TuttoBallo20
FREEPRESS ON LINE non registrata DIRETTA DA FABRIZIO SILVESTRI - SEGRETERIA DI REDAZIONE PINA DELLE SITE - TUTTOBALLO20@GMAIL.COM - edizione "Stefano Francia EnjoyArt"
August|2020
Amilcar Moret Gonzalez
Camilla Mancuso
The Contrast ph © Alessandro Risuleo Coreografie di Gianmaria Piovano
TuttoBallo20 - August 2020 In copertina :i ballerini Amilcar Moret Gonzalez e Camilla Mancuso - The Contrast progetto di Alessandro Risuleo -
TuttoBallo20 - August 2020. Editore "Stefano Francia" EnjoyArt Direttore - Fabrizio Silvestri Vice direttore - Eugenia Galimi Segretaria di redazione - Pina delle Site Redazione - Marina Fabriani Querzè hanno collaborato: Ernesto Biagetti, Maria Luisa Bossone, Pietro Balsamo, Elena Botti, Marco Calogero, Antonio Desiderio Artist Management, Giovanni Fenu, Simonetta Festante, Mauri Menga, Michela Mignano, Walter Garibaldi, Giovanni Battista Gangemi, Lara Gatto, Danilo Piccini, Federico Vessella, Ciro Vinci. Foto: Danilo Piccini, Luca Bartolo, Alessio Buccafusca, Alessandro Risuleo, Veronica Napoleoni Studio. Foto concesse da uffici stampa e/o scaricate dalle pagine sociale dei protagonisti. Le immagini e le fotografie qui presentate, nel rispetto del diritto d’autore, vengono riprodotte per finalità di critica e discussione ai sensi degli artt. 65 comma 2 e 70 comma 1bis della Lg. 633/1941. É vietata la copia e la riproduzione dei contenuti e immagini in qualsiasi forma. É vietata la redistribuzione e la pubblicazione dei contenuti e immagini non autorizzata espressamente dal direttore. I collaboratori cedono all'editore i loro elaborati a titolo gratuito. Testata giornastica non registrata di proprietà: ©ASS: Stefano Francia EnjoyArt per contattare la redazione Tuttoballo20@gmail.com
BritishOpen Dance Championship e Junior Blackpool Dance Championship riprogrammati al 2021 È con grande dispiacere che il British Council e il Blackpool Entertainment Company Limited annuncia che il British Open Dance Festival e il Junior Blackpool Dance Festival 2020 sono stati annullati e riprogrammati solo per nuova stagione 2021 causa la pandemia del Coronavirus (COVID-19) e le sue ovvie conseguenze di dover preservare e proteggere innanzitutto la salute e la sicurezza pubblica. Un comunicato da parte di Michael Williams, Managing Director dei Blackpool Festivals, fa intendere che la decisione non è stata presa con leggerezza, ma sentendo la responsabilità verso tutti i partecipanti, impiegati, partners e visitatori e dovendo avere l’obbligo di seguire le linee guida del Governo Inglese riguardo alla sicurezza e alla salute pubblica. Essendo sicuro di aver preso la decisione giusta, Mr. William si scusa e ringrazia tutti per l’appoggio ricevuto in questa circostanza d’eccezione, invitando comunque a tenersi pronti per gli anni futuri! Le date ufficiali per l’anno 2021 sono: Champions of Tomorrow: 8-10 gennaio 2021 Junior Blackpool Dance Festival: 5-11 aprile 2021 British Open Championships: 24 maggio - 4 giugno 2021 Per chiunque volesse trasferire i ticket riservati per il 2020 nelle date riprogrammate al 2021 o per chi volesse essere rimborsato, troverà tutti i dettagli sul sito web: www.blackpooldancefestival.com
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TUTTOBALLO20|AUGUST 2020
Editoriale EUGENIA GALIMI Vice Direttore
LA DANZA SPORTIVA TRA SPERANZE E NUOVE REGOLE La danza sportiva è tra le discipline che stanno pagando il conto più salato per l’emergenza Coronavirus: le competizioni sono state annullate o rimandate a data da destinarsi e, si spera, di riprenderle a gennaio o a marzo 2021. Gli atleti rischiano di perdere la voglia di ballare, per loro è come una partita di calcio: hanno bisogno di scendere in pista. Lunedì 25 maggio le scuole di danza hanno alzato nuovamente le serrande, una riapertura arrivata dopo quasi tre mesi di stop, tra difficoltà e limitazioni. I più penalizzati sono stati i balli di coppia, dove spesso l’abbinamento non corrisponde a quello della vita reale. “Riapriamo sapendo che ci perderemo economicamente, ma vogliamo dare il messaggio che siamo fiduciosi che possa tornare tutto come prima”. Queste, in linea di massima, le parole di chi ha deciso, a differenza di altri, di alzare le serrande non appena è stato possibile e non rimandare a settembre il ritorno in sala. In Italia sono circa 24mila le scuole di danza, più difficile sapere il numero degli insegnanti, dato che non c’è un albo al quale iscriversi. In media ci sono circa due docenti per scuola. Non è stato sicuramente facile fare i conti con le nuove regole: il distanziamento, la cartellonistica, il gel sanificante, la misurazione della temperatura, ecc... oltre alle spese di sanificazione ed ai mancati incassi dovuti alla diminuzione delle presenze ai corsi ma, molti – specie nelle regioni in cui e' stato possibile farlo per il numero di contagi davvero bassissimo e grazie all'arrivo della bella stagione – hanno organizzato sale di danza all'aperto dove svolgere le varie attività dando a tutti un’opportunità per potersi allenare divertendosi in totale sicurezza. Dopo i pesanti mesi di isolamento e di quarantena a casa, quello che ci serve è tornare a respirare aria pulita risvegliando il nostro corpo e la nostra mente. Triste la realtà per il nostro settore, dispensatore di un farmaco naturale (spesso a due passi da casa nostra), ovvero il benessere psico-fisico dato dallo sport e dalla sana socializzazione. La Danza è un potente medicinale: da subito, al primo utilizzo il sistema immunitario ne risulta rafforzato. Infatti, praticando danza sportiva la produzione delle beta endorfine può arrivare a un +500%, la serotonina aumenta causando l'abbattimento del cortisolo, cioè l'ormone dello stress, producendo un aumento di felicità, che ci fa stare bene; di conseguenza il benessere rafforza il sistema immunitario. Le ricerche scientifiche calcolano una riduzione di 1/3 del rischio di contrarre agenti patogeni, ovvero i virus, quando il nostro corpo produce endorfine. Lo Stato Italiano ha da sempre incentivato e raccomandato la pratica dell'attività fisica e sociale nelle Associazioni Sportive, proprio per i suoi benefici, considerato anche che l'attività fisica rappresenta uno dei principali strumenti per la prevenzione delle malattie croniche non trasmissibili, per il mantenimento del benessere psico-fisico e per il miglioramento della qualità della vita, in entrambi i sessi e a tutte le età, comprese le persone con disabilità. Nel 1998 l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha proposto la modifica della definizione originaria del concetto di salute nei seguenti termini:"La salute è uno stato d'animo di completo benessere, fisico, mentale, sociale e spirituale, non mera assenza di malattia."Detto ciò, la ripresa delle attività sportive dilettantistiche rappresenta un fattore di forte significato in termini di promozione della salute. Purtroppo i tre mesi del lockdown hanno causato una brusca interruzione nel periodo principale di attività e, purtroppo, la ripresa nel periodo estivo non è una vera ripartenza: infatti, da sempre il periodo estivo vede la classica chiusura stagionale delle Associazioni e perciò il lockdown durerà quasi il doppio per molti di noi. Eppure le strutture, con il distanziamento minimo garantito dalle norme anti contagio obbligatorie per le società, possono essere una valida e sicura distrazione per ragazzi e bambini, che invece vediamo questi giorni riversarsi nelle strade cittadine creando assembramenti pericolosi per il contagio. Inoltre, la dura resilienza di noi maestri deve scontrarsi con la nuova realtà della didattica a distanza, che sta tenendo e probabilmente terrà impegnati i bambini e i ragazzi negli orari più diversificati, durante i quali frequentavano le nostre strutture, complicando così all'ennesima potenza la già flebile ripartenza e dando il colpo di grazia al nostro settore. Bisognerà cercare e trovare in breve tempo soluzioni atte ad aiutare le società e incentivare ragazzi, bambini e adulti nel proseguire la loro passione: una soluzione potrebbe essere quella di organizzare spettacoli all'aperto, appena sarà possibile, gestiti dalle amministrazioni locali e/o da enti di promozione sportiva, così da non fare affrontare le costosissime tasse comunali alle Associazioni. In ultimo, ma non meno importante, rivolgiamo un appello ai genitori, affinché non facciano abbandonare l'attività sportiva in questo periodo ai propri figli, poiché è meglio avere un figlio con una passione e un obiettivo (nel nostro caso sportivo), piuttosto che lasciarlo allo sbando per le vie insidiose della società dei tempi odierni.
ATTUALITÁ BALLO
FISCO E BALLO
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Morgan Bullock La ballerina afroamericana accusata di appropriazione culturale si difende: “l’unico colore è quello della passione” Un video virale mette una giovane ballerina afroamericana al centro di un contenzioso culturale tra l’Irlanda e la giovane Morgan Bullock. La storia inizia quando la 20enne ballerina afroamericana di Richmond in Virginia (Stati Uniti), appassionata di danza irlandese, ha condiviso su TikTok un video del suo ballo. Le immagini sono diventate virali sul social network giovanile e, oltre al successo su Morgan, sono piovute anche le accuse di appropriazione culturale da parte della comunità irlandese di tutto il mondo. Tutta la cultura delle danze celtiche hanno accusato la Bullock, di non essere idonea a ballare lo Step Dancing, perché di colore… Morgan Bullock si ritrova sempre ad essere l’unica del suo gruppo di ballo ad avere la pelle scura. Questa peculiarità risalta in maniera evidente tra le gambe dalla pelle chiara delle altre ragazze ed è inevitabile non accorgersene. Lo StepDancing ballato da Bullock, è una danza irlandese nata intorno al 1750 sulla tradizione dei maestri itineranti e prevede una coreografia basata su passi eseguiti prima dal piede destro poi dal piede sinistro in maniera speculare su un numero esatto di battute musicali; l’enfasi della danza è quasi completamente sul movimento dei piedi. «Ho visto questa danza per la prima volta in uno spettacolo e mi ha appassionata» ha raccontato Morgan in una intervista alla Bbc. «Ho partecipato a dei corsi e poi a gare e competizioni. Ero l’unica afroamericana, il colore della mia pelle in gruppi di ballerine prevalentemente bianche non passava inosservato» spiega, raccontando il numero infinito di commenti negativi e accuse che le sono pervenute quando ha iniziato a postare i suoi video sui social network. «Avrei capito se avessi cercato di appropriarmi di quella cultura e farla passare come mia, ma non è quello che faccio. Io riconosco da dove viene quella danza. C’è una differenza netta tra appropriazione ed apprezzamento» Immagine estratta dal profilo TikTok della giovane ballerina
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ATTUALITÁ E BALLO
FISCO E BALLO
Sabrina e Andrea "DA TRE ANNI PORTIAMO AVANTI UN PROGETTO DEDICATO AI GIOVANI, A SETTEMBRE TORNIAMO PER SELEZIONARE ALTRI TALENTI" di Fabrizio Silvestri
SABRINA BRAZZO - ANDREA VOLPINTESTA PROMOTORI DEL PROGETTO " JAS ART BALLET JUNIOR
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TuttoBallo20 Come nasce questo collettivo? il Collettivo ITAWEBallet nasce durante il periodo del ock down, un evento che ha paralizzato tutti, ed anche noi. Dopo le prime settimane io e Sabrina ci siamo attrezzati ed a casa abbiamo allestito una piccola sala danza, così abbiamo continuato un mini allenamento necessario a mantenerci in attività come ballerini. Durante quel periodo ci siamo domandati cosa si potesse fare per poterci impegnare psicologicamente e allo stesso tempo aiutare gli altri. Mentendo viva la nostraidentità di artisti ballerini, danzatori di teatro abbiamo pensato ad un collettivo di danza per continuare a parlare e scrivere di danza anche nel periodo di isolamento. La risposta di altri ballerini colleghi è stata da subito positiva e così è nato il Collettivo ITAWEBallet. Al collettivo oltre a me e Sabrina Brazzo, hanno aderito Antonella Albano Prima Ballerina del Teatro alla Scala, Francesco Costa, Ballerino Solista WienerStaatsballet, Jeshua Costa Ballerino Solista Malandain Ballet Biarritz Lusymay Di Stefano, già Ballerina del Teatro alla Scala e Direttrice Artistica, Accademia V Bellini Catania, Ida Frau Ballerina Solista Jas Art Ballet Company / Ballerina del MoravianSilesian Ballet (Rep. Ceca ), Alessio Di Stefano Coreografo e Regista, Enrico Melozzi Compositore, Autore e Musicista, Mirko Di Stefano VideoMaker, Giada Russo Responsabile Social Media. Il vostro primo progetto è "A MidApril Night’s Dream," in cosa consiste? Il progetto è stato realizzato con il giovane coreografo e regista siciliano Alessio Di Stefano. Con Alessio abbiamo strutturato questo Corto unendo una serie di coreografie diversificate per le varie situazioni che vivevamo in quel momento. Abbiamo sperimentato la coreografia a distanza, un lavoro nel quale ballerini e coreografo si interfacciano ,lasciando spazio alla creatività e sviluppando gestualità, movimento e situazione. E’un documentario creato dalla prima compagnia Web, una compagnia a distanza che interagisce tramite connessione virtuale.
Dopo settimane e settimane costretti in casa dall’emergenza sanitaria, la ripresa graduale delle attività non è ancora una certezza per il settore dello spettacolo dal vivo. Per chi vive di danza o di altre discipline artistiche che si svolgono su un palcoscenico, questo sembra un terribile incubo da cui è difficile riprendersi, senza voler negare i numerosi problemi che questa situazione sta oggettivamente creando alla sopravvivenza di diversi settori della società, ma lasciarsi andare allo sconforto non porterebbe a nulla di buono. Del resto lo sanno bene i ballerini: quando si cade, bisogna rialzarsi sempre e il prima possibile. Con uno spirito molto propositivo si è formato il Collettivo ITAWEBallet. Gli artisti che lo compongono, Nonostante la distanza, hanno creato un progetto video dal nome “A MidApril Night’s Dream”, un sogno di danza in Smart Working, su coreografia e regia di Alessio Di Stefano. Le musiche sono state affidate ad Enrico Melozzi, compositore, direttore d’orchestra, violoncellista e produttore discografico abituato a spaziare fra vari generi. Questo Ensamble composto da eccellenze della danza Italiana provenienti da importanti realtà come il Teatro alla Scala, l’Opera di Vienna ,Malandain Ballet Biarritz, ed anche giovani di talento, si è riunito sotto il nome di ITAWEBallet, prima compagnia creata nel web , con il preciso scopo di sostenere l’Arte e la Cultura in modalità Smart Working. Nel periodo del lockdown, gli artisti erano dislocati in varie regioni d’Italia, in Francia e in Austria, ma, nel pieno rispetto del motto #iorestoacasa e dello smart working hanno maturato insieme la scelta di fare qualcosa per essere più vicini, muniti di smartphone, tablet e di tutti i supporti tecnologici che hanno riempito le giornate in quarantena, creando ed eseguendo coreografiche e realizzando video. “A MidApril Night’s Dream”, è un Corto-Danza creato per il web e si sviluppa in maniera ironica ma con un messaggio chiaro, deciso e riflessivo. Noi abbiamo contattato due protagonisti di questo lavoro, (l’étoile internazionale Sabrina Brazzo, ed il primo ballerino Andrea Volpintesta).
Questo documentario dove può essere visionato? Questo video è visibile sul canale youtube ITAWEBallet e sul canale Video Art Project per il progetto B-lockeddown una piattaforma dove verranno inseriti anche altri lavori video, docufilm sulla danza. Quali obiettivi vi siete prefissati? Uno degli obiettivi di questo docufilm è raccogliere fondi per dare una mano alle scuole di danza in difficoltà a causa del Covid 19. La danza non può morire, la danza nel corso della storia è sopravvissuta a guerre a pandemie e sono certo vincerà anche su questa pandemia. Tutte le scuole di danza hanno dovuto chiudere e probabilmente molte non riusciranno a riaprire a settembre. Altre hanno riaperto a fatica, ma sicuramente ci vorrà del tempo per mettere a posto un po' le cose, quindi il nostro scopo è di dare inizio ad una campagna solidale che raccolga fondi a favore di scuole di danza in difficoltà. Siamo felici e fieri di essere stati la scintilla che ha fatto accendere una luce importante a tal proposito, ed essere stati di ispirazione per la creazione di una vera e propria piattaforma . Quali sono state le conseguenze del lockdown per voi e la vostra compagnia? Le conseguenze sono state sicuramente disastrose, oltre alle cancellazioni di impegni e spettacoli, abbiamo dovuto fermare anche il programma del “Jas Art Ballet Junior”, un progetto che portiamo avanti con successo da tre anni e di cui siamo fondatori e direttori artistici: il progetto è molto bello dedicato ai giovanissimi di età compresa tra o 11 e 18 anni e che ha come fine l’inserimento nel mondo del lavoro della professione della danza. Il nostro settore, a differenza degli altri, ha sofferto molto di più e anche se qualche compagnia è tornata sulla scena c’è ancora molto da organizzare e risolvere, ma è comunque un inizio. Il mio punto di vista, che è anche quello di Sabrina, è indirizzato alla massima collaborazione tra le diverse realtà del settore. Io credo che sia finita l’epoca dell’individualismo e sia iniziata quella della cooperazione e delle collaborazioni professionali serie.
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Sabrina Brazzo, Andrea Volpintesta come vi state organizzando per ripartire a settembre? Sicuramente riprendere in mano le nostre vite da danzatori professionisti e direttori artistici per rimettere in piedi tutti i nostri progetti. L’intento è quello di riportarci in attività come compagnia Jas Art Ballet con produzioni importanti già in essere, riallacciando collaborazioni proficue come quella con Francesco Ventriglia, ed una con Sabrina Massignani e, ovviamente, con i nostri ballerini. La prossima stagione abbiamo degli impegni già presi con il Teatro Carcano di Milano ed altri in fase di definizione. Da settembre speriamo di ripartire al meglio, nel rispetto delle norme stiamo studiando la strategia migliore, dalla nostra parte abbiamo la passione e l’amore che mettiamo e che da sempre ci ha contraddistinto nel fare questo lavoro. Punteremo come sempre sui giovani, con il progetto Jas Art Ballet Junior, li seguiremo nel percorso formativo per prepararli al meglio all’ingresso nel mondo professionale. Il nostro programma è centrato sulla formazione artistica ed il perfezionamento tecnico in più discipline. Noi selezioniamo accuratamente i giovani talenti su tutto il territorio italiano e li accompagniamo nella fase di crescita con una formazione adeguata . Il programma è molto impegnativo i giovani studiano con docenti artisticamente e professionalmente qualificati e riconosciuti sia in Italia che all’estero, il progetto JAB accompagna i giovani danzatori dai 12/16 anni fino ai 17/18, età dove con innesti mirati si inizia a calcare il palcoscenico da professionista e con professionisti. Da settembre il programma ripartirà sicuramente da Milano sede principale in collaborazione con AdD Accademia Danza Milano di Monica Martucci, dove si terrà una Audizione il 12 Settembre 2020 per chi supererà le Pre-Selezioni, e Massafra ( Puglia ) in collaborazione con Russian Ballet di Milena di Nardo con audizione il 9 Settembre 2020 ; tutto questo per dare possibilità anche a giovanissimi allievi del sud italia di partecipare e non rinunciare ad un percorso di questo tipo. Inoltre stiamo lavorando, sono aperte le PreSelezioni Web, anche per una partenza del programma a Venezia in collaborazione con Venezia Balletto di Sabrina Massignani dove si terrà l’Audizione il 5 Settembre 2020 e in Trentino dove invece le selezioni oltre che via Web saranno fatte durante uno Stage ( Entolé ) a Ronzone in Val Di Non in collaborazione con KinoCentroDanza di Sabrina Borzaga dal 24 al 30 Agosto 2020 .Io e Sabrina ci auguriamo che i sogni dei ragazzi si realizzino… Per chi vuole farne una professione, la danza non deve essere un passatempo, o un hobby. Per raggiungere i livelli di Sabrina e i miei bisogna lavorare duro ogni giorno…
Per Info preselezioni Web Jas Art Ballet Junior Milano - Massafra - Venezia - Trentino Scivi una email a: assculturalejasartballet@gmail.com FaceBook - Jas Art Ballet Junior INSTAGRAM - jasartballetjunior
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NANCY BERTI
UN "CICLONE" LATINO
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Da qualche anno nel dance star system, si sta facendo strada una giovane avvenente ballerina: Nancy Berti. Già campionessa professionista di danze latino-americane, insegnante di “Amici” e coreografa dell’ultima edizione di "Amici Speciale", Nancy inizia a studiare da piccolissima danza classica, per poi abbracciare la carriera da latinista riscuotendo da subito successo dentro e fuori la pista, fino ad essere medaglia di bronzo ai Campionati del Mondo di South American Show Dance e semifinalista pro latin al Blackpool Dance Festival. Dopo varie edizioni di “Amici” come insegnante e coreografa per le danze latine, a lei si deve la vincita del programma nella categoria danza di Vincenzo Durevole (ndr primo latinista ad entrare nella scuola di Maria De Filippi), la ballerina Trentina ha compiuto un altro passo inedito. Da Roma, città in cui vive, si è trasferita in Toscana sul set di “Ciclone”, chiamata da Takagi e Ketra (casa di produzione Sony), già famosi per i loro tormentoni estivi, per occuparsi delle coreografie del nuovo videoclip hit dell’estate 2020, cantato da Elodie.Insieme a Elodie, figurano Mariah e uno speciale featuring dei Gipsy Kings. Sul set hanno ballato Lorella Boccia, Giulia Pauselli e Federica Panzeri, che a passi di flamenco hanno rievocato le iconiche scene del film l’atmosfera della pellicola di culto degli anni ’90 “Il Ciclone”, diretta e interpretata da Leonardo Pieraccioni, regista che è anche protagonista di un cameo d’eccezione nel finale del videoclip, diretto dagli YouNuts! (Antonio Usbergo & Niccolò Celaia). Così un po' Natalia Estrada un po' Lorena Forteza, Nancy Berti con le sue coreografie ha tirato fuori l’anima spagnola e super femminile di Elodie. Nancy, sei la ballerina con la valigia? Sì lo sono.. e questa è una cosa positiva. Valigia è sinonimo di viaggio, di andare alla scoperta, di esperienze accumulate, di vita attiva, di energia che pulsa.
E tutto questo è necessario per essere riportato nel mio lavoro di insegnante e coreografa e, soprattutto, per arricchirmi personalmente come essere umano e ballerina. Come hai conosciuto Takagi e Ketra? Ho conosciuto Alessandro Merli (alias Takagi) nelle mie prime edizioni di “Amici”, quando io ero coach per le danze latino-americane e lui coach per i cantanti rapper nella scuola. È subito nata una bella amicizia ancora ridiamo di alcuni aneddoti passati. E quando, questa primavera, hanno dovuto pensare ad una coreografa “latina”, Alessandro mi ha detto che non ha avuto dubbi “Io conosco la più forte di tutti” (risata contagiosa) Lo ringrazierò sempre per questa superba esperienza. L’ispirazione di Pieraccioni, come ti ha aiutato a creare le coreografie per Elodie? Pieraccioni è un genio della comunicazione diretta e semplice. Elodie una voce pulita e molto femminile. Le coreografie, o meglio il ritornello, doveva essere alla portata di chiunque per essere riballato durante l’estate. Avendo chiare queste caratteristiche.. la musica e il ritmo mi hanno aiutata a fare il resto. Settembre è vicino e Nancy cosa progetta di fare? Nancy progetta tutto scrupolosamente, ma allo stesso tempo rimane aperta a qualsiasi opportunità. Perché quello che cerco di fare è, semplicemente, capire dove posso essere più utile, dove posso portare progressi, positività, dove posso avere un bello scambio di energia e poi via.. mi ci tuffo a pieno, che sia nel mio campo agonistico, in quello della televisione o in altri progetti artistici completamente nuovi. Progetti che ultimamente, dalla sola Italia, stanno prendendo anche il via europeo. Cosa questa, che mi ripaga della costante dedizione alla mia arte e del provare sempre a guardare un po’ più in là, senza limite alcuno.
