Celibato

Page 1

Caro papa Francesco, non so se questa mia ti giungerà mai, visti i tanti filtri posti tra te e me: è un po’ come spedire un messaggio in bottiglia e sperare che l’oceano la porti alla giusta destinazione, con le bassissime probabilità che questo accada. Io francamente non pretendo che ciò avvenga, dato che hai ben altre preoccupazioni per la testa, ma ci provo comunque, almeno per tentare di riflettere assieme. Per il resto lascerei fare allo Spirito Santo: se esso soffia dove vuole, lo fa pure nei modi e nei tempi più disparati, di sicuro partendo dai crucci nei nostri cuori per poi imporsi alle nostre misere volontà, raccomandiamoci quindi a Dio per ispirare le necessarie decisioni della Chiesa per una rinnovata testimonianza della fede. Ti scrivo con non poca preoccupazione nel vedere lo stato della Chiesa e come invece sarebbe necessario oggi fare delle semplici - ma radicali scelte di tipo evangelico. Mi rattrista non poco assistere ai diversi scandali nel mondo cattolico, dalla pedofilia alle ipericchezze accumulate dai prelati, dalla fuoriuscita di preti alla grande carenza di pastori nelle chiese locali. Il mio cruccio interiore, in tutto ciò, riguarda poi anche il fatto di sentirmi escluso come laico da tutto ciò, come se “essere chiesa” riguardasse solo i preti e non noi fedeli. Se “la chiesa siamo noi”, come ci diciamo spesso alla Messa, è pure vero che, se tutto passa per i soli presbiteri, “la chiesa non siamo per nulla noi”: la chiesa cattolica, più che essere “comunità”, è purtroppo ancora “istituzione” ad esclusiva guida clericale. Basta solo vedere come tutte le funzioni operative, altrove dei laici, venga frustrato a fronte di preti che, invece di occuparsi del servizio pastorale (e dire che mancano i preti!), si occupino di tuttaltro, dalla gestione delle opere di carità fino alla gestione economica delle Diocesi, come perfetti manager votati alla gestione del potere. E’ come se la Chiesa ancor oggi si identificasse solo con i preti, lasciando a noi laici il solo ruolo di “accoliti” (quando va bene!). E’ indubbiamente, questa, una chiesa in cui è difficile starci da laico, al di fuori della sola veste di “soggetto passivo”. Io comprendo la tradizione, i motivi storici e teologici che da sempre fanno definire le scelte del Vaticano nella prudenza più completa, oggi però ritengo che tutto ciò sia ormai controproducente: si tratta della necessità, oggi, di una improcrastinabile testimonianza del Cristo che


sia semplice, essenziale, evangelica. Così come nella tempesta si buttano in acqua le zavorre inutili, forse è arrivato il tempo di scrostarci dalla ruggine della tradizione e farci guidare dal Vangelo. La Sacra Scrittura tu m’insegni!- non è un testo scritto, un manuale, un vademecum, ma è Parola di Dio; forse proprio per questo - Qualcuno diceva duemila anni fa i dotti non la comprendono appieno, mentre gli umili ne intuiscono più facilmente il senso. Non trovi oggi necessaria fare questa grande rivoluzione? Lasciarci interrogare dalla Parola di Dio. Di conseguenza, per recuperare un pò di credibilità della Chiesa nel mondo d’oggi e per ridare dignità e responsabilità a noi laici, ti chiedo chiaramente: ma perché non abolire il celibato obbligatorio per i preti? Parlo di celibato “obbligatorio” ben cosciente del fatto che chi lo fa per scelta fa bene a sposare un’opzione di dedizione completa al Signore e alla Comunità tramite la castità, il che è di tutto rispetto. Ma che sia una scelta, non una costrizione o, peggio ancora, un’utile copertura per omosessuali, pedofili e malati mentali. Perché - tu lo sai!- quei pochi preti omosessuali, pedofili o mentalmente deboli offuscano la santità di tanti preti che, basandosi sulla castità come scelta di completa dedizione, si consumano ogni giorno per le strade del mondo a testimoniare la nostra Fede. Il prete è un uomo prima di tutto, cioè un essere umano che, proprio perché uomo, ha bisogni ineliminabili. Ecco, curare questi bisogni è un importante presupposto perché, in sanità di mente, di corpo e di spirito, possa mettersi a vero servizio degli altri. Tra questi bisogni ci sono senza dubbio anche quelli affettivi, quelli relazionali, quelli spirituali, i quali trovano pieno compimento nella vita di coppia. E’ vero che un prete fa una scelta individuale di servizio a Dio e che la stessa solitudine che caratterizza la sua vita è considerata in primis come una “condizione spirituale”, è però anche vero che sul piano umano egli può anche non reggere la solitudine, a maggior ragione se egli non vive in una comunità, senza confronto, sostegno, comunicazione. Io vedo spesso “preti soli”, condannati a dover stare da soli, e trovo invece assolutamente umano che abbiano delle storie affettive. D’altra parte cosa c’è di più bello, di più sublime, di più cristiano che amare una donna, di sentirsi amati, di voler avere una famiglia?


