In Viaggio nel Novarese #3_2021

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In Viaggio nel Novarese Percorsi turistici e curiosità


In Viaggio nel Novarese

Sommario

Redazione progetto editoriale ATL della Provincia di Novara

Presentazione 5

Grafica Full Print Srl Foto Archivio ATL della Provincia di Novara, Franco Voglino ed Elisabetta Porporato, Paolo D’Onofrio, Tiziano Boldrini, Federico Barra, Giovanni Malgherini, Enrico Cinquini, Luca Pittaroli, Vanni Vallino, Paolo Migliavacca, Giorgio Perottino, Alessandro Re

Itinerari d’arte nel Novarese Le Terre Monaci 6 Dalla Borgogna al Novarese: Cluniacensi e Cistercensi 7 Itinerario Antonelliano nel Novarese 9 Fontaneto d’Agogna: Scurolo di Sant’Alessandro 10

Illustrazioni Marina Cremonini, Gabriele Genini

Passeggiate in famiglia nel Novarese

Copertina Chiostro della Canonica di Novara, Carlo Sguazzini

San Nazzaro e le Lame del Sesia

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In bici nel Novarese Tra i borghi dell’est Sesia Novarese

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I Musei del Novarese Musei della Canonica del Duomo di Novara

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#ilmionovarese Le vostre foto del nostro Novarese più bello!

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Il gusto del Novarese Gallinella ripiena con verdurine all’aceto

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Presentazione Continua la nostra “mission” di valorizzare e promuovere il Novarese con questo nuovo numero de In Viaggio nel Novarese, il magazine che racconta gli itinerari, la natura, la cultura, i sapori del nostro territorio e una narrazione per immagini grazie ai nostri follower e lettori. In questo terzo numero proseguiamo con un altro itinerario dedicato alle Terre dei Monaci, e tanti altri contenuti che speriamo possano allietare la tua estate!

Continua a seguirci anche su Instagram e Facebook… il nome è semplice da ricordare @atlnovara Buona lettura e al prossimo numero!

La Presidente Maria Rosa Fagnoni

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Itinerari d’arte nel Novarese

Dalla Borgogna al Novarese: Cluniacensi e Cistercensi Innestate sul ceppo benedettino – …l’immagine “viticola”, come si vedrà, non può essere più calzante – le esperienze monastiche elaborate nel cuore della Borgogna, a Cluny e a Citeaux, dalla Francia si diffondono fra X e XI secolo in tutto l’Occidente cristiano, in risposta a spinte di rinnovamento che fremono ormai da tempo nella Chiesa. E arrivano anche nella terra fra Sesia e Ticino, varcando le Alpi e scendendo dalle valli e dalla terra dei laghi, fino a giungere alle porte della città, a Novara, dove ancora oggi la cascina San Maiolo, con la sua massiccia struttura bassomedievale lega antiche memorie cluniacensi al nome del santo abate, che proprio sulle Alpi venne rapito dai Saraceni, per poi essere liberato dal conte Guglielmo I di Provenza. Ma è a Carpignano Sesia, nel cuore della Biandrina, che si trova la migliore impronta di Cluny in terra novarese: la chiesa romanica di San Pietro, incastonata nel suggestivo tessuto medievale del ricetto, a sua volta inserito in una più ampia trama abitativa che non nega al visitatore piacevoli scorci settecenteschi (d’obbligo una tappa a naso in su nella

Le Terre Monaci Il Novarese possiede un patrimonio culturale straordinario: ogni borgo, anche il più piccolo, conserva testimonianze architettoniche e artistiche che meritano di essere conosciute ed apprezzate. Con il progetto In viaggio nel Novarese, l’ATL della Provincia di Novara prosegue l’opera di promozione proponendo il nuovo itinerario Terre dei Monaci nel Novarese. Attraverso i “paesaggi monastici”, con particolare attenzione all’età medievale, si accompagnerà il visitatore, dalla pianura alla collina novarese, alla scoperta di monasteri e delle loro dipendenze, di canoniche, di esperienze conventuali o di vita religiosa comunitaria, mettendoli in rapporto con il paesaggio, con le risorse economiche (terre, boschi, baragge, vigneti) e le infrastrutture (mulini, canali) che i monaci hanno saputo sapientemente sfruttare o attivare sul territorio. Pubblichiamo il secondo itinerario dedicato agli ordini Cluniacense e Cistercense.

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parrocchiale di Santa Maria, per ammirare la cupola ornata da Antonio Orgiazzi). Un gioco di progressivi ingrandimenti d’obiettivo che è anche cronologico: in San Pietro infatti gli affreschi absidali risalenti al XII secolo, e inquadrabili in un orizzonte artistico di respiro che va ben al di là delle stesse Alpi, costituiscono uno dei tesori pittorici più preziosi del Novarese, e rimandano alle prime origini dell’insediamento. Dal XII secolo la chiesa nel castello diventa dipendenza del potente priorato biellese di San Pietro di Castelletto, e con gli edifici attigui rappresenterà per secoli il centro della gestione del cospicuo nucleo di beni che il priorato possedeva a Carpignano: a pochi passi dall’edificio il notevole torchio cinquecentesco (uno dei più antichi in Italia nel suo genere) fatto costruire nel 1575 dalla famiglia Ferrari ricorda come le viti costituiscano un aspetto centrale nella vita economica della grangia di Carpignano, che tiene vigneti fin sulle colline fra Sizzano e Ghemme, dove l’attitudine alla produzione di vini d’eccellenza è quantomai d’attualità. Già che siamo sui “bricchi” del Monteregio, non bisogna inoltre perdere l’occasione per una puntata a Fara, tanto per ripassare il