PERSONAGGI E BALLO
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Arianna Esposito: "Ballo per amore dipingo per passione" DI PINA DELLE SITE
PERSONAGGI E BALLO
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Arianna e Gianni sono una coppia di professionisti di Danze Standard. Il mondo della danza inizia a conoscerli nel 2008, quando insieme decidono di scendere in pista nelle danze di coppia. Dopo aver maturato una forte esperienza come amatori, affermandosi a livello internazionale, 2° posto nel Campionato Nazionale WDC (Italia) 2009 e 2010, 4 ° posto al WDC European Championship 2010, Semifinalista nel WDC AL World Championship 2009 e 2010, La Coppia decide, nel 2011, di entrare nel professionismo continuando a consolidare il proprio successo. Nel 2017 ottengono risultati grandiosi, vincono UK Championship Resing Star Ballroom, Runner Up a Blackpool Dance Festival Resing Star Ballroom, e diventano Finalisti al Campionato del Mondo Classic Show Dance. Gianni Caliandro ha iniziato la sua carriera a 7 anni. All'età di 15 anni, inizia a girare il mondo nelle varie competizioni internazionali. Il 2006 è l’anno d’oro per lui, ottiene grandi risultati, come semi-finalista in tutte le principali competizioni Under 21: Blackpool Dance Festival, German Open, International Championships. Nel 2008 incontra Arianna Esposito, ballerina di estrazione classica. Arianna Esposito, all’età di 5 anni, per la prima volta indossa le scarpette da ballo, studia la tecnica classica per diversi anni, fino a quando non decide di cambiare scarpette lasciando sul tappeto le punte eì di indossare il tacco. Arianna inizia così a ballare con il fratello la disciplina del 10 Dance (Ballroom e Latin). Arianna oltre ad essere una bravissima ballerina è anche una straordinaria pittrice, con un tratto deciso e colori caldi racconta il mondo della danza… Arianna, nasce prima la passione per la danza o per la pittura? Il mio primo veicolo di espressione è stato il disegno... trasformatosi negli anni anche in pittura ad olio. I miei primi ricordi risalgono alla scuola Materna dove passavo la maggior parte del tempo a disegnare, copiando le immagini dai libri di fiabe, avevo meno di 3 anni. La danza è arrivata dopo, a 5 anni, essendo molto vivace, come bambina miei genitori decisero di mandarmi a danza classica, da lì mi sono innamorata subito perché potevo mettere tutta la mia energia nei salti nelle spaccate.
Parliamo prima di danza: Tu hai iniziato con la danza classica, e poi sei passata alla danza di coppia. Hai trovato delle differenze? Sì, la più grande differenza è la tipologia del team, nella danza classica sei sola contro tutti, quindi non esiste un team, nel ballo di coppia hai il Partner (fisso), questo è il motivo perché ho preferito le danze di coppia, quando ero piccola avevo una forte sensibilità, riuscivo a sentire tanto l’energia negativa che veniva dalle compagne di danza e molto spesso dalle mamme, soprattutto quando la maestra parlava bene di me. Questa è la ragione per cui amo il ballo di coppia, la forza del Team.
Quanto ti è utile oggi aver studiato danza classica? Tantissimo, con la danza classica ho imparato cos'è esprimere la bellezza muovendo il mio corpo. Tu hai ballato prima con tuo fratello e poi Gianni Caliandro. Come vi siete conosciuti? Con Gianni ci siamo conosciuti nel 2008 in un allenamento, mi ha colpito tanto la sua energia nell’allenamento, e il suo essere focalizzato. Oggi siete anche coppia nella Vita? Si siamo coppia nella vita da quel lontano 2008, sembra ieri! Ci siamo sposati il 13 Luglio 2015, e proprio pochi giorni fa abbiamo festeggiato 12 anni di convivenza e 5 anni di matrimonio. È più problematico ballare con un fratello o con il compagno? Sicuramente più problematico, il compagno, perché dopo gli allenamenti dove si discute per migliorare il più possibile, devi tornare a casa e cercare di non portarti il lavoro a casa proprio per non compromettere la relazione, non è per niente facile. Voi siete una coppia specializzata in Ballroom e Classic Show Dance, quali sono più difficili o quantomeno più faticosi? Per me il più faticoso è il Ballroom perché richiede più disciplina nell’esecuzione, nel Classic Show dance puoi essere più libero nell’esecuzione tecnica.
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PERSONAGGI E BALLO
Parliamo ora di pittura. Quando hai scoperto che eri brava anche nel disegno?
Come dicevo all’inizio a meno di 3 anni. Sei autodidatta oppure hai seguito un corso?
Avendo chiaro in me che ero portata per le arti figurative, non ho avuto dubbi nella scelta delle scuole, sono andata al Liceo Artistico, e dopo all’Accademia di Belle Arti di Lecce, corso Pittura, dove mi sono laureata a pieni voti. Cosa ti piace dipingere?
Come ogni artista mi piace dipingere e raccontare la mia vita, sono una ballerina e la danza mi ha portato tante emozioni che mi piace descrivere attraverso la pittura. I tuoi quadri cosa raccontano? Raccontano la verità sulla danza, la danza che regala allo spettatore tanta bellezza e leggerezza, ma la verità è che dietro c'è tanto dolore e sacrificio. Hai mai pensato di fare una mostra?
Si, quando il COVID ci lascerà vorrei esporre in qualche evento, come per esempio ad una competizione di danza. Hai mai fatto un ritratto di Gianni, oppure un vostro autoritratto?
Si certo, molti sono disegni che nessuno ha mai visto, e un olio su tela che ci rappresenta e si intitola “Looking each other’s soul” 2012. √
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PERSONAGGI E BALLO
Michal
Krcmar
"Non ho mai scelto di fare danza, questa  vita mi ha scelto..."
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PERSONAGGI E BALLO Michal Krcmar è nato il 1990 a Praga, Repubblica Ceca, ha
studiato e si è diplomato al conservatorio statale di Praga nel 2009. Ha cominciato la sua carriera al balletto di Bohemia (Prague dance Conservatory Company) come solista. Nel 2010, è stato assunto dal Balletto Nazionale di Praga come primo ballerino e dal balletto Nazionale della Finlandia, come artista ospite, stessa cosa per il balletto di Pilsen e Ostrava. Nel 2011 è stato nominato primo ballerino del Balletto Nazionale della Finlandia a Helsinki. Nel 2015 diventa Étoile dal Balletto Nazionale della Finlandia. Nel 2016 ha ricevuto il premio Fazer come miglior ballerino del Balletto Finlandese. Il suo repertorio include tantissimi ruoli classici come il principe Desire e Blue Bird nella " Bella Addormentata ", Principe Siegfried nel " Lago dei Cigni ", principe in " Cenerentola ", principe nello " Schiaccianoci ",
principe nella " Sirenetta ", Albrech in " Giselle ", Solor nella " Bayadere ", Basilio in " Don Quixote ", Franz in " Coppelia ", Konrad nel " Corsaro ", Armand nella " Signoria delle Camelie ", Oberon nel " Sogno di Una Notte di Mezza Estate" , Spartacus, Onegin, Romeo, Des Grieux in Manon. Michal ha danzato e lavorato con i più prestigiosi coreografi come Jiri Kylian, John Neumeier, Nacho Duato, Carolyn Carlson. Michal si è esibito in molti eventi internazionali come ad esempio al Gala delle Star mondiali del Balletto a Sochi (Russia) durante i Giochi Olimpici
2014, al
Festival delle star mondiali del balletto in Seoul (Korea) 2015 e al Ballet Festival in Colombia. Michal ha danzato in onore del Re della Cambogia in Phnom Phen e in onore della regina Danese in Copenhagen, Okamoto Ballet Festival in Fukuoka (Gappone). Nel palmares personale ci sono direzione artisticche; al Gala di Turku durante il Festival della Musica in Finlandia nel 2018, in Portogallo, Italia, Germania, Bielorussia, Giappone, Russia, Austria, Slovenia, Danimarca, Francia, Estonia, Slovacchia, Polonia, Colombia, Cambogia, Ungheria, Cina,Hong Kong. Come ti sei avvicinato alla danza?
Quando avevo otto anni, volevo sempre giocare a calcio e hockey, All’epoca fare questi sport costava tanto invece fare danza costava molto meno. Ora probabilmente la situazione é cambiata. Mia mamma ha fatto danza da piccola, e ha notato che avevo talento e anche sensibilità alla musica. Lei voleva che Io provassi anche solo una lezione di danza, ma Io non volevo andare. Alla fine ho fatto lo stesso questa mia prima esperienza nel mondo della danza classica. Qundo alla prima prova mi ha visto la maestra, lei ha riferito a mia mamma che la danza poteva diventare la mi professione, ma Io non ne volevo sapere. Nell'anno 2000 Io ho provato solo per curiositá la selezione per poter entrare nel conservatorio di ( Dance conservatory of capital city Prague ) la scuola di balletto migliore
in Czechia. Quando sei entrato in una compagnia di balletto e i tuoi ricordi?
Sono entrato nella mia prima compagnia di balletto nel 2009 al (Prague State opera Ballet). Quando sono entrato in questa compagnia il mio primo ruolo é stato il principe nel Lago dei cigni. E in una compagnia di balletto questa situazione non é normale. Devo dire che i miei colleghi erano persone fantastiche
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mi aiutavano tanto. Io avevo diciannove anni e avevo solo sei settimane per poter preparare la coreografia. La prima miglior esperienza della mia carriera. Sei una grande star del balletto finlandese. Come riesci a conciliare lavoro e vita privata?
Allora per me il lavoro é lavoro, la vita privata è
un’altra cosa. Ad esempio
quando sono in vacanza non voglio parlare di lavoro é un momento per staccare da tutto. Il mio lavoro é la mia grande passione , ma ci sono momenti dove bisognia non pensare al lavoro per riposare sopratutto la testa e dedicarsi un po' di più alla famiglia. Parli molto bene italiano... svelaci il perché?
Una sera di tre anni fa con mia moglie cosi per gioco le ho chiesto di dirmi qualcosa in Italiano. Ho iniziato con qualche verbo per provare e piano piano ho imparato tanto.Non ho mai frequentato scuole o corsi di italiano. Con la famiglia di mia moglie messaggiamo su WhatsApp e cosi ho imparato piú facilmente sia a scrivere che a leggere. Voglio continuare ad apprendere sempre di più. Un grande nome della danza con cui hai avuto l'onore di lavorare. i tuoi ricordi?
É difficile dire solo uno nome. Ho lavorato con Natalia Makarova, John Neumeier, Jiří Kylián sono tutti speciali. La scorsa primavera ho lavorato anche con Alexei Ratmansky e devo dire che é stato qualcosa di incredibile. Un’esperienza molto bella e sorprendente. Oltre ad essere un grande professionista, Ratmansky è un brillante esecutore, con grande sensibilita musicale. Ratmansky segue in modo straordinario e con rispetto i ballerini che rappresentano le sue coreografie. Grazie a questo suo atteggiamento lavorare diventa piú semplice piuttosto che lavorare con una persona arrogante… Tale lavoro mi soddisfa e mi motiva soprattutto! Quali sono i tuoi prossimi progetti?
Io ho un programma, ma data la situazione ancora nulla é sicuro quindi si vedra col tempo.Il primo ruolo sará Conrad nel balletto Le Corsaire, forse la versione piú famosa coreografata da Anna-Marie Holmes. Quindi completamente una nuova produzione Mr. Jekyll e Mr. Hyde, su cui ho iniziato a lavorare in primavera come Mr. Hyde (diretto e coreografato da Val Caniparoli). Un altro progetto sará premier mondiale del Lago dei cigni (diretto e coreografato da David McAlister ex direttore del balletto australiano). Sto anche negoziando come ospite in posti molto interessanti con produzioni straordinarie, ma per ora terró i dettagli per me. Cos'e per te la danza?
Per me la danza non é lavoro, ma é amore e solo cosi si puó fare bene. Questo tipo di lavoro non é come gli altri, e si puó fare solo con passione e dedizione. Non sono sicuro che cosa sia la danza per me. Io non ho mai scelto di fare danza, questa vita mi ha scelto e adesso ha preso un gran posto nel mio cuore, come una cosa vivente dentro di me, ma posso anche facilmente immaginare di vivere senza danza un giorno in futuro. Quello che non riesco a immaginare è di vivere senza musica. La musica è il vero miracolo. La musica rende la danza perfetta. Quando la musica perfetta incontra I passi perfetti diventano una cosa sola allora nasce una magia. Quindi posso dire che la musica è più importante della danza per me. La musica può esistere senza danza ma la danza senza musica non può esistere per me.
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Luana
& Luka
The Dancers Made in Sardina “Ero poco più che adolescente quando, durante una serata con la mia famiglia al Circo Orfei, ammiravo il volteggiare degli acrobati. Il loro abbigliamento eccentrico che metteva in evidenza il fisico scolpito, ed il sorriso rassicurante per chi li osservava, mi teneva letteralmente col fiato sospeso. Un’arte, quella del circo, che affascina chiunque, soprattutto chi dentro di sé ha il fuoco dell’arte.” Un incipit suggestivo e curioso apre il nostro incontro con Luana, professionista star della coppia di Luka e Luana Fanni. I Fratelli di Cagliari hanno affascinato teatri e ballroom di tutto il mondo con il loro stile di danza latino. Le loro carriere iniziano con le danze di coppia, come tutti i bambini degli anni 80, per poi creare uno stile tutto loro, il Latin Cabaret Show. Hanno sempre ballato insieme, hanno sempre condiviso tutto, come fossero due gemelli siamesi. Luka, lo show man, Luana la famme fatale, bella e istrionica capace di trasformarsi in qualunque figura femminile Luka creava per i loro spettacoli. Ricercati nella musica, nelle coreografie, nei costumi, i fratelli Fanni sono riusciti a trasformare ogni show in evento esclusivo e irripetibile. Oltre a diventare coppia di punta del bel Paese, vari impresari internazionali li scritturano per spettacoli teatrali da portare in giro per il mondo, uno tra tutti “Burn The Floor” un live dance nato nel 1997 ed ancora in produzione. Luana e Luka… Quanti anni avete ballato insieme? Abbiamo ballato insieme tantissimi anni, quasi l’intera carriera. Abbiamo sempre avuto una complicità ed un feeling indissolubile, magnetico, molto speciale. Ti ricordi la prima volta che hai indossate le scarpette da ballo? La prima volta che ho indossato Le scarpe da ballo avevo circa 10 anni. Ma, mi sono incamminata verso l’ arte e lo sport sin dai primi anni d’età. Quale metodo di studio avete adottato? Non c’è un solo metodo di studio che abbiamo adottato. Per molti anni della nostra lunga carriera abbiamo sempre cercato di raggiungere nuovi obbiettivi, e quindi siamo andati continuamente alla ricerca dei dettagli che potevano aiutarci a far la differenza. Ma non solo, era ed è tutt’ora importante la ricerca in primis di noi stessi e della nostra forte personalità.
di Fabrizio Silvestri
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Voi siete considerati i maestri precursori delle danze latino americane artistiche… Come avete capito che il latin show era la vostra disciplina? In realtà non l’abbiamo scoperto, era quel qualcosa che ci apparteneva dalla nascita. Sin da bambini, pur per gioco, ci piaceva quel particolare intreccio tra l’essere attore e l’essere ballerino. Dunque il latin-show era il giusto compromesso perché ci permetteva di raccontare, recitare, trasmettere emozioni, all’interno di una coreografia, attraverso la musica. Voi siete stati campioni italiani, europei, mondiali di latin show (meglio conosciuto come south american show dance). Come si raggiungono questi obiettivi? Gli obiettivi importanti si raggiungono lavorando sodo e con costanza. Non basta avere solo il talento. Campioni si diventa passo dopo passo in un lungo processo che dura anni. Io e Luka abbiamo sempre avuto una forte attrazione per quest’arte e arrivare a quegli obiettivi era il nostro sogno quotidiano. Voi avete danzato nei palazzetti, nei teatri (protagonisti di Born the Floor) e in televisione come ospiti di trasmissioni e anche come coach coreografi di Baila il programma di Barbara D’Urso su canale 5. Nei vari settori, come cambia la preparazione? I metodi di preparazione cambiano in continuazione, considerando vari fattori. Nei palazzetti è importante la competizione, in un teatro la scenografia. Bisogna considerare spazi e tempi a disposizione. Ciò che non cambia mai é quello che si deve e si vuole trasmettere, storie ed emozioni. Luka vive da molti anni in Indonesia, cosa ti manca di più di tuo fratello? Oltre la sua presenza fisica, mi manca la sua personalità che completa la mia e viceversa! Siamo comunque a stretto contatto, comunichiamo continuamente e grazie alla tecnologia possiamo tenere viva la nostra avventura insieme. Come dice Luka: "Le distanze allontanano i corpi , non le anime, specialmente le nostre." Ti piacerebbe tornare a ballare in teatro? Assolutamente si. Come si riconosce una coppia campione? Una coppia di campioni si riconosce da tanti dettagli, perché riesce a darti quella scintilla che non riescono a darti le altre coppie. Quando ne incontri una lo senti subito, quel tipo di ballerini ti trasmettono la loro passione con disinvoltura, suscitando emozioni uniche energia e tanto carisma. Consigli per essere sempre una top dancer? Per essere una top dancer bisogna sapersi prendere cura della danza e del proprio corpo, individuare punti di forza ma anche accettare i punti deboli con umiltà. Il segreto non è essere perfetti ma concentrarsi sulla ricerca della propria personalità bilanciando tecnica e musicalità, mettendoci anima e corpo, non solo in pista, ma nella vita di tutti i giorni. È necessario, anche, non dimenticare l’importanza che hanno l’allenamento costante e l’esperienza che si acquisisce solo nel tempo.
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Luana Fanni (30 maggio - Gemelli) Luana, insegnante, coregorafa, coach e giudice. Nella sua carriera ha sempre ballato con il fratello Luka entrando nell'olimpo mondiale delle "Dancing Stars"
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MATTEO
Pastore
di Elena Botti
"Anima ribelle"
Matteo Pastore, nato a Salerno nel 1975, inizia gli studi di balletto classico di stile “Vaganova” e “Lecchetti”. Si forma poi nella “scuola A.I.D (Associazione Italiana Danzatori)” studiando con maestri di fama mondiale. Ho conosciuto Matteo Pastore durante una rassegna di danza, ossia quando siamo stati entrambi nel ruolo di giudici, e da lì abbiamo avuto sùbito un affiatamento artistico. Aggiungo anche che lui è stato Primo Ballerino in Croazia, in Bulgaria, al Teatro Nazionale in Slovenia ed ha lavorato alla Fondazione dell’Arena di Verona, al Teatro dell’Opera di Roma, nella Compagnia Nazionale del Balletto Classico e in America, a Washington D.C., nel Teatro dell’ “House Italy”. Partiamo dalle origini: Com’è nata la tua passione per la danza? Premetto che io svolgo questo lavoro ma - per me - non è affatto un lavoro, è fare arte. Io ho l’idea che l’artista sia come un angelo che non ha affatto a che fare con cose di poco valore come il denaro. Io vivo per lavorare, sì, ma lo faccio con piacere perché ciò che faccio per vivere mi piace talmente tanto da non poterne fare a meno. La passione per la danza me l’ha trasmessa mamma Nina: la mia musa, il mio amore, la mia vita. Partiamo dalle origini: Com’è nata la tua passione per la danza? Premetto che io svolgo questo lavoro ma - per me - non è affatto un lavoro, è fare arte. Io ho l’idea che l’artista sia come un angelo che non ha affatto a che fare con cose di poco valore come il denaro. Io vivo per lavorare, sì, ma lo faccio con piacere perché ciò che faccio per vivere mi piace talmente tanto da non poterne fare a meno. La passione per la danza me l’ha trasmessa mamma Nina: la mia musa, il mio amore, la mia vita.
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A che età hai iniziato a fare danza? A cinque anni mia madre Nina mi portò ad una scuola di danza. Ero bambino e lei mi portava spessissimo a vedere i balletti; così mi innamorai della danza classica. Poi fu mia madre che si accorse dell’amore che io avevo per la musica e per la danza. Ricordo l’imbarazzo che avvertii quando mi trovai in una classe di danza in mezzo a tutte ragazzine: una volta l’idea che un uomo potesse intraprendere la carriera del danzatore classico era associata ad un certo tipo di sessualità. A scuola non ebbi pochi problemi in fatto di appellativi e infatti mi davano della “femminuccia”. Anche a casa, in fondo, l’atmosfera non era affatto positiva: gli amici di famiglia avevano da ridire circa la mia scelta di studiare la danza classica. Che cosa è accaduto dopo la scuola? I miei genitori volevano aprire una scuola di danza per me ma io volevo fare il danzatore classico. Un giorno, durante una rassegna, mi notò il maestro Vinicio Mainini che mi portò a Roma, alla scuola dell’ “A.I.D.” (Associazione Italiana Danzatori), facendomi vincere una borsa di studio. Lì incontrai, per mia grande fortuna, il maestro George Bodnarciuc. George mi chiamava “Butterfly” e ciò è rimasto nel mio cuore. Diceva sempre che gli sembrava che io volassi quando danzavo. Lui era amore e severità: mi dava la carica, accoglieva le mie fragilità (in quel periodo mi mancava molto la mia famiglia), ma, se necessario, mi picchiava anche e con ciò intendo propriamente che mi dava degli schiaffoni in mezzo alla schiena. Una volta si respirava più severità nelle classi di danza. Eppure ricordo un giorno in cui io e i miei compagni di allora eravamo a lezione, durante una giornata di pioggia intensa, e George fece smettere di suonare il pianista e noi facemmo l’intero “Adagio” con l’acqua che scrosciava in sottofondo. Fu proprio all’ora che il mio corpo fu pervaso da una emozione fortissima: piangevo ma non sapevo affatto il perché, sentivo in me leggerezza e fuoco. La danza è anche sacrificio, vero? Sì, la danza è sacrificio. Si studia per tante ore al giorno ma sono stato fortunato a studiare con molti maestri come Vittorio Biagi, Stefan Furijan, George Bodnarciuc e anche la “Carter”dell’ “American Ballet”. Mi racconti di quando tu hai iniziato a lavorare? Una delle prime compagnie in cui ho lavorato è stata il “Momino’s Dance Theater” diretto da Vinicio Mainini e da Giacomo Molinari. Poi c’è stata un’altra esperienza artistica e lavorativa molto importante, quella con il maestro Tuccio Rigano, mio mentore e grande amico. Le produzioni di Rigano in cui io ho lavorato sono: “Carmen”, “Sansone e Dalila”, “Boléro di Ravel”. Bellissima fu anche l’esperienza al “Marrucino” di Chieti dove ho danzato accompagnato dall’orchestra sinfonica. Negli anni successivi sono diventato il suo assistente e il suo coreografo. Siamo stati insieme in Bulgaria, a Pravec, dove ho danzato la tarantella di Strauss nel ruolo di “Pulcinella” e poi sono stato Primo Ballerino al “Festival di Mozart” dove ho interpretato il cavaliere ne “Il cavaliere della rosa”di Strauss. Ci sono state altre personalità del mondo della danza che hanno segnato la tua vita? Sì, ricordo con affetto l’incontro con Raffaele Paganini, allora già avanti con l’età, che mi paragonò a lui da giovane per forza, tecnica e potenza.In più ricordo anche e con orgoglio Madame Soffronova, allieva“Vaganova”, la quale mi vide danzare e mi disse “sei nato per fare il danzatore nobile”. Inoltre un altro incontro importante è stato quello con il maestro Stefan Furijan (croato). Lo incontrai durante uno stage e incominciai a lavorare con lui. Poi mi chiese di presentarmi come Primo Ballerino al “Festival delle Nazioni Unite” a Pompei dove rappresentai l’Italia. Ricordo anche un’altra esperienza lavorativa importante che ebbi quando io feci un omaggio a Massimo Troisi danzando sulla musica della colonna sonora del film “Il postino”. In seguito partiì per la Croazia allo scopo di lavorare stabilmente come Primo Ballerino. Saresti stato disposto a vivere per sempre in Croazia? No, anche se avevo lavorato già in varie compagnie, teatri dell’opera ed altri enti lirici con tutti grandi nomi della danza come Stefan Furijan, Vittorio Biagi, Tuccio Rigano e tanti altri, sono poi tornato in Italia. Quale personaggio del repertorio classico ti si addice di più sulla base del tuo carattere? La Carmen, il Don Quixote e il principe nel lago dei cigni dove si esprime il lato romantico del mio carattere. Per quanto tempo sei rimasto in Croazia? Per due anni, poi mi chiamarono per andare all’Arena di Verona e tornai in Italia per fare “Cenerentola”. Collaborazioni importanti furono anche con la maestra Maria Luisa Bossone e Bruno Fusco Alloro, direttore dell’ “American House Italian”, per i quali ballai in occasione del centenario di Verdi. Le tue aspettative corrispondono ai progetti che tu stai realizzando? Nella mia vita sono riuscito a fare ciò che volevo, sono stato un danzatore, unì primo ballerino sia nel pubblico che nel privato. Attualmente sono maestro di balletto classico e coreografo. Ringrazio tanto Nina, la mia mamma che dall’Alto mi guida.Ora ho un nuovo progetto che è quello di mettere in scena un’opera tratta dal Vecchio Testamento e dal Nuovo Testamento: “The Passion” -“La Passione di Cristo”. Per me questa produzione assume il significato di un omaggio simbolico a Dio. Ci rivedremo presto quando avrò realizzato anche questo grande sogno. Tutti abbiamo bisogno di sognare e io sarò sempre un sognatore.
