Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Trento. Contiene i.p.
ANNO XXII N. 267
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MAGGIO 2014 9 771724 550829
ISSN 1724-5508
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appuntamenti, incontri e attualità trentina
CENTRO SOCIALE BRUNO E BALUARDO DI CASAPOUND: “ODIAMOCI COSÌ APPASSIONATAMENTE”
UNA TRENTO SEMPRE PIÙ SMART IMMAGINATE UNA TRENTO FUTURA ANCORA PIÙ VERDE, PIÙ INTELLIGENTE, DOVE SPOSTARSI SIA MENO PROBLEMATICO. ECCO IL PROGETTO PRELIMINARE DI UN RAGAZZO TRENTINO, PER UNA MOBILITÀ PIÙ SOSTENIBILE NELLA NOSTRA CITTÀ...
FÈ UN CAF SA A CA SICISTA U M L E D ENRICO N MERLI
I MILLE “TESORI” DELL’ASILO “ROSMINI” DI ROVERETO LUCIO GARDIN DAL CABARET AL CINEMA “IMPEGNATO”
QUINTA PUNTATA
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RING di Pino Loperfido
di Tiziana Tomasini
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a mali estremi LA LUNGA NOTTE AL PRONTO SOCCORSO
QUEL BRIVIDO DELLA PIPÌ CHE SCATTA DAVANTI A UN “MI PIACE”
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econdo un recente studio condotto dall’Università del North Carolina, ogni volta che riceviamo un “Mi Piace” su Facebook il nostro organismo rilascia una piccola scarica di dopamina, il neurotrasmettitore che viene coinvolto nei fenomeni di dipendenza. Sì, insomma, una specie di piccolo orgasmo. Dice: bene, visto che a sesso in questa società si va sempre peggio, comunque ci resta Facebook a fornire certi stimoli. Forse è per questa ragione che tra i post che si cuccano nella rete di Zuckenberg sempre più impera la banalità. Va da sè che più insignificante è il post, più intenso è l’orgasmo (sì, vabbè, è più eccitante il “brivido della pipì” per quello, ma si fa per dire...). Ora, che la permanenza su Facebook si possa paragonare ad una moderna forma di onanismo è fuori discussione. Fin che si buttava giù un testo fatto come Dio comanda (tesi, antitesi, sintesi, ecc.) per affermare o proporre qualcosa ai lettori la cosa era più che accettabile: la novità stava nel fatto che anziché scrivere su un mezzo di carta lo si faceva su uno digitale che costa meno, ha una pubblicazione immediata e arriva ad un sacco di gente. I guai sono iniziati proprio quando gli utenti hanno cominciato a lasciare il posto ai proprio alter ego più narcisistici, egoistici, egocentrici, edonisti scoprendo appunto questa curiosa nuova forma di adorazione che sono i “mi piace”. Sui computer di mezzo mondo hanno cominciato a fare la loro comparsa mistiche affermazioni sul tempo, sulla politica, sullo stato psicofisico; curiose geolocalizzazioni rese pubbliche per far sapere ad amici e conoscenti di essere al ristorante di Mantova, a correre, al Pronto Soccorso dell’ospedale di Cles, sul treno per Rovereto, in attesa del volo per Francoforte o dell’elefante per Nuova Dehli; artistiche fotografie che ritraggono la portata che si sta per degustare (ehm...), i componenti della tavolata, la torta, ecc.; commossi ricordi del cantante, dello scrittore, dell’attore appena deceduto...; il titolo del film che si sta guardando, della canzone che si sta ascoltando... E così via. Ad accomunare tutte queste pratiche, l’attesa morbosa dei “mi piace” che si fa spasmodica a mano a mano che passano i minuti. Pare impossibile che dopo ben cinque minuti nessuno abbia ancora apprezzato il nostro “scritto” o la foto di gruppo scattata con la nonna al ricovero. Ecco che stiamo quasi per rinunciare, quando dalle oscure profondità del web arriva, timidissimo e impalpabile il primo “like”. Eccolo il brivido... La Dopamina... L’orgasmo... Anzi, no. È proprio lo stimolo della pipì che, a furia di stare come un torta davanti al telefono, ora si è fatto improrogabile.
gni tanto, sfortunatamente, succede. Accade di doversi necessariamente rivolgere al servizio sanitario di Pronto Soccorso. Nulla di straordinario se non fosse per i tempi di attesa, che possono dilatarsi per quanti non presentino patologie ritenute gravi, ovvero da “codice rosso”. In un anonimo mercoledì, in quella che dagli esperti del settore viene definita “l’ora di punta”, cioè la fascia oraria che comprende il tardo pomeriggio – sera, vediamo l’affluenza crescere in modo continuo e costante. L’ampia sala adiacente all’accettazione è praticamente al completo: molti guardano più o meno stancamente il televisore, altri scrutano il display con l’ordine di visita, tanti chattano con cellulari e varia tecnologia, alcuni intermezzano l’attesa sgranocchiando i prodotti dei distributori automatici. Nel trascorrere lento delle ore, viene spontaneo raccontarsi ed ascoltare le disavventure altrui: c’è il ciclista incerottato, caduto in ciclabile ai 40 km all’ora; c’è la signora anziana accompagnata dalla figlia, c’è una donna caduta rovinosamente dalle scale. Conosciamo anche il trattorista che dopo 30 anni di utilizzo del mezzo, scende a terra e si procura una distorsione al ginocchio; osserviamo una madre stanca che spinge la sedia del figlio ancora vestito da calciatore e con una caviglia dolorante; incontriamo due simpatici atleti di judo, uno dei quali con la spalla lussata. Tante vite, tante storie, che si intrecciano in questi pochi metri quadri di pubblico servizio. Molte sono le opinioni che circolano tra i seggiolini sul servizio sanitario: chi è duro e critico, chi è anche propositivo ed ha già una riforma del settore in mente, chi non riesce a capire come possa succedere tutto ciò in una città, a detta delle cronache, ben organizzata come Trento. Al fatidico momento della chiamata all’ambulatorio di competenza, per ognuno di noi si spalancano le porte automatiche della felicità: è finita, tocca finalmente a me. Per chi rimane in attesa, la notte è sempre più lunga. Le palpebre si fanno pesanti. Nel lento procedere delle visite si inseriscono necessariamente le emergenze, che giungono a tutte le ore senza tregua. Il personale è preparato e disponibile: non mancano parole di incoraggiamento, ma nessuno purtroppo può fare miracoli. Non resta che aspettare. Quando arriva finalmente il nostro turno, salutiamo quella fetta di mondo con la quale abbiamo condiviso una forma di dolore. Ci congediamo con almeno due grandi convinzioni. In primis l’importanza basilare, per uno stato sociale, di investire nel settore sanitario; parallelamente, il grande valore che muove l’essenza stessa del vivere: la solidarietà e la condivisione tra esseri umani. 10
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RING di Fiorenzo Degasperi
scempi ed esempi I RAGAZZI SUI CELLULARI ALLE PRESE CON L’ASSENZA DAL MONDO CHE LI CIRCONDA
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amminano con gli occhi rigorosamente rivolti in basso, fissi, sbarrati, concentrati sulla tastiera di un telefonino, su un mini-video. Riescono a fare le scale, qualsiasi scala, da quelle lastricate in marmo delle ville barocche a quelle essenziali e matematicamente consequenziali della scuola, senza inciampare, senza scontrarsi con chi sale o con chi scende, pur mantenendo gli occhi fermamente incollati al telefonino e con i due pollici che scorrono velocissimi tracciando traiettorie e piroette asimmetriche. I giovani d’oggi, anche i giovani precoci di sette/otto anni, sembrano avere delle vibrisse perennemente allertate che impediscono loro di incespicare, di urtarsi con altri. Non ti guardano più negli occhi. Semplicemente non vedono. Tu sei trasparente, diafano, inesistente. Li saluti, l’eco ti rimanda un grugnito, un singulto di riconoscimento. Niente di più. Comunicazione grado zero. Sono attratti soltanto dalla luminosità del micro video e dalla tastiera. Resa silenziosa pure lei, evitando il micidiale ticchettio da fronte della prima guerra mondiale che contraddistingueva quelle di qualche anno fa. L’assenza dal mondo che li circonda è esasperata dalle cuffiette che innalzano una membrana impercettibile ma impenetrabile tra te e ciò che sta fuori. Completo isolamento. Uno stato che porta con sé, come prima vittima, il riconoscimento dell’altro, con l’evidente abbandono del saluto, della parola, di un cenno di riconoscibilità. I Padri del deserto, gli eremi del primo millennio cristiano, impiegavano anni di macerazione del corpo e dell’anima per isolarsi dal contesto umano, gettandosi nelle braccia del selvaggio e delle paure arcaiche dell’inconscio. Ma il loro era un esilio consapevole, un desiderio, un’attesa ed una speranza del mondo nuovo, un’anticipazione ed una pregustazione del secolo futuro, la cui pace ed il cui gaudio si riverberano già sulla loro vita vissuta intensamente. Erano certi che la vita di isolamento che conducevano non fosse il fine supremo dell’esistenza, ma soltanto la via che conduce alla casa del Padre, il mezzo che aiuta a stabilire un contatto permanente, in quanto possibile, con il Signore. I miei ragazzi che pigramente, lentamente, salgono e scendono le scale della scuola non aspirano a tanta perfezione. Non hanno una visione escatologica della vita, non hanno neppure una visione del domani, soltanto dell’oggi. E forse non hanno tutti i torti visto come gira il mondo fuori dalla tastiera, fuori dalle cuffiette. Molti penseranno che questi comportamenti sono tipici
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della giovane età. Non direi. Sempre più in montagna incontro persone che “solcano” i sentieri, li attraversano mantenendo un passo costante, un respiro regolare, a tal punto scandito da non poter nemmeno salutare. Il famoso grüss Gott d’origine bavarese-tirolese, il Servus di aristocratica provenienza berlinese, il ciüs di viennese locazione, si fanno più radi. Occhi rivolti verso il basso, verso i piedi che come automi si muovono all’unisono. Occhi bloccati sul gps che traccia linee verticali e orizzontali di un altro mondo virtuale, che ti affianca, si sovrappone, ti ingloba. Eppure questi due esempi sono, tra loro, lontani anni luce: uno si consuma nell’urbano, l’altro si brucia nella natura. Forse sono distanti solo apparentemente, in realtà sono facce di una stessa medaglia che, sempre più, mostra una moltitudine di sfaccettature, le quali convivono tutte. Magari il mondo è proprio loro, espressione immediata non più della vita intesa come arco di esperienze ma semplicemente come frammento temporale. Ciò che la società vuole e pretende, una connessione individualizzata, virtuale. In questo loro sono la risposta coerente ad una domanda artificiale, subdola, suicida. Però, almeno, a differenza dei “Padri del deserto”, non hanno visioni, non subiscono le tentazioni di Satana, non cadono nell’inganno diabolico degli Angeli decaduti, delle femmine che allungano i loro tentacoli carnali per trascinarti nei gironi infernali della lussuria. Loro sono e basta. Per me sono e rimangono un grande punto di domanda.
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RING di Carlo Martinelli
alla carlona LADRI E LESTOFANTI? GUAI NON CI FOSSERO… C’È CHI DALLA LORO PRESENZA CI GUADAGNA
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l solito amico buontempone ed un po’ irriverente pone la questione in questo modo: “ma siete davvero convinti che convenga a tutti, proprio a tutti, far sì che ladri, delinquenti, mariuoli e lestofanti, teppisti ed evasori, criminali in giacca e cravatta siano messi nelle condizioni di non nuocere? O non è piuttosto che i malavitosi sono, a ben guardare, non solo un affare da risolvere per ogni società che voglia dirsi civile, bensì ed anche un affare e basta? Perché, senza lestofanti, avrebbero di che giustificare la loro esistenza, per dire, le forze dell’ordine, i giudici e gli avvocati, i costruttori di strumenti di sicurezza?”. Posta così la questione è esageratamente mal posta, diciamolo. Anche perché, da che mondo è mondo e a partire dal primo delitto, quello di Caino ai danni di Abele (beh, indagini facili,
RING diciamolo...) il male è parte integrante degli umani orizzonti. Eppure, un qualcosa c’è, anche dalle nostre parti, alle nostre tutto sommato sicure latitudini. Sì, lo si voglia o no, l’insicurezza, che sia reale o percepita come tale poca importa e nulla cambia, non genera solo discussioni, polemiche, prese di posizione oltreché lavoro quotidiano e continuo per chi è chiamato per statuto a contrastare crimini e criminali, di qualsivoglia taglia e dimensione. È dunque sì vero che una delle forme preferite di delinquenza è quella di sottrarre denaro, e dunque reddito, in modo fraudolento e a chicchessia. Ma, paradossalmente, succede anche il contrario. V’è chi guadagna, e non poco, dalla presenza dei malfattori. È sotto gli occhi di tutti, in particolare, quello che sta assurgendo a vero e proprio fenomeno. Ovunque manifesti, depliant, cartelli stradali quando non inserzioni pubblicitarie e spot televisivi ripetono, in modo quasi ossessivo, la litania che vuole essere rassicurante: venghino signori venghino ai corsi di sicurezza personale. Non più paura non più timore nell’affrontare le strade deserte della sera visto che con una modica spesa - rispetto a quel che impedirete vi sia portato via - diventerete esperti, eccome, nell’arte di non farvi sorprendere, rapinare, derubare, assalire, malmenare. Segno dei tempi incerti, certo. Conferma di uno stato d’animo talvolta esacerbato oltre misura anche al di là dell’effettiva presenza di realtà davvero pericolose e criminali. Sta di fatto che il proliferare di queste proposte autodifensive, unitamente ai mille ritrovati della tecnica immessi sul mercato – dagli antifurto agli spray urticanti – disvela appunto un fiorente mercato, una vera e propria industria. Tutto questo per dire che, al solito, le cose hanno sempre tante facce, risvolti non prevedibili. D’altronde, visto che esiste ed è anzi sempre più fiorente la cosiddetta criminalità economica perché stupirsi se la criminalità e basta genera una fiorente economia? In fondo si torna sempre da quell’esagerato di Bertolt Brecht che, trovandosi un bel giorno a parlare delle banche, se ne uscì con la frase che l’ha consegnato alle citazioni eterne: “Cos’è mai una rapina in banca di fronte alla fondazione della banca stessa?”. Così, quando sentirete alzarsi le lamentazioni per la sicurezza che non c’è, sappiate che quella insicurezza genera anche lavoro e reddito. Insomma, quando qualcuno decide di spaccare – con un gesto di infinita inutilità – lo specchietto retrovisore di una macchina, all’ira debordante del proprietario della macchina (e alla vuota stupidità dell’autore del gesto, appunto) fa da contraltare, lo si dica, la pacata soddisfazione di chi dovrà sostituire lo specchietto. Gli affari sono affari… 13
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RING di Francesca Negri
colpo di tacco SE I BRAVI RAGAZZI STUPRANO, QUELLI CATTIVI COSA FANNO?
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da mesi che desidero affrontare questo tema, ma è talmente difficile che anche adesso, davanti alla pagina bianca di Word, faccio fatica a riassumere tutto quello che ci sarebbe e che vorrei dire. Era il 29 ottobre scorso quando il gip Carlo Ancona di Trento rimetteva in libertà il marocchino, reo dello stupro avvenuto in pieno centro a Trento, ai danni di una ragazza di 31 anni. Il gip ritenne il reato “violenza di entità minore” considerato il fatto che la ragazza era stata vista bere con il suo stupratore e, per questo, ritenuta consenziente. Un mese dopo, il Tribunale del riesame ha accolto il ricorso della Procura che aveva impugnato il diniego della misura cautelare del gip Ancona. Il mio pensiero va ancora oggi a quella ragazza di 31 anni, che si è sentita dire che lo stupro subito era “violenza di minore entità”. A lei vorrei dire, se mai stesse leggendo questo mio piccolo editoriale, che non sei sola, che ci sono tante cose ingiuste al mondo, ma anche altrettante cose giuste e belle. Non so immaginare cosa hai provato quel giorno in cui sei stata presa contro la tua volontà, non so come stai adesso, ma a te, come a tutte quelle ragazze e donne che hanno subito quello che hai subito tu, vorrei mandare un abbraccio lungo e forte. La società probabilmente non è ancora pronta per guardare in faccia certi problemi. Un esempio clamoroso su tutti ci viene dalla letteratura: all’università si danno esami sulle “pastorelle”, componimenti lirici con protagonisti fissi, per lo più l’autore stesso, in vesti di cavaliere e una pastorella, da cui deriva il nome del componimento. Di solito il cavaliere cantore avanza la richiesta amorosa alla pastora, che a volte
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RING cede lusingata dai doni, ma più spesso resiste con un suo tenace e rude pudore. In altre parole, stupri veri o immaginati dallo scrittore, messi nero su bianco senza alcun timore di venir perseguiti e ancora oggi studiati dagli aspiranti laureandi in Lettere. È ora di rompere il silenzio. È ora di non sottovalutare più nulla, per vergogna, per ignoranza, perché non si sa come comportarsi. Una mia collega di Vanity Fair, Tamara Ferrari, recentemente ha raccontato una storia terribile che, se così stanno le cose nella nostra società, potrebbe capitare a tutte noi. “Il 5 giugno del 1996 Hodan Hassan Kalif, somala, 26 anni e residente a Roma con la famiglia, salutò la madre e le sorelle per andare a trascorrere il weekend da alcune amiche in provincia di Napoli. Il programma, da favola: una gita a Pompei e la sera una festa. Lontana da casa, avrebbe potuto truccarsi un po’, indossare un abito lungo e le scarpe col tacco altissimo. Ma «inciampò» in un errore Hodan, inciampò per ingenuità. Come prima di lei, e in un’altra città, era già accaduto a Roberta Lanzino, quella ragazza sola su una strada isolata, per di più con la pelle colorata e tacchi alti, a qualcuno scatenò fantasie inenarrabili. Due giovanotti di Sant’Antonio Abate, un comune di 19mila abitanti nella provincia di Napoli, l’affiancarono con l’auto: «Hai da accendere? Dove vai? Vuoi un passaggio?». Hodan salì sull’auto convinta che l’avrebbero accompagnata a Napoli, invece la portarono in un casolare, e la stuprarono. E chiamarono gli amici, e la fecero violentare. E la voce si diffuse nel paese, e in tanti altri arrivarono. E alla fine di lei abusarono in 27. Quando tutto finì, 48 ore dopo, i due balordi la caricarono in macchina per andare forse a buttarla chissà dove. Ma una pattuglia li notò. I due ragazzi, ventenni, furono arrestati. Hodan fu portata in ospedale, ci vollero due interventi chirurgici per rimediare ai danni fisici causati dalla violenza. Ma tutte le operazioni del mondo non sarebbero bastate a salvare il resto. Iniziò il processo, e la vittima fu trasformata in adescatrice. Uno dei due balordi era il figlio di un politico locale, il paese si strinse accanto ai carnefici: «Sono bravi ragazzi, e quella era solo una prostituta». Straniera, nera, coi tacchi alti. Poteva essere altro? Tanto più che se ne andava da sola per una strada isolata, «che p….na!». Come se esserlo giustificasse quel macello. Per i giudici giustificò. I colpevoli, gli unici due incriminati, furono assolti”. A sei anni dal suo stupro efferato, racconta la Ferrari, Hodan era diventata una barbona che si anestetizzava di birre dalla mattina alla sera (la famiglia l’aveva ripudiata, la giustizia non aveva punito i suoi aguzzini, il suo corpo non sarebbe più tornato quello di prima… Chiunque altro avrebbe fatto di peggio che diventare un vagabondo). Quando Hodan ha chiesto aiuto all’ospedale perché non si sentiva bene, è stata lasciata morire fuori dalla porta del pronto soccorso perché i medici continuavano a ripetere che si trattava solo di una sbornia. Hodan è morta più di un’unica volta. Il caso di Hodan, Tamara Ferrari a parte, è stato dimenticato. Il caso della ragazza 31enne di Trento mi sa, pure. Invece bisogna parlarne, parlarne, parlarne. Bisogna pensare di educare una nuova società e bisogna farlo in fretta.
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RING di Gianfranco Gramola
diario rotaliano NESSUNA RICETTA PER LA MADRE PERFETTA, MA MILIONI DI MODI PER ESSERE UNA BUONA MADRE
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amma, solo per te la mia canzone vola, mamma, sarai con me, tu non sarai più sola! Quanto ti voglio bene! Queste parole d’amore che ti sospira il mio cuore, forse non s’usano più, mamma..”. Queste sono le parole meravigliose di una canzone interpretata da Beniamino Gigli molti anni fa, sicuramente la più bella canzone dedicata alla figura importante e straordinaria della mamma. Alla voce “Mamma”, il dizionario dice “Donna che ha generato un figlio e che con la maternità esprime una maggiore intensità d’affetto“. Essere mamma è un dono di Dio, talmente grande e bello, ma di cui, purtroppo, non tutte le donne ne possono godere. Ci sono mamme che in preda a raptus o a depressione, gettano il loro bimbo nel cassonetto e chi pagherebbe oro per averne uno. Io sono molto fortunato ad avere una mamma come quella che ho, una madre esemplare, unica, dall’energia contagiosa, che mi ha sempre tenuto per mano nel cammino della vita. Una persona che ha sempre dato tanto a noi figli, senza chiedere nulla in cambio se non un sorriso e la nostra serenità. Mia madre mi racconta spesso, con orgoglio, che ha allevato cinque figli, usando due soli ingredienti: primo, un buon piatto di pastasciutta, secondo “tanta presenza”. Adesso che ha una certa età, più la guardo e più mi sembra bella. Uno scrittore diceva: “ Ti guardo, ma non vedo le tue rughe. E non le vedo perché quelle che si vedono non sono rughe, o lo sono solo per chi non sa leggere nel cuore”. Mia madre è consapevole che la vecchiaia comporta limiti fisici e mentali, ma che c’è anche un vantaggio enorme… senti di non dover dimostrare niente a nessuno. Osservandola, rivedo la mia gioventù e alcuni frammenti della mia vita. Ricordo, per esempio, quando mi accompagnava a scuola e mi teneva per mano, quella mano che non avrei lasciato per nulla al mondo, oppure quando andava alle udienze e i maestri dicevano “E’ intelligente, ma non si applica” o quando mi insegnava le caselline, a sillabare o a ripassare le poesie, a volte prendendo a calci la pazienza. Spesso mi tornano in mente i suoi insegnamenti, degni solo di una brava madre, come quello di comportarmi bene nella vita e di avere sempre rispetto verso il prossimo. A lei devo la clemenza per chi sbaglia, l’umiltà e la carità per chi ha bisogno e le devo tanto per i suoi consigli, senza i quali chissà quante stupidaggini avrei commesso. 16
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RING A lei devo anche il senso del dovere e adesso che abito lontano, spesso mi manca la sua presenza e soprattutto la sua protezione che nasce da un sentimento infinito, anche se accanto a me ci sono delle persone speciali, delle persone che mi amano profondamente. Però, nonostante la lontananza, la sento ugualmente attraverso tante piccole sensazioni e impressioni. Sento la sua presenza in alcune inflessioni di persone sconosciute, che parlano un po’ come lei, la sento nelle stagioni che passano e che mi ricordano momenti di vita vissuta insieme, la sento attraverso vecchie canzoni e vecchi film in bianco e nero, la sento quando in cucina c’è profumo di minestrone, la sento guardando gli album di fotografie e la sento anche attraverso gli occhi gioiosi e innocenti dei miei figli. Ho dei momenti di grande tenerezza, ma sono anche forte e in questo assomiglio un po’ a lei e forse è anche per questo che le voglio bene, quel bene che nemmeno la lontananza riesce ad affievolire. Però mia madre mi manca, come mi manca papà. Mi manca il suo modo di affrontare le scocciature della vita, con coraggio, testardaggine e un esemplare buon senso. Mi manca nelle piccole cose “apparentemente” meno importanti delle giornate e mi manca il suo modo un po’ antico di vedere il mondo e di rifiutarlo quando è in contrasto con le sue abitudini e con le sue idee. Non voglio fare del facile sentimentalismo. Quello che ho scritto lo penso davvero. Adesso il mondo è cambiato, è più frenetico e ha ritmi indiavolati. Le mamme lavorano e combattono quotidianamente con un overdose di impegni (gestire casa, figli, la spesa, lavoro, ecc…) e spesso l’educazione dei figli è delegata ai nonni. Ma l’amore che una mamma trasmette quotidianamente con uno sguardo, con una carezza, con un sorriso è unico e grandioso. A chi ha dei problemi d’incomprensione e di tensione con la propria mamma, lo invito a gettare all’aria quel meschino orgoglio, prima che sia troppo tardi, perché arriva il momento in cui la vita precipita e in pochi attimi si cancellano i tanti anni felici trascorsi insieme. E dopo, restano sulla coscienza, come dei macigni, solo gli ultimi tristi momenti di silenzio reciproco. Ciao mamma. Ti voglio bene.
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Ingresso libero
trentinoildialettoinforma di RENZO FRANCESCOTTI
il dialetto in-forma SBIGHÈZ, SVÉRGOL, SBRINDOLÀ: IL MONDO DEGLI STORTI E STRACCIATI “El Bepi l’ha ciapà na bota en la schena e el va via tut de sbighèz!” “Sbighèz” lo si può tradurre con l’italiano “sghembo” e viene dall’antico germanico slimb, storto. “Chì no gh’è sol el Bepi: ma tut el va de sbighéz, per noi poricani!” Giusto: si parla tanto di crisi ma bisogna vedere per chi: c’è chi in barba alla crisi sguazza nei soldi. “E mi enveze vago via sempre pu svergol!” Anche “svèrgol” vuol dire “storto,“pendente”; non viene dal gotico come sbighèz, ma dal latino come la maggioranza delle parole dialettali trentine (non tutte, perché ce ne sono di quelle che ci vengono dal celtico, dal greco, dall’arabo e via cantando). Svergolare c’è anche in italiano nel significato di “deformare”. E ha la stessa origine dalla parola “virgola”. “Scusa, ma cosa c’entra la virgola”. C’entra perché questa parola deriva dal latino “virgula”, a sua volta diminutivo di “virga”, verga. “Virgula” in latino significa ramoscello, bastoncino. La virgola si chiama così perché fa pensare appunto a un ramoscello, a un bastoncino. “Te me stai dando zo na svergolada linguistica!” Tranquillo: al massimo cerco un po’ di contagiarti con la mia passione per le parole e le loro origini; seguire la storia delle parole è una straordinaria avventura piena di sorprese. In alternativa puoi rimanere “porét come en ragn”, con le tue trentatré parole...” A proposito di “virgula”, la puoi tradurre anche con la parola “bacchetta”. “Ma ‘bacheta’, no èla na parola del dialèt?” “No, come tante altre che sembrano dialettali è anche una parola dell’italiano. Il fatto è che sia il dialetto che l’italiano sono venuti in gran parte dal latino, e il dialetto prima dell’italiano. Ma il dialetto si rivela in molti casi più efficace della lingua nazionale. Prendi per esempio la parola “svergolàda” “Sì, ogni dì i ne’n dà zo una de nove! Ghe n’ho na supa!” Anche “supa”, ovvero “zuppa”è una parola di origine germanica. “E daghe co ‘sti cruchi!” Però in tante cose sono più bravi di noi; per esempio nel fare le zuppe…” “Che i se le magna lori le só supe: mi me magno la pastasuta, che me par che la ghe piasa anca a lori!” Per stare con le parole che hanno la “esse” per iniziale e che indicano la condizione di òmeni senza schèi , sempre purtroppo in aumento anche da noi, di “homines sine pecunia imago mortis”, come ricordava il vescovo di Milano di qualche anno fa - e di cui non voglio
citare il nome per carità di patria - sorridendo agli industriali che lo avevano invitato a pranzo), voglio citare il dialettale “sbrindolà. .“Sbrìndole” sono in dialetto trentino gli stracci di un vestito che cade in pezzi: sbrindolà come Charlot... “Sbrendolo” c’è anche in italiano e ha origine dall’antica parola franca “brado”, pezzo. Insomma, nel mondo e anche in casa nostra c’è sempre più gente costretta a camminare svèrgola, sbrindolada, de sbighèz… Ce lo dobbiamo chiedere tutti: che fare? renzofrancescotti@libero.it
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trentinodadonnaadonna di LOREDANA CONT
USCIRE DA UN CUL DE SAC? OVVIO: CON EN SAC DE CUL... Salve a tutti!
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o so, salutare a salve non è un gran ché, è tipico di chi non prende posizione, di chi non dà del lei e non dà del tu.. sta su un generico “salve” e declina tutto il discorso in terza persona. Non dice “quanto tempo che non ti vedo!” oppure “quanto tempo che non la vedo” ma “l’è en sac de temp che no se se vede!” e qui, di solito, velocemente pensa: l’ho zà vist ma no me ricordo chi che l’è… Uno scalino più in basso di “l’è en sac de temp che no se se vede” c’è solo “sa vol dir?” scelto proprio da quelli che no i se sbotona. Alla domanda standard, che va bene in ogni situazione, “sa vol dir” hanno anche la risposta standard “sa vot che te diga….” Una specie di jolly. Detto questo, lo so che voi direte, vedendo la foto: “me par la Cont” e ognuno, a seconda del grado di conoscenza mia o della mia attività, dirà: ma sì, dai, la Cont, quela che scrive comedie (bravi! grazie)…. quela che fa comedie (è un complimento o un compatimento?)… la comediante (nò, vi prego!)…. Ma si dai, quela che dis tute quele monae ala televisiom (sapete cos’è la depressione?) Ebbene sì, per un po’ di tempo, stampata in questa pagina, troverete me, non per mia volontà, ma su espressa richiesta di Paolo Curcu il quale mi ha telefonato manifestando il desiderio di avere una mia rubrica sul suo giornale, esprimendosi esattamente così: me piaserìa che te scrivessi qualcos, quel che
te voi, dal punto de vista come de na donna. “Come” de na donna?? Io non credo di essere una Sofia Loren, ma il mio punto di vista, per un fatto biologico e cromosomico, caro Paolo, è sempre quello di una donna. Cosa volete farci, cari lettori: questa è la classe dirigente che abbiamo (il Curcu dirige il giornale, no?). Mi spiego meglio: Paolo, gìrela come te voi, ma mi son na donna… voglio dire, anche volendo fare dei paragoni, ad esempio fra me e… la Dominici, te capissi subit quala dele doe l’è la donna… la Rosy Bindi!!! E adesso che abbiamo chiarito le motivazioni della mia presenza, vi parlo di qualcosa di molto femminile: lo shopping. Io capisco che l’economia deve ripartire, che dobbiamo spendere per muovere il mercato, spendere per creare lavoro (prima regola del sistema economico mondiale) ma prima de spenderli i soldi, bisogneria ciaparli (prima regola del sistema economico trentino). E allora forza, tutti a spendere. Ormai la domenica non è più un momento dedicato alla famiglia, ai figli con cui giocare, alla moglie e alla fidanzata con cui passeggiare e visitare posti nuovi: la domenica è dedicata al centro commerciale… Con mogli e fidanzate che entrano ed escono dai negozi, bambini che corrono schiamazzando, e mariti… mariti desolatamente seduti sulle panchine, opportunamente collocate nel corridoio centrale, fuori dai negozi: stanno lì, con lo sguardo perso nel vuoto, a guardia delle borse di nylon che la moglie depone come moderne uova da covare…. Seduti, in silenzio, in attesa che la consorte sfoghi tutta la sua arte di fare shopping…. Così persi e ammutoliti che se, passando loro davanti, dici la famosa (e intelligentissima) frase “sa vol dir?” ti rispondono “eh…. sem chì”… E credetemi, questo è un pensiero femminile di solidarietà ai mariti. Bene, ci aggiorniamo al mese prossimo. Spero per tutti noi che vada un po’ meglio. Questi sono davvero tempi difficili per tutti. L’Italia è proprio messa male. Siamo in un vicolo cieco. Come dicono i francesi “siamo in un cul de sac” E per uscirne…. ci vuole un sac de cul…. VOGLIATEVI BENE!!!!
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Diretto da: Paolo Curcu [ paolo@trentinomese.it ] In redazione: Pino Loperfido, Cristina Pocher, Gennj Springhetti Hanno collaborato a questo numero: Alberto Folgheraiter, Annalisa Borghese, Paolo Chiesa, Silvia Conotter, Lara Deflorian, Fiorenzo Degasperi, Alberto Folgheraiter, Renzo Francescotti, Flora Graiff, Alice Manfredi, Carlo Martinelli, Francesca Negri, Silvia Tarter, Nicola Tomasi, Tiziana Tomasini, Giada Vicenzi Grafica: Fabio Monauni Redazione: Via Ghiaie 15 38122 Trento Tel. 0461/362155 Fax 0461/362170
SOMMARIO MAGGIO2014
8 COMMENTI 17 IL DIALETTO IN-FORMA 19 DA DONNA A DONNA
Attualità 22 28
MAGO MERLIN
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GUERRA TRA PARENTI
36 UN BICCHIERE ALLA “SCALETTA” 44 48 52 56 58 60 62 64 66 69
83 IL SENTIERO DEL DÜRER 86 STEVE HACKETT 88 FORME IN FERRO AL CASTELLO
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(un anno, 12 numeri a Euro 20,00) BOLLETTINO POSTALE c/c N. 11492386 Curcu & Genovese Associati - TM Via Ghiaie, 15 - 38122 TRENTO BONIFICO BANCARIO CASSA RURALE DI TRENTO IBAN IT15 E083 0401 8040 0000 3080 485 CARTA DI CREDITO Telefonando allo 0461.362122 DIRETTAMENTE PRESSO L’UFFICIO ABBONAMENTI Via Ghiaie 15 - Trento Tel. 0461.362107 ufficioabbonamenti@trentinomese.it I Suoi dati saranno trattati per dar corso al suo abbonamento; il conferimento dei dati è necessario per perseguire la finalità del trattamento; i Suoi dati saranno trattati con modalità manuali, informatiche e/o telematiche e non saranno diffusi. Lei potrà rivolgersi (anche telefonicamente) al Servizio Privacy presso il titolare del trattamento per esercitare i diritti previsti dall’art. 7 del D.lgs 196/03. Titolare del trattamento dei dati è la CURCU & GENOVESE ASSOCIATI S.r.l., Via Ghiaie, 15 – 38122 Trento - Tel 0461.362122 AVVISO AI LETTORI La scelta degli appuntamenti è a cura della redazione. La redazione non è responsabile di eventuali cambiamenti delle programmazioni annunciate.
ASILO “ROSMINI” DI ROVERETO IL TRENTO DELLA MEMORIA NATA NEL MILLENOVECENTOQUINDICI LUCIO GARDIN FRANCESCA SANI L’IMPEGNO DI LAURA CIAGHI ANNA DEI MIRACOLI IL PIACERE DI PEDALARE ROMANO FURLANI SPECIALE VIGNE E VIGNETI
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ODIAMOCI COSÌ,
APPASSIONATAMENTE
di Pino Loperfido
CENTRO SOCIALE “BRUNO” E CASAPOUND, DUE REALTÀ MOLTO DIVERSE TRA LORO, NEL CAPOLUOGO. OGNUNO INTENDE L’IMPEGNO, LA POLITICA E LA SOLIDARIETÀ A SUO MODO. SONO TUTTI E DUE FRESCHI DI TRASLOCO. IL “BRUNO” HA LASCIATO LA STORICA SEDE DI VIA DOGANA (PROSSIMA ALLA DEMOLIZIONE) E ORA STA TRA GLI SCAVI DELL’ITALCEMENTI E LA TANGENZIALE. “IL BALUARDO” DI CASAPOUND, TRA UNO SCOPPIO E L’ALTRO, È IN VIA MARIGHETTO
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orse è solo un caso, ma le interviste ai responsabili del Bruno e dell’Associazione “Il Baluardo” di CasaPound ci hanno rivelato qualcosa anche dal punto di vista logistico. Al Bruno ci siamo andati a sedere a sinistra e a
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CasaPound, sul tavolo a destra dell’entrata. Al di là di questo, davanti al nostro microfono, ambedue i sodalizi negano o quantomeno non hanno voluto rivendicare posizioni politiche ed ideologiche precise. Tutti d’accordo dunque con il grande Giorgio Gaber quando cantava: “Tutti noi ce la prendiamo con la storia, ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di sinistra o destra”. Anzi. Al Bruno ci hanno fatto notare come per scelta sui muri non compaiano tassativamente falce e martello o altri simboli partitici. A CasaPound ci hanno raccontato di attività di volontariato e per un momento, prima che l’immagine incorniciata del Duce in Piazza Duomo ci richiamasse
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alla realtà, abbiamo creduto di trovarci alla Bonomelli. Cioè la sensazione è stata quella che sia da una parte che dall’altra, il germe del politically correct avesse attecchito in qualche misura. E nemmeno il misterioso episodio della notte di mercoledì 26 marzo, quando una deflagrazione ha divelto una delle saracinesche del “Baluardo”, è riuscito ad inasprire i toni. Sono lontani, insomma, gli anni in cui i gruppi contrapposti ideologicamente si scambiavano opinioni a colpi di spranga e piogge di bulloni. La “bomba” esplosa in Via Marighetto a Trento ha solo fatto pensare alla possibile furbizia di uno o imbecillità dell’altro, ma non è sfociata in nulla (a parte i titoli esagerati di certa stampa…). Certo qualche battuta se la sono inviata. È vero che la Provincia ha concesso il palazzo al Bruno, ma secondo questi ultimi pure CasaPound di Roma ha ricevuto doni immobiliari dal Sindaco, Gianni Alemanno. Ma al di là delle derive ideologiche, quello che è bello è parlare di ragazzi che dimostrano di credere in qualcosa, di aver voglia di sbattersi per uno straccio di ideale o per un pizzico di solidarietà sociale. Tutto questo in un’era tecnologico-digitale che vede intere generazioni vittime delle manovre occulte di alcune multinazionali della telefonia. Due schieramenti contrapposti che fanno finta di ignorarsi ed invece si temono assai. Due visioni del mondo e della vita. Concezioni della cultura, della società, della politica che non han-
no nulla a che spartire tra loro. Eppure, il desiderio di vivere in un mondo più giusto ed equo è lo stesso. Il “Bruno” a nord, CasaPound a sud: in mezzo ci sta una città che spesso malsopporta simili aggregazioni, mugugna sbirciando da dietro alle tende di casa. Ma la forza delle idee è capace di sopravvivere a qualsiasi tipo di qualunquismo. Le due storie che vi stiamo per raccontare ne sono la dimostrazione. BRUNO 2.0 IMPEGNO E CREATIVITÀ Da una parte, le auto sfrecciano indifferenti verso la tangenziale, dall’altra le ruspe grattano il cemento e i camion portano via tonnellate di materiale, alzando nuvole di polvere. L’ex Italce-
menti non esiste più. A perpetrarne il ricordo solo le due imponenti ciminiere. Il nuovo Centro Sociale Bruno più che dai murales lo riconosci dai numerosi striscioni appesi ai balconi dello stabile di Lung’Adige San Nicolò. Alcuni sono leggibili, altri sono stati scompigliati dal vento e sembrano solo pezzi di stoffa messi lì ad asciugare. Almeno esternamente, la palazzina è abbastanza fatiscente. Numerose crepe solcano i muri esterni, tutt’attorno erbacce, buchi, transenne. Insomma quasi un inno all’abbandono che non ti lascia intuire nulla di quanto potrebbe trovarsi all’interno dello stabile. L’oramai inservibile citofono del civico 4 narra di inquilini precedenti andati chissà dove. Un foglio verdino di formato A4 specifica che “Dopo anni di lotte, il Centro Sociale Bruno ha conquistato uno spazio in città...”. A onor del vero, la “conquista” in realtà ha la forma molto meno poetica di un comodato d’uso, concesso dalla Provincia autonoma di Trento, revocabile con preavviso di dodici mesi, ma – come si dice – una conquista è pur sempre una conquista. Certo, sono solo due mesi che l’Associazione Culturale ha preso possesso di questa nuova sede, tempo per mettere a posto – tra neve, vento e gelo – non ce n’è stato più di tanto. Ce lo spiegano i nostri due interlocutori, Stefano Bleggi e Antonio Lancellotti, aprendoci le porte del nuovo Bruno. “È tutto basato sul volontariato, per cui abbiamo ricercato tra i nostri gli artigiani.” Al piano terra gli spazi sono ampi. Sul pavimento i segni dei vecchi muri abbattuti per consentire attività di gruppo segnano linee a zig zag. Bellissimi i murales alle
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L’occupazione dell’aula del Consiglio regionale
Stefano Bleggi
pareti, sembrano quasi fare il verso a quello enorme della facciata di Via Dogana. TrentinoMese aveva incontrato i ragazzi del Bruno qualche anno fa, tornarci adesso ci dà la sensazione che oltre alla sede sia cambiato un po’ lo status anagrafico del collettivo. Alcuni tra loro se ne sono andati, molti altri sono arrivati, molti gli adolescenti che praticano una sorta di “attraversamento” del Centro, e tante le famiglie e i figli nati nel frattempo. “Ma lo spirito non è cambiato” dice Stefano. “Tanto più che in questi mesi la crisi sociale si è aggravata. E in questi casi, si sa, o lasci che la
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congiuntura negativa ti schiacci oppure la giri in opportunità”. Già, questa la parola “chiave” del nostro incontro: crisi. Occorrono delle risposte ad essa ed il nuovo fermento antagonista che si sta sviluppando in Italia, di cui il Centro Sociale “Bruno” è parte attiva, è la dimostrazione che un gran numero di giovani e meno giovani non se ne sta certo con le mani in mano ad aspettare ciò che Renzi e Napolitano stanno decidendo per loro a Roma. Quali sono gli scopi del Bruno 2.0? Una domanda complicata che merita una risposta articolata. “Il Bruno è un luogo che offre servizi e che progetta nel modo più orizzontale possibile, mediante un’organizzazione”. E le problematiche sociali affrontate sono le più disparate, oltre che più diffuse: si va dal diritto alla casa all’antiproibizionismo sulle droghe leggere, dall’amnistia per i reati sociali al problema lavoro. Obiettivi
a cui si aspira senza porsi limiti di sorta, con una costante tensione all’utopia. E in questo il sodalizio trentino non è solo ma si intreccia con altre realtà simili del Nordest, dell’Emilia e delle Marche. Rispetto a qualche tempo fa, il Centro Sociale Bruno ha un taglio decisamente più politico e, così dicono Stefano e Antonio, “antifascista”. Ma che significato può avere al giorno d’oggi una parola tanto vecchia? “Certo, dice Stefano, magari non è più riferita in toto all’esperienza mussoliniana, ma il suo concetto si è esteso alle numerose ingiustizie e contraddizioni che intende evidenziare: penso all’omofobia, al razzismo, ecc.” Ma il Bruno ha anche una sua componente culturale molto importante. Concerti, cineforum, degustazioni: sono tante le occasioni di intrattenimento che oggi attirano i giovani a Lung’Adige San Nicolò. Nei tre piani dello stabile, nel-
trentinoreportage BRUNO Domenica 2 marzo 2014 a Trento è stato (ri)aperto il centro sociale Bruno. Tantissime persone hanno partecipato all’evento, da Trento ma anche da fuori città, spinte dalla curiosità e dalla voglia di vedere nuovamente il Bruno nel pieno delle attività, dopo pochi mesi di autorecupero dello stabile in Lung’Adige S. Nicolò. Sono infatti passati quasi 6 mesi dall’annuncio, nell’agosto 2013, nel quale veniva espressa enorme soddisfazione (Una scommessa collettiva vinta) per essere giunti a un accordo con Patrimonio del Trentino, il braccio operativo della Provincia, incaricato di risolvere la questione dello stabile occupato in via Dogana. Quell’accordo, rivendicato come una vittoria politica e sociale dopo svariate minacce
di sgombero rispedite al mittente, arrivava dopo 11 anni di percorso politico costellato di occupazioni e zone temporaneamente autonome dove l’elemento centrale è stata l’autogestione. Prima del 2001 a Trento non era mai esistito un centro sociale: è l’onda lunga delle giornate del G8 di Genova che fa irrompere nel dibattito cittadino l’esigenza diffusa di una generazione di avere un luogo liberato dalle logiche del profitto, dove costruire un’altra idea di società, fondata sull’intreccio di mutualismo e cooperazione, e dove far vivere l’insopprimibile voglia di libertà e socialità. Un’esperienza maturata attraverso l’incontro di corpi e creatività, di generosità e intelligenza, di artigiani e artisti, che ha visto un punto di passaggio, fondamentale per radicarsi appieno nel tessuto sociale, con la nascita del Centro sociale Bruno.
le stanze che un tempo accolsero gli operai dell’Italcementi, si respira aria di creatività, di progettualità e di impegno. Voglia di fare, insomma. E di lavoro al Bruno ce n’è da fare tanto, a partire da quello più squisitamente pratico che riguarda la ristrutturazione. Certo, la spada di Damocle della revoca provinciale resta lì ad oscillare sulle teste di Stefano, Antonio e degli aficionados del Bruno. Non si può certo far finta che non ci sia. Salutiamo e uscendo, nel cortile esterno, tra le volute di polvere provenienti dal cantiere dell’ex Italcementi, ci troviamo di fronte ad un gruppo di ragazzi di colore che fanno crocchio. Ci guardano con sospetto. Il Bruno è la mamma, la chioccia che accoglie. Questa volta, piaccia o no, lo straniero siamo noi. “IL BALUARDO - SPAZIO NON CONFORME”: ORDINE, SIMMESTRIA E IL FANTASMA DEL DUCE Al Bruno li hanno definiti i “fascisti del Terzo Millennio”. Quasi a conforto di questa tesi, la prima cosa che notiamo entrando nei locali di Via Marighetto 56 – dopo aver suonato il campanello – è una frase che Benito Mussolini pronunciò a Trento, durante il suo di-
scorso in Piazza Duomo il 31 ottobre 1932: “Tra le mura della vostra città, di questa solida Trento, baluardo incorruttibile, inespugnato, inespugnabile...” Il soffitto è tappezzato di bandiere che giochiamo a riconoscere: ci sono la Serbia, l’Ungheria, la Siria. Grattandoci la testa cerchiamo il nesso che le mette in relazione. A sinistra, il bancone di un bar, un salottino su cui stanno seduti due ragazzi e una ragazza. Uno stereo diffonde nell’aria le note pungenti di un hardcore abbastanza inquietante e moltissimo underground (nelle due ore e mezza che stiamo lì, non riusciamo a riconoscere nemmeno un brano). Quello che salta all’occhio naturalmente è l’ordine: tutto è preciso, simmetrico, allineato, pulito. La cameretta che ogni mamma vorrebbe per il proprio figlio adolescente. Ad accoglierci Filippo Castaldini, il giovanissimo responsabile dell’Associazione di Promozione Sociale “Il Baluardo”: magro, capelli rasati, occhiali da intellettuale di sinistra (!). Con lui Oscar, rappresentante del Blocco Studentesco, movimento nato all’interno di CasaPound. Almeno nell’aspetto, questi due hanno poco dei “Fascisti del Terzo Millennio”. Tanto più che nel
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trentinoreportage CASAPOUND
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riginariamente CasaPound nacque in qualità di primo centro sociale di ispirazione fascista; venne fondato a Roma il 26 dicembre 2003 con l'occupazione di uno stabile nel rione Esquilino. Successivamente il fenomeno, diffondendosi con ulteriori occupazioni, mobilitazioni e iniziative di vario genere, divenne un vero e proprio movimento politico. Nel giugno del 2008 CasaPound si costituisce quindi, come associazione di promozione sociale ed assume l'attuale denominazione CasaPound Italia - CPI. Inizia così, attraverso un programma politico, l'attività del movimento, che promuove diverse iniziative ed attività. CPI negli anni successivi alla sua costituzione si è diffuso dalla capitale sull'intero territorio nazionale. Pur non riconoscendosi ufficialmente nelle definizioni classiche di destra e sinistra, CPI viene comunemente inserita nel panorama dei gruppi e movimenti politici della destra radicale italiana.
rispondere alla nostra domanda sulle finalità dell’associazione ci rispondono così: “La nostra attività si divide tra cultura e volontariato. Ci consideriamo uno spazio libero non conforme, libero perché autogestito da una quindicina di persone, non conforme perché non sottostiamo a determinati pregiudizi”. Cosa pensano di quel che la gente dice di loro? “Chi ci conosce veramente sa quanto ci sbattiamo e per cosa. Abbiamo tanta voglia di impegnarci e di tutto quello che abbiamo, niente ci è stato regalato” (appare chiaro il riferimento al fatto che il Bruno ha ricevuto la sede Filippo Castaldini
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direttamente dalla Provincia autonoma di Trento). Filippo e Oscar ci raccontano della loro volontà di costruire qualcosa e non di sfasciare. Di quando sono andati a bonificare la vicina isola ecologica e sono stati ringraziati da molti residenti. Del banco alimentare e del punto raccolta coperte usate da regalare ai senzatetto. C’è perfino una componente ambientalista che si chiama “La foresta che avanza” (citazione dal Macbeth?) e professa un’ecologia strettamente connessa alla presenza dell’uomo e alla convivenza di questi con l’ecosistema circostante. Ancora, c’è la distribuzione della pasta, il presidio sul degrado sociale di Piazza Dante, finalizzato a riappropriarsi degli spazi comuni. Quando nominiamo il Centro Sociale Bruno c’è un attimo di sconcerto in tutti i presenti, perfino la musica pare calmarsi un attimo. Filippo rompe il silenzio: “Diamo fastidio al Bruno. Dicono che siamo dei nostalgici, ma non è vero. Quei contenuti del Fascismo non esistono più”. Lo ascoltiamo scrutando perplessi l’iconofania dedicata all’uomo di Predappio, lì a pochi centimetri da noi. Leggiamo sulla pagina Facebook: “I viziati del Bruno ci ricordano (ancora una volta) che per loro conquistarsi uno spazio vuole dire farselo assegnare in comodato da una S.p.a. che appena prima dallo stesso stabile aveva (con la Provincia) sfrattato numerose famiglie.” “E poi per qualcuno il palazzo dove sta il Bruno era destinato all’abbattimento” (e in effetti, a pensarci bene, sta ficcato tra le ruspe dell’Italcementi e la tangenziale, con i muri pieni di crepe, forse dovute proprio a quei lavori? Insomma, messo bene non è). Ma a proposito di Quello: visto che non lo vogliono tirare assolutamente in ballo, gliela facciamo noi la domanda: “Ma chi è Benito Mussolini per voi?” “Una figura degna di rispetto…” Ah, ecco… Lo stereo sta ora mandando un pezzo stranamente lento, quasi uno slow. Che strano, pare il Festival di Sanremo. Proviamo a decodificare il pezzo con l’ausilio di Shazam, l’app che riconosce le canzoni, ma il risultato è un punto interrogativo, musica astrusa perfino per l’app. A proposito perché per la scelta del nome è stato scomodato Ezra Pound? Alla fine del 2011 la figlia del poeta ha
avviato un procedimento legale contro il gruppo di estrema destra per l’uso improprio del nome di suo padre… “Tutto nasce da un episodio accaduto a Roma – ricorda Castaldini – alcune famiglie sfrattate avevano occupato uno stabile ed Ezra Pound aveva sempre tuonato contro certe ingiustizie sociali”. Sì, anche molti altri, a dire il vero, ma non sindachiamo. E parliamo di giovani: perché un ragazzo dovrebbe venire da voi? “Perché noi siamo per il cambiamento delle Istituzioni, perché certe situazioni non le possiamo accettare. Le nostre istanze possono essere molto attuali. Siamo per una politica senza slogan che si occupi più del cittadino. Ad esempio, ci piacerebbe una legge contro i pignoramenti”. Proprio sotto le bandiere di Istria e Dalmazia, terre irredente, facciamo un’ultima domanda: “Temete un ritorno del terrorismo?” “Purtroppo le giovani generazioni attuali sono come narcotizzate. Davanti ai telefonini tutti mormorano un non mi interessa e intanto attorno tutto sta cambiando…” Usciamo dal Baluardo, completamente ignari dello scoppio (per qualcuno una bomba, per altri un mortaretto potenziato) che 24 ore dopo danneggerà una saracinesca. Tanto per ricordarci, a microfoni spenti, che probabilmente quello in cui siamo stati non era un semplice circolo ricreativo, chissà... ■
QUARTA EDIZIONE
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nche Trento, presto, potrebbe diventare una smart city. Ma che significa esattamente? Le smart cities, ovvero le città intelligenti, sono città dove la pianificazione di infrastrutture materiali si relaziona con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le vive, per migliorare la qualità della vita in città, garantendo uno sviluppo economico
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sostenibile attraverso l’uso di strumenti innovativi in termini di comunicazione, informazione, mobilità, tecnologia, efficienza energetica. La città più smart in Europa è Copenhagen, famosa per le sue piste ciclabili e per uno dei più bassi tassi di emissioni di carbonio d’Europa, seguita da Amsterdam, Vienna e Barcellona, una delle pioniere, con i suoi progetti
sulla mobilità sostenibile (il bike sharing qui è partito già nel 2008). Ma anche in Italia cominciano a diffondersi progetti per città sempre più intelligenti, come, per fare qualche esempio Torino, con la sua rinnovata metropolitana a basso impatto ambientale, o Correggio, la cittadina del cantante Luciano Ligabue, in Emilia, dove chi utilizza stabilmente il car
pooling viene premiato con un buono da 10 euro. Una delle prossime potrebbe essere proprio la nostra Trento. Massimo Micheli, un ragazzo che vive a Pergine Valsugana, a gennaio in quattro e quattr’otto ha ideato da solo un progetto preliminare per sviluppare un sistema di mobilità sostenibile in città. Finora presentato solamente davanti a Legambiente,
Massimo Micheli, ideatore del progetto
ma che a breve, Massimo sta prendendo ora i contatti, porterà davanti all’amministrazione provinciale. Un’idea, quella di ottimizzare la mobilità nel capoluogo e renderla più verde, che gli è venuta quasi per caso, unendo in parte le sue conoscenze in materia di energia, visto il suo lavoro di tecnico nel settore del riscaldamento, in parte curiosando tra vari siti internet tematici e pensando con lungimiranza alle esigenze della sua città. La Comunità Europea, che tra i suoi obiettivi ha proprio l’implementazione delle smart cities destinando un fondo ad hoc per il loro finanziamento, potrebbe sostenere interamente l’onere del progetto, di cui Trento, la provincia, sarebbe beneficiaria.
Ma veniamo nel merito del progetto. Concretamente, si articolerebbe in quattro macro azioni: preparatorie, di attuazione, di accompagnamento e infine di comunicazione - diffusione, suddivise in altre sotto azioni. Per prima cosa, prima di pianificare una strategia di mobilità mirata per il nostro territorio, s’intende tutta l’area del comune di Trento, è necessario prevedere una fase di analisi della domanda dell’attuale sistema della mobilità. Nel progetto si è pensato quindi a un questionario, la cui realizzazione spetterebbe agli uffici competenti della provincia, da far distribuire presso un numero di lavoratori e dipendenti di aziende locali, per avere una mappatura sulla mobilità giornaliera sistematica nel tratto casa-lavoro, permettendo di raccogliere innumerevoli informazioni. In poche parole: da dove parte lo spostamento? Con quale frequenza? Quante persone a bordo, incluso il conducente? Quanti km si percorrono? In quali fasce orarie si concentrano gli spostamenti? Quali mezzi di trasporto si prediligono? Quanto tempo si impiega a parcheggiare? Ma anche per venire in possesso, auspicando nella collaborazione delle aziende, di informazioni relative ai dati
IL PROGETTO IN CIFRE
50 equipaggi di car pooling, coinvolgendo 4000 addetti (50 equipaggi per 4 addetti per ciascun equipaggio, per
2000
una media di 20 giorni lavorativi al mese); viaggi al mese organizzati, (50 equipaggi per due viaggi al giorno,
20.000
per 20 giorni lavorativi); km verdi (25 veicoli per 40 km di media percorrenza al giorno per ciascuno,
5000
per 20 giorni lavorativi); € all’anno di ticket della mobilità (20 ticket all’anno da dieci € per 25 proprietari)
3 anni: durata prevista
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DOVE TROVARE LA CARICA? NEL FUTURO DELL’ALIMENTAZIONE SENZA FILI
L’
alimentazione dei mezzi destinati al car pooling, a servizi di noleggio o a chiamata, proverrà da fonti di energia rinnovabile, da pannelli fotovoltaici, biomasse, oppure cogenerazione, ovvero produzione combinata di energia elettrica e calore in uno stesso impianto che permette di risparmiare in combustibile e quindi in emissioni, ottimizzando l’efficienza d’uso del combustibile in uno stesso impianto. Una volta individuata la tecnologia più adatta tra queste, dopo uno studio preliminare, il progetto pianificherà la realizzazione di adeguate infrastrutture. Una delle spine nel fianco delle automobili elettriche però è la relativamente scarsa autonomia energetica. Sono in grado di percorrere, ad oggi, circa 150 km con la batteria carica e per ricaricarsi, nelle apposite colonnine, richiedono parecchio tempo. L’era della comunicazione immateriale ci sta già suggerendo però un’altra soluzione verso cui muoversi. Volvo ha condotto uno studio lo scorso autunno, in un centro prova nelle Fiandre, per far sì che le auto elettriche siano in grado di ricaricarsi attraverso un trasferimento di energia che sfrutta l’elettromagnetismo. Senza utilizzare alcun cavo elettrico, semplicemente parcheggiando l’auto su un dispositivo elettromagnetico, in maniera quindi completamente wire less, l’auto si ricarica in un tempo di circa due ore e mezzo. Uno studio certamente appena all’inizio, e ancora da perfezionare, ma la tecnologia senza fili è certamente una delle strade più probabili da percorrere in futuro, per affrontare la necessità crescente di approvvigionamento energetico.
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personali dei lavoratori (numero, domicilio, comune di residenza, sede di lavoro), in modo da studiare una strategia ricalcata sul loro bisogno. A tal pro, il questionario cercherebbe di sondare anche la loro disponibilità a servirsi eventualmente di un altro tipo di mezzo di trasporto in grado di rispondere comunque alle proprie esigenze, ma più sostenibile. Sulla base di questa prima indagine, la seconda azione del progetto prevede un confronto con le Best Practices Europee, le migliori pratiche a livello europeo di gestione della mobilità – prendendo in considerazione aspetti come le caratteristiche del territorio, la mobilità prima e dopo la realizzazione di un progetto, la campagna di comunicazione effettuata, l’innovazione con il supporto della tecnologia, ma anche punti di forza e difficoltà, – per studiare un sistema più adatto possibile a rispondere alla domanda di Trento emersa dalla raccolta dei dati di cui sopra. Dopo questa prima parte
analitica, il momento di passare all’azione, proponendo dei servizi integrativi o sostituivi all’auto privata per la mobilità casa lavoro, come il car pooling, servizi a chiamata, noleggio gratuito o agevolato di mezzi a basso impatto ambientale e ticket per la mobilità sostenibile. Per rendere ancora più sostenibili tali mezzi di trasporto, Massimo ha pensato a un sistema di alimentazione a basso impatto ambientale che utilizza fonti rinnovabili reperibili sul territorio: ricarica elettrica, generata da biomasse o pannelli fotovoltaici, biocarburanti, cogenerazione. Una volta analizzata la tecnologia più adatta in base a cui alimentare le flotte dei mezzi, si potrà procedere con la creazione in loco delle infrastrutture degli impianti di produzione. Anche se il futuro lascia spazio ad altre possibilità. Per tradurre nella pratica il progetto e supervisionarlo, occorre, naturalmente, del personale preparato. Ecco che si è pensato alla creazione dell’ufficio Mobility Management di distretto, composto da personale formato in materia ambientale e energetica, che si occuperebbe di gestire l’andamento del progetto, ovvero individuare le aziende del distretto disponibili ad essere coinvolte, e tramite un apposito software web oriented acquistato dalla Regione Trentino-Alto Adige, organizzare e gestire i servizi di trasporto alternativo, come il car pooling, stimato in 50 equipaggi con 4000 addetti, e i servizi a chiamata, preoccupandosi anche della gestione degli impianti di alimentazione delle vetture ecologiche, oltre che dei ticket per la mobilità sostenibile. Sì perché l’azione di attuazione prevede anche l’erogazione di ticket verdi, per spostarsi in maniera sostenibile. Quasi alla stre-
trentinoattualità
“FOOD”, SMART CITIES E FORMAZIONE: LA QUARTA EDIZIONE DELLA NOTTEVERDE A ROVERETO
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a notte tra il 31 maggio e il 1 giugno la città di Rovereto rimarrà sveglia per la grande manifestazione della Notte Verde, che in questa quarta edizione avrà come leit-motiv il food, l’alimentazione, il cibo inteso nei suoi vari aspetti. Una declinazione importante di questo tema sarà la formazione – e in particolare l’alta formazione – legata all’alimentazione, oltre che all’ambiente in generale. Un momento forte della NotteVerde sarà infatti la presenza già dal giovedì 29 maggio (e fino a sabato 31) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, con l’Alta Scuola per l’Ambiente (ASA), che proprio a Rovereto terrà la sua prestigiosa SummerSchool, dedicata a: “Expo 2015, Smart cities, Sostenibilità del territorio. Tra branding e formazione”. L’Alta Scuola per l’Ambiente della Cattolica infatti sta seguendo un progetto specifico per Expo 2015, creando in questo modo un ideale “ponte” con la NotteVerde di Rovereto. Alta formazione per una classe dirigente del domani più consapevole delle complesse implicazioni ambientali che il proprio lavoro comporta. Questo è il trait d’union con il tema di questa edizione del Festival dell’Economia. gua dei buoni pasto che le aziende distribuiscono ai propri dipendenti, sono una sorta di salario integrativo (inizialmente sostenuto dal progetto e poi dall’azienda) del valore di 10 euro l’uno (per un valore massimo di 258 euro annui per ciascun dipendente), destinato ai dipendenti che creeranno un “equipaggio” di car pooling con mezzi propri. Vanno cercati, ovviamente, enti e aziende in grado di fornire servizi verdi dove i lavoratori possano utilizzare questi buoni. L’obiettivo è coinvolgere almeno 10 aziende. Per dare visibilità al progetto, l’ultima azione infine riguarda la parte comunicativa, sia tramite web, sia tramite la stampa, incontri, eventi pubblici, partecipazione a manifestazioni come la settimana
della mobilità, visite all’ufficio Mobility Managment, anche coinvolgendo le scolaresche, per promuoverlo sia a livello regionale in primis, sia a livello nazionale ed europeo, per via tecnologica. L’ideale, spiega Massimo, sarebbe riuscire a creare una sorta di sistema “pacchetto”, da poter adattare a qualunque altra zona del nostro territorio. Quanto durerà il progetto? Il tempo previsto è di tre anni, tra preparazione e messa in atto, anche se naturalmente, se funziona potrà continuare. Massimo appare speranzoso, fiducioso di poter tradurre nel concreto la sua idea. E anche noi gli facciamo tanti auguri, perché una Trento un po’ più smart piacerebbe davvero a tanti. ■
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trentinoincontri di Carlo Martinelli e Paolo Curcu
UN CAFFÈ A CASA DI...
MAGO MERLIN MUSICISTA ED ESPERTO DI MUSICA, CHITARRISTA ELETTRICO ED ACUSTICO, ENRICO MERLIN A CINQUANT’ANNI È SEMPRE IN MOVIMENTO, DA UN PROGETTO ALL’ALTRO. NEL SEGNO DEL JAZZ CONTAMINATO DAL PROG, CELEBRA IL “MAESTRO” MILES DAVIS, SI DEDICA ALLE COVER DEI ...SUOI PEZZI, CONQUISTA “WEBNOTTE” DI REPUBBLICA. E, A “CASA BERLIN”, CI DICE CHE...
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on uno come Enrico Merlin anche quelli di wikipedia avrebbero vita dura. Perché, statene certi, l’aggiornamento delle sue attività non potrà mai essere completo, esaustivo, definitivo. Perché il musicista che oggi ci offre il caffè è sempre un po’ più avanti, è sempre un progetto più in là. Già. Alle porte di Trento, in una casa dove respiri musica e libri per via di lui e dove respiri arte e cultura (e altri libri) per via della compagna, Denise Bernabè – mentre sgambetta beatamente felice la loro piccola Emma Giorgiana,
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Il libro che sta leggendo. Tengo costantemente nella custodia della chitarra “On the road” di Jack Kerouac. L’ho letto tanti anni fa, rileggerlo svela sempre nuovi aspetti, nuove sfumature. E’ un libro musicale, sono pagine che hanno ritmo. Ma sul comodino ho anche “L’ultimo disco dei Mohicani” di Maurizio Blatto e “Simulacri” di Dick.
Il film preferito. Quelli di Kubrick, tutti. E confesso poi una passione per le pellicole di Tarantino. Il piatto preferito. Pasta al forno, se fatta bene. Se non avesse fatto quello che ha fatto, cosa avrebbe voluto fare? Il cuoco. La cosa che le fa più paura? Che succeda qualcosa di non bello ai miei figli. Il sogno ricorrente? Che l’arte, nelle sue diverse forme, diventasse finalmente parte decisiva del tessuto culturale della nostra società.
elettronica, campionatori, computer ed effettistica, strumenti utilizzati per creare tessiture timbriche inusuali. Ha all’attivo diverse realizzazioni discografiche, ha partecipato a molti festival nazionali e internazionali e ha collaborato con musicisti di livello internazionale tra cui Lee Konitz, Franco D’Andrea, Enrico Rava e Paolo Fresu. E’ direttore artistico del Trentino Jazz Festival (ex NonSoleJazz Festival) e si occupa dell’ideazione e produzione di eventi artistici, quali la mostra multimediale “Kind of Miles” per i Teatri di Reggio
Emilia. Nel novembre 2012 ha pubblicato con il Saggiatore il monumentale - mille pagine, quattro milioni di caratteri, anni di lavoro - “1000 dischi per un secolo” ovvero la storia della musica occidentale vista attraverso l’evoluzione del supporto fonografico. Precedentemente aveva pubblicato “Bitches Brew, genesi del capolavoro di Miles Davis”, in collaborazione con Veniero Rizzardi. Beh, non si dice che questi appunti li potresti stracciare e gettare nel cestino, perché nei suoi primi cinquant’anni
14 mesi – tu arrivi con il tuo compitino già fatto. Enrico Merlin è musicista ed esperto di musica. Chitarrista elettrico ed acustico, banjoista e storico della musica afro-americana e del rock. È considerato uno dei massimi esperti mondiali di Miles Davis. In lui l’amore per le sonorità acustiche e per la musica tradizionale convive con l’interesse per 35
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– tanti sono a dispetto di una chioma orgogliosamente leonina e che fa tanto musicista, oh yes – queste sono tappe importanti, eccome, ma meglio sapere subito che se fino all’altro ieri c’era questo, oggi c’è una stordente lista di altri progetti, di altre creatività. Così, anche se il caffé lo sorseggi in apparente tranquillità, e lui ti parla con una cantilena che è una sorta di tappeto musicale, molto jazz, massì, la sensazione è che il ritmo aumenti, che la musica debba trovare nuovi riff, nuovi timbri, nuove soluzioni. Già. Tu bevi il caffé e lui ti racconta che sta per partire. Seicento chilometri in macchina, fino a Roma, dove il giorno dopo (anzi, la notte dopo) sarà ospite di Webnotte, la trasmissione live già cult di “Repubblica” condotta da Ernesto Assante e Gino Castaldo. Arrivare lì è una sorta di patente, di certificato di garanzia. Enrico Merlin ci arriverà poche ore dopo il nostro caffè. Con il
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suo progetto che abbraccia le sperimentazioni jazz e rock progressivo e che ha chiamato Merlin Un-covered Music project. A Webnotte hanno suonato i brani ‘’Ti curerò col curaro’’ e ‘’Bukowski” – omaggio ad una delle passioni letterarie di Enrico – e hanno fatto il botto. In pochi giorni migliaia di visualizzazioni in rete. Con lui suonano Mirko Pedrotti, Andrea Busico, Luca Casagranda e Ivan Benvenuti. La sfida? “Molti gruppi fanno cover di altri artisti, si rifanno ad altri modelli. Io faccio le cover dei... miei pezzi. Un’idea nata quasi per scherzo, la voglia di rimettere in circolo una vita passata a suonare, visto che ho messo finora lo zampino in 34 dischi. E se mi chiedono cosa diavolo è la nostra musica io cito Karlheinz
Stockhausen che ad uno sprovveduto giornalista che gli chiese cosa mai cercasse il Maestro, rispose che non si trattava di cercare, bensì di trovare”. Il vulcano Merlin è fatto così. A Webnotte ci arriva perché indicato dalla rivista Jazzit come una delle voci più interessanti della scena italiana. Sorride. “Un’altra rivista storica, Musica jazz, mi ha inserito tra i talenti emergenti del jazz italiano. Quando è successo avevo 44 anni. Poco male. La prossima estate mi vedrà a Nuoro a tenere dei seminari masterclass con Dave Holland”. Ultima soddisfazione, per ora, di una carriera che deve comunque fare i conti con un genere, il jazz seppur “contaminato”, non propriamente popolare, non certo di cassetta. L’autodidatta Merlin è però una macchina da guerra in questo: insegna al Diapason e al CDM, tiene seminari sulla storia della musica e la dinamica della registrazione, ha coltivato la sua smisurata passione per Miles Davis al punto da diventare punto di riferimento per gli studi sul grande musicista. Per dirne una: negli States la famiglia di Davis gli ha messo a disposizione le lettere e le carte personali. Ma da qualche parte avrà pure nutrito questo onnivoro eterno ragazzo la sua passione, al di là di una innata creatività musicale? “Sì, la mia università è stato il negozio di dischi che ho gestito dal 1985 al 2000: l’Elettrocommerciale di largo Carducci, a Trento. Lì ho fatto memoria e tesoro di migliaia di album ascoltati, di tanti incontri, di continue letture”. Quelle che lo hanno portato a compilare, “con il prezioso, irrinunciabile supporto di Denise Bernabè, la mia
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COSE DA FANTASCIENZA
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orprese. La fornita biblioteca di Enrico Merlin restituisce anche le copie di “Meltdown. Il nocciolo della fusione”, una fanzine di appassionati di fantascienza che nacque a Trento nel 1986 e che – sorpresa – ebbe tra i suoi fondatori proprio il musicista trentino. In redazione, accanto a Merlin, c’erano Claudio Bonvecchio, Stefano Caracristi, Michele Kettmaier, Chiara Santamaria e Alvaro Torchio. Ne uscirono una decina di numeri, ricchi di racconti, fumetti, recensioni di libri e film, persino incursioni nella fantamusica. D’altronde, per restare in tema, se di Kubrick a casa Merlin c’è la filmografia completa, sappiate che di Philiph K. Dick, autore diventato di culto solo post mortem, c’è la bibliografia completa.
compagna, fidanzata, prossimamente moglie” le mille pagine del libro sui mille dischi del secolo. Una fatica che ha conquistato lodi sperticate e che non è spiegabile. Uno deve sfogliarla, quella bibbia musicale, per comprendere che lavoro abbiano intrapreso Enrico e Denise. A proposito: il caffè lo stiamo bevendo a “casa Berlin”, ci avvertono. Ovvero Bernabè e Merlin messi assieme. E lo studio dove nascono i suoni, dove i progetti decollano, diventa così il “Berlin
alchemist vault”. Sì, c’è del mago - del Wizard eccentrico e un po’ folle, ci si perdonerà il termine, che vuol essere rispettoso - nella sua febbre creativa. Per questo ci sta: lui è anche Mago Merlin(o). “Per me l’arte è il ventaglio delle emozioni, il più largo possibile e in questo senso la musica, che è l’arte dei suoni, ha l’obbligo di metterci in discussione, altro che pacificazione. Certo, può accadere che arte ed intrattenimento possano stare nella stessa frase, ma è auspicabile avvenga spesso
il contrario. Allora la musica è pura e non guarda in faccia ai giudizi e il musicista può, ed anzi deve, pensare a ben altro che non alle recensioni”. E qui il caffè di Merlin tocca una visione quasi protoromantica dell’arte, con un ragionamento che va da Liala allo Sturm und Drang e incontra Andy Warhol e che, nel viaggio autobiografico di un musicista che ha saltato anche gli steccati dell’ideologia, trova il tempo di un ricordo personale. Quello di papà Antonio e mamma Maria, sì, quelli della pasticceria Merlin, per anni istituzione, a Trento, del “buon caffè” e dei dolci fatti come si deve. Tra i cinquemila dischi di “casa Berlin”, per non dire dei libri – il discorso sulla fantascienza avrebbe bisogno di un intero altro articolo – spunta una immagine di Bukowski, il poeta e scrittore americano non a caso omaggiato nel progetto musicale della band trentina. V’è una frase: “Conserva in te una scintilla e non concederla a nessuno, perché con quella scintilla potrai attizzare un grande incendio”. A costo di bruciarsi – o di bruciare qualcuno, perché il rischio c’è e il Wizard è attraversato da un velo di malinconia, per un attimo –, il Mago Merlin(o) quella scintilla creativa sembra averla in tasca, sempre. Così, perché sorprendersi: anche il caffè sembra scottare un po’... ■
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di Silvia Tarter
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i sono luoghi che più di altri hanno visto mutare la città di Trento e dei suoi abitanti, ma anche dei suoi vizi e delle sue mode, nello scorrere degli anni. Uno di questi è la vecchia, nel vero senso del termine, osteria “La Scaletta”, al civico 9 del vicolo di Santa Maria Maddalena, quasi di fronte al Teatro e Oratorio San Pietro. Da sempre storico punto di riferimento per i viandanti, il nome del locale era già noto alla fine dell’Ottocento, racconta il proprietario, Daniele Ferrari, quando ci venivano i commercianti del mercato del carbone e della legna di piazza della Mostra, per rifocillarsi con un buon piatto di trippe. All’inizio, in realtà, il locale si chiamava “Al Pesce”, ricorda, perché lì vicino, in Torre Verde c’era il porto fluviale della città, quando l’Adige scorreva lungo un altro percorso prima di essere deviato (1854-58). 38
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UN BICCHIERE ALLA SCALETTA IL NOME DEL LOCALE ERA GIÀ NOTO ALLA FINE DELL’OTTOCENTO, QUANDO CI VENIVANO I COMMERCIANTI PER RIFOCILLARSI CON UN BEL PIATTO DI TRIPPE. OGGI È UNO DEI LOCALI PIÙ APPREZZATI E FREQUENTATI DELLA CITTÀ DI TRENTO Il vecchio bancone di legno ha visto trascorrere innumerevoli volti e generazioni della Trento più popolare e colorita, sorvegliati dall’occhio furbo di quel Bacco del Bragagna disegnato sui vetri. E tra le volte del soffitto risuona ancora l’eco delle innumerevoli risate, canzoni, chiacchiere e sì, anche le sbronze, che le hanno riempite negli anni. La Scaletta ne ha viste davvero tante, ma anche tanti gestori diversi. Dall’Emilio e la Lisa, che, si dice, tenevano semplicemente una botte per spillare il vino bianco, una per il rosso e un po’ di lardo, a Gianni Covertino, che tenne le redini del locale
per un ventennio, differenziando la proposta culinaria. Da ricordare, continua Ferrari, le sue merende a base di affettati. Poi si sono susseguite tre diverse gestioni, che via via hanno portato l’osteria ad allontanarsi un po’ dallo spirito iniziale con cui era nata: quell’idea di un luogo rustico e accogliente per il ristoro di chi era di passaggio, e allo stesso tempo un ritrovo per avventori ormai affezionati che lo popolavano abitualmente, come fossero di casa. Ma nel frattempo anche le persone erano cambiate, sull’onda dell’irrequietezza di quegli anni. Qui veniva spesso anche Renato Cur-
cio e qualche sessantottino, racconta. Ma anche gli amanti del cinema che andavano al vicino oggi ex Teatro San Pietro, e ancora, i ragazzi del ’77, i metallari… Ora però, la Scaletta sembra essersi riconciliata un po’ con la sua iniziale vocazione, più calda, più familiare. Questo per lo meno nelle intenzioni del nuovo gestore, Stefano Dorigatti, di Tavernaro, prima per venticinque anni alla guida del rifugio Campel a Villamontagna insieme alla madre e al fratello Paolo. Stefano è qui dal 27 dello scorso giugno, ma l’esperienza, si può dire, non gli manca di certo. Gestire
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Il gestore, Stefano Dorigatti, con un cliente
un’osteria in città però non è la stessa cosa di un rifugio: gli utenti sono molto diversi. In città si vede di tutto, soprattutto la sera a certe ore. L’osteria infatti rimane aperta fino all’una di notte, anche se spesso, ci dice Stefano, arrivano le due prima che si chiuda. In una Trento ancora troppo silenziosa per chi vorrebbe più movida, la Scaletta è uno dei pochi locali della città dove è possibile fermarsi così a lungo. Qualche volta, naturalmente, questo ha portato a qualche lamentela da parte dei vicini di vicolo, soprattutto durante le feste di laurea, quando i ragazzi sull’onda dell’allegria, sono usciti a festeggiare in strada. Eh sì, perché nonostante quel’alone un po’ ombroso, quasi da cambusa, che emana quella porta semi nascosta dalla scalinata da cui prende il nome, anzi forse proprio per quello, il luogo piace ancora, e molto. Quell’arredamento sempre uguale in legno, intriso di storie, attira i giovani in cerca di un luogo caratteristico e rassicura i vecchi, che vi ritrovano qualche ricordo e magari non mancano all’appuntamento col bianchetto delle 11 di mattina, o una partita di carte o al pirlo, che qui, lungi dai sonagli delle slot machines, si può trovare ancora. Un crocevia di generazioni insomma in questo piccolo spazio, due sale, una cinquantina di coperti al massimo. Da brava osteria, infatti,
naturalmente qui si può mangiare. Oltre agli stuzzichini da sgranocchiare all’aperitivo, immancabili piatti tipici trentini, come polenta e tosella, o con costine o coniglio,oppure una bella pastasciutta al ragù. Piace molto, ci dice la cuoca, la mamma di Stefano, anche il tortel di patate con gli affettati. Tutto annaffiato da un buon vino locale, come il Teroldego, il Marzemino e il Müller o qualche bottiglia di vino dal Veneto come la Nosiola. La gente che frequenta l’osteria non manca, ma che il momento di adesso sia difficile, ci dice Stefano il gestore, lo si nota anche qui. «Una volta c’era la fila fino in fondo al vicolo per venire alla Scaletta» Aggiunge Ferrari. Ma a quanto sembra il motivo non è solo una questione economica, riflettono lui e Stefano. Riempiendo e lucidando calici da dietro quel bancone scuro,
si nota come l’atmosfera sia diversa. «Le persone, anche i giovani, hanno meno voglia di divertirsi di un tempo, l’allegria è meno spontanea. Forse saranno tutte queste notizie continue che costringono ad essere tristi per forza di cose». A far tornare il sorriso però, alla Scaletta c’è anche il Cabaret. Per la quarta edizione, ogni secondo martedì del mese, da marzo, l’Associazione Culturale dei Toni Marci, con il sostegno e il contributo del servizio delle attività culturali della Provincia, organizza Punto.Cabaret: un tris di appuntamenti di live cabaret con tre comici professionisti diversi, conosciuti a livello nazionale. Un unicum per Trento e provincia, portato avanti dal 2009 finora al locale Ventuno.uno, ma che quest’anno, spiega Gabriele del trio, ha scelto “La Scaletta” per le sue serate all’insegna della comicità, riscontrando nell’antica osteria un luogo adatto a rievocare l’atmosfera dei primi cabaret milanesi. E questo è un modo in più anche per riconciliare il locale con la sua vocazione di luogo di ritrovo caldo e familiare e dal sapore un po’ ruspante. Finora, gli spettacoli (a ingresso gratuito, cena su prenotazione) hanno portato a riempire tutto lo spazio a disposizione. Le persone assistono, si divertono, e ogni volta finiscono per diventare
Serata di cabaret con “I Toni Marci” e Davide Colavini
parte del spettacolo, lasciandosi coinvolgere e facendosi scappare qualche battuta, anche perché il pubblico è popolato solitamente da un bel varietà di personaggi, che rendono il cabaret un momento ancora più vivace. Dopo lo show di Eugenio Chiocchi a marzo, ad aprile è stata la volta di Davide Colavini, comico e attore varesotto e del suo “Un uomo marcio”, proponendo un gustoso divertissment su quanto sia difficile comunicare al giorno d’oggi, soprattutto nella relazione tra uomo e donna, che genera continui fraintendimenti, e suggerendo alcune chicche su come conquistare una donna cercando la massima convenienza, che hanno strappato parecchie risate. Nella prossima serata, il 13 maggio, toccherà a Dado Tedeschi e poi con il sopraggiungere dell’estate la stagione comica si interromperà, spiegano I Toni Marci, per riprendere ad ottobre, quando la gente tornerà a preferire il chiuso. Un intrattenimento molto azzeccato con lo spirito dell’osteria, che e a quanto pare non perde il suo fascino. Proprio come un buon bicchiere di vino. ■ 39
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1914-1918 - UNA “GUERRA TRA PARENTI” – 5° PUNTATA
ARMIAMOCI E PARTITE CHE “IL PIAVE MORMORÒ” L’AUSTRIA SI PREPARAVA ALLA GUERRA CON L’ITALIA, UNA NAZIONE DELLA QUALE A VIENNA SI FIDAVANO POCO, NONOSTANTE FACESSE PARTE DELLA TRIPLICE ALLEANZA DA PIÙ DI TRENT’ANNI. AL PRINCIPIO DEL NOVECENTO ERANO STATE RINFORZATE O FABBRICATE EX NOVO LE DIFESE NELLA PARTE SUD DEL TIROLO MERIDIONALE. TRENTO ERA DIVENTATA “CITTÀ FORTEZZA”. UN PIANO PER LO SGOMBERO DELLA POPOLAZIONE ERA PRONTO DA ANNI di Alberto Folgheraiter
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l 20 maggio 1882, a Vienna, l’Italia stipulò un patto militare difensivo con gli imperi di Austria e Germania. Si formò in tal modo una “Triplice alleanza” di reciproca difesa in caso di attacco dall’esterno. Tuttavia, nel maggio del 1915, benché manifestassero sorpresa e disgusto per il “tradimento” di quel patto siglato trent’anni prima, gli alti comandi austroungarici non si trovarono impreparati. Una guerra con l’Italia era già stata messa nel conto ormai da molti anni. Vienna non aveva mai dimenticato di essere stata costretta, con le cosiddette “guerre di Indipendenza” italiane, a cedere alla corona dei Savoia la Lombardia (1859) e il Veneto (1866). Quelle guerre avevano dimostrato che la valle dell’Adige era il punto debole, la porta d’accesso nelle terre dell’Impero. G. P. Sciocchetti (1990), ha calcolato che lungo il corso dell’Adige, nel corso dei secoli, sono transitate 66 delle 144 spedizioni di sovrani tedeschi in Italia; dal 950 al 1250 ben 44 eserciti scesero nel Belpaese attraverso il passo del Brennero. Temendo un’invasione da sud, nella seconda metà del XIX secolo gli Stati maggiori austriaci avevano avviato una capillare fortificazione del territorio trentino. Trento divenne “città fortezza”, circondata, come in Galizia, da una corona di forti e di sbarramenti fortificati. In vent’anni 40
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(1876-1895), su progetto della Direzione del Genio militare, furono fabbricati tre forti a Mattarello e uno a Romagnano. Fu costruito lo sbarramento di Valsorda, con i forti di Brusaferro e doss Fornas,
oltre a due blockhaus (baraccamenti di travi di legno incastrate) sulla Maranza. Un altro sbarramento fu individuato nella forra della Fersina, con quattro forti a Civezzano, a Roncogno e al Passo del
“LA LEGGENDA DEL PIAVE” SCRITTA NEL GIUGNO 1918
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nche se comincia con “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio, dei primi fanti il ventiquattro maggio (1915)…”, “La canzone del Piave” (o “La leggenda del Piave”, come è conosciuta da taluni) fu scritta nel giugno del 1918 dal maestro Ermete Giovanni Gaeta dopo la “battaglia del solstizio”, durata una settimana (15-22 giugno) e nel corso della quale morirono 85mila soldati italiani e 149mila militari austro-ungarici. La canzone, interpretata dal cantante-soldato, il bersagliere Enrico Demma (nome d’arte di Raffaele Gottardo, poi divenuto attore di discreto successo), per tre anni (dal 1943 al 1946) fu adottata quale Inno nazionale dell’Italia.
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Cimirlo. Più oltre, verso sud-est, furono costruiti i forti di Tenna e di San Biagio a Levico. A protezione di un ipotetico aggiramento della città da nord, fu fabbricato il forte Casara, sul versante settentrionale del monte Calisio. Lo sbarramento naturale del Bus de Vela era già stato fortificato dopo la perdita
della Lombardia, subita con la sconfitta austriaca nella seconda guerra d’indipendenza italiana (1859-1860). È nota la diffidenza del generale austriaco Conrad verso l’Italia contro la quale egli avrebbe voluto dichiarare guerra già in occasione del conflitto italo-turco (1912) e, prima, dopo il tragico terremoto di Messina (80mila morti il 28 dicembre
1908). Divenuto capo di Stato Maggiore dell’esercito di Francesco Giuseppe, nel 1914 Conrad indusse il governo di Vienna a potenziare tutte le difese del Trentino e soprattutto della “Fortezza” di Trento. Novemila lavoratori, assieme a prigionieri serbi e russi arrivarono in Trentino dalla periferia dell’Impero. Attorno alla città furono approntate circa 300 gallerie (che poi i Trentini chiamarono “stoi”), e furono scavati 19 chilometri di trincee. Convinto che la guerra con l’Italia fosse inevitabile, il generale Conrad fece di tutto per far approvare dal governo austriaco, che nicchiava per l’alto costo dell’operazione, pure i progetti di costruzione di sette forti sugli altopiani di Folgaria e di Lavarone. Nel frattempo, all’interno della città aumentarono le guarnigioni e si dovettero adattare a caserme militari ex conventi o fabbricati dismessi. Divennero caserme la Cà di Dio, l’ex convento delle Laste che era stato, per vent’anni, Triplice Istituto per le partorienti e le mammane; il convento e la chiesa di San Lorenzo, recuperati alla città dopo lo spostamento dell’Adige verso il Doss Trento (1858) e prossimi alla ferrovia (entrata in esercizio nel 1859); la chiesa di Santa Maria Maddalena e alcuni edifici nel rione di San Martino, a lato del castello del Buonconsiglio. Le caserme erano di proprietà comunale. Pertanto dovevano essere mantenute
LA DICHIARAZIONE DI GUERRA DELL’ITALIA ALL’AUSTRIA-UNGHERIA
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a dichiarazione di guerra dell’Italia all’Austria-Ungheria fu consegnata il 23 maggio 1915 al Ministro degli Esteri di Vienna, il barone Stephan Buriàn, dall’ambasciatore italiano Giuseppe Avarna duca di Gualtieri. Il barone Buriàn era subentrato nell’incarico al conte Leopold Berchtold il quale era stato costretto alle dimissioni il 13 gennaio 1915. Contro il parere dell’imperatore Francesco Giuseppe e del primo ministro, l’ungherese Istvàn Tisza, Berchtold aveva sostenuto, infatti, la necessità di cedere il Trentino alla corona dei Savoia per evitare l’entrata in guerra dell’Italia a fianco delle Nazioni dell’Intesa (Gran Bretagna, Francia e Russia). Nonostante le pressioni del suo collega tedesco, pure il ministro Buriàn si oppose alla cessione di territori all’Italia in cambio della neutralità. Temeva, infatti, il contagio delle richieste territoriali. Anche la Romania faceva pressione su Vienna per ottenere la Transilvania. Questa la dichiarazione di guerra presentata a Vienna: “Secondo le istruzioni ricevute da S. M. il re suo Augusto sovrano [Vittorio Emanuele III], il sottoscritto ha l’onore di
partecipare a S. E. il Ministro degli Esteri d’Austria-Ungheria la seguente dichiarazione: Già il 4 del mese di maggio vennero comunicati al Governo Imperiale e Reale i motivi per i quali l’Italia, fiduciosa del suo buon diritto, ha considerato decaduto il trattato d’Alleanza con l’Austria-Ungheria, che fu violato dal Governo Imperiale e Reale, lo ha dichiarato per l’avvenire nullo e senza effetto ed ha ripreso la sua libertà d’azione. Il Governo del Re, fermamente deciso ad assicurare con tutti i mezzi a sua disposizione la difesa dei diritti e degli interessi italiani, non trascurerà il suo dovere di prendere contro qualunque minaccia, presente e futura, quelle misure che vengano imposte dagli avvenimenti per realizzare le aspirazioni nazionali. S. M. il Re dichiara che l’Italia si considera in istato di guerra con l’Austria-Ungheria da domani. Il sottoscritto ha l’onore di comunicare nello stesso tempo a S. E. il Ministro degli Esteri Austro-Ungarico che i passaporti vengono oggi consegnati all’Ambasciatore Imperiale e Reale a Roma. Sarà grato se vorrà provvedere a fargli consegnare i suoi”.
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IL PROCLAMA DEL RE D’ITALIA AI “SOLDATI DI TERRA E DI MARE”
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ssumendo il comando supremo delle forze armate, il re Vittorio Emanuele III diramò (24 maggio 1915) il seguente ordine del giorno:
“Soldati di Terra e di Mare. L’ora solenne delle rivendicazioni nazionali è suonata. Seguendo l’esempio del mio Grande Avo, assumo oggi il comando supremo delle forze di terra e di mare con sicura fede nella vittoria, che il vostro valore, la vostra abnegazione, la vostra disciplina sapranno conseguire. Il nemico che vi accingete a combattere è agguerrito e degno di voi. Favorito dal terreno e dai sapienti apprestamenti dell’arte, egli vi opporrà (una) tenace resistenza, ma il vostro indomito slancio saprà di certo superarlo. Soldati, a voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della nostra Patria. A voi la gloria di compiere, finalmente, l’opera con tanto eroismo iniziata dai nostri padri”.
efficienti a spese della municipalità. Pur distante dalla prima linea del fronte con l’Italia, fra il 1914 e il 1916 la “Fortezza di Trento” fu rinforzata con nuove, più moderne, artiglierie. Mentre le diplomazie erano al lavoro per tentare di trattenere o di portare dalla propria parte la pelosa “neutralità” dell’Italia, nei primi mesi del 1915 la guerra sui confini orientali languiva. Troppi cadaveri, sull’uno e sull’altro fronte marcivano nella “terra di nessuno”, ammorbando l’aria e scuotendo le coscienze. L’inverno era stato durissimo. Al fronte, come nelle retrovie. Le due armate dello zar, che erano state battute dai Tedeschi nella battaglia di Tannenberg (fine agosto 1914), qualche settimana dopo avevano contrattaccato costringendo le unità austro-ungariche a una ritirata fino a Przesmysl, città della Polonia meridionale, sulle propaggini dei Carpazi. A metà novembre i Tedeschi avevano tentato di alleggerire la pressione sugli austro-ungarici ingaggiando con i Russi vari scontri culminati nella battaglia di Lodz (nella Polonia centrale). A fine novembre 1914, in quel lembo di fronte orientale, dei 220 mila uomini di Germania e Austria-Ungheria, 160mila erano annoverati tra i morti e i feriti; sull’altro fronte, l’impero russo, che aveva schierato 400mila soldati, ebbe 120mila tra morti e feriti. Nell’aprile del 1915, l’undicesima armata Tedesca (formata da dieci divisioni 42
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di fanteria) fu spostata dal fronte occidentale per dare man forte alla IV. Armata austro-ungarica (formata da otto divisioni di fanteria e una di cavalleria) impegnata nella parte meridionale del fronte orientale, a sud est di Cracovia. Preceduto da un pesante bombardamento di artiglieria, il 2 maggio fu lanciato l’attacco contro le linee zariste. Allo sfondamento del fronte di Gorlice, assieme agli ungheresi presero parte quattro reggimenti di Kaiserjëger. Molti Trentini, inquadrati nel II e III reggimento, furono uccisi a Gorlice e Tarnòw vicino a Cracovia. Fu l’ultima strage di soldati “italiani” dell’esercito austriaco sul fronte russo-polacco. I Russi furono costretti a ritirarsi dalla Galizia, lasciando in mano agli austriaci e tedeschi 140mila prigionieri. Il 3 giugno 1915, riconquistata Przemysl, gli austroungarici lanciarono una nuova offensiva e il 22 giugno cacciarono i Russi da Leopoli, la quarta città dell’Austria-Ungheria. Il saliente Polacco era ormai ridotto a un terzo della dimensione prebellica. Alla fine di agosto del 1915 (Varsavia era stata evacuata il 4 di quel mese) l’intera Polonia sarebbe passata sotto le bandiere austro-tedesca. I prigionieri Russi avrebbero raggiunto la cifra di 750mila unità. Negli ultimi mesi del 1914 l’AustriaUngheria aveva sacrificato sul fronte orientale un milione e 200mila uomini tra morti, feriti e prigionieri. Servivano rincalzi e la leva obbligatoria fu anticipata al
ventesimo anno di età poi (1916) al 19°, finché furono chiamati alle armi (1917) i “ragazzi del ‘99” che erano appena diciottenni. All’opposto, la leva fu allargata fino a cinquant’anni di età (1915). Le fauci di quel Moloch insaziabile come era diventata la guerra moderna dovevano essere alimentate con folle ininterrotte di giovani vite. In previsione di un probabile conflitto con l’Italia, nei mesi precedenti il maggio 1915, a Trento, il Comando di Fortezza aveva predisposto un dettagliato piano per lo sgombero della popolazione. Avrebbero potuto restare in città soltanto coloro i quali servivano alla gestione, sia pure ridotta, della vita comunitaria: i civici pompieri, il personale dell’impianto elettrico, dell’acquedotto, dell’officina del gas, dell’ospedale cittadino e del civico cimitero; il personale delle farmacie Dall’Anna, Gallo, Gerloni, Giusepponi, Frizzi, Santoni; 19 medici; tre mammane; tre ingegneri; il personale di 31 alberghi; dei nove caffè; dodici macellai; 4 fornai; 28 negozianti di commestibili; 28 fabbri; 36 altri negozianti e professionisti; il personale dell’impresa cavalli di Francesco Merlin. Potevano, anzi: dovevano, restare in città “le personalità dell’autorità comunale, del Capitanato distrettuale, della Polizia, del Censo, delle Poste, della Ferrovia” (Museo storico del Trentino, manoscritto, teca E/2.2). Potevano pure evitare l’evacuazione forzata le famiglie di coloro i quali avessero potuto dimostrare di possedere viveri
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IL PROCLAMA DELL’IMPERATORE PER IL “TRADIMENTO” DELL’ITALIA
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l proclama fu diramato dalla Cancelleria imperiale, a Vienna, il 23 maggio 1915. Benché il tono fosse accorato, aveva il consueto linguaggio paterno “dell’Augusto e benigno” imperatore Franz Joseph.
“An meine Völker! Der König von Italien hat mir den Krieg erklärt…” “Ai miei popoli! Il re d’Italia mi ha dichiarato guerra. Un tradimento, di cui la storia non conosce uguale, è stato commesso dal regno d’Italia contro i suoi due alleati. Dopo un patto di alleanza che durava da oltre trent’anni, durante la quale essa poté aumentare il proprio possesso territoriale e svilupparsi a una prosperità inopinata, l’Italia ci ha abbandonati nell’ora del pericolo per passare a bandiere spiegate nel campo del nemico. Noi non abbiamo minacciato l’Italia, non ne abbiamo sminuito la considerazione, né menomato l’onore e i suoi interessi. Noi ci siamo sempre fedelmente attenuti al nostro dovere di alleati e accordato la nostra protezione quando l’Italia ha preso le armi. Noi abbiamo fatto di più: quando l’Italia ha diretto i suoi avidi sguardi sui nostri confini, noi, per mantenere l’alleanza e la pace, eravamo decisi a grandi, dolorosi sacrifici, che colpivano in modo particolare il nostro cuore paterno. Ma l’avidità dell’Italia, che credeva di poter profittare del momento, era insaziabile. E così deve compiersi il destino. Le mie armate hanno vittoriosamente resistito al potente nemico del Nord in dieci mesi di lotte gigantesche e in fedele fratellanza d’armi con l’esercito del mio nobile alleato. Il perfido nemico del Sud non è certo per noi un avversario nuovo. I grandi ricordi di Novara, Mantova, Custoza e Lissa, che costituiscono l’orgoglio della mia gioventù, e lo spirito di Radetzky, dell’arciduca Alberto e di Tegetthoff che sopravvive nelle mie forze di terra e di mare, mi sono garanti che noi sapremo difendere con successo i confini della monarchia anche nel Sud. Rivolgo un saluto alle mie truppe valorose e vittoriose. Confido in esse e nei loro capi. Confido nei miei popoli, la cui abnegazione senza esempio merita la mia più profonda paterna riconoscenza. Prego l’Onnipotente di benedire le nostre bandiere e di accogliere la nostra giusta causa sotto la sua clemente protezione”. Franz Joseph
almeno per tre mesi. Quanto, si credeva, sarebbe dovuta durare la guerra. Poco prima della mezzanotte del 21 maggio 1915, un telegramma inviato dall’Imperial Regio Capitanato distrettuale all’Imperial Regia Dirigenza di reparto di controllo della Guardia di Finanza a Rovereto, precisava che “il treno destinato al trasporto delle famiglie degli impiegati e militari, partirà da Rovereto (diretto in Austria) il 22 maggio alle 10.45 antimeridiane”. Il giorno seguente i giornali “Il Trentino” e “L’Alto Adige” avrebbero cessato le pubblicazioni. Quale giornale di Fortezza fu riedito il “Risveglio trentino”. Per una singolare coincidenza, il giornale “Alto Adige” tornerà ai lettori esattamente trent’anni dopo, il 24 maggio 1945. Il 23 maggio 1915, con un proclama pubblicato sul “Wiener Zeitung”, il vecchio imperatore Francesco Giuseppe, si era rivolto ai “suoi” popoli denunciando “il tradimento” dell’Italia (vedi a lato). Che cosa era accaduto in quel tragico mese delle rose? Il 4 maggio 1915 l’Italia aveva denunciato il trattato della Triplice Alleanza con Austria-Ungheria e la Germania. A quel punto l’Imperatore Francesco Giuseppe si era “graziosamente degnato” di concedere l’estensione a cinquant’anni della leva militare, ovvero ben oltre i 42 anni previsti dalla legge. Vi furono proteste dei rappresentanti del Land Tirolo poiché tale disposizione scavalcava il patto bilaterale siglato fra il governo di Vienna e la Dieta Provinciale. Tuttavia, la protesta dei rappresentanti del Trentino alla Dieta 43
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APRILE 1915: IL GENOCIDIO ARMENO E LA GUERRA CON IL GAS
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ra le numerosi stragi innescate dagli odii che covavano sotto la cenere dei nazionalismi, il mese di aprile del 1915 si segnalò per il genocidio degli Armeni e l’uso su vasta scala delle armi chimiche. Nel Caucaso, l’avanzata dei Russi contro il putrescente impero Ottomano causò la rappresaglia dei Turchi nei confronti degli Armeni. Quel popolo, che abitava l’Anatolia e il sud del Caucaso, era sostenuto dalla Russia nella secolare aspirazione all’indipendenza. Già nel 1894 il sultano ottomano Abdul-Hamid II aveva fatto assassinare non meno di cinquantamila Armeni. Altri trentamila cristiani Armeni furono trucidati dai “Giovani Turchi” nel 1909 in Cilicia. Nella notte fra il 23 e il 24 aprile 1915 a Costantinopoli prese il via lo sterminio dell’élite armena (mille intellettuali furono massacrati in pochi giorni) mentre un milione e duecentomila Armeni furono deportati, con terribili “marce della morte”, nel deserto dell’Anatolia o trucidati dalle milizie curde e dall’esercito turco. Per molti decenni, su quel genocidio, la Turchia ha imposto una “damnatio memoriae” che gli Armeni, sopravvissuti
in una diaspora mondiale, hanno faticosamente tentato di contrastare. Solo in anni recenti (grazie anche a libri quali “La masseria delle allodole” di Antonia Arslan e al film, omonimo, di Paolo e Vittorio Taviani, del 2007) il genocidio degli Armeni ha ottenuto il sigillo del Parlamento Europeo e del Vaticano. Il Parlamento Italiano ha votato una risoluzione, nel merito, il 17 novembre del 2000. Il 22 aprile 1915 un’altra strage cambiò il volto della guerra e della storia. Accadde nel saliente belga di Ypres, nelle Fiandre, quando i Tedeschi utilizzarono su larga scala il prodotto di una combinazione chimica, il tiotetere del cloroetano, un gas tossico dall’odore di mostarda. Alle 17.30 del 22 aprile, con il vento che soffiava verso il nemico, i Tedeschi aprirono 5.730 bombole che erano state dislocate lungo un fronte di circa sei chilometri. In pochi minuti rilasciarono 168 tonnellate di gas di cloro che causò la morte immediata di cinquemila soldati algerini e francesi. Nel corso della guerra, quel gas, poi chiamato Iprite (perché usato per la prima volta a Ypres), provocò la morte di 78.198 soldati e ne intossicò quasi un milione.
La lunga marcia degli Armeni, avviati verso la morte
del Tirolo non aveva avuto alcun seguito. Tenendo fede al “patto segreto” siglato un mese prima (26 aprile) a Londra, l’Italia entrò in guerra contro l’AustriaUngheria all’alba del 24 maggio 1915. Non contro la Germania, poiché il capo del Governo italiano, Antonio Salandra, sperava di poter mantenere un rapporto cordiale con il Kaiser. Quel giorno, un soldato trentino, Guerrino Bruni, assieme a molti altri commilitoni arruolati nell’esercito austriaco, era in marcia verso la Galizia. Scrisse sul suo diario: “Il 24 maggio abbiamo marciato per entrare in Galizia, dove eravamo prima era Bucovina. Siamo arrivati sulla linea, in fianco al fiume Prut, in Ilice. Quel giorno i nostri ufficiali ci dissero che l’Italia aveva cominciato la guerra contro di noi”. In quelle ore, la maggior parte dei richia44
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mati trentini ancora vivi era impegnata sul fronte russo nei quattro reggimenti dei Kaiserjëger. Sul fronte del saliente trentino (saliente è la parte dello schieramento incuneato nel territorio nemico), erano già schierati dieci battaglioni di marcia (Marschbaonen). Il 13 giugno 1915, il IV reggimento dei Kaiserjëger fu spostato dal fronte russo a quello dell’Isonzo. Nei primi mesi di guerra con l’Italia, l’Austria-Ungheria schierò ottantamila uomini contro cinquecentomila soldati avversari. Ma i Trentini, italiani della duplice monarchia di Vienna e Budapest, continuarono a essere impiegati, per la maggior parte, in speciali compagnie: destinati al fronte russo, mandati in Volinia e comunque lontani da casa. Scrive Sergio Benvenuti (Il Trentino durante la guerra 1914-1918, in Storia
del Trentino, vol. V., Il Mulino, 2003): “I soldati trentini, che si trovavano sparsi a piccoli gruppi nei vari reggimenti, erano sorvegliati dagli austriaci, sempre all’erta per impedire diserzioni. L’essere costituito da soldati di varie nazionalità era il punto debole dell’esercito austro-ungarico. Oltre che per gli italiani, la possibilità di diserzioni era sempre presente anche per i soldati ciechi, serbi e rumeni.” Se l’Austria-Ungheria contava sul saliente del Trentino meridionale per contenere la spinta da sud, l’esercito italiano, sotto il comando del capo di Stato maggiore Luigi Cadorna, aveva puntato su un saliente che si incuneava nei territori austriaci poco a ovest del fiume Isonzo. Gli italiani intendevano conquistare Gorizia e avanzare su Vienna passando per Trieste. ■ 5 - CONTINUA SUL PROSSIMO NUMERO
VOLKER JESCHKEIT è nato nel 1954 in Germania. Ingegnere meccanico, dirige lavori edili per una società altoatesina. È stato ricercatore per il rilievo della fortezza di Trento, in particolare per le opere di fortificazioni campali del maggiore generale Franz Steinhart. Ha collaborato con l’archivio di Stato di Vienna, il Museo Storico della Guerra di Rovereto e con W. Rosner, direttore dell’Archivio di St. Pölten-Austria, massimo esperto per le fortificazioni austro-ungariche nel Trentino. Risiede a Villamontagna di Trento.
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Sotto, la signora Franca Bronzini Zecchini, ex Presidente dell’Asilo “Rosmini” di Rovereto
IL “COLLEZIONISTA”
di Pino Loperfido
UN ASILO E I SUOI MILLE “TESORI”
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overeto è una città dal traffico aggressivo. Quando programmi di andarci, devi invocare qualche decina di volte il proverbiale San Pancrazio affinché “facendoti spazio” ti conceda la grazia di un parcheggio, che sia uno. Insomma, tutto il preambolo per dire che arriviamo all’appuntamento con la signora Franca Bronzini Zecchini con una mezz’ora buona di ritardo. Dal sorriso con cui ci accoglie, però, capiamo di essere stati perdonati. Siamo a Rovereto, dopotutto... Entriamo nell’Asilo Rosmini, di Corso Rosmini, di fronte alla Casa Natale di Antonio Rosmini. Diciamo la verità: una mezza idea su chi sia il fautore di quest’opera benefica ce la siamo già fatta. Sebbene per mezzo del suo 46
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ROVERETO, ASILO “ROSMINI”, IN CORSO ROSMINI, DAVANTI ALLA CASA NATALE DEL FILOSOFO: SU CHE PERSONAGGIO STIA DIETRO LA NASCITA DI QUESTA STRUTTURA VI SONO POCHI DUBBI. MENO CONOSCIUTO È COSA CI STA “DENTRO”... erede, don Francesco Paoli, fu proprio il filosofo e sacerdote roveretano a mettere a disposizione un terreno di proprietà della sua famiglia
per erigere l’asilo. In precedenza, le lavoratrici della manifattura e della filanda ogni mattina portavano, ad ore impossibili, rigorosamen-
te a piedi, i bambini dalle valli nella Città della Quercia, affidandoli all’asilo di via Malcanton, l’attuale via della Terra, a ridosso del castello. Prima di allora, le lavoratrici erano costrette a portarsi i pargoli sul posto di lavoro, con tutti i disagi conseguenti. La malusanza era stata interrotta dall’intervento di alcune famiglie benestanti della città, assieme all’onnipresente autore de “Delle Cinque piaghe della Santa Chiesa”. Nel 1875, le suore di Maria Bambina, dunque, aprono
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METODO AGAZZIANO, QUESTO SCONOSCIUTO
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e Sorelle Agazzi, all’anagrafe Rosa Agazzi e Carolina Agazzi, sono state due pedagogiste sperimentali. Il loro metodo educativo, assieme al metodo montessoriano, inaugura l’era dell’attivismo italiano. Corrente pedagogica nata all’inizio del XX sec., fondata sull’idea che al centro dell’apprendimento ci sia l’esperienza e che il bambino non sia più spettatore ma attore del processo formativo. Pure rifacendosi al Kindergarten di Froebel, le sorelle Agazzi esaltano la vitalità e la spontaneità dell’infanzia, punto principale del loro pensiero pedagogico e non condividono lo scolasticismo aportiano. Criticano la precocità dell’educazione poiché intendono formare bambini e non scolari. Il bambino deve crescere in un ambiente familiare che stimoli la sua creatività e deve avere un continuo dialogo con l’adulto. L’educatrice deve richiamare il ruolo della madre. L’attività del bambino è il punto centrale del processo educativo. L’ambiente in cui si sviluppa l’attività del bambino deve essere semplice e composto di materiali che fanno parte della sua quotidianità.
l’asilo sul terreno ceduto da don Paoli. Franca Bronzini Zecchini è l’ex Presidente dell’Asilo Rosmini, ma per capire quanto poco di ex ci sia in lei basta osservare con quanto entusiasmo ci parla del “suo” asilo e della sua lunga storia. Il vociare dei bambini si percepisce in lontananza, mentre seguiamo la signora nei piani inferiori. Una specie
di sotterraneo dove un tempo stava la grande stufa che scaldava la struttura (appesa al muro, come un cimelio, la vecchia pala usata per caricare il carbone). Diciamo la verità. Trovarci in una sorta di archivio ordinatissimo, pieno di faldoni di cartone rinchiusi in vetrinette, anziché nella bottega delle meraviglie Mr. Magorium, lì per lì, ci delude
un po’. Ma bastano solo pochi minuti per riaversi dalla delusione. Il tempo cioè di cominciare ad aprire le scatole di cartone e... voilà, come per incanto ecco che comincia un piccolo, ma intenso, viaggio nel tempo. Bamboline, automobiline di latta, marionette, tombole, organetti e poi i “ferri del mestiere” degli asiloti, pennini, lavagne, ecc. Per un momento ci perdiamo con la mente nell’immaginare le centinaia di manine paffute che per giorni e giorni ci hanno giocato, instancabili come solo un bimbo di quell’età sa essere. Oggetti che avevano la pretesa di sostituirsi alle cure della mamma, ai suoi gesti affettuosi, alla sua cara compagnia. Pic-
coli che nell’asilo trovavano anche il proprio angolo di paradiso, considerate le condizioni quasi sempre disagiate in cui versavano le proprie famiglie. Andare all’asilo, per loro, doveva proprio significare pura felicità... La voce della nostra interlocutrice ci desta da questa sorta di sogno ad occhi aperti: “Il fatto che tutti questi oggetti siano ancora qui è una specie di miracolo ed è dovuto alla pazienza e alla cura delle tante persone e maestre che sono passate di qui nel corso degli anni” dice con soddisfazione la signora Franca. Ed è vero. Dopo due importanti ristrutturazioni, due guerre – durante le quali il “Rosmini” viene adibito a quartier generale milita-
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re – l’evacuazione del 1915, anno in cui viene trasformato inn deposito libri e magazzino delle derrate alimentari. Una bella storia, questa dell’asilo “Rosmini” e dei suoi giocattoli, che sembra esistere da sempre. Però ci deve pur essere stato un momento di partenza, un episodio da cui è scaturita questa incredibile collezione. “In effetti un aneddoto c’è – ci conferma la Bronzetti – e riguarda il ritrovamento, durante i lavori del 1997, di una misteriosa e gigantesca cassa che conteneva di tutto di più.” A quanto pare, ci si rese conto quasi subito che il valore della scoperta era tale da spingere la direzione dell’Asilo a rivolgersi al Servizio Beni Archivistici della provincia autonoma di Trento. Non c’erano solo giocattoli, ma migliaia e migliaia di preziosi documenti che potevano avere un rilevante valore storico: fatture, lettere, richieste, solleciti... Il tutto venne così affidato a studiosi e archivisti di professione che cominciarono a catalogare, catalogare, catalogare. Un lavoro da professionisti in cui però si decise di coinvolgere, in qualche
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misura, anche i piccoli dell’asilo. Possiamo dunque immaginarli, questi uomini e donne in miniatura, avvolti nel grembiulino di ordinanza, maneggiare automobiline ed elicotteri, lasciandosi scappare, di tanto in tanto, qualche competente opinione a riguardo. E adesso, signora? Qual è il passo successivo del vostro progetto? “Stiamo lavorando alla preparazione di un catalogo e di una grande mostra celebrativa, finanziati dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto”. Ma la ricerca è finita o continua? “Continua certamente...” sorride la signora Franca. “Anzi, colgo l’occasione per lanciare un appello a tutti i lettori di Trentinomese, affinché ci aiutino a trovare altri reperti dell’asilo Rosmini.” Ecco, dunque, gli ex asiloti, i loro figli e nipoti diano una ripassata a cantine, caneve e armadi e facciano subito una telefonata a Rovereto. Niente paura. L’asilo chiede solo di poterli catalogare e di esporli nella mostra. Al termine verranno regolarmente restituiti ai legittimi proprietari. Info: tel. 0464.421541. ■
ALBO D’ORO: IL BRACCINO CORTO DELL’IMPERATRICE MARIA ANNA
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no degli oggetti più preziosi dell’archivio dell’Asilo “Rosmini” è il cosiddetto Albo d’Oro bullonato, datato 1845. Tra le prime iscrizioni c’è la donazione dell’Imperatrice Maria Anna, seguita da moltissime altre annotazioni su acquisti cancelleria, ecc. Quello che salta subito all’occhio – oltre alla preziosità del documento e all’eleganza del cofanetto in legno che lo contiene – è l’estrema modestia dell’importo donato dalla testa coronata. Considerata la sua posizione, pare strano che il suo importo (300 fiorini) venga superato abbondantemente da quello di molte altre donazioni, come quella dei signori Candelpergher, di Amalia Conzatti, Giovanni Reiterer e così via. Braccino corto d’altri tempi...
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di Alice Manfredi
SE LA MEMORIA È VELOCE COME UN TRENO TUTTI NE PARLANO, MA POCHI NE HANNO ANCORA COLTO IL SENSO. UN VIAGGIO SUL TRENO DELLA MEMORIA: DA UN PASSATO VICINO A UN PRESENTE DA RICONQUISTARE...
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oi diciamo che il Treno della Memoria inizia quando il treno rientra”. Con queste parole Luca Vigliocco, uno degli organizzatori, descrive un’esperienza di successo. Un viaggio che anche quest’anno ha portato circa 400 ragazzi trentini sui luoghi simbolo dell’orrore nazista. 400 sembrano subito tanti, ma per capire la portata dell’iniziativa, si deve dare un’occhiata anche ad altri numeri. A livello nazionale, siamo su una media di quattro viaggi all’anno che ogni volta portano a Cracovia circa 700 persone. Il tutto va moltiplicato per il decennio di 50
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vita del progetto, gestito dall’associazione torinese Terra del Fuoco. Fanno oltre 20.000 persone coinvolte: di queste, circa 2.000 sono partite dal Trentino, visto che anche nella nostra provincia negli ultimi sei anni sono stati organizzati diversi “Treni”. A questo punto, chi non conosce, almeno per sentito dire, il Treno della Memoria? Chi non ha un’amica, un figlio, una nipote, che vi ha partecipato almeno una volta? Quello che forse sfugge è lo scopo profondo di questa esperienza. Ciò che preme di più agli organizzatori, e, alla fine,
20 marzo 2014, in partenza sul Treno della Memoria
anche ai partecipanti. Sfugge, insomma, la parte fondamentale del viaggio. Questa fase, per i ragazzi trentini che dal 20 al 26 marzo hanno viaggiato con il Treno della memoria, è ora. La stanno vivendo in questi giorni e in queste settimane. Perché l’obiettivo principale del Treno è trasformare il dolore e l’impotenza di fronte a ciò che è stato in una riflessione sul presente e sui diritti negati oggi. È provocare un cambiamento. Al centro del progetto c’è, insomma, la fase che, cronologicamente, viene per ultima. Si tratta del momento detto di restituzione. Con questo termine, un po’ freddo e istituzionale, si intendono una serie di iniziative proposte e gestite dagli organizzatori, oppure immaginate dagli stessi partecipanti. Ecco allora che, oltre alle classiche conferenze sul territorio, si stanno progettando attività inedite, come i gruppi di sensibilizzazione sull’argomento nelle assemblee scolastiche, la progettazione di murales o la diffusione creativa dei lavori del gruppo
trentinoattualità “reporter”, cioè di coloro che sul Treno si assumono il compito di documentare il viaggio. Una fase di impegno con queste caratteristiche però è possibile se nelle settimane precedenti si vivono emozioni che scalfiscono l’indifferenza. E il programma del Treno della Memoria sembra ideato apposta per scuotere tutti, compresi coloro che iniziano l’esperienza con animo distaccato. “Se c’è qualcuno che vive questa proposta come una gita e però poi viene coinvolto nell’atmosfera del Treno – dice a questo proposito Vigliocco – noi siamo contenti”. Difficile rimanere distaccati quando si affronta un viaggio interminabile attraverso l’Europa in compagnia di centinaia di coetanei. Il Treno che si è svolto tra il 20 e il 26 marzo, per esempio, era al completo, con il suo carico di 400 giovani trentini – di cui una quarantina tra educatori e staff - a cui si sono uniti, al Brennero, 300 ragazzi piemontesi. Una “comunità viaggiante” - composta anche da alcuni giornalisti e fotografi, più un gruppo della croce rossa - si è mossa lungo il percorso che solo circa settant’anni fa ha condotto milioni di persone alla prigionia e allo sterminio. Come rimanere distaccati, poi, quando si è camminato tra le mura e le baracche dei campi di Auschwitz e di Birkenau. Una visita iniziata con un piccolo
Piazza Bohaterów Getta, nel ghetto ebraico di Cracovia
rito: “adotta un’anima” lo chiamano gli organizzatori. Nel Blocco 6 di Auschwitz i ragazzi devono scegliere un volto tra le file di fotografie di prigionieri esposte. Visitare i luoghi simbolo dell’orrore nazista con in tasca una strisciolina di stoffa su cui è appuntato il nome di quella persona, provoca uno scatto nell’anima. Una malinconia profonda che esige una qualche reazione, un qualche cambiamento. Così come è iniziato, il percorso termina con una cerimonia carica di simboli: i ragazzi firmano con la loro impronta digitale uno striscione su cui è scritto “è successo una volta, quindi può succedere ancora”; poi pronunciano la frase “io ti ricordo” preceduta dal nome segnato sulla loro strisciolina di stoffa. Tutto questo, ripetuto settecento volte, non può non risuonare a lungo nelle orecchie e nei pensieri di coloro che vi hanno preso parte. Non solo. Nei giorni successivi i ragazzi hanno visto film, partecipato ad incontri, visitato il ghetto ebraico e la fabbrica di 51
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Schindler, la cui storia è una delle più note. Ma vedere dal vivo il luogo che fu inaspettata salvezza per oltre mille persone, è tutt’altra cosa che averne soltanto sentito parlare. Testimonia che una forma di ribellione all’orrore, per quanto eroica e isolata, fu possibile. Eppure l’indifferenza e l’acquiescenza, dove non proprio la partecipazione, furono le risposte privilegiate al delirio nazista. E forse il nemico ancora non è sconfitto. Un’amara ipotesi che conoscono bene i partecipanti al Treno della Memoria perché l’hanno incontrata più volte durante la loro esperienza. Non da ultimo, ancora a Cracovia, hanno assistito allo spettacolo “L’istruttoria” di Peter Weiss, per la messa in scena di Marco Alotto, incentrato anche su questo tema. A Francoforte sul Meno, tra il ‘63 e il ‘65, si celebrò un processo contro un gruppo di SS e di funzionari del Lager di Auschwitz. Le voci che si alternarono, riecheggiano nello spettacolo: parlano il giudice, il procuratore, il difensore. E poi, le vittime e gli aguzzini. È grazie a tutti questi momenti, ideati e limati nel corso dell’esperienza pluriennale del Treno della Memoria, che i ragazzi possono tornare a casa in qualche modo diversi. “Ho sentito che per qualcuno è quasi un rito di passaggio” ha detto a questo proposito l’assessore all’Università e ricerca e politiche giovanili della Provincia autonoma di Trento, Sara Ferrari. Un’esperienza carica di emozioni come questa si serve ovviamente di una sorta Tra i blocchi di Auschwitz
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Durante la commemorazione si accende un lumino sulle rotaie a Birkenau
di collaudata “rete di protezione”. I ragazzi sono divisi in gruppi, ognuno dei quali è guidato da un educatore, una figura fondamentale secondo Luca Vigliocco. Loro, gli educatori, arrivano a svolgere questo compito spinti da una forte motivazione: spesso sono ragazze o ragazzi che hanno viaggiato con il Treno negli anni precedenti e chiedono
di prendervi di nuovo parte in un altro ruolo. L’autocandidatura però non basta, c’è una selezione da superare. Per gli accompagnatori del convoglio “trentino” di quest’anno, è stata organizzata una “call pubblica” rivolta a giovani tra i 23 e i 35 anni. Gli interessati hanno affrontato un colloquio e quindi presentato una serie di elaborati: oltre al classico “testo motivazionale”, si sono cimentati con le possibili risposte da adottare in situazioni potenzialmente critiche. La presenza di educatori preparati non è comunque l’unica “rete di protezione”. Si affronta il viaggio solo dopo aver preso parte ad una fase preparatoria, in verità piuttosto breve quest’anno. In ogni caso esiste un periodo “cuscinetto” in cui vengono organizzati incontri dedicati alla storia della seconda guerra mondiale e della Shoah. Il tutto culmina nell’assemblea “di partenza” in cui testimonianze, abbracci collettivi e riflessioni segnano l’inizio del vero e proprio viaggio, fisico e mentale. “Il Treno della memoria è un viaggio nello spazio, un viaggio nel tempo, un viaggio nelle viscere tenebrose dell’animo umano”. Così Sandro Schmidt e Renato Ballardini dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia hanno salutato i ragazzi partiti da Trento il 20 marzo. Ma cosa rende il Treno tanto attratti-
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vo? Cosa fa sì che ogni anno moltissimi giovani, spesso vittime del luogo comune del pigro bamboccione, chiedano di partecipare a questo percorso impegnativo? Sicuramente la proposta di abbinare i temi della memoria e dell’impegno con la formula del treno, risulta vincente. E però anche una certa cura dell’aspetto organizzativo non è da sottovalutare. “Il progetto è cresciuto negli anni – racconta Vigliocco – si evolve in base a chi lo vive ma l’organizzazione è rimasta all’incirca la stessa”. Da dieci anni, infatti, questo progetto è gestito in tutta Italia dall’associazione torinese “Terra del Fuoco”. Di questa realtà fanno parte i due responsabili del gruppo trentino e del gruppo piemontese presenti sull’ultimo Treno. Un’altra persona dell’associazione coordina la parte educativa. Inoltre tra i volontari vengono reclutati i membri dello staff logistico che si occupa delle prenotazioni e degli spostamenti. Infine, c’è una operatrice
polacca incaricata di alcune funzioni in loco e di tenere i rapporti con il Museo di Auschwitz - Birkenau. In Trentino, l’organizzazione passa anche attraverso i Piani giovani di zona che intervengono in alcuni momenti, tra cui la formazione dei “sotto gruppi” che compongono la numerosa comitiva. La Provincia autonoma di Trento, poi, contribuisce anche economicamente, con un intervento che quest’anno è stato di circa 140 mila euro. A ciascuno la valutazione sull’utilità di questo investimento in conoscenza. Certo, non hanno dubbi al riguardo molti dei giovani partecipanti. “Gli educatori dicevano che il viaggio inizia al ritorno – racconta Alberto Ghidoni – e io all’andata non capivo cosa potesse significare questa frase. Dopo alcuni giorni però mi è stato chiaro, perché ho capito quanto sia pericolosa l’indifferenza: prendere posizione, lottare quotidianamente nelle piccole cose è
I partecipanti del Treno della Memoria “adottano un’anima”
giusto perché esistono ancora realtà che ricordano Auschwitz e, tra le loro cause, l’indifferenza ha sempre un posto privilegiato”. Elena Peterlana, un’altra partecipante, racconta invece una sua piccola, grande esperienza personale. Al momento di “adottare un’anima”, tra le file di fotografie nel campo, Elena ha scelto il volto sorridente di una giovane donna. Un sorriso in un luogo così carico di dolore è di per sé un colpo al cuore. Ma non solo. Quella ragazza aveva la sua stessa età, era nata all’incirca lo stesso giorno di molti anni prima e portava lo stesso nome. “Mi sono chiesta che differenza c’è tra me e lei – racconta Elena – e questo mi ha portato a un’altra domanda: che differenza c’è tra me e coloro che ■ soffrono oggi?”
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TUTTO UN ALTRO MONDO
di Silvia Conotter
NATA NEL MILLENOVECENTOEQUINDICI
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armela Mattedi soffierà il 26 ottobre su 99 candeline. Nata nel 1915, ha trascorso una vita lavorando in campagna, aiutando prima il padre e poi il marito. Ancora lucidissima, ricorda nel dettaglio moltissimi aneddoti della sua vita, regalandoci uno spaccato di storia che ancora una volta sorprende per i rapidi cambiamenti avvenuti in così poco tempo. Signora Mattedi, com’era la sua famiglia d’origine? Eravamo cinque figli, quattro sorelle e un fratello, nati tutti negli anni dispari dal 1911 in poi. Abitavamo nella casa più vicina al Ponte dei Vodi, che sarebbe stato teatro di tanti bombardamenti duran54
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CARMELA MATTEDI, AD UN PASSO DAI 100 ANNI, CI RACCONTA LA SUA VITA A SPINI DI GARDOLO: GLI ANNI DELLA GUERRA, IL LAVORO IN CAMPAGNA, I VIAGGI ALL’ALBA PER VENDERE IL LATTE A TRENTO. “MA ERAVAMO FELICI CON POCO”, ASSICURA... te la Guerra. Stavamo abbastanza bene, il cibo non ci è mai mancato anche perché casa nostra era un’osteria e mamma Anna cucinava. Mio padre era anche pescatore, tant’è che l’hanno richiamato dal militare affinché pescasse per gli ufficiali del Comando di Trento. L’Adige allora era ricco di pesce e per di più molto buono. Papà Santo non ne ha tenuto mai nemmeno uno per sé e la
Carmela Mattedi, oggi
sua famiglia, per timore che lo scoprissero e lo rimandassero al fronte. Cosa ricorda lei della Guerra? Abbiamo dovuto lasciare casa nostra, perché rimanere lì sarebbe stato pericoloso. I tedeschi la occuparono per farne il loro comando: ricordo che misero nel piazzale un enorme pentolone di ferro, in cui cuocevano tutti i giorni montagne di
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patate. Noi ci stabilimmo a Gardolo, vicino al rifugio antiaereo: appena suonava l’allarme correvamo lì a ripararci, ma i cani sentivano ancora prima l’arrivo della formazione e cominciavano ad abbaiare. Quello per noi era il segnale vero. Alla fine della Guerra la casa era in condizioni pessime, ma almeno era rimasta in piedi. Mio papà ha cominciato a mettere a posto la campagna dissestata dalle bombe perché il Comune pagava per ogni buca rimessa a posto. Chi coltivava solo la campagna viveva di stenti: la mamma di mio marito, che è morta a 92 anni, non faceva altro che mangiare polenta, con le mele, con l’uva, con le pere... con quel che c’era. Cosa ricorda di quando era bambina? Che andavo a scuola a Gardolo due volte al giorno, tre ore al mattino e due al pomeriggio. A piedi, in qualunque stagione. La mattina presto andavo a messa, poi tutti in fila ci portavano in classe. Dormivo nella stessa stanza con i miei fratelli, addirittura io e mia sorella nello stesso letto. In camera non c’era riscaldamento né stufa, solo coperte di lana. Finché non mi sono sposata, ho sempre dormito con le mie sorelle. Come ha incontrato suo marito? Non sono dovuta andare
molto lontano: abitavamo nella stessa frazione e avevamo lo stesso cognome, anche se non eravamo parenti. Avevo 33 anni, Luigi 35. Poi si è ammalato ed è morto a 48 anni. E’ stato subito amore? Amore? Ma sì. Tornava da campagna e “si è spiegato per strada”: mi ha chiesto se sarei stata contenta che venisse a trovarmi ogni tanto a casa. Ci siamo sposati nel 1948, l’anno dopo è nata Pia e nel ‘54 Paolo. Abbiamo fatto la luna di miele a Venezia e a Padova: per la prima volta abbiamo preso il treno e dormito fuori casa per ben due notti. In una borsa avevamo pane e companatico, non abbiamo mai mangiato al ristorante. Forse la mattina ci siamo presi un caffè. Come prima lavoravo in campagna a casa mia, così poi ho fatto a casa sua. Aveva un po’ di viti, una mucca e un prato. Con il tempo abbiamo affittato un altro terreno e comprato un’altra mucca. Era l’unico modo per tirarci un po’ su economicamente. Cos’è cambiato nella società rispetto ad allora? Ci si voleva più bene di adesso, la gente era più vera. Il benessere è diventato ingordigia, rabbia e invidia. Non avevamo altro che chiacchierare: nei momenti di pausa o alla sera ci si trovava attorno ad una panca, nel cortile di una famiglia
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che aveva dieci figli, e ci si raccontava com’era andata la giornata, se si aveva bisogno di aiuto, quello che si avrebbe fatto il giorno successivo. Ora di campagna qui ne è rimasta ben poca, han costruito dappertutto case e stabilimenti. Le donne invece si trovavano a bere il caffè, se potevano farselo. In che senso? Che non erano in molte a permetterselo. La mamma di mio marito metteva a bollire l’acqua in una padella e la mescolava con il caffè d’orzo. Poi la versava nella “codoma”, che sarebbe una pignatta con il coperchio, dove aveva messo un cucchiaino piccolo di caffè
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“buono”. Quello era il caffè che si beveva allora. Ricordo che gli ho fatto assaggiare prima che morisse quello della moka e le brillavano gli occhi mentre diceva: “Sembra un liquore”. Cosa ci racconta invece delle pulizie domestiche? Strofinavamo le lenzuola in cortile, con il sapone e l’acqua tiepida, poi le avvolgevamo con un panno. Bollivamo la cenere, versandola poi nel catino in cui si trovavano le lenzuola, in modo tale che filtrasse il liquido. Si lasciava riposare un giorno e poi si andava a pulire tutto al fosso. Quel liquido però lo conservavamo per pulire i pavimenti, i mestoli, gli utensili in legno. Era
molto comodo per le pulizie. Andavate mai a Trento? Solo per lavoro. Con mia cugina portavamo all’alba il carretto con le verdure da vendere in centro. Un po’ lo tirava lei e un po’ io. Avrò avuto quarant’anni. Avevamo le gambe buone, correvamo quasi per fare più in fretta possibile. Con i pochi soldi che raccoglievo compravo il pane per mio marito, che dopo aver passato una vita a mangiare polenta non ne poteva più. Poi ho cominciato a portare il latte, con il carro trainato dal cavallo, nei bidoni anche da 50 litri riempiti la sera prima nel vicinato. Ognuno nella frazione aveva due o tre mucche. Quello era un lavoraccio. Salivo e
scendevo dalle scale dei palazzi del centro, portando un litro qui, mezzo lì. Non c’erano grandi norme igieniche e utilizzavo un contenitore in cui la Finanza aveva segnato il raggiungimento del litro. Andavate mai in ferie? Non sapevamo nemmeno il significato di questa parola. Si lavorava sempre. In inverno, alla domenica, preparavo il fieno per le bestie e dopo pranzo mi mettevo nel letto fino al lunedì mattina. Durante la settimana si andava a letto presto e ci si svegliava alle cinque per innaffiare l’orto, dar da mangiare alle galline, mungere le mucche, pulire la stalla dal letame. Come si vestiva? Senza maniche mai, almeno fino al gomito. D’estate ero bruciata dal sole. Sempre con la gonna, che arrivava a metà polpaccio. Scollata mai, che se no a lavorare avrei mostrato “el botton de la panza” a qualcuno. La domenica mettevo i vestiti “della festa”, per andare a messa. Ricordo una volta d’estate che mio padre non voleva che mettessi i sandali di sughero, allora di moda: per lui erano necessarie le scarpe. Fa un po’ strano raccontare queste cose oggi, ma ripeto: regnava l’amicizia e la cordialità con tutti. Oggi ognuno sta chiuso dentro casa e ci si saluta solo proprio se si deve. ■
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Lucio Gardin
www.luciogardin.it
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a notizia del premio vinto a Roma con un corto sulla ludopatia ha già fatto il giro del Trentino. Dal palcoscenico del cabaret “puro”, in pochi anni, Lucio Gardin è passato all’impegno sociale e civile. Un passo che può sembrare gigantesco, ma che in realtà è piccolo così: “In realtà la comicità di fondo è rimasta. L’ironia, che poi è quella che ti aiuta a far abbassare le difese al tuo interlocutore, o allo spettatore che sia”, spiega l’attore trentino. Cosa ha significato questo premio “romano” per lei? Beh, vincere il primo premio a un Festival cui hanno partecipato 840 opere da 63 Nazioni è una soddisfazione enorme. Anche perché “Una nuova Vita” celebra la montagna trentina, e lo fa con un linguaggio divertente e non barboso tipico dei documentari. A proposito, consentimi di complimentarmi con i selezionatori del Film Festival di Trento che non hanno neppure ammesso il mio film in concorso. Quando si dice avere fiuto nella selezione dei film...
IL SORRISO AL SERVIZIO DEL SOCIALE PER LUCIO GARDIN, “GRAZIE ALL’IRONIA, LA GENTE ABBASSA LE DIFESE” E SI LASCIA INVESTIRE DAL MESSAGGIO. L’ATTORE TRENTINO METTE DA PARTE IL CABARET PER DEDICARSI A TEMI SOCIALI COME L’ANORESSIA E LA LUDOPATIA. E IN MENTE HA IL PROGETTO PER UN GRANDE FILM “TRENTINO”... Ha vinto due importanti Film Festival ed è arrivato in finale ad altri tre, nel tuo futuro ci sarà un altro film sociale? Sì, in collaborazione con Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto (che, con non rara sensibilità e lungimiranza, ha sostenuto anche i precedenti progetti) sto realizzando un nuovo cortometraggio su un disagio sociale. Sarà una cooproduzione Rai e avrà come tema l’anoressia.
Gardin col direttore artistico del Video Festival di Imperia, Fiorenzo Runco, e con l’altro regista premiato, Pino Quartullo
Sempre film a tema sociale? No, sto lavorando ad un film lungo, magari che promuova il Trentino. Un cinepanettone e una cinecolomba pasquale insieme, però con dello spessore. Il Trentino ospita chiunque a fare film, sarebbe una dimostrazione di saggezza dare le stesse possibilità a qualcuno che, in Trentino, ci vive. Ma torniamo al lavoro premiato all’Albero Andronico: quante volte è stato proiettato il film? Il film è stato visto su youtube da circa 2.000 persone (al momento) basta digitare 58
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“diario di una trappola”. È stato proiettato ad un convegno sulla ludopatia nel Canton Ticino e sarà proiettato a un altro convegno che si terrà a Paderno Dugnano (MI) mercoledì 14 maggio presso l’auditorium Tilane. È stato proiettato per gli studenti di quattro scuole medie ed elementari del Trentino (in coda a miei spettacoli). Inoltre è andato in onda su numerose emittenti televisive. Quali i commenti e le domande più frequenti? La domanda più ricorrende è “c’è differenza tra gioco d’azzardo on line e altri tipi di
trentinoincontri gioco d’azzardo tipo il gratta e vinci?”. È mai stata organizzata una serata per adulti? Le uniche serate organizzate per adulti sono state quelle del Ticino e di Paderno Dugnano (che leggi nella presentazione sopra). Altro progetto di grande succeso, il DVD “Una nuova vita”. Da dove nasce l’idea di questo film? Volevo parlare di natura, ambiente e valori in un modo originale che non fosse il solito monologo teatrale, e ho pensato di fare un film. Inizalmente doveva durare una decina di minuti, poi scena dopo scena il film ha iniziato a vivere di vita propria. A chi è destinato? È un film che vuole promuovere la montagna ma anche i valori di una volta. E’ per tutti quelli che ancora non conoscono la nostra regione, ma anche ai trentini perché sappiano ritrovare l’orgoglio di abitare in una regione alpina, apprezzandone le bellezze e i valori che sa trasmettere. Il linguaggio usato è facile e consente al film di essere compreso e apprezzato anche dai più piccoli. Quante volte è stato mandato in onda il film? Anche questo lavoro è stato visto un po’ in tutta Italia, dal Trentino alla Sardegna. Tra l’altro ha conseguito un premio al Video Festival Imperia. Bene, quali sono i suoi
prossimi progetti futuri? Come ho già detto, in collaborazione con uno sceneggiatore importante di Roma, ho appena terminato il soggetto di un film che mi piacerebbe girare in Trentino. Il vero film che possa promuovere, più di quello che fanno i cinepanettoni, i nostri luoghi più belli. Un po’ come “La grande bellezza” di Sorrentino che è un grande bellissimo spot su Roma, e come hanno fatto grandi film nel passato quali “Il sorpasso” di Risi, “I vitelloni” di Fellini o “Vacanze Romane” di Wyler e più recentemente, appunto, “La grande bellezza”, dimostrano che si può promuovere un territorio attraverso un racconto cinematografico. Io vorrei appunto fare un film che trasmetta la bellezza di vivere in Trentino e faccia venire voglia di passare a trovarci. Certo, non è il Lucio Gardin che eravamo abituati a vedere, ma fa lo stesso enormemente piacere vedere come un artista di questo calibro, ad un certo punto della sua carriera, decida di fare qualcosa di importante per il contesto sociale che gli sta attorno. La risata e il sorriso non coincidono sempre con una banalizzazione dei temi, ma possono trasformarsi in veicoli straordinari affinché i messaggi positivi ed educativi giungono al cuore delle persone. ■
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di Lara Deflorian
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ive a Roma, ma è nata e cresciuta a Trento 45 anni fa. Artista eclettica intervistata più volte dalla nostra rivista, Francesca Sani professionalmente è in continua evoluzione e non nasconde la sua voglia di tornare a lavorare nella sua terra natia. “Io mi sento sempre trentina – ci racconta – una trentina che lavora. Il mio legame è forte, ci sono i miei affetti e torno sempre in regione quando mi è possibile. Mi piacerebbe tornarci presto con il mio lavoro”. I suoi studi riguardano l’ambito della danza classica, contemporanea e modern jazz, ma tiene a precisare che non ha una formazione accademica. “Questo – spiega Francesca – può essere un limite perché i criteri non sono stabiliti, ma è anche vero che ti ritrovi con tanti sapori, diverse esperienze da cui attingere e che puoi filtrare con una libertà d’azione che
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PARLARE CON IL MOVIMENTO INTERVISTA A FRANCESCA SANI, ARTISTA ECLETTICA, VOLTO NOTO AGLI APPASSIONATI DI DANZA E AI LETTORI DI TRENTINOMESE ti permette di spaziare.” Il suo percorso formativo si è evoluto su due fronti: da un lato con i generi più conosciuti come il classico e il moderno e dall’altro ha avuto modo di studiare generi contemporanei iniziando a frequentare gli stage organizzati negli anni ‘80 da Oriente Occidente. “Amo e porto avanti una danza contemporanea di ricerca impegnativa, attraverso un’esplorazione finalizzata a una mia espressione, che mi mette in discussione ma rispetto alla quale fatico ad avere mezzi, finanziamenti e visibilità. Parallelamente, come professionista, insegno e mi occupo anche di una danza d’intrattenimento. Rispetto a questi due percorsi, entrambe importanti, cerco un punto d’incontro, una giusta via di mezzo.” A tal proposito, alla luce di una sua esperienza acquisita anche all’estero, dice: “In Italia ci sono dei pregiudizi nei confronti della danza e di chi la pratica. È più facile avere un’identità unica ed essere ancorati a una sola prospettiva che rientra nell’intrattenimento o nel contemporaneo, non abbastanza conosciuto
nel nostro paese e poco presente, come forma artistica d’espressione, nelle scuole.” Francesca Sani ha lavorato in produzioni e in contesti diversi come quello televisivo, in qualità di ballerina (Pop Star, Buona Domenica, Domenica In, La Corrida, ecc…) e come assistente coreografa e coreografa (Miss Italia, Festival di San Remo, Gran galà sotto le stelle, Ti lascio una canzone, ecc…), in quello teatrale, musicale e in ambito cinematografico. “Negli anni ‘90 e nei primi anni del 2000 ho lavorato in televisione con grandi artisti come Heather Parisi, il mio mito di allora, Gino Landi, il maestro dallo stile tradizionale che ha fatto la tv italiana, Franco Miseria e Luca Tommasini dei quali sono stata anche assistente coreografa. In quegli anni le produzioni televisive erano eleganti e di ricerca nel loro genere. Nel tempo la concorrenza ha portato la tv e gli spettacoli a essere sempre più commerciali, di servizio, e questo cambiamento ha portato a un livello qualitativo generalmente inferiore. Il prodotto è cambiato ed io professionalmente sono cre-
sciuta, ho avuto il bisogno di cercare altre proposte artistiche e di vivere la danza in modo diverso”. Racconta inoltre della sua collaborazione con il coreografo e regista Luca Tommasini, che dalla sua esperienza statunitense aveva portato in Italia una certa avanguardia: “Con lui avevo iniziato a ballare in tv e poi nel ‘98, anche assieme a Baglioni, a lavorare nel tour Da me a te. Tommasini ricercava nelle sue creazioni una certa teatralità, nella scelta di musiche, luci e scenografie, attraverso un approccio diverso che mi è piaciuto.” Con questa prospettiva nuova Francesca ha iniziato a capire la sua necessità di evolvere e di andare avanti. “A 30 anni – racconta – ho avuto un cambiamento di rotta. Per la necessità di staccare e di tagliare di netto sono andata a Londra dove ho lavorato anche in un tv show con Kylie Minogue.” Nel tempo ha sviluppato un lavoro creativo: “A me è sempre piaciuto inventare, creare, anche se inizialmente avevo un forte bisogno di danzare, di muovermi e di stare in palcoscenico. Ora sento che l’andare in scena non mi appartiene più perché sento il bisogno di dedicarmi ad altro.” Due anni fa a Trento, nell’ambito dell’International governance forum Italia, ha ideato, prodotto e
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Con Massimo Ranieri
realizzato il progetto video 0-one, finalista ai festival di video-danza di Hong Kong e di New York. L’evoluzione di Francesca Sani si concretizza anche con una laurea in Arti e scienze dello spettacolo alla Sapienza di Roma e con una tesi sui sistemi di produzione della danza italiana nella contemporaneità. “A 18 anni sono partita da Trento e sono andata a Milano dove mi sono dedicata solo alla danza, abbandonando gli studi di lingue intrapresi all’università. Nel tempo ho capito l’importanza dello studio e, soprattutto, cosa volevo studiare. Per il mio lavoro di tesi ho svolto una ricerca finalizzata a capire come gli artisti si muovono
sugli aspetti produttivi, comunicativi e finanziari. Dalle mie ricerche ho conosciuto la forza di alcune regioni come la Toscana o il Veneto, molto attive nel sostegno della danza contemporanea. Anche il Trentino si sta muovendo bene con residenze creative, concorsi, rassegne e bandi offerti da realtà come Oriente Occidente, Pergine Spettacolo Aperto e Drodesera/Fies. Lo scorso anno ha fondato Pro°Polis, termine che definisce un “antibiotico naturale per la città”, una formazione indipendente costituita da tre danzatrici stabili. “Fino allo scorso anno ho lavorato prevalentemente come coreografa su commissione, mentre ora sono in una fase di nascita del mio percorso di ricerca coreografica. Sono orientata a sviluppare il mio lavoro in un contesto per me diverso dal solito, attraverso incursioni urbane, per e dentro la città (da questo la denominazione del suo gruppo Pro°Polis, ndr), un po’ secondo la filosofia della community dance e della danza urbana. Per questo sto cercando fonti di finanziamento e opportunità che spero si possano concretizzare anche in Trentino. Cerco di concepire i lavori secondo una logica progettuale realizzabile e modulare, i cui pezzi si possono comporre e scomporre in modo creativo a seconda dei limiti con cui ti devi confrontare, come ad esempio il contesto, lo spazio, la tempistica, il numero di danzatori”. Francesca Sani è inoltre interessata al confronto critico con il pubblico per capire esattamente cosa pensa del suo lavoro, cosa sarebbe interessato ad approfondire e agli interrogativi che suscita: “La danza – conclude – è forma e linguaggio d’espressione molto ampio, attraverso il quale puoi dire qualcosa. Io sento il bisogno di dirlo e poi saranno gli altri a dirmi se piace o meno.” ■
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trentinoattualità
di Annalisa Borghese
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n cammino lungo viottoli di campagna, su sentieri fra i monti, vie che hanno fatto la storia o strade sterrate senza ciglio, sotto cieli consueti o in ogni “nuovo” angolo del mondo, ci si può ritrovare simili nella lunga domanda che ciascuno pone a se stesso. Le risposte arrivano cammin facendo, nel passo consapevole di chi va sapendo di essere in viaggio e si tira fuori, appena possibile, dal ritmo vorticoso e innaturale della velocità a ogni costo. Laura Ciaghi fa parte del popolo dei camminatori e lo trova talmente affascinante che ha voluto farne anche una professione. Il tesserino di “Accompagnatore di territorio” ne è la conferma ufficiale, ma è sufficiente ascoltarla per comprendere che dietro ogni parola c’è un passo. Attivista e coordinatrice di progetti sociali, guida ambientale, educatrice museale, come si definisce lei stessa a seconda di dove la giornata chiama, ha alle spalle esperienze significative nei corpi civili di pace in Palestina, Colombia, Kosovo e Iraq. Laura, c’è un nesso fra l’atto del camminare e l’animo pacifista? «Più di uno. Camminare è il modo in cui si spostano le persone che non hanno mezzi. Andare a piedi è una caratteristica dei popoli di resistenza. In particolare mi riferisco alla mia esperienza nelle aree rurali della Palestina, nelle South Hebron Hills, gli ultimi terrazzamenti prima del deserto del Neghev. Qui ho lavorato per diversi anni ad un progetto di supporto alla resistenza popolare nonviolenta delle comunità di agricoltori palestinesi contro l’occupazione israeliana. Non c’era altra possibilità se non 62
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AD OGNI PENSIERO IL SUO PASSO «PIEDI E CERVELLO SONO SEMPRE COLLEGATI» DICE LAURA CIAGHI CHE HA PERCORSO TRATTI DI STRADA INSIEME A POPOLI MARTORIATI ED È TORNATA A CAMMINARE FRA LE SUE MONTAGNE
quella di muoversi a piedi. Ed era importante avere gli stessi mezzi delle persone che si accompagnavano. E poi camminare ci permette di incontrare le persone e di vedere le piccole cose». Tornano alla mente le parole di Cesare Pavese nel romanzo “La bella estate”: “Non invidiava le automobili, sapeva che in automobile si attraversa ma non si conosce una terra. (…) A piedi, vai veramente in campagna, prendi sentieri e costeggi le vigne, vedi tutto. C’è la stessa differenza che guardare un’acqua e saltarci dentro”. Un’esperienza di pace ha bisogno di questo sguardo lento? «Nella nostra società la lentezza costituisce un’esperienza che richiede uno scarto, l’uscita fuori dai binari delle
ovvietà culturali – afferma in proposito il sociologo Franco Cassano. – Consente di pensare il valore di mondi diversi dal nostro, di sottrarsi a quella forza di gravità che rende una cultura incapace di comprendere le altre. Questo esercizio permette a chi lo compie di evitare l’integralismo, quella malattia dell’anima ricorrente ogni volta che una cultura pensa la diversità altrui come una malattia e se stessa come terapia». Cammini mai senza prefiggerti una meta? «Semmai ogni tanto cammino con una meta… Sono diventata un po’ flessibile in questo e mi aiuta il fatto che non avendo l’automobile, devo ricorrere ad altri mezzi. Magari organizzarmi certe volte non è facile, ma così è sempre un cammino aperto».
Dall’anno scorso Laura è una delle guide della “Compagnia dei Cammini”, un’associazione che lavora per divulgare la cultura del camminare e tutti gli anni, a primavera inoltrata, promuove con questo intento a Bolzano il “Festival del Camminare”. L’incontro di Laura con la Compagnia avviene qualche anno fa tra le bancarelle della fiera “Fa’ la cosa giusta”. Segue la condivisione del cammino da San Leo a San Sepolcro e da allora Palestina e Israele rientrano fra le mete dell’associazione, un viaggio segnalato con due orme che stanno ad indicare un cammino senza particolari difficoltà.
INFO
L’
appuntamento con la Compagnia dei Cammini è al Festival del Camminare a Bolzano dal 23 al 25 maggio. Ci si può arrivare anche a piedi lungo la via Romea germanica di Stade partendo da Lavis, tre giorni prima, proprio insieme a Laura e ad un gruppo di viandanti. Per informazioni: www. festivalcamminare.bz.it
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Ma certo occorre spirito di adattamento e disponibilità e interesse all’incontro con le comunità locali di pastori e contadini per ascoltare il racconto della loro vita in isolamento e la resistenza nonviolenta all’occupazione militare, fatta di gesti quotidiani come seminare, costruire cisterne, raccogliere il grano, portare le capre al pascolo e andare a scuola. Al di là del fatto che fa bene ed è un gesto innato e naturale, perché invitare la gente a camminare? «Perché camminare è un modo per conoscere se stessi, fare i conti con quello che hai, ti fermi dove ti fermi e valorizzi le realtà che ci sono sul territorio, perché piedi e cervello sono collegati e le decisioni che si prendono dopo aver camminato sono migliori». Secondo te esiste una meta per noi occidentali che ci riporta all’origine? «Secondo me tornare all’o-
rigine significa recuperare il contatto con la Madre Terra più che tornare in un luogo preciso. Viviamo sradicati dentro un sistema sociale e politico che ci allontana dalla nostra umanità senza che ne siamo consapevoli. Tornare all’origine significa recuperare consapevolezza. Pensiamo ad esempio al cristianesimo, che nasce come religione della resistenza e dopo la conversione di Costantino viene assimilato dal sistema. I cristiani, all’inizio perseguitati e massacrati, a loro volta diventano perseguitori di altri credenti. Tornare all’origine significa allora riscoprire la religione come atto di resistenza e non di sottomissione. Non è così che recuperiamo umanità. Se pensiamo alla terra dove è nato il cristianesimo ed è stato scritto il Vangelo, la nostra aspirazione a tornare all’origine crea problemi in un luogo che per altre persone è casa. E infatti la presenza di tutte le chiese cristiane in Palestina ha portato ad una frammentazione della comunità a dir poco deleteria». Dove sta andando Laura oggi? «Del cammino che sto percorrendo vedo solo una parte e non so come sarà esattamente da qui in poi. In questo periodo sto costruendo soprattutto radici, meno visibili della chioma, ma quanto mai necessarie per camminare con i piedi ben piantati per terra». ■
Mese degli asparagi
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trentinoattualità
di Paolo Chiesa
ANNA DEI MIRACOLI ANNA MORATELLI È UNA DONNA COME TANTE, EPPURE È UNA SPECIE DI WONDER WOMAN DELLE IMPRESE SPORTIVE NON AGONISTICHE. TESTIMONIAL DEL F.A.I., NON SMETTE DI STUPIRE CON LE SUE MILLE, MIRACOLOSE IDEE
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nna Moratelli è originaria di Tione e dopo essere cresciuta a Bolzano e vissuta a Ora, dove ha insegnato lettere alle scuole medie, ora abita con il marito Aldo e i figli Sara e Marco a Roncogno, la piccola frazione di Pergine. È una donna alla quale le parole “forza di volontà” si adattano perfettamente. Per dire, qualche anno fa, stava seguendo un corso di ginnastica aerobica e quando ha saputo che l’istruttore avrebbe smesso quell’attività, ci ha pensato poco o niente e con una sua amica si è iscritta al corso per istruttori che si teneva nei fine settimana a Vicenza e, dopo averlo superato, l’istruttrice è diventata lei. Il motivo della mia visita è quello di parlare delle sue “scorribande”, come le chiama lei e cioè dei suoi viaggi in bicicletta in solitaria o accompagnata dal paziente marito Aldo 64
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che la segue in camper per fornirle assistenza e un tetto per la notte. Anna non è una sportiva professionista, ma ha sempre nuotato, sciato e pedalato, nei modi e nei tempi che le concedeva il lavoro. Ora è in pensione e visto che a 55 anni si sente in forma e ha una grande voglia di fare, lo sport lo pratica con più assiduità. Certo che una che si ripromette di fare la maratona, una certa forza di volontà ce l’ha. E lei, nel 2008, si è iscritta all’uopo al Gruppo Sportivo Valsugana. Con l’aiuto paziente di Norbert Corradi, grande esperto in corsa sulle lunghe distanze, Anna la sua prima maratona l’ha fatta: nel 2009 sul lago di Garda. E a quella ne sono seguite altre sette: due volte quella di Firenze e poi Padova, Verona, Vicenza, Roma e forse la più magica, quella di New York. Una bella sfida, accettata e
L’arrivo di Anna ad Assisi
vinta. E la bicicletta? “Quella è l’amore della mia vita”. Anna come si diceva ha sempre pedalato, ma nel 2011, con la pensione c’è stata la svolta, perché si è tolta la soddisfazione di acquistare una bicicletta da corsa e un rampichino di un certo livello. E lì Anna è partita: “Al ritorno non mi piace fare la stessa strada dell’andata e quindi per fare i miei percorsi ad anello continuo a pedalare e i chilometri aumentano”. È capace di partire la mattina presto con il rampichi-
Anna Moratelli nel giardino della sua casa a Roncegno
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L’infaticabile Aldo, con il camper “salvavita”
A Mantova, all’antica edicola Liberty
Il teatrino di Vetriano
no e di ritornare la sera dopo avere fatto magari 150 o 200 chilometri, ovviamente la maggior parte dei quali in salita… “Una volta ho dovuto telefonare ad Aldo dalla Val di Fiemme pregandolo di venirmi a prendere perché non ce la facevo più a ritornare da quanto ero stanca. E un’altra volta ho dovuto scomodare mia sorella”. Peccatucci dell’inesperienza che non hanno frenato comunque la Nostra nelle sue “scorribande”. Come quella che l’ha vista caricare la bici a Bolzano sul pullman che arriva a Monaco e poi da lì sul treno fino a Donaueschingen, dove nasce il Danubio e farsi gli 800 chilometri di ciclabile fino a Vienna. Mica male per una sportiva che, come dice lei, non corre con il cronometro sempre sott’occhio ma che anzi, se vede un raggio di sole che la emoziona o un ruscello che la ispira si ferma a goderseli e a fotografarli. Dice: “Sono molto riflessiva e do un significato a tutto quello che vedo. E apprezzare la natura e quello che il corpo riesce a fare mi dà grande soddisfazione. Cerco anche di superare
i miei limiti, ma solo per godere il frutto di questo traguardo”.
la torre Campatelli di San Gimignano in provincia di Siena, per arrivare dopo sei giorni dalla partenza, al Bosco di san Francesco. Un viaggio seguito passo passo da un diario su Facebook della delegazione trentina del F.A.I. e al quale ha partecipato in maniera diversa – in camper, naturalmente – anche Aldo.
LA PASSIONE PER L’ARTE E IL VOLONTARIATO PER IL F.A.I. La pensione ha destato in Anna un’altra passione. Quella per il volontariato: “Sono sempre stata un’appassionata di arte e un giorno mi sono presentata alla sede del F.A.I., Fondo Ambiente Italiano, dando la mia disponibilità per aiutare la raccolta fondi rivolta alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio artistico italiano”. Allora ne ha pensata subito una delle sue. Dopo avere visto che grazie al F.A.I. era stato recuperato il Bosco di san Francesco ad Assisi, gli è venuta una gran voglia di andarlo a visitare… ma in un modo diverso. Ed è partita l’iniziativa “FAI andare le gambe… vedrai la bellezza”: un viaggio in bicicletta a tappe visitando i beni del F.A.I. sul tragitto, partendo dal Castello di Avio in Trentino e passando per l’antica edicola dei giornali in stile Liberty di Mantova, il teatrino di Vetriano in provincia di Lucca,
UN SOGNO “SOLO RIMANDATO” Per il 2014 Anna aveva un altro progetto. Quello di fare in bicicletta il Cammino di Santiago de Compostela, il percorso di 800 chilometri famoso in tutto il mondo. Il piano era quello di partire in bici da casa, arrivare fino in Spagna e poi farsi anche il percorso del Sentiero di Santiago. Piano che è diventato poi quello di partire in bici dal Piemonte, per un totale comunque di 1700 chilometri! Purtroppo un malanno fisico non le ha permesso di fare la preparazione necessaria. “Ma l’anno prossimo lo faccio!”, dice al marito chiamando me a testimone. Che forte Anna, che energia, che voglia di partire, di scoprire e di conoscere. ■
Dal 1765...
di Ferrai Bellucco Alessandra
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Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. Foto di Ronny Kiaulehn
Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. Foto di Ronny Kiaulehn
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IL PIACERE DI PEDALARE OLTRE 400 CHILOMETRI DI PERCORSI ATTENDONO APPASSIONATI E FAMIGLIE SULLE PISTE CICLABILI TRENTINE. MENTRE SI LAVORA PER ESTENDERE LA RETE CREANDO NUOVI PERCORSI, GLI AMANTI DELLE DUE RUOTE POSSONO GODERSI A RITMO “SLOW” ANCHE QUATTRO NUOVI BICIGRILL; A TRENTO SUD, VO’ DESTRO, CONDINO E SARNONICO
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Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. - Foto di Lucio Tonina
li amici delle due ruote conoscono bene quella voglia di salire sulla propria bicicletta, dopo il “letargo” invernale, che fa capolino quando in primavera la temperatura aumenta e le giornate si allungano. Chi abita in Trentino, o vi si reca per trascorre qualche giorno di vacanza, può assecondare questa sana e divertente
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pulsione percorrendo le piste ciclabili, in un contesto ambientale unico. I campi coltivati in fiore, i prati che cominciano a colorarsi, il cinguettio degli uccelli che si muovono da padroni in questi ambienti naturali, ora agricoli ora montani, sono la cornice costante di una gita in bicicletta sulla rete trentina. Cambiano le quote e cam-
biano i paesaggi, a seconda della vallata che si sceglie di attraversare seguendo il proprio ritmo, non cambiano gli standard di qualità offerti dagli oltre 400 chilometri di percorsi riservati ai ciclisti e ai pedoni, ovvero la larghezza minima della carreggiata, il fondo costituito di un particolare materiale bituminoso, le puntuali indicazioni, la disponibilità delle tracce gps da inserire sul navigatore prima di partire, la possibilità di caricare la propria bici su un pullman o un treno locale ad un costo molto contenuto. Non ci sono altre regioni italiane in grado di offrire ai cicloturisti standard di qualità così elevati e così omogenei. La rete trentina è articolata in 11 zone, ovvero Valle dell’Adige, Valsugana, Valle del Primiero, Val di Sole, Alta Val di Non, Valli di Fiemme e Fassa, Val Rendena - Giudicarie Centrali, Valle del Chiese, Garda Trentino - Basso Sarca, Valle dei Laghi, Ledro e Con-
cei. Ogni percorso è dotato di una specifica segnaletica con tabelle informative che riportano indicazioni di carattere storico, culturale e ambientale dei luoghi attraversati, simboli e colori specifici per un’immediata identificazione delle aree. Ad ogni chilometro si può trovare un cippo che indica quanta strada è stata percorsa. La rete gestita dal Servizio Conservazione della Natura e Valorizzazione Ambientale della Provincia Autonoma di Trento, sotto molti punti di vista, può essere considerata un modello di intervento sul territorio. Tutto ha preso il via con una legge del 1988, che disciplina la creazione di una rete di percorsi ciclabili e ciclopedonali al fine di migliorare le condizioni ambientali, riqualificare la qualità degli spazi urbani, garantire la sicurezza nell’uso della bicicletta e favorire il cicloturismo. Dei 570 chilometri di percorsi individuati
Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. - Foto di Lucio Tonina
Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. - Foto di Gianni Zotta
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in loco. Inoltre sono utili per fornire assistenza, mettendo a disposizione attrezzature idonee alla manutenzione, e per informare, attraverso la distribuzione di materiale. In Val Rendena è possibile muoversi su pista ciclopedonale dal lago artificiale di Ponte Pià a Carisolo, passando per Tione, senza soluzione di continuità, mentre nella vicina Valle del Chiese si pedala dalle sponde del Lago d’Idro a Pieve di Bono e da Lardaro a Bondo. Entro l’anno prossimo partiranno i lavori per la realizzazione dei successivi tratti, al termine dei quali si potrà raggiunge-
re Tione partendo dai confini con la provincia di Brescia. Spettacolare, per la vista che offre, sarà anche la nuova ciclabile che si sta costruendo fra Sarche e Comano Terme, ovvero fra la Valle di Laghi e il Bleggio, poiché corre lungo la forra del Limarò, un piccolo canyon che accoglie le acque del Sarca nella loro corsa vero il Lago di Garda. Per ora è percorribile solo un tratto isolato, lungo 4 chilometri, che serve per bypassare le gallerie usate dal traffico veicolare, quando sarà terminata sarà certamente uno dei fiori all’occhiello dell’intera rete. La rete ciclabile trentina può
fregiarsi del marchio «Family in Trentino». Al fine di facilitarne la percorribilità, le piste sono classificate con diversi gradi di difficoltà contraddistinti da colori diversi. All’inizio di ogni percorso e nei tratti intermedi più significativi una segnaletica offre tutte le informazioni necessarie per conoscere le difficoltà sui diversi tronchi di ogni singolo tracciato, permettendo ai genitori di valutare in anticipo la possibile percorribilità di questi tratti anche per i bambini: il verde contraddistingue i tratti facili, il giallo i medi e il rosso quelli ■ più impegnativi. Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. - Foto di Ronny Kiaulehn
Fototeca Trentino Sviluppo S.p.A. Foto di Lucio Tonina
nel Piano Generale elaborato nel 2008, ne sono stati realizzati 410. Dopo l’inaugurazione, nel 2012, del nuovo anello dell’Alta Val di Non, negli ultimi due anni sono stati realizzati altri raccordi e inaugurati quattro nuovi bicigrill: quello di Condino, in Valle del Chiese, quello di Sarnonico, in Val di Non, quello di Trento Sud, nei pressi dell’aeroporto di Mattarello, e quello di Vo’ Destro, vicino ad Avio. Situati in punti strategici dei percorsi ciclopedonali, hanno lo scopo di ristorare attraverso la distribuzione di bevande e generi alimentari spesso prodotti
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trentinobottegad’artista
di Renzo Francescotti
“Vino + vino”, 2003
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ado a trovare Romano Furlani nella sua bottega d’artista, alle porte di Trento, sul piccolo altopiano della Vigolana, a Vattaro. Abita in una stanza-laboratorio dell’Albergo Tomei (soprannome dei Furlani) all’inizio del paese, che per oltre mezzo secolo ha funzionato solo come osteria per poi essere ristrutturato e ampliato come Hotel. L’albergo è stato costruito nel 1912 ed è gestito dal fratello di Romano, Fabio, assieme alla moglie Romana (toh due “Romani” in famiglia). Romano non si è mai sposato e non ha mai lavorato in albergo: è sempre stato un contadino-pittore. Nato a Vattaro durante l’ultima guerra mondiale, nel 1941, nei primi anni ’60 va a Roma a fare il servizio militare. Ha la passione per il disegno, per la pittura e nella Città Eterna familiarizza con gli ambienti artistici. Non ha mai frequentato Istituti d’Arte o Accademie: è un autodidatta segnato da un inesausto bisogno di imparare, di conoscere, di sperimentare. Le sue prime esperienze sono nel campo del figurativo. Verso la fine degli anni ‘60 va a Milano, a Venezia, a Parigi a visitare musei ed esposizioni. Torna in Trentino e comincia a dipingere con intensità: che genere? Astratto. Romano Furlani è uno dei pochissimi artisti trentini che ha da sem68
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MATERIA CHE PESA, COLORE CHE VOLA ROMANO FURLANI CONTADINO-PITTORE CHE NON HA MAI FREQUENTATO ISTITUTI D’ARTE O ACCADEMIE. PARCO DI ESPOSIZIONI E ANCHE DI PAROLE... pre praticato l’astratto. Scrive di lui Rinaldo Sandri: “È stato allievo di Korompay e ha seguito con particolare attenzione la ricerca di Senesi e Schmid. Anzi, fu proprio il ripensamento dell’arte di Korompay e l’influenza del neoastrattismo degli anni settanta a indurlo a occuparsi di grafica.” La sua prima personale è al Circolo Roveretano nel 1969 (lo stesso anno la sua prima collettiva a Riva del Garda); l’anno dopo è a Trento alla Galleria Mirana. Ma il nostro Romano, pittore che potrebbe essere definito neoastrattista, è parco di esposizioni e anche di parole come scrive più volte Luigi Serravalli (per la verità, Romano con chi scrive ha parlato, si è confidato, ha perfino fatto dell’autoironia definendosi “artista clandestino”), dicendo di lui: “Furlani è uno dei pochi artisti che conosco che si è avvicinato all’arte per una necessità interiore, indifferente al successo e alle mode”. Nel 1987, nel castello di Vigolo Vattaro ci fu un insolito evento, che attirò un notevole pubblico, curioso anche di scoprire e ammirare il restauro portato a termine
dal proprietario, l’architetto di aristocratica origine, nonché autore di libri storici, Gian Maria Tabarelli de Fatis. In quel piccolo ma suggestivo castello, praticamente sconosciuto, il nostro Romano aveva collocato le sue creazioni artistiche nei siti più vari: nel prato, sul salesà dell’entrata, nelle nicchie dei muri, negli sporti delle finestre: come se le sue creazioni fossero concresciute coi siti, come se ne facessero parte, opere di “fantastica liricità“, come le definì Rinaldo Sandri. Le opere più suggestive, più fisiologiche all’ambiente erano pezzi di porfido dipinti, ovvero pitture-sculture di oggetti trovati: “I porfidi su cui lavo-
ro sono degli scarti, dei blocchi che rotolano e diventano pagine, sembrano le tavole della legge rimaste in piedi sulla montagna“ ha confidato nel 1990 a Paola Bernardi Gunther, quando stava per partire per una sua mostra a New York. “In questo artista montanaro e taciturno – come scrive ancora Sandri – è racchiuso un sentimento di straordinaria freschezza e gioiosità”, espresso sul supporto della tela, della carta, della lastra di porfido, della pietra litografica… Dipingendo sul porfido Romano deve imparare a usare pigmenti nuovi (che si fabbrica da sé); deve saper adattarsi alle forme della pietra, farsi gui-
“Pietra”, 1985
trentinobottegad’artista
“Colori della musica”, 2000
dare dalla materia, adattarsi ad essa flessibilmente, sino a riuscire a riscattare la pesantezza della materia col volo del colore, un colore che non appartiene tanto al mondo minerale quanto al mondo animale degli uccelli o a quello botanico dei fiori. E questo artista si conferma uno straordinario colorista indifferente al supporto; vale a dire è l’homo faber che sa dominare con le sue tecniche cromatiche, altrettanto bene, la carta, la tela, la pietra litografica, il porfido. Varcata la boa dei quarant’anni, giunto alla sua piena maturità tecnica e umana, Furlani è protagonista negli anni ’90 di una serie di mostre in Italia e all’estero. Del 1990 è la sua prima personale a New York, alla Dannenberg Gallery; vi ritorna con alcuni altri artisti due anni dopo. “Avrei dovuto arrivare in USA vent’anni prima”, confessa, “in quegli anni era scoppia-
“Segno vibrazione”, 2012
ta l’epidemia di AIDS, chiudevano le Gallerie, gli artisti morivano o scappavano…” E ci furono anche tutta una serie di importanti esposizioni in Germania. Tuttavia “dopo dieci anni smisi con le mostre all’estero... Mi ero accorto che mi stavo consumando la vita per un curriculum…” Abbandonata l’idea di divenire un artista professionista Romano Furlani continuò a dipingere ma si guadagnò da vivere coltivando i suoi vigneti di Cabernet e Teroldego giù al piano, ad Acquaviva. E a proposito di vigne e vini, una delle sue ultime mostre (a suo dire la più bella) l’ha allestita nel 2004 al Teatro Sociale di Trento, esponendo una cinquantina di opere dipinte col vino: col Teroldego (ricavandone cromie sul viola) e col Cabernet, virando nel rosso rubino. Erano nastri, strisce, bande dai colori incredibili, irripetibili, che liberavano i profumi delle uve e dei vini. Innamorati di quelle opere in molti le volevano comprare. Ma il nostro Romano non ne vendette nessuna: spiegò che quei magici colori si sarebbero ossidati. E così fu: “Bisognerebbe dipinger tutti i quadri così: con i colori che, nel giro di qualche anno, evaporano…” Lui è fatto così: in un mondo dove in troppi sgomitano per arrivare in prima fila sotto le luci della ribalta, lui silenziosamente si fa da parte. Ha realizzato (ad olio, acquerello, acrilico, tecnica mista, litografia…) un patrimonio di opere di magica e libera astrazione: opere fantastiche, ariose, melodiche, dai segni-colore che compongo nuovi linguaggi, che sembrano danzare nell’aria o nell’acqua, diventando essi stessi aria o acqua. E non ha mai cercato il successo, raggiunto invece da troppi pseudoartisti attraverso giganteschi bluff. Ha sempre solo perseguito, e a volte raggiunto, la verità della poesia. ■
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trentinoattualità
CANTINE APERTE 2014, ITINERARIO ALLA SCOPERTA DEL VINO TRENTINO COME DA TRADIZIONE, TORNA ANCHE QUEST’ANNO DOMENICA 25 MAGGIO L’APPUNTAMENTO PIÙ ATTESO DAGLI AMANTI DEL VINO, CON VISITE GUIDATE NELLE CANTINE E PASSEGGIATE TRA I VIGNETI di Giada Vicenzi
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orna anche quest’anno l’ultima domenica di maggio (con un’anteprima sabato 24) “Cantine Aperte”, l’appuntamento organizzato dal Movimento Turismo del Vino, giunto quest’anno alla 22esima edizione, che mette in circolo in tutta Italia oltre un milione tra appassionati e enoturisti, con l’obiettivo di far scoprire la cultura del vino direttamente nei suoi luoghi di produzione. Per un’intera giornata i produttori aderenti al Movimento Turismo del Vino apriranno le porte delle loro cantine, per svelare al pubblico tutta l’alchimia di tecniche e di saperi che si cela dietro a una bottiglia di vino. Una pratica che ormai è diventata una
tradizione anche in Trentino. Visitare le cantine del territorio è, infatti, il modo migliore per conoscere e assaporare l’arte millenaria che dà vita agli eccellenti vini trentini, prodotti di una cultura e di una tecnica antichissime, che nel tempo si sono tramandate ed evolute, rimanendo però sempre fedeli ai tempi dell’uomo e della terra. Veri e propri artigiani del vino, i Trentini sanno proporre ad ogni vendemmia etichette prestigiose e vini dalla personalità unica. Per questo può essere molto interessante conoscerli e capire in cosa consiste il loro lavoro. L’appuntamento con “Cantine Aperte” diventa, quindi, un’occasione, sempre nuova e sempre diversa, per adden-
trarsi nella conoscenza dei migliori vini della nostra regione, accompagnati dalle guide più esperte e sincere che si possano trovare: i produttori in persona. Ma “Cantine Aperte” rappresenta molto più che un itinerario di degustazioni; è, piuttosto, una filosofia, uno stile di viaggio e di scoperta non solo del vino, ma anche della grappa e dell’olio; in una parola, del territorio, a partire proprio dai suoi prodotti più tipici, quelli che meglio lo descrivono e lo rappresentano. I programmi sono ancora in fase di definizione (e per questo vi invitiamo a contattare le singole aziende), ma sappiamo che saranno ventisei le cantine trentine che apriranno i battenti ai visitatori domeni-
ca 25 maggio. Una diversa dall’altra per dimensioni, prodotti e filosofia aziendale, ma rappresentative del variegato mondo vitienologico trentino, dove le grandi industrie enologiche e le piccole cantine famigliari lavorano fianco a fianco. Realtà profondamente differenti, ma accomunate dalla qualità e dal forte legame con il territorio. Il nostro percorso alla scoperta delle “Cantine Aperte” del Trentino comincia da sud, cioè dalla Vallagarina. In questa zona, dove Trentino e Veneto si mescolano e si confondono, la viticultura è diventata, specie negli ultimi anni, la chiave fondamentale per restituire identità a un territorio a torto considerato solo 71
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trentinoattualità di transito o periferico. È l’obiettivo che muove da alcuni anni le scelte produttive della Cantina sociale Viticoltori in Avio, attiva dal 1957 e che ora annovera 450 soci e 700 ettari di vigneto coltivati. Questa “cantina di confine” è inserita nella zona vinicola storicamente più produttiva, in larga parte destinata a Pinot Grigio, ma anche a Pinot Bianco, Marzemino, Lagrein, Chardonnay e a quella particolare uva autoctona che è l’Enantio, un tempo nota con il nome di “lambrusco a foglia frastagliata”. È proprio sul “progetto Enantio” che negli anni si è concentrato gran parte del lavoro dei Viticoltori in Avio. Perché è il vino autoctono di questa zona, da sempre presente in questo territorio anche per la sua “generosità” e per la sua resistenza ai patogeni della vite. È riuscito, infatti, a superare il nefasto periodo della fillossera e nel comune di Avio esistono ancora vigneti centenari a piede franco assolutamente da visitare. La Cantina di Avio produce Enantio dal 1996. Quest’anno, dopo un lavoro
certosino e vari aggiustamenti, sarà messa in commercio anche la versione “Riserva”, prodotta con l’annata 2010 e concepita per durare a lungo nel tempo. Quello della lunga durata, tra l’altro, è un aspetto che gli enologi e i tecnici della Cantina di Avio hanno sviluppato anche per altri vini rossi, come il Pinot Nero e il Trentino Rosso, ma che interessa anche i vini bianchi: l’idea è quella di produrre un bianco che possa sopportare bene qualche anno d’età. Questo permetterebbe senz’altro di valorizzare quella particolare zona di produzione, che è più calda e che dà quindi vini con una dolcezza e una bevibilità superiore. Insomma, alla Cantina di Avio si respira un fermento positivo. L’adesione a “Cantine Aperte” è ancora da definire e non è sicuro se la cantina sarà aperta in quest’occasione. Certo è che la presenza di una personalità forte e attrattiva come quella dell’Enantio merita sicuramente una nota in agenda, per programmare una visita e un assaggio. Proseguendo verso nord, si
attraversa il comune di Ala e le sue corti settecentesche, dove soggiornò Mozart; un tempo famosa per tessuti e sete e ora vivace e operosa cittadina, dove il settore artigianale e agricolo guidano l’economia. Se siete in viaggio allea scoperta delle “Cantine Aperte”, ecco che proprio sui terrazzamenti sopra Ala, a quota 500 metri, ha sede Borgo dei Posseri, incastonato tra i boschi della val di Ronchi e di San Valentino. Duecento e più ettari di natura, memoria rurale della comunità di Ala, che da qualche anno ha visto la rinascita della miglior viticoltura di montagna. Rispetto della tradizione e del territorio in alcuni casi vanno di pari passo con l’attenzione per l’ambiente. Una sensibilità che ritroviamo nella Cantina Sociale Mori-Colli Zugna, costruita nel 1957 per iniziativa di 50 vignaioli della zona, e che oggi conta più di 700 soci conferitori, che coltivano circa 700 ettari vitati. Il rispetto del territorio e l’utilizzo razionale delle risorse naturali è evidente
anche nelle forme e nelle tecniche costruttive della Cantina Mori-Colli Zugna. La nuova struttura, ultimata nel 2011, è quasi invisibile dalla strada, perché tutta ipogea, ossia realizzata sotto il livello del suolo. Sui due ettari di terreno che occupa l’immobile, la quasi totalità della copertura della cantina è stata realizzata con un tetto “verde”: in parte con vigneti, che ricostituiscono integralmente l’ambiente originario, in parte con semplice manto erboso, andando così a “restituire” la cantina alla campagna. Per ricoprire il tetto, la cantina ha usato più di 6.000 vigne di un particolare clone, selezionato dalla Fondazione Mach: una varietà resistente che abbisogna di ridotti o nulli trattamenti anticrittogamici. Si tratta di un progetto ad alto risparmio energetico e a bassa antropizzazione del territorio. La cantina è dotata di un complesso sistema di utilizzo razionale dell’acqua, che ha permesso di ridurre i consumi del 70%. L’acqua, calda o fredda, è assicurata da dodici sonde geotermiche,
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che per tutto l’anno riscaldano e rinfrescano l’area degli uffici e dei laboratori. Sul tetto della cantina sono in funzione anche una serie di pannelli fotovoltaici. È una cantina che merita sicuramente una visita, non solo per vedere da vicino l’insolita struttura, ma soprattutto per assaporarne
gli ottimi vini (Marzemino, Lagrein, Pinot Nero, Müller Thurgau, Traminer Aromatico, Sauvignon e molti altri) e la giornata di “Cantine Aperte” rappresenta sicuramente un’ottima occasione. Le attività in programma per questa giornata sono tante e di vario tipo anche alla Distil-
BUONVINO TRENTINO, CON UNO SPECIALE AL MUSE A CURA DI SKYWINE
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iamo ormai alla quinta edizione di “Buon Vino Trentino”, il festival del vino e della migliore gastronomia trentina che fa ritorno anche quest’anno al Mas dela Fam di Ravina nei giorni 23, 24 e 25 maggio, per concludersi al Muse di Trento con uno speciale a cura di Skywine lunedì 26 maggio. Saranno sempre venti le cantine presenti con oltre cento etichette in degustazione, ma per la quinta edizione Luca Boscheri, patron del ristorante, ha pensato bene di introdurre delle interessanti novità. Tanto per cominciare, al posto dell’ingresso fisso giornaliero, arriva la consumazione a punti, con schede da 5 a 10 euro, a seconda del numero di assaggi che si vogliono fare (1 euro ad assaggio). Domenica 25 maggio, invece, tempo permettendo, sarà dedicata a un’allegra scampagnata nei prati e nelle vigne che circondano il maso, muniti di un lauto cestino da pic-nic. Il programma è molto articolato e prevede ogni giorno il “Gioco del piacere” con i vini esposti; a seguire la “Fucina del Gusto” con le prelibatezze proposte dallo chef Andrea Bassetti, che come di consueto proporrà piatti gustosi in abbinamento con alcuni dei vini in degustazione, illustrati dal sommelier Aspi Marco Larentis. L’ingresso è previsto a partire dalle ore 18. Assieme alle cantine, saranno presenti anche alcune aziende agricole del Trentino con i prodotti tipici della gastronomia locale: formaggi, miele e prodotti ortofrutticoli. Per finire, non mancherà il servizio di bus navetta gratuito, messo gentilmente a disposizione da Luca Boscheri, in modo che i partecipanti possano degustare (sempre con moderazione!) senza dovere temere per la patente. Come lo scorso anno, sarà presente l’associazione culturale Skywine – Quaderni di Viticultura a chiudere idealmente la manifestazione con “Trentinovino”, una giornata dedicata all’approfondimento e al dibattito su temi che interessano da vicino il mondo del vino e della viticoltura. Lunedì 26 maggio negli spazi del Muse si terrà al mattino un convegno dedicato al design del territorio trentino, con la partecipazione dell’architetto e urbanista Pino Scaglione, dell’architetto Stefania Staniscia e di Gabriele Pardi di Gumdesign. Nel pomeriggio, invece, un incontro, accompagnato da degustazione guidata da Aspi, fra buyer professionali di area nord-est e 16 aziende vitivinicole trentine. Il buffet per la pausa pranzo sarà curato da Buon Vino Trentino.
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leria Marzadro e alla Cantina Vivallis di Nogaredo. Proprio in quest’ultima, oltre alla degustazione dei vini e dei prodotti del territorio, è in programma anche un’esibizione del Coro Sant’Ilario e dello Zampognaro Lagaro. Probabilmente, ma non è ancora stato confermato, a Vivallis faranno tappa le auto storiche che da qualche anno accompagnano l’iniziativa del Movimento Turismo del Vino, fermandosi proprio nelle “Cantine Aperte”. Di certo, invece, è che quest’anno la Cantina Vivallis aderirà all’iniziativa, proposta sempre dal Movimento Turismo del Vino, di devolvere la quota simbolica di partecipazione (5 euro) per l’Ail, l’associazione italiana contro le leucemie. Vivallis, che ha raccolto l’eredità della vecchia Società Agricoltori Vallagarina, ha le radici ben salde nella cultura enologica della valle e un obiettivo: produrre vini che siano sintesi di tradizione e modernità, espressione coerente ma dinamica del territorio. Per questo motivo la Cantina Vivallis, accanto allo sfuso, ha puntato con decisione sui prodotti classici della Vallagarina, come il Marzemino, nella versione Superiore “dei Ziresi” e “di Isera”, e il Moscato Giallo Castel Beseno, un’altra forte manifestazione territoriale, a cui dalla vendemmia 2010 viene riconosciuta ufficialmente la nuova denominazione di origine “Trentino Superiore Castel Beseno”. Proseguendo ancora verso nord e lasciatisi alle spalle l’abitato di Nomi e la cantina Pedrotti Spumanti, si incontra un altro esempio del fervido movimento cooperativo, sviluppatosi in Trentino un secolo fa, la Cantina Aldeno, che aprirà i battenti al pubblico per far assaggiare il meglio della sua produzione: il Müller, il Traminer, lo spumante Altinum e, naturalmente, il
Moscato Giallo Castel Beseno e il rinomato il Merlot. Giunti a Trento, l’elenco delle “Cantine Aperte” si fa davvero lungo: Cantina Sociale, Cantine Ferrari e Distilleria Segnana dei fratelli Lunelli, Cavit, Moser. E la lista prosegue se allarghiamo lo sguardo a est e a ovest di Trento: Agraria Riva del Garda, Madonna delle Vittorie e Frantoio Bertamini ad Arco, Azienda Agricola Carlo Bleggi a Tignerone di Bleggio, Maso Cantanghel a Civezzano, Cembra Cantina di Montagna. Ma il nostro viaggio ci chiama verso nord, verso la Piana Rotaliana, vegliata da possenti pareti rocciose e patria del Teroldego, un altro vino autoctono e fortemente territoriale. Lo si potrà assaggiare, assieme agli altri vini e alle grappe prodotti in questa zona così fertile e vocata, a Lavis, nella Cantina La-Vis e Valle di Cembra e a Maso Poli, a Mezzocorona nella Cantina Mezzacorona Rotari, alla Distilleria Bertagnolli e alla Cantina Donati Marco, a Mezzolombardo nell’Azienda Agricola Barone De Cles, a San Michele all’Adige nella Casa Vitivinicola Endrizzi. E poi, ancora più a nord, fino a sfiorare un altro confine, quello con l’Alto Adige e la provincia di Bolzano, dove ad accogliere gli enoappasionati saranno l’Azienda Vinicola Gaierhof e la Cantina Sociale di Roveré della Luna. Dai confini con il Veneto alle terre di lingua tedesca, dalle arie miti del Garda ai terreni minerali della Piana Rotaliana, dal vino, all’olio, alla grappa: impossibile non lasciarsi sedurre dalle specialità della terra trentina, a maggior ragione se, grazie a “Cantine Aperte”, possono essere degustate nel loro luogo di origine; che sia una cantina, una distilleria o un frantoio, poco importa, se a versarcele nel bicchiere è la mano stessa del produttore. ■
di Giada Vicenzi
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efinita da Cesare Battisti “il più bel giardino vitato d’Europa”, la Piana Rotaliana, terra di confine fra Trentino e Alto Adige, è racchiusa tutta nel nome di un vino: stiamo parlando del Teroldego Rotaliano, considerato il “principe” dei vini trentini. È proprio dai terreni sabbiosi e alluvionali del Campo Rotaliano, in particolare nelle campagne di Mezzocorona, Mezzolombardo e San Michele all’Adige, che nascono le uve rosse di questo famoso vino, che per primo in Trentino ha potuto fregiarsi della Denominazione di Origine Controllata “Teroldego Rotaliano”, sin dal 1971. Come è logico aspettarsi, sono i vigneti a disegnare il paesaggio di quest’area, tanto che si ha l’impressione, attraversando la Piana Rotaliana, di trovarsi davvero nella “terra del vino”. Una coltivazione così ampia della vite si spiega col fatto che questo territorio è da secoli uno dei più vocati alla produzione di uva per la vinificazione. Il terreno della valle è unico per la presenza dei minerali, portati nel corso di millenni dai torrenti Noce e Avisio. Allo stesso modo, le colline esposte al sole offrono le condizioni climatiche ideali per conferire all’uva aromi pregiati. Accanto al nobile Teroldego, la fertile pianura rotaliana si presta, perciò, anche alla coltivazione di altri vitigni, da cui originano vini che sono ottimi descrittori del carattere di questa parte della regione: il Lagrein, il Merlot, il Müller Thurgau, il Pinot Grigio, lo Chardonnay e il Pinot Nero con cui si produce lo spumante Metodo Classico, la Grappa Trentina, solo per ricordarne alcuni. La fertilità e la particolare qua76
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IL SEGRETO DI UN’ARTE MILLENARIA PROTETTA DA POSSENTI PARETI DI ROCCIA, LA PIANA ROTALIANA SI STENDE A NORD DI TRENTO, TERRA DA SECOLI VOCATA ALLA PRODUZIONE DI UVE PREGIATE lità del terreno hanno portato alla nascita di una tradizione secolare di vinificazione e, in tempi più recenti, alla costituzione di numerose aziende, al punto che oggi, in quest’area dall’estensione piuttosto contenuta, se ne possono contare oltre quaranta, tra cantine vinicole e distillerie, tutte di grande qualità e molte di antica tradizione. Sono queste realtà produttive, che costellano la Piana Rotaliana, a custodire e tramandare ancora oggi la tradizione e la produzione di questi grandi vini. Fondata nel 1948, la Cantina La-Vis è situata nell’omonima cittadina, sulle rive dell’Avisio. Le sue origini sono in realtà più antiche e risalgono al 1850, anno in cui la famiglia Cembran edificò il primo nucleo della struttura produttiva, che attualmente riunisce 800 soci, impegnati a lavorare oltre 800 ettari di campi vitati. Guidata dall’a.d. Marco Zanoni, la Cantina La-Vis affonda le radici nel movimento cooperativo e ha fatto della mutualità il suo fondamento; il tutto, però, in un’ottica moderna e globale, per essere competitivi sui mercati internazionali, sempre più legati a logiche imprenditoriali e di profitto. Caposaldo della qualità dei vini La-Vis è stato dagli anni Ottanta il Progetto
Zonazione, ovvero “il vitigno giusto al posto giusto”, che ha generato nel tempo vini importanti e generosi. In particolare, il “Progetto Qualità” legato alla zonazione ha permesso agli agronomi e agli enologi di La-Vis di isolare alcune vigne di pregio, che hanno dato vita alle linee Autoctoni, Ritratti e Bio, l’offerta di fascia alta dell’azienda. Del resto, quello della differenziazione è sempre stato uno degli obiettivi principali: naturale è stato, in anni recenti, il passaggio di alcuni soci al biologico, in nome di un maggiore rispetto del territorio. Sono nati, così, il Gewürztraminer “Ai Padri”, lo Chardonnay “Manci” e il Pinot Grigio “Arcadia”, presentati proprio all’ultimo Vinitaly. Neanche in tema di Metodo
Classico La-Vis si è fatta trovare impreparata: accanto al marchio Cesarini Sforza, che con quarant’anni di storia è diventato un riferimento del Trento Doc Metodo Classico, La-Vis ha presentato i suoi due nuovi spumanti: un Rosè Dosaggio Zero 100% Pinot Nero e un Extra Brut 100% Chardonnay. Completano l’offerta la linea di grappe a marchio CembraCantina di montagna, subito affiancata da altre due linee a marchio La-Vis: “Sotto Banco”, che raccoglie la distillazione dei principali vitigni autoctoni, e “Bootleg”, dedicata ai vitigni internazionali coltivati in Trentino. La viticultura come espressione necessaria e fedele del territorio è l’obiettivo che muove da anni anche le scel-
te produttive della Cantina Mezzacorona, forte di 110 anni di storia, e oggi realtà composita che segue tutta la filiera produttiva, dalla campagna al consumatore, capace di raggiungere ben 60 paesi del mondo con i suoi marchi ormai conosciutissimi. Una struttura efficiente e organizzata, che trae forza dalla tradizione e dalla cultura di un popolo, quello trentino, abituato a convivere con un ambiente bellissimo ma difficile, da armonizzare con delicatezza. I 1600 viticoltori associati curano i pendii vitati delle vallate del Trentino e dell’Alto Adige, in tutto 2.800 ettari di vigneto (cui si aggiungono altri 1000 ettari in Sicilia nelle aziende a marchio Feudo Arancio), in maniera artigianale e paziente, nel pieno rispetto della salvaguardia dell’ambiente e dei criteri di sostenibilità. Primo produttore italiano di Pinot Grigio, Chardonnay, Gewürztraminer, Teroldego e Lagrein, Mezzacorona è al primo posto anche per la produzione di spumante Metodo Classico Trento Doc con il marchio Rotari. Oltre a queste, le principali varietà coltivate sono Müller Thurgau, Lagrein, Marzemino, Sauvignon, Pinot Nero, Nosiola, Merlot, Schiava. Ma è il Teroldego Rotaliano il simbolo di Mezzacorona, di cui annovera tre eccellenti versioni: il Castel Firmian, la Riserva e il vertice assoluto, il Nos. Tutto questo fa di Mezzacorona una realtà saldamente ancorata al territorio, ma sempre con uno sguardo sull’innovazione. Non a caso si è conquistata il titolo – assegnato nientemeno che da Wine Spectator – di azienda italiana più “social”. Un riconoscimento meritato, che ha premiato l’intuito di quest’azienda, che ha investito molto nelle nuove frontiere dei social media, raccogliendo in breve tempo ottimi risultati. Accanto a La-Vis e a Mezzacorona, nella zona vi sono 78
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anche altre realtà cooperative, come la Cantina Rotaliana di Mezzolombardo e la Cantina Sociale di Roveré della Luna. Ma non dobbiamo dimenticare che nel Campo Rotaliano esiste un’altra grande realtà, che ricopre una posizione e un ruolo del tutto particolare: si tratta della Fondazione Edmund Mach, ex Istituto Agrario, di San Michele all’Adige, realtà di primo piano, che promuove importantissime attività di ricerca e sperimentazione scientifica, di istruzione e formazione, nonché di servizio alle imprese. Il tutto, finalizzato alla crescita sociale, economica e culturale di chi lavora in agricoltura e in generale del sistema agro-alimentare e forestale, con particolare attenzione alla tutela del territorio. Perché in effetti, quello della viticoltura è un settore a cui, più di ogni altro, sono demandati compiti che travalicano la mera coltivazione della terra. È lo scopo che quotidianamente persegue l’Azienda agricola di Marco Donati a Mezzocorona, azienda ormai storica, perché fondata nel 1863 da Luigi Donati, che acquistò i terreni di pertinenza dei conti Faur, dando vita a un’azienda che da sei generazioni è sempre rimasta fedele al sistema di conduzione famigliare. Da poco è entrata in azienda la giovane Elisabetta Donati, che rappresenta l’ultima generazione e si occupa di comunicazione, mentre il padre Marco è l’enologo, artefice di ciascuna bottiglia. La cantina attuale ha mantenuto molto di queste origini antiche ed è stata ampliata negli anni. Anche la coltivazione dei vigneti nel tempo si è estesa e ora i Donati ne coltivano in dieci zone diverse del Trentino. Ovviamente, il vitigno a cui sono più affezionati è quello del Teroldego, coltivato col sistema della pergola trentina. Alcuni di questi vigneti hanno raggiunto i 90 anni di età e sono
ancora le piante che producono il vino migliore, grazie all’apparato radicale profondo e sviluppato. Come è logico aspettarsi, il prodotto di punta dell’azienda è proprio un Teroldego, dall’affascinante ed evocativo nome di “Sangue di Drago”, che si è aggiudicato numerosi premi e medaglie. Ma i Donati sono talmente affezionati al Teroldego che lo producono in tre diverse versioni; è, infatti, un vino che si presta ad essere vinificato fresco e giovane, ma anche ad essere fatto invecchiare. Accanto al Teroldego, un posto di primo piano lo hanno altri vitigni tipici autoctoni: fra i rossi Lagrein e Marzemino, fra i bianchi Nosiola, Müller e Traminer Aromatico. Ogni vitigno è coltivato nel terreno più vocato, per esprimere tutto il suo potenziale che si ritrova poi nel prodotto finito. Tanta tradizione, che però va di pari passo con la modernità, specialmente nella comunicazione, come spiega Elisabetta: “Perché produrre eccellenze non basta, bisogna anche saper trasmettere le emozioni e il lavoro che noi mettiamo nei nostri prodotti”. Una storia di attaccamento alla tradizione e al territorio che è comune ai tanti vignaioli e alle grandi e piccole aziende agricole della Piana rotaliana, veri fiori all’occhiello
della produzione vitivinicola trentina. Come l’Azienda Agricola Zeni, la Cantina Endrizzi, De Vescovi Ulzbach, Dorigati, Villa De Varda, Eredi Cobelli Aldo, Barone de Cles, solo per citare le maggiori. A conduzione completamente famigliare è anche la cantina Gaierhof di Roverè della Luna, che deve il suo nome tedesco alla montagna che ha di fronte, il “Gaier” appunto. Alla Gaierhof, Luigi Togn, affiancato delle figlie Romina, Martina e Valentina e dal genero Goffredo, si dedica alla produzione del vino “Trentino” vinificato in proprio e venduto solo in bottiglie da 0,75 litri. La produzione comprende principalmente vini Trentini doc che rappresentano il 93% delle circa 500.000 bottiglie prodotte ogni anno. Dal 2012 Gaierhof produce anche Siris, un Trento doc 100% chardonnay con un affinamento sui lieviti di 36 mesi. In Rotaliana la tradizione del vino convive e si esalta con la modernità e la tecnologia. Ma a fare la differenza è soprattutto la grande passione e l’amore per la terra e per i suoi prodotti. Dall’intreccio profondo tra cultura e natura scaturiscono vini che sono espressione felice e genuina di questa piccola fetta di Trentino. ■
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IL “GRUPPO ALPIN” DI RAVINA HA PRESENTATO UN NUOVO SPAZIO DI 700 METRI QUADRATI DOVE IL MARCHIO È VENDUTO IN ESCLUSIVA IN TRENTINO. UNA CASA AUTOMOBILISTICA CHE SI AFFIANCA AGLI STORICI RENAULT E DACIA, PER UN PARCO MACCHINE DI CIRCA 400 VETTURE. MA L’AMBIZIONE È QUELLA DI RAGGIUNGERE LE 2.400 AUTO VENDUTE IN UN ANNO
I fratelli Christian e Mauro Dallavalle con il padre Renato, titolari del Gruppo Alpin
performance positive. Sul fatto che quello diretto dai fratelli Christian e Mauro Dallavalle sia un gruppo in crescita sono i numeri a dirlo. E i numeri, si sa, sono difficili da contestare. Un
giovane management per un’azienda che in pochi anni si è ritagliata un ruolo di primissimo piano nel panorama motoristico del Trentino Alto Adige. L’arrivo di Kia in questa importante famiglia è un segnale sostanziale della solidità
raggiunta dal Gruppo Alpin, capace ora di proporre un nutritissimo parco vetture fra Renault, Dacia e Kia, oltre ad un fornito parco dell’usato. L’obiettivo più prossimo del gruppo è il raggiungimento delle 2400 vetture vendute in un anno fra Renault, Dacia, Kia ed auto usate. Di queste 2400, alcune centinaia solo del marchio Kia. Il Gruppo Alpin ha saputo creare le giuste sinergie ed una struttura funzionale ed efficace, garantendo così al cliente un servizio a 360 gradi che va dall’acquisto alla possibilità di utilizzare poi l’ampia ed affidabile assistenza nell’officina di Ravina. Una realtà capace di fornire un servizio preciso e puntuale, garantendo alla propria clientela una copertura di ogni aspetto che riguarda l’acquisto di un’auto nuova ed usata. “Siamo davvero molto contenti che un brand prestigioso come Kia ci abbia scelto come partner – racconta Christian Dallavalle – da parte loro è un riconoscimento del 79
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trentinomese lavoro che stiamo cercando di portare avanti da anni, un riconoscimento della solidità che il nostro gruppo ha raggiunto nel tempo”. La storia del “Gruppo Alpin” ha radici profonde, come tutte le grandi storie. Tutto è iniziato nel 1964, quando i fratelli Remo e Roberto Hartmann aprirono in Corso Buonarroti un punto vendita ed assistenza automobilistica. In pochi anni l’azienda crebbe rapidamente, finché nel 1981 entrarono a far parte di questa realtà anche la famiglia
Dallavalle, i fratelli Knycz e Francesco Hartmann. La crescita fu continua e costante, affermandosi sempre più come concessionario Renault, finché nel 1999 non si decise per lo spostamento della sede a Ravina, in uno spazio più grande e più funzionale al volume di lavoro dell’azienda. Nel 2008 la famiglia Dallavalle acquisisce anche le quote di Hartmann Srl dando vita alla struttura attuale del gruppo, ribattezzato poi Alpin. Poi è diventato concessionario unico in regione per il
marchio Renault, prima di accogliere anche Dacia. L’obiettivo del giovane e competente management è, sin dal primo momento, la creazione di una struttura societaria snella ed efficiente, in grado di offrire un’assistenza continua al cliente, dal pre al post vendita. Questo grazie al lavoro del centro assistenza, dove ogni giorno uno staff competente segue interventi, accessori o ricambi. Il Gruppo Alpin si è radicato oggi in tutta la regione, attraverso le proprie due concessionarie ufficiali di Trento, in via Stella a Ravina, ed a Bolzano in via Galvani, mentre sono rivenditori ufficiali dell’azienda il centro Renault Manco di via Santa
Caterina ad Arco e La Motoauto di via Cavour a Rovereto. Ma numerose sono anche le carrozzerie ed officine autorizzate dislocate ad Arco, Rovereto, Tassullo, Spiazzo Rendena, Cavalese, Ronzone, Pergine Valsugana, Avio e Tione in Trentino e Parcines, Bressanone, Brunico, Merano e Cornaiano in Alto Adige. Una copertura su tutto il territorio regionale che permette al Gruppo Alpin di avere una capillare presenza, così da garantire ovunque la massima assistenza ai propri clienti. L’impegno del Gruppo Alpin prosegue all’insegna delle novità, della voglia di fare, della lungimiranza nelle scelte e prospettive di inve■ stimento.
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di Nicola Tomasi
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uesto tracciato costituiva una variante della Via Claudia Augusta già praticata in età romana, detta “Semita Karoli”, alla quale fanno riferimento fonti antiche alto - medievali e medievali. Nel 1494 il pittore tedesco Albrecht Dürer fece il suo primo viaggio in Italia per recarsi a Venezia desideroso di conoscere i segreti del Rinascimento italiano. Giunto ad Egna e dopo aver sostato con ogni probabilità al Klösterle di San Floriano (BZ), causa un’alluvione ben documentata nella piana antistante, dalla piazza di Laghetti dovette deviare il percorso a monte verso i Pochi di Salorno - Buchholz. Superata la forra del rio Lauco, attraversò il ponte detto “romano”, salì fino al passo del Sauch in terra trentina (m. 915), proseguì per il lago Santo (m. 1200) e scese a Cembra. Qui il giovane artista sentì di essere giunto in Italia; difficile credere che gli acquarelli realizzati durante il suo viaggio, così immediati e pieni di luce, siano stati eseguiti più di cinquecento anni fa. Egli dedicò grande attenzione al paesaggio ed al naturalismo in tutta la sua carriera artistica e il viaggio
IL SENTIERO DEL DÜRER DAL KLÖSTERLE DI SAN FLORIANO ALLE PIRAMIDI DI SEGONZANO: LA VALLE DI CEMBRA IN FULL IMMERSION. APPUNTAMENTO DOMENICA 18 MAGGIO in Italia lo rese il più grande pittore del Rinascimento tedesco. I luoghi che il grande pittore attraversò, sono visibili oggi, come allora. L’obiettivo è quello di farne un tracciato percorribile tutto l’anno, con la possibilità di sostare e visitare le eccellenze del territorio. Paesaggio culturale e natura. Ecco quindi, il Sauch, il Lago Santo, i centri storici di Cembra con la chiesa di San Pietro e Faver, l’antica Corvaia, Cantilaga, l’Avisio selvaggio, il Castello e il borgo di Piazzo, la chiesa dell’Immacolata e le Piramidi di Segonzano. Immaginando un trekking di più giorni verranno proposte visite ad Aziende Agricole, viticole e distillerie, produttori tipici, agriturismi e ristoranti tipici. Lo storico sentiero è divi-
so in otto tratte. Lungo circa 40 km è adatto a tutti i buoni camminatori, il fondo è misto, il dislivello totale di circa 1450 m in salita e 850 m in discesa. L’accesso al sentiero è libero e consigliato dalla primavera al tardo autunno, in maniera libera o organizzata. Domenica 18 maggio partirà da Cembra,
ad ore 8.30, la 4a edizione del trekking culturale dedicato ad Albrecht Dürer. L’evento sarà preceduto dall’anteprima “DÜRERWEG, UN VIAGGIO CHE CONTINUA - Nuovi progetti per un antico percorso” in programma a Segonzano, presso il Castello, venerdì 9 maggio. Info: Tel. 0461 683110. ■
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a grappa non è un prodotto che piace al pubblico giovane? Etilometro, nuove abitudini di consumo e il costo importante di una bottiglia di grappa di qualità tengono lontano il mondo dei consumer under 30 dall’unico distillato “made in Italy”? Le abitudini di servizio la limitano spesso al canale dei bar come correttore del caffè? Oppure come fine pasto nei ristoranti di fascia medio-alta e prevalentemente di cucina italiana? L’azienda Bertagnolli proprio non vuole accettare questo scenario nel quale non si identifica; a Vinitaly ha lanciato un messaggio “giovane”, fresco e contemporaneo, complice la presenza di Martina Bosetti figlia di Livia, popolare e dinamica Donna della Grappa, che ha ereditato dalla madre la caparbietà e l’entusiasmo che le contraddistinguono. “Questa visione restrittiva del mondo della grappa proprio non mi piace – afferma Martina – la mia generazione, quella degli under 30, è aperta a conoscere i prodotti di qualità made in Italy; occorre solo togliere la polvere da una modalità di proposta spesso accademica ed iniziare a parlare di noi in modo diverso, fresco, immediato, semplice!”. Martina rappreLivia e Beppe Bertagnolli
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IL MONDO GRAPPA È GIOVANE! LA STORICA AZIENDA TRENTINA HA CONQUISTATO VINITALY 2014 CON UN IMPORTANTE RESTYLING DI TUTTA LA SUA LINEA DI GRAPPE MONOVARIETALI E BARRICATE COME ANCHE DEL POPOLARE GRAPPINO® BIANCO E ORO. ALTRA NOVITÀ, L’ENTRATA IN AZIENDA DI MARTINA, FIGLIA DI LIVIA BERTAGNOLLI, CHE HA CURATO L’INTERO PROGETTO D’IMMAGINE
Martina Bosetti Bertagnolli
senta la quinta generazione dei Bertagnolli, distillatori a Mezzocorona sino dal 1870. La sua prima esperienza di collaborazione con l’azienda di famiglia si è concretizzata con la realizzazione dell’importante restyling di tutte le bottiglie e dell’immagine di marca coordinata. “I giovani vogliono un linguaggio fatto di messaggi semplici che emozionano. La nostra grappa emoziona, perché è buona, perché nasce da materia prima eccellente, vinacce DOC Trentino, distillate da decenni con alambicchi discontinui a bagnomaria alimentati a vapore, decenni di qualità e knowhow che tutti ci riconoscono.
Ma questo non basta!” Dal lavoro dell’agenzia Robilant Associati di Milano nasce una nuova forma vetro che riprende i tratti della bottiglia storica Bertagnolli, a spalla larga, impreziosita da un elegante logo in rilievo, ed una nuova linea etichette per le grappe monovarietali dall’impatto visivo colorato. Etichette fresche e luminose, una tavolozza cromatica, dove ad ogni vitigno sono assegnati un colore e un aggettivo che ne raccontano il carattere. Nuovo restyling anche per Grappino® Bertagnolli nelle versioni Bianco e Oro, best-seller della Distilleria fin dalla sua fondazione nel
lontano 1870, e per “Koralis” celebre riserva di più vitigni, tra i primi esempi di grappa barricata in Italia, prodotta dalla famiglia Bertagnolli già dagli anni ’90. In risposta alle esigenze di un mercato sempre più giovane e curioso, l’introduzione della “trasparenza” a 360°: nel vetro, nel contenuto limpido e brillante ed in retro-etichetta dove compare una mini scheda tecnica, scelta strategica per promuovere un bere consapevole, oltre che responsabile. Bertagnolli, a Vintaly 2014, ha inaugurato anche il nuovo sito web & shop on-line www.bertagnolli.it E per i prossimi mesi? “La nostra comunicazione è solo all’inizio – sostiene Martina – a breve affineremo una strategia di comunicazione sui social, organizzeremo eventi e happening dove divertirsi con il mondo della grappa, per diffondere maggiore cultura sull’unico distillato nazionale, e sperimenteremo -perché no- nuove ricette e cocktail con i nostri prodotti…” Benvenuta Martina! Benvenuto colore della Grappa Bertagnolli! ■
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hi ha più di quarant’anni li ha amati e adorati, ne ha imparato a memoria le canzoni, ha provato almeno una volta ad emulare Peter Gabriel, Phil Collins e soci. Stiamo parlando del grandissimo gruppo inglese dei Genesis. Ebbene, il 25 maggio a Trento sarà possibile ascoltare dal vivo una delle anime di quel gruppo: il chitarrista Steve Hackett (teatro auditorium, ore 21). Dopo i sold out e i successi del 2013, il leggendario chitarrista della band torna con la sua personale rivisitazione del repertorio Genesis con una scaletta ampliata. Hackett iniziò a suonare fin da piccolo; a dodici anni intraprese lo studio della chitarra come autodidatta. Il suo stile fu influenzato dalla musica classica e operistica, ma anche dal blues di artisti britannici come Danny Kirwan, Peter Green e John Mayall & the Bluesbreakers. Negli anni Sessanta iniziò a suonare in gruppi della nascente scena progressive. Nel 1970 pubblicò il primo album (intitolato The Road)
ANIMA “GENESIS” IL 25 MAGGIO, ALL’AUDITORIUM DI TRENTO, ARRIVA IL CHITARRISTA STEVE HACKETT: UN MITO PER CHI HA AMATO I GENESIS. UN CONCERTO DA NON PERDERE
come membro dei Quiet World. In cerca di un nuovo gruppo, Hackett mise un annuncio sulla rivista Melody Maker, presentandosi come un musicista “determinato ad andare oltre le forme musicali stagnanti”. L’annuncio fu letto da Peter Gabriel, che
aveva da poco subito l’abbandono del chitarrista Anthony Phillips. Così Hackett entrò nel gruppo. Lo “Steve Hackett Genesis Extended 2014 World Tour” toccherà, appunto, anche l’Italia in questo maggio 2014, e includerà nella sua selezione, oltre ai
classici, alcune delle gemme del repertorio della band che non avevano potuto essere incluse nel tour precedente. Un entusiasta Steve Hackett spiega che «grazie al successo del Genesis Revisited, nel 2014 stiamo estendendo il tour e il concetto che c’è dietro. Ci proietteremo in un Genesis set completo dei brani preferiti dell’ultimo tour, come The Musical Box, Dancing with the Moonlit Knight e Supper’s Ready insieme ad altri classici dei Genesis, che ci sono stati richiesti ripetutamente e che il pubblico merita di sentire ... Sono davvero ■ entusiasta di tutto.»
VIDEO CONTEST OOM+ (ORA O MAI PIÙ)
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l 22 maggio alle ore 20.30 presso la Sala della Cooperazione (via Segantini, 10) a Trento i ragazzi che da gennaio 2014 hanno aderito al video contest OOM+ (ora o mai più), concorso video a premi realizzato da un’idea delle Casse Rurali Trentine e Fondazione Aida, si ritrovano per la cerimonia di chiusura e premiazione. Il progetto nasce per offrire un’opportunità ai giovani talentuosi e creativi residenti in Provincia di Trento (fascia
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d’età: 11-20 anni). Due le categorie di partecipazione: individuale e classe (quest’ultima dedicata al mondo delle scuole). Tema del contest: la realizzazione di un video su un tema attualmente molto sentito, il futuro. La cerimonia di chiusura offrirà ai ragazzi partecipanti l’occasione di toccare con mano i risultati del proprio percorso. Oltre al montepremi complessivo di 3.000€ da poter utilizzare su un sito di e-commerce, uno dei vincitori avrà anche l’opportunità di vedere il proprio video scelto come spot cinema e web di oom+ delle Casse Rurali Trentine. Ospite della serata: Mattia Lever, direttamente da The Voice of Italy – edizione 2013. Il video contest di oom+ è un’iniziativa di Casse Rurali Trentine in collaborazione con Fondazione AIDA, con il patrocinio della Provincia Autonoma di Trento, del Comune di Trento ed il supporto di Trentino Film Commission.
BORSE DI STUDIO 2014 DELLA FONDAZIONE CASSA RURALE DI TRENTO La Fondazione Cassa Rurale di Trento istituisce 3 borse di studio del valore di 12.000 euro ciascuna, destinate a giovani laureati, residenti nel comune di La domanda di partecipazione è gratuita
IL BANDO SCADE IL 30 GIUGNO 2014
Trento e comuni limitrofi, per progetti di studio o perfezionamento di alto livello presso Università o Istituzioni italiane o estere. Il bando prevede l’assegnazione di una borsa per ciascuna area tematica: economico-giuridica, tecnico-scientifica, umanistico-artistica.
Info e modalità di partecipazione Fondazione Cassa Rurale di Trento 38122 Trento, Via Belenzani 6 Tel 0461 206271 | 206257 www.fondazionecrtrento.it
Palma & Associati
IL TUO SOGNO DIVENTA REALTÀ
di Nicola Tomasi
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l 26 aprile è stata inaugurata la 22ma edizione dell’ormai storico appuntamento con la scultura contemporanea di grandi dimensioni nel suggestivo scenario di Castel Pergine in Valsugana, sede che negli anni passati ha visto nomi di grande pregio quali Plessi, Toni Benetton, Scarabelli, Celiberti, Licata, Lorenzetti, Staccioli, Somaini, Castagna, Habicher, Piera Legnaghi, Annamaria Gelmi, Abate, Santorossi, Zavagno, Mirta Carroli, Pompili, Ciussi, Cordero e Klaus Prior. L’esposizione di quest’anno, che come di consueto si può visitare per quasi sette mesi, vedrà protagonista l’artista svizzero Paolo Bellini che porterà, oltre ad alcuni dipinti numerose opere in ferro. Basandosi su una lunga tradizione realizza sculture inconfondibili. Le sue opere, oscillanti intorno alla linea sottile che separa il gioco libero delle forme dalla rappresentazione concreta, invitano il pubblico alla lettura delle loro allusioni tematiche, della loro ricchezza formale e della varietà dei loro esiti. L’approccio di Bellini al ferro è nonchalant. Per lui, la perfezione artigianale è un impedimento: ciò che conta nella realizzazione di un’opera è solo progredire in fretta e liberamente,
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FORME IN FERRO AL CASTELLO LA MOSTRA DI PAOLO BELLINI A CASTEL PERGINE. UN ARTISTA IN GRADO DI CONFERIRE AGLI ASSEMBLAGGI UNA CORPOREITÀ QUASI ORGANICA cosicché saldature e spigoli di taglio non vengono abbelliti. Il Bellini che scolpisce il ferro resta sempre anche un pittore, che si lascia guidare dalla forma: se quest’ultima può divenire chiarita e intensificata dal colore, lui prende il pennello e dipinge la scultura. Il colore contribuendo alla vivificazione della struttura in ferro, conferisce agli assemblaggi barocco-dinamici una corporeità organica. L’esposizione “Forme in ferro forgiate da Paolo Bellini” è patrocinata dal Comune di Per-
gine Valsugana. Viene finanziata dalla gestione privata del Castello e dai contributi degli enti pubblici. Documentata da un catalogo bilingue (italiano – tedesco) verrà allestita negli spazi aperti tra le cinta murarie e nei saloni del Castello, che è dotato di un albergo e di un raffinato ristorante. La mostra si potrà visitare tutti i giorni con ingresso libero fino al 2 novembre (il lunedì solo dalle 17 alle 22). Paolo Bellini nasce nel 1941 a Mendrisio in Svizzera. A partire dal 1958 impara a conoscere le varie tecniche della fusione dei metalli e ha l’opportunità di avvicinare artisti del calibro di Jean Arp, Remo Rossi, Emilio Stanzani, Olivier Strebelle e Lynn Chatwick. Di conseguenza matura la decisione di iscriversi all’Accademia di Brera dov’è allievo di Marino Marini. Dopo una serie di viaggi di studio attraverso l’Europa decide di aprire un proprio atelier in Ticino già a metà degli anni Sessanta. Nel 1976 e nel 1981 ha l’occasione di
incontrare lo scultore inglese Henry Moore, che diventa un costante punto di riferimento per la sua opera. Paolo Bellini si cimenta con diversi materiali: bronzo, laminati di recupero, alluminio e ferro, che a partire dal 1987 costituisce la sua materia di studio e lavoro privilegiata. Dopo aver vinto tre importanti concorsi espone regolarmente e con successo in Svizzera e all’estero. Le sue opere fanno parte di collezioni svizzere e internazionali. Dal 1990 al 1995 è membro della Commissione Federale di Belle Arti. Tutt’ora vive e lavora vicino a Mendrisio. Risiede a Rancate e il suo atelier si trova a Tremona. ■
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Menu di maggio:
uca Carboni – dopo il grande successo di pubblico e di critica dell’anteprima live del 20 dicembre al Paladozza di Bologna – sarà di nuovo in tour nei più importanti teatri italiani. Questa volta toccherà anche Trento (teatro Auditorium, 15 maggio, ore 21). Per tutti quelli che dagli anni ‘80 seguono Luca Carboni, FISICO&POLITICO TOUR sarà un appuntamento da non perdere. In scaletta le hit della sua carriera, da Inno Nazionale a Persone silenziose, da Ci vuole un fisico bestiale a Mare Mare, canzoni per raccontare in modo aperto questi magici trent’anni di musica con lo sguardo rivolto sempre verso il futuro. Non mancherà Fisico&Politico, il brano che ha dato il titolo al nuovo disco a cui hanno partecipato Tiziano Ferro, Elisa, Jovanotti, Alice, Miguel Bosè, Franco Battiato, Biagio Antonacci, Cesare Cremonini, Samuele Bersani. Tutti gli artisti hanno scelto spontaneamente il brano da cantare, quello a cui erano più legati secondo il proprio vissuto e la propria
FISICO & POLITICO IL SUO TOUR TOCCHERÀ ANCHE TRENTO (TEATRO AUDITORIUM, 15 MAGGIO, ORE 21). PER TUTTI QUELLI CHE DAGLI ANNI ‘80 SEGUONO LUCA CARBONI, UNA SERATA MAGICA A CUI NON SI PUÒ MANCARE sensibilità. L’album è diventato, così, un inedito e originale percorso sentimentale nella musica di Luca Carboni, protagonista da trent’anni della scena italiana. In ogni sua data sarà accompagnato da una super band che vede Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Vince Pastano alle chitarre, Fulvio Ferrari alle tastiere. Luca Carboni, a 14 anni, fonda i Teobaldi Rock insieme a Andrea Bellodi, Giovanni Cannamela, Antonello Giorgi, Nicola Lenzi e Marco Toschi. Carboni ha il ruolo di chitarrista e compositore. Antonello Giorgi e Nicola Lenzi collaboreranno negli anni successivi con il cantautore bolognese. Le prime
Variazione di pesce di lago marinato con riso venere e rafano *** Gnocchi di patate rosolati con crema di broccoli, lingua e rapa rossa
prove del gruppo avvengono nella parrocchia. Con questo gruppo si esibirà in molti concerti negli anni fino al 1980, inserendosi nel fermento culturale che animò Bologna negli anni del punk e della new wave. Nel 1980 i Teobaldi Rock par-
tecipano alla manifestazione Bologna rock 80 e nel 1981 pubblicano il loro primo ed unico 45 giri che contiene i testi L.N. e Odore d’inverno. Il singolo viene pubblicato dalla Bazar (etichetta discografica di Reggio Emilia) e distribuito a livello locale. Il gruppo però si scioglie subito dopo. La qualità sonora del 45 giri non è delle migliori ed oggi è molto raro. Carboni non abbandona la sua passione musicale e cerca nuove strade. L’occasione arriva dagli Stadio, che leggono un suo testo e gli propongono di scrivere un pezzo per il loro primo album. Siamo nel 1982: Carboni scrive Navigando controvento, che sarà pubblicato nell’album Stadio. ■
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di Nicola Tomasi
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l progetto “Futuro Antico” è nato alcuni anni fa dalla volontà di Angelo Branduardi di intraprendere una ricerca filologicomusicale diretta al recupero e all’esecuzione di brani tematici del passato di un determinato territorio. La collana conta, ad oggi, otto titoli realizzati, l’ultimo dei quali, Futuro Antico Trentino- Musica alla Corte dei Principi Vescovi, vede la collaborazione del Maestro Armando Franceschini ed é distribuito a cura della EmiUniversal. Angelo Branduardi si esibirà il 29 Maggio prossimo, all’Auditorium Santa Chiara di Trento (ore 21), accompagnato dall’Ensemble “Scintille di musica” diretto da Francesca Torelli, ripercorrendo tutto il repertorio di Futuro Antico, a partire dalle musiche dei Codici Trentini. Aprirà il concerto il gruppo Feininger. Angelo Branduardi nasce a Cuggiono, un piccolo comune alle porte di Milano, il 12 febbraio 1950, nella casa co-
ALLA CORTE DEI PRINCIPI VESCOVI ANGELO BRANDUARDI SI ESIBIRÀ IL 29 MAGGIO PROSSIMO, A TRENTO, CON L’ENSEMBLE “SCINTILLE DI MUSICA” DIRETTO DA FRANCESCA TORELLI lonica della nonna materna. All’età di tre mesi si trasferisce, al seguito della famiglia, nel capoluogo ligure. Volendo intraprendere una carriera concertistica, si dedica allo studio del violino, diplomandosi al Conservatorio di Genova all’età di soli 16 anni (uno tra i più giovani diplomati al conservatorio d’Italia), in seguito impara a suonare la chitarra e a comporre le prime canzoni, ispirandosi a testi di poeti come Sergej Esenin, Dante, e al suo maestro Franco Fortini, a cui dedicherà, in occasione della sua scomparsa, la titletrack dell’album Domenica e
lunedì. Proprio sulle parole di una poesia di Esenin compone uno dei suoi brani più celebri, Confessioni di un malandrino (1975).
Intanto si diploma all’Istituto Tecnico per il Turismo e nello stesso periodo incontra Luisa Zappa, che sposerà e che è tuttora sua moglie e compagna d’arte, scrittrice di quasi tutti i suoi testi. Branduardi è fautore di una riscoperta del patrimonio musicale antico non solo nazionale ma anche europeo (come dimostrano d’altronde Futuro antico I, II, III, IV, V e VI) e per questo è stato, ed è tuttora molto apprezzato in Germania (dove ha portato in tour La Lauda di Francesco), Francia, Belgio, Olanda, Svizzera e altri paesi europei ed extraeuropei. ■
NOEMI PORTA IL “MADE IN LONDON TOUR” A TRENTO
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l “MADE IN LONDON TOUR” di Noemi è una produzione Massimo Levantini per Live Nation. Uscito il 20 febbraio, “Made in London”, il nuovo album di Noemi contenente i due brani presentati al 64° Festival di Sanremo “Bagnati dal sole” e “Un uomo è un albero”. Noemi torna a Trento (Auditorium, 8 maggio, ore 21) con una nuova maturità artistica e personale sviluppata grazie ad esperienze professionali e non, che le hanno aperto orizzonti diversi. Questo album, come annunciato dal titolo, nasce e si è sviluppa a Londra e vede un grandissimo impegno personale sia dal punto di vista autorale che produttivo, infatti la produzione artistica è curata da lei stessa. “Made in London” vanta inoltre grandissime collaborazioni con autori come Paul Statham, Poul O’ Duffy e Shelly Poole e con produttori inglesi tra cui Steve Brown – appena nominato per i Britt Award come miglior album di quest’anno di Laura Mvula – e gli Electric.
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Noemi, nome d’arte di Veronica Scopelliti (Roma, 25 gennaio 1982), è una cantautrice, personaggio televisivo, sceneggiatrice e regista di videoclip italiana. È divenuta nota nel 2009 in seguito alla partecipazione alla seconda edizione di X Factor, firmando un contratto con l’etichetta discografica Sony Music. Ha partecipato a tre Festival di Sanremo nel 2010, nel 2012 e nel 2014 ottenendo nel corso degli anni 26 riconoscimenti tra vittorie e candidature.
Gli Artisti di SpazioEventArt
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er Claudio Cavalieri sono questi anni importanti, nella piena maturità artistica, ottenendo molti e lusinghieri riconoscimenti fuori provincia; la sua strada è il Veneto, come è stato per tanti artisti trentini dell’900. L’anno scorso è a stato inserito nel gruppo Materia Prima di Venezia e ha esposto agli spazi di Forte Marghera, come manifestazione collaterale alla Biennale. A gennaio 2014 ha fatto una trasferta in Romania con mostre i quattro spazi istituzionali. Poi, sempre con Materia Prima, ha esposto al Museo del Vetro di Montegrotto Terme. A fine 2013, prima una collettiva presso la WeaArtgallery di UboldoSaronno e a dicembre presso la galleria Maison d’Art di Padova con artisti dello SpazioEventArt di Pergine, di cui è il coordinatore artistico. Attualmente ha appena terminato una frequentata e apprezzata personale con una ventina di opere degli ultimi anni. Con le sue opere intrise di Natura e di ricordi, a Palazzo Zacco a Padova, presentato da Carla d’Aquino, con il patrocinio dell’Archivio Monografico di Milano e del Comune di Padova. È stato inserito della manifestazione Triveneta delle arti, manifestazione storica da cui sono passati molti artisti trentini che hanno fatto la storia dell’arte di questa provincia. A maggio sarà inserito nella prima biennale d’arte di Padova, nelle sale della Scuola della Carità e a giugno sarà a Venezia, sempre presentato da Carla d’Aquino e in collaborazione con l’Archivio Monografico di Milano. Inoltre, sempre a maggio, sarà presente in due mostre: a Jesi (Ancona) e a Pisa, in un’esposizione dedicata alla materia. È sempre molto intensa la sua attività di operatore culturale presso lo SpazioEventArt a Pergine.
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laudia Bertera ha esposto le sue opere a palazzo Maffei, a Lavis, in una bella mostra sintesi dei suo percorso artistico, molto interessante. Le ultime sue opere sulle tonalità a contrasto bianco e nero o sui grigi sono state apprezzate dal pubblico presente all’inaugurazione. Claudia nasce – come si definisce lei stessa in un suo catalogo – convinta autodidatta; dopo aver smesso di lavorare, l’arte è diventata un elemento importante della sua vita. In pochi anni ha raggiunto già un percorso artistico espressivo sicuro. Fondamentali sono state le sue mostre fuori provincia a Venezia, Bologna, Roma, Padova, Firenze e Stoccarda e l’entrare in contatto con altre realtà artistiche. Molto ha contato pure il partecipare alle mostre realizzate in sede e fuori provincia dallo SpazioEventArt di Pergine, fucina di idee a 360°. Le opere di Claudia si rifanno all’astratto materico e polimaterico; spesso inserisce elementi tridimensionali, specialmente nei suoi ultimi lavori. È stata presentata dal presidente dello SpazioEventArt di Pergine, Claudio Cavalieri, e da Marisa Fontanesi, la socia “over junior” del centro culturale ed una delle artiste più “anziane” del mondo artistico provinciale e dall’assessore alla Cultura del Comune di Lavis, Germana Comunello.
Info: Claudio 347.4005481 Claudia 338.8367766
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avvento delle Convenzioni Odontoiatriche con molti enti, associazioni e circoli trentini – sempre più numerosi – ha portato, per tutti i loro associati, una nuova speranza nel mondo Odontoiatrico Trentino. Sono fondamentali questo cambiamento e questa nuova opportunità per le cure odontoiatriche per dare una seria opportunità, una vera e propria seconda possibilità, per riportare i trentini finalmente a curarsi di nuovo negli studi Odontoiatrici regionali. Non importa se solo per una visita di controllo, o per una detartrasi, pulizia dentale, o per altre cure: l’importante è non sprecare questa nuova opportunità. Fondamentale è riuscire a cambiare l’inesorabile statistica secondo la quale in Italia stiamo raggiungendo la ragguardevole percentuale del 50% di popolazione che non è curata affatto. Soprattutto perché non ce la fa economicamente. In Trentino, dunque, grazie alle novità di cui sopra abbiamo la possibilità di frenare questo andamento, e di farlo con i fatti e non a parole. Come medico e come uomo sono molto meno sognatore rispetto ad una volta, ma sono sicuro che questi progetti già attivi sul nostro territorio possano dare quell’aiuto sperato che mancava, viste le difficoltà oggettive della situazione e visto la scarsità
CURARSI BENE PER VIVERE MEGLIO ALLO STUDIO BAIARDO L’OPPORTUNITÀ DI UNA CURA CERTIFICATA, A KM ZERO, PER POTER MIGLIORARE LA QUALITÀ DELLA PROPRIA VITA di iniziative provinciali, statali e delle associazioni di categoria. Ritengo fondamentale che la gente capisca le potenzialità per mettere in campo questi progetti che risultano “poco capibili”, di certo non allineati rispetto all’ideologia e alla cultura dominante”. Ma bisogna cambiare! La crisi economica ha sconvolto tante cose, anche il mondo Odontoiatrico. Bisogna ora ripartire comprendendo la congiuntura e progettando il futuro in altra maniera, con più equità, cercando anche di recuperare quel rapporto fiduciario tra medico e paziente che molte volte è risultato troppo traballante ed imbarazzante. Il turismo odontoiatrico estero ha tratto linfa proprio dalla nostra crisi. Non mi interessa giudicare il lavoro svolto da altri in terra straniera, ma è da certi errori e mancanze che voglio ripartire. È mia intenzione far
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Il Dr. Giovanni Baiardo
comprendere molto bene ai pazienti del mio studio le novità offerte e il vero significato della mia proposta. È mio fermo proposito riuscire a creare un rapporto unico, pregno di umanità. Con una comunicazione più diretta, decisa e trasparente per tutto il mio operato: analisi dei costi, costo orario della struttura-ambulatorio, costo del manufatto protesico, costo dei materiali, costo finale per il paziente. Solo così potremo veramente aiutare il paziente nella comprensione del valore della nostra prestazione, e finalmente potremo dare più cultura e informazione, e fare molta più chiarezza sulla vera natura dei costi odontoiatrici. Tutto questo lavoro e questi sforzi di cambiamento – non casuali ma ricercati e molto impegnativi per noi tutti – aiuteranno a capire come siamo riusciti a organizzarci
per proporre il nostro servizio, le nostre convenzioni, i materiali usati, la filiera trentina su cui si basa il mio operato. Nel “mio” laboratorio trentino (”mio”, ma soprattutto dei miei pazienti) il paziente diventa realmente il centro del processo decisionale per le cure che lo riguardano. La novità principale sarà in definitiva far comprendere ai nostri pazienti l’importanza della nostra prestazione in prospettiva di un miglioramento della loro qualità della vita. Il paziente diventa così molto più attivo nel processo decisionale per la sua terapia. Quanto sopra descritto e molto altro ancora è quello che mi pongo come traguardo per la mia persona e per la mia attività medica e ■ professionale.
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di Nicola Tomasi
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a Biblioteca Civica di Rovereto propone – dal 5 al 30 maggio prossimi – una prima esposizione di “Arte timbrica” con opere su carta. In un pensiero di T.S. Eliot si potrebbe inscrivere il significato di questo evento: “Tutto lo scopo del nostro viaggio sarà di ritornare al luogo da cui siamo partiti e rivederlo con occhi nuovi”. Quest’esposizione, che vuole essere la prima di una serie anche a livello internazionale, ha come proposito di creare un percorso basato sul dialogo di artisti che operano tramite un medium non mai evidenziato in questo modo. Partecipano alla stessa artisti emergenti e artisti di chiara fama, anche a livello internazionale. Questa esposizione è la prima a livello pubblico e le opere sono accomunate, oltre che dalla tecnica, dal supporto cartaceo, sia
ARTE TIMBRICA BIBLIOTECA CIVICA E ARCHIVI STORICI ROVERETO DI ROVERETO. PRIMA ESPOSIZIONE DI OPERE SU CARTA, DAL 5 AL 30 MAGGIO carta che cartoncino di diversi spessori, grammature e trame. La carta non solo è totalmente partecipe di una biblioteca, ma è anche alla base, nel mondo dell’arte, di tutte le opere che vengono poi eseguite su superfici e materiali diversi. Naturalmente un dipinto di Turner o di Nolde sono esattamente all’incontrario di questa affermazione. In linea di massima un’architettura, un dipinto,
un’installazione e così via nascono da un primo segno grafico. Per l’arte timbrica il segno è essenziale in quanto ogni artista, inventando una propria matrice timbrica, costruisce un proprio stilema, che può essere usato più volte, ma per via della manualità che lo contraddistingue nessuna volta allo stesso modo. Questa unicità è anche il valore dell’opera alla quale poi, come si vedrà
dalle opere esposte, concorrono molte altre componenti quali il colore, la forma di partenza e in breve la personalità dell’artista data da un soggetto o meno. Artisti partecipanti: Silvio Cattani, Sergio Dangelo, Annamaria Gelmi, Rudolf Haas, Lome, Shuhei Matsuyama, Aldo Pancheri, Lucia Pescador, Paolo Tomio, Silvia Turri, Walter Valentini, Paola Zimmitti. ■
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Il “Città” alla vigilia della Grande Guerra
di Ettore Frangipane
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ell’hotel “Città” di Bolzano, che ha compiuto i cento anni, rivive una bella fetta di Asburgo. E – visto che si parla di fette – merita un cenno la “Sachertorte”, la torta Sacher, considerando che il “Città” ospita l’unico posto, fuori dall’Austria, in cui si possa acquistare questo prodotto nella sua confezione originale. Ma procediamo con ordine: l’hotel anzitutto, nato nel Settecento come sede degli uffici della curia arcivescovile di Trento (la diocesi del principe vescovo trentina comprendeva anche Bolzano). L’edificio, allora su due piani, fu secolarizzato dall’imperatore Giuseppe II (1745/1806), figlio di Maria Teresa, che giudicò esorbitanti anche a Bolzano le proprietà della Chiesa, e le confiscò in buona parte (ac98
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L’HOTEL “CITTÀ” DI BOLZANO FU SEDE AMMINISTRATIVA DELLA CURIA ARCIVESCOVILE DI TRENTO, POI SCUOLA COMUNALE FEMMINILE, UN SECOLO FA CREBBE DI UN PIANO E DIVENNE HOTEL DI PRESTIGIO. VI SI PUÒ ACQUISTARE LA “SACHERTORTE” ORIGINALE, UNICO SHOP FUORI DALL’AUSTRIA cadde la stessa cosa per il convento di PP.Domenicani, trasformato in caserma, oggi Conservatorio musicale). L’edificio passò così di proprietà al Comune di Bolzano, che ne fece una scuola. Ospitò la “Mädchenschule”, ossia la scuola femminile, ma anche il magazzino dei pompieri. La ”Mädchenschule”, più nota come “Töchterschule”, era l’unico istituto medio-superiore per ragazze a sud delle Alpi: nel 1913/1914 in tutta la Monarchia ne esistevano altri due similari solo in Boemia e Slesia, rispettivamente con 40 e 36 allieve, mentre la scuola bolzanina
ne ospitava 38. Per affrontare gli esami di maturità le poche bolzanine dovevano trasferirsi ad Innsbruck e Graz. Poi il Comune trasferì la scuola in un nuovo edificio antistante il ginnasio dei PP.Francescani (esiste tuttora: la “Goetheschule”) e decise di fare dell’edificio un prestigioso albergo. Fu incaricato del progetto lo studio dei fratelli Ludwig di Monaco, già progettisti dell’hotel “Laurin” (1910), che potenziarono la ricettività dell’edificio portandolo da due a tre piani. Nell’aprile del 1913 il nuovo hotel apparve in tutta la sua ridondante imponenza.
La signora Elisabeth Gürtler, proprietaria di ”Sacher”
trentinoaltoadige Il giorno in cui il vicino cinematografo “Weltbiograph”, in via della Mostra (allora Erzherzog-Rainer-straße), proiettava il kolossal “Quo Vadis?”, il ”Tiroler” scrisse: “Il salotto buono di Bolzano si adorna di una nuova elegante costruzione, di un prezioso prodotto dell’architettura locale, della testimonianza esemplare delle nostre capacità imprenditoriali”. Scrisse: “La facciata con i suoi balconcini è bene articolata ed esibisce tutti gli elementi del barocco atesino, bello e semplice”. Caffè al piano terra, “94 camere ariose ed illuminate, in parte collegate tra di loro, tutte dotate dei conforti più moderni”. E poi: “Le pareti, alte fino a 3 metri, sono coperte di marmo giallo veronese, e le porte sono di marmo grigio di Salisburgo”. E inoltre: “L’edificio è costruito egregiamente, e la stessa sua collocazione non potrebbe essere migliore: davanti alle sue finestre si estende piazza Walther, si staglia il duomo con la sua torre traforata, e sullo sfondo si vedono le pendici boscose del Colle e del Virgolo”. Da allora lo “Stadthotel” – questo il suo nome in epoca asburgica – chiude dignitosamente parte del lato nord di piazza Walther, e ai tavolini del suo bar s’affollano bolzanini e turisti,
Il gestore Francesco D’Onofrio e sua moglie Hannelore
a godersi il sole. Una curiosità: il bar in epoca fascista fu denominato “Caffè Grand’Italia”, ma la “Sachertorte” originale vi apparve solo dieci anni fa. E, visto che ci siamo, per dare un po’ più di sapore a questo apprezzatissimo dolce, ne raccontiamo la fortuna. Fu inventato dal giovane pasticcere Franz Sacher, che lavorava alle dipendenze del principe von Metternich (1773/1859) e si mise poi in proprio. Si narra che la fortuna di Sacher fosse dovuta alla frugalità di Francesco Giuseppe, che mangiava poco e rapidamente. I suoi commensali pertanto si alzavano da tavola spesso ancora di buon
appetito, e così si recavano “da Sacher”, lì vicino, per un ultimo boccone. Oggi il prodotto originale lo si può acquistare solo negli ”Hotel Sacher” di Vienna e Salisburgo, nei “Cafè Sacher” di Innsbruck e Graz, all’aeroporto di Vienna e, per l’appunto, a Bolzano. Torniamo ora all’hotel. Durante la seconda guerra mondiale il “Città” non fu risparmiato dalle bombe, che devastarono piazza Walther (allora era dedicata a Vittorio Emanuele III) e che lo danneggiarono il 29 marzo e il 13 maggio del 1944. Da tener presente che dopo i primi bombardamenti il gestore di
allora aveva trasferito a Merano ed Appiano l’arredamento di maggior pregio. Nel dopoguerra il “Città”, in assenza di altre strutture disponibili (anche il teatro era stato distrutto), ospitò perfino recite del “Carrozzone” di Fantasio Piccoli, futuro Teatro Stabile di Bolzano. Quest’anno, per ricordare i cento anni del “Città”, il gestore Francesco D’Onofrio e sua moglie Hannelore danno vita ad una una serie di iniziative che si rivolgeranno non solo ai clienti, ma anche alla cittadinanza, come la redazione di un notiziario (in Jugendstil, un “amarcord” in più) affidato al regista Manfred Schweigkofler, conferenze del giornalista Ettore Frangipane sulla Bolzano del passato, una mostra ed altro ancora. Alla base di tutto, l’entusiasmo di D’Onofrio, che dopo esperienze in Germania e Gran Bretagna, come direttore anche in Sicilia, Gargano, Costiera Amalfitana, ha assunto nel 1980 la gestione diretta dell’hotel “Alpi”, poi dismesso dalla proprietà (una ceramica di Lucio Fontana che si trovava nell’atrio è stata battuta da Christie’s). Dal 2001 D’Onofrio gestisce il “Città”, che continua a permanere nella proprietà del Comune di Bolzano, e che ha voluto restituire al fasto di cent’anni fa... ■
Il “Città” nell’Ottocento, quando era una scuola femminile 99
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TRA FONTI, SORGENTI, E ACQUE FLUVIALI...
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er le regioni alpine l’acqua non è una rarità. Non c’è bisogno di Inanna, la dea della fertilità mesopotamica, la quale fece zampillare una
sorgente d’acqua che trasformò la terra riarsa in un paese fertile. Laghi, torrenti, sorgenti s’incontrano continuamente. L’acqua, da tempi immemorabili, per le sue qualità materne rappresentante l’elemento nutritivo e generante, è sempre stata oggetto di culto. In quanto “latte” della terra diviene fonte di vita e il binomio acqua-fertilità, acqua-vita ha portato alle sue applicazioni terapeutiche fin dalle origini della vita dell’uomo. Le eredi di questo culto acqueo sono le terme, le quali traggono origine dai poteri curativi delle fonti, sorgenti, acque fluviali, anche se bisognerà aspettare la cultura greca dell’età minoico-micenea per vedere la costruzione di appositi ambienti per il bagno. Resi altamente funzionali in età romana, con la nascita di una specifica architettura, che rispettava gli elementi fondamentali ispirati dal principio terapeutico, derivato da Galeno del bagno di sudore completato con massaggi e seguito da lavacri caldi e freddi. All’occasione venivano utilizzate le acque a seconda della loro composizione
PREMIATA ANNAMARIA ROSSI ZEN
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rande successo nella Sala Falconetto di Palazzo Geremia a Trento nella manifestazione organizzata dalla Pro Cultura in onore della pittrice Annamaria Rossi Zen: oltre 150 persone hanno presenziato alla ricca serata condotta da Renzo Carrozzini,vicepresidente della Pro Cultura. Si è iniziato con l’applaudita esibizione del Freedom Gospel Choir diretto dal maestro Angelo Bassetti. Poi l’intervento di Renzo Francescotti, che ha tracciato il cinquantennale profilo biografico-artistico di questa artista che è nata ad Adria ma da quando aveva unici anni risiede a Trento, innamorata del paesaggio trentino che per anni ha dipinto con piglio impressionistico lavorando en plein air. Successivamente la pittura in studio in cui Annamaria rievoca a memoria i paesaggi del Polesine, i canali, i grandi campi di papaveri. Poi, nei primi anni ’90 le facciate delle case che progressivamente occupano tutta la tela arrivando sino alle soglie dell’astrazione. In seguito il ritorno a una pittura figurativa ma nutrita di linfa e umori nuovi, all’insegna di un uno splendido colorismo di matrice veneta. Negli ultimi quindici anni questa pittrice dall’anima veneto-trentina (di certo uno dei più significativi artisti trentini) ha esposto in Austria, Germania, Belgio, Irlanda raggiungendo ampi consensi. A felicitarsi con lei sono intervenuti l’assessore comunale Paolo Castelli e la consigliera provinciale Lucia Maestri. Ha concluso la serata la consegna delle prestigiosa “Targa della Pro Cultura” che in quasi trent’anni ha insignito quasi tutti i maggiori artisti trentini.
chimica. Ci sono le acque saline o alcaline, prescritte
per le flussioni di capo e petto l’idropsia, i temperamenti pituitosi; le albuminose, per emorroidi, flussi mestruali abbondanti, sputo sanguigno, vomito; bituminose, buone per ammorbidire l’utero, la vescica e l’intestino; solforose per contratture, nevralgie e nevriti; ferruginose, curative delle malattie dell’orifizio dello stomaco e della milza. Ai Schgumser Höfe, a Lasa, Val Venosta, ci si curava fin dall’epoca romana, i reti apprezzavano invece le acque color rosso sangue di Peio, in val di Sole, protette a monte dalle coppelle di Malga Saline a 2088 m. Infine vetrioli che, da cui deriva il toponimo Vetriolo, sul Monte Panarotta, Valsugana, un tempo importante centro termale ora trasferito nella sottostante città di Levico. Ed è proprio 100
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trentinomostre attorno ai bagni di Vetriolo e di Levico che si è allestita a Levico, presso Villa Paradiso, nel Parco delle Terme degli Asburgo, la mostra Forte,
pura, salubre acqua. Mostra sul turismo termale nell’arco alpino. Levico tra XIX e XX secolo. Le fonti di acqua minerale hanno costituito e
continuano a rappresentare un’importante risorsa naturale del territorio alpino. oltre all’imbottigliamento e alla commercializzazione delle acque, numerose località hanno conosciuto una significativa e radicale trasformazione urbanistica, socio-economica e socio-culturale per effetto del costante incremento del flusso turistico attratto dall’efficacia delle cure idroponiche e dalla salubrità dei luoghi. L’abitato di Levico terme si è mutato da borgo a vocazione fondamentalmente rurale a vero e proprio centro urbano sul modello di altre famose stazioni termali mitteleuropee quali Bad Gastein, Ischl, Franzensbad, Marienbad. La mostra Forte pura salubre acqua intende
BORGO VALSUGANA Mostre LUCI ED OMBRE DEL LEGNO – UNA MOSTRA CHE VIAGGIA Apertura: da sabato 19 aprile a domenica 11 maggio. Spazio Erika Klien. Opere di Ionel Alexandrescu, Gianluigi Zeni, Marco Martello, con la partecipazione di Antonio Ruben da Cudan. Info: APT Valsugana, ufficio di Borgo Valsugana Tel. 0461.727740.
CANALE DI TENNO Mostre GIANNI LONGINOTTI (1927-2007) -TRA FASCINO BORGHESE E PROTESTA LIBERTARIA Apertura: fino a domenica 18 maggio. Casa degli artisti G. Vittone. A ricordo del pittore di Canale, per lungo tempo tra i protagonisti della vita culturale del borgo. Ingresso gratuito. Orario: ore 10.0012.00/14.00-18.00.
illustrare questo passaggio, soffermandosi soprattutto sul periodo compreso fra gli anni settanta dell’ottocento e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Pensiamo che soltanto nel 1929 venivano
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annoverati in Sudtirolo ben 85 luoghi termali. Molti di questi Bagni sono caduti in disuso, altri sono in piena attività. In Trentino 11 sono i Bagni che operano a tutt’oggi, retaggio di ben più ricche presenze sul territorio, tra cui si annovera questa di Vetriolo e di Levico in Valsugana. Dietro le facciate dei bagni si nasconde un vivissimo mondo di storie e leggende, di riti e credenze. In questi luoghi, ricchi di magia e un tempo circondati da un alone di mistero, ci si è curati e ci si cura con quello che Pindaro definiva il meglio di tutto, l’acqua. Per approfondire questo interessante tema, soprattutto per i suoi risvolti antropologici in Trentino e Sudtirolo, consigliamo la lettura di due libri di Fiorenzo Degasperi pubblicati da Curcu&Genovese: Il
culto delle acque. Sorgenti, laghi, fiumi e acque termali e Aqua.
Sorgenti laghi e fiumi trentini e del nord-est. La mostra chiude il 28 settembre. Orari: da martedì a venerdì 14.00-19.00; sabato, domenica e Festività 10.0013.00/14.00-19.00; martedì e giovedì mattino 10.00-13.00; chiuso il lunedì, il 1maggio. Ingresso gratuito.
ito e continuano a rappresentare un’importante risorsa naturale del territorio alpino. Oltre all’imbottigliamento e alla commercializzazione delle acque, numerose località hanno conosciuto una significativa e radicale trasformazione urbanistica, socio-economica e socio-culturale per effetto del costante incremento del flusso turistico attratto dall’efficacia delle cure idroponiche e dalla salubrità dei luoghi. È quanto accaduto anche in Trentino, dove, ad esempio, l’abitato di Levico Terme si è mutato da borgo a vocazione fondamentalmente rurale a vero e proprio centro urbano sul modello di altre famose stazioni termali mitteleuropee quali Bad Gastein, Ischl, Franzensbad, Marienbad. La mostra Forte pura salubre acqua intende illustrare questo passaggio, soffermandosi soprattutto sul periodo compreso fra gli anni settanta dell’Ottocento e lo scoppio della prima guerra mondiale. Orario: Da martedì a venerdì ore 14-19; martedì e giovedì anche ore 10-13; sabato, domenica e festività ore 10-13/14-19. Chiuso il lunedì (escluso il 1° maggio e il 15 agosto 2014). Ingresso libero. Info: Biblioteca comunale di Levico Terme Tel. 0461.710206; levico@ biblio.infotn.it.
CLES Mostre BENVENUTI AL MONDO Apertura: da sabato 29 marzo a domenica 18 maggio. Palazzo Assessorile. La mostra è articolata in due sezioni che occupano le sale affrescate dei quattro piani del palazo. La prima sezione, dal ditolo. “Innocenza di sguardi. Maternità e infanzia nelle collezioni del Mart” a cura di Daniela Ferrari, presenta trenta opere di pittura e scultura dedicate al tema dell’infanzia e della maternità. La seconda sezione, dal titolo “Per cullare un’idea. Incontro tra architetti ed artigiani”, a cura di Pier Dal Ri, mette in esposizione 22 culle disegnate da architetti e realizzate dai migliori artigiani utilizzando il legno dei boschi del Trentino. Orario: 10-12/15-18. Chiuso il lunedì. Aperto lunedì 21 aprile.
LEVICO TERME Mostre FORTE PURA SALUBRE ACQUA: MOSTRA SUL TURISMO TERMALE NELL’ARCO ALPINO: LEVICO TRA XIX E XX SECOLO Apertura: fino a domenica 28 settembre 2014. Villa Paradiso. Le fonti di acqua minerale hanno costitu-
Fiere MEZZOCORONA EXPO Apertura: da venerdì 23 a domenica 25 maggio. Cantine Rotari. 17a rassegna di attività economiche ed artigiane. Ingresso libero. Organizza: Operatori Economici e Artigiani Mezzocorona. Info: www. mezzocoronaexpo.com.
PERGINE VALSUGANA Mostre FORME IN FERRO FORGIATE DA PAOLO BELLINI Apertura: da sabato 26 aprile a domenica 2 novembre. Castel Pergine. Più di trenta opere dell’artista lungo un percorso tra le due cinta murarie, nel giardino interno, nella sala d’entrata, nella Cantina Rosa, nella Prigione della Goccia e nella Sala del Trono. Inoltre alcuni dipinti si trovano nella sala da pranzo. Info: Castel Pergine – www.castelpergine.it.
PIEDICASTELLO Mostre TERRE COLTIVATE - STORIA DEI PAESAGGI AGRARI DEL TRENTINO Apertura: fino a domenica 8 giugno 2014. Le Gallerie di Piedicastello. Un’esposizione sulle continuità e sui cambiamenti che hanno riguardato la parte di territorio “usata” per garantire il sostentamento della popolazione e per trasformare l’agricoltura in uno dei fattori principali dell’economia tren-
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trentinomostre tina. Ingresso libero. Orario: mardom ore 9-18; lunedì chiuso. Info e prenotazioni: Tel. 0461.230482; www.museostorico.it; info@museostorico.it.
RIVA DEL GARDA Mostre AREONATURA. LO SGUARDO DI TULLIO PERICOLI SUL PAESAGGIO DELL’ALTO GARDA Apertura: da sabato 22 marzo a domenica 2 novembre. MAG Piazza C. Battisti, 3/A. A bordo di un aereo da turismo Tullio Pericoli ha sorvolato, in una mattina di fine novembre 2013, il territorio dell’Alto Garda, con l’intento di cogliere, per la prima volta dal cielo, la forma che il paesaggio gli avrebbe potuto restituire da quel particolare punto di vista. Durante il volo sono state scattate numerose fotografie di quella zona che dalla Valle dei Laghi si estende fino alle rive settentrionali del Garda. È attraverso la personale suggestione “aerea” e l’aiuto delle immagini fotografiche che Pericoli - nei mesi successivi - ha creato un ciclo di tavole che saranno esposte al MAG dalla primavera all’autunno prossimi. Si tratta di circa sessanta opere su carta di diverse dimensioni e tecniche (olii, acquerelli e matite). Il titolo della mostra, Areonatura, è un neologismo ideato dall’artista per raccontare l’esperienza di un volo fatto per meglio decifrare la forma di quel particolare paesaggio. Info: www.museoaltogarda.it.
ROVERETO Mercati MERCATINO DI PRIMAVERA Apertura: da venerdì 25 aprile a domenica 11 maggio. Centro storico. Fino all’11 maggio la Città della Pace si trasforma in un giardino fiorito con un ricco calendario di eventi per adulti e bambini, laboratori, incontri, giochi, e percorsi gastronomici. I visitatori del mercatino potranno trovare interessanti proposte per la floricoltura e il giardinaggio, dai prodotti artigianali a quelli per il benessere, passando per le prelibatezze gastronomiche del territorio e approfondendo la conoscenza delle piante tradizionali e officinali, riscoprendone proprietà, profumi e colori. Per informazioni dettagliate visitate il sito: www.roveretoincentro.com. Mostre MARIO RADICE, ARCHITETTURA, NUMERO, COLORE Apertura: da sabato 15 febbraio a domenica 8 giugno. Mart. La mostra presenta l’opera di Mario Radice, tra i massimi esponenti del gruppo degli astrattisti comaschi, precursore e figura di spicco nel panorama dei movimenti artistici degli anni Trenta. Attraverso la presentazione di materiali
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inediti e i confronti con gli artisti coevi, l’esposizione propone una rilettura storico-cririca dell’astrattismo italiano. Orari: da martedi a domenica dalle 10 alle 18. Venerdì dalle 10 alle 21. Lunedi chiuso. Info: 0464.431813; 800.397760; info@mart.trento.it.
GIANNI LONGINOTTI A “CASARTISTI”
Mostre L’ESPERIENZA DELLA TOTALITÀ. EL LISSITZKY Apertura: da sabato 15 febbraio a domenica 8 giugno. Mart. La mostra ripercorre, attraverso circa 140 opere, lo sviluppo dell’arte di El Lissitzky. Pittura, fotografia, fotomontaggio, disegno e illustrazione, scultura, progetti architettonici e manifesti sono parte di un percorso ideale volto alla concretizzazione di una arte rivoluzionaria e collettiva. Orari: da martedi a domenica dalle 10 alle 18 Venerdì dalle 10 alle 21. Lunedi chiuso. Info: Tel. 0464.431813; 800,397760; info@mart.trento.it. Mostre FLAVIO ZONER Apertura: da venerdì 11 aprile a venerdì 16 maggio. Villa Paolina, Via Manzoni 7. La mostra espone e valorizza i lavori più recenti di questo artista Mostre ANNA DEFLORIAN BURN CLEAR Apertura: da giovedì 17 aprile a sabato 17 maggio. Impact Hub Via delle Scuole, 24. Mostra personale di Anna Deflorian. In mostra sarà esposta inoltre la serie di scatti realizzata dalla fotografa Giulia Mazza in cui le suggestioni di Roghi diventano spunto per un’interpretazione e un esperimento che nel dialogo tra i due linguaggi conferma, di nuovo, la ricchezza della contaminazione. Info: 328.1255400; rovereto.hosts@the-hub.net.
Mostre ARTE TIMBRICA Apertura: da sabato 3 a venerdì 30 maggio. Biblioteca Civica G. Tartarotti e Archivi Storici Rovereto - Corso Angelo Bettini, 43. Prima esposizione internazionale di opere su carta. Artisti partecipanti: Silvio Cattani, Sergio Dangelo,
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“Casartisti” di Canale di Tenno (il borgo medioevale designato come uno dei più belli d’Italia) il 13 aprile scorso si è inaugurata la mostra “Gianni Longinotti (1927-2007). Tra fascino borghese e protesta libertaria”. Sono passati sette anni dalla scomparsa a 80 anni di Longinotti, indimenticabile maestro di pittura, che a Canale aveva acquistato un rudere restaurandolo con amore, impreziosendolo con sue opere d’arte, facendone una casa-museo intitolata alla sua amata Dina, la moglie da cui ebbe sei figli. Questa mostra di straordinario impatto, con le sue quaranta tele (il massimo consentito dagli spazi) di ampie dimensioni, si tiene a “Casartisti” a quattordici anni di distanza dalla precedente dedicata negli stessi spazi a questo maestro padovano-trentino. Ma non si tratta di una riproposizione postuma perché gran parte delle opere esposte sono inedite. È infatti accaduto che (volendo rimanere incogniti), sei collezionisti di Longinotti si siano mobilitati, abbiano messo le opere in loro possesso a disposizione degli organizzatori, si siano addirittura tassati perché potesse uscire il prezioso catalogo con il testo critico di Renzo Francescotti. Ma un merito speciale va riconosciuto a Livio Tasin, curatore elle mostra e del catalogo assieme a Francescotti; grande amico di Longinotti, che è riuscito a creare le sinergie tra privati e pubblico perché questo autentico evento potesse essere realizzati. Davanti a un pubblico di circa duecento persone presenti all’inaugurazione ha parlato il sindaco il sindaco di Tenno Carlo Remia, ricordando Longinotti pittore padovano ma tennese di adozione, che in Alto Garda aveva molti amici i quali lo stimavano, amavano le loro opere e hanno tenacemente voluto questa mostra. Dal canto suo Renzo Francescotti ha proposto una lettura nuova di questo eccezionale artista, riuscendo a chiarire il rapporto che esiste tra due poli apparentemente opposti: il fascino borghese rappresentato dalle tele del Longinotti pittore di “memorie” e del Longinotti pittore impegnato politicamente, artista libertario. A nome della famiglia il figlio Mario ha tratteggiato con rimpianto la figura del padre. La mostra rimarrà aperta sino a domenica 11 maggio.
trentinoappuntamenti Annamaria Gelmi, Rudolf Haas, Lome, Shuhei Matsuyama, Aldo Pancheri, Lucia Pescador, Paolo Tomio, Silvia Turri, Walter Valentini, Paola Zimmitti.
TIONE DI TRENTO Mostre 37 BUONCONSIGLI Apertura: da sabato 3 a domenica 11 maggio. Sale Expo del Centro Studi Judicaria - Viale Dante, 46. 37 artisti interpretano il Castello del Buonconsiglio. Orari di apertura: tutti i giorni ore 17-19.30; domenica ore 10-13. Info: Hortus Artieri Tel. 0461.1594140; www. hortusartieri.it.
TRENTO Mostre GABRIELE D’ANNUNZIO AVIATORE Apertura: fino a domenica 4 maggio 2014. Museo dell’Aeronautica Gianni Caproni, via Lidorno 3. Una mostra dedicata al “Poeta Aviatore” nella ricorrenza dell’anno dannunziano. Orario: dal martedì alla domenica 10.00-13.00 e 14.0018.00. Chiuso il lunedì non festivo. Info: Museo dell’Areonautica Gianni Caproni Tel. 0461.944888; caproni@mtsn.tn.it. Mostre PAESAGGI LONTANI E MERAVIGLIOSI Apertura: da venerdì 20 dicembre 2013 a domenica 4 maggio 2014. Castello del Buonconsiglio. L’antica Russia nelle stampe tesine del Museo Pushkin di Mosca. Mostra a cura di Eugene Bogatyrev e Lia Camerlengo. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.492803; www.buonconsiglio.it. Mostre SILENT FRACTURE Apertura: da sabato 8 febbraio a sabato 10 maggio. Galleria Boccanera - via Milano, 128/130. Mostra di Neboj a Despotovi , a cura di Maja iri . Orari: da lunedì a sabato 10-19 o su appuntamento. Info: www.arteboccanera.com; info@arteboccanera.com; Tel. 0461.984206; Cell. 340.5747013. Mostre CHIAMATA A RACCOLTA. COLLEZIONI PRIVATE IN MOSTRA Apertura: da domenica 16 febbraio a domenica 11 maggio. Galleria Civica - Via Belenzani, 44. Una mostra per raccontare, attraverso oltre 100 opere, la passione, la ricerca e la dedizione dei collezionisti trentini. Dalla metà del secolo scorso fino alle ultime istanze, pitture, sculture, disegni, fotografie narrano un collezionismo spesso sconosciuto, riservato, intimo che il pubblico ha incontrato raramente. Orari: da martedi a domenica dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18. Lunedi chiuso. Info: Tel.
0461.985511; 800.397760; civica@mart.tn.it; www.mart.trento.it. Mostre CHRISTIAN SCHWARZWALD - GRAPH Apertura: da venerdì 21 febbraio a sabato 24 maggio. Galleria Paolo Maria Deanesi - Via SS. Trinità, 12. Seconda personale dell’artista austriaco Christian Schwarwald. Info: www.paolomariadeanesi.it. Mostre ARTE E PERSUASIONE. LA STRATEGIA DELLE IMMAGINI DOPO IL CONCILIO DI TRENTO Apertura: da venerdì 7 marzo a lunedì 29 settembre. Museo Diocesano Tridentino. Mostra interamente dedicata al rapporto tra il concilio di Trento (1545-1563) e le arti figurative. La strategia delle immagini dopo il concilio di Trento, ripercorre due secoli di arte in Trentino e mette a fuoco le principali funzioni assunte dalle immagini sacre, alle quali veniva assegnato il compito di informare, convincere, catturare l’attenzione e commuovere. Una storia sul potere della comunicazione visiva attraverso le opere di grandi artisti del passato. Info: Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it Mostre DOMENICA: UN INNO ALLA DOMENICA DI UN TEMPO Apertura: fino a martedì 6 maggio. Hall Teatro Auditorium Santa Chiara e Wellcafè, via Santa Croce 67. Mostra fotografica di Themis Palpanas. Questa mostra fotografica vuole esplorare la città di Trento di domenica, come se fosse una passeggiata nel centro. Volutamente la natura degli articoli che si intuiscono dietro le serrande non viene esplicitata con chiarezza, cosicché essi sono posti in una situazione paritaria, indipendentemente dal fatto che si tratti di una teiera, di una borsa firmata, di un libro o di un indumento intimo. Orario: dal lunedì al sabato 10-19 (domenica chiuso). Mostre LA CITTÀ E L’ARCHEOLOGIA DEL SACRO Apertura: da martedì 1 aprile a domenica 25 maggio. Museo Diocesano Tridentino, Piazza Duomo 18. Dopo il complesso intervento di scavo condotto all’interno della chiesa di Santa Maria Maggiore di Trento tra il 2007 e il 2011, la mostra propone per la prima volta al grande pubblico i reperti rinvenuti nel sottosuolo della chiesa, offrendo l’opportunità di conoscere gli esiti di un ampio lavoro di ricerca che ha permesso di restituire alla città una fase importante e poco nota della sua storia. L’esposizione consente inoltre di contestualizzare le testimonianze archeologiche venute alla luce durante lo scavo, integrando le novità emerse
dallo studio di questi reperti con le conoscenze già acquisite nei precedenti interventi effettuati sia nell’area di Santa Maria Maggiore che in altri punti della città. Mediante l’esposizione di reperti particolarmente evocativi, alcuni dei quali riferiti agli altri luoghi di culto, come la Basilica di San Vigilio, Sant’Apollinare, la chiesa del Doss Trento, San Lorenzo, l’esposizione fornisce al visitatore un’esaustiva panoramica dei siti archeologici cittadini riferibili alla Trento paleocristiana. Orario: dalle 9.30 alle 12.30 e dalle 14.00 alle 17.30. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461/234419; info@museodiocesanotridentino.it. Mostre ANTICHI ERBARI DELLA BIBLIOTECA DI TRENTO Apertura: da giovedì 17 aprile a domenica 29 giugno. Cappella Vantini di Palazzo Thun - Via delle Orne, 1. Orario: dal martedì al venerdì ore 14-18; sabato e domenica ore 10-18; aperture straordinarie: 2 giugno. Chiuso il lunedì. Ingresso libero. Info: Ufficio Cultura Tel. 0461.884286; www.trentocultura.it. Mostre SPARTITI DELLE MONTAGNE. COPERTINE DI MUSICA Apertura: Fino a domenica 18 maggio. Palazzo Roccabruna. A cura del Museo nazionale della montagna di Torino e della Camera di Commercio I.A.A di Trento. Mostre RACCONTARE CON GLI OCCHI Apertura: da venerdì 18 aprile a domenica 18 maggio. Castello del Buonconsiglio. il Film Festival offre un’esposizione di libri fotografici che, dalla fine dell’Ottocento ai giorni nostri, abbiano esplorato il mondo affascinante della scoperta del mondo, della fatica e del fascino della montagna, della conoscenza di straordinarie e sconosciute terre e genti lontane, in molte forme possibili: l’epica del racconto, la sorpresa delle scoperte, la formula didattica ed educativa, il libro di denuncia, le pagine d’amore, l’uso strumentale e pubblicitario. Sarà una breve camminata sul percorso che va dai lavori documentari realizzati a cavallo tra 800 e 900 alle opere di propaganda degli anni 30 e 40, dai libri di scoperta a quelli artistici, dai libri didattici degli anni 50 e 60 ai libri, moderni di protesta. Mostra a cura di Piero Cavagna. Orario: 9.30-17, dal 13/5 10-18. Info: www.buonconsiglio.it. Mostre MA-TERRE WALTER PAOLETTI Apertura: da sabato 17 a venerdì 30 maggio. Studio d’arte Andromeda - Via Malpaga, 17. Mostra personale. Orario: 17-19.30. Ingresso libero.
Mostre TERRA IN MONTANIS PHOTOS ALBERT CEOLAN Apertura: fino 18 maggio. Castello del Buonconsiglio. Le magnifiche fotografie di Alberto Ceolan faranno rivivere le stagioni attraverso magnifici paesaggi d’arte, natura e società del Tirolo. Orario: 9.30 -17, dal 13/5 10-18. Info: www. buonconsiglio.it Mostre TUTTI IN SELLA! SULLE STRADE E NEI CAMPI, STORIE DI BICICLETTE E DI GINO BARTALI Apertura: fino al 9 giugno. MUSE - Museo delle Scienze - Corso del Lavoro e della Scienza. Al centro dell’esposizione, la storia del ciclismo e la straordinaria vicenda umana di Gino Bartali, protagonista di tante salite e di grandi sfide sulle montagne del Trentino. Info: www.muse.it Mostre CENTOCINQUANTA: 1864 - 2014, LA NASCITA DELL’ALPINISMO IN TRENTINO Fino al 4 maggio: dal lunedì al domenica 15-19. Dal 5 al 23 maggio: dal lunedì al venerdì 15.00 - 19.00 Un’iniziativa di Società degli Alpinisti Tridentini-Biblioteca della Montagna, Trento Film Festival e Fondazione Accademia della Montagna del Trentino. A cura di Marco Benedetti, Roberto Bombarda, Riccardo Decarli e Fabrizio Torchio. L’esposizione celebra le salite compiute nel 1864 in Trentino e dintorni: Presanella, Marmolada, Bocca di Brenta e Adamello, nonché la pubblicazione del libro The Dolomite Mountains, che contribuì a far conoscere la regione dolomitica in tutto il mondo. Le ascensioni di Ball, Payer, Freshfield e Grohmann stimolarono la nascita del primo club alpinistico in Trentino (la SAT) e attirarono l’attenzione degli alpinisti europei su queste montagne. Mostre I SOGNI DEL SERPENTE PIUMATO. Torre Mirana. Dal lunedì – alla domenica 10.00 – 13.00 / 14.00 - 19. A cura di Monica Monachesi. Arricchisce la mostra il documentario di Aron Wolf Marcelo’s toys (Spagna, 2014). Le immagini della fantasia, ovvero un viaggio attraverso le fiabe e le leggende dell’antico Messico, ma al tempo stesso uno sguardo al Messico contemporaneo raccontato tra le pagine di meravigliosi libri illustrati e rappresentato dall’opera prismatica di Gabriel Pacheco, artista messicano a cui è dedicata la personale presso Sala Thun. Elementi culturali di grande suggestione che si intrecciano, tra arte, illustrazione, fiaba e racconti moderni. 103
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trentinoappuntamenti
MONTAGNA E “ECONOMIA” IL FREDDO PORTANO VIA
I
l mese si apre con gli ultimi botti del seguitissimo
Film Festival della Montagna di
Trento. Tantissimi gli appuntamenti per gli appassionati
di scalate, sentieri e tutto quanto fa “montagna”. La
Festival dell’Economia, impressionante serie di
chiusura del mese, invece, sarà affidata al
appuntamenti che quest’anno hanno come filo comune il tema: “Classi dirigenti, crescita e bene comune”. Fino al 2 giugno. Accanto a questi due grandi eventi, però, il Trentino offre una lunga serie di occasioni per gli amanti della musica di ogni genere, dalla classica al rock progressive più impegnato.
Angelo Branduardi si esibirà il 29 Maggio prossimo, all’Auditorium Santa Chiara di Trento (ore 21), accompagnato dall’Ensemble “Scintille di musica” diretto da Francesca Torelli,
ALBRECHT DÜRER
A
lbrecht Dürer, terzo di diciotto figli, nacque dall’omonimo orefice, detto “il Vecchio” e da sua moglie Barbara Holper. Dei fratelli e sorelle, solo altri due maschi raggiunsero l’età matura: Endres e Hans, che fu pure pittore alla corte di Sigismondo I di Polonia a Cracovia. Il padre era originario dell’Ungheria, da dove si era trasferito all’età di ventott’anni per completare la sua formazione attraverso la Germania e le Fiandre; la sua famiglia, a sua volta, doveva essere di origine sassone ma da tempo trasferitasi in Transilvania, infatti il nonno di Dürer, Anton, era nato in una famiglia di contadini e allevatori ad Ajtós e trasferitosi in giovane età a Gyula, vicino Gran Varadino (l’odierna Oradea in Romania); Anton fu il primo artigiano della famiglia, seguito da Albrecht il Vecchio e suo nipote Unger (cugino di Dürer). Albrecht il Vecchio compare in una lista di archibugieri ed arcieri della città di Norimberga già a diciassette anni; dopo alcuni viaggi di perfezionamento nei Paesi Bassi, si stabilì definitivamente a Norimberga, dove entrò nella bottega di Hieronymus Holper, per poi, ormai a quarant’anni, sposarne la figlia appena quindicenne, Barbara.
ripercorrendo tutto il repertorio di Futuro Antico, a partire dalle musiche dei Codici Trentini
Domenica 18 maggio partirà da Cembra, ad ore
Noemi torna a Trento (Auditorium,
8.30, la 4a edizione del trekking culturale dedicato
8 maggio, ore 21) con una nuova
ad Albrecht
Dürer. L’evento sarà preceduto
maturità artistica e personale
dall’anteprima “DÜRERWEG, UN VIAGGIO CHE
sviluppata grazie ad esperienze
CONTINUA - Nuovi progetti per un antico percorso” in
professionali e non, che le hanno
programma a Segonzano, presso il Castello, venerdì 9
aperto orizzonti diversi
maggio.
Luca Carboni sarà di nuovo in tour nei più importanti teatri italiani.
Sabato 10, infine, il Cababoz
show. A Bolzano
e dintorni sono considerati un’autentica rivelazione e i
Questa volta toccherà anche Trento.
loro spettacoli hanno subito convinto pubblico e critica.
Chi ha più di quarant’anni li ha amati e adorati, ne ha
Si tratta di un gruppo di ragazzi, tutti con la passione del
imparato a memoria le canzoni, ha provato almeno una
teatro e del “far ridere”. Si sono conosciuti sui banchi
volta ad emulare Peter Gabriel, Phil Collins e soci. Stiamo
di scuola, si sono fatti le ossa al Festival Studentesco e,
parlando del grandissimo gruppo inglese dei Genesis.
spettacolo dopo spettacolo, sono ormai arrivati alla loro
Ebbene, il 25 maggio a Trento sarà possibile ascoltare dal
terza stagione. Prendono di mira la politica e l’attualità,
vivo una delle anime di quel gruppo: il chitarrista
anche locali, senza trascurare le problematiche del
Hackett (teatro auditorium, ore 21).
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Steve
mondo giovanile e dei rapporti intergenerazionali.
trentinoappuntamenti 1 GIOVEDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL Trento. Centro storico. Trento torna a essere la capitale internazionale della montagna grazie al TrentoFilmFestival, la prima rassegna cinematografica al mondo per età e importanza dedicata alla magia delle vette che nel 2014 festeggia 62 edizioni. Il calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito www. trentofestival.it.
2 VENERDÌ Cultura TRENTO FILM FESTIVAL Trento. Centro storico. Trento torna a essere la capitale internazionale della montagna grazie al TrentoFilmFestival, la prima rassegna cinematografica al mondo per età e importanza dedicata alla magia delle vette che nel 2014 festeggia 62 edizioni. Il calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito www. trentofestival.it. Cultura CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Trasformazione e confluenza delle identità sonore. Alcune esperienze”. Incontro con Marco Longo. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www.buonconsiglio.it.
Musica CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20.45. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Territori del suono e della parola. Esplorazioni. Concerto del Motocontrario Ensemble. Musiche di Colazzo, Masu, Mattevi, Longo, Massetti e improvvisazioni del Motocontrario ensemble. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www. buonconsiglio.it.
3 SABATO Cultura TRENTO FILM FESTIVAL Trento. Centro storico. Trento torna a essere la capitale internazionale della montagna grazie al TrentoFilmFestival, la prima rassegna cinematografica al mondo per età e importanza dedicata alla magia delle vette che nel 2014 festeggia 62 edizioni. Il calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito www. trentofestival.it. Teatro BENIAMINO Lavarone. Ore 21. Teatro Cinema “Dolomiti”. Commedia di Antonia Dalpiaz con la Filodrammatica “S. Floriano” di Lavarone. Per la 2a edizione “Lavarone a Teatro” rassegna del teatro dialettale e non. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@cofas.it; www.cofas.it.
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4 DOMENICA Cultura TRENTO FILM FESTIVAL Trento. Centro storico. Trento torna a essere la capitale internazionale della montagna grazie al TrentoFilmFestival, la prima rassegna cinematografica al mondo per età e importanza dedicata alla magia delle vette che nel 2014 festeggia 62 edizioni. Il calendario di tutti gli eventi è disponibile sul sito www. trentofestival.it. Tradizione FESTA DEI MELI IN FIORE Caldonazzo. Manifestazione dedicata alla fioritura e alla mela, la cui coltivazione caratterizza la campagna di Caldonazzo. Bancarelle, assaggi enogastronomici,
artigianato, musica e animazione per bambini. Info: APT Valsugana, ufficio di Levico Terme Tel. 0461.727700.
6 MARTEDÌ Cultura CONFERENZA Trento. Società Dante Alighieri Via Dordi, 8. “Ciao Maestra” - Ricordi di Lucia Coppola, presentata da Luciana Grillo Laino. Info: tel. 0461.239994. Cultura I MARTEDÌ DEL ROSMINI Trento. I Martedì del Rosmini. La Stagione si conclude con un altro momento di grande interesse: “Visione Porteña”, un ritratto di due grandi protagonisti della musica e
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trentinoappuntamenti della letteratura (A.Piazzolla e J.L. Borges) racchiuso nella malinconica armonia dell’anima argentina. Ingresso libero.
7 MERCOLEDÌ Musica STEFANO RANZANI E ISABELLE VAN KEULEN Trento. Ore 20.30. Auditorium Santa Chiara, via Santa Croce 67. Eivind Gullberg Jensen, Direttore; Isabelle van Keulen, Violino; Wolfgang Amadeus Mozart Il flauto magico: Ouverture, k 620. Concerto per violino e orchestra in la maggiore, k 219. Antonín Dvorák, Sinfonia n. 8 in sol maggiore, op. 88. Info: n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it. Cultura CONFERENZA Trento. Ore 20. Grand Hotel Trento - Via Alfieri, 1. Conferenza a cura della dott.ssa Francesca Ferri dal titolo: “Le vitamine e la melatonina per la salute e il benessere“.Ingresso libero. Al termine della serata, per chi avesse piacere, è prevista la cena al costo di €. 30,00. Si prega di voler confermare telefonando alla Presidente sig.a Lucia Dalsasso cell. 340.8349559 oppure inviando una mail alla segretaria: antonella.erbisti@gmail.com
Danza DANZA DEL VENTRE Zambana vecchia. Ore 20.45. Associazione “Mana“. Per info e/o iscrizioni: mimosa.2009@live.it.
aperto orizzonti diversi. Info: n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it - Prevendita presso la redazione di Trentinomese in via Ghiaie, 15 - 38122 Trento.
8 GIOVEDÌ Cultura FUOCO: PERCORSO TRASVERSALE IN MOSTRA Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. Il primo incontro con i percorsi traversarli in mostra prenderà in considerazione il tema del fuoco, che con i suoi molteplici significati simbolici condurrà alla scoperta di alcuni curiosi aspetti delle opere esposte in mostra. Si osserveranno le fiamme dell’Inferno, le vampe ardenti del Purgatorio, l’immagine cupa di Caronte, il rosso del sangue dei martiri e molto altro ancora. Ingresso, vista guidata e aperitivo: € 7,00 Non è richiesta la prenotazione. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it. Musica NOEMI “MADE IN LONDON TOUR” Trento. Teatro Auditorium, via Santa Croce 67. Noemi torna con una nuova maturità artistica e personale sviluppata grazie ad esperienze professionali e non, che le hanno
Cultura PREMIO PEZCOLLER ALLA RICERCA ONCOLOGICA Trento. Ore 18. Castello del Buonconsiglio. Consegna del prestigioso premio alla dr.ssa Elaine Fuchs. Info: www.pezcoller.it
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9 VENERDÌ Cultura CONFERENZA Trento. Ore 17. Associazione Culturale “Antonio Rosmini” - Via Dordi, 8. “Imperi, nazioni e nazionalità nella Grande Guerra”. Relatore: Prof. Emilio Gentile dell’Università “La Sapienza” - Roma. Info: www. associazrosminitrento.it.
Cabaret CABABOZ SHOW Trento. Ore 21. Teatro Cuminetti, via Santa Croce 67. Bolzano e dintorni sono considerati un’autentica rivelazione e i loro spettacoli hanno subito convinto pubblico e critica. Si tratta di un gruppo di ragazzi, tutti con la passione del teatro e del “far ridere”. Si sono conosciuti sui banchi di scuola, si sono fatti le ossa al Festival Studentesco e, spettacolo dopo spettacolo, sono ormai arrivati alla loro terza stagione. Prendono di mira la politica e l’attualità, anche locali, senza trascurare le problematiche del mondo giovanile e dei rapporti intergenerazionali. I Cababoz so-
RIVENDITE AUTORIZZATE BIGLIETTI, CONCERTI, SPETTACOLO, SPORT & CULTURA
TRENTO – Via Ghiaie 15 Tel. 0461 362111 – annunci@bazar.it
Orario: lunedì-venerdì 8.30-12.30/14.00-18.00
STEVE HACKETT Se vi siete persi il concerto o nel live set non c’era uno dei vostri brani favoriti, ecco l’occasione per rivivere la magia senza tempo chiamata Genesis, grazie ad uno dei suoi artefici, Steve Hackett con la sua straordinaria band dal vivo.
TRENTO Teatro Auditorium Santa Chiara 25 maggio 2014 ore 21.00
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GIORGIA
BOLZANO – Via Bari 15 Tel. 0471 930993 – bazarbz@bazar.it
Orario: lunedì-venerdì 8.30-12.30/14.30-18.30
LUCA CARBONI
VINICIO CAPOSSELA
Viene aggiunto un importante appuntamento al calendario del “Senza Paura” tour 2014 di Giorgia, uno straordinario concerto all’Arena di Verona il 25 maggio. Il live nel prestigioso anfiteatro sarà l’ultimo appuntamento del nuovo attesissimo tour di Giorgia
A maggio Luca Carboni sarà ancora live in tutta la penisola con un concerto che conquista il pubblico con una scaletta ricca di hit indimenticabili. Canzoni per raccontare in modo aperto questi magici trent’anni di musica con lo sguardo rivolto sempre verso il futuro. In ogni data del tour Luca Carboni sarà accompagnato da una super band con Antonello Giorgi alla batteria, Ignazio Orlando al basso, Mauro Patelli e Vince Pastano alle chitarre, Fulvio Ferrari alle tastiere.
Il concerto comprende l’esecuzione del Carnevale degli animali, composto da Camille Saint-Saens nel 1886 e una serie di canzoni di Vinicio Capossela, cucite insieme in un racconto che ci porta a spasso tra le storie di animali celebri, simbolismi e bestiari. Bestie cantate per farci un giro da “bestie incantate”, come venivano chiamate le bestie che si esibivano con i saltimbanchi...
VERONA Arena 25 maggio 2014 ore 21
TRENTO Teatro Auditorium Santa Chiara 15 maggio 2014 ore 21
VERONA Teatro Romano 21 giugno 2014 ore 21
trentinoappuntamenti Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari Provincia autonoma di Trento U.O.C. Reumatologia Ospedale S. Chiara - Trento
Associazione Trentina Malati Reumatici
1a CAMMINATA / CORSA non competitiva di 8 km
NOVITÀ per il TRENTINO: gara promozionale in RETRORUNNING
Una mano alla speranza per le malattie reumatiche no Alberto Brugnoli, Mattia Brutto, Emanuele Colombi, Marco Concer, Salvatore Cutrì, Alessia De Paoli, Ayyoub El Hilaa, Gianluca Iocolano, Elia Liguori, Vladi Martello, Max Meraner, Daniel Ruocco, Roberto Tubaro, Giancarlo Maria Vincenti, Diego Zambiasi e Marco Zenti. Info: Centro Servizi Culturali Santa Chiara n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it. Cultura VISITA GUIDATA A CASTEL THUN Vigo diTon. Ritrovo per la partenza ore 9 in piazzale Sanseverino con mezzi propri. Ci guiderà lo storico dell’arte Dott. Ezio Chini. Rientro previsto per le ore 13. Info: tel. 0461.239994. Cultura COSTELLAZIONI FAMILIARI Zambana vecchia. Ore 15-18. C/o associazione Mana. Comunicare la propria presenza scrivendo a: julijana.osti@libero.it. Folklore POMERIGGIO SOLIDALE Trento. Ore 15. Piazza General Cantore. La scuola elementare Bellesini (alunni, insegnanti e genitori), in collaborazione con l’associazione “Docenti senza frontiere”, propone un pomeriggio solidale a favore di alcuni progetti per il diritto allo studio in Equador. Si terranno balli e canti dell’Equador ed un mercatino solidale con i manufatti degli scolari della scuola Bellesini e dei loro genitori. Teatro LA CÀ DEI VIOLONI Novaledo. Ore 20.30. Teatro. Commedia di Renzo Francescotti con la Filolevico di Levico Terme. Info: Co.F.As. Tel. 0461.237352; info@cofas.it; www.cofas.it. Tradizione PALIO DELLE CONTRADE Caldonazzo. Inizio palio delle contrade di Caldonazzo. Info: www. comune.caldonazzo.tn.it.
12 LUNEDÌ Musica CONCERTO Rovereto. Ore 20.45. Sala Filarmonica. Michele Marasco, flauto e Irene Veneziano, pianoforte su musiche di Reinecke, Pouenc, Martin. Info: Associazione Filarmonica Rovereto Tel. 0464.435255; associazionefilarmonica1@tin.it. Musica GIL GOLDSTEIN IN CONCERTO Trento. Ore 21. Teatro Auditorium, via Santa Croce 67. Eccellente compositore, arrangiatore, pianista e didatta Gil Goldstein, nato a Baltimora nel 1950, è anche un fine solista di fisarmonica. Il punto cardine della sua carriera fu nel 1982, quando il grande compositore e direttore d’orchestra Gil Evans gli chiese di collaborare con lui. Da quell’esperienza Goldstein assorbì una filosofia di vita e un approccio alla creazione artistica che lo accompagnò nella sua attività successiva, segnata tra l’altro dalle collaborazioni con Bobby McFerrin, Milton Nascimento, Randy Brecker, Manhattan Transfer, Al Jarreau. Degno di nota è anche il suo apporto alla ricostruzione del lavoro orchestrale storico di Miles Davis e Gil Evans. Info: Centro Servizi Culturali Santa Chiara n. verde 800.013952; www. centrosantachiara.it.
TRENTO, sabato 17 maggio 2014 Programma: ore 14.00 Ritrovo / iscrizioni in piazza Duomo Musica, intrattenimento e spettacoli vari ore 14.30 Gara di retrorunning ore 16.00 Partenza camminata / corsa Al termine premiazioni Partner organizzativi
I reumatologi dell’Ospedale S. Chiara parteciperanno all’iniziativa in piazza Duomo fornendo informazioni ai pazienti
Patrocini Provincia autonoma di Trento
Associazione Nazionale Alpini Sezione di Trento Croce Rossa Italiana Comitato Provinciale Trento
Collegio Reumatologi Ospedalieri Italiani
Società Italiana di Reumatologia Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Trento Infermieri Professionali Assistenti Sanitari Vigilatrici d’Infanzia
Info: ATMAR - 38122 Trento - via al Torrione 6 – 0461 260310 - 3483268464 - www.reumaticitrentino.it
13 MARTEDÌ Cabaret SPETTACOLO COMICO CON “DADO TEDESCHI” Trento. Ore 21.30. Osteria “La Scaletta”. Prenotazioni per la cena tel al n. 346.8508734. Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Trento. Società Dante Alighieri Via Dordi, 8. “Maso sentinella non si arrende” - Tra amori, ecologie e ribellismo. Romanzo di Giovanni Armani edito da Edizioni Curcu&Genovese. Presentano Roberto Bombarda e Giovanna Sartori Devigili. Letture di Graziella Zeni. Info: tel. 0461.239994. Cultura I LIBRI NEL MEDIOEVO Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. Analisi dei preziosi manoscritti di epoca medievale e moderna esposti e conservati presso il Museo: sarà l’occasione per osservare da vicino il prezioso Sacramentario dell’XI secolo, la Bibbia atlantica (terzo quarto del secolo XII), il Lezionario e l’Ordo missae pontificalis di Federico Vanga, il Libro d’Ore (seconda metà del XV secolo), la Biblia Sacra, appartenuta al canonico Giovanni Anhang. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it.
15 GIOVEDÌ Cultura INCROCI DI PAGINE Trento. Ore 18. Teatro Sociale. Tema: Contrasto. Nella società contemporanea, nell’arte, nella scienza, nel quotidiano Libro: Guido Catalano, Ti amo ma posso spiegarti, Miraggi edizione e Daniele Piccini, Inizio Fine, Crocetti La cena: Ore 20.00 presso Palazzo Roccabruna (Via SS. Trinità 24, Trento). Info: MUSE Tel. 0461.270311; www.muse.it. Cultura INCONTRI CON L’AUTORE Cles. Ore 20.30. Biblioteca Comunale. In volo su Trento - Gli anni Sessanta e Settanta; autore: Giorgio Ragucci Brugger presenta il libro: “Cuori Irrequieti nel nido dell’aquila”.Info: Tel. 0463.422006; www.comune.cles.tn.it; cles@biblio.infotn.it. Cultura ARIA: PERCORSO TRASVERSALE IN MOSTRA Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. Elemento etereo e inafferrabile per eccellenza, l’aria richiama alla mente le figure angeliche che popolano i cieli dei dipinti e le incredibili visioni dei santi. In questo appuntamento il discorso verterà attorno alle immagini del ‘cielo’ e ad altri concetti collegati idealmente al tema
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trentinoappuntamenti Paola Barducci alla scoperta di Monte Rive e della Torre dei Sicconi; lungo sentieri e mulattiere saliremo nei freschi boschi di larici e castagni sopra Caldonazzo fino a raggiungere il giardino della Torre dei Sicconi, un luogo ricco di vicende storiche, spunti naturalistici e panorami mozzafiato. Ritrovo: ore 14.30 davanti al Municipio di Caldonazzo. Durata: tutto il pomeriggio. Si raccomanda un abbigliamento comodo e adeguato ad una passeggiata. Per informazioni e prenotazioni: Paola Barducci 333.4861088; p.barducci@libero.it. Famiglia PALAZZI APERTI CHIESETTA S.VALENTINO Caldonazzo. Ore 10-18. Chiesetta di S.Valentino. Non è necessaria la prenotazione. Info: Battisti Claudio 366.6114319. Bellissimo percorso panoramico sulle colline di Brenta e visita alla chiesetta di S.Valentino.
18 DOMENICA
dell’aria. Sarà affrontato anche il problema della rappresentazione di ciò che è ”invisibile”. Ingresso, vista guidata e aperitivo: € 7,00 Non è richiesta la prenotazione. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it. Cultura CONFERENZA Trento. Ore 17. Associazione Culturale “Antonio Rosmini” - Via Dordi, 8. “La costruzione del sospetto e del nemico”. Relatore: Prof. Luigi Zoja - Psicanalista - Milano. Info: www.associazrosminitrento.it. Musica “FISICO&POLITICO TOUR”, LUCA CARBONI IN CONCERTO Trento. Ore 21. Teatro Auditorium, via Santa Croce 67. Luca Carboni dopo il grande successo di pubblico e di critica dell’anteprima live del 20 dicembre al Paladozza di Bologna - dal sarà di nuovo in tour nei più importanti teatri italiani. Questa volta toccherà anche Trento. Info: n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it. Prevendita presso la redazione di Trentinomese in via Ghiaie, 15 38122 Trento.
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Cultura CONCORSO FOTOGRAFICO “ABITARE LA MONTAGNA” Organizzato dall’Associazione culturale “Tra le Rocce e il cielo”. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti. Le fotografie dovranno avere come soggetto l’abitare la montagna, con particolare riferimento all’uomo. Le opere, che dovranno rispettare le caratteristiche tecniche definite nel bando, andranno inviate all’indirizzo mail concorso@tralerocceeilcielo.it entro e non oltre le ore 24 del 15 maggio 2014 assieme al modulo d’iscrizione al concorso.
16 VENERDÌ Famiglia PALAZZI APERTI CHIESETTA S.VALENTINO Caldonazzo. Ore 10-18. Chiesetta di S.Valentino. Non è necessaria la prenotazione. Info: Battisti Claudio 366.6114319. Bellissimo percorso panoramico sulle colline di Brenta e visita alla chiesetta di S.Valentino.
17 SABATO Famiglia PALAZZI APERTI VISITA TORRE DEI SICCONI Caldonazzo. Ore 14.30. Passeggiata in compagnia dell’Accompagnatore di territorio del Trentino
Famiglia DÜRERWEG. TREKKING CULTURALE IN VALLE DI CEMBRA Valle di Cembra. Trekking culturale adatto a tutti, che da Cembra, tra centri storici e vigneti terrazzati, porta, attraverso l’antica Corvaia e il Ponte di Cantilaga sull’Avisio, al Castello di Segonzano. Il sentiero conduce nei luoghi attraversati da Albrecht Dürer, il più grande pittore del Rinascimento tedesco, che, diretto a Venezia, dedicò alla Valle di Cembra sei splendidi acquarelli. Gli accompagnatori di territorio vi guideranno alla scoperta di angoli storico-artistici e inediti scorci di paesaggio, con brevi soste lungo il percorso per degustare i vini e i prodotti d’eccellenza del territorio. Per concludere il trekking vi aspetta il pranzo rustico al Castello di Segonzano. Quota di partecipazione: € 15,00; sono previste riduzioni per bambini ed anziani. Info e iscrizioni: A.p.T. Piné Cembra 0461.683110.
20 MARTEDÌ Cultura CONCERTO Trento. Società Dante Alighieri Via Dordi, 8. Concerto di primavera con le chitarre acustiche di Stefano Cattoni e Walter Salin. Info: tel. 0461.239994. Musica «ORCHESTRA HAYDN» Rovereto. Ore 20.45. Sala Filarmonica. Marco Mandolini, direttore e violino; Michelangelo Mercuri, contrabasso su musiche di Mozart, Bottesini, Bartok. Info: Associazione Filarmonica Rovereto Tel. 0464.435255; associazionefilarmonica1@tin.it.
21 MERCOLEDÌ Danza DANZA DEL VENTRE Zambana vecchia. Ore 20.45. Sede Associazione “Mana“. Per info e/o iscrizioni: mimosa.2009@ live.it. Musica XVII EDIZIONE “INCONTRI INTERNAZIONALI MUSICA DI MEZZA ESTATE” 2014 Levico Terme. Ore 20.30. Villa Sissi. Concerto con Jubilee Strin Quartet (Londra) su musiche di Mozart-Beethoven-Schumann. Info: www.comune.caldonazzo.tn.it.
22 GIOVEDÌ Cultura TERRA: PERCORSO TRASVERSALE IN MOSTRA Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. Il terzo incontro del ciclo Aria, acqua, terra, fuoco leggerà trasversalmente la mostra andando ad indagare aspetti molto “terreni” delle opere esposte nelle sale, come la vita degli artisti, dei loro committenti e dei protagonisti di un’epoca. Non mancherà un riferimento alle “terre” con cui i pittori impastavano i colori e ad alcune delle principali tecniche artistiche con cui furono realizzate le opere esposte in mostra. Ingresso, vista guidata e aperitivo: € 7,00 Non è richiesta la prenotazione. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it. Cultura VIDEO CONTEST OOM+ Trento. Ore 20.30. Sala della Cooperazione - Via Segantini, 10. I ragazzi che da gennaio 2014 hanno aderito al video contest OOM+ (ora o mai più), concorso video a premi realizzato da un’idea delle Casse Rurali Trentine e Fondazione Aida, si ritrovano per la cerimonia di chiusura e premiazione. Ospite della serata: Mattia Lever, direttamente da The Voice of Italy – ed 2013. Musica AIDA: AMORE È CORAGGIO Trento. Ore 9, 11 e 14.30. Auditorium, via Santa Croce 67. Stagione Lirica 2013-2014. Nel ricco calendario delle iniziative organizzate nel bicentenario verdiano, spicca per interesse la produzione di questo spettacolo che, rivolto al pubblico dei ragazzi, non si limita a proporre l’ascolto di alcune fra le pagine e più belle dell’intero repertorio musicale. Una messinscena essenziale, sfrondata dello sfarzo egiziano tipico di tanti allestimenti tradizionali, racconta la storia di due giovani vissuti tremila anni fa che hanno finito col pagare un prezzo altissimo pur di vivere, con coraggio, la propria passione. Musica di Giuseppe Verdi, Libretto di Antonio Ghislanzoni, Orchestra1813,
trentinoappuntamenti
23 VENERDÌ Cultura FOYER DELLA PROSA - AIDA Trento. Ore 16.30. Presso la Sala Medievale del Teatro Sociale il prof. Marco Ulivetta parla dell’AIDA di Verdi che sarà a Trento per il Progetto Opera Domani in forma ridotta per i bambini e i ragazzi delle scuola primaria e secondario di primo grado. Info: Centro Servizi Culturali Santa Chiara n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it. Cultura CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Maderna. Ricerca e comunicazione. Confronti e opportunità”. Incontro con Andrea Mattevi. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www. buonconsiglio.it. Enogastronomia LA STRANA COPPIA Baselga di Piné. Dalle 19. Ristorante 2 Camini. Franca Merz, la chef del Ristorante 2 Camini, e Fabio del Birrificio BioNoc’ vi aspettano per una cena di degustazione con abbinamento di Burger & Birra di origine trentina. Programma: alle 19 degustazione delle birre con Fabio per scoprire l’origine della birra, la materia prima e le tecniche di assaggio. Dalle 20 cena 2B: i burger di Franca, realizzati con carne di allevamenti locali o nella versione vegetariana con pane fatto in casa e prodotti del territorio sono abbinati alla birra BioNoc’ di origine trentina. Per concludere la serata dalle 21.30 degustazione di birra e cioccolato con Fabio. Quota di partecipazione: € 20,00. È gradita la prenotazione. Info: Ristorante 2 Camini Tel. 0461.557200. Esposizione MEZZOCORONA EXPO Mezzocorona. Cantine Rotari. 17a rassegna di attività economiche ed artigiane. Ingresso libero. Organizza: Operatori Economici e Artigiani Mezzocorona. Info: www. mezzocoronaexpo.com. Musica CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20.45. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Blow and Electricity. Dialoghi del soffio e dell’altoparlante”.Concerto del Motocontrario Ensemble. Musiche di Maderna, Biasioni, Riley, Essl, Masu, Colazzo, Scherzinger. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www.buonconsiglio.it.
24 SABATO Esposizione MEZZOCORONA EXPO Mezzocorona. Cantine Rotari. 17a rassegna di attività economiche ed artigiane. Ingresso libero. Organizza: Operatori Economici e Artigiani Mezzocorona. Info: www. mezzocoronaexpo.com.
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25 DOMENICA Esposizione MEZZOCORONA EXPO Mezzocorona. Cantine Rotari. 17a rassegna di attività economiche ed artigiane. Ingresso libero. Organizza: Operatori Economici e Artigiani Mezzocorona. Info: www. mezzocoronaexpo.com. Musica “GENESIS EXTENDED WORLD TOUR”, STEVE HACKETT IN CONCERTO Trento. Ore 21. Auditorium, via Santa Croce 67. Dopo i sold out e i successi del 2013, il leggendario chitarrista della band torna con la sua personale rivisitazione del repertorio Genesis con una scaletta ampliata. Lo “Steve Hackett Genesis Extended 2014 World Tour” toccherà anche l’Italia nel maggio 2014, e includerà nella sua selezione, oltre ai classici, alcune delle gemme del repertorio della band che non avevano potuto essere incluse nel tour precedente. Info: Centro Servizi Culturali Santa Chiara n. verde 800.013952; www. centrosantachiara.it. Prevendita presso la redazione di Trentinomese in via Ghiaie, 15 - 38122 Trento.
Curcu & Genovese Associati S.r.l. - Südtiroler Studio S.r.l. - riproduzione vietata
Direttore Pietro Billi. Info: Centro Servizi Culturali Santa Chiara n. verde 800.013952; www.centrosantachiara.it.
26 LUNEDÌ Cultura SEMINARIO Trento. MUSE - Museo delle Scienze. Corso del Lavoro e della Scienza, 3. Ore 10.00 Seminario: “Vino, cultura dei luoghi, eccellenza del territorio, occasione di architettura e design”. Ore 14.30 Degustazione riservata agli operatori con l’assistenza di Aspi e con la presenza dei produttori. La partecipazione all’evento è gratuita e riservata ai professionisti. Info: info@trentinovino.it; cell. 345.4450830. Tradizione FESTA DEL PATRONO: ANNIVERSARIO DELLA II E DELLA V APPARIZIONE Baselga di Piné. Ore 15. Santuario e Comparsa a Montagnaga. In occasione della Festa del Patrono processione da Baselga fino alla Comparsa a Montagnaga in onore della II e della V apparizione della Madonna a Domenica Targa. Programma: alle 15 partenza della processione dal piazzale delle scuole medie di Baselga in via del 26 maggio. Alle 16 cerimonia religiosa e rinnovo del voto alla Madonna nel prato della Compar-
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trentinoappuntamenti sa a Montagnaga. Per il ritorno è previsto un servizio di bus navetta. Info: Parrocchia di Montagnaga Tel. 0461.557701, A.p.T. Tel. 0461.557028.
27 MARTEDÌ Cultura CONFERENZA Trento. Società Dante Alighieri Via Dordi, 8. “Inverno 2014, un lungo, nevoso autunno: il problema valanghe” ne parlano Alberto Trenti e Andrea Piazza. Info: tel. 0461.239994. Cultura DAI MANOSCRITTI AI LIBRI A STAMPA Trento. Ore 18. Aula didattica del Sottoportico. L’invenzione della stampa e le nuove professionalità: dai copisti ai tipografi, passando per librai ed editori. Le nuove forme, i colori, i linguaggi dei libri: durante l’incontro si parlerà che cosa cambia nella produzione e nella circolazione dei testi, con una particolare attenzione alla stampa a Trento. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www. museodiocesanotridentino.it.
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29 GIOVEDÌ Cultura INCONTRI CON L’AUTORE Cles. Ore 20.30. Biblioteca Comunale. Parole, sentimenti, realtà, Mariapia Veladiano presenta il libro: “Ma come tu resisti, vita”.Info: Tel. 0463.422006; www.comune.cles.tn.it; cles@biblio.infotn.it. Cultura ACQUA: PERCORSO TRASVERSALE IN MOSTRA Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. L’ultimo appuntamento è interamente dedicato al tema dell’acqua: quest’elemento, che richiama subito alla mente la purezza, può aprire nuove chiavi di lettura per alcune delle opere esposte in mostra. Saranno prese in considerazione le immagini che raffigurano la Madonna, la nave della Chiesa che solca trionfante i perigliosi mari della vita, ma anche i dipinti con volti rigati dalle lacrime che dovevano muovere a commozione il riguardante. Ingresso, vista guidata e aperitivo: € 7,00 Non è richiesta la prenotazione. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it.
Enogastronomia LA STRANA COPPIA Baselga di Piné. Ore 19.30. Ristorante 2 Camini. Franca Merz, la chef del Ristorante 2 Camini, e Fabio del Birrificio Bionic vi guideranno alla degustazione delle birre artigianali del Birrificio Bionic, accompagnate dalle specialità della Locanda 2 Camini. Quota di partecipazione: € 15,00. È gradita la prenotazione. Info: Ristorante 2 Camini Tel. 0461.557200. Musica ANGELO BRANDUARDI FUTURO ANTICO Trento. Auditorium S. Chiara. Branduardi si esibirà accompagnato dall’Ensemble Scintille di musica diretto da Francesca Torelli in un repertorio che, partendo dalle musiche dei Codici Trentini ripercorrerà tutto il mondo musicale di Futuro Antico.
30 VENERDÌ Cultura SERATE D’AUTORE Trento. Teatro Spazio 14 - Via Vannetti, 14. Demetrio Paolin, con il suo “Non fate troppi pettegolezzi” edito dalla casa editrice Liber Aria, ci trascinerà in un “viaggio del cuore” dalla prosa di Salgari a quella di Franco Lucentini, da Pri-
mo Levi a Cesare Pavese. Dopo il teatro e la poesia, una prosa che conquista con infinita nostalgia e chiude il cerchio di questo percorso sulla memoria attraverso la parola. Nella stessa serata le performance e le installazioni del gruppo informale dei Performattivi, ricercatori d’immagini e sensazioni, ragionatori del vivere urbano, che sigleranno “Serate d’Autore” con alcune proposte artistiche sul file rouge dell’iniziativa. Info: info@ spazio14.it, 346.6050763, www. spazio14.it. Cultura CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Musiche tra ricerca, mito e politica del folclore”. Incontro con Cosimo Colazzo. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www.buonconsiglio.it. Enogastronomia LA STRANA COPPIA Baselga di Piné. Dalle 19. Ristorante 2 Camini. Franca Merz, la chef del Ristorante 2 Camini, e Fabio del Birrificio BioNoc’ vi aspettano per una cena di degustazione con abbinamento di Burger & Birra di origine trentina. Programma: alle 19 degustazione
trentinoappuntamenti delle birre con Fabio per scoprire l’origine della birra, la materia prima e le tecniche di assaggio. Dalle 20 cena 2B: i burger di Franca, realizzati con carne di allevamenti locali o nella versione vegetariana con pane fatto in casa e prodotti del territorio sono abbinati alla birra BioNoc’ di origine trentina. Per concludere la serata dalle 21.30 degustazione di birra e cioccolato con Fabio. Quota di partecipazione: € 20,00. È gradita la prenotazione. Info: Ristorante 2 Camini Tel. 0461.557200. Musica CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20.45. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Ethnos ‘900. Concerto del Motocontrario Ensemble. Musiche di Lopes-Graça, Ligeti, Kodaly, Guerra-Peixe, Nicolau“.Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www. buonconsiglio.it.
31 SABATO Cultura COSTELLAZIONI FAMILIARI Zambana vecchia. Ore 15-18. C/o associazione Mana. Comunicare la propria presenza scrivendo a: julijana.osti@libero.it.
GLI APPUNTAMENTI DI GIUGNO 3 MARTEDÌ Cultura PRESENTAZIONE LIBRO Trento. Società Dante Alighieri - Via Dordi, 8. “Il giornalista del Concilio” - Biografia di Don Vittorio Cristelli (Ed. Il Margine) - ne parlano gli autori Diego Andreatta, Fulvio Gardumi e Walter Nicoletti. Sarà presente Don Vittorio Cristelli. Info: tel. 0461.239994. Cultura LA STAMPA DEL CINQUECENTO, TRA RIFORMA E CONTRORIFORMA Trento. Ore 18. Museo Diocesano Tridentino. Nel corso del Cinquecento i libri a stampa giocarono un ruolo fondamentale nello scontro tra le idee della Riforma protestante e le posizioni della Chiesa romana. Tra i temi più dibattuti vi fu quello delle edizioni della Bibbia nelle lingue volgari: l’argomento sarà affrontato attraverso l’analisi delle rare edizioni della Bibbia esposte in museo in occasione della mostra Arte e persuasione. La strategia delle immagini dopo il concilio di Trento. L’incontro prevede inoltre un approfondimento relativo ai temi della censura e dell’Indice dei libri proibiti. Info: Museo Diocesano Tridentino Tel. 0461.234419; www.museodiocesanotridentino.it.
4 MERCOLEDÌ Danza DANZA DEL VENTRE Zambana vecchia. Ore 20.45. Associazione “Mana“. Per info e/o iscrizioni: mimosa.2009@live.it.
6 VENERDÌ Cultura CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Nascere e rinascere al suono. Nei primi mesi di vita e al nido: ricerche ed esperienze di educazione al suono”. Incontro con Valentina Massetti. Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www.buonconsiglio.it. Musica «ORCHESTRA HAYDN» Rovereto. Ore 20.45. Chiesa S. Marco. Concerto su musiche di Mozart. Info: Associazione Filarmonica Rovereto Tel. 0464.435255; associazionefilarmonica1@tin.it. Musica CONTRASTI - RASSEGNA DI MUSICHE NUOVE E DEL ‘900 Trento. Ore 20.45. Castello del Buonconsiglio. Sala Grande. “Rinascimenti eccentrici. Ragione, flessibilità, furiose espansioni”. Concerto del Motocontrario Ensemble. Musiche di Britten, Hindemith, Masu, Colazzo, Massetti, Mattevi, Longo Info: Castello del Buonconsiglio Tel. 0461.233770; press@buonconsiglio.it; www.buonconsiglio.it.
8 DOMENICA Enogastronomia IL CUCCHIAIO DELL’ARGENTARIO Albiano, Civezzano e Fornace. quinta edizione della manifestazione cultural-gastronomica che si svolge nei Comuni di Albiano, Civezzano e Fornace. Una passeggiata all’insegna dell’enogastronomia, della natura, della cultura, della storia dei Canopi. Una giornata per rivivere insieme gli usi ed i costumi dei Canopi, gli antichi minatori dell’Argentario. Un percorso con varie tappe enogastronomiche e teatrali con partenza e rientro a Pian del Gacc.. Info: A.p.T. Tel. 0461.557028, info@visitpinecembra.it, www.visitpinecembra.it, il cucchiaiodellargentario@gmail. com, Associazione Ecomuseo Argentario info@ecoarge.net, www. ecoarge.net.
10 MARTEDÌ Cultura I CHIAROSCURI DEI CAPILETTERA Trento. Ore 18. Aula didattica del Sottoportico. Durante l’incontro si sperimenterà la tecnica dell’incisione per realizzare un capolettera nello stile dei libri del Cinquecento.
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trentinomatrimoni PER I NOSTRI LETTORI, LE NOZZE DI LORENA E ALDO SULLA RUBRICA DEDICATA AI FIORI D’ARANCIO
IL MATRIMONIO DEL MESE
Lei Nome: Lorena Anni: 50 Nata a: Trento Residente a: Pergine Valsugana Occupazione: Impiegata Parrucchiere: Lorenza Grisenti Group Estetista: Lorenza Grisenti Group Vestito: Fashion Gallery - Trento
Lui Nome: Aldo Anni: 52 Nato a: Trento Residente a: Pergine Valsugana Occupazione: Imprenditore Vestito: Giorgio Armani Scarpe: Pedrotti - Trento Barbiere: Lorenza Grisenti Group 112
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trentinomatrimoni
Servizio fotografico a cura di: Lucio Tonina www.fototonina.com
Matrimonio: Data: Luogo: Anelli: Lista di nozze: Invitati: Ricevimento: Pasticceria: Bomboniere: Intrattenimenti per gli invitati: Viaggio: Durata: Vivranno a:
Religioso 30 marzo 2014 Santuario di Montagnaga di Pinè Iori - Pergine Valsugana Donazione a “Un cuore, un mondo onlus” di Padova, in ricordo della piccola Chiara 200 Romantic Hotel Posta - Montagnaga Panificio Grisenti Fai da te Andrea Pergher, “Marcello Sosta” Dubai 9 giorni Pergine Valsugana
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trentinoscoop&news
TUTTO IL TRENTINO SUL TUO CELLULARE
NUOVO STUDIO LEGALE A TRENTO: PARTENOPEO “VERACE”
NUOVA APP GRATUITA PER LE EDIZIONI31: LE CARTE TREKKART ANCHE SU SMARTPHONE
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e carte geografiche Trekkart, apprezzate per le loro ridotte dimensioni e la copertura integrale del territorio provinciale, rinnovano in questi giorni il loro fortunato motto “Il Trentino in tasca” con questo nuovo: “Il Trentino sul tuo cellulare, gratis!”. Da oggi infatti tutta la cartografia Trekkart – la stessa del noto Atlante Cartografico del Trentino in scala 1:25.000 – è disponibile gratuitamente su smartphone Apple e Android. La nuova app, lanciata dalla casa editrice Edizioni31, consente di poter utilizzare questo prodotto già diffuso fra gli escursionisti più esigenti per la precisione e la grafica aggiornata, avendo a disposizione sul proprio display tutto il Trentino suddiviso in 28 aree, scaricabili singolarmente e sempre gratuitamente. Il quadro di unione Trekkart incluso nella app fornisce, in base alla posizione in cui si trova, l’indicazione della corrispondente cartina cartacea, che è sempre bene comunque portare con sé durante le escursioni. Va sottolineato che la nuova applicazione si presenta stand-alone, ovvero il collegamento con la rete telefonica o wifi è necessario solo per scaricare app e mappe, mentre durante le escursioni l’apparecchio (se dotato di dispositivo GPS) si collega solamente con i satelliti per indicare la posizione esatta.
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legante e spumeggiante la serata “fuori dal solito” organizzata ed offerta da Maurizio Klain, avvocato partenopeo da ben quattro generazioni e dalla sua simpatica consorte nonché Collega, Egle di Pietro, i quali per amore della qualità della vita ed attratti, soprattutto, dai rinomati e prestigiosi vitigni locali, hanno strizzato l’occhiolino alla “Napoli bene” trasferendo la loro consolidata professionalità dalla elegante “Chiaia” alla tranquilla, soleggiata e rigogliosa Trento. In Largo Carducci, sede del loro studio legale, hanno, tra l’altro, costituito anche la sede regionale dell’A.N.F.I., Associazione Nazionale Familiaristi Italiani, offrendo, insieme ad altri professionisti qualificati, un’assistenza ad ampio raggio, su tutte le problematiche del diritto di famiglia. Ovviamente, da buoni partenopei, Maurizio ed Egle non hanno dimenticato di mettere in valigia l’allegria e la voglia di condividere una piacevole serata in compagnia degli amici più cari. Ecco dunque, che al tramonto di una calda serata di inizio primavera, all’interno del magnifico scenario delle cantine private dello Scrigno del Duomo, raffinato e storico ristorante, nel cuore di Trento, accompagnati dalle oniriche note di un’arpa, i coniugi Klain hanno accolto i loro affettuosi ospiti, tra fiumi di bollicine, condite con le varie specialità tipiche della casa. Numerosi gli ospiti intervenuti al cocktail dinner che con un caloroso e simpatico applauso hanno gradito la serata. Degno di bon ton anche l’invito, dai toni seppia, confezionato in elegante carta Amalfi.
Per la prima volta in assoluto un’applicazione di questo tipo è fruibile gratuitamente su entrambe le piattaforme: si tratta di un vero e proprio atto d’amore della giovane casa editrice trentina di Marcello Predelli verso la nostra provincia e insieme la condivisione di una passione con chiunque nutra lo stesso sentimento per la nostra terra da qualsiasi Paese del mondo provenga. La nuova app è disponibile dal 25 aprile scorso su App Store e Google Play. Per altre informazioni: Edizioni31. 328.2293899 www.edizioni31.it www.trekkart.it
trentinoscoop&news
LA CA’ DEI VIOLONI A LEVICO, 40 ANNI DOPO INCREDIBILE, MAESTOSO “MAGNO PALAZZO”
LA STORICA COMMEDIA PRESENTATA DAGLI STESSI ATTORI DELL’ESORDIO
IL PALINSESTO DI RAI REGIONE AL CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO
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omincia con “Perduti nel Paesaggio”/ “Lost in Landscape” la puntata di domenica 4 maggio di “Tapis Roulant”. La mostra del Mart che rimarrà aperta sino al 31 agosto, rappresenta un grande progetto espositivo dedicato al paesaggio contemporaneo e ai suoi molti significati: spazio, ambiente, paesaggio urbano, naturale e così via. La Struttura di Programmazione della Sede Rai di Trento ha dato spazio a questa mostra e voce ai suoi protagonisti, ma anche a chi si è trovato a visitare questa esposizione, sentendone le voci e le opinioni. Da segnalare anche un‘intervista a Franco Bernabè che, dopo dieci anni di Presidenza del Mart, con questa mostra ha chiuso la sua esperienza con l’istituzione trentina, dalla quale confessa di avere ricevuto molti insegnamenti personali, offrendole allo stesso tempo tutta la sua capacità e know how di grande manager. Continua l’appuntamento con le originarie ricette del trentino raccontate, riproposte e reinterpretate. La puntata è dedicata allo “Sguazet e polenta di patate” e la ricetta è presentata dallo chef Paolo Betti. Il legno è il comune denominatore del successivo filmato. Una prima parte è dedicata all’omonima mostra, un viaggio emozionale che accompagna e trasporta lo spettatore sin dentro le forme e le emozioni immaginarie o reali che la creatività degli artisti, attraverso le loro sculture, riescono a suscitare. Domenica 18 maggio, si apre con “Il Magno Palazzo”. Tra il 1528 ed il 1536 a Trento, con il Principe Vescovo Bernardo Cles, accadde un piccolo miracolo: in soli otto anni di febbrili lavori un’incredibile squadra di architetti, pittori e scultori riesce a realizzare uno dei più bei palazzi rinascimentali dell’epoca: il Magno Palazzo del castello del Buonconsiglio, un gioiello di architettura e di apparati decorativi… Continua l’appuntamento con la gastronomia trentina: Lucio Gardin, nella cucina di Palazzo Roccabruna, intrattiene e presenta alcuni tra gli chef più significativi del territorio. Oggi è la volta dello chef Lucia Gius e della ricetta: “Osei scampai”. Tapis Roulant ci porta, infine, in diverse zone della città, dove la mitica nonna Nunzia commenta con ironia la quotidianità.
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loccare il tempo, si sa, è un’impresa impossibile: ma a Levico Terme sembra che ci siano riusciti. È successo con “La Cà dei Violoni” la famosa commedia di Renzo Francescotti messa in scena per decenni da decine di filodrammatiche, trasposta in vari dialetti. La commedia – la prima scritta da questo poliedrico autore venne scritta cinquant’anni fa da Francescotti, allora venticinquenne . Ambientata tra Levico Terme e l’altopiano di Vezzena, ispirata a una famiglia levicense in lotta con la legge, venne rappresenta nel teatro di Levico Terme con enorme successo quarant’anni fa. Dopo quell’exploit, per varie ragioni, la filodrammatica si sciolse. Quarant’anno dopo gli stessi attori e lo stesso regista hanno deciso di riunirsi per rimettere in scena la commedia. Grande il lavoro dei truccatori e grande il successo, come quarant’anni prima con i biglietti subito esauriti. Encomiabili tutti: regista, attori, tecnici. Ferdy Lorenzi il regista; Bianca Perina la vecchia zia gobba dei Violoni; i quattro fratelli, Poldo (Marco Pasquini), Cesco (Marco Francescatti), Minco (Pierino Vergot) e Toni (Antonio Libardi); Franca Pradi, la fidanzata di Poldo, il guardiano della malga Marco Perina, l’amico del guardiano, Luciano Magnago. Assieme ad un pubblico entusiasta hanno presenziato il Sindaco Arturo Benedetti, l’assessore comunale alla Cultura Tommaso Acler e l’autore. Previste repliche non solo a Levico.
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IL GOLF TRENTINO SEMPRE PIÙ IN ALTO ANNA GADDO CELEBRA 55 ANNI DI CARRIERA PRESENTAZIONE UFFICIALE PER IL LIBRO SULLA STORIA DELLA CASA DI MODA
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olla delle grandi occasioni venerdì 4 aprile scorso, presso la sala di rappresentanza della Regione a Trento, per la presentazione del libro sulla vita di Anna Gaddo e sui suoi 55 anni di carriera come creatrice d’alta moda: oltre 310 pagine in cui al testo, che concentra un’esistenza vissuta intensamente caratterizzata da un’altrettanto straordinaria carriera, si alternano immagini eloquenti di fascino e bellezza. Conduttrice della manifestazione Sonia Leonardi, amica e ex modella della stilista. “Anna Gaddo – Una vita di stile – Uno stile di Vita” (Curcu & Genovese), questo il titolo del libro scritto da Luisa Gretter Adamoli che, come ha sottolineato l’autrice stessa, ripercorre con scrupolosità gli avvenimenti che hanno segnato la vita di una grande donna e di un’affermata stilista. Partita dal suo piccolo paese di Barbaniga, presso Civezzano, dove era nata in una famiglia di modeste condizioni, Anna, nella sua lunga carriera, con la propria genialità e con le collezioni create in tanti anni di straordinaria professionalità, ha portato, infatti, l’ingegno e le potenzialità della terra trentina in tutto il mondo. Città come Roma, Milano, Parigi, Bruxelles, Los Angeles, Pechino, Teheran e tantissime altre, hanno visto sfilare nei luoghi più prestigiosi, consacrati all’alta moda, i modelli realizzati nell’atelier di Anna in Via Valsugana. Tutto ciò grazie anche, da trent’anni a questa parte, all’immancabile collaborazione e all’abilità della figlia Cristina. Con grande entusiasmo e passione, con un impegno che non è mai venuto meno, attraverso lo studio e ricerca costante di nuovi tessuti e modelli, le due signore dell’alta
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CIRCUITO DOLOMITI GOLF CUP 2014: È LA 23ª EDIZIONE
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l 15 aprile a Trento, presso la sede del CONI, è stata presentata alla Stampa la 23ª edizione del Circuito Dolomiti Golf Cup 2014 da Giorgio Torgler, Presidente del CONI del Trentino, che, come padrone di casa, ha dato il benvenuto a tutti ricordando che alle prossime Olimpiadi di Rio de Janeiro in Brasile nel 2016 il Golf entrerà a pieno titolo come disciplina sportiva e che il Trentino è diventato un grande villaggio sportivo, grazie ai suoi 20.000 tecnici volontari che, con le recenti Universiadi, gestite con parsimonia e professionalità, hanno dato grande visibilità al Trentino stesso. Riccardo Gaifas, Delegato della Federazione Italiana Golf per le Province di Trento e di Bolzano, ha illustrato il successo che il golf italiano ha riscosso negli ultimi anni. I tesserati in Regione sono 3.549. Entro giugno 2014 è prevista l’inaugurazione delle nuove 9 buche del GC Folgaria, che diventerà il quinto campo in Regione con percorso a 18 buche, mentre è in costruzione un nuovo campo a 9 buche nella zona di Appiano. Sergio Costa, responsabile del Circuito, ha fatto presente che anche questa edizione del Circuito ha avuto per la terza volta il patrocinio della Fondazione Dolomiti-UNESCO per la coerenza delle attività presentate con gli obiettivi della Fondazione e per la seconda volta il patrocinio del CONI. moda trentina hanno fatto della loro attività una vera forma d’arte che è sempre stata anche specchio delle mutazioni sociali di ben cinque decenni di costume e di storia. Alla presentazione del volume erano presenti il sindaco di Trento, Alessandro Andreatta, il senatore Franco Panizza e l’assessore al turismo Michele Dallapiccola che hanno voluto, con i loro interventi, rendere omaggio ad Anna Gaddo, uno dei personaggi trentini più importanti del secondo novecento, anche per quanto riguarda il settore del commercio e dell’artigianato. Ciò è stato ribadito anche dal presidente dell’Associazione Artigiani, Roberto de Laurentis che ha consegnato ad Anna una targa a ricordo di questi 55 anni di alta professionalità. A conclusione della serata, Anna Gaddo ha chiamato accanto a sé, oltre alla figlia Cristina anche la nipote Jessica che già collabora nell’attività del loro atelier e che rappresenta quella generazione di giovani a cui Anna Gaddo ha dedicato il suo libro. E questo, nella speranza di poter rappresentare un esempio da imitare per le generazioni future, perché possano realizzare i loro sogni e costruire una carriera di grande successo e soddisfazioni se perseguita, anche con grandi sacrifici e in momenti difficili, con tenacia, impegno e passione.
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FONDAZIONE CASSA RURALE DI TRENTO BOSCHERI & CAVALLI: TORNA IL PICTURE DISC UNA COLLABORAZIONE TRA L’ARTISTA ALTOATESINO E IL MUSICISTA CAMPANO
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aurizio Boscheri, artista altoatesino conosciuto e apprezzato a livello internazionale per i suoi coloratissimi lavori iperrealistici di ambienti naturali e Cesare Cavalli dj, musicista e produttore di Salerno, ma residente a Rovereto di Trento, hanno collaborato alla realizzazione di un Ep di musica elettronica con 5 brani, dal titolo “Natura1” per l’etichetta Criminal R3cords fondata dallo stesso Cesare Cavalli. Realizzato da Cavalli con strumentazione elettronica ed acustica, mixato digitalmente con un grosso lavoro sulla modulazione del suono, il disco, fin dalla denominazione, è fortemente ispirato a suoni e suggestioni della natura. L’intenzione dichiarata è quella di portare un pensiero, oltre che un prodotto, positivo nei confronti della natura e di tutto quello che può essere l’ambiente degli animali, il modo in cui loro comunicano. L’elettronica quindi come strumento per un contatto tra suoni ed essenza di un messaggio da far arrivare alle persone. Più che musica da discoteca, il lavoro è quindi pensato per ambienti da discoteca. Con delle parti di spinta, delle ripartenze per far divertire, per catturare l’attenzione. Ma molto si è puntato sulle particolari sonorità inserite. Ad esempio canti di animali, suggeriti da Boscheri, come i suoni di lemuri presenti in un brano. La sequenza di brani dell’Ep risulta dunque come insieme di suoni diversi, stratificati: da quelli della natura agli elettronici, da quelli acustici alla voce umana. Per sottolineare ulteriormente
RINNOVATE ANCHE QUEST’ANNO LE BORSE DI STUDIO DA 12MILAEURO
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na risorsa per il futuro: sono i giovani talenti che vanno valorizzati attraverso percorsi di alto livello nei quali confrontarsi con contesti differenti e perfezionare la propria preparazione scolastica in particolari ambiti, nazionali e internazionali. Viviamo in un mondo che richiede ai giovani sempre maggiori competenze e capacità. Per questo la Fondazione Cassa Rurale di Trento ha deciso di istituire anche per quest’anno tre borse di studio del valore di 12.000 euro ciascuna, destinate a giovani laureati che intendano iniziare o proseguire un progetto di studio o di perfezionamento di alto livello, presso Università o Istituzioni italiane o estere, pubbliche o private in tre aree tematiche: economico - giuridica, tecnico - scientifica, umanistico- artistica. Le domande vanno presentate entro il 30 giugno e l’assegnazione avverrà entro il 15 agosto. I fondi della borsa di studio dovranno essere utilizzati per progetti di studio che inizino entro il 31 gennaio 2015. Il bando completo e le modalità di partecipazione sono disponibili sul sito www.fondazionecrtrento.it. Ulteriori informazioni anche presso la Sede della Cassa Rurale in via Belenzani 6, Ufficio Soci: tel. 0461 - 206257.
l’accento posto sull’elemento natura, Cesare ha puntato anche sulla particolarità dell’immagine. Realizzando un sogno che cullava fin dall’adolescenza, ha realizzato infatti un disco in vinile con la particolare lavorazione che da forma al picture disc. Riesumando una tendenza degli anni ’80-’90, le superfici incise presentano un’opera di Maurizio Boscheri. Ispirandosi alla musica, ma ancor più al racconto di un sogno di Cesare, Maurizio ha creato un’immagine: due king cobra con un occhio del giudizio. I cobra sono attorcigliati su uno sfondo indefinito, visionario. Interpretazione di una fantasia onirica, il lavoro si differenzia da ciò che Boscheri realizza solitamente ispirandosi alla realtà. Questa è infatti un’immagine che non esiste in natura: i king cobra solitamente non si attorcigliano, quasi a suggerire qualcosa che è sì in natura, ma va anche oltre. Disco, immagine, messaggio vogliono rappresentare un richiamo a ciò che stiamo combinando come essere umani nello sfruttamento delle risorse della natura; rivolto a chiunque possa trovare il tutto acusticamente interessante, ma non tralascia di soffermarsi anche sull’aspetto estetico. Il disco è distribuito dalla tedesca Decks Records, leader nel settore, prima ad essere rimasta entusiasta del progetto, in quanto da almeno un decennio, non vedeva una produzione indipendente del settore impegnata in un prodotto come questo. Info: Martist tel. 349-4424030 martist@tiscali.it 117
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FEM 140, BOOM ALLE PORTE APERTE DA VITTIMA DELLE “IENE” AL RITO DEL “BONCUCIAR” GIUSEPPINA IN TV SUO MALGRADO. E POI A VERONA, CON ONORIFICENZA
BOOM DI VISITATORI AL CAMPUS DELLA FONDAZIONE MACH CON IL PRESIDENTE PAT E L’ARCIVESCOVO. IN MIGLIAIA TRA STAND E LABORATORI
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gnaro sketch per Giuseppina che, trovandosi a sorseggiare un caffè nel bar di Piazza Babila a Milano, è stata avvicinata da un giovanotto che poi si è rivelato essere una delle “Iene” televisive. Lo scherzo è stato trasmesso nella puntata del 12 marzo. In una secondo appuntamento, felice ed emozionata, a Verona, nell’accogliente e splendida Sala Arazzi, Giuseppina è stata onorificata con fascia e medaglia artistica dalla confraternita del Boncuciar nel suo 35° anniversario. Giuseppina fa già parte da oltre 20 anni della confraternita Imperial castellania di Suavia – unica al mondo tutta al femminile – di cui fanno parte personalità come Katia Ricciarelli, Manuela Di Centa, Sara Simeoni, ecc.
1. Angelo Duro (de “Le iene”) e Giuseppina. 2. Giuseppina, Luisella, Patrizia e, dietro, Adriana. 3. Giuseppina, Massimo e Grazia. 4. La giornalista Simonetta Chesini di Telenuovo, Sara e Giuseppina. 5. Il Presidente che onorifica Giuseppina. 118
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i chiudono con un bilancio decisamente positivo le celebrazioni dei 140 anni della Fondazione Edmund Mach. Sabato 12 aprile, la cerimonia inaugurale con le autorità e lo spettacolo 3d mapping al monastero, il giorno seguente le porte aperte con sette ore ininterrotte di attività e percorsi guidati che hanno registrato diverse migliaia di visitatori. Stand e laboratori presi letteralmente d’assalto, grande partecipazione alle visite guidate, parcheggi da tutto esaurito, maneggio e spazio animali per la gioia dei più piccoli con laboratori creativi, intrattenimenti vari e gastronomia. Il 13 aprile, il presidente della Provincia autonoma di Trento ha inaugurato la nuova opera d’arte che completa il Palazzo della Ricerca e della Conoscenza, un vecchio melo di Renetta Canada realizzato in ferro battuto dall’artista Luciano Zanoni e l’arcivescovo, monsignor Luigi Bressan, ha benedetto la sede del Centro Trasferimento Tecnologico. Grande soddisfazione anche dei vertici dell’ente per la riuscita di questa manifestazione. Per mettere a punto l’evento ha operato da diversi mesi una squadra composta da 450 persone della Fondazione Mach, tra ricercatori, docenti e studenti. Trecento, in particolare, gli alunni che si sono occupati degli allestimenti, dei decori floreali e della distribuzione dei volantini.
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UN PREMIO PER GIOVANI TALENTI “SUMMA” BENEFICA, DA ALOIS LAGEDER
BORSE DI STUDIO DELLA FONDAZIONE, CASSA RURALE DI TRENTO
RACCOLTI OLTRE 37MILA EURO PER L’ASSOCIAZIONE UMANITARIA AIUTARE SENZA CONFINI
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i è chiusa domenica 6 aprile la sedicesima edizione di Summa, l’appuntamento annuale organizzato da Alois Lageder presso la sua Tenuta e dedicato ai vignaioli d’eccellenza provenienti da tutto il mondo, che presentano i propri vini in una due giorni di pura eccellenza enologica. Grazie al prezioso sostegno di ospiti e organizzatori, quest’anno la manifestazione, che da anni collabora con Aiutare senza Confini - ONLUS che ha l’obiettivo di aiutare i profughi della guerra birmana – ha raccolto e interamente devoluto all’associazione oltre 37.000 Euro. Casòn Hirschprunn – il palazzo rinascimentale del XVII secolo di proprietà della famiglia Lageder - ha aperto le porte a circa 2.000 visitatori tra operatori del settore e stampa, italiani e stranieri, che hanno scelto di trascorrere un weekend tra degustazioni di raffinate etichette - incluse le nuove annate di Alois Lageder - e di oli d’oliva d’autore, visite guidate della cantina e dei vigneti, seminari e verticali. Summa 2014, in particolare, ha reso omaggio ai “90 anni dell’agricoltura biodinamica – 86 anni del marchio Demeter”, dal titolo stesso dell’edizione di quest’anno: il primo piano del palazzo è stato dedicato interamente all’associazione Demeter, presenti con una selezione dei suoi viticoltori biodinamici. La Tenuta di Magrè ha voluto dimostrare, in occasione di Summa 14, che la coltivazione biodinamica fornisce risposte concrete a quesiti ancora oggi irrisolti dell’odierna agricoltura ecologica e della società contemporanea. “Mi auguro che Summa14 abbia contribuito a sostenere la comunità Demeter e i processi produttivi naturali e sensibili da loro promossi”, conclude Alois Lageder. Anche nel 2014 Summa si è basata sul modello dei green event, caratterizzata quindi dal tema dell’ecosostenibilità. La manifestazione è stata pianificata, organizzata e realizzata nel rispetto della tutela ambientale e nel 2014, grazie alla sua organizzazione ecologica, è stata ufficialmente certificata come Going Green Event dall’Agenzia provinciale per l’Ambiente. Ulteriori informazioni: www.summa-al.eu
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roseguire gli studi con formazione di alto livello per i giovani trentini è diventata opportunità concreta grazie alla Fondazione Cassa Rurale di Trento, che da alcuni anni investe in tale ambito, assegnando delle borse di studio del valore di 12.000 euro ciascuna. Lo scorso anno – edizione 2013 – i tre giovani trentini che hanno potuto affrontare questo impegnativo percorso sono stati Federica Patton, Daniele Paolo Anderle e Sebastiano Fabbrini. Per l’area tematica economico-giuridica: Federica Patton, 22 anni, laureata in studi internazionali con il progetto “Etudes du développement, Spécialité « Crises: Interventions d’urgence et actions de développement (Master in Cooperazione allo sviluppo - percorso Crisi: gestione di situazioni d’emergenza e di progetti di cooperazione internazionale)”, in svolgimento presso l’Università Sorbona di Parigi. Per l’area tematica tecnico-scientifica, Daniele Paolo Anderle, 25anni, laureato in fisica, con il progetto “Nextto-next-to-leading order calculation for semi-inclusive lepton scattering (Calcoli cromo dinamici quantistici al secondo ordine perturbativo per il processo semi inclusivo di scattering leptone-adrone)”, in svolgimento presso le Universitá di Tubinga e di Buenos Aires. Per l’area tematica umanistico-artistica, Sebastiano Fabbrini, 23 anni, laureato in architettura, con il progetto “BRANDED TERRITORIES - Modelli ed Esperienze di Sviluppo Economico basati su Politiche di Branding e Theming del Territorio”, presso la University of California di Los Angeles. Il comitato scientifico che ha valutato i progetti era formato dall’ing. Diego Schelfi, dalla professoressa Mariangela Franch, dal professor Marco Andreatta e dall’avvocato Patrizia Corona.
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IL LIBRO DEL MESE
TRENTA PITTORI PER UN POETA A RIVA DEL GARDA UNA MOSTRA DAVVERO MOLTO PARTICOLARE
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lla Galleria Civica “Craffonara” di Riva del Garda, il 12 aprile è stata aperta la mostra “30 Pittori per un poeta”. Si tratta di un’esposizione unica: da quanto risulta non era mai accaduto in Trentino che ben trenta artisti si fossero impegnati per settimane a interpretare con varie tecniche (pittura, scultura, mosaico, tecniche miste) le poesie di un unico poeta. Gli artisti sono quelli della storica Associazione “Amici dell’Arte”, fondata a Riva del Garda nell’immediata dopoguerra da un gruppo di pittori capeggiati da Giacomo Vittone. Renzo Francescotti è stato il poeta prescelto. Un folto pubblico giunto anche da fuori provincia ha partecipato all’inaugurazione. Ha parlato il presidente degli Amici dell’Arte Luigi Meregalli, mettendo in evidenza l’eccezionalità della mostra che espone accanto alle pitture e sculture i testi delle poesie di Francescotti (in dialetto e nella loro versione in italiano), tratti da “Lovi solagni - Lupi Solitari”, un poema di 350 pagine, costato 12 anni di lavoro (Edizioni Curcu & Genovese). L’assessore alla cultura di Riva del Garda Flavia Brunelli ha sottolineato l’importanza della manifestazione, complimentandosi con gli organizzatori, con i trenta artisti in mostra e con Renzo Francescotti, da molti anni frequentatore del Basso Sarca, che ha sempre offerto la sua collaborazione alle manifestazioni artistiche del territorio. La giovane studiosa d’arte Monia Di Marco ha tracciato sinteticamente le opere dei 30 artisti in mostra. Alcune liriche dei “Lovi solagni” sono state lette con efficacia e professionalità dall’attrice Patrizia Perini. Un pregevole catalogo con l’introduzione del critico d’arte Riccarda Turrina è stato gratuitamente messo a disposizione del pubblico. L’esposizione rimarrà aperta sino a martedì 6 maggio.
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PER LA PRIMA VOLTA, UN LIBRO RACCONTA DEL PALAZZO CHE VISSE QUATTRO VOLTE: DAL CONCILIO ALLO ZUCCHERIFICIO, DALLE POSTE AUSTROUNGARICHE ALLE POSTE ITALIANE. PARLIAMO NATURALMENTE DI PALAZZO A PRATO DI TRENTO
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osa rimane della città romana intercettata negli anni Trenta dagli scavi per la costruzione del palazzo delle Poste e Telegrafi di Trento, progetto di Angiolo Mazzoni quale risposta del governo alla crisi economica del 1929? Cosa rimane delle case medievali sulle quali è costruito il palazzo cinquecentesco e di quelle demolite nel Ventennio per liberare il costruendo monumento della “Trento nuova”? Cosa rimane dell’armonia del palazzo rinascimentale, del suo ampio giardino, dei suoi spazi ritmati dalle ombre di portici e logge? Cosa rimane dei “fuochi fatui” accesi per le celebrazioni del terzo centenario del Concilio e di quel mondo proto industriale che trovò normale insediare nelle nobili e vuote sale del palazzo le caldaie scoppiettanti che fornirono zuccheri e lavoro? Cosa rimane del palazzo postale asburgico che sorse sulle ceneri dell’imperial opificio e sulla incapacità della città di decidere del suo futuro? Di tutte queste cose rimangono gli echi, le citazioni e i frammenti, selezionati e ricomposti nell’attuale palazzo postale attraverso un raffinato, quanto complesso, gioco di stratificazioni artefatte di segni e memorie che raccontano la
trentinolibreria Paolo Ghezzi La Rosa Bianca non vi darà pace. Abbecedario della giovane resistenza Il Margine
Pierino Tonini Il maso perduto Storia di una famiglia come tante Edizioni31
Fabrizio Torchio e Riccardo Decarli Ad est del Romanticismo 1786-1901 Alpinisti vittoriani sulle Dolomiti New Book Edizioni
Hans Scholl, 24 anni. Sua sorella Sophie, 21 anni. I suoi amici Alexander Schmorell, 25 anni; Willi Graf, 25 anni; Christoph Probst, 23 anni. Il loro professore Kurt Huber, 49 anni. I cinque studenti e un docente di filosofia dell’Università di Monaco pagarono con la vita, nel 1943, i sei volantini della Rosa Bianca scritti contro il regime disumano del nazionalsocialismo. In nome della libertà e della dignità umana. Per la prima volta, questa straordinaria storia di resistenza disarmata e di coraggio civile viene raccontata sotto forma di un abbecedario, aggiornato alle più recenti ricerche storiografiche in Germania, che mette insieme brevi ritratti biografici dei protagonisti del gruppo e dei loro collaboratori con i testi dei volantini e le parole-chiave (in versione bilingue, pensata anche per un uso scolastico) che hanno ispirato i ragazzi della Weiße Rose: da Amicizia a Inquietudine, da Dio a Resistenza, da Camminare a Socialismo.
Nel Sudtirolo di fine Ottocento, in piena belle époque, alla periferia del mitico Impero Asburgico fra montagne austere, valli incantate e fiabeschi castelli immersi in distese fiorite e pregiati vigneti, iniziano le sorprendenti e autentiche vicende di questo racconto. In questi luoghi arcaici e romantici dove la storia ha lasciato la sua impronta, la straordinaria bellezza dei paesaggi si incrocia con la dura realtà contadina. Nella perenne quiete della natura eventi straordinari e sconvolgenti segneranno per sempre le sorti dei membri di una famiglia della Val di Non. Nella narrativa non si dipinge solo la storia di un maso e del suo nucleo familiare, ma si illustra un periodo storico descrivendo un territorio e il suo universo culturale. Peripezie, catastrofi naturali e vicissitudini politiche si intrecciano ad antiche tradizioni e feste paesane.
Un’opera che racconta la nascita dell’alpinismo locale e dolomitico, uno strumento di conoscenza, di attrazione verso luoghi che hanno ammaliato personaggi straordinari e la copertura di un vuoto di storia dell’alpinismo tra i più interessanti. Gli autori, Fabrizio Torchio e Riccardo Decarli, hanno ricostruito il contesto trentinodolomitico dei primi viaggiatori e, successivamente, dei primi alpinisti, raccontando le esplorazioni e le salite, allargando lo sguardo anche a quanto accadeva sull’intera catena alpina. Il loro è stato un viaggio attraverso l’Europa. Nell’Inghilterra meridionale sono state poi rinvenute tracce di Douglas William Freshfield, il maggiore esploratore alpino dell’Ottocento, mentre a Bassano del Grappa, nell’archivio cittadino, sono state trovate le lettere di John Ball, autore della prima guida alpinistica.
storia di questo luogo. Come ogni narrazione, quella di Angiolo Mazzoni, offre una prospettiva personale che alle vicende di palazzo a Prato affianca le storie di piazza Vittoria, del complesso conventuale della SS. Trinità, dei palazzi e delle torri che lo circondano. Tutte queste storie diventano forme architettoniche che compongono un racconto quasi cronologico che si svolge attraverso la successione di frasi distinte, didascaliche, prive di confusione e retorica. Negli anni Settanta del Novecento, Mazzoni dona il suo archivio alla Galleria Museo Fortunato Depero di Rovereto, confermando lo stretto rapporto tra la sua opera e le ricerche futuriste. La vicinanza tra l’architetto, Depero e Marinetti emerge anche dalla storia del restauro progettato da Mazzoni, complessa vicenda che testimonia la capacità dell’arte di trasfigurare luoghi e cose. Attraverso la reinvenzione di quanto sopravvissuto del palazzo rinascimentale e la negazione dell’edificio postale realizzato quaranta anni prima dall’amministrazione asburgica, Mazzoni sperimenta sul costruito quel programma di rifondazione futurista perseguibile anche attraverso l’architettura. L’apparente sostituzione di un monumento dal forte valore simbolico, decisione politica che coincide con la conclusione delle celebrazioni del decennale della Vittoria è, a giudizio di chi scrive, colta da Mazzoni quale pretesto per negare una costruzione priva di relazioni con le vie e la piazza antistante. Con la negazione dell’accademica costruzione
ottocentesca, l’architetto del ministero persegue la ricerca di uno stile moderno capace di confrontarsi con il passato ed in grado, in quanto stile, di superare i limiti di quel gusto mitteleuropeo che si presenta già “vecchio” a distanza di pochi decenni. Per comprendere come la questione sia posta da Mazzoni sul piano della critica estetica è sufficiente passeggiare in quella via interna nella quale si ritrova lo scarno e monumentale linguaggio indagato nella Vienna Rossa degli anni Venti. Percorrendo la citata strada che attraversa questo “insieme di costruzioni fra loro unite”, come lo descrive il suo progettista, l’ospite giungeva – e purtroppo dobbiamo usare il passato – in quella corte rinascimentale completata con gusto archeologico e arricchita con il suono dell’acqua e i colori futuristi di Tato, Prampolini e Depero. Questo libro informa, ammonisce e infonde speranza: informa, raccontando le vite precedenti di questo luogo, ammonisce, illustrando come l’abbandono e l’uso per fini incompatibili sia l’origine della rovina di questo e di molti complessi storici, infonde infine speranza nell’illustrarne le rinascite. (Dalla prefazione dell’Arch. Fabio Campolongo) Roberto Pietro Bombarda
Palazzo a Prato
L’edificio che visse quattro volte: dal Concilio di Trento allo zuccherificio, dalle Poste Asburgiche alle Poste Italiane Curcu & Genovese (Euro 15,00)
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trentinoristorante
Il ristorante
IN OGNI NUMERO trentinomese VI PROPONE UN RISTORANTE PROVATO PER VOI Il ristorante presentato in questa rubrica è una libera scelta redazionale. Il nostro giudizio anche se critico, è espresso in “cuori” perchè, comunque, il difficile lavoro del ristoratore merita rispetto.
Segnalazioni e commenti: info@trentinomese.it
LE CIASPOLE DI TRET CUCINA DI GRAN GUSTO E VINO TAKE AWAY Questo è uno dei classici locali che vanno desiderati, ma che, una volta scovato, non vi deluderà. Anzi, potrebbe anche superare le vostre aspettative. A meno che non siate in vacanza in zona, Tret non è dietro l’angolo. E qui la signora Bertol, sorella dei noti fratelli stellati (Orso Grigio di Ronzone), ha aperto un hotel ristorante: Le Ciaspole. Da fuori, l’edificio sembra un comune albergo di montagna, ma appena varcata la porta l’ambiente che vi aspetta nella zona ristorante vi farà capire la cura dei dettagli e la cultura dell’accoglienza che qui si ricerca con naturalezza. Il locale è intimo e di sera anche molto romantico, con le luci soffuse al punto giusto e un’atmosfera ovattata che ci fa subito sentire come a casa. Tutto comunica un’eleganza sobria e molto piacevole. Persino i piatti cercano fin troppo l’essenzialità, tanto che, se c’è da muovere un appunto, è proprio sulla presentazione delle portate, che potrebbe essere un po’ migliorata, visto che poi a livello di sapore l’esperienza e tra le più avvincenti fatte negli ultimi tempi. La mia degustazione ha preso il via da una bresaola di cervo con pane alle noci davvero deliziosa, è poi proseguita con un bis di primi composto da gustosi e ben fatti tortelli con luppolo e yogurt e ottimi gnocchi di ricotta con asparagi e basilico. Tra i secondi, la scelta è ricaduta su due grandi
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classici: tartare e cervo. La prima, fatta con carne di Grigio alpina, era accompagnata da una piacevole salsa piccante e sicuramente è stata una delle migliori tartare mai mangiate in Trentino. È però con il cervo che sono stata maggiormente sorpresa: il filetto in salsa di rosa canina, polenta di Storo e tortino di mele ha proposto una commistione di gusti inedita e sorprendente. Il tallone d’Achille de Le Ciaspole sono i dolci, almeno quelli che ho assaggiato io: sia il tortino di papavero con salsa di mirtillo sia la mousse di nocciole non erano all’altezza dei piatti degustati fin li, anche se comunque discreti. La carta dei vini, vista la qualità dei locali, può essere rivista per avere maggiore soddisfazione. Il servizio della signora Bertol con la piccola figlia (in cucina c’è il marito) è attento, curato e cortese. I prezzi sono interessanti: 10 euro scarsi per antipasti e primi, 20-25 euro per i secondi, 5 euro per i dolci. Bonus: attenzione alla qualità della materia prima, specie quella a km zero, e il servizio take away wine box, che all’uscita ti fa ritrovare la tua bottiglia non consumata e impacchettata per bene in un elegante confezione di cartone, pronta per essere portata a casa.
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Il Mondo di Kako / Dizionario della crisi
P COME “PRECARIATO” E
ntro il 2015 si prevede che in Europa ci saranno 900 mila posti di lavoro che nessuno sarà in grado di coprire a causa della scarsità di figure professionali legate al web: informatici, analisti, sviluppatori, ecc.. Sembra una beffa in tempi in cui la disoccupazione giovanile ha numeri da brivido, specialmente in Italia dove ha raggiunto il 42,4%. In buona parte, questa madornale distorsione si deve all’incapacità di raccordare formazione e mondo del lavoro in modo da “sfornare” profili professionali ad alta probabilità di impiego. C’è poi un’altra anomalia del mercato del lavoro a destare serie preoccupazioni: la crescente precarizzazione dei lavoratori, soprattutto in Italia, dove, tra gli under 24, ormai un lavoratore su due svolge un’occupazione precaria.
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artoonist e giornalista pubblicista, vive fra Merano e Trento. Dopo aver studiato restauro a Firenze e xilografia con Remo Wolf, crea Kako, impertinente bimbo protagonista di una strip seriale lanciata dalle riviste “Linus” e “Snoopy”e poi approdata nel web. Due iBooks di Kako da un anno stazionano nella top ten della
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classifica dei comics che si possono scaricare gratis su iTunes. Artista eclettica, ha al suo attivo anche radiodrammi scritti per la Rai e pastelli eseguiti per plaquettes di poesie inedite di Alda Merini, Ezra Pound, Salvatore Quasimodo e Marina Cvetaeva. Le sue ultime sfide professionali comprendono favole illustrate e biglietti d’auguri con protagonista Kako.