Itinerari d’arte nel Novarese

Itinerario Antonelliano nel Novarese

calendario agricolo medievale di queste terre, affrescato a metà Quattrocento sulle pareti della cappella di San Pietro, e condividere – magari dopo un buon calice di Vespolina – la soddisfazione del contadino che pigia di buona lena appoggiandosi al bordo del tino. Vigneti e filari, certo, ma anche lavori di campo e di prato: ideali in una fascia di terra come questa, a ridosso del fiume, in cui la perizia agricola dei monaci ha saputo dissodare gli incolti e incanalare le acque, talvolta raccogliendole dove scaturiscono dal terreno nella testa di un fontanile. Come alla fontana della Scimbla, nel folto del bosco lungo il Sesia – sempre a Carpignano – da raggiungere a piedi o in bici magari durante le profumate fioriture primaverili. I muriccioli in ciottoli, le polle di acqua sorgiva e i sentieri aiutano a comprendere la complessità di un paesaggio lentamente e rispettosamente plasmato da un lavorìo plurisecolare, che ha visto nell’introduzione del riso solo l’ultimo tassello, dopo numerose altre esperienze, solo in parte sopravvissute sino ad oggi. Proprio alle porte del ricetto di Carpignano la tettoia in metallo vagamente eclettica ci ricorda ad esempio che ancora ad inizio Novecento qui si veniva per comprare e vendere bachi da seta, anima di un’attività oggi quasi del tutto scomparsa, ma che nel Novarese trova ancora luoghi in cui ascoltarne la storia affascinante, come ad esempio

nelle sale del Museo Etnografico “Fanchini” di Oleggio, o al Museo Didattico del Baco da Seta di Cressa. Le piantate di “moroni” – i gelsi, mantenuti per nutrire con le foglie i bachi – costituiscono del resto in età moderna una costante anche nelle economie di queste stesse fondazioni religiose, qui, come a San Nazzaro Sesia, duttili nell’assecondare le tendenze di mercato con una verve imprenditoriale che, in molti casi, solo le forzose soppressioni napoleoniche giungeranno a stroncare. È anche la storia di Casalvolone, centro che merita oggi una visita per la stupenda pieve romanica di San Pietro, ma che a partire dal XII secolo accoglie dall’abbazia milanese di Morimondo i primi monaci cistercensi, chiamati da Ardizzone, Enrico e Tommaso dei signori de Casaligualono. L’abbazia di San Salvatore va così strutturandosi intorno ad una chiesa a tre navate, fiorisce nei suoi primi secoli di vita poi trasformarsi in commenda a fine ‘400, ed essere infine soppressa nel 1819. Scomparsa anche la chiesa, resta oggi la sua memoria nella cascina San Salvatore, alle porte del paese, ma forse guardando il ritmo del paesaggio agricolo circostante si legge in filigrana la traccia lasciata da un ordine che concentra la gestione delle sue risorse patrimoniali su allevamento e cerealicoltura, pratiche che implicano incisive azioni di modellazione del territorio. Oggi le mandrie abbaziali non svernano più lungo le sponde del fiume, ma davanti a una profumata ruota di gorgonzola – a completare la triade insieme a riso e vino – è facile percepire quelle antiche economie monastiche come parte del DNA della piana novarese di oggi. Gabriele Ardizio

Inquadra il QR Code e collegati al sito dell’ATL della Provincia di Novara per conoscere i 5 percorsi di Terre dei Monaci nel Novarese 8

Alessandro Antonelli nasce a Ghemme nel 1798 e viene considerato con Guarino Guarini (1624-1683) e Filippo Juvarra (1678-1736) uno dei tre architetti che nel corso di tre secoli hanno lasciato un’impronta indelebile della propria creatività in Piemonte. È attraverso la narrazione di storie, la lettura di documenti e lettere, l’osservazione di disegni e progetti che emerge la figura di una personalità unica che sapeva unire l’estetica della perfezione classica alla sperimentazione tecnica. Geniale nelle intuizioni, dalla volontà di ferro, scrupoloso in ogni dettaglio delle sue opere, di cui seguiva personalmente l’avanzamento dei lavori, era attratto sopra ogni altra cosa dalle altezze, una tensione continua verso il cielo come ben testimonia l’opera novarese sua più famosa, la Cupola di San Gaudenzio. Prosegue dunque il racconto del nostro Itinerario Antonelliano, di uno dei nove comuni che ospitano una testimonianza architettonica, anche questa volta descritta da storici locali e studiosi, accompagnata dai bellissimi disegni dei nostri Urban Sketcher.


Itinerari d’arte nel Novarese

Fontaneto d’Agogna Scurolo di Sant’Alessandro Lo scurolo di Sant’Alessandro, simbolo di aggregazione della comunità di Fontaneto, con i recenti restauri ha riconquistato l’immagine originaria, goduta per la prima volta dal popolo nell’agosto 1850, in occasione della prima solenne traslazione delle reliquie nel sacello. Nel 1839 l’arciprete don Martino Jelmoni aveva ottenuto dalla Curia romana i Sacri resti con un “vaso di sangue”, provenienti il 12 gennaio 1832 dal cimitero di Sant’Ippolito sulla via Tiburtina. Ricomposti, furono collocati sotto l’altare di Tutti i Santi della Parrocchiale. L’idea di costruire uno scurolo per custodire le reliquie nacque nel dicembre 1840 e l’8 luglio successivo la Fabbriceria deliberò «di invitare l’Ill.mo Sig.re Architetto Alessandro Antonelli di Maggiora… per un suo disegno». I fontanetesi si rivolsero al massimo architetto che il Piemonte disponeva e spettò a lui la scelta del sito, donato dai Visconti, su cui innalzare l’edificio. Era di casa nella località: qui abitavano la zia materna e la sorella Giuseppa, sposata con Giovanni Morotti, fabbriciere della nuova fabbrica e sindaco del paese. A Fontaneto nel 1822 egli aveva eseguito il suo primo progetto giovanile: l’altare a tempietto dell’oratorio di San Rocco, modello propedeutico per quello del duomo novarese. Si ha notizia che per l’impresa eseguì almeno 15 disegni, oggi dispersi. È simpatica l’immagine del Professore che all’inizio di ottobre 1842 (aveva 44 anni) con la “vittura” trainata da cavalli veniva in loco per tracciare sul terreno la planimetria progettata. Il 27 novembre di quell’anno Jelmoni benedisse la prima pietra. La monumentalità e le eleganze che conosciamo nelle sue elaborazioni più grandiose sono tradotte in scala minore nell’edificio di Fontaneto, che nella forma è neoclassico, richiamando il Pantheon di Roma in coerenza alle idee accademiche, con colonne giganti di ordine corinzio e lacunari fioriti digradanti nell’intradosso della cupola, un tempo arricchiti del rosone in stucco. Come nel contemporaneo progetto per la cupola di San Gaudenzio, attento alle forze intrinseche strutturali, adotta il sistema portante a fulcro. A Fontaneto i fulcri sono le dodici colonne alveolate, 10

costruite in laterizio, materiale povero, ma con il risultato delle più pregiate colonne in marmo se rivestite di semplice stucco lucido. Esse sono le strutture portanti della cupola e consentono l’alleggerimento dei muri perimetrali scavati dalle dieci nicchie per le statue, salvaguardando la condizione di equilibrio della fabbrica. Le parti murarie in rustico furono completate nel corso del 1843. Nella primavera dell’anno seguente fu costruito il lucernario e la contessa Caterina Lucini Passalacqua, che aveva accompagnato a Roma Jelmoni per ricevere il sacro dono, versava per prima una consistente offerta. Dopo di che si iniziò a pensare alla decorazione e agli arredi. Il vicario, previdente, si rivolse alle famiglie confeudatarie e possidenti del luogo: Visconti, Borromeo, Ottolini Visconti, Conelli, Fortis, Ferrari, Zenoni e altre, perché, come egli scrisse ad ognuna di esse in data 18 febbraio 1844: «i lavori di decorazione che il Chiarissimo Sig.re Architetto Antonelli giudica i più convenienti all’Ordine impiegato, ed i meno dispendiosi», non sono «impresa da potersi sostenere dalla sola Popolazione di Fontaneto» ma esigono «assai più che lavori e limitate offerte, quali quelle che può compiere un popolo agricolo». I dieci bassorilievi con le Storie di Sant’Alessandro Martire che coronano le pareti, e le sottostanti statue dei Santi furono realizzati tra il 1845 e il 1848 dallo scultore Giuseppe Argenti (1810-1876). Nel 1845, tra giugno e agosto, fu definito con l’Argenti il contratto per le dieci statue dei Santi in «creta cotta con vernice bianca», da collocare nelle nicchie degli intercolunni. Per collocare i riquadri figurati a coronamento delle pareti fu usato un “ponte a ruote” mobile trasferito da Bellinzago, dove Antonelli stava costruendo la parrocchiale. Fu pattuita la spesa totale di 3300 lire per le statue e gli angeli, e di 2700 lire per i bassorilievi «col obligo di darli ultimati» nel giugno 1848. Il trasporto e l’imballaggio da Novara a Fontaneto sarebbero stati a carico della parrocchia. Sia nei bassorilievi che nelle statue l’attenzione di Argenti fu quella di levigare oggettivamente le figure per meglio rendere la naturalezza degli incarnati.


Itinerari d’arte nel Novarese

Il

fregio figurato si integra agli esiti eclettici dell’edificio, sintesi di forma classica e di ricerca tecnicostrutturale avanzata. Le esigenze religiose, didattiche e politiche sono il filo conduttore nell’ideazione del programma decorativo nel clima storico di forti fermenti risorgimentali, miranti alla riorganizzazione del concetto di “unità nazionale”. La memoria dei fasti eroici della nazione, indirizzata alla riconquista del sublime sentimento d’Amor Patrio nel nome della libertà, in un’Italia divisa e oppressa dallo straniero, regola l’ideazione artistica che assume il ruolo della “televisione” del XIX secolo. Non si esclude che sia stato Antonelli a suggerire alla Fabbriceria anche il nome delle altre maestranze attive nel cantiere, tra cui lo stuccatore Antonio Facchetti, in concomitanza alla presenza di Argenti, con cui aveva lavorato in San Gaudenzio a Novara, rivestì tutto l’interno a stucco lucido, sagomò le cornici della cupola, eseguì i lacunari con i rosoni anch’essi a stucco (gli odierni dipinti risalgono al 1939, opera del pittore e decoratore novarese Giulio Vanzaghi). Intagliò, con generosità naturalistica, anche i preziosi capitelli a foglie d’acanto, ricorrenti nelle fabbriche antonelliane. Ebbe come collaboratore Antonio Rampino di Fontaneto, massaio dei fratelli Francesco e Carlo Conelli. Nel frattempo il pittore novarese Giuseppe Raineri tinteggiava le colonne e le pareti creando il delicato effetto a finto marmo; sulla cupola, dipinse i fondi dei rosoni con il colore «pavonazzo», evidenziato dal recente restauro (2014), e le cornici «con un bianco sporco un poco caldo e con qualche venatura a imitazione del marmo», secondo le precise indicazioni del Professore, lasciando la sua firma sull’intonaco. Nell’autunno 1849 Stefano Bossi tradusse nel marmo l’altare a tempietto e la balaustra, recentemente integrati con moderne scale devozionali, realizzate in ferro battuto da Franco Bonetti. Giovanni Maggi «indoratore e inverniciatore» con bottega nella casa Selletti sulla Piazza del Rosario di Novara, indorò i capitelli «in oro lucido e smorto». Il Maggi per la festa dell’anno seguente indorò anche la greca alla sommità della cupola, le sei “fodrine” di legno per la chiusura della cassa di cristallo intagliata dallo scultore torinese Bosio, su disegno di Antonelli, alcuni listelli della stessa e dipinse a bronzo la parte

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sottostante, compresi i piedestalli; indorò infine le basi di due colonnine. Dopo 10 anni di sacrifici lo scurolo era pronto. In un primo tempo lo si voleva inaugurare nell’estate del 1849, rispettando la scadenza decennale dell’arrivo dei sacri resti da Roma. La sconfitta di Novara nel marzo di quell’anno degli eserciti di Carlo Alberto da parte delle truppe austriache di Radetzky costrinse a ritardare i primi grandi festeggiamenti all’anno seguente, scegliendo la seconda domenica di agosto, quando i campi non richiedevano particolari cure. Il ceroplasta don Giulio Gugliemetti, che già nel 1839 aveva ricomposto le reliquie, mascherò il macabro scheletro con un volto di cera dall’espressione dolce, realisticamente segnato dalla ferita grondante sulla fronte. In stretta analogia con i problemi politici italiani del tempo, per Fontaneto il martire fu il “Risorgimento”, assunse subito una valenza emblematica di unità nelle diversità dei nuclei frazionali di appartenenza. Nella microstoria del paese la presenza assumeva i connotati del riscatto dei fontanetesi dopo un millennio di oppressioni e di duro lavoro nei campi, prima come “famuli” del monastero, poi come “massari” dei Visconti. Non fu una presa di coscienza immediata se, come scrive il notaio Giacomo Crespi nelle sue Memorie, alla festa della traslazione del 1850, per divergenze con l’arciprete, non partecipò l’amministrazione comunale. Ma neppure i compadroni presero parte, se non la contessa Elisabetta Ottolini Visconti, grande benefattrice nell’impresa perché particolarmente legata al possedimento di Fontaneto, la quale nell’occasione acquistò, a 88 lire e 10 centesimi, la vecchia tunica del Santo, donando al tesoriere 800 lire per il vestito nuovo di «raso rosso ricamato in oro». Con il trascorrere del tempo i fontanetesi si dimenticarono dell’antico patrono San Sebastiano titolare della chiesa del castello, che rappresentava il “vecchio” mondo di sacrifici. Tra la seconda metà dell’Ottocento e il terzo decennio del secolo successivo i contadini incominciarono ad acquistare per sé stessi quella terra da secoli duramente lavorata e Sant’Alessandro per loro rappresentò il

riscatto e l’inizio di una nuova era. La missione edificante del martire, raccontata con passione nei bassorilievi come storia concreta di speranza mediante immagini didatticamente efficaci, commuove e ammaestra e Alessandro universalmente assurge a modello da seguire. Ivana Teruggi


Passeggiate in famiglia nel Novarese

San Nazzaro e le Lame del Sesia Facile passeggiata ad anello, accessibile anche a passeggini, che partendo da una magnifica abbazia fortificata porta ad una grandiosa opera ingegneristica fluviale per poi seguire il corso del Fiume Sesia dalle caratteristiche Lame. Località di partenza e di arrivo: San Nazzaro Sesia (153 m.) Dislivello: irrilevante Lunghezza: 9 km totali Tempo di percorrenza: 3 ore totali al netto delle soste Tipologia di percorso: misto (asfalto, sterrata) Segnaletica: assente Acqua: fontane in San Nazzaro Sesia Periodo consigliato: tutto l’anno anche con neve, di particolare bellezza nel periodo primaverile con le risaie allagate Come arrivare: 18 km a ovest di Novara; dalla A26 uscita Biandrate-Vicolungo, direzione “Biandrate”; parcheggi 14

Via Umberto I, in alternativa anche in Via Fratelli Dell’Olmo (presso il cimitero). – In autobus linea Novara-BiandrateVercelli (www.stnnet) Informazioni: www.turismonovara.it www.abbaziasannazzarosesia.it www.comune.sannazzarosesia.no.it L’itinerario: Dal parcheggio (fontana) si punta in direzione dell’evidente campanile che spicca al di sopra delle abitazioni, passando davanti al Municipio e percorrendo Via Barbavara, lungo il quale si trova il Museo dei Ceppi che espone opere d’arte realizzate dal sannazzarrese Piero Baudo con materiali naturali come ceppi e radici d’alberi (chiedere in Comune per l’apertura). La bella via selciata porta a costeggiare le suggestive mura quattrocentesche fornite di torrette tonde su cui si eleva la mole del campanile. Sottovoce riveliamo un segreto: nonostante le torrette e i merli ghibellini, le mura non son mai servite a scopo difensivo. Risalgono ad un periodo in cui vi era pace e non vi era necessità di un sistema difensivo così articolato. Semplicemente, erano uno sfoggio di prestigio e servivano a rivelare al visitatore di passaggio lo stato di benessere dell’abbazia che in questo periodo tocca il massimo del suo splendore, sottostando unicamente a Roma e non a qualche diocesi locale. Oggi non più, ma le mura erano interamente percorribili a piedi e vi era un ponte lavatoio per accedervi.

La torre campanaria è decisamente più antica: risale al 1050 e nacque come torre di avvistamento per osservare già da lontano l’avvicinarsi di gruppi di persone (si pensi che da lassù è possibile vedere sia Novara che Vercelli!). Staccata dall’edificio della chiesa, è alta 35 metri ma all’epoca non aveva il tetto. Appena dopo la curva della via si apre il passaggio tra le mura che introduce al complesso. Si tratta di un ingresso “recente” poiché l’antico ingresso originale sul ponte levatoio, che si trovava davanti alla chiesa, è scomparso perché inglobato negli edifici privati. La facciata dell’edificio è racchiusa tra due lunghe ali che sono ciò che resta del nartece del 1150, ossia una sorta di vestibolo addossato alla facciata e riservato ai catecumeni,

le persone non ancora battezzate e che quindi non potevano accedere alla chiesa vera e propria, ipotesi accreditata dal ritrovamento, negli anni Sessanta, di canali di scolo che indicherebbero la presenza, al centro di questa area, di

una fonte battesimale. Inoltre, era probabilmente utilizzato anche come luogo di ristoro per i numerosi pellegrini. Sulla destra si trova la porta che introduce al chiostro, anch’esso quattrocentesco, indispensabile per la vita monastica dell’epoca poiché è attorno a questo porticato che si svolgeva la vita dei monaci con le celle, il refettorio, la sala capitolare e i magazzini. Un tempo doveva essere completamente affrescato su tre livelli con episodi della vita di San Benedetto ma oggi è rimasta solo una minima parte di questo decoro, anche se ciò che si può ancora vedere è assai interessante, in particolar modo la presenza di una “didascalia” al di sotto di ogni scena scritta nel la lingua “volgare” del Quattrocento, un dettaglio che rende questi affreschi simili ad antichi fumetti. Dal chiostro si accede alla chiesa del 1450 che presenta un bell’interno con volte a crociera. Curioso l’affresco nella navata di destra che raffigura San Nazario a cavallo, in cui è segnata la data 12 ottobre 1480. Lasciato il complesso dell’abbazia si torna un poco indietro, per poi prendere la stradina pedonale sulla sinistra (fontana) che porta su Via Vittorio Emanuele III. Si prosegue andando a sinistra fino all’incrocio con Via Guglielmo Marconi. Si gira ora a destra seguendo questa via che è affiancata da un basso canale pieno di pesci guizzanti. Raggiunte le ultime case, la via prosegue come sterrata inoltrandosi tra i campi, formati in prevalenza da risaie, mentre l’orizzonte è chiuso dalla linea del Monte Rosa. La strada procede dritta portando verso gli edifici della frazione Cascinale, osservando gli edifici si può intuire come un tempo fosse un piccolo nucleo fortificato. La strada si fa nuovamente asfaltata inoltrandosi tra gli edifici con una sorta di slalom verso destra (fontana). Appena superata la


