Polizia e Istituzioni

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ANNO VIII - N° 4/5 - 2012

ORGANO UFFICIALE NAZIONALE

www.uglpoliziadistato.it POSTE ITALIANE - Spedizione in abbonamento postale 70% Lo/Mi - Autorizzazione Tribunale di Milano n. 103 del 12/02/2008

EDITORIALE

ATTUALITÀ

QUELLE SCUSE (FORSE) UN PO’ TROPPO FRETTOLOSE!

CITTADINI, AIUTATECI A DIFENDERE LA VOSTRA SICUREZZA

NOTIZIE L’ITALIA BRUCIA

“NONNO POLIZIOTTO” Work Media srl



ORGANIGRAMMA

SEGRETERIA GENERALE Roma - Viale Manzoni, 24/B - Tel. 06.77591194 - Fax. 06.770158 Segretario Generale: Valter Mazzetti Segretario Nazionale Vicario: Stella Cappelli Segretario Nazionale Amministrativo: Eduardo Dello Iacono Segretari Nazionali: Romano Salvatore Amico, Fabrizio Lotti, Filippo Girella, Rocco Pardo, Marco V. Cervellini, Agostino Marnati, Carlo Provetta, Gianni Pollastri, Pamela Franco. UFFICIO DI PRESIDENZA: Via Piave, 41 - 00187 Roma - Tel. 06.42011576 Presidente: Antonio Scolletta Vice Presidenti: Paolo Varesi e Cristiano Leggeri

Segreterie Regionali e Provinciali UGL POLIZIA DI STATO Segreterie REGIONALI: ABRUZZO BASILICATA CALABRIA CAMPANIA EMILIA ROMAGNA

F. VENEZIA GIULIA LAZIO LIGURIA LOMBARDIA MOLISE

VENETO SARDEGNA

PIEMONTE PUGLIA SICILIA TOSCANA UMBRIA

Segreterie PROVINCIALI: AGRIGENTO ALESSANDRIA ANCONA AOSTA ASCOLI PICENO AREZZO AVELLINO BARI BENEVENTO BERGAMO BIELLA BOLOGNA BOLZANO BRESCIA BRINDISI CAGLIARI CALTANISSETTA CAMPOBASSO CASERTA CATANIA CATANZARO CHIETI COMO

COSENZA CROTONE ENNA FERRARA FIRENZE FOGGIA FORLÍ FROSINONE GENOVA GORIZIA GROSSETO IMPERIA ISERNIA L’AQUILA LATINA LA SPEZIA LECCE LECCO LIVORNO LUCCA MACERATA MANTOVA MASSA CARRARA

MATERA MESSINA MILANO MODENA NAPOLI NOVARA NUORO ORISTANO PADOVA PALERMO PERUGIA PESARO-URBINO PESCARA PIACENZA PISA PORDENONE POTENZA PRATO RAGUSA RAVENNA REGGIO CALABRIA REGGIO EMILIA RIETI

RIMINI ROMA SALERNO SAVONA SASSARI SIENA SONDRIO TARANTO TERAMO TERNI TORINO TRAPANI TREVISO TRIESTE UDINE VARESE VENEZIA VERBANIA VERCELLI VERONA VIBO VALENTIA VICENZA VITERBO

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EDITORIALE

QUELLE SCUSE (FORSE) UN PO’ TROPPO FRETTOLOSE! “Lettera aperta al Capo della Polizia” >di VALTER MAZZETTI Segretario Generale UGL - Polizia di Stato

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llustre Signor Capo della Polizia, gli ultimi fatti di cronaca vedono ancora una volta la polizia al centro dell’attenzione mediatica per presunte “scorrettezze” professionali e mi riferisco, in particolare, ai noti fatti accaduti nel padovano. Nessuno dubita neanche lontanamente della Sua più totale buona fede, ma le Sue scuse, quelle scuse così immediate e autorevoli, di chi non può non essere da subito ben informato sulla realtà dei fatti, hanno creato nell’immaginario collettivo un alone di colpevolezza sugli operatori di polizia e lanciato con prepotenza mediatica l’evidente immagine di una autocritica ed ammissione di responsabilità che sarà sempre più difficile da confutare. Come ben sa, questa è una storia venuta alla luce e diffusa “grazie” ad un video che riproduceva due persone intente a portare via di forza un bambino dalla sua scuola, e dal sottofondo sonoro di una parente che “distrutta dal dolore” invocava pietà per quel povero bambino. Immagini

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sicuramente struggenti per tutti. Ma l’unico aggettivo valido fin qui espresso, è quel “povero” riferito al bambino, perché è lui la vittima. La vittima prima di tutto di una guerra personale sfociata tra i suoi genitori; la vittima dei parenti che patteggiano ognuno per il proprio consanguineo, magari dotati anche di telecamera (ma questo si accerterà in seguito); la vittima di un sistema assistenziale statale che non ha potuto far altro che richiedere per la terza volta l’intervento della Forza Pubblica; la vittima di un dispositivo dell’Autorità Giudiziaria; la vittima di quegli operatori intervenuti sul posto su richiesta del genitore, dello psicologo e dell’assistente sociale, e che non hanno fatto altro se non dar manforte al padre intento a prendere con sé il bambino, anche contro la sua “apparente” volontà. Ora, a distanza di tre giorni, leggiamo le dichiarazioni del padre: “l’importante è questo. Ho pranzato, giocato alla playstation e poi cenato con lui e l’ho messo a letto. Erano anni che non lo facevo ed è stata una bella emozione, perché questo era stato impedito a me e ai miei familiari, non solo dalla madre ma anche dai suoi parenti”. Aggiunge il Garante per

l’Infanzia e l’Adolescenza, Vincenzo Spadafora, “il bambino sta bene ed ha finalmente ricominciato a vedere il padre, giocando con lui, cosa che prima gli era stata impedita; sta trovando un suo equilibrio fuori dai conflitti del padre e della madre e sta scrivendo dei temi molto belli”. La Procura, invece, dovrà stabilire le eventuali responsabilità penali di chi, presente sul posto e verosimilmente anche autore del filmato che sembra essere stato ripreso con una telecamera e non con un telefonino - come si apprende da notizie giornalistiche - che andranno ad aggiungersi alle eventuali responsabilità penali della madre, già iscritta, sembra, nel registro degli indagati per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice in relazione agli accessi di carabinieri e polizia, avvenuti il 24 agosto e il 4 settembre, che accompagnavano gli assistenti sociali nell’abitazione dei nonni materni per dare esecuzione alla decisione del giudice di allontanare il bambino dalla cerchia parentale materna. Poi c’è un’altra storia da raccontare, quella di un Ispettore di Polizia - che fuori dall’orario di servizio fa anche la madre – la quale, suo malgrado, ha dovuto dare esecuzione ad un


ordine del giudice, mettendosi a disposizione del padre del bambino, dello psicologo e dell’assistente sociale presenti sul posto, e che non sembrerebbe aver fatto altro se non consentire l’allontanamento coatto del bambino ad opera del padre e degli assistenti citati, i quali avevano pianificato tempi, luoghi e modalità di allontanamento, in considerazione dei mancati precedenti allontanamenti dovuti alle resistenze del bambino supportato dalla madre, dal nonno e dalla zia materna, oggi presunti “registi del filmato”. Quell’ispettore, forse anche grazie alle tempestive scuse fatte dal massimo responsabile della Forza Pubblica, ora vive minacciata dai sostenitore del web, dal popolo mediatico, dai commentatori dell’ultima ora, che la additano quale responsabile di chissà quale comportamento vile attuato nei confronti di un bambino, nonché di aver proferito la famosa frase “io sono un Ispettore di Polizia, lei non è nessuno”, interpretando quel “lei non è nessuno” come una battuta cinematografica alla De Niro o alla Sordi (dipende dai gusti cinematografici), mentre è evidente che qualsiasi operatore di polizia, nella concitazione del momento, si debba riferire al fatto che può e deve dare giustificazioni solo ai genitori di quel bambino e non a parenti e affini che, da un punto di vista giuridico (e non affettivo), vista la presenza appunto dei genitori e di un ordinanza del giudice, spiace ripetersi, “non sono nessuno”. Gli operatori di Polizia non possono essere lasciati allo sbando del web, dei telefonini, delle videocamere, delle registrazioni perché sono uomini che si

trovano spesso a fronteggiare situazioni difficili, non facilmente codificabili, in momenti complicati e complessi, che devono tenere conto di molteplici elementi valutabili in frazioni di secondo o al massimo di pochi minuti; una responsabilità interna ed esterna, come ben sappiamo, non supportata né economicamente e né da chi è tenuto a valutare e giudicare (a sangue freddo e non nella concitazione del momento) il nostro comportamento. Per questo, per la nostra tranquillità di operatori, lamentiamo ancora una volta la mancanza di protocolli operativi certi, che pongano i poliziotti al riparo da soggettive ricostruzioni o interpretazioni di parte.

I Poliziotti, i Suoi Poliziotti Signor Capo della Polizia, per lavorare sereni in questo clima così avvelenato hanno bisogno di protocolli di esecuzione certi; hanno bisogno di sapere quali sono i margini di manovra entro i quali muoversi in qualsiasi situazione di emergenza si trovino, senza esporsi a rischi e responsabilità di sorta. Perché qualsiasi intervento che si opera è un intervento della pubblica sicurezza, un intervento della forza pubblica, e tutti i giorni i nostri operatori impegnati in situazioni di ordine pubblico, siano esse di manifestazioni o di stadio, siano di sgomberi di

edifici, siano d’interventi sul posto per liti, aggressioni, molestie o altre situazioni di emergenza o di pericolo sono tenuti spesso, purtroppo e loro malgrado, ad usare la forza o paventarla, perché altrimenti non sarebbe necessario un loro intervento. Nel caso di Padova, infatti, sono stati chiamati ad intervenire dopo il totale fallimento del sistema psico-pedagogico, dopo l’inefficace intervento del padre, dell’assistente sociale e dello psicologo, perché in quel momento non serviva uno psicologo o un assistente, già presenti e inefficaci, ma una forza che consentisse di poter attuare quella volontà ritenuta utile ed indispensabile per la società e per il processo formativo di quel bambino. Il video mostra il padre intento ad allontanare il figlio, tirandolo per i piedi, e le immagini, apprendiamo dai media, sembrano siano state riprese e diffuse dalla zia con una telecamera e non col telefonino (se così si accerterà sarà lumeggiante sapere come mai la portasse a scuola e come mai fosse preparata all’evento); ma la professionalità della polizia non sta solo in quella frase sbattuta lì dai mass media, sta anche nel fatto di aver portato loro stessi operatori della Polizia Scientifica per riprendere le fasi dell’allontanamento, una precauzione civile per poter sia documentare le difficili fasi del prelievo - senza nulla dover nascondere - ma anche per far valutare a chi di dovere il comportamento tenuto nella circostanza da operatori assistenziali, della Forza Pubblica e forse, soprattutto, degli stessi parenti…..ma, purtroppo, ancor prima della valutazione sono arrivate come un sigillo di accertata colpevolezza a nome di tutti noi Poliziotti le Sue scuse!!!ti del Paese.

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IL PUNTO

SOMMARIO

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16 EDITORIALE Quelle scuse (forse) un po’ troppo frettolose!

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> di Valter MAZZETTI

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IL PUNTO Italia del malaffare? Lo sdegno non basta > di Rocco PARDO

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> di SERGIO DI FOLCO

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ATTUALITÀ Cittadini, aiutateci a difendere la vostra sicurezza > di Fabrizio LOTTI

SINDACALE Esonero dai turni serali e notturni per i poliziotti ultracinquantenni

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INTERVISTA Programma Interpolizie TETRA (PIT) MEDICINA Il lavoro di polizia è pericoloso e il pericolo si annida solo nelle strade > di Nicola ZICHELLA GIURISPRUDENZA Il giudice di pace competenza e procedimento civile > di Sergio DELL’OLIO CARRIERE L’ispettore della polizia di stato figura compressa in un ruolo composto da molte, forse troppe, qualifiche > di Giovanni Battista PROSPERINI

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INTERVISTA Scusa ma ti chiamo... SUGAR FREE > di Giusy A. SANTACATERINA

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PENSIONE Armonizzazione previdenziale > di PRAKKO

REPORTAGE Furto e aggravante del travisamento > di Andrea GIRELLA

> di Filippo GIRELLA

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ISTITUZIONI Organizzazioni malavitose internazionali e transnazionali

IL PUNTO Comparto soccorso tecnico e protezione civile basta regioni sprecone > di Fernando CORDELLA

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ORGANIZZAZIONE Riordino della protezione civile varata la legge n.100 > a cura dell’UFFICIO STAMPA

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NOTIZIE L’Italia brucia > di Claudia TARANTINO

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SICUREZZA Quando l’architettura interviene nell’emergenza > a cura dell’UFFICIO STAMPA

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SINDACALE L’impiego del DOS-VF anche con funzione di ros negli interventi AIB complessi > a cura dell’UFFICIO STAMPA


32 POLIZIA & ISTITUZIONI ORGANO UFFICIALE NAZIONALE - UGL POLIZIA DI STATO www.uglpoliziedistato.it

ANNO VIII - N° 4/5 - 2012 EDITORE Work Media srl - Viale Marelli, 352 - 20099 Sesto San Giovanni (Mi) Tel. 0292800603 - Fax 0292872651 - www.workmedia.org