Di fronte a queste scelte “umane” vedo invece scattare l’assoluta espulsione di questi nostri fratelli, che pure tanto hanno dato, danno ed ancor più potrebbero dare alla Chiesa, se non fosse che questi vengono cacciati senza alcun supporto. Vedo da parte della gerarchia una strana assenza di carità proprio verso quelli che, fino a ieri, erano fedeli e convinti figli della Chiesa. Perché tutto ciò? Solo perché amano una donna o solo perché, pur amandola da tempo, ne escono fuori pubblicamente? Perché disperdere questo grande patrimonio (perché formare i preti è un investimento notevole) solo per il celibato? Che poi è solo un “celibato di facciata”? Caro papa Francesco, se tale (ed esagerata) fermezza scatta verso i preti che vogliono sposarsi, al contrario registro una (non normale, in senso evangelico) riservatezza sconcertante quando scoppia il caso di pedofilia o di altre “stranezze” da parte di preti, oltre agli outing dei preti omosessuali. E’ come se passasse l’idea che il “prezzo del celibato formale” autorizzi a tutto, pure ad imparentarsi col diavolo. Trovo ciò un enorme peccato, proprio perché nei fatti si ama Satana per il semplice fatto che egli si nasconde sotto le sembianze di un Angelo. Puliamo la chiesa. Scoviamo gli omosessuali che usano il celibato come un perfetto alibi per non dover fornire giustificazioni del desiderio di non avere relazioni sentimentali con donne, con la pratica della “doppia identità” tra vita di parrocchia e vita gay. Se un omosessuale è tale, fa bene a dichiararsi, fa invece male a nascondersi sotto la tonaca: dico solo che l’ufficio del sacerdote, così come è, ben si presta a copertura di queste persone dalla doppia vita, incapaci di una scelta coerente con loro stessi. Diamo dignità ai tanti preti (e alle loro compagne e ai loro figli) che hanno relazioni regolari e durature. Togliamo inoltre l’illusione a quelli che vivono di sole relazioni occasionali (sovente a pagamento) di alleviare così il problema della solitudine. Scoviamo con ancor più ferma decisione i pedofili, i quali usano il loro ufficio proprio per poter adescare i bambini e sfruttarli sessualmente: oltre che delinquenti, questi sono malati di mente che vanno curati, men che meno vanno tollerati a gestire parrocchie o oratori dove portiamo i nostri figli! Liberiamo i preti dalla forte induzione alla malattia mentale per la “castità obbligatoria”: chi la pratica coerentemente non è detto che viva


in serenità spirituale o in pace interiore. La castità come virtù è una libera scelta (non solo dei preti), se invece è imposta può solo causare danni. D’altra parte chi è prete ed ha una vita di coppia vive il celibato di sicuro come un’enorme sofferenza e con terrificanti sensi di colpa. Se invece il celibato è, in fin dei conti, la “conditio sine qua non” per disporre di “funzionari” a tempo pieno, è anche giusto affermare che tale scelta di “fedeltà” non può giustificare né la copertura di perversioni (come la pedofilia), né il rischio di malattia mentale solo per una teorica sacralizzazione della figura asessuata del prete. Quand’anche considerassimo uno status perfetto di “prete consapevolmente casto”, ovvero di un pastore completamente dedito all’ufficio ed attivo sulle ventiquattro ore alla comunità, potremmo probabilmente trovarci personalità narcisistiche più che dedicate alla Chiesa, solo a se stessi e alla propria auto immagine, nella (falsa) convinzione non solo di essere più simili a Dio che ai propri fratelli, ma anche di poter disporre del potere loro conferito senza alcun limite. Tutto ciò, credimi, ha assai poco di evangelico. Buon Natale, caro Papa Francesco. Regaliamoci almeno la Speranza di avere una Chiesa, se non santa, almeno “di buona volontà”. Prego il Signore per te, per noi, perché ci illumini verso il cammino di una fede autentica, che è fare la sua volontà. Forlì, 1 dicembre 2015 Ugo Albano


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.