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Alito Alessi DanceAbility:
improvvisazione dei movimenti di Giovanni Battista Gangemi, Ilaria Castanò. Coreografo ed anche direttore artistico e fondatore della Joint Forces Dance Company, con sede a Eugene, Oregon, Stati Uniti d’America. Alessi, uno dei soli quattro coreografi premiato con il Fellowship, appartiene ad un gruppo di 186 artisti, studiosi, scienziati e selezionato per il premio. Ha ricevuto borse di studio dal National Endowment for the Arts (NEA) nel 1992-1993 e 1995-1996, e dalla Commissione Oregon Arti nel 1992. Sotto la sua guida, la Joint Froces Dance Company ha ricevuto un esemplare NEA Grant nel 1991 DanceAbility per il progetto; è attualmente un pioniere del metodo della danceability per integrare le persone con e senza disabilità nella danza contemporanea. Un ringraziamento speciale per la traduzione Inglese/italiano Ilaria Castanò. Quando ha iniziato a studiare danza? Ho iniziato a danzare quando ero molto piccolo, quasi un bambino; sono cresciuto tra le strade interne degli Stati Uniti, dove tutti ballavano: era come un modo per evadere dalla vita di tutti i un modo per evadere dalla vita di tutti i giorni. Ma dopo pochi anni, attorno alla maggiore età, inizia a far parte dell'"Eugene Dance Colletive" (dal nome della città in cui vivevo): un gruppo di ballerini, tra cui professionisti e molti alle prime armi, come me. Da allora intrapresi lentamente il mio percorso fino al 1979, quando fondai la mia compagnia, Joint Forces Dance, che esiste tutt’oggi. Agli inizi, gli stili di mio interesse riguardavano la danza contemporanea e la postmodern; più tardi, verso i primi anni ’70, inizia a sperimentare
PERSONAGGI E BALLO “contact improvisation” e fu quest’ultima ad avere una maggiore influenza nella direzione del mio percorso professionale, poiché sembrava quasi un tipo di danza che mirava ad essere accessibile a tutti (cosa che poi non si rivelò essere); ma fu una tale esperienza ad ispirare il pensiero e la filosofia dietro ogni mio lavoro, secondo cui tutti dovrebbero poter danzare e con questa convinzione, col tempo, cercai di capire come renderlo possibile. Agli inizi della mia carriera, riscontrai molto successo per una coreografia montata nel 1984, intitolata “Hoop Dance”, riguardante l’eguaglianza di genere e riconosciuta a livello internazionale. Dopo qualche anno da allora, ero ancora alquanto acclamato nel mondo della danza, ma non realmente felice, poiché non stavo soddisfacendo i miei valori personali, i quali si sarebbero affermati, invece, se avessi trattato l’uguaglianza e avessi reso la danza accessibile a tutti: da quel momento il progetto DanceAbility ebbe il suo inizio. Cosa è per Lei la danza? Per me la danza è un modo di sperimentare, di fare ricerca nella propria vita, nelle proprie relazioni e nel modo di integrarsi nella società. Ma, soprattutto, la danza è comunicazione, anche con se stessi; è riuscire, tramite i movimenti, a fare in modo che il subconscio serva ed educhi la tua persona, le persone attorno a te ed anche la società in merito a temi molto importanti e profondi. Quindi, per me danzare significa sicuramente trasmettere informazioni: a me stesso e al mondo che mi circonda. Lei è il fondatore della metodologia di danza "Danceability " ci vuole spiegare di cosa si tratta? DanceAbility è un metodo di improvvisazione dei movimenti che può rientrare anche nell’elaborazione di una coreografia. Non si concentra realmente sulla disabilità, ma sull’eliminazione dell’isolamento, perché le caratteristiche uniche e le condizione fisiche di ognuno non siano problemi. I problemi piuttosto derivano da persone separate ed isolate. La società, per di più, non può evolvere se le persone non contribuiscono a darne una direzione, comunicando e relazionandosi tra loro, col fine di comporre un “architectural consciousness” che aiuti la dimensione sociale a migliorare in maniera equa sotto ogni aspetto. Dove vive e quali sono i prossimi suoi avvenimenti? Ora vivo ad Eugene, in Oregon, dove ho un responsabile ed un’attività; abbiamo abilitato più di 700 insegnanti in tutto il mondo, che ora lavorano in 50 diversi paesi, nello studio del metodo di DanceAbility. Sicuramente uno dei miei progetti per il futuro è di riprendere tutti i manuali ed i materiali e metterli per iscritto in un unico libro o in altre varie forme facilmente accessibili per consentire di continuare ad educare le persone, cosicché anche gli insegnanti possano diventare istruttori, dando origine ad un modello di replicazione del metodo di DanceAbility in tutto il mondo, in grado di autosostenersi ed autogestirsi, mantenendo ben saldo il punto di partenza e di riferimento; nel mentre io potrei continuare a lavorare come consulente di questa organizzazione globale, totalmente inclusiva. Quando costruisce una coreografia a cosa da maggiore attenzione? Quando preparo una coreografia, i primi aspetti che considero riguardano le possibilità di movimento di ciascun corpo in scena e quali siano le possibilità di quegli stessi corpi di comunicare e creare in maniera collaborativa; dopo ciò, è necessario stabilire un argomento o un tema che vogliamo trasmettere. In più bisogna comprendere che abbiamo l’abilità di mostrare la bellezza di “un’opera architettonica”, quale la coreografia, in grado di sintetizzare una dimensione sociale dove tutti vivono e lavorano insieme, fornendo un modello di riferimento per quelle concezioni di società che ambiscono alla collaborazione delle singole parti, credendo che quanto più esse siano diverse tra loro, tanto più ci sia da imparare. Per cui l’obiettivo di ogn coreografia è quello di stabilire la possibilità delle persone con cui lavoro e dare origine ad un processo creativo che sia in grado di validare una collaborazione tra diverse culture e popolazioni, creando un vero e proprio esempio di democrazia.
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Cosa vuole dire alle persone disabili che iniziano a danzare? Mi hai chiesto di fornirti suggerimenti o consigli su persone disabili che si iniziano a cimentare nel mondo della danza; in realtà, preferisco non fare una distinzione tra le persone con o senza disabilità. Probabilmente parli in questi termini, perché non c’è ancora un linguaggio che sia, appunto, inclusivo; quindi, mi rivolgerò a tutti coloro che vogliono iniziare a danzare, anche se alcuni possono avere differenze fisiche o mentali, e mi piacerebbe dir loro di seguire i propri interessi, i propri desideri per sviluppare movimenti che siano adatti ai loro corpi e per danzare in modo da coinvolgere le altre persone in queste relazioni artistiche estemporanee. Cosa vorrebbe dire ai suoi colleghi, quando parlano di corpi perfetti per poter danzare? Il riferimento ai corpi perfetti, intesi come unici possibili corpi danzanti, è interessante, perché tale definizione deriva da pensieri condizionanti di svariate forme di movimenti isolazionisti, non basati sull’uguaglianza e l’accettazione incondizionata di ogni persona. Quindi, parlando di corpi perfetti, la mia opinione è che ciascuno sia perfetto per ciò che è e l’obiettivo è accettarsi per quello che si è: ogni corpo, infatti, è già prezioso e perfetto. Tuttavia comprendo le prospettive e filosofie di danza di separare i corpi in vari livelli e categorie, ma non è con ciò che il metodo di DanceAbility si rapporta. Cosa dice ai suoi allievi che si formano nella sua metodologia? Anche ai miei studenti suggerisco di seguire i loro interessi e i loro desideri nella ricerca dei movimenti, ma soprattutto consiglio loro di avere in mente qualche obiettivo che vogliono estrapolare dalla loro danza, che vogliono perseguire, trovando altre persone come loro che li supportino e li aiutino in questo percorso, perché lavorare da soli è difficile, ma lo sarebbe ancor di più cercare di raggiungere un fine, confidando solo su se stessi; quindi, suggerisco di formare gruppi comuni, team di supporto, che possano assistere ed educare voi e gli altri su come la danza possa effettivamente facilitare una società che sta cambiando, perché è ciò che ha sempre fatto, fin dall’inizio dei tempi: il movimento è stato la prima forma di linguaggio e prima di esso non vi era comprensione. La sua metodologia ha avuto vari riconoscimenti esteri anche universitari.Come vede la situazione Italiana? Mi piace affermare che abbia un forte legame con l’Italia anche nel progetto di DanceAbility, sviluppatosi negli anni. In più essendo mio padre di origini siciliane, mi sento molto vicino al vostro paese. All’inizio la DanceAbility arrivò in Italia grazie a Laura Banfi, quando mi fece intraprendere questo percorso educativo per rilasciare la certificazione di insegnante di DanceAbility; successivamente nel 1997, Marina Giacometti iniziò il programma “Ottavo Giorno”, il quale riscontrò molto successo, così come Susanna Odevain con l’ultima associazione “Choronde Progetto Educativo”. Queste ultime sono tre organizzazioni che hanno lavorato in tutta Italia per creare un programma di DanceAbility su scala nazionale. Per cui vi sono molti insegnanti nel vostro paese e sarebbe di portata straordinaria se loro potessero connettersi l’un l’altro, tanto da riuscire ad ottenere dal governo il finanziamento di un programma totale, come già accaduto in molti altri paesi, e far rientrare la DanceAbility nel budget nazionale. Penso che l’Italia possa essere uno dei capostipi nel mondo per la qualità del lavoro svolto da numerosi insegnanti che sono impegnati nella pratica in continua evoluzione della DanceAbility. Quali sono le basi per poter accedere alla sua formazione? Con la DanceAbility cerchiamo di non insegnare nulla che possa lasciare qualcuno escluso e seguiamo un processo pratico che ci permette di ovviare a ciò; ad esempio, ci sono solo quattro criteri che bisogna considerare per mettere a punto un curriculum per ciascuno: cause ed effetti di esperienze personali; c’è qualche persona totalmente cieca? E’ presente qualcuno che non riesce a spostare il suo corpo da un punto ad un altro? O che non riesca a rispondere agli stimoli attorno a sé? Se si capiscono questi quattro parametri, si può riuscire a tracciare ciò che definiamo “comune denominatore”: lo spazio creato dall’insieme e che facilita ogni parte, seguendo uno schema di insegnamento che è al 100% inclusivo.
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Marco Messima Salvo Perdichizzi
Intervista Doppia Marco Messina, 39 anni, torinese e Salvo Perdichizzi, 47 anni, Palermitano. Da 18 anni insieme, prima da colleghi al "Teatro alla Scala" e da 3 anni uniti civilmente. Un’intervista doppia per sapere qualcosa in più di due danzatori professionisti della danza classica e qualche “pettegolezzo” della loro vita di Coppia. Io mi permetto di aggiungere che sono due persone
straordinarie,
sostegno
l’uno
per
l’atro
e
che
basta
guardarli
per
capire
cosa
significa amore.
di Giovanni Battista Gangemi
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Marco Messina Quando hai iniziato a studiare danza? Sono ballerino professionista con un percorso anomalo, ho cominciato molto tardi, avevo 16 anni quando mi sono iscritto a Venaria in una scuola privata di danza diretta da Laura Finicelli. Sono riuscito a entrare poi all’Accademia Teatro Nuovo di Torino, pur senza basi di danza classica, facevo solo funky e hip hop prima di quel momento ma studiavo moltissimo con ore e ore di lezione extra per colmare le basi che mi mancavano. Dopo un anno sono entrato nel corpo di ballo del Teatro Nuovo di Torino, ero sempre impegnato, avevo giornate pienissime, ma dopo 4 anni il direttore della Scala mi ha visto e mi ha chiesto se volevo andare a ballare in uno dei teatri più importanti del mondo. Come vivete la vostra unione sentimentale e come quella professionale? È tutto molto bello e intenso. Il bello della coppia
Salvo Perdichizzi Quando hai iniziato a studiare danza? Ho cominciato a far danza a 11 anni a Palermo presso scuola di Marisa Benassai, la stessa dove ha studiato anche Eleonora Abbagnato, étoile di Parigi e direttrice dell’opera di Roma; ho cominciato sotto la spinta di mio nonno, mi vedeva muovere molto in casa e mi ha consigliato di prendere quella strada. Studiavo all’istituto d’arte al mattino, poi andavo a scuola di danza ino alla sera. Ho cominciato a fare i primi concorsi, “Nati per la danza” a 15 anni è stato il mio trampolino di lancio. Sono arrivato terzo e ho conosciuto il presidente Giuseppe Carbone ottenendo una borsa di studio per l’Accademia di Montecarlo, sono rimasto lì per due anni fino a che non sono entrato in Accademia a Milano. Dopo il diploma ho fatto l’audizione per il corpo di ballo: eravamo 13 ballerini maschi, ci hanno presi in due.
Come vivete la vostra unione sentimentale e come quella professionale? Si vive molto bene. Uno sostegno dell’altro.
è vivere tutto insieme e condividere. È servito a rafforzare la nostra unione. Un pregio e un difetto di Salvo? Pregio: Salvo è una persona con un anima generosa Difetto: è un po’ testardo. Esiste omofobia nel mondo della danza? Sicuramente si. Anche se negli ultimi anni le cose sono molto cambiate Come è stato danzare con Simona Atzori per la prima volta? È stata un’esperienza indimenticabile , non facile. Tu sei un danzatore principalmente di danza classica. Cosa hai dovuto modificare nel tuo stile e nella tua tecnica per comprendere al meglio lo stile di Simona Atzori? Ho riscoperto un nuovo equilibrio. Come è cambiata la tua danza ? Si è arricchita con l’esperienza in Scala e con quella di Simona.
Con Simona lavorando sul
corpo e sulla consapevolezza di quel che siamo. Cosa vorresti dire ai nuovi danzatori che si avvicinano a questo mondo? Di studiare con costanza e apprendere il più possibile. Inseriresti
nella
formazione
della
danza
metodologie che si occupano di disabilità? Si. Sarebbe un punto a favore per tutti i danzatori.
Un pregio e un difetto di Marco? Pregio: Marco è una persona che cerca di aiutare chiunque . è un animo buono. Difetto: Non è molto testardo. Credo che la testardaggine nel nostro mondo è una parte caratteriale molto importante. Esiste omofobia nel mondo della danza? L’omofobia è sempre esistita. Per fortuna la nuova generazione ha unamentalità molto più aperta. Come è stato danzare con Simona Atzori per la prima volta? È stata un’esperienza fantastica. Ha delle ali immaginarie. Tu sei un danzatore principalmente di danza classica. Cosa hai dovuto modificare nel tuo stile e nella tua tecnica per comprendere al meglio lo stile di Simona Atzori? Non ho cambiato nulla. Come è cambiata la tua danza ? In positivo. Ho aperto delle nuove visioni, delle nuove frontiere. Una crescita nella mimica espressiva corporea. Cosa vorresti dire ai nuovi danzatori che si avvicinano a questo mondo? Di puntare sempre agli obiettivi. Studiare con costanza e passione. Inseriresti nella formazione della danza metodologie che si occupano di disabilità? Si. Per far comprendere la diversità. Per una comprensione maggiore del corpo e della sua evoluzione.
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P R O G E TT O D I LU C A D I BA RTOL O
SARDINA @DANCE HTTPS://WWW. LUCADIBARTOLO.IT/ESPOSIZIONI/SARDINIA-JAPAN-EXHIBITION/ VIDEO RELATIVI AL PROGETTO HTTPS://VIMEO. COM/SHOWCASE/5408733
Nell'agosto 2018 vede la luce il progetto Sardinia@Dance , con l'intento di unire danza, archeologia e musica. Quattro danzatori: Danilo Palmieri, Odette Marucci, Gaia Scuderi e Thomas Johansen, in luoghi dal forte carattere visivo e storico, accompagnati dalla musica dal vivo dei Telaraña, coi quali avevo realizzato il primo progetto di videodanza 'Woody'.
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Siti del patrimonio ambientale e architettonico del territorio della Sardegna: il Tempio di Antas, la Necropoli di Montessu, Pani Loriga e Dune di Piscinas. L’evento prevedeva la successiva realizzazione di un'esposizione fotografica. Tale mostra avrebbe avuto la finalità di promuovere le arti e il paesaggio naturale e archeologico della Sardegna. Una successiva riflessione mi ha portato al desiderio di ampliare questo progetto visivo interpellando 20 danzatori sardi e dedicarlo unicamente alla Sardegna, sul tema Corpo | Materia | Gesto. A loro ho chiesto di interpretare questo tema: un dialogo personale e libero da ogni convenzione imposta. La mostra fotografica vuole arrivare nel lontano Giappone in occasione del Sardina Week edizione 2021, evento organizzato dall’azienda IsolaCara che si occupa di export di prodotti alimentari e della promozione della cucina sarda in Giappone. Ho realizzato i primi scatti nell'agosto del 2019 e vorrei completare a settembre del 2020. Durante le riprese ho anche realizzato dei brevi video per avere una traccia dinamica del lavoro fatto nei luoghi..
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DANZATORI PARTECIPANTI AL PROGETTO Chiara Aru, Silvia Bandini, Francesca Assiero Brà, Donatella Martina Cabras, Giulia Cannas, Giorgia Damasco, Ludovica di Santo, Francesca La Cava, Luca Massidda, Sara Manca, Rachele Montis, Sara Perra, Emanuele Piras, Theo Piu, Valentina Puddu, Alessio Rundeddu, Giulia Vacca, Davide Vallascas, Matteo Viola, Chiara Mameli.
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ALESSANDRO RISULEO
Caruso Bodies and Words © Alessandro Risuleo
ARTE, COMUNICAZIONE E FOTOGRAFIA. Caruso Bodies and Words © Alessandro Risuleo, coreografie di Mvula Sungani
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FOTOGRAFIA E BALLO di Pina Delle Site
L’amore per l’immagine e per l’arte è qualcosa di fortemente presente in Alessandro Risuleo, uno degli artisti italiani più apprezzati nell’ambito della fotografia Fine-Art. Fa quasi parte del suo DNA, è un aspetto radicato nella sua personalità e nel suo percorso di formazione, caratterizzato da un senso estetico costantemente attratto, da un lato, dalle contaminazioni dei linguaggi e, dall’altro, dalla bellezza e dalla sensibilità verso l’arte. La sua famiglia è composta da persone da sempre impegnate nel mondo delle arti: una zia pittrice, uno zio scultore, il padre che, pur non facendolo di mestiere, ha sempre avuto la passione per i lavori in legno o in ceramica. In maniera più o meno diretta, queste figure lo indirizzano, con le loro passioni, verso la creazione di un immaginario visivo e di una sensibilità particolarmente ricettiva verso tutto quello che può essere visione artistica, immagine, forma. Nei primi anni della sua vita, Alessandro, classe 1971, si dedica anche allo studio del pianoforte, dando il via ad un precoce mescolamento dei linguaggi espressivi, ad un atteggiamento di estrema apertura mentale e alla tanto indagata contaminazione tra le arti che diventerà ̀ tema ricorrente e centrale in tutta la sua produzione artistico-fotografica. A quindici anni con un amico acquista il suo primo Macintosh, una macchina che allora sembrava più che all’avaguardia nell’orizzonte delle evoluzioni tecnologiche. All’interno di quel monitor piccolo e quadrato, Alessandro scova uno dei primi software di disegno con il quale inizia a divertirsi e a sperimentare. Di lì a poco diventa Art Director e Grafico, aprendo una sua agenzia a Roma. L’indagine e l’uso del linguaggio fotografico diventano piano piano strumenti a lui familiari, soprattutto nel caso di campagne pubblicitarie per la moda; Alessandro è dietro la macchina fotografica a dirigere e a guidare chi doveva effettivamente dare forma al lavoro: i suoi fotografi. Quattro anni fa, un fotografo, un carissimo amico, gli propone, un po’ per gioco e un po’ per sfida, di mettersi in prima persona dietro la macchina fotografica e di dare finalmente vita alle idee e alle visioni che ha nella mente in maniera del tutto autonoma.Dopo aver ricevuto in regalo proprio da quell’amico una macchina fotografica, Alessandro Risuleo inizia a sviluppare da solo la sua passione per l’immagine, cercando di allontanarsi il più possibile da quell’attitudine meramente commerciale che aveva praticato per tanto tempo, per poter esprimere appieno la sua vena creativa. L’immaginario visivo al quale si rifà Alessandro Risuleo è molteplice, fortemente influenzato da quel concetto di “contaminazione” tra le arti che da sempre lo ha coinvolto e affascinato. Il tema che Alessandro cerca di studiare sin dall’inizio in tutti i suoi lavori, è l’indagine sul corpo e sulla figura umana.I suoi riferimenti partono dalle opere di artisti e maestri dell’epoca classica, passando per l’Umanesimo, Rinascimento Caravaggio, Simbolismo francese,Pop Art, Minimal Art, fino alla recente esplosione della Street Art. A questo linguaggio artistico metropolitano dedica addirittura un intero progetto di ricerca fotografica “Human Frames” del 2013, dove si fondono opere di Street Art con l’immagine del corpo, in modo che il corpo diventi la cornice dell’opera pittorica di strada.Ne emerge una fotografia più “costruita” che “scattata”, nel senso tradizionale del termine.
Caruso Bodies and Words © Alessandro Risuleo. coreografie di Mvula Sungani
FOTOGRAFIA E BALLO
The Contrast © Alessandro Risuleo, coreografie di Gianmaria Piovano
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Caruso Bodies and Words © Alessandro Risuleo, coreografie di Mvula Sungani
Gli scatti di Risuleo mostrano un’esplorazione del mondo e del concetto di immagine che ha un focus particolare sulla figura della donna, raccontata in maniera unica e anticonvenzionale. Secondo il critico Carmine Flaminio, “Rays of Light”, del 2013, è il manifesto dell’artista“... Rays of Light è il suo manifesto: tutto ciò che è nascosto dall’oscurità viene portato alla luce dal fotografo...”, dove emergono tutti i tòpoi della sua fotografia, elementi come stoffe e cornici svelano un concetto, raccontano la forma umana invitando, quasi, lo spettatore ad un gioco, quello della lettura dell’immagine offuscata dall’introduzione di oggetti solo apparentemente fuori contesto ( “Moments of Being” del 2014, “FallingintoDarkness”, “Ban”, “The Sin”, “Outside the frames” del 2015). I suoi lavori come “Body’sContamination”, sono presentati con successo all’edizione 2016 del MIA Photo Fair di Milano. Le “Contaminazioni” di Risuleo - tra una forma d’arte e un’altra, tra un media e un altro, tra i tre elementi coinvolti nel processo di percezione visiva (autore-opera-fruitore) - prendono il sopravvento su chi, in quel momento, sta osservando, portandolo ad interagire “inconsapevolmente” con un oggetto, per definizione “inanimato”, come la fotografia, e rendendolo parte dell’opera stessa. Risuleo, grazie alla realtà aumentata e ad un’applicazione da utilizzare con il proprio smartphone, chiamata ARTScan, racconta molto di più di quello che si vede ad occhio nudo (https://vimeo.com/160339974). La sfida più grande per Alessandro Risuleo sta nella capacità continua di immaginare. Per lui la fotografia non deve rappresentare fedelmente la realtà, anzi, deve portare chi la crea e chi la guarda ad andare oltre. La fotografia per lui è il foglio bianco dello scrittore, la tela intonsa del pittore, il rettangolo bianco e vergine che deve essere riempito. Nella creazione di ogni progetto, la sfida di Risuleo riguarda l’andare oltre, il percorrere strade nuove, la capacità di individuare nuove contaminazioni da utilizzare per dare corpo alle immagini che ha in testa, sia dal punto di vista tecnico sia dal punto di vista espressivo. Nel processo creativo di Risuleo non esiste alcun limite dal punto di vista della produzione, perché per lui la tecnica è solo un mezzo da manipolare e piegare per ottenere il massimo del risultato. Per questo motivo non ama la definizione di “Digital Artist”, proprio per il fatto che potrebbe benissimo realizzare lo stesso tipo di immagini con qualsiasi mezzo a sua disposizione. Nei suoi sogni Risuleo immagina una galleria che mantenga la dimensione umana e sociale di incontro e di confronto nel momento dell’evento “mostra”, ma che sia composta solo ed esclusivamente da enormi monitor ad altissima risoluzione per la proiezione delle immagini delle opere che devono essere esposte. I suoi ultimi progetti sono stati esposti all’interno delle ultime due edizioni del MIA Photo Fair a Milano, ottenendo ottimi riscontri da parte di pubblico e critica. Grazie a questi buoni risultati il suo lavoro è stato ripreso da diversi media dell’arte e della fotografia. Il concetto di “contaminazione tra le arti”, sta avvicinando Risuleo al mondo della danza con lavori che vedono protagonisti ballerini di un corpo di ballo piuttosto noto in Italia con il quale vorrebbe portare avanti un progetto capace di far esplodere e dare ulteriore risalto ai grandi temi della sua fotografia: corpo, contaminazioni, nuova percezione. Le opere di Risuleo sono visibili il nel sito www.alessandrorisuleo.com, da lui progettato e creato, forte della sua grande esperienza nel campo della comunicazione, per la prima volta cliente di se stesso.
