PieMonti marzo-aprile 2011

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Poste Italiane S.p.A. - Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB/CN - Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001

euro 3,00 – copia omaggio

PERIODICO D’INFORMAZIONE DELLA DELEGAZIONE PIEMONTESE UNCEM

MARZO • APRILE

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Biomasse: Piemonte esempio per l’Italia In questo numero

Una centrale in ogni Comunità montana Partono i primi otto pirogassificatori

Seminario per i Presidenti degli enti La montagna ha partorito un topolino Welfare delle Terre Alte Montagna in Facoltà Acqua alla spina con la Rivoira e Drink System AEG Reti per la filiera legno-energia Gli alberghi diffusi per valorizzare le abitazioni dimenticate Valle Cervo: ritorno al futuro Presidenti in visita ad Agrindustria Il Risorgimento e le vallate alpine del Piemonte Demochange: a Monastero Bormida la Mid-term Conference


Sommario

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PRIMO PIANO Mettiamo la testa nel futuro 3 La vittoria delle ComunitĂ montane è la vittoria del Piemonte 5 Sinergia Sistemi, la proposta per le Terre Alte piemontesi 6 Cuneo: 5,5 milioni per le ComunitĂ montane 8 Web 2.0: interazione sulla rete 9 Scuola: dalla Giunta regionale 1,5 milioni per le scuole di montagna 9 La montagna ha partorito un topolino 10 I migliori in Italia 11 Inaugurazione del PalaMila 12 Operare in qualitĂ 12 “Stella polarisâ€?: il 28 la premiazione degli studenti 13 Welfare delle Terre Alte. Le buone pratiche delle ComunitĂ montane 14

AZIENDA IN PRIMO PIANO RIVOIRA. Acqua alla spina AEG Reti Distribuzione srl Una voce cooperativistica si leva dal Canavese e parla di sviluppo locale Il processo di pirolisi e di gassificazione del legno

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INCHIESTE Montagna in facoltà Università in vetta Una centrale a biomasse in ogni Comunità montana del Piemonte Bando energia: 25 aziende coinvolte Valle Cervo. Ritorno al futuro Un po’ di storia

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CULTURA Recensioni Risorgimento e montagna

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PROGETTI EUROPEI Workshop a Monastero Bormida Primi risultati dallo studio sull’area pilota

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NOTIZIE DALLE COMUNITÀ Contributi per gli alpeggