PieMonti - gennaio-febbraio 2011

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Il mondo dei vinti 35 anni dopo Lo sviluppo l e lla montagna, tra reinsediamenti e nuova economia

Green Economy Via ai primi 10 progetti di piccole centrali a biomasse

Tutela del territorio Il lavoro per la prevenzione del dissesto idrogeologico

La parola ai dipendenti “Il nostro impegno per lo sviluppo delle Terre Alte”

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Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB/CN - Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001

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PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DELEGAZIONE PIEMONTESE UNCEM

Montagna è integrazione Le Valli di Lanzo ospitano 40 profughi di Paesi africani


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Per un percorso condiviso Terre Alte quale cambiamento Il mondo dei vinti 35 anni dopo Lavorare sul territorio Rinnovabili: montagna piemontese protagonista Nasce a Torino PieMonti Risorse Biomasse: primi impianti in Piemonte Jpe2010: la nostra energia vale di più

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PRIMO PIANO

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GENNAIO/FEBBRAIO 2012

Superossola: come dare scacco al potere Quando la montagna è sinonimo di integrazione No forestali? E chi difende il territorio? Lo strano caso delle indennità Montagne a rischio idrogeologico Prende quota la Tv delle Alpi

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AZIENDA IN PRIMO PIANO Happy drink con Rivoira 33 Fornitura ed installazione di moduli solari fotovoltaici 34 L’ARCA Assicuriamo la montagna 35

CULTURA La scommessa di Daniele (e tanti altri) Il Premio Spadolini al Gal Mongioie e a Venaria Tracce di invasioni Recensioni

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PROGETTI EUROPEI Alp-Water-Scarce presentazione dei risultati Progetto Re-Turn Progetto Moreco

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NOTIZIE DALLE COMUNITÀ

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EDITORE: UNCEM Delegazione Piemontese Via Gaudenzio Ferrari n. 1 – 10124 Torino Tel. 011 861 3713 – fax 011 861 3714 e-mail: uncem@provincia.torino.it www.uncem.piemonte.it DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Bressano CONDIRETTORE: Filippo Grillo COORDINAMENTO REDAZIONALE: Marco Bussone REDAZIONE: Bruno Mandosso, Marialaura Mandrilli, Alex Ostorero HANNO COLLABORATO: Livio Berardo, Lorenzo Boratto, Emanuela Dutto, Gianni Giacomino, Erich Giordano, Valter Giuliano, Nuria Mignone, Lido Riba, Laura Sansalone, Andrea Trovato, Beatrice Verri ALLESTIMENTO GRAFICO, PRODUZIONE E STAMPA AGAM – via R. Gandolfo, 8 – 12100 Madonna dell’Olmo (CN) tel. 0171.411470 – fax 0171.411714 – direzione@agam.it – www.agam.it FOTOGRAFIE: AFPT A. Vettoretti, Archivi delle Comunità montane, Costantino Sergi, Marco Bussone, Archivio IPLA, Archivio Fondazione Nuto Revelli Disponibili a riconoscere eventuali e ulteriori diritti d’autore. Stampato su carta ecologica clorofree. Questo numero è stato chiuso in tipografia il 17 febbraio 2012 Poste Italiane S.p.A. – Sped. in Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB/CN Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001 Seguici su Facebook alla pagina Uncem Piemonte

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Per un percorso condiviso di Lido Riba

Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte

Al via un nuovo percorso legislativo (il terzo in 12 anni!) per la governance della montagna piemontese. Necessario valutare costi e benefici della trasformazione di Comunità in Unioni, evitando di distruggere quarant’anni di storia e assicurando lo sviluppo delle Terre Alte

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e cause del ritardo economico e sociale della valli piemontesi (la stessa situazione riguarda le valli lombarde) non sono di carattere oggettivo, bensì politico. Ci vuole poco per convincersi: basta confrontare lo stato delle nostre montagne con quelle del versante francese, svizzero, austriaco – per non dire del Trentino e della Valle d’Aosta – dove le condizioni geoeconomiche e ambientali sono simili alle nostre ma lo sviluppo è di carattere esponenziale rispetto al nostro. Per ragioni, appunto, connesse e conseguenti alle diverse scelte politiche adottate nel nostro caso e negli altri. Oggi che si discute di una nuova riforma (la terza in 12 anni!), questa situazione deve essere la premessa di ogni proposta e di ogni strategia. Non ripercorriamo, per non deprimerci, la storia dell’emigrazione coatta degli anni ‘50 e ‘60 e del furto di risorse che tuttora prosegue e si aggrava, soprattutto nelle valli alpine. Veniamo, invece, alle questioni di questi giorni, che vedono in primo piano l’iniziativa della Regione Piemonte

per la trasformazione delle Comunità montane in Unioni montane: una questione apparentemente semantica ma in realtà di grande portata rispetto alla configurazione dell’impianto istituzionale-associativo che dovrà governare la montagna nei prossimi anni. I nostri “però” sono questi: a) nel 1999 si fece una buona legge sulla montagna con un riordino delle Comunità e l’indicazione chiara delle competenze e delle fonti di finanziamento: 20% della tassa regionale sul metano. Però le competenze non furono mai attribuite e i finanziamenti furono progressivamente dirottati a favore di altri settori; b) nel 2008 si fece una riforma “politica” da noi come nelle altre Regioni, imposta dal Governo per il “coordinamento della finanza pubblica” (cioè per ragioni di bilancio). A fronte del quarantotto causato dagli accorpamenti ancora una volta le competenze, cioè il diritto/dovere per la promozione dello sviluppo locale, sono rimaste lettera morta, per non toccare


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4 altre “sensibilità istituzionali”; c) nel 2011 la Regione ha aumentato da 15.750.000,00 a 29.480.000,00 euro la tassa sulla produzione di energia idroelettrica (che si produce grazie all’uso dei beni comuni montani come acqua e forza di gravità). Però non solo quell’aumento non è andato nemmeno in parte ai nostri territori, ma il fondo regionale per la montagna è sceso dai 19.961.807,00 euro del 2010 ad appena 12.717.372,00 del 2011! Se non si fa un po’ di chiarezza su questi aspetti la riforma in programma rischia di esaurirsi in un rituale di propaganda politica con conseguenze ulteriormente dissestanti per le nostre vallate. Sarebbe, per la montagna (dove si colgono alcuni concreti e non isolati segnali di ripresa) un danno che non ci possiamo permettere. Una riforma senza contenuti in termini di risorse e di sostegno allo sviluppo, in coerenza con l’articolo 44 della Costituzione – che impone allo Stato (ora alla Regione) un adeguato sostegno alla montagna – fatta solo per trasformare le Comunità montane in Unioni (lo sono già ai sensi

del Dpr 267/2000) ...sarebbe soltanto un balletto politico. E lo dico, non perché credo che la Regione voglia questo. Ma perché bisogna ancora lavorare molto sui testi in discussione dove questa parte è sostanzialmente omessa. Tra l’altro una riforma di questa portata dovrebbe essere accompagnata da una relazione economica che metta in evidenza il rapporto tra costi e benefici dell’operazione. Alla base della riforma ci deve essere un patto tra le Regioni e i territori montani. Il patto è questo: i Comuni si impegnano a trasformare le Comunità montane in Unioni montane di Comuni capaci di provvedere adeguatamente alla gestione in forma associata delle funzioni indicate dallo Stato. A quelle Unioni la Regione riconosce i mezzi e le competenze necessarie per assicurare sviluppo e competitività alle proprie valli. Un’ultima annotazione. I Comuni sono liberi di decidere la trasformazione della propria Comunità in una sola o più Unioni. Con un’attenzione a fare in modo che le costituende Unioni abbiano la dimensione e le caratteristiche occorrenti per sostenere il

ruolo propulsivo a cui sono tenute verso il proprio territorio. Se riusciremo a superare le difficoltà e le insidie del percorso con reciproca fiducia fra tutti gli interlocutori del processo e se sapremo superare positivamente la precarietà in atto allora riusciremo a dare alle vallate un assetto associativo sostenibile e durevole, premessa questa indispensabile per programmare e realizzare quella nuova fase di ripresa e di crescita di cui la montagna ha bisogno, quanto e forse molto più dell’intero Paese. Va considerato, infine, che il lavoro finora svolto ha consentito di fare alcuni passi avanti rispetto all’idea di partenza che parlava di soppressione e liquidazione delle Comunità. Ora si accetta l’impostazione della trasformazione che deve essere “senza soluzione di continuità” tra le Comunità e le Unioni montane, ma questo serve a risolvere un problema che non c’era e nasce da questa nuova puntata di “riforma continua”. Sarà invece estremamente importante che l’operazione sia accompagnata dalle garanzie dei fondi, almeno per le spese obbligatorie.

I presidenti delle Comunità montane piemontesi con il presidente del Consiglio regionale Valerio Cattaneo


Terre Alte quale cambiamento di Marco Bussone

Arriveranno nell’aula del Consiglio regionale del Piemonte i due disegni di legge che prevedono il riordino delle Comunità montane (e la nascita delle Unioni montane dei Comuni). Molti i punti al centro del dibattito. Per un percorso che deve vedere il territorio protagonista

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a seconda riforma in tre anni è già partita. Guai a parlare di montagna immobile, immutevole, chiusa nel suo passato. Lo è stata forse nel secolo scorso. Già, perché il terzo millennio si è aperto con grandi cambiamenti nella governance delle Terre Alte piemontesi, che hanno costretto a mettere da parte concetti quali crescita e sviluppo economico. Poco importa se appena tre anni fa, nel 2009 si completava una riforma “storica” per il territorio, dopo quella altrettanto storica del 1999, anno della legge 16, testo preso come esempio da molte altre regioni italiane. Oggi il frullatore è tornato a girare. E dentro sono finiti territori e amministratori, cittadini e dipendenti. Di quelle Comunità montane con quarant’anni di storia oggi messe all’indice (senza perché). A nulla è valsa la difesa concreta dell’Uncem e dei sindacati dei dipendenti, scesi in piazza il 16 dicembre. La Giunta regionale ha dato via libera al suo disegno di legge di riordino, che all’articolo 3 cancella le Comunità montane e nei successivi articoli le ricostituisce come Unioni più piccole, sulla base delle esigenze dei sindaci. Era novembre, quando la Giunta regionale approvava il “Ddl Maccanti”. Era novembre, quando a ruota, in Consiglio, veniva depositata la proposta di legge “alternativa” elaborata dal Partito Democratico. E oggi, a febbraio, tra il parere del Cal e le audizioni in Commissione, i testi sono pronti ad andare in Consiglio regionale per il dibattito in aula. “Le Comunità montane piemontesi

I vertici di Uncem e Anci Piemonte nel corso di una riunione con il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota

potranno trasformarsi in Unioni montane di Comuni, secondo un’indicazione data anche dalla Carta delle Autonomie, sulla quale ripartirà il dibattito in Senato – prosegue Riba –. La Regione dovrà guidare questo processo e i sindaci, riuniti oggi nelle Assemblee delle Comunità, esprimeranno le necessità di trasformazione di ciascun territorio. Il sistema attuale non va distrutto e frantumato”. Da alcune Comunità, potranno nascere una o più unioni. In questi mesi, è stato importantissimo il dialogo e il confronto con Anci e Legautonomie. “Con loro – evidenzia Riba – abbiamo individuato due

limiti per le Unioni montane: 5.000 abitanti minimi e almeno 10 Comuni contermini, con la possibilità di motivate deroghe. Non ci saranno limite demografico o di Comuni nel caso in cui la Comunità si trasformi in una sola Unione montana. Certamente, alle nuove unioni dovranno essere trasferiti direttamente personale e funzioni”. Punto fondamentale, quello del finanziamento agli enti sovraccomunali: “La Regione si è dotata nel 1999 di una legge-montagna, la legge 16, che garantisce alle Comunità il 20 per cento delle accise sul metano. Si tratta di una legge tutt’ora in vigore che va tenuta fermamente presente

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6 oggi, mentre il Consiglio regionale si appresta ad analizzare e a inserire le cifre nel bilancio – evidenzia il presidente dell’Uncem –. Sono 20 milioni di euro che permettono di pagare 435 dipendenti delle Comunità e di garantirne il funzionamento. I presidenti degli enti hanno più volte avuto modo di presentare le attività che da quarant’anni stanno svolgendo per lo sviluppo delle Terre Alte, garantendo complessivamente 80 milioni di euro di investimenti e progetti, anche con fondi comunitari, ma soprattutto dando al territorio 1.500 posti di lavoro, tra quelli diretti e quelli dell’indotto. Pilastri della montagna, area determinante per la crescita del Piemonte”. Questi sono alcuni cardini della riforma, punti indispensabili secondo l’Uncem. E non solo. D’accordo con gli emendamenti Uncem, presentati a febbraio alla prima Commissione del Consiglio regionale, ci sono la

Aldo Reschigna

Elena Maccanti

Cgil, con il rappresentante FP Luca Quagliotti, e molti esponenti politici e Consiglieri regionali, come Aldo Reschigna, capogruppo del Partito Democratico. “Noi partiamo da questa considerazione – afferma – vogliamo rendere più forte il sistema e non distruggerlo. L’assessore Maccanti, invece, vuole fare piazza pulita di tutto ciò che esiste, immaginando che dalle ceneri rinasca una nuova stagione. Sono convinto, al contrario,

Se Monti parla di montagna… ‘’Da anni, in Italia, non si assisteva più a un Presidente del Consiglio che in un discorso ufficiale facesse esplicito riferimento alla montagna, al suo territorio e alla sua popolazione. E il fatto che lo abbia voluto fare in un passaggio in cui enumerava le qualità italiane è particolarmente significativo’’. Così Enrico Borghi, Sindaco di Vogogna e presidente nazionale dell’Uncem esprime la sua soddisfazione per le parole del Presidente Mario Monti che, nel suo discorso tenuto il 7 gennaio a Reggio Emilia nell’ambito dei festeggiamenti del 215° anniversario della bandiera italiana, ha fatto riferimento alle montagne italiane affermando che “abbiamo un territorio presidiato in ogni punto del Paese, nonostante il 54% di esso sia montano e raccolga solo il 20% della popolazione’’. “Certamente – rileva Borghi – il fatto che il territorio italiano oggi sia presidiato nonostante la sua complessità è grazie al lavoro e all’abnegazione di tanti italiani, e grazie alla presenza capillare di tanti piccoli Comuni montani, nei quali lo spirito di sussidiarietà di migliaia di amministratori volontari consente di colmare il gap infrastrutturale e gli handicap geomorfologici permanenti’’. “Questi Comuni montani negli anni si sono aggregati in Comunità montane, e oggi sono pronti alla trasformazione nelle nuove Unioni montane dei Comuni per essere al passo con la modernizzazione e la trasformazione istituzionale del Paese, e necessitano di politiche specifiche che ci auguriamo dopo le importanti parole del Presidente del Consiglio possano tornare nell’agenda del Governo”.

che dalle ceneri rinascerà un’esperienza di gestione associata più debole e parcellizzata. Noi chiediamo che le Comunità montane si trasformino e diventino protagoniste di un grande obiettivo perché avere dei poteri locali più forti ed efficienti significa avere sistemi territoriali più forti ed efficienti”. Di diverso avviso l’assessore regionale agli Enti Locali Elena Maccanti: “Il disegno di legge – precisa – si pone come necessaria conseguenza dell’entrata in vigore di alcune norme statali, ma non è da interpretare come un acritico adeguamento alla normativa. È stato invece pensato come un’opportunità per ridisegnare la geografia amministrativa del Piemonte proprio sulla base delle sue caratteristiche, tra tutte la concentrazione straordinaria di Comuni sotto i 5 mila abitanti (1077 su 1206, di cui quasi 600 sotto i 1000), e per rispettare, quale principio costituzionale da salvaguardare, l’autonomia organizzativa dei nostri Comuni”. “Sono convinta – prosegue Maccanti in un’intervista rilasciata sul giornalino della FP Cgil – che l’esperienza delle Comunità montane sia molto preziosa. Ricordo che mi sono battuta in prima persona, insieme all’assessore Ravello, per garantire i finanziamenti sia nel 2010 che nel 2011. Fuori da ipocrisie e demagogia, però, dobbiamo anche dirci che la fine delle Comunità montane così come strutturate oggi è stata di fatto sancita dalla legge di accorpamento varata dalla Giunta Bresso nel 2008, quando sono stati calati dall’alto confini troppo ampi e spesso disomogenei e, soprattutto, con una governance che in molti casi ha tagliato fuori i Comuni dalle decisioni più importanti. Oggi è necessario creare forme associative che in montagna garantiscano lo sviluppo, ma che consentano anche ai Comuni di poter svolgere in forma associata le funzioni”. E ancora: “Nel disegno di legge prevediamo che le Comunità montane si trasformino in una o più unioni di Comuni, con confini decisi dai Comuni e una governance più snella, che svolgano le funzioni fondamentali e le funzioni tipicamente montane. Le Comunità montane che funzionano potranno replicare il medesimo modello, acquisendo più competenze rispetto a prima”.


Il mondo dei vinti 35 anni dopo di Beatrice Verri e Maria Laura Mandrilli

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Nuto Revelli

Sta crescendo una nuova “coscienza di territorio” tra la gente di montagna. Molti i segnali di vitalità e di sviluppo. Nell’anniversario della pubblicazione dello storico libro di Nuto Revelli, la Fondazione Revelli e l’Uncem Piemonte organizzano un convegno a Cuneo sabato 31 marzo 2012, per aprire un nuovo capitolo nella storia delle Terre Alte

a ragione Nuto Revelli. Abbiamo ammazzato la montagna ed ora non ci resta che il mondo dei vinti”. Basterebbe questo commento di Alessandro Galante Garrone per descrivere la potenza narrativa dell’amico Nuto, classe 1919, partigiano cuneese e scrittore. Sembra ancora di vederlo, tra le baite di Paraloup, frazione di Rittana in Valle Stura, a organizzare la Resistenza partigiana assieme a Dante Livio Bianco e Duccio Galimberti, in quella culla di libertà, esempio per l’Italia. Sono passati 35 anni dall’uscita di uno dei suoi capolavori letterari, nei quali ha raccontato le sue vallate, la sua gente. La fame, il lavoro infantile, l’emigrazione, le guerre insensate, la convivenza tra partigiani e nazifascisti. E poi l’abbandono delle montagne, l’avvento di un nuovo mondo: l’industria, i grandi allevamenti, il turismo che sfigura il paesaggio. Nei racconti dei

270 intervistati da Revelli in Il mondo dei vinti (pubblicato da Einaudi nel 1977) – i contadini e i montanari delle valli cuneesi, i vinti di sempre – scorre una linfa poetica che affiora negli scatti della memoria, con immagini e parole capaci di lasciare il segno. A volte cariche di dolore per le sofferenze e la durezza delle vite passate, a volte cariche di ingenuità. Il ritratto della condizione umana di una minoranza costretta a lasciare il proprio ambiente e i propri modelli di vita diventa lo specchio di una società malata, la denuncia dell’incapacità di ordinare in modo civile trasformazioni epocali che hanno assunto dimensioni drammatiche. E a distanza di 35 anni cosa è cambiato?

La rinascita di Paraloup, borgata di Rittana, è un esempio di ritorno alla montagna e di quelle Terre Alte che sanno ancora vincere

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Cosa è successo nella montagna del Piemonte? Dove si possono intravedere i segnali della ripresa dopo il drammatico spopolamento degli anni Cinquanta e Sessanta? Su cosa si può poggiare una rinascita economica della montagna del Piemonte? Quali sono i segnali del “ritorno” ai piccoli borghi delle Terre Alte? Le risposte potranno emergere dalle riflessioni all’interno del convegno “Il mondo dei vinti 35 anni dopo” che si terrà a Cuneo, nello Spazio Incontri della Fondazione CRC (via Roma 15) sabato 31 marzo (dalle 9,30 alle 13). A organizzare l’evento, la Fondazione Nuto Revelli Onlus e l’Uncem Piemonte con il sostegno della stessa Fondazione CRC. Assieme a Marco Revelli e a Lido Riba, interverrà il presidente nazionale dell’Uncem Enrico

Borghi e Mario Cordero, presidente regionale Icom-Italia. Invitati anche tutti gli amministratori dei Comuni e delle Comunità montane piemontesi, i rappresentanti delle istituzioni, docenti e studenti delle scuole secondarie, appassionati di cultura e di montagna, imprenditori e aziende che guardano alle Terre Alte per i loro insediamenti. Contribuendo a trasformare quel “mondo dei vinti” descritto da Revelli. Nel corso del convegno verrà presentata in anteprima la mostra multimediale “Il popolo che manca”, a cura di Diego Mometti, Andrea Fenoglio e Giorgina Bertolino di A-Titolo. La mostra è tratta dal film e dall’omonima serie documentaria realizzata dai due autori in cinque anni di ricerca e di lavoro sul campo. Il “campo” è l’ampio territorio del Cuneese; i temi, i luoghi e i materiali del film e della mostra sono ispirati e ricavati dalle testimonianze raccolte in Il mondo dei vinti e L’anello forte. A decenni di distanza, Mometti e Fenoglio si sono rimessi sulle tracce del “popolo che manca”, il popolo contadino. Hanno ripreso e riascoltato le bobine registrate con il magnetofono oggi conservate dalla Fondazione Nuto Revelli, recuperando i toni delle voci e il senso dei racconti di quei narratori, testimoni impotenti dell’estinzione del mondo contadino, messo a dura prova prima dalle guerre e poi travolto dalla massiccia industrializzazione degli anni Sessanta e Settanta. I due autori hanno riassociato a quelle voci i luoghi – pascoli e borgate di

Paraloup, il miracolo del ritorno Paraloup vuol dire “difesa dai lupi”. È il nome della più alta borgata (1360 mt) del Comune di Rittana, in Valle Stura. Tra l’autunno del 1943 e il 1944 è stata la sede della prima banda partigiana di “Giustizia e Libertà”. Vi militarono in qualità di comandanti, fra gli altri, Duccio Galimberti, Dante Livio Bianco e, più tardi, Nuto Revelli. Con loro, 149 giovani e giovanissimi: 86 operai, 26 studenti, 18 contadini, 6 professionisti, 5 impiegati, 4 tra commercianti e artigiani, 3 ufficiali, 1 industriale. Uomini che avevano deciso di fare la guerra ai tedeschi, di contribuire con le armi in pugno a liberare l’Italia dal fascismo. La Fondazione Nuto Revelli vuole fare di Paraloup il luogo di una doppia memoria: quella della guerra partigiana e quella della vita contadina che si svolgeva qui prima dell’abbandono. Si sono ricostruite le case della borgata con un progetto architettonico innovativo, armonicamente inserito nel paesaggio per farne un luogo di memoria viva, un esempio di sviluppo sostenibile. Paraloup, il cui primo lotto di baite, a destinazione culturale, è stato inaugurato nel luglio 2010, è tornata a vivere perché resa nuovamente abitabile e animata da importanti iniziative di incontro come il Festival del ritorno ai luoghi abbandonati dell’estate 2011. Per tutte le informazioni e gli aggiornamenti su Paraloup si può visitare il sito www.paraloup.it e seguire la pagina Facebook “Paraloup Community”.

montagna, paesi tra le colline, fabbriche e cascine di pianura – hanno ritrovato alcuni testimoni o i loro discendenti, ne hanno incontrati di nuovi, riscrivendo nel presente vicende del passato e mostrandone gli effetti di lunga durata. Il loro approccio, programmaticamente svincolato dalla metodologia scientifica, trova spazio d’espressione nella progettualità artistica: il materiale documentario è assunto quale occasione per suscitare nuove relazioni e riflessioni inedite; l’archivio viene reinterpretato e da spazio preposto allo studio e alla conservazione, diviene motore di una dinamica aperta al complesso rapporto tra storia e attualità. Vincitore del Premio Speciale della Giuria al Torino Film Festival del 2010 e del Premio Emmer al Trento Film Festival 2011, Il popolo che manca troverà una nuova versione e un’inedita articolazione spaziale nelle sale espositive della Borgata Paraloup, in Valle Stura, dove sarà allestita nel mese di giugno l’omonima mostra multimediale. Alla tradizionale visione frontale, la mostra sostituisce un percorso che pone l’accento sulle voci e sui dialoghi, invitando il visitatore a un cammino insieme fisico e narrativo e offrendogli la possibilità di costruire gli intrecci di un proprio personale racconto. La mostra sarà presentata in anteprima durante il convegno “Il mondo dei vinti, 35 anni dopo” dagli stessi autori: saranno proiettati e commentati alcuni spezzoni del film e sarà possibile visitare un nucleo espositivo allestito per l’occasione.


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Lavorare sul territorio di Lorenzo Boratto

Lavorare per le Terre Alte, con l’orgoglio di contribuire a rendere le Alpi piemontesi un luogo incantevole, accogliente, adatto per il turismo, per fare impresa, per vivere. È ciò che fanno, ogni giorno, 435 uomini e donne delle nostre Comunità La sede della Comunità montana Valsesia a Varallo Sesia

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ono 435 i dipendenti delle 22 Comunità montane piemontesi: tecnici (174), amministrativi (168) oppure dedicati a curare il delicato settore dei servizi socio-assistenziali (93). Tutto al lavoro per lo sviluppo e i servizi di 800 mila residenti e i milioni di turisti che ogni anno scelgono le montagne piemontesi (oltre un terzo del territorio della Regione). In prima persona, questi dipendenti vivono una situazione di incertezza e difficoltà, alle prese con le proposte che si susseguono per cancellare o trasformate le Comunità montane. Ma la situazione contingente sembra motivarli ancora di più: “passione” è la parola più usata quando devono parlare del proprio mestiere. Sanno che le Comunità montane sono capaci di intercettare quali sono i bisogno dei Comuni e delle Terre alte, coordinare queste esigenze e renderle concrete, oltre ad accedere ai bandi per ottenere

finanziamenti da Unione europea, Stato, Regione, Provincie, Fondazioni bancarie, associazioni. Le Comunità hanno poi una forma stabile e funzionale data la loro lunga esperienza, mentre le generiche “convenzioni” prospettate dal legislatore sono più aleatorie. Ossia: basta il disaccordo di qualche partecipante per mettere in crisi il sistema e far saltare tutto. “Con le Comunità montane e la loro rappresentatività, per il bene di tutti, si superano i malumori del singoli”.

Simona Bellezza

Davide Musso

Il “malessere” di tanti dipendenti è legato anche ai tanti attacchi subiti in questi anni: sui libri, da altri amministratori e politici. C’è chi nota: “Spesso gli stessi Comuni capitava che trascurassero la loro Comunità montana, ma adesso è tornata la voglia di farsi sentire tutti insieme. Perché gli stessi Comuni sanno che in 30 anni di Comunità montana ogni lira o euro utilizzati sono stati investiti sul territorio, per i residenti”. Simona Bellezza, dipendete della Comunità montana delle valli di Lanzo, dove è funzionario di segreteria e vicesegretario, dice: “C’è scoramento tra tanti colleghi, ma soltanto per il momento di confusione generale: non si sa se passeremo ai Comuni o alle Province, dalla Regione tutti tacciono. Resta però l’interrogativo più importante: quello che facevamo noi, chi lo farà? Un esempio relativo alla mia professione: mi occupo di gare


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10 e appalti, guardo i bandi su servizi, forniture e questa Comunità si occupa anche dei servizi sociali, quindi bisogna interessarsi di tutele, amministrazioni di sostegno per gli anziani o i disabili. Il riscontro del nostro lavoro è immediato, effettivo. L’acquedotto generale delle valli di Lanzo l’ha fatto anni fa la Comunità montana, ma si pensi anche ad agricoltura, turismo, funzioni associate e fornite a tutti i Comuni indistintamente. La Comunità montana è un ente in grado di operare oltre il singolo piccolo centro, mettendo insieme interessi diversi. Un ente sovra-comunale non perché comanda, ma perché unisce le volontà e fa convergere le idee”. Bellezza dice ancora: “Ho iniziato a lavorare qui dopo una chiamata dall’ufficio di collocamento: con la laurea in Giurisprudenza facevo pratica da un avvocato, ma vivendo a Mezzenile, che ha meno di mille abitanti, la Comunità era un’opportunità unica, con la consapevolezza di lavorare per il territorio: e lo fai bene perché è ‘casa tua’”. La stessa domanda (“Chi farà il nostro lavoro dopo di noi?”) la pone polemicamente Davide Musso, 41 anni, funzionario della Comunità montana delle valli Grana e Maira: “Ho lavorato per i Comuni di Fossano, Mondovì, Costigliole Saluzzo. E da 10 anni sono qui: perché il mestiere è bello, sempre diverso. Ci occupiamo di turismo e produzione, è stato realizzato il caseificio cooperativo del Castelmagno, abbiamo lavorato per creare un albergo diffuso e il magazzino di prodotti biologici raggruppando i produttori. A Caraglio abbiamo trovato negli anni, partecipando a ogni bando possibile e mandando le richieste di contributo anche a notte fonda, 400 mila euro per trasformare la vecchia chiesa sconsacrata di San Paolo in un centro polivalente con scavi archeologici. Poi campeggi, centraline idroelettriche, la scuola di valle, la palestra, abbiamo realizzato un sistema informativo per tutta la valle e un rete dei diversi sottoservizi. La Comunità montana si è battuta quando c’erano problemi con il digitale terrestre. Voglio vedere come faranno dopo di noi: sappiano a cosa rinunciano cancellandoci”. I dipendenti evidenziano come la sfida

Gualtiero Fasana

Marilena Panziera

(vinta, a tutti gli effetti) delle Comunità montane era aiutare territori e zone del Piemonte con limitati servizi. Come spiega Gualtiero Fasana, direttore della Comunità montana Valli Orco e Soana: “Ho 52 anni, sono qui dal 1988 dopo la laurea in Scienze politiche e la selezione con concorso pubblico. Avevo vinto anche quello da commissario di polizia. Perché ho scelto questo mestiere? La soddisfazione, passando per le strade di Pont Canavese dove vivi o nei centri vicini, di aver contribuito a quell’opera o a quell’intervento. Non siamo semplici passacarte, abbiamo un ruolo attivo e riconosciuto”. Sull’umore di colleghi di lavoro, aggiunge: “L’incertezza è percepita da tutti, ma c’è la grande convinzione di far vedere quello che possono dare gli enti locali al territorio. Parliamo del futuro, ma siamo convinti che non si può lasciare un territorio montano come il nostro senza un’organizzazione stabile che intersechi tutti i bisogni con una gestione associata. Un esempio delle nostre capacità? La nostra Comunità montana, pochi mesi fa, ha vinto il premio qualità della Pubblica amministrazione dell’allora ministro Brunetta. Dietro di noi c’era il Comune di Milano. E siamo stati anche gli unici premiati in Piemonte”. Uno degli esempi di come le virtuosità venga da enti che da qualcuno, a torto, sono considerati poco utili. Non solo: la stessa Comunità montana Valli Orco e Soana ha preparato mesi fa una brochure dal titolo “Dalla bonifica montana alla banda larga”. È stata consegnata a casa alle famiglie residenti e campeggia sul sito web della Comunità: un modo per raccontare cosa è stato fatto solo negli ultimi 10 anni, con 32 milioni di euro investiti, di cui 22 per sviluppo socio-economico, passando dalla ristrutturazione di edifici per il turismo religioso, al metanodotto di 40 km che

Giampiero Rubino

Paolo Tosi

rifornisce mille famiglie. Ancora Fasana: “La prova di un ente che si sbatte, il documento è oggettivo e ognuno giudichi: un modo per lasciare detto cosa rimane del nostro lavoro, cosa è stato fatto, cosa perderebbero senza Comunità montane”. “Nelle metropoli, dalla Regione, spesso vedono le Terre alte come un mondo di paesani, magari neanche troppo intelligenti: ma le Comunità montane sono uno dei punti di forza delle alpi piemontesi. Dai Comuni raramente c’è innovazione, perché sono obbligati a correre dietro all’ordinaria amministrazione, con poco tempo e risorse, mentre dalla Comunità montana, anche se a fasi alterne, arrivano idee, proposte, soluzioni innovative”. È il pensiero di Marilena Panziera, 44 anni, funzionario apicale con deleghe ad Agricoltura e sviluppo nella Comunità montana Valli dell’Ossola. Lavora nell’ente dal 1995 e dice: “All’epoca lavoravo in una scuola agraria di Novara: supplenze annuali in attesa di passare di ruolo. Mi piaceva, anche se abitavo a Crodo, 1200 residenti in val Formazza, la mia vita era impostata sulla città. Poi un giorno mia cugina che vive in valle mi chiama e mi dice: “Qui cercano un tecnico, finanziato dalla Regione. E tutti gli intervistati non sono idonei”. Mi ha dato forza mio marito, all’epoca eravamo solo fidanzati: “Tu ci devi andare, nella scuola non farai mai carriera” sono state le sue parole. E ora viviamo in montagna con nostro figlio di 7 anni, che qui ci sta benissimo: desidera ardentemente vivere in montagna”. Panziera aggiunge: “Questo non è un lavoro come gli altri, assorbe tanta energia, non è ripetitivo. Nel mio ufficio per le politiche territoriali ci occupiamo di turismo, agricoltura, sviluppo del territorio. Ma la Comunità montana in questi anni ha lavorato


anche per Adsl, acquedotto, centrali elettriche. I Comuni non avrebbero potuto proporre idee e progetti su questi ambiti. La Comunità montana sa essere più dinamica perché fa un tipo di lavoro rivolto allo sviluppo. Poi siamo specializzati anche sui bandi europei: ad esempio nell’ultimo Psr, per le misure volte alla filiera della foresta, stiamo lavorando per ottenere fondi che altrimenti non sarebbero stati “intercettati”. Qui e nelle altre 21 Comunità montane piemontesi ci sono le professionalità per cogliere questo tipo di opportunità. Il momento non è felice per noi, ma sono fiera che in tanti stiano lottando e c’è chi, come me, non si da per vinto e non ha gettato la spugna”. Altro dirigente è Giampiero Rubino, direttore della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese. Dice: “Ho 58 anni, sono entrato qui con un concorso pubblico nel 1980. Continuiamo a svolgere il nostro lavoro nel migliore dei modi, credendo in quello che facciamo e nel futuro, anche se sappiamo bene che il momento è di incertezza generalizzata. Le nostre richieste? Semplici, vogliamo essere messi in condizioni di lavorare.

La sede della Comunità montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone a Ceres. In alto, una manifestazione di dipendenti delle Comunità montane in via Alfieri a Torino, davanti al Consiglio regionale del Piemonte

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Da 20 anni dirigo una Comunità montana: offriamo una serie infinita di servizi associati, dal socio-assistenziale al servizio tecnico, dalle manutenzioni al turismo, fino all’albo pretorio online per tutti i Comuni. La mia Comunità montana è l’unica in tutta Italia che ha curato il censimento decennale dell’Istat su popolazione e abitazione. Abbiamo sempre cercato la massima collaborazione con i Comuni: sanno bene che ci sono dei progetti che non possono essere fatti dai singoli. Abbiamo messo in questi anni in condizione anche i piccoli centri di poter concorrere e trovare fondi che difficilmente si sarebbero reperiti altrimenti. Tutti adesso ci danno per spacciati, ma, per fare un esempio, in queste settimana abbiamo in corso un finanziamento europeo Interreg, cioè per la cooperazione transfrontaliera, per un valore di 2 milioni di euro per la celebre strada di Monesi. Ma non facciamo piagnistei, siamo qui per resistere, lottare, stare vicino al territorio come abbiamo sempre fatto”. Paolo Tosi, della Comunità montana del Verbano, ha 57 anni, si occupa di turismo e cultura: “Lavoro qui da 28 anni, sono entrato con un concorso pubblico dopo 2 anni da insegnante. Vivo a Rizzano, due mila anime: in altri settori non c’era modo di restare a vivere in paese. A quel tempo noi avevamo i concorsi, adesso per mio figlio, che ha 25 anni, non c’è nulla. Un’opportunità che ho scelto rinunciando ad altro, come classico “posto in banca”. Per il mio lavoro, adesso, il mio interlocutore principale sono le associazioni di volontariato: piccoli musei, pro loco e scuole i

soggetti con cui ho contatti e email tutti i giorni. Magari ci incontriamo a casa, con una bibita davanti, ma parlando sempre di lavoro. Perché il Comune cura l’ordinaria amministrazione, le Comunità montane devono preoccuparsi di servizi associati. Il compito di un ente locale non si esaurisce con la pulizia strade e trasporto alunni, ovvero i servizi essenziali e primari. In una zona come la nostra il turismo è l’unico e importante settore trainante. Siamo a 20 chilometri dalla Svizzera, le industrie hanno chiuso o stanno chiudendo. Fare la rete di piste per le mountain bike, organizzare stagioni teatrali e concerti: tutte cose diventate essenziali per aumentare l’offerta turistica e il benessere generale nella valle. Le ricadute occupazionali ci sono: non lo dico io, ma sono i dati della Camera di commercio. Il turismo è l’unico settore che ha aumentato l’occupazione nel Verbano-CusioOssola, fortunato per avere laghi, montagne”. C’è chi nota: a Torino di queste capacità ci si rende ancora poco conto. Tosi aggiunge: “C’è voglia di dimostrare che quello che facciamo è utile. Abbiamo sopportato, di recente, attacchi dall’ex ministro Brunetta e dalla stessa Regione. Ci sono state critiche incrociate che ci hanno fatto male: anni fa Rizzo e Stella, con il loro best seller “La Casta” iniziavano proprio nella prima pagina parlando della Comunità montane sul mare: una cattiva pubblicità a sproposito per il Piemonte. Il nostro è un lavoro utile, lo dimostriamo facendolo con passione. Uso la parola passione spesso e volentieri: è la dimostrazione che siamo qui con obiettivi e con voglia di fare”.


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Rinnovabili: montagna piemontese protagonista di Chiara Viglietti

A

Massimo Giordano

ssessore Giordano, quale sarà il ruolo del Piemonte nel raggiungimento del 20 20 20 del Paese? Come raggiungere gli obiettivi europei? Come emerge dallo schema di decreto “Burden Sharing” in via di approvazione, previa espressione dell’intesa delle Regioni, il contributo che il Piemonte sarà chiamato a dare allo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili sul proprio territorio è pari al 15,1%, un obiettivo da raggiungere sia con la crescita della produzione elettrica e termica dalle fonti rinnovabili, sia attraverso una progressiva riduzione dei consumi finali del sistema piemontese, mediante il consolidamento dell’azione già avviata di miglioramento dell’efficienza

energetica nei settori civile, produttivo, agricolo, terziario e dei trasporti. Dalle simulazioni che stiamo facendo si può conseguire l’obiettivo di produzione da rinnovabili pari a circa 1.700 ktep entro il 2020, il 42% da parte elettrica ed il 58% da quella termica. La montagna è una straordinaria fonte di materie prime per lo sviluppo della green economy, acqua e legno in particolare; come valorizzare al meglio le risorse che provengono dai territori montani? La montagna piemontese ha storicamente svolto una funzione essenziale come fonte di materia prima nel settore della sostenibilità ambientale e delle energie rinnovabili. Basta pensare al fatto che la produzione di energia da

Intervista all’assessore regionale all’Energia e allo Sviluppo economico Massimo Giordano: “Essenziale il ruolo delle Terre Alte nella green economy”

L’assessore Giordano e il presidente della Regione Piemonte Roberto Cota


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2 milioni fonte rinnovabile, in Piemonte, è stata pressoché sinonimo di combustione di biomassa (in particolare, per il riscaldamento delle famiglie residenti nella zona alpina e prealpina) e di idroelettricità (generata sfruttando i salti dei torrenti di montagna). Anche se negli ultimi anni si è iniziato a sfruttare altre risorse rinnovabili, come ad esempio il sole, il ruolo della montagna resta essenziale nell’ambito della green economy locale. Il ruolo delle Terre alte piemontesi dovrà, a nostro avviso, essere ulteriormente potenziato, in particolare meglio legando l’utilizzo delle risorse locali con gli effetti socio-economici diretti sul territorio, valorizzando la partecipazione delle comunità alpine. Limitandoci all’esempio della biomassa, riteniamo che gli impianti che sfruttano tale risorsa dovranno essere al centro di una filiera forestale che sia in grado di assicurare occupazione e garantire una fonte di reddito in ambito locale. Nello sviluppo delle biomasse, è fondamentale la filiera del legno, con le biomasse forestali. Secondo alcuni calcoli, nei prossimi anni si potrebbero creare duemila posti di lavoro veri nel settore, lungo

15,1%

La cifra destinata al risparmio energetico degli edifici tramite un apposito bando regionale

La quota piemontese per il raggiungimento dello sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili

tutta la filiera, a partire dal bosco. Sostenibilità, si direbbe. Eppure molti progetti di centrali non hanno tenuto (e non tengono) conto della filiera locale, preferendo rivolgersi in altre regioni o all’estero garantendo un prezzo per ogni tonnellata molto più basso rispetto alla biomassa forestale. Come vede questo processo e cosa sta facendo la Regione Piemonte per evitare che i progetti nascano senza i numeri economici che permettono loro di stare in piedi o senza considerare volutamente le filiere di approvvigionamento locale? Tenuto conto dell’elevato livello di utilizzo ormai raggiunto per la risorsa acqua, e dei limitati apporti che possono apportare altre risorse rinnovabili quali sole e vento, la biomassa è sicuramente la fonte più promettente per incrementare la presenza delle rinnovabili nel consumo energetico regionale e l’utilizzo della risorsa locale può garantire un importante sostegno all’economia delle valli alpine, assicurando la possibilità di creare occupazione e reddito in zone di alta montagna. A questo fine, la Regione Piemonte si è

sempre attivata per far sì che l’utilizzo a fini energetici della biomassa sia accompagnato da una filiera locale di gestione della risorsa forestale. Si possono ricordare, ad esempio, i bandi destinati prioritariamente ad incentivare la gestione delle foreste e che vedevano, solo come ultimo gradino del processo gestionale, la trasformazione degli scarti in energia termica. Nel documento attualmente in preparazione che definirà le linee guida per l’autorizzazione degli impianti elettrici a fonte rinnovabile in Piemonte, volendo ulteriormente rafforzare il legame tra lo sfruttamento a fini energetici della biomassa e la gestione della risorsa forestale piemontese, si è ritenuto di prestare particolare attenzione al legame filieraimpianto. Su quali linee guida si muoverà il nuovo Piano Energetico regionale, in fase di costruzione? Il nuovo Piano energetico ambientale regionale in via di predisposizione intende offrire al sistema degli Enti locali piemontesi e agli operatori del mercato un compendio in grado di stabilire un quadro programmatico certo e duraturo nella definizione degli obiettivi strategici