STORIA E BALLO
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Elisabetta Terabust "La danza è una"
di Angela De Vito
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STORIA E BALLO
@Alessio Buccafusca
La luce di un’autentica stella resta per sempre nel
Protagonista eccellente degli anni d’oro del
firmamento della danza. E’ così che vogliamo
balletto italiano, quando Carla Fracci aveva già
ricordare Elisabetta Terabust, un’artista dalla
attirato le luci dei riflettori sulla danza classica
carriera lunghissima ed esemplare, che ha
ma con un’immagine prettamente romantica,
attraversato ai più alti livelli mezzo secolo di danza italiana ed internazionale. Volto fiero, capelli corvini, già la fisionomia rivelava la sua tempra di leader. Cresciuta all’epoca di Attilia Radice alla scuola dell’Opera di Roma, vi entra prima come parte del corpo di ballo, poi ne diventa étoile nel ’72. Si aprono per lei subito orizzonti internazionali: Roland Petit la sceglie come prima ballerina nel Ballet de Marseille; per lei creerà "Schiaccianoci" e poi la dirigerà in "Le Loup", "Carmen", "Coppelia", "Notre Dame de Paris". Nelle sue stesse parole, un incontro folgorante. Di Petit condivideva il giudizio riguardo ai grandi balletti classici “Non c’è niente di più bello che raccontare una storia d’amore e di morte di una
Terabust ha una personalità unica che le consente di attraversare generi ed epoche, contribuendo in modo rilevante anche alla scena contemporanea. Nelle parole del massimo critico della danza italiana, il Maestro Alberto Testa "sfaccettature moderne nascevano in Notre-Dame de Paris e in Charlot danse avec nous di Roland Petit: ora provocante, ora remissiva, patetica e tenera. Così Glen Tetley, coreografo uscito dalle rigide maglie grahamiane, trovò in Elisabetta la sua interprete ideale per Greening e Sphinx, opere appartenenti a un periodo di favola che vogliamo ricordare, quello dell’Aterballetto di Amodio e degli anni Settanta”. ” La danza è una”, diceva Terabust, ma una solida base classica è
eroina femminile” .
fondamentale anche per affrontare il moderno,
Poi Terabust si trasferisce a Londra dove avvia la
in uno scambio continuo di competenze e
sua collaborazione con il London Festival Ballet,
ispirazione che non può che arricchire il
oggi English National Ballet.
danzatore. Una versatilità che l’ha vista partner
Di impostazione saldamente classico accademica,
di Erik Bruhn, Peter Schaufuss, Rudolf Nureyev,
Terabust stupisce sempre per la sua versatilità:
Patrice Bart, Michail Barysnikov, Fernando
la danzatrice interpreta la romantica Giselle o la crudele
Bujones, Patrick Dupond, Vladimir Derevianko,
Svanilda in Coppelia con la stessa capacità interpretativa.
Jay Jolley, Paolo Bortoluzzi: tutti i più grandi.
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STORIA E BALLO
IL BALLO NELL’EPOCA VITTORIANA Academy of Victorian Dance ( 1 parte)
"Il Gattopardo" (1963) di Luchino Visconti
di Vittorio Viscardi e Gianna Menetti (presidente AVD)
Il periodo storico chiamato “Epoca Vittoriana” fu segnato dal lungo Regno Inglese della Regina Vittoria e durò dal 20 giugno 1837 alla sua morte, il 22 gennaio 1901. Questi 63 anni di regno ininterrotto caratterizzarono non solo la vita politica dell’Inghilterra e dell’Europa ma anche la moda, i gioielli e tanti altri aspetti sociali. Fu il tempo della Rivoluzione industriale, di Charles Darwin che pubblicò la sua teoria sull'evoluzione delle specie nel libro “L'origine delle specie per selezione naturale”, di scrittori importanti, di navi a vapore, dello sviluppo delle ferrovie.
Tutte
innovazioni
che
portarono
prettamente rurale in una società industriale. TI
ad
un
cambiamento
sociale
radicale,
trasformando
una
società
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STORIA E BALLO In Italia la situazione era diversa, l’Italia non era una nazione ma un insieme di stati: Il Regno di Sardegna (Savoia), il Regno Lombardo Veneto (Austria), Ducato di Parma e Piacenza
(Austria),
Granducato di Toscana (Leopoldo di Toscana), Stato Pontificio, Regno delle due Sicilie (Borboni). Nello Stato Pontificio non era visto di buon occhio dal Papa il desiderio di fare feste e danzare, perché
lo
Stato
era
dedito
alla
“spiritualità”.
Comunque,
grandi
cambiamenti
stavano
per
avvenire; di lì a poco, sarebbero iniziate le guerre d’Indipendenza Italiane per il grande desiderio di unire lo stivale in una sola grande nazione. Nessun aspetto della vita sociale fu immune da questa strana “malattia” del cambiamento. Anche le danze subirono gli effetti di queste accelerazioni. Furono inventate tantissime nuove danze
e
tante
danze
del
secolo
passato
finirono
per
essere
dimenticate
perché
ormai
inadeguate. Come succede anche con quelle di oggi, alcune continuarono ad essere danzate, ma relegate per lo più ad una situazione di nostalgia per il tempo passato. Gli incontri sociali mondani non potevano che essere occasioni di incontro, quali serate in teatro, cene private, serate o pomeriggi di beneficenza, celebrazioni di ogni tipo e anche gli anniversari. E in molte di queste situazioni… si danzava. Quindi bisogna considerare il ballo come una sorta di linguaggio trasversale perché serviva come comunicazione per i due ceti molto importanti dell’epoca: quello antico dei nobili e quello più moderno della borghesia. Ballo come linguaggio attraverso le classi? Si, il ballo era anche questo, un linguaggio necessario per accomunare le due classi notevolmente diverse. Il tipo di evento mondano che descriveremo successivamente era quello classico durante il quale ci si potevano scambiare opinioni, creare situazioni
di
interesse
commerciale
ma
anche
tessere
creazioni
amorose
e,
naturalmente
,combinare matrimoni. I nuovi arrivati, che si erano arricchiti con l’avvento dell’industrializzazione, aspiravano a diventare nobili o perlomeno ad avere in casa una traccia di nobiltà e, quindi, un bel matrimonio con un figlio di una casata nobile avrebbe portato ad una elevazione sociale rispetto agli altri borghesi. Questa operazione di travaso fu effettuata spesso, attraverso una delle possibilità che queste due classi avevano per incontrarsi: il ballo. Una volta solo appannaggio dei nobili, la danza fu estesa anche a questa nuova classe. Le famiglie blasonate, molto spesso impoverite dalle enormi spese che sostenevano per mantenere il rango, necessitavano di nuovi capitali. A loro volta, i borghesi rampanti, desideravano fortemente di porsi allo stesso livello delle classi dirigenti
precedenti
e
avevano
un
solo
modo
per
farlo.
Occorre
ricordare
che
nel
secolo
precedente e agli inizi dell’800, le famiglie nobili avevano un loro maestro di danza che veniva in casa
e
insegnava
con
molta
costanza
e
attenzione,
i
passi
e
le
danze
ai
giovani
che
successivamente sarebbero intervenuti ai balli.Per le classi borghesi, forse perché più prese nel cercare
affari,
la
situazione
si
sviluppò
diversamente
ed
i
rampolli,
nonché
i
loro
genitori,
andavano nelle scuole di danza che gli stessi maestri avevano creato. Quindi la loro preparazione era inferiore, a parte una naturale predisposizione alla danza degli allievi. Una volta imparate le danze base, che normalmente consistevano nel valzer, nelle quadriglie più comuni
(La
Francese
e
i
Lancieri),
polka,
galop
e
polka
mazurka,
il
destino
di
questi
futuri
danzatori era legato alla loro simpatia, alla loro educazione e al saper star bene in società. Essere invitati ad un ballo era molto importante perché le persone venivano “scelte”. parte gli inviti che si dovevano per forza fare, quelli obbligati, per il resto le persone venivano invitate tenendo conto del loro comportamento in società. Una persona con poco garbo, veniva sistematicamente messa da parte.Una volta imparate le danze base, che normalmente consistevano nel valzer, nelle quadriglie più comuni (La Francese e i Lancieri), polka, galop e polka mazurka, il destino di questi futuri danzatori era legato alla loro simpatia, alla loro educazione e al saper star bene in società. Essere invitati ad un ballo era molto importante perché le persone venivano “scelte”. A parte gli inviti che si dovevano per forza fare, quelli obbligati, per il resto le persone venivano invitate tenendo conto del loro comportamento in società. Una persona con poco garbo, veniva sistematicamente messa da parte. E questo accadeva anche con le persone di dubbia moralità. A tal proposito vale la pena di ricordare la scena del ballo del film: “Il Gattopardo”, nel quale Luchino Visconti, noto per la sua intransigenza per le riproduzioni storiche e sceniche, osserva la decadenza della nobiltà e l’arrivo dei “nuovi”. La figura di Don Calogero Sedara, il nuovo ricco è perfettamente in linea con quello che succedeva allora; era una persona priva di gusto, priva di stile ma ricco e intenzionato a dare alla figlia Angelica una dote favolosa. Tancredi è innamorato di Angelica ma al principe di Salina, Don Fabrizio, questa unione non serve.
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STORIA E BALLO
La scena del ballo sancisce l’entrata in società non solo di Angelica, ma di tutta la nuova borghesia. L’abito delle dame e quello di Angelica, sono stati realizzati in partnership tra Piero Tosi, grande costumista e Umberto Tirelli un genio della sartoria cinematografica. Sul
sito
della
organza
Tirelli
avorio
a
Costumi, righini
così
lucidi
viene
e
presentato
opachi,
l’abito:
montato
su
“Abito
base
da
di
ballo
seta
in
verde
chiarissimo. Scollo con berta e fiocco in faille di seta verde acqua. Le ruches, che guarniscono l'intero abito, sono anch'esse di organza avorio a righe. La
grande
traine
conferisce
all'abito
una
maestosità
che
sicuramente
ha
reso
nota in tutto il mondo la scena del ballo di Angelica Sedara. Epoca: 1865”. Nei balli il padrone o la padrona di casa ed il maestro di danza, erano gli unici che avevano il privilegio di “presentare” le persone. Difatti l’incontro diretto era vietato
perché
sconveniente,
non
ci
si
presentava
da
soli.
Non
si
parlava
di
argomenti che avrebbero dato il via a contrasti, non ci si poneva con maniere sfottenti e non si faceva vedere quanto si era bravi a danzare.Un bravo ballerino era ed è, il cavaliere che aiuta la dama e la mette in condizione di stare bene durante le danze. Ma che tipo di abiti venivano usati per i balli? In un giornale di moda del 1846 si legge: “Molte
delle
inglese, stoffe
toilettes
avevano
erano
un
molto
indossate
carattere leggere,
in
occasione
brillante,
con
pizzi
e
delle
offrivano
d'oro
e
feste
un
bel
d'argento,
dell'ambasciatore colpo
d’occhio.
merletti
e
Le
crespi;
I
corsetti sono generalmente corti, drappeggiati e tagliati in alto su ogni lato e davanti,
ma
disposti
in
modo
da
avere
una
rientranza
leggera
nel
centro.
Gli
abiti con due le gonne sono solitamente rifiniti con nastri di raso; e quando sono composte stesso
da
allabellezza con
tulle,
materiale,
lamee
della
al
di
sono
rifilate
bordato toilette.
sopra
di
con
con Gli
loro,
un
abiti
quattro
volan
nastro
di
composti
allacciate
a
da
la
di
medie
garza, raso
dimensioni
che
aggiunge
bianco
Pompadour,
hanno
con
pizzo
tre
dello molto gonne
d'oro
con
estremità frangiate, che nel complesso sono molto ammirate. Il girovita di tutti i tipi di toilette rimane lungo”. I guanti delle dame, elemento irrinunciabile, erano corti al polso. Per gli uomini la moda prevedeva poche cose ma raffinate. Una camicia ben pulita e stirata, con colletti alti e chiusi al collo con grandi papillon, gilet e pantaloni abbinati, con acconciature caratterizzate da ampie basette e baffi. Molto di moda erano anche
i
cappotti
a
tubino
con
chiusura
alta
e
aderenti,
anche
se
stava
diventando popolare un nuovo stile: il cappotto a sacco, giacca lunga fino alle cosce e poco aderente e per cappello il cilindro. Una standardizzazione, quella dell’uomo, che sarà sempre più accentuata e nei decenni che seguiranno, nessun cavaliere potrà sottrarsi ad essa. Le
dame,
invece,
disposizione.
utilizzarono
Prima
sempre
dell’avvento
di
più
i
colori
che
dell’industrializzazione
donne potevano indossare erano i “colori pastello”,
il
saranno tipo
di
messi colore
a
loro
che
le
toni lievi e non decisi. Con
l’avvento dei nuovi prodotti chimici i tessuti iniziarono ad essere tinti con colori sempre
più
accettata. bene”,
era
forti E’
da
un
assolutamente
ma
in
una
ricordare
pallore vietata
o e
sala
da
anche candore
ballo
che
il
la
persona
colore
decisamente
chiaramente
riservata
della
troppo
“lunare”.
alle
non
era
signore
“da
L’abbronzatura
era
che
nei
pelle
donne
campi o all’aperto. E finalmente si arriva alla festa da ballo.
vistosa
delle
lavoravano
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STORIA E BALLO
DI ELENA BOTTI E PIERO BALSAMO
La magia della
TAMMURIATA tra leggenda, paganesimo e sibille
STORIA E BALLO Negli ultimi 20 anni si è avuta la riscoperta e valorizzazione della danza popolare o tradizionale, da non confondere con la danza folkloristica. La danza popolare o tradizionale è una danza nata ed eseguita dal popolo; la danza folkloristica ha le sue origini nella danza popolare, ma mette in scena una danza/tradizione ormai morta . Le danze popolari vengono accompagnate da strumenti musicali tradizionali tipici delle aree di appartenenza. Il sud Italia ha un ricco patrimonio di danze popolari che affondano le radici in antichi culti pagani risalenti alla Magna Grecia. L’antico regno di Napoli aveva come sua colonna sonora la Tarantella , che in un certo qual modo racchiudeva e raccoglieva tutte le danze popolari tradizionali del regno . Nello specifico ogni regione , provincia ed area aveva una propria danza, cosi come succede per i dialetti. Il nostro viaggio ci porta in Campania con la sua “Tammurriata “tra usi e costumi, leggenda , sacralità e sibille pagane. Quando si parla di Napoli si pensa subito alla tarantella , ma la vera e antica danza tradizionale popolare è la “TAMMURRIATA”, ovvero “ballo n’gopp o tammurro” (tarantella dei cafoni) . Le origini della tammurriata si perdono nella notte dei tempi , ma affondano le proprie radici nelle arcaiche danze greche e in quelle dei Sanniti, antiche popolazioni campane. Al tempo dei greci il ballo veniva ritenuto un dono degli dei che poteva portare gli uomini anche ad essere ì immortali. Per i Sanniti era un rito propiziatorio legato alle stagioni e al ciclo riproduttivo della terra. La tammurriata è la danza dei contadini campani per eccellenza; ancora oggi, nel ballo, la gestualità è fondamentale . I gesti impiegati hanno un significato altamente simbolico e traggono ispirazione dal lavoro domestico e dei campi: possono riprodurre le azioni di setacciare la farina o spezzare i maccheroni oppure possono essere imitazioni dei movimenti degli uccelli, in particolare dei gallinacei. Questa danza ha ancora oggi una valenza sacra, non a caso si esegue in occasione di feste legate alla Vergine Maria ; come gran parte dei culti mariani vede le sue origini in riti pagani legati alla venerazione della Madre Terra; la Madonna altro non è che la cristianizzazione della Dea Madre Terra. Nella tradizione di questo popolo si è sempre creduto nelle figure di 7 sorelle a cui votarsi per aver grazie. “Beata quella bella Sant’Anna! Sette figlie, tutt’e sette Madonne!”, così recita un canto napoletano sulle sette Madonne/Sorelle, figlie di Sant’Anna e San Gioacchino (genitori della Vergine Maria). Le sette Madonne sono : Madonna dell’Arco di Sant’Anastasia, Madonna Pacchiana di Castello di Somma Vesuviana, la Madonna delle Galline, la Madonna dei Bagni , la Madonna Avvocata , la Madonna di Materdomini, la Madonna di Montevergine . secondo alcuni studiosi il culto delle sette sorelle si collega all’iconografia delle Sibille, che rientravano nel culto cristiano almeno fino al quattrocento, ma anche nel mito di Attis e Cibele. Il mito racconta che la Dea, pur essendo vergine, partorì un figlio, Attis. Il giovane decise di diventare sacerdote della divinità, ma si rese conto di amare sua madre e, pur di non commettere incesto, si evirò. Il culto della tammurriata e delle sette madonne, sorelle tra di loro, è la continuazione di un sapere custodito fra i campi e tramandato intorno ai focolari da contadini e pastori: una tradizione che muta nelle forme esteriori, ma resta sempre fedele a se stessa nella sostanza.
TuttoBallo20 Da sempre queste danze “sacre “ si eseguono dal mese di aprile fino a settembre. Strumento fondamentale per la Tammurriata è la Tammorra insieme alle castagnette. La tammorra, uno strumento musicale a percussione, è un tamburo a cornice costituito da una membrana di pelle d'animale (capra o pecora) tesa su telaio circolare di legno, quello dei setacci per la farina, al quale sono fissati, a coppie, dischetti di latta detti ciceri o cimbali (dalla Dea Cibele). La testimonianza del carattere rituale di questa danza sono le castagnette(nacchere italiane), fatte in legno di castagno o limone. Legate a coppia con dei laccetti e battute una contro l’altra, producono un suono secco che scandiscono il ritmo della musica. Secondo gli storici le castagnette accompagnavano già le danze popolari nell’antica Roma, durante i riti in onore di Cibele, madre di uomini e dei. Ma come si svolge la danza? Inizialmente si formano le coppie attraverso una scelta basata su un gioco di sguardi: i danzatori stabiliscono un' intesa tra di loro e con lo spazio. Poi si formano dei cerchi, al cui interno si trovano suonatori, danzatori, cantatori e spettatori. Attenzione: anche gli spettatori sono attori, in quanto chiunque può partecipare alla danza. Ad un certo punto, uno dei due danzatori assume un ruolo di corteggiamento o di sfida e l'altro può assecondarlo o respingerlo: questa fase del ballo è detta “vutata o rotella”. Se c'è il rifiuto, la coppia si scioglie e può entrare in gioco un altro personaggio: si forma così una nuova coppia. E’ un racconto danzato nel quale morte e vita, sesso e sfida, amore e lotta sono indissolubili: ciascun binomio forma una unità narrativa. Le forme di “ballo sul tamburo “ che ancora oggi sono vive si trovano: a Scafati con La Tammurriata dell’agro nocerino: una vera e propria danza di corteggiamento; a Somma Vesuviana la “ Sommese “caratterizzata da uno stile e ritmo serrato; a Terzigno la “Terzignese” ballata in una pineta ai piedi del Vesuvio; a Casal di Principe la“Giuglianese”, al tamburo viene affiancato uno strumento a fiato chiamato «’o Sisco» che ricorda i liuti suonati dai satiri. Danza sensuale, ma allo stesso tempo irruente che mette in luce un’ affascinante sfida fra uomini; a Maiori (Costiera Amalfitana) ” l’ Avvocata", tammurriata di sfida , suonata a più tamburi; a Pimonte(Na), il canto e il ballo dei Monti Lattari, uno stile con poche variazioni nei passi, ma ostico nel ritmo, a causa del particolare suono della tammorra; a Marcianise (Ce) ’O ball’ ’e l’urzo, canto e un ballo che si credeva dimenticato e che, invece, è prepotentemente tornato fra i giovani . Il fascino della tammurriata è dato non solo dall’incalzare serrato del tamburo, ma soprattutto dal canto di derivazione araba che con le sue “fioriture e melismi”rende ipnotico il tutto. La Tammurriata rappresenta l’evasione del quotidiano ed il cerchio simboleggia il fermare il tempo: “OMNIA CUM TEMPORE” (ogni cosa a suo tempo).
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MUSICA E POESIA DEI POPOLI DEL MONDO: LE ORIGINI DEL TANGO ARGENTINO
Federico Vessella @lamilongadialvin https://milongandoblog.wordpress.com
Il tango è l’incarnazione della diversità e del dialogo culturale tra le genti, confluite in una specifica regione del mondo, il Rio de La Plata, dal XVI secolo fino alla seconda metà del Novecento. Buenos Aires e Montevideo sono state la culla di un meltingpot di popoli indigeni, africani ed europei, questi ultimi arrivati in massa con le grandi migrazioni di fine Ottocento. Il risultato fu un’espressione artistica e musicale talmente unica nel suo genere da essere dichiarata Patrimonio Immateriale Unesco dell’Umanità nel 2009. Sebbene non sia possibile stabilire una data, un luogo o uno specifico autore ai quali far risalire le origini del tango, si può tuttavia sostenere che la seconda metà dell’Ottocento, ed i primi anni del Novecento, rappresentarono il primo grande periodo di sviluppo del tango nella forma e concezione che ne abbiamo oggi. Espressioni culturali come a habanera cubana, il candombe africano, la contradanza spagnola, il tango andaluso, la payada della Pampa, il sainete criollo e la canzone popolare italiana, in particolare quella napoletana, nutrirono il tango argentino delle origini. Alla fine dell’Ottocento, in una Buenos Aires cosmopolita era frequente ascoltare e danzare tango nei quartieri popolari, agli angoli delle strade lluminati da fiochi lampioncini, nei cafè o nei parchi. Ciò che inizialmente nacque tra gli strati bassi della società, nei luoghi malfamati dei quartieri più poveri, divenne presto un fenomeno di massa, coinvolgendo anche le classi più abbienti. A questo periodo si fa risalire la nascita della Guardia vieja, ossia quel movimento artistico primitivo che generò gli elementi specifici del tango moderno. Gli interpreti di questo tango ancestrale erano musicisti non professionisti, che suonavano senza partitura e recitavano testi improvvisati, accompagnandosi con chitarre, flauti, violini, arpe, mandolini e fisarmoniche. In genere formavano trii o quartetti che si esibivano nei cortili dei conventillos (costruzione urbana dei quartieri più poveri, formata da aggregati di camere concesse in affitto, con servizi in comune ed un cortile centrale), nei postriboli e nei locali più malfamati della città.
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I temi narrati da queste prime formazioni erano legati alle speranze, sofferenze e nostalgie per la patria lontana, lasciata per cercare una vita migliore, ma anche al mondo dissoluto dei quartieri poveri della città e dei loro frequentatori. Questi tanghi ci parlano di marinai, prostitute, guappi e compadres (uomini spavaldi ed insolenti dalla facile litigiosità), in un modo licenzioso e privo di tabù, spesso conditi da metafore più o meno esplicite al mondo della sessualità. Pilastri della Guardia viejafino alla prima decade del Novecento furono: Rosendo Mendizábal, Ernesto Ponzio, Angel Villoldo, Alfredo Eusebio Gobbi, Juan Maglio, Vicente Greco. Molti brani, ballati ancora oggi, furono scritti durante questo periodo, nel quale il tango assunse il nome di Tango criollo, adottando una propria identità musicale originale, eseguita sul tempo binario del 2x4 ereditato dalla habanera. Negli ultimi anni dell’ Ottocento iniziarono a comparire le prime partiture e tra le opere più famose si distaccarono Conchasucia (1884), Elentrerriano (1897/8 – il primo tango propriamente detto e con autore registrato), Don Juan (1898), Ataniche (1900), Elchoclo (1903), La morocha (1905), Elporteñito (1906). Agli inizi del Novecento comparvero anche i primi cantanti di tango, soprattutto le prime voci femminili: Lola Membrives, Andrée Vivianne, e Linda Thelma, (foto sx) così come le prime registrazioni acustiche, ad esempio quelle dei coniugi Gobbi, Alfredo Eusebio e Flora, conosciuti come “I re del grammofono”. La formalizzazione di questo movimento massivo di artisti, che formarono il primo vasto repertorio musicale di tango, si ebbe a partire dal 1910; questa data rappresentò un primo momento chiave nella storia del genere musicale. Cosa avvenne in quegli anni sarà l’oggetto del prossimo articolo.
Federico Vessella - La Milonga di Alvin @lamilongadialvin https://milongandoblog.wordpress.com alvin077@gmail.com
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BENESSERE E BALLO
BENESSERE IN EQUILIBRIO La salute è anche legata alla capacità di mantenere la mente libera dalle preoccupazioni e dallo stress e, allo stesso tempo, flessibile davanti ai cambiamenti inevitabili della vita.
a cura della Dott.ssa Michela Mignano Pedagogista clinico Psicomotricista funzionale e formatrice
BENESSERE E BALLO
IL CONCETTO DI “BENESSERE” IN AMBITO PEDAGOGICO CLINICO Il nostro benessere sta nell'equilibrio! Avere una larga visione e identificare quali siano gli squilibri che turbano la nostra vita, ci consente di cominciare piccole azioni quotidiane in grado di farci stare sicuramente meglio al fine di raggiungere un bilanciamento essenziale per un benessere reale. Ma per farlo bisogna essere capaci di ascoltare, controllare e prendersi cura dei “propri corpi”... il corpo fisico, che è quello che possiamo percepire, il corpo energetico, che non si può vedere ma che sicuramente nominiamo spesso ad esempio quando diciamo “sono esausta, senza energia”, il corpo emozionale, riusciamo a notarlo a partire dall'adolescenza, quando siamo improvvisamente catturati da forti emozioni e impulsi e il corpo mentale, strettamente connesso a tutti gli altri e unico per la sua capacità di renderci “animali razionali”. È importante che possiamo stimolarlo puntualmente con attività intellettuali, relazioni sociali, meditazione e tutto quello che possa aiutare a mantenere “giovane” ed elastico questo corpo. La salute quindi è anche legata alla capacità di mantenere la mente libera dalle preoccupazioni e dallo stress e, allo stesso tempo, flessibile davanti ai cambiamenti inevitabili della vita. L' equilibrio psicofisico è essenzialmente l'armonia tra corpo e mente che può essere raggiunta da tutti, a patto di adottare delle pratiche per vivere serenamente. Il benessere passa prima di tutto dalla salute; allo stesso modo, il pensiero positivo, ha la capacità di influenzare in modo davvero importante quello che siamo e come stiamo.
COME RAGGIUNGERE IL BENESSERE CON LA PEDAGOGIA CLINICA Tra i vari metodi a disposizione del Pedagogista Clinico® figurano l'Edumovement® e la Musicopedagogia®, metodi che assicurano situazioni di scambio al fine di sviluppare sentimenti di fiducia e sicurezza, sviluppare la consapevolezza del sé, la costruzione della propria identità e la capacità di instaurare rapporti soddisfacenti con gli altri e quindi benessere individuale e sociale. Il primo è realizzato attraverso esperienze di movimento dei vari segmenti corporei e la sua specificità sta nell'essere applicabile a tutti i livelli di educazione e formazione ed è rivolto a tutte le fasce d'età, in quanto l'evoluzione dell'individuo non si ferma ad una certa età né tantomeno è accertato che esista un'età nella quale l'organizzazione del cervello subisce un blocco dello sviluppo delle sinapsi. Al contrario oggi tutti affermano che la persona è sempre pronta ad imparare qualcosa di uovo che ne impedisca l'invecchiamento prematuro. Il secondo metodo, aggiunge alla corporeità e al movimento anche forme espressive ritmo-musicali, che consentono all'individuo l'occasione di integrazione e potenziamento di risvegli positivi e stimoli al cambiamento. La particolarità del metodo consiste nel fatto che non utilizza musica prodotta dagli strumenti musicali, ma si affida ai suoni ambientali e naturali, a corpi e oggetti, alla voce e al canto, capaci di produrrre suoni e rumori, il tutto accompagnato da cinestesie e dinamismi corporei che si differenziano in durata, sequenza e intensità. L'obiettivo è quello di creare uno stato di benessere emotivo e sviluppare una migliore stabilità e flessibilità fisica e psichica, aprendo canali di comunicazione, attivare processi di socializzazione, facilitare la relazione e lo scambio comunicativo.
“BENESSERE” PSICOFISICO DELLE PERSONE La Pedagogia Clinica si rivolge ai soggetti di tutte le età. A tal proposito posso parlarvi del progetto che ho realizzato all'interno di un Centro Incontro Anziani diurno, dal titolo “Anziani in movimento”, un progetto integrato di prevenzione e promozione della salute che considera il movimento come stile di vita nell'età senile. Il progetto è stato realizzato a favore di anziani di ambo i sessi, con più di 65 anni di età, autosufficienti o parzialmente autosufficienti. È nato con l'obiettivo di promuovere una nuova cultura del corpo in età senile, perché sappiamo che il movimento è la parola chiave del benessere psicofisico a tutte le età e uno strumento efficace di prevenzione delle malattie nell'invecchiamento, promuovere nuovi stili di vita per invecchiare al meglio, considerando la senilità come età delle opportunità e, infine, non per importanza, combattere la solitudine degli anziani con nuovi processi di socializzazione incentrati sul recupero della corporeità. Il progetto ha avuto la durata di 6 mesi e i risultati sono stati positivi, non soltando dal punto di vista socio-psicologico, in quanto i partecipanti sono riusciti a riappropriarsi delle proprie abilità psicofisiche, incrementando la sensazione di benessere e riducendo il rischio di depressione; hanno acquisito maggiore autonomia nella vita di tutti i giorni e sono stati stimolati alla socializzazione, come dimostrato dalla formazione di gruppi amicali anche nel quartiere di appartenenza; risultati si sono ottenuti anche dal punto di vista socio-sanitario in quanto, migliorando l'equlibrio, la forza e la coordinazione si è consentito loro di mantenere l'autonomia; e infine dal punto di vista socio-culturale si è riusciti a combattere la solitudine e contrastari l'isolamento affettivo degli stessi. Insomma un'azione di benessere globale che ha restituito serenità e sorrisi.
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DANZATERAPIA: ARMONIA TRA CORPO E MENTE a cura della dott.ssa Simonetta Festante Musicoterapeuta La danza è armoniosa integrazione tra il corpo e la mente: il corpo manifesta la propria individualità, in completa adesione al proprio io, contemporaneamente l’anima è protesa verso la felicità in conseguenza al movimento corporeo liberato da ogni peso. <<La danza è la madre delle arti>> così la descrive Curt Sachs, un etnomusicologo tedesco, nel suo libro “La storia della danza” (Berlino 1933), in cui si legge - <<…eruzione di forze epresse, estasi del corpo che fa l'uomo partecipe dell'aldilà, del mondo dello spirito e di Dio>>. Non sorprende che Śiva, divinità induista, crei il mondo danzando, che i cinesi con la danza rituale di Yu rappresentino il cammino dell’Uomo, il mandato divino, come espressione dell’ordine che attua equilibrio tra Cielo e Terra, che nella cultura ebraica, dove non c'è rappresentazione di immagini, i gesti della danza diventano immagini del sacro in movimento. Carl Gustav Jung fu tra i primi studiosi, in Occidente, a rivendicare l’inscindibilità del rapporto mente-corpo. Già nel 1916, egli suggeriva come le modalità espressive del corpo siano una tra le molteplici possibilità per dare forma all’inconscio. Jung era in anticipo sui tempi, sotto tantissimi aspetti, sostenendo l’utilizzo delle arti all’interno del processo terapeutico. Scriveva nel 1936: «La vita non può essere riparata. Può solo essere ricreata. In analisi la creatività attiva è quel processo ricreativo nel quale la danza non è che una delle sue espressioni». Questi sono i fondamenti della danzaterapia intesa come forma di arteterapia che utilizza la musica e il movimento come cura e mezzo terapeutico. Corpo e psiche, inscindibili, si incamminano verso la guarigione grazie ad un percorso in cui, proprio attraverso la danza, si può accedere al proprio mondo interiore per oterlo esprimere liberamente. Dopo queste premesse, le curiosità sull’argomento Danza Movimento Terapia sorgono spontanee.
LA NASCITA DELLA DMT La DMT, (Danza MusicoTerapia) comincia a svilupparsi in America intorno agli anni ’40, ad opera di alcune danzatrici, tra le quali Marian Chace e Trudy Schoop, come modalità di approccio relazionale alla persona. Un ruolo centrale per l’affermazione recente della danzaterapia a livello mondiale è ricoperto dall’ADTA (American Dance-Therapy Association), un’associazione fondata nel 1965 a New York, che definisce questa attività come l’uso psicoterapeutico delmovimento. Sul territorio nazionale, nel 1997 è stata istituita l’Associazione Professionale Italiana Danzamovimentoterapia (APID). In assenza di una legislazione, è l’APID che regolamenta i criteri per la formazione e la pratica professionale dei danzamovimentoterapeuti. CAMPI DI APPLICAZIONE
Gli incontri di danzaterapia possono essere rivolti a singoli individui, a coppie oppure a gruppi. La scelta del contesto, in genere, viene effettuata in relazione ai metodi e alle necessità relativi alla problematica specifica che si sta trattando. La danzaterapia è una disciplina consigliata a persone di ogni età e condizione, nello specifico può essere utilizzata per minori, adulti o anziani per interventi di carattere socio-educativo-riabilitativo, volti alla promozione del benessere della persona. CAMPI DI APPLICAZIONE
Gli incontri di danzaterapia possono essere rivolti a singoli individui, a coppie oppure a gruppi. La scelta del contesto, in genere, viene effettuata in relazione ai metodi e alle necessità relativi alla problematica specifica che si sta trattando. La danzaterapia è una disciplina consigliata a persone di ogni età e condizione, nello specifico può essere utilizzata per minori, adulti o anziani per interventi di carattere socio-educativo-riabilitativo, volti alla promozione del benessere della persona.
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COME SI PRATICA
Presupposto fondamentale è lo spazio rassicurante in cui la seduta si svolge. Gli elementi determinanti degli incontri sono: il calore del gruppo che, solitamente, si dispone in cerchio, almeno all’inizio ed al termine della seduta, l’accoglienza del danzaterapeuta conduttore, lo stimolo sonoro-musicale. QUALI SONO I MODELLI
Non è semplice fornire un’esposizione esauriente dei possibili modelli di conduzione di un incontro di danzaterapia, anche per la scarsità della letteratura disponibile in Italia. I principali riferimenti teorici e metodologici si riconducono a tre diversi orientamenti: l’approccio analitico di impostazione junghiana, il metodo di Maria Fux e quello francese dell'Expression Primitive. Queste tre metodologie possono essere utilizzate con differenti finalità e in contesti diversi tra loro. CAMPI DI APPLICAZIONE
Gli incontri di danzaterapia possono essere rivolti a singoli individui, a coppie oppure a gruppi. La scelta del contesto, in genere, viene effettuata in relazione ai metodi e alle necessità relativi alla problematica specifica che si sta trattando. La danzaterapia è una disciplina consigliata a persone di ogni età e condizione, nello specifico può essere utilizzata per minori, adulti o anziani per interventi di carattere socio-educativo-riabilitativo, volti alla promozione del benessere della persona. LA TECNICA ANALITICA
Una delle prime studiose a lavorare in questo ambito, in California,è Mary Whitehouse che, oltre ad aver studiato danza con insegnanti come la Graham e la Wigman, ha una formazione psicoanalitica di tipo junghiano. La Whitehouse, a partire dall’osservazione dei suoi allievi e dalla conoscenza del’orientamento junghiano, sviluppa il concetto di «movimento autentico»: un movimento spontaneo e intrinsecamente legato alla persona, che si manifesta durante un momento di improvvisazione, in cui si entra in contatto con i contenuti più nascosti del proprio inconscio. In questo tipo di lavoro è necessaria la presenza di un Witness «colui che è testimone» e di un Mover «colui che si muove» che sono in relazione tra loro. Il Mover con gli occhi chiusi si muove nello spazio abbandonandosi liberamente alle proprie emozioni ed immagini, mentre il Witness lo osserva attentamente e in seguito può verbalizzare il vissuto di questa esperienza (Escobar, Monteleone, Sorti, 1995). In una seconda fase di ricerca sulla danzaterapia, avviatasi a partire dal 1950, un’altra figura di grande rilievo è Anna Halprin, sempre in America, che nel suo metodo, denominato «Life Art», unisce alla sua esperienza nella danza moderna e alla crescita artistica l’utilizzo del mito e del rituale in chiave junghiana. LA TECNICA ANALITICA
Maria Fux, danzatrice e coreografa argentina, nata intorno agli anni ’20, dopo essersi accostata alla danza classica, studia danza moderna con la Graham e, in seguito, si dedica ad una rielaborazione molto personale del senso della danza, intesa come forma creativa ed espressiva che appartiene intrinsecamente all’essere umano. La Fux scopre il valore terapeutico della sua danza a partire dai benefici da lei stessa ottenuti durante una fase di forte depressione e, successivamente, sperimenta l’efficacia del proprio metodo, lavorando in modo integrato con gruppi di persone normodotate e persone affette da handicap. Maria Fux ha portato, e porta tutt’oggi, in diversi paesi del mondo (Brasile, Cuba, Stati Uniti, gran parte dei paesi europei e Israele) il suo metodo, dedicandosi sia al lavoro di operatrice, sia di formatrice nel campo della danzaterapia. EXPRESSION PRIMITIVE
Il ruolo di iniziatore di questo metodo va attribuito indubbiamente a Herns Duplan, un danzatore haitiano, che durante la sua esperienza di artista ha lavorato a New York nella compagnia di Katherin Dunham, una coreografa ed etnologa americana che si è ispirata profondamente ai rituali delle società tribali, in particolare a quelli africani. Attraverso questi riti si scopre nel suono del tamburo, nel ritmo, nel contatto con il suolo, nella «pulsazione» dei passi, il senso della danza che dona un’energia speciale, in qualche modo magica. Duplan, trasferitosi in Francia nel 1970, ispirandosi a questa visione della danza, ha rielaborato queste esperienze in un approccio da lui denominato «Expression Primitive». In conclusione, dopo aver passato in rassegna le proposte ed i contributi, frutto di anni di ricerche, di riflessione e di esperienze, dei diversi esperti, nell’ampio campo binario della musicoterapia e della danzaterapia, si rendono palesi due convinzioni: la ricchezza inesauribile delle due discipline espressive che per la loro complementarità non possono essere analizzate separatamente e la incompiutezza, allo stato attuale, della loro esplorazione, nonostante siano artefici dell’indiscusso apporto benefico alla persona . Chissà se i loro campi di applicazione non possano ampliarsi ed orientarsi anche verso la formazione di artisti, geni creatori o ispirati ideatori, sempre meno legati alla produzione pratica e materiale della loro arte, elevando la loro anima attraverso percorsi che incrementino l’espressività e la consapevolezza psicocorporea. “Mens sana in corpore sano” eterna sentenza di Giovenale (Sat. X, 356).
"Imparare a camminare ti rende libero. Imparare a danzare ti dà la libertà più grande di tutte: esprimere con tutto il tuo essere la persona che sei." (Melissa Hayden)
PSICOLOGIA E BALLO
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ASCOLTO ATTIVO GIOVANNI BATTISTA GANGEMI
Il tema che dobbiamo affrontare oggi insieme è quello dell’ascolto. E’ un tema immenso perché l’ascolto è la base di ogni processo di relazione, non solo nelle professioni di aiuto, ma in ogni rapporto umano. Ognuno di noi ha avuto l’esperienza di sentirsi più o meno compreso, più o meno “accolto” quando ha aperto il proprio sé ad un’altra persona… un amico... una compagna… da cosa è derivata l’esperienza di essere stato o meno ascoltato? Io sono convinto che il tema dell’ascolto rappresenti in realtà una questione che implica delle considerazioni a vari livelli sia di ordine…diciamo così…più teorico per esempio sulla natura e sulla struttura della psiche o dei processi di relazione, sia di ordine pratico…”cosa” si ascolta in realtà?, quali comportamenti facilitano e quali invece inibiscono la comunicazione? Tali considerazioni sono spesso implicite nel nostro comportamento, le agiamo senza renderci conto che alla base del nostro operare sussistono degli assunti, impliciti appunto, sia di ordine rappresentazionale sia di ordine emotivo. Dicevo di come ci troviamo a confrontarci con problemi sia di ordine teorico che pratico…oggi cercherò di ragionare insieme a voi su entrambi questi livelli…inutile dire che spero che non sia questa una comunicazione ad una via ma vi invito a interrompermi in ogni momento per esprimere le vostre considerazioni e ogni perplessità su quello che si dirà. Sapete tutti come ormai da più di un secolo… dopo la pubblicazione dell’ “Interpretazione dei sogni” di Sigmund Freud… L’idea che avevamo della psiche e dell’uomo stesso ha subito una radicale revisione. Si dice che Freud ha scoperto l’inconscio…in realtà non è così ma con la sua opera questo concetto è entrato a pieno titolo nella cultura europea dei primi del ‘900. Non voglio certo ora approfondire in questa sede il discorso sulla natura dell’inconscio ma soltanto sollecitare in voi l’idea di quanto tale idea abbia avuto profonde implicazioni sul modo di rappresentarci l’uomo. Da Freud in poi sappiamo che l’uomo non è solo ciò che crede di essere ma che nel suo intimo agiscono pulsioni, desideri, bisogni di cui lui non è consapevole, che spesso nasconde non solo agli altri ma a se stesso. Pensate a quanto questa considerazione abbia profonde implicazioni sul tema dell’ascolto. Quando l’altro mi sta parlando mi sta comunicando con le parole un universo di significati cui io devo prestare attenzione certamente, ma che di sicuro esprime solo in parte il suo vissuto esperienziale, sia in senso cognitivo che in senso emotivo. Quando l’altro mi sta parlando mi sta comunicando con le parole un universo di significati cui io devo prestare attenzione certamente, ma che di sicuro esprime solo in parte il suo vissuto esperienziale, sia in senso cognitivo che in senso emotivo. Dobbiamo sempre essere consapevoli di questo quando entriamo in relazione con un’altra persona. Attenzione, però, questo non vuol dire che dobbiamo andare alla ricerca dei significati nascosti dietro le parole o i comportamenti dell’altro…anzi, vedremo come questo sia un errore che spesso finisce con l’inibire e bloccare la comunicazione stessa tra due persone. Dobbiamo però essere consapevoli che ciò che l’altro dice non solo esprime parzialmente il suo vissuto, ma che la relazione con l’altro suscita anche in noi stessi sentimenti, emozioni, reazioni di cui spesso non siamo del tutto consapevoli. Io credo che essere realmente consapevoli di ciò…nel nostro intimo… induce in noi un atteggiamento di umiltà e di rispetto che è alla base di ogni vera relazione umana. Bene…spero di essere riuscito a suscitare in voi l’idea di come…se realmente ci poniamo il problema dell’ascolto…il primo nostro compito è mettere in discussione noi stessi…solo così possiamo dare all’altro la sensazione che egli si può affidare a noi…che ciò che esprimerà sarà rispettato, non giudicato e quindi accolto… Ma andiamo con ordine e cerchiamo ora di definire il campo, quello della relazione, nel quale il tema che dobbiamo affrontare…l’ascolto appunto…si colloca. Vari esponenti della scuola di Paolo Alto in California hanno, nei decenni passati, studiato la dinamica relazionale , e, già ormai quasi 50 anni fa, enunciato alcuni assiomi della comunicazione che ancora oggi non solo restano validi ma costituiscono pietre fondamentali nello studio dei processi relazionali. Il primo assioma fondamentale è il seguente: “NON SI PUO’ NON COMUNICARE” Cosa vuol dire ciò nella pratica?... …se una persona accanto a noi per esempio sta zitta…non partecipa ad una discussione in un gruppo di amici…non risponde alle nostre domande su una determinata questione…o come nel caso di una seduta psicoterapeutica viene da noi e magari per l’intera ora non parla…siamo sicuri che non sta comunicando? Anche il silenzio comunque dice qualcosa ad un ascoltatore attento…sta esprimendo disagio?...rabbia?...paura?... Possiamo dare al nostro interlocutore ugualmente, anche in questa situazione estrema, la sensazione di essere comunque accolto…rispettato?... E’ evidente che io penso che ciò sia possibile…ne riparleremo tra un po’ però… Teniamo quindi presente che ogni persona che entra in un campo relazionale è implicato in una comunicazione, non si può sottrarre alla relazione in nessun modo…anche, all’estremo, l’andare via ha precisi significati… Come dobbiamo quindi rispondere ad una persona che non vuole, per un qualunque motivo, comunicare a noi determinati aspetti del suo vissuto personale? Alcuni, in queste situazioni, sono indotti a sollecitare l’altro a parlare: “dai sfogati…vedrai ti sentirai meglio…”.
PSICOLOGIA E BALLO Ma siamo sicuri davvero che è sempre così? E se invece la persona , dopo essersi aperta in base alle sollecitazioni, si sentisse più vulnerabile, provasse magari vergogna? O, ancora, se nonostante le sollecitazioni le inibizioni interne siano tali da impedire comunque alla persona di aprirsi alla relazione, egli non potrebbe poi sentirsi maggiormente inadeguato o, addirittura, in colpa? Potremmo invece offrire la nostra disponibilità all’ascolto senza forzare l’espressione da parte della persona? E’ evidente come ogni nostra risposta alla comunicazione di un altro avrà conseguenze diverse. Ciò introduce ad un altro assioma fondamentale e cioè: “LA COMUNICAZIONE E’ SEMPRE UN PROCESSO A DUE VIE” Cosa significa questo? In questo momento io sto parlando a voi, ma in realtà sto anche ascoltando voi…c’è tutta una serie di reazioni che le mie parole sollecitano in voi e che quindi ritornano a me determinando a loro volta continui aggiustamenti del mio comportamento…a volte coscientemente a volte no… In questo momento potrei accorgermi che vi sto annoiando per esempio e ciò indurrebbe in me delle reazioni… prima di tutto emotive e poi, di conseguenza, la messa in atto di diverse strategie comportamentali per recuperare la vostra attenzione…potrei cambiare il tono della voce…potrei cercare di scegliere tra le cose che ho da dire alcune cose e altre no… potrei accelerare il mio discorso etc etc… Nello stesso modo, chi viene da noi per chiedere aiuto, nel momento stesso in cui si apre a noi, riceve una serie di messaggi di ritorno (si dice feedback in termini tecnici) che gli consentiranno di comprendere a vari livelli sino a che punto può esprimersi, sino a che punto può fidarsi, sino a che punto può affidarsi a noi… Se tutto andrà bene la comunicazione procederà in un clima di sempre maggiore partecipazione…in caso contrario evidentemente la relazione diverrà sempre più fredda… Attenzione, la cosa che voglio sottolineare ancora però è che questo processo di continua verifica che le nostre comunicazioni hanno sull’altro e, quindi di modificazione della relazione, in un continuo processo circolare, non si svolge per lo più ad un livello cosciente, bensì a livelli di vissuto emotivo e comportamentale che sfuggono ad un controllo da parte dell’Io cosciente appunto. Ed ecco che quanto appena detto introduce al terzo assioma della comunicazione che volevo sottoporvi: “ACCANTO ALLA COMUNICAZIONE VERBALE ESISTE SEMPRE UN LIVELLO NON VERBALE DELLA STESSA COMUNICAZIONE” Accanto alle cose che vi sto dicendo verbalmente e che spero abbiano un senso per voi il modo in cui sono vestito…la postura del mio corpo…i miei movimenti…il tono della mia voce…vi stanno trasmettendo tutta un’altra serie di messaggi su di me e sul senso che le cose che sto dicendo hanno per me…bene tutto ciò connota la relazione forse più delle parole…e soprattutto ciò è vero in una relazione di aiuto…tutto il campo del “non verbale” ci dice tantissimo di ciò che la persona in quel momento davanti a noi sta vivendo…ci dice delle sue emozioni…del senso di quanto esprime…spesso più di quanto lo dicano le parole…ugualmente l’altro percepirà attraverso il nostro comportamento ciò che quanto ci dice genera in noi. Guardate…questo è importante…anche questo sfugge ad ogni tentativo di controllo volontario da parte dell’Io. Allora non possiamo fingere…se ciò accade il messaggio verbale sarà comunque disconfermato da tutta un’altra serie di messaggi che invieremo al nostro interlocutore…se per esempio ciò che dice la persona che viene chiedere aiuto ci impaurisce o ci angoscia magari perché ci ricorda una nostra esperienza penosa non possiamo pensare di rassicurarla svalutando la portata dell’evento…non solo la persona non si sentirà ascoltata ma comprenderà il nostro livello di falsità e non si fiderà più di noi… Ed eccoci all’ascolto. Quanto detto sino ad ora…un pò sommariamente, per la verità,…è la premessa indispensabile per affrontare con più compiutezza le problematiche che l’ascolto ci pone. Cominciamo con una definizione…per il valore che hanno le definizioni… “L’ASCOLTO E’ IL MOMENTO RECETTIVO DELLA COMUNICAZIONE” La comunicazione nelle professioni di aiuto, ma credo in ogni relazione significativa, può essere considerata anche come uno strumento per innescare processi che aiutino l’individuo a comprendersi meglio e ad avere una visione più completa dei suoi problemi e delle sue risorse per affrontare tali problemi. L’ascolto è quindi un momento decisivo…è il momento nel quale le informazioni arrivano a noi ed è ciò che di queste informazioni noi facciamo e in tale accezione è ascolto attivo. Bene…vediamo cosa garantisce il corretto ascolto. Comprendere l’altro è davvero un’arte. Quando parliamo di comprensione ci riferiamo a due tipologie diverse… due livelli diversi: COMPRENSIONE INTELLETTUALE: focalizzata sui fatti, sui dati di realtà oggettiva e sulla ricostruzione della loro dinamica; - linguaggio verbale; COMPRENSIONE EMPATICA: - focalizzata sul mondo interiore dell’interlocutore; - linguaggio non verbale (tono della voce, gesti, mimica, postura etc); Ho introdotto così il concetto di EMPATIA. Penso che tutti voi abbiate un’idea di cosa sia l’empatia…di come si connoti…di cosa effettivamente sia la comprensione basata sull’empatia…è un concetto questo che è entrato nell’uso comune dagli anni ’50 e cioè da quando Carl Rogers ha sviluppato questo concetto ponendolo alla base di ogni relazione di aiuto. Egli individua tre elementi costitutivi dell’empatia: - comprensione empatica - accettazione incondizionata - trasparenza COMPRENSIONE EMPATICA La comprensione empatica può essere definita come “LA CAPACITÀ DI RIUSCIRE A VEDERE, SENTIRE, ASCOLTARE PONENDOSI DAL PUNTO DI VISTA DELL’ALTRO SENZA ASSUMERLO COME PROPRIO”. Si potrebbe dire che la comprensione empatica si basa sulla capacità di assumere un punto di vista “come se” e cioè sulla capacità di essere fuori e dentro l’altro silenziando temporaneamente e consapevolmente ciò che ci appartiene per vedere il mondo “come se” si fosse l’altro…”come se”…quindi. E’ importante capire che non si tratta di annullarsi nel punto di vista dell’altro identificandosi totalmente con il suo stato emotivo… ACCETTAZIONE INCONDIZIONATA “SOSPENSIONE TOTALE DEI GIUDIZI, ASTENSIONE DELLE VALUTAZIONI, DA APPROVAZIONI E DISAPPROVAZIONI” L’accettazione incondizionata è una capacità che si può acquisire solo se si abbandona il proprio mondo valoriale, si comprende interiormente come ogni uomo sia diverso da ogni altro…portatore di una realtà che non può e non deve essere giudicata sia nel senso dell’approvazione che della disapprovazione…Riuscire ad accettare realmente l’altro senza giudicarlo è sicuramente l’opera più difficile con la quale dobbiamo fare i conti ma possiamo fare ciò solo se riconosciamo e accettiamo dentro noi anche le nostre debolezze, i nostri lati bui…TRASPARENZA “CAPACITA’ DI CONTATTO, CONSAPEVOLEZZA E DI CONGRUENZA DEI VARI LIVELLI DEL SE’ ” E’ questo un altro punto decisivo… ma per essere davvero consapevoli delle proprie reazioni emotive, dei propri sentimenti delle proprie convinzioni, per poter mantenere un accordo tra ciò che si prova e ciò che si manifesta bisogna sapersi mettere in discussione con onestà e umiltà…fare un lavoro di analisi su di sé…(per questo per esempio a chi fa un lavoro come il mio è richiesto un lungo training in cui l’analisi personale costituisce il momento qualificante. Intanto solo questa consapevolezza di sé può generare un clima di autenticità e quindi di fiducia nel quale la persona che si rivolge a noi può rischiare di affidarsi, di aprirsi nella relazione e di abbassare i le difese non solo nei confronti degli altri ma anche e soprattutto di se stesso. Per chiudere voglio ora velocemente elencare alcune modalità di risposta alle comunicazioni che ci vengono da una persona che abbisogna di aiuto e che, piuttosto che favorire la comunicazione stessa finiscono con l’inibirla e con bloccarla: interpretare - giudicare - svalutare - sminuire - consigliare - sollecitare - domandare. Ognuna di queste risposte andrebbe ben analizzata e dovremmo comprendere come di fatto blocca lo sviluppo della relazione…ma ci riserviamo il compito per un prossimo incontro.