DIRETTORE RESPONSABILE Antonio PUCCINO DIRETTORE POLITICO - UGL Polizia di Stato Valter MAZZETTI - Seg. Gen. Nazionale - www.uglpoliziadistato.it CONDIRETTORE POLITICO - UGL Polizia di Stato Rocco PARDO - Segretario Nazionale - www.roccopardo.it COMITATO DI REDAZIONE UGL POLIZIA DI STATO Stella Cappelli, Eduardo Dello Iacono, Romano Salvatore Amico, Marco V. Cervellini, Filippo Girella, Fabrizio Lotti, Rocco Pardo, Agostino Marnati, Carlo Provetta, Gianni Pollastri, Pamela Franco, Antonio Scolletta, Paolo Varese, Cristiano Leggeri. DIRETTORE POLITICO - UGL Federazione Nazionale Vigili del Fuoco Fernando CORDELLA Resp. Federazione Nazionale UGL - V.V.F. - www.vigilifuoco.it

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DIREZIONE, AMMINISTRAZIONE E PUBBLICITÀ Work Media srl - Via Fratelli Bandiera, 48 - 20099 Sesto San Giovanni (Mi) Tel. 0292800603 - Fax 0292872651 - E-mail: redazione@workmedia.org

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IL PUNTO

ITALIA DEL MALAFFARE? LO SDEGNO

NON BASTA

>di ROCCO PARDO Segretario Nazionale UGL - Polizia di Stato

L

a crisi di valori che in questo particolare momento storico sta attanagliando la nostra società è di una tale entità e gravità da disorientare tutti i probi italiani che sulle regole hanno fondato il loro percorso di vita. Una equilibrata convivenza sociale non può e non deve

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prescindere da una corretta applicazione di tutte quelle norme morali e civili che regolano l’attività umana e la vita delle istituzioni, regole che sono le uniche in grado di garantire un ordinato e onesto sviluppo teso a procurare benessere e a proteggere una sana democrazia. Le regole (ed il buon senso) dovrebbero scandire e segnare il cammino della nostra società, ma tutto avviene a una velocità tipica del nostro tempo da non concedere pause meditative. Riflettere e ragionare è diventato un lusso che solo

pochi, a quanto pare, possono permettersi. Con questo voglio dire che se non ci diamo una regolata prendendo coscienza del baratro che abbiamo scavato e nel quale rischiamo di sprofondare tutti, buoni e cattivi, il futuro diventa sempre più inquietante e si tinge sempre più di nero. Il primo esempio dovrebbe venire dall’alto, ma se la classe dirigente mette in piedi un sistema di malaffare così capillare e avvolgente, il rischio che si corre è quello del contagio, del coinvolgimento delle


persone per bene, delle famiglie, dei giovani. Tutto è inquinato, confuso, basato su disvalori, ruberie, corruzione, che alla fine sporcano ovunque. C’è del marcio lassù in alto ed è un marcio diffuso e penetrante al quale bisogna porre un argine solido e in tutta fretta. Taluni, arrogandosi un diritto senza limiti che nessuno gli ha affidato, finiscono con l’esercitare il potere per costruire un sistema che, attraverso connivenze e complicità criminali, garantisca loro “l’immortalità sociale e burocratica”, nonché esosi appannaggi. Questi “leader”, sostenuti da gruppi più o meno consistenti, spesso esercitano pressioni e maneggiano per escludere chi potrebbe essere un possibile ostacolo alla loro disonestà. Arroganti, avidi, insaziabili e senza freni inibitori, affabulatori, ma soprattutto spregiudicati e senza scrupoli hanno un solo obiettivo: curare i propri interessi e conservare il più a lungo possibile il loro dominio e la loro poltrona dorata.

I giornali e le tv, tutti i media che fanno informazione ci offrono ogni giorno una variegata rappresentazione di fatti che, per la loro enormità, fanno accapponare la pelle, ci indignano e ci sconcertano. Non è facile convincersi che ci sia ancora un senso nelle buone azioni quando si assiste a uno scenario così mostruoso quanto pietoso in cui predominano intrighi, corruzione e malaffare. Per fortuna la medaglia ha il suo rovescio: ci sono in giro ancora, ed è la maggioranza, persone di alto profilo morale che non hanno bisogno di essere arroganti, che conoscono il valore dell’amicizia e della solidarietà, che si mettono sempre in discussione, non si prestano agli intrighi, detestano gli ipocriti, e cercano di circondarsi sempre di gente onesta, corretta e leale. I fatti che passano attraverso l’informazione sono solo la punta di un iceberg: purtroppo, a vari livelli si manifestano prevaricazioni e sopraffazioni di ogni sorta, soprattutto all’interno di piccoli gruppi, associazioni, club.

Questi disgustosi comportamenti qualche volta li riscontriamo anche nel nostro micro-cosmo perché anche esso contagiato da tutta una serie di impulsi emotivi che ci consegnano come figura di uomo vincente un essere cinico e privo di sentimenti. Più spesso di quello che si possa immaginare, ognuno di noi ne ha prova, si vivono situazioni ai limiti della tollerabilità, e di cui spesso restano vittime gli esseri più deboli, le persone che andrebbero protette e tutelate, i bambini, gli anziani, gli ammalati e via dicendo. Se assistere a tutto questo ci rende indifferenti, se ci indigniamo solo per finta, se non reagiamo con forza e determinazione quando qualcuno mortifica la nostra sensibilità di uomini liberi, ebbene allora abbiamo perduto una grande occasione per riscattarci, per indicare a chi ne ha voglia la strada maestra dell’onestà e del rispetto delle leggi che regolano ogni convivenza civile. roccopardo@libero.it www.roccopardo.it


ATTUALITÀ

“CITTADINI, AIUTATECI A DIFENDERE LA VOSTRA SICUREZZA” > di FABRIZIO LOTTI Segretario Nazionale UGL - Polizia di Stato

C

on un accor a t o slogan i sindacati della Polizia di Stato, della Polizia penitenziaria, del corpo forestale dello Stato e dei vigili del fuoco, con il sostegno e l’adesione ideale dei Cocer Carabinieri, Guardia di Finanza, esercito, Marina, aeronautica, hanno manifestato, davanti alle presidenze delle Regioni d’Italia e a Roma davanti a Palazzo Chigi. Il volantino che è stato distribuito diceva: “no agli sprechi di danaro

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pubblico pagato dai cittadini onesti di questo Paese; ai politici corrotti che usano le risorse pubbliche come beni di loro proprietà ed incapaci di realizzare il bene comune e l’interesse dei cittadini; a servirsi con disonore dello Stato, degli enti locali e delle Istituzioni per finalità privatistiche o per l’interesse degli appartenenti ad una parte politica; ai tagli lineari e indiscriminati alla sicurezza, alla difesa e al soccorso pubblico; ai nonni in divisa a causa dell’eccessiva elevazione dell’età anagrafica per il personale dei comparti sicurezza, difesa e soccorso pubblico; al blocco del turn-over nel settore della sicurezza, difesa, soccorso pubblico; al precariato nelle forze armate e nelle forze di

polizia e nei vigili del fuoco; ai tagli di 20.000 donne e uomini nelle forze armate. Si a servire lealmente con dedizione, onore e sacrificio i cittadini, lo Stato, gli enti territoriali e le istituzioni di questo paese; alla razionalizzazione e qualificazione della spesa pubblica per ottenere più sicurezza, difesa e soccorso pubblico; alla revisione, all’ammodernamento dell’attuale modello di sicurezza difesa e soccorso pubblico anche mediante un’attenta analisi e una riorganizzazione degli attuali assetti organizzativi, funzionali e dei presidi territoriali; alla riforma ordinamentale delle carriere e dei percorsi professionali in linea con la riforma del modello organizzativo per


costruire un sistema armonico, moderno e più funzionale al raggiungimento degli obbiettivi di maggiore tutela dei cittadini; alla valorizzazione

della funzione del nostro lavoro, destinando risorse per esaltare la specificità lavorativa di impiego e compensare i maggiori oneri degli

operatori di questo settore rispetto agli altri lavoratori pubblici; alla stabilizzazione dei precari ed alla introduzione di misure di sostegno

“SU PENSIONI GOVERNO TRADISCE LAVORATORI DEL COMPARTO E CITTADINI” “Riteniamo che l’innalzamento dell’età per accedere alla pensione per le Forze dell’Ordine, unito al blocco delle assunzioni, impedisca il rispetto di criteri di efficienza e delle esigenze operative del sistema Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico. Il Governo tradisce così lavoratrici e lavoratori del Comparto e i cittadini che si aspettano una tutela adeguata”. Così, in una nota, il Coordinamento Sicurezza Ugl, Organo che riunisce il personale della

Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato e dei Vigili del Fuoco, commenta la notizia dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri del regolamento per armonizzare i requisiti di accesso al nuovo sistema pensionistico per le categorie professionali con requisiti diversi rispetto a quelli in vigore nell’assicurazione generale obbligatoria. “A questo punto – prosegue la nota – ci aspettiamo quantomeno che i rappresentanti del Parlamento che sono intervenuti

nel dibattito, manifestando a più riprese vicinanza e sintonia rispetto alle rivendicazioni di lavoratrici e lavoratori del comparto, passino dalle parole ai fatti, con interventi concreti sullo schema di regolamento quando approderà nelle competenti commissioni parlamentari”.

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ATTUALITÀ

per i nuclei familiari del personale con redditi più bassi; all’immediato avvio della previdenza complementare per garantire per il futuro anche agli operatori di questi comparti pensioni

dignitose; ad un idoneo processo di ammodernamento del sistema delle relazioni e degli strumenti rappresentativi sindacali e soprattutto dei Cocer in linea con le decisioni e le norme

europee. Gli operatori delle forze di Polizia, delle forze armate e dei vigili del fuoco chiedono rispetto, dignità e strumenti per continuare a servire i cittadini per garantire sicurezza, pace condizioni

SICUREZZA, IN PIAZZA L’IRA DELLE DONNE E DEGLI UOMINI IN UNIFORME Su tutto il territorio nazionale, davanti alle Presidenze delle Regioni, le donne e gli uomini in uniforme dei Comparti Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico, hanno manifesteranno la propria indignazione per le scelte scellerate del governo Monti che destrutturano ed annullano il diritto dei cittadini italiani ad avere sicurezza, difesa e soccorso pubblico efficienti ed adeguati alle nuove e più complicate sfide del futuro. UGL-POLIZIA, SIULP, SAP, Polizia Penitenziaria – Forestale

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– Vigili del Fuoco, SAPPE, UIL Penitenziari – Forestali – Vigili del Fuoco, FNS CISL, SAPAF, FESIFO, CONAPO anche a nome dei colleghi militari dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Esercito, Marina ed Aereonautica che, per limiti di legge, non possono manifestare direttamente ma condividono ed appoggiano la protesta, in rappresentanza della quasi totalità delle donne e degli uomini in divisa. A conferma della tensione e

dell’indignazioneche attraversa gli Operatori della Sicurezza, della Difesa e del Soccorso Pubblico, i rappresentanti degli organismi di rappresentanza della Guardia di Finanza hanno voluto partecipare, per la prima volta, su tutto il territorio nazionale fruendo di un giorno di ferie. A Roma la prima iniziativa di protesta, per far comprendere al governo Monti che la misura è colma e i servitori dello Stato non possono più essere


migliori di vivibilità e di tutela dei e nei territori e nella quotidianità, ed il libero esercizio dei loro diritti garantiti dalla Costituzione Italiana. Continuiamo nonostante tutto e con grande senso di responsabilità la nostra “missione” ed a lavorare per assicurare l’ordine e la sicurezza pubblica”. Ogni giorno miglia di operatori delle forze dell’ordine vegliano sull’incolumità dei cittadini italiani, soprattutto su quelli più indifesi, contribuiscono con il loro impegno ad assicurare il quieto vivere, danno sicurezza sul vero senso della parola. Tutti ci sentiamo più sicuri quando incontriamo un uomo o una donna in divisa, una macchina della Polizia. Gli uomini e le donne delle forze dell’ordine sono i nostri

maltratti cove avvenuto sinora, si è trattato di un sitin davanti la Presidenza della Regione Lazio, in piazza Odorico da Pordenone e in Piazza Montecitorio. I rappresentanti sindacali, consapevoli dell’umore e del gravissimo disagio che serpeggia tra questi operatori, hanno chiesto preventivamente scusa ai colleghi che erano impegnati a garantire i servizi di Ordine Pubblico per tutte le manifestazioni, comprendendo esattamente il loro

angeli custodi, vegliano sulla nostra incolumità, sulla sicurezza, si fanno carico fra mille riconosciute difficoltà, di tutta una serie di incombenze che spesso appaiono impossibili per via di tutta una serie di anomalie tecnico amministrative. Sanno sempre indirizzarci e li troviamo presenti in ogni angolo di Italia. E’ ingeneroso da parte di chi ci governa, ignorare sempre questi fedeli servitori dello Stato, come se fossero i figliastri di un sistema Statale, che strapaga alcuni e fa sprofondare altri nella miseria più nera. Siamo sempre i primi a dover pagare, ma gli ultimi in assoluto ad incassare ciò che ci spetta. Pensiamo che i politici dovrebbero ricordarsi anche di noi, non solo nei proclami, ma soprattutto nei

turbamento tra il senso del dovere e l’ostacolare chi tenta di difendere i loro diritti e quelli dei cittadini per una sicurezza, una difesa e un soccorso pubblico reale, efficienti e concreti. Gli stessi auspicano altresì che Monti, comprendendo che il Ministro Fornero deve arrestarsi poiché sta colpendo il “cuore dello stato” facendolo invecchiare in modo insostenibile con il provvedimento di armonizzazione previdenziale anche rispetto a quanto

fatti, dovrebbero una volta per tutte, comprendere che entriamo a pieno titolo negli apparati importanti dello Stato, siamo presenti da sempre a difesa delle istituzioni e paghiamo ogni giorno il nostro tributo di sudore e sangue. Abbiamo giurato e rispettiamo fino in fondo il nostro giuramento, non ci tiriamo indietro mai, delle nostre responsabilità ne facciamo un vessillo da innalzare il più in alto possibile, un obbiettivo da perseguire per il bene comune. Non siamo noi a dirlo è la storia a rappresentarlo. Per questo, per quello che rappresentiamo, desideriamo essere rispettati e amati, per quello che meritiamo e sappiamo dare con la generosità di sempre.

accade in Europa per le altre Polizie, ascolti immediatamente i Ministri interessati nonché le donne e gli uomini che garantiscono la Sicurezza, la Difesa, il Soccorso Pubblico ma anche la democrazia e il sereno svolgimento della vita dei nostri cittadini e l’economia e lo sviluppo dello stesso Paese. Se ciò non dovesse avvenire, prendendo anche atto del silenzio assordante della politica, “terribile sarà l’ira degli onesti”.

