione benefica, al fianco di Aiutare senza Confini, l’associazione di volontariato ONLUS che ha l’obiettivo di aiutare i profughi della guerra civile in Birmania (Myanmar). Grazie alle quote d’ingresso, sono stati raccolti oltre 35.000 Euro che saranno interamente devoluti a progetti benefici rivolti soprattutto ai bambini che vivono nelle zone colpite dal conflitto. Nel 2011, infatti, la Tenuta Alois Lageder ha adottato la scuola per profughi “New Day” che si trova al confine tra la Thailandia e la Birmania (Myanmar). Qui circa 400 bambini profughi hanno accesso a un’istruzione semplice - in una scuola umile ma ben strutturata - oltre ad avere diritto a pasti sani e regolari. Ulteriori informazioni su Summa 15: www.summa-al.eu

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abato 21 e dominica 22 marzo 2015 si è svolta la diciassettesima SUMMA di Alois Lageder, l’appuntamento che da anni raccoglie a Magrè sulla Strada del Vino (BZ) l’eccellenza vinicola proveniente da tutto il mondo. Casòn Hirschprunn, palazzo rinascimentale del XVII secolo di proprietà della famiglia Lageder, e Tòr Löwengang, la cantina costruita all’interno dell’antica Tenuta, anche quest’anno hanno dato il benvenuto a circa duemila operatori e a numerosi giornalisti di settore, tutti provenienti da diversi paesi. La kermesse altoatesina ha nuovamente promosso Demeter, la comunità internazionale che controlla e certifica i prodotti biologico-dinamici (attualmente presente nei cinque continenti). Alois Lageder, figura di riferimento nell’evoluzione qualitativa enologica dell’Alto Adige e associato Demeter dal 2004, per questa edizione ha voluto riservare al marchio spazi di presentazione di rilievo, allo scopo di accrescerne la consapevolezza sia tra i visitatori che tra i produttori stessi. Oltra a una piattaforma interamente dedicata al primo piano di Casòn Hirschprunn, l’Associazione era presente anche negli altri piani, al fianco di diversi viticoltori. “In una logica aziendale, riteniamo fondamentale instaurare un rapporto di piena fiducia con un partner esperto e allo stesso tempo innovativo, che ci aiuti giorno dopo giorno a migliorare lo standard qualitativo dei nostri vini” ha dichiarato Alois Lageder, che ha aggiunto, in riferimento a Summa 15, “Siamo molto contenti di dare il benvenuto a vari produttori Demeter provenienti da diversi paesi, che presenteranno qui a Magrè i loro eccellenti vini biodinamici,

Alois Lageder e il figlio Clemens

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MOTORINO SICURO UN GIORNO PER CASO, CON EMANUELE FILIBERTO

UN CORSO PRATICO PER GLI STUDENTI DI TERZA MEDIA

GLI “INCONTRI” DI GIUSEPPINA

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ome è oramai risaputo, il motto di Giuseppina è: “Parola sacra”. E a condividerlo ci sono tutti i suoi amici ritrovatosi in quel di Bassano per un’asparagata: e che asparagata! Tra lo stupore dei presenti sono stati portati ben otto piatti di asparagi, cucinati in modo diverso e ad ogni portata si levava alto il mormorio di gradimento degli ospiti. Raccontava, dunque, la Nostra, che essendo stata invitata a Bolzano per l’arrivo di Emanuele Filiberto di Savoia, aveva rinunciato per un impegno precedente anche se meno eclatante, e... guarda caso che, subito dopo, trovandosi a Milano nel medesimo hotel avviene l’incontro appunto con Emanuele Filiberto. Lei gli racconta dell’aneddoto che lui ascolta piacevolmente divertito. Dopodichè una foto d’obbligo come da lui stesso suggerito.