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BENESSERE E BALLO
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La Cura della Voce
di Alessandra Onano vocal trainer
Vorrei approfittare di questo articolo per indirizzare il mio messaggio a tutti coloro che hanno fatto della voce il loro strumento di lavoro più grande, perché amo definirmi un’allenatrice vocale (vocal trainer). In questo periodo di distanziamento sociale, tutti abbiamo dovuto osservare nuove regole, abbiamo modificato veramente tante cose e abbiamo limitato molto anche l’utilizzo della nostra voce. In pubblico l’ausilio della mascherina medica ci sta permettendo di attenuare il diffondersi dell’epidemia Covid-19, quindi, senza volerlo, abbiamo messo a riposo il nostro strumento vocale. Molti artisti utilizzano il silenzio di un giorno intero, prima di un concerto. Io, invece, vorrei suggerire che sarebbe più opportuno prendersi cura della nostra voce sempre, innanzitutto educando la parola:spesso è da educare il nostro parlato, tenendolo in allenamento con sani esercizi vocali, magari in movimento utilizzando metodi salutari di respirazione e d’idratazione, usando rimedi naturali, educando anche l’alimentazione. Pensate che nella preistoria i nostri antenati emettevano suoni, in modo naturale, utilizzando il diaframma. Anche per i neonati è lo stesso: nel crescere, dal vagito siamo passati alla parola, la spontaneità da bambini ci ha permesso di gridare, addirittura emettendo dei suoni a fischio che terrorizzavano i nostri genitori, i nostri educatori, che senza volerlo hanno inibito i nostri istinti, sgridandoci perché non era buona educazione ed il galateo non lo permetteva. Non si sono resi conto che hanno compromesso il futuro di un professionista! Mi definisco anche un’ allenatrice d’anima una “soultrainer “,ma il tempo a mia disposizione purtroppo è finito, ne parleremo chissà, forse, una prossima volta.
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ARTE E BALLO
MARISTELLA GULISANO
Il Volo, Il Sogno, e la Fantasia Chakra Maristella Gulisano
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ARTE E BALLO
TuttoBallo20 Una linea senza fine che ci accompagna dagli arbori della vita fino a spezzarsi nel momento della morte, trasformandosi in qualcosa di etereo e infinito come solo l’animo umano sa essere. E’ questo il legame indissolubile che accompagna ogni creazione artistica di Maristella Gulisano, che nella sua carriera si è sempre ispirata a quanto di più forte e significativo ci sia. Nata a Catania nell’agosto del ’56. Vive e lavora a Roma dal 1970, dove si è diplomata al II Liceo artistico nella sezione architettura, privatamente si è diplomata all’istituto d’arte nella sezione ceramica. Dopo un’esperienza da "interior design", ha seguito compagnie teatrali disegnando e realizzando scenografie e abiti di scena. Allestitrice e curatrice della Mostra antologica del Maestro Umberto Mastroianni, vincitore del “PRAEMIUM IMPERIALE 1997” nel museo di Hakone a Tokyo nel 1990. L’attività artistica ha inizio nel 1973, partecipando ad un concorso indetto dall’E.N.P.I. dove vince il secondo premio. Nel 1975 con il gruppo “Alfa” del Maestro ceramista Emanuele Astengo, espone opere in ceramica al Britisch Council a Palazzo Dragone. Sempre con il Maestro ceramista Astengo, partecipa ad “Arte in Fiera” di Bologna. Come studente dell’ISIA partecipa al “Compasso D’Oro” presentando arredi in cartone lavorato e piegato per camere di bambini. Nel 1983 partecipa, come scultrice, al concorso internazionale “La Telaccia d’oro” di Torino dove riceve il secondo premio. Ha realizzato i disegni per le vetrate artistiche, di grandi dimensioni, situate nella Chiesa “Casa d’Angela” (www.casadangela.com) a Yokohama e nel Crystal Hotel di Fujisawa, entrambe in Giappone. Nel 2007 sfila con i suoi abiti al “Castello della Castelluccia” con ampio consenso. Dal 2008 dalla collaborazione con un’artista fotografa Isabella Cavallaro nasce FUSIONSART, dove fotografia e pittura si uniscono e mescolano dando vita a opere digitali. “Il Volo, Il Sogno E La Fantasia”. Con queste tre parole il Maestro Umberto Mastroianni ha individuato in modo inequivocabile l’espressione artistica di Maristella Gulisano. Da sempre immersa nel mondo dell’arte, che senza dubbio è il suo mondo naturale, Maristella imprime alle sue opere una forza espressiva difficilmente confondibile. I suoi voli sono liberi ed energici come i nastri che avvolgono le forme sprigionando il colore dal quale sono stati generati; e quando il colore non basta più i nastri diventano elemento principale di una rappresentazione ancora più essenziale che combinata con forme rigide equilibrano la flessuosità che essi esprimono. Il colore è usato per esprimere e non per accompagnare, è un elemento di rottura e non un’ambientazione perché quest’ultima non ha ragione di esistere per il semplice fatto che non avrebbe motivo se non quello di uno sterile manierismo pittorico. Il risalto di certi particolari trattati minuziosamente attira momentaneamente l’attenzione e, dopo una brev sosta, ricomincia il volo. Tutte le espressioni artistiche di Maristella non hanno un inizio e non hanno una fine; un quadro potrebbe essere dimensionato il più grande possibile ma non avrebbe mai un limite finito. È proprio questa sensazione, unita alla continuità compositiva, che permette di entrare nelle forme e nel colore con la libertà che solo un sogno può dare. Si può spaziare in ogni direzione, andare dentro il dipinto e viaggiare in esso come in un macrocosmo oppure volare all’esterno ma ci accorgeremmo che il volo continua ancora senza limiti. Il sogno però è talmente forte e vigoroso che sembra un’irrealtà reale alla quale non si deve né chiedere né dare un’interpretazione e tanto meno cercarne una spiegazione: è già tutto eloquente. L’Arte di Maristella è da sempre stata fantastica, fin dal periodo figurativo dal quale man mano la fantasia si è sempre più sviluppata fino a raggiungere l’espressione attuale. La fantasia non è soltanto quella che le opere esprimono ma è anche e forse soprattutto quella che ci stimola e coinvolge mentre osserviamo, e forse anche la domanda “dove nasce l’arcobaleno?” non ci sembra più così assurda.
7 Chakra acrilico su 7 tele 80x80 Maristella Gulisano
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ARTE E BALLO
LA CASA DANZANTE DI PRAGA DEDICATA A
FRED ASTAIRE
E
GINGER ROGER
"Fred & Ginger" - Casa Danzante -Praga
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ARTE E BALLO
DALL IDEA ALLA REAZIONE, DAL PROGETTO ALLA REALIZZAZIONE, DALLA FANTASIA ALLA REALTÀ '
C
di Sandro Mallamaci Attraverso le diverse forme espressive artistiche l'uomo ha da sempre tradotto la sua immaginazione in qualcosa di concreto, per poter comunicare il suo pensiero. La musica, la danza, l'architettura, tutti linguaggi universali, comprensibili da tutti che, pur partendo da qualcosa di astratto, la trasformano in qualcosa di concreto e di leggibile. Noi viviamo in un mondo regolato dalle leggi della fisica ed elaborare le informazioni percepite attraverso i sensi è innanzitutto un'operazione logica, che ha a che fare con i numeri e quindi con la matematica. E così la musica, la danza, 'architettura, sono il risultato di elaborazioni matematiche. Se poi si cerca di definire anche il concetto di bellezza, che spesso coincide con il concetto di ordine, di armonia. Una composizione musicale risulta gradevole se è conforme a regole precise, così come una coreografia, che con la musica ha un diretto legame. Anche una composizione architettonica, oltre ad essere un risultato di precisi calcoli statici, per essere giudicata bella deve trasmettere sensazioni di armonia e di ordine. L'accostamento dei diversi elementi, delle singole parti, determina il risultato finale e quindi il messaggio che viene trasmesso, in altre parole, la corrispondenza tra l'idea del pensiero iniziale e l'idea che prende forma in chi elabora il messaggio. In sostanza, si concretizza il trasferimento di un'informazione da un individuo ad un altro, da una memoria ad un'altra, trasformandosi da sensazione personale a patrimonio della memoria dei singoli. Le nuove tecnologie, i nuovi materiali, e soprattutto i computer consentono agli architetti di fare andare la loro fantasia spingendola a pensare e quindi creare edifici dalle forme più svariate, senza porre limiti che fino a qualche tempo fa erano insuperabili. Frank Gehry è l'architetto che è considerato il pioniere del linguaggio informale attraverso il quale è riuscito ad esprimere le sue idee, tese al cambiamento ed al superamento delle divisioni e alla libertà che, da ebreo laico ed amante della musica, hanno caratterizzato tutte le sue creazioni con il desiderio di fare del bene nel mondo. Una delle sue creazioni più famose è la Casa Danzante di Praga costruita lungo il fiume Moldava conosciuta in tutto il mondo anche informalmente come Ginger e Fred, una struttura moderna che si erge tra i palazzi liberty del lungofiume interrompendo volutamente l'armonia architettonica dell'intorno, utilizzata proprio come un simbolo di un linguaggio per comunicare l'idea del cambiamento della società cieca al termine della Rivoluzione di Velluto, che, nuova e moderna, si staccava dal vecchio stagnante regime comunista, proiettando la città verso un futuro più libero e prospero. n effetti, come qualunque opera artistica, si presta a diverse letture a seconda dello stato d'animo e della fantasia di chi si trova ad ammirarla. Ma certamente il senso di contrapposizione del pensiero originario è trasmesso: passato e futuro, vecchio e nuovo, forza e grazia, staticità e dinamicità, uomo e donna. La lettura romantica che ha reso famoso l'edificio associa le due strutture a forma cilindrica ad una coppia di ballerini che si abbracciano eseguendo un passo di danza; la torre di vetro che si restringe al centro è la ballerina Ginger che si piega all’indietro come afferrata sui fianchi dal ballerino Fred, rappresentato invece dalla torre di cemento. Oggi la Casa Danzante è un hotel a 4 stelle con 21 camere Superior e Deluxe dislocate sugli ultimi piani delle torri con in cima un ristorante lussuoso e una caffetteria. Le suite più richieste sono quelle che richiamano i famosi ballerini, la Ginger Suite e la Ginger Royal Suite, nella torre di vetro e la camera vip nella torre in cemento che però non porta il nome di Fred ma si chiama River Royal Suite. Vivere questi luoghi è qualcosa di unico, soprattutto per chi possiede uno spirito artistico, per chi sa sognare ed immaginare, tuffandosi in un mondo in cui godere della bellezza che solo la fantasia di un'anima sensibile riesce a percepire.
Casa Batlló (Barcellona)
Piano House (Cina)
Chiesa di Vetro (Taiwan)
Biblioteca (Kansas City)
SPETTACOLI E BALLO
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Il corpo di Ballo del Teatro dell’Opera di Roma torna in scena con una creazione di Giuliano Peparini
Rebecca Bianchi prima ballerina Opera di Roma
“Le quattro stagioni” di Vivaldi
di Maria Luisa Bossone
SPETTACOLI E BALLO
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Le quattro stagioni firmato da Giuliano Peparini (ndr alla sua terza creazione per il Teatro dell’Opera di Roma) su musica di Antonio Vivaldi, racconta le naturali “stagioni” della coppia. Intorno alle coppie principali, Corpo di Ballo, che Peparini fa danzare rispettando le norme di sicurezza obbligatorie. Il coreografo romano, ha affidato ad Alessandro Preziosi il forte impatto emotivo della narrazione, intermezzo tra una stagione e l’altra. Le celebri Quattro stagioni di Vivaldi, su base registrata, sono eseguite dall’Orchestra del Teatro dell’Opera con Vincenzo Bolognese, violino solista. Tra i brani musicali registrati anche la Sonata in fa minore K. 466 di Domenico Scarlatti, eseguita al pianoforte da Antonio Maria Pergolizzi. Completano la creazione, scene e costumi improntati ad un’essenziale linearità, rispettivamente firmati da Andrea Miglio e Anna Biagiotti. Fondamentale l’apporto delle luci di Marco Vignanelli e dei video di Edmondo Angelelli e Giuliano Peparini. A raccontare le quattro stagioni e superare la sfida che questo momento impone all’arte della danza, sono stati chiamati a rappresentare le quattro stagioni i migliori ballerini. I primi sguardi incrociati con il pudore tipici della Primavera interpretati da Rebecca Bianchi e Claudio Cocino (vincitore premio Stefano Francia 2018), anticipano i fuochi della passione dell’Estate animata dai giovanissimi Marianna Suriano e Giacomo Castellana, mentre è in agguato il loro progressivo spegnimento con l’Autunno raccontato da Susanna Salvi (vincitrice premio Stefano Francia 2018) e Michele Satriano fino al gelo dei rapporti simboleggiati dall’Inverno animato da Sara Loro e Alessio Rezza. Un balletto speciale ripensato in base alle esigenze del post emergenza Covid, che punta non solo sul distanziamento, ma anche sulla semplicità e linearità dei costumi creati da Anna Biagiotti e dalle scene firmate da Andrea Miglio. La prima de Le quattro stagioni si anima anche del racconto della Community Igers di Matteo Molle e Giulio Pugliese che, attraverso i propri scatti, racconterà in una versione assolutamente inedita quello che avviene durante il balletto, ricondividendo il tutto sui propri canali social e rendendo partecipe il pubblico di uno spettacolo nello spettacolo, di rara suggestione, mai visto prima. Per il Teatro dell’Opera di Roma, durante il lockdown, veicolo importante di comunicazione con il pubblico è stato YouTube. Il successo del canale dell’ente lirico, è stato confermato dalla lezione di danza della direttrice del Corpo di Ballo Eleonora Abbagnato, trasmessa in streaming dal palcoscenico del Costanzi nella mattinata di venerdì 24 luglio (disponibile sul canale) che si è trasformato in sala ballo. Il pubblico ha seguito un momento della ripresa dell’attività artistica in Teatro, dopo la brusca interruzione del 5 marzo, proprio durante le repliche del balletto Il Corsaro. “Questo periodo ci ha uniti più che mai, non ci siamo mai lasciati; – racconta Eleonora Abbagnato – sentivo i danzatori spesso, preoccupati soprattutto di come rimanere in forma. Per questo ho proposto di tagliare un linoleum che avevamo nei nostri magazzini. Ognuno di loro ne ha ricevuto un pezzo per allenarsi in modo migliore da casa, senza scivolare”. I vincoli della sicurezza sono diventati opportunità per trovare nuove soluzioni. Il palcoscenico del Costanzi si è trasformato in sala ballo, a disposizione delle classi di un numero massimo di dieci persone distanziate, a lezione sotto l’occhio attento della Direttrice. “Dei cinque anni di lavoro qui – prosegue Eleonora Abbagnato – questo è stato forse il momento più importante per me, avere il corpo di ballo in forma e ripartire con una nuova creazione che certamente rimarrà nella storia. È un grande segnale e un onore per tutti noi”. Le ultime repliche dello spettacolo sono previste il 2 e 3 agosto, mentre fino al 13 agosto il cartellone di Opera al circo Massimo mette in scena le opere: Il Barbiere di Siviglia, La Vedova Allegra, Anna Netrebko e Yusif Eyvazov Omaggio a Roma. Il cartellone è consultabile sul sito https://www.operaroma.it/ (foto di Yasuko Kageyama - Teatro dell’Opera di Roma)
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SPETTACOLI E BALLO
Il 28 agosto 2020 al 63 Spoleto Festival dei 2 mondi
LE CREATURE DI PROMETEO LE CREATURE DI CAPUCCI di Fabrizio Silvestri
Beethoven e alta moda, chi l’avrebbe detto? In un’estate in cui i grandi festival all’aperto italiani stanno dando il la alla ripresa teatrale europea in modalità di distanziamento sociale, e quindi principalmente con lavori improntati ad una stilizzata essenzialità, questo spettacolo, a cura di Daniele Cipriani, si distingue per il suo sfarzo. Non poteva essere altrimenti trattandosi di un’eccitante combinazione tra l’estro di due geni: la partitura di Ludwig van Beethoven, nell’anno in cui ricorre il 250° anniversario della nascita del titano della musica sinfonica, e le sculture viventi del titano dell’alta moda Roberto Capucci, creature animate da vita propria. “Movimenti coreografici” di Simona Bucci per la Compagnia Daniele Cipriani accompagneranno la rara esecuzione integrale, da parte dell’ Orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova diretta da Andrea Battistoni, dell’unico balletto del compositore tedesco. L’inaspettato connubio che viene celebrato ne Le Creature di Prometeo / Le creature di Capucci, concerto in forma scenica, è una nuova coproduzione realizzata dalla Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova e il Festival dei Due Mondi.
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SPETTACOLI E BALLO Il Debutto in prima mondiale avviene al Festival dei Due Mondi di Spoleto il 28 agosto 2020 (Piazza del Duomo, ore 20:30) con anteprima il 1° agosto al Festival Internazionale della Musica e del Balletto di Nervi. Composta da Beethoven nel 1801 per le coreografie dell’italiano Salvatore Viganò, Die Geschöpfedes Prometheus, Op. 43 era popolato da Dei dell’Olimpo e Muse del Parnaso con un libretto ispirato chiaramente al mito di Prometeo, il titano che ruba il fuoco agli Dei per darlo alle sue “creature”, gli uomini della terra. Ed è proprio il fuoco il filo che conduce dalle “Creature di Prometeo” alle “Creature di Capucci”; perché se vogliamo considerare il fuoco non solo come elemento generatore di calore, bensì come simbolo di intelligenza e ingegno, e se vogliamo considerare Prometeo come un (buon) portatore di luce affinché, grazie alla scintilla dell’Io, gli esseri umani si svincolino dalla tirannia degli Dei, ecco che da questo medesimo fuoco emerge il genio di Capucci la cui illimitata fantasia si esprime in assoluta libertà. E mentre le creature del Prometeo beethoveniano sono uomini e donne in carne e ossa, una luminosa e apollinea umanità in costruzione, destinata alla civiltà e al progresso attraverso i doni divini dell’amore, della bellezza e, soprattutto, della libertà, quelle di Capucci sono esseri onirici, dionisiaci, dagli artigli di bizzarri rapaci e sinuose spire serpentine “immagini di follia”, li definisce lo stesso Capucci. Si tratta dell’eccezionale realizzazione sartoriale, seguita personalmente dal maestro, di 15 costumi da bozzetti originali. Di questi, 3 erano stati esposti nel 2018 a Palazzo Pitti di Firenze “Capucci Dionisiaco” e a Palazzo Scarpetta di Napoli “Spettacolo onirico. Disegni per il teatro"; gli altri 12 invece sono assolutamente inediti. Solo di recente, quando Daniele Cipriani chiese al Maestro di creare due costumi in occasione del gala Les Étoiles (gennaio 2020), Capucci si è avvicinato alla danza, arte che tuttavia lo aveva sempre affascinato. La felice esperienza, salutata da grande successo di critica e di pubblico, ha portato a questa nuova collaborazione e a costumi che ricordano la spettacolarità delle feste rinascimentali a corte. Con processi artistici assolutamente distanti, musica e moda si uniscono in un duplice ed originale omaggio al genio creativo e alla potenza immaginativa dell’arte. A loro si accosta Simona Bucci, coreografa, che ha concepito, per corpi atletici e flessuosi di un disinibito cast interamente al maschile, movimenti coreografici grazie ai quali i personaggi metamorfici di Capucci si presentano come un corteo di creature “altre”; come effluvi, essi appaiono da tutte le parti (anche dall’alto) della piazza, visioni che scompaiono per poi riunirsi in palcoscenico solo nel finale. Qui la “distanza sociale” è assicurata dagli sbuffi, girandole, nastri, piume, maschere e carapaci degli immaginifici costumi. In parallelo alla potenza musicale ispirata a personaggi mitologici, e in corrispondenza con quanto espresso dalle sue sonorità, con una leggerezza di tratto e una lineare eleganza di movimento che vanno ad intrecciarsi con l’esuberanza dei costumi e la magnificenza della musica, la coreografa Bucci trasforma i personaggi di Beethoven/Viganò in rappresentazione degli archetipi che plasmano la psiche umana. Ai danzatori della Compagnia Daniele Cipriani si uniscono anche artisti di varia provenienza, tra cui il danzatore Damiano Ottavio Bigi del TanztheaterWupperthal e alcuni danzatori della Compagnia Simona Bucci, nonché Hal Yamanouchi, mimo attore dalla enigmatica presenza, misterioso maestro di cerimonie di questa fantasmagorica sfilata. Le Creature di Prometeo / Le creature di Capucci si avvale di video proiezioni firmate da Maxim Derevianko e di un disegno luci di Luciano Novelli.