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SINDACALE

ESONERO DAI TURNI SERALI E NOTTURNI PER I POLIZIOTTI ULTRACINQUANTENNI

COSA SUCCEDE QUANDO AD UNA NORMATIVA INADEGUATA SI AGGIUNGE ANCHE UNA MIOPIA GESTIONALE > di FILIPPO GIRELLA Segretario Nazionale UGL - Polizia di Stato

I

n un momento in cui l'età media dei Poliziotti (44 anni) si sta alzando velocemente ed in cui il governo sta lavorando per mandare i Poliziotti in pensione sempre più tardi, riteniamo che sia corretto, anzi doveroso, nei confronti dei Poliziotti che svolgono i servizi esterni, individuare dei meccanismi di tutela che, sia per il presente sia per il futuro, consentano a tutti i colleghi, una volta raggiunta una certa età anagrafica o di servizio, di disporre di istituti certi e non soggetti a stravaganti e personalistici “colpi di testa” che permettano, dopo tanti anni

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passati in mezzo alla strada, di evitare qualche turno di notte all'esterno. D’altronde, non capire le esigenze, anche fisiche, di chi da anni svolge turni massacranti e pesanti notti di lavoro (che, col passare degli anni, si recuperano con sempre maggiore difficoltà) è tipico di chi lavora comodamente dietro una scrivania e passa tutte le notti al caldo in famiglia. L'unico, insufficiente e limitato, strumento che abbiamo e che hanno gli ultra cinquantenni oggi è rappresentato dall'art. 12 dell’Accordo Nazionale Quadro che prevede che “ il personale che abbia compiuto 50 anni di età, ovvero con un’anzianità di servizio di almeno 30 anni, impiegati nei servizi esterni, può chiedere di essere esonerato dai turni previsti nelle fasce serali e notturne ”. Il problema è che taluni Questori,sfortunatamente,

usano il loro “potere discrezionale” (che non dovrebbe mai trasformarsi in arbitrio) interpretando in maniera restrittiva questo istituto che già di per sè è debole, provocando uno svuotamento della norma ed il “tradimento” dello spirito con il quale l’art. 12 era stato concepito. Proprio per dirimere questi conflitti interpretativi si è riunito il “tavolo per le controversie” composto dall’Amministrazione e da tutti i Sindacati, ma l’esito, purtroppo, per noi del tutto incomprensibile, non è stato quello auspicato. Per questo motivo, l’UGL Polizia, per la prima volta dalla costituzione del tavolo per le controversie avvenuta circa due anni fa, recentemente ha voluto lanciare un forte segnale di dissenso e contrarietà non sottoscrivendo il parere finale del tavolo sull’esatta interpretazione da dare al


contenuto dell’art. 12 dell’Accordo Nazionale Quadro, pur se proprio da noi richiesto. Nella nostra battaglia ci siamo posti gli interrogativi che molti colleghi si sono posti in diverse realtà italiane: è giusto che un collega ultra cinquantenne con 30 anni di servizio alle spalle, dopo aver ottenuto il previsto accoglimento della richiesta di esenzione dai servizi notturni, all’improvviso, con l’arrivo del nuovo Questore, si veda revocare tale diritto? È giusto che alla richiesta di alcuni colleghi di essere esonerati dai turni notturni il questore risponda negativamente e, contemporaneamente, revochi anche quella già in vigore da un anno, e quindi, di fatto, azzeri l’istituto previsto dall’art. 12 A.N.Q. in quella questura?

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econdo noi no, ma non tutti hanno la nostra stessa sensibilità e questo, purtroppo, è ciò che invece può accadere oggi nella Polizia di Stato, alla faccia dei bei principi che hanno ispirato l’istituzione dell’articolo 12 dell’Accordo Nazionale Quadro (che ha subito addirittura più di un anno di sperimentazione prima di essere definitivamente riconosciuto), dell’art.

24 del D.P.R. 164/2002 e di tutti i colleghi “aventi titolo”. Per tutti questi motivi la Segreteria Nazionale dell’Ugl Polizia da tempo sta portando avanti una serie di iniziative per evitare il ripetersi di tali situazione e, più in generale per migliorare le condizioni lavorative dei poliziotti che, loro malgrado, sono costretti a svolgere pesanti turni notturni anche in età avanzata o dopo aver accumulato decenni di servizi in mezzo alla strada. Il rammarico più grande è che tutto ciò si sarebbe potuto evitare se solo il “tavolo per le controversie” avesse accettato quello che noi dell’UGL Polizia abbiamo chiesto con insistenza: inserire nel parere approvato oggi anche un chiaro riferimento utile ad impedire il verificarsi in futuro di tali “bizzarre” interpretazioni. Si tratta di una decisione importante che deve far riflettere tutti su un tema cosi delicato; un tema sul quale l’UGL Polizia di Stato continuerà la propria battaglia, anche se isolata, in tutte le sedi. D’altronde, le battaglie di principio e di giustizia sono proprio quelle che meritano di essere combattute anche contro tutti e tutto!

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PENSIONE

ARMONIZZAZIONE PREVIDENZIALE Documento unitario dei Sindacati e delle Rappresentanze dei Comparti Sicurezza, Difesa e Soccorso Pubblico > di GIOVANNA ARGENIO

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gni Paese democratico e avanzato, in particolare quelli industrializzati, al fine di garantire un progresso prosperoso e costante, sia sotto il profilo economico che sociale ha necessità di organizzare alcuni asset che sono strategici per il raggiungimento di tali obbiettivi. Oltre alla formazione, elemento di valore strategico imprescindibile oltre che essenziale per la costruzione di una classe dirigente capace di governare lo sviluppo del Paese, ma nel contempo anche di progettare le nuove strategie che si impongono per affrontare le sfide della globalizzazione per esserne al passo dei tempi, il Paese necessita di un sistema di sicurezza efficiente ed efficace,

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intendendo per sicurezza il significato più ampio nell’accezione del termine (sicurezza sociale, sicurezza economica, sicurezza relazionale, ordine e sicurezza pubblica, sicurezza penitenziaria, giustizia sociale, amministrativa, industriale e penale, difesa interna e esterna del Paese, soccorso pubblico efficace ed efficiente). La stessa Comunità Europea ha deliberato che la sicurezza, nel senso appena detto, diversamente da come era stata intesa sino a poco tempo fa ovvero un costo di sistema, costituisce elemento imprescindibile e condizione irrinunciabile anche per lo sviluppo economico e quindi volano di sviluppo per attrarre gli investimenti stranieri che, in difetto di tale garanzia preferiscono mercati diversi.

Per poter garantire livelli efficienti ed efficaci su questi settori la storia del nostro Paese, e con essa quindi tutta la legislazione che si è sviluppata negli anni, ha affermato in modo incontrovertibile che gli operatori chiamati a svolgere queste delicate funzioni dello Stato (il cosidetto “cuore dello Stato” definito dal Presidente Monti) devono rispondere a precisi, rigorosi e particolari requisiti sotto il profilo morale, civile e psicofisico e attitudinale (non è un caso che non tutti riescono a superare il concorso e le prove di efficienza per l’accesso e la formazione a queste funzioni). Ciò, anche relazione, essendo questo un ulteriore elemento di garanzia sull’efficacia, sulla trasparente ed efficiente azione che lo Stato esercita, stando attento a coniugare gli interessi generali con quelli dei


singoli individui, alla necessità che gli operatori per poter attendere alle mission loro affidate, debbano utilizzare al massimo la propria professionalità ed in alcuni casi riguardo ai compiti istituzionali di tutela dell’ordine pubblico costretti a ricorrere anche all’utilizzo della forza e, in estrema ratio, anche all’uso delle armi, oltre che a prestarsi, senza risparmiarsi, per la sicurezza collettiva, sia durante che al di fuori dell’orario di lavoro, in quanto destinatari di norme “specifiche” che ne impongono il servizio h24. Rigore, professionalità, prestanza fisica e soprattutto equilibrio, sono gli elementi essenziali affinchè questi operatori possano conseguire gli obbiettivi che lo Stato gli richiede. In questa ottica anche lo status giuridico, di impegno e quello previdenziale ha seguito uno sviluppo che, per quanto parallelo a tutti gli altri lavoratori del pubblico impiego, è stato però sempre caratterizzato da una sua specificità. Specificità che, anche in un momento di grave crisi economica che ha portato ad una revisione dell’assetto complessivo della macchina pubblica attraverso una sua razionalizzazione, ha trovato cittadinanza addirittura in una precisa norma contenuta nella legge n. 183 del 4 Novembre 2010. L’Articolo 19 della citata norma recita: Ai fini della difinizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze Armate, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza

della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previste da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle Istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie…omissis. In sostanza la norma de quo statuisce che gli operatori di questi Comparti e le rispettive Amministrazioni di riferimento, in relazione al particolare status, devono essere valutati e considerati non solo nell’ottica di quella che è la normale dinamica contrattuale e previdenziale prevista per tutti i lavoratori; ad essi bisogna guardare in relazione alle peculiari funzioni attribuite alle Amministrazioni di appartenenza che, in assenza di operatori che siano selezionati e messi in condizioni di tutela e

di difesa delle Istituzioni democratiche così come quelle dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna e del soccorso alle popolazioni. Va precisato che a partire dal 1992 con la cosidetta riforma Amato, che già all’epoca ristrutturò il sistema previdenziale del nostro Paese per renderlo compatibile sia allo stato sociale, che da sempre ha accompagnato la nostra cultura, ma che alle compatibilità economico finanziarie che lo Stato doveva sostenere per garantire entrambi gli interessi, e successivamente con la riforma Dini, il modello previdenziale degli operatori di questi Comparti è stato falcidiato annullando, di fatto, la specificità degli appartenenti pur riconfermando quella delle Amministrazioni. Ulteriori colpi che hanno oltremodo vanificato la specificità, si sono registrati con l’emanazione della legge finanziaria n. 724/94 (cosidetta finanziaria Berlusconi), che ha ridotto il rendimento del modello previdenziale di questo personale dal 3,60% annui al 2%. Con il decreto legge 112/2008 (c.d.

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decreto Brunetta) , si è avuto un ulteriore colpo che ha definitivamente e quasi del tutto equiparato il rendimento della pensione di questi professionisti della sicurezza a quelli del restante pubblico impiego, fatta eccezione di alcuni istituti che però sono a carico del lavoratore e non dell’erario che restano l’ultima chimera a salvaguardia di una specificità che nel tempo si è manifestata sempre più in modo negativo e contraddittorio. In sostanza con l’applicazione del metodo contributivo, accompagnato con il rendimento del 2%, anche agli operatori di questi Comparti, la pensione non viene più determinata, a prescindere dall’età anagrafica dell’operatore e per quanti anni egli la percepirà, come avveniva in precedenza con il metodo retributivo, ma viene calcolata sulla base degli accantonamenti che il lavorato effettua, rispetto alla retribuzione che percepisce nel corso dell’intera vita lavoratiava. Questo, ancora una volta a

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danno della declamata specificità. Infatti, mentre per tutti i lavoratori pubblici e privati sono state avviate da tempo forme previdenziali complementari, finalizzate a coprire i gap sul trattamento di pensione con l’introduzione del sistema contributivo (tra quanto si è percepito in servizio e quanto invece si è maturato in termini di pensione), per il personale del Comparto l’ipotesi di accordo quadro, che dovrebbe definire le regole del “gioco”, appare ancora lontana. Tutto ciò senza che siano mai state poste in essere formule per tutelare, soprattutto, gli operatori assunti dopo il 1° Gennaio 1996 che saranno i primi e più vessati destinatari del sistema retributivo. È opportuno rammentare, come previsto dalla norma, che l’età anagrafica individuata come limite ordinamentale rispetto al quale il lavoratore è costretto al pensionamento, indice oggi in maniera

sostanziosa sul quantum della pensione. Infatti, con l’applicazione del sistema contributivo, sono fondamentalmente due i parametri che determinano la misura del trattamento di quiescenza spettante: l’ammontare dei contributi versati e il relativo coefficiente di trasformazione, che aumenta in ragione dell’età anagrafica in cui è obbligatorio il collocamento in quiescenza. Il prodotto della moltiplicazione tra contributi versati e coefficienti di trasformazione, suddiviso in funzione della speranza di vita fissata dall’ISTAT, consente poi di determinare il rateo di pensione (maggiore il tempo intercorrente tra l’età di cessazione dal servizio e il raggiungimento della speranza di vita, più basso sarà il rateo di pensione). Pertanto il limite anagrafico ordina mentale individuato per la cessazione del servizio, che funzionalmente le Amministrazioni hanno necessità di mantenere basso, incide in maniera determinante e penalizzante sull’ammontare delle pensioni, in modo direttamente proporzionale all’età di collocamento a riposo. In concreto questo complesso meccanismo determina che prima si verifica l’uscita del lavoratore, di conseguenza maggiore sarà il numero dei ratei che dovrà percepire, più basso sarà il quantum che percepirà mensilmente come pensione. Tutto questo ci pone di fronte ad una questione che diventa centrale, essenziale e imprescindibile da valutare nelle scelte che il Governo deve operare per armonizzare il sistema previdenziale di questi Comparti in funzione del precetto contenuto nel decreto “Salva Italia”. A fronte di tutto ciò la proposta che i rappresentanti del ministero del lavoro e dell’economia hanno indicato le nostre


Amministrazioni, e che queste ultime ci hanno rappresentato risulta essere quella che i lavoratori chiamati ad assicurare la tutela delle istituzioni democratiche, la difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, delle costantemente sovraffollate carceri italiane e il soccorso pubblico, siano impegnati sino a 63 e 65 anni, mettendo anche in discussione gli attuali meccanismi compre sativi. Un’ipotesi incredibile specie se messa a confronto con i paritetici operatori dei Paesi stranieri. Per le Forze armate, tra l’altro, appare un’ipotesi in evidente contrasto con la più volta declamata necessità del ministro della difesa di accelerare l’esodo del personale con le stellette, oggi più anziano, per dare attuazione alla revisione dello strumento militare in modo da renderlo efficiente al passo con quello degli altri Paese stanieri. In presenza di una proposta come questa è evidente che il problema esula da quello strettamente connesso con la parte previdenziale per assumere un significato politico più ampio. Si tratta difatti di individuare se il Governo e il Paese si possono permettere operatori della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico di 63 e 65 anni, con tutto quello che consegue in termini di annullamento dell’efficienza del sistema che ciò comporterebbe per la inevitabile deriva che ciò comporterebbe per la diminuzione della prestanza fisica, psichica ed attitudinale, o se invece ritengono come le scriventi OO.SS e Rappresentanze ma anche, a quanto risulta come propongono le rispettivi Amministrazioni – proprio in funzione delle finalità che le Amministrazioni devono perseguire e la conseguente specificità che deve continuare ad essere richiesta ai loro ap-

partenenti – non si debba individuare un sistema compensativo o di aumento della base su cui si costruisce la pensione che consenta di mantenere l’efficienza, l’efficacia dell’azione e della specificità degli operatori. Le scriventi Organizzazioni e Rappresentanze, dando per scontata la seconda opzione, osservano che fondamentalmente due sono i problemi da risolvere: preservare l’efficienza e la funzionalità dei Comparti interessati, impedendone l’invecchiamento, e tutelare i rispettivi operatori, rispettandone la dignità e evitando che la “specificità” che ne determina una particolare usura, si trasformi, paradossalmente, in una penalizzazione pensionistica, a causa dei limiti di età più bassi. A fronte di tutto ciò, molti sono i meccanismi ipotizzabili sul piano ordina mentale e molti gli aspetti sui quali è urgente e imprescindibile discutere. Perciò queste Organizzazioni e Rappresentanze hanno chiesto e ottenuto, dopo la manifestazione del 13 Marzo scorso, un confronto aperto con i ministri interessati evidenziando contestualmente l’urgenza di una legge delega per il riordino del sistema e delle carriere ritenuto, quest’ultimo, significativamente connesso al processo di armonizzazione del regime pensionistico ma che al mantenimento della funzionalità e dell’efficienza dei Comparti. In conclusione, considerando che, negli incontri in sede tecnica tra le varie Amministrazioni, risulta che sia il Dicastero del Lavoro sia e soprattutto quello dell’Economia si siano dimostrati inclini ad assimilare tendenzialmente gli operatori della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico alla generalità dei lavoratori,

le sciventi Organizzazioni e Rappresentanze ottengono a dire che tale approccio non è assolutamente accettabile, a meno che l’omologazione non comporti anche la parifica delle condizioni di impiego, dei rischi e delle responsabilità e la rimozione degli obblighi, dei vincoli e delle limitazioni che gravano sulle forze di polizia, sulle forze armate e sul Corpo nazionale dei Vigili del fuoco. Nella seconda ipotesi, è bene che si sappia, queste organizzazioni e Rappresentanze rivendicherebbero gli stessi diritti considerati inalienabili per gli altri lavoratori dipendenti quali ad esempio il parttime, la flessibilità dell’orario di lavoro in orizzontale e verticale, il diritto di sciopero (con astensione dal lavoro), il diritto ad esercitare altre attività lavorative purchè non i modo preminente rispetto alla funzione pubblico impiego impiegato o in condizioni di esclusività con lo stesso datore di lavoro, i pieni diritti di associazione e libera manifestazione del pensiero per i militari e, non ultimo, il venir meno dell’assoluta disponibilità al servizio per questi operatori e della qualifica permanente di ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria e di pubblica sicurezza, per la quale oggi gli interessati vivono in regime di “libertà vigilita”. Questo è il nodo politico per il quale gli operatori della sicurezza, della difesa e del soccorso pubblico hanno manifestato e sul quale chiedono una risposta incontrovertibile al Governo e alla Forze Politiche di un Paese al quale dedicano quotidianamente ogni energia e per il quale sono tenuti, per “contatto” ma soprattutto per intimo convincimento, a sacrificare anche il bene supremo della vita.

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INTERVISTA

P R O G R A M M A INTERPOLIZIE TETRA (PIT) Far comunicare tra loro in modo sicuro le 5 Forze di Polizia Italiane ed Europee > di GIOVANNA ARGENIO

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onfermare il ruolo di leader nello sviluppo di soluzioni di comunicazione efficaci e affidabili in grado di soddisfare le esigenze operative delle Forze di Polizia nella lotta quotidiana al crimine e nelle situazioni di emergenza pubblica. È questo uno dei principali obiettivi di SELEX Elsag, la società del gruppo Finmeccanica che opera nel settore delle comunicazioni professionali. Ne parliamo con Luca D’Amato, responsabile vendite di SELEX Elsag per il mercato Homeland Security. Quali sono ad oggi le principali attività di SELEX Elsag a supporto della Polizia italiana? SELEX Elsag progetta e realizza tecnologie a supporto delle comunicazioni radiomobili civili e militari nella gestione delle emergenze, soluzioni di sicurezza integrata e di Law Enforcement per la protezione del territorio, delle infrastrutture critiche pubbliche, dei siti sensibili

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e dei grandi eventi da numerose tipologie di minacce, che variano dalle attività di criminalità organizzata agli attacchi terroristici. Nel contesto della sicurezza urbana SELEX Elsag progetta, installa e integra soluzioni di controllo e protezione dell’ambiente cittadino, dalla videosorveglianza al controllo perimetrale e degli accessi, all’identificazione di persone e veicoli, fino alla progettazione e gestione delle centrali operative. Inoltre, l’azienda opera con successo anche nel settore della cyber security, per il quale sviluppa tecnologie e competenze in grado di assicurare una gestione sicura e affidabile del cyberspazio e di quelle infrastrutture critiche dalle quali tutti noi dipendiamo. Quali ritiene siano le principali esigenze della Polizia in termini di sicurezza della comunicazione? In che modo SELEX Elsag soddisfa queste esigenze? Perchè è così importante il TETRA?

La Polizia di Stato necessita di sistemi di comunicazioni radio che garantiscano sicurezza, riservatezza e protezione della trasmissione. SELEX Elsag sviluppa e offre soluzioni integrate e interoperabili per la trasmissione di voce e dati, che coniugano tecnologie differenti tra cui lo standard di fatto utilizzato dalla Polizia Di Stato (le reti radio sincrone Ecos), quello in uso presso la Polizia di Stato e le altre forze di Polizia (il TETRA) e le tecnologie rese disponibili dal mercato. SELEX Elsag è in grado di offrire soluzioni di rete multi tecnologiche che assicurano una connettività trasparente in tutte le circostanze e che migliorano l’efficienza delle operazioni di pubblica sicurezza. Il TETRA è uno standard di radiocomunicazione digitale per la trasmissione sicura di voce e dati ad alta qualità. Essendo stato ideato specificamente per rispondere alle esigenze di utenti professionali, offre una serie di caratteristiche peculiari


come, ad esempio, la possibilità di effettuare chiamate con tutti gli utenti della rete (conferenza generale) oppure, nell’ambito di gruppi predeterminati, la comunicazione simultanea di voce e dati, nonché un’elevata sicurezza che viene garantita grazie alla cifratura. Con il TETRA, SELEX Elsag mette in campo la migliore tecnologia per le comunicazioni radiomobili digitali al servizio di chi, operando per la tutela dei cittadini e la salvaguardia del territorio, deve poter contare su qualità, affidabilità e prestazioni elevatissime, anche in situazioni operative critiche. Come noto, l’efficienza dei sistemi di comunicazione ordinari risulta fortemente compromessa nelle emergenze. La rete pubblica Gsm, ad esempio, può essere messa fuori gioco dal traffico telefonico o, addirittura, può essere spenta di proposito dalle Forze dell’Ordine per non dare vantaggio ad eventuali organizzazioni criminose, come ad esempio nel caso di un attacco terroristico, impedendo loro di comunicare. Il TETRA, invece, assicura la connessione delle chiamate in qualsiasi circostanza, anche in caso di catastrofi naturali, sovraccarico della rete o guasti alla rete stessa. Che cos’è il PIT? A che punto è il progetto? Quali zone d’Italia sono attualmente coperte? Il Programma Interpolizie TETRA (PIT) nasce con l’obiettivo di realizzare una rete radio unificata basata sullo standard TETRA a copertura dell’intero territorio nazionale, in grado di far comunicare in modo sicuro tutte e cinque Forze di Polizia italiane, fra loro e con le polizie europee. Si tratta di un progetto particolarmente innovativo e sfidante in quanto comporta livelli di servizio molto elevati. Prevede l’installazione graduale, regione per

regione, di oltre duemila stazioni radio base ed è dimensionato per gestire le comunicazione di tutti gli operatori delle cinque Forze di Polizia , 300 mila utenti. Nel 2006 sono stati erogati i primi finanziamenti per la regione Campania e la Provincia di Torino, nel 2007 per la Basilicata e la Calabria. Nel 2009 il CIPE aveva deliberato il finanziamento della Sardegna, che è poi stato sospeso dalla Legge di Stabilità 2012, lasciando di fatto il programma in una sorte di “limbo”, a causa della mancanza di una programmazione finanziaria. Che cosa manca per sbloccare la situazione? Quali sarebbero i benefici per SELEX Elsag e per l’occupazione? SELEX Elsag ha proposto alle cinque Forze di Polizia una versione del programma più in linea con le capacita’ di spesa del momento, lasciando tuttavia inalterati i requisiti di sicurezza, e che prevede una forte integrazione con le infrastrutture di comunicazione esistenti (rete in ponte radio, rete in fibra ottica) di proprietà dell’Amministrazione, un’ottimizzazione delle stazioni ripetitrici da installare e una migliore gestione dei sistemi analogici. Questa nuova versione del progetto ha riscontrato il pieno consenso delle Forze di Polizia. Potrebbe essere finanziata tramite fondi CIPE, in analogia con quanto già realizzato nei precedenti contratti, oppure tramite la legge 217 “Potenziamento Forze di Polizia”.

Inoltre, il progetto sarebbe immediatamente “cantierabile”, dato che l’impianto contrattuale già esiste, e darebbe forte impulso produttivo non solo alle aziende di Finmeccanica, relativamente alla progettazione e alla produzione del sistema, ma anche alle aziende locali, che sarebbero coinvolte nelle attività di messa in opera. Si stima che almeno 4000 addetti potrebbero essere coinvolti nell’attuazione del progetto. L’interruzione del Programma nella fase in cui si trova ora, invece, porterebbe le Forze dell’Ordine ad operare con un sistema radiomobile all’avanguardia soltanto sul 25% del territorio nazionale, mentre il resto del Paese rimarrebbe con una dotazione di reti analogiche ormai obsolete. Alla luce di quanto spiegato, ingegner D’Amato, quali sono le sue conclusioni? Con questa riorganizzazione del PIT penso siamo perfettamente in linea con la “spending review” che il Governo impone. Siamo anche in linea con il programma “sviluppo Italia”, in quanto potremmo partire con le attivita’ praticamente da subito e realizzare un progetto Paese che contribuirebbe a dare alle Forze dell’Ordine un sistema tecnologicamente avanzato per rendere l’Italia piu’ sicura. E la sicurezza, insieme a delle regole precise, e’ un elemento fondamentale per la ripresa e il richiamo di capitali e investimenti nel nostro Paese.