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14 e specifici per il conseguimento degli obiettivi di riduzione del consumo di energia e delle emissioni di CO2, di crescita della produzione energetica da FER, nonché di adeguato sviluppo delle necessarie infrastrutture di rete, la cui importanza è sempre più evidente nel garantire la presenza di condizioni di concorrenza e competitività nel sistema energetico. Risparmio. Qualità. Ecostenibilità. Oggi la Regione Piemonte aiuta chi costruisce immobili seguendo determinati standard. Quali sono i cardini di questo impegno? La legge regionale 23/2002 prevede che la Regione Piemonte sostenga la realizzazione di progetti dimostrativi e di progetti ritenuti strategici, anche ai fini della sperimentazione di tecnologie innovative in campo energetico. Va segnalato che la nostra Regione, negli anni, ha destinato in misura significativa risorse finanziarie alla realizzazione di edifici a basso consumo energetico proposti nell’ambito di bandi diretti a sostenere progetti “dimostrativi”. Al riguardo, poi, va ricordato che nel 2011 la Giunta regionale ha approvato criteri e modalità di concessione ed erogazione di contributi a fondo perduto, per interventi diretti alla realizzazione di “edifici a energia quasi zero”. La Regione, con l’apertura di uno specifico bando, ha voluto destinare più di 2 milioni di euro a tale iniziativa. In particolare, con tali incentivi la Regione vuole sostenere quegli edifici che sono progettati e realizzati in modo da essere caratterizzati da fabbisogni di energia termica estremamente contenuti sia per il riscaldamento invernale, sia per il raffrescamento estivo. Una grande sfida, proposta da molti addetti ai lavori: creare una rete tra organizzazioni e aziende che si occupano di rinnovabili. Pensa possa essere una buona idea? Sicuramente si tratta di una buona idea. Per affrontare la complessità e le sfide del mondo odierno, infatti,

Nuovi incentivi statali: l’Uncem scrive a Clini Una lettera al ministro dell’Ambiente Corrado Clini per chiedere una maggiore attenzione alle specificità delle aree montane nei decreti nazionali che andranno a regolare i nuovi incentivi per lo sviluppo delle energie rinnovabili, dal 2013. L’Uncem Piemonte, con il presidente Lido Riba, si unisce all’appello dell’Uncem nazionale e dell’Anci – lanciato dai presidenti Graziano Delrio ed Enrico Borghi – evidenziando il grande ruolo che l’area montana italiana – e piemontese in particolare – giocheranno nello sviluppo della green economy e nel raggiungimento degli obiettivi nazionali al 2020, secondo quanto previsto dal protocollo di Kyoto. «Le Terre Alte – sottolinea Lido Riba – possono giocare un ruolo fondamentale nella crescita economica del Paese e nel generare maggiore energia “verde”, da fonti rinnovabili, riducendo inquinamento e impatto ambientale. Da anni l’Uncem sta lavorando in questa direzione, affinché chi vive e opera nelle Terre Alte possa poter utilizzare al meglio, ai fini energetici, risorse come acqua e legno, senza che queste vengano espropriate, senza un adeguato compenso, da imprese che hanno come unico obiettivo il business. Non possiamo più permettere a un sistema economico “coloniale” di determinare la “morte economica” dei territori montani». Nella lettera al ministro, l’Uncem si sofferma in particolare sulle biomasse. Se nel decreto rinnovabili, gli incentivi non verranno mantenuti sui parametri attuali (sino al 31 dicembre 2012, 280 euro al megawatt elettrico prodotto da biomasse, per quindici anni dalla data di collegamento dell’impianto alla rete), sarà impossibile remunerare adeguatamente le biomasse forestali, quelle cioè collegate al territorio montano, dove sono presenti il 90 per cento degli 800mila ettari di bosco del Piemonte. Le cifre degli incentivi finora ipotizzate sarebbero compatibili solo con le produzioni secondarie, come biomasse agricole, cimali di pioppo, coltivazioni energetiche o paglie, ma non adeguate alla realtà forestale. Allo stesso tempo, nel decreto viene richiesto l’utilizzo di cippato di legno certificato, tracciato, pagato adeguatamente ai proprietari dei boschi: tutti aspetti fondamentali, secondo l’Uncem, che però devono essere considerati quando si definiscono le cifre degli incentivi. Se non verranno garantiti 300/320 euro al megawatt prodotto dagli impianti cogenerativi (capaci di produrre energia elettrica e termica), per vent’anni, si mette a rischio la filiera legno delle aree montane, di fatto spingendo chi realizza gli impianti a importare cippato dall’estero. «Questo meccanismo è stato drammaticamente perseguito negli anni scorsi – aggiunge il presidente dell’Uncem – con troppi progetti grandi impianti a biomasse, nati senza alcuna garanzia di approvvigionamento locale, senza costruire un piano collegato al territorio, in grado di dare vantaggi a tutti gli anelli della filiera, dai proprietari dei boschi, alle imprese specializzate nel taglio in foresta e nella cippatura. Non possiamo non guardare con preoccupazione a questa condizione e chiediamo al ministro Clini, prima di firmare i decreti, di ripensare le cifre degli incentivi, guardando al territorio montano, dove si possono “portare alla biomassa” piccoli impianti cogenerativi, garantendo centinaia di posti di lavoro. Facciamo appello agli assessori regionali competenti in materia, ai tecnici della Regione Piemonte e ai Parlamentari che credono nello sviluppo del territorio montano, affinché si facciano interpreti delle richieste dell’Uncem ai tavoli di confronto che il ministero dell’Ambiente e il ministero dello Sviluppo economico promuoveranno nei prossimi giorni». assume importanza sempre maggiore la capacità di saper condividere ed unire le diverse esperienze. In ambito energetico, materia che coinvolge settori disparati, da quelli più prettamente tecnologici a quelli più legati al mondo della gestione e della sostenibilità ambientale, la

creazione di reti ed aggregazioni che sappiano valorizzare le competenze settoriali si rivelerà senza dubbio una delle chiavi che permetteranno al territorio piemontese di affrontare i futuri sviluppi del settore a livello internazionale.


Nasce a Torino Pie onti Risorse La nuova società che mette al centro del suo lavoro lo sviluppo delle Terre Alte

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avoriamo per un solo obiettivo: lo sviluppo della montagna. Se lo sono ripetuti spesso, tra amici, amministratori e funzionari di diverse imprese sparse sul territorio piemontese. Metter mano al patrimonio economico dimenticato delle Terre Alte per garantire valore aggiunto al territorio, agli enti locali e a chi ha scelto di vivere in montagna. A sentirlo ripetere, verrebbe la tentazione di crederci. Un processo possibile, si sono detti, da costruire con capacità manageriali, scelte che passano tra una buona dose di marketing e la finanza (quella vera), sempre da concertare con chi è lì da decenni, non è fuggito, e in montagna ha scelto di restare. Con quelli cioè che storcono il naso di fronte a chi vorrebbe le località delle Alpi e degli Appennini come parco giochi delle città. La loro area ludica, dove fare sport d’inverno e d’estate, senza farsi troppe domande. Invertire una tendenza dannosa. Sembra la solita filosofia, con la voglia di dare un volto nuovo a un territorio che volto oggi non ha, o quantomeno è sbiadito. Un sogno? Sarà, ma quando quei professionisti, quei dirigenti, quegli operatori della comunicazione, quei

consulenti aziendali e quei docenti universitari hanno deciso di unirsi per fare qualcosa, di certo non hanno lasciato nulla al caso. E così, da un ragionamento condiviso per molto tempo, elaborato e rielaborato, è nata PieMonti Risorse. Una società che deve declinare in investimenti, numeri, posti di lavoro, crescita economica, quel sogno. Lo sviluppo della montagna. Ha sede a Torino in via Verdi, avrà presto un sito internet (per ora è contattabile al numero 340 2316716) e si muoverà sul territorio piemontese (montano e non solo). Obiettivi ambiziosi, come sono quelli di tutte le nuove imprese, concentrati attorno all’unico processo di crescita e lobbying (non è un mistero che ce ne sia bisogno) delle Terre Alte. I fronti del lavoro? Prima di tutto la realizzazione di servizi ed attività connesse alla valorizzazione, tutela e utilizzo del patrimonio naturale ed ambientale del territorio montano; ma anche la realizzazione di servizi e attività connesse al settore delle energie rinnovabili, compresa la ricerca, lo studio e la diffusione di metodologie tecniche. Forte l’attenzione all’attività di

formazione e di servizi di consulenza per gli enti locali e le imprese che operano in ambito economico, e alla realizzazione di progetti di recupero e valorizzazione del patrimonio edilizio ed architettonico montano. Aperto il fronte turistico con la gestione di progetti e interventi finalizzati alla valorizzazione turistica dei territori. Spazio alla cultura per la valorizzazione e tutela del patrimonio storico e umano. Piemonti risorse si occuperà anche di comunicazione, per gli enti e le imprese, curando l’organizzazione di convegni, fiere, attività editoriali, promozione su media e internet. Per una montagna che sappia orientarsi anche all’Unione Europea (Werner Batzing aveva opportunamente guardato lontano quando parlò delle Alpi, come “regione unica al centro dell’Europa). Indispensabile quindi la progettazione, lo sviluppo di attività connesse a progetti proposti dall’UE e ai programmi finanziati da altri organismi regionali, nazionali e internazionali. Cardini sui quali inizia un grande lavoro di programmazione e messa in moto dei progetti. Per dimostrare che lo sviluppo della montagna non è un’utopia irragionevole.

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Biomasse: primi impianti in Piemonte di Marco Bussone

Filiera corta e tecnologie di ultima generazione per valorizzare il legno dei 900mila ettari di boschi del Piemonte. Duemila i posti di lavoro attivabili grazie alle piccole centrali, a impatto ambientale zero e capaci di rilanciare l’economia della g montagna

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ogogna, Borgosesia, Andorno Micca, Zubiena, Paesana, Demonte, Chiusa di Pesio. Ma anche Carmagnola, Dronero, Villafranca Piemonte, Buttigliera Alta, Frassinetto, Sparone. Tredici Comuni che si pongono in prima linea nel rilancio dell’economia della montagna, grazie alla filiera legnoenergia. In questi Comuni nasceranno le prime piccole centrali che utilizzano cippato di legno per produrre elettricità e calore. Dopo i primi impianti di Cuneo (Roata Rossi) e Villanova Mondovì, i nuovi gassificatori daranno una svolta importante al rilancio del settore forestale del Piemonte, dove vi sono 900mila ettari di bosco dai quali si producono, con una corretta gestione, 20milioni di quintali di legno l’anno, za intaccare prelevabile e utilizzabile senza il patrimonio storico. Migliori tecnologie per gli impianti, filiera corta (meno di 50 chilometri per l’approvvigionamento d legno), alta efficienza, di prezzi della materia prima in grado di garantire il decollo di un sistema finora assopito.

Un dato deve essere chiaro: si può creare un posto di lavoro nella filiera legno per ogni 40 chilowatt di potenza installati nelle centrali cogenerative a biomasse (che usano la tecnologia delle gassificazione). E le biomasse forestali sono sicuramente uno dei fronti principali ai quali la Regione dovrà lavorare (anche in vista dell’approvazione del nuovo Piano Energetico Regionale), per il raggiungimento degli obiettivi di utilizzo di fonti rinnovabili, secondo le regole nazionali ed europee. I numeri potenziali della filiera legno-energia in Piemonte sono imponenti. Giudicate voi: 150-170 milioni di euro all’anno connessi alla vendita di energia elettrica; un valore potenziale di energia termica stimabile in ulteriori 30 milioni di euro; nuovi investimenti per 350-500 milioni di euro; circa 2.000 nuovi posti di lavoro sul territorio per le attività di filiera.

Quale legno, quali foreste Parlare di foreste significa parlare di montagna e quindi di biodiversità, di molteplicità economica delle fasce altimetriche e di multifunzionalità del territorio. In Piemonte, l’economia forestale è fra le più grandi potenzialità – quasi inespressa – della montagna. Le foreste, nella loro multifunzionalità, possono essere un vettore economico molto interessante per le popolazioni residenti sul territorio montano e, se vviste come anello iniziale di una filiera ccompleta e ben organizzata, possono ra rappresentare un importante vettore di in integrazione e valorizzazione dell’intera ec economia montana. “Obiettivo pr prioritario è dunque la valorizzazione de delle biomasse di scarto delle uti utilizzazioni e degli interventi forestali – pun puntualizza Giorgio Dalmasso dell’Ipla – tu tutelando il suolo e il territorio e


I partner dell’Uncem

coinvolgendo proprietari e imprese locali in attività economicamente sostenibili. L’ingente presenza sul territorio montano della risorsa legno, per ragioni economiche oggi ancora in gran parte inutilizzata, deve essere in grado di sviluppare un’economia locale basata sulla gestione dei boschi, promuovendo l’occupazione nelle diverse fasi della filiera”. Due gli aspetti sui quali focalizzare l’attenzione: la necessità di mettere a patrimonio comune le risorse boschive all’interno di strutture come i consorzi e le difficoltà operative di accesso alle foreste, prevalentemente montane, che rendono i costi di gestione dei boschi italiani molto elevati.

Quale energia, quale tecnologia Negli ultimi anni è stata registrata una positiva richiesta di biomassa per riscaldamento da parte del mercato locale: grazie all’introduzione progressiva di sistemi termici a sempre maggiore efficienza, in particolare nei territori provinciali, il consumo domestico di legna come fonte di energia termica è risultato nel nostro Paese gradualmente ma costantemente in aumento a partire dagli anni ‘90, e con un forte incremento negli ultimi 5 anni, connesso soprattutto alla diffusione del pellet. “Peccato che il materiale impiegato, così come quello trattato nel settore tradizionale delle segherie, in Piemonte come nelle altre regioni, sia quasi tutto di importazione”, sottolinea Giuseppe Tresso, tra i massimi esperti in Piemonte di energia rinnovabile da biomasse. Le nuove tecnologie che utilizzano biomassa per la produzione di energia termica ed elettrica sono in grado di valorizzare al massimo

da un punto di vista economico anche le biomasse di scarto che, con gli altri prodotti delle utilizzazioni o degli interventi selvicolturali, rendono economicamente sostenibile l’intera filiera del legno, remunerando

congruamente tutte le componenti. L’impresa che realizza e gestisce la centrale può pagare il legno 80 euro la tonnellata (prezzo indicizzato per 15 anni, quanto durano gli incentivi statali). L’Uncem Piemonte ha predisposto

Nasce il “club della gassificazione” Dall’1 al 3 marzo si terrà a Tortona (presso il Parco Scientifico e Tecnologico di Rivalta Scrivia) la Mostra Convegno Agroenergia, punto di riflessione per l’intero comparto delle agroenergie. L’evento è infatti l’occasione per un dibattito di alto profilo sulle prospettive e sui mercati, proprio in un momento in cui le rinnovabili corrono e le importanti modifiche legislative attese da un anno sono in forte ritardo. La mostra convegno sarà l’appuntamento per presentare ufficialmente il Club della Gassificazione, che nasce per iniziativa del Polibre, il Polo di Innovazione Energie Rinnovabili e Biocombustibili di Tortona, EnermHy il Polo d’Innovazione della Regione Piemonte e di EnergEtica – Distretto Agroenergetico Italia Nord Ovest e di Uncem Piemonte, con l’obiettivo di “riabilitare” la tecnologia della gassificazione che ha creato molte aspettative e anche delusioni. Il Club della Gassificazione si propone come “operazione verità”, con la finalità di tutelare gli investitori attraverso una informazione quanto più possibile obiettiva sulle prestazioni degli impianti e, di conseguenza, dare credibilità all’intero settore, in un momento delicato, dove la tecnologia sta passando dalla fase di sviluppo alla piena operatività commerciale. Per informazioni, visitare il sito internet www. agroenergia.eu.

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l’inserimento di diverse nuove centrali cogenerative a biomassa sul territorio piemontese. All’individuazione dei siti dove realizzare gli impianti, l’Uncem ha affiancato la promozione in ambito istituzionale delle iniziative, il coinvolgimento degli operatori di filiera locale, la promozione dell’iniziativa presso potenziali finanziatori. Terni Gree, Pirox, Romana Maceri Centro Italia, Birdys, Aeg Reti Distribuzione, Jpe2010, Romeo Energy, Cooperativa Cellini, Syntechnology, Ecorel Power,

Geasiste, Rvo, Comat, sono solo alcune delle società con le quali Uncem sta lavorando per lo sviluppo degli impianti nelle aree montane. Fondamentale, portare gli impianti alle biomasse. “L’impostazione dell’attività – spiegano Lido Riba e Giuseppe Tresso – si basa essenzialmente sull’affermazione territoriale di due differenti modalità di intervento collegate alle filiere di approvvigionamento locale, in modo da beneficiare per quindici anni (se l’impianto viene collegato alla rete entro il 2012) della tariffa onnicomprensiva di 0,28 eurocent al chilowatt elettrico prodotto, massimizzando la ricaduta economica sul territorio”. La prima modalità è relativa all’inserimento di impianti a gassificazione di media potenza (850-1000 chilowatt elettrici) nell’ambito di contesti peculiari di impiego dell’energia termica. Come ospedali, scuole, case di riposto, estese reti di teleriscaldamento. Il secondo modello di intervento si basa su impianti di piccola taglia (100-200 chilowatt elettrici) da inserire in corrispondenza e a servizio di piccole utenze termiche

locali. Ciascuno di questi impianti è supportato da una “piattaforma logistica” della filiera forestale che sarà gestita in modo da garantire la fornitura di cippato e, allo stesso tempo, remunerare al meglio circa il 30% del legname pregiato esboscato (10% rispettivamente tronchetti, paleria, opera). La piattaforma garantisce quindi un ulteriore reddito all’operazione nel suo complesso.

Quanto legno per una centrale Da una valutazione di uno dei casi pilota in provincia di Cuneo, 13.249 metri cubi di cippato, pari a 10.573 tonnellate, sono la quantità di legna adeguata per alimentare un impianto di 1 megawatt elettrico. I posti di lavoro che genera sono notevoli: 22 risorse umane per megawatt installato. Una centrale a biomassa che venga alimentata con materiale locale, mantiene quindi la totalità del valore generato sul territorio: la gestione della centrale e della piattaforma logistica per il materiale di maggior pregio, grazie all’attivazione di filiere per l’alimentazione, consentirà


Mombracco Energy, calore ed energia elettrica ad Envie Moderna, collegata alla filiera corta per l’uso di biomassa locale e con zero impatto ambientale. Sono i tre cardini della centrale a biomasse di Envie, costruita nel 2011. L’impianto della Società Agricola Mombracco Energy è una centrale di cogenerazione alimentata a biomassa legnosa (cippato di legna), finalizzata alla produzione di energia elettrica e all’utilizzo del calore residuo per scopi prevalentemente industriali. Il calore viene infatti utilizzato in parte per incrementare l’efficienza del processo di produzione di energia elettrica stessa (essiccando il combustibile), in parte per alimentare una rete di teleriscaldamento a servizio dei fabbricati della borgata che sorge nei pressi della centrale e del Comune di Envie, e per altri scopi industriali e civili. La centrale è realizzata con tecnologia Orc (Organic Rankine Cycle). Si tratta, cioè, di un impianto studiato per massimizzare la resa energetica, l’affidabilità e conseguentemente ridurre al minimo le fermate per la manutenzione ordinaria. Ha una potenza di 999 chilowatt elettrici, funziona 8.000 ore l’anno, consuma 35 tonnellate di cippato secco di legna vergine al giorno, darà vita a otto posti di lavoro in due anni. Il combustibile è rappresentato da biomassa legnosa reperita nel comprensorio del Saluzzese, in un raggio massimo di soli venti chilometri dalla centrale, non contiene residui di colle e vernici ed è costituito da potature e espianti dei frutteti, scarti della manutenzione e potatura del verde urbano e privato, scarti della gestione e manutenzione del patrimonio boschivo, scarti provenienti da segherie e dalla lavorazione meccanica del legno, privi di residui di qualsiasi di aumentare l’occupazione locale favorendo la creazione e la formazione di squadre di boscaioli, incrementando e potenziando la manodopera locale.

Il ruolo del Piemonte “Il Piemonte, con i suoi 900mila ettari di foreste, è la Regione italiana che potrà delineare il migliore percorso nello sviluppo della filiera legnoenergia. Il programma avviato per la valorizzazione del legno delle vallate alpine e appenniniche è sicuramente un modello per tutto il territorio nazionale”, evidenzia Lido Riba.

trattamento, prodotti della selvicoltura a turno breve (short rotation forestry). L’impianto è dotato di sofisticati ed efficaci sistemi di abbattimento e monitoraggio delle emissioni in atmosfera. Tra questi, i sistemi di abbattimento di polveri e ossidi di azoto, grazie ai quali il livello di emissione è pari a soli 8 mg/Nm³ per le polveri e 80 mg/Nm³ per gli ossidi azoto; ciò consente all’impianto di rispettare non solo i limiti nazionali (30 mg/Nm³ per le polveri e 500 mg/Nm³ per gli ossidi di azoto), ma anche gli ancor più stringenti limiti imposti dalla Provincia di Cuneo (10 mg/Nm³ per le polveri e 150 mg/ Nm³ per gli ossidi di azoto). Una caldaia a legna domestica di potenza 30 chilowatt, per il riscaldamento di un’abitazione di media dimensione, che funzioni 14 ore al giorno per 182 giorni, produce in un anno, circa 137 kg di polveri. Quindi, già solo sostituendo il calore prodotto da sei caldaie a legna tradizionali con il calore prodotto dalla Centrale Mombracco Energy, si ottiene una riduzione globale delle emissioni di polveri. La Società Agricola Mombracco Energy ha investito anche in tecnologia meccanica, per fornire agli agricoltori e frutticoltori locali un servizio rapido ed efficiente. Ha commissionato a Pezzolato Spa, azienda di Envie, la realizzazione di una cesoia, da applicare alla parte frontale del trattore, con cui espiantare i frutteti datati. Mombracco Energy si serve anche di un cippatore a tamburo Pezzolato, appositamente concepito per lavorare nei frutteti. Il mezzo consente di cippare in zone difficilmente raggiungibili dai camion. Per le informazioni sulla centrale di Envie, visitare il sito internet www.mombraccoenergy.it.