Passeggiate in famiglia nel Novarese

passeggino. Con bambini che non camminano molto ci si può recare con l’auto presso la cava e percorrere il solo tratto di argine fino a che si ha voglia; fino all’imbocco del Canale Cavour sono 2,5 km solo andata. Per saperne di più: Ie nutrie Assai simili ai castori, presentano però una coda liscia che ricorda maggiormente i ratti mentre i grossi incisivi presentano una colorazione arancione viva, a volte tendente al rosso. In realtà non è un animale nostrano, la sua origine va cercata in Sudamerica dove venne cacciato per la sua pelliccia; il “castorino”, introdotto in Italia per scopi commerciali, si è rapidamente diffuso a causa dell’assenza di predatori naturali. Elisabetta Porporato e Franco Voglino

maggior parte degli edifici si trova sulla sinistra la chiesetta dedicata alla Madonna delle Nevi (panchina). La strada prosegue con una netta curva a sinistra portando in breve ad una curva decisa verso destra, appena oltre la quale si deve prendere a sinistra così da arrivare sull’argine del Canale Cavour. Terminato nel 1866, serve ad irrigare i campi, soprattutto le risaie, ed è lungo 83 chilometri andando dal Fiume Po a Chivasso fino al Fiume Ticino a Galliate. Si segue l’argine verso sinistra, lungo la strada asfaltata che raggiunge una presa del canale. Nota: come si può vedere esiste un sentiero sull’argine opposto, molto invitante e suggestivo. Lo si può raggiungere andando a destra, così da superare il canale con un ponte per poi riprendere la via a sinistra. Si tenga presente, però, che a conti fatti si allunga la strada totale da percorrere abbreviando ben di poco il tratto di asfalto... Da questo punto si prosegue sempre sulla medesima riva lungo la strada, che si fa ora piacevolmente sterrata, fino al termine di essa. Ci si trova così di fronte all’ampio letto del Fiume Sesia, caratterizzato da un fondale in questo punto particolarmente liscio. Questo perché qui il Canale Cavour passa proprio al di sotto del fiume tramite un sifone, per proseguire la sua corsa verso Galliate. Si lascia il Canale Cavour per andare a sinistra lungo il corso del Fiume Sesia, camminando lungo la sterrata che si tiene 16

sulla sommità dell’argine così da avere una visuale più elevata e ampia. Il fiume è caratterizzato dall’avere un carattere torrentizio con piene improvvise alternate a periodi di secca, la cosa fa sì che si creino specchi d’acqua, ghiaioni, spiagge e le cosiddette “lame” (zone paludose) che ogni anno si modificano incessantemente. Tenendo gli occhi aperti è possibile vedere i tipici uccelli di fiume come garzette e aironi. Alcune tracce sulla destra permettono di avvicinarsi alle rive mentre sulla sinistra appaiono un paio di laghi, purtroppo inaccessibili. Soprattutto sulle acque del secondo bacino, molto bello, è possibile vedere germani reali, gallinelle d’acqua ma anche le tozze nutrie che nuotano intrepide. Poco dopo questo lago si entra nel parco Naturale della Lame del Sesia, la sterrata procede sempre sull’argine e se ci si muove in bicicletta se ne potrebbero percorrere chilometri e chilometri. Se si è a piedi, invece, una volta raggiunta una brutta cava è meglio abbandonare l’argine per andare a sinistra, raggiungere l’asfalto e con questa via fare ritorno verso San Nazzaro Sesia, passando nei pressi del cimitero (panchine e fontana) e chiudendo il cerchio. Consigli per i baby escursionisti Passeggiata molto facile, per bambini sopra i 5 anni o così piccoli da poter essere portati a spalla o anche in

Per altri suggerimenti di itinerari da fare con i bambini visita il sito www.turismonovara.it


In bici nel Novarese Tra i borghi dell’est Sesia Novarese Alla scoperta dei borghi ed antichi castelli nell’Est Sesia novarese, da Novara a Carpignano attraverso i comuni di San Pietro Mosezzo, Casaleggio, Vicolungo, Mandello, Landiona, Sillavengo e Castellazzo, nella pianura solcata dal canale Cavour.

Km parziali

Km progressivi

Descrizione del percorso

0

0

Partenza dal piazzale della Chiesa della Madonna del Bosco (Corso Vercelli) di Novara

1,8

1,8

Lungo la strada per Vercelli, SR11, dopo 1,8km si devia a destra per Casalgiate

1,1

2,9

Raggiunto Casalgiate, si devia a sinistra per Gionzana

2,8

5,7

A Gionzana merita una visita l’Oratorio della Madonna del Latte

2,3

8

Proseguire per San Pietro Mosezzo

2,2

10,2

Proseguire sulla SP11; dopo circa 1,2Km deviare a destra e raggiungere Mosezzo

3,5

13,7

Proseguire sulla SP12 fino a Casaleggio

3

16,7

Attraversato Casaleggio, si prosegua sulla SP12 fino a Vicolungo

2,7

19,4

Proseguire sulla SP15 fino a Mandello Vitta

3

22,4

Prendendo a sinistra sulla SP82, raggiungere Landiona

4,2

26,6

Girare a destra e, proseguendo lungo la SP16, si raggiunge Carpignano Sesia

2,5

29,1

Girare a destra proseguendo sulla SP15 per raggiungere Sillavengo

4

33,1

Attraversare il paese, tenendo a sinistra; si prosegua sulla SP154 fino a Castellazzo

3,2

36,3

Al semaforo girare a destra sulla SP14/a raggiungendo Casaleggio

3,5

39,8

Riprendere la SP12; dopo 600m proseguire diritto sulla sterrata che passa per le Cascine Buontalento, Regina e Colombare

3,7

43,5

Proseguire sempre sulla sterrata che passa dalla Cascina Nuova, raggiungendo Nibbia

4,5

48

Prendendo a destra, passate le Cascine Obbiadino e Posta, si incrocia la SP11 (zona industriale)

3

51

Girando a sinistra, proseguire sulla SP11 fino a Novara

Il percorso si snoda principalmente su strade secondarie o a traffico limitato, solo per brevi tratti segnati in verde sulla cartina. FARE ATTENZIONE su strade trafficate; si percorrono in totale 51km circa, di cui 3,5km su sterrato. Percorso realizza Bici – FIAB Novara.

