Storytellers

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album 14

euro 14,50

storytellers

Storytellers, otto sceneggiatori narrano il loro mondo: Andrea Campanella, Alessandro Di Virgilio, Andrea Laprovitera, Giovanni Marchese, Lucio Perrimezzi, Cristiano Silvi, Mauro Uzzeo e Luana Vergari. Otto percorsi diversi, e noi dietro a seguirne le tracce per riprodurre un cammino, rivivere l’entusiasmo e la speranza degli esordi e dei successi, dal fumetto underground a quello popolare fino al graphic novel. Interviste, racconti e trucchi del mestiere. E il prodotto finito, le tavole disegnate, accanto alle sceneggiature. Questo è Storytellers. Un omaggio della TunuĂŠ agli sceneggiatori e a chi vuole sbirciare nel loro laboratorio e scoprire come si scrive fumetto.

album

storytellers graphic novel e narrativa


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storytellers graphic novel e narrativa collana «album» n. 14 1a edizione - maggio 2010 profili biografici e interviste a cura di angelo orlando meloni copyright © immagini dei rispettivi autori/editori progetto grafico mandarinoadv.com impaginazione tunué.com stampa andersen pubblicità e marketing via brughera iv 28010 frazione piano rosa - boca (no) isbn-13 gs1 978-88-89613-80-1 tunué s.r.l. via bramante 32 04100 latina - italia tel 0773661760 | fax 07731875156 info@tunue.com | www.tunue.com

altri volumi della collana alfred (#1), mauro cao (#2), gud (#3), francesco mattioli (#4) davide pascutti (#5), luca g. patané (#6), michele petrucci (#7) paco roca (#8), luca russo (#9), paola cannatella (#10), david rubín (#11), stefano piccoli (#12), hannes pasqualini (#13)


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andrea

campanella


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profilo Andrea Campanella (La Spezia, 1965) inizia negli anni Ottanta come mail artist e batterista in un gruppo new wave chiamato New Deal. Nella metà degli anni Novanta pubblica Il grande Floyd, racconto porno-cyber edito da Blue/Derive Approdi. Del 1996 è Tutti occhi, per la raccolta Molte più cose, pubblicata da Castelvecchi. Nel 2000 è tra i fondatori di Cut-Up Edizioni e del portale www.cut-up.net, e comincia l’attività di sceneggiatore di fumetti (L’ultimo treno della notte, Elephant, Dum Dum Girls e Round and Round, dedicato alla carriera del pugile Bruno visintin). Del 2004 è la raccolta Immune, Cut-Up Edizioni. Nel 2009 sono usciti il suo primo romanzo, Gli “eroi” sono finiti, Fratelli Frilli Editori, e Immune 2.0, sempre per Cut-Up. insieme al disegnatore Hannes Pasqualini, ha realizzato il graphic novel Giètz!, pubblicato da Tunué.


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intervista Andrea Campanella, scrittore, sceneggiatore, organizzatore di eventi culturali, editore con la Cut-Up – di cui sei tra i fondatori, esperto di musica di ogni tipo (e musicista), di televisione, di cultura hardcore, nonché di mail art – di cui sei stato protagonista durante la sua breve, felice stagione. Un bel puzzle. Tu come ti descriveresti, più autore o agitatore culturale? In occasione dell’uscita del tuo romanzo Gli “eroi” sono finiti hai dichiarato: «Credo che sia tempo che gli uomini di cultura comincino a testimoniare il proprio dissenso in modo esplicito, contribuendo a formare un senso critico che molti italiani hanno perso o peggio delegato». Quando i miei amici vogliono canzonarmi citano le parole di Antonio Caronia dall’introduzione alla raccolta di racconti Immune: «Non è un uomo, è un network». Effettivamente mi è sempre piaciuto mettere insieme persone e culture differenti. il progetto Cut-Up è nato proprio con questo intento. Per un periodo ho fatto il recensore di materiale hardcore per la rivista Videoimpulse, ho avuto la fortuna di conoscere Moana Pozzi, vera icona pop. Ero un nerd ventenne quando

venne a Spezia per uno spettacolo al cinema Odeon, che oggi non esiste più. Con la mail art ho lavorato nei primi anni Ottanta, partecipando a una manifestazione chiamata Produzione giovanili dell’area mediterranea o qualcosa del genere, con un lavoro su Mishima: sfogliando il catalogo trovate Daniele Brolli, i Motus, Magazzini Criminali eccetera. L’amore per la musica credo sia nato in pancia di mia madre. in casa se ne ascoltava tantissima, Sinatra, Bacharach, molte colonne sonore, bossa nova, jazz, ma anche autori italiani, Trovajoli, Piccioni, Riz Ortolani… A quindici anni ho acquistato Lodger di David Bowie e mi si è aperto un mondo! Ho continuato con la new wave, che ha segnato la mia gioventù. Pensa te che Oliviero Beha ha citato Cut-Up nel suo ultimo libro come «Resistenti ai nuovi mostri». Sono sempre stato definito eclettico, soprattutto perché non sapevano bene come incasellarmi. Negli anni Ottanta era molto forte la catalogazione secondo cliché. Già allora ero un tipo sfuggente. il primo racconto pubblicato è stato grazie a Gianluca Lerici, il Professor Bad Trip. Mi disse che c’era un progetto chiamato La


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Tavola 2

vignetta 1 dida: una cittĂ fantasma cadono le bombe, una mamma con una bimba corrono e vengono falciate, crolla un palazzo

vignetta 2 la gente si nasconde nelle gallerie

vignetta 3 dida: galleria di Valdellora persone impaurite e strette l’una all’altra per farsi coraggio

vignetta 4 la sirena impazza, mentre un ragazzo tranquillo suona la tromba vicino a lui la sua ragazza, Maria e Battini, il maestro della banda Puccini il ragazzo è Nicola Bertini, il nostro protagonista (vedi descrizione e materiale inviato)


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il racconto

riscatto «Pistone?» «Sì, dite», rispose “el puerco”. «Sentimi bene perché non ripeto. Trecentomila euri in un sacco della monnezza nel cassonetto a Porta Castellazzo». «Ma dove li prendo... datemi del tempo». «Alle due stanotte a Porta Castellazzo, capito? Niente scherzi o sgozzo la ragazzina». Schiacciò il tastino rosso. Dieci ore prima Fruscio aveva prelevato Angelica, figlia del suo datore di lavoro, tale Pistone, della Pistone Calcestruzzi. il signore, per l’ennesima volta, aveva trattato in malo modo Morariu, il rumeno. Fruscio si era incazzato e Pistone gli aveva detto di trovarsi un altro lavoro. Fruscio non aveva gradito ed era partito un cartone verso la mandibola del puerco, che gliel’aveva giurata. Da qui la decisione di Fruscio. «Ce l’hai dietro la pistola? » «Ce l’ho», aveva risposto Fruscio. «E pensi di sparare?» «Dipende da tuo padre». «Lui non spara, è bravo con i soldi non con le pistole. Porterà qualcuno sicuro. Ah, eccolo là sul ciglio

della strada. Lo sai che porta il parrucchino? Sembra che abbia un topo morto in testa». «Bene, allungami il passamontagna. Ora esco e prendo i soldi, quando ti chiamo vieni avanti piano, ok?» Angie fece segno di sì. La ragazzina, appena realizzò di essere stata rapita, si era proiettata in un B movie italiano anni ‘70. Aveva preso a cuore la causa del Fruscio, che come ragazzo le piaceva piuttosto. Lui era visibilmente infastidito dalla mocciosetta sedicenne tutta sesso e coca. Epperò gli faceva pure tenerezza e anche un po’ di pena, perché con quella chiavica di padre le era andata ancora bene che non si fosse suicidata. E le mani addosso gliele aveva messe da quando aveva cinque anni, lui e i suoi amici. Per questo era “el puerco” e doveva pagare. illuminato dai fari dell’auto, Fruscio scese, si toccò il ferro dietro la schiena. Non c’era più. Due passi avanti e arrivò una raffica di kalashnikov. Lo stronzo si era portato i due slavi che gli facevano da guardaspalle.