Roberto Cappucci - Daniele Cipriani
SPORT E BALLO
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MANÉ GARRINCHA
UN “BALLO” FATTO DI DRIBBLING di Giovanni Fenu
SPORT E BALLO
Quanti di voi vedendo un giocatore di calcio dribblare un avversario, disorientarlo con finte e controfinte, per poi lasciarlo sul posto dopo una elegante “veronica”, non ha pensato almeno una volta: “quel giocatore danza in campo e col pallone”? Bene, oggi vogliamo parlare della danza di Manoel Francisco dos Santos, per tutti più semplicemente “Garrincha”, formidabile ala destra brasiliana, campione del Mondo con la Seleçao nel 1958 e nel 1962. Ho detto danza, sì, perché quella che l’asso brasiliano metteva spesso in scena sulla sua pista di ballo, quella fascia destra divenuta ben presto una “seconda casa”, era un soave ballo, un “passo a due” col pallone che lasciava di stucco anche il proprio avversario di turno. Vederlo scattare sulla fascia, fermarsi, tornare indietro e nuovamente avanzare, puntare l’uomo e sfuggirgli, palla al piede, con quella sua finta dinoccolata – favorita da quella gamba più corta di sei centimetri, “eredità” della poliomielite sofferta da bambino – giungere sul fondo e crossare per qualche compagno o tirare una rasoiata in fondo al sacco, tutto questo era una gioia per gli occhi. E l’Alegria do Povo (“Gioia del Popolo”, nda) ben presto inizia a dare sfoggio dei suoi “balletti”, una danza dalle leggiadre movenze che incanta non solo i tifosi, ma gli avversari di turno che il più delle volte non possono far altro che ammirare estasiati quel ritmo ammaliante che sa di tango ballato con la sfera di cuoio. Ne sa qualcosa lo storico terzino brasiliano Nilton Santos che si trova di fronte, nel 1953, il ventenne Garrincha, durante un provino per il Santos. La giovane stella brasiliana sfodera un “ballo” fatto di dribbling, finte e cross che finiscono col ridicolizzare il “monumento” Santos.
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Ricorda il terzino brasiliano: «Come gli passano la palla gli vado incontro cercando di portarlo verso il fallo laterale per prendergliela con il sinistro, lui invece mi fa una finta, mi sbilancia e se ne va. La seconda volta mi fa passare la palla in mezzo alle gambe[...]»; il malcapitato terzino diviene “partner” inconsapevole della danza di Mané Garrincha, un ballo destinato a concludersi col cross o con un tiro rasoterra in porta. Una danza, quella dell’ala brasiliana, spesso al limite dell’irriverenza, come quella volta a Firenze, siamo nel 1958, quando in un’amichevole contro i viola il nostro “ballerino” regala generosi passi a due con la sfera e gli avversari: dribbling e finte che estasiano i presenti. Una leggiadria presente anche in quell’animo guascone e fanciullesco che al pallone dà del tu e sulla fascia esibisce la propria arte calcistica e... tersicorea, come nella medesima gara di Firenze quando punta Enzo Robotti (capitano viola, nda), lo scarta, evita anche il portiere e, invece di mettere in rete, aspetta il malcapitato Robotti: nuovo dribbling che manda a terra il difensore, e gol, alla faccia della sportività. La favola del “ballerino della fascia destra” Garrincha non ha purtroppo il lieto fine; tra alti e bassi la stella del campione sudamericano, dopo il mondiale inglese del 1966, comincia sempre più ad offuscarsi... La sua vita si trascina tra matrimoni falliti, figli, ben 11 – legittimi e non – e un avversario, l’alcolismo, che non riesce a dribblare... La stella di Garrincha e la sua danza si chiudono il 21 gennaio 1983 quando muore per cause legate all’abuso di alcolici... Non ha ancora cinquanta anni, la danza di Mané finisce lì, ma non il suo ricordo... Le sue danze su quella fascia, la sua fanciullesca allegria nel giocare, infatti, rimarranno indelebili; a tal proposito un epitaffio sulla sua tomba, presso il cimitero di Raiz da Serra presso Magé nei dintorni di Rio de Janeiro, recita significativamente così: «Qui riposa in pace colui che fu la Gioia del popolo, Mané Garrincha».
VIAGGI E BALLO
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Rajasthan la terra dei maharaja
dal diario di Alessandra Venditti, viaggiatrice del mondo foto di Antonio Pistore, compagno di viaggio. www.viaggiavventurenelmondo.it
VIAGGI E BALLO
Quando pensavo al Rajasthan, e giuro che prima di andarci non ho fatto neppure una ricerca su Google, immaginavo un regno fatato, pieno di castelli e di palazzi di principi e principesse, i Maharaja e le Maharani, che vivevano in un mondo incantato. Per varie coincidenze, sono partita per l’India con pochissimo preavviso, così, a parte il super famoso Taj Mahal, non sapevo bene cosa aspettarmi. Era tanto tempo che volevo andare in India, ma ho sempre avuto una sorta di timore, legato alle scarse condizioni igieniche ed agli odori delle spezie… d’altronde, le rare frequentazioni dei ristoranti indiani, mi avevano sempre lasciato lo stomaco in subbuglio. Non capivo bene se fosse il cumino o il coriandolo, ma forse era solo il cardamomo, o comunque il mix di tutto. Quindi, ogni volta che sceglievo una destinazione, l’India restava sempre all’ultimo posto, e non comprendevo l’amore sproporzionato che varie persone sentono per questo paese: chi è andato una volta ci torna, e ci torna, e ci torna ancora. Il nostro viaggio inizia a Delhi, dove restiamo solo poche ore, il tempo però per visitare due siti protetti dall’Unesco: la Humayun Tomb, un grande mausoleo fatto costruire per l’Imperatore Humayun, con bellissimi giardini; il secondo, che ci sorprende moltissimo, un imponente minareto di mattoni del XIII secolo, il Qutb, di 72,5 metri e con un diametro alla base di oltre 14 metri. Mastodontico e splendido esempio di arte islamica e arte indù fuse insieme. Sinceramente una grande sorpresa, forse perché non ne avevo mai sentito parlare e non sapevo esistesse un monumento di questo tipo: l’arte di due civiltà che si incontrano, dando luogo ad un monumento bellissimo. Dopo questa breve visita a Delhi, passiamo qualche ora a Mathura, città sacra e che ha da o i natali a Krishna. Arriviamo ad Agra, e l’indomani visitiamo ben 3 siti patrimonio UNESCO. Cominciamo il giorno all’alba con il mega fotografato e conosciuto Taj Mahal: una delle 7 meraviglie del mondo moderno, il monumento dedicato all’amore per antonomasia, quell’amore di un imperatore Mughal per la sua defunta moglie preferita. Bello? Senza dubbio. Sorprendente? No. Manca l’effetto sorpresa, visto, rivisto e riproposto in mille salse diverse. Passiamo poi al Forte di Agra, un forte che ti lascia senza parole per l’imponenza, per la grandezza, per il cominciare a sentire il sapore dell’avvicinarsi al Rajasthan… Ultimo sito UNESCO del giorno è Fathepur Sikri, una intera cittadella del 1500, capitale per circa 10 anni dell’impero Mughal e poi in fretta abbandonata, sembrerebbe per mancanza di acqua. E’ anche detta la città fantasma dell’India. Finita la visita ci rimettiamo in cammino. Finalmente lasciamo l’Uttar Pradesh ed entriamo nel Rajasthan. Prima tappa: Jaipur capitale caotica dello Stato. Jaipur, detta città rosa, per il colore predominante delle case, è una città affascinante. Facciamo la prima visita fuori città. A pochi km si trova quella che, secondo me, è la fortezza più bella del Rajasthan: il Forte Amber (per non perdere l’abitudine, un altro monumento patrimonio UNESCO). E’ una struttura incredibile, imponente, maestosa, costruita in arenaria gialla ed in marmo bianco e che fonde lo stile arabo ed indu': intagli, arabeschi, ghirigori, specchi, dipinti, sculture soprattutto nella parte degli appartamenti reali. Non si passa dal Rajasthan senza visitare l’Amber Fort, nome che deriva dal colore dell’arenaria color ambra. Ci buttiamo poi nell’agitata città di Jaipur, privilegiando innanzi tutto il secondo monumento UNESCO del giorno: l’osservatorio Jantar Mantar, di cui io mi innamoro pazzamente. Sono 19 costruzioni-strumento astronomici, realizzati con mattoni e cemento, nel 1700. E’ assolutamente consigliato avere una guida, che possa spiegare la funzione di ogni strumento, e che ti faccia capire come in questo posto l’astronomia e l’astrologia si confondano. Passiamo al Palazzo Reale di Jaipur, in cui in una ala ancora vive la Famiglia Reale: la storica famiglia del Maharajah di Jaipur. E’ un palazzo superbo, pieno di storia, dove i cortili e le aree esterne secondo me sono di gran lunga più interessanti delle aree interne. Finalmente viene l’ora del primo shopping. Ci catapultiamo nei vari bazar della città. Inutile dirlo, delirio totale, come poi sarà lungo tutto il viaggio: shopping continuo e costante! Uno stop per ammirare l’iconico Palazzo del Vento: superbo. L’indomani si va a Pushkar. In effetti le date di questo viaggio sono state scelte propri in coincidenza della Fiera dei Cammelli di Pushkar, una delle feste piu' affascinanti di tutta l’Asia. La festa si tiene a novembre e dura una settimana. Arrivano pastori con le loro mandrie di cammelli e cavalli soprattutto, ma anche di capre e pecore, e oltre alla compravendita di animali, si può assistere a gare fra cammelli e a parate degli stessi. Tutto intorno deserto.
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VIAGGI E BALLO
TuttoBallo20 I cammelli sono riccamente decorati e abbelliti con campanelli, ponpon, selle lavorate coperte, di tessuti multicolori e mille lustrini di ogni tipo: uno spettacolo! C’è anche il luna park, gli incantatori di serpenti, gli equilibristi, i clown, gli asceti. E’ una fiera essenzialmente rurale, che riveste una importanza economica e culturale notevole, e che coincide con una festa religiosa, il Kartik. Il lago di Pushkar è uno dei laghi sacri dell’induismo, circondato da 52 gradinate, chiamate Ghat, e la tradizione racconta che Brahma (il creatore del cosmo per l’induismo), fece un bagno in queste acque e dove Shiva (la divinità della distruzione) apparve sotto forma di cinghiale. C’è una atmosfera particolare in città in questi giorni: tanti colori, degli abiti degli indiani, degli addobbi dei cammelli, dei fiori e delle luci che galleggiano su foglie nel lago, dell’artigianato e della frutta in vendita ovunque… Da Pushkar passiamo a visitare Bundi, ancora non inserita nelle mete oggetto di turismo di massa. E’ uma città piccola, raccolta, con un castello purtroppo in semi decadenza (dovuta all’eccesso di risorse necessario per la ristrutturazione), ma affascinante, interamente visitabile. Ci sono stanze chiuse ma i custodi locali sono disposti ad aprirle e a raccontare con orgoglio la storia di questo principato molto importante nell’epoca Rajput. La vista è sul bel lago. Famosi a Bundi sono anche i baori, cisterne enormi, spesso di marmo intagliato, che servivano come riserva di acqua. Abbiamo qui visitato il più bello dell’intero viaggio, il Raniji ki. BUNDI quanto ci sei piaciuta! L’indomani ci aspetta un altro monumento UNESCO: Chittorgarh. Non so cosa aspettarmi, so che e' una cittadella fortificata o poco più. Troviamo invece una area di 300 ettari, con edifici, templi, torri, cisterne di acqua. E’ enorme e ci muoviamo con i risciò all’interno della stessa. Tutti gli edifici sono bellissimi, soprattutto la Torre della Vittoria, scolpita in marmo bianco, con divinità indu' e di altri culti, simbolo del pluralismo religioso del regno Rajput. Gironzoliamo per circa tre ore da un edificio all’altro e poi ci dirigiamo verso Udaipur. Per me una delle sorprese del Rajasthan è stata la presenza di vari laghi. Udaipur, per esempio, ne ha due, uno dei quali è al lato dello splendido Palazzo Reale, in cui, in un’ala vive ancora la famiglia reale, la quale, negli ultimi anni, ha reso Udaipur una destinazione ricercata nel circuito internazionale. Un’altra ala del palazzo è stata trasformata in hotel, e questa è una caratteristica del Rajasthan: si può dormire in palazzi reali, dimore nobiliari e castelli…e la sensazione di vivere in un mondo magico si accentua come per incanto! Nel lago Pachula, di fronte al palazzo, ci sono due isole; in una c’è la residenza estiva della famiglia del Maharaja mentre nell’altra c’è un modernissimo hotel a 5 stelle. Visitiamo il Palazzo Reale, che è un insieme di strutture aggiunte a quello che era il nucleo originario; gli interni e gli esterni sono ugualmente belli, e si alternano continuamente, una torre e poi una camera, e poi un cortile, un salone, un balcone… tutto riccamente decorato. Visitiamo poi due bellissime haveli che oggi ospitano ricchi negozi di artigianato; e poi il Saheliyon-ki-bari, giardino settecentesco fatto costruire dal Maharaja per la sua consorte. Infine ci rilassiamo alla vista di un indimenticabile tramonto sul lago. Il giorno seguente ci dirigiamo verso Kumbhalgarh, neppure a dirlo, un altro monumento UNESCO; non ho mai visto tanti monumenti UNESCO in cosi poco tempo, sono estasiata. Anche questa è una fortezza che ha una muraglia lunga 38 km spessa 4,5 metri, seconda solo alla muraglia cinese. Sorge nel mezzo delle montagne dell’Aravalli e lo scenario è fantastico! Dalla parte alta si vedono montagne per chilometri e nelle giornate limpide si riesce a vedere il deserto del Thar. L’area è vastissima, basti dire che contiene più di 360 templi, induisti e ainisti. Ovviamente visitiamo una piccolissima parte dell’area, perché dobbiamo arrivare a quello che poi scopro essere il tempio più bello del viaggio: il tempio jainista Chaumukha di Ranakpur, il più grande e bel tempio nel mondo, del 1450, che fa parte di un complesso formato da 3 templi. Immerso nel bel mezzo della giungla e dalla stessa invaso, rimasto coperto per buona parte della sua esistenza, e' stato, solo abbastanza recentemente riscattato e riportato all’antico splendore. Magnetico! Formato da 29 sale, non tutte visitabili, da 80 cupole e 1444 colonne è di un bianco abbagliante. Un marmo intagliato un maniera impeccabile, sembra a tratti un merletto; non esistono due pilastri uguali, ognuno è scolpito in maniera diversa. La luce, che arriva dalle numerose aperture, forma giochi di chiaroscuri che cambiano ad ogni angolo. Il tempio è imperdibile e indimenticabile: oserei dire perfetto. Purtroppo il tempo non gioca a favore ed arriva l’ora di chiusura. Io esco…ma poi torno indietro correndo ed entro di nuovo, giusto per gli ultimi 5 minuti prima della chiusura. Sono quasi sola, è per me l’ora della meditazione, 5 brevi minuti da ricordare per tutta la vita. Il giorno seguente è dedicato a Jodhpur, la città blu. Le case, nel centro storico, sono in maggioranza dipinte di blu; ed il forte reale di Mehrangarh che domina la citta' e' anch’esso splendido. Ogni fortezza/casa reale del Rajasthan e' diversadall’altra ma non meno bella; alcune più conservate, altre meno; alcune ancora abitate dalle famiglie dei Maharaja, altre abbandonate, ma tutte indimenticabili, tutte da sogno, tutte che raccontano le storie di quella che un tempo era una regione divisa fra i principati dei raja o Marajà, sempre in guerra fra loro; terra di antiche tradizioni, che solo nel 1949 fu annessa ai domini indiani. Regione grande poco piu' dell’Italia, confina a ovest con il Pakistan, dal quale è divisa da un immenso deserto: il deserto di Thar, che domani finalmente raggiungeremo. Eh si, la prossima tappa è Jaisalmer, quella che è si è rivelata la mia città preferita nel Rajasthan, detta anche la Città d’Oro! La peculiarità della città vecchia è, a parte essere tutta color ocra, in quanto costruita in basalto giallo (appunto chiamata città d’oro), quella di avere la cittadella dentro le mura ancora abitata e pulsante! Bazar, ristoranti, abitazioni, templi che convivono con i vecchi cannoni! Solo la parte reale è riservata, a pagamento, ai turisti. Ci sono sette bellissimi templi giainisti, fra cui il più bello è Chandraprabhu e due haveli che ospitano negozi di arte e artigianato: Nathmal ki e la Patwon ki. Il forte non è mai stato attaccato, per questo è cosi ben conservato. Io vorrei restare ancora giorni in questo posto, ma non è possibile. Bella la visita al lago della città, fatto costruire dalla famiglia reale nel 1400 e dedicato a Vishnu, con templi sull’acqua e suggestivo+ il tramonto nel giardino reale Bada Bagh, che ha i cenotafi dei vari reali succedutisi nelle generazioni. Immancabile giro in 4x4 sulle dune del deserto del Thar, e l’incontro con nomadi che suonano e cantano, nei loro vestiti colorati. Siamo ai confini con il Pakistan…giusto li, dietro quelle dune, in fondo… L’indomani ci dirigiamo alla volta di Bikaner. Facciamo una breve sosta a Kitchan per visitare una bellissima riserva ecologica delle gru, migrate dal freddo nord: sono migliaia, al di la di uno specchio d’acqua, quindi ad una distanza di pochi metri; è uno spettacolo della natura unico. Bikaner non ci entusiasma particolarmente; la fortezza non ha niente di particolare e la città è piuttosto sporca. Inoltre quelle che dovrebbero essere due haveli eccezionali, sono abbandonate e chiuse. Ci dirigiamo quindi verso Fatehpur, nella regione di Shekawati, regione amosa per le sue splendide haveli. Alcune sono in ristrutturazione, altre chiuse ma ne visitiamo una splendidamente recuperata da una artista francese, Nadine (per chiamata Haveli di Nadine) del 1800, piena di oggetti antichi e di dipinti, poi trasformata in un hotel. La visitamo con piacere e facciamo 4 chiacchere con i gestori francesi. Ci dirigiamo poi verso Mandawa. Il viaggio volge al termine. Dopo una visita a Mandawa, molto piacevole, ci aspetta un lungo viaggio per ritornare a Delhi, da cui poi ci imbarcheremo per l’Italia! L’India si, si ama. Io la sto amando molto più adesso, a mesi dal rientro. E’ stato il mio ultimo viaggio prima della pandemia, e la leggo, la mangio, la penso, la ascolto. Il cumino non mi fa più paura, ne ho portato tanto in valigia e lo uso in cucina. Anche il curry ho portato, e mi ritrovo, quasi senza pensarci a cucinare un pollo con il curry ed il latte di cocco o altri piatti. Insomma l’india mi ha colpito e la sto assorbendo, pian pianino.
VIAGGI E BALLO
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ERNESTO DI RENZO UNIVERSITÃ&#x20AC; DI ROMA TOR VERGATA
VIAGGIARE VICINO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS TRA CIBO, CULTURE E PAESAGGI RURALI
VIAGGI E BALLO Un patrimonio gastronomico dove i cibi hanno attinto la loro prelibatezza dai saperi e dalle materie prime espresse dal terroir e dove i menù hanno definito la propria originalità strutturandosi attorno ai cicli della vita e del calendario agrario. Battesimi, compleanni, matrimoni, natali, pasque, carnevali, feste patronali, vendemmie, hanno rappresentano i momenti salienti della vita castellana che hanno favorito la ‘adozione di cibi e di piatti simbolicamente appropriati. Gli stessi cibi e gli stessi piatti che la storia ha provveduto a codificare, tramandandoli alla nostra esperienza del mangiare. Un’esperienza che il trascorrere degli anni e i ripensamenti culturali in atto hanno permesso di modificarsi da gusto della necessità a gusto del lusso o, se si vuole, da semplicità a gourmandise: fritti, panpepati, pupazze, maritozzi, cellitti, pincinelle, serpette, fragoline, trebbiani e malvasie. Ebbene tutto il “ben di dio” che il tempo e gli uomini ci hanno tramandato, rappresenta l’arca perduta di una riproposta gastronomica che situa alla base del suo trionfo un’arte del cucinare capace di collegare l’antico con il moderno, l’innovazione con la tradizione, la provocazione dell’huate cousine con l’ossequio delle coerenze storiche del cibo. Un’arte del cucinare dove identità, località e stagionalità costituiscono i capisaldi di un mangiare gourmet che connette il palato con la sostenibilità, le ricette con le stagioni, gli appetiti con la salute, secondo consuetudini sedimentatesi nella storia culinaria di ciascun paese dell’area castellana. Un’arte del cucinare, inoltre, dove la molteplicità degli ingredienti, la qualità delle materie prime e le proprietà nutraceutiche delle ricette rappresentano la più attendibile garanzia per un mangiare corretto e attento ai principi del benessere della persona. Ma non di solo cibo sovrabbondano i Castelli. A rivelarcelo sono gli ornati paesaggi collinari che intervallano le vigne agli alberi, l’uva alle olive e, come conseguenza dell’agire dell’uomo, il vino all’olio. Il vino, in modo particolare. Al punto che, fino a tempi non molto distanti, dire Castelli ha significato dire tout court vino. E al punto che il “buon sangue della terra” ha improntato della sua essenza i suoli, i sottosuoli, la toponomastica, l’arte, l’economia, nonché le pratiche commerciali implicate nella preparazione e nel consumo dei mosti. Pratiche da cui è scaturita quell’esclusiva e originale istituzione castellana nota come “fraschette” e la cui attuale seconda vita è capace di richiamare giovani e meno giovani alla gioia del vivere e all’allegria del bene in moderazione. Insomma, visitare i Castelli Romani è assai più che fare una gita pittoresca nei dintorni di Roma. Al contrario è accedere all’interno di una macchina del tempo dove “altri” hanno già avuto l’occasione di “essere felici”. È uno sprofondare nella storia dei luoghi dove arte, paesaggio e cultura rappresentano le trame di un territorio dove la natura è manifesta, le tradizioni vive e il quotidiano ancora capace di elargire momenti di autenticità da vivere in compagnia della sua gente, del suo cibo, delle sue atmosfere e dei suoi scorci di ruralità. C’è un luogo, poco distante da Roma, dove l’aria è più fresca e il tempo scorre più pigramente che altrove. In questo luogo gli uomini e la natura hanno sigillato un’alleanza: quella di convivere in armonia a vantaggio dello stare bene e della felicità. Non quella utopistica e irraggiungibile, bensì quella semplice e autentica, da viversi nell’esperienza del momento. La stessa esperienza di cui scrive Goethe, confessandosi con l’amico Herder: “là dov’io per la prima volta in vita mia, sono stato completamente felice.“ E il là di cui parla lo scrittore tedesco per situarvi il suo essere felice è un luogo che ne include diversi altri, di più piccola fattezza, che ai forestieri è noto come Castelli Romani, ma che a chi li conosce e li frequenta da vicino è più familiarmente conosciuto come Castelli. A vederli con una inquadratura grandangolare, i Castelli non sono solo il comprensorio a oriente di Roma nel cui territorio ricadono 17 borghi e risiedono oltre 100.000 abitanti. Non sono solo l’area geografica corrispondente a quello che un tempo è stato un antico vulcano e nei cui ex-crateri sono oggi accolti due piccoli laghi dalle “acque immote”. Al contrario i Castelli sono molte cose unite assieme: paesaggio e cultura, sono passato e presente, tradizione e modernità che lasciano coesistere la classicità dei monumenti berniniani con la suntuosità aristocratica delle ville Tuscolane; gli antichi resti della celebre Tusculum con le avveniristiche strutture degli istituti di ricerca; la lussureggiante vegetazione dell’edifico vulcanico con il rustico selciato delle vie borghigiane; l’andirivieni chiassoso dello struscio giovanile, con i composti silenzi delle sponde lacustri. Le stesse sponde dove James Frazer ha ambientato l’incipit della monumentale opera Il ramo d’oro; dove lo scrittore russo Nikolaj Gogol ha tratto ispirazione per le pagine del romanzo Anime morte e dove il padre dell psicoanalisi Sigmund Freud ha ricavato lo stimolo per la stesura di Totem e Tabù. Dalla seduzione dei luoghi ai godimenti del mangiare, i Castelli sanno essere anche altro. Sanno essere cibo, gusto, tipicità, arte della tavola. Guardando infatti all’interno del patrimonio gastronomico locale è possibile scorgervi ricette e pietanze assai variegate e ad alta efficienza alimentare.