Agente che utilizza un terminale TETRA nel corso di un’operazione contro la criminalità organizzata


MEDICINA

IL LAVORO DI POLIZIA È PERICOLOSO E IL PERICOLO SI ANNIDA SOLO NELLE STRADE > traduzione di NICOLA ZICHELLA sunto tratto dal SCIENCE DAILY

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e pressioni che s u b i scono Forze di Polizia hanno messo gli Agenti di Polizia a rischio di ipertensione, insonnia, aumento dei livelli di ormoni distruttivi causati dallo stress, problemi cardiaci, sindrome da stress post- traumatico (PTSD) e il suicidio, i ricercatori dell'Università di Buffalo hanno hanno scoperto tutto ciò attraverso un decennio di studi

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portati avanti sugli agenti di polizia con il contributo del National Institute of Justice. I ricercatori dell’Universita’ di Buffalo attualmente stanno effettuando una delle prime grandi ricerche su come lo stress del lavoro della Polizia influisce sulla salute fisica e mentale di un Agente di Polizia. L'Istituto Nazionale di Giustizia ha aggiunto 750 mila dollari allo studio per misurare la fatica di Polizia e l'impatto del lavoro nel lavoro di turnazione sulla salute e l’efficienza degli Agenti di Polizia sul lavoro. Più di 400 Agenti di Polizia

hanno partecipato allo studio con i ricercatori. L'esame clinico prevede questionari sullo stile di vita e i fattori psicologici come la depressione e la sindrome da stress post traumatica, e la misurazione della densità ossea e la composizione corporea, esame delle arterie carotide e dell’arteria brachiale, prelievio di campioni di saliva e campioni di sangue. Gli Agenti di Polizia inoltre hanno indossato un piccolo dispositivo elettronico per misurare la quantità e la qualità del sonno durante un tipico ciclo di


lavoro di turnazione della Polizia. I risultati degli studi sugli Agenti di Polizia che svolgono servizio su strada hanno dimostrato che gli Agenti di Polizia di età superiore ai 40 anni avevano un più alto rischio; il 72 per cento degli Agenti di Polizia di sesso femminile e il 43 per cento degli Agenti di Polizia di sesso maschile, hanno avuto livelli di colesterolo piu’ elevati , e un aumento del la pressione arteriosa. Il lavoro di Polizia e’ un lavoro psicologicamente stressante pieno di pericoli, si prevede

che i dati di questa ricerca porteranno soluzioni per la Polizia per ridurre i rischi di patologie. L’Agente di Polizia che subisce un forte stress il suo corpo diventa fisiologicamente squilibrato, gli organi vengono attaccati, e il sistema immunitario viene compromesso. È un peccato, ma queste sono le patologie che vengono arrecate dallo stress. I dati hanno di mostrato che il 23 per cento dei maschi e il 25 per cento degli Agenti di Polizia di sesso femminile hanno avuto piu’ pensieri suicidi

rispetto alla popolazione (13,5 per cento). In uno studio precedente, i tassi di suicidio sono stati tre volte superiori per gli Agenti di Polizia rispetto agli altri lavoratori comunali. Lo studio ha rilevato che lo donne possono sentirsi più a disagio durante il giorno, dove ci possono essere più opportunità di conflitto in un ambiente di lavoro negativo. Lavorare soli di notte senza un sostegno immediato può essere stressante. "C'è anche il problema delle alterazioni fisiologiche dei ritmi circadiani. Questo riflette l'impatto del lavoro di Polizia sugli Agenti di Polizia donne. Gli Agenti di Polizia subiscono piu’ fortemente lo stress rispetto agli Agenti di sesso maschile, il lavoro di Polizia è ancora fondamentalmente un mestiere maschile, e le donne possono sentirsi socialmente isolate sul lavoro. Inoltre, la maggior parte delle donne hanno maggiori responsabilità domestiche di cui preoccuparsi – Famiglia, l'assistenza all'infanzia" Pubblicare articoli e la realizzazione di studi sullo stress non può cambiare i Dipartimenti di Polizia durante la notte, ma è un modo per diffondere il messaggio che gli effetti negativi dello stress devono essere riconosciuti, destigmatizzati e trattati. "L'intervento è necessario per aiutare gli Agenti di Polizia per affrontare questa professione difficile e stressante. I risultati dello studio portato avanti vuole educare gli Agenti di Polizia su come sopravvivere dopo 25 anni di lavoro di Polizia. Hanno bisogno di imparare a rilassarsi, a pensare in modo diverso sulle situazioni che devono affrontare durante il lavoro.

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GIURISPRUDENZA

IL GIUDICE DI PACE COMPETENZA E PROCEDIMENTO CIVILE

> di SERGIO DELL’OLIO Avvocato Conciliatore Professionista

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e cause rientrano n e l l a competenza del giudice di pace (g.d.p.) in base a tre aspetti principali: territorio, valore e materia. Salvo che la legge disponga altrimenti, per individuare il g.d.p. competente per territorio, ci si deve rivolgere al giudice del luogo in cui il convenuto ha la residenza o il domicilio, e, se questi sono sconosciuti, quello del luogo

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in cui il convenuto ha la dimora. Se il convenuto non ha residenza, né domicilio, né dimora nello Stato o se la dimora è sconosciuta, è competente il giudice del luogo in cui risiede l'attore. Per quanto riguarda, invece, la competenza per valore e per materia, il g.d.p. è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore euro 5.000,00, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice, è altresì competente per le cause di risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e di natanti, purché il valore

della controversia non superi euro 20.000,00. È competente qualunque ne sia il valore: 1) per le cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi; 2) per le cause relative alla misura ed alle modalità d’uso dei servizi di condominio di case; 3) per le cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori,


scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilità; 3-bis) per le cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali. Per ciò che concerne la domanda, davanti al g.d.p. la si propone mediante citazione a comparire a udienza fissa. La si può anche proporre verbalmente, di essa il g.d.p. fa redigere processo verbale che, a cura dell'attore, è notificato con citazione a comparire a udienza fissa. In giudizio, le parti possono farsi rappresentare da persona munita di mandato a rappresentare transigere e conciliare scritto in calce alla citazione o in atto separato, salvo che il giudice ordini la loro comparizione personale. La domanda, comunque proposta, deve contenere, oltre l'indicazione del giudice e delle parti, l'esposizione dei fatti e l'indicazione dell'oggetto. Tra il giorno della notificazione e quello della comparizione devono intercorrere termini liberi non inferiori a quarantacinque giorni se il luogo della notificazione si trova in Italia e settantacinque se si trova all’estero. Qualora la la citazione indichi un giorno nel quale il g.d.p. non tiene udienza, la comparizione è d'ufficio rimandata all'udienza immediatamente successiva. Le parti si costituiscono depositando in cancelleria la

citazione o il processo verbale con la relazione della notificazione e, quando occorre, la procura, oppure presentando tali documenti al giudice in udienza. Le parti, che non hanno precedentemente dichiarato la residenza o eletto domicilio nel comune in cui ha sede l'ufficio del giudice di pace, debbono farlo con dichiarazione ricevuta nel processo verbale al momento della costituzione. Se è proposta querela di falso il giudice di pace, quando ritiene il documento impugnato rilevante per la decisione, sospende il giudizio e rimette le parti davanti al tribunale per il relativo procedimento. Nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione. Se la conciliazione riesce se ne redige processo verbale, in caso contrario, il g.d.p. invita le parti a precisare definitivamente i fatti che ciascuna pone a fondamento delle domande, difese ed eccezioni, a

produrre i documenti e a richiedere i mezzi di prova da assumere. Quando sia reso necessario dalle attività svolte dalle parti in prima udienza, il giudice di pace fissa per una sola volta una nuova udienza per ulteriori produzioni e richieste di prova. I documenti prodotti dalle parti possono essere inseriti nel fascicolo d’ufficio ed ivi conservati fino alla definizione del giudizio. Ritenuta la causa matura per la decisione, il g.d.p. invita le parti a precisare le conclusioni e a discutere la causa. La sentenza è depositata in cancelleria entro quindici giorni dalla discussione. Inoltre, su richiesta delle parti, solo per cause di valore inferiore o uguale a 1.100,00 euro, il g.d.p. può decidere secondo equità, cioè senza seguire strettamente le norme di diritto, pur in conformità al dettato costituzionale Per tutto ciò che non è specificamente regolato, il procedimento dinanzi al g.d.p. è retto dalle norme relative al procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili.

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CARRIERE

L’ISPETTORE DELLA POLIZIA DI STATO FIGURA

COMPRESSA IN

UN RUOLO COMPOSTO DA MOLTE, FORSE TROPPE,

QUALIFICHE > di GIOVANNI BATTISTA PROSPERINI

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a Polizia di Stato è diretta diramazione dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza ed è previsto che sia civile con un ordinamento speciale (art. 3, 1° comma, L.121/81). Proprio questa specialità fa si che le sue regole siano connotate da una notevole consonanza con quelle previste per gli appartenenti alle FF.AA e questi sono i motivi per cui fonda la sua struttura, quindi basa il suo funzionamento, su una forte gerarchia interna. I suoi

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appartenenti, poi, sono inquadrati in una precisa scala piramidale di ruoli, in ognuno di questi ruoli vi sono diverse qualifiche e per ognuna di queste sono previste precise attribuzioni e funzioni da svolgere. Tutto questo è stabilito da leggi dello stato (ricordiamoci fonti primarie dell’ordinamento) e non da semplici contratti collettivi di lavoro o accordi quadro, quindi normative, come per tutte le leggi, che in primis la stessa Polizia di Stato avrebbe il dovere di rispettare e far rispettare e questo, oltre che come esempio di rispetto verso il legislatore anche perché ciò sarebbe preteso anche dalla stessa struttura per garantire il proprio buon funzionamento,

altrimenti i risultati del suo operato sarebbero sicuramente di scarsa efficienza-efficacia negli scopi perseguiti. Purtroppo e da anni che da più parti si solleva il problema che tutto questo non avviene, viene segnalata la rigidità di questa struttura, la sua difficoltà di confrontarsi con le esigenze della moderna società civile e che, nella Polizia di Stato attuale (post riforma), siano presenti numerosi punti di criticità e che questi abbiano, di fatto, portato a un susseguirsi di novelle regolamentatrici dei suoi ruoli (riforma del 1995, modifiche del 2000, 2001, 2003 ecc…), rimaste comunque insoddisfacenti e che ora stanno nuovamente spingendo a


iniziative mirate a nuovi riordini di carriera. E’ notizia recente l’apertura di un tavolo tecnico di discussione per una nuova strutturalizzazione dei ruoli nella Polizia di stato. Studiando il modello organizzativo attuale, con un occhio al mondo del lavoro, si nota che, uno dei punti di maggior conflitto, é certamente la riorganizzazione del ruolo dei quadri (in diritto del lavoro, questa categoria si trova posta, in un’ipotetica scaletta, poco sopra gli impiegati e prima dei dirigenti), composto da numerose e diverse figure professionali, frutto di vari periodi storici e riforme e con diverse maturità. Questa categoria, nella Polizia di Stato, si riconosce nella figura degli Ispettori della Polizia di Stato, ruolo compresso tra quello degli agenti-assistenti (cronicamente sotto organico e, oramai, insofferente verso qualsiasi tipo di gerarchia pseudo militare) e quello dei direttivi-dirigenti, che spesso non vuole-può accettare le trasformazioni in corso o già avvenute e cerca di comprimerlo (anche costretto dalla mancanza di personale) a mansioni prettamente esecutive, dimenticandosi che queste non sono più previste (si rammenta

che le mansioni esecutive scompaiono, nel regolamento di polizia, con la qualifica di sovrintendente). In via generale, il titolo d’ispettore, è attribuito a funzionari con compiti variabili, per lo più volti ad assicurare il rispetto di doveri derivanti da norme (vedi ispettori del lavoro, ispettori ministeriali ecc…), ma è utilizzato in molti ordinamenti anche per designare funzionari di polizia. Per lo più è attribuito a dipendenti che ricoprano gradi assimilabili a quelli degli ufficiali inferiori delle forze armate, come in Gran Bretagna, altri paesi anglosassoni e, in passato in Francia, oppure quelli dei sottoufficiali, come “in Italia, dove gli ispettori della Polizia di Stato, della Polizia Penitenziaria e del Corpo Forestale dello Stato hanno qualifiche equivalenti ai marescialli dell’esercito”; negli Stati Uniti il rango degli ispettori varia secondo i corpi di polizia (tratto da Wikipedia, l’enciclopedia libera). In Italia é la legge 1 aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell’Amministrazione della pubblica sicurezza) che nel complesso art. 36 ha previsto per la prima volta l’esistenza del “ruolo degli ispettori” nella suddivisione del personale che esplica funzioni di polizia, per poi nel

successivo art. 37 definirne le qualifiche in vice ispettore, ispettore, ispettore principale (ora abrogato) ed ispettore capo. Ma la legge di riforma rinviava comunque e sempre a dei provvedimenti legislativi specifici del governo e quindi è al D.P.R. 24 aprile 1982, n. 335 (Ordinamento del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia) con tutte le sue successive modifiche ed integrazioni al quale bisogna, infine, far capo, quando si parla di Polizia di Stato. Ora, quindi, affrontiamo la parte più difficile; ad oggi l’art. 1, del D.P.R. 335/82 stabilisce che: “Nell’ambito dell’Amministrazione della pubblica sicurezza sono istituiti i seguenti ruoli del personale della Polizia di Stato che espleta funzioni di polizia: a) ruolo degli agenti e assistenti; b) ruolo dei sovrintendenti c) ruolo degli ispettori d) ruolo direttivo speciale e) ruolo dei commissari d) ruolo dei dirigenti, per poi precisare, all’art 25, che “il ruolo degli ispettori della Polizia di Stato è articolato in quattro qualifiche, che assumono le seguenti denominazioni: vice ispettore; ispettore; ispettore capo; ispettore superiore-sostituto ufficiale di pubblica sicurezza”, per aggiungere poi all’art. 31 quater che “Gli ispettori superiori-sostituti ufficiali di pubblica sicurezza che al 1° gennaio di ogni anno abbiano maturato quindici anni di effettivo servizio nella qualifica, possono partecipare ad una specifica selezione per titoli, a conclusione della quale, ferma restando la qualifica rivestita, assumono la denominazione di “sostituto commissario” Ma non è ancora finita. Con fonogramma ministeriale del 2001, la denominazione ufficiale d’ispettore superiore -sostituto ufficiale di P.S.sostituto commissario, può essere sostituita-abbreviata con quella di sostituto commissario.