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In bici nel Novarese

Cosa vedi sul percorso Gionzana - Novara

Casaleggio

Vicolungo

Oratorio della Madonna del Latte In mezzo alle risaie nei pressi di Gionzana sorge la piccola chiesa anticamente denominata Santa Maria della Scaglia. Al suo interno un ricco ciclo di affreschi del XV secolo, sapientemente restaurati, rappresentano i santi più cari alla devozione popolare, oltre alla Madonna Addolorata, mentre la tanto venerata effige dedicata alla Madonna del Latte, ha subito un furto negli anni ’70 del Novecento.

Chiesa Parrocchiale di Sant’Ambrogio Oggi si presenta in forme barocche anche se le sue origini sono antecedenti. L’edificio a navata unica conserva al suo interno una tela di pregevole fattura, attribuibile al Morazzone o alla sua scuola. Lungo la strada che conduce a Castellazzo, sono visibili i suggestivi resti della antica Chiesa di Sant’Antonio. La struttura della chiesa a tre navate non è più fruibile, in quanto la vegetazione rampicante ha coperto quasi completamente le pareti esterne, ad eccezione del campanile, ancora parzialmente visibile, con la sua base quadrata che si eleva su 5 livelli di altezza, delimitati da cornici marcapiano ed evidenziate con monofore. Termina con un cupolino lapideo.

Chiesa Parrocchiale di San Giorgio Di origini antiche, conserva parti di muratura romanica su cui è ancora visibile un bell’affresco del Quattrocento, raffigurante San Giorgio, il drago e la principessa. Merita una visita anche l’Oratorio di San Martino, nei pressi dell’Outlet; di impianto romanico, la chiesa risale al XII secolo ed è costituita da un’unica aula e abside semicircolare; di grande interesse gli affreschi della zona absidale e sulle pareti laterali, sopravvissuti al parziale crollo avvenuto nel 1895 in seguito a una nevicata, che raffigurano Cristo Pantocratore con gli Evangelisti, i Profeti, gli Apostoli e le Opere di Misericordia; ai lati l’Arcangelo Michele e una Madonna in trono con Bambino. Gli affreschi, recentemente oggetto di restauro, sono stati attribuiti alla bottega dei De Campo, famiglia di artisti molto attiva nel territorio Novarese. Castello La rocchetta, la parte più antica della fortificazione, risale al XV secolo; il resto della struttura è composto da vari edifici stratificatisi in epoche diverse, oggetto anche di vari restauri e ampliamenti. In buono stato conservativo le finestre a sesto acuto e le imponenti caditoie. Tre sale custodiscono decorazioni seicentesche, raffiguranti grottesche, simboli araldici e stemmi gentilizi.

San Pietro Mosezzo Chiesa Parrocchiale di San Pietro Apostolo Costruita nel XVI secolo su un edifico preesistente, è una costruzione dalle linee semplici. Sulla navata unica con volta a botte si aprono due cappelle dedicate al Crocifisso e alla Madonna del Rosario. Degni di nota gli altari barocchi in marmi policromi e gli affreschi del XVIII secolo.

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I Palazzi Di epoca medievale, o forse più antico, come risulta da alcuni reperti romani rinvenuti in zona, il complesso fu casaforte e feudo dei Conti di Biandrate ed utilizzato come centro di raccolta di prodotti agricoli. Al suo interno si ammira la Chiesa di Santa Maria delle Grazie (1591) riccamente decorata con stucchi e affreschi databili dal XV al XVII secolo; viene considerata una vera e propria bottega d’arte dove operarono i più noti pittori novaresi dell’epoca, come i Cagnola, i De Campo, i Merli, i Canta e probabilmente anche Gaudenzio Ferrari.


In bici nel Novarese

Vicolungo Outlets Al suo interno c’è un ufficio IAT (Informazioni e Accoglienza Turistica, tel. 0321.875967) dove poter reperire brochure e materiali utili a chi volesse visitare il territorio. Oltre ai negozi di abbigliamento, casalinghi, food&wine e cura della persona, è nato un nuovo spazio pensato esclusivamente per i più piccoli, il Kinder Park (per info e prenotazioni visita il sito vicolungo.thestyleoutlets.it). È possibile lasciare l’auto presso i parcheggi dell’Outlet e proseguire da qui in bici lungo il nostro itinerario.

Mandello Vitta

Landiona

Carpignano Sesia

Sillavengo

Castello Oggi sede del municipio e delle scuole, la fortezza fu commissionata da Paolo Caccia nel 1280.

Castello-ricetto Già documentato intorno al 1100, presenta al suo interno strette vie acciottolate su cui si affacciano edifici trecenteschi e quattrocenteschi. In una cantina del castello si conserva il più antico esemplare di torchio a peso del Piemonte, databile al 1575.

Oratorio di Santa Maria Nova L’interno è ricco di affreschi e decorazioni risalenti al XV-XVI secolo; in particolare nel catino absidale si trova un Cristo Pantocratore con i simboli degli Evangelisti.