Dall’alto, con Massimo e Isabella, con Emanuele Filiberto di Savoia, Stefy Alexandra e Giusy, Giorgio France e Guido (seduti) Giusy e principessa Gisela. Infine: Carla, Silvia, Lia, Lisa e Giò. 118

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nche quest’anno dopo le quattro ore di teoria rivolte ai ragazzi delle classi terze medie - aventi per oggetto le principali norme di comportamento alla guida dei ciclomotori - il Comando della Polizia Locale di Trento ha organizzato la 17^ manifestazione denominata “Motorino Sicuro” che si è tenuta in Piazza Dante dal 16 al 27 marzo scorsi. Per far provare ai ragazzi l’uso corretto del ciclomotore, è stato predisposto un percorso “protetto” sul listone, dove i motociclisti del Comando hanno insegnato i primi rudimenti per poter usare il ciclomotore in tutta sicurezza; sono perciò stati toccati i temi relativi all’accensione, alla corretta posizione da tenere in strada, alle norme di precedenza ai cartelli di Stop e dare precedenza, oltre al successivo spegnimento e stazionamento sul cavalletto. Durante la prova è stata inoltre spiegata la manovra di frenatura con particolare riguardo alla velocità. Come è noto, dal 19 gennaio 2013 i minorenni, compiuto il 14esimo anno di età, possono guidare il ciclomotore solo se muniti di patente di categoria AM, che ha sostituito il così detto patentino, che in precedenza abilitava alla guida dei ciclomotori. Nelle ore di “teoria” tenute nelle varie classi, gli argomenti trattati hanno spaziato dall’uso corretto del casco, alla distanza di sicurezza e tempo di reazione, a brevi cenni sulla guida sotto l’effetto di sostanze alcoliche, al corretto uso e controllo degli pneumatici. Sono state anche esaminate le principali segnaletiche orizzontale, verticale, semaforica e manuale, oltre alle varie circostanze in cui si verificano gli incidenti stradali. Alla fine dei dieci giorni, in cui il Comando della Polizia Locale ha dedicato il proprio tempo a questo progetto, si sono potute contare 36 classi per un totale di 903 alunni. A fare da partner all’inziativa, il Motoclub Civezzano che da parecchi anni mette a disposizione due ciclomotori da usare per la prova pratica.


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LA BOCCIOFILA PENSA ALL’AUTISMO IL BIODISTRETTO DELLA VALLE DEI LAGHI

L’US RONZONE SPORTINSIEME HA DETTO SÌ ALL’EDIZIONE 2015

DIVINNOSIOLA: GRANDE SUCCESSO PER LA PRESENTAZIONE

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ll’interno della kermesse DiVinNosiola, quando il vino si fa santo rientrava il tanto atteso appuntamento “Anteprima del Biofestival. Il Biodistretto si presenta”, che domenica 12 aprile ha raccolto il consenso del pubblico e destato immensa soddisfazione in quanti hanno organizzato l’evento e lavorato anno per anno per costituire il Biodistretto della Valle dei Laghi, che ha lo scopo di promuovere i prodotti bio, valorizzare il territorio e le sue peculiarità. A partire dalle 15, la Cantina Toblino, negli spazi esterni scaldati da una splendida giornata primaverile, ha ospitato i laboratori e le degustazioni dei prodotti bio e l’Ufficializzazione del Biodistretto della Valle dei Laghi che ha preso il via con l’intervento di Luca Sommadossi - Presidente Comunità della Valle dei Laghi, l’introduzione di Elda Verones - Direttrice di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e il discorso di Michela Dallapiccola - Assessore all’Agricoltura, foreste, turismo e promozione, caccia e pesca della Provincia autonoma di Trento. L’interesse della comunità della valle era evidente per il numeroso pubblico e i molti addetti ai lavori, che hanno assistito anche alla presentazione dell’Associazione “Biodistretto della Valle dei Laghi”; sono intervenuti Bruno Luterotti - Presidente della Cantina Toblino e Marco Pisoni per l’Associazione Vignaioli del Vino Santo Trentino D.O.C..