Produrre calore ed energia elettrica dal legno attraverso la tecnologia della pirogassificazione rappresenta un modello sperimentato con successo in numerose centrali in Austria, Germania e altri Paesi europei, pronto a essere replicato anche nelle Terre Alte del Piemonte. “I quindici progetti di piccole centrali che l’Uncem sta seguendo – spiega Riba – con le Comunità montane e i Comuni, con le aziende private e con gli operatori forestali che si dovranno occupare dell’approvvigionamento della biomasse, sono tutti anelli che nella catena della filiera devono essere

uniti, come richiesto dalla Regione Piemonte e dalle Province, i soggetti autorizzativi”. La montagna acquisisce oggi un nuovo ruolo in quanto produttore di risorse e anima della nuova green economy. “Solo così – puntualizza Riba – si valorizzano i beni naturali, i beni collettivi descritti dal Premio Nobel per l’Economia Elinor Ostrom. Con la Giunta e il Consiglio della Regione Piemonte continuiamo un dialogo proficuo attorno a queste grandi opportunità di sviluppo che sapremo valorizzare nel modo migliore a vantaggio dell’intera collettività”.

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Jpe2010:

la nostra energia vale di più F

Fulvio Faletti

Le piccole imprese, gli enti locali, la montagna, la Regione Piemonte e le grandi sfide della green economy. Il punto con i vertici di Jpe2010, Fulvio Faletti e Antonio Vrenna

ulvio Faletti e Antonio Vrenna, come nasce e quali sono i principali obiettivi di Jpe2010? Jpe2010 nasce a Torino dallo stimolo dato dalla Regione Piemonte durante il meeting annuale di Uniamo le Energie del 2009 dove l’allora presidente Mercedes Bresso accusava il mondo imprenditoriale piemontese di essere assente dal business verde. Abbiamo dunque fatto un esame di coscienza tra amici imprenditori e, dopo aver analizzato il mercato e verificato che effettivamente tutti gli investimenti sia privati che pubblici stavano andando principalmente a beneficiare fornitori esteri, abbiamo deciso di fare qualcosa per cambiare tale situazione. Abbiamo pensato, con mentalità da imprenditori privati, a come aiutare sia le Pmi del territorio regionale a crescere sia le Pmi con capacità tecniche e tecnologie affini ai settori alla green economy a convertirsi in parte o totalmente verso questo settore trainante. Si è voluto pensare a qualcosa di nuovo, una squadra composta da vari attori ognuno con le proprie competenze e capacità per essere insieme vincenti e per proporsi ai potenziali clienti in modo serio, costruttivo e assolutamente competitivo, ma soprattutto proponendo prodotti e servizi delle aziende del territorio Piemontese. Jpe2010 è infatti una società consortile che ha come principale obiettivo lo sviluppo della filiera produttiva di imprese Piemontesi nei settori della green economy. Quali sono i campi di intervento? I campi di intervento sono molteplici,

siamo partiti dall’argomento più sentito nell’immediato dal mercato, ovvero allo sviluppo di impianti fotovoltaici su tetti di edifici industriali e commerciali, proseguendo per la riconversione ed i nuovi insediamenti produttivi, lo sviluppo di impianti a bomassa, minieolico, miniidroelettrico, geotermia... e soprattutto l’efficienza ed il risparmio energetico. Qual è il valore aggiunto della vostra azione, per le imprese e per gli enti locali? La nostra idea è stata quella di realizzare una “filiera corta” permettendo a “chi sa fare” di ottenere il massimo beneficio eliminando i passaggi puramente commerciali. La nostra azione infatti permette al cliente di beneficiare direttamente di forniture che arrivano dal produttore eliminando drasticamente i mark up commerciali che non creano lavoro e assicurando comunque al committente un unico interlocutore che in questo caso è il Consorzio. I prezzi proposti inoltre sono il risultato dei volumi complessivi degli acquisti, agiamo infatti da centrale acquisti ottenendo prezzi interessanti di cui beneficia direttamente il cliente. I fornitori sono accuratamente selezionati e accettano condizioni di qualità e di garanzia che il consorzio impone loro, pena l’esclusione dalla squadra, a fronte di opportunità di lavoro che lo stesso gli offre. Non siete dunque una società commerciale... Esatto. Jpe2010 non è una società commerciale e non è né legata ad


un particolare prodotto e nemmeno ha il must di dover assolutamente vendere un servizio od un impianto al cliente. Spesso agiamo come sportello confortando clienti dubbiosi su scelte fatte o in fase di definizione. I clienti, che normalmente oggi restano disorientati di fronte ad una varietà sia tecnica che economica, trovano in noi una guida che li aiuta a capire e scegliere la soluzione migliore. L’importanza di avere interlocutori vicini sia mentalmente che geograficamente al committente riteniamo pertanto sia un valore aggiunto non trascurabile. Le imprese clienti e fornitrici trovano in noi un modo diverso di lavorare, una squadra che condivide obiettivi con il must, questo sì, adottato da un codice etico e morale e che insieme supera più facilmente le difficoltà e che li segue passo passo. E gli enti locali? Gli enti locali trovano in noi un partner affidabile che condivide con le imprese del territorio le soluzioni ai problemi legati all’energia e ne promuove lo sviluppo. La sensibilità degli enti locali a tale approccio innovativo è dimostrata dal fatto che, quindici giorni dopo la costituzione del Consorzio, è stato firmato un protocollo d’intesa tra Jpe2010 e la Regione Piemonte proprio volto alla collaborazione per lo sviluppo della nostra iniziativa. Come è nata l’interazione con Uncem e quali immaginate possano essere gli sviluppi dell’azione?

Antonio Vrenna presenta le strategie di Jpe2010

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Approcciando fin dalla sua nascita il mondo della green economy con l’obiettivo di sviluppare la filiera locale con il traino del business green, ma con la guida dell’etica e del territorio, non potevamo non incrociare la nostra strada con quella di Uncem. Abbiamo letto il bando emesso da Uncem in cui si cercava un partner in grado di realizzare le idee di sviluppo pensate per le Comunità montane e legate all’opportunità del mondo delle rinnovabili. Appena ci siamo incontrati abbiamo capito subito che stavamo parlando lo stesso linguaggio e che la diversa natura delle due strutture, sindacale e rappresentativa la prima e industriale e operativa la seconda, potevano essere il giusto abbinamento per realizzare concretamente idee e progetti. La visione lungimirante di Lido Riba e dei suoi collaboratori ci è piaciuta, capire che la gestione delle aree agroforestali è un’opportunità che il mondo delle energie rinnovabili può utilizzare per portare benefici trasversali a tutte le comunità interessate è la chiave di volta.

Come consorzio non abbiamo mai apprezzato l’utilizzo di opportunità messe a disposizione dalla green economy per interventi puramente speculativi anche se le norme presenti lo hanno permesso, forse per una non chiara visione degli sviluppi di questo settore. Il mondo delle energie rinnovabili rappresenta un’opportunità unica di slegarsi dai poteri forti collegati al petrolio ed è quindi corretto distribuire la produzione da fonti rinnovabili sul territorio. Siamo partiti dai risultati frutto del grande lavoro fatto da Uncem e lo abbiamo tradotto in un piano Industriale. Ad esempio? La realizzazione del progetto che prevede ad esempio lo sviluppo di diversi impianti a biomassa collocati direttamente dove le biomasse sono disponibili, prevedendo anche la creazione di attività di filiera atte a rifornire l’impianto ed a valorizzare i prodotti legnosi più pregiati che verranno separati dalla massa utilizzata come combustibile per creare attività artigianali o piccole medie imprese sarà l’opportunità di dare un futuro ad aree che negli ultimi decenni hanno prevalentemente visto un continuo declino. La parte di investimento finanziario delle operazioni più importanti è declinata ad una società Esco (Energy Service Company) in fase di costituzione che si avvarrà del supporto e collaborazione di grossi partner industriali e bancari/finanziari che già hanno dimostrato l’interesse a tale progetto. Il 2012 vedrà la partenza di questo progetto strategico a livello Regionale che vedrà coinvolti i Comuni montani del Piemonte, le imprese del territorio e i cittadini, sia come potenziali lavoratori negli impianti sviluppati o nelle filiere di forniture, sia come utilizzatori e beneficiari di interventi di riqualificazione energetica e di utilizzatori di energia verde.


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Superossola: come dare scacco al potere di Si di S Silvana ilv lvana ana P an Pi Pirazzi ira azz zzi zi

“L’Ossola non è più disposta a svendere le sue risorse, senza che nulla resti sul territorio...“

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n Ossola iniziano ad andare a scadenza le concessioni per lo sfruttamento di bacini e corsi d’acqua a scopo energetico, tramite centrali idroelettriche più o meno importanti, oggi in mano alcune a privati, altre a società, a capitale privato o misto, come l’Enel. Per legge, dal 31 dicembre 2012 gli impianti non potranno più essere gestiti da società di proprietà comunale, in caso di Comuni sotto i 30mila abitanti. Si capisce che gli enti amministrativi dell’Ossola, il cui capoluogo, Domodossola, non raggiunge i 20mila, sarebbero esclusi a priori dalla gara d’appalto, e dovrebbero lasciare, obtorto collo, lo sfruttamento delle acque in gestione a terzi, perlopiù non residenti sul territorio, in cambio di benefici ridicoli, come una pista ciclabile o un parcheggio. Infatti intorno all’oro blu delle Alpi girano cifre non da poco: solo l’Ossola produce energia idroelettrica per 270 milioni di euro l’anno, e per questo il 1º dicembre 2011, su impulso della giunta e del suo presidente Giovanni Francini, la Comunità montana delle Valli dell’Ossola ha preso il coraggio a quattro mani e ha sparigliato le carte dei poteri centrali economici e politici, che

decidono il futuro delle piccole comunità ai confini dell’impero, costituendo Superossola srl: una società a capitale al 100% della Cm, giuridicamente autorizzata a partecipare ai bandi di gara per le concessioni idroelettriche. “A fine 2012 – precisa l’assessore della Cm Filippo Cigala Fulgosi – scadranno alcune concessioni idroelettriche, che si calcola portino un utile di circa 20 milioni l’anno, e per altre centinaia di milioni nei prossimi decenni. La nostra società, partecipando ai bandi di gara, potrebbe assicurarsi introiti rilevanti. I Comuni di Beura e di Druogno hanno già dato disponibilità a sfruttare i loro acquedotti, e solo da questi due enti proverrebbero 450mila euro. Se tutti i Comuni aderiranno al progetto, sarebbe l’autonomia economica per l’Ossola, con un giro medio di 6-7 milioni l’anno. La società potrebbe poi essere complementare con il “Distretto dell’energia”, che la Provincia vuole portare avanti. L’impatto ambientale dello sfruttamento degli acquedotti è quasi zero; l’unico problema sono le concessioni, che vanno attivate entro il 31 dicembre 2012 per godere dei benefici fiscali”. L’assessore inoltre informa che al 24

Giovanni Francini

Filippo Cigala Fulgosi

gennaio il consiglio d’amministrazione si era già insediato e lavorava sul versante politico per raccogliere adesioni: “Esamineremo la prima bozza di business plan, che chiarirà l’impegno economico per la costruzione delle nuove centrali. Poi inizierà la parte gravosa: reperire le risorse, anche presso le banche e i privati”. “Noi non accettiamo più – afferma con determinazione Francini – che società esterne al territorio, o finanche privati, eminenze grigie dietro a società di comodo con sede solo nominalmente sul territorio, sfruttino le nostre acque, guadagnando milioni che poi portano via da qui, e chiudendo le fabbriche che danno da mangiare alle nostre famiglie”. “È la politica del divide et impera che non ci va più bene – dice in sostanza Francini –. Tante piccole Unioni dei Comuni non servono: ci frammentano


soltanto, facilitando la colonizzazione da parte di privati e società, che vogliono sfruttare l’immensa ricchezza della nostra gente in cambio di uno specchietto e due piume colorate. Invece dobbiamo restare uniti, compatti, tutti e 38 i Comuni; allora sì che avremo il peso sufficiente per sederci ai tavoli contrattuali, qualunque sia lo scenario che si profilerà nelle prossime manovre di ridimensionamento degli enti locali”. Infatti il lavoro di Superossola consisterà anche nel costruire un ente (si chiami Comunità montana, Unione dei Comuni o in altro modo) che, raggruppando i 38 Comuni dell’alta Provincia, superi quei 50mila abitanti, indicati da vari studi come necessari per avere sufficiente importanza politica sia in un contesto regionale, sia in un’eventuale maxiprovincia di quadrante (dove dopo il capoluogo potrebbe rappresentare l’area di maggior peso), sia a fortiori se rimanesse la provincia del Vco, dove potrebbe nutrire ambizioni proporzionali alla sua vastità. Ma l’idea di Francini non si ferma all’aspetto meramente economico: messi al sicuro gli introiti dell’oro blu, la società potrà pensare anche amministrativamente al territorio, usando i fondi per i servizi sanitari, scolastici, sociali, turistici, infrastrutturali. L’Ossola potrebbe così mantenere impianti di risalita, rifugi in quota, trasporti pubblici, servizi associati intercomunali, case di riposo, scuole

minori, mense, uffici giudiziari e altro ancora, indipendentemente dai trasferimenti statali. “Il denaro investito per la costituzione di questa società – precisa Francini – è già stato recuperato dal fatto che alle prossime gare d’appalto parteciperanno anche gli Ossolani attraverso Superossola srl. Gli introiti proverranno dalle azioni seguenti. La Cm ha già stanziato 250mila euro per gli studi di fattibilità di dodici microcentraline, da costruirsi su altrettanti acquedotti comunali: se i progetti risultano economicamente vantaggiosi, partiamo coi lavori. Stiamo anche progettando tre centrali idroelettriche superiori ai 30 Mw, nei Comuni di Macugnaga, Bannio Anzino e Premia. Infine potremo aiutare i Comuni sotto i 30mila abitanti, che possiedono piccole società per produrre elettricità dalle loro acque, e che entro il 2013 dovranno per legge rinunciarvi: Superossola srl assumerà la gestione delle loro centraline, lasciandone la proprietà ai Comuni, e poi, dedotte le spese, darà gli utili ai Comuni”. Dulcis in fundo, Francini ha in mente anche un’operazione sociale: “Compito degli amministratori è anche legare la gente al proprio territorio. Per questo stiamo studiando la forma giuridica che ci permetta di cedere il 40% di Superossola srl alle famiglie ossolane, attraverso azioni distribuite nominalmente, tipo una per famiglia, evitando così il rischio dei prestanome

L’interno della centrale Portaluppo. In alto, la centrale Enel di Varzo

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che possano concentrarle nelle mani di pochi. Non renderanno molto, ma il messaggio che vogliamo passi è l’importanza della partecipazione popolare al processo di produzione della ricchezza in loco, e di conseguenza l’amore per il territorio”. La strada sarà certo costellata di fatiche, la prima delle quali è già in atto. Il ricorso, presentato da undici Comuni (Montecrestese, Druogno, Vogogna, Beura Cardezza, Crevoladossola, Calasca Castiglione, Macugnaga, Bannio Anzino, Trasquera, Ornavasso e Re), dalla Cm e dalla società Stagalo con sede a Ornavasso, contro la decisione della Provincia del Vco, che ha riassegnato per altri 30 anni alla società vicentina “Idroelettriche Riunite”, del gruppo Beltrame (quello che possedeva la fabbrica di Villadossola ex Sisma, poi SiderScal con 80 dipendenti, chiusa definitivamente nel 2010), la concessione per lo sfruttamento degli impianti sul torrente Isorno e sui rii Nocca e Gillino, nel Comune di Montecrestese, senza bandire la gara d’appalto prevista dalla legge. Dagli anni Trenta fino a due anni fa, questi impianti producevano energia per lo stabilimento di Villadossola: 100 Gw annui, che oggi, a fucine chiuse, sono venduti a Enel. “È una decisione arbitraria – sottolinea Francini –. Senza gara, ogni altra impresa, fra cui Superossola srl, è esclusa dalla possibilità di usufruire della concessione, in palese contrasto con la normativa vigente. Ma oggi l’Ossola non è più disposta a svendere le sue risorse, senza che nulla resti sul territorio...“. Mutatis mutandis, la scintilla della resistenza borghese allo strapotere dei forti ancora una volta scocca in Ossola. Speriamo che le comunità di montagna abbiano la forza e il coraggio di tenere accesa la fiaccola...


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Quando la montagna è sinonimo di integrazione di Andrea Andr An drea ea Tro T Trovato rova vat ato to

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Lemie, piccolo centro delle Valli di Lanzo con appena un centinaio di abitanti, la scorsa estate sono arrivati 37 profughi provenienti da ogni parte dell’Africa, più precisamente da Camerun, Ghana, Mali e Nigeria. Sono tassisti, meccanici, geometri, persino due calciatori. Ma anche tanti bambini: da settembre sei di loro frequentano la scuola materna, uno invece le medie. E nel frattempo, in Val di Viù, sono nati altri tre bimbi, due femmine ed un maschio, che saranno battezzati sabato 18 febbraio nella chiesa parrocchiale del paese. «Nel giro di pochi mesi la nostra popolazione è aumentata – scherza il sindaco Giacomo Lisa – e anche l’età media si è notevolmente abbassata».

Un bell’esempio quello della comunità di Lemie che ha saputo accogliere nel migliore dei modi 37 profughi che, lasciata la propria casa, cercano di rifarsi una vita nel nostro Paese

Da più di sei mesi i rifugiati politici vivono a Villa Buzzi, dove oggi sono rimasti i “single”, e il Cottolengo, dove si sono trasferite invece le famiglie che oggi possono usufruire dell’ala ristrutturata dell’ex casa di riposo. In questi giorni i profughi potrebbero finalmente veder regolarizzata la propria posizione e, quindi, anche essere impiegati nel mondo del lavoro. Anche se, al momento, non c’è ancora nulla di concreto. Nel frattempo, alcuni di loro hanno aiutato a risistemare alcuni volumi nella biblioteca storica, una delle più antiche di tutto il Piemonte. E si sono rimboccati le maniche per preparare le aule per le lezioni di lingua italiana e informatica nella casa del fondo. Tutto questo in attesa di un lavoro e, soprattutto, di uno stipendio. «Nei mesi scorsi, insieme a Giuseppe Davy, consigliere comunale ed ex dirigente Fiat, abbiamo avuto lunghi colloqui con tutti loro – prosegue il sindaco – stilando una serie di schede con attitudini professionali e personali dei rifugiati, che abbiamo mandato agli artigiani e alle aziende delle Valli di Lanzo e del Ciriacese, con la speranza che qualcuno di questi ragazzi potesse essere assunto, anche con un contratto a tempo determinato. Abbiamo voluto parlare anche con le donne, alle quali abbiamo domandato quali fossero le loro abilità e le aspettative: qualcuna di loro oggi dà una mano nelle pulizie sia dell’ex Cottolengo che di Villa Buzzi e, nelle prossime settimane, potrebbero anche occuparsi della cucina. Sarebbe bello se qualcuno di loro decidesse di fermarsi in montagna:


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Giacomo Lisa

Celestina Olivetti

Il 18 febbraio, 12 bambini della comunità che risiede a Lemie, hanno ricevuto insieme il Battesimo. Tra i padrini, anche il sindaco e alcuni residenti del paese delle Valli di Lanzo

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abbiamo bisogno di forze nuove per non far morire quei mestieri che qui nessuno più vuole fare». Il processo di integrazione prosegue e sembra funzionare. Soprattutto grazie ai più piccoli, che da mesi frequentano le lezioni nell’istituto comprensivo di Viù e partecipano alla vita sociale della vallata. Come in occasione della festa dell’Epifania, ma non solo. «Prima erano gli assistenti sociali ad accompagnare i bambini con lo scuolabus – afferma Lisa – oggi invece, a turno, sono i loro stessi genitori che li portano a Viù. In questo modo possono conoscere gli altri adulti e gli insegnanti, osservando da vicino la realtà in cui ormai risiedono dalla scorsa estate». Persino lo sport può aiutare a stringere i legami: vista la passione di alcuni giovani africani, in estate il Comune ha rimesso in sesto il campetto da calcio ed ha organizzato anche una partita tra una rappresentativa africana e una valligiana. E c’è chi, come Innocent o Azaj, vorrebbe giocare in una squadra della zona, magari in Seconda o in Terza categoria. «La montagna è sempre stata ospitale nei confronti di chi è in difficoltà – evidenzia la presidente della Comunità montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone, Celestina Olivetti – e, anche in questo caso, lo ha dimostrato. La comunità di Lemie ha saputo accogliere nel migliore dei modi queste persone che hanno lasciato la propria casa per cercare di rifarsi una vita nel nostro Paese. Certo, sarebbe bello che i rifugiati avessero anche la possibilità di poter lavorare e potersi integrare, ancora di più, con chi vive nel territorio». Ad assistere i profughi, giorno e notte, ci sono otto operatori della cooperativa sociale che gestisce i due centri. «Abbiamo avviato un corso di italiano per gli adulti – spiega Daniele Di Gioia, uno dei giovani che quotidianamente segue da vicino i profughi di Lemie – con due lezioni a settimana. Ma proprio in questi giorni sono arrivati i finanziamenti per un progetto, realizzato insieme all’istituto comprensivo, per dare la possibilità ai più grandi di approfondire la conoscenza della nostra lingua, sia parlata che scritta». I profughi sono seguiti ogni settimana da uno psicologo, da una dottoressa, da alcune infermiere e anche da un

pediatra, visto il gran numero di bambini presenti in Val di Lanzo. «Si stanno integrando perfettamente con la realtà del posto – continua Di Gioia – e sono stati accolti a braccia aperte dalla popolazione e soprattutto dall’Amministrazione comunale, che ha messo loro a disposizione le due strutture dove risiedono. Il nostro augurio è che le pratiche burocratiche possano venire sbrigate nel più breve tempo possibile: questi ragazzi hanno voglia di lavorare e di rendersi utili alla collettività e lo hanno dimostrato in più di un’occasione».


