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ANNO XXVIII N. 339
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MAGGIO 2020
“Ma dove siete finiti, tutti?!”
LA CITTÀ “SENZA DI NOI” NELLE FOTOGRAFIE DI LUCIO TONINA. UN RITRATTO ASSOLUTAMENTE INEDITO DI TRENTO. DA RICORDARE QUANDO TUTTO SARÀ PASSATO
“CHE FA, CONCILIA?!” LE SANZIONI PIÙ CURIOSE. INTERVISTA AL COMANDANTE LINO GIACOMONI
I MATRIMONI DEL MESE
I TRENTINI E L’OBESITÀ IL CIBO C’ENTRA SOLO FINO AD UN CERTO PUNTO. I CONSIGLI DEGLI ESPERTI
ALESSANDRO RAFFAELLI “VI RACCONTO DI ME (E DELLA MIA QUARANTENA...)”
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ECONOMIA DI “GUERRA” LE AZIENDE TRENTINE REINVENTANO LE PRODUZIONI I CAVALLI DI BEATRICE E MARIELE GIORI DUE SORELLE, UNA SOLA PASSIONE LUIGI NEGRELLI ESTRO E VISIONE DI UN INGEGNERE ASBURGICO
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RING di Tiziana Tomasini
a mali estremi “MAI DIRE #LOCKDOWN!” DIECI CONSEGUENZE ORGANIZZATIVE DELLA PANDEMIA
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bbiamo imparato tante cose da questo periodo di reclusione… Dai, vediamolo mezzo pieno questo bicchiere! Ogni evento negativo contiene pur sempre una qualche riflessione interessante. Anzi, almeno dieci. AVERE SEMPRE UN PIANO B Mai fossilizzarsi su una sola attività, anche ricreativa. Patiti per uno sport? Ma praticatene contemporaneamente anche un altro, o anche due, da svolgere in singolo ed indoor! Non si sa mai cosa possa succedere. Quello che poi è successo. Ai palestrati hanno chiuso le palestre, ai nuotatori le piscine, ai calciatori i campi. E non parliamo degli sciatori… MAI RIMANDARE A DOMANI Ma quante accidenti di volte abbiamo declinato un invito, adducendo futili scuse dettate dalla pigrizia! “No, guarda, stasera non esco, resto a casa e mi sparo un bel film!” “Un giro in bici in ciclabile? Ma sono già le quattro, non si arriva a fare niente! Prossima volta, dai” “Un pomeriggio di shopping fuori porta? Ah, troppo traffico, aspettiamo momenti migliori!” OPERAZIONE DISPENSA E FRIGO Ero io quella della spesa razionata, day by day per intenderci. Ma sì, senza stare lì a stipare frigoriferi e armadietti di cucina con inutili scorte da periodo post bellico… tanto trovi tutto e sempre, dal lunedì alla domenica. Ecco, mi sta bene. La pandemia mi ha insegnato ad avere sempre in casa una gamma basic di indispensabili in dispensa.
W IL CONGELATORE La zona ghiaccio è un bel problema. Quei due o tre cassettini sotto il frigo non bastano, non permettono di fare una scorta degna di questo nome. Prossimo acquisto, un congelatore. Uno di quei bei vasconi professionali, dove archiviare di tutto e di più. Lo andrei a posizionare direttamente a fianco del microonde, per ottimizzare i tempi di realizzazione pasto. CRM Mai e poi mai riordinare e svuotare casa per poi piazzare in soffitta o in cantina, certi che, alla prima occasione buona, si andrà a caricare la macchina verso il CRM. Si porta via tutto subito, senza rimandare, lasciando sgomberi e immacolati gli spazi di accumulo casalingo. SCORTE VARIE In quella cantina semivuota di cui sopra, troveranno posto, ben allineati, i bidoni di pittura per tinteggiare con il relativo set di rulli, pennelli, stucco, teli e solventi. Appena sotto, un bel cartone di quel disinfettante introvabile in fase 1 e che adesso – alle soglie della fase 2 – costa come un millesimato da enoteca. COMPETENZE DA TUTTOLOGI Bisogna studiare, approfondire tutto e muoversi svelti su internet. Sì, perché con i figli a casa che studiano, devi saper rispondere alle domande di ogni disciplina. Non puoi più trincerarti dietro il classico “Chiedi domani al prof”. Adesso tocca a te genitore metterti in campo su tutti i fronti, anche quelli più ostici. AREA RELAX Se ne parlava con amici proprio poco tempo fa. “Sai che bello avere la sauna in casa?” Sosteneva qualcuno sognando quei bagni super, da rivista. “Ah! – replicava un altro –, chi ce l’ha, non la usa, credimi, è sempre così!” Beh, alla luce della pandemia, io intanto me la installerei, poi vedi un po’ se la uso o no… NO ALLE DIPENDENZE Fanno ridere adesso quelli che si ritenevano dipendenti da qualcosa. “Io devo andare tutte le settimane dal parrucchiere”, ”Io faccio un paio di viaggi all’anno, regolare”, ”Io senza la mia camminata in Bondone, non vivo”. Dalle più solide alle più fragili, tutte le nostre pseudo dipendenze sono crollate come un castello di carta. Abbiamo fatto fatica, ma abbiamo capito cosa è veramente essenziale e cosa no. BALCONI ATTREZZATI E basta con questi balconi che sembrano ripostigli! Scope, secchi, scarpe, sacchi di imballaggi in standby, stenditoi volanti. Il balcone è aria esterna e va tenuto nella giusta considerazione. Due sdraio, un ombrellone, qualche pianta, magari un barbecue volante. Il balcone in pandemia ci ha dato tanto, vediamo di essergli riconoscenti.
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RING di Fiorenzo Degasperi
scempi ed esempi “PUER” CONTRO “SENEX”: IL CORONAVIRUS RIDISEGNA IL RUOLO DEGLI ANZIANI
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correndo i freddi dati delle statistiche dell’ennesima pandemia – questa volta sì, globalizzata – che ha colpito il mondo, fa rabbrividire il numero di morti tra gli anziani: puer aeternus, senex no. In questa storia la saggezza di Saturno ha preso la strada dell’Ade. A dir il vero, il declino del riconoscimento sociale della sapienza del senex è iniziato quando lo stesso ha deciso di “essere giovane” finché la dama nera non lo viene a trovare. Jeans, tute sportive sgargianti e marcate, fughe in bicicletta per centinaia di km per poi assistere, una volta fermi, all’estrema difficoltà nello scendere dalla bici e nel risalirvi per via delle gambe incerte: due mosse che non possono ingannare la vecchiaia. Per non parlare delle cure estetiche, dei massacranti turni in palestra finché il mortale infarto ti porta via tra fiume di sudore e sconcerto (“ma come, con tutto lo sport che faccio la nera signora mi reclama?”). Ma c’era un tempo in cui non era così. Un tempo in cui si accettava l’inevitabilità dello scorrere del tempo. Ovviamente curandosi, mantenendo le dovute attenzioni, cercando di non oltrepassare mai la linea tra il proprio stato naturale e il ridicolo – non lo stravagante –, il goffo, il comico. Quando ero piccolo e ponevo ai miei genitori le mie assurde domande, la risposta era: vai dal nonno o dalla nonna. Loro una risposta l’avevano sempre e, con il senno di poi, oggi mi accorgo che stava sempre lì a metà strada tra la realtà, il dato di fatto, e la fantasia, l’immaginario. E mia nonna ci metteva di mezzo sempre i santi, i diavoli e qualche gnomo. Una volta cresciuto, per
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RING qualche anno ho girovagato per le montagne del Trentino e del Sudtirolo con una donna per me “anziana”, Silvia Mazzoleni, ex alpinista, la prima, assieme a Liliana Polo, entrambe scrittrici di guide culturali e naturalistiche di montagna. Ha oggi, al limitar dei cent’anni e così come ieri, il viso attraversato da decine e decine di rughe, dei solchi: quando il sole batteva radente sul suo viso (al passato perché è da qualche anno che non la vedo), si creavano zone di ombra e di luce, come se fosse la mappa del territorio alpino, fatto di valli, passi, contrafforti, abissi. Quel viso l’ho sempre considerato una mappa della storia, della memoria: ogni ruga un bagaglio di saperi. E di saperi Silvia Mazzoleni ne aveva a tonnellate e il camminare con lei era sempre e comunque una forma di apprendimento e di formazione. Un viso che ho sempre invidiato, un viso che sa e conosce, che trasmette ricordi, reminiscenze, vicende belle e brutte ma sempre vissute in prima persona. Tornando al senex, la sua caratteristica era l’accumulo nel tempo di esperienze, raccolte a piene mani dalle conoscenze che provenivano dagli altri, dal mondo animale, dal mondo naturale. E quando in paese qualcuno voleva costruire una casa, ci si rivolgeva a loro, ai “vecchi”, per sapere quale era il punto migliore, dove il sole avrebbe scaldato per molto tempo durante le fredde giornate invernali, dove i venti non avrebbero più di tanto imperversato, dove il terreno non era friabile, dove l’acqua scorreva via, dove l’orto poteva crescere rigoglioso. L’anziano era una persona geniale, il vecchio saggio, divoratore del mondo, il patriarca come Abramo e Mosè. Da quando il puer, trascinandosi dietro l’ideologia del giovanilismo, ha fatto irruzione nel mondo, il senex è stato accantonato. Così è potuto capitare che i giovani geometri della Provincia autonoma di Trento, quando hanno tracciato la strada che da Lasino saliva alle Viotte, invece di ascoltare i consigli degli anziani del paese, abbiano voluto imporre la propria visione geometrica del mondo. Risultato: ogni volta che arrivava un temporale, la strada era invasa di legname, sassi, pietrisco, sabbia e erba, perché avevano tagliato orizzontalmente le decine e decine di tovi che scendevano dalla montagna, adibiti da secoli al trascinamento del legname. La conclusione: dopo qualche anno la strada è stata rettificata. Oggi si preferisce vivere nel presente, nell’attimo, nel momento, dimenticando il passato (la memoria), e quindi ci si trova impossibilitati a costruire il futuro con basi solide e resistenti. La morte di migliaia di anziani significa la scomparsa di un patrimonio culturale immenso, che per anni non abbiamo saputo trasformare in motore per una società più umana, per un mondo fatto non di una somma di Io ma di una somma di Anime. Qualcuno, spero, per tutto questo dovrà rendere conto. Ma per le migliaia di giovani arrampicatori ciò che è avvenuto dovrà essere un monito per l’oggi, per il domani: saper ascoltare, saper chiedere senza vergognarsi, saper accettare la diversità, saper convivere con chi, malfermo di gambe ma non di testa, ha dentro di sé una carica scintillante di egoica certezza data dalla sicurezza di io so, perché è vero che sa, e quel sapere non è potere ma sapienza.
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IL PUNTO DI RIFERIMENTO PER IL MONDO CASA – GIARDINO
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RING di Pino Loperfido
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PERSONALE SANITARIO, PRETI, CARCERATI, FORZE DELL’ORDINE. E SE I VERI EROI DI QUESTI MESI FOSSERO I GENITORI?!
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iustamente ci ha sconvolti l’elenco di medici, infermieri e farmacisti – ma anche preti, frati, suore – che ci hanno lasciati nell’esercizio del loro dovere. Ma penso anche alla dipendente delle poste e quella cassiera del supermercato. Si è fatto anche un gran parlare dei carcerati. Papa Francesco ci ha ricordato più volte di come lo stesso Gesù Cristo – dal momento dell’arresto, nei Getsemani – lo fosse e nella Via Crucis di quest’anno ha invitato a portare la Croce il personale di un carcere friulano. Altra categoria molto esposta sono state le forza dell’Ordine. A loro il nostro grazie, certo, per questa mansione inedita di cui si sono fatti carico: combattere le piccole disobbedienze sorte all’ombra della “grande disobbedienza”, quella del virus. Ci ha fatto perfino un po’ di tenerezza l’idea dei carabinieri che portano la pensione agli anziani barricati in casa. E tra gli angeli in divisa, infine, non possiamo non annoverare i volontari della Protezione Civile e i Vigili del Fuoco che qui in Trentino si sono fatti carico del delicato compito di recapitarci le mascherine a domicilio, ma non solo. Tutti encomiabili, a vario titolo, puntualmente ricordati dai media al tempo della grande pandemia. Ma sui genitori, adesso, le vogliamo sprecare due parole? Sì, i genitori. Mi riferisco proprio a mamma e papà, queste due figure che prima del disastro ci erano sembrate più volte sull’orlo di una vera e propria estinzione. L’emancipazione accelerata dei figli, le famiglie allargate, le separazioni, i divorzi, le ambizioni carrieristiche sono tutti fattori che ne avevano indebolito il ruolo e, di conseguenza, l’autorevolezza e l’efficacia educativa. Con la clausura forzata causata
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dal virus, in questo tempo clamoroso in cui ci si è ritrovati a stare uno accanto all’altro per giorni e giorni, senza più la possibilità di andarsene sbattendo la porta o di ignorarsi, grazie ad una presenza casalinga rigorosamente alternata, costruita sui ritmi imposti da lavoro, scuola e svago serale, con questo doversi giocoforza guardare negli occhi a colazione, a pranzo e a cena, tutto è di colpo cambiato. È arrivato il virus, il tempo ha improvvisamente rallentato, le porte di casa si sono chiuse: ed ecco che mamma e papà (o la sola mamma e il solo papà, nel caso dei coniugi separati), volenti o nolenti, hanno dovuto ricoprire il proprio ruolo. hanno dovuto farlo “per davvero”... Non hanno, cioè, più potuto sottrarsi in alcun modo alle propri compiti educativi. Nessuna scusa – la fretta, i soldi, gli amici – è stata più sufficiente a consentire ai genitori di svicolare dai propri obblighi. Lo avete capito? Si tratta di una delle pochissime conseguenze positive – assieme alla dismissione dell’ipocondria – di questa maledetta pandemia. Un piacevole effetto collaterale. La cosiddetta genitorialità, che in molti oramai davano in crisi, se non spacciata per sempre, è rifiorita. E questo fatto ci ha consentito di poter fare un’importante affermazione: che non era la genitorialità ad essere in crisi, erano i genitori a non dedicarle abbastanza tempo. Un eroismo minore, casalingo, che non ha fatto notizia, non è entrato nei telegiornali o nelle conferenze stampa, ma che forse sta cambiando le famiglie di mezzo mondo. Un eroismo connotato naturalmente dall’età dei figli. Chi ne ha di piccolini ha dovuto combattere l’irrazionalità del neonato con quintali di pazienza, rinunciando alla valvola di sfogo della gita al parco, ma avendo più tempo per osservarsi dall’esterno, con quel fagottino in braccio, e – senza distrazioni – riflettere su cosa significhi veramente mettere al mondo una creatura al giorno d’oggi. La prole in età scolare ha richiesto spiegazioni su quanto avveniva nel mondo, su cosa è esattamente il mondo e in cosa consiste e come si concretizza il mistero della vita. Ma è nelle famiglie con figli adolescenti che l’effetto si è fatto prorompente. Da quanto tempo genitori e figli non si guardavano negli occhi? Da quanto tempo un padre non chiedeva a suo figlio se era felice? Da quanto tempo una figlia non confessava alla madre i suoi desideri più reconditi? E poi speranze, aspirazioni, confidenze, recriminazioni… Insomma, genitori e figli hanno ricominciato a parlarsi. Un microscopico virus, in una settimana o poco più, è riuscito a fare più di decenni di pedagogia e psicanalisi. Ricordiamocelo quando tutto sarà finito. Anzi, ricordiamocelo da subito, perché è probabile che non ci sia nulla che finirà, a breve. Quando si dice “andrà tutto bene” o “ce la faremo”, sotto sotto, spera si tornare a vivere come, se non “peggio” di prima. Anzi, molti – dimostrando di non aver appreso minimamente la lezione morale del virus – hanno la sfacciataggine di dichiararlo con il petto in fuori: “Ripartiremo più forti di prima”. Ma tutto è cambiato e niente sarà come prima. Nemmeno l’essere genitori.
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RING di Fabio Peterlongo
di Denise Fasanelli
blues di provincia IL PIANETA GUARISCE MENTRE NOI CI AMMALIAMO
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elle settimane drammatiche che l’umanità sta attraversando c’è ben poco con cui consolarsi. Persino la rinascita degli ecosistemi a cui stiamo assistendo ha un sapore di profonda amarezza. Molti commentatori hanno sottolineato la bellezza struggente degli animali selvatici che si riappropriano degli spazi “proibiti” da cui erano stati espulsi a causa della feroce antropizzazione di ogni ambiente. Ma questa “riconquista” ci mostra soltanto la suprema indifferenza della natura verso le traversie della specie umana. E ci dimostra con i fatti quanto sia distruttiva la presenza umana, che risulta il più brutale predatore della ricchezza del mondo. Non c’è gioia nel vedere i canali di Venezia resi limpidi dall’assenza di turisti, nel constatare il calo repentino degli inquinanti nell’aria, nell’ammirare stupefatti i delfini che giocano a pochi metri dai porti. E non c’è gioia perché sappiamo benissimo che questa meraviglia è del tutto effimera. Basteranno pochi giorni di ripresa delle attività economiche per riportare il “treno” del pianeta sui binari del disastro ecologico, molto ben avviato da diversi decenni. Ciò che preoccupa ancora di più è che le cose arriveranno con ogni probabilità persino a peggiorare rispetto al punto di partenza. Non è solo un timore, dato che il presidente americano Donald Trump ha già dato il via libera allo stralcio delle leggi volute dal suo predecessore Barack Obama per ridurre l’impatto ambientale dell’economia. Tutto sacrificato sull’altare della “ripartenza”. Basti pensare alla mobilità urbana che congestiona le nostre città, persino la nostra Trento. Studi autorevoli mostrano come con ogni probabilità le persone rinunceranno all’uso dei mezzi pubblici nel timore dei contagi, privilegiando l’uso dell’auto privata. Sappiamo già cosa significherà: traffico a livelli indecenti, inquinamento fuori controllo, corsa selvaggia ad accaparrarsi i parcheggi. In definitiva, nuove frontiere per il “male di vivere”. Dopo decenni di sforzi da parte di cittadini, associazioni e istituzioni per ridurre il traffico veicolare. Una situazione parossistica come forse non abbiamo mai visto. Possiamo solo sperare che anche nel nostro Trentino si intraprendano iniziative coraggiose (e costose) di promozione della mobilità sostenibile, anche attraverso il sostegno economico all’acquisto di bici e mezzi di trasporto elettrici, come alcune città europee stanno già pianificando. Il timore è che la terribile meraviglia di un pianeta che guarisce mentre noi ci ammaliamo non ci insegni niente. E che la “ripresa economica” porti ad un grado di devastazione ambientale senza precedenti. 12
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lost in glocal LA CURA DEI FIORI RECISI COME ANTIDOTO
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rima di questa quarantena, sul tavolo della cucina non erano mai mancati i fiori: quelli spontanei. Una volta recisi, li adagiava in un vecchio vaso di ceramica color ocra dalle piccole decorazioni geometriche rosse. Ah, quante doveva averne passate e viste quel cimelio fuori moda, leggermente sbeccato qua e là ma ancora intatto, nonostante fosse in quella casa da prima che lei nascesse ed ora, di certo, non era più la bambina di un tempo. Non aveva più bisogno di arrampicarsi sulla sedia di legno massiccio, spostando il cuscino per evitare un capitombolo, nel tentativo di infilare il naso sopra a quel vaso ed annusare a pieni polmoni i fiori che di giorno in giorno vi trovava. Quella di decorare la sala da pranzo eran un’antica usanza, un vezzo familiare che si tramandava almeno da un paio di generazioni. Lo faceva la nonna e sua madre lo stesso. Al presente era lei a rivedersi in quel gesto, ritrovarsi specchiata nei ricordi, confondere le identità che le avevano donato le stesse morbide rughe e i capelli intrecciati dipinti dal tempo, qualche acciacco nel fisico ed una mente dimentica, insicura. Eppure le sembrava passato un niente da quando la nonna le aveva detto: “Non è certo un reato prendere dei fiori da dove ci sono per metterli dove non ci sono”. Una giustificazione romantica affidatale in eredità che lei spendeva con chiunque passasse da quella casa. Un mantra simbolico che la riportava a quell’antica abitudine e ai ricordi che la legavano a quel gesto quasi quotidiano, semplice e furtivo. Era scesa a fare la spesa, la quarantena aveva ridotto le sue possibilità di passeggiare, rientrando non era stata in grado di soddisfare l’impeto di entusiasmo davanti alla fioritura esagerata di un ciliegio. Si sentiva sempre più incapace, sola, abbandonata. Così aveva chiesto a sua figlia di andarci e quella, in punta di piedi, dopo essersi guardata attorno, aveva abilmente staccato tre rametti, scegliendo quelli dai pochi fiori e carichi di boccioli però. Questo perché sapeva benissimo sarebbero sbocciati in un secondo momento e durati più a lungo. Così come sapeva che avrebbero presto inondato la cucina di un profumo gradito e che per sua madre si sarebbe trattato di custodire gelosamente un piccolo tesoro, un gesto di confortante normalità. Ed io, proprietaria di quel ricco albero che ci regalerà qualche ciliegia di meno, ho copiato quel gesto, imparando qualcosa di importante: se non possiamo curare possiamo almeno consolare.
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RING di Stefano Margheri
caninamente NON PERDIAMO L’ABITUDINE DI FARLO RIMANERE DA SOLO
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e c’è un individuo che necessita di abitudini precostituite quello è sicuramente il nostro amico a quattro zampe. Per ragioni etologiche, egli presenta un bisogno atavico di sapere quello che accadrà in ogni istante della giornata, apprendendo con facilità l’associazione di eventi tali da preludere l’uno l’accadimento del successivo. Nulla sarà, infatti, motivo di “ansia” come l’alterazione delle fasi quotidiane, si tratti del momento della passeggiata, della pappa, del gioco, del riposo e così via. Certamente, in questo particolare periodo storico, a lui non sembrerà vero di averci tutti a disposizione, essendo il cane un animale sociale per eccellenza. Tuttavia, pur non volendolo, staremo introducendo un nuovo “modus vivendi”, che rischierà di diventare stridente nel momento in cui ritorneremo alla quotidianità di sempre. Il pericolo, in questo caso, sarà un nuovo cambiamento di ritmo che, a differenza di quello attuale, ci vedrà assenti per diverse ore. Ecco allora che, se non avremo adottato alcune precauzioni, il rischio sarà quello di creare involontariamente un malessere a chi abbiamo a fianco. Ricordiamoci, per quanto possa apparire scontato, che il nostro cane non conosce le ragioni del rimanere in casa per intere giornate, né potrà immaginare che questa piacevole novità (per lui) potrà avere fine, e nemmeno ne capirà il perché quando ci vedrà uscire dalla porta al mattino presto per recarci al lavoro. Ebbene, quando un cane non capisce, e soprattutto non prevede gli accadimenti, entrerà in una sorta di “stress emozionale”, da cui cercherà di uscire attivando una serie di azioni da noi stessi ritenute spiacevoli. Così, egli potrà abbaiare per parecchio tempo, con l’intento di richiamarci all’ordine, oppure mordere la prima cosa capitata a tiro, dal tappeto al cuscino, o addirittura urinare per manifesta paura di essere rimasto, per l’appunto, solo. Eppure, queste sgradevoli deviazioni al tema potranno essere evitate cercando di mantenere al minimo gli schemi presenti nel periodo antecedente la “quarantena”. Uno di essi riguarda proprio il ragionevole distacco da lui. Per precisione, esistono due tipologie di distanziamento fisico, una delle quali sarà indiretta, e l’altra diretta. Nel primo caso ci si riferisce al fissare dei limiti precisi di interazione pur rimanendo nello stesso ambiente, mentre nella seconda ipotesi si tratterà di sparire dalla vista per un po’. Partendo dalla prima situazione, quel che sarà da evitare consisterà nel dispensare un continuo contatto fisico, quali sono le carezze, i giochi tattili e così via. Infatti, se passeremo intere giornate sul divano accanto a lui, magari con una mano infilata dolcemente nel pelo, sarà poi difficile pretendere che lui stesso non ci cerchi,
RING bramando quel contatto avuto fino al giorno precedente. In alcune condizioni, potrà persino pretendere di avere ciò che considera dovuto, e se la nostra risposta sarà di assenso avremo creato un primo stadio di dipendenza poi difficile da debellare. Meglio, quindi, essere noi a prendere l’iniziativa, stabilendo tempi e modi dell’interazione e concludendo per scelta nostra quel contatto diretto. Se avremo introdotto una parola di fine, il cane saprà che, udito quel segnale vocale, il suggerimento migliore consterà nel ritornare sereno nella propria cuccia. Questa modalità di richiamo dell’attenzione, con successivo dispendio di “coccole” e previo “comando” di conclusione, potrà essere proposta alcune volte al giorno, evitando negli altri momenti di cadere nella tentazione di morbosi coinvolgimenti. La seconda ipotesi riguarderà, invece, il distacco diretto, con noi ad uscire di casa lasciando il nostro amico in uno stato di pacifica attesa. Pur non potendo assentarci per diverse ore, causa i limiti imposti dalle ordinanze, potremo comunque pianificare dei momenti di separazione; che si tratti di andare a fare la spesa, di compiere qualche passeggiata nell’isolato, queste occasioni ci permetteranno di comunicargli che anche una tale possibilità potrà manifestarsi in futuro. Perché un siffatto protocollo possa avere successo, sarà opportuno realizzarlo pressoché tutti i giorni, anche nel caso in cui l’assenza fosse soltanto di qualche minuto. La procedura dovrà anche comprendere le giuste modalità di esecuzione, in modo da mettere il nostro amico nelle migliori condizioni di accettazione ed adattamento. A titolo di esempio, il momento ideale per andarcene avverrà al termine della passeggiata con lui, nonché a conclusione della rilascio della pappa e soltanto quando egli stesso si sarà sdraiato in completo rilassamento. Movendoci come se niente fosse, ci recheremo verso l’uscita senza profferire alcuna parola di rassicurazione. Chiusa la porta, sarà sufficiente recarci verso l’ascensore, oppure scendere di sotto per prelevare la corrispondenza. Rientrati, con movimenti lenti e indifferenti, lo saluteremo a voce neutra, dedicandoci alle attività ordinarie. Solamente quando si sarà dimostrato totalmente indifferente, potremo chiamarlo presso di noi per una carezza rassicurante. Se riusciremo a simulare questo distacco improvviso, per alcune volte nell’arco dell’intera giornata, avremo trasmesso a chi ci sta a fianco una giusta dose di sana indipendenza. In questo modo, quando avverrà il giorno fatidico egli sarà già stato abituato a vederci partire, rimanendo nel punto in cui si stava trovando al momento della dipartenza. Ugualmente ci comporteremo al ritorno dal lavoro, evitando festeggiamenti che causerebbero nient’altro che ulteriore ansia. Se saremo stati attenti e rigorosi, avremo trovato il giusto equilibrio tra piacere della vita di “branco” e accettazione dell’isolamento, prevenendo problematiche di iper attaccamento. Quando questa forma compare, infatti, sarà molto ardua da debellare, ed in alcuni casi potrà emergere l’esigenza di un supporto farmacologico. Meglio, quindi, prevedere e prevenire, ottenendo in cambio una cane più equilibrato e sereno. lamiaellie@gmail.com 13
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RING di Silvia Tarter
verde ostinato CONSUMO DUNQUE SONO? MA ANCHE NO... ECCO CHE CON IL “LOCKDOWN” CALA LA PRODUZIONE DI RIFIUTI
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eno ci muoviamo, meno usciamo di casa e meno rifiuti produciamo. Il “consumo dunque sono” coniato dallo scomparso filosofo Zygmunt Bauman – motto che ben si addice a definire lo stile di vita della società occidentale negli ultimi decenni – sembra essere ora messo in crisi. Tra le tante conseguenze del coronavirus infatti, a conferma di come la limitazione delle attività umane faccia bene per lo meno all’ambiente, ci sono anche i dati riguardanti il calo dei rifiuti. In Trentino, ad esempio, nel mese di marzo la produzione di rifiuti è diminuita del 18,5 % rispetto alla media dello stesso mese considerato negli ultimi dieci anni, ovvero 4058 tonnellate contro a 4987. La raccolta differenziata invece prosegue, attestandosi sempre su percentuali piuttosto virtuose, circa l’82%. La stessa fotografia ci arriva anche da altre parti d’Italia. In Lombardia ad esempio, la riorganizzazione delle modalità di smaltimento dei rifiuti urbani messa in atto per tutelare maggiormente la salute pubblica ha mostrato come questi siano calati mediamente addirittura del 27,5%! In questo 27% è calata del 25% anche la quantità di rifiuti indifferenziati. Tra Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, le regioni più colpite dal virus, ci dice l’Ansa, il calo ammonta a quasi 5 milioni in meno di tonnellate di rifiuti speciali. Vi rendete conto di quanto sia? Montagne di
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immondizia da smaltire che ci siamo risparmiati! Una bella perdita di fatturato, certo, per le aziende che gestiscono lo smaltimento e il riciclo, ma un sospiro di sollievo per l’ambiente. Le due facce di una stessa medaglia. Ma in fondo tutto questo non sorprende. Meno gente in giro, meno pendolari, niente turisti, zero consumazioni in bar e ristoranti… e il risultato non poteva che essere questo. I cestini sono mezzi vuoti, le strade più pulite, si vedono meno mozziconi, cartacce e bottigliette di plastica a puntellare vie e marciapiedi, contrassegnando la nostra presenza. Sono calati anche gli scarichi illeciti di rifiuti, in maniera più drastica di quanto avrebbe potuto fare qualsiasi opera di sensibilizzazione. Invece, purtroppo, si vedono però – e anche qui gli incivili hanno trovato modo di distinguersi – spesso e volentieri guanti e mascherine buttati per terra, davanti ai supermercati. Nel complesso comunque i rifiuti sono diminuiti (un discorso a parte va fatto per quelli sanitari, che vanno comunque inceneriti), ma noi viviamo lo stesso. In questo momento in cui le nostre attività, le nostre vite sono riportate forzatamente a una condizione di essenzialità, ci accorgiamo di esserci liberati di una zavorra che gravava per un 20% sulle nostre spalle, su quelle dell’ambiente che ci ospita. Un peso che non ci serve, lo stiamo dimostrando, per mangiare, dormire, vestirci, parlare con i nostri cari, cucinare, fare giardinaggio e quant’altro riusciamo a fare in questa quarantena. Anzi, forse senza questa zavorra ci sentiamo anche più leggeri, meno stressati, e probabilmente, anzi, sicuramente, mangiamo meglio ora di quanto non abbiamo mai fatto prima, imparando a prepararci addirittura certi piatti come la pizza, il pane, la pasta fatti in casa, quando prima erano sfoderati solo a Natale, lasciando stare i piatti pronti imballati nella plastica. Ma se quel 20% non è davvero essenziale per noi, perché non provare a lasciarlo dov’è, anche dopo, anche quando torneremo a questa presunta normalità? Una normalità auspicata quanto eufemistica, che in fondo tanto normale non era nemmeno prima. Di certo non lo era per il nostro Pianeta.
trentinoildialettoinforma di RENZO FRANCESCOTTI
il dialetto in-forma TEMPI DURI PER I STREMÍDI
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o ciapà na stremida, professor, entél nar a tor el giornale: perché mi, per vinti minuti al dì, co la mascherina se sa, vago for de ca’, e me togo el giornale”. “Ma cosa t’è successo?” “Rivo vizin ala fontana e sul salesà vedo un butà zó, stench… El pareva mort. No me son svizinà: no gh’è da scherzar en de ‘sti tempi de coronavirus. Po vedo che ’l se endrizza en pè e vedo che l’è el Ligio, el Ligio che l’è sempre embriach. Che fortuna!” “Che fortuna che cosa?” “Che fortuna che ‘l sia stà el Ligio sempre embriach…”. “Avevi paura che fosse stato un contagiato?” “Nò: contagiato chi, el Ligio? Quel lì col so fià el stermina anca i coronavirus, no gh’è partida!” “E così sei venuto anche oggi a trovarmi, bravo! Per fortuna che abitiamo nella stessa casa.” “Sì no m’è restà altro che lezer el giornale e parlar con elo, professor. Parlar de dialet, spezialment. Ancòi, za che ghe sen, parlènte de la parola stremì…Da endò vègnela ‘sta parola, professor?”. “È presto detto. Viene dal termine latino tremor, paura, tremore. Che ha generato molte parole italiane come tremare, tremito, tremarella, tremebondo, tremore... Tremling, tremore, c’è anche in inglese...”. “E en dialet gh’è stremir. E anca stremida e stremìz, do parole però che secondo mi no le è uguali…”. “Vuoi dire che non sono due sinonimi? E quale sarebbe la differenza?” “Secondo mi la stremida l’è en spavent anca grant, el stremìz enveze l’è en spavent pìcol: fiòi pìcoi, spaventi pìcoi, fiòi grandi, spaventi grandi, dis el proverbi…”. “Veramente io l’ho sentito in un altro modo…”. “Sì, l’ho cambià en poch mi. Anca i proverbi i g’ha bisogn
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de cambiarse ogni tant…”. “Lo sappiamo, lo sappiamo bene che tu sei quello che cambia i vecchi e inventa nuovi proverbi…”. ”Salo , professor, quel che me domando de spess, a veder quel che suzede nel mondo: en la vita el meio esser sfazzadi o stremìdi?“ “È un problema che mi sono posto anch’io, certe volte. Vedi, la paura, il timore hanno un ruolo importante nella sopravvivenza dell’individuo e dell’umanità. Se non avesse paura, se non fosse spaventato per qualcosa l’essere umano si caccerebbe in rischi anche mortali chissà quante volte al giorno. Pensa al traffico, ad esempio: la paura dell’incidente è un salvavite. Pensa al bambino: se non gli insegnassero ad aver paura, dell’acqua, del vuoto, di quello che può bere da una bottiglia, quante volte sarebbe morto?” ”Sì però no bisogn che el bocia el sia massa stremì: al stremì tuti ghe dà zo remenade!” “Vero anche quello…”. “Però no ‘l deve esser gnanca massa sfazzà, se nò i ghe dà zo slapazzoni…“. “Certo”. “E per averghe fortuna cole done, professor, secondo lu, èlo meio esser stremidi o sfazzadi?” “Secondo me se uno è stremì, nel senso di molto timido, desta nelle donne l’istinto materno. E negli uomini l’istinto protettivo. Quindi può essere utile…”. “E esser sfazzadi?” “Io non li sopporto gli sfacciati: ma con tutta questa gente che sgomita e ti sorpassa… il mondo sembra essere sempre di più in mano loro…”. “Sì, el mondo el sarà sempre de pu de lori, se te te fai stremir!” renzofrancescotti@libero.it
trentinoarte di ROBERTO PANCHERI
taccuino d’arte IL RITORNO DI JOLE D’AGOSTIN La mostra alla Galleria Fogolino interrotta dalla pandemia
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uando le circostanze lo consentiranno, invito i lettori di questa rubrica a fare un salto alla Galleria Fogolino di Trento per visitare la mostra di Jole D’Agostin, inaugurata il 28 febbraio scorso e subito chiusa a causa della sopraggiunta emergenza sanitaria. Adriano Fracalossi, titolare della galleria, promette di mantenere allestita l’esposizione per tutto il tempo necessario, in modo tale da consentire al pubblico di riconsiderare – a distanza di diciotto anni dall’ultima mostra tenutasi in Trentino – l’opera pittorica e grafica di questa artista poco
conosciuta. Nata a Cles nel 1921, Jole compì gli studi superiori all’Istituto Magistrale di Trento e completò la propria formazione artistica a Milano, diplomandosi al Liceo Artistico di Brera nel 1942. Durante la guerra soggiornò a Novara presso la sorella Carmen, che aveva sposato Enrico Morselli, direttore del locale ospedale psichiatrico. Qui ebbe occasione di ritrarre alcune pazienti, ravvisando nella malattia mentale una parte ineludibile della realtà della vita. Nel 1950 si trasferì a Milano e partecipò attivamente alla vita artistica del capoluogo lombardo, espo-
Jole D’Agostin, Ritratto femminile, pastello su carta, 1945. Collezione privata
nendo alla Permanente e in varie gallerie private. In bilico tra figurazione e astrazione, la sua produzione contempla il paesaggio, il nudo, il ritratto, la natura morta. La sua pennellata è materica e franca, la tavolozza è sempre ricca e vivace, ma le sue opere esprimono inquietudine e ansia di verità. Il suo stile si riallaccia idealmente alla pittura espressionista ed evolve verso forme sempre più sintetiche ed essenziali. Negli anni Settanta l’artista si cimenta anche con la xilografia e la litografia, limitando le tirature a pochissimi esemplari. La riscoperta di Jole D’Ago-
stin in Trentino si deve a Mariano Fracalossi, che nel gennaio del 1983 curò a Trento una prima retrospettiva, poi trasferita l’estate successiva al Palazzo Assessorile di Cles. Fracalossi individuava in questa pittura “una vocazione per il profondo perseguita con coraggio e determinazione, senza compromessi, ricca di intuizioni, libera e generosa”. Artista di ricerca, incurante dell’effetto decorativo e del successo commerciale delle sue opere, Jole morì a Milano nel 1981 lasciandoci in eredità l’esempio di un percorso creativo all’insegna della libera sperimentazione. ■
Jole D’Agostin al lavoro a Milano
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Direttore responsabile: Paolo Curcu [ paolo@trentinomese.it ] Direttore editoriale: Pino Loperfido [ info@trentinomese.it ]
SOMMARIO MAGGIO 2020 Ring
Progetto grafico: Fabio Monauni
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Editrice: Curcu Genovese S.r.l. Via Missioni Africane 17 38121 Trento Tel. 0461.1924988 Concessionaria Pubblicità: S.E.T.A. Società Editrice Tipografica Atesina S.p.A. Via Sanseverino, 29 - 38122 Trento Tel. 0461.934494 Stampa: Litotipografia Alcione Lavis (TN) Registrazione Tribunale di Trento n. 536 - 21 dicembre 1991
ALESSANDRO RAFFAELLI
24 “PORTFOLIO” DI LUCIO TONINA 30 ECONOMIE DI “GUERRA” 36 DUE SORELLE, UNA SOLA PASSIONE
[ fabio@curcugenovese.it ]
Redazione: Trentino Mese Via Missioni Africane 17 38121 Trento Tel. 0461.1924988
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4 COMMENTI 14 IL DIALETTO INFORMA 15 TACCUINO D’ARTE
In redazione: Cristina Pocher Hanno collaborato a questo numero: Susanna Caldonazzi, Paolo Chiesa, Fabio De Santi, Fiorenzo Degasperi, Denise Fasanelli, Renzo Francescotti, Stefano Margheri, Roberto Pancheri, Fabio Peterlongo, Silvia Tarter, Tiziana Tomasini, Lucio Tonina, Andrea Vitali
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“CHE FA, CONCILIA?!”
44 OBESITÀ: C’È POCO DA RIDERE 50 LO SHOPPING AL TEMPO DEL “CORONA” 54
I MUSEI NON SI FERMANO
56 SOS 47 VALSUGANA 58 L’INGEGNER NEGRELLI 64 OLIMPIO CARI
Panorama
64 REVERSIBILE 68 JOBA 68 INCONTRI VIRTUALI 70 IO RESTO A CASA FESTIVAL 70 “TAPIS ROULANT” MAGGIO
Eventi on line COME ABBONARSI:
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IL CARTELLONE
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I MATRIMONI DEL MESE GIUSEPPINA ON LINE TRICOLORE SUL CASTELLO DI PERGINE IL MUSE PER #IORESTOACASA FEDRIGONI REGALA ALBUM DA DISEGNO LA “TRENTO” CHE SI AIUTA “PARLA CHE TI PASSA”, A ROVERETO
Rubriche
86 LIBRI E LIBRERIE 88 LA RICETTA DEL MESE 89 #TRENTINOMESE CONTEST info@trentinomese.it www.trentinomese.it 19
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UN CAFFÈ CON
di Pino Loperfido
ALESSANDRO RAFFAELLI “VI RACCONTO DI ME (E DELLA MIA QUARANTENA...)” È STATO TRA I PRIMI RICOVERATI TRENTINI, QUANDO ANCORA NON SI CONOSCEVA L’ENTITÀ DI QUESTA PANDEMIA. IL RICORDO DI QUEI GIORNI DRAMMATICI, L’ISOLAMENTO, LE TELEFONATE DEGLI AMICI, IL RINGRAZIAMENTO AL PERSONALE SANITARIO, GLI AMICI CHE NON CI SONO PIÙ. QUINDI, IL MANAGER TRENTINO CI RACCONTA DELLA SUA VITA, DI COME È STATA (L’INFANZIA, I GENITORI, ROVERETO), DI COME È E DI COME SARÀ LA SUA VITA. DEL FUTURO PROSSIMO VENTURO DICE: “PENSO CHE SAPREMO COMPORTARCI IN MODO PIÙ UMANO E FARE I CONTI OGNI GIORNO CON LA NOSTRA FRAGILITÀ...”
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uesta volta il caffè ce lo beviamo a distanza, guardandoci nello schermo di un computer. Non è la stessa cosa che farlo di persona, ma cosa è rimasto uguale dopo la tempesta del coronavirus? È conosciuto per essere il patron di Radio Italia Anni ‘60, ma è molto di più. Organizzatore di concerti, oltre che manager nel mondo della musica, Alessandro Raffaelli riesce ad essere vulcanico anche dopo l’esperienza drammatica che l’ha visto protagonista. È stato tra i primi ricoverati trentini contagiati dal virus. La nostra intervista la facciamo partire proprio da quell’esperienza.
per un appuntamento in occasione della settimana della moda, e per incontrare alcuni discografici, il giorno successivo, nella nostra sede di Radio Italia a Cologno Monzese. Cinque giorni dopo, ho registrato alcune linee di febbre, ma lì per lì ho pensato ad un’influenza stagionale. Sono rimasto a casa, avvisando i collaboratori, ecc.. Nei giorni successivi non solo la febbre non scendeva, ma iniziavo a respirare con affanno. A quel punto cosa hai fatto? D’accordo con il mio medico mi sono recato allora al S. Chiara, dove mi è sta-
Alessandro, quando hai capito che qualcosa non andava? In che modo? In realtà mi sono accorto che c’era qualcosa di strano nel mio fisico a fine febbraio: già c’erano le prime notizie sui ricoveri da coronavirus. Dieci giorni prima ero stato, come ogni settimana, in centro a Milano, I medici del “Santa Chiara” ringraziano Radio Italia Anni ‘60 20
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In videoconferenza durante la quarantena e, in alto a destra, appena uscito dall’ospedale
Dalla finestra di casa
ta diagnosticata una polmonite. In quei giorni (era il primo di marzo) non c’era ancora l’obbligo di tampone a seguito di questa diagnosi, così sono stato dimesso, con la raccomandazione di sentire il mio medico per una cura adeguata. Ma le ore passavano e io mi sentivo sempre più “stanco” e facevo fatica a respirare. Come hai fatto a resistere in quello stato? Ho tenuto duro fino al 5 marzo, quando, alle 9, ho abbandonato ogni indugio e ho chiamato un’ambulanza. Sono arrivati due infermieri con maschere, guanti, tute che avvolgendomi in una sorta di lenzuolo mi hanno trasportato nuovamente in ospedale, dove mi hanno subito fatto il tampone. Cosa è accaduto nella tua mente quando hai saputo della positività del tampone? A cosa hai pensato? Ricordo di aver pensato a tutto e a niente. Ero positivo al virus e mi avrebbero portato al settore infettivi. Non poteva essere successo! Non a me! Ecco cosa pensavo. Perché proprio a me? In più c’erano da spostare tutti gli appuntamenti e le trasferte di lavoro. Ma soprattutto pensavo alla mia famiglia, ai miei affetti. Un turbinìo dell’anima. Che effetto ha fatto restare isolato a un iperattivo come te, abituato a interfacciarsi continuamente con tantissime persone? In Trentino sono stato fra i primi a beccarsi il coronavirus. Al quarto piano c’erano sette stanze per l’isolamento degli infettivi non gravi. Ciò nonostante la situazione
loro professione hanno rischiato non solo di contagiarsi – benchè bardate di tutto punto – ma trovavano al contempo la forza di farmi compagnia, sorridendo, scherzandoci su. Mi hanno fatto veramente fatto sentire meglio, umanamente. In quel contesto drammatico, quanto ti sono mancati gli affetti? La tecnologia in questo caso mi è venuta in aiuto e appena possibile ho iniziato a telefonare e a fare videochiamate con la famiglia, i genitori. Dopo alcuni giorni, anche con collaboratori, amici e persone che volevano sapere come andava. Per fortuna miglioravo. La febbre era passata, iniziavo a respirare molto meglio e i valori nel sangue, della pressione iniziavano a normalizzarsi. C’era in particolare un prelievo quotidiano che mi preoccupava: si chiama emogasanalisi ed è un prelevio di sangue arterioso, particolarmente doloroso, che viene fatto per controllare l’ossigenazione del sangue. In più questa malattia ti “regala” il senso di colpa. La paura di aver contagiato altri... Proprio così. Per fortuna, se penso a tutte le persone che per lavoro o incontri vari ho visto, dal mio rientro da Milano al giorno del tampone positivo, devo dire che sono stato fortunato, non ho passato a nessuno il contagio. Mentre ero in ospedale, prima, e in isolamento a casa, poi, continuavano a giungermi notizie di conoscenti o amici che stavano male a causa del virus. Ogni volta un colpo allo stomaco. Ho visto un tuo post dedicato alla me-
era molto delicata. Quello stadio della malattia richiedeva comunque ossigeno e un continuo controllo dell’ossigenazione del sangue. Inedia, valori del sangue sballati, nessuno da vedere o con cui parlare: il tempo non passava mai. Sono arrivato a desiderare così tanto quei momenti in cui – 3 o 4 volte al giorno – arrivavano medici, infermieri e persone di servizio. Il mio gancio con il “mondo” in quel momento. Vorresti dire qualcosa, oggi, a quelle persone? Un grandissimo “grazie”! Sincero. A tutte queste persone che nell’esercizio della
Parigi. Il giorno della laurea del figlio Gianmarco, in storia dell’arte all’Ecole du Louvre. Qui, con la mamma Daria e la sorella Francesca
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Papà Rinaldo, mamma Franca, Stefano, Elisabetta, Chiara e al, centro, l’occhialuto Alessandro
moria di Detto Mariano, uno dei più grandi parolieri e produttori italiani. Ero a casa, in attesa dei due tamponi negativi per poter essere considerato finalmente “guarito”, quando al telefono Al Bano mi comunica della morte di Detto. Sono rimasto impietrito. Lo avevo conosciuto molti anni fa, mentre stava realizzando delle colonne sonore in RCA a Roma. Lui era di casa lì, produceva ed arrangiava brani per Mina, Celentano e i grandi della musica. L’avevo visto l’ultima volta proprio lì, a casa sua. Mi aveva invitato per farmi sentire gli ultimi suoi lavori. Quando ho saputo della sua morte sono rimasto “perso nel vuoto“ per mezza giornata. Durante la malattia hai ricevuto attestati di solidarietà dal mondo della musica italiana? Ho ricevuto tante telefonate, videochiamate e messaggi da molti amici e artisti del mondo della musica. Non li cito per non dimenticare qualcuno. Ma mi sono stati vicini nche gli amici del mondo radiofonico: il Presidente del Gruppo Radio Italia – che ogni giorno voleva ragguagli –, il Presidente e Direttore Generale di Confindustria Radio TV, tanti editori nazionali e locali ed esponenti Istituzionali, da Bruxelles, dal Canada, da New York, da Buenos Aires, e tanti tanti altri amici. Qual’è stato il momento in cui ha avuto più paura? E quello in cui tutta questa emergenza ti ha spaventato di più. Sicuramente quando mi è stato comunicato che ero positivo al virus, lì ho passato alcune ore – come dicevo – non tanto semplici dal punto di vista psicologico. 22
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Ho dovuto pensare a cosa rischiavo di perdere... Piero Angela ha dichiarato che con il covid-19 “è dura ma non è la guerra”… Che ne pensi? Non ho per fortuna – e per età – vissuto una guerra; ci sono state tante pandemie: questa è stata paragonata alla “spagnola”, per la portata mondiale, i decessi, danni economici. Ma resto comunque ottimista: ne usciremo certamente, sia perché sarà trovato un vaccino adeguato, anche se non certo nei prossimi mesi, sia perché da questa situazione generale dovremo tutti fare i conti ogni giorno con una nostra generale fragilità: e penso che sapremo anche comportarci in modo più umano proprio fra noi. Come stai riprendendo la tua vita? Sono guarito, ma siamo ancora tutti in casa: per me è un po’ diverso perché da Editore radiofonico posso andare tutti i giorni in radio e sto scaricando e rispondendo ad oltre 1.200 mail ricevute nel periodo della malattia. A casa, nel periodo di isolamento, mi sono dedicato alla lettura, a suonare, anche a cucinare... (sono sempre stato un disastro in cucina, ma ora so cavarmela): nei 12 giorni di ospedale sono calato di 9 kg., un po’ per lo stress, un po’ perché in effetti non mangiavo quasi nulla... Nessuna paura: ho già recuperato qualche chilo. Tutto sommato non mi ha pesato più di tanto lo stare a casa. Una sosta di questo genere però è un grosso cambiamento... Una sosta obbligata di questo genere ti mette alla prova. Soprattutto dal punto di vista psicologico. L’ottimismo aiuta. E io lo sono sempre stato e continuerò ad esserlo finché campo. Quali errori abbiamo fatto prima dell’emergenza? Quali non dovremo fare dopo?
Leone d’Oro alla carriera, consegnato dal presidente del Gran Premio Internazionale di Venezia 2017
Fotografie: Jacopo Salvi
DOMANDE FISSE Il libro che sta leggendo? Ne ho inziati alcuni senza terminarne uno! L’ultimo che ho letto e che mi è rimasto nel cuore è “L’ombra del vento” di Zafon. I libri ambientati nelle città che amo (Barcellona, Parigi, New York) sono quelli che amo di più. Numero preferito? Non ho un numero preferito... Non ci avevo mai pensato... Colore preferito? Il blu. Il piatto che ama di più? Sono due. La pasta alla carbonara e le puntarelle con acciughe. Il film del cuore? Senza dubbio, “C’era una volta in America” di Sergio Leone. L’ho visto talmente tante volte che conosco i dialoghi a memoria. Allora ci dica la sua battuta preferita di questo film... James Wood chiede a Robert De Niro “Cos’hai fatto in tutto questo tempo?”. Quello risponde: “Sono andato a letto presto”. Personaggio storico preferito? Dante Alighieri. Squadra di calcio? Inter, tutta la vita! Automobile? Mercedes. Il viaggio che non è ancora riuscito a fare? Un mese in giro per l’Australia. Animali domestici? Gatti e cani di piccola taglia. Cantante, compositore o gruppo preferito (e qui forse la mettiamo nei guai)? Elton John, indiscutibilmente. Se non avesse fatto quello che ha fatto, cosa avrebbe voluto fare? Il compositore. La cosa che le fa più paura? Una malattia dei miei cari. Il suo sogno notturno ricorrente? Di ricorrenti non ne ricordo, anche perché li dimentico un momento dopo averli “sognati”...
trentinoincontri Lisbona, ottobre 2019. Con il board di Radio Days Europe
Con Marco Mengoni
Ho letto su un quotidiano che lo Stato e il Governo erano a conoscenza del coronavirus e dei suoi rischi ancora a fine gennaio. Se così fosse allora non capisco perché si sono presi provvedimenti solo venti giorni dopo. Ecco cosa non dovremmo fare quando fra due anni o fra cento arriverà un altro virus a sconvolgerci la vita. Cosa bisognerebbe fare, invece? Informare e prendere decisioni immediate per evitare errori come quelli che forse sono stati commessi. Il più delle volte, errori in buona fede: in queste situazioni emergenziali possono capitare. Mi piacerebbe anche che i nostri politici per una volta lasciassero da parte le “beghe” per cercare voti, e viaggiassero su un unico binario, con un’unica strategia, non come quella che ha visto i partiti italiani gli uni contro gli altri durante le votazioni dei giorni scorsi all’Europarlamento, sulla questione degli eurobond…. Ora, però, mettiamo da parte il coronavirus e l’emergenza. Parlami un po’ di te. Che ricordo hai della tua infanzia? Ci racconti qualcosa dei tuoi genitori? Mi ritengo una persona fortunata perché ho trascorso un’infanzia felice, grazie a due genitori splendidi. Ringraziando Dio, nonostante i suoi 90 anni, mio papà Rinaldo è in gran forma e non vede l’ora di riprendere le sue partite a bocce e la villeggiatura in montagna con mia mamma Franca, 82 anni. Lei ha qualche acciacco, ma sta bene (anche se preferisce parlare delle malattie piuttosto che della vita...). Fratelli e sorelle? Sono tre: Stefano, Elisabetta e Chiara. Con loro abbiamo sempre condiviso la passione della musica, e poi ci vogliamo un gran bene. Ecco una delle cose che più ho imparato ad apprezzare nella vita! Ci sentiamo sempre, abbiamo una chat, e periodicamente ci vediamo a cena.
Che studi hai fatto? Come sei arrivato alla radio? I tuoi cosa pensavano delle tue scelte? Mi definirei un “ragioniere-compositore“, nel senso che dopo la maturità – conseguita al “Fontana” di Rovereto –, sono partito per Milano dove di giorno facevo il ragioniere e alla sera studiavo composizione e pianoforte. Ci racconti le tappe principali della tua carriera? Beh, dopo l’esperienza di lavoro-studio a Milano sono rientrato in Trentino. Mi sono sposato e sono stato chiamato prima a dirigere TVA e poi Europa Tv. Due esperienze che mi hanno formato molto anche se purtroppo le due emittenti, per diversi motivi, non hanno potuto continuare le trasmissioni. In seguito, anche grazie a due amici, Fabiano e Luisa, abbiamo portato Radio italia solo musica italiana in regione (in quel periodo le leggi radiotelevisive erano diverse dalle attuali e Radio Italia non era presente in Trentino Alto Adige). Era il 1989. A quanto ne so non ti sei fermato lì...
Siamo andati avanti con tante soddisfazioni ed impegno per vent’anni. Ho sempre avuto la fortuna di viaggiare, sia come responsabile prima delle Relazioni Internazionali del Gruppo Radio Italia SpA (accordi di partnership in giro per il mondo, portando la radio e la musica italiana in concerti e diffusioni satellitari), sia poi come responsabile per conto di Confindustria Radio TV, nel Board dell’Association Europeenne des Radios (AER), con sede a Bruxelles. E poi membro ancora oggi del board del più importante meeting radiofonico annuale Radiodayseurope… E poi? E poi, le menti creative di Radio Italia hanno creato Radio Italia Anni ‘60. Abbiamo fondato il primo franchising radiofonico italiano (quest’anno compie 20 anni), del quale mi onoro di essere, oltre che socio fondatore, anche amministratore delegato e coordinatore nazionale. Ma tu sei conosciuto anche per una serie di grandi e indimenticabili concerti.
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trentinoincontri Ti riferisci certamente ai tantissimi concerti di Note Italiane nel mondo, in Piazza Duomo a Trento. Ogni inizio settembre con i big della musica italiana, in diretta radio televisiva internazionale… Ma lasciami citare anche la splendida collaborazione con Roland Barbacovi della Showtime, con l’ideazione e l’organizzazione di tante edizioni del Trento Summer Festival... e poi tante altre iniziative e concerti. Cosa accadrà al mondo dei concerti dopo il coronavirus? Abbiamo piena consapevolezza che questo settore, con la pandemia ancora in corso, rischia di essere l’ultimo ad essere “liberato”. Sono tantissimi i tour sospesi in Italia e nel mondo. E quindi? Non c’è altra soluzione. Prevedendo l’assembramento di tante, tantissime persone certe manifestazioni potranno essere realizzate solo quando ci sarà la sicurezza più totale. Torniamo alla tua carriera. C’è stato un momento in cui si è verificata la classica svolta? Lasciami pensare... No, non credo ci sia stata una vera e propria svolta nel mio percorso. Direi piuttosto che mi ha sempre aiutato la mia tenacia, questo aver sempre considerato fondamentale “l’apertura mentale” e “la ricerca di nuove idee”. Per questo, ancora oggi, dopo 40 anni, tutte le settimane sono a Milano, Roma, Bruxelles, Londra. Posti bellissimi, che lasciano il segno. Cos’è Milano per te? È una città che mi ha dato moltissimo. Fin dai tempi del “ragioniere di giorno e compositore di sera“. Un posto che si è sempre dimostrato “avanti” rispetto alle altre città italiane. Negli ultimi anni, Con Tiziano Ferro
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poi, è veramente diventata una delle capitali d’Europa. E Trento e il Trentino? Trento, la sede da sempre della radio, i collaboratori bravissimi, i tanti amici e i tanti ristoranti, dal gourmet alla trattoria, per lavoro o per compagnia, con magari una suonata al pianoforte. Il Trentino meriterebbe più considerazione da parte degli stessi trentini... Cioè? Sono ancora in troppi a non avere coscienza della fortuna che hanno di vivere in questa specie di paradiso naturale. Ringraziamo quindi la Natura... Servirebbe a poco senza l’autonomia finanziaria e fiscale che caratterizza il nostro Statuto. La radio può essere, in qualche modo, terapeutica? Certamente. Lo è sia per la compagnia che ogni giorno fa alle persone, soprattutto quelle sole, a quelle che vogliono rilassarsi con un bel brano romantico e a quelle che ascoltandola riescono a lavorare meglio. E in questo periodo di emergenza coronavirus?
In radio ho dei collaboratori bravissimi e in questo periodo la redazione ha avuto un’idea grazie alla quale siamo diventati ancora più “terapeutici”. Quale? Proponiamo agli ascoltatori tante “pillole” e spazi quotidiani, all’insegna dello slogan: “Restiamo a casa, ma incontriamoci su Radio Italia anni ‘60“. Cosa accade in questi spazi? Gli ascoltatori possono, da casa, leggere una poesia, condividere un libro, un brano, una ricetta di cucina… Ecco cosa è cambiato per chi fa la radio e per chi l’ascolta, con l’emergenza coronavirus. Oggi c’è una maggiore interazione. Un piccolo aiuto in più per la gente costretta a stare in casa… Prima di salutarti, vorrei chiederti tre cose che avresti voluto fare e che non potrai fare nei prossimi mesi? Alcune trasferte per importanti incontri internazionali di lavoro e che sono state annullate. Quindi penso all’organizzazione dei concerti, in particolare all’edizione 2020 del Trento Summer Festival. Infine alcuni investimenti innovativi in radio che non sarà possibile realizzare nell’immediato. Enzo Tortora dopo l’assenza dovuta all’arresto aprì “Portobello” con la famosa frase “Dove eravamo rimasti?”. Come apriresti in radio la primissima trasmissione post emergenza? Direi sicuramente questo: “Cari amici, torniamo a vivere, sperando di aver capito che importanza ha vivere!” Ultimissima domanda. Quale sarà la conseguenza più importante dell’emergenza sulla tua vita? Che quando ci capiteranno momenti difficili sul lavoro o nella vita, ognuno possa pensare alla gioia di “poter vivere”, di avere la facoltà di alzarsi al mattino e di ringraziare per la giornata, tutta da vivere, che ci si prospetta davanti. ■
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“Ma dove siete finiti, tutti?!” di Pino Loperfido
LA CITTÀ SENZA DI NOI È COME UN VOLTO SENZA SORRISO: UN VOLTO CELATO DA UNA ANTIESTETICA MASCHERINA. IL FOTOGRAFO LUCIO TONINA CI OFFRE UN RITRATTO INEDITO DEL CAPOLUOGO. DA RICORDARE QUANDO, MOLTO PRESTO, TORNEREMO A MOSTRARE I NOSTRI VOLTI. E DI QUESTA EMERGENZA RESTERÀ SOLO UN BRUTTO RICORDO
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apete cosa mi sembra questa città senza persone? Questo insieme di costruzioni, strade, semafori e marciapiedi? Ve lo dico subito: un plastico. Una di quelle rappresentazioni in scala che si assemblavano una volta con legno e cartone (oggi ci pensa il computer) per presentare un progetto architettonico o di trasformazione urbana. Eppure le splendide fotografie scattate da Lucio Tonina non hanno ripreso un plastico della città di Trento, ma la città di Trento senza i suoi frequentatori: abitanti, pendolari, turisti, viaggiatori di passaggio, curiosi. È strano. Solo adesso che non li vediamo – né in via Brennero, né in Piazza Duomo, né in nessun altro scorcio – ci capita di volerne sapere di più su loro. Cosa ci facevano, cioè, tutte quelle persone, uomini e donne, mattoncini della grande folla, agitati da 26
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trentinoportfolio passo svelto, sguardo puntato verso il basso, una borsa in una mano, un telefono nell’altra, cosa ci facevano in quel momento in quel preciso punto della città? È un’assenza che interroga. Chiede conto di ciò che è stato prima. Chiede conto di quel che sarà. Una città senza le sue persone, senza la fauna urbana, smette di assomigliare a se stessa. Nel romanzo “La città sostituita”, Philip K. Dick immagina un uomo che, dopo molti anni di assenza, decide di tornare nella piccola città della Virginia dove è nato. Un tranquillo borgo di provincia come ce ne sono a migliaia. Due negozi di ferramenta, qualche emporio, un fabbro... Vi si reca in vacanza insieme alla moglie, insofferente e spigolosa. Una grande voglia di rivedere le strade dell’infanzia riempie d’eccitazione il cuore di costui. Giunto sul posto, però, non trova quello che credeva di avere lasciato. I nomi delle strade sono tutti cambiati, gli abitanti sembrano vivere in una strana forma d’oblio. Osservate bene. Guardate le vie del centro storico, i viali, le rotatorie, tutte queste strade e stalli di parcheggio diventati improvvisamente inutili, guardate attentamente: lo percepite questo senso di estraneità? Quella fastidiosa sensazione che ci prende quando sbagliamo fermata della metropolitana, in qualche capitale europea. Cosa significa questo? Beh, innanzitutto che una città non è fatta solo di muri e di crocicchi, ma anche di persone. Una componente umana che fino a l’altro ieri davamo per scontata, talmente scontata da non rilevarne l’esistenza. Ma lo straniamento che assale nel guardare queste foto della città durante l’emergenza coronavirus ci dice anche qualcos’altro: che la nostra città, il nostro paese, il maso, la villa, l’appartamento al quarto piano, noi distratti umanoidi non li guardiamo mai abbastanza. Ci entriamo ogni giorno, ne sfioriamo mille e mille volte l’intonaco e le pietre, eppure non ne sappiamo nulla, come se davvero avessimo sbagliato la fermata del metrò. La città senza di noi è come un volto senza sorriso: un volto celato da una antiestetica mascherina. Ricordiamoci di queste immagini. Andiamo a riguardarcele quando, molto presto, torneremo a mostrare i nostri volti. E di questa emergenza resterà solo un brutto, bruttissimo ricordo. ■ 28
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“Una città non è fatta solo di muri e di crocicchi, ma anche di persone. Una componente umana che fino a l’altro ieri davamo per scontata, talmente scontata da non rilevarne l’esistenza...” 29
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trentinoportfolio “Cosa ci facevano tutte quelle persone, uomini e donne, mattoncini della grande folla, agitati da passo svelto, sguardo puntato verso il basso, una borsa in una mano, un telefono nell’altra, cosa ci facevano in quel momento in quel preciso punto della città? È un’assenza che interroga. Chiede conto di ciò che è stato prima. Chiede conto di quel che sarà.”
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L’AUTORE DELLE FOTOGRAFIE Lucio Tonina, titolare dello studio “Foto Tonina” di via S. Bernardino 11, opera da più di 40 anni nel settore della fotografia. Diplomato in fotografia artistica all’istituto d’arte di Spoleto, inizia con la fotografia nel 1976, frequenta poi architettura a Venezia, partecipa a numerosi corsi di specializzazione in “still life” e lavora per due anni come reporter al “Gazzettino”. La sua attività professionale, (che si svolge in sala di posa ed esterno) abbraccia vari settori di specializzazione, prediligendo le immagini in cui le persone sono protagoniste. Lo spirito dinamico caratterizza i suoi lavori, dando ampio spazio alla creatività. La sua attività spazia dal ritratto alla fotografia industriale. lnsegna da trent’anni fotografia all’Istituto d’Arte “Depero” di Rovereto, nella sezione di multimedia. www.fotonina.com
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ECONOMIE DI “GUERRA”
Le operaie di Falconeri (Avio) al lavoro sui camici chirurgici
di Fabio Peterlongo
IN ATTESA DELLA “FASE DUE”, ABBIAMO INCONTRATO ALCUNE AZIENDE TRENTINE CHE SI SONO REINVENTATE PER PRODURRE GEL, MASCHERINE, ALCOL E CAMICI. UN MODO PER RIDURRE L’IMPATTO ECONOMICO DEL CORONAVIRUS, PER EVITARE AD ALCUNI LAVORATORI LA CASSA-INTEGRAZIONE E PER DIRE ALLA COMUNITÀ: «NOI CI SIAMO E SIAMO AL LAVORO». UN PERCORSO AD OSTACOLI TRA I NECESSARI ADATTAMENTI TECNOLOGICI E LE INSIDIE DELLA BUROCRAZIA
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così il momento è arrivato. Ci si avvia verso la “fase due”. Ci si vuole lasciare alle spalle il “blocco totale” consegnandolo, si spera definitivamente, al passato. E così andiamo incontro alla nuova normalità. Dalla surrealtà dell’isolamento domiciliare e delle strade deserte, si va verso una nuova realtà. Quella del distanziamento sociale, delle mascherine indossate in ogni momento, del gel alcolico con il quale trucidare il virus eventualmente presente sulle nostre mani. Una realtà in cui si lavora, si vive e si convive con il coronavirus. E in cui si continuerà a morire. Momento atteso da molti, temuto da altrettanti, la “ripartenza” desta preoccupazione. Ma la direzione è segnata ed è il momento di ricominciare a lavorare. Ma, va precisato, in molti non hanno mai smesso. Sono le aziende che si sono reinventate, rifiutando di alzare bandiera bianca di fronte all’attacco del coronavirus. Sono i lavoratori e gli imprenditori che hanno deciso di continuare a trasformare la materia grezza in beni d’importanza cruciale. I gesti delle mani in lavoro prezioso. Il tempo stagnante della quarantena in ore dense di concretezza.
Sono le numerose aziende che anche in Trentino hanno iniziato a produrre gel igienizzante, alcol, mascherine, camici chirurgici, abbandonando o accantonando quelle che sono le loro produzioni originali, per poter continuare a “fare”. Verbo semplicissimo e sottovalutato: “fare”. Fare, nonostante il virus. Fare, nonostante la paura. Fare, nonostante la burocrazia. Fare, perché questa volta non è questione di soldi. “Fare”, verbo più serio, più drammatico di qualunque altro verbo: “fare”, perché come scriveva il filosofo Immanuel Kant, «Se uno può fare delle cose buone per gli altri, ha l’obbligo morale di farle tutte». AREADERMA: «GEL IGIENIZZANTE ANCHE PER REINVENTARCI» «Abbiamo l’impressione di attraversare una guerra. Come durante un conflitto, occorre reinventarsi, adattare le nostre lavorazioni alle materie prime che si riescono ancora a reperire sul mercato. Ma siamo qui, pronti a continuare il nostro lavoro». Luigi Miori, socio fondatore e direttore tecnico di AreaDerma, ha delineato le difficoltà in cui lo stabilimento di produzione cosmetica di Pergine si è
trovato e a cui ha risposto con la riconversione parziale dei suoi impianti al fine di produrre ingenti quantità di gel igienizzante a base alcolica: «L’emergenza covid19 ci ha trovato in prima linea e data la tipologia della nostra produzione siamo potuti restare aperti, con alcuni lavoratori in smart-working, gli altri a rotazione suddivisi su due turni. Misuriamo con accuratezza la temperatura corporea, usiamo guanti e mascherine». I 67 lavoratori dello stabilimento di Pergine restano dunque operativi con il compito di rifornire di gel le Aziende sanitarie di Trento e Bolzano, oltre a numerosi acquirenti anche da fuori regione. Una soluzione capace di far superare il periodo nero per la cosmetica, le cui vendite sono precipitate in seguito al “lockdown”. Il calo verticale delle vendite non toglie un certo ottimismo a Miori: «Nel Dopoguerra i cosmetici furono tra gli articoli più acquistati, perché le persone volevano tornare a riappropriarsi dei piaceri della vita, di cui la guerra aveva privato per molto tempo». La speranza è quella di un rimbalzo del mercato, qualora la pandemia dovesse cessare. Nel caso si verificasse questa eventualità AreaDerma è pronta 33
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trentinoattualità Fotografie: Jacopo Salvi
AREADERMA L’azienda di produzione cosmetica ha sede a Pergine e si occupa dell’ideazione di formule per prodotti cosmetici bio ed ecologici destinati ai grandi marchi. Nel corso di questa emergenza sanitaria ha iniziato a realizzare ingenti quantità di gel igienizzante. Il gel igienizzante prodotto da AreaDerma
a tornare a focalizzarsi sulle sue produzioni. Ma esiste la possibilità che questa emergenza non cessi e diventi una sorta di nuova normalità con cui convivere. In questo caso, la produzione di gel igienizzante continuerebbe più stabilmente, nonostante le difficoltà: «Il prodotto è relativamente semplice, - ha precisato Miori - ma ci sono delle complicazioni. Per ragioni di sicurezza l’alcol non può essere stoccato in grandi quantità, così ci arriva in piccoli lotti. Solo che spesso le materie prime differiscono da una volta all’altra e ad ogni ordine dobbiamo cambiare la formulazione, è un continuo work-in-progress». Il futuro dell’azienda perginese, fondata a Piné 27 anni fa, si lega alla ripresa del mercato di sua competenza, ma fino a giugno il lavoro è assicurato: «Il nostro lavoro tradizionale è in stand-by, con tanti ordinativi sospesi o annullati - ammette Miori - Eravamo preoccupati del rischio di mettere il personale in cassa-integrazione. Ma dopo esserci accaparrati le materie prime, cosa niente affatto scontata, ora abbia-
Ad Annavalli, la produzione di mascherine 34
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Luigi Miori, direttore tecnico AreaDerma
mo un migliaio di ordini di gel igienizzante da produrre fino a giugno». ANNAVALLI: «MASCHERINE LAVABILI PER L’AMBIENTE» «Ho fatto solo il mio dovere di cittadina e come me tanti altri artigiani e piccole imprese, che si trovano a combattere la concorrenza spietata delle grandi aziende internazionali che producono a basso prezzo, in spregio ad ogni regola etica e di ogni criterio di sostenibilità ambientale». Così Anna Valli, titolare dell’omonima pelletteria situata ad Avio, ha spiegato le ragioni che l’hanno spinta a produrre mascherine in cotone lavabile a doppio strato con elastici, adattando i macchinari finora usati per la realizzazione di borse e accessori in materiale plastico recupe-
rato: «Queste mascherine sono adatte per l’uso che ne può fare una persona comune per difendersi dall’infezione durante le attività quotidiane». Valli delinea la sua “crociata” in sostegno ai piccoli produttori locali: «È una lotta contro i giganti dell’usa-e-getta e contro la burocrazia, anche locale - ha sottolineato Valli, ricordando alla politica provinciale le “promesse” - Si parla tanto di valorizzare il piccolo artigianato trentino, è ora di mettere in pratica queste parole». La pelletteria Annavalli non è nuova a momenti di profonda trasformazione: «L’azienda è stata fondata nel 1986 e dopo vent’anni eravamo arrivati a dare lavoro a 15 dipendenti - ricorda Valli - Poi arrivò l’invasione dei prodotti a costi bassissimi provenienti dalla Cina». La contrazione del mercato fu dolorosa e portò a tagli severi, spiega Valli: «Siamo rimasti Fotografie: Jacopo Salvi
ANNAVALLI La pelletteria Annavalli ha sede ad Avio e realizza borse ed accessori recuperando materie plastiche riciclate, con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale. L’emergenza coronavirus ha portato l’azienda a produrre mascherine in cotone lavabile.
Anna Valli, la titolare della pelletteria di Avio
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Alla Falconeri, il “taglio” per i camici chirurgici
solo noi tre soci. Lavoriamo dodici ore al giorno nel nostro locale di 600 metri quadrati, realizzando con le nostre macchine tutte le procedure di taglio, mentre affidiamo la cucitura ad alcune sartorie esterne». È giunto il momento della rivincita per i piccoli produttori artigianali, che possono combattere le produzioni a basso costo del gigante asiatico con prodotti lavabili e sicuri? È quello che spera Anna Valli, ma chiede un intervento energico da parte della politica: «Abbiamo prodotto circa 15mila mascherine in un paio di mesi, quasi duemila in settimana. Bisogna che il governo nazionale e provinciale promuovano l’uso delle mascherine lavabili, naturali e sterilizzabili e non le usa-e-getta, che causano un indicibile inquinamento ambientale. Noi siamo disponibili anche a certificare i nostri prodotti, ma è un procedimento costoso e abbiamo bisogno di certezze». FALCONERI: «LA BUROCRAZIA È UN CALVARIO» «Realizziamo mascherine e camici chirurgici che doniamo all’Azienda sanitaria di Trento. Lo facciamo a titolo gratuito per espressa indicazione del presidente del gruppo Calzedonia Sandro Veronesi. È un modo per tenere attiva parte del personale. Ma possiamo andare avanFotografie: Jacopo Salvi
FALCONERI CALZEDONIA Lo stabilimento Falconeri di Avio è parte del gruppo veronese Calzedonia e realizza calzini per uomo donna e bambino. Per volontà del presidente del gruppo Sandro Veronesi ha iniziato a produrre mascherine e camici chirurgici destinati alle Aziende sanitarie.
ti così un paio di mesi. L’ammontare di burocrazia è indecente». Tarcisio Ruffoli è l’amministratore delegato dello stabilimento “Falconeri” di Avio, che fa capo al gruppo veronese Calzedonia ed occupa 230 lavoratori. In tempi normali, lo stabilimento si dedica alla realizzazione e alla prototipia di calzini per uomini, donne e bambini, ma nelle ultime settimane ha riconvertito la sua produzione per confezionare i dispositivi di protezione individuali essenziali per combattere la pandemia: «Abbiamo modificato alcune macchine, - ha spiegato Ruffoli - all’inizio per produrre mascherine ad uso civile; da un paio di settimane realizziamo anche camici chirurgici con certificato Inail. Produciamo 400 camici chirurgici al giorno ad Avio, 500 in Abruzzo, 2000 in Croazia. Abbiamo accordi con l’Apss di Trento, per produrre 7000 camici a settimana, tutto a titolo gratuito». Ma a rendere questo sforzo ancora più arduo, c’è un avversario che compromette l’impegno dei lavoratori: «La burocrazia rende il lavoro impossibile. I nostri dipendenti sono stati felici di poter dare una mano e di rendersi utili in questa fase difficile, ci stiamo facendo tutti il “mazzo tanto”. Basti pensare che non siamo in grado di distribuire le 80mila mascherine che produciamo in Croazia, per gli assurdi vincoli imposti dalla burocrazia italiana». Ruffoli indica nella mancanza di chiarezza delle norme il principale ostacolo: «Abbiamo certificato i materiali al Politecnico di Milano. Ma dopo qualche tempo è intervenuto l’Istituto superiore di sanità che chiede un protocollo ancora diverso. È un autentico calvario». Anche da parte dell’amministrazione locale arrivano normative di difficile applicazione: «La recente “delibera Fugatti” che consente la ripresa delle attività produttive impone alle fabbriche regole quasi impossibili da ottemperare, perché permette la presenza di un solo lavoratore per locale “al chiuso”. Noi abbiamo locali da 2000 metri quadrati, è impensabile che ci lavori una sola persona - ha spiegato Ruffoli - Ma è quello che sta accadendo, oggi lavoriamo con due soli lavoratori su 40 macchine. Noi abbiamo 200 macchine quasi tutte inutilizzate proprio per ottemperare alla direttiva provinciale». Sul futuro della produzione, Ruffoli esprime il desiderio di tornare al più presto alle produzioni originali del marchio: «Non potremo continuare a confezionare i dispositivi di protezione individuale all’infinito. Potremo continuare per un po’ a realizzare le mascherine perché sono un articolo
L’intero reparto di Falconeri lavora alle macchine
di semplice realizzazione, ma i camici richiedono molta manodopera. Questo tipo di produzioni va fatto laddove la manodopera costa poco». E sul futuro del comparto tessile e moda, esprime forte preoccupazione: «Il commercio riprenderà in sordina, poco alla volta, anche per il fatto che la gente ha meno soldi, come dimostrano le buone vendite che registriamo online delle nostre linee più economiche. Abbiamo perso un’intera stagione. Vedremo di recuperare, ma abbiamo paura». MARZADRO: «COME DOPO LA GUERRA» «La distilleria Marzadro è nata nel 1947, subito dopo la Seconda guerra mondiale, per volontà dei nostri nonni che cercavano di risollevarsi dopo il conflitto. Stiamo vivendo un momento simile per molti aspetti, ma con un carico di responsabilità enorme, perché dal nostro stabilimento dipende la sicurezza economica di settanta famiglie. Abbiamo deciso di trasformare l’alcol alimentare in alcol denaturato per uso sanitario, è un modo per attutire il colpo causato dalla chiusura improvvisa del turismo e della ristorazione, ma dobbiamo ancora capire chi dei nostri storici acquirenti riuscirà a riaprire». Alessandro Marzadro è tra i titolari della storica distilleria che occupa 70 lavoratori nello stabilimento di NogaFotografie: Jacopo Salvi
MARZADRO La storica distilleria di Nogaredo produce grappe dal 1949. In seguito allo scoppio della pandemia, ha riconvertito parte della produzione per trasformare l’alcol alimentare Bongusto in alcol ad uso sanitario, da distribuire poi ad aziende di produzione di gel.
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trentinoincontri redo e 20 in quello di Arco. Attualmente sono operativi in dieci, gli altri sono in cassa-integrazione. In seguito allo stop alle attività ricettive imposto in seguito alla pandemia da coronavirus, che rappresentano la più grande fetta della clientela di Marzadro, l’azienda ha deciso di impiegare parte delle sue attrezzature e della forza-lavoro per trasformare l’alcol Bongusto in materia prima da destinare alle imprese produttrici di gel igienizzante. «Non è il nostro mondo, ma è una produzione che ci consente di contenere i costi - ha spiegato Alessandro Marzadro - Nei prossimi mesi il consumo di gel igienizzante sarà immane e facciamo quanto è possibile per fornire la materia prima alcolica che è già ad ora di difficile reperibilità sul mercato». La Marzadro sta valutando se e come produrre direttamente l’alcol per aumentare la disponibilità di questo bene prezioso: «Stiamo considerando di utilizzare il nostro distillato della vite, da cui otteniamo la grappa, per produrre direttamente alcol ad uso sanitario, ma serviranno impianti diversi da quelli attualmente in uso. In realtà ragioniamo di settimana in settimana, lotto per lotto», spiega Alessandro che torna a ricordare le origini post-belliche della distilleria: «Nel periodo in cui la distilleria è stata
“La Sportiva” si cuciono le mascherine chirugiche per l’Azienda sanitaria e si progetta il prototipo di un modello lavabile
fondata, le economie si adattavano, si prendevano gli scarti delle viti per fare la grappa. In un certo modo siamo tornati in un’epoca simile. Mi raccontano come durante l’influenza “asiatica” si desse la grappa come un medicinale. Anche in quel caso l’alcol assumeva un ruolo sanitario. Ma le differenze sono tante. I miei nonni avevano la responsabilità solo della loro famiglia, noi portiamo sulle spalle le aspettative e le vite di tutte le famiglie che lavorano con noi». LA SPORTIVA: «MASCHERINE PER RITROVARE LA MONTAGNA» «In questo momento drammatico cerchiamo di cogliere elementi per essere utili alla comunità con un approccio propositivo. Abbiamo chiuso lo stabilimento una settimana prima che arrivasse l’ordine di chiusura da parte del governo nazionale, per proteggere i nostri lavoratori che rappresentano una parte consistente della popolazione locale. Rischiavamo di diventare un focolaio pericoloso, perché tutti in Val di Fiemme hanno un parente o un amico che lavora a “La Sportiva”». Luca Mich, direttore marketing de “La Sportiva”, azienda di abbigliamento sportivo con sede a Ziano di Fiemme con 369 dipendenti, ha descritto così le prime cruciali giornate dopo l’emersione del contagio da coronavirus in Trentino. Un arco di tempo ristretto in cui da troppe parti è arrivata una reazione lenta e inadeguata. Ma con una mossa prudente in anticipo sui tempi, a “La Sportiva” hanno dimostrato che prevenire e contenere il contagio da coronavirus era possibile, anche nei siti produttivi. Bastava leggere i dati per rendersi conto che nelle aree del turismo alpino di massa, il rischio di un contagio esteso era reale, come si è poi purtroppo concretizzato. «Era troppo rischioso, così il 13 marzo abbiamo chiuso mettendo al primo posto la salute Fotografie: Jacopo Salvi
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Alla Marzadro, si trasforma alcol alimentare in alcol sanitario. Nella foto, il giovane Luca Marzadro e Andrea Marzadro, due generazioni di imprenditori della grappa 36
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L’azienda di Ziano di Fiemme fu fondata come calzoleria nel 1928. Nei decenni si è specializzata nella produzione di scarpe sportive ed accessori per il trekking e l’alpinismo. L’emergenza covid19 ha portato alla chiusura ed ora si producono e progettano mascherine.
dei nostri lavoratori», spiega Mich. Con il passare dei giorni, lo stabilimento di Ziano ha riattivato parzialmente i macchinari per consentire la realizzazione di mascherine chirurgiche ad uso civile: «Abbiamo iniziato la produzione di mascherine per la Protezione civile di Trento, adattando i nostri banchi di taglio e le macchine per la sartoria, ora siamo in attesa delle certificazioni. Produrremo 55mila mascherine chirurgiche», ha spiegato Mich, sottolineando come il settore ricerca-sviluppo dell’azienda si sia poi concentrato sulla progettazione di un nuovo tipo di mascherina igienica di protezione standard: «Vogliamo commercializzarla entro quattro settimane, sarà lavabile ad idonea anche per l’uso sportivo». Perché è questa la speranza di Mich e dell’azienda di Ziano, che siano proprio le attività sportive all’aperto, tra cui il trekking, l’arrampicata e l’alpinismo, le prime a “rimbalzare” verso l’alto una volta terminata la quarantena: «Siamo fiduciosi. Crediamo che ci sarà ben presto una ripresa di consumi di tipo “edonistico” ovvero la volontà di riappropriarsi del piacere di uscire, magari guardando di più al proprio territorio». ■
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trentinoincontri di Denise Fasanelli
DUE SORELLE, UNA SOLA PASSIONE
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i loro tutti dicono che sono una bella famiglia. Mirta Slomp ed Alessandro Giori si sono sposati 33 anni fa in una giornata di primavera. A 25 anni Mirta è diventata mamma, di Mariele e 5 anni dopo di Beatrice. Hanno sempre fatto tantissime cose assieme e a legarli ancora di più ci ha pensato la comune passione per i cavalli delle figlie. Mariele, trent’anni, è ostetrica dei cavalli in un allevamento di Desenzano mentre la sorella Beatrice ha praticato equitazione e cavalca ancora, spesso insieme al padre.
MARIELE Quando hai scelto che cosa avresti fatto da grande? Sin da piccola se mi si chiedeva cosa volevo fare da grande, rispondevo: la ve38
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MENTRE GLI UMANI SONO COSTRETTI A FERMARSI, LA NATURA SEMBRA PRENDERSI UNA RIVINCITA AFFACCIANDOSI E MOSTRANDOSI IN MANIERA PREPOTENTE. VALE ANCHE PER IL MONDO ANIMALE E DUNQUE PER I CAVALLI, I QUALI HANNO COMUNQUE BISOGNO DI CURE E ATTENZIONI
terinaria o la vigilessa, facile capire quale scelta ho presto abbandonato. Mi sono iscritta all’Istituto agrario di San Michele all’Adige e poi specializzata presso l’Università di Parma in una laurea triennale in Scienze e tecniche equine. Come ti sei appassionata ai cavalli? Tutto è iniziato quando il nonno mi portava a vedere dei cavalli, ogni volta mi partiva il batticuore. Ero alle superiori quando ho preso Giulietta, detta Titti. La gestione famigliare mi permetteva di studiare e occuparmene, in seguito, per esigenze lavorative ho dovuto venderla. Un paio di anni dopo, è arrivato in famiglia Aramis, un cavallo reduce da una vita di gran premi. È stata mia sorella ad accettare questa sfida, gestendone ogni aspetto ed ottenendo risultati importanti, non solo per quanto riguarda l’equitazione. Quando Aramis è morto, è
stato un duro colpo per tutta la famiglia, era uno di noi. L’esperienza Australiana. Circa otto anni fa, l’ippica italiana ha avuto un calo drastico, io mi sono ritrovata a fare dei lavori che non mi appagavano e, invaghita di quella terra fin da ragazzina, ho maturato la decisione di partire, pur non avendo un progetto specifico ma degli agganci nel Western Australia per un supporto logistico. Ho iniziato da una farm di pony dove gestivo un centinaio di esemplari per poi approdare in un ranch con una sessantina di cavalli e fare da guida ai turisti che volevano cavalcare per le steppe. Poi ho trovato impiego a Sydney, per sei mesi, all’ippodromo principale in qualità di manager di una scuderia. Gestivo una quarantina di esemplari, la mia giornata iniziava alle 3 del mattino preparando i cavalli per i groom e i fantini
trentinoincontri che li avrebbero allenati, a fine mattinata mi occupavo delle terapie veterinarie e il pomeriggio aiutavo un’altra scuderia di maneggio. Non nego che è stata dura, giornate intense, un arricchimento sia per l’esperienza maturata sia per lo stile di vita unico e irripetibile che mi ha spronata a non mollare. Probabilmente sarei ancora là se non avessi avuto l’occasione di lavorare a Desenzano, sostituendo una veterinaria in un prestigioso allevamento di cavalli per il salto ad ostacoli. Il lavoro odierno a Desenzano. Qui mi occupo di un centinaio di esemplari, vivo accanto alla scuderia: dalla finestra della camera vedo il box che contiene una trentina di cavalli, così sono sempre pronta ad intervenire. Mi definisco “ostetrica dei cavalli” nel senso che la mia attività principale è far partorire le cavalle e occuparmi di tutto quello che ruota attorno alla riproduzione: gestazione, parto, monta degli stalloni, inseminazione e trasferimento di embrioni, mirando all’eccellenza della specie. Vivo giornate piene ma soprattutto notti perchè il cavallo, guidato da un istinto primordiale in quanto animale predato, partorisce principalmente di notte. Ci sono momenti difficili in questo lavoro, ma sono fortunata a poter contare su di un amico a quattro zampe: il mio cane Johnny. Lo avevo in stallo per un’amica, un trovatello arrivato dalla Sicilia, dopo un paio di settimane aveva trovato una famiglia ma non sono stata capace di lasciarlo andare, ci ero affezionata. È davvero un buon cane e vive con i cavalli senza alcun problema. Il rapporto con la tua famiglia. I miei mi hanno permesso di realizzarmi assecondando la mia determinazione. La partenza per l’Australia è stata sicuramente il momento più difficile per loro, anche se sono venuti a trovarmi, quasi a dirmi: “Noi ci siamo comunque, sempre”. Con mia sorella Beatrice abbiamo
Beatrice Giori con Aramis
Una bella immagine della famiglia Giori
fatto si che il mio rientro fosse una sorpresa: li abbiamo lasciati senza parole. Anche a lei i cavalli son sempre piaciuti, in maniera diversa e complementare: io allevo esemplari che lei vorrebbe montare. Sappiamo contare una sull’altra, ci stimiamo e rispettiamo profondamente. Sogni e progetti futuri. Sono diventata una che vive alla giornata e questo, adesso, mi va bene. Si tratta di un lavoro totalizzante che limita la mia vita privata, dato che per 6-7 mesi dormo e vivo qua tranne poche ore al giorno, mentre gli altri 4-5 mesi almeno i weekend riesco a staccare. Magari non sarà il lavoro della mia vita, sicuramente il mio sogno è quello di continuare, forse trovando un’altra formula. Cosa vorresti dire ai tuoi familiari? Vorrei dirgli grazie per essere stati i genitori che sono stati, non avrei potuto
chiedere di più. A mia sorella vorrei dire di guardare in alto ma volare basso, lei capirà.
BEATRICE Come ti sei appassionata ai cavalli? È iniziato tutto da piccola e poi, a 12 anni, un’amica mi ha invitato a “una settimana a cavallo” al maneggio di Calliano. Da lì è diventata una costante con lezioni settimanali, le gare e un susseguirsi di esperienze, condivise anche con mia sorella. E con papà che ha imparato a cavalcare ed ha una cavalla da un pò di anni, così ogni tanto usciamo insieme e mi aiuta per quanto riguarda la gestione, come ha sempre fatto d’altronde. Hai avuto un cavallo tuo, raccontaci la vostra storia. L’hobby dell’equitazione si è trasformato in agonismo quando ho incontrato Aramis, lui per me è stato un maestro. Lo avevo cercato tanto, alla fine mi è stato regalato, si trattava di un campione che ha fatto storia nel salto ad ostacoli, monta all’inglese, che avrebbe dovuto andare “in pensione”. All’inizio abbiamo fatto pratica in un maneggio di Arco, si è subito instaurata una complicità fortissima e con lui ho gareggiato in discipline diverse. Lo ho tenuto per 6 anni, all’età di 25 anni è morto. In seguito ho montato altri cavalli di scuderia ma non ho più ritrovato un rapporto così intenso. La Germania.
Mariele e il puledrino appena nato 39
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trentinoincontri Beatrice e Gulliver sorridenti
Su consiglio di mia madre, mancandomi l’ultimo esame di tedesco prima della laurea, ho deciso di partire, per fare la ragazza alla pari. Sono stata in una famiglia dove c’era un cavallo, sull’isola dei cavalli sul mare del nord, un posto sperduto ma adatto a me. Così la mattina stavo in una scuderia e il pomeriggio con i bambini. Lavoro attuale. Dopo la laurea triennale in “Management del turismo, dello sport e degli eventi” della facoltà di economia presso la Libera Università di Bolzano trilingue con sede a Brunico e dopo un’esperienza presso l’Alpe Cimbra a Folgaria. Ho avuto l’occasione di un colloquio con il presidente del consorzio Giulio Prosser ed oggi lavoro come organizzatrice di eventi presso Consorzio Rovereto IN Centro. Sogni e progetti futuri. Mi piacerebbe occuparmi di grandi eventi sportivi, lavorare per organizzazioni internazionali. Inoltre, ora che sono arrivata a trovare Gulliver, un cavallo con cui ho grande feeling, pur non gareggiando dal 2017, voglio continuare a prendermi delle piccole soddisfazioni in campo. Vorrei montare in libertà, senza sella, pad e morso: si tratta di sintonizzarsi totalmente con il proprio animale, trovando la serenità nel binomio con lui. Il rapporto con la tua famiglia. I genitori ci hanno sempre sempre sostenute: sia per quanto riguarda le spese, sia quando si trattava di idee, esperienze o della gestione dei cavalli. Siamo una famiglia unita e so quanto questa sia una ricchezza impagabile. Cosa vorresti dire ai tuoi familiari? Ai miei genitori che ci sono sempre stati voglio dire grazie. E vorrei dire a mio padre che so di potermi fidare quando va ad occuparsi dei cavalli, anche se ho sempre qualcosa da dirgli. A mia sorella, visto che lei ha una visione più tecnica, mi ha aiutata e mi aiuta sempre, vorrei ribadire quanto sia importante per me.
Siamo andati a prendere Aramis sotto una bufera, la mattina alle 4 e lo abbiamo portato a casa. Quel cavallo ci ha dato un sacco di soddisfazioni, non solo per i concorsi in cui Beatrice ha partecipato. Mai nella vita avrei pensato di dovermi occupare anche di cavalli invece, oggi, di questa avventura, faticherei a farne a meno. Ho iniziato come stalliere e accompagnatore delle figlie, ora cavalco con passione, soprattutto insieme a Beatrice. Il rapporto con le tue figlie e con Mirta. Io provengo dal mondo della pallavolo e di conseguenza sono rimasto sorpreso
ALESSANDRO, il papà. Come è iniziato tutto? Le nostre figlie erano ancora piccole, andavamo a camminare per i monti nelle zone Alto Adige, Val di Fiemme o Fassa, e non mancava occasione per avvicinare i pony o gli avelignesi. Finchè a Mariele, durante gli studi a San Michele all’Adige, hanno consigliato una struttura in Val di Gresta dove si è innamorata di questo mondo. Beatrice non molto tempo dopo, si è messa alla ricerca di un cavallo. Le sorelle in passeggiata con Cristal e Gulliver 40
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nel vederle dedicarsi a questo animale imponente. E se la determinazione di Mariele è un motivo di soddisfazione e orgoglio, Beatrice, che è diversa dalla sorella, ci ha stupiti prendendosi cura, a volte, esagerando anche, con una sensibilità e un entusiasmo unici. Il periodo in cui Mariele è stata in Australia non è stato facile, anche se siamo andati a trovarla ed eravamo sereni. Ha avuto la possibilità di rimanere là, da genitore posso dire per fortuna è tornata, anche se la cosa più importante è che si realizzi. Mirta che è sempre stata un po’ restia con gli animali, prudente, alla fine ha accettato di buon grado questo mondo, sostenendo le figlie. È sicuramente la nostra colonna portante, quella che ci riporta con i piedi per terra quando viviamo di emozioni e fantastichiamo, ci fa rimanere sui binari. Sogni e progetti futuri. Io mi auguro che le mie figlie siano serene, realizzino i loro sogni, anche nel mondo del lavoro avendo intrapreso strade tutt’altro che semplici. D’altro canto, non nego, anche su sollecitazioni dalle istituzioni, che mi piacerebbe creare uno spazio dedicato ai cavalli, non solo per gli amanti e le passeggiate ma anche per quanto riguarda l’ippoterapia. È una cosa complessa e impegnativa ma confesso che sarebbe un sogno trovare
trentinoincontri
Alessandro con la dolce Cristal
una dimensione familiare di questo tipo o, quantomeno, dare un contributo a questo mondo. Cosa vorresti dire ai tuoi familiari? Sono contento delle “mie” donne, della famiglia che siamo. Non potrei chiedere di meglio.
MIRTA, la mamma. Come è iniziato tutto? Il mio papà Dino, non era appassionato di cavalli, però le portava a vederli vicino a casa, gli davano da mangiare. E così ovunque andassimo, se c’erano dei cavalli, bisognava fermarsi. Beatrice
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aveva circa 14 anni quando ha iniziato a praticare l’equitazione. Mariele intanto frequentava la scuola di San Michele all’Adige, con l’idea di perfezionarsi sui cavalli, attraverso veterinaria; ha trovato a Parma l’università specifica, avendo già le idee ben chiare. Il rapporto con le tue figlie e con Alessandro. Noi genitori le abbiamo sempre aiutate: Alessandro a casa e nella gestione dei cavalli di proprietà con grande disponibilità ed entusiasmo, mentre io li seguo nei trasferimenti, faccio la taxista - dice sorridendo - nel fare foto e scrivere emozioni ed esperienze che viviamo. Mi piace documentare, lasciare un “tesoro” in un baule pieno di ricordi che spero saranno preziosi un domani. Alessandro è anche il mediatore di molti conflitti tra me e le sorelle o tra di loro, vuoi per carattere, vuoi perchè è l’unico uomo in casa. Un aneddoto. A Noriglio, piccolo paese, si è creata una rete di persone e relazioni interessate e vicine, soprattutto i bambini vengono incuriositi dagli animali. E’ successo anche che Mariele fosse un po’ gelosa dei bambini che volevano avvicinarsi ma è sempre bastato ricordarle come era lei alla loro età. L’esperienza di tua figlia Mariele in Australia. Quando Mariele mi ha detto: “Sto allargando i miei orizzonti”, ho faticato a
Mirta e Cristal in passeggiata invernale
capire. È partita da Venezia in una giornata uggiosa, ho pianto tanto e lasciarla andare non è stato facile. Anche quando è tornata mi ha emozionato, insieme alla sorella ci hanno fatto una sorpresa: mi ha chiamata via Skype, io vedevo uno sfondo grigio e le ho chiesto se andasse tutto bene, finchè non ho visto un filettino di ringhiera e ho capito, mentre lei rideva, che era sotto casa, che la sorella era andata a prenderla senza dirci nulla. Poi abbiamo fatto la stessa cosa ad Alessandro sotto il suo ufficio. Cosa vorresti dire ai tuoi familiari? Sono orgogliosa come madre e moglie ■ e credo che loro lo sappiano.
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trentinoattualità
di Tiziana Tomasini Si ringrazia per la collaborazione Alessandra Morelli FOTO: TGR TRENTO DA HTTPS://WWW.RAINEWS.IT
CHE FA? CONCILIA?
COVID19 di Tiziana Tomasini
UN VIAGGIO DENTRO QUELLO CHE È DIVENTATO – SUBITO DOPO IL VIRUS – L’ALTRO INCUBO DI TUTTI: IL CONTROLLO SERRATO SUGLI SPOSTAMENTI DEI CITTADINI, TRA AUTOCERTIFICAZIONI E SANZIONI (SALATE). MA COSA HA PREVALSO? L’INFLESSIBILITÀ O IL BUONSENSO? DISTRICANDOCI TRA I TANTI CASI ECLATANTI CHE ABBIAMO TROVATO SUL WEB E CHE HANNO RIEMPITO LE CRONACHE NAZIONALI E LOCALI ABBIAMO SENTITO, IN PROPOSITO, ANCHE IL PARERE DI UNA VOCE AUTOREVOLE: IL COMANDANTE LINO GIACOMONI
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e lo ricorderemo proprio così, questo lungo periodo di quarantena. Come un flash, avremo davanti agli occhi sempre e solo due immagini: la pila di fogli accumulata sugli scaffali con tutte le stampe delle autocertificazioni seriali sfornate a ritmi incalzanti dall’entourage di Conte e le nostre città deserte, irreali e silenziose come non avevamo mai visto, neanche nel più torrido Ferragosto. Negozi chiusi e atmosfera blindata da serie tv post apocalittica. Qualche sirena qua e là, qualche altoparlante che ricorda l’obbligo di stare a casa, aree pubbliche transennate e poi loro. Le forze dell’ordine e la polizia locale – coadiuvate e supportate in un secondo momento da vigili del fuoco ed alpini - a presidiare le principali vie di transito e 42
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controllare i “furbetti” della quarantena. Sì, perché mentre cresceva il numero dei contagi, aumentava di pari passo il numero delle persone denunciate per aver violato le disposizioni dei vari Decreti Ministeriali che si sono succeduti in questa prima fase della pandemia. E se la frase più celebre del momento – io resto a casa, con tanto di hashtag – diventava virale, lasciando ben pochi dubbi, le ormai famose e comprovate esigenze lavorative, motivi di salute e necessità hanno creato un bel po’ di equivoci e fraintendimenti. Pagati anche piuttosto cari. Ne abbiamo viste e lette di tutti i colori, in questo nuovo scenario emergenziale; alcune ci hanno fatto sorridere, altre assentire, altre ancora inorridire o scandalizzare.
Certo ci siamo divisi su più fronti. Ci sono tra di noi i più severi, ligi ed inflessibili, quelli che non solo condividono in pieno le rigide decisioni prese per arginare la pandemia, ma collaborano attivamente ad individuare e segnalare a chi di dovere i comportamenti scorretti del prossimo. Memorabile il caso trentino dei vicini che riferiscono di una cena a tre al di là del muro, o di quello che conta le volte – cinque per la precisione – in cui il suo dirimpettaio esce quotidianamente con il cane. Troppe, a suo dire. Agli onori della cronaca è salito più volte – ma stavolta non per meriti sportivi – il mezzofondista trentino Yeman Crippa, che dichiara di non riuscire a fare il suo lavoro, cioè ad allenarsi, perché ogni volta che esce di casa viene segnalato da cittadini alle
trentinoattualità finestre e quindi fermato e rispedito al domicilio dalle forze dell’ordine. Ma lo sport a quei livelli è lavoro o rimane sport e quindi non praticabile se non intorno a casa? Difficile dare una risposta. Sul fronte opposto, coloro i quali trovano esagerate le misure che limitano fortemente la libertà individuale e citano l’articolo 16 della Costituzione, appellandosi a tutto il complesso ed intricato mondo della giurisprudenza. E allora magari sono usciti, l’hanno pagata cara ed hanno avviato il ricorso. Si ricorderà senz’altro il caso del ciclista incallito, amante delle lunghe tratte sulle due ruote e beccato più volte in flagrante al di fuori del comune di residenza. O i due alpinisti con la voglia irresistibile di scalare; magari l’avrebbero anche passata liscia, se non si fossero infortunati entrambi e quindi costretti a chiamare soccorsi. E poi ci sono le interpretazioni personali. Una lunga carrellata di scuse che in molti casi sono risultate fantasiose. Come quelli che sostenevano legittimo portare fuori l’animale domestico. Tutto in regola? Non proprio, considerato che gli animali in questione erano tartarughe e conigli al guinzaglio. In tanti altri casi si è trattato di situazioni sentite e vissute come vere e proprie ingiustizie. Tanto da riempire la cronaca dei mezzi d’informazione. Abbiamo letto tutti dell’appassionato di salsicce trentine – tra l’altro prodotto del territorio, di cui si incentiva a gran voce l’acquisto per far ripartire l’economia locale – fermato e multato perché non si stava approvvigionando vicino a casa. O il caso del pensionato che, in attesa che si scemasse la fila, comperava piantine per l’orto non molto distante dal negozio di pane verso cui era diretto. O l’infermiera, che rientrando dal luogo di lavoro verso casa, si fermava all’autolavaggio; a nulla sono valse le giustificazioni igieniche e di sanificazione del veicolo addotte dalla donna, in virtù della sua professione: multa subito e possibilità di ricorso. E impossibile non citare in questa sede il caso clamoroso del pizzaiolo altruista, la cui storia in tempi di coronavirus è andata in onda su Rai 3 nella trasmissione “Aspettando le parole” di Massimo Gramellini. Con lui presente, in diretta video, a raccontare l’accaduto. Una consegna quantitativamente importante da fare, il furgone cari-
Fotografie: Jacopo Salvi
IL COMANDANTE: “SUPEREREMO INSIEME QUESTA GRANDE E DIFFICILE PROVA” Il Comandante del Corpo Polizia Locale Trento e Monte Bondone, Lino Giacomoni, ci ha aiutati a far luce sui tanti interrogativi ed i tanti dubbi che ancora alimentano questo periodo di lockdown. Comandante Giacomoni, come avete affrontato a livello organizzativo le disposizioni governative e provinciali relative alla fase 1? Sono state stabilite delle disposizioni operative dove venivano riportate le principali decisioni del Governo e della Provincia Autonoma di Trento, sempre aggiornate con le ultime modifiche. Sono state organizzate delle riunioni informative con le altre centrali operative (112-CC-Polizia di Stato) per rispondere in modo uniforme alle tante richieste di informazione pervenute e che tutt’ora arrivano alla Centrale Operativa. Sono state indicate a tutto il personale le misure precauzionali da seguire, i dpi da indossare, nel momento delle verifiche o di accompagnamento di un soggetto al Comando nei casi in cui doveva essere sottoposto ad accertamenti di polizia. Quali difficoltà concrete ed oggettive avete riscontrato? È stato riorganizzato il servizio della Polizia Locale per quanto riguarda il controllo sul territorio. Il personale è in servizio con orari scaglionati e lavora prevalentemente in pattuglia, in questo periodo è stato “soppresso” il servizio dell’agente di quartiere. Anche il personale che lavora negli uffici, ora chiusi al pubblico, è stato ridotto nei termini necessari per ricevere su appuntamento. Il rimanente, sempre addetto a compiti burocratici, è stato posto in lavoro leggero presso la propria abitazione. Quali sono i numeri delle sanzioni sul territorio? Nel periodo dal 13 marzo al 21 aprile, a fronte di 6900 persone controllate, sono state applicate 362 sanzioni. Come si sono comportati complessivamente i trentini? Tanti chiamavano gli operatori di centrale chiedendo se erano consentiti alcuni “Alcune persone spostamenti, a volte sapendo che la risposta volevano portarsi nelle non poteva che essere negativa: in tal caso seconde case perché la chiamata serviva anche come sfogo per il delle restrizioni o, nel caso di persone non si ricordavano se peso anziane, per poter parlare con qualcuno. I avevano chiuso il gas» trentini sono abitudinari e quindi era difficile spiegare che se la bombola del gas la comperavano fuori dal comune di residenza adesso dovevano acquistarla nel punto più vicino anche se costava qualche euro in più. Alcune persone volevano portarsi nelle seconde case perché non si ricordavano se avevano chiuso il gas. Le richieste e le motivazioni addotte erano le più fantasiose: alcune persone chiedevano se potevano arrivare al lavoro in bicicletta da Riva del Garda, Levico Terme, Mezzolombardo... Quali sono state le sanzioni più eclatanti? Chi è il trasgressore tipo? La sanzione più originale… il ragazzo che da Villazzano si è portato in città perché non ha resistito alla lontananza dalla morosa… Altre? Due persone che da Lavis si sono portate a Martignano per ricaricare la batteria del veicolo. Un residente di Pergine Valsugana si è spostato per far rifornimento in quanto in città il carburante costa meno. Una signora residente in centro storico si è portata fino al centro commerciale TN Nord alla ricerca di una borsa, sostenendo di non sapere che i negozi erano chiusi.
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trentinoattualità Fotografie: Jacopo Salvi
Molti i ricorsi, alla luce di sanzioni ritenute ingiuste. Cosa ne pensa? In realtà non siamo a conoscenza di un numero esagerato di scritti difensivi. La legge prevede che per violazioni di questo tipo il trasgressore ha 30 giorni di tempo per inviare le proprie doglianze all’organo di polizia, dopo di che la pratica passa al Commissario del Governo che può accogliere il ricorso annullando la sanzione oppure ingiungendone il pagamento, nella misura che viene indicata nel provvedimento. Chi sceglie di estinguere il procedimento senza assoggettarsi alle valutazioni di tale Autorità, può pagare entro i termini di legge la sanzione indicata nel verbale dall’organo procedente. Che tipo di formazione ha avuto il corpo di Polizia Municipale rispetto alle sanzioni? Viste le continue modifiche e gli aggiornamenti quasi giornalieri delle ordinanze e dei DPCM, principalmente veniva formato il personale della Centrale Operativa della Polizia Locale, che oltre a rispondere alle chiamate dei cittadini, dava supporto «...il buonsenso serve ai coordinatori di squadra che interagivano quando la norma non è con gli agenti operanti sul territorio. Il chiara: una volta chiarita Comando ha inoltre predisposto 3 ordini di servizio che riportano i passaggi ed informati i cittadini, essenziali delle varie ordinanze statali e non resta che applicarla.» provinciali, con le modifiche che si sono succedute nel corso delle settimane circa gli spostamenti ammessi e le attività economiche consentite o vietate. Si sente parlare spesso anche di “buonsenso” di fronte ad ogni singola situazione; quale limite vi siete posti rispetto a situazioni ambigue o poco chiare? Lei è dovuto intervenire personalmente a fare chiarezza? Il Comandante e il personale della polizia locale che ha compiti di coordinamento degli operatori che lavorano sulla strada ha intrattenuto costanti rapporti con i colleghi delle altre forze di polizia, della Centrale Unica dell’Emergenza e del Numero Verde istituito dalla Pat per interpretare nel senso corretto le varie restrizioni contenute nei provvedimenti. In generale il buonsenso serve quando la norma non è chiara: una volta informati i cittadini, non resta che applicarla. Quale linea operativa avete prospettato per la “fase 2”? Da quello che si legge nelle previsioni riportate sui media, nella fase 2 approntata dal Governo Conte ci saranno sia i moduli per le aziende per poter dichiarare di aver seguito tutte le indicazioni utili alla riapertura, e ci sarà un nuovo modello di autocertificazione per gli spostamenti, ma in forma aggiornata. Occorrerà quindi proseguire nei controlli demandati dalle autorità statali. La Polizia Locale lavorerà inoltre per consentire lo svolgimento delle iniziative comunali che potranno riprendere nella fase 2, come i mercati rionali, cittadini e gli eventi culturali ammessi. Un consiglio ai trentini per il prossimo futuro. Buttare il pensiero oltre questa fase, per immaginare come potremo vederla, una volta che ce la saremo lasciata alle spalle. È giusto preoccuparsi in questo momento della salute nostra e degli altri pensando che quando ne saremo fuori avremo la consapevolezza di aver fatto degli sforzi straordinari e di aver subìto ferite indelebili ma di aver superato anche questa grande e difficile prova. (Tiztom)
co, la necessità di avere un paio di mani in più sul veicolo per poter scaricare il tutto. Ma andare in due non si può. Lo fermano e – come da normativa covid – fiocca puntuale la sanzione, che ha fatto poi il giro del web. Le solide motivazioni del pizzaiolo - la cui meta era l’ospedale Santa Chiara di Trento - c’erano tutte, eccome; le sue pizze, ancora calde, erano infatti pronte per essere donate ai sanitari. Aveva solo bisogno di una mano. Insomma, beneficenza questa volta non ha fatto rima con normativa. Ma la solidarietà non ha confini; è par44
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Il pizzaiolo Albert ospite nella trasmissione Tv di Massimo Gramellini
tita praticamente subito la raccolta per pagare la sanzione. E lui, a posteriori, ha dichiarato tranquillo che rifarebbe tutto quanto. Forse si tratta di un caso isolato, forse ce ne sono stati altri come questo. Sono comunque casi che fanno clamore e che scuotono l’opinione pubblica. Casi in cui la linea sottile della ragione appare come un confine estremamente labile e suscettibile di interpretazione. Ma spazio di interpretazione pare che, in talune circostanze, ce ne sia stato ben poco. Osservando anche quanto avvenuto nel resto d’Italia, in molti casi le sanzioni sono state inflitte a bruciapelo, senza un’attenta valutazione del contesto ed in taluni casi della normativa. E talvolta con una certa impostazione da “sceriffi”, che non fa decisamente indorare la pillola salatissima della sanzione. Tanta confusione, evidentemente, è stata creata anche dal prendere tutto molto alla lettera e soprattutto dalla terminologia utilizzata nei comunicati nazionali e provinciali. Ad
esempio, quel famoso “in prossimità” di corsette e camminate dice tutto e niente; uno lo può interpretare come il giro della casa, l’altro come il perimetro del quartiere. Si parla di quei famigerati duecento metri, ma metro più o metro meno? Fin dove arriva la tolleranza? E a quale misurazione scatta la sanzione? L’interpretazione è chiaramente ambigua. L’ago della bilancia si potrebbe chiamare buonsenso, cioè la capacità di giudicare in modo assennato, con equilibrio. Ma come si misura il buonsenso? Bella domanda. Forse ci può ancora rispondere Manzoni, rispolverato alla grande in questo periodo pandemico: “Il buon senso c’era; ma se ne stava nascosto, per paura del senso comune”. ■
trentinoattualità
di Susanna Caldonazzi
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orse ciò che meglio descrive il periodo che stiamo attraversando è la “solitudine”. Isolamento, distanze, quarantena sono le parole che raccontano un mondo in lockdown a causa del nuovo Coronavirus, dove le nostre vite, le nostre relazioni, le nostre città hanno cambiato volto. Tra le solitudini dimenticate c’è quella delle persone senza fissa dimora: «Le persone che non hanno una casa attraversano un momento molto duro – racconta Milena Berlanda, direttrice della Cooperativa Punto di incontro, riferimento per i senzatetto a Trento dalla fine degli anni ‘70 – sono molto nervosi e sentono il peso della solitudine. Una città che vive è molto diversa da quella di oggi». E i primi ad accorgersi di questo sono proprio i senzatetto: «Spesso i nostri ospiti sanno le cose prima di noi – sorride Berlanda – e avvertire il peso di questa situazione non è difficile: non possono stare in gruppo, chiacchierare, rilassarsi nei parchi. È complicato e frustrante spiegare che dobbiamo restare a casa a chi una casa non ce l’ha». Ma nella struttura di via Travai aperta nel 1979 da don Dante Clauser, il prete che voleva “essere amico di quelli che non hanno amici”, fa proprio
Milena Berlanda, direttrice della Cooperativa Punto di incontro
LA PANDEMIA DEGLI “ALTRI” SI FA PRESTO A DIRE “IO RESTO A CASA”... VALE SOLO PER CHI CE L’HA UNA CASA. TRA LE SOLITUDINI DIMENTICATE C’È QUELLA DELLE PERSONE SENZA FISSA DIMORA. ANCHE A TRENTO... questo: «L’informazione sulle norme di igiene è stato il primo passo – racconta la direttrice – e la collaborazione da parte dei nostri ospiti è stata preziosa: siamo riusciti a comunicare che chiedere loro di lavarsi e disinfettarsi le mani non è un modo per difenderci da loro ma è il modo migliore per proteggerci reciprocamente». E poi allargare gli spazi disponibili, disinfettare gli ambienti, creare più turni per i pasti, lavorare anche di domenica: «Prima dell’emergenza ogni giorno garantivamo tra i 60 e gli 80 pasti – prosegue Berlanda –. Da fine febbraio, seguendo le indicazioni, abbiamo iniziato a diminuire i posti a tavola, ampliando l’orario di accesso ai pasti, per garantire le distanze. C’è stata certamente qualche iniziale difficoltà ma poi le nuove regole sono presto diventate abitudine anche per i nostri ospiti. Anche per le docce abbiamo istituito un ordine di prenotazione, per evitare code. Poi i dormitori hanno garantito l’apertura 24 ore su 24 quindi tutte le persone che andavano a trascorrere la notte nei vari dormitori ora ci trascorrono anche le gior-
nate e questo fa diminuire i numeri da noi e ci permette di proseguire il nostro servizio in sicurezza sia per gli operatori che per gli ospiti. Il rischio – conclude – era ovviamente quello di dover chiudere per non riuscire a rispettare le norme di sicurezza e invece siamo addirittura riusciti ad estendere il nostro impegno anche alla domenica». La città di Trento, secondo Berlanda, risponde bene all’emergenza anche grazie a un intenso lavoro di rete: «Si riconosce il lavoro del Tavolo di inclusione sociale in questa situazione. Tenere aperti i dormitori, garantire l’isolamento se necessario, organizzare eventuali spostamenti è un lavoro che coinvolge diversi soggetti: la collaborazione è fondamentale». E le forze dell’ordine che atteggiamento assumono? C’è controllo o c’è sostegno? «Dipende. In una città piccola come Trento, la relazione è importantissima. Con la polizia locale i rapporti sono collaborativi, è diverso a volte con carabinieri e polizia. Sono state date anche alcune multe: hanno poco senso, dobbiamo gestirle noi. Però capisco che chi fa i controlli ha a volte bisogno di
uno strumento, non sempre è semplice. In generale, più c’è relazione, più c’è dialogo, più c’è sostegno». A questo quadro si aggiunge la solidarietà di alcuni cittadini: «Inizialmente reperire le mascherine non è stato per niente semplice. Le abbiamo pagate molto e non bastavano. Poi abbiamo aperto una raccolta fondi che ha dato ottimo riscontro e Silvia Forti, sarta di Mattarello, ha confezionato e regalato al Punto d’incontro circa mille mascherine. La città ha mostrato grande solidarietà: oltre alle donazioni riceviamo spesso anche telefonate di vicinanza e condivisione». Gesti che a sentirli raccontare fanno sentire tutti noi un po’ meno soli. ■
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C’È BEN POCO DA RIDERE... di Fabio Peterlongo
Si ringrazia per la collaborazione Alessandra Morelli
OBESITÀ UNA COSA È CERTA: L’EMERGENZA CORONAVIRUS NON HA ELIMINATO GLI ALTRI PROBLEMI E DISTURBI DI SALUTE. DI FRONTE AD UN FENOMENO IN COSTANTE CRESCITA SOPRATTUTTO TRA I BAMBINI, MANCA LA CONSAPEVOLEZZA DELLA NATURA PATOLOGICA DELL’OBESITÀ, CHE NON VIENE VISTA COME UNA MALATTIA, BENSÌ ANCORA COME L’ESITO DEL VIZIO DI “MANGIARE TROPPO”. INTANTO, IN QUARANTENA AUMENTANO I RISCHI PER LE PERSONE CON OBESITÀ. NE ABBIAMO PARLATO CON IL MEDICO DIETOLOGO MICHELE PIZZININI, IL CHIRURGO GIANNI SEGATO E LO PSICOTERAPEUTA DANIELE DI PAULI
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ell’esperienza traumatica della quarantena, i comportamenti alimentari eccessivi prendono il sopravvento e assumono caratteri estremi, funzionando come fattore di gestione (apparente) dell’ansia. Un elemento aggiuntivo di sofferenza per le persone con obesità, che già a prescindere dall’emergenza del coronavirus devono fare i conti con uno “stigma” doloroso. Derisione e bullismo. Senso di colpa e rassegnazione. “Diete truffa”, abbuffate e digiuni. La vita di una persona con obesità non è mai facile. Si trova ad abitare 46
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in una società che esalta la magrezza di modelle e attori e disprezza la grassezza, ma che contemporaneamente prevede l’apertura ininterrotta giorno e notte dei fast-food, solo provvisoriamente chiusi a causa della pandemia. Tutto ciò mentre nelle scuole non ci sono spazi per le palestre e gli alunni sono costretti a fare educazione fisica in classe. Così la persona con obesità diventa il catalizzatore, oltre che della sua personale sofferenza, anche di un pregiudizio diffuso che lo incolpa della sua condizione. Le persone puntano il dito e accusano: «Basta
mangiare meno», arrivando a compiere una grossolana semplificazione di una patologia complessa come l’obesità. Abbiamo interpellato tre autorevoli professionisti della salute attivi in Trentino, specializzati nel trattamento dell’obesità. Partono da esperienze terapeutiche differenti e complementari e concordano: l’obesità è un’autentica malattia, ingiustamente oggetto di luoghi comuni distruttivi per chi ne soffre. Ed è una malattia cronica che nei momenti di crisi personale rischia di riprendersi lo spazio toltole al prezzo di tanti sacrifici.
trentinosalute PIZZININI: «TROPPI BAMBINI SOVRAPPESO» «L’obesità non è una malattia delle calorie, ma riguarda il sistema neuro-endocrino. Si può considerare il paziente “stabilizzato” solo dopo due o tre anni dalla riduzione del peso. Ma non bisogna mai sottovalutare il rischio di recidive, soprattutto nei periodi di stress o sofferenza». Il dottor Michele Pizzinini è medico dietologo, specialista in Scienze dell’alimentazione e diabetologia, e rappresenta in Trentino una delle voci più autorevoli nel campo del trattamento medico delle obesità. Pizzinini ha tracciato le dimensioni del fenomeno: «In Trentino ci sono 50mila persone con obesità e 180mila in sovrappeso. Sono 150mila le persone con sindrome metabolica, ovvero un girovita superiore a 88 cm nelle donne e 102 cm negli uomini. Il 17% dei ragazzi under 14 è in sovrappeso ed il 5% di loro è obeso. Questo dato, che è uno dei migliori d’Italia, è però quello che mi preoccupa di più perché è proprio l’obesità infantile quella in crescita più evidente». «OBESITÀ SPESSO DETERMINATA DALLA GENETICA» Pizzinini ha spiegato come si debba procedere per determinare con accuratezza la presenza di una condizione di sovrappeso o obesità: «Per prima cosa
che si accumula nei glutei e nelle cosce causa “solo” problemi meccanici relativi al movimento, con danni alle articolazioni». Su quale sia la causa principale che porta a sviluppare l’obesità, Pizzinini conferma come sia determinante la componente genetica e familiare: «Se si ha uno dei genitori con obesità sono molto più alte le probabilità di ingrassare. Altrimenti, se entrambi i genitori sono magri tendiamo ad ipotizzare che l’obesità sia di natura comportamentale, ma sono casi più rari». Ad un certo punto però nella persona “scatta la molla” che Michele Pizzinini
si misura l’indice di massa corporea, che si calcola dividendo il proprio peso per il quadrato dell’altezza. Se il risultato dell’equazione è tra 20 e 25 il peso è normale, tra 25 e 30 c’è sovrappeso, tra 30 e 35 c’è obesità lieve, tra 35 e 40 obesità media, sopra 40 obesità grave. È quest’ultima che beneficia dell’intervento chirurgico». Quello che preoccupa i medici è principalmente l’obesità “centrale”, quella che si concentra nell’addome: «Causa problemi seri di salute - ha sottolineato Pizzinini - Come ipertensione, aumento dei trigliceridi, diabete, fegato grasso, problemi cardiovascolari, apnee notturne e problemi respiratori. Il grasso periferico, più tipico delle donne,
«L’obesità non dipende tanto da quanto mangi, ma da cosa mangi» lo porta a reagire e a trovare una soluzione al suo problema: «Ciò che spinge le persone a reagire al sovrappeso è l’emergere di problemi di salute correlati - ha evidenziato Pizzinini - Come dolori all’anca, colesterolo, ecc. Ma anche il fattore estetico incide, dicono di non sopportarsi più. Su questo però suggerisco cautela perché la percezione che costruiamo della nostra immagine tende a enfatizzare i tratti negativi. Una percezione distorta che consegue anche allo stigma sociale, perché l’obesità è una delle poche malattie che vediamo dall’esterno, qualcosa su cui è diffuso un
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trentinosalute comune retropensiero: “Chissà quanto mangia”». «L’UNICA MALATTIA CRONICA GESTITA DAI COMMERCIANTI» «Quello che contraddistingue l’obesità in Italia è che l’unica patologia cronica gestita dai commercianti, con 1,5 miliardi di euro spesi per prodotti e diete». Pizzinini ha denunciato così l’enorme giro d’affari che vortica attorno al mondo delle “diete facili”, degli integratori e dei presunti esperti. «La tendenza è quella di farsi prescrivere una dieta “miracolosa” dall’estetista o dal personal trainer - ha riflettuto Pizzinini - E ci si affida così a persone scarsamente qualificate, che in genere formulano diete iperproteiche, che fanno perdere rapidamente peso, ma non affrontano il problema più importante, la modifica dello stile di vita. Talvolta vengono suggeriti dei digiuni prolungati che sono l’anticamera dei disturbi alimentari». Da medico, Pizzinini ha espresso la sua frustrazione per il “proibizionismo” che vige in Europa in merito al trattamento farmacologico dell’obesità: «Oggi in Europa non possiamo usare i farmaci, ne avevamo alcuni che agivano inibendo lo stimolo della fame, rappresentavano una sorta di “carta” da spendere in casi estremi, ma sono stati messi al bando perché assimilati agli stupefacenti. Però i farmaci sono indispensabili per trattare una malattia cronica e recidivante come l’obesità, che tende a tornare a galla nei momenti di stress o cambiamenti come lutti, incidenti, menopausa o l’aver smesso di fumare». «MODIFICARE LO STILE DI VITA» «L’unica strategia realmente efficace per contenere la malattia dell’obesità
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“disponibilità” e il nostro corpo “lavora” al meglio». Ma uno dei principali ostacoli che una persona con obesità incontra nel suo percorso di cura sono i tempi per ottenere risultati certi: «Il ciclo energetico umano è particolarmente lungo, va dai 2 ai 3 anni, - ha indicato Pizzinini - Questa è la ragione per cui dobbiamo aspettare tutto questo tempo per affermare che il paziente ha superato il suo problema avendo stabilizzato il suo peso. Altrimenti sono frequenti i continui cali e recuperi di peso». Gianni Segato
è la modifica radicale dello stile di vita, unita ai procedimenti chirurgici quando servono». È questo il principio espresso da Pizzinini, che mette in guardia dalle diete troppo drastiche: «Modificare lo stile di vita significa sì modificare la propria alimentazione, ma questo lo si fa soprattutto redistribuendo le tipologie di alimenti nel corso della giornata. L’adagio che recita: “Colazione da re, pranzo da principe e cena da povero” contiene molta verità, concentrando magari i carboidrati al mattino e le proteine alla sera». L’ossessione delle persone sulla quantità di cibo e calorie è per Pizzinini malriposta: «L’obesità non è una malattia delle calorie ma è a base neuro-endocrina, il che significa che non dipende tanto da quanto mangi, ma da cosa mangi. Se uno abusa di formaggi e latticini è chiaro che ingrasserà, il latte in origine è l’alimento che serve ai cuccioli per crescere. Allo stesso modo se mangio solo verdura, il corpo lo interpreta come un segnale di “carestia” e l’organismo si addormenta. Al contrario le proteine animali danno segnali neuro-endocrini di
SEGATO: «L’OBESITÀ È ANCHE STIGMA LAVORATIVO» «Oltre tre decenni di esperienza chirurgica all’avanguardia in Europa nel campo dell’obesità possono fare la differenza. Nei casi critici solo la chirurgia può dare risultati duraturi».
«Molto spesso le persone in sovrappeso capiscono di avere un problema solo quando sviluppano i sintomi» Il dottor Gianni Segato è medico chirurgo presso l’ospedale regionale San Bortolo di Vicenza ed il Centro Obesità di Padova, specializzato nel trattamento chirurgico dell’obesità patologica e punto di riferimento anche per i pazienti provenienti dal Trentino, collaborando anche con il dottor Michele Pizzinini. «Molto spesso le persone in sovrappeso capiscono di avere un problema solo quando sviluppano i sintomi della cosiddetta sindrome metabolica, - ha evidenziato Segato - ovvero respiro corto, diabete, infertilità, artropatie, proble-
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mi cardiovascolari. Oppure quando ci si ritrova alla ricerca di un posto di lavoro e non si riesce a trovarlo perché il datore di lavoro non reputa idonei per ragioni estetiche o per la presunta incapacità di effettuare le mansioni prescritte a causa del peso». Un fenomeno che capita soprattutto ai giovani, ma non solo: «Accade anche tra le persone adulte, - ha sottolineato il chirurgo - basti pensare agli agenti di polizia che a una certa età mettono su peso e rischiano di non essere più idonei a svolgere il loro lavoro». «CHIRURGIA CURATIVA, NON CHIRURGIA ESTETICA» «Si rivolgono all’intervento chirurgico le persone che hanno tentato ripetutamente di dimagrire attraverso le diete. Perdono peso e poi finita la dieta lo riacquistano con gli interessi. A un certo punto capiscono di non riuscire da soli e che solo la chirurgia può dare risultati duraturi». Il dottor Segato ha messo in chiaro come le tecniche operatorie per la riduzione del sovrappeso vadano coltivate con dedizione per un lungo arco di tempo nel corso della propria
attività professionale: «Da parte degli stessi chirurgi, queste tecniche chirurgiche non devono essere concepite come generici “attrezzi” in più da aggiungere alle proprie competenze, ma autentiche discipline specialistiche che richiedono decenni di pratica». Segato pone un discrimine netto tra la chirurgia curativa e quella che mirerebbe a far raggiungere una presunta ed idealizzata “prova costume”: «Noi non pratichiamo chirurgia estetica ma chirurgia curativa e ci fermiamo quando dal punto di vista medico il paziente ha raggiunto una soglia di sovrappeso che non ne mette a rischio la salute». Segato ha spiegato come il “peso forma” e il peso ottimale per avere una buona prospettiva di salute non necessariamente coincidano: «Se il peso reale di una persona è 180 chili e il suo “peso forma” è 90 chili, ma sappiamo che facendolo arrivare a 105 chili riduce al minimo i rischi per la sua salute in termini di sviluppo di patologie cardiovascolari o respiratorie, a noi non interessano i 15 chili che “mancano” al peso forma, perché il nostro risultato è raggiunto».
«CON LA CHIRURGIA, BUONE CHANCE DI SUCCESSO» «Ci sono essenzialmente tre tipi di intervento chirurgico - ha illustrato Segato spiegandone le principali caratteristiche - Il primo è quello che punta a ridurre le dimensioni dello stomaco, in modo da mangiare meno. Il secondo è quello che interviene sulle pareti intestinali per causare un malassorbimento del cibo che viene così evacuato. Una tecnica usata fino a qualche anno fa, oggi la si evita perché causa effetti collaterali come frequentissime diarree, fino a 20 o 30 scariche al giorno. Sono magri ma ammalati. Quella che viene preferita oggi è una tecnica mista, che punta alla riduzione dello stomaco e ad una soglia contenuta di malassorbimento». Il chirurgo ha delineato attraverso i numeri l’efficacia degli interventi che in sala operatoria puntano a “risolvere”
«La chirurgia curativa si ferma quando il paziente non rischia più la salute, non miriamo alla prova costume» il sintomo del peso eccessivo: «Abbiamo praticato più di 9mila bendaggi, di cui seguiamo circa 5mila follow-up. Di questi il 75% hanno risolto il loro problema, il 13% ha perso significativamente peso, mentre il restante 12% non ha avuto risultati. Ci sono persone che nonostante il bendaggio gastrico, continuano a mangiare grandi quantità di cibo. In questi casi togliamo il bendaggio gastrico e aggiungiamo un po’ di malassorbimento. Nel 1984, per primi in Europa, abbiamo praticato la gastroplastica verticale. Tra il 1990 e il 1993 sempre per primi in Europa abbiamo introdotto e perfezionato le tecniche di bendaggio gastrico in laparoscopia, che si fa in anestesia generale e permette
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trentinosalute evidenziato Di Pauli - Le persone con obesità hanno spesso provato tante diete senza successo e si sentono senza speranza. Vivono un senso costante di fallimento personale, che nasce anche dall’atteggiamento dei familiari, che li offendono e denigrano».
di ridurre le comorbidità, l’ospedalizzazione e il dolore post-operatorio così come di facilitare il recupero». «DIFFUSIONE, CRESCE TRA I BAMBINI» «Il problema obesità si sta diffondendo enormemente soprattutto tra i bambini, spesso a causa delle cattive abitudini trasmesse dai genitori. Vengono portati a scuola in automobile, non fanno attività fisica e sono completamente sedentari». Il dottor Segato ha puntato l’indice contro la diffusione capillare di “spacciatori” di cibo-spazzatura a ogni ora del giorno e della notte. «Alcune catene di fast-food fanno l’all you can eat con hamburger in vendita a 1 euro e le persone se ne mangiano 7 o 8 alla volta, assumendo una quantità di energia assolutamente sproporzionata». Nel mirino di Segato anche la pratica dello “snack” d’impulso che vorrebbe sostituire un pasto corretto: «Pensiamo ai distributori automatici, dove con pochi
«L’idea che basti mangiare meno è in definitiva sbagliata, ignora la complessità» centesimi si acquistano barrette di cioccolato e snack che non rappresentano un regime alimentare adeguato. Non è un caso se l’obesità colpisce soprattutto i ceti sociali medio-bassi, c’è anche un tema di crisi economica». Segato ha lanciato un appello ai medici di base perché non sottovalutino la patologia obesità: «Bisogna responsabilizzare i medici di base, che sono il primo riferimento delle famiglie, devono mandare le persone con obesità nei centri specializzati. E se le liste d’attesa per le strutture pubbliche sono troppo lunghe, suggerisco di rivolgersi agli istituti privati. Certamente può essere costoso, ma le persone trovano i soldi per acquistare in farmacia prodotti costosissimi e completamente inefficaci». DI PAULI: «DIFFUSI SENSI DI COLPA E DI FALLIMENTO» «Senso di colpa e di fallimento personale sono i sintomi psicologici che più di frequente vengono riferiti dalle persone con obesità. Loro stessi, influenzati dal clima culturale e mediatico, non riconoscono l’obesità come una malattia ma come una colpa». Il dottor Daniele 50
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Daniele Di Pauli
Di Pauli è psicoterapeuta cognitivocomportamentale e collabora con lo studio medico Cavagnoli a Trento. «In generale, l’obesità non è vista come una malattia, ma lo è: è una malattia cronica e multifattoriale. La persona con obesità pensa che sia colpa sua, perché il sentire comune ritiene che sia correlata esclusivamente ai comportamenti alimentari: “Mangi tanto, pesi tanto”». Ed è questo il fattore scatenante dei sensi di colpa che torturano la persona con obesità: «L’idea che “basti mangiare meno” rappresenta una versione estremamente semplificata e in definitiva sbagliata della realtà. Dire ad una persona con obesità: “Mangia meno”, è come dire ad una persona con depressione: “Sorridi di più”». Un atteggiamento che confligge con l’esperienza stessa delle persone perché in tante occasioni hanno realmente tentato di “mangiare meno”: «In questo modo l’obesità viene “detronizzata” da malattia a colpa - ha
«LO STIGMA ANCHE NEI PICCOLI GESTI INCONSAPEVOLI» «Il senso di colpa è anche esito del messaggio imposto da televisione e media, che idealizzano la magrezza e ridicolizzano l’obesità, ricorrendo a stereotipi e luoghi comuni». Il riferimento è anche ai programmi televisivi americani come “Extreme Makeover Diet Edition” in cui con uno stile semidocumentaristico si mostrano spaccati della vita quotidiana di persone con gravissima obesità alle prese con tentativi di dimagrimento, che Di Pauli definisce come totale disinformazione: «Gli operatori di questi programmi entrano nelle case con un sacchetto nero per l’immondizia e raccolgono tutto il cibo spazzatura. È un modo per far pensare allo spettatore: “Guarda quante schifezze, per forza si è ridotto così”. Eppure non toccano minimamente la profondità del problema ovvero le cause di quei comportamenti alimentari». Ma non è solo la televisione trash ad essersi resa colpevole di aver trattato superficialmente il tema obesità: «Anche giornali autorevoli fanno ricorso a immagini che comunicano una visione scorretta dell’obesità, - ha commentato Di Pauli - Pubblicano fotografie “da stock” che si concentrano su alcune parti del corpo come la pancia, spesso non si vede il volto e si
trentinosalute nerlo sotto controllo” oppure il marito che boicotta gli interventi chirurgici della moglie perché teme di perderla nel caso assumesse un aspetto estetico più “piacevole”».
percepisce una privazione dell’identità». Di Pauli ha raccontato di aver assistito ad un episodio increscioso andato in onda su un noto talk-show giornalistico italiano: «Ho visto il conduttore sottoporre una persona con obesità ad una prova crudele. Gli faceva passare sotto il naso cibi prelibati e lo incitava a resistere dimostrando la sua “forza d’animo”. Sarebbe come mettere in mano ad un alcolista un bicchiere di vino e di ottimo brandy invecchiato e incitarlo a
«Abbiamo tutti dei pregiudizi, basta uno sguardo malizioso per ferire una persona»
magari l’obesità è normale e questo porta a sottovalutare il problema o a mentire a medici e terapeuti sostenendo di aver messo in campo sforzi che in realtà non si sono attuati, ma questo rientra nel paradigma della “vergogna di sé” che la persona prova». Il dottor Di Pauli riconosce come il contesto familiare possa essere uno degli ostacoli più insidiosi da superare per la persona con obesità che intende affrontare una terapia: «In alcuni casi assistiamo ad autentici “sabotaggi” condotti dai familiari contro il percorso di cura della persona con obesità: il genitore che asseconda l’obesità del figlio per “te-
«PUNTARE SULLA QUALITÀ DELLA VITA» «Occorre certamente intervenire sullo stile di vita. Ma preferisco non parlare di “dieta” perché questa parola porta con sé un’idea di privazione - ha precisato Di Pauli - Bisogna intervenire ogni giorno sui propri comportamenti e sul proprio atteggiamento psicologico mettendo al centro il criterio della “qualità della vita”, affinché l’obesità a cui la persona “tende” naturalmente resti fuori dai radar, nella consapevolezza però che questa può ripresentarsi nei momenti di difficoltà. È questa la natura di una patologia cronica». Tenere ben presente il criterio della qualità della vita è importante anche per non cadere nell’eccesso opposto, quello che trova nel motto “grasso è bello” una forma di autocelebrazione a discapito della salute: «Accettarsi nel proprio essere è doveroso perché ciò che sono non è rappresentato dal freddo numero sulla bilancia, - ha spiegato Di Pauli - Ma occorre anche rendersi conto che l’obesità deruba gesti naturali e speciali come prendere in braccio il proprio figlio, fare una passeggiata in montagna e vivere ■ tante esperienze significative».
non bere. Di fronte ad uno spettacolo del genere ci sarebbero proteste, ma verso l’obesità non c’è lo stesso tipo di sensibilità». Ma ci sono anche altri tipi di luoghi comuni che feriscono, quelli solo apparentemente più innocui, come lo stereotipo della persona grassa come necessariamente gioviale e divertente oppure il commento di un medico che cerca di spronare il paziente: «Qualche volta si finisce invece per ferirlo. Siamo tutti ingabbiati nei nostri pregiudizi, anche se non vogliamo. Alle volte basta uno sguardo malizioso gettato mentre la persona mangia un gelato. Sono modi per infierire su quella persona». «LA FAMIGLIA QUALCHE VOLTA OSTACOLA» «Talvolta può accadere che la persona arrivi da una situazione familiare in cui il problema obesità è minimizzato, dove 51
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n tempi di “lockdown” stretto, ma anche in quello leggermente allentato che ci prepariamo ad affrontare, pare quasi un miraggio. Bastano pochi clic digitati sulla tastiera o sul telefono e puoi avere una vasta gamma di merce, direttamente a casa tua. Questo in sintesi è ciò che propone anche un sito locale di nuova generazione, https://consegnointrentino. provincia.tn.it/ Si tratta di una piattaforma web promossa dalla Provincia Autonoma di Trento, pensata e realizzata 52
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con una duplice finalità: da un lato, dare l’opportunità a tutte le imprese - in grado di effettuare servizio di consegna a domicilio - di continuare la propria attività, rendendo visibili i servizi offerti; dall’altra parte, mettere a disposizione degli utenti una vasta vetrina territoriale, nella quale effettuare ricerche di prodotti che verranno poi consegnati a domicilio per soddisfare bisogni e necessità. Insomma, è la storia di Maometto e della montagna. Ma com’era il detto? Se la mon-
tagna non va da Maometto, Maometto va alla montagna. Viene quasi da sorridere perché il significato del concetto – non si può pretendere sempre che ogni cosa ci venga incontro, a volte bisogna anche sapersi muovere da soli – non ci sta proprio in questo periodo di confinamento! E quindi, per noi quarantenati tra le quattro mura, di andare alla montagna proprio non se ne parla! Però, tutto sommato, il concetto vale anche a rovescio. Quindi se un problema non si risolve da solo,
bisogna prenderlo di petto e affrontarlo. E allora, se mi serve qualcosa, me la faccio portare a casa. La struttura del sito è agevole e di facile consultazione; in una sorta di tabella, ogni attività – per un numero complessivo di oltre 90 – si presenta con il nome ed il riferimento telefonico. La ricerca è agevolata dalla presenza della categoria affiancata dalla sottocategoria, che apre poi al dettaglio dell’attività nello specifico. In questo schema chiaro e semplice, si snoccio-
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SHOPPING AL TEMPO DEL “CORONA” di Tiziana Tomasini
DA BAMBINI GLI ADULTI CI RACCOMANDAVANO: “SE SUONANO E NON SAI CHI È, NON APRIRE LA PORTA!” ADESSO CHE NON POSSIAMO METTERE IL NASO FUORI DI CASA, CI PRECIPITIAMO E QUASI CI AVVENTIAMO SU CHI SUONA IL CAMPANELLO. SÌ, PERCHÉ CI STA PORTANDO TUTTO QUELLO CHE VOGLIAMO. INDISPENSABILE E ACCESSORIO, UTILE E FUTILE, MOTIVATO O ASSURDO. SENTITE COSA ABBIAMO TROVATO TRA LE CONSEGNE A DOMICILIO IN TRENTINO…
lano in ordine alfabetico le più disparate attività. Sì, perché a fianco di quelle che definiamo più “classiche” da consegna (come tutto il settore della ristorazione e dell’alimentare ad esempio), ne troviamo altre di veramente impensabili. Noi siamo andati ad esplorare e visionare voce per voce e abbiamo pensato di sintetizzare e selezionare quelle più curiose… IL SERVIZIO “MADE IN TRENTINO” Il settore agricoltura e agro-
alimentare a km zero spopola decisamente. Moltissimi i prodotti dell’apicoltura, ma anche asparagi, gelati artigianali, uova di cioccolato e salumi. Un marchio trentino per i cultori del territoriale, che sulla tavola del confinamento vogliono trovare l’eccellenza dei sapori. IL SERVIZIO RICREATIVO/ ALCOLICO Quanti aperitivi e bottiglie di vino o altri alcolici abbiamo visto sul web, consumati davanti alla telecamera, ov-
vero condivisi virtualmente ma bevuti sul serio? Un’infinità. A farvi arrivare bollicine e dintorni a domicilio, servizi specifici di vino, spumante, birra e grappe. Alla salute. IL SERVIZIO PREZIOSO Sentite qua. Si parla di vendita e riparazione di gioielli. Ragionando un attimo, può essere che, con tutto il tempo a disposizione, hai svuotato il comodino e hai trovato quel braccialetto senza il gancio o quell’orecchino senza la perla. Allora decidi di farlo riparare.
Oppure festeggi un anniversario in quarantena e decidi di fare un regalo di un certo spessore. Ma come arriverà il gioielliere a casa tua? Con il blindato o con i rotoli preziosi sotto la giacca? IL SERVIZIO INDISPENSABILE Dopo il cibo, il servizio di cui non si può fare a meno in lockdown è quello tecnologico ed elettronico. Per usare una metafora alimentare, il computer è diventato il pane quotidiano, il toner per stam53
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“IL VENTO TRA I CAPELLI”: SE LA RADIO TI TIENE COMPAGNIA...
pare compiti e certificazioni riunisce da solo carboidrati e proteine. E la connessione? Il sale sulla tavola. Abbiamo trovato una ditta che provvede a domicilio allo sviluppo software e all’installazione di reti wireless. Siamo a posto. IL SERVIZIO ENERGIZZANTE In tempi di ginnastica a casa e di allenamento fisico casalingo a tutti i livelli, spunta il servizio che ti porta a casa il carburante specifico, cioè integratori, vitamine e proteine. A questo punto non ci sono più scuse: prendi in mano quei pesi e suda.
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l vento tra i capelli” è il programma settimanale dedicato ai bambini e agli anziani, soprattutto quelli costretti in casa di riposo, che va in onda ogni giovedì mattina dalle 10 alle 11 sull’emittente Radio Digi-One, per fare compagnia a queste fasce di popolazione particolarmente sofferenti durante la pandemia da coronavirus. È questa la formula della trasmissione ideata da Pietro Amorth Frieri, presidente dell’associazione culturale l’Officina dei Sogni di Stenico, e dal giornalista Giuliano Beltrami. «Il titolo del programma vuole rievocare un’immagine di libertà, che possa essere compresa sia dagli anziani che dai bambini», ha spiegato Amorth Frieri, che ha illustrato la struttura del programma: «All’interno di ciascuna puntata è prevista la partecipazione di esponenti del mondo della cultura trentina che propongono la lettura di alcuni testi da loro composti o ritenuti particolarmente significativi, potendo sceglierli con la massima libertà». Ad inaugurare la prima puntata è stato il “prete-filosofo” don Marcello Farina, che ha proposto un testo scritto di suo pugno dal titolo “Essere vecchi”. Alle puntate successive hanno preso parte lo scrittore e giornalista Pino Loperfido, con la lettura del suo brano “Quando finisce la domenica”, che si interroga attraverso gli occhi di un padre di famiglia su quando finirà questa “domenica” interminabile dettata dalla pandemia, per poter riprendere finalmente con i ritmi della vita quotidiana. Tra gli ospiti delle prime puntate anche l’attore Mario Cagol con i suoi personaggi comici, l’attrice brillante Loredana Cont e la poetessa Astrid Mazzola.
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IL SERVIZIO ILLIMITATO Veramente ampio e generico questo. Effettua trasporti di qualsiasi categoria: merci, pasti, commissioni generiche, consegna/ritiro di beni di consumo. Tutto quello che è trasportabile, viene caricato e consegnato. Senza limiti né confini. Per la gioia dei confinati. IL SERVIZIO A COLORI Alzi la mano chi non ha pensato, in questo periodo di reclusione, di tinteggiare casa. Solo che i più lungimiranti si erano fatti le scorte di bidoni di pittura, i meno previdenti stavano per cambiare programma. Ma niente paura. Numerosi i servizi di recapito colore a domicilio. In qualche caso anche con l’aggiunta del “tintometro”, ovvero quel macchinario per creare mescolanze di colori, rendendoli unici. Ma quanto è grande questo tintometro? Come fanno a portarlo a casa? IL SERVIZIO SPORTIVO Si legge abbigliamento sportivo a domicilio. Ma se puoi girare al massimo un paio di volte intorno a casa? Beh, i più formali e con un certo stile, il giro della casa lo fanno con l’attrezzatura adeguata. Risulta un po’ strana invece
la voce “attrezzatura sci”. Per andare dove? Che non si può?! Forse si riferisce alla manutenzione. Per poi passare alla fase 2, la cantina. IL SERVIZIO TRASPORTO Curiosissimo questo, che suona un po’ da vip! Si parla di noleggio vettura con autista. E allora ti immagini il guidatore in livrea, la portiera che si apre, il vetro oscurato, il motore rombante. Attenzione a tenere sottomano la certificazione, debitamente compilata alla voce motivazioni valide. IL SERVIZIO BUCATO Qual è il problema? Lavanderie che lavano/stirano e ti portano a casa camicie ed affini già pronti per l’armadio. Lavano pure tappeti (ma chi glielo dice che magari non c’è l’ascensore?) e procedono alla sanificazione con l’ozono. Che pochi hanno capito in che cosa consiste, ma che suona bene e va forte in questo periodo. IL SERVIZIO FESTAIOLO Laurea o compleanno in corona virus? Niente paura, ti portano palloncini e articoli
trentinoattualità da festa proprio fino a casa. Certo non catalogabili nella categoria indispensabili, ma vera linfa per l’umore e per la voglia di rendere importante un momento da celebrare. Anche tra quattro mura. IL SERVIZIO AMICI ANIMALI Una voce parla di animali domestici a domicilio. Forse si intende tutto quello che ruota intorno all’animale, come mangime e attrezzatura per la pulizia e per il passeggio. O ti portano pure l’animale? Certo alcuni avrebbero fatto carte false per avere, nel periodo più buio del lockdown, un quadrupede qualsiasi da portare all’aperto. IL SERVIZIO INTIMO Questa è forte. Biancheria intima a domicilio. Siamo seri, dai. Probabilmente questo tipo di servizio è pensato per le persone ricoverate in ospedale e che necessitano di cambi. Per una versione più leggera invece, si potrebbe pensare che è in previsione un seguito piccante della festa di compleanno…
IL SERVIZIO GOMME Chi l’avrebbe mai detto? Si parla di gommista a domicilio! Cioè il soggetto che offre il servizio ti arriva a casa (o meglio in garage) con il treno di gomme nuovo e ti resetta gli pneumatici della vettura! Peccato che poi non ci si può muovere per provarle. IL SERVIZIO DEMOLIZIONI Restando in tema, se quell’automobile proprio non sono riusciti a riparartela, non ti resta che farla demolire. Vengono loro a casa e te la demoliscono sul posto? No, la prelevano e la portano a demolire. IL SERVIZIO ASSICURAZIONI Polizza da rinnovare, pratica nuova da avviare, contenzioso da risolvere? Arriva l’assicuratore a domicilio. Valigetta, portatile, mascherina, due conti sul posto, un preventivo veloce veloce ed il gioco è fatto. IL SERVIZIO STRADALE Certo devi proprio essere, diciamo così, “sfortunato”, se quella volta che hai la scu-
sa buona per muoverti rimani pure in panne e ti tocca chiamare il soccorso stradale. Che poi evidentemente ti porta al tuo domicilio. O può essere che hai un’auto a casa da far riparare, sì, può essere! IL SERVIZIO BICICLETTE Era uscita notizia che in qualche località non si poteva neanche andare a fare la spesa in bicicletta. Una tentazione troppo forte per alcuni quella di allungare il giro e prenderla molto alla larga. Si sa di gente che ha percorso chilometri su chilometri con la borsa della spesa nel cestino! In tutto
ciò, spunta non solo il servizio di riparazione bici a domicilio, ma anche la vendita e il noleggio. Per una spesa ben messa a punto ed oliata, mettiamola così. IL SERVIZIO DI SECONDA MANO Per sopperire all’estrema voglia di shopping in modalità low cost, visioni su internet quello che offrono i mercatini dell’usato. Poi ordini e vengono a portarti a casa il tutto. Probabile che funzioni anche al contrario: vuoi vendere qualcosa, metti in visione e vengono a prenderlo. ■
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trentinocultura
I MUSEI NON SI FERMANO di Susanna Caldonazzi
LA CULTURA NON SI FERMA, NONOSTANTE TUTTO. A DIMOSTRARLO LE NUMEROSE ATTIVITÀ PROPOSTE ANCHE DAI MUSEI TRENTINI E DELL’ALTO ADIGE CHE, CHIUSI ORMAI DA SETTIMANE A CAUSA DELL’EMERGENZA SANITARIA, NON PERDONO IL CONTATTO CON IL PUBBLICO
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ale espositive senza più visitatori, biglietterie e bookshop deserti: così appaiono i musei dallo scorso 8 marzo, quando per contrastare la diffusione del nuovo Coronavirus, i luoghi della cultura sono stati i primi a dover sospendere le attività e chiudere i battenti. I musei in tutta Italia però non si fermano. E non lo fanno nemmeno quelli trentini che sfruttando le possibilità offerte dal digitale e mettendo in campo creatività e buone idee mantengono viva la relazione con il pubblico. Tra i primi musei a investire sulla comunicazione digitale c’è il Mart: «Già dal 2012 è attivo un web team – fanno sapere dal museo di Rovereto – e questo ci ha permesso di gestire la situazione di emergenza continuando a lavorare come già stavamo facendo». Appuntamenti online e rubriche rispondono quindi a una visione già chiara da diverso tempo: «Da anni perseguiamo una sfida: diventare una piattaforma per l’arte moderna e contemporanea in un territorio più ampio rispetto al perimetro 56
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del museo. Questo territorio include anche quei luoghi virtuali in cui il dibattito e lo studio si generano, in cui oggi più che mai il museo pubblico è chiamato a stare». Se prima erano i visitatori ad andare al museo, oggi attraverso le principli piattaforme social come Facebook, Instagram, Twitter ma anche grazie alle intelligenze artificiali delle chatbot e di Alexa è il museo a raggiungere il suo pubblico a casa. Senza pensare di sostituire l’unicità della relazione che si crea con l’opera d’arte durante una
visita reale, è però possibile conoscere il patrimonio del Mart attraverso la tecnologia Google Art Camera, che offre immagini ad altissima definizione delle opere di alcuni dei principali artisti della collezione del museo. Un video girato tra la piazza e le sale deserte permette di entrare al Mart per vederlo come forse nessun visitatore lo ha visto mai, per i più piccoli i laboratori della domenica si sono trasferiti su Facebook e per gli adulti che hanno deciso in questo tempo sospeso di approfondire l’arte culinaria arrivano anche le ricette di Alfio Ghezzi, chef stellato che gestisce da qualche mese la caffetteria affacciata sulla piazza del museo. «Una particolare attenzione in questo momento – continuano a spiegare dal Mart – abbiamo voluto darla al mondo della scuola. Stiamo preparando infatti kit didattici digitali per esplorare gli spazi, entrare in relazione con le opere e approfondire la conoscenza di alcuni grandi capolavori». Infine, durante il mese di maggio – dall’11 al 17 – il Mart parteciperà alla Museum Week, il festival internazionale dedicato alle isti-
trentinocultura tuzioni culturali online. Anche questo è un appuntamento che il Mart non manca da qualche anno ma che in questo 2020 assume un valore ancora più grande. Non è da meno il MUSE che in pochi giorni ha messo online la piattaforma digitale Il MUSE per #iorestoacasa, progetto che offre una serie di possibilità divise in quattro sezioni tematiche. Si parte con Tutto il MUSE online, un viaggio nel tempo dalla nascita della vita sul nostro pianeta fino alle passeggiate spaziali degli astronauti, durante il quale si possono conoscere i ricercatori del MUSE. Per curios* di natura è invece una collezione di materiali video suddivisi in capitoli per approfondire geologia, preistoria, biodiversità ed ecologia alpina. Per gli appassionati di tecnologia c’è Mettiti in gioco mentre MUSE On Air è l’originale progetto radiofonico nato lo scorso 21 marzo, Giornata Mondiale della Poesia e Giornata Internazionale delle Foreste, con Cantico, una maratona virtuale di poesia dedicata alla forza espressiva della natura. È inoltre sempre possibile visitare il museo virtualmente attraverso il canale You Tube. Tra le iniziative più curiose Un pomeriggio da programmare del MUSE FabLab, l’officina digitale del museo: ogni lunedì, mercoledì e venerdì, alle 15 Gianluca Lopez è in diretta Facebook per insegnare attraverso tutorial a realizzare mini-videogiochi, ad animare una grafica e a disegnare in 3D. E poi in arrivo anche il MUSE per piccolissimi con iniziative e contenuti adatti a bambini e bambine da zero a cinque anni, realizzati anche in collaborazione con il Centro David Gruber Servizi Culturali Santa Chiara. Ciò che guida tutto questo è spiegato in una nota: «Attraverso una serie di iniziative sui canali social e web – affermano dal Museo di Scienze – vogliamo stare virtualmente vicino al pubblico, coinvolgendolo in attività di esplorazione e partecipazione a distanza, convinti che, soprattutto in questi momenti, la cultura sotto ogni forma diventa un bene di primaria necessità». Infine, inaugurata nelle scorse settimane anche la nuova sezione Open MUSE, sviluppata in collaborazione con AbC
IRIFOR del Trentino e la cooperativa sociale Senza Barriere, con contenuti fruibili da persone cieche o ipovedenti e sorde, con videoclip tradotti nella lingua dei segni italiana (LIS). Anche il Museo di Scienze dell’Alto Adige propone dirette streaming dal museo con contenuti dedicati per lo più ai bambini e alle famiglie: «Non nascondo che per noi è un periodo particolarmente difficile – afferma il direttore David Gruber – ma ci stiamo organizzando per essere adeguati a questo periodo: dirette streaming che vengono poi rese disponibili sul nostro canale You Tube e podcast sia in italiano che in tedesco in cui raccontiamo il museo, i progetti di ricerca, il lavoro dietro alle quinte. Il nostro principale pubblico sono le classi delle scuole, vogliamo essere con loro anche in questa situazione». Anche la Fondazione Museo Storico del Trentino, già a partire dal 9 marzo scorso, ha messo in campo forze a sostegno della scuola con il progetto STORIA.EDU, una serie di lezioni on line disponibili sui canali You Tube e Facebook della Fondazione oltre che sul canale tematico History Lab (603 del digitale terrestre) e diventato anche un comodo strumento di comunicazione per interagire con il museo su Whatsapp. I contenuti spaziano dalla storia del Novecento, all’educazione alla cittadinanza, dall’uso consapevole del Web, al riconoscimento delle fake news: «Riteniamo che la
funzione delle istituzioni culturali e museali – ha spiegato il direttore Giuseppe Ferrandi alla presentazione del progetto – sia quella di conservare e valorizzare il proprio patrimonio ma anche quella di essere un’agenzia formativa a supporto della scuola. Non proponiamo contenuti sostitutivi all’attività dei docenti ma una serie di strumenti che gli insegnanti, autonomamente, possono utilizzare». Lanciata durante il periodo dell’emergenza anche la campagna # FA C C I A M O Giuseppe Ferrandi MEMORIA, con cui la Fondazione chiede a chi ha voglia di condividere la propria esperienza di inviare video, audio, foto, diari in cui si lascia traccia dei cambiamenti avvenuti nella vita quotidiana, nelle relazioni, nel modo di lavorare o studiare al fine di costruire un archivio di questo particolare momento. Il materiale va inviato a facciamomemoria@museostorico.it oppure al contatto Whatsapp +39 328 3807029. Scandisce la quarantena anche il programma online del MAG – Museo Alto Garda che offre sui canali social approfondimenti adatti a grandi e piccoli per scoprire le collezioni, le mostre temporanee e la storia del suo territorio. ■ 57
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“SOS 47 VALSUGANA”
di Paolo Chiesa
PER QUANDO... TORNEREMO A GUIDARE
ECCEZIONE FATTA PER QUESTI GIORNI DI EMERGENZA CORONAVIRUS, VIAGGIARE IN AUTOMOBILE AL GIORNO D’OGGI NON È QUASI MAI RILASSANTE ED ANZI, IL GRAN TRAFFICO E LO SCARSO RISPETTO DI ALCUNI PER IL CODICE DELLA STRADA, RENDE LA COSA DIFFICILE. PER FORTUNA CHI PERCORRE LA STRADA STATALE 47, PUÒ CONTARE SULLA PAGINA FACEBOOK “SOS 47 VALSUGANA”, GESTITA DA ELISA E MICHELE, SEGUITA DA QUALCOSA COME 10MILA PERSONE
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lisa e Michele abitano a Borgo Valsugana con la loro bimba Giada che ha quasi sei anni. Come è nata l’idea di creare una pagina Facebook rivolta, come riportato in un loro post: “a noi che una volta su due restiamo bloccati in statale, noi che per lavoro, studio o cavoli vari siamo pendolari”? Sentiamo Elisa: “la pagina è nata nel 2015 quando anche io lavoravo a Trento e sia io che mio marito percorrevamo giornalmente la Statale 47. In quel
periodo c’erano stati diversi incidenti piuttosto gravi e visto che io ed alcune mie colleghe al mattino partivamo tutte da punti diversi della Valsugana, ci era molto utile poterci avvisare su che strade alternative prendere in caso di code o rallentamenti. Io allora ho pensato di creare una Pagina Facebook che potesse essere utile non solo a noi ma anche ad altre persone che come noi utilizzavano questa strada. LA CONDIVISIONE E L’AIUTO DEGLI ALTRI AUTOMOBILISTI Non deve essere facile monitorare quello che succede sul lungo percorso della Statale 47. “Inizialmente postavamo le segnalazioni solo io e mio marito”, dice Elisa, “aiutati dai colleghi che come noi percorrevano la strada. Poi con l’aumentare delle persone che si sono iscritte alla Pagina hanno iniziato ad aiutarci anche altri automobilisti tramite messaggi o pubblicando direttamente sulla Pagina le segnalazioni utili. La Pagina pian piano
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ha iniziato ad essere apprezzata ed ora è seguita da quasi diecimila persone. Adesso io non percorro più quella strada perché lavoro a Castelnuovo ma Michele lo fa anche più volte al giorno. In più conosciamo molte persone che la usano e siamo felici di poter essere loro di aiuto”. Visto il gran numero di persone che ha iniziato a seguirla, lo spirito della Pagina si è poi ulteriormente evoluto. “Oltre che per segnalare code, cantieri aperti, incidenti e situazioni di percorribilità difficili”, dice Elisa, “ho pensato che potevamo anche favorire la divulgazione del concetto di sicurezza stradale utilizzando nei post vari hashtag come #ioguidocolcervello, #manisulvolante, #occhisullastrada e #distanzadisicurezza, con l’obiettivo di essere un aiuto al rispetto delle regole. Proprio per questo non vogliamo che vengano pubblicati post che invece le regole invitano ad infrangerle, come ad esempio quelli che segnalano eventuali posti di blocco delle forze dell’ordine”.
trentinoattualità SEGNALAZIONI PARTICOLARI E PURTROPPO A VOLTE TRAGICHE “Chi percorre quella strada ci segnala di tutto, e noi stessi abbiamo visto di tutto per anni”, racconta Elisa, “da una macchina sulle rotaie a causa di uno svincolo chiuso a un automobilista che vedendo la colonna ha provato a defilarsi contromano. E poi regole della strada reinventate dove chi viaggia normalmente deve spostarsi sulla corsia di sorpasso per far posto a macchine che si immettono a 100 km/h sulla Statale. Ci scrivono in tanti e non solo per fare segnalazioni, forse la cosa più curiosa che ci è capitata è quella di una ragazza che continuava a pubblicare foto di coniglietti”. Non sono mancate purtroppo situazioni pericolose e in alcuni casi anche tragiche. “Essere
pendolari su una strada come la Statale 47”, continua Elisa, “è di per sé pericoloso e quindi siamo purtroppo abituati a situazioni spesso al limite con auto in panne, tamponamenti, auto capovolte ed auto in fiamme, scontri frontali con esiti tragici, persone scese dalle auto incidentate che sono state travolte. Una volta è successo addirittura che mio marito ha segnalato un incidente e nello stesso tempo ha soccorso le persone coinvolte. In un’occasione gli stessi soccorsi si sono trovati incidentati per andare a soccorrere un maxi tamponamento di una quarantina di veicoli sul tratto che da Grigno porta ad Ospedaletto a causa di una particolare formazione di ghiaccio sulla carreggiata. La galleria di Martignano poi sembra maledetta: ne son successe di tutti i colori. E poi lo svincolo per Trento Centro che ad ogni pioggia forte viene chiuso per allagamento.” LA STRADA STATALE 47 AL TEMPO DEL CORONAVIRUS “Ovviamente in questo periodo il traffico è molto più leggero”, dice Elisa: “sarebbe bello se fosse così anche una volta finita l’emergenza ma c’è invece il timore che le persone useranno di più l’automobile al posto dei mezzi pubblici per evitare le occasioni di contagio, con un conseguente aumento del traffico. Anche le segnalazioni in questo periodo sono molte meno anche se è successo comunque di ricevere notizie su incidenti, automezzi fermi ed altre situazioni per fortuna non gravi. Noi cerchiamo di essere comunque presenti riportando le informazioni utili per gli automobilisti che vengono fornite dal Governo, dalla Provincia e dall’Azienda Sanitaria, come ad esempio quelle relative alla proroga della scadenza delle patenti, alla revisioni dei veicoli ed al pagamento del bollo auto. L’IMPORTANZA DELLE FORZE DELL’ORDINE La Pagina “SoS 47 Valsugana” non ha una collaborazione diretta con Polizia, Carabinieri o Polizia Locale. “Però”, ci dice Elisa, “sappiamo che alcuni di loro ci seguono privatamente. Succede invece che molti automobilisti che seguono la Pagina ci scambiano per l’autorità e ci segnalano comportamenti pericolosi e noi a quel punto gli diciamo di contattare subito le forze dell’ordine”. E chissà che in futuro la Pagina non possa diventare davvero una risorsa importante per Vigili, Polizia e Carabinieri.
A PROPOSITO DI FUTURO Elisa ha le idee molto chiare: “mi piacerebbe far crescere non solo la Pagina ma anche il concetto della guida in sicurezza. Purtroppo il tempo è sempre poco perché sia io che Michele lavoriamo entrambi ed anzi, a questo proposito vorrei ringraziare pubblicamente il mio datore di lavoro, Andrea Dellagiacoma che mi permette di gestire la Pagina”. Chissà, con l’aiuto di qualche Associazione e magari di uno sponsor si potrebbe davvero far crescere la Pagina di Elisa e Michele in modo che possa essere sempre più Elisa e Michele di aiuto a chi guida. “L’idea di base”, dice Elisa, “sarebbe di aiutare a far interiorizzare a tutti che guidare la macchina è una cosa da fare responsabilmente e senza distrazioni. Mi piacerebbe anche realizzare degli adesivi da applicare alle auto con i vari hashtag: #ioguidocolcervello, #distanzadisicurezza etc. per promuovere dei comportamenti virtuosi sulla strada. Da quest’anno, anche se con molta fatica, siamo anche su Instagram per divulgare sempre più l’obiettivo della sicurezza stradale ma con il focus specifico sulla viabilità della Statale 47 della Valsugana”. Speriamo che la filosofia di Elisa diventi davvero comune a tutti gli automobilisti che con il finire dell’emergenza coronavirus torneranno in massa a percorrere le strade. Allora, per chi vuole saperne di più su quello che succede sulla Strada Statale 47, la Pagina Facebook giusta è “SoS 47 Valsugana”. Buona (e responsabile) ■ guida a tutti!. 59
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trentinostoria NACQUE A FIERA DI PRIMIERO, MA LUIGI NEGRELLI, FU UN PROFESSIONISTA, UMANISTA E TECNICO VISIONARIO PROFONDAMENTE ASBURGICO. FU NELLE GRAZIE DI RADETZKY, OPERÒ IN MEZZA EUROPA, FINCHÉ, CALUNNIATO, VENNE DESTITUITO DA FRANCESCO GIUSEPPE. RIABILITATO, DIVENTÒ IL PRINCIPE DEI TECNICI EUROPEI. OTTENNE L’INCARICO PER IL CANALE DI SUEZ, MA MORÌ APPENA 6 MESI DOPO L’INIZIO DEI LAVORI
L’INGEGNERE di Andrea Vitali
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I genitori di Luigi Negrelli
L’
ingegner Luigi Negrelli sembra si sia occupato per la prima volta della questione dell’istmo di Suez già intorno al 1838, ossia nel periodo della sua residenza svizzera quando era intento all’edificazione della Münsterbrücke di Zurigo ed al miglioramento degli argini del Canale della Linth. Tra il 1838 ed il ’39, nei pressi di Ginevra, avrebbe avuto luogo il suo incontro con il celebre naturalista tedesco Alexander von Humboldt, il quale si mostrò un entusiasta fautore dei suoi progetti relativi ad un canale navigabile tra il Mar Rosso ed il Mediterraneo. Nikolaus NegrelliMoldelbe, diretto discendente e biografo di Luigi Negrelli, al riguardo narra che lo scienziato esploratore si sarebbe rivolto all’ingegnere “austriaco” con queste parole: “Mi dica, Signor Negrelli? … Perché vi seppellite con tutta la vostra bravura nelle valli svizzere? Perché sprecate la vostra capacità tecnica con piccoli canali e ponti su torrenti? Non vi stimola di fare qualcosa di grande, di unico … Costruire un canale che unisca l’Europa, l’Africa e l’Asia” (Negrelli-Moldelbe, Nikolaus, pp. 81-87). Se il dialogo sia avvenuto veramente oppure no poco importa: di certo c’è che il grande scienziato tedesco, nel 1845, intervenne presso il cancelliere Metternich per perorare un interessamento austriaco alla causa e facendo proprio il nome dell’Ispettore Generale delle regie-imperiali ferrovie, Luigi Negrelli. Effettivamente l’ingegner Negrelli, a cavallo tra gli anni Trenta e Quaranta
Fiera di Primiero in un’antica stampa
del XIX secolo, mentre era attivo sia in Svizzera, dove risiedeva a Zurigo, sia in Tirolo, da dove nell’autunno 1837 gli era giunta la proposta di collaborare al progetto di realizzazione delle linee ferrate locali, coltivava una visione europea sovranazionale dei trasporti, all’interno della quale l’arco alpino deteneva una posizione privilegiata di crocicchio per gli scambi tra nord e sud e tra est ed ovest. In particolare il Tirolo – scriveva – “ha tre vallate principali che sono adatte all’impianto di ferrovie: una a nord da Innsbruck attraverso la valle dell’Inn fino al Danubio, dove può entrare in collegamento con la navigazione a vapore via Vienna verso il Mar nero, ed in Vienna con la grande ferrovia settentrionale, la Ferdinands-Nordbahn, così come a Linz
con la Budwieserbahn; una ferrovia meridionale da Merano e Bolzano via Trento e Verona fino al mare Adriatico; una ferrovia occidentale da Bludenz fino al lago di Costanza” (Negrelli Luigi, p. 197). In effetti l’esperto progettista di strade e ponti nelle regioni alpine tra Vorarlberg, Tirolo e cantone di Zurigo nutriva visioni lungimiranti ed ideali che andavano ben oltre l’angusto spazio geografico e culturale dei suoi natali. Luigi (Alois) Nicolò Maria Vincenzo Negrelli infatti vide la luce il 25 gennaio 1799, sesto di 11 figli, a Fiera di Primiero, “dem östlichst gelegenen Orte des südlichen Tirols, an der venetianischen Grenze – nel territorio più orientale del Tirolo meridionale ai confini con Venezia”, come ebbe a scrivere egli stesso in una nota autobiografica per il numero 2 del febbraio 1837 dello Appenzellisches Monatsblatt, all’epoca dei lavori di costruzione della strada tra S. Gallo ed Altstätten. I suoi genitori erano il ricco possidente Angelo Michele della nobile casata dei Negrello (dopo la nascita di Angelo Michele la finale “o” del cognome fu mutata in “i”) ed Elisabeth Würtemberg, o Wirtenbergher, quest’ultima figlia di Josef Würtemberg di Brunico e di Franziska Strobl di Rattenberg am Inn. Luigi, come del resto tutti i suoi fratelli, crebbe quindi in una situazione di bilinguismo familiare che segnò la sua formazione culturale e professionale, consentendogli di conseguire una profonda conoscenza e del mondo germanico e di quello italiano. Del resto,
Alexander von Humboldt 61
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trentinostoria sua mamma Elisabeth un giorno scrisse nel diario del giovane figlio: “Deutsch ist Deine Muttersprache,/Welsch des Vaters Art und Blut,/Herrlich sich in Dir entfache, /Was in beiden Völkern ruht – Il tedesco è la tua lingua madre, italici la natura ed il sangue paterni, si dischiuda in te con eccellenza quanto in ambodui i popoli riposa” (NÉMETH István, p. 138). La formazione della prima gioventù avvenne però del tutto in terra veneta, tra Bassano e Feltre prima, dove frequentò il collegio con i due fratelli Francesco Giovanni e Michele Angelo, e tra Venezia e Padova poi, approfondendo nei suoi studi umanistici la filosofia, il disegno e l’arte. D’altro canto la sua terra natale, il Primiero, se da un lato era fortemente legata alla Chiesa del vicino territorio feltrino per esserle appartenuta da un punto di vista ecclesiastico fino al 1786, d’altro lato politicamente era sempre gravitata nella sfera d’influenza dello Stato tirolese sotto l’amministrazione della nobile stirpe dei Welsperg. Non a caso, sia il padre Angelo Michele sia la sorella Giuseppina Francesca, nel 1809, presero parte alle insurrezioni tirolesi contro gli invasori franco-bavaresi. Agli inizi del dicembre 1818, Luigi Negrelli partì per Innsbruck per perfezionare la conoscenza del tedesco ed iniziare un tirocinio tecnico lavorando sul campo in diverse località del Tirolo e del Vorarlberg. Nel 1820, all’età di 21 anni, superato brillantemente un difficile esame entrò in servizio presso la Direzione edilizia distrettuale di Innsbruck; in questa mansione, ebbe l’onore di conoscere ed entrare in confidenza con il celebre ingegnere venostano Josef Duile (17761863), al cui ufficio era stato affidato. Nel 1824, il nostro venne inviato a Vienna a studiare le nuove tecniche di costruzione dei ponti e, in quella città, ebbe l’occasione di frequentare i più grandi ingegneri ed architetti del tempo. Carico di esperienze e di illustri conoscenze, Luigi lasciò la capitale dell’Impero nell’aprile 1825 per far ritorno ad Innsbruck. L’anno dopo lo ritroviamo a Bregenz con il Duile per un vasto progetto di regolamentazione del fiume Reno. Fu proprio in quest’occasione che l’ingegnere del Primiero acquisì notevoli esperienze nel settore della canalizzazione e dell’idraulica. Unite a quelle conseguite successivamente come membro della Commissione di polizia del Canale della Linth, in Svizzera, esse gli serviranno più avanti per l’ideazione del suo ambizioso progetto di taglio dell’istmo di Suez. 62
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Il vecchio ponte sul fiume Limmat a Zurigo
Nel corso dei lavori nel Vorarlberg, Luigi Negrelli venne a contatto con le autorità del Cantone di S. Gallo le quali, nel 1830, lo chiamarono a collaborare alla realizzazione di nuovi progetti stradali dapprima come esaminatore e poi, dal novembre 1832, nelle vesti di Ispettore. Contemporaneamente egli collaborò anche con le autorità del Cantone dello Appenzell allo sviluppo della locale rete stradale, realizzando progetti di ponti e di importanti vie di collegamento. Nel frattempo, il 31 maggio 1829, Luigi Negrelli aveva sposato a Niederdorf/ Villabassa Amalie Marie Wilgefortis von Pirkenau, patrizia pusterese, che gli diede quattro figli di cui la prima, Amalie, morì a Bludenz già nel 1831. Il matrimonio con Amalie Marie non fu dei più felici, ma moglie e figli lo seguirono comunque a S. Gallo e, dal 1836, a Zurigo dove l’ingegnere trentino venne richiesto per diversi incarichi, tra i quali la costruzione
Giuseppina Negrelli, eroina del Tirolo
della Münsterbrücke, l’imponente ponte in pietra sul fiume Limmat, i miglioramenti del Canale della Linth e la progettazione di un sistema ferroviario tra Zurigo e i Grigioni e tra Zurigo ed il lago di Costanza. L’8 dicembre 1840 Amalie si spense a Vienna, precipitando Luigi in un grande dolore e lasciandolo unico genitore di tre figli in tenera età proprio nel momento in cui la sua presenza e la sua opera erano richieste dalle autorità di vari Paesi europei. Fu perciò giocoforza che il Negrelli affidasse i bambini alle cure dei nonni nel Primiero. La collaborazione di Luigi Negrelli era ambita in particolare dai vari Cantoni svizzeri che, nei loro programmi di ammodernamento dei corsi fluviali, delle reti viarie e dei valichi alpini, avevano urgente bisogno dei migliori ingegneri europei. Tra costoro il Negrelli si distinse anche per essere uno dei pionieri dello sviluppo delle ferrovie. A tale scopo tra l’agosto ed il settembre 1836 egli intraprese un viaggio di studio in Francia, Inghilterra e Belgio, i Paesi europei cioè dove più intenso era il potenziamento delle strade ferrate; le conseguenze di questo suo viaggio di aggiornamento furono la proposta alle autorità confederate di un progetto di linea ferroviaria tra Zurigo e Basilea, la collaborazione alla progettazione delle ferrovie tirolesi e la nomina, nel 1840, ad Ispettore generale della “Kaiser-Ferdinands-Nordbahn”, la più importante società ferroviaria privata dell’Austria-Ungheria. Il 1 aprile 1842 Luigi Negrelli per conto dello Stato austriaco assumeva la carica di Direttore delle costruzioni ferroviarie curando, nel frattempo, la progettazione di una rete ferroviaria nel Württemberg per conto di re Guglielmo I di Prussia e la creazione della ferrovia Zurigo-Baden per i suoi amici svizzeri. Il valore che l’ingegner Negrelli, con gran-
trentinostoria de lungimiranza, attribuiva allo sviluppo di un complesso sistema ferroviario europeo lo leggiamo nel diario tenuto durante il suo viaggio in Francia ed in Inghilterra: “Più lunga è una ferrovia e più sicuri sono i risultati favorevoli sui quali si può contare e tanto più grande sarà quindi la sua efficacia sul commercio e sull’industria. Le ferrovie sono fiumi che diventano sempre tanto più importanti quanto più il loro percorso si estende…” (NEGRELLI Luigi, p. 188). Da Ispettore generale delle ferrovie austriache Negrelli potè collaborare con altri due pionieri italiani delle strade ferrate, il veneziano Carlo de Ghega (1802-1860), anch’egli Ispettore generale delle ferrovie dello Stato, ed il trevigiano Ermenegildo Francesconi (1795-1862), all’epoca Direttore generale delle ferrovie asburgiche. Nel 1847, a Vienna Luigi prende in seconde nozze Karoline Weiss von Starkenfels, da cui riceverà altri cinque figli, il primo dei quali, Ferdinand Franz Karl Josef Michael Johann Maria, verrà alla luce il 29 marzo del fatidico 1848, nel mezzo dei tumulti rivoluzionari che stavano infiammando l’intera Europa. L’importanza strategica delle linee ferrate non sfuggì al celebre maresciallo Radetzky che, nel Lombardo-Veneto, dirigeva la reazione dell’esercito austriaco contro i rivoltosi; tanto che, in settembre, dal competente ministero viennese venne mandato a Milano proprio l’ingegner Negrelli, con l’incarico di riorganizzare la linea Como-MilanoVenezia al fine di piegare la resistenza della Serenissima. Non molti sanno che, in seguito alla vittoria austriaca, la stima di Radetzky per Negrelli portò vantaggi ed incarichi a quest’ultimo il quale strinse con il
ci facciamo compagnia piedeTrentinoMese_monci_174x65.indd 1
Il Maresciallo Radetzky
maresciallo una vera e propria amicizia. Nel novembre 1849, infatti, sarà il noto uomo d’armi a tenere a battesimo, a Verona, il secondogenito del Negrelli, Josef Maria. Uno spirito europeo, Luigi Negrelli, ma sinceramente “austriaco” ed asburgico per sentimenti, i cui progetti di sviluppo ferroviario per il Nord Italia corrispondevano in pieno alle mire politiche di Vienna: una rete organica che rafforzasse i collegamenti di Milano con Venezia e Trieste ad est, con Bolzano ed Innsbruck a nord, con i ducati di Parma, Modena e con la Toscana (e quindi, di conseguenza, con lo Stato Pontificio ed il Regno delle Due Sicilie) verso sud, allo scopo di isolare il Piemonte ad Occidente. Tuttavia, l’ingegner Negrelli seppe anche barcamenarsi con abile diplomazia tra austriacanti e rivoluzionari italiani: se, da una parte, non smetteva di sottolineare davanti alle autorità il suo decisivo contributo nell’aver piegato i rivoltosi veneziani, dall’altra evitò di li-
cenziare gli operai che, nel ’48, si erano compromessi con i tumulti popolari. Nel 1850, tra le altre cose, ripresosi da una grave malattia, lavorò a progetti di irreggimentazione dell’Adda e del Po. Nello stesso anno, come riconoscimento ai suoi innumerevoli meriti civili, gli veniva conferito l’Ordine della corona di ferro che, di fatto, lo rendeva nobile della monarchia austriaca con il predicato “von Moldelbe” il quale, secondo le sue stesse parole, “deriva dalla Moldava e dall’Elba perché il sottoscritto si compiace di aver eseguito per lo Stato gli utilissimi lavori nelle valli attraversate da quei fiumi da Praga in giù …” (DEIHSEN Christian, pp. 189-190). Nel corso del 1853, il Negrelli elaborò per conto del governo austriaco un concetto generale dei trasporti dell’Impero in alta Italia dando il via, nel giugno del 1854, ai lavori per la costruzione della linea ferroviaria tra Verona e Bolzano. Nel 1855, però, secondo lo studioso Tindaro Gatani, un complotto di invidiosi alla corte viennese provocò un’inquisitoria da parte dello Stato austriaco su presunte “sconvenienze e malversazioni” riscontrate nei lavori ferroviari nel Lombardo-Veneto e nel Tirolo del Sud (GATANI, Tindaro, pp. 189-192). La commissione governativa capeggiata dal feldmaresciallo Karl Trattnern von Petrocza, non potendo ravvisare nell’operato dell’ingegnere trentino nessuna vera manchevolezza, giunse ad accusarlo di sentimenti antiaustriaci, prendendo a pretesto le azioni del Negrelli in favore degli operai italiani. La conseguenza fu che, il 1 settembre 1855, l’imperatore Francesco Giuseppe destituì l’ingegnere Luigi Negrelli dal suo incarico di direttore delle ferrovie del Lombardo-Veneto. Fu solo un’oscura parentesi,
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trentinostoria perché dopo il trasferimento di Negrelli a Parigi in ottobre ed il suo viaggio in Egitto verso la fine dell’anno, Radetzky mise a tacere tutti i suoi accusatori e lo stesso Imperatore lo ricevette in udienza nel gennaio 1856, reintegrandolo nelle sue antiche funzioni di Ispettore generale delle ferrovie austriache. Ma a questo punto della sua biografia interessi ed intendimenti dell’ingegnere del Primiero erano rivolti all’ambizioso progetto del Canale di Suez. L’ISTMO DI SUEZ: UNA STORIA INFINITA Già nel 1504 ingegneri veneziani avevano proposto alle autorità ottomane in Egitto la possibilità di riaprire l’antica Via delle spezie creando un canale diretto tra il Mar Rosso ed il Mediterraneo. Il grandioso progetto, pur non trovando realizzazione, non fu però mai del tutto accantonato. Soprattutto nel corso del XVIII secolo, diversi studiosi si occuparono della fattibilità di una simile opera, tra questi il veronese Anton Maria Lorgna, il barone francese de Waldner, l’austriaco Karl August Heim. Tuttavia, l’idea di un collegamento diretto tra i due mari prese corpo in occasione delle campagne napoleoniche in Egitto, quando l’architetto Jean-Baptiste Lepère (1761-1844) studiò la fattibilità di un canale che tagliasse l’istmo di Suez in tre tronchi. La sconfitta del Bonaparte fece accantonare il progetto che venne presto dimenticato. A risollevare la questione dell’importanza di un canale di comunicazione tra il Me-
Negrelli, Ispettore delle Imperialregie Ferrovie 64
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Robert Stephenson
diterraneo ed il Mar Rosso in un Egitto sulla via della modernizzazione e dell’autonomia dall’Impero turco, fu il filosofo rivoluzionario francese Claude-Henry de Rouvroy, più noto come conte de SaintSimon (1760-1825), precursore di un socialismo ideal-politico. Un suo discepolo, Barthélemy-Prosper Enfantin (1796-1864), filosofo, economista e giornalista si mise a studiare con passione le effettive possibilità di un collegamento tra i due mari, avvalendosi di un team di esperti come l’amico Èmile Barrault e gli ingegneri Paulin Talabot e Louis Maurice Adolphe Linant de Bellefonds. Il gruppo costituì una missione d’indagine francese che si recò in Egitto a svolgere sopralluoghi. Tuttavia, il sogno sansimonista dell’apertura di una grande via di comunicazione e di commercio verso l’Asia e l’Oceania lasciò freddo e diffidente il viceré Mohammed Ali e trovò indifferenza nelle grandi nazioni europee, altrimenti impegnate nell’ardua opera della Restaurazione postnapoleonica. Va aggiunto però che, nel 1842, il cancelliere austriaco Metternich aveva mostrato simpatie per questo progetto francese, ritenendo che l’apertura di una simile via commerciale avrebbe dato al porto asburgico di Trieste nuove e redditizie occasioni di traffici con l’Oriente. Proprio in quello stesso anno il Negrelli aveva presentato al Cancelliere un suo personale progetto per la costruzione di un canale attraverso l’istmo di Suez, progetto che prevedeva una grande cooperazione internazionale che superasse le diffidenze tra gli Stati. Intanto, nel novembre 1846, su iniziativa di Enfantin veniva costituita a Parigi la
Società di Studi del Canale di Suez, formata da tre gruppi di studio, uno francese, uno inglese ed uno tedesco, il primo capeggiato dall’ingegner Talabot, il secondo dall’ingegner M. Robert Stephenson, il terzo dall’ingegner Negrelli. Francesi e tedeschi eseguirono i rilevamenti a loro richiesti. Gli inglesi no: anzi, Stephenson si recò in Egitto qualche anno dopo per prendere accordi in segreto con Abbas-Pascià riguardo un collegamento ferroviario Alessandria-Il Cairo che rendesse inutile la realizzazione di un canale a gestione internazionale. Intanto, sul fronte interno, Negrelli si dava da fare perché nella commissione tedesca della Société d’études sedessero enti triestini come l’amministrazione comunale, la Borsa ed il Lloyd, con l’evidente intento di portare vantaggi al porto della città giuliana e, con ciò, all’intero Impero austro-ungarico. Il fatto inatteso fu l’iniziativa intrapresa dal visconte Ferdinand-Marie de Lesseps (1805-1894), stretto amico del nuovo viceré d’Egitto Mohammed Said pascià, succeduto nel 1854 al fratello Abbas. Nel 1856, il de Lesseps, sostenuto da Napoleone III, otteneva dal suo amico viceré l’approvazione degli statuti di una nuova società da lui stesso fondata, la Compagnia universale del Canale di Suez, dalla quale vennero esclusi tutti gli studiosi che avevano fatto parte della Société d’études, tranne il Negrelli che, per le sue competenze, era ritenuto il tecnico più autorevole nel campo. La nuova commissione internazionale deliberò, quindi, di adottare il progetto dello stesso ingegnere austriaco perché, a differenza di quello dei francesi Linant e Mougel, non era solo un disegno preliminare ma definitivo; inoltre, esso prevedeva un collegamento diretto tra i due mari evitando la presenza di chiuse alle due imboccature. Tuttavia, nel luglio 1857 Robert Stephenson, sostenuto dal primo ministro inglese, Lord Palmerston, tentò di ostacolare il disegno di Negrelli con accuse molto gravi, tra le quali la più eclatante denunciava il rischio che il canale si trasformasse in un enorme lago stagnante che, tra le altre cose, avrebbe diffuso la malaria nella regione. Dal Piemonte si levò a difesa del progetto di Negrelli la voce autorevole dell’ingegnere Pietro Paleocapa (1788-1869), ministro dei lavori pubblici del regno di Sardegna, anch’egli membro della Commissione internazionale, il quale smontò una per una le obiezioni di Stephenson portando
trentinostoria inoppugnabili tesi di carattere scientifico ed anche economico. Il documento del Paleocapa, tra gli altri, fu sottoscritto da Jean-Pierre-Hippolyte-Aristide Liessou, il più illustre idrografo del tempo, il quale confermò la fattibilità di un collegamento senza chiuse tra i due mari con un canale diretto, come progettato da Luigi Negrelli. Gli Inglesi però tornarono al contrattacco con maggiore virulenza, tanto che nel giugno 1858 si giunse ad un acceso confronto tra Stephenson e lo stesso Negrelli sulle pagine del “Times”. In particolare, nel suo intervento del 18 giugno, Negrelli replicò ad uno degli argomenti più impressionanti della controparte spiegando che “i grandi bacini nell’interno dell’istmo formeranno delle superfici d’acqua molto considerevoli, che manterranno, come tutti i laghi interni, il movimento costante delle acque; la differenza delle maree nei due mari comunicherà al canale l’agitazione che hanno gli stessi mari. Il canale non può essere considerato che come la continuazione dei due mari, che mescolano le loro acque nei due bacini”; e Negrelli seguitava, rivolgendosi direttamente a Stephenson: “Che il mio onorevole amico provi ad osservare attraverso le finestre del Parlamento, dove egli ha sviluppato tanto singolari conoscenze idrauliche, egli vedrebbe allora che il riflusso del Tamigi fino al di là di Windsor è causato dalla marea montante e dall’agitazione comunicata al fiume;
Disegno del progetto di Luigi Negrelli per il canale di Suez
sebbene Windsor si trovi a molte leghe dal mare, nondimeno l’influenza della marea sulle acque interne si fa sentire regolarmente” (SCAGLIONE Francesco Attilio, pp. 238-241). Ben presto la politica inglese attenuò le sue resistenze alla creazione dell’istmo, mentre il conflitto russo-turco spinse l’Impero ottomano ad essere meno riluttante nei confronti del progetto. Di conseguenza, il 27 agosto 1858, Luigi Negrelli veniva eletto dal viceré egiziano Said-pascià presidente della Direzione tecnica superiore dell’impresa del Canale di Suez. Già gravemente sofferente ai reni durante l’estate, però, l’ingegnere trentino, la mattina del 1 ottobre 1858, ad appena sei mesi dall’inizio dei lavori dell’istmo, si spense a Vienna per le complicazioni della sua malattia e venne sepolto nel cimitero di St. Marx, alla periferia cittadina. Soltanto il 17 novembre 1929 i suoi
resti verranno traslati solennemente e deposti in un monumento funebre nel Cimitero centrale della Capitale austriaca. Tuttavia, benché nella città egiziana di Ismailia al tempo dell’inaugurazione del canale (novembre 1869) vi fosse già una “via Negrelli”, in Austria solo dagli anni ’50 del Novecento si dedicheranno strade alla memoria dell’ingegnere del Primiero, mentre anche in Italia si giungerà piuttosto tardi a riconoscere i meriti dell’illustre “italiano” che aveva contribuito allo sviluppo moderno dell’odiato nemico del Nord. L’eredità morale di Luigi Negrelli ha ancora da dire agli irriducibili ed ottusi nazionalismi dei nostri tempi che “la natura non ha posto nessuna barriera all’uomo pensante per fare del bene e che ogni Paese, dove egli può operare bene, sia per lui Patria …” (Appenzellisches Monatsblatt, nr. 2, febbraio 1837, pp. 33-36). ■
La Tribuna dei Sovrani durante l’inaugurazione del canale, dall’opera “Voyage des souverains: Inauguration du Canal de Suez” di Gustave Nicole e Edouard Riou 65
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di Renzo Francescotti
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l 23 marzo scorso, nella casa di riposo di Pergine Valsugana, a 78 anni è morto (probabilmente vittima della pandemia) Olimpio Cari, pittore, scultore, musicista e poeta zingaro. A Pergine viveva da 35 anni con la compagna Traudi de Concini, una “gagi” (non-zingara) di origine boema, fotografa, scrittrice e traduttrice. Le unioni tra uno zingaro e un “gagi” sono estremamente rare: appartengono a mondi troppo diversi, separati da opposti pregiudizi, tradizionalmente ostili. Eppure la coppia Olimpio-Traudi ha funzionato: lui “figlio del vento” (come amano definirsi gli zingari) dipingeva attingendo al suo immaginario dei Sinti, e lei col suo senso dell’organizzazione germanico (proveniva dai Sudeti, zona tedesca della Boemia) gli organizzava le mostre, molte anche all’estero. Gli zingari in Italia si dividono in due grandi rami (che di norma non si amano molto): i Rom e i Sinti. Questi ultimi si differenziano dagli altri perché sono portati all’arte, sono soprattutto musicisti. Anche Olimpio lo era: suonava la chitarra, cantava e componeva canzoni. (Mi ricordo bene quando lo convinsi a iscriversi al primo Concorso per cantautori “Paolo Pavanello“, una trentina
ADDIO OLIMPIO, FIGLIO DEL VENTO IL MALEDETTO CORONAVIRUS SI PORTA VIA ANCHE IL CONOSCIUTO ARTISTA SINTI OLIMPIO CARI, PITTORE E MUSICISTA. LE SUE ERANO OPERE ARIOSE, VENTOSE, ONIRICHE; VISIONI DI CUPOLE, MINARETI DI QUELL’ORIENTE DA CUI GLI ZINGARI PROVENGONO di anni fa, da me organizzato: all’Auditorium di Trento fece la sua bella figura, presentando due canzoni sue, scuotendo il capo ascoltando i cantautori “rock”. Olimpio era nato a Saronno, nei primi anni della Seconda guerra mondiale: con il tradizionale wudrum, il carrozzone tirato da cavalli. La sua famiglia viaggiava fra la Lombardia, l’Alto Adige e il Trentino, facendo lavori tradizionali come l’esecuzione di musica da ballo nelle feste, la raccol-
ta del ferro, la lettura dei tarocchi da parte delle donne. Lui crebbe alto e forte: era molto veloce nella corsa e lo soprannominarono Mauso, che vuol dire “veloce”. Conosciuta Traudi, intorno al 1980, insieme fanno un viaggio in Provenza dove, a San-Paulde-Vance (e con uso che è degli ebrei così come degli zingari), deponendo un ciottolo sulla tomba di Marc Chagall. È lì che sente che deve fare il pittore. Ho avuto il piacere di tenerlo a batte-
simo nella sua prima mostra di quadri dipinti su vetro, nel retro: era il 1987 e fu a Pergine, in una galleria (che durò purtroppo poco) aperta dal comune amico pittore Pietro Verdini. Olimpio si rivelò subito come un artista naïve, di un primitivismo autentico, che è estremamente raro. Erano opere ariose, ventose, oniriche; visioni di cupole, minareti di quell’Oriente da cui gli zingari provengono, elementari nelle forme, fortemente contornate da un
Con la compaga di una vita, Traudi De Concini 66
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SERVIZI AMBIENTALI UMWELTDIENSTE Rottamazione veicoli segno nero, che personalmente mi ricorda quella del cloisonnisme di Pont Aven, degli artisti che si ispiravano alle vetrate delle chiese bretoni, come Gauguin e Bernard. La pittura su vetro, propria di altri naïfs come i Croati col grande Generali, è una tecnica che Cari non ha mai abbandonato, luminosa com’è. Invece con gli anni abbandonò il contorno forte e scuro, sostituendolo con tratti sottili che non riescono a delimitare le forme, di torri e minareti, in cui vengono introdotti gli ori. Verrebbe da pensare a Klimt , solo che Olimpio non conosce la storia della pittura, non sa chi è Klimt e se ne ha visto qualche quadro se l’è dimenticato. Perché lui era un naïf vero, vale a dire un pittore tutto istinto, che dipinge quasi in trance, che sogna a occhi aperti, che non sa che cosa sia la prospettiva, che non si cura di imparare le regole e che non ha bisogno, come un Picasso, di studiare tutta la storia dell’arte, per poi “dimenticarsela” (che è un grosso sforzo): semplicemente non la studia. È un pittore così, prendere o lasciare… Olimpio si era anche dedicato a una forma particolare di scultura, a un’arte ready-made,
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Smaltimento rifiuti Müllentsorgung Valorizzazione Wertstoffsammlung e recupero rifiuti und 4/A Wertstofftrennung F.lli Santini Srl/GmbH a socio unico, Via Giotto Giottostrasse, Bolzano 39100 Bozen, Italy Numero verde 800-726-116 Grüne Nummer, T +39 0471 195195 • F +39 0471 201792 Consulenza ambientale Umweltberatung www.fllisantini.it • info@fllisantini.it Corsi Sicurezza Kurse für Sicherheit Santini Servizi Srl/GmbH a socio und unico, Via Giotto 4/A Giottostrasse, Bolzano 39100 Bozen, Italy e Ambiente Umwelt
in cui sono montati legni e ciottoli recuperati dai fiumi e torrenti, assemblati mediante supporti di ferro e di rame. E Rottamazione veicoli Fahrzeugverschrottung anche questi lavori non sarebNumero verde 800-726-116 Grüne Nummer, T +39 0471 195195 • F +39 0471 201792 bero possibili fuori della sua www.santiniservizi.it • info@santiniservizi.it Smaltimento rifiuti Müllentsorgung Gruppo Santini Spa, Giottostr. 4/a 39100 Bozen anima di Sinto: gli zingari si Tel. +39 0471 195195 • Fax. +39 0471 201792 Valorizzazione • info@grupposantini.com Wertstoffsammlung www.grupposantini.com sono sempre accampati lunReseco Srl/GmbH, Via Giotto 4/A Giottostrasse, Bolzano 39100 Bozen, Italy e recupero rifiuti und Wertstofftrennung Numero verde 800-726-116 Grüne Nummer, T +39 0471 661200 • F +39 0471 674931 go i corsi d’acqua, mettendo www.resecorecycling.it • info@resecorecycling.it insieme i loro focolari con i Consulenza ambientale Umweltberatung ciottoli lisciati dalle acque; Gestione Ambiente Srl/GmbH a socio unico, Via Giotto 4/A Giottostrasse, Bolzano 39100 Bozen, Italy Corsi Sicurezza Kurse für Sicherheit Numero verde 800-726-116 Grüne Nummer, T +39 0471 195195 • F +39 0471 201792 hanno sempre lavorato i mewww.grupposantini.com • consulting@grupposantini.com e Ambiente und Umwelt talli (erano ramai e indoratori Eco Eduction Srl/GmbH a socio unico, Via Giotto 4/A Giottostrasse, Bolzano 39100 Bozen, Italy molto richiesti), lavoravano verde 800-726-116 Grüne Nummer, T 4/a +39 0471 195195 • F +39 0471 201792 GruppoNumero Santini Spa, Giottostr. 39100 Bozen www.grupposantini.com • info@ecoeducation.it i ferri raccolti (Olimpio, da Tel. +39 0471 195195 • Fax. +39 0471 201792 giovane, ha fatto per anni il www.grupposantini.com • info@grupposantini.com raccoglitore di ferrivecchi). In queste sculture di legni e ciottoli lisciati Olimpio scopre immagini di animali, lune, villaggi rupestri, figurazioni della ESEGUIAMO I SEGUENTI SERVIZI: natura. Opere di questo tipo Rottamazione Veicoli furono esposte nel 2005 in Emissione pratica PRA con cancellazione veicolo una mostra organizzata dal Ritiro del mezzo presso il cliente Comune di Borgo Valsugana, WIR BIETEN FOLGENDE DIENSTE AN: nelle sale del Municipio. Verschrottung des Fahrzeuges Negli ultimi anni Cari aveva Abmeldung beim Kraftfahrzeugamt sofferto di depressioni e crisi Abholung des Fahrzeuges direkt beim Kunden di panico, dovendo alla fine essere ricoverato alla casa di riposo. Un artista zingaro-trentino non era mai apparso Societa’ soggetta di all’attivita’ di edirezione e coordinamento di Gruppo SpaGiotto via Giotto – 39100 Bolzano.Das DasUnternehmen Unternehmen unterSocieta’nella soggetta all’attivita’ direzione coordinamento da partedadiparte Gruppo SantiniSantini Spa via 4/a 4/a – 39100 Bolzano. untersteht und der Leitung und Koordination derSantini GruppeAG Santini • CF &02754960215 P.IVA 02754960215 & MwSt.Nr. 500.000i.vi.v v.e.Gesellschaftskapital Gesellschaftskapital steht der Leitung Koordination der Gruppe • CFAG & P.IVA St.Nr.St.Nr. & MwSt.Nr. Cap.Cap. soc.soc. 500.000 - -v.e. Ufficio Registro imprese: CCIAA BZ,diNumero di iscrizione 02754960215 • Eintragung die Handelskammer Bozen, Eintragungsnummer 02754960215 02754960215 pur estremamente varia stoUfficio Registro imprese: CCIAA BZ, Numero iscrizione 02754960215 • Eintragung in dieinHandelskammer Bozen, Eintragungsnummer ria dell’arte trentina. Un vento CF & P.IVA 01535160210 St.Nr. & MwSt.Nr. Banca Cassa di Risparmio di Bolzano CF &Cap. P.IVA 01133050219 St.Nr. & MwSt.Nr. personalizzata: Banca Cassa Rurale di Bolzano Ag.3 Per un’offerta soc. 100.000 € Ges. Kap. Bank Sparkasse Bozen Cap.Ufficio soc. 500.000 i.v. - v.e.CCIAA Ges. Kap. Raiffeisenkasse 3 che veniva dalla Lombardia Registro €imprese: BZ, Nr. d. iscr. 01535160210 BankIBAN IT 39 T 06045Bozen 11616Ag. 000000021000 Uff. reg. impr. C.C.I.A.A. BZ 01133050219 Eintr. HK BZ IBAN: IT 86 Y 08081 11603 000303000702 aveva portato in Trentino queFür ein persönliches Angebot: sto Figlio del Vento. Ed ora un vento misterioso ce l’ha portato via.. ■
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di Fabio De Santi
È
un’Animaunica, per giocare sul nome del loro singolo primaverile, davvero rock quella dei Reversibile una delle più interessanti formazioni della scena trentina. I Reversibile sono in circolazione dal 2014 grazie all’incontro di tre musicisti di diversa formazione e background artistico che porta alla creazione di una realtà sonora e testuale difficilmente ascrivibile ad un genere definito. Il tutto caratterizzato da contenuti profondi che vogliono toccare l’anima che si fondono a sonorità tinte di chiaroscuri, in parte agrodolci. Oggi il cantautore e vocalist Corrado Fago Golfarelli, il chitarrista e arrangiatore Michele Cologna e il batterista elettro- acustico Nicola Nannini dopo l’uscita di due Ep e di due singoli lo scorso anno stanno dando gli ultimi ritocchi al loro nuovo cd “Dicotomie Meccaniche” che avrà una distribuzione prestigiosa come quella della Universal Music Italia. Da quali presupposti ha preso forma il progetto Reversibile? “I Reversibile nascono per una serie di coincidenze, allineamenti planetari che capitano raramente. Il progetto nasce dalla mia visione di cantautore, dalla mia necessità di raccontare il mondo che vedo e di come lo sento. Ovviamente nasce in veste “semplice” di chitarra e voce senza troppe elaborazioni a livello sanguigno. L’incontro con Michele Cologna nel 2013 e l’inizio della collaborazione nel 2014 risulta la svolta per quanto riguarda il contesto sonoro. Michele, infatti, cura gli arrangiamenti e le ambientazioni creando assieme a Nicola Nannini (batterie acustiche ed elettroniche) il palco su cui 68
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REVERSIBILE SONO IN CIRCOLAZIONE DAL 2014 GRAZIE ALL’INCONTRO DI TRE MUSICISTI DI DIVERSA FORMAZIONE E BACKGROUND ARTISTICO... si muovono le nostre storie”. Come vivete questo periodo di emergenza all’interno della band e viste le propospettive quanto pensate possa sopravvivere la musica in una dimensione solo virtuale come quella di oggi? Innanzitutto viviamo questo periodo di isolamento come spunto di forti riflessioni, ci aggiorniamo spesso tra noi, confrontandoci anche sugli scenari presenti e futuri. Ognuno di noi, personalmente, sta continuando il suo percorso musicale di studio e di scrittura al fine di ritrovarci con nuovo materiale quan-
do ci potremo rivedere. La dimensione virtuale odierna credo possa essere “un’ottima occasione” per ritornare a un concetto di “artisticità” di contenuti e forma. Un momento di “stasi” per un ritorno alle canzoni con un senso compiuto ed a una musica che non sia unicamente “elettronica”. Come definireste la vostra musica? “È una domanda che, ogni volta, mi fa trasalire un attimo. La nostra definizione “ufficiale” è rock cantautorale elettronico, ma credo che un inquadramento ci stia stretto. Quando devo definire la no-
stra musica uso la metafora di uno spettacolo teatrale in cui la canzone (il testo ed il concetto cantato) sono gli attori che recitano la scena mentre la musica è la scenografia e le luci. Ogni canzone è, a modo suo, uno spettacolo diverso con un’anima unica”. Il vostro presente si lega al vostro nuovo brano “Animaunica” “Animaunica è il terzo singolo che anticipa “Dicotomie Meccaniche” (EP che verrà distribuito da Universal Music Italia nel 2020) che uscirà prima di quest’estate. È anche il terzo e ultimo racconto della trilogia iniziata nel 2019 con Frankenstein. Le tre canzoni sono strettamente legate tra di loro. Animaunica racconta di uno “stadio finale” di dipendenza (sia questa affettiva, da sostanze o tecnologica) dal quale bisognerebbe cercare di scappare per riscoprirsi unici. Nella vita moderna, almeno fino a come l’abbiamo conosciuta fino ad ora, l’unicità dell’individuo è un’arma a doppio taglio. Devi farti vedere unico (ad esempio sui social) ma se sei completamente sincero diventi “scomodo”. Non siamo più abituati ad ac-
trentinopanorama cettare l’unicità degli altri e di conseguenza abbiamo ucciso la nostra unicità”. Ci sarà anche un videoclip ad accompagnare il pezzo? “Animaunica è l’unico brano della “trilogia” che non avrà un video, proprio per il significato del brano. Una scelta che comunque farà trovare il brano anche sulle nostre piattaforme video come YouTube, ma avrà la copertina curata da Alessia Platzer, che ha curato ogni art-work dei Reversibile, come immagine di sfondo”. Ad oggi avete inciso due Ep “REVisioni” e “Dicotomie Meccaniche”: cosa lega questi due lavori e cosa li rende diversi nel vostro percorso di band? “Come dicevo “Dicotomie Meccaniche” sta per uscire, ma certamente i due Ep hanno intenzioni e storie diverse. REVisioni è fortemente teatrale con brani molto “violenti” come “Sepolta Viva” e “L’Amore e L’Aura”, volutamente teatrali e noir. Il prossimo Ep ha invece una narrazione sempre forte e noir rivolta però verso l’analisi di noi stessi in relazione alla società moderna. Quali sono le vostre fonti d’ispirazione sonora? “Siamo tre elementi molto diversi tra loro, ognuno influenzato dal proprio background musicale. Ogni canzone viene lavorata in maniera unica e le fonti d’ispirazione sono molteplici: dalla cultura elettronica rock (Depeche Mode, Kraftwerk, Muse) al cantautorato italiano (De Andrè, Enrico Ruggeri, Brunori Sas). Andiamo a prendere tutto ciò che ci piace, che troviamo interessante o musicalmente “diverso” e lo facciamo nostro, digerendolo in modo “reversibile””. Tre o quattro aggettivi per definire i vostri live? “Credo che i nostri live possano essere definiti come incontri intimi di catarsi energicamente elettronica”. Cosa riserva il vostro fu-
turo dal punto di vista dei concerti? “Il nostro futuro, in questo momento così incerto, è l’uscita del singolo in questa primavera... Sulla partecipazione alla finale di Sanremo Rock, che si dovrebbe tenere dall’1 al 6 giugno sul palco dello storico Teatro Ariston non sappiamo cosa si farà. Intanto invitiamo i nostri fan a seguire il nostro canale Facebook, sul quale troverete nelle informazioni i link al nostro sito, ai video ed alle piattaforme per acquistare o ascoltare in streaming i nostri brani”. Quale importanza hanno i videoclip nella vostra dimensione di band? “L’impatto visivo è sicuramente importante ma con il nuovo singolo abbiamo deciso di rientrare nelle teste di chi ci ascolta senza suggerire una visione. Anche nei live cerchiamo di essere più puliti possibile sul palco senza ad esempio avere teli o altre scenografie, abbiamo anche deciso di rinunciare agli amplificatori (soprattutto per una questione di suono da noi ricercato) per cercare di essere più vicini e diretti con il pubblico”. Vi sentite parte di una scena trentina? “La scena trentina è una scena particolare, penalizzata purtroppo dall’assenza di eventi e festival che permettano alle band locali di crearsi una vera fan-base. Nello stesso momento la scena nazionale è fortemente controversa, lasciano i “piccoli” in balia di loro stessi”. Il sogno nel cassetto dei Reversibile? “Calcare i palchi dei festival nazionali e portare uno spettacolo nostro sui palchi dei locali e dei teatri d’Italia. Riportare la musica ad un concetto intimo, che parla al cuore e racconta parole che a volte non siamo in grado di dire a voce alta e che, invece, le canzoni ci mettono davanti agli occhi”. ■
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di Fabio De Santi
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a già raggiunto i duemila clic su Youtube il videoclip del nuovo singolo di Joba “Non mi dire di no”. Una canzone che Giovanni Balduzzi, in arte Joba, ha lanciato in marzo con lo scoppio dell’emergenza legata al coronavirus. “Non mi dire di no” è un brano che è nato con l’intento di sensibilizzare le persone e convincerle a “restare a casa” ma che ha assunto anche un importante valore legato alla solidarietà: il ricavato, da ogni singolo acquisto del brano, disponibile negli store digitali, sarà infatti devoluto al Dipartimento di Protezione Civile Nazionale per l’emergenza Covid 19. Sulla genesi di “Non mi dire no”, registrato ovviamente in una dimen-
“NON MI DIRE DI NO”... ...È IL TITOLO DELLA CANZONE CHE GIOVANNI BALDUZZI, IN ARTE JOBA, HA LANCIATO CON LO SCOPPIO DELL’EMERGENZA LEGATA AL CORONAVIRUS sione di home studio molto casereccia, Joba racconta: ”Ho scritto questa canzone in una delle prime notti di quarantena. Ero agitato e
pensieroso, non riuscivo a prendere sonno perchè sentivo la necessità di riportare in versi il particolare momento che tutti stiamo vivendo
in questo frangente. È una situazione surreale e purtroppo c’è ancora gente che non si rende conto della gravità dei fatti che giorno dopo
“CAPIRE IL FUTURO”: CICLO DI PUNTATE PER CAPIRE IL POST VIRUS
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n questo momento di emergenza Covid-19, si chiede un grande senso di responsabilità a tutti, la Fondazione Caritro è attiva per sostenere il Trentino in questo periodo difficile ma anche per pianificare la ripresa del territorio. “È importante non abbattersi e pensare positivamente alla ripartenza. Nell’attesa di incontrarci nuovamente - commenta Mauro Bondi, Presidente di Fondazione Caritro - abbiamo deciso di rilanciare quattro grandi eventi in collaborazione con Fondazione Museo storico del Trentino, nello specifico con il canale History Lab. Sono eventi realizzati negli anni scorsi e quindi nel pieno rispetto delle normative vigenti. Un ciclo di puntate che prevedono interventi e interviste Elly Schlein. A destra, Carlo Cottarelli
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con personaggi e giornalisti di calibro nazionale per parlare del nostro Paese. Un modo per riflettere sulle scelte del recente passato per analizzare il presente e lanciare un futuro di ripartenza”. Ecco quindi un ricco palinsesto per 4 puntate da circa 1 ora e 45 minuti l’una che vede ospiti quali Roberto Nicastro, Giulio Sapelli e Massimo Tononi con Maria Concetta Mattei per una puntata dal titolo “Italia si può veramente parlare di ripresa?” e Elly Schlein, Kristina Touzenis e Oliviero Toscani in dialogo con Gad Lerner in “Diritti umani o diritti+umani?”. E ancora Carlo Cottarelli e Alan Friedman con Mauro Meazza in “La resa dei conti tra tasse, spread e welfare” e James P. Allison e Francesca Demichelis con Rossella Panarese in “La ricerca per la vita”. Sono quattro le emittenti che mettono in onda questa programmazione con orari e giorni diversi per permettere una giusta diffusione sul territorio e accessibilità a tutti gli interessati: Trentino Tv (l’ultima puntata sarà il 5 maggio alle ore 23:00), Telepace (6 maggio alle 20.20), History Lab (7, 14 e 21 maggio alle 21:00 e replica ogni venerdì alle 15:00, sul canale 602 del digitale terrestre, oppure in streaming su hl.museostorico. it) e Rttr (il 2 e 9 maggio alle 23).
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giorno accadono in tutta Italia e non solo”. Il cantautore di Trento ha puntato sulla forma live di una canzone pop per invitare tutti a rimanere il più possibile nel proprio domicilio: “Solo così possiamo vincere una tra le battaglie più complesse vissute dalla nostra umanità. Dobbiamo ritrovare quel senso di responsabilità e amore per il prossimo che la quotidianità ci ha tolto, troppo presi dal nostro egoismo e dalla nostra avidità. Dobbiamo ritrovare il piacere dell’antico focolare domestico, ricostruire quel valore di famiglia che abbiamo completamente dimenticato”. Per questo secondo Joba: “Nel bel mezzo della negatività che ci sta affliggendo possiamo trovare un pò di positività nello stare a casa, ovvero la possibilità di ridare importanza a uno sguardo, a una parola, a uno scambio di abbracci con i propri cari augurandoci, ovviamente, di tornare presto alla normalità”. Riguardo alla scelta di legare “Non mi dire di no” ad uno scopo benefico il musicista del capoluogo tiene a sottolineare: “Per alcuni donare 1 € o poco più può sembrare una cosa in-
significante. In realtà, se restiamo tutti uniti, ma davvero uniti, anche nelle distanze, dal nord fino al sud del nostro Paese, aggiungendo una piccola goccia d’acqua dopo l’altra possiamo arrivare a formare un mare carico d’amore e umanità. Solo così possiamo aiutare la nostra bellissima Italia a rinascere in un mondo migliore”. Una bella iniziativa quella di Joba, classe 1985, che ha iniziato a farsi strada dal 2009 in diversi concorsi canori locali e nazionali. Nel 2010 si diploma al Cet di Mogol nella categoria interpreti e viene scelto, come concorrente della trasmissione televisiva “I Raccomandati” esibendosi con i Matia Bazar. Fra le soddisfazioni anche la vittoria, nel 2012, al concorso “Bronzolo In Canto” mentre sono due i cd registrati fino ad oggi: “Sono qui per te” nel 2016 e “3G” pubblicato nel 2018 e nato con la collaborazione di Roberto Lunelli, Andrea Cristofori, Max Bendinelli ed Enzo Silvestri. Tutte le info per l’acquisto del brano le trovate sulla pagina fan di Facebook del cantautore di Trento. ■
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Isabella Turso
di Fabio De Santi
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n’iniziativa che raccoglie e coordina le esibizioni di svariati artisti (molti i musicisti trentini coinvolti) che si alternano a staffetta trasmettendo la propria performance, di mezz’ora ciascuno, in diretta da casa sul proprio profilo Instagram. È quella raccolta sotto la sigla del @Iorestoacasa_festival lanciata alla fine di marzo, in piena emergenza coronavirus, dalla pianista e compositrice di Trento Isabella Turso. Di questa rassegna musicale virtuale fatta di appuntamenti settimanali, che proseguirà anche per tutto il mese di maggio ogni mercoledì sera, abbiamo parlato con l’artista impegnata proprio in queste settimane con il lancio del suo nuovo singolo preludio all’uscita dell’album. Isabella Turso, come è nato e con quale obiettivo l’@ Iorestoacasa_festival?
@IORESTOACASA FESTIVAL PROSEGUE L’INIZIATIVA LANCIATA ALLA FINE DI MARZO, IN PIENA EMERGENZA CORONAVIRUS, DALLA PIANISTA E COMPOSITRICE DI TRENTO ISABELLA TURSO “È nato dall’esigenza di condividere con altri artisti un’esperienza musicale speciale in questo momento imprevedibile di pausa, sospensione e riflessione per tutti noi. Gli obiettivi sono diversi, primo tra tutti creare rete tra musicisti: il passaggio di testimone da un artista all’altro ha creato e rafforzato quell’intreccio di
mani e creatività che ci tiene ancora tutti uniti. Inoltre al contributo artistico si abbina un proposito solidale di raccolta fondi a sostegno degli enti impegnati nella lotta per contrastare il Covid-19”. Quale la difficoltà maggiore nel coordinare questo genere di live in streaming? “Diciamo che avendo mol-
to più tempo a disposizione cerco di organizzare bene le puntate di settimana in settimana, quindi a livello logistico non ci sono particolari difficoltà. Le dirette partono dagli account degli artisti, ognuno a casa propria, dotati di connessioni più o meno veloci. Il rischio di interferenze aliene c’è sempre, ma finora è an-
E RAI REGIONE CI FA COMPAGNIA CON “TAPIS ROULANT”
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a programmazione televisiva della Rai Regionale comincia il 10 maggio con “Tapis Roulant”, consueto rotocalco (in onda alle 9.45 circa su RAI3 ed in replica sul canale 103 del Digitale Terrestre alle ore 22.30). Si comincia con “Quartieri di Trento”. Il quartiere di San Martino, dalla spiccata connotazione popolare, è uno delle anime della città. La sua storia si dipana tra la Torre Verde, che svetta là dove una volta scorreva l’Adige, le cave e la loro trasformazione, un rifugio antiaereo, e i racconti della seconda guerra mondiale. Un quar tiere dove giovani e meno giovani formano un intreccio di ricordi e di spinte verso il futuro. “Marica Favé: una donna tra i monti”. Cresciuta come atleta di Marica Favè sci ad alto livello e
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figlia di una guida alpina, Marica Favè, fassana di Campitello, è divenuta a sua volta guida alpina, unica donna in Trentino. L’abbiamo incontrata per capire come vive questa professione, conciliandola con gli impegni familiari. “Zu Zoll … Ciucioi”. Un giardino, una perla che dopo un lungo restauro è riemerso in tutta la sua meraviglia architettonica esoterica. L’ideatore, il visionario che lo progettò nel 1860 fu Tommaso Andrea Bortolotti, regalando una fantastica scena di mura merlate, di balconi pensili, di serre e di terrazze che nonostante le ingiurie del tempo decorano l’ultima falda meridionale del colle detto il Paion, che sovrasta Lavis. Nel giardino si trovano magnifiche piante rare ed esotiche: palme, magnolie, aranci, limoni, nespoli ed erbe aromatiche … più di un giardino i Ciucioi è anche un luogo di meditazione… “Il cerchio della vita”, viaggio nel circo contemporaneo, fatto di acrobati e di spettacoli mozzafiato. Il circo è per l’uomo qualcosa di più di un semplice intrattenimento. È lo stupore di una magia che si ripete ad ogni spettacolo. Nella puntata di domenica 24 maggio: ”Alla scoperta del Trentino. luoghi e simboli del territorio”. “L’evoluzione delle città e dei trasporti” è il titolo di questa nuova puntata della serie. Dallo spazio archeologico sotterraneo del Sas, al
trentinopanorama data bene. Inoltre c’è l’entusiasmo che aiuta, ho sempre avuto la fissazione di accorciare le distanze tra stili e generi differenti, e devo dire che in questo preciso momento la missione è ancora più carica di motivazione. Cerco poi di comporre la staffetta, cinque artisti a puntata, per mezz’ora di diretta ciascuno, provando a delineare un percorso diversificato ma al tempo stesso con punti in comune”. Quali feedback ha avuto dagli artisti coinvolti? “Per alcuni artisti la diretta Instagram era una “prima assoluta”, non l’avevano mai sperimentata. Quindi anche per loro è stata un’esperienza performativa nuova e divertente, un canale che non avevano ancora sfruttato pienamente per le opportunità che offre. Hanno tutti dimostrato una gran voglia di condividere emozioni, le sensibilità si sono amplificate in questa fase così delicata. Sono entrati pienamente nello spirito del Festival e nell’intento musicale e solidale dell’iniziativa”. Nei primi appuntamenti fra
Anansi
marzo e aprile quali sono stati i musicisti italiani che l’hanno colpita maggiormente? “Tutti a loro modo mi hanno colpito ed incuriosito, alcuni li conoscevo già molto bene, essendo anche cari amici, come Daniele Groff. È stato emozionante vederlo in un live streaming come questo, alle prese con la sua prima diretta instagram, circondato virtualmente da un pubblico caloroso che gli è molto affezionato. Ho capito che anche se a distanza, la musica ha un potere immenso ed illimitato”. Già lungo l’elenco dei musicisti trentini. “Sì, mi sono resa conto che la nostra regione è davvero ricca di talenti! Oltre a Groff finora hanno partecipato Caterina Cropelli, che ha appena lanciato il suo album di debutto, Drimer, Aura Zanghellini, Candirù, Anansi, Barbara Bertoldi, SinCensura, Ares Adami e anch’io ho proposto un mio set accompagnata dal pianoforte”. Il momento per lei più bello
quartiere delle Albere di Trento, dai solchi lasciati dai carri romani, agli aerei esposti al Museo Caproni, un viaggio per capire la trasformazione dell’uomo e del territorio nel tempo. “La Fondazione Museo Storico del Trentino”. Documentare e studiare anche le forme più semplici della microstoria e della storia particolare del Trentino, è il compito della Fondazione Museo Storico, erede del museo del Risorgimento. Didattica, archivi video, documenti, oggetti, lettere, costituiscono un universo di grande fascino per chi vuole cercare di capire il nostro passato. ”I quartieri di Trento. Il centro storico”. La serie dedicata ai quartieri trentini prosegue con un focus sul centro storico. Da sempre punto di convergenza ideale di una città con i suoi monumenti, le iniziative culturali e le sue leggende, il centro storico di Trento rappresenta ancora oggi una moderna agorà. Grazie agli scorci suggestivi, alle chiese che si arrampicano verso il cielo, ma anche alla vitalità delle persone che lo popolano, coniuga perfettamente passato e presente. Daniele Groff
quale è stato? “L’emozione che abbiamo provato tutti durante la diretta, mentre trasformiamo la nostra stanza in un palcoscenico, il telefonino in una cassa di risonanza”. E il più divertente? “Ce ne sono stati diversi, primo fra tutti quando Daniele Groff ha trasmesso con il telefono posizionato al contrario quindi il pubblico felice ed emozionato, ma col torcicollo! L’ultimo che ricordo è stato durante il live dei SinCensura – la crew tutta trentina di rapper molto seguiti da un pubblico di giovanissimi – che hanno improvvisato una gag ed è venuta talmente bene che i giorni successivi sono partiti i meme tra tutti i fan ed è diventato un video…virale”. L’@Iorestoacasa_festival ha anche uno scopo benefico. “Sì, l’obiettivo è anche quello di orientare l’attenzione verso chi in questo momento sta combattendo la battaglia più
dura per contrastare l’emergenza Covid: medici e infermieri in prima linea. Quindi ogni artista sceglie quale campagna di raccolta fondi sostenere, lo condivide e lo segnala al pubblico che lo segue”. Possiamo spoilerare qualche nome di musicisti che lei ha già contattato per questo mese di maggio? “Sto ricevendo moltissime proposte di artisti emergenti, quindi stiamo organizzando una puntata a loro dedicata. Ci saranno sicuramente molti musicisti trentini, l’idea è anche quella di creare delle dirette doppie con giovani emergenti che duettano con i big”. Per gli artisti la dimensione virtuale ora è un’ancora di salvezza: quanto si potrà reggere questa situazione? “In questo momento dobbiamo rivedere da altre prospettive il nostro futuro artistico, perché anche quando tutto questo finirà non ritroveremo il mondo di prima. Questa per noi rappresenta un’occasione per reinventarsi e immaginare delle soluzioni innovative finora superficialmente esplorate, che potrebbero in futuro avere anche una grande utilità. Ovviamente c’è una voglia matta di tornare sul palco a condividere emozioni, con quel calore speciale che solo il contatto umano può creare”. ■
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LA CULTURA NON SI FERMA E... TRASLOCA SUL WEB
E DAL 18 MAGGIO FORSE SI TORNA AD APRIRE...
C’
è scritto nero su bianco sull’ultimo Decreto del Governo, quello di fine aprile: dal 18 maggio Musei e Biblioteche potranno riaprire i battenti. Certo, niente sarà come prima. Saranno richieste tutte le precauzioni e protezioni del caso, ma apriranno. Non è comunque una gran bella notizia? Intanto, anche su questo numero di TrentinoMese, la parte dedicata agli appuntamenti si è un po’ “ristretta”. Ma siamo sicuri di avere tutta la comprensione dei nostri lettori. Grazie!
P
orte, portoni e serrande chiuse ci impediscono di scendere fisicamente sul pianeta Arte. Le soglie sono invalicabili, i preziosi scrigni si sono chiusi
sui loro gioielli, allontanandoci momentaneamente dal piacere di scrutare opere e lavori, piccoli microcosmi che racchiudono infiniti macrocosmi. I grandi musei si sono organizzati aprendo on-line le proprie porte e facendoci accompagnare lungo i corridoi e le ampie sale da invisibili angeli celesti (o sono diavoli malefici travestiti da caste e pure guide in questo universo virtuale?) che ci guidano al cospetto di mirabili opere. Per rimanere in provincia, il Museo Diocesano Tridentino è risultato uno dei musei più visitati: offre saggi e cataloghi in formato Pdf, anche quelli che in cartaceo erano esauriti, e ha incrementato in queste settimane i canali social – youtube e facebook e il sito internet istituzionale – sui quali consigliamo caldamente l’ascolto e la visione delle nove puntate dedicate a L’Invenzione del colpevole in pillole, evento collaterale della mostra in “corso” in questi mesi. Sulla stessa strada l’onnicomprensivo MART con le sue filiazioni vampiresche. Anche il MAG, il Museo Alto Garda,
aderisce alla campagna #laculturanonsiferma, pubblicando sui canali social facebook e instagram curiosità,
approfondimenti e giochi sulle mostre temporanee in corso, sulle collezioni e sul territorio altogardesano. Stimolante il Gioca col MAG!, indovinelli, rompicapo e cruciverba per scoprire insieme ai più piccoli il museo anche da casa. Ma, seguendo la logica del “piccolo è bello”, anche altre istituzioni, pubbliche e private, meno “potenti” (finanziariamente non intellettualmente), hanno messo in campo diverse iniziative. Il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese, ben deciso a proseguire la sua funzione di polo culturale, presenta Solo
… Online: un progetto
elaborato e realizzato da Sergio Camin, artista, pensato per favorire la diffusione di un nuovo emergente modello della fruizione artistica adottato ormai da tantissimi musei in virtù, appunto, dell’emergenza. In quest’occasione si presenta un video-catalogo e si sfoglia come se fosse la visita ad un museo, con i giusti tempi, adatti alla contemplazione delle opere. Ma la vera novità è che gli artisti qui presentati, nei Sergio Camin, 2017, acquarello su carta. Antonella Cattani contemporary art 74
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loro vari livelli e linguaggi, grazie alle potenzialità virtuali
trentinoeventionline del diverso mezzo di diffusione, hanno potuto realizzare un sogno ricorrente per la categoria: quello di trasporre la loro opera in qualsiasi luogo desiderato, dai più ignoti e inaccessibili ai più istituzionali e frequentati, offrendo ai visitatori un viaggio affascinante che potrebbe essere difficilmente realizzabile altrimenti, anche nell’auspicato momento del ritorno alla nostra antica libertà. Come ci ricorda il direttore Elio Vanzo, quello che avviene oggi rappresenta la possibilità che proprio l’isolamento contenga un germe di crescita personale e collettiva con l’opportunità di coltivare, grazie al nuovo tempo che abbiamo a disposizione, ciò che abbiamo spesso lasciato indietro nella caratteristica fretta generalizzata dei momenti cosiddetti “normali”. E forse proprio gli artisti di ogni genere, i musicisti, gli scrittori, i videomaker sono quelli che traggono maggior giovamento dall’occasione, se ci è permesso questo termine. Chiusi nei loro studi, aiutati dal silenzio e lontani dalle pressanti incombenze di genere pragmatico-quotidiano o promozionale-espositivo, essi trovano un nuovo contatto con se stessi e nuove tematiche per sciogliere i nodi di
un’umanità sofferente non solo adesso, nel momento dell’evidenza più generalizzata, ma già da tempo. Sulla stessa linea d’onda anche l’UCAI (Unione Cattolica Artisti Italiani) che, via email, ha inviato il catalogo virtuale
della mostra sul Silenzio che doveva essere inaugurata proprio nel mese di aprile e che, ovviamente, è stata rinviata in autunno. Il catalogo, con un’introduzione di don Marcello Farina (Il profumo del silenzio) e testi di Giuseppe Calliari (Rilke musico della parola. Il silenzio nella poetica della distanza) e Cecilia Salizzoni (Rinascere dal profondo. Il cinema come esperienza poetica visuale), presenta le opere di 33 artisti. In questa situazione fa capolino per la sua sfortuna ArteSella: prima batostata dalla tempesta Vaia, adesso costretta a chiudere il percorso fino a nuove indicazioni. Ma trent’anni di processo creativo non si fermano sicuramente né di fronte a tempeste né a pandemie: visitiamo il sito internet, camminiamo virtualmente nel bosco alla ricerca delle opere, rifocilliamo la memoria, mantenendo viva una delle situazioni artistiche più attive, dinamiche, intelligenti che il territorio trentino abbia saputo offrire.
HTTP://ARTECAVALESE. IT/PROJECT/ SOLOONLINE/ Mostre SOLO...ON LINE Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Il Museo d’Arte Contemporanea di Cavalese, chiuso alle visite per tempo (ancora) indefinito, ma ben deciso a proseguire nella sua funzione di polo culturale, vuole contribuire presentando SOLO...ONLINE: un progetto elaborato e realizzato da Sergio Camin e pensato per favorire la diffusione di un nuovo emergente modello della fruizione artistica adottato ormai da tantissimi musei in virtù, appunto, dell’emergenza. Si presenta come un video-catalogo e “si visita” come quando sei in un museo, con i giusti tempi, adatti alla contemplazione delle opere.
HTTP://FONDAZIONE. MUSEOSTORICO.IT Mostre LA CULTURA NON SI FERMA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Fondazione Museo Storico del Trentino - Trento. L’istituto di ricerca, formazione e divulgazione della storia e della memoria della città di Trento, del Trentino e del Tirolo storico ha pensato agli studenti e hai docenti, aprendo il gruppo WhatsApp STORIA.EDU per ricevere sullo smartphone smartphone aggiornamenti su quali nuovi materiali sono stati prodotti, quali approfondimenti sono disponibili e dove trovarli. Sulla pagina Facebook del museo trovi tutte le informazioni per iscriverti. Inoltre, sul loro canale Youtube puoi seguire le lezioni che spaziano dalla storia alla geografia, dall’educazione alla cittadinanza all’uso critico del web.
WWW.ARTESELLA.IT Mostre ARTESELLA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Arte Sella ha deciso di seguire per senso di responsabilità nei confronti della collettività quanto previsto dal DPCM dell’8/03/2020 e, per questo motivo, rimarrà chiusa al pubblico. Possiamo visitare però il sito internet, camminare virtualmente nel bosco alla ricerca delle opere, rifocillare la memoria, mantenendo viva una delle situazioni artistiche più attive, dinamiche, intelligenti che il territorio trentino abbia saputo offrire.
WWW.FONDOAMBIENTE.IT/ Mostre IL CASTELLO DI SABBIONARA D’AVIO PER #IORESTOACASA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Nella maratona YouTube del MiBACT con il tour virtuale nei nostri #BeniFAI c’è anche il nostro Castello di Avio! Entra e visitalo... e poi “fai un giro” tra i beni Fai d’Italia!.
WWW.BUONCONSIGLIO.IT Mostre BUONCONSIGLIO A DOMICILIO Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Il grande castello di Trento, in questi giorni di emergenza Coronavirus si racconta e ci porta nelle sue sale, attraverso piccole curiosità e tante foto. Lo fa sui canali social attraverso l’hashtag #museichiusimuseiaperti.
WWW.CASTELPERGINE.IT Mostre IL CASTELLO DI PERGINE ILLUMINATO CON IL TRICOLORE Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. In questo periodo difficile per famiglie e imprese anche il Castello di Pergine è stato illuminato con il tricolore, come i più importanti edifici nazionali, per manifestare sostegno alla comunità e solidarietà verso coloro che vivono situazioni critiche negli affetti privati, o a causa delle incertezze economiche come pure per un intenso impegno lavorativo o volontario a favore del prossimo in ambito sanitario e di protezione civile. Dall’alto del suo colle, che domina la cittadina di Pergine e la Valsugana fino al lago di Caldonazzo, il Castello medievale illuminato vuole rappresentare quindi un segno di speranza e di vicinanza alla comunità e trasmettere un messaggio di incoraggiamento e unità. L’iniziativa di illuminazione del Castello di Pergine è stata realizzata grazie alla collaborazione della Fondazione CastelPergine Onlus con STET società pubblica di energia elettrica e il Comune di Pergine Valsugana.
WWW.CULTURA.TRENTINO.IT /TEMI/ARCHEOLOGIA Mostre #ILMUSEOACASATUA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. In questo periodo lo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas, il Museo delle Palafitte di Fiavé e il Museo Retico - Centro per l’archeologia e la storia antica della Val di Non sono chiusi a seguito delle misure per il contenimento dell’emergenza epidemiologica. In attesa di riaprire le porte al pubblico vi invitiamo a compiere un viaggio
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La più grande associazione del settore dell’intermediazione in Italia • dal 1954 al fianco dei cittadini • aderente a Confcommercio, in Trentino conta 238 mediatori tra immobiliari, merceologici e creditizi • è garanzia di serietà e professionalità In questo momento di crisi pandemica, pur non potendo incontrarvi fisicamente, non ci siamo fermati: • ci siamo formati per offrirvi un servizio sempre migliore; • abbiamo riorganizzato il nostro lavoro per poter gestire informazioni, contatti e visite da remoto; • abbiamo riprogrammato i nostri standard operativi per potervi di nuovo incontrare, con adeguate e più specifiche modalità alla riapertura delle attività.
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trentinoeventionline virtuale a ritroso nel tempo per conoscere la storia antica del Trentino, scoprendo assieme a noi, passo dopo passo, i percorso espositivi. Un appuntamento giornaliero per tenere vivi i vostri musei, stimolare l’interesse di chi è a casa, dare spunti di conoscenza e tenere un contatto virtuale, distanti ma vicini. #laculturanonsiferma #iorestoacasa #archeologiatrentino #chiusinonfermi. Seguiteci sui nostri canali social: Facebook: Soprintendenza per i beni culturali Trento, Twitter: @Beniarcheo, Instagram: @soprintendenza_beni_culturali.
WWW.FBK.EU/ IT/INITI ATIVE/ MENOVIRUSPIU CONOSCENZA Mostre #MENOVIRUSPIÙCONOSCENZA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. FBK ha chiuso i suoi uffici ma le attività proseguono grazie allo smart working. In questa pagina abbiamo deciso di raccogliere una selezione dei materiali divulgativi che abbiamo a disposizione: dalle conferenze con Piero Angela alle pillole di scienza con i nostri ricercatori, dalle lezioni sul futuro, ai racconti per i più piccoli. Esplora i contributi messi a disposizione per tutti dalla Fondazione Bruno Kessler! .
WWW.FIDA-TRENTO.COM Mostre VIRA IN ARTE Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Iniziativa sostenuta sia dagli artisti Fida Trento, che altri. Si pubblicano le opere dei suddetti, con pensiero accompagnatorio, in modo da diffondere bellezza e positività. Iniziativa: #IORESTOACASA....e visito le gallerie d’arte!.
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WWW.FONDAZIONEMCR.IT /APERTIPERCULTURA Mostre #APERTIPERCULTURA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. La Fondazione Museo Civico di Rovereto aderisce alla campagna La cultura non si ferma promossa dal MIBACT. Partecipate anche voi con gli hashtag #iorestoacasa ... .
WWW.MART.TRENTO.IT Mostre #MUSEICHIUSIMUSEIAPERTI Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Tantissime le iniziative messe in atto dal Mart, il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto, contrassegnate dall’hashtag #museichiusimuseiaperti. Da domenica 15 marzo, ad esempio, i laboratori per le famiglie diventano “Little Mart a casa tua”, così i più piccoli possono esercitare la loro creatività da casa, seguiti dai maestri del Mart. Inoltre, il Mart già da tempo ha messo in campo una bella iniziativa pensata per chi ha in casa Alexa, l’assistente vocale di Amazon. Ti basta chiedere: “Alexa, apri Mart Rovereto”,per ascoltare ogni giorno una storia diversa sulle opere o sulla storia del Mart. Pillole di arte da assumere una volta al giorno. .
WWW.MUSE.IT Mostre IL MUSE ONLINE Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Tantissime le iniziative messe in atto dal Museo di Scienze Naturali di Trento per fare compagnia ai visitatori anche in questi giorni di chiusura forzata. Interessantissima la proposta del canale Youtube del museo, dove trovi una serie di video con l’hashtag #iorestoacasasa, che ti accamgano in una visita virtuale tra le sale del museo, approfondendo in modo chiaro e coinvolgente le diverse tematiche. Il MUSE inol-
dal lunedì al venerdì dalle 10.00 alle 12.00 con Laura e Gabriele
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tre, per #iorestoacasa mette a disposizione di tutti i tanti materiali prodotti dal MUSE; contemporaneamente offre opportunità educative al mondo della scuola per svolgere delle attività a distanza in questo periodo di chiusura forzata. Il progetto presenta innanzitutto un consistente numero di videoclip che rispecchiano l’organizzazione del percorso espositivo del museo..
WWW.MUSEOALTO GARDA.IT Mostre GIOCA COL MAG! Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Il MAG - Museo dell’Alto Garda sulla sulla sua pagina Facebook e sul suo profilo Instagram racconta curiosità e informazioni sulle sue diverse sedi MAG (Museo di Riva, Galleria Segantini ad Arco, Torre Apponale a Riva e Forte Garda sul monte Brione) e sulle sue collezioni. Inoltre indovinelli, rompicapo e cruciverba per scoprire insieme ai più piccoli il museo anche da casa. Fino al 26 maggio 2020.
WWW.MUSEODELLA GUERRA.IT Mostre LA CULTURA NON SI FERMA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Il grande Museo Storico Italiano della Guerra - che si trova nel Castello di Rovereto aderisce alla campagna del Ministero per i Beni e le Attività culturali “La cultura non si ferma”, mettendo a disposizione del pubblico tantissimi materiali online. Nonostante il museo sia chiuso, sono consultabiuli gli Annali o gli Archivi del museo, come ad esempio il ricco archivio fotografico con migliaia di foto. Così come è possibile accedere agli strumenti didattici online, o passare il tempo guardando i video di approfondimento che puoi trovare sul canale Youtube del museo. Nel link qui sotto trovi tutte le inziative.
WWW.MUSEODIOCE SANOTRIDENTINO.IT Mostre #COSEDAFAREACASA Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Il Museo Diocesano di Trento, sulla sua pagina Facebook ha messo in atto varie iniziative con l’hashtag #cosedafareacasa per continuare a dialogare con il suo pubblico attraverso interessanti raccolte di foto storiche della città di Trento o piccoli giochi che aiutano i più piccoli a vedere le opere d’arte con occhi più attenti. Inoltre, sul loro sito hanno messo a disposizione tanti pdf da scaricare gratuitamente, per poter accedere da casa ai testi della loro ricca biblioteca. .
WWW.MUSEOSANMI CHELE.IT Mostre #LAQUARANTENADELLECOSE Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. Museo degli Usi e dei Costumi della Gente Trentina - San Michele A/A. Il ricco museo etnografico di San Michele all’Adige in queste settimane propone un’interessante iniziativa social che coinvolge tutti i follower: si chiama #laquarantenadellecose, un gioco che ci invita a riscoprire i piccoli tesori che possiamo scovare nelle nostre case..
WWW.STUDIOANDRO MEDA.NET/COVID-19 Mostre LE MATITE NON SI FERMANO Apertura: da venerdì 1 maggio a lunedì 1 giugno. RACCOLTA DI DISEGNI. La situazione attuale è difficile e ha bloccato tutto, ma non le matite dei nostri amici disegnatori che, con la consueta sensibilità e attenzione, hanno fatto le loro riflessioni su quanto sta accadendo nel mondo. iniziative anche per i più piccoli. Seguite le briciole... instagram, facebook, youtube.
info@radiodolomiti.com www.radiodolomiti.com 348 5140444 Radio Dolomiti-Trento Radio Dolomiti 25/04/2020 09:55:36
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trentinomatrimoni SOLO PER I NOSTRI LETTORI, LE NOZZE DI FABRIZIO CON LORENZO E DI SERENA CON LUCA
I MATRIMONI DEL MESE Lui Nome: Fabrizio Età: 35 Nata a: Rovereto Residente a: Pomarolo Vestito: Markò Sposi - Affi Scarpe: Match Shoes - Arco Parrucchiere: Innovation Studio - Rovereto Testimone: Erika Occupazione: Fisioterapista
Lui Nome: Lorenzo Età: 43 Nato a: Verbania Residente a: Pomarolo Vestito: Markò Sposi - Affi Scarpe: Principe di Milano Parrucchiere: Innovation Studio - Rovereto Testimone: Donatella Occupazione: Impiegato
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trentinomatrimoni Matrimonio: Data: Celebrante: Luogo: Banchetto: Invitati: Catering: Pasticceria: Fiori e bottoniere: Bomboniere: Torta: Anelli: Lista di nozze: Viaggio di nozze: Durata: Vivranno a:
Civile 26 ottobre 2019 Cinzia Fonso Ivano Fracena (Tn) Castel Ivano 120 Prime Rose - Levico Terme Prime Rose - Levico Terme Cinzia Fonso Flowers www.longhiarte.it Hotel Cristo d’Oro - Samone Omodeo - Rovereto Agenzia viaggi Etli - Ala S. Francisco, Los Angeles New York 15 giorni Pomarolo
Organizzazione matrimonio: Cinzia Fonso wedding planner www.cinziafonso.it Servizio fotografico: Christian Lavarian
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trentinomatrimoni Matrimonio: Data: Luogo celebrazione: Banchetto: Invitati: Torta: Anelli: Allestimenti Floreali: Bomboniere: Lista di nozze: Video: Animazione: Viaggio di nozze: Durata: Andranno a vivere:
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Religioso 28 settembre 2019 Roncogno, Pergine Villa Bortolazzi - Trento 120 Pasticceria Bologna - Mori Orodue - Trento Floricoltura Nadalini - Trento Orodue - Trento Duccia Viaggi del Sogno - Trento Michele Pavana - Trento Duo Euphonia - Pergine Vietnam, Cambogia, Thailandia 22 giorni Pergine Valsugana
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Nome: Luca Anni: 35 Nato a: Trento Residente a: Trento Vestito: Carlo Pignatelli Testimoni: Michele e Francesco Occupazione: Commercialista
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IL TRICOLORE SU CASTEL PERGINE “AVANTI CON FIDUCIA”. NEL BUIO C’È SEMPRE UN RAGGIO DI SOLE GIUSEPPINA ALLE PRESE CON LA QUARANTENA DEL CORONAVIRUS
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n questo periodo di forzata quarantena per tout le monde, Giuseppina ha inviato sms a molti amici vicini e lontani, anteponendo il motto di suo fratello sacerdote: “Avanti sempre con fiducia”; perchè nel buio c’è sempre un raggio di sole. Lei rispettosa dell’ordinanza nazionale di stare in casa, ma sempre vulcanica e piena di risorse, si è subito organizzata movimentando le sue giornate casalinghe. Proprio nel periodo di clausura sono scoccati i 49 anni di nozze quindi lei e il suo amore hanno festeggiato vestiti entrambi eleganti ballando qualche valzer e poi elevando i calici davanti ad una deliziosa torta. Ha goduto molto il suo lungo balcone, giocando spesso a carte, catturando il sole, osservando il monte Bondone, cogliendo perfino una leggera abbronzatura. Quindi, si è lasciata trascinare dal marito in gustosi piatti culinari, ha ordinato qualche pasto utilizzando il famoso “panaro”, calandolo dal balcone per ricevere la merce richiesta, ha approfittato della tecnologia moderna usando whatsApp per vedersi con i figli dislocati in altri appartamenti distanti qualche chilometro, gustando a distanza una torta gelato nello stesso momento. Non poteva mancare il movimento: footing e stretching, circa 3 km al giorno in due volte. Insomma Giuseppina, come sempre ha azionato la sua fucina di idee, obbedendo alle disposizioni, in attesa che tutto finisca presto.
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IN ATTESA DI “VIANDANTI”, DEL BADIOTA LOIS ANVIDALFAREI
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n questo periodo difficile per famiglie e imprese anche il Castello di Pergine è stato illuminato con il tricolore, come i più importanti edifici nazionali, per manifestare sostegno alla comunità e solidarietà verso coloro che vivono situazioni critiche negli affetti privati, o a causa delle incertezze economiche come pure per un intenso impegno lavorativo o volontario a favore del prossimo in ambito sanitario e di protezione civile. Dall’alto del suo colle, che domina la cittadina di Pergine e la Valsugana fino al lago di Caldonazzo, il Castello medievale illuminato vuole rappresentare quindi un segno di speranza e di vicinanza alla comunità e trasmettere un messaggio di incoraggiamento e unità.
L’iniziativa di illuminazione del Castello di Pergine è stata realizzata grazie alla collaborazione della Fondazione CastelPergine Onlus con STET società pubblica di energia elettrica e il Comune di Pergine Valsugana. Bene storico tra i più importanti del Trentino, collocato in un contesto paesaggistico suggestivo, il Castello è stato acquistato il 29 novembre 2018 dalla Fondazione CastelPergine Onlus attraverso un’iniziativa di sottoscrizione popolare avente l’obiettivo di garantirne la tutela e la valorizzazione. Oltre ad essere importante sito storico con il suo complesso fortificato e museo con grande parco in area naturalistica protetta, il Castello di Pergine è anche centro di conoscenza e cultura, un grande contenitore di eventi, luogo d’arte e presenta nel 2020 la sua 27a esposizione annuale, dal titolo “Viandanti”, dell’artista badiota Lois Anvidalfarei, uno dei principali scultori europei che nel 2013 ha esposto anche al Macro di Roma. Ai suoi bronzi - 28 opere tra sculture singole e gruppi scultorei -, spetta il compito di riportarci alla riflessione sull’umanità. La mostra è in attesa di poter essere visitata appena la situazione consentirà di riaprire il portone ai visitatori italiani e stranieri.
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COLOMBE PER CASE DI RIPOSO E OSPEDALI IL MUSE PER #IORESTOACASA
DONATE DA CCB E CASSE RURALI, SAIT E FAMIGLIE COOPERATIVE
DAI ROMPICAPI MATEMATICI AL SUONO DEI LIBRI, DAI VIDEO TRADOTTI NELLA LINGUA ITALIANA DEI SEGNI (LIS) ALLE LEZIONI DI NATURA DI SLIDING SCIENCE
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a vita alternativa sul web del MUSE prosegue a pieno ritmo, con nuove iniziative educative e di divulgazione scientifica per tutte le età. Un progetto quello del MUSE per #iorestoacasa che, ogni settimana, mette a disposizione del pubblico nuove proposte di partecipazione ed esplorazione a distanza, convinti che – soprattutto in questi momenti – la cultura e la condivisione dei saperi diventano un bene di primaria necessità. Importanti, in questa direzione, le collaborazioni con altri enti e soggetti del territorio, dall’Università di Trento alle associazioni culturali e sociali della zona, ma anche con realtà internazionali come l’Exploratorium di San Francisco, in California. Grande attenzione anche sul fronte accessibilità, uno dei cardini del museo: al via la nuova sezione Open MUSE, sviluppata in collaborazione con AbC IRIFOR del Trentino e Cooperativa sociale Senza Barriere, che racchiude una serie di contenuti fruibili da persone sorde, con videoclip tradotti nella lingua italiana dei segni (LIS), cieche o ipovedenti: https://bit.ly/2xMHWnQ. «La costante attenzione del museo ai temi dell’inclusione e dell’accessibilità – spiega Samuela Caliari, responsabile Eventi e referente per i progetti d’inclusione del MUSE – ha trovato la sua dimensione anche all’interno delle proposte di #iorestoacasa nella sezione Open MUSE. Fondamentali, come sempre, la collaborazione e le sinergie attivate con le persone cieche, ipovedenti e sorde: per proporre prodotti
razie per quello che state facendo”. È l’augurio di Buona Pasqua che Cassa Centrale Banca e Casse Rurali, Sait e Famiglie Cooperative hanno inviato insieme a quasi novemila colombe al personale sanitario e assistenziale nelle strutture trentine. Proprio gli operatori delle case di riposo e degli ospedali stanno dimostrando in questa emergenza un eccezionale spirito di servizio e passione per la propria professione, prendendosi cura degli ammalati o assistendo gli anziani con grande abnegazione, professionalità e umanità. “Un piccolo segno di solidarietà e di riconoscenza a chi è impegnato in prima linea per tutelare la nostra salute, mettendo a rischio anche la loro. A loro va il nostro riconoscimento più sincero”. Giorgio Fracalossi e Roberto Simoni, rispettivamente presidente di Cassa Centrale Banca e di Sait, sintetizzano così la motivazione del gesto di gratitudine per cercare di ricreare qualche momento di normalità in questa emergenza che non ha risparmiato nemmeno la festività pasquale. In dettaglio 5.521 colombe sono state donate da Cassa Centrale Banca e Casse Rurali alle 54 case di riposo del Trentino, e 2.650 da Sait e Famiglie Cooperative e consegnate a 10 ospedali e strutture sanitarie.
efficaci e di qualità per una specifica utenza è infatti necessario relazionarsi proprio con il soggetto fruitore che diventa parte integrante del processo di realizzazione della proposta. In questa specifica occasione è grazie alla competenza e professionalità delle associazioni AbC IRIFOR del Trentino e della Cooperativa sociale Senza Barriere che con grande disponibilità e celerità hanno risposto alla nostra richiesta di aiuto che siamo in grado ora di offrire un contenuto adatto alle esigenze di queste persone. Qui desideriamo esprimere il nostro sincero ringraziamento alle due associazioni. La situazione attuale ci ha spinto a sviluppare questa sezione online che rappresenta solo l’inizio di un progetto duraturo nel tempo: la crisi attuale ha dato modo anche al nostro museo di pensare all’impensato, di andare “oltre”, attivando questa nuova proposta che andrà ad arricchirsi mese dopo mese, anno dopo anno». 83
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IL REGALO DEGLI EX UNIVERSITARI CINESI FEDRIGONI REGALA 80MILA ALBUM DA DISEGNO DISTRIBUITI IN IPERMERCATI E SUPERSTORE: “UN PICCOLO GESTO DI ATTENZIONE ALLE FAMIGLIE ITALIANE”
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ttantamila album da disegno Fabriano sono stati dati in omaggio in centinaia di ipermercati e superstore Coop, Conad e Carrefour di tutta Italia. È il regalo per le famiglie pensato da Fedrigoni, operatore mondiale della carta a cui appartiene il noto marchio dei fogli da disegno, che ha voluto dare un segno tangibile della sua vicinanza ai tanti nuclei familiari con bambini, costretti a casa dalla scuola elementare, o dalla materna, a causa del Covid19 ormai da molte settimane. Fabriano è un brand conosciuto dagli studenti e dagli artisti di tutto il mondo. Gli album, in carta liscia o ruvida e totalmente ecocompatibile, verranno distribuiti alle casse al momento del pagamento, uno per acquirente e fino a esaurimento. Le insegne della grande distribuzione che hanno accettato di collaborare all’operazione, tra quelle interpellate, sono Coop, con 100 ipermercati, Carrefour, con 50 ipermercati, Conad (Adriatico, Pac2000A e CIA), con 45 ipermercati e circa 50 superstore. I punti vendita, in totale quasi 250, sono dislocati in tutta Italia. “Anche se sono tra i meno colpiti dal virus, i bambini stanno pagando a caro prezzo questa epidemia - commenta Marco Nespolo, amministratore delegato di Fedrigoni -. Per i più piccoli non poter uscire al 84
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Marco Nespolo
TRENTACINQUEMILA MASCHERINE INVIATE ALLA CROCE ROSSA
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l Trentino e la sua Università sono rimasti nel cuore degli ex studenti giunti anni fa dalla lontana Cina per seguire un corso di studi. L’eco delle difficoltà incontrate dal personale operativo della Croce Rossa del Trentino nel reperire i dispositivi di sicurezza necessari per poter affrontare l’emergenza Covid, ha messo in moto una formidabile catena di solidarietà promossa da Gangfeng Zhang (nella foto), un docente dell’Università di Zhejiang che nel 2001 ha conseguito a Trento il dottorato in Sociologia e Ricerca Sociale e che continua a collaborare con l’Ateneo trentino. Il docente lancia via social un appello agli ex studenti dell’Università di Trento, ormai rientrati e occupati in Cina per organizzare una donazione di materiali sanitari all’Università e alla città di Trento per combattere il Covid. L’appello di Gangfeng Zhang riceve in breve tempo oltre 140 adesioni e il gruppo si pone subito due obiettivi, raccogliere fondi e selezionare i materiali da spedire in Italia. In pochi giorni vengono raccolti finanziamenti sufficienti ad acquistare trentacinquemilamila mascherine, all’interno di robuste casse di legno riportanti una significativa frase di Seneca, “Siamo onde dello stesso mare, foglie dello stesso albero, fiori dello stesso giardino”.
sole, giocare, stare con i coetanei, è un grande sacrificio. Disegnare è uno dei pochi passatempi a cui possono dedicarsi da soli, in casa, magari colorando arcobaleni di buon augurio. La carta allora la offriamo noi, come piccolo gesto di vicinanza alle famiglie, che questa crisi sta mettendo in difficoltà anche dal punto di vista economico”. Ma disegnare o dipingere fa bene a tutti, specialmente nei momenti in cui è importante combattere l’ansia e l’incertezza: “Lo stress è preoccuparsi per il futuro, mentre l’arte è ora”, ha dichiarato a The Guardian il celebre artista inglese David Hockney. Gruppo Fedrigoni è da sempre impegnato nel promuovere iniziative di sostegno alla creatività con attività guidate gratuite, omaggi di carta alle scuole, tutorial sui social Fabriano per permettere a ognuno di dare sfogo al proprio estro e un Festival del Disegno (dal 12 settembre al 18 ottobre in numerose città d’Italia) che partendo da Milano coinvolge artisti e grafici di fama internazionale. Per maggiori informazioni: https://fabriano.com
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LA MAGLIETTA “BUONA” DI HASHTAGPRINT TUTTI GIÙ... IN GALLERIA! UNA SIMPATICA VISITA VIRTUALE ALLA MINIERA DI PREDOI
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na nuova app del Museo provinciale Miniere fa fare un tuffo nella miniera di Predoi, per conoscere, seduti comodamente a casa, uno dei lavori più duri al mondo. Come è noto, al momento tutti i Musei provinciali dell’Alto Adige (e del Trentino) sono chiusi per effetto dell’emergenza in corso. Questi tempi di isolamento in casa richiedono soluzioni nuove e creative per stimolare i sensi, per distrarre e per portare chi lo desidera in nuovi mondi. Il Museo Provinciale Miniere offre una soluzione a ragazze e ragazzi, alle famiglie e a tutti coloro che vogliano evadere con il pensiero per un po’ dalla quotidianità di oggi pur dentro le quattro mura di casa: un tour virtuale nella miniera di rame di Predoi. Un’esperienza resa possibile da 14 stazioni audio, immagini, racconti e un breve video, che trasportano nel mondo affascinante dentro la montagna. Il tour si può scaricare gratuitamente e in pochi clic su qualunque smartphone attraverso la app per audioguide “Hearonymus”. L’audioguida è disponibile in italiano, tedesco, inglese e olandese. Si accede tramite il sito del museo https://www.museominiere.it/it/predoi/sede-dipredoi-919.htm.
UNA PROPOSTA ALL’INSEGNA DELLA SOLIDARIETÀ CONCRETA
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iene lanciata in queste ore la T- shirt “AIUTIAMO CHI CI AIUTA così #Andràtuttobene”: una proposta all’insegna della solidarietà concreta che arriva dall’azienda trentina Hashtagprint e punta ad avere un rilievo di carattere nazionale. Si tratta di una maglietta, per uomo, donna e bambino disponibile on line, con l’intero profitto delle vendite che sarà devoluto alla Protezione Civile Nazionale sempre in prima linea dall’inizio dell’emergenza legata al Covid 19. “In questo periodo incerto e decisamente difficile per tutti - spiegano Cristian e Stefano Visintainer di Hashtagprint - non potevamo essere sordi e rimanere immobili. Abbiamo deciso quindi di dare una mano concreta, nel nostro piccolo, a fronteggiare la situazione generale”. L’iniziativa di solidarietà “AIUTIAMO CHI CI AIUTA così #Andràtuttobene” che parte da Trento è curata nella sua campagna di lancio a livello nazionale dall’art director Giuseppe Marchi. La scelta del soggetto finale su 6 proposte è arrivata dopo un primo sondaggio popolare su un campione di 350 votanti, la selezione è stata curata insieme alla grafica e collaboratrice Maddalena Lamon. La T- shirt, simbolo di speranza è stata disegnata da Silvia Oss, studentessa all’ultimo anno di grafica all’Istituto Sacro Cuore di Trento e rappresenta alcuni monumenti caratteristici da nord a sud “abbracciati” simbolicamente da un’ arcobaleno tricolore formato dalla nostra amata pattuglia acrobatica, tutti uniti per combattere e debellare il prima possibile Covid-19. “Anche se la spesa è piccola - sottolineano i promotori dell’iniziativa - tutti insieme possiamo farla diventare una grande donazione. Una volta ricevuta a casa la t-shirt aiutaci col passa parola postando sul nostro canale FACEBOOK e INSTAGRAM la foto della tua amata maglietta. Grazie anche a te, è andato tutto bene…”. Questo il link per acquistare la T-shirt: https://www. hashtagprint.eu/landing-page/
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TRENTO: IL NUOVO SEGRETARIO GENERALE LA “TRENTO” CHE SI AIUTA: I VOLONTARI RACCONTANO NON SOLO SPESA E MEDICINE, IL SOSTEGNO AGLI ANZIANI DIVENTA AMICIZIA: L’ESPERIENZA DI MARTINA
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elle giornate dell’isolamento e del distanziamento sociale, succede che qualcuno riesca ad allacciare nuove relazioni grazie alla rete di volontari Pronto Pia. A raccontarlo è Martina Camatta, 40 anni, residente in zona Corso III novembre, in una Circoscrizione – quella di San Giuseppe-Santa Chiara – con un tasso di popolazione anziana superiore alla media comunale. Martina è uno degli oltre seicento soggetti, tra singoli cittadini, gruppi o associazioni, che all’indomani dell’emergenza Coronavirus hanno dato la propria disponibilità a consegnare la spesa o le medicine agli anziani soli. “Non avevo mai fatto la volontaria – racconta Martina – Ma quando ho letto sulla pagina Facebook del Comune che c’era bisogno di persone disponibili ad aiutare gli anziani del quartiere ho subito pensato di attivarmi. Mi hanno assegnato una persona che sta vicino Martina Camatta a casa mia, una signora del ‘42, insegnante in pensione, che ha i figli residenti in un altro comune. Ogni giovedì vado per lei in farmacia, al supermercato, alla saponeria e al tabacchino. Abbiamo scelto il giovedì perché è il giorno in cui esce La settimana enigmistica, che lei acquista regolarmente”. In verità il rapporto tra Martina e la signora è andato ben 86
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È LORENZA MORESCO, VINCITRICE DEL CONCORSO PUBBLICO
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a preso servizio il primo aprile la dott.ssa Lorenza Moresco, vincitrice del concorso pubblico per segretario generale del Comune di Trento. Prende il posto di Cecilia Ambrosi, che ha lasciato l’Amministrazione comunale alla fine di settembre dell’anno scorso per assumere l’incarico di giudice del Tribunale amministrativo di Trento. Lorenza Moresco, laureata in giurisprudenza, ha cominciato la sua carriera come funzionario al servizio Lavoro della Provincia autonoma di Trento nel 1990 e poi come conservatore del libro fondiario presso la Regione autonoma Trentino Alto Adige fino al 1993. Successivamente ha ricoperto gli incarichi di segretario reggente del Consorzio segretarile fra i Comuni di Bolbeno e Zuclo, segretario del Consorzio segretarile fra i Comuni di Cavareno e Amblar, segretario dei Comuni di Mori e Novaledo. Dal 2 febbraio 2009 era segretario generale del Comune di Riva del Garda. Nell’augurare un buon lavoro al nuovo segretario, l’Amministrazione comunale ha rivolto un sentito ringraziamento a Franca Lorenza Moresco Debiasi, vicesegretario generale e dirigente del servizio Risorse finanziarie, che in questi mesi ha garantito con impegno e professionalità la continuità dell’importante funzione di segretario comunale.
al di là delle commissioni settimanali: “In questo periodo abbiamo costruito un legame personale: lei mi manda via whats app il buongiorno tutte le mattine e la buonanotte ogni sera. Facciamo videochiamate, ci scriviamo tutti i giorni. È una signora molto informata e anche tecnologica, condivide con me articoli su argomenti che le interessano. Chiacchieriamo sul pianerottolo, naturalmente a debita distanza e con la mascherina, scherziamo sul fatto che prima o poi ci vedremo ‘a volto scoperto’ e potremo andare a prendere il caffè nel bar sotto casa. Lei guida la macchina e mi ha chiesto di aiutarla a cambiare la batteria che si è scaricata. Insomma, ci stiamo organizzando per il dopo, facciamo programmi”. Gli anziani per Martina si sono rivelati una vera scoperta: “Ho trovato un mondo che non conoscevo, pieno di risorse e stimolante”.
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COMUNE DI ROVERETO
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Parla “PARLA CHE TI PASSA”: SERVIZIO DI ASCOLTO che sa pas i t ATTIVATO DAL COMUNE DI ROVERETO
LE “FESTE VIGILIANE” SI ARRENDONO AL COVID LA PROLOCO DI TRENTO COMUNICA L’ARCHIVIAZIONE DEL PROGETTO
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e Feste Vigiliane 2020 sono già archiviate: giugno è vicino e l’emergenza Covid non consentirà di organizzare eventi di massa. Ne prende atto la Proloco del Centro Storico di Trento che comunica la sospensione IL NUMERO 0464.452624 dei suoi programmi. «Preso atto del momento di emergenza e del radicale cambiamento delle abitudini sociali a cui siamo tutti sottoposti, il cui termine temporale non risulta oggi definibile con certezza, comunica che l’ordinaria partecipazione alle Feste Vigiliane e alle attività estive programmate Hai voglia di fare due chiacchere? sarà profondamente modificata e, in parte, annullata». Ti senti solo? Una scelta che «non facciamo a cuor leggero visto che Vuoi compagnia? le attività 2020, definite in accordo con l’AmministrazioO semplicemente ti piacerebbe scambiare due parole? ne, 624 il Centro Servizi Santa Chiara e il Nuovo Comitato Chiama il 0464 452 Organizzatore delle Feste Vigiliane, erano numerose e stimolanti. Tra le tante, la Proloco avrebbe voluto proporre, nell’ambito delle Feste Vigiliane, “L’Antico Borgo Di San Vigilio” un salotto nel cuore di Trento, in cui dare ai cittadini la possibilità di degustare specialità del territorio In collaborazione con SHARE ODV e con il Comune di Rovereto e vivere incontri e approfondimenti di varia natura. All’interno avevamo pensato anche a una vetrina che avrebbe dato risalto all’artigianato locale. I padroni di casa sarebbero state le numerose associazioni locali, che avrebbel periodo della quarantena da Covid ha permesso di ro organizzato intrattenimenti per grandi e piccoli”. mettere in circolo una creatività positiva di natura In ogni caso, nel comunicato si lascia intendere che si sociale. Nasce infatti un nuovo progetto che è stato farà tutto il possibile, quest’anno, per dare quanto meno pensato da un gruppo di studenti, frequentanti il 2° anno un segno, dedicando al Santo patrono un momento di di Educatore Professionale Sanitario presso l’università festa simbolico. di Ferrara con sede a Rovereto in collaborazione con l’associazione cittadina Share O.D.V. Chiamando il numero 0464.452624, che corrisponde al servizio #Restaacasapassoio attivato dal Comune nei primi giorni della pandemia, si può entrare in contatto anche con i volontari di “Parla che ti passa”, progetto di sostegno telefonico che ha come obiettivo supportare e fare compagnia alle persone isolate in casa a causa della quarantena al fine di migliorare la qualità di Parla vita delle persone”. che Daniel Baldessarelli studente ti passa del 2° anno del corso universitario in educatore un modulo al termine della chiamata come feed- back di professionale sanitario è valutazione e si ispirano ad una “Carta dei servizi” come il referente del progetto strumento supporto durante lo svolgimento del servizio scritto dagli studenti (per indirizzare eventuali bisogni “speciali” espressi del 2°anno del corso dall’utenza). universitario in educatore I ragazzi lavoreranno con turni giornalieri secondo la loro professionale sanitario, sotto disponibilità. Si tratta di una opportunità per la popolazione la supervisione dell’educatore e tutor universitario Stefano e uno strumento utile per la cittadinanza costretta alla Bertoldi. quarantena forzata. Il progetto “Parla che ti passa” consiste in un’attività L’equipe è composta da 7 volontari: oltre allo stesso Daniel di sostegno telefonico e colloquio d’aiuto a favore della Baldessarelli, ci sono Irene Chicconi, Alessia Masocco, popolazione, che mettiamo in atto con l’appoggio del Angela Micheli, Elisa Bressan, Giorgia Bernardi e Comune di Rovereto. Marco Bisetto Florian. Oltre ad ascoltare chi chiama i volontari redigono anche
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COMUNE DI ROVERETO
Hai voglia di fare due chiacchere? Ti senti solo?
Vuoi compagnia?
O semplicemente ti piacerebbe scambiare due parole?
4 Chiama il 0464 45262
In collaborazione con SHARE ODV e con il Comune di Rovereto
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trentinolibreria
IL LIBRO DEL MESE
IN UN AUDIOLIBRO LA PRIMA PRO LOCO D’ITALIA UN PODCAST ORIGINALE. QUASI UN ROMANZO. INTANTO CONTINUA LA RACCOLTA FONDI PER L’APSS
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n un momento in cui alle comunità viene a mancare anche l’offerta di attività di svago promosse dalle Pro loco, la Federazione, ente provinciale di riferimento per il settore, reinventa i suoi strumenti e i suoi modi di interagire con il pubblico per riempire almeno in parte questo vuoto. E così, in attesa che l’emergenza si attenui definitivamente, ad animare le serate dei trentini non saranno le sagre ma un originale audiolibro: “Volontari, persone da vivere”. In modo incalzante e coinvolgente ci si potrà immergere nell’affascinante storia di Pierre, visionario imprenditore di Pieve Tesino che, alla fine dell’Ottocento, darà vita alla prima Pro Loco d’Italia, la Pro Loco di Pieve Tesino. La storia si dipana su 11 episodi di circa 10 minuti ciascuno, che saranno fruibili sui principali siti e app del settore (Spreaker, Spotify, Itunes): si parte domani con il primo episodio, e poi settimanalmente tutti i sabati. L’audiolibro dà voce al romanzo “Volontari, persone da vivere”, presentato lo scorso anno al Salone del Libro di Torino; un’opera che risulta arricchita e valorizzata da questa nuova modalità di fruizione, realizzata grazie all’expertise degli artisti di Osuonomio, azienda specializzata nella comunicazione attraverso il suono con all’attivo diverse campagne di marketing sonoro per diversi marchi nazionali. “Si tratta di un esperimento, qualcosa di nuovo per noi ma a cui teniamo molto, perché lo riteniamo un piccolo regalo per le persone che sentono il bisogno di un momento di svago, e che crediamo possano trovare piacere in questo breve e avvincente romanzo” afferma il presidente della Federazione Trentina Pro Loco, Enrico Faes, a margine del lancio della prima puntata. “Un romanzo che parla di fiducia e di speranza, di voglia di cambiare le cose utilizzando gli strumenti che si hanno a disposizione: un messaggio utile più che mai in questo momento. Una storia dal passato, che ci auguriamo possa essere uno stimolo per immaginare il futuro”. 88
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UNA RICERCA DURATA QUASI VENT’ANNI. UN TESTO QUASI IN FORMA DI ROMANZO, UNA NARRAZIONE IN CUI LETTERATURA, STORIA E SCIENZA SI INTRECCIANO CON INTIME MEMORIE PERSONALI. STIAMO PARLANDO DE “LA MANUTENZIONE DELL’UNIVERSO”, IL NUOVO, ATTESO LIBRO DI PINO LOPERFIDO
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uanto può restare un essere umano senza mangiare, bere e dormire? Maria Domenica Lazzeri per 14 anni di fila, pare. Protagonista, ogni venerdì, di una sorta di morte apparente. Sulle mani, sui piedi e sulla fronte sangue che ignora la forza di gravità. Eventi inspiegabili, sparizioni e altro ancora. Personaggi illustri la visitano incessantemente da tutta Europa. Un medico ne segue con attenzione e con spirito laico i prodigi. È il quadro in cui si svolgono le straordinarie vicende di questa donna vissuta nella prima metà dell’Ottocento nel paese di Capriana, in Trentino. Vicende che, nonostante una popolarità di
trentinolibreria Autori vari Scenari di futuro Publistampa La prima edizione del premio letterario ha rappresentato uno dei momenti più intensi del percorso della BiblioSeba, iniziativa nata in modo spontaneo e favorita da una partecipazione intensa di persone, interne ed esterne a Banca Etica, che hanno considerato questo spazio come uno strumento di condivisione di interessi, valori e, in ultima analisi, di relazione. La varietà del genere letterario praticato dagli Autori e la freschezza dei testi e delle idee rappresentate, pur raccolte in racconti brevi, rappresenta un ulteriore valore da apprezzare, soprattutto tenendo conto che nessuno dei partecipanti al concorso pratica in modo professionale la scrittura. Tutto questo in un contesto che ha visto sfilare, nel corso di questo primo anno di vita, scrittori affermati ed esordienti, tutti però animati da una passione autentica, che da sola vale tutti gli sforzi profusi.
Serena Valorzi, Mauro Berti, Elisa Bisagni e Michele Facci “#IORESTOACASA… e come faccio?” Reverdito In formato eBook, una guida rapida alla sopravvivenza in epoca COVID-19, scritta con il cuore e con il sorriso che ognuno di noi può permettersi, e scegliere, di avere anche nelle peggiori avversità. Da chi è solo a casa, alle coppie, alle famiglie con figli piccoli o adolescenti, ai Nonni, con l’occhio a come la comunicazione virtuale è cambiata e a come gestire le situazioni di difficoltà e le abitudini nocive. Il ricavato andrà In questo alla Protezione libro/intervista, Civile. L’eBook cui per la sui prima volta ricordi è in disponibile principali store biografici online. intrecciano con riflessioni Glisiautori sono Serena Valorzi sull’esistenza ed Elisa e sul presente delemo Bisagni, picologhe psicoterapeute cognitivo-comportamentali, Mauro Berti, vice Ispettore della Polizia Postale e Michele Facci, anch’egli psicologo, nonché diretore della Collana Psicologia Divulgativa dell’editore Reverdito.
livello continentale, non sono mai riuscite ad emergere del tutto. Tanti, infatti, i misteri ancora irrisolti a cui si aggiungono l’incertezza e la prudenza con cui la Chiesa pare muoversi, ieri e oggi, attorno ai fatti di Capriana. Con questo libro, Pino Loperfido porta a compimento una ricerca durata oltre vent’anni. E lo fa quasi in forma di romanzo, con una narrazione in cui letteratura, storia e scienza si intrecciano con le sue più intime memorie personali. Tra le pagine, infatti, spunta ben presto una seconda, inattesa protagonista. È Teresa, la madre dell’autore, mancata nel 2008. Ecco cosa scrive, a tal proposito, l’Autore in una nota posta, come post-scriptum, a conclusione del libro: Chiudere questo testo e affidarlo alla stampa è stato sorprendentemente doloroso e definitivo. Innanzitutto a causa dell’emergenza internazionale causata dal coronavirus, un’epidemia che sta seminando morte, panico, sgomento e che cambierà, forse per sempre, il corso delle nostre vite. Dare l’ok alla tipografia, poi, per il sottoscritto, è stato anche come dire addio ad una persona molto amata, dalla quale non avrei mai voluto separarmi. Ma è il libro stesso che ha dato l’impressione di remare contro la sua stessa uscita. “È la Meneghina che frena…”, forse ha ragione don Giulio Viviani. Non sono sicuro di aver capito cosa voglia dire, esattamente, ma le circostanze sembrano proprio
Giacomo Sartori Baco Exorma Il protagonista di BACO è un ragazzino di 10 anni, sordo profondo, iperattivo, preda di irrefrenabili scatti violenti dopo che la mamma è entrata in coma per un incidente d’auto; in sua assenza, passa sempre più tempo con la giovane logopedista, Logo, che insegna al ragazzo la lingua dei segni. Il padre è un esperto di altissimo livello di circuiti integrati e di algoritmi che, sotto la copertura di un impiego presso la Nutella, si occupa di dare la caccia ai terroristi. Il nonno anarchico, con un passato di rivoluzionario, è un tassonomo di vermi e ha con il nipote un rapporto di grande complicità. Il fratello, genio informatico, impegnato a progettare rivoluzionari circuiti integrati e algoritmi sta mettendo a punto un essere virtuale: BACO. Quest’ultimo diventa un personaggio centrale nel romanzo: impara in fretta, ha un sacco di idee su come far andare le cose. Vive nascosto come un macro anellide, è abilissimo a scatenare situazioni scomode e veri disastri...
dargli ragione. (...) Pubblicare questo libro ha significato per me soprattutto una cosa: affidare alla “corrente” il ricordo di queste due donne. Con due analoghe motivazioni. Nel caso di Maria Domenica Lazzeri, si è trattato di staccarmi, una volte per tutte, da una storia che avrebbe potuto facilmente divenire un’ossessione. Riguardo a Teresa, nonostante sia scomparsa ormai dal 2008, un modo per sciogliere i lacci che ancora la tenevano legata al mio cuore. E lasciarla andare, finalmente, incontro alla Luce. “La manutenzione dell’universo” è un racconto sorprendente, dai diversi registri letterari. È un libro del lutto, ma è anche una cronaca giornalistica; è un moderno memoir e allo stesso tempo un romanzo storico. Un testo in grado di interrogare, di stupire e di commuovere. In questi tempi di sofferenza e di assenza di ogni certezza, possiamo forse percepire il significato profondo di questa storia, l’essenza vera del gesto di questa piccola grande donna, del suo vivere – “non vivendo” – affinché l’uomo potesse “capire”. Cosa può dirci, dunque, oggi, una vicenda come questa? Probabilmente più di quanto possiamo immaginare... Pino Loperfido
La manutenzione dell’universo Il curioso caso di Maria Domenica Lazzeri
Curcu Genovese, pag. 336 - Euro 16,00
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trentinocucina
FILETTO DI SALMERINO ALPINO ARROSTITO su letto di patate e zucchine
in libreria o scrivendo a vendite@curcugenovese.it
Ingredienti per 4 persone Per i filetti di salmerino alpino gr 600 filetto di salmerino gr 1 timo limonato sale, pepe di macinino
Per i contorni gr 30 olio di oliva gr 2 aglio gr 5 scalogno gr 240 patate in fetta gr 30 pomodorino Pachino gr 200 zucchine baby 4 fiori di zucchina
Procedimento per i filetti di salmerino alpino Parare il filetto di salmerino togliendo anche le cartilagini. Aromatizzare con poco sale e pepe di macinino, profumare con timo limonato ed infarinare leggermente. Arrostire in tegame a fuoco dolce con poco olio di oliva e burro. Mantenere al caldo. Procedimento per i contorni Rosolare in olio di oliva l’aglio e lo scalogno, aggiungere le patate a fette e già scottate al vapore. A cottura completa aggiungere le zucchine tagliate a metà assieme ai pomodoro Pachino, aggiustare con sale e pepe. Presentazione Disporre patate e zucchine in piatti singoli e sormontare con i filetti arrostiti. Decorare con fiore di zucchino fritto in pastella. Macchiare con l’olio extravergine emulsionato con fumetto.
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#TRENTINOMESE CONTEST: LE MERAVIGLIOSE TRE CIME DI LAVAREDO OGNI MESE, LE TRE FOTOGRAFIE PIÙ VOTATE VERRANNO PUBBLICATE QUI. PARTECIPA ANCHE TU AL CHALLENGE DEL NOSTRO MAGAZINE!
@ralfbrunellandscapes Al secondo posto: Rifugio Re Alberto, Torri del Vajolet, Catinaccio
@stefano_belmondo
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Al primo posto: Tre Cime di Lavaredo
Al terzo posto: Castel Malgolo, Val di Non
IL REGOLAMENTO DEL NOSTRO CONCORSO
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eguire la pagina @trentinomese su Instagram; la foto vincitrice sarà pubblicata sulla nostra rivista cartacea il mese seguente alla pubblicazione online; per decretare la foto vincitrice si terrà conto dei “mi piace” ricevuti, dal primo del mese al venti del mese (per esigenze di stampa); solo le foto che saranno selezionate da noi e
pubblicate sulla nostra pagina Instagram @trentinomese potranno partecipare al concorso; per esser selezionati vi ricordiamo di utilizzare il nostro hashtag; ricordatevi di segnalare il luogo o localizzare la foto, saranno valide solamente le foto scattate in Trentino Alto Adige. Grazie a tutti anticipatamente!
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