opo un ventennio di tornei bocciofili estivi mirati a raccogliere fondi per aiutare soggetti disabili con gravi difficoltà motorie mediante l’acquisto di carrozzine o altre attrezzature ortopediche, dopo oltre un decennio di concreto sostegno ai vari progetti che l’UNICEF ha messo in campo a favore dell’infanzia in difficoltà, la tradizionale maratona bocciofila promossa dall’US Ronzone Sportinsieme pensa all’autismo dedicando le attenzioni ad una importante iniziativa regionale firmata dalla Fondazione Trentina per l’Autismo che si interessa della realizzazione del Centro Sebastiano, struttura di riferimento per disabilità autistica che troverà realtà a Coredo in Valle di Non. Già lo scorso anno l’iniziativa denominata “Sport & Solidarietà” ha scelto come beneficiari finali i soggetti autistici cambiando dunque lo scopo ma rimanendo invariato lo spirito altamente solidale degli sportivi, i bocciofili dal cuore buono che dagli anni 80 sono entusiasti portatori di entusiasmo per aderire all’invito dell’US Ronzone Sportinsieme che quest’anno arriva a contare ben 35 edizioni della popolare maratona. Ecco dunque lo sport come strumento di Amicizia e di Solidarietà con un appuntamento che è diventato ormai un punto fermo per gli appassionati delle bocce che anno dopo anno mettono il sigillo più autorevole all’impegno non certo facile dell’US Ronzone Sportinsieme che propone questa 35esima edizione della maratona interamente sulle corsie del bel bocciodromo Conca Verde di Amblar messo a disposizione da quella amministrazione comunale da anni ormai vicina con disponibilità e sensibilità all’organizzazione del sodalizio di Ronzone (Carlo Recla) Alle 17.30 ha preso il via la tavola rotonda dal titolo “Un’opportunità tutta bio!”, moderata dal giornalista Walter Nicoletti. Sono intervenuti autorevoli relatori appartenenti al mondo del biologico in provincia di Trento: Federico Bigaran - Ufficio per le produzioni biologiche della Provincia autonoma di Trento, Loris Cimonetti - Presidente “Distretto biologico della Val di Gresta”, Angelo Giovanazzi - Presidente Associazione “Baldensis” di Brentonico e Roberto Vettori - Direttore Coop sociale “Progetto ‘92”. 119

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IL LIBRO DEL MESE

CARLO MARTINELLI PREMIATO A DOLO (VE) CON IL PREMIO GIORNALISTICO DEL “PANCHINA DOC TRIVENETO” PER LA SUA LUNGA CARRIERA

AD AFFASCINARE ED ATTRARRE UN PUBBLICO SEMPRE PIÙ AMPIO, SOPRATTUTTO ITALIANO, È STATA LA GUERRA DI MONTAGNA. A VENT’ANNI DALLA PRIMA EDIZIONE, CURCU & GENOVESE RIPUBBLICA “LA GRANDE GUERRA NELLE VALLI LADINE” DI LUCIANA PALLA

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opo più di 20 anni dalla prima edizione (Franco Angeli 1991) esaurita da tempo, riproponiamo in forma di ristampa anastatica questo volume, rispondendo alla richiesta di tanti appassionati e studiosi della grande guerra. A partire da quel lontano 1991 è cresciuto in maniera esponenziale l’interesse per il primo conflitto mondiale, trovando il suo culmine nel centenario 1914/15 – 2014/15. Ad affascinare ed attrarre un pubblico sempre più ampio, soprattutto italiano, è stata la guerra di montagna. Sulla scia del coinvolgimento emotivo che la vita del soldato suscitava, lungo il fronte che correva sulle cime dolomitiche sono stati ricostruiti ed attrezzati percorsi di guerra a scopo turistico, recuperando trincee, caverne, postazioni, ricostruendo baracche, in progetti che vanno da un’approssimazione travisante a rievocazioni storiche più rispettose dei “fatti”. Sono nati numerosi i musei della grande guerra, che oltre ad uno