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No forestali?

E chi difende il territorio? Mobilitazione dei quattrocento uomini che da quindici anni si occupano della manutenzione dei boschi: secco “no” al taglio dei fondi per i part-time e gli stagionali di Maria Laura Mandrilli

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anutenzione del territorio, attività vivaistica, ingegneria forestale, attività di conservazione dei boschi. Tre attività importantissime per il territorio piemontese che potrebbero venire meno nel giro di pochi mesi. Preoccupa infatti il futuro dei lavoratori forestali piemontesi. In un incontro avvenuto martedì 17 gennaio 2012 presso la sede dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione Piemonte, l’assessore Claudio Sacchetto ha informato le parti sindacali che nel bilancio regionale vi sarà un taglio di più del 50 per cento delle risorse destinate agli operai forestali. La decisione, se confermata, avrà come conseguenza l’impossibilità di riassumere 272 operai forestali nella Regione Piemonte, di cui la metà nella

Provincia di Torino. “Lo stipendio di questi lavoratori – fa notare Alessandro Ballauri, già assessore della Comunità montana Valli di Lanzo, Ceronda e Casternone – è spesso l’unica fonte di reddito per le famiglie che vivono in alta montagna, prive di ogni possibilità di trovare altra collocazione lavorativa. Hanno scelto di rimanere a presidio del territorio nelle valli montane contando su un rapporto di lavoro, anche se a tempo determinato, che fino ad ora la Regione Piemonte ha sempre confermato di anno in anno”. L’Uncem si unisce alla forte preoccupazione espressa dai sindacati, che hanno guidato la mobilitazione per informare gli enti locali e tutte le forze politiche della Regione Piemonte di quanto “pericolosa sia la decisione”

dell’assessorato, ma soprattutto quanto gravi saranno “le ricadute sulla collettività in seguito alla mancanza di presidio e tutela ambientale anche alla luce della recenti alluvioni che hanno coinvolto regioni a noi vicine”. “Ci sono centinaia di famiglie nel Piemonte che rischiano di trovarsi senza reddito – spiega il presidente dell’Uncem, Enrico Borghi –. Gli operai forestali stagionali non hanno infatti sostentamento o ammortizzatori sociali: Il loro lavoro nel territorio montano è essenziale, perché contribuisce a evitare il dissesto idrogeologico, mantenendo i sentieri percorribili. In questo momento di crisi sarebbe meglio tagliare sul superfluo e non lasciare senza lavoro famiglie che già devono convivere con i disagi delle zone montane”. Sulla vicenda, si sono mossi a fine gennaio anche alcuni consiglieri regionali. “L’annuncio dell’assessore Sacchetto è particolarmente grave – affermano Mino Taricco e Wilmer Ronzani. – Da un lato è preoccupante la situazione personale di questi lavoratori che si ritroveranno con le loro famiglie da un giorno all’altro senza un introito economico in un momento già particolarmente difficile per l’occupazione e l’intera economia piemontese”. “Dall’altro lato – proseguono – è gravissimo il fatto che tutta l’attività che questi lavoratori svolgevano fino ad oggi a difesa dell’assetto idrogeologico delle zone montane e collinari del Piemonte da loro non verrà più svolta. Stiamo parlando di almeno la metà degli operai forestali addetti a queste buone pratiche, la loro assenza peserà pesantemente”.


Lo strano caso delle indennità

di Marco Bussone

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l presidente di un Parco piemontese percepisce un compenso di 17.906,52 euro lordi annui, il vicepresidente 4.476,63 euro lordi l’anno, il consigliere 3.133,64 euro lordi l’anno, pari a 31.784,07 euro lordi l’anno (così come previsto dalla Delibera della Giunta Regionale del 19 settembre 2011) per l’intero Cda. La domanda è spontanea: perché l’attuale amministrazione regionale, che ha accettato l’abolizione delle indennità degli amministratori delle Comunità montane, non ha avuto il coraggio di azzerare, di conseguenza, anche le indennità degli amministratori dei Parchi? “Per la sola Provincia di Cuneo – fa notare Ugo Boccacci, presidente della Comunità montana Alpi del Mare – il costo degli amministratori dei tre Parchi naturali è pari a 95.352,21 euro e il costo degli amministratori delle sei Comunità montane cuneesi, invece, è pari a 0,00 euro. Mi pare che le scelte operate dalla Regione Piemonte non siano molto corrette: da una parte vengono tolte del tutto le indennità, mentre dall’altra parte vengono confermate”. I tagli già effettuati dalla Giunta regionale di centro sinistra con la legge 19 del 2008 – in armonia con i principi stabili dalla Legge Finanziaria 244 del 2007 – avevano stabilito che le indennità di funzione a carico dei presidenti delle Comunità montane venissero fissate in 1.394,43 euro lordi mensili (pari ad 16.733,16 euro annui, da dimezzare in caso di lavoratori dipendenti). La Finanziaria 2010 ha poi eliminato, per presidenti e amministratori di Comunità montana, ogni indennità. L’art. 5 comma 7, del decreto legge 78 del 31 maggio 2010, letteralmente riprodotto dall’art. 5, comma 7, della Legge 122 del 30 luglio 2010, con le misure urgenti in materia

Ugo Boccacci

Sulle indennità, Comunità montane e Parchi regionali sono separati da un abisso. Da una parte presidenti e assessori senza alcun compenso. Dall’altra, cifre importanti che fanno gola a molti. E i giochi politici per le poltrone si sprecano di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” prevedeva: “Art. 5. Economie negli organi costituzionali, di governo e negli apparati politici. Agli amministratori di Comunità montane e di unioni di comuni e comunque di forme associative di enti locali, aventi per oggetto la gestione di servizi e funzioni pubbliche non possono essere attribuite retribuzioni, gettoni, o indennità o emolumenti in qualsiasi forma siano essi percepiti”. Tutti d’accordo. O quasi. Tant’è che la norma è stata applicata. Da un anno e

mezzo, i presidenti e gli amministratori di Comunità montana del Piemonte non percepiscono compenso. Lavorano gratis. Chiamatelo “volontariato”, rivolto a 800mila persone. E perché invece i presidenti di Circoscrizione e gli stessi presidenti (più vice, ecc...) di parchi regionali continuano a ricevere la loro indennità? Qualcosa non funziona. E i conti non tornano. Necessario tenere presente che le responsabilità connesse alle cariche sono ben diverse! E i presidenti dei parchi non sono eletti, ma nominati. Senza contare – dato ancor più importante di questa assurda disparità di trattamento tra chi amministra parchi e Comunità montane – che la Regione non ha ancora previsto i fondi a bilancio per pagare i 435 dipendenti delle Comunità montane nel 2012. Servono 20 milioni di euro (25 euro pro capite per gli 800mila abitanti delle aree montane piemontesi) che permettano il funzionamento delle Comunità montane. Le quali continuano a svolgere il loro lavoro, per lo sviluppo delle aree montane e per l’organizzazione dei servizi in forma associata tra i Comuni...

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Montagne a rischio idrogeologico

di Gianni Giacomino

Negli ultimi dieci anni, investiti 300 milioni di euro per la tutela dell’assetto idrogeologico del territorio. Tutti gli interventi coordinati dalle Comunità montane. L’appello dell’Uncem: ora lo Stato deve prevedere che il 10 per cento della tariffa dell’acqua potabile torni alla montagna, dove vi sono le fonti idriche e i bacini di oro blu

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n fondo regionale di 50 milioni di euro per la realizzazione di opere che prevengano la disgregazione della montagna sulla pianura. Un’operazione che il Piemonte e l’Italia possono fare subito, garantendo alle Comunità montane maggiori risorse per la tutela dell’assetto idrogeologico del territorio. È quanto è stato chiesto nella mattinata di venerdì 11 novembre, nella conferenza stampa organizzata a Torino dall’Uncem alla quale hanno preso parte i 22 presidenti delle Comunità montane piemontesi. Se la montagna frana, la frana si abbatte sulla città. Con le ultime forti precipitazioni di metà novembre, questo non è successo grazie al lavoro di prevenzione svolto dalle Comunità montane, d’intesa con la Regione Piemonte, i Comuni e le Province. Negli ultimi dieci anni, le Comunità hanno investito quasi 300 milioni di euro in centinaia di opere, concretizzando gli obiettivi di “bonifica del territorio”, competenza assegnata loro sin dal 1975 e ribadita negli ultimi provvedimenti normativi

sulla montagna. Contenimento di rii, difese spondali di torrenti, protezione dei versanti, distacco programmato di frante, sistemazioni idraulico-forestali: sono solo alcune delle opere nel lungo elenco delle 22 Comunità. Ma oggi, guardando alle Terre Alte che sono il naturale serbatoio d’acqua del Piemonte e dell’Italia, è necessario aumentare questo fondo. Basterebbe raddoppiare, con una norma nazionale, la quota di tariffa dell’acqua potabile, che tutti paghiamo, destinata al mantenimento delle fonti idriche e alle opere per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio. In Piemonte, è in media del cinque per cento, decisa dalle Province. Alcune non hanno mai pagato e gli interventi non sono stati fatti. Il fondo regionale oggi è di circa 15 milioni di euro, ai quali vanno aggiunti finanziamenti previsti da altre leggi piemontesi, come la 16 del 1999. Trenta milioni di euro complessivi, che vengono “restituiti” dai piemontesi alla montagna. L’acqua è realmente un bene collettivo, ma la forza di gravità che


spinge l’oro blu in tutte le case, è una risorsa solo della montagna. Una base della prevenzione, sulla quale, a livello nazionale si può agire per fare di più. “Non chiediamo ‘assistenza’, ma anche in questo caso, il diritto allo ‘sviluppo’ e alla tutela del territorio, nell’interesse di tutto il Piemonte, non solo di chi vive nei 553 Comuni montani”, evidenzia Lido Riba. Un’esigenza confermata da Domenico Tropeano, già presidente del Cnr, geologo, da Carlo Manacorda, docente di Scienze delle Finanze all’Università di Torino, e da Marco Balagna, assessore alla Montagna della Provincia di Torino. “Proprio nel momento in cui la Regione sta correndo per togliere le Comunità montane – afferma Balagna – evidenziare gli interventi per la prevenzione del rischio idrogeologico, è fondamentale. Penso anche al lavoro fatto in molte Comunità montane con i gruppi intercomunali di protezione civile e la necessità di un coordinamento tra i Comuni per le opere che prevengono i disastri”. I numeri raccontano il grande impegno delle Comunità montane per i lavori sul territorio: 56 milioni investiti negli ultimi dieci anni dalla Comunità montana Valle di Susa e Val Sangone (e prima del 2010 dalle tre Comunità montane), i 30 milioni della Comunità montana Valle Orco e Soana, i 411 interventi della Comunità montana Valli dell’Ossola, eseguiti nell’ultimo decennio con 15 milioni di euro (disponibili i dati di ciascuna delle 22 Comunità montane con gli interventi realizzati: si possono

66 milioni di euro in arrivo dal Ministero “Esprimiamo il nostro apprezzamento per l’impegno che il Ministro Clini ha dimostrato nel reperire i fondi necessari a copertura degli Accordi di programma per la mitigazione del rischio idrogeologico sottoscritti con le regioni. Il reperimento di 750 milioni di euro, infatti, rappresenta un tassello fondamentale, la conditio sine qua non per poter procedere con la realizzazione degli interventi urgenti e prioritari per la messa in sicurezza del territorio e della popolazione”. Così l’Assessore regionale all’Ambiente e Difesa del Suolo Roberto Ravello, il 10 gennaio, in merito alle dichiarazioni del Ministro Clini sul reperimento dei fondi per far fronte al dissesto idrogeologico. “Si tratta di un impegno di primaria importanza per il Piemonte – prosegue Ravello. – In base all’Accordo sottoscritto con il Ministero dell’Ambiente, infatti, nella nostra regione sono previsti 217 interventi ritenuti prioritari ed urgenti, per un totale di circa 66 milioni di euro. Come è noto, le condizioni generali di rischio idrogeologico sul territorio si sono ulteriormente aggravate a seguito degli eventi di marzo e novembre. Anche per questi motivi, nelle scorse settimane, abbiamo sollecitato il Ministero affinché desse risposte concrete alle richieste che provengono dal territorio: è per questo motivo che l’impegno del Ministro Clini, costituisce un segnale positivo che speriamo possa concretizzarsi al più presto, permettendoci, così, di realizzare le opere necessarie per far fronte ad una grave e diffusa fragilità”. richiedere all’Uncem). “Solo oggi – evidenzia il presidente Giovanni Francini, che è anche vicepresidente dell’Uncem Piemonte – stanno partendo 35 interventi per un totale di sei milioni di euro investiti. La situazione è molto chiara: per fare prevenzione bisogna partire dall’alto, dalle sorgenti dei nostri torrenti, per poi scendere a valle. Solo così, con questa programmazione, la montagna non frana sulla città”. “Se non avessimo fatto gli investimenti necessari – spiega Danilo Crosasso – avremmo rivissuto anche nell’autunno 2011 l’incubo di dieci anni fa o degli

eventi alluvionali degli anni novanta, con danni enormi. Togliere il ‘fondo Ato’, con la percentuale sull’acqua potabile destinata alle Comunità montane, sarebbe assurdo. Non ci sto a essere guardato come un parassita. Smantellare le Comunità e togliere loro le risorse per le opere che contribuiscono a evitare i dissesti idrogeologici, è un attacco alla montagna. Non lo permetteremo”. Anche Ugo Boccacci, nella Comunità montana Alpi del Mare, progetti alla mano, ha coordinato investimenti per 50 milioni di euro nell’ultimo decennio.

I relatori e i partecipanti alla conferenza stampa Uncem dell’11 novembre 2011, sui problemi relativi all’assetto idrogeologico del territorio montano

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Roberto Cota con il direttore del settore regionale Montagna e Protezione Civile Vincenzo Coccolo

“Lo Stato ci permetta almeno di estrarre e vendere il materiale litoide dai torrenti, come era possibile anni fa. Il gettito lo potremmo reinvestire tutto in opere per la prevenzione”, propone Marina Carlevato, presidente della Comunità montana Val Chiusella, Sacra, Dora Baltea Canavesana. Enrico Borghi, presidente nazionale dell’Uncem, è certo che vi sia “bisogno di un lavoro silenzioso e oscuro di manutenzione e costante cura, e non gli effetti speciali che produce il ponte sullo stretto di Messina. L’Italia riscopre amaramente quello che aveva dimenticato: che è una nazione montana, in cui la relazione tra montagna e città deve essere costruita perché una montagna abbandonata frana a valle. Bisogna però cambiare, e sul serio. Abbandonare la politica delle

I numeri e l’impegno delle Comunità montane Dal 1801 al 2010 il Piemonte è stato colpito da un centinaio di eventi alluvionali principali, con frequenza di uno ogni 18-24 mesi; dal 1993 al 2010 gli eventi con effetti gravi sono stati 10. Dal 2002 al 2004, il progetto nazionale Iffi (Inventario Fenomeni Franosi in Italia) ha censito solo in Piemonte oltre 34mila frane o zone soggette a movimenti franosi. Con il Programma di interventi di sistemazione e manutenzione montana, in accordo con le Autorità d’Ambito, vengono uniformate su tutto il territorio montano piemontese (553 Comuni, per il 52 per cento della superficie del Piemonte) le attività di pianificazione e programmazione, con un coordinamento di finanziamenti che ottimizza le risorse disponibili. Le Comunità montane piemontesi oggi hanno un finanziamento di 25 milioni di euro l’anno previsto dalla legge 13 del 1997. La legge piemontese vigente stabilisce infatti che venga assegnata alle Comunità montane una quota della tariffa dell’acqua potabile, in misura non inferiore al 3 per cento (stabilita dalle Province). Fondi vincolati alle opere per il mantenimento dell’assetto idrogeologico, per la prevenzione di eventi calamitosi come alluvioni e frane, per la difesa delle fonti idriche. A questi si aggiungono le risorse finanziarie previste da altre leggi specifiche sulla materia, destinate in particolare alle Comunità montane.

Sistemazioni con briglie e argini sul rio Manet e sul rio Fenils: due esempi di protezione e difesa del territorio


lacrime di coccodrillo, e credere nella manutenzione e nella salvaguardia dei versanti. E per farlo occorre avere fiducia nel territorio montano, nel sistema degli enti oggi esistenti e negli amministratori, che sono la medicina e non il problema”. L’azione di tutela del territorio da parte delle Comunità montane ne riafferma il ruolo e mette d’accordo molti esponenti politici piemontesi. “È profetica l’azione dell’Uncem in questo campo – afferma il deputato Giorgio Merlo –. La Regione Piemonte non deve togliere risorse e non deve spazzare via le 22 Comunità montane. L’azione per la tutela del territorio e per la prevenzione ne dimostra l’estrema necessità. Consiglio dunque di evitare il progetto di eliminazione delle Comunità montane per ricostruire delle unioni di Comuni, delle quali non si precisa ruolo, forma, compentenze e impegno degli attuali delle Comunità montane”. A chiedere spazi e tempo per la riflessione, è anche il consigliere regionale Mino Taricco. “Solo se si ha chiaro il disegno futuro, si può riformare la rete di enti locali che abbiamo in Piemonte, forte di quarant’anni di storia. Fare le riforme è importante, anche del sistema degli enti locali, ma le grandi occasioni che uno ha di fronte devono muoversi attorno a un

17 milioni di euro dall’Ato3 torinese Ammonta a 17 milioni 275mila euro il contributo che l’Autorità d’Ambito 3 “Torinese” ha stanziato a inizio dicembre 2011 alle sei Comunità montane della provincia. Si tratta del 5 per cento della tariffa idrica che la legge regionale 13 del 1997 ha previsto venga destinata alla tutela delle fonti idriche in montagna e alle opere per la difesa dell’assetto idrogeologico del territorio. Contenimento di rii, difese spondali di torrenti, protezione dei versanti, distacco programmato di frane, sistemazioni idrauliche-forestali. Il contributo, deliberato dalla Commissione Permanente, comprende la seconda tranche del 2009 (5.207.758 euro) e la quota totale del 2010 (12.067.424 euro). “L’Ato 3 – afferma Lido Riba – ha da sempre risposto con particolare efficacia alla legge 13, dove è stato inserito un fondo per la tutela del territorio, in misura non inferiore al 3 per cento della tariffa dell’acqua potabile. Le opere realizzate nell’ultimo decennio, con quasi 300 milioni di euro investiti in tutto il Piemonte, sono state fondamentali affinché la montagna non franasse sulla pianura. Altre Autorità d’Ambito piemontesi, negli ultimi anni, non hanno ripartito il “fondo Ato” alle Comunità montane, pregiudicando l’azione di protezione e di tutela dell’assetto idrogeologico delle Terre Alte. Prendano esempio dall’Ato del Torinese, particolarmente sensibile alla difesa del territorio e al lavoro svolto dalle Comunità montane grazie ai piani stilati con la direzione Opere Pubbliche, Difesa del Suolo, Economia Montana e Foreste della Regione Piemonte”.

obiettivo generale, del quale efficienza e risparmio sono i cardini. È evidente a tutti quanto hanno fatto le Comunità montane, chiamate dal legislatore regionale a essere unioni di Comuni per la gestione associata dei servizi,

enti di bonifica del territorio e agenzia di sviluppo che valorizza le risorse del territorio per far crescere la rete sociale ed economica. Distruggere è assurdo. Migliorare invece, è una grande priorità del Piemonte”.

A Vogogna, Borghi pulisce il Toce Nessun intervento di Aipo? Allora nel letto del Toce, scendiamo noi. Non ci ha pensato due volte il sindaco di Vogogna Enrico Borghi, presidente nazionale dell’Uncem. Dopo oltre dieci giorni dall’emanazione dell’ordinanza con la quale intimava all’Agenzia la pulizia e la manutenzione dell’alveo del fiume Toce nel territorio comunale, fortemente compromesso dalla presenza di alberi e ghiaia, Borghi il 22 novembre 2011 ha mobilitato tutto il paese. E ha disposto l’affidamento a una ditta di effettuare la pulizia ed il taglio delle piante nel Toce. Le spese saranno caricate ad Aipo. “Non accettiamo di restare inermi, vengano da Parma a dire che stiamo sbagliando, ce lo dimostrino – ha tuonato il sindaco Enrico Borghi in un’improvvisata conferenza stampa svoltasi a pochi metri dal letto del fiume – non abbiamo avuto risposta dall’Aipo in merito allo stato di conservazione del fiume Toce, il fiume è pericoloso in questo tratto, abbiamo sollecitato gli organi competenti, nessuno si è mosso per effettuare la pulizia del materiale di riporto nell’area limitrofa al ponte della Masone, punto preoccupante per l’incolumità delle persone, siamo nella strozzatura del bacino orografico del Toce, è come una clessidra a monte ed a valle, e qui siamo esattamente nel mezzo. Il sedimento di ghiaia depositato negli ultimi dieci anni può causare danni alle persone”. Il Comune di Vogogna ha emesso un’ordinanza per la pulizia dell’alveo del Toce nei tratti pericolosi: “Al sindaco compete anche la prevenzione – spiega Borghi – e quindi riteniamo che Aipo debba intervenire seguendo quanto richiesto. Ci sono poi competenze differenti, la Regione sui rii affluenti ed Aipo sul Toce, e quindi nessuno si muove. Abbiamo accompagnato lunedì il Prefetto per spiegargli il problema direttamente dalla sponda del fiume”.

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Prende quota la Tv delle Alpi Da quest’anno, Alp Channel è presente sull’intero Arco Alpino e nell’Appennino settentrionale

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l canale televisivo, nato a ridosso dei XX Giochi Olimpici Invernali di Torino 2006 con l’idea che le montagne non dovessero essere soltanto uno scenario suggestivo, ma importanti protagoniste nella ricerca di nuovi equilibri tra risorse, qualità della vita e rapporti sociali, è oggi il terreno ideale per promuovere un territorio con caratteristiche uniche al mondo, dare voce a chi vive nelle Alte Terre e diffondere la pratica degli sport nella natura. Alp Channel propone programmi bilingue sin dal 2010, grazie alla collaborazione con il canale televisivo francese TV8 Mont Blanc. Una peculiarità inizialmente resa possibile dall’assegnazione di un finanziamento europeo “Alcotra”, diventata oggi un vero e proprio percorso di sviluppo che intende includere progressivamente tutte le lingue delle Alpi. Senza dimenticare l’inglese, perché le Alpi sono, in tutto il mondo, il territorio montano per antonomasia, con le sue pareti ripide, le sue discese innevate capaci di attirare appassionati da tutti i continenti e le sue affascinanti culture. Una meta ambiziosa, ma molto importante per La grande partecipazione di pubblico alla presentazione di Alp Channel nella sede Cai di Torino

tutti i partner che hanno completato la presenza di ALP channel sull’arco alpino e nell’Appennino settentrionale: Emmedue Videoproduction a Trento e Milano, Videoest a Trieste e Imago Orbis a Bologna. Lomar s.a.s. collabora, invece, con la redazione lombarda per progetti culturali legati alla montagna. Sul fronte occidentale si è già sviluppata un’inedita rete di collaborazioni tra canali televisivi, il cui primo risultato è la trasmissione intitolata “Transalp, l’Europa, la montagna, gli uomini”, coprodotta e diffusa da Telecupole e Alp channel in Italia, da TV 8 Mont Blanc e Télé Grenoble nel Rhône-Alpes, e da TLPTélé Locale Provence nella regione Paca. «La partecipazione degli altri Paesi alpini, dalla Svizzera, all’Austria, alla Slovenia, verrà poco per volta – assicurano i vertici di Alp Channel –. Siamo certi che avremo il sostegno di tanti amici capaci di credere e investire nei sogni ambiziosi». Intanto, Alp channel si concentra sullo sviluppo tecnologico della comunicazione, per conquistarsi un ruolo da protagonista anche sul web. «Alp channel è una web Tv che accosta

di Laura Sansalone al palinsesto di stampo televisivo la possibilità di fruizione on demand, perché ognuno trovi rapidamente i contenuti di suo interesse – continuano – alle produzioni di notiziari, reportage e rubriche in video, la Web Tv somma un’ampia sezione per l’interattività, aperta alla partecipazione e ai contributi più diversi». Con Alp channel si fa largo, insomma, un modello di Tv da usare e non soltanto da guardare passivamente. Una Tv che, invece di bersagliare gli spettatori con l’alternanza tra le brutte notizie e i lustrini, parli con loro, di loro e per loro, in virtù di un mondo di straordinaria ricchezza, tutto da scoprire. In particolare, Alp channel si mette al servizio di chi abita le Terre Alte, degli enti locali, delle organizzazioni professionali, delle imprese e di tutti quelli che amano la montagna. Esplora i territori alpini, parla dei problemi comuni, confronta le opinioni e le soluzioni, racconta le iniziative, promuove le località meno conosciute e apre nuovi orizzonti su quelle più note. Allo stesso tempo accende i riflettori sui prodotti di qualità, l’uso attento delle risorse, il rispetto della natura e il senso della comunità, valori della cultura alpina che è importante reinterpretare in un’ottica di sviluppo e innovazione. A tutto questo si aggiunge una grande attenzione per lo sport, a tutti i livelli: agonismo e divertimento, cura della salute e piacere condiviso dell’avventura. Il risultato è un canale di assoluta autorevolezza, che può contare sulla professionalità di giornalisti profondamente legati alla montagna e su un’ampia rete di collaborazioni con i quotidiani, i periodici delle valli alpine e i principali enti rappresentativi degli interessi delle Terre alte, per garantire un flusso continuo di notizie e opinioni direttamente dalle Alpi.


Happy drink con

per l’acqua liscia e gasata in tutti i Comuni R

idurre gli imballaggi di plastica, valorizzare l’acqua pubblica e far risparmiare i cittadini. Sono questi i presupposti del successo riscontrato negli ultimi anni dalle “fontanelle” e dai “chioschi” dell’acqua, le installazioni di strutture e apparecchiature tecnologiche che attingendo dalla rete di acquedotto mettono a disposizione dei cittadini l’acqua pubblica liscia o gasata con l’aggiunta di anidride carbonica. I cittadini possono così rifornirsi di acqua refrigerata presso i punti di erogazione al pubblico riempiendo le proprie bottiglie, dopo aver scelto fra liscia e gasata. Così, al notevole risparmio per i cittadini e le famiglie, si aggiunge la sostenibilità ambientale: riduzione della produzione dei rifiuti plastici costituiti dalle bottiglie dell’acqua minerale, riduzione del consumo di energia per la loro realizzazione e riduzione dell’inquinamento determinato dal trasporto delle acque imbottigliate dal luogo di produzione a quello di vendita. In questa nuova modalità di erogazione dell’acqua, l’Uncem Piemonte ha avviato una partnership da inizio 2011 con l’azienda Rivoira, leader della fornitura di anidride carbonica alimentare E290 – unico ingrediente oltre all’acqua di rete – garantendo i più alti standard di sicurezza sia tecnica sia alimentare. Rivoira, con i suoi rappresentanti sul territorio piemontese, ha predisposto una vasta gamma di opportunità per i

Per contattare l’azienda, è possibile visitare il sito www.rivoiragas.it, inviare un’e-mail a crm_rivoira@praxair.com, telefonare allo 199.133.133

piccoli Comuni delle Terre Alte e per le Comunità montane. Qualità, esperienza, assistenza e competenza consentono a Rivoira di proporsi quale partner ideale nello sviluppo di soluzioni innovative, tecnologicamente avanzate, a elevata competitività. Rivoira fornisce l’anidride carbonica e l’impianto di distribuzione, garantendo servizi all’avanguardia che permettono un’erogazione costante e ininterrotta del gas al sistema di distribuzione dell’acqua attraverso appositi stoccaggi, la purezza e la qualità dell’acqua gasata che avrà sempre le bollicine, ma anche una maggiore

sicurezza dell’impianto rispetto a quelli tradizionali. Il servizio dell’azienda torinese permette alle municipalità di mettere a disposizione – con impegni economici estremamente ridotti – il servizio delle fontanelle in pochi mesi dalla richiesta. Anche questa è un’interessante occasione di sviluppo dei nostri territori, dove è possibile valorizzare l’acqua e aumentare i servizi a beneficio di chi vive e opera nelle Terre Alte.

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Fornitura ed installazione di

moduli solari fotovoltaici

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ei comuni della Valle di Susa si prevede l’installazione di 61 impianti solari fotovoltaici per complessivi 1.815 Kwp. I comuni interessati dall’intervento sono i seguenti: Almese, Avigliana, Bardonecchia, Bruzolo, Bussoleno, Caprie, Chianocco, Mompantero, Sant’Ambrogio, Sant’Antonino, San Giorio, Salbertrand, Sauze d’Oulx e Susa. I lavori di realizzazione degli impianti fotovoltaici relativi ai comuni di Avigliana e Bruzolo sono stati eseguiti nei mesi da ottobre a dicembre ed al 31/12/2011 tutti gli impianti di questi due comuni sono stati allacciati alla rete elettrica nazionale. Il termine dei lavori ed il relativo allacciamento alla rete nazionale per tutti gli altri impianti fotovoltaici è previsto entro giugno 2012. Sono inoltre in corso le progettazioni per la realizzazione di nuovi impianti fotovoltaici per i Comuni di Borgone, Claviere, Gravere e Villardora e Buttigliera Alta. Comune di Avigliana – Scuola materna

Comune di Avigliana – Scuola elementare

Comune di Avigliana – Scuola media Municipio di Bruzolo

Palestra di Bruzolo

ACSEL SPA Via delle chiuse, 21 10057 Sant’Ambrogio di Torino (TO) Tel. 011/9342978 – Fax 011/9399213 E-mail: segreteria@acselspa.it


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Assicuriamo la montagna Per rispondere alle specificità delle realtà più piccole I piccoli Comuni montani e le Comunità montane spesso si trovano in difficoltà per i loro programmi assicurativi: • per il limitato interesse da parte degli operatori del settore; • perché le loro statistiche individuali di sinistri possono essere inattendibili a causa dell’insufficienza del campione di dati; • perché spesso non hanno in organico le professionalità in grado di valutare le condizioni generali adeguate alle loro realtà. Per rispondere alle loro difficoltà, l’U.N.C.E.M. Piemonte ha siglato con L’ARCA Consulenza Assicurativa Srl una specifica Convenzione a favore dei Comuni montani.

L

a presente Convenzione si prefigge lo scopo di dare possibilità agli Associati di stipulare delle coperture assicurative specifiche per gli Enti Pubblici montani a condizioni e premi particolarmente vantaggiosi che singolarmente sarebbe molto difficile ottenere. Oltre a tutte le polizze che necessitano ad una P.A. il nostro settore “Enti pubblici” ha studiato una soluzione per assicurare la “Responsabilità Civile Patrimoniale di ogni singolo organismo della Pubblica Amministrazione” e contro i rischi derivanti dalla loro attività, per i singoli Amministratori e singoli dipendenti dei Comuni e delle Comunità montane secondo quanto previsto dalla Legge 244/2007. Il servizio verrà integrato con specifici

momenti formativi a favore del personale dell’Ente riguardo alle metodologie della gestione dei contratti (pagamento premi, comunicazioni varie, modifiche) e dei sinistri. I prodotti verranno commercializzati con il tramite del Broker di assicurazione L’ARCA Consulenza assicurativa S.r.l. e dal suo settore “Enti pubblici” composto da: • Luciano Ronchietto Risk manager Enti Pubblici luciano.ronchietto@larcasrl.it cell. 3456202507 • Claudio CODA Broker Claudio.coda@larcasrl.it cell. 3356455432 • Franco Giorgio Giorgiofr.broker@gmail.com cell. 3468811672 Le condizioni di polizza applicate saranno visibili e scaricabili sul sito della Soc. L’ARCA Consulenza Assicurativa S.r.l.: ww.larcasrl.it

PARLIAMO ORA DI RESPONSABILITÀ AMMINISTRATIVA DI AMMINISTRATORI E DIPENDENTI DELLA P.A. Nel numero precedente (n. 5 del settembre/ottobre 2011) è stata presentata la convenzione che l’U.N.C.E.M. Piemonte ha siglato con L’ARCA Consulenza Assicurativa S.r.l. a favore dei Comuni montani. A partire dal numero di oggi entreremo nel merito di alcuni aspetti tecnico/ assicurativi. Partiamo con “La responsabilità di Amministratori e Dipendenti”. In conformità al principio dettato dall’art. 28 Cost. e alla disposizione di cui all’art. 97 Cost. (escluso il profilo della responsabilità penale che riveste carattere personale non assicurabile), i funzionari pubblici rispondono dei danni prodotti con il loro comportamento nell’esercizio delle proprie attribuzioni: • Direttamente verso i terzi


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36 (responsabilità civile extracontrattuale). • Verso l’Amministrazione di appartenenza e la p.a. in genere (responsabilità patrimoniale amministrativa e contabile). La Responsabilità Civile verso terzi è disciplinata dagli artt. 22 e seguenti del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, i quali limitano detta responsabilità, sotto il profilo dell’elemento psicologico, alle ipotesi di dolo o colpa grave. L’elemento dell’antigiuridicità può consistere non solo nella violazione di norme imperative di leggi e/o di norme di comune diligenza o prudenza, ma anche nell’inerzia e cioè nel fatto che l’impiegato si rifiuti o ritardi ingiustificatamente atti o operazioni, al cui compimento egli sia tenuto. Inoltre esiste una responsabilità solidale del funzionamento e dell’amministrazione nel caso di danno nei confronti del cittadino (art. 28 Cost.) che può scegliere chi escutere. La P.A. potrà eventualmente avvalersi verso il dipendente. Per il danno invece arrecato all’amministrazione pubblica (danno diretto, ossia il pregiudizio economico cagionato all’ente pubblico fin dall’origine indipendentemente dal fatto che vi siano terzi interessati) o che questa debba risarcire i privati (danno indiretto, ossia patito dall’amministrazione che sia obbligata a risarcire i terzi – per accordo transattivi o sentenza di condanna – i danni cagionati dal dipendente art. 22 comma 2 T.U. n. 57), il funzionario è chiamato a rispondere per responsabilità patrimoniale innanzi alla Corte dei Conti (art. 1 comma 1 legge n. 20/94).

Pertanto la responsabilità patrimoniale dei funzionari pubblici verso la P.A. può assumere due forme: • Responsabilità amministrativa: incombe sui funzionari che abbiano prodotto un danno patrimoniale all’amministrazione. • Responsabilità contabile: propria degli agenti contabili, cioè dei dipendenti che maneggiano denaro o hanno in custodia bene e/o valori dell’amministrazione stessa. I principali elementi costitutivi della responsabilità amministrativa sono: – la violazione dei doveri di ufficio (rapporto di impiego, di servizio); – il danno erariale (qualsiasi pregiudizio degli interessi fondamentali della collettività sempreché suscettibili di valutazione economica, compreso il danno non patrimoniale all’immagine della P.A.); – l’elemento soggettivo, il comportamento doloso o colposo (COLPA GRAVE); – il nesso di causalità tra detto comportamento e il danno. La legislazione limita, come detto, la responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave, ferma restando l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali. Le conseguenze di una condotta lievemente colposa accertata in giudizio restano, dunque, sempre a carico della pubblica amministrazione e dunque del

bilancio pubblico (art.3, comma 1, legge 639/96). Il problema della responsabilità nella P.A. ha assunto particolare importanza soprattutto dopo che, in seguito alle aperture della sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione del 22 luglio 1999, n. 500 e alle disposizioni di cui alla legge n. 205/2000, è pienamente riconosciuto il diritto del cittadino al risarcimento dei danni derivanti dalla lesione di interessi legittimi da parte della pubblica amministrazione, riproponendo in primo piano la questione della diretta responsabilità degli amministratori e dei dipendenti della pubblica amministrazione che quei danni possono cagionare con il loro comportamento. In altre parole, oggi, ogni profilo di azione amministrativa è potenzialmente fonte di danno e conseguenzialmente di richiesta di risarcimento. Il profilo assicurativo individuale su cui operare contrattualmente nei confronti dei pubblici agenti è rappresentato – per quanto riguarda la responsabilità civile – dalla colpa cosiddetta grave.

PER QUANTO RIGUARDA LA RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI degli Enti pubblici evidenziamo che: L’art. 93 del T.U. delle leggi sull’ordinamento degli Enti locali cita testualmente: “Per l’amministratore e per il personale degli Enti locali si


osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli impiegati civili dello stato”. Perché, quindi, gli amministratori e i dipendenti pubblici si devono assicurare? • Perché la protezione del proprio patrimonio da richieste di risarcimento è un atto dovuto per salvaguardare sia il terzo sia la Pubblica Amministrazione. • In quanto le dispute legali sono spesso lunghe, costose e traumatiche; pertanto una copertura assicurativa per la Responsabilità Civile è un requisito necessario per la tutela di tutte le parti coinvolte. • A chi è rivolta? A ogni ente la cui attività sia soggetta alla giurisdizione della Corte dei Conti. • Chi si assicura? 1) L’organismo della Pubblica Amministrazione contraente della polizza; 2) ogni persona indicata in polizza che abbia con il Contraente un rapporto di servizio o un mandato o che partecipi alle attività istituzionali.

OGGETTO DELL’ASSICURAZIONE La Responsabilità Civile derivante all’assicurato per Perdite Patrimoniali cagionate a terzi in conseguenza di atti od omissioni commessi da amministratori e dipendenti indicati in polizza, per cui l’Ente Assicurato/ Contraente sia civilmente responsabile per legge, compresi i fatti dolosi e colposi commessi da persona di cui l’assicurato stesso debba rispondere ai sensi della legge. Con la stipula di questa polizza, che viene emessa nel pieno rispetto della norma prevista dalla Finanziaria 2008, si estende la possibilità ad ogni singolo di dotarsi di specifica copertura assicurativa alla COLPA GRAVE degli amministratori e dipendenti il cui premio

resta a carico di ognuno di essi ai sensi dell’art. 2043 del c.c. e dell’art. 28 della Costituzione giusta sentenza Corte dei Conti sez. 1, 29/11/1990 n. 254. Ciò premesso, possiamo affermare che l’incremento del controllo da parte dalla Corte dei Conti è divenuto negli ultimi anni un fenomeno di enorme interesse per gli amministratori e impiegati pubblici perché, data la vastità della materia da affrontare, l’atto illecito, ossia qualsiasi azione od omissione colposa compiuta nello svolgimento della propria mansione/funzione presso l’Ente che cagioni ad altri una perdita patrimoniale, diventa quasi un errore certo. Per i motivi innanzi specificati ci permettiamo di consigliare agli amministratori e ai dipendenti di assicurare, per la Responsabilità patrimoniale, il Comune, quale Ente esercente attività amministrativa, e di assicurarsi loro stessi in quanto una corretta gestione assicurativa della propria attività solleva dalla preoccupazione di poter pregiudicare, magari con un unico errore, anni di impegno e di sacrifici e di affrontare con più tranquillità gli impegni quotidiani. Atre precauzioni non esistono.

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La scommessa di Daniele (e tanti altri)

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n alpeggio, sui nostri monti, incontriamo sempre più pastori che giungono da terre lontane: Macedonia, Albania, Marocco… Pastore, agricoltore, mestieri in estinzione? Per fortuna non ancora. Andrea Maffeo, nel Biellese, ha fatto la coraggiosa scelta di vita di essere pastore e un libro e un video raccontano la sua determinazione. La sua storia non è affatto isolata. A Serre di San Damiano Macra altri giovani g hanno deciso di seguire la medesima strrada. E accade in tanti altri luoghi strada. ricchi di storia e d dii memoria delle no ostre montagne. nostre “N Non cadranno lee case degli antich hi “Non antichi villlaggi” sembra eessere ssere l’impulso ch he villaggi” che o. richiama al reinsediamento reinsediamento. Si ritrovano così

Scommettere sulla montagna e sull’agricoltura: è in questo spirito che si sta disegnando il futuro delle nostre Terre alte, che ritrovano tanti giovani disposti ad accettare la sfida, a mettere in gioco il loro futuro, con speranza e convinzione

di Valter Giuliano

attività troppo affrettatamente abbandonate, per un malcelato desiderio di affrancarsi dagli umili legami che ci vincolano, comunque, alla terra; le si riscopre naturalmente. Capita, allora, che sia loro riconosciuta la possibilità di conferire un senso alto al progetto di vita che ognuno di noi ha. È soprattutto in questo spirito che si sta disegnando il futuro delle nostre Terre alte, che ritrovano persone disposte ad accettare la sfida, a mettere g p in gioco il loro futuro, con speranza e convinzione. o Susa, Sulle montagne che sovrastano hianocco, Daniele Danie ele tra Bruzolo e Ch Chianocco, venten nne, ha scelto Cibrario, ventenne, di continuare la tradizionale attività di famiglia per condurre due


39 alpeggi: “La Gardinera” e “Cruino”, tra i 1500 e 2000 metri di altitudine. Conseguito il diploma di perito meccanico, ha deciso seguire la passione e dedicarsi ai lavori della campagna che ha condiviso con i genitori, sin da bambino, insieme alla sorella minore Monica, che studia ragioneria e in prospettiva sarà l’amministratrice dell’azienda. Un progetto di vita: «Sono convinto della mia scelta. Il futuro avrà sempre bisogno dell’agricoltura; ma è evidente che la dobbiamo interpretare in maniera moderna e innovativa». Già ora l’anagrafe dei capi allevati, le nuove nascite e le qualità organolettiche del latte viaggiano in rete. Il settore agricolo resta indispensabile ancorché si tenda, troppo spesso, a considerarlo marginale. E di conseguenza a ritenere socialmente subalterni coloro che vi si dedicano. Non è un caso che il settore agroalimentare sia chiamato “settore primario”: è comparto produttivo indispensabile per la vita di ognuno. Daniele ha fatto la scelta: prendersi cura della terra e pascolare gli animali alle alte quote dove occorre adattarsi a condizioni di vita non sempre confortevoli. Un onere non indifferente, un impegno che assorbe l’intera giornata e tutte le giornate dell’anno, feste e domeniche incluse. Daniele conduce, con i genitori, un’azienda con una cinquantina di vacche da latte, una ventina di manze, due tori e una ventina di vitelli. Il latte prodotto, con ciclo completamente meccanizzato, è conferito a un’azienda del Torinese. In estate la salita agli alpeggi, dove gli animali restano da giugno a settembre. La sua attività non gli impedisce di studiare e informarsi sulle innovazioni nei settori dell’allevamento, dell’alpicoltura, della meccanizzazione agricola ed è in grado di intervenire sulle macchine agrarie, con padronanza, qualsiasi guasto si verifichi, grazie agli studi che ne hanno accompagnato la naturale predisposizione verso gli aspetti tecnologici. A differenza dei pastori e contadini di un tempo, costretti a proseguire le attività dei padri, Daniele ha compiuto una scelta di vita libera e convinta. Lo ha fatto in continuità con i genitori, Angelo e Cecilia che si sono conosciuti

sulle Terre alte degli alpeggi, tra Valle di Susa e di Lanzo, per unire i loro destini da cui è nata una moderna impresa: stalla progettata per garantire comfort agli animali e massima igiene; attrezzatura per la mungitura meccanica con ciclo del latte completamente automatizzato a garanzia di sterilità e salubrità del prodotto. Un’azienda al passo con i tempi, capace di affrontare il futuro, nella quale Daniele porterà le conoscenze apprese con lo studio introducendo tutte le innovazioni necessarie. Ha idee chiare sul futuro e la sua scommessa è convinta. Agricoltura e montagna necessitano di figure come la sua, persone che hanno consapevolmente deciso di mettersi in gioco per cogliere le opportunità che le politiche europee e l’affermarsi della qualità offrono sul piatto della competitività. Una sfida cui l’Italia deve rispondere ricorrendo a risorse giovani ed entusiaste come lui che, tuttavia, vanno incoraggiate e sostenute con puntuali scelte di politica economica. La terra e i frutti che sa dare sono troppo importanti per essere dimenticati o anche solo lasciati ai margini dello

sviluppo economico. Ma per continuare a darli, trasformando miracolosamente la luce del sole, l’anidride carbonica e i sali minerali in prodotti organici, ha bisogno di donne e uomini che se ne facciano carico e che dobbiamo sostenere. Come Daniele.