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alessandro

di virgilio


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profilo Alessandro Di virgilio è nato a Napoli e attualmente vive e lavora in un paesino della Sabina, in provincia di Rieti. Sceneggiatore, è stato molto attivo nel periodo 1986-1992, lavorando per Il Giornalino, Splatter e altre testate. Dopo un periodo di ibernazione artistica è tornato a scrivere circa tre anni fa. Nel 2008 sono stati pubblicati La grande guerra – storia di nessuno (BeccoGiallo), e Sandokan vol. 1 (Nicola Pesce Editore); ha partecipato ai volumi antologici Monstars 3 (Nicola Pesce Editore) e Mono #4 (Tunué). Nel 2009: ThyssenKrupp – Morti Speciali S.p.A. (BeccoGiallo), Sandokan vol. 2 (Nicola Pesce Editore) e una partecipazione all’antologico Sherwood Comix (Nicola Pesce Editore). Ha in uscita nel corso del 2010 Un filo di nebbia e una tavola per Mono #8 (Tunué), E lui che mi sorride, mio fratello Giancarlo Siani (Round Robin), Sandokan vol. 3 (Nicola Pesce Editore) e l’adattamento a fumetti di un racconto del giallista Maurizio De Giovanni, Mammarella, un’indagine del Commissario Ricciardi (Cagliostro E-Press). inoltre ha partecipato, nel 2009, alla realizzazione editoriale del volume Nuovimondi 1 (AlienPress-DoubleShot).


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intervista La tua carriera di sceneggiatore si snoda attraverso due diversi periodi. Come mai hai abbandonato il mondo del fumetto, salvo poi ritornarvi? È difficile da spiegare. Ho difficoltà anch’io nel trovare una spiegazione plausibile all’abbandono nel 1992. Probabilmente ce ne sono più di una. La prima è una buona dose di immaturità e presunzione. Mi spiego. Nel ‘92 erano ormai circa sei anni che scrivevo solo storie autoconclusive per Il Giornalino, sotto la supervisione di Claudio Nizzi, prima, e di Gino D’Antonio poi, e la cosa cominciava ad andarmi un po’ stretta. Così, invece di chiedermi se ero effettivamente pronto per reggere una serie, ho lasciato perdere le Edizioni San Paolo e mi sono messo in cerca di qualcosa di più autoriale, in un momento in cui sembrava che il mercato italiano stesse facendo il grande salto. Peccato che, proprio allora, stesse cominciando una grandissima contrazione che portò a far sparire dalle edicole, una a una, tutte le «riviste contenitore». La seconda ragione è che mi ero sposato da poco e, sempre da poco, ero diventato papà per la prima volta. Per cui ho abbandonato qualsiasi ricerca e

mi sono lasciato risucchiare dalla vita privata e dalle nuove responsabilità. Per anni mi sono raccontato la favola che il fumetto rappresentava solo una bellissima parentesi e che, tutto sommato, non mi mancava per niente. invece, circa quattro anni fa, ho attraversato un periodo un po’ così, dove mi sentivo insoddisfatto senza riuscire a darmi una spiegazione. Poi, improvvisamente, ho avuto la folgorazione e ho dato un nome a quello che mi mancava: il fumetto. Mi sono rimesso in gioco e ho cominciato a mandare a destra e sinistra le mie cose. i primi sono stati quelli della BeccoGiallo, con cui ho realizzato il libro sulla Grande guerra. il resto è storia. Agli inizi oltre che per Il Giornalino hai lavorato anche per Splatter, due riviste molto, molto diverse tra loro, a dir poco; poi fumetto d’avventura ma anche lo splendido e toccante ThyssenKrupp – Morti Speciali S.p.A. Con quali storie ti trovi più a tuo agio? in realtà penso che mi troverei a mio agio con qualsiasi genere. Non sopporto quelli che devono catalogare tutto e che pensano che scrivere graphic novel (o graphic journa-


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La grande guerra – storia di nessuno sceneggiatura di Alessandro Di Virgilio disegni di Davide Pascutti BeccoGiallo, 2008

Tavola 3 (passato) 1. UN PROIETTILE SCHEGGIA LA PARETE DI ROCCIA ACCANTO ALLA TESTA DEL TENENTE. EFFETTO

TZIIN!

2. L’AMERICANO AFFERRA CORRADO E LO TIRA GIÙ PER TERRA. AMERICANO –

Stai giù!

3. L’AMERICANO E CORRADO PER TERRA DIETRO A UNA ROCCIA. HANNO IMBRACCIATO ENTRAMBI I FUCILI E HANNO UN’ESPRESSIONE TRA L’ANSIOSO E IL GUARDINGO. CORRADO –

Ma da dove... da dove hanno sparato?

AMERICANO –

Penso che lo scopriremo assai presto!

4. DAL FOLTO DEGLI ALBERI ESCONO FUORI UN GRUPPO DI TRE AUSTRIACI URLANTI. AUSTRIACI –

AHHH! (espressioni in tedesco)

5. CORRADO E L’AMERICANO SI STANNO RIALZANDO. CORRADO È TERRORIZZATO. CORRADO –

Mamma d’o’ Carmine!

AMERICANO –

Stammi vicino Nesun!... Stammi vicino!


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il racconto

Il giorno di stupore che uno ha La storia di un mito Alcune note introduttive: 1- Quando ho scoperto di dover scrivere un racconto sono entrato nel panico più totale, perché le regole che sottendono la narrativa sono, per me, un totale mistero. Fortunatamente ho una figlia che, pur non avendo «studiato» la materia, è dotata di questo meraviglioso talento. Per cui ecco qua il racconto scritto a quattro mani con… ehm… diciamo che io ne ho scritto (a modo mio) sì e no un misero decimo. Tutto il resto è, come direbbe un professore un po’ all’antica, farina del suo sacco. 2- il titolo è una sorta di scherzo tra noi che, a parte i diretti interessati, capiranno forse veramente in pochi. Alessandro Di Virgilio

Il giorno di stupore che uno ha di Alessandro Di virgilio Allora… bene… Potremmo cominciare con: – totale dall’alto di me, pronto, “armato” e determinato a far pulizie, fermo al centro della stanza di mia figlia (più che una stanza, un campo di battaglia). Poi in rapida successione alcuni dettagli: – un calzino poggiato con grande disinvoltura e una certa eleganza sulla tastiera del portatile. – i due pezzi del pigiama proiettati da qualche misteriosa esplosione in direzioni opposte.

– gli ultimi cinque libri letti, accatastati – anzi, stratificati – sul comodino. In sottofondo i miei pensieri: quelli di un padre che si sente troppo simile al suo, nell’incapacità di comprendere questi adolescenti, portato, geneticamente quasi, a pensarli vuoti, amorfi, incapaci di relazionarsi col mondo reale. Qui ci metterei: – particolare della mia mano che nell’afferrare il calzino sfiora la tastiera del computer. – p.p.p. sui miei occhi, illuminati da una luce bianca e fredda, che guardano un punto verso il basso. – lo schermo del computer che, risvegliatosi dallo stand-by, si mostra pieno di una miriade di parole scritte in classicissimo times new roman. zoom-in sullo schermo, fino a far occupare la vignetta esclusivamente dal titolo: La storia di un mito di Francesca Di virgilio Se ci chiedessero cos’è un mito, noi cosa risponderemmo? «Un mito è un breve racconto, spesso usato dalle popolazioni più antiche per spiegare cose che al tempo erano inconoscibili. Per esempio…» Bla bla bla. Che noia! io non intendevo quel mito. io intendevo il mito


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andrea

laprovitera


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profilo Andrea Laprovitera, nato a Orvieto (TR) nel 1971, è un tecnico di radiologia con la passione per il fumetto e la scrittura in generale. Dopo gli esordi su riviste on line, ha scritto il graphic novel Il maestro (disegnato da Davide Pascutti), edito dalla Tunué; la fantascientifica Lost paradise, edita dall’Associazione Alex Raymond (che ha visto all’opera più di un disegnatore); Sonny & Sambo, pubblicata in Francia dalle Editions Clair de Lune; e brevi storie apparse su Mono, Banda PM, Underground Press e Monstars 3. Sta lavorando a un secondo graphic novel per conto della Tunué (Quartieri, disegnato da Niccolò Storai). Finalista al Premio Boscarato nella sezione «Miglior sceneggiatore italiano» (con l’opera Il maestro), ha vinto la sezione sceneggiatura del concorso indetto dal club Amici della Bonelli con un lavoro dedicato a Dylan Dog. Ha pubblicato brevi racconti nella rivista Inchiostro, ne La Provincia, inserto settimanale del quotidiano Il Corriere dell’Umbria, e in alcune antologie. Dice di sé: «Sono un lettore prestato alla scrittura e non mi prendo molto sul serio, quando incontro

una persona che mi dice che i miei fumetti gli sono piaciuti sono felice, quindi se mi vedete in qualche fiera siete autorizzati a dirmi anche una bugia (se non vi è piaciuto, mentite, per favore). visto?! A volte basta così poco per far contenta una persona…»


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intervista Quando ti sei innamorato dei fumetti? È una passione infantile, nata fantasticando sulle avventure di topastri, eroi in calzamaglia, luposki della steppaf e via discorrendo? Ah, cominciamo subito con le domande difficili! i fumetti sono stati la mia prima lettura, e questa, si sa, non si scorda mai. Leggevo Topolino e Diabolik, ma la svolta vera è stata Alan Ford. Leggendo Bunker e Magnus ho capito davvero che il fumetto fa bene. Quello che mi fa pensare che il fumetto sia un amore e non una passione giovanile è che le passioni (anche quelle grandi) passano (e scusate la cacofonia), mentre l’amore dura per sempre e io leggo e scrivo comics, quindi… la mia fidanzata è avvisata (Maria Cristina, ferma lì, sto scherzando!). Quali sono le tue passioni e i tuoi interessi, o sei un mono-maniaco del fumetto? Quando senti la parola nerd ti fischiano le orecchie? Sinceramente non ho ancora ben capito cosa sia un nerd, quindi passo la palla. i miei interessi sono molteplici, mi piace leggere (sono solo un lettore che prova a scrivere), andare al cinema, a teatro, cerco di essere attento al sociale e non dimen-

tico di essere una persona che vive in questo mondo pieno d’ingiustizie. Dimenticavo, adoro viaggiare, appena posso, parto. Vorresti raccontarci come hai deciso di passare dall’altro lato della pagina stampata, folgorazione, testardaggine, illuminazione mistica, casualità? Forse il termine migliore è «casualità», unita a un po’ d’incoscienza. Non ho frequentato nessun tipo di scuola di scrittura o sceneggiatura, sono autodidatta. La mia formazione deriva dalla lettura e rilettura. Fino a qualche anno fa non avrei pensato di scrivere fumetti, ero solo un appassionato, poi vidi su Diabolik il concorso per una sceneggiatura con protagonista il genio del male. Ci provai, per gioco, e non vinsi, ma quello fu il mio primo lavoro e da lì ho iniziato. La tua attività di sceneggiatore è abbastanza varia, e lascia trasparire una certa poliedricità, ti senti più orientato verso il fumetto seriale o per quello d’autore? Hai detto bene, mi piace spaziare. Mi sono formato leggendo i già citati Alan Ford, Diabolik, Topolino e


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Il maestro disegni di Davide Pascutti sceneggiatura di Andrea Laprovitera Tunué, 2008 Tavola 361 1) Stacco. Il tenente ha finito il suo discorso. Siamo di nuovo nella classe, solo che ora è vuota perché le lezioni sono finite. Sono rimasti il Maestro e Maria. Intorno ci sono solo banchi vuoti, sedie lasciate in giro, fogli di carta in terra e un po’ di confusione in generale. Il Maestro e Maria sono vicini uno all’altra. Il Maestro: “Allora cosa ti è sembrato il discorso del tenente Rapetti?” 2) Maria inquadrata a mezzo busto o in piano americano. Ha le braccia incrociate sul corpo in un gesto di ostentata “difesa” o “indifferenza”, come se la domanda del maestro non la turbasse (come invece succede in realtà). Maria: “Cosa vuoi che ti dica … è un soldato e basta”. 3) Piano medio dei due che, camminando nel piccolo corridoio, sono arrivati di fronte alla porta della scuola. Il Maestro ha una mano allungata e sta per prendere la maniglia della grande porta d’ingresso della scuola. Il Maestro: “Questo non ne fa necessariamente un nemico però…” Il Maestro 2: “Almeno credo”. 4) Dettaglio. Vediamo la mano del Maestro che apre la porta. Il Maestro: “Usciamo”. 5) Esterno, vediamo i due da fuori a figura intera in campo medio. Il Maestro ha lasciato passare Maria, che si trova quindi davanti a lui, che ha ancora una mano sulla porta e la sta chiudendo alle sue spalle. Maria: “No, è vero. Ciononostante non posso considerarlo nemmeno una persona di cui fidarsi”. 6) Zoom in avanti rispetto alla vignetta precedente. Ora vediamo i due, molto vicini, inquadrati in piano americano. Maria tiene sempre le mani davanti a se un po’ per sostenere i libri e i registri, un po’ per “difesa”. Il maestro è di fronte a lei e la guarda negli occhi. In questa tavola c’è una leggera difformità tra la sceneggiatura e la realizzazione grafica della stessa. un buon lavoro si ottiene solo, secondo me, mettendo insieme le esperienze personali degli autori coinvolti alla realizzazione del fumetto. perciò, se c’è da cambiare un’inquadratura o aggiungere una vignetta (secondo il disegnatore, in questo caso l’amico Davide Pascutti), sono ben disposto a parlarne e ad accettare i suggerimenti. Anch’io, del resto, mi permetto spesso di entrare nel merito dei disegni e delle soluzioni grafiche (A.L.).

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il racconto

abbandonati La porta di casa si aprì lentamente e i due uscirono in maniera quasi furtiva da quella che consideravano la loro abitazione. Una rapida occhiata come per essere sicuri di non essere stati visti e poi via verso il viale che li avrebbe portati lontano da quella casa, da quella città, da quegli ingombranti affetti. «Mi sembra che sia tutto a posto», disse lui con la voce roca del risveglio simile a un latrato. «Sì, certo, lo credo anch’io», rispose lei con tono morbido e suadente. Era una sua particolarità, riuscire a dire qualsiasi cosa senza che la sua voce risultasse sgradevole o asciutta. Passarono alcuni lunghi e interminabili secondi e il silenzio divenne forte e insopportabile come un urlo; quindi ricominciarono a parlare tra loro. «Tu dici che abbiamo fatto bene?», chiese mestamente. «Certo, e poi lo sai anche tu che non avevamo altra scelta», fu la pronta risposta di lei, anche se stavolta la voce sembrava meno suadente. «Lo so, però… ecco, non mi sento tranquillo… così solo, potrebbe fare qualunque cosa», aggiunse con

un briciolo di speranza, guardandola con quegli occhi grandi e marroni che usava solo in casi disperati. «Non guardarmi in quel modo, lo sai che non voglio!», disse lei secca. Poi, dopo un attimo di sospensione, ricominciò a parlare: «Stai tranquillo, gli daranno un’occhiata i vicini, del resto non è la prima volta che ci allontaniamo; anche se stavolta, lo devo ammettere, staremo fuori un bel po’ di giorni», rassicurante, con un tono mieloso e carezzevole come un miagolio. E l’altro: «Stavolta, allora, avremmo dovuto portarlo con noi», come fosse allo stesso tempo arrabbiato e rassegnato. Più che parlare sembrava ululare. «Non dire sciocchezze, sarebbe stato solo d’intralcio e poi, lo sai anche tu, dove stiamo andando non avrebbero avuto posto per Lui», e la sua voce esplose, alterata, perdendo il tono rassicurante di prima. Si voltarono solo per vedere la loro bella casa, che a ogni passo si allontanava sempre più, poi si guardarono un attimo negli occhi e ripresero a camminare lentamente. «Questa, però, è l’ultima volta che


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giovanni

marchese


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profilo Giovanni Marchese (1976) è originario di Acireale. Laureato in lettere moderne, comincia a occuparsi di fumetto come divulgatore in ambito accademico e collaborando con periodici e siti internet specializzati. in seguito inizierà l’attività saggistica pubblicando Leggere Hugo Pratt (Tunué, 2006), con cui otterrà la nomination al premio Franco Fossati 2007. Consigliere del Centro internazionale Studi e Ricerche Hugo Pratt, collabora con l’Associazione Culturale Rapalloonia. Pubblica due brevi saggi sul DizioNoir del fumetto (Delos Books, 2008) e un intervento all’interno di Strisce di terra, strisce di carta (Deus Editore/ Tunué, 2008). Suoi contributi critici sono apparsi pure su In viaggio tra le nuvole (Lilliput Editrice, 2008). Ha scritto per Tunué i romanzi a fumetti Ti sto cercando (2008) e Nessun ricordo (2009), e la striscia umoristica Un bell’orizzonte, anzi, due, pubblicata su Mono #5. Ha contribuito con un soggetto originale all’antologia Futuro Anteriore 2009, prodotta dal Comicon di Napoli e dal Centro Fumetto Andrea Pazienza di Cremona, inoltre per l’antologia letteraria della Semana Negra 2009 di

Gijon, diretta da Paco ignacio Taibo ii e Angel de la Calle, dedicata al tema La Biblia/El libro, ha pubblicato un racconto breve intitolato Mi biblia es Corto Maltese. Cura la collana Album, dedicata agli autori della Tunué, tiene laboratori di fumetto ed è al lavoro su alcuni soggetti e sceneggiature e sulla revisione della stesura di un romanzo che ha in cantiere già da qualche anno. Attualmente vive a Bologna. http://nerd-elite.blogspot.com


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intervista Senza voler generalizzare a tutti i costi, e seppure ogni autore segua un percorso personale, in genere – e per ovvi motivi – l’amore per il fumetto nasce durante l’infanzia, leggendo albetti su albetti e fantasticando sui loro eroi. Come è nata la tua storia d’amore con i comics? Avevo circa quattro anni, seduto sulle ginocchia di mio padre stavo ad ascoltarlo leggere i Topolino che comprava per me. Ho imparato a leggere sui fumetti! Ricordo pure che mi piaceva Geppo. Erano divertenti, li leggevo a ripetizione fino a impararli a memoria. Crescendo scoprii prima Alan Ford, poi i supereroi, Spiderman e Batman erano i miei favoriti, quindi i fumetti d’avventura per ragazzi, adoravo le storie di Mister No e Ken Parker, le prime annate di Dylan Dog e la mini Hammer. Dopo l’adolescenza comunque smisi di leggerli, attirato da fumetti alternativi come Swamp Thing, Kid Eternity, Sandman e Shade (il mio preferito). Sceneggiatori come Alan Moore, Grant Morrison, Neil Gaiman e Peter Milligan mi hanno svelato un nuovo mondo. Lo spartiacque tuttavia è stato Mort Cinder: assolutamente Héctor G. Oesterheld ha cambiato la mia percezione del

fumetto. Dopo è venuto, naturalmente, L’Eternauta. in seguito scoprii fumetti come Torpedo di Abuli e Bernet, Alack Sinner di Muñoz e Sampayo, Kraken di Segura e Bernet, Jan Karta di Dal Prà e Torti, Il commissario Spada di Gonano e De Luca, e un autore senza cui non sarei qui: Hugo Pratt. Corto Maltese e Gli scorpioni del deserto sono la mia bibbia! Koïnsky è un personaggio straordinario e un po’ sottovalutato. Poi Eisner, Sin City di Miller, Love & Rockets dei fratelli Hernandez, Otomo, Spiegelman, Karasik & Mazzucchelli, Cybersix di Trillo e Meglia, Pazienza, Altan, Micheluzzi, Buzzelli e Lo sconosciuto di Magnus. Leggevo su Linus i Peanuts di Schulz e Calvin & Hobbes di Watterson. Quella per i fumetti è una passione che è cresciuta con me, sono stati loro, credo, a «salvarmi la vita» in infinite circostanze. Credo, inconsciamente, di scriverne per saldare un debito nei loro confronti. Fino a ora hai scritto e sono stati pubblicati due graphic novel. Ciò è frutto del caso o di una scelta precisa? Come vedi i rapporti tra il cosiddetto fumetto d’autore e il cosiddetto fumetto popolare?


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Nessun ricordo sceneggiatura di Giovanni Marchese disegni di Luca Patané Tunué, 2009

Tavola 292

1/2/ (interno giorno, siamo nella casa del fascio, ambiente formale, vediamo Lionardo Messina e il prof. Italo Cracolici seduti su sedie pregiate, alle loro spalle c’è una foto di Benito Mussolini appesa al muro. Sono visti come dal basso, sprezzanti. Il professore alza lo sguardo da una copia de Il giornale d’Italia, mentre l’altro fuma un sigaro toscano con noncuranza) 3/5/ (inquadratura di Carmelo Barresi, col vestito della domenica, ma rozzo, visto dall’alto, tutto timoroso, è un contadino che prova un certo imbarazzo al cospetto dei signori e delle autorità in generale) 4/ (profilo di Carmelo Barresi, si rivolge con rispetto alle autorità) Carmelo: cavaleri Messina, professori Cracolici... vi salutiamo umilmente. 6/ (vediamo i due signori in primo piano, il professore Cracolici bisbiglia qualcosa all’orecchio del cavaleri Messina mentre quest’ultimo valuta con spregio il contegno del contadino col vestito della domenica)

In questa fase avevamo stabilito che si lavorava all’italiana, due vignette per striscia, tre strisce per tavola, salvo diversa indicazione (vignette verticali, ridotte, tre vignette per striscia, tavole doppie, tavole a schema libero), un metodo che seguiamo tuttora e che stiamo affinando (G.M.).

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il racconto

funghi di carne Lo specchio rimanda immagini asimmetriche. Le mani scivolano sul volto, l’acqua gelida gocciola sul collo, trafigge gli occhi. Avverto un dolore muto sopra la guancia sinistra, vicino l’orecchio. Lo specchio scruta il bozzo che sporge in corrispondenza del male. Dovrei chiedere a mia madre, si intende di queste cose, mi consiglierà un medico all’antica, un amico di famiglia che rifiuterà ogni forma di compenso. Non mi va. vado dal medico della mutua. La sala d’attesa è stretta e lunga, fredda e illuminata da un’unica finestra che dà sulla strada. Tutt’intorno una schiera di seggiole vuote di plastica blu. in piedi accanto a me c’è un uomo grasso e vestito con abiti pesanti. Puzza di sudore. Mostra un’età indefinita, porta la barba incolta e indossa occhiali d’oro con lenti di vetrocemento. Stringe L’osservatore romano al naso. Pupille giganti e strabiche mi osservano furtive. Bofonchia di trombe d’aria e tempeste quando entra un vecchio che indossa una tunica catecumenale. Respira affannosamente e ha il viso coperto di pustole. Saluta con tono mellifluo, siede nell’angolo lontano,

mormora qualcosa, poi resta immobile e silenzioso, lo sguardo vitreo. Penso al dolore muto e per smettere di farlo, parlando a bassa voce, attacco bottone con lo strabico, che ricambia a sussurri e schioccate di labbra. il clima sta cambiando? Con le porcherie che l’umanità scarica sull’ambiente è inevitabile. E delle tempeste cosa si sa? L’altro giorno c’è stata una tromba d’aria, in seguito piovvero ranocchie. il vento è capriccioso, trascina tutto, anche gli animali. Scusi se l’interrompo, conosce quell’uomo? viene dall’America del Sud, dove guida il lebbrosario di una missione cattolica. Non sapevo fosse un missionario, mi era sembrato che ci avesse chiesto qualcosa, ma devo aver sentito male, siccome ho un forte dolore proprio qui. Perché ci fissa con fare sinistro? Dice? Certo, non ha un bella cera. E se avesse contratto la lebbra? Ma in Europa è stata debellata. Però viene dal Sudamerica, dove giustappunto guida un lebbrosario. Già, ha ragione, meglio stare attenti.


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lucio

perrimezzi


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profilo Lucio Perrimezzi, calabrese, classe 1981, avvocato. Da sempre appassionato di fumetti e musica rock, collabora sin da giovanissimo con alcune fanzine e riviste studentesche con racconti, storie brevi e strisce umoristiche. Nel 2005 appare sul n. 2 degli Insuperalbi (Nicola Pesce Editore) con A perfect disaster, storia da lui scritta e (unica volta fino a oggi) disegnata. Successivamente collabora con Fatece Largo!, scrivendo alcuni racconti brevi. Da quel momento in poi si concentra solo sulla sceneggiatura, e nel 2008 esce per Tunué Stupidomondo, un graphic novel con i disegni di Mauro Cao. L’anno seguente è uno degli scrittori coinvolti in Futuro anteriore, edito dal Centro Fumetto Andrea Pazienza di concerto con il Napoli Comicon. Sempre nel 2009 ha rinnovato la collaborazione con Mauro Cao, realizzando la storia So distant, presente sul numero 7 di Mono (Tunué). Ha dato inoltre vita a un progetto disegnato da Bruno Letizia dal titolo Deadline. Attualmente sta lavorando assieme a Giulia Argnani a un nuovo romanzo a fumetti per Tunué, dal titolo Rockin’ Roads. Si divide tra attività professionale e scrittura.

Se resta troppo tempo fermo si addormenta.


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intervista Lucio Perrimezzi, giovane avvocato e giovane sceneggiatore (e rocker). Ci sono molti esempi di uomini di legge che diventano scrittori, anche di grande successo, ma non nel campo dei fumetti. Come concili le due cose, cos’ha la priorità? Sì, in pratica il Giorgio Faletti del fumetto! Tecnicamente, non concilio le due cose, nel senso che sono due forze opposte e divergenti che cozzano fra loro; ogni tanto prevale l’uno, ogni tanto l’altra, dipende principalmente dalle scadenze. in tutto ciò, cerco di bilanciarle, a discapito della mia sanità mentale e della mia vita privata. Dove ti vedi tra vent’anni, a una fiera del fumetto oppure in tribunale? in teoria tra vent’anni mi vedo al torneo di bocce con gli anziani causa invecchiamento precoce. Scherzi a parte, non ne ho davvero idea: vivo la cosa alla giornata senza escludere nulla a priori. Mi piacerebbe tuttavia gestire le due attività con la stessa passione e dedizione che ho adesso, perché sono entrambe parti importanti della mia vita, ognuna di essa a modo suo e per motivi differenti.

A leggere le tue storie ci si imbatte sempre nel rock’n’roll. Quali sono le passioni e gli interessi di Lucio Perrimezzi? Parlaci di te. Credo sia inevitabile, la musica è stata ed è tutt’ora una parte fondamentale del mio percorso di vita. in particolare amo molto l’heavy metal, soprattutto la sua branca più estrema – thrash, death et similia. Non sto a farti i nomi dei gruppi perché probabilmente risulterei noioso. in realtà ho anche un’insana passione per il pop anni Ottanta, e la cosa spesso crea sincero sbigottimento tra chi mi sta attorno… Musica a parte, ovviamente amo leggere: per quanto riguarda i romanzi sono onnivoro, ma fra tutti amo molto Hornby, Palahniuk, Morozzi, De Carlo, Brizzi, Ammaniti e altri che sicuramente ora dimentico. Sono anche appassionato di wrestling e di lucha libre messicana – credo che la cultura che c’è dietro quest’ultima sia molto affascinante. A parte questo, amo viaggiare, stare con i miei amici e soprattutto fumare sigari. Mi rilassa tantissimo, è difficile vedermi in giro senza. Ah, sono anche un patito di Red Bull, che bevo sempre quando sono prossimo al tracollo psicofisico,


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Stupidomondo sceneggiatura di Lucio Perrimezzi disegni di Mauro Cao Tunué, 2008 Capitolo I – Tavola 20 Vignetta 1: vediamo Bianca, sempre sorridente e sempre seduta sulla scrivania. Sprizza affetto da tutti i pori verso il suo amico. Bianca: A vederti da qui… non si direbbe che siamo coetanei… Vignetta 2: inquadratura di Simone, guarda serio Bianca. Bianca (voce fuori campo): Ricordi quando ti costringevo a venire sulla giostra che girava, sebbene a te scocciasse? Volevo sempre andare sul cavallo, e tu mi tenevi da dietro, per non farmi cadere… Vignetta 3: Simone abbassa lo sguardo verso le carte, fingendo verso esse un interesse che non c’è più. In realtà continua ad ascoltare Bianca, anche se non è sicuro che gli piacciano le cose che dice, indipendentemente se siano vere o no. Bianca (voce fuori campo): …Perché, sotto la scorza del duro, sei una persona dolce e protettiva. Bianca (voce fuori campo): Adesso occupi un posto importante, è vero… Vignetta 4: adesso Bianca si spinge davvero vicino a Simone. Con una mano gli prende il viso, per far sì che lui la guardi. Si stanno fissando dritti negli occhi. Bianca: …Ma per quanto questo lavoro ti realizzi, non permettere che ti rubi l’anima, che faccia morire quella persona stupenda che mi teneva sulla giostra. Vignetta 5: Simone non riesce più a reggere lo sguardo della sua vecchia amica. Torna a rivolgere lo sguardo verso le carte, non vuole che Bianca fissandolo capisca qualcosa di troppo dei suoi pensieri. Adesso la ripresa è frontale alla scrivania, per cui riusciamo a vedere Bianca di spalle, ovviamente sempre seduta sulla scrivania. Simone: Sei venuta fin qua per dirmi queste frasi zuccherose, Bianca? Vignetta 6: Bianca porge la foto di Simone e Tommy al suo amico. Sorride.1 Bianca: No, in realtà ero venuta a portarti questa. 1 L’approccio usato in questa tavola è abbastanza “easy”: poche indicazioni sulle note di regia, maggiore attenzione sulle sensazioni e i sentimenti che devono emergere nella sequenza. Insomma, non è che avevo fretta di andare al baretto! Ovviamente questo tipo di scelta non può essere utilizzata con tutti i disegnatori: alcuni esigono sceneggiature ben dettagliate – cosa che comunque di solito preferisco (L.P.).


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il racconto

pizza & fichi È tempo che mi decida ad alzare il culo da questa buffa poltrona maculata e mi dia una mossa. Basta pensare alla pioggia che non decide mai di smettere, basta con il mio cuore in mille pezzi, basta con il giradischi ormai morto per sempre. Prendere il mezzo e schizzare via, nient’altro ha importanza. Perciò esco di casa, salgo sul mio Scooter One (l’ho battezzato così perché tutto attaccato si legge Scooterone, in questo modo almeno a livello nominalistico mi illudo di avere un bolide pauroso piuttosto che un cinquantino scassato), gli do un deciso colpo di pedale e il suo fedele rombo da marmitta bucata mi dà il benvenuto. Le strade sono praticamente desolate come i tribunali ad Agosto, se si escludono sparuti gruppi di persone sotto le tende che negozianti incauti hanno dimenticato aperte. Questa sottospecie di sopravvissuti al passaggio dello Scooterone mi osserva sfrecciare con aria stupita, e in effetti non devo sembrare proprio normalissimo con la mia t-shirt dei Treponem Pal e i jeans stropicciati mentre attraverso a velocità siderali

strade deserte sotto la pioggia battente. Non che si sbaglino poi di molto: le gocce che continuamente picchiano sulla testa mi impediscono di porre ordine ai miei pensieri. E mi hanno fatto anche spegnere la sigaretta, porca puttana! Arrivo a destinazione, ovverosia al Pizza & Fichi. il nome risibile in realtà nasconde una realtà ben consolidata, da queste parti: concerti discreti e birra a prezzi contenuti. Cos’altro può chiedere la gente universitaria poco adulta con l’assegno di papà in tasca che è solita frequentare queste lande? Parcheggio lo Scooterone e con scioltezza faccio i tre gradini che conducono all’entrata. Sotto l’arcata del portone trovo Giulio, arguto umorista da battute gioviali e irrepetibili come nemmeno le bestemmie dello Yog-Sothoth di lovecraftiana memoria. in questa occasione lo vedo indicare una coppia che fa il suo ingresso nel locale di fronte ed esclamare: «Ehi. Adesso che entrate voi due dovrebbero cambiare il nome in Pizzo & Fica, o no? Ahahahahah!», riferendosi alla barba del ragazzo


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cristiano

silvi


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profilo Cristiano Silvi nasce a Roma, dove studia diplomandosi all’istituto di Stato per la cinematografia e televisione «Roberto Rossellini». Accompagna da sempre alla passione sfrenata per il cinema e l’arte, quella per i comics, che lo spinge a iscriversi alla Scuola romana del fumetto. È anche docente, e organizza laboratori di fumetto e scrittura creativa con alcune scuole medie della capitale, nonché disegnatore, illustratore e grafico, con una produzione che spazia dalle pubblicazioni per l’infanzia sino alla vignetta satiricopolitica. Si avvicina alla scrittura nel 2002, sollecitato dall’amico fumettista Luca Russo, e scrive dapprima testi per alcune produzioni dell’Explosiveink studio, per Lanciostory e Skorpio (Eura Editoriale) e quindi i graphic novel (in)certe stanze e Guardami più forte, entrambi pubblicati da Tunué. Ha da poco terminato il trattamento per la stesura della sceneggiatura di un cortometraggio cinematografico. A giugno 2009 è uscito il volume La pazzia di Orlando, ideato e curato da Cristiano Silvi per i laboratori di fumetto della Scuola Media Statale «NistriRespighi». Sta lavorando a un terzo romanzo grafico.


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intervista Raccontaci del tuo primo approccio con i fumetti. Come nasce questa passione? Mi sembra d’aver cominciato fanciullino a disegnare fumetti, prim’ancora di leggerne e capirci qualcosa. Sui quaderni a righe di seconda elementare all’inizio, molto più tardi sui diari delle superiori (che ancora conservo), nei quali i supereroi cialtroni, maldestri e vendicativi erano professori che non godevano di soverchia simpatia. Cinema o fumetti, grande scontro, ma chi vince, nel tuo immaginario, nella tua storia personale di scrittore (e anche disegnatore)? Probabilmente le ostilità si chiuderebbero con un rocambolesco, zemaniano pareggio! Ma rovescerei la questione parlando di grande incontro, grande affinità, reciproco debito di riconoscenza. Da dove trai ispirazione per scrivere i graphic novel? Cerco di avvicinarmi, ben conscio di rimanere ben al di sotto di certe vette, alle abitudini dei grandi sceneggiatori del cinema italiano: Ugo Pirro, Ennio Flaiano, Age e Scarpelli, Suso Cecchi D’Amico, Ruggero Mac-

cari, Rodolfo Sonego, Tonino Guerra, Luciano vincenzoni e i tanti che dimentico. Tutti acuti osservatori del costume italiano, delle virtù come delle miserie dell’uomo cosiddetto normale. Cosa ti piace, come autore, in questa felice, felicissima moda del romanzo grafico, che ha ormai invaso le librerie tradizionali? Non accusatemi di francofilia se vi confesso che mi piace l’idea di poterci avvicinare, almeno in questo, alla tradizione francese che non mette steccati tra il romanzo classico, il saggio e il fumetto. Trucchi, dritte, segreti del mestiere? Tu sei anche illustratore e grafico, e quindi supponiamo che avrai un modo tutto particolare di rapportarti con gli artisti che lavorano alle tue sceneggiature. Né trucchi né segreti. Soltanto ciò che più illustri e titolati fumettisti han più volte affermato: lo studio indefesso dei maestri e l’osservazione umile e attenta di tutti i contemporanei. Per quel che attiene invece al rapporto con i disegnatori, la mia non estraneità all’attività con chine e matite mi porta a individuare in


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Guardami più forte sceneggiatura di Cristiano Silvi1 disegni di Luca Russo Tunué, 2008

Tavola 73 1. didascalia: quella sera… Est. Notte – C.L. Basilica di Massenzio. Sul palco un pianista sta suonando un piano a gran coda. La platea è gremita. Note musicali Ravel! 2. Ravvicinata sul pianista mentre esegue il pezzo. Note Ravel. C.M. – Spettatori in platea ascoltano. 3. C.M. – Spettatori in platea ascoltano. bisbiglio off Pauline: ma non sente freddo tutta questa gente? Note Ravel. 4. Pauline accanto a Davide stretta nelle sue braccia! Bisbiglio Pauline: brr! Se sapevo di quest’umidità mi portavo un plaid! Note Ravel. 5. P.P. di Pauline che si stringe le mani. Davide ha un’espressione come di chi ha trovato una brillante soluzione… Bisbiglio Pauline: senti qui! Ho le mani congelate…

Questa pubblicazione mi offre l’opportunità di mostrare un metodo di lavoro che, in verità, io stesso trovo non lineare, ma che sovente mi capita di adottare. Mi scuseranno i digiuni di calcio, ma si provi a immaginare la triangolazione storyboard/matite/sceneggiatura. Esattamente in quest’ordine e non, come la logica vorrebbe, sceneggiatura/storyboard/matite. L’esempio proposto nel presente volume mette in risalto tale metodo, ma anche alcune inevitabili difformità riscontrabili tra le cinque tavole di storyboard e le corrispondenti cinque pagine di sceneggiatura, estratte dal graphic novel Guardami più forte. Queste derivano dal fatto che tra la realizzazione delle prime e la stesura delle seconde vi è stato il magistrale lavoro di Luca Russo: prim’ancora di fornire lui la sceneggiatura, il sottoscritto lo ha infatti munito di uno storyboard corredato di tutti i dialoghi e onomatopee; sulla base di suddetto storyboard egli ha studiato e realizzato le matite definitive. Queste ultime in larghissima parte del tutto fedeli agli schizzi, talora meno, ma sempre rispettose nella sostanza delle cose. Il passaggio conclusivo, per consentire un adeguato lettering e editing, mi ha visto quindi impegnato nella stesura della sceneggiatura nella sua forma definitiva, sulla base delle modifiche intervenute in fase di disegno (C.S.). 1


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il racconto

solo per asceth L’Italia spaccata in due. Questo il titolo del giornale che il maresciallo Amerigo vargas non riusciva a togliersi dalla mente, mentre lasciava via Fra’ Giarratana per svoltare a sinistra su via Leone Xiii, camminando verso la stazione dei carabinieri. Uno scirocco tiepido e appiccicoso da tre giorni aveva fatto schizzare i termometri ben oltre le medie di fine febbraio. il Centro Nord sotto l’acqua, il Centro Sud sotto le umide correnti d’un tiepido, forsennato scirocco. «L’italia spaccata in due». Ripeteva a mente il maresciallo aggiungendo fra sé e sé: «Due cose qui in Sicilia ci becchiamo per primi: lo scirocco e gli sbarchi dei clandestini». La camicia sotto la divisa invernale era tutta un fradiciume all’arrivo in stazione; si chiudeva il portone che già s’era sfilato la giacca e con le braccia aperte, per far respirare le ascelle, s’incamminava verso la sua stanza. Nel corridoio non aveva fatto neppure caso al sacerdote buttato là su una panca, immobile, con occhiali scuri e la tonaca parecchio malmessa. «Maresciallo, c’è un prete che vorrebbe parlarvi», fece l’appuntato entrato nella stanza subito dietro

vargas, col solito faldone della mattina. «Un prete? A fine febbraio? Ma la Pasqua è così alta quest’anno?» «Non credo sia per la benedizione, maresciallo», ribatté il milite domandando se poteva lasciarlo passare. «E che lo teniamo là fuori?», rispose vargas, che aggiunse: «Fallo entrare e sentiamo che vuole!» il sacerdote si introdusse nella stanza del maresciallo mentre questi era seduto alla scrivania, ricurvo dietro di essa alla ricerca di qualcosa in uno dei cassetti. «venga pure avanti, padre, s’accomodi», disse vargas, ragionando poi a voce alta, «avevo un ventilatorino qui dentro che qualcuno come al solito s’è portato chissà dove». «Non sono un prete!», esordì l’uomo con la tonaca, già accomodato davanti a vargas, il quale seguitava a trafficare nei cassetti e non aveva neppure prestato attenzione a quella spiazzante affermazione. «Mi chiamo Santenocito», continuò quando finalmente il maresciallo tirò su la testa, appagato, con un apparecchietto a pale minuscolo, simile a un ventilatore.


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mauro

uzzeo


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profilo Mauro Uzzeo scrive da quando era bambino e sempre per la stessa esigenza: raccontarsi con la scusa di raccontare. Confondersi tra tanti personaggi per scongiurare la paura che quello sia proprio lui. Nel campo del fumetto spazia dall’editoria indipendente (Velo di Maya per Montego, Alta fedeltà per le Edizioni BD) a quella della grande distribuzione (Blue, Coniglio Editore, Dylan Dog, Bonelli). Dal 2001 svolge l’attività di sceneggiatore e regista di cortometraggi (Tricky’n’Ducks), videoclip musicali (Tiromancino, Ligabue, Jovanotti, Subsonica, Planet Funk, Coolio & Snoop Dogg) e spot televisivi (Coca-Cola, vodafone, particella di sodio dell’acqua Lete), ottenendo riconoscimenti nazionali e internazionali (premiato al Future Film Festival, ai Castelli Animati e al festival tedesco Animago). Dal 2006 affianca iginio Straffi nella realizzazione delle avventure delle fatine Winx, sia nella loro incarnazione televisiva sia in quella cinematografica. Attualmente sta ultimando le sceneggiature di due graphic novel, uno per la casa editrice Bompiani in compagnia della scrittrice Pulsatilla, l’altro con i di-

segni di Federico Rossi Edrighi per la casa editrice Tunué. È al lavoro sul nuovo lungometraggio animato della Rainbow Cgi, società di cui è direttore responsabile del reparto creativo. Nasce il 25 agosto del 1979 cominciando malissimo e migliorando man mano.


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intervista Raccontaci del tuo primo approccio con i fumetti. Topolino e l’Uomo Ragno della Corno come acquisti inconsapevoli, guidati dalla mamma e dal papà contenti che il figlio di cinque anni volesse già leggere e battere ogni record di nerdismo preadolescenziale. Poi da Padre Tex, la pubblicità in quarta di copertina della neonata Tutto Zagor fece scoccare la scintilla, merito del costume, della scure, delle liane, che univano suggestioni americane, europee, africane, in un irresistibile ponte multietnico. Era il giugno del 1986, l’estate dei miei sette anni stava per iniziare e Zagor divenne compagno di storie e di giochi con gli amici. i giorni che mi separavano dall’uscita del numero successivo erano così infiniti che iniziai a inventare storie su storie dello Spirito con la Scure, diligentemente trascritte su un quadernino di cui oggi, per fortuna, non si hanno notizie. Tu non sei solo uno sceneggiatore, ma lavori nel campo dell’animazione (e anche della pubblicità e dei videoclip), e ti destreggi con successo tra produzioni indipendenti e non. Quali esperienze ti hanno colpito di più, vivendo tra questi due mondi?

Ogni passaggio è fondamentale. Ogni elemento è ferita e segno di un percorso che ti porterà al passo successivo. Non c’è un’esperienza più importante delle altre, quanto un contesto più o meno formativo in cui posso (credere di) quietare le mie due principali esigenze: raccontare e stare in famiglia. Raccontare esula dal mezzo, è urgenza, scambio e stage diving. il mezzo serve per impararne le regole, riconoscerne i colori e ottenere una più facile fruizione, altrimenti è come parlare una lingua senza conoscerne l’alfabeto. Puoi produrre suoni affascinanti, ma è difficile che il tuo punto di vista arrivi chiaramente. La famiglia invece è legata ai concetti di fiducia e appartenenza. Ogni storia che mi viene in mente già racchiude in sé le persone con cui mi piacerebbe raccontarla. Persone di cui conosco segni, esperienze, con cui e in cui mi piace stare. Persone che, comunque vada, vorranno arrivare alla fine, se non altro per vederla insieme. Difficile sentirmi parlare di una storia «mia», quanto più di un progetto «nostro». E in quel «nostro» c’è il senso e il motivo per cui farlo.


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Dylan Dog Guardami sceneggiatura di Mauro Uzzeo e Roberto Recchioni disegni di Bruno Brindisi Sergio Bonelli Editore (in corso di pubblicazione)

Tavola 56 1\2 Tiffany, in piano americano, di profilo, con il fucile imbracciato e l’aria folle, istericamente esagitata e minacciosa. La ragazza è nella parte sinistra della vignetta. Nella parte destra vediamo che il corridoio degli studi si interseca con un altro. Poggiato con la schiena alla parete di quest’altro corridoio vediamo Dylan, che sta aspettando che la ragazza passi per colpirla. Dylan stringe l’accetta tra le mani, ha uno sguardo cupo, truce e disperato. 3 Controcampo. Alle spalle di Dylan che vede Tiffany che gli sta passando davanti. 4 Primo piano di Dylan. Cupo, truce e disperato. Dylan – Tiffany... 5 Nella soggettiva di Dylan. Tiffany, in primo piano, di spalle, mentre si sta voltando verso di noi, allarmata. Gli occhi di Tiffany sono sgranati e l’ombra di Dylan incombe su di lei. Dylan, come vedremo nella prossima vignetta, sta brandendo l’accetta sopra la sua testa. Tiffany – P-Pasticcino? 6 Nella soggettiva di Tiffany. Davanti a lei vediamo Dylan con l’accetta alzata e portata dietro la testa. Sul suo volto un’espressione omicida. L’impressione che dobbiamo dare al lettore è che Dylan stia per piantare l’arma nella testa della ragazza, spaccandogliela in due (in realtà Dylan userà il manico dell’accetta per colpire Tiffany e metterla fuori gioco). Dylan – Quante volte ti ho chiesto di non chiamarmi così?


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il racconto

voleva soltanto restare li ‘

E aspettare che lui tornasse per spiegarle il testo di quella canzone di cui non riusciva a capire il significato. Non a causa della lingua, era proprio il senso che le sfuggiva, si nascondeva nei nidi delle metafore poetiche dove tutto poteva voler dire il suo opposto e le basi certe diventavano improvvisamente equivocabili. Succede solo con queste cacate di canzoni inglesi, si disse Eva, non considerando il fatto che capire solo quelle italiane non l’autorizzava comunque a condannare l’idioma d’Albione. Non aveva mai riflettuto sul fatto che ogni nazione si fregiava delle sue discografie e le bastava così, accontentandosi di dividere la totalità della musica in italiana e inglese. il bene e il male. il bene chiaro e rassicurante, il male oscuro e indecifrabile. Categorie in cui non era contemplato alcun parametro emozionale, semplicemente, se non capiva di cosa stesse parlando, per Eva faceva schifo. «Un’altra di quelle cacate americane che ascolti solo tu!» Quando Eva gli si rivolgeva direttamente, le cacate da inglesi diventavano improvvisamente america-

ne, ma lui non se ne curava poi molto e, anzi, continuando a fischiettarla si chinò su di lei e le stampò un bacio sulla fronte. Seppelliscimi con dolcezza in questo grembo ti dono questa parte di me sta piovendo sabbia e io resto seduta stringendo dei fiori rari in una tomba… in fiore Era una voce calda e sofferta, quella che lei non aveva mai sentito prima, di quelle che promettono una ricompensa, così le aveva detto Adam la prima volta che si erano incontrati, la prima volta che l’aveva visto. «Ti conosco da prima che tu mi conoscessi», le diceva con un sorriso che la faceva arrabbiare. «Tu non mi conosci ancora oggi», ribatteva contenta del punto che aveva portato a casa. «io so chi sei stata finora e so chi sarai perché io e te staremo insieme». E questo lo sapeva anche lei. Perché Adam l’aveva portata via dalla sua vita senza tirarla per i capelli come avevano fatto gli altri, ma sussurrando le parole di una


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luana

vergari


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profilo Luana vergari è nata a Roma, vive a Bologna ma preferirebbe Parigi. Scrive quasi qualsiasi cosa dietro compenso. Ha scritto sceneggiature, fumetti, racconti, cartoon, i testi di due canzoni, uno spettacolo teatrale per bambini che si chiama Auva e altro. Per cinque anni è stata la ragazza immagine dell’etichetta di fumetto indipendente Self Comics. Nel 2006 ha pubblicato Bookcrossing (Tunué). Nel 2008 ha pubblicato Una famiglia perfetta (Lavieri edizioni), A volto coperto (Tunué) e Caro Babbo Natale... (Black velvet Editrice). Nel 2009 ha scoperto il magico mondo delle parole senza i disegni e un suo racconto è finito nell’antologia Racconti di Natale della casa editrice Cooper. La sua Cagna Scema si chiama Africa e il lungometraggio a cui sta lavorando con Massimo Semerano Kinostella 36. Da una settimana possiede un ukulele rosso bellissimo e pensa di poter imparare a suonare bene Yellow submarine per la fine della prossima. Questa biografia è stata aggiornata il 20 dicembre 2009 e domani è

l’anniversario di matrimonio dei suoi genitori. Ha appena scritto delle cose molto stupide parlando di se stessa in terza persona nonostante uno scrittore che stima moltissimo l’avesse messa in guardia da questa pessima abitudine. Ha ancora tanto da imparare. il suo blog è: www.luanavergari.blogspot.com.


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intervista Forse questo non è il più originale degli esordi possibili per un’intervista, però vero è che il mondo dei fumetti è sempre stato al maschile, specialmente nell’ambito della scrittura. Le autrici non sono mai state tantissime (anche se le eccezioni ci sono), tu come ti sei avvicinata a questo mezzo di espressione? A costo di sembrare molto impopolare e di essere fraintesa ti dico una cosa. io sono addirittura contraria alle quote rosa in politica. Basta, non se ne può più con questa storia delle donne. Non siamo una specie in via d’estinzione da proteggere o su cui fare statistiche, l’emancipazione dovrebbe produrre come risultato una normalizzazione, quasi una banalizzazione della presenza in alcuni ambienti lavorativi o culturali… dovrebbero smettere di contarti, tutto qui. Siamo come tutti gli altri: i maschi, i gay, gli stranieri… se sappiamo fare bene il nostro lavoro andiamo avanti e facciamo i fumetti o siamo elette in parlamento. Se non siamo capaci o non ci interessa oppure non so, ci saranno degli uomini o dei trans o chi altro al nostro posto. il vero problema è vivere in una società così decadente come quella italia-

na e se sei donna hai una serie di sfighe aggiuntive perché non ci sono gli asili, spesso non ci sono garanzie per la maternità, il mondo ti dice che se non sei abbastanza bella o in forma non vali nulla, hai una paga più bassa solo perché sei femmina e via dicendo. La metà dei colloqui di lavoro che ho avuto nella mia vita prevedevano domande del tipo: «Lei è sposata? Pensa di avere dei figli? Per caso crede d’essere incinta in questo momento?» Ecco, di questo dovremmo seriamente preoccuparci. Non ho mai conosciuto un uomo a cui sia stato chiesto a un colloquio di lavoro se pensava di avere un bambino di lì a breve. Quali sono le tue passioni e i tuoi interessi, fumettistici ed extrafumettistici, vorresti parlarci un po’ di te? Sono piuttosto infantile negli interessi e nelle passioni, divento quasi monomaniacale e poi mi passa. il problema è che non sono molto costante, il bello è che faccio o mi appassiono a cose assurde e dopo, senza pudore, vado avanti per quella strada. Per dire, la scorsa settimana ho comprato un ukulele e ora prendo lezioni da Ukulele Mike su


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Bookcrossing sceneggiatura di Luana Vergari disegni di Mauro Cao Tunué, 2006 Tavola 111 Vig. 1 Interno sera. Stanza Liseli. Nick è sdraiato sul letto di Liseli, è su un fianco e occupa il minor spazio possibile, visto che sul letto ci sono sedute anche Liseli, che non sembra proprio una bambina in procinto di addormentarsi, e Alice, che ha in mano il libro (ovviamente lo vediamo bene affinché sia riconoscibile). La lanterna magica è l’unica fonte di luce della tavola. ALICE Liseli?

Dopo però ti metti subito a dormire,

LISELI

Sì!

Vig. 2 P.p. di Liseli che sorride piena di vita. Soggettiva di Alice. LISELI

Te lo prometto.

Vig. 3 P.a. di Liseli e Alice che si danno un bacio sulle labbra. Vediamo bene che Alice ha ancora al collo il ciondolo con Snoopy. Le vediamo di profilo. È una soggettiva di Nick, che è sdraiato, quindi bisogna controllare bene ciò che è sulla destra e ciò che è sulla sinistra dell’inquadratura. Vig. 4 Esterno notte. La casa di Alice e Nick. C’è un’unica stanza illuminata: quella di Liseli. La luna è piena e il cielo terso, si vedono tante stelle.


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il racconto

mio nonno non è von gotha Noi ci andiamo sempre ad Angoulême. Angoulême è questa città in Francia dove fanno un festival internazionale di fumetti, è il festival più importante che c’è in Europa. La sera ad Angoulême vanno tutti a prendere un aperitivo prima di cena ché c’è sempre tutta questa gente in giro e per mangiare è un casino e devi prenotare oppure aspettare. Comunque, quando la fiera chiude vanno tutti allo Chat Noir o in un locale di fronte dove noi non torniamo più ché due anni fa Luca, che era con noi, ha rotto due quadri e una bottiglia di vino e a noi ci sembra brutto tornare anche se non ci riconoscono. La signora dello Chat Noir mi odia, fa sempre finta che non capisce quando le parlo in inglese e io dopo tanti anni che vado un po’ mi sento più sicura col francese e allora io le dico le cose direttamente in francese, ma niente, è sempre lo stesso. Lei fa sempre finta di non capire e mi dà le cose che non chiedo e me le fa pagare lo stesso. Quest’anno mi ha dato un caffè macchiato insieme a una birra invece delle noccioline, io non lo so se secondo lei io mi potevo voler bere un caffè macchiato insieme con la birra.

Comunque, allo Chat Noir una delle sere che eravamo lì abbiamo incontrato un disegnatore italiano che ci ha lasciato il suo tavolo. insieme al tavolo ci ha lasciato anche un suo amico ché fuori faceva freddo e allora il suo amico voleva aspettare dentro che arrivassero gli altri per andare a cena. il suo amico era vecchio, aveva ottantaquattro anni e faceva il disegnatore, somigliava un po’ a mio nonno, mio nonno ha ottantasette anni. Questo signore si è presentato ma io non ho capito il suo nome che c’era troppa confusione e lui aveva questa pronuncia inglese strettissima che io faticavo un po’ a capire e mi sembrava brutto chiedere di nuovo. Comunque è stato un po’ con noi... era molto gentile e mi ha fatto anche dei complimenti e io ho pensato che fosse un uomo d’altri tempi e che mi facesse i complimenti perché ero l’unica donna seduta al tavolo. Mi ha raccontato che era stanco perché aveva disegnato tutto il giorno in fiera. Poi quando questo signore se n’è andato ché era ora di cena, un mio amico che era con noi mi ha detto che quel vecchio era von Gotha e per me poteva essere chiun-


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album 14

euro 14,50

storytellers

Storytellers, otto sceneggiatori narrano il loro mondo: Andrea Campanella, Alessandro Di Virgilio, Andrea Laprovitera, Giovanni Marchese, Lucio Perrimezzi, Cristiano Silvi, Mauro Uzzeo e Luana Vergari. Otto percorsi diversi, e noi dietro a seguirne le tracce per riprodurre un cammino, rivivere l’entusiasmo e la speranza degli esordi e dei successi, dal fumetto underground a quello popolare fino al graphic novel. Interviste, racconti e trucchi del mestiere. E il prodotto finito, le tavole disegnate, accanto alle sceneggiature. Questo è Storytellers. Un omaggio della TunuĂŠ agli sceneggiatori e a chi vuole sbirciare nel loro laboratorio e scoprire come si scrive fumetto.

album

storytellers graphic novel e narrativa


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