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opo Bruno Pizzul e Roberto Beccantini quest’anno è toccato al nostro collaboratore Carlo Martinelli vincere il premio giornalistico del “Panchina Doc Triveneto”. Nella prestigiosa cornice della quattrocentesca villa Cà Zane Martin di Sambruson di Dolo (Venezia), infatti, si è svolta la sesta edizione dell’evento. Di assoluto rilievo i personaggi dello sport premiati dalla giuria, composta da imprenditori, appassionati di sport e giornalisti con la collaborazione della rivista Business Shoes. Fin dalla sua costituzione, il premio Panchina Doc del Triveneto è motivato da una finalità benefica e i fondi raccolti durante la serata di premiazione attraverso la vendita di maglie, palloni e gadget firmati dai campioni dello sport che sostengono l’iniziativa, sono interamente devoluti all’Associazione Team For Children Onlus presieduta da Chiara Azzena Girello, intervenuta nel corso della serata. Il premio Panchina Doc è andato a Paolo Nicolato (Campione d’Italia Primavera con il Chievo, primo posto al Beppe Viola di Arco). Il premio Panchina Doc per la scherma se l’è aggiudicato Beatrice Vio (Campione del mondo paralimpico di scherma), Miguel Martinez Mendez ha vinto quello per il basket (uno scudetto, due coppe Italia e due Supercoppe alla guida della Famila Wuber Schio femminile), Sara Cardin quello per il karate (Campione mondiale seniores), Daniel Niero nel pattinaggio (Campione del mondo pattinaggio 10mila metri e maratona), Giulia Compagno nel Kick Boxing (Campione del mondo kick light). 120

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trentinolibreria Paolo Caroli Le battaglie di Joan Baez La voce della nonviolenza Margine Mito del pacifismo, voce limpida e passionale, inarrivabile, maestra del folk, Joan Baez è l’artista della scena musicale della seconda metà del Novecento che più ha contribuito alla formazione di un’opinione pubblica antimilitarista e “democratica” in America e in Europa. Il libro ripercorre le instancabili battaglie civili e politiche della Signora del Folk, dall’opposizione alla guerra del Vietnam alla Cecoslovacchia, dal Cile alla Cambogia, gli amori (Bob Dylan) e i maestri (Pete Seeger), le lotte per l’ambiente e per l’eguaglianza, fino alle nuove frontiere nell’era Bush e anche sotto Obama, dalla parte di Occupy Wall Street. Sempre in prima linea.

Olga Grjasnowa Tutti i russi amano le betulle Keller Maša è giovane e testarda, è un’azera ebrea, ma quando serve anche turca o francese. Conosce cinque lingue e sa cavarsela in ogni situazione come molti altri ragazzi della sua età. Vive con il fidanzato Elias e i suoi migliori amici sono musulmani che lottano quotidianamente per ottenere i permessi di soggiorno. Maša ha quasi completato gli studi per diventare interprete e sperare così in una carriera alle Nazioni Unite quando, improvvisamente, qualcosa di imprevedibile e di tragico interviene a scombinare i piani e la lascia sola davanti alla sua sofferenza e al suo destino. Decide allora di abbandonare tutto e di andare in Israele dove affronterà un passato che l’ha tormentata per anni. Olga Grjasnowa sa muoversi con acume e ironia tra quelli che sono temi essenziali del nostro tempo, quali la multiculturalità, l’amicizia, le proprie origini.