Cultura

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Il Premio Spadolini

al Gal Mongioie e a Venaria Il Gal Mongioie è stato premiato come miglior progetto di valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale italiano

Il sindaco Catania riceve il premio per la Città di Venaria Reale

I

l riconoscimento è giunto lo scorso 12 novembre, in occasione della prima edizione del “Premio Eco and the City Giovanni Spadolini”. Il progetto, promosso dalla Fondazione Spadolini Nuova Antologia e dal periodico Energeo Magazine, nasce per promuovere la sostenibilità ambientale, la tutela del territorio, la salvaguardia del paesaggio e lo sviluppo delle buone pratiche in senso lato. «Il Premio Eco and the City Giovanni Spadolini – spiega Cosimo Ceccuti, presidente della Fondazione Spadolini Nuova Antologia – si richiama al ricordo vivo di Giovanni Spadolini, del suo impegno culturale, politico e civile in una dimensione italiana ed europea, per tenere viva la memoria e i valori ai quali sempre si ispirò lo statista fiorentino, fondatore del Ministero per i beni culturali e ambientali, nonché storico insigne dell’epopea risorgimentale». 1600 le candidature arrivate da tutta Italia,

grazie a Comuni “virtuosi” guidati da sindaci pragmatici e lungimiranti, pronti a guardare ben oltre il protocollo di Kyoto. Quattro le sezioni, e le medaglie, previste dal Premio: “politiche integrate e sostenibili”, “valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale”, “riqualificazione dei territori agricoli” e “settore privato e imprese virtuose”. A queste si aggiungono le sezioni speciali per le “località della memoria dell’Unità d’Italia nell’Epopea Garibaldina” e “Comuni che beneficiano della presenza di un sito Unesco sul proprio territorio e nelle aree confinanti”. Ottimo il posizionamento del Piemonte in tutte le categorie. Non solo la medaglia del Gal Mongioie, che con i suoi 49 comuni certificati Emas in provincia di Cuneo, ha vinto come miglior progetto di valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale, ma anche l’attenzione riscossa dalle proposte dell’Agriturismo Ca Bella di Pernice (Al), nella sezione che individua i progetti di riqualificazione delle imprese agricole, del Comune di Buttigliera Alta nel Torinese, inserito nella sezione che riguarda le politiche territoriali integrate e sostenibili, e del Gruppo Intesa San Paolo, nella sezione dedicata al settore privato e imprese virtuose con il progetto “Ambientiamo”. Menzione speciale anche per la città di Venaria Reale, vincitrice fuori concorso della Medaglia Spadolini, per essere testimone dell’opera meritoria di Giovanni Spadolini, che iniziò la sua attività di ministro per i Beni culturali e ambientali proprio con un progetto di recupero della Reggia Sabauda. Per il presidente Lido Riba, in giuria in rappresentanza di tutte le Comunità montane italiane: «Questa prima edizione

di Laura Sansalone

del Premio, che ha consegnato la sua prima medaglia alla memoria di Angelo Vassallo, il sindaco di Pollica ucciso dalla malavita per aver difeso il territorio dalle speculazioni edilizie, testimonia che la responsabilità di salvaguardia e di tutela dell’immenso patrimonio territoriale italiano è spesso affidata agli amministratori locali e ricorda a tutti in che misura essi rappresentino una forza imprescindibile per la promozione dello sviluppo sostenibile nel nostro Paese».

Il consigliere Roberto Gerbo, rappresentante del Comune di Buttigliera Alta, finalista nella prima sezione, riceve il riconoscimento

Il Premio Spadolini al presidente del Gal Mongioie, Beppe Ballauri


Tracce di invasioni N

el nostro excursus cronologico sui toponimi montani dovremmo a questo punto cimentarci con il lascito del latino. Ma siccome i vocaboli tramandati, tramite le parlate romanze (occitano, franco-provenzale, piemontese) sono centinaia e rappresentano il grosso del nostro patrimonio linguistico, facciamo un salto in avanti, in modo da sgombrare il terreno dagli apporti di altra origine, e poterci poi concentrare con comodo sulla gran massa dei toponimi. Ora le cosiddette invasioni barbariche hanno lasciato traccia nella misura in cui non sono stati dei meri raids (Saraceni, Ungari), ma sono stati accompagnati da un insediamento più o meno duraturo. Il riferimento è ai cinquant’anni di dominazione ostrogota e ai due secoli di dominazione longobarda. A queste due fasi storiche risalgono i germanismi presenti sul nostro territorio. Altro discorso è invece quello relativo ai Walser: non si tratta di una invasione, bensì di una pacifica migrazione di montanari arrivati dal Vallese in epoca posteriore al 1000, la cui parlata e i cui usi, in un numero ristretto di comuni fra la val Sesia e la val d’Aosta, sono oggi oggetto di studio e di, forse tardiva, riscoperta e tutela. Al di fuori delle invasioni si colloca anche la questione dei vocaboli franchi penetrati in Italia a partire dalla conquista di Carlomagno (774 d.C.). I Franchi a quella data erano ampiamente romanizzati e quindi, come per gran parte del lessico feudale, varrebbe la pena parlare di prestiti francesi piuttosto che frànconi. Distinguere fra vocaboli di origine gotica e vocaboli di origine longobarda non è sempre agevole. L’elemento discriminante dovrebbe essere la cosiddetta seconda rotazione consonantica (secondo lo schema tenui> aspirate >sonore >tenui) che i Longobardi hanno conosciuto pienamente come tutti i popoli germanici meridionali, mentre altri ne sono stati coinvolti parzialmente (Germania centrale) o per nulla (Anglosassoni della Britannia).

In italiano abbiamo coppie di parole come grinta e grinza, banca e panca, recare e ricco, in cui il primo vocabolo è di origine gotica, il secondo longobardo. La distinzione non è evidentemente possibile per parole che non contengano consonanti occlusive oppure consonanti occlusive sottoposte a doppia rotazione in tutte le lingue germaniche continentali. Senza scomodare altri criteri (ad es. il confronto con lo spagnolo consente

Ornamenti di donne longobarde. Sopra: Lamina aurea con immagine (al centro) di Agilulfo

di rintracciare vocaboli usati dal ramo occidentale dei Goti), diciamo che sono di dubbia attribuzione il suffisso -engo, che indica appartenenza, e il termine Guardia (guarnigione) diffuso in tutta la penisola italiana. Sicuramente Guardia Lombardi in provincia di Avellino avrà a che fare con i Longobardi (ducato di Benevento), Guardia Piemontese in Calabria è stata invece fondata da un gruppo di Valdesi in fuga dalla val Pellice al tempo delle persecuzioni medioevali. Lo stesso si può dire di Olgia vicino a Domodossola (medioevale Augia,

Cultura

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di Livio Berardo

tedesco Au, “isoletta in un fiume”). In Binda (“striscia di bosco”), presso Stresa, Valperga, composto dal romanzo val e da berg, monte, e Lanzo è presente la seconda rotazione consonantica. Bardonecchia, Bardonisca, non vuol dire altro che città dei Bardi, forma abbreviata del nome etnico. Per indicare i loro insediamenti i Longobardi usavano tre vocaboli: sala, fara e braida. Il secondo ha lasciato molte tracce nell’Italia centrale, il terzo riguarda tenute agrarie di pianura (Bra, Brera, pensiamo agli aggettivi inglese broad e tedesco breit, largo). Sala, fattoria con residenza del capo guerriero (magari una grande capanna con un’unica sala in muratura) è diffuso in tutta la penisola. In Piemonte ritroviamo Sale Langhe, Sale nell’alessandrino, Sala Biellese, c’è una Sala sulla strada che da Giaveno porta al colle Braida. Siamo a 1000 metri fra val Sangone e val di Susa, ma si tratta pur sempre di una radura. Meno sicura è l’etimologia di Saluzzo spiegata come Sala di Uzzo (nome personale longobardo come Lanzo). Nel Saluzzese il re Desiderio fondò un’abbazia dei monaci di San Colombano ed è molto diffuso il nomecognome di chi scrive, di chiara origine germanica. Ma in realtà, come si è visto, la gran parte dei toponimi longobardi riguarda il Torinese. L’archeologia (grandi ritrovamenti al Lingotto, a Testona di Moncalieri e Collegno) conferma la centralità dell’insediamento longobardo nella civitas che forse da allora cominciò ad emergere nel panorama regionale. Torino portò fortuna ad Arioaldo, a Ragimperto e al più noto Agilulfo, duchi della città eletti re di tutti i Longobardi. Ma la val di Susa fu fatale ai loro ultimi successori. Astolfo fu piegato due volte alle Chiuse da Pipino, re dei Franchi, chiamato in Italia da papa Stefano II, e infine Adelchi venne sconfitto da Carlomagno suppergiù negli stessi luoghi. Quest’ultima battaglia, con la successiva espugnazione di Pavia, segnò la fine del dominio longobardo in Italia.


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Cultura

Recensioni a cura di Laura Sansalone

“In” Politica Localismo strategico: il Comune cuore del nuovo Stato Giancarlo Buffo e il Gruppo di Rivara sono un gruppo di cittadini (Giancarlo Buffo, Emanuele Davide Ruffino, Alessia Cerchia, Marco Capolongo, Oscar Giacoletto, Mauro Marchiando) animati dalla passione per la politica, con esperienze professionali nei settori economici, giuridici, della finanza, della pubblica amministrazione e dell’impresa. Il loro libro è un meritevole contributo al ritorno dei cittadini “In” politica.

I

l saggio cerca di fornire alcune risposte e soluzioni operative ai problemi che affliggono quotidianamente i cittadini e chi si occupa oggi della “Cosa pubblica”. Partendo dal presupposto che sia necessario un nuovo patto sociale che sappia interpretare il cambiamento, attraverso la riorganizzazione dello Stato, delle Istituzioni e dei partiti, il libro sostiene la necessità di ricreare le condizioni per l’accesso attivo alla politica da parte della cittadinanza, fornendo anche un piccolo kit di intervento dell’amministratore-innovatore, visto come artigiano al servizio della collettività. Giancarlo Buffo e il Gruppo di Rivara, “In” Politica – Localismo strategico: il Comune cuore del nuovo Stato, 2011, Liberodiscrivere Editore, pagine 320

Ribelli in montagna Altrove Alessandro Orsi si occupa da oltre un ventennio d’istruzione, storia e turismo. Collabora con riviste, movimenti e associazioni a favore del territorio valsesiano, degli ideali progressisti, dell’educazione scolastica e della solidarietà.

I

l volume propone 25 itinerari sulle tracce dei ribelli di montagna: dolciniani, partigiani garibaldini, patrioti, operai sessantottini. L’autore descrive ogni tracciato soffermandosi su paesaggi, architetture e tradizioni locali della Valsesia e della Valse Valsessera, fornendo al cont contempo il racconto di even storici e di personaggi eventi che hanno segnato i luoghi des descritti attraverso la loro rib ribellione, tanto per motivi rel religiosi, quanto per ragioni po politiche e morali. A Alessandro Orsi, Ribelli in m , 2011, Istituto per montagna la storia della resistenza e d della società contemporanea nelle province di Biella e Vercelli, pagine 255

Erich Giordano è laureato in Scienze linguistiche. Collabora da diversi anni con la Comunità montana Valle Stura, per la quale si occupa del Centro di Documentazione di Sambuco. Lorenzo Delfino è insegnante di lettere in una scuola media. Unisce la passione per la fotografia e l’antropologia all’amore per la montagna.

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n saggio appassionato che, con interviste-colloqui a un campione tipologico di residenti in alta montagna, invita i lettori a ridimensionare la portata di concetti come identità, autenticità e naturalità. Categorie queste che appaiono ambigue e problematiche, all’interno di un percorso che porta a considerare la montagna non più come una proprietà o un’immagine speculare di sé, ma come un Altrove che chiama alla responsabilità al di là dell’appartenenza. Il libro comprende anche un saggio di Enrico Camanni e uno di Valentina Porcellana. Erich Giordano e Lorenzo Delfino, Altrove, 2009, Priuli & Verlucca, pagine 269


Biomasse ed energia Produzione, gestione e processi di trasformazione Silvana Castelli ha redatto un’utile strumento per assistere le professionalità nelle fasi di progettazione e costruzione dell’impianto, produzione, approvvigionamento e gestione dell’impianto

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a fonte energetica per i Paesi in via di sviluppo, la biomassa sta assumendo particolare importanza anche nei Paesi industrializzati, che stanno scoprendo nuove applicazioni e nuovi sistemi colturali per sfruttarne le potenzialità nella produzione di energia e biocarburanti. Nel volume vengono trattati tutti i principali argomenti riguardanti la pianificazione e realizzazione delle filiere energetiche e l’utilizzo delle migliori metodiche sino ad oggi elaborate per un efficiente impiego dei vari tipi di biomassa. Il testo offre una ampia trattazione dei fattori critici in tema di programmazione degli approvvigionamenti, sistemi di conversione, dimensionamento degli impianti, unitamente ai problemi inerenti la produzione, raccolta, conservazione, caratterizzazione chimico fisica delle biomasse. Vengono inoltre analizzate le problematiche riguardanti la produzione dei bio-carburanti come olio vegetale, biodiesel e bioetanolo. Particolare spazio è dato alla filiera del

biogas, perché è quella che presenta le m maggiori possibilità di sviluppo nel nostro PPaese, data la sua forte compatibilità ccon il sistema agricolo. Infine vengono p presentati alcuni casi-studio come esempio co concreto degli aspetti teorici. Il volume ris risponde all’esigenza di avere una fonte di co consultazione che comprenda, nella loro mu multidisciplinarietà, tutti i vari aspetti teorici ep pratici relativi all’impiego delle biomasse nel nella produzione di energia. Silv Silvana Castelli, ricercatrice presso l’istituto di B Biologia e Biotecnologia Agraria del Cnr di M Milano, dal 2006 si occupa di energie rinn rinnovabili da biomassa. Nel 2007 istituisce il “M “Master in Gestione delle biomasse e dei proc processi per la produzione di energia”, che prepara professionisti operanti nel settore della gestione delle filiere energetiche. Il Master, attualmente alla sua quarta edizione, è divenuto punto d’incontro tra ricerca, sperimentazione tecnica e mondo agricolo. In passato si è occupata di micropropagazione delle piante di interesse agrario presso l’Invalsa (Cnr) di Firenze. Successivamente trasferitasi all’attuale Istituto di Biologia e Biotecnologia Agraria, si è occupata di biologia cellulare, studiando in particolare i problemi delle proteine di riserva del seme. È autrice di diverse pubblicazioni su riviste nazionali ed internazionali.

Montanari per scelta Indizi di rinascita nella montagna piemontese Giuseppe Dematteis ha dedicato la sua vita di studioso alla promozione dell’educazione geografica. Oggi è professore emerito del Politecnico di Torino e presidente dell’Associazione Dislivelli – Ricerca e comunicazione sulla montagna.

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uesta ricerca, condotta su quattro territori-campione della montagna piemontese (Valchiusella, alta e bassa valle di Susa, alta Langa), offre un quadro descrittivo e interpretativo di come si abita e si lavora oggi in montagna. L’indagine si basa su rilevazioni statistiche presso le anagrafi comunali e su interviste ai nuovi residenti, volte a evidenziare pregiudizi comuni da superare e verità confermate, indagando i rapporti che essi hanno con i contesti locali, i fattori territoriali specifici che entrano in tali rapporti, le visioni, le motivazioni, le aspettative, le esigenze dei nuovi abitanti e le difficoltà che essi incontrano comunemente.

Giuseppe Dematteis (a cura di), Montanari per scelta. Indizi di rinascita nella montagna piemontese, 2011, Terre Alte-Dislivelli, Franco Angeli editore, pagine 112

Cultura

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Progetti europei

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Presentazione dei risultati di Emanuela Dutto, Erich Giordano

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opo tre anni di attività il progetto europeo Alp-Water-Scarce, che ha visto l’Uncem Piemonte partecipare insieme ad altri 16 partner provenienti da tutto l’arco alpino, è giunto al termine ed è arrivato il momento di stilare dei bilanci e presentare i risultati. Un primo incontro di restituzione ha avuto come destinatari gli studenti delle Prime e delle Seconde dell’ITIS “S. Lirelli” di Borgosesia. La scelta non è stata casuale per diverse ragioni: infatti l’area pilota scelta dall’Uncem per il progetto è stata proprio la Valle Sesia e si è pensato che coinvolgere una scuola del territorio per illustrare le attività svolte e i possibili sviluppi vada nella direzione di una partecipazione sempre maggiore da parte degli abitanti delle zone montane nei processi di gestione e sviluppo locale. Il risultato principale del progetto, per quanto riguarda l’Uncem, è senza dubbio l’elaborazione di un’“Analisi multi criteri finalizzata alla formazione di graduatoria delle proposte progettuali inerenti la realizzazione di nuovi impianti idroelettrici nel bacino del fiume Sesia”, curata dal Prof. Ing. Maurizio Rosso del Politecnico di Torino. L’analisi si propone come un vero e proprio piano strategico che consente, attraverso l’elaborazione di una matrice, di valutare l’opportunità e la possibile localizzazione di nuovi impianti idroelettrici in un bacino caratterizzato da una buona portata idrica e da un dislivello significativo per tale scopo. L’Uncem Piemonte da tempo collabora con enti locali e privati nel settore

energetico per incentivare e sviluppare la green economy in aree montane ricche di risorse naturali e di potenzialità in questo campo. Per questa ragione, la scelta di puntare all’interno del progetto Alp-Water-Scarce a elaborare un documento finale che va proprio in questa direzione è stata presa nell’ottica di sfruttare al meglio le opportunità di collaborazione con prestigiosi istituti italiani ed europei per sviluppare un discorso così centrale nel modo più professionale e approfondito possibile. Tenendo in considerazione il parere di esperti a livello internazionale, un miglior utilizzo della risorsa idrica può diventare un volano di sviluppo economico per i territori montani, sempre nell’ottica della conservazione dell’ambiente e delle risorse naturali.


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egli ultimi anni, in seguito all’apertura del mercato europeo del lavoro, circa 3 milioni di cittadini europei hanno lasciato il loro Paese d’origine per trasferirsi all’estero. Dopo un’esperienza di alcuni anni, molti di essi intenderebbero ritornare, ma spesso incontrano grandi problemi nella ricerca di un lavoro adeguato alle loro esigenze o nel confronto con difficoltà di carattere burocratico. In questa fase le attività del progetto iniziano a interessare direttamente le aree pilota scelte dai 12 partner provenienti da 7 Paesi europei differenti, con lo scopo di creare condizioni migliori per attrarre capitale umano, contrastare la fuga dei cervelli e supportare lo sviluppo economico delle Regioni. Il primo importante passo consiste nell’invito rivolto agli emigranti a partecipare a un’indagine online attraverso la quale possono fornire preziose informazioni per comprendere meglio le condizioni e le aspettative di coloro che intendono ritornare. L’indagine si rivolge anche a coloro che già sono stati protagonisti di un ritorno e che possono condividere le loro esperienze e le eventuali difficoltà incontrate. I partner del progetto intendono ottenere in questo modo informazioni per preparare le attività pilota e nuove iniziative per i migranti di ritorno, partendo da un’immagine quanto più possibile rappresentativa delle loro necessità e delle loro competenze. Le questioni affrontate sono cruciali e possono essere raggruppate in tre grandi blocchi: 1) Quali politiche di sistema dovrebbero essere adottate per reintegrare in modo effettivo coloro che ritornano, a

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Progetto Regions benefitting from returning migrants

di Emanuela Dutto, Nuria Mignone beneficio dello sviluppo economico? 2) Come incentivare i migranti di ritorno a investire sul territorio d’origine e sviluppare attività di lunga durata? 3) Quali sono le esigenze (in termini di formazione, supporto generale, ecc.) dei migranti di ritorno necessarie a valorizzare nel modo più opportuno le loro conoscenze, capacità e disponibilità economiche a vantaggio del loro Paese d’origine? Altri temi importanti sono i seguenti: – In che modo le capacità acquisite all’estero possono essere utilizzate nel Paese d’origine? – Quanto possono essere sviluppate tali capacità in seguito al ritorno? L’indagine ha l’obiettivo di fotografare adeguatamente la situazione corrente, evidenziando in particolare i limiti e le differenze tra i diversi Paesi europei nei processi e nelle politiche attuati. Il punto di forza principale dell’indagine è che, per la prima volta, una ricerca di questo tipo viene

eseguita contemporaneamente in aree molto diverse fra loro, ma accomunate dal desiderio di valorizzare al meglio il potenziale delle risorse umane emigrate all’estero. Emigrati, migranti di ritorno e altri interessati all’argomento sono invitati a compilare il questionario, disponibile in lingua italiana on-line all’indirizzo http://return.ifl-leipzig.de. La compilazione richiede circa 20 minuti e permette di partecipare all’estrazione di buoni per l’acquisto di libri per un valore complessivo di € 300. L’Uncem Piemonte gestisce le attività di comunicazione nel progetto Re-Turn e cura il sito ufficiale www.re-migrants.eu. All’interno del sito sono presentati nel dettaglio gli obiettivi del progetto, le aree pilota, i partner e una sezione di news permette di rimanere aggiornati sulle attività che vengono via via effettuate.