Chiesa Parrocchiale dei Santi Pietro e Paolo Attualmente si presenta in forme ottocentesche ma le sue origini sono antichissime: infatti viene citata per la prima volta nel 1113. Oratorio di Santa Maria dei Campi Databile al XII secolo, subì ampliamenti intorno al 1493. Al suo interno è presente un ciclo di affreschi cinquecenteschi.

Chiesa di San Pietro in castello Sorge all’interno dell’antico castrum e conserva ancora oggi un prezioso ciclo di affreschi unico nel suo genere, databile attorno al 1140-1160; la chiesa fa parte della rete europea dei Siti Cluniacensi.

Parrocchiale di San Lorenzo La chiesa risale alla fine del XII secolo. Il campanile è tardo romanico mentre la parte absidale è di epoca successiva.

Castellazzo Rocca dei Caccia Oggi il castello si presenta come un complesso eterogeneo di edifici costruiti dal XV al XVII secolo, con annessa una chiesa privata. All’interno si erge l’imponente e maestosa rocca.

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I Musei del Novarese Dittico Eburneo del V secolo. Nelle sale successive sono esposti paramenti sacri, argenti, reliquiari e manufatti che rivelano la ricchezza degli arredi e degli apparati liturgici e devozionali di cui era fornita la cattedrale. Il percorso museale continua con sculture lignee e documentazioni della cultura manoscritta con pergamene, volumi per il servizio liturgico, bibbie, lezionari, sacramentari, messali, spesso con gli “incipit” miniati e preziose legature metalliche. La sezione del Lapidario invece conserva cippi, are, epigrafi, testimonianze della Roma Repubblicana e Imperiale, e ancora una collezione numismatica e manufatti dauni dei secoli IV a.C. e V a.C. in ceramica con elementi di altissimo valore storico e artistico. Preziosi e degni di nota anche gli antichi affreschi che decorano alcune sale dei Musei. I Musei sono chiusi dal 9 al 22 agosto.

Musei della Canonica del Duomo di Novara Collocati nel lato est e nord del quadriportico della canonica, i Musei propongono manufatti e documenti, provenienti dai depositi della cattedrale o da collezioni iniziate ad opera di personaggi illustri in stretto rapporto con la Cattedrale di Novara. I manufatti esposti consentono di scandire in due parti l’itinerario museale. Una prima parte, è dedicata a don Angelo Luigi Stoppa (1915-1998), giornalista e storico, che comprende il Tesoro della cattedrale; una seconda parte con epigrafi, are, cippi romani, monete e vasi fittili, porta il nome dell’abate Francesco Frasconi (1754-1836), erudito e paleografo, iniziatore della raccolta di antichità romane. Il percorso inizia con i gruppi statuari raffiguranti episodi della Passione, provenienti dal battistero del duomo nel solco della tradizione legata ai Sacri Monti. La collezione prosegue con sculture di età longobarda, marmi scolpiti, statue e chiavi di volta provenienti dalla antica cattedrale romanica; qui, al centro della sala, si ammira il prezioso 24

Vicolo della Canonica 9/14 - Novara tel. +39 0321.1813531 info@museiduomonovara.it www.museiduomonovara.it Apertura da mercoledì a domenica dalle 9.00 alle 18.00


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Le vostre foto del nostro Novarese più bello!

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Il gusto del Novarese Gallinella ripiena con verdurine all’aceto Ricetta per n. 8 persone Ingredienti Per la gallina: • 1 gallina di media grandezza • 250 g di carne di manzo tritata • 250 g di carne di vitello tritata • 250 g di carne di maiale tritata • prezzemolo • spinaci lessati • uova intere • sale, pepe q.b. • sedano, carota, cipolla e alloro

Per le verdurine all’aceto: • 2 carote, 1 zucchino, 1 peperone • ½ cavolfiore • 1 gambo di sedano • 250 ml di aceto • 500 ml di acqua • alloro, sale, pepe in grani, olio

PROCEDIMENTO Per la gallina: disossare la gallina con cura facendo attenzione a non rompere la pelle, inciderla lungo lo sterno e il petto si aprirà; continuare lungo la parte dorsale per togliere la carcassa; continuare con le cosce e le ali. Amalgamare le carni alle uova, salare, aggiungere una presa di prezzemolo tritato e una di spinaci tagliati a coltello, impastare fino a ottenere un composto compatto. Aprire la gallina e farcirla pressando in modo da far aderire la carne, chiuderla, avvolgerla in un canovaccio, legarla in più punti e metterla a bollire per circa 2 ore.

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Per le verdure: portare a bollore l’acqua con l’aceto, salare, mettere 4 grani di pepe e l’alloro, tagliare la verdura a tocchetti mettendo prima le carote e il sedano, poi il cavolfiore e lo zucchino, poi il peperone. Lasciare bollire ancora per 10 minuti, poi spegnere. Al momento di servirle condire con olio extravergine.


Agenzia di Accoglienza e Promozione Turistica Locale della Provincia di Novara Piazza Martiri della Libertà, 3 - interno Castello - Novara tel. +39 0321 394059 - info@turismonovara.it - www.turismonovara.it @atlnovara Progetto: In Viaggio nel Novarese


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