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CIBO E BALLO
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GAZPACHO DI POMODORO E ANGURIA, SCAMPI E MENTA PIATTO A PASSO DI FLAMENCO ricetta dello chef Nunzio Spagnuolo
CIBO E BALLO
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Un tempo praticato solo nella zona dell’Andalusia, oggi il flamenco fa parte della cultura e della tradizione musicale dell'intera Spagna. Questa nobile arte, che sa essere allegra e solare, ma anche passionale o romantica e malinconica, nasce dalla seduttiva mescolanza delle culture mediterranee tradizionali, da dure condizioni di vita, come l’emarginazione, e dalla dolorosa consapevolezza dell’esistenza: per questo conserva intatto un indiscutibile fascino. I primi cenni di quest’arte vengono fatti risalire al XVIII secolo, periodo in cui questa danza rappresenta la purezza del sentimento e della passione, legati ad uno stile di vita estremament libero: nasce infatti come canto senza musica, che sarà aggiunta solo in seguito. Verso la metà dell’Ottocento infatti il musicista gitano El Fillo porta alla ribalta il Flamenco cantando e musicando le gesta dell’eroico torero Paquito. Nasce così l’epoca d’oro del Flamenco, che si amplia, fino a contenere – a tutt’oggi – ben 40 ritmi diversi. Da allora i gitani iniziarono ad esibirsi nei locali di tutta la Spagna. All’inizio del Novecento, il Flamenco approda finalmente anche a teatro e viene esportato in tutto il mondo. In Spagna ci sono tanti locali in cui è possibile apprezzare questa danza mentre si cena mangiando un piatto intrigante accompagnato da un ottimo drink. Ad esempio il gazpacho andaluso, uno di quei piatti freddi estivi che fanno subito venire in mente la Spagna. Si tratta di una zuppa fredda originaria proprio dell’Andalusia che, grazie al turismo di massa, ha oltrepassato la fama regionale e superato i confini nazionali. Il gazpacho conta molteplici varianti, tra queste c'è quella dello chef Nunzio Spagnuolo - patron delle cucine del ristorante "Rada" di Positano - che lo ha italianizzato attraverso l'utilizzo dei pomodori datterini del Vesuvio. Ecco la ricetta!
Un Flamenco Gazpacho di pomodoro e anguria, scampi e menta Ingredienti per 4 persone 12 scampi seconda misura 10O gr di anguria 200 gr di pomodori datterini Sale, pepe e olio evo q. b. 4 foglie di menta Procedimento Tagliare anguria e pomodori e fare un centrifugato. Pulire e tagliare gli scampi (a modo di tartare) a parte. Condirli con olio, sale e pepe Adagiare sul fondo del piatto il succo di pomodoro e anguria, poi la tartare di scampi, e decorare con anguria e menta.
chef Nunzio Spagnuolo
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COCKTAIL E BALLO
Mai Tai
storia di un cocktail della "Tiki culture" Se fatto bene, il Mai-Tai è il cocktail perfetto dell’estate. Insieme a grandi classici come Margarita, Zombie, Daiquiri, Pina Colada, Mojito. Per molti appassionati di cocktail e professionisti del settore e’ il drink biglietto da visita nei cocktail bar tiki. Espressione poco conosciuta nella nostra cultura odierna, però comunemente definita come “tiki culture” la quale alla base vede un tema di servizio di drink esotici elaborati dall’idea romantica e primitiva della cultura polynesiana. Gli interni ed esterni dei bar sono addobbati di statue rappresentanti le divinità tiki, tetti e rifiniture di bamboo, piante esotiche, pietre laviche, alberi di palma, murales a tema tipico di decorazione del sud del pacifico e ovviamente le “hula-girls” ad intrattenere il pubblico con spettacoli dal vivo e servizio impeccabile. Il tiki bar, e’ stato fondato da Ernest Gantt, conosciuto come “don beach” storico di tiki e fondatore del “don the beachcomber” a Los Angeles nel 1933. Altro padre fondatore per il suo tiki bar fu Victor Bergeron, conosciuto come “trader vic” e inventore, nel 1944 al trader vic’s del mai-tai. Entrambi ci hanno lasciato una eredità così complessa, ancora oggi con sfumature poco chiare ad alcuni, sulla ricetta originale, tuttora mal interpretata. Nel 1944, mentre trader vic si trovava nel suo locale al lavoro, decise di preparare un drink per due suoi amici di Tahiti. Si trovò sotto banco una bottiglia di rum j. wray & nephew 17 anni. Combinò quest’ultimo con dello sciroppo di zucchero, orzata (mandorle), orange curacao e il succo di un lime. Il risultato fu incredibile, in quanto una delle clienti esclamò “maita’i roe a’e” che in lingua tahitiana significa; fuori da questo mondo, il meglio! Da lì, nacque il cocktail leggendario ancora oggi, ciò che crea complessità e stimolo, nel creare questo drink tra i baristi, è nella miscela di varietà di rum, esaltata dagli ingredienti sopracitati, dando vita a un drink dal gusto, floreale e anche un po' marcato per i più temerari. di Danilo Pentivolpe
Bevi con prudenza
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MODA E BALLO
I? R A SS E C E N O
I… R O SS E C AC I MAGNIFICI 4 ACQUISTI di Angela De Vito
DA NON PERDERE PRIMA DI FERRAGOSTO!!!
Donne, è arrivata l’ora di scendere in spiaggia! Che facciamo, dopo 4 mesi di “reclusione”, non ci abbigliamo accessoriamo pettiniamo trucchiamo come se non ci fosse un domani?! Questi per me gli insegnamenti di questa esperienza: - viviamo con stile oggi, ché del doman non v’è certezza – e le tute, mai più, nemmeno in palestra. Basta un semplice legging, come questo di Oysho . - se non compriamo, l’economia si ferma. Facciamo un gesto di altruismo, aggiungerei a ciascuna secondo la sua way of life, da ciascuna secondo il suo portafoglio. Sono anche iniziati i saldi, nessunasi tiri indietro! E soprattutto, divertiamoci!
Le sole catene che io possa sopportare: le catene per gli occhiali. Fino a ieri facevano molto vice preside, conferendo automaticamente a chi le portasse un’aura di irrimediabile zitellaggine. Oggi sono assurte a dignità di vero accessorio. Basti pensare alle catene massimaliste di Gucci, che le propone già in passerella insieme a occhiali da sole dalle montature magniloquenti. 300 € le catene in resina coordinate ai vari modelli di occhiale da sole su gucci.com. Per uno stile più understated ma sempre di carattere, le catene glam della griffe capitolina Rafida Bijoux. Per un twist meno milanese e più ibizenco, di gran voga le collane etniche in perline di vetro, legno o cristalli, da abbinare a qualsiasi tipo di occhiale, ma che io vedo al top con un classico RayBan Wayfarer. Guardate quelle di Victoria Deny Jewelry, online o in vendita da Anais a Formentera
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MODA E BALLO
Le borse di paglia. Non solo da spiaggia, sono la versione updated delle shopper da città. Viste addirittura in inverno, pre Covid, al braccio di qualche furbona che ha ben ricordato la lezione di Jane Birkin – cui Hermes dedicò nell’84 l’omonima celeberrima borsa, pur di toglierle il canestrello di mano! Oggi vediamo i cestini declinati in ogni misura e con ogni tipo di finitura: Celine e Prada accostano la paglia al cuoio marrone in secchielli pratici da portare a tracolla; Fendi propone una shopper con maxi logo; Gucci e Yves Saint Laurent le propongono anche in versione borsetta a mano. Ce n’è per tutti i gusti e tutte le tasche, con accenti più o meno urbani. Io perdo la testa per Le Petit Baci di Jacquemus, perché va bene la naturalezza, ma per me fa un po’ troppo fienile. E poi:
“Troppo buon gusto può essere noioso” (Diana Vreeland) I sandali alla schiava. ANCORAAAA? Sì, ancora. Magari, invece della versione più classica con lacci da avvolgere attorno alla caviglia e al polpaccio – li odio, cadono sempre o ti fanno diventare le gambe blu se stringi… sempre che tu abbia delle gambe adatte a indossarli, quindi perfette quindi… addio – adottiamo quest’anno una versione più easy, con i lacci fino alla caviglia. Mettiamoci anche una nappina, come fa l’Autre Chose con il sandaletto nudo rosso. O Red di Valentino nella sua proposta in nero. Le microborse. La malattia delle borse – sotto gli occhi o nell’armadio – si sa, è incurabile. Adoro la soluzione dei designer per farci sentire meno in colpa: le hanno fatte piccole, ma talmente piccole da sembrare dei portaspicci. Evitare please di portarle a mano come le massaie dei paesi degli anni ’70, adorniamocene come di un bracciale come da Dolce &Gabbana o portiamone due/tre a tracolla, come suggerisce Tory Burch per le sue coloratissime Miller Nano o Tod’s. una o più al polso o a bandoliera ma rigorosamente nei colori dei gelati!!!! E nessuno più vi dirà “amore, mi tieni le chiavi/le sigarette/gli occhiali nella tua borsa?” Dal canto mio, è indecoroso uscire con un cappello più piccolo di un ombrellone e non metto fasce sui capelli, io indosso turbanti. Non darei mai consigli di moda “universali”, neanche Armani li da’; ciascuna ha il suo fisico i suoi gusti, le sue abitudini e non esistono leggi. Il bello delle donne è la varietà: però col piffero che scrivo di scarpe a punta quadrata o maxi blazer, che aborro con il disgusto che può avere soltanto chi simili orrori l ha già indossati. Ma magari a voi piacciono, e allora metteteli!!!
La moda non esiste solo negli abiti. La moda è nel cielo, nella strada. La moda ha a che fare con le idee, con il nostro modo di vivere, con quello che succede. (Coco Chanel)
MODA E BALLO
Lecce, Dior Cruise 2021. La maison francese ha investito a vario titolo 5 milioni di euro nella cittĂ di Lecce e nel Salento per presentare la sua collezione Cruise Collectionan 2021 sulla passerella illuminat a festa di piazza Duomo
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HAIR E BALLO
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di Ernesto Biagetti
Capelli estate 2020: le star li portano al naturale Nei mitici anni 80 Fiordaliso cantava “non voglio mica la luna” interpretando il brano in una fantastica testa riccia e voluminosa, sì è vero torna prepotentemente a gran voce il capello riccio!!! Le teste sono tornite da boccoli sinuosi e naturali perché la parola di quest’estate è mosso natural. Le teste in questo momento stanno ritrovando la loro naturalezza avvolte da riccioli creati appositamente dalle sapienti mani dei bravi parrucchieri per rendere la donna ancora più frizzante e unica , image1.jpegattenzione però no al riccio afro o a “pecorella” ( quello lasciamolo a chi non sa usare certe prodotti e misure...) ma si a onde sinuose e riccioli naturali. Avete notato che in questo momento storico soprattutto con l’arrivo del caldo siamo tornati ai mitici anni 80? Stampe, collane, orecchini , jeans ,gonne e vestiti ma sempre da chiome ricercate tipo trecce ma anche daonde fluenti? Quindi iniziate ad asciugare le vostre teste con diffusori, prodotti per lo styling che ridaranno la giusta naturalezza alla vostra chioma e non dimentichiamoci di proteggere quello che è per noi fondamentale: la salute del capello ! proteggiamoci dal caldo , dalla salsedine, dal cloro e soprattutto dal SOLE con OLI protettivi, Shampoo, maschere che attenueranno gli attacchi erosivi da essi. Ora è il momento di proteggere! La moltitudine di aziende presenti nel mercato per del settore dell’haire-care mettono a nostra disposizione prodotti sempre più performanti con all’interno aminoacidi, estratti vegetali , acido ialuronico per ristrutturare mentre proteggono, ebbene sì avete letto bene “ l’acido jaluronico “ ; esso serve non solo per la pelle ma anche per i capelli dandogli una forza e vitalità nuova , dal capello dei bambini a quello più stressato decolorato e torturato! Quindi scegliete sempre un prodotto che dia una certa garanzia sia per marca che per qualità all’interno, altrimenti ci ritroveremo al ritorno delle ferie a ricolorare o nei peggiori casi tagliare la nostra bellissima chioma che avrà acquistato un colore e una secchezza terribile al tatto e alla visione .
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MAKE-UP E BALLO
Come essere perfette anche a ferragosto, i 10 consigli di Mauri Menga Tonalità brune e labbra traslucide, guance pesca e sguardo profondo e intenso… a metà stagione, ecco a voi un make-up pensato per donare alla pelle toni caldi e riflessi di velluto, e fare in modo che la luce d' estate continui a brillare sul vostro viso. Sono moltissime le donne che in estate amano mantenere un look perfetto; possiamo dare qualche suggerimento per donare al viso un incarnato bronzeo , armonizzando nel giusto modo le tonalità del trucco scelto per gli occhi, e per la bocca e zigomi: l'accordo delle nuance di questi tre elementi è fondamentale senza un adeguato equilibrio,infatti, il risultato sarebbe troppo scuro e indurirebbe,invecchiandovi, i lineamenti. In questa proposta di make-up troverete dei semplici suggerimenti per ottenere il risultato sperato con la massima facilità. Una sola raccomandazione: nel caso utilizziate un fondotinta, esso non deve essere mai più scuro del colore del vostro incarnato, proprio per evitare demarcazioni tra viso e décolleté
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MAKE-UP E BALLO
con l'aiuto di una spugnetta o un pennello per fondotinta, applicheremo il fondotinta miscelato a un pò di crema idratante per renderlo più emolliente e fluido , inoltre il fondotinta, unito alla crema idratante, avrà un effetto più trasparente. con l'aiuto di un pennellino e un correttore per le occhiaie andate dove cade l'ombra scura dell’ occhio; in questo modo si creerà un effetto luce che farà scomparire l'ombreggiatura scura.
con un Fard scuro o una Terra andate a delineare lo zigomo partendo dalla fine dell’ occhio verso l' attaccatura dei capelli; sopra lo zigomo potete utilizzare un altro Fard o un illuminate color pesca o dorato.
le sopracciglia delineate esprimono sempre sensazione di cura e sofisticazione; nel caso, potete utilizzare o una matita o un ombretto adatto per sopracciglia per riempire gli spazi mancanti o per renderle più delineate Utilizzate un ombretto di tonalità pesca, oro, arancio, bronzo, rame... Comunque tonalità calde o a vostro piacimento, che andrete ad applicare sulla parte mobile dell’ occhio; l'aiuto di un pennellino sarà utilissimo, se inumidito con un pò di acqua, poiché resisterà più a lungo sulla vostra palpebra mobile.
Con un ombretto marrone andrete a delineare l'incavo della palpebra
Con un eyeliner andremo a delineare occhio, e saremo noi a deciderne lo spessore in base al nostro occhio
Utilizzeremo un kejal dentro l'occhio per dargli profondità, creando uno sguardo profondo e intenso
Un buon mascara sicuramente sarà indispensabile per completare il look del vostro occhio
Per la bocca potremo utilizzare o un lucida labbra colorato oppure un rossetto sempre in abbinamento ai colori scelti per i vostri occhi e zigomi
BELLEZZA E BALLO
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Come esaltare la bellezza mediterranea di Alessia Pentivolpe
Punto di forza di ogni donna è sentirsi bella ogni giorno. La bellezza, non solo accresce la propria autostima, ma è l’unico modo per trasmettere armonia, fascino ed eleganza per stare meglio anche con gli altri! La particolare bellezza, delle donne mediterranee, naturale e sublime, come il mare ed il sole che le circonda, si è contraddistinta da sempre. Quindi si parla di “Fenotipo Mediterraneo”, che, generalmente ci fa pensare ai classici tratti somatici dei popoli “scuri di pigmentazione”. Una carnagione scura, occhi e capelli scuri sono le caratteristiche che più distinguono una donna mediterranea, quindi, il primo accorgimento per avere un make-up a regola d’arte è utilizzare un fondotinta adatto al nostro tipo di pelle, ispirandosi magari ai colori della terra ed il mare. Per gli occhi invece, un mascara nero ed un ombretto dalla tonalità scura come le caldi notti d’estate, il marrone ed il grigio come gli strapiombi affaccianti sul mare.
E non bisogna trascurare un gloss naturale per le labbra avvalendosi di un rossetto rosa, oppure, rosso. Per un look mediterraneo completo bisogna anche scegliere la giusta pettinatura che più si intoni al vostro viso. Se avete i capelli lunghi lasciateli sciolti, in quanto una chioma liscia e fluente che cade sulle spalle doni femminilità e seduzione. Con l’esplodere dell’estate optate per un taglio scalato per renderli più voluminosi, senza cambiare il vostro colore naturale, oppure tenerli semi raccolti, una coda alta, una treccia, uno chignon, o raccolti di lato, magari aggiungendo qualche accessorio per rendere il proprio look più allegro, colorato e caratteristico. Non dimenticate di indossare l’accessorio più bello, il sorriso! Completa e migliora il segreto della bellezza. Modella: Ilaria Pentivolpe Make-up: Alessia Pentivolpe
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OROSCOPO E BALLO
Astrodancer Agosto 2020 Amore Le stelle vi regalano luce e calore a piene mani; trascorrerete giornate con toni assolutamente vincenti. Se siete felicemente in coppia, vi sentirete sempre su di giri: sarete insolitamente espansivi e saprete comunicare al partner tutto l'ardore dei sentimenti, senza bisogno di parlare.
Lavoro L'entusiasmo, con cui affronterete gli impegni lavorativi, sarà sempre determinante in qualunque attività professionale voi operiate . Avete tutte le carte giuste per vincere ogni partita, anche la più difficile. Non mancheranno quindi le occasioni per mettervi in luce.
Amore C'è tanta energia nell'aria e per questo farete un sereno esame di coscienza: esaminerete il vostro comportamento nei rapporti col partner in particolare. E riconoscerete di aver peccato di egocentrismo; ed è proprio per questo che ci sono alcune difficoltà da superare.
Lavoro Fatevi valere, reclamate maggior visibilità operativa. Mettete in atto scrupolose strategie protettive. Se avete una professione autonoma: qualcuno sta cercando di intralciare i vostri progetti o di allontanare la stima di chi conta.
Amore Non dormite sugli allori. Dovete prendere saldamente in pugno la situazione e agire in prima persona. Se avete una bella storia in corso e ci tenete a rendere felice il partner, non accontentatevi della stabilità, portate una ventata di freschezza nella vostra relazione di coppia.
Lavoro I pianeti sono favorevoli soprattutto sul piano della capacità di elaborare progetti, di prendere iniziative e di farvi avanti. Avrete anche energie eccellenti, che vi torneranno comode nei momenti di maggior attività. Saprete prendere decisioni rapide ed improvvise: vi basterà un'occhiata per afferrare al volo tutto.
Amore Il periodo risulta caldissimo, per quanto vi riguarda. Le Stelle garantiscono ottime cose. Giornate eccellenti si profilano per chi è innamorato e felicemente ricambiato: l'accordo col partner sarà quanto di meglio abbiate mai desiderato. Stare con la persona amata sarà una necessità fisica.
Lavoro Periodo un po’ critico a causa del vostro temperamento eccessivamente reattivo, che potrebbe provocare difficoltà, in particolare se avete un'attività autonoma o lavorate in squadra con altri. Anche la distrazione potrebbe creare qualche problema. La situazione è lievemente migliore per chi opera alle dipendenze altrui.
Amore Sarete irrequieti, alla ricerca di qualche cosa. Vorrete stimoli nuovi e sentirete il cuore che accelera i suoi battiti. Il rapporto di coppia, per quanto felice sia, in certi momenti vi fa sentire intrappolati, senza vie d'uscita. Flirt e avventure erotiche sono dietro l’angolo.
Lavoro Siete solerti, entusiasti e pronti ad impegnarvi fino all'ultimo e i risultati non mancheranno! Con tutte le forze che vi ritrovate vi getterete nel lavoro senza risparmiarvi. Premete pure sul pedale dell'acceleratore del successo, se avete un'attività o un progetto importante
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OROSCOPO E BALLO
Amore Per tutto il mese non avrete occhi che per la persona amata e non riuscirete a pensare ad altro che al partner! Non sottovalutate l’occasione di preparare un bel viaggio felice . Questo periodo porterà fortuna anche ai single, che potranno fare incontri avvincenti.
Lavoro Lavorerete molto e vi impegnerete allo stremo delle forze, ma non sarete contenti dei risultati. A volte, si rivelano deludenti. Del resto, questo è un periodo non facile: qualche intoppo ci può stare. Comunque i risultati che otterrete saranno migliori di quelli sperati.
Amore Vi sentirete bene, perché tutto andrà per il verso giusto, avrete la netta percezione che la vita sentimentale poggi su basi solidissime, tanto che nessuno potrà sottrarvela! Sarà molto piacevole potersi sentire assolutamente sicuri, sia del partner, sia dell'intensità del legame.
Lavoro Periodo positivo per tutti coloro che hanno un'attività impiegatizia o che lavorano alle dipendenze altrui: la vostra capacità di programmare e di sistemare tutto vi renderà pressoché indispensabili. Sarà la vostra affidabilità ad essere notata e tenuta in considerazione.
Amore Non prestate orecchio ai pettegolezzi e non badate a certe osservazioni che altri potrebbero fare sul partner o sulla vostra vita affettiva; nella maggior parte dei casi si tratterà di chiacchiere inutili dettate dall'invidia o dal gusto di seminare malcontento. Piuttosto dedicate più tempo al partner
Lavoro Non è un gran periodo, le tensioni e le difficoltà non mancheranno. Se avete un'attività autonoma, dovrete misurare bene le vostre forze per evitare di imbarcarvi in imprese più grandi di voi che, alla fine, potrebbero mettervi in difficoltà. Se operate alle dipendenze altrui, ci saranno novità interessanti.
Amore Non è certo un periodo tranquillo, per l’opposizione di Venere che porta gelosie e imprevisti affettivi di ogni genere, tanto da avere la sensazione di correre sulle montagne russe e di alternare momenti di grande esaltazione ad altri di tristezza! Tutto passerà.
Lavoro Organizzatevi, applicatevi al massimo, non fatevi coinvolgere in affari discutibili, agite e parlate con prudenza. Occorrerà tenere alta la guardia ed evitare di concedere fiducia un po' troppo facilmente o compiere imprese con superficialità
Amore Senza dubbio alcuno, l'amore sarà una cosa meravigliosa . La dimensione affettiva sarà al centro della vostra attenzione, in cima a tutti i vostri pensieri! Fidanzatevi e sposatevi. Per i single tutto sarà assolutamente perfetto, così come avete sempre desiderato nelle vostre fantasie ad occhi aperti.
Lavoro E' un periodo intenso, ricco di belle occasioni e proposte positive. Idee e progetti non vi mancheranno, anzi, per certi versi sarete una vera e propria sorgente sempre in fermento per produrre qualcosa di nuovo; tuttavia non illudevi di non avere nessun ostacolo da affrontare, perché non sarà così.
Amore L'amore per voi sarà importante e, se sarete appagati sentimentalmente, troverete anche le energie per affrontare tutti gli altri aspetti della vita. Tutto andrà esattamente come avevate desiderato. Ottimo per Voi
Lavoro Riuscirete ad avere sempre una visione globale e positiva dei problemi o delle varie situazioni. E potrete, individuare immediatamente gli ostacoli, siano essi creati da persone o da fatti contingenti. Il vostro intuito e la vostra sensibilità vi aiuterà.
Amore Vi attendono momenti di grande intensità sotto il profilo affettivo, ma soprattutto erotico. La fase è magnifica per chi è stabilmente in coppia, grazie alla sensualità scatenata, che vi accompagnerà e che porterà alle stelle la risposta erotica di coppia.
Lavoro Sarete molto ambiziosi e vorrete crescere, ma tra ciò che si desidera e ciò che si può ottenere, c'è sempre una bella differenza e bisogna, pianificare sempre attentamente le proprie mosse per non commettere errori e andare sul sicuro.
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Pensiero del mese DI FRANCESCA MEUCCI - DIRETTRICE DI SOLOMENTE
WWW.SOLOMENTE.IT È Agosto. Di solito lo trascorro nella mia casa di campagna in Umbria. E il primo del mese organizzo con gli amici la 'Festa d'estate', ognuno porta qualcosa da condividere, si mangia, si beve, si canta e, soprattutto, si balla. Ovviamente il primo agosto 2020 non ci sarà nessun festeggiamento. È un peccato per tutti noi, grandi e piccini, che ci divertiamo tanto a preparare decorazioni, tavoli, illuminazione e playlist... Ogni volta scegliamo un colore o un tema diverso. C'è stato il black&white, il rosso, i pois. E tutti gli invitati devono seguire il dress code, ovvero indossare qualcosa che ricordi il tema scelto. La festa non ha limiti di età, e di solito tutti i partecipanti (che hanno da 0 a oltre 80 anni) si scatenano in cori, danze e performance varie. Non mancano mai amici artisti che mettono a disposizione i loro talenti. Certo, quest'anno sarà una ricorrenza triste ma ci terranno compagnia i ricordi e ci caricheremo di energia per organizzare l'edizione 2021, che sarà sicuramente una serata magica ed emozionante, da vivere insieme con maggiore entusiasmo. Una festa così è un inno alla condivisione, dove ognuno contribuisce con quello che può, dove l'importante è divertirsi in armonia, dove la musica è la vera protagonista per cantare e ballare, ballare, ballare... https://www.solomente.it/
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Un modo nuovo di vivere la natura
Natusumba© è la vita nel benessere sia fisico che mentale un insieme di coreografie e meditazione per l'armonia psico-fisica
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August 2020
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