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CARRIERE

Ora bisognerebbe chiedersi: chissà quale mente ha partorito questo ginepraio? Forse che forse, non era meglio un semplice capitano? Ma….. comunque, andiamo avanti, importante è capire, e non diamolo per scontato, che il ruolo degli ispettori è unico, la qualifica apicale non è posizione a sé stante; essere sostituti commissari, quindi, è unicamente una denominazione aggiuntiva e premiale. Proseguendo ed affrontando l’iter d’accesso alla categoria è necessario dire che (art. 27, D.P.R. 335/82) prevede: “La nomina a vice ispettore si consegue:

a) nel limite del 50% dei posti disponibili mediante pubblico concorso […]. Un sesto dei posti è riservato agli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti in possesso del prescritto titolo di studio; b) nel limite del 50% dei posti disponibili, mediante concorso interno per titoli di servizio ed esame […] Il 30% dei posti è riservato agli appartenenti al ruolo dei sovrintendenti anche se privi del titolo di studio…”. Quindi, bisogna ammettere che, se vi fossero concorsi, già allo stato vi sarebbe una concreta possibilità per il personale di accedere a detto ruolo.

Progredendo nella carriera, la promozione a ispettore si consegue dopo aver compiuto almeno due anni di effettivo servizio, e la promozione alla qualifica d’ispettore capo, dopo almeno sette anni nella qualifica stessa. Per raggiungere la qualifica apicale del ruolo, il gioco si fa invece più duro, infatti: “L’accesso alla qualifica d’ispettore superiore-sostituto ufficiale di pubblica sicurezza, si consegue: a) nel limite del 50% dei posti disponibili, al 31 dicembre di ogni anno, mediante scrutinio […] il personale avente un’anzianità di 8 anni di effettivo servizio nella qualifica di ispettore capo; b) per il restante 50% dei posti mediante concorso annuale ”. Bisogna aggiungere che, dopo alcuni anni con ritardi drammatici, l’amministrazione ha quasi raggiunto il pareggio tra concorsi ad esame, ad anzianità e posti disponibili. E’ notizia recente della nomina di alcune centinaia d’ispettori superiori per anzianità e del prossimo esame orale per i 184 fortunati che hanno superato l’ultima prova scritta bandita. A oggi nulla è previsto oltre alla qualifica apicale d’ispettore superiore-sostituto ufficiale di pubblica sicurezza“sostituto commissario”. Problema questo per il personale che ha già raggiunto detta qualifica a dispetto di un’età non prossima al pensionamento (anche viste le riforme in atto del sistema previdenziale). Altro problema di non poco conto, nella struttura piramidale e verticistica della Polizia di Stato, sono i centinaia di ispettori capo che non riescono ad accedere alla qualifica superiore. Una nota positiva però c’è: il D.Lgs. 30 maggio 2003 (una delle tante riforme) pur abrogando espressamente l’art. 31 del D.P.R. 335/82, clausola di salvaguardia economica per gli


ispettori capo, ha però anche previsto nuovamente (?) che: ”a decorrere dal 1° gennaio 2005, agli ispettori capo e qualifiche e gradi corrispondenti delle Forze di polizia e delle Forze armate che maturano dieci anni di anzianità nella qualifica o grado, è attribuito, dal giorno successivo al compimento del suddetto requisito, il trattamento economico previsto per gli ispettori superiori-sostituti ufficiali di pubblica sicurezza e qualifiche e gradi corrispondenti con meno di otto anni di anzianità nella medesima qualifica o grado”. Facendo così in modo che la “strozzatura” nella carriera, non danneggi anche in termini economici gli ispettori capo con maggior anzianità di servizio. Le norme non prevedono, però, tale salvaguardia per i sostituti commissari rispetto al superiore ruolo.

A dispetto di ciò, per far luce su una delle tante leggende “metropolitane” si segnala che, la carriera degli ispettori, formalmente termina grazie al D. Lvo. 5 ottobre 2000 n. 334, che all’art. 21 (Conferimento di promozioni connesse alla cessazione dal servizio) udite udite, prevede che “Gli ispettori superiori-sostituti ufficiali di pubblica sicurezza conseguono la nomina alla qualifica di commissario del ruolo direttivo speciale il giorno successivo alla cessazione dal servizio per anzianità, per limiti di età, infermità o decesso…”, scolpendo così l’agognata acquisizione del ruolo superiore, anche se unicamente a titolo onorifico in quanto (vedi bene), avvenendo la nomina il “giorno successivo…” non comporta alcun effetto sia ai fini di servizio sia a quelli pensionistici.

Sicuramente i lavori del tavolo tecnico avviato, in un’ottica di riforme, sono un occasione per far emergere i punti di criticità di tale ruolo e questo per poter sfruttare le professionalità raggiunte. La qualifica apicale, nella maggior parte dei casi provvista dei titoli necessari, deve necessariamente avere uno sviluppo nel ruolo direttivo (meritocrazia) ma, senza creare cloni di già aborrite figure “speciali” o a “esaurimento” e-o senza esami di dubbia validità o imposizioni di spostamenti che bloccherebbero le aspettative dei più e che aumenterebbero invece la disaffezione verso l’amministrazione d’appartenenza invece che potenziare lo sfruttamento delle risorse interne, obiettivo di qualsiasi organizzazione complessa quale la Polizia di Stato.


ISTITUZIONI

ORGANIZZAZIONI MALAVITOSE INTERNAZIONALI E TRANSNAZIONALI > di SERGIO DI FOLCO

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egli u l timi anni a causa dei cambiamenti stor i c i , geopolitici e tecnologici abbiamo assistito a un cambiamento delle relazioni politiche Internazionale di

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tutti i Paesi e degli organismi soprannazionali. Le organizzazioni malavitose transnazionali non sono solo un pericolo, ma sono una realtà in grado di sfruttare a proprio favore la globalizzazione dei mercati, dei trasporti e delle comunicazioni. E proprio per questo motivo ritengo: utile, istruttivo e significante discutere della Criminalità

Organizzata Internazionale e transnazionale. Dalla seconda metà del 900' abbiamo assistito ad un progressivo aumento dei collegamenti internazionali da parte delle organizzazioni criminali non più operanti solo nella Nazione d'origine; un esempio pratico potrebbe essere un "legame fra la mafia siciliana e Cosa Nostra", la storia americana della criminalità


???

organizzata oggi coinvolge una sempre più ampia ed efficiente rete di complicità fra i gruppi di varia provenienza. Al contrario delle Istituzioni, le organizzazioni criminali non hanno bisogno di trattati internazionali, di leggi parlamentari o di organismi giudiziari sopranazionali per ignorare le frontiere e

scambiarsi rapidamente uomini, mezzi e capitali. Un ampliamento della rete criminale internazionale ha fatto seguito alla caduta dei regimi del centro-est europeo: tuttora si stanno evolvendo forti organizzazioni criminali protese ad operare sullo scenario internazionale e che si avvalgono di conoscere e

mezzi tecnologici impensabili fino a poco tempo fa. Oggi tutti gli Statisi trovano a dover affrontare una criminalità organizzata preparata, istruita e molte volte sconosciuta perchè sfugge ai normali controlli di polizia, non opera più soltanto sul territorio nazionale, ma riesce ad agire in modo trasversale. Si tratta di nuove mafie transazionali che trafficano in droga, armi ed esseri umani, e che con l'appoggio di banche, società finanziarie e tecnologia informatica, praticano il riciclaggio e il reinvestimento di enormi somme di denaro in attività finanziarie e imprenditoriali lecite. Concludo, considerando che la criminalità organizzata si è ramificata in una dimensione transnazionale, si comprende come sia necessario che la lotta per contrastare questo fenomeno assuma lo stesso carattere, ciò impone innanzitutto la circolazione delle informazioni ed una maggiore cooperazione tra le autorità investigative dei singoli Paesi.

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REPORTAGE

FURTO E AGGRAVANTE DEL TRAVISAMENTO > di ANDREA GIRELLA Ufficiale della Guardia di Finanza

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n tema di delitti contro il patrimonio, uno dei reati più diffusi – almeno nella percezione mediatica – è sicuramente il furto, fattispecie giuridicamente descritta all’art. 624 e ss. c.p. cui si riferiscono le diverse aggravanti di cui al successivo art. 625 c.p. Le circostanze elencate in quest’ultima norma 1 sono: aggravanti speciali (rispetto a quella generale di cui all’art. 112, n. 1) a effetto speciale,

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sottoposte, in caso di concorso, a un regime autonomo rispetto a quello ordinario fissato dall’art. 63 c.p.; devono considerarsi oggettive e sono estensibili ai compartecipi (non rientrando in quelle elencate nell’art. 118 c.p. nella nuova formulazione); presuppongono l’intervento del dolo (essendo circostanze relative alla condotta dell’agente) dovendo l’agente rappresentarsi tutti gli elementi oggettivi costitutivi della singola circostanza. Fra le varie ipotesi descritte

nell’articolo, ci si intende brevemente soffermare sul n. 5 del 1° comma, ove è statuito che “La pena per il fatto previsto dall’art. 624 … [è aumentata] … se il fatto sia commesso da tre o più persone, ovvero anche da una sola, che sia travisata … ”, finalizzata a inasprire il trattamento sanzionatorio della possibile diminuzione delle capacità di difesa della vittima. Nel dettaglio pratico, il “travisamento” consiste in un alterazione dei segni del viso, o comunque dell’aspetto esteriore della persona, sì da ottenere un


camuffamento ovvero al fine di rendere difficile, o addirittura impossibile, il riconoscimento della vera identità di chi commette il reato2. Il mezzo attraverso il quale lo stesso (il travisamento) è realizzato - maschera, alterazione

di connotati, ecc. – è considerato giuridicamente irrilevante. Deve ritenersi che, per l’esistenza dell’aggravante – come detto, oggettiva ed estensibile ai compartecipi - non è necessario che il numero dei partecipi

si rifletta nell’oggetto del dolo di ciascuno di essi3. Per la giurisprudenza l’aggravante non è esclusa dall’avvenuto riconoscimento dell’agente subito dopo la conclusione dell’azione delittuosa 4 . Secondo alcuni Autori, perché l’aggravante si configuri non è necessario che il travisamento sia stato effettuato allo scopo di commettere il furto: è sufficiente che nel momento in cui il fatto è commesso, il soggetto si trovi travisato. Di recente5 è stato sostenuto che si può ritenere integrata l’aggravante del travisamento già per una lieve alterazione dell’aspetto esteriore della persona, conseguita con qualsiasi mezzo anche rudimentale, purché idoneo a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona stessa. Nel corrente anno, nell’ultima pronuncia su casi della specie6 è stato - altresì - giudicato idoneo al travisamento l’utilizzazione da parte dell’imputato di un cappellino con visiera. È stata affermata la compatibilità delle circostanze aggravanti di furto con il tentativo (Cass., Sez. II, 16 marzo 1990) escluse quelle relative a una condotta nemmeno in parte posta in esecuzione e quelle che presuppongono l’avvenuta consumazione del reato (Cass, Sez. II, 8 febbraio 1982). 2 Il riconoscimento non esclude la configurabilità dell’aggravante (Cass. 6 maggio 1955, in Giust. Pen. 1955, II, 815). 3 PECORELLA, Furto (dir. pen.), in ED, XVIII, Milano, 1969, 391; contra DE MARSICO, Delitti contro il patrimonio, Napoli, 1951, 45. 4 Cass., Sez. I, 6 maggio 1955 cit. 5 Cass., sez. II, 27 aprile 11, n. 18858. 6 Cass., Sez. II, 9 luglio 2012 n. 26599. 1

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INTERVISTA

Scusa ma ti chiamo...

SUGAR FREE > di GIUSY A. SANTACATERINA

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l f i o Consoli, Giuseppe Lo Iacono, Carmelo Siracusa, Salvo Picardi. Quattro ragazzi che in comune hanno l’amore per la musica, la voglia di farcela ed una band divenuta famosissima grazie alla loro caparbietà. Chi sono? Cleptomania, Scusa ma ti chiamo amore, Solo lei mi da vi dicono qualcosa? Se avete pensato agli Sugarfree allora c’avete proprio azzeccato! Li abbiamo incontrati durante una delle tappe dello Sugarfree tour 2012, a Villa San Giovanni (RC). Hanno appena finito il check-sound sul palcoscenico, sono sudatissimi

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ed affamati ma gentili si fermano a fare 4 chiacchiere con noi. Nati a Catania nel 2000 come cover band anni 50/60, dopo soli 4 anni grazie al brano Cleptomania, disco di platino con più di 60mila copie vendute, divengono l’idolo di migliaia di italiani. Seguono altri successi come Solo lei mi da (Festivalbar 2006), Scusa ma ti chiamo amore colonna sonora dell’omonimo film (2008), e poi ancora il singolo Splendida (colonna sonora del film americano ‘Appuntamento al buio’, 2008), l’album ‘In simbiosi’ con i singoli Regalami un’estate e Amore nero (2009), Lei mi amò (2011) fino al nuovo singolo 2012 Ti troverò. Iniziamo a conversare con Alfio, il cantante, mentre Carmelo (basso), Giuseppe

(batteria) e Salvo (chitarra) ascoltano l’intervista. La prima domanda che gli rivolgiamo è forse banale ma utile per spezzare il ghiaccio: Perché Sugarfree? Quand’è nata la band avevamo perso lo zucchero. Eravamo amari e quest’amarezza era dovuta a tanti e vari fatti della nostra vita. Le vostre canzoni però sono quasi tutte passionali o dedicate al tema dei sentimenti? Una scelta o un caso? Il primo brano Cleptomania non era smielato ma piuttosto parlava di una dipendenza e non di amore. Però è vero, noi cantiamo i sentimenti in generale, amicizia, amore, rapporti tra due o più persone. Non è una scelta ma una cosa che è nata in modo naturale,


senza calcoli tranne per il singolo Scusa ma ti chiamo amore dove già c’era un copione scritto visto che doveva essere la colonna sonora di un film. Un altro brano, Splendida, è stato scelto come colonna sonora per un film americano… Un film diverso per cui anche il brano trattava di un sentimento differente, quello di un non vedente e di come egli percepiva l’amore, l’altra persona e soprattutto trattava le difficoltà che gli si presentavano a causa delle sue condizioni. (Mi rivolgo poi ad Alfio, il cantante che nel 2004 ha lasciato il gruppo per poi ritornarci nel 2009). Come mai hai lasciato la band e cosa ti ha portato a ritornare a far parte degli Sugarfree? Ero stato rapito dagli alieni! – dice sarcasticamente Alfio ed io gli chiedo di rispondere seriamente altrimenti sarò costretta a pubblicare la notizia di un rapimento alieno (ride) e poi prosegue - nel senso che se uno si sente alienato dal gruppo in un momento

particolare della propria vita si ritrova costretto a fare una scelta di quel tipo. Poi nel 2009 la vita mi ha riportato dove sono adesso ed in un certo senso è come se non me ne fossi mai andato. Immaginiamo che la vostra carriera fosse una scala. Come definireste quest’ascesa? Salvo: A chiocciola, Giuseppe (batteria) si astiene dalla risposta. Carmelo (basso): Molto ripida. Non siamo una band costruita, abbiamo fatto una lunga gavetta per arrivare dove siamo. Alfio: Abbiamo faticato parecchio, partecipato a provini, inviato demo, cantato nelle piazze. Abbiamo sudato parecchio ed è ancora in salita. Prossimi progetti? Intenzioni di tornare a Sanremo? Siamo in tour in Italia ed è partito il nostro sito ufficiale sugarfreemusic.net. Ci prepariamo al nuovo album mentre il nuovo singolo Ti troverò gira in radio. Ci farebbe piacere tornare a Sanremo dove i miei compagni sono già stati (con il vecchio cantante Matteo Amantia). Ci stiamo preparando. In ogni

caso, Sanremo o no, la nostra musica si farà sentire. Un’ultima curiosità: cosa farete da grandi? Siamo già grandi, con due G maiuscole ad inizio parola (in perfetto accento catanese!) e cercheremo sempre di suonare, finché morte non ci separi!

Giusy Santacaterina ed il gruppo dei Sugar Free

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IL PUNTO

COMPARTO SOCCORSO TECNICO E PROTEZIONE CIVILE BASTA REGIONI

SPRECONE

> di FERNANDO CORDELLA Coordinatore Nazionale UGL - Vigili del Fuoco

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ncora u n a volta, come Organizzazione sindacale UGL Vigili del Fuoco siamo stati costretti a denunciare al Presidente della Repubblica in data 2 ottobre 2012, l’anomalia

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che connota il comparto del soccorso tecnico e della protezione civile, non solo per quanto attiene la dualità tra i due dipartimenti, ma anche per il ruolo affidato alle regioni. In particolare, i recenti incendi boschivi in Calabria e in Sicilia (avvenuti quando le campagne antincendio regionali erano state chiuse) mostrano che l’unico organo dello Stato in grado di fronteggiare situazioni di calamità in ogni momento è il Corpo

Nazionale dei Vigili del Fuoco insieme al Corpo Forestale dello Stato. Ciononostante, prosegue lo sperpero di denaro pubblico causato dal decentramento della protezione civile, che comporta costi non del tutto noti nemmeno agli organi di controllo. Mentre il Governo continua a chiedere che siano i lavoratori del comparto (già al limite della sopravvivenza) ed agli enti istituzionali di


sopportare la maggior parte delle economie, prosegue lo scandalo dei fondi versati attraverso gli accordi con enti, associazioni e organizzazioni, da parte delle Regioni che non garantiscono l’affidabilità durante le emergenze e in alcuni casi nemmeno la sicurezza degli operatori, pur drenando risorse importanti per la sicurezza della collettività nazionale. A fronte di questa situazione, le Organizzazioni hanno chiesto al Presidente della Repubblica un segnale di discontinuità con il passato e di cambiamento della struttura normativa che regola il settore. L’unica risposta all’esigenza di contenere la spesa garantendo l’omogeneità del servizio è il volontariato dei Vigili del fuoco, che è legato al territorio in cui opera ma che è gestito in modo professionale e perfettamente integrato dal Corpo Nazionale. Analogamente, per quanto riguarda gli incendi boschivi, una ripartizione dei compiti tra Vigili del Fuoco e Corpo

Forestale dello Stato costituirebbe una risposta più efficace ad un problema che ha un impatto drammatico per interi territori. Infine, alla luce del peso economico che le calamità naturali determinano sul Paese, è opportuno aprire una riflessione sull’assenza in fase di pianificazione del territorio degli organi di soccorso e protezione civile. I disastri ambientali continuano a colpire abitazioni e insediamenti produttivi mettendo in luce, anche in questo caso, la debolezza

degli attuali strumenti normativi di autorizzazione e controllo sui rischi naturali. Questo proposte, scaturiscono dalla consapevolezza che non possiamo più assistere ai continui sprechi che interessano il Paese in particolare da parte delle strutture decentrate, bisogna intervenire in questo settore delicato, la sicurezza del territorio non può essere un argomento delegabile e la protezione civile a nostro modo non deve essere più materia concorrente.


ORGANIZZAZIONE

RIORDINO DELLA PROTEZIONE CIVILE VARATA LA LEGGE N.100 > a cura di CLAUDIA TARANTINO

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ulla Gazzetta Ufficiale n. 162 del 13 luglio scorso è stata pubblicata la legge 12 luglio 2912, n. 100 recante “Conversione in legge, con modificazioni, del decretolegge 15 maggio 2012, n. 59, recante disposizioni urgenti per il riordino della Protezione Civile”. La legge di conversione, di fatto, modifica quasi del tutto l’originario decretolegge n. 59 e corregge lo strafalcione dell’articolo 1, comma 1, lettera a) dell’originario testo del decretolegge n. 59/2012 che, di

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fatto, introduceva alcune modifiche all’articolo 1 della legge n.225 che, in verità, non poteva essere modificato in quanto era stato già precedentemente abrogato dall’articolo 87 del Decreto Legislativo 30 luglio 1999, n. 300. Ma stendiamo un velo pietoso sull’approssimazione con cui vengono, ormai, definiti i testi di legge e ricordiamo che il decreto-legge, così come convertito dalla legge n. 100/2012, è notevolmente diverso dal testo originario ed inserisce numerose modifiche alla legge 24/02/1992, n. 225 recante “ Istituzione del Servizio Nazio-

nale della Protezione Civile”. Con le modifiche introdotte alla legge 192/1992 termina, definitivamente, il periodo della super-Protezione Civile che aveva raggiunto l’apice sotto la guida di Guido Bertolaso, che aveva avuto modo di occuparsi anche di Grandi Eventi (G8, funerali di Papa Wojtyla, ….). Con il nuovo testo della citata legge n. 192/1992, l’ambito d’azione del Dipartimento viene limitato alla “previsione e alla prevenzione dei rischi, al soccorso delle popolazioni sinistrate e ad ogni altra attività necessaria e indifferibile, diretta


al contrasto e al superamento dell’emergenza e alla mitigazione del rischio”. Di notevole importanza la modifica della lettera c) del comma 1, dell’articolo 2 della legge n. 225/1995 con la precisazione che le calamità naturali devono essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari ma da impiegare (è questa la novità) durante limitati e predefiniti periodi di tempo. Al fine di evitare gli stati di emergenza “eterni” il nuovo limite massimo stabilito alle gestioni commissariali è limitato a 90 giorni con possibilità di rinnovo per altri 60 giorni, così come previsto al comma 1-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992.

Per quanto concerne, poi, le Ordinanze, nel comma 2-bis dell’articolo 5 della legge n. 225/1992, viene precisato che soltanto quelle emanate entro il trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza sono immediatamente efficaci mentre, successivamente al trentesimo giorno dalla dichiarazione dello stato di emergenza, le ordinanze devono essere emanate previo concerto del Ministero dell’Economia e delle finanze, limitatamente ai profili finanziari. Successivamente alla dichiarazione dello stato di emergenza, la Regione può alzare l’imposta regionale della benzina di cinque centesimi per litro.

Viene, anche, disposto il passaggio ai Vigili del Fuoco della flotta aerea di Stato contro gli incendi boschivi. Un’ultima chicca è possibile rilevarla nel comma 5-bis dell’articolo 3 del decreto-legge n. 59 nel testo convertito dalla legge n. 100/2012 con cui viene previsto che sul sito della Protezione Civile vengano rese disponibili le informazioni sugli appalti per i Grandi eventi; si tratta di una misura non compatibile con il nuovo assetto della Protezione Civile visto che i grandi eventi scompaiono dall’elenco delle competenze della Protezione civile. Tutto il decreto-legge n.59/2012, nel testo coordinato con la legge di conversione n. 100/2012, va, dunque, nella direzione del contenimento della spesa e nel cercare di evitare i grandi sprechi ed i danni economici che sono più volte scaturiti da provvedimenti speciali che, in certi casi, non erano legati ad eventi speciali e che consentivano la deroga dalle ordinarie leggi sui lavori pubblici con varianti su varianti che non sarebbero mai state approvate in regime di legislazione ordinaria.


NOTIZIE

L’ITALIA COSÌ FUNZIONA IL SISTEMA ANTINCENDI > a cura di CLAUDIA TARANTINO

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li incendi di questa estate 2012 sembravano non aver fine: hanno distrutto migliaia di ettari di bosco, causando gravi ferite all’ambiente e mettendo a dura prova i Vigili del Fuoco, il Corpo Forestale e la Protezione Civile, tutti quotidianamente impegnati nelle attività di spegnimento dei roghi e di tutela del territorio. Non c’è stata edizione di telegiornale o pagina di stampa senza la cronaca dettagliata degli interventi effettuati dai diversi Corpi per far fronte all’emergenza incendi, corredata da foto dei mezzi aerei e di terra utilizzati. Come si coordinano tra loro le squadre?

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Chi è il primo a essere allertato e chi si occupa di predisporre le operazioni? Cerchiamo di fare chiarezza con l’aiuto del segretario nazionale dell’Ugl Corpo Forestale dello Stato, Danilo Scipio, del Segretario Nazionale dell’UGL Vigili del Fuoco, Fernando Cordella, e del Comandante Francesco Morgante, responsabile sindacale dell’UGL Trasporti – Trasporto Aereo nella Inaer Aviation, la società che gestisce la flotta dei Canadair. Procediamo con ordine e cominciamo con lo spegnimento a terra. Il 16 aprile 2008 è stato siglato un accordo quadro tra i Vigili del Fuoco e il Corpo Forestale dello Stato, che stabilisce le linee guida di coordinamento e di intervento sul territorio. L’accordo dispone che il personale del Corpo Nazionale dei Vigili

del Fuoco assuma la direzione delle operazioni di spegnimento dei roghi nel caso gli incendi interessino luoghi geografici in cui il sistema urbano e quello rurale-forestale vengono in contatto, perché è più elevato il rischio per la popolazione. La Forestale, invece, dirige e coordina le operazioni di spegnimento e ha la responsabilità dell’intervento dei mezzi aerei, nel caso sia prevalente la salvaguardia dell’ambiente rispetto alla presenza di centri abitati. Per Scipio «questa divisione di competenze è giustificata dal fatto che il Corpo Forestale dello Stato è formato da personale che ha una elevata competenza nella valutazione delle aree boschive e, in caso di più incendi, è quindi in grado di stabilire le priorità, anteponendo la tutela di un’area costituita da vegetazione di


BRUCIA pregio rispetto ad un’altra con semplice sterpaglia in fiamme». L’attività di spegnimento degli incendi boschivi con flotta aerea dello Stato invece, fino all’entrata in vigore della legge n°100 del 12 luglio 2012 che ne ha trasferito la competenza ai Vigili del Fuoco, è stata coordinata sul territorio nazionale dal Dipartimento della Protezione Civile, tramite il Centro Operativo Aereo Unificato. Il Coau, istituito nel 1982, pianifica le attività di volo, sia in ambito nazionale sia internazionale, impiegando anche Ufficiali del Corpo Forestale dello Stato e, nel periodo estivo, funzionari del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. Gli aerei e gli elicotteri antincendio coordinati dal Coau sono dislocati sul territorio tenendo conto delle aree a rischio e delle condizioni meteorologiche che rendono più probabile l’innesco di incendi boschivi. Sono 14 le basi in tutta Italia: Genova, Luni-Sarzana (SP), Viterbo, L’Aquila-Preturo, Roma- Ciampino, Foggia,

Grottaglie (TA), Lame- zia (CZ), Catania, Trapani, Sigonella (CT), Pontecagnano (SA), Cagliari e Olbia. Qualsiasi punto del Paese è raggiungibile entro 60/90 minuti dal decollo. Come anticipato, la legge 100/2012, recante disposizioni urgenti per il riordino della protezione civile, ha trasferito la flotta aerea antincendio al Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile «probabilmente perché – spiega Morgante – il problema dei roghi non è più considerato come un evento eccezionale, al pari di una qualsiasi calamità naturale, ma è ormai quasi una questione di “ordinaria amministrazione” che rientra nelle competenze del ministero dell’Interno». I velivoli continuano quindi ad essere di proprietà dello Stato, la loro gestione è passata ai Vigili del Fuoco, ma il servizio di intervento è appaltato, almeno per i prossimi due anni, ad una multinazionale anglo-italo-spagnola, la Inaer Aviation,

specializzata nei servizi di soccorso. Se sulla carta però ci sono semplici e precise suddivisioni di competenze, nella realtà la “macchina” antincendio è piuttosto complessa e non ci sono linee di demarcazione nette tra gli ambiti di intervento. A tal proposito, il segretario nazionale dell’UGL Vigili del Fuoco, Fernando Cordella, ha più volte auspicato «una ridefinizione dei ruoli e delle competenze delle squadre di intervento, finalizzata ad una maggiore efficacia operativa. Le Regioni, cui la legge quadro sugli incendi boschivi ha conferito incarico di intervento, – spiega il sindacalista – non sono più in grado di ottemperare a questo compito, sia per ragioni di carattere economico, sia per problemi di duplicazioni di competenze. Finora molte Regioni hanno anche affittato mezzi privati per fronteggiare le fiamme, in particolare nei mesi estivi, ma i tagli subiti e la crisi economica hanno ostacolato questa pratica, lasciando l’attività

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ORGANIZZAZIONE

antincendio ai soli mezzi già in dotazione al Coau». Per ottimizzare le risorse e migliorare il servizio, sia Cordella sia Scipio convengono quindi sull’ipotesi di «sottrarre la competenza in materia di antincendio alle Regioni, riconducendola in ambito statale, a patto però che le risorse stanziate per gli interventi siano adeguate». Motivi di intesa tra le Federazioni dell’UGL interessate dall’attività antincendio sono anche l’inderogabile necessità di puntare sulla prevenzione, per esempio con campagne di sensibilizzazione e informazione, e l’accorato appello alle istituzioni affinché i tagli non sottodimensionino eccessivamente la flotta e l’organico, rendendoli inefficaci. Come suggerisce il Segretario Nazionale dell’UGL Corpo Forestale dello Stato, Danilo Scipio, «l’attività di prevenzione è fondamentale, perché quando si riesce a domare un grande incendio, il fuoco purtroppo ha già causato danni irreparabili al patrimonio forestale». I tagli ai bilanci dei Corpi, però, impediscono il rinnovamento del parco mezzi ed il blocco del turnover non

consente di ripianare gli organici, già fortemente deficitari, rendendo ancora più difficile il lavoro alle donne e agli uomini che ogni giorno dedicano il proprio impegno alla protezione di cose e persone dalle fiamme. Nel caso specifico della flotta aerea antincendi la situazione è ancora più grave, perché gli aeromobili costano circa 77 milioni di euro l’anno, più 18 di assicurazioni e 5 di sostanze ritardanti e prodotti estinguenti. Il decreto legge del 6 luglio 2011 ne ha stanziati solo 64. A peggiorare la situazione è intervenuta poi la legge di contabilità che ha inserito questi fondi in un capitolo di spesa “rimodulabile”, così i 64 milioni per il 2012, sono diventati 42 per il 2013 e circa 48 per il 2014. Il Prefetto Franco Gabrielli, Capo del Dipartimento di

Protezione Civile, in un’intervista al Tg di Sky ha dichiarato che «se vogliamo uno schieramento che abbia le stesse dimensioni di oggi, cioè 30-32 velivoli, che concorra allo spegnimento con le flotte regionali, ci vuole almeno un reintegro di 78 milioni. L’Italia deve perciò affidarsi soprattutto alla prevenzione. Per spegnere gli incendi – ha chiosato – non si può contare solo sui Canadair». Significativa è la risposta giunta dal Comandante Francesco Morgante dalle pagine di Dedalonews: «E’ un po’ come se si pensasse di poter rinunciare ai Vigili del Fuoco rendendo obbligatorio un estintore da 10 chili in ogni casa». Per il sindacalista, infatti, «prima di ridurre lo strumento con il quale si spengono gli incendi, e smontare così una capacità costruita in anni di lavoro e apprezzato in ambito non solo europeo, servirebbero studi sul contributo effettivo che la prevenzione potrebbe dare, soprattutto nel breve periodo». Insomma, piuttosto che rinunciare alla flotta aerea, in un momento in cui l’impegno sindacale ha conquistato maggiori tutele per i piloti, con una stabilizzazione dei precari e un’estensione a 7 mesi dei contratti stagionali, Morgante propone di «valorizzarla, con una prospettiva di impiego dei mezzi oltre confine, magari vendendo il servizio a paesi che non hanno nulla di altrettanto efficace».



SICUREZZA

QUANDO L’ARCHITETTURA

INTERVIENE NELL’EMERGENZA > a cura dell’ UFFICIO STAMPA Federazione Nazionale UGL - VVF

“I

governi dopo le emergenze sono per forza di cose sempre lenti ad agire. Con le soluzioni temporanee ho fatto vedere al governo cosa si poteva fare, subito, senza aspettare. Ho preso in mano la situazione e sono partito”. È questo lo spirito con cui opera Shigeru Ban. L’architetto

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giapponese celebre per soluzioni adottate dopo calamità naturali e altri disastri umanitari è intervenuto lo scorso 26 settembre a Cersaie per l’attesa conferenza del ciclo Costruire, Abitare, Pensare. “Ero deluso della professione architettonica che lavora solo per persone privilegiate”, ha esordito Ban. “Mi dispiaceva non lavorare per persone con meno possibilità economiche. Ho

deciso di impegnarmi per loro e in particolare per coloro che sono stati colpiti da disastri. Mancano ad esempio in questi casi residenze temporanee di buona qualità, anche estetica”. L’architetto ha mostrato al pubblico numerosi esempi della sua esperienza nel campo dei progetti di architettura realizzati al fine di dare immediata risposta alle esigenze abitative che conseguono a catastrofi naturali.


La cosa più importante secondo l’architetto è utilizzare per la costruzioni i materiali del luogo. Ha dimostrato infatti con il suo lavoro le infinite potenzialità architettoniche di materiali economici e del tutto naturali, come la carta, il cartone e il bambù, facendo della leggerezza e della sostenibilità la sua cifra stilistica. Ban ha ricevuto nel 1990 l’autorizzazione a usare il cartone come materiale da costruzione. Tra le iniziative umanitarie illustrate da Ban, c’è quella nei campi profughi del Rwanda dopo la guerra, dove ha utilizzato tubi di cartone per sostenere le tende fornite dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati. Una soluzione che ha permesso di evitare il taglio di ulteriori alberi per usare pali di legno, mentre quelli di metallo erano già stati venduti dalla popolazione, visto il loro alto valore. Anche dopo il terremoto che ha colpito Kobe nel 1995 Ban è intervenuto progettando cinquanta casette per gli sfollati vietnamiti. “Le basi erano formate da casse di birra piene di sabbia evitando così fondamenta di cemento. Convinto così il prete locale

dell’efficacia e della resistenza del cartone, ho realizzato anche una chiesa con tubi di cartone. Per chi ha dubbi sulla resistenza di questo materiale, deve pensare che alcune strutture di cartone temporanee sono poi rimaste permanenti”. Un’altra occasione di intervento si è verificata dopo il terremoto del 1999 in Turchia, dove sono state realizzate casette temporanee in cartone isolante, viste le basse temperature che caratterizzano la zona. Dopo il terribile sisma del 2004, seguito dallo tsunami in Sri Lanka, Ban ha invece progettato case permanenti per un villaggio di pescatori e dopo il recente terremoto e tsunami in Giappone è riuscito a sviluppare

semplici soluzioni all’interno delle strutture di accoglienza, dividendo gli ambienti per separare in nuclei famigliari e garantire la privacy. Infine il progetto per L’Aquila. “Una città in cui la musica aveva un ruolo molto importante”, ha spiegato il maestro. “Il sisma però l’aveva privata di una sala per concerti, che ho deciso di proporre, grazie anche alla donazione del governo giapponese di mezzo milione di euro. Un progetto semplice, in cui la sala può ospitare oltre 200 persone. La struttura di metallo con sabbia è nascosta da tende rosse mentre all’interno tubi di cartone di diversi diametri creano un buon effetto acustico e isolano il suono”.

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SICUREZZA

INCIDENTE SUL LAVORO IN PAKISTAN FABBRICHE

IN FIAMME

OLTRE 320 OPERAI BRUCIATI VIVI O SOFFOCATI > a cura dell’ UFFICIO STAMPA Federazione Nazionale UGL - VVF

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settembre 2012. Tragedia del lavoro nel paese asiatico: l'assenza di uscite di sicurezza ha trasformato due stabilimenti - a Karachi e a Lahore - in trappole mortali dopo lo sprigionarsi del fuoco. Nella capitale continuano le operazioni di soccorso: si teme che il bilancio finale delle vittime possa aggravarsi KARACHI - Tragedia del lavoro in Pakistan: due incendi sviluppati ieri in diverse fabbriche del paese - una nella capitale Karachi, l'altra a Lahore - hanno provocato la morte di oltre 320 persone. A riferirlo sono funzionari del governo e la Polizia. Ancora in corso le indagini per ricostruire la dinamica dei fatti: probabilmente, in entrambi i casi, ha originato l'incidente un corto circuito degli impianti elettrici.

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È stata, tuttavia, l'assenza di porte di sicurezza - che ha impedito agli operai di uscire, lasciandoli in balia delle fiamme e dei gas tossici - l'elemento che ha determinato l'altissimo numero di vittime. Nello stabilimento di Lahore sede di un'azienda di scarpe costruita illegalmente in un quartiere residenziale - i morti sono 25. Qui il rogo è stato causato probabilmente da uno dei frequenti blackout che colpiscono il Pakistan, a seguito del contatto tra le scintille partite da un generatore d'emergenza e sostanze chimiche infiammabili utilizzate nel ciclo produttivo. Anche in questo caso l'incendio ha sbarrato l'unica via d'accesso, rendendo difficili fuga e soccorsi. L'incidente più disastroso è stato a Karachi: nel palazzo andato a fuoco, infatti, erano impiegate almeno 450 persone. In un primo

momento le autorità hanno cercato di ridimensionare la portata del dramma, parlando di una decina di morti. Il gigantesco scantinato - andato completamente distrutto - ha fatto comprendere, però, che le proporzioni del dramma erano decisamente superiori. Salvo l'ingresso, dove si è scatenato l'incendio, nell'edificio non erano presenti punti di fuga. Gli operai intrappolati non sono riusciti a scappare neanche dalle finestre, sbarrate da grate. I sopravvissuti si sono salvati forzando le inferriate di una finestra a un piano alto e buttandosi di sotto. "Nessuna misura di sicurezza è stata presa nella progettazione della struttura - ha denunciato un agente di polizia - Non c'erano uscite di sicurezza e la gente è rimasta intrappolata". Si teme che il bilancio possa aggravarsi col proseguimento dei soccorsi.



SINDACALE

L’IMPIEGO DEL DOS-VF ANCHE CON FUNZIONE DI ROS NEGLI INTERVENTI AIB COMPLESSI > a cura dell’ UFFICIO STAMPA Federazione Nazionale UGL - VVF

L’

impiego della figura del D.O.S. (Direttore delle Operazioni di Spegnimento) VV.F. nell’ambito delle attività istituzionali del C.N.VV.F. e della Campagna Antincendi Boschiva è di fatto regolato dall’accordo bilaterale stipulato fra il CNVVF e il CFS. A tal riguardo si ritiene utile fornire quelle informazioni che, a volte, impediscono al personale VV.F. di avere ben chiare le circostanze d’impiego del DOS-VV.F..

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In linea generale, l’impiego del DOS-VV.F. è fondamentale in tutte le circostanze d’incendi di interfaccia in cui, da parte del R.O.S. VV.F. che coordina le operazioni d’intervento, viene fatta richiesta attraverso le procedure in uso (SOUP – COP - ecc) del supporto di velivoli antincendio ad ala fissa e/o rotante, siano essi in dotazione alla flotta aerea nazionale o regionale, per realizzare l’azione di contrasto allo sviluppo e/o alla totale estinzione di qualunque tipo di incendio di colture o boschivo il cui spegnimento è compito istituzionale dei C.N.VV.F.

Inoltre, nell’ambito della Campagna A.I.B., le squadre VV.F. impiegate in regime di convenzione forniscono il supporto necessario all’azione di lotta attiva agli incendi di aree boscate. Non vi è alcun dubbio che in questi casi l’azione di coordinamento delle forze intervenute spetti al DOS-R.O.S. del C.F.S, così come la richiesta dell’intervento della componente aerea. Ma anche in questi casi specifici (la Campagna A.I.B. in convenzione), l’impiego del DOS-VV.F. può essere previsto laddove tale figura sia stata inserita negli accordi che


regolano la convenzione (come nel caso della Calabria), oppure su specifica richiesta del C.F.S., in caso di assenza dei loro DOS già impegnati su altri incendi, come di fatto avviene in alcune realtà regionali. E’ altresì noto agli addetti ai lavori che, laddove l’incendio tenda a propagarsi dalle aree boscate verso la cosiddetta ‘zona d’interfaccia’ arrivando a minacciare aree occupate da insediamenti civili e/o industriali, la competenza e il coordinamento della lotta all’incendio passa al personale VV.F. e, in questo ambito specifico, non è necessaria alcuna

convenzione per disporre l’impiego del DOS-VV.F. fermo restando che l’impiego del mezzo aereo deve sempre essere richiesto tramite le apposite strutture regionali (SOUP). L’uso diffuso che da anni si fa in Calabria dei DOS VVF ha dimostrato che, oltre a garantire con la professionalità del Vigile del fuoco un più rapido spegnimento degli incendi e il dimezzamento delle ore di volo necessarie, essi sono utilissimi anche a prescindere dal mezzo aereo, per avere una visione d’insieme del fenomeno in atto e ottimizzare l’efficacia delle squadre sul campo.

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LA NOSTRA PAGINA

ORGANO UFFICIALE

www.uglpoliziadistato.it

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