Progetti europei

Uncem Piemonte contribuisce al supporto degli emigrati che intendono ritornare al Paese d’origine, attraverso la partecipazione al progetto europeo Re-Turn, finanziato con i fondi del Programma Central Europe


Progetti europei

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Progetto Costi di mobilità come fattore per una buona scelta di insediamenti residenziali sostenibili

L’

Uncem Piemonte partecipa, nell’ambito del Programma Alpine Space 2007-2013, al progetto MORECO – Costi di mobilità come fattore per una buona scelta di insediamenti residenziali sostenibili, che vede coinvolti in tutto 10 partner provenienti da Austria, Slovenia, Francia e Italia guidati dal SIR – Istituto per la pianificazione regionale di Salisburgo. Il progetto affronta le dinamiche economiche e demografiche nello Spazio Alpino, partendo dal presupposto che si assiste in maniera crescente allo sviluppo di aree periurbane, alla frammentazione del territorio e dei servizi pubblici e a un incremento sostenuto nell’utilizzo

di mezzi di trasporto privati. Questa situazione porta a numerosi problemi, come l’aumento del pendolarismo soprattutto individuale, la crescita delle emissioni di CO2 e dell’inquinamento, il congestionamento del traffico e in generale una riduzione della qualità della vita che in parte dipende anche dagli alti costi sostenuti in termini di mobilità e tempo perso. In futuro, l’effetto dei costi acquisterà maggiore influenza sulle decisioni di insediamento, a causa della diminuzione di risorse pubbliche e private. In quest’ottica, la sfida principale del progetto MORECO

di Emanuela Dutto, Nuria Mignone

è quella di supportare il trasporto pubblico influenzando la pianificazione territoriale da un livello locale a un livello trans-nazionale attraverso: – nuove forme di collaborazione tra enti pubblici con il compito della pianificazione e società di trasporto private; – strumenti adeguati per i pianificatori e gli amministratori per valutare i costi a lungo termine delle diverse scelte abitative; – nuovi strumenti che mostrino agli attori del trasporto potenzialità non ancora sfruttate; – maggiore consapevolezza da parte dei cittadini, degli imprenditori e degli enti locali; – la promozione di uno sviluppo spaziale sostenibile e policentrico; – l’incoraggiamento di una mobilità amica dell’ambiente (insediamenti compatti, distanze brevi). Per maggiori informazioni, si invita a visitare il sito ufficiale http://www. moreco-project.eu, che l’Uncem Piemonte cura nell’ambito del progetto.


Eventi e iniziative delle nostre Comunità a cura di Marialaura Mandrilli

Agnese Ugues all’inaugurazione della mostra su Cavour a Bruxelles

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n pezzo di Piemonte, a Bruxelles. Nel mese di novembre, la mostra sull’Unità d’Italia è volata al Consiglio d’Europa, grazie alla delegazione italiana del Congresso dei poteri locali, presieduta dal Segretario generale aggiunto dell’Aiccre Emilio Verrengia. La mostra è stata organizzata dalla Provincia di Padova, presieduta da Barbara Degani. All’evento hanno collaborato anche l’Associazione Amici di Cavour e le Province di Catanzaro; hanno collaborato il Comune di Sangano e il Comune di Castel Maggiore. La mostra è stata inaugurata dal Presidente della Delegazione Emilio Verrengia, dell’Ambasciatore Sergio Busetto, dal Presidente del Congresso, dal vicesindaco di Sangano (e consigliere Uncem) Agnese Ugues, da Gino Anchisi dell’Associazione Amici di Cavour, da Manuela Buzio di Turismo Torino e Provinvia, e dal Vicepresidente della Lorena Jean Pier Liouville, da Lorigiola che ha presentato la mostra della Provincia di Padova sul Risorgimento. Il 6 dicembre, Agnese Ugues, consigliere dell’Uncem Piemonte e dell’Uncem nazionale, ha inoltre ricevuto l’onorificenza di Cavaliere al Merito della Repubblica Italiana dal Prefetto di Torino Alberto Di Pace.

Notizie dalle Comunità

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La Natura è casa nostra

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Notizie dalle Comunità

48 COMUNITÀ MONTANA VALLI ORCO E SOANA COMUNITÀ MONTANA VALLE STURA

Plessi scolastici, via alla gestione associata

Quarant’anni di storia raccontati in un fascicolo edito dalla Comunità montana

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“...P

l Consiglio della Comunità montana Valle Stura ha approvato all’unanimità dei consiglieri presenti (11 di maggioranza e 3 di minoranza) la convenzione, con i comuni di Demonte e di Vignolo, per la gestione associata dei plessi scolastici dei due comuni, compresa la scuola Media di Valle. La convenzione garantisce in questo modo l’adempimento della normativa che prevede lo svolgimento in forma associata di due funzioni per i comuni con popolazione compresa tra i 1000 ed i 3000 abitanti. Il presidente Varrone ha evidenziato la sensibilità del Consiglio Comunitario nell’aver votato all’unanimità un atto politico-amministrativo che riconosce nella Comunità montana l’ambito più vicino alle esigenze dei Comuni e del Pierpaolo Varrone territorio.

astori e boscaioli sono gente paziente incapace di far sciopero, ma la montagna si è rotta le scatole, travolge gli argini, alluviona le pianure e spinge le ortiche fin nelle piazze di Milano...”. Dalla lettera di Mario Rigoni Stern inviata nel 2002 ad un altro grande vecchio, l’ex Presidente Ciampi, quando venne deciso di tagliare del 38,5% il fondo per la montagna. Il Presidente Ciampi scrisse al Governo caldeggiando un ripensamento che rese possibile il reintegro dei fondi. Oggi, purtroppo, non c’è più un altro Mario Rigoni Stern. Si apre con queste parole, scritte da Gualtiero Fasana e da Danilo Crosasso, il fascicolo che la Comunità montana Valli Orco e Soana ha redatto per riepilogare 40 anni della propria storia. “Comunità montana Valli Orco e Soana. Dalla bonifica montana alla banda larga” il titolo del volume scaricabile anche dal sito internet www.cm-valliorcosoana.to.it.

COMUNITÀ MONTANA CEBANO, MONREGALESE

Territorio e cultura a tavola

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a Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese organizza, nell’ambito di un progetto culturale finanziato dalla Regione Piemonte, la rassegna “Territorio e cultura a tavola” per promuovere sia la cucina e i prodotti tipici, sia gli aspetti turistico-culturali del territorio. Sono previsti quindici appuntamenti il venerdì sera presso i locali del territorio che propongono una cena tipica. Si tratta di ristoranti, trattorie o aziende agrituristiche che hanno predisposto un menù tipico con la supervisione degli insegnanti dell’Istituto

Alberghiero Giovanni Giolitti di Mondovì. A ogni serata è abbinato un “momento culturale”, per approfondire la conoscenza del territorio: i partecipanti potranno ad esempio visitare la biblioteca di Vicoforte, la Confraternita di San Bernardo a Torre Mondovì o la Torre medioevale a Castellino Tanaro, effettuare un’escursione in grotta o assistere alla dimostrazione sulla lavorazione del legno da parte di un artigiano. L’ultima serata sarà curata dagli studenti dell’Istituto Baruffi di Ceva i quali, coordinati dal professor Aldo Intagliata, proporranno

la ricostruzione di una festa romana con cibi, balletti, combattimenti fra gladiatori, scenette rifacendosi alla classica commedia di Plauto “Mostellaria”; la serata si concluderà con una cena romana. Gli altri appuntamenti gastronomici invece vedranno la presentazione dei piatti tipici della cucina piemontese, presentati secondo le antiche ricette o rivisitati in chiave moderna. Nei menù verranno largamente utilizzati i prodotti tutelati dai Consorzi locali: Consorzio per la valorizzazione e la tutela dei prodotti tipici

dell’Alta Val Tanaro, Consorzio le valli del Re per la valorizzazione e la tutela della patata e dei prodotti tipici delle Alpi Marittime, dell’Alpet e della Navonera, Consorzio per la valorizzazione delle paste di meliga del Monregalese, Consorzio per la valorizzazione e la tutela del formaggio Raschera, Associazione di valorizzazione e tutela del cece di Nucetto, Associazione dei produttori del Dolcetto delle Langhe Monregalesi, Società agricola cooperativa Gustanatura. Per informazioni, telefonare allo 0174 705602.


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L’Uncem sui social network

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ontinua a crescere il numero di “fans” sulla pagina Facebook Uncem Piemonte. Molte le foto, i link a siti internet, i video per promuovere il territorio montano piemontese. Su Facebook è nata anche la pagina Re-Turn dedicata al progetto europeo di cui Uncem Piemonte è partner, che partirà nei prossimi mesi.

Senza dimenticare il gruppo A scuola di montagna!, con le proposte relative al catalogo del turismo scolastico, e il gruppo Amici della montagna. Ad agosto, mentre gli amministratori scendevano in piazza contro la Finanziaria varata dal Governo, su Facebook è nata la pagina NO all’eliminazione dei piccoli Comuni. In aumento i “Mi piace” sulla pagina Vini di montagna-Uncem (collegata al sito internet www.vinidimontagna.it) e sulla pagina Facebook Uncem, nata a gennaio nella sede dell’Unione a Roma. Anche il nuovo sito internet dell’Uncem www.uncem. piemonte.it, sarà on line completamente rinnovato e arricchito di nuovi spazi multimediali e interattivi. Il portale della Delegazione piemontese è collegato con Twitter (twitter.com/ uncempiemonte), su cui sono presenti le notizie della Delegazione, e con YouTube,

il più grande portale video della rete, dove è presente un canale specifico. Le foto più belle dell’Uncem – tra convegni, progetti, conferenze stampa, seminari – sono anche sulla galleria fotografica Flickr. Frontiere del Web 2.0 – l’insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito e l’utente – da percorrere e da scoprire, innovative e coinvolgenti, capaci di richiamare l’attenzione del “popolo della rete” sulle politiche di crescita e rilancio delle Terre Alte.

Terre Alte per gli studenti, per le famiglie, per gli adulti

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empo di gite scolastiche per gli studenti. E tempo di viaggi d’istruzione in montagna, da scegliere tra quelli raccolti dall’Uncem Piemonte nel catalogo “A scuola di montagna”. 108 proposte di viaggi d’istruzione in 22 Comunità montane e in 553 Comuni montani, da uno a tre giorni, con un costo medio di 13 euro a persona al giorno. Toccano tutto il territorio regionale: 40 itinerari in Provincia di Torino, 33 in Provincia di Cuneo, 8 nelle Province di Asti e Alessandria, 8 nella Provincia di Biella, 15 nelle Province di Verbania e Novara, 4 nella Provincia di Vercelli. “Il generale inverno!”, “Il sentiero delle Anime”, “I segreti del bosco”, “Sul filo della lana”, “Dall’acqua all’energia”, “Sentiero del ritorno”, “La pietra e l’acqua”, “Due giorni di fantasia” sono alcuni dei titoli dei percorsi contenuti in “A scuola di montagna”. Entro la metà di febbraio, l’Uncem Piemonte presenterà anche il nuovo catalogo di proposte di soggiorno di una settimana e di week-end per gli adulti e per la terza età. Offerte a prezzi contenuti, con pacchetti composti da giugno a settembre, negli hotel delle Terre Alte del Piemonte.

Piem mont ontii n. 4 / 2011

- Poste ste te Italianne S.p.A . - Sped. in Abb. Post.t. - D.L. D 353/2 /2003 /20 003 3 (conv (co . in L.

27/02/2004 /2 nº 46)

art. 1, comm a 1, DCB/CN

- Registrazio azionnee Tribun ale

d Torino n. di

5500 del 18.0 04.2001 01


Notizie dalle Comunità

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Tavolo regionale per l’emergenza neve

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i è insediato il 16 gennaio a Torino, il Tavolo crisi sull’emergenza neve, istituito dalla Regione Piemonte a fronte delle scarse nevicate di dicembre e gennaio che hanno messo in grave difficoltà l’intero sistema turistico invernale piemontese. Ne fanno parte, insieme alla Regione e Finpiemonte, le Province dei territori interessati dai comprensori sciistici, le Camere di commercio in rappresentanza di tutto il mondo produttivo, Arpiet

e Cuneoneve e gli altri rappresentanti dei gestori degli impianti di risalita, Anci, Anpci, Uncem e Cai, le organizzazioni sindacali, il Collegio dei Maestri di sci, le Guide alpine e i consorzi turistici. “Le nostre azioni – spiega l’assessore regionale allo Sport e al Turismo Alberto Cirio – non sono rivolte solo ai gestori degli impianti, ma a tutto l’indotto della ristorazione, del commercio e dei lavoratori di questo comparto, che vivono oggi una situazione

drammatica. Non sono le nevicate di inizio febbraio a poter sanare una crisi che ha ormai compromesso il 50 per cento del fatturato dell’intera stagione e di queste aziende, impedendo loro di

lavorare normalmente nei mesi turisticamente più intensi, ovvero dicembre e gennaio. Mi rafforza in questo pensiero l’atteggiamento del presidente del Consiglio Regionale Cattaneo, che in modo assolutamente trasversale sta lavorando per modificare la Legge 2 che regola il sistema neve, individuando strumenti in via d’urgenza nel caso situazioni analoghe dovessero ripresentarsi in futuro”.

Tgr Montagne, l’impegno per una nuova informazione in RAI

L

a Rai, con il Centro di Produzione di via Verdi a Torino, si prepara a dare nuovo spazio alla montagna. Tgr Montagne, trasmissione coordinata da Battista Gardoncini in onda tutti i venerdì alle 9,10 su Raidue, è pronta a crescere. «La montagna in Rai deve avere uno spazio più forte e più incisivo – spiega Giorgio Merlo, deputato, vicepresidente della Commissione di Vigilanza Rai –. La trasmissione “Tgr Montagne” prodotta e realizzata dalla redazione Rai di Torino

COMUNITÀ MONTANA VALLE SUSA E VAL SANGONE

Trasporto disabili in Alta Valle Susa Servizio di trasporto sociale attivo dal 1 febbraio 2012

L

a Comunità montana organizza per conto dei comuni di Cesana Torinese, Chiomonte, Claviere, Exilles, Giaglione, Gravere, Meana di Susa, Moncensio, Oulx, Sestriere, Salbertrand, Sauze di Cesana, Sauze d’Oulx e del Consorzio Socio Assistenziale Valle di Susa (Conisa), il servizio di trasporto a favore di persone anziane o disabili o in situazioni di particolare necessità. Tutte le informazioni sul sito internet www.cmvss.it.

non può continuare a essere confinata in una collocazione oraria non corrispondente all’interesse che i temi legati alla montagna suscitano nella pubblica opinione. È necessario non solo trovare un nuovo spazio nel palinsesto Rai più funzionale alle esigenze di ascolto dei cittadini, ma è indispensabile dar vita ad un progetto capace di raccogliere le istanze provenienti dagli abitanti dei comuni montani». Merlo, d’intesa con l’Uncem Piemonte, a gennaio ha sottoposto alla Direzione Generale della Rai una proposta per valorizzare i temi della montagna nella programmazione del servizio pubblico. «“Tgr Montagne” – spiega Lido Riba – contribuisce in modo significativo a valorizzare i territori montani, evidenziandone problematiche, sfide, potenzialità. Con i suoi servizi e gli approfondimenti, divulga cultura, storia, tradizioni, innovazione; promuove località e paesi, tra attività sportive, turismo, economia e imprese, ambiente, corretto utilizzo delle risorse naturali, necessità di servizi migliori nelle aree a “domanda debole”. Ha saputo unire le esigenze del territorio alle voci di tanti protagonisti, come gli amministratori, le associazioni, i gruppi che hanno come fulcro della loro azione lo sviluppo e la promozione delle Terre Alte». «I numeri della montagna italiana – sottolineano gli amministratori delle 22 Comunità montane piemontesi, dove vivono 800mila persone – dimostrano la necessità di un adeguato e capillare impegno di comunicazione che possa unire quanti vivono nel territorio dell’arco alpino e nell’Appennino, oltre che presentare storie e valori del territorio montano a quanti vivono in città e nelle aree urbane, ma anche ai molti turisti che scelgono la montagna per sport, svago, divertimento, relax. Per questo è necessario migliorarne la collocazione oraria, valorizzando la produzione nel Centro Rai di Torino, città “capitale delle Alpi”».


COMUNITÀ MONTANA TERRE DEL GIAROLO

Montebore, l’eccellenza del territorio

“I

l formaggio più raro del mondo”: una qualifica decisamente impegnativa, ma c’è chi può assumersi una responsabilità così importante senza alcun tipo di problema. È il Montèbore, prodotto prelibato dell’Alessandrino. Fatto con latte crudo vaccino al 70 per cento, latte crudo ovino al 30 per cento, caglio naturale di vitello, sale e fermenti lattici, il Montèbore si presenta con una forma “a torta nuziale”, che si ottiene sovrapponendo, dopo la salatura, tre robiolini con diametro decrescente da 15 centimetri in basso a 9 centimetri in alto, con scalzo totale variabile da 6 a 8 centimetri. La crosta è di colore da giallo paglierino al nocciola scuro secondo la stagionatura, la pasta leggermente occhiata, di colore avorio. La pezzatura è variabile, da 600 a 850 grammi. La stagionatura da 20 a 120 giorni. La zona di produzione è quella dei trenta Comuni della Comunità montana Terre del Giarolo (Alessandria). La

frazione Montebore del comune di Dernice è situata nella zona a cavallo tra le Valli Grue, Curone e Borbera. In questo piccolo centro appenninico della Provincia di Alessandria, ma anche nei comuni limitrofi, fino a qualche decennio fa veniva prodotto questo formaggio caratteristico conosciuto e apprezzato nella zona. Dagli anni Ottanta, però, si era completamente esaurita la produzione. Con l’obiettivo di recuperare il prodotto è nato, nel 1999, il Presidio Slow Food sostenuto dalle Comunità montane Valli Borbera e Spinti e Valli Curone Grue e Ossona. È stato redatto quindi un disciplinare di produzione con l’ausilio dell’Istituto lattiero caseario di Moretta (Cuneo) e si è definita come area di produzione del Montèbore tutto il territorio dei comuni delle Valli dell’Appennino nel sud-est del Piemonte. Oggi, è una delle grandi eccellenze del territorio, da esportare in Italia e nel mondo.

Dalla Regione, contributi per i sentieri

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a Regione Piemonte ha destinato 1.900.000 euro al sistema sentieristico della provincia di Cuneo. Si tratta di risorse dedicate all’escursionismo dalla Unione Europea attraverso il Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013, misura 313 azione 1. La misura, che per questa fase ha una dotazione finanziaria di 7.000.000 euro, consente l’infrastrutturazione della rete sentieristica piemontese per la realizzazione di itinerari

escursionistici fruibili a piedi, in bicicletta e a cavallo. Nella Granda sono stati programmati interventi: “Dalle vigne alle Alpi” della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese (300.000 euro), “Trekking nelle valli Occitane” della Comunità montana Valli Grana e Maira (300.000 euro), “Tra Alpi Liguri e Marittime” della Comunità montana Alpi del Mare (245.500 euro), “Rocche a 360°” dell’Ecomuseo delle Rocche del Roero (171.500 euro), “Lou Viage” della Comunità montana Valle Stura di Demonte (300.000 euro), “Camminando per le valli del Monviso” della Comunità montana Valli del Monviso (113.000 euro), “Dai noccioleti agli uliveti” della Comunità montana Alta Langa (180.300 euro), “Bar to

bar” Unione Colline di Langa e del Barolo (115.700 euro). “In un momento di grave congiuntura economica – commenta l’assessore regionale alla Montagna Roberto Ravello – queste risorse costituiscono un importante aiuto all’economia locale delle aree montane e collinari. Alla fase di

realizzazione sentieristica seguirà l’utilizzo a fini turistici di una risorsa ambientale e paesaggistica che è universalmente riconosciuta al nostro Piemonte. Mi auguro di poter proseguire su questa strada anche per il futuro periodo di programmazione dei fondi europei 2014-2020”.

Notizie dalle Comunità

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