Triple ••• Moon
il collettivo Stramonium presenta
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Triple ••• Moon
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Triple Moon è un incontro ricorrente che si propone di sperimentare diversi metodi di ricerca iniziatica, attraverso la diffusione di pamphlet, riflessioni, musica ed immagini, lasciando al singolo la libertà di scegliere il proprio percorso spirituale, bandendo una volta per tutte elitarismo e specialismi. Non la banalizzazione di ciò che rimane nascosto ai più, ma un semplice invito a guardare tra le righe della realtà.
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Culti Totalitari I faraoni del XIX secolo
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Rousseau e Robespierre pensavano che l’idea di sovranità nazionale-popolare si definisse con la concezione di volontà generale. La volontà generale si realizza quando tutto il popolo agisce come fosse riunito in assemblea, e il carattere di ogni singolo si manifesta come parte (cittadino) di un tutto (città). La volontà generale diviene così l’oggetto di una religione laica, di cui il popolo esprime il culto per se stesso, cioè per la nazione. La “nuova politica” inizia i cittadini al culto della nazione che è realizzato attraverso un nuovo stile politico, che vede l’inserimento di nuovi riti, nuove credenze e nuove liturgie come in una religione tradizionale. Miti, simboli, riti e cerimonie costituiscono i cardini di una liturgia che porta il popolo a partecipare al “culto della nazione”, ovvero della massa popolare stessa trasfigurata in nazione. Attraverso determinate rappresentazioni, il popolo diviene insieme destinatario e attore di “azioni politiche” elaborate secondo uno stile liturgico, e si trasforma da folla incomposta in massa ordinata. Dall’inizio del XIX secolo, i culti praticati nei movimenti nazionali e patriottici costituirono una religione laica, che non è l’espressione di una spiritualità d’élite, ma una religione di massa che fa leva su una varietà di miti e di simboli. La funzione del mito non è solo quella di sollecitare la psicologia delle masse, secolarizzando le credenze religiose, ma anche quella di creare una vera e propria fede, quasi cieca, verso i leader. Questo modo di agire servì a giustificare scelte difficili, portando la popolazione a vedere i propri capi di stato come “liberatori” e “salvatori” del popolo, oltre a fare in modo che la gente percepisse leader e nazione come sinonimi, rendendo impossibile immaginarne l’esistenza dell’uno senza l’altro. I mezzi mediatici, importantissimi per la diffusione del culto, vengono abitualmente manipolati per riscrivere la storia e per circondare il nuovo ideale di un’aura di infallibilità. Il potere del capo, esteso sopra ogni elemento dello stato, dona ai leader uno status quasi divino.
! HITLER !
In Germania, prima dell’avvento di Hitler, l’insegnamento dell’esperienza francese si fuse con la cultura religiosa nazionale in una liturgia cristiana e insieme patriottica. I riti patriottico-cristiani e i riti patriottico-pagani posero le basi del culto politico nazionalista tedesco. Venne infatti proclamato il carattere sacro di alcune ricorrenze storiche, come la battaglia della foresta di Teutoburgo, combattuta dagli antichi Germani contro i Romani, oltre al canto religioso e patriottico, che divenne un momento centrale del rito nazional patriottico e successivamente fondamentale anche nel rito nazista.
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Nel corso dell’Ottocento si sviluppano pratiche simboliche antico germaniche: il fuoco sacro, l’adorazione della quercia, la contemplazione del sole, antichi culti che verranno ripresi nelle manifestazioni naziste ma con un’unica differenza; nella prima metà dell’Ottocento esse erano spontanee, i nazisti invece intensificarono i riferimenti simbolici all’antico passato germanico e alle tradizioni popolari, per disegnare una continuità storica, aliena da modelli culturali stranieri.
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Le opere di R. Wagner coltivano il disegno di risvegliare passioni e ideali nazionali, senza urtare il bisogno di stabilità, ma recuperando la forza del messaggio romantico e del mito antico germanico. Il mondo ideale è quello del Volk (popolo), rappresentato secondo i canoni musicali di Wagner e l’estetica neogotica della scenografia. “Volk” come mondo puro, immune da tentazioni demoniache e dal peccato del denaro (incarnati successivamente nell’ebreo e nel capitalista). Wagner dà vita a una nuova stagione del culto nazionale, creando eventi mistici con grande partecipazione di pubblico, partecipazione non attiva, ma “adorante” che prefigura quella dei rituali nazisti, dove tutti gli spettatori presenti sono coinvolti in una festa mistica. Il teatro di Wagner e altre forme di comunicazione spettacolare romantica furono poi utilizzati dai nazisti per la loro propaganda. Tutti i momenti più significativi della vita del regime infatti furono scanditi da feste e cerimonie pubbliche: sfilate militari, esibizioni sportive e adunate di massa culminanti con il discorso del Führer. Queste cerimonie-spettacolo erano preparate con estrema cura da Albert Speer, architetto del reich e grande conoscitore di culti antichi. Le scenografie erano sempre impressionanti, magiche, solenni e monumentali. Il legame tra Hitler, perno della rappresentazione, con il suo pubblico, si basava su una geometria armonica e simmetrica, il cui scopo era quello di rimarcare la centralità dell’uno. Nella grande adunata, il cittadino trovava degli elementi “sacrali”: questo fenomeno, come scrive lo storico George L. Mosse “non può essere classificato con i tradizionali canoni della teoria politica. Il nazismo (era) una religione laica, la prosecuzione, dai tempi primordiali e cristiani, di un modo di considerare il mondo attraverso il mito e il simbolo e di manifestare le proprie speranze e timori in forme cerimoniali e liturgiche”.
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Si intensificano anche i momenti di ritualità collettiva, vennero infatti istituite nuove tipologie di riti: • le feste nazionalsocialiste, introdotte nel nuovo calendario come feste nazionali • le commemorazioni degli eroi, caduti per sostenere il culto della patria • la celebrazione del solstizio d’estate • l’introduzione dei simboli pagani nella società. Infine, gli anniversari del regime, sostituirono le festività cristiane; tant’è che se inizialmente il rapporto tra la chiesa di Roma e il governo nazista si basava sul reciproco
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patto di non interferenza, a partire dal 1937, di fronte agli eccessi della politica razziale nazista, Papa Pio XI intervenne con un’enciclica, in tedesco, per condannare dottrine e pratiche che sempre più rivelavano il loro carattere “pagano”.
! STALIN !
“O grande Stalin, o leader dei popoli, Tu che porti l’uomo alla nascita. Tu che fai fruttare la terra, Tu che risani i secoli, Tu che fai sbocciare la primavera, Tu che fai vibrare le corde musicali… Tu, splendore della mia primavera, o tu, sole riflesso da milioni di cuori.”
!Di A. O. Avidenko !
Questo poema, simile ad una preghiera, illustra i legami emotivi che i cittadini russi nutrivano nei confronti di Joseph Stalin.
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L’immagine di Stalin e le sue citazioni furono esposte quasi ovunque in Russia, dai libri al cielo sopra Mosca, grazie all’uso innovativo di una mongolfiera per sospendere il ritratto del leader sulla folla, con lo scopo di creare l’illusione di una presenza benevola che fluttuava sul popolo russo. Il culto della personalità di Stalin, durante la Seconda Guerra Mondiale, fu ulteriormente accresciuto attraverso la sua rappresentazione come un genio militare. Attraverso il suo culto, Stalin riuscì a creare un’immagine benevola e divina di se stesso ed ovviamente non voleva che questa situazione cambiasse. Decise quindi di opporsi duramente contro ogni interferenza straniera che potesse ‘’inquinare’’ il pensiero del popolo ed isolò il paese dal resto dell’Europa occidentale. Dalla letteratura, ai media, tutto veniva sottoposto a controlli e censure prima della diffusione. Inoltre, sebbene pochi russi potessero permettersi la radio durante il dominio di Stalin, le trasmissioni straniere furono bloccate da trasmettitori sistemati lungo i confini occidentali dell’Unione Sovietica. Il governo inoltre rese impossibile per i singoli viaggiare liberamente nell’Occidente e decretò restrizioni anche per i viaggiatori stranieri in Unione Sovietica. Questa chiusura ovviamente accrebbe ulteriormente il culto della sua leadership all’interno del paese, che non avendo la possibilità di confrontarsi con il resto del mondo, credeva ciecamente nel suo leader, autoproclamatosi diretto successore ed unico profeta dell’ideale di Lenin, considerato dai russi come un vero Dio di carne. Proprio come i faraoni del passato, considerati divinità dai popoli antichi, anche nel XIX secolo le vie utilizzate dai leader rimasero le stesse, variando solo in base ai mezzi disponibili ed ai contesti storici. Al giorno d'oggi, il culto non è ancora terminato.
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Figli di Abele Una mistica del nomadismo Parte prima : i vagabondi di Agarthi
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"Noi siamo ladri in casa di ladri: natura prometeica Perché non vi siano ladri su tutta la terra" (Oudeis Recab)
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La volontà comune di questo scritto non è di idealizzare i vari fenomeni nomadi a tutt'oggi ancora esistenti, del resto ormai residuali, ma piuttosto analizzare questi percorsi di "civiltà originarie" in antitesi con lo spirito stanziale dell'esistente contemporaneo. Ogni società nasce come nomade, e per diverse ragioni di natura perlopiù ambientale si è stanziata in un dato luogo dando origine alla società sedentaria, che Renè Guenon ne "Il Regno Della Quantità e Il Segno Dei Tempi" indica come dominatrice dello spazio, e inglobante man mano le civiltà nomadi, che con lo spazio vengono a patti di volta in volta, da spostamento a spostamento, da viaggio a viaggio. Nella millenaria età sedentaria il processo di omologazione del vivere diviene sempre più chiaro, poichè la società che ha più mezzi per dominare lo spazio ingloba quella che ne ha meno, così da contribuire all'eterno ritorno della biblica torre di Babele. Questo processo non è da ritenersi totalizzante nel momento in cui consideriamo che ogni singolo racchiude in sè la memoria ancestrale delle realtà sociali che hanno coperto l'intero arco di tempo precedente alla sua nascita: il cittadino timorato di Dio conserva nella sua interiorità la memoria dell'infanzia collettiva da cui è partita la società in cui è nato.
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“Dal rosso dei semafori domina l'occidente con miscugli d'incensi ne indovina il decadimento” (Dai Lavavetri - Berton)
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Alcune espressioni di questa fanciullesca età sono ancora oggi visibili, e non a caso una delle più significative dal punto di vista sociale è la più visibile nel tessuto urbano: le popolazioni zigane. L'origine dei cosiddetti "zingari"(detti più propriamente Rom, Sinti o Kalè) non è ancora ufficialmente accertata, anche se la maggioranza degli studiosi afferma che provengano da una terra fra l'India e il Pakistan, e a livello antropologico rappresentano un unicum assoluto: refrattari a ogni tipo di integrazione, sviluppano un microcosmo temporaneo in ogni zona in cui si stanziano temporaneamente, in cui i concetti di 'tempo' e 'proprietà' differiscono completamente da quelli espressi dalle società con cui entrano a contatto, mostrando una netta distanza dalle sovrastrutture tradizionali (religione a parte) e una conoscenza quasi connaturata nel loro essere del mondo sovrasensibile più occulto. Ma come fanno questi esseri umani ridotti alla miseria, così diversi da noi "gagè" a essere fra gli ultimi detentori di un sapere da noi scordato?
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La possibilità del mistero si svela nella diffusa teoria che essi vengano dal Paradesha, il luogo mitico che sorgeva in oriente durante l'età dell'oro, e identificata dai Buddisti nel tantra Kalachakra (ruota del tempo) come "Shambhala". Shambhala, dal sanscrito "luogo di pace", sarebbe una società dove tutti gli abitanti sono illuminati, con al centro una capitale chiamata Kalapa. La tradizione narra che questa terra nascosta non è raggiungibile se non da iniziati o individui dediti alla resurrezione spirituale dell'umanità. Oggi, grazie soprattutto al libro "Bestie, Uomini e Dei" dell'avventuriero Ossendowski, Shambhala viene identificata come (parte di) Agarthi, l'inaccessibile, separata dal resto del mondo da una cintura di alte montagne e suddiviso in otto -il numero dell'infinito- parti e composta da settantasei regni. A Kalapa ha sede il palazzo del "Re del mondo", che influenza e conosce ogni credo umano, e questo regno dovrebbe essere situato in India e coincidente col monte Meru o Polo Nord prima dello spostamento dell'asse terrestre, centro del mondo e terra originaria dell'umanità. Il suo primo capo fu Suchandra, colui a cui Buddha rivelò proprio il Kalachakra tantra. Al momento Agarthi esisterebbe simultaneamente sia sul piano fisico sia su quello spirituale e le leggende raccontano che qui sia nata la religione unica, primordiale che per mezzo di pratiche mistiche- permetta di porre l'uomo in totale comunione con Dio. Seguendo lo sviluppo del mito è quindi possibilissimo che le popolazioni zigane vengano da questa terra ancestrale come sia Ossendowski che Guenon hanno ipotizzato, a partire dalla radice linguistica della parola "Agarthi-Agartha" simile a tanti altre parole indiane traslitterate in lingua romanes. A tal proposito, in merito alle origini mitologiche degli zingari, lo studioso Frans de Ville raccoglie la testimonianza sulle origine mitiche dei sinti dal Balibach (barone) degli zingari del Belgio: i gitani costituirebbero la sesta razza umana -discendente da Abele, il primo pastore nomade- eletta da Dio a suo testimone nel corso dei tempi. Essi si sarebbero salvati dal Diluvio in quanto Dio avrebbe indicato loro delle montagne tanto alte da toccare i cieli con le loro cime, dove rifugiarsi con le ossa dei loro padri, e perciò essi conserverebbero ancora la memoria di una rivelazione pre-diluviana. Gli zingari sostengono che solo loro sanno dove fu creato il primo uomo (Manu), ed essi, i Manousches o “figli di Adamo”, sostengono che il Paradiso Terrestre si trovi in Siberia, e precisamente nella regione della Mandchouire (Manciuria). La loro tradizione apocalittica afferma che alla fine dei tempi gli zingari usciranno da Agharti, per seguire il Re del Mondo e annunziare la Rivelazione Primordiale ad essi nota. Per gli occultisti Guenon e Miguel Serrano invece gli tzigani sarebbero una delle popolazioni originarie di Agarthi, ma sarebbero stati scacciati per via di delle colpe sconosciute (per Guenon) o per l'impurità della loro "razza" rispetto a quella ariana secondo la visione tendenziosa e politicizzata di Serrano. Se ci si allontana da una visione prettamente leggendaria dei vari miti si può analizzare il Paradesha come il non-luogo che è allo stesso tempo dappertutto e da nessuna parte, quel luogo interiore in cui l'uomo rientra in contatto diretto con il divino e che durante questo lungo Kali Yuga diventa "Agarthi", inaccessibile per l'uomo vittima della sua sedentarietà spirituale, che lo porta a non poter immaginare altro che la sua realtà.
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In ogni zingaro "ladro, mendicante, parassita" c'è quello che i nazisti hanno tanto inutilmente cercato: l' Agarthi, ovvero la via meridiana fra il corpo e lo spirito, libero da ogni confine determinato dall'uomo, libero da ogni vincolo sociale e teso verso l'incontro fra tutte le culture spirituali. Essi vagano per il samsara (la loro bandiera non a caso è una ruota), portatori di una memoria ancestrale e ormai dimenticata dalle nuove civiltà, portando con sé l'inquieto spirito nomade che oltrepassa ogni confine spaziale.
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"Il sogno dell’infanzia è svanito per sempre. Cemento e muri e case ammucchiate. E l’unica strada mi porta indietro. Perché mi togli il bosco perché mi togli la strada perché mi togli la libertà?"
!(Sogno di infanzia zingara- Mauso Olimpio Caro) ! ...continua nel prossimo numero.
Luca Andalou
s ! La psicosi nella visione sciamanica degli Algonchini Il Windigo
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Le popolazioni aborigene del Canada, spesso stanziate nelle riserve limitrofe al confine con gli Stati Uniti, sono oggi divise in tribù che portano nomi diversi (Algonchini, Cree, Ojibwa), sebbene continuino perlopiù a condividere una visione molto simile dell'uomo e del suo rapporto con la natura e con gli spiriti – e come è facile immaginare, una medesima mitologia. Nell'universo magico-sciamanico che fonda la visione di queste popolazioni – oggigiorno l'ultimo baluardo della sapienza che contraddistinse per secoli l'intera popolazione nativa dell'America settentrionale – gli spiriti con cui l'uomo può entrare in comunicazione sono chiamati generalmente manitu –
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lo stesso vocabolo che, con la maiuscola, identifica l'Essere divino universale, l'energia sacra che tutto permea. Ma, sebbene il rapporto dei nativi con i manitu con i quali entrano in contatto abbia connotazioni generalmente positive – si entra in contatto con essi per guarire i malati (in senso sia fisico che psichico, dal momento che queste popolazioni ritengono che non vi sia una vera differenza tra le due eventualità), per favorire la caccia o l'agricoltura e per ricevere consigli su come amministrare la giustizia – nondimeno è presente un particolare manitu nella mitologia Algochina (ma anche Cree, Ojibwa, etc) caratterizzato per la sua negatività: il Windigo. Si ritiene che questi sia uno spirito maligno, unanimamente associato all'inverno e al gelo: ha grandi artigli, corpo scheletrico e denti aguzzi e sporgenti. È di grandi dimensioni e in molte mitologie di queste tribù è ricoperto da peli. E' però connesso anche alla fame – che d'altronde nella psicologia collettiva di popolazioni tribali fondate sulla caccia appare cosa naturale – e al cannibalismo: si dice infatti che colui che venga posseduto dal Windigo manifesti, dopo aver perso il sonno e la fame vero ogni altra pietanza, il desiderio irrefrenabile di nutrirsi di carne umana. Questi racconti, nell'universo degli Algonchini, non sono puramente mitologici ne tantomeno considerati assurdi: numerosi antropologi che hanno studiato le popolazioni di questa regione (Ruth Landes su tutti) hanno in effetti documentato, oltre alle credenze sul Windigo, numerosi casi in cui i nativi intervistati hanno raccontato di persone veramente possedute dallo spirito maligno. Questa sorta di psicosi demoniaca – paragonabile in Occidente con i miti sulla licantropia e sul vampirismo – impedisce all'individuo di espletare i normali compiti tribali e addirittura lo porta al punto di non poter neppure più vivere all'interno della società tribale stessa, al punto che spesso è lui stesso a chiedere di esserne estromesso o immolato. Ma il più delle volte è il consiglio degli Elders (anziani) a decretare la sua condanna, dopo averne riscontrato i più atroci delitti – tra i quali immancabilmente compare il cannibalismo, spesso verso persone molto vicine al soggetto, quali ad es. la figlia o la moglie. Landes sottolinea anche che è raro – sebbene non impossibile – che il Windigo prenda possesso dell'anima di una donna o di un bambino: tuttavia ci sono anche casi del genere documentati. Perlopiù comunque a diventare windigo sono gli uomini, e ciò si può facilmente spiegare col fatto che in tali popolazioni sono soprattutto questi ultimi a interagire con gli spiriti e a scegliere la via sciamanica. Tuttavia, non tutti i posseduti sono stati condannati a morte: per quanto possibile, si cerca di recuperarne l'anima, con riti sciamanici in cui si invoca l'aiuto di spiriti benevoli che possono restituire l'anima al soggetto posseduto dopo aver cacciato il Windigo. A volte essi danno consigli su come risolvere la questione – ci sono stati casi in cui al soggetto posseduto è stato detto di bere una pozione bollente: in seguito
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egli vomita un pezzo di ghiaccio la cui emissione coincide con l'abbandono dello spirito Windigo dall'anima del malcapitato. E' curioso notare come questi fatti si connettano in maniera assai precisa con la mitologia degli Algonchini, per i quali il Windigo “ha un cuore di ghiaccio” – e di conseguenza, anche le sue prede sviluppano dentro di sè il medesimo organo. D'altra parte, il termine “cuore di ghiaccio” rappresenta a meraviglia il senso della psicosi windigo – che, cannibalismo a parte, può essere letta come ciò che noi chiamiamo “depressione”: l'individuo colpito appare infatti assente alla vita del gruppo, apatico verso i bisogni e i sentimenti dei suoi fratelli, incapace di dormire e di nutrirsi regolarmente. La condizione psicologica “windigo”, dunque, è in primo luogo una malattia psichica che colpisce il soggetto e che, se non curata adeguatamente con canti, invocazioni e cerimonie propizie, sfocia nella psicosi e nel limite estremo addirittura nel cannibalismo: a questo punto non rimane altro da fare che sopprimere il soggetto, ormai completamente posseduto dal Windigo e quindi irrecuperabile. E' meraviglioso constatare come in certe popolazioni si sia mantenuta una visione della vita che abbraccia il visibile come l'invisibile, il razionale come l'irrazionale: “windigo” si può si intendere come disturbo psichico, depressivo e psicotico, epperò sta anche ad indicare il soggetto che ne viene colpito, e nondimeno l'entità che causa tale disturbo. “Windigo” è dunque al tempo stesso sia il soggetto che l'oggetto – sia la causa, che l'effetto. I disturbi del soggetto possono facilmente – ai nostri occhi di occidentali disillusi – portare alla mente le nostre crisi depressive o schizofreniche, epperò nelle storie di questi popoli troviamo dei fatti che dimostrano come la questione non si possa affrontare solo su un livello puramente razionale (il cuore di ghiaccio di cui abbiamo parlato sopra). Pare piuttosto che la condizione psicologica del soggetto colpito sia più che altro il fertile terreno su cui il Windigo si può manifestare: per questo si cerca di ricondurre il malato alla socialità con delle cerimonie propizie. In queste si invocano come detto i manitu benefici, che se concedono il loro aiuto al soggetto ne causano istantaneamente la guarigione. Dunque notiamo come il pensiero occidentale prettamente razionale non riesce a comprendere né tantomeno a spiegare la vera natura di questi fenomeni, limitandosi perlopiù a metterlo in connessione con il periodo invernale, il gelo e la fame sofferta da queste tribù per la mancanza di selvaggina: ciò porterebbe, secondo il loro punto di vita, a perdere a poco a poco il senno fino a giungere a cibarsi dei propri cari. Eppure nella casistica “windigo”, vi sono anche numerosi casi verificatisi in stagioni più miti, e altri in cui i soggetti colpiti godevano di cibo in abbondanza. Proprio per questo la nostra mentalità non riesce a spiegarsi correttamente il fenomeno – Depressione? Psicosi? Possessione? – più attenta alle categorizzazioni scientifiche che non al fenomeno preso interamente nel suo insieme. Nella visione del mondo degli Algonchini, invece, tutto questo è così semplice da potersi tradurre con una sola parola: Windigo – senza distinzione tra soggetto ed atto, ragione e mythos, uomo e demone, visibile ed invisibile, scientifico e soprannaturale.
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Marco Maculotti
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Trance, ipnosi e malattia mentale Siamo degli insensibili?
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Percezione alterata, tremori, paralisi parziale, allucinazioni, amnesia, sonnolenza, acquisizione temporanea di nuove capacità (ad esempio il fenomeno della glossolalia e della xenoglossia), sopportazione maggiore a dolore fisico, sensazione che il tempo scorra in modo in più lento. Si tratta di una transizione ad una diversa condizione. L'individuo in stato di trance si sente pervaso da una strana energia che lo percuote, tra sonno e veglia, traendone sollievo o anche avendone timore. La ricerca dello stato di trance è insita nell'uomo ed essa è riscontrabile in diverse culture che ne hanno attribuito significati differenti. Nei rituali orgiastici del culto di Dioniso, le Menadi e i Satiri raggiungevano la trance tramite ritmi ripetitivi suonati con flauti e timpani, grida di incitazione e l'ausilio del vino. I dervisci roteanti del sufismo islamico, pregano danzando in modo circolare ininterrottamente anche per 30 minuti. Nell'induismo la "japa" è la ripetizione di un mantra, alcuni vengono ripetuti fino a un milione di volte. È la forma della trance più mistica ed estatica che permette di avvicinarsi al Divino. Un altro movente è il desiderio di comunicare con gli antenati o con gli spiriti. Nello sciamanesimo, nei riti voodoo o durante le sedute spiritiche. In ognuna di queste pratiche, a differenza di quelle religiose collettive, esiste sempre la figura di un medium che apre la comunicazione, figura che potremmo definire un "esperto" della trance, una persona che ha frequentemente sperimentato le sensazioni che ne derivano e sa gestirle davanti ad altri. Non molto diversa dalla figura dello psicoterapeuta che guida il paziente ad esplorare l'inconscio avvalendosi della tecnica dell'ipnosi. La suggestione ha un ruolo fondamentale per poter arrivare a sperimentare lo stato alterato in questione e dipende necessariamente da simbologie e situazioni che aiutano a predisporre la mente ad esso. Durante le sedute spiritiche, spesso non sono solo i medium a "dare voce agli spiriti", i partecipanti possono finire con l'essere posseduti e ritrovarsi nel medesimo stato profondo di trance, senza però averne il controllo; analogamente nei riti voodoo guidati dai sacerdoti in stato di trance, le persone che vi assistono si sentono gradualmente più coinvolte e disinibite, lasciandosi guidare dai ritmi e dalle danze. Le suggestioni rafforzate dall'intensità dell'esperienza possono ripresentarsi successivamente tramite uno stimolo. La musica, i canti, oggetti o simboli presenti durante i rituali, oppure stimoli luminosi. Nel 1960 circa, Brion Gysin ispirato dal libro "The living brain" di William Grey Walter inventa un oggetto da osservare ad occhi chiusi: la dreamachine, ovvero un cilindro
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perforato illuminato all'interno da una lampadina e posizionato su un giradischi; la luce uscendo ad intervalli regolari da 8 a 13 pulsazioni al secondo, corrispondenti alla frequenza delle onde alfa, provoca visioni colorate e caleidoscopiche dietro le palpebre. Anche l'utilizzo di droghe predispone la mente ad accedere a stati alterati ed esse vengono utilizzate durante cerimonie e rituali, come l'ayahuasca dei popoli dell'amazzonia peruviana. Malidoma Patrice Somé, sciamano della tribù Dagara del Burkina Faso, su richiesta degli anziani della sua tribù ha viaggiato in Occidente per insegnare i valori degli Antenati. Quando arrivò negli Stati Uniti nel 1980 rimase scioccato dal trattamento della malattia mentale negli istituti psichiatrici, vide quelli che definì "gli stessi sintomi" delle persone del suo villaggio, che sono da loro interpretati come la “nascita di un guaritore”. La persona sta attraversando una crisi spirituale perché è stata scelta come mezzo per comunicare un messaggio alla comunità dal regno dello spirito ed è sotto l'influenza di due energie incompatibili. Nella tradizione Dagara la comunità aiuta la persona a conciliare le energie di entrambi i mondi, o si potrebbe dire, la sostiene e la aiuta a capire le cause dei suoi problemi rendendola così consapevole e "padrona" dei suoi disturbi che poi terminano con la nascita di un nuovo guaritore. Mentre nel trattamento riservato alle persone che soffrono di salute mentale negli istituti psichiatrici, esse vengono allontanate dalla comunità. In "Ritual: Power, Healing and Community" il Dott. Somé scrive:
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“L’abbandono dei rituali può essere devastante. Dal punto di vista spirituale, il rituale è inevitabile e necessario se si vuole vivere. Dire che il rituale è necessario nel mondo industrializzato è un eufemismo. Abbiamo constatato con la mia gente che è probabilmente impossibile vivere una vita sana senza di esso”.
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I pazienti trattati con l'ipnosi sono più facilmente ipnotizzabili dopo una serie di sedute, poiché sviluppano una sensibilità e un tempo di reazione minore alle suggestioni. Ed è esattamente di sviluppare una sensibilità che si tratta, perchè il sensitivo è etimologicamente derivato dal sentire.
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Kuro Sivia
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! CONSIGLI Letture e ascolti
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Lettura consigliata: Zohar
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Ascolto consigliato: Current 93 - Imperium
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Questa fanzine è prodotta e finanziata dal collettivo artistico Stramonium e si pone come mezzo di comunicazione per racchiudere incontri mensili, progetti musicali ed artistici che verranno di volta in volta presentati ad un pubblico sensibile verso gli argomenti trattati. La versioni digitali della rivista sono scaricabili gratuitamente in pdf da:
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