scopo divulgativo, hanno anche quello di attrarre e stupire il visitatore: si è scoperto che la prima guerra può essere un ottimo mercato. Il titolo del volume Fra realtà e mito anticipava e presagiva un fenomeno di “mitizzazione” di quella guerra che affascina ancora molti ma ha contribuito poco a far conoscere quello che essa è stata nella sua complessità e nella sua terribile prosaicità. Con questa ristampa si vuole riproporre una storia delle comunità dolomitiche in guerra inquadrata nello scenario politico e sociale del tempo: un incrocio di fonti dagli archivi statali italiani ed asburgici a quelli locali, parrocchiali e comunali, a testimonianze di vita, permette di avere un’ampia visione d’insieme dei meccanismi messi in atto dalla guerra, e di collegare, ad esempio, le vicende dei profughi di Livinallongo a quelle delle popolazioni evacuate sul fronte orientale, le traversie dei prigionieri ladini in Russia a quelle dei soldati russi prigionieri nella Ladinia, la vita di guerra nelle valli dolomitiche alla vita delle stremate popolazioni austriache. Lo scopo del volume era, e lo è ancor oggi, quello di sfatare idealizzazioni e “miti” che si sono depositati nel tempo all’interno della memoria storica delle comunità ladine, per far luogo a distanza di un secolo ad una ricostruzione degli eventi basata su uno studio accurato delle fonti documentarie. Dalla prima edizione di questo volume sono stati pubblicati molti importanti studi sulla prima guerra in Trentino e in Friuli-Venezia Giulia. Inoltre sono stati approfonditi temi fino ad allora poco noti, come la storia dei prigionieri, dei

Enrico Maria Massucci Attraversare la Grande Guerra: percorsi a soggetto, 1914-2014 Fondazione Museo storico Non è facile orientarsi nel labirinto di eventi che formano la storia del primo conflitto mondiale. Un passaggio epocale che ha segnato la storia planetaria del Novecento e che continua in qualche modo a proiettare le sue tragiche ombre anche sulla contemporaneità. L’Autore non vuole certo offrire con questo suo lavoro una panoramica esaustiva degli studi e dei testi che si sono occupati di tale storia, ma, più semplicemente, proporre al lettore – occasionale o interessato, ignaro o esperto – alcuni percorsi di lettura che possano facilitare l’approccio a una tematica assai complessa, evidenziando soprattutto prospettive di ricerca e interrogativi irrisolti. Una guida con la quale attraversare questo nostro passato, ma anche uno strumento per rendere doveroso omaggio a quanti si sono impegnati a indagarlo, studiarlo e comprenderlo.

disertori, la guerra dei bambini, la follia che travolse tanti uomini-soldati, ecc. Riportiamo solo i nomi di alcuni degli autori che hanno aperto nuovi orizzonti di studio sulla grande guerra negli ultimi vent’anni. Dal fronte trentino-dolomitico a quello dell’Isonzo, dal fronte russo ai Balcani, ricordiamo in primis le storie di Quinto Antonelli, il volume sulla Galizia di Gianluigi Fait, le pubblicazioni a cura del Laboratorio di storia di Rovereto, le ricerche di Lucio Fabi, Paolo Malni, Marina Rossi, i contributi di Gerd Pircher, Oswald Überegger. Come strumenti essenziali per capire la prima guerra facciamo riferimento, fra gli altri, limitandoci ad autori italiani, agli studi di Bruna Bianchi, Emilio Gentile, Antonio Gibelli, Mario Isnenghi, Giovanna Procacci. (Luciana Palla)

Luciana Palla

La Grande Guerra nelle Valli Ladine fra realtà e mito Curcu & Genovese (Euro 18,00)

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Volti nella Storia

la frase

Per saperne di più:

“Girando per le nostre valli, non mancavo di ammirare tante bellezze naturali, che mi invaghivano di riprodurle in fotografia”

Stefania Lucchetta, Lo sguardo obiettivo: Giovanni Battista Unterveger e l’illustrazione fotografica del territorio, Fondazione Museo storico del Trentino Archivio fotografico delle Società Alpinistica tridentina, Casa della Sat, via Manci 57, Trento

GIOVANNI BATTISTA UNTERVEGER (1833-1912) ETÀ

Giovanni Battista Unterveger nacque a Trento nel 1833. Di famiglia modesta, dimostrò fin da piccolo di avere delle doti artistiche, dilettandosi spesso e volentieri con il disegno. Quando ebbe l’età giusta, i suoi genitori decisero allora di mandarlo a lavorare come apprendista nella bottega di un pittore, dopodiché, nel 1846, Giovanni si iscrisse ad una scuola di disegno.

to quanto ritornare nella sua città. Una volta rientrato a Trento, decise quindi di procurarsi l’attrezzatura necessaria e mettersi in proprio. La sua primissima fotografia, ancora conservata, ritrae un gendarme austriaco.

attrezzò allora con una carrozzina nera adattata a camera oscura, con la quale si muoveva per il Trentino, trasformando i suoi scatti in fotografie in poco tempo.

LA MONTAGNA

IL TRENTINO

IL PRIMO MAESTRO

Tra i banchi di scuola, il maestro Agostino Perini lo prese in simpatia, tant’è che lo aiutò nello sviluppare le sue doti creative, fornendogli preziosi consigli sulle tecniche del disegno manuale, ma cercando di offrirgli anche una solida base culturale, oltre che un sostegno economico.

IL MAESTRO CHE NON VOLEVA INSEGNARE

Nel 1854 Giovanni era pronto per uscire dall’istituto e iniziare il suo primo lavoro: accompagnare come apprendista il fotografo ambulante Ferdinando Brosy, di origini prussiane. Viaggiando nelle città dell’Austria e della Germania a seguito del suo maestro, il giovane si occupava di ritoccare ritratti e miniature. Brosy infatti, uomo geloso e dispotico, non era molto disposto a tramandare i suoi segreti professionali al ragazzo, e decise anzi di liberarsene prima che scadesse il contratto di apprendistato.

FOTOGRAFO

Il giovane Unterveger non si lasciò scoraggiare e riuscì di nascosto a carpire qualche segreto del mestiere a Brosy. Viaggiare all’estero non lo attraeva tan122

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In breve, Unterveger cominciò a estendere il proprio nome, scattando ritratti da Trento a Rovereto, fino a Riva ed Arco. Dopo qualche anno la sua tecnica era ormai consolidata e nel 1862, sentendosi sicuro, decise di intraprendere un progetto ambizioso: documentare il territorio Trentino in maniera sistematica, spostandosi attraverso le sue valli.

CARROZZINA OSCURA

Per modernizzare la sua tecnica di lavoro, Giovanni non esitò ad adottare il nuovo composto a base di collodio, scoperto dall’inglese Federick Scott-Archer, che faceva da supporto ai sali d’argento. Questo metodo permetteva di velocizzare la ripresa di molto, poiché aveva bisogno di uno sviluppo istantaneo e quindi di una camera oscura a portata di mano. Per poter lavorare al meglio, Giovanni si

Grande amante della montagna, Unterveger dedicò una parte del suo lavoro anche a ritrarre gli splendidi panorami alpini del Trentino. Tra i primi iscritti alla Società Alpinistica tridentina (SAT), realizzò su commissione del gruppo una serie di scatti montani: sfidando le talvolta avverse condizioni climatiche pur di immortalare per sempre quelle cime maestose.

L’EREDITÀ

Giovanni Unterveger morì il 7 gennaio del 1912, lasciando alla memoria trentina un innumerevole quantità di scatti, raccolti nel “Catalogo delle vedute fotografiche del Trentino”, terminato nel 1890, che comprende ben 1.086 vedute del Trentino di allora. Il figlio Enrico, (1876-1959) irredentista, proseguì l’attività del padre, primo fotografo della storia trentina.

hanno detto di lui “La sua è una vera e propria ‘disciplina del guardare’ tuttora utile esempio per tentare di uscire dal lungo sonno nel quale siamo stati troppo a lungo immersi” (Floriano Menapace, Giornale “Sentire”)


trentinoristorante

Il ristorante

IN OGNI NUMERO trentinomese VI PROPONE UN RISTORANTE PROVATO PER VOI Il ristorante presentato in questa rubrica è una libera scelta redazionale. Il nostro giudizio anche se critico, è espresso in “cuori” perchè, comunque, il difficile lavoro del ristoratore merita rispetto.

Segnalazioni e commenti: info@trentinomese.it

CASTEL PERGINE SAPORI NUOVI AL CASTELLO Castel Pergine è certamente uno dei posti più affascinanti del Trentino, e in questo periodo dell’anno – con le fioriture – ancora di più. La cucina, poi, oggi è decisamente interessante. Ai fornelli adesso c’è un giovane cuoco che, prima di approdare al maniero, ha potuto fare esperienze in locali di livello come Malga Panna, una Stella Michelin a Moena, o a Villa d’Este sul lago di Como. La sua cucina è creativa al punto giusto e gioca con ingredienti di qualità locali e, in qualche caso, extraregionali. Tre i menu a disposizione (quattro portate a 39 euro vini esclusi, a 53 euro con l’abbinamento vini), da cui si può attingere anche per ordinare alla carta. E così noi ci siamo divertiti a scandagliare le proposte, trovando tutti i piatti ben fatti. Interessante la zuppetta di crostacei, latte di cocco, lime e peperoncino (attenti però, nel nostro caso la mano sul piccante era andata forse un po’ troppo pesante); bella l’idea, e decisamente gustosa, la crema bruciata di Vezzena con uova di quaglia, germogli e funghi primaverili; buoni i cappelletti di pomodoro alle melanzane, salsa di caprino alla vaniglia e guanciale affumicato, così come i ravioli di ricotta di capra con asparagi e speck croccante. Tra i secondi, abbiamo provato il tris

TE EDIZRI ZA ONE

di coniglio con agretti e purea di patate al polline (gustoso), il capretto in umido con purea di patate e zucca, peperoni e una spuma di limone che onestamente poteva anche essere evitata (il resto del piatto era ben fatto) e la tagliata di manzo su letto di rucola con contorni del giorno. Il capitolo dolci ci ha gratificato, specie la crema bruciata al miele di acacia con mousse allo yogurt e biscotto al burro e il soffice di zafferano con gelato allo yogurt e pere. Tutta la pasta è fatta in casa e anche il piatto di tagliatelle al pomodoro chiesto per un piccolo ospite che era con noi ci ha stupito: delizioso. Pane casalingo decisamente convincente, cantina interessante, dove anche un navigato wine lover può trovare di che divertirsi a prezzi onesti. CASTEL PERGINE Via al Castello 10 Pergine Valsugana (TN) Tel. 0461 531158 Aperto tutti i giorni, tranne il lunedi a pranzo Apertura stagionale dal 2 aprile al 9 novembre 2015

CIBO ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ AMBIENTE ♥ ♥ ♥ ♥ ♥ PREZZO ♥ ♥ ♥ ♥ ♥

LA CUCINA

delle nostre Valli

100 RICETTE CREATIVE NEL RISPETTO DELLE TRADIZIONI TRENTINE

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trentinolavignetta

Le lune di Kako / di Flora Graiff

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ella “road map” delle riforme con cui il Governo intende “cambiare verso” all’Italia, ora è il turno della scuola. L’hastag c’è già, #labuonascuola, non resta che aspettare la pronuncia del Parlamento sulle lineeguida varate dall’esecutivo: assunzioni solo per concorso dopo la stabilizzazione di oltre 100 mila precari, più ore di arte e inglese, alternanza lezioni-lavoro, bonus per i docenti più bravi, voucher di 500 euro per spese culturali, più strumenti e poteri ai presidi, detrazioni fiscali per gli iscritti alle paritarie.,

FLORA GRAIFF

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artoonist e giornalista pubblicista, vive fra Merano e Trento. Dopo aver studiato restauro a Firenze e xilografia con Remo Wolf, crea Kako, bimbo protagonista di una strip seriale lanciata dalle riviste Linus e Snoopy e poi approdata sul web. Artista eclettica,

ha al suo attivo anche radiodrammi per la Rai, vignette satiriche per quotidiani, tavole per l’Atlante delle Guerre e pastelli per plaquettes di poesie inedite di Alda Merini, Ezra Pound, Salvatore Quasimodo e Marina Cvetaeva. Tra i critici che hanno scritto di lei Enrico Crispolti e Luca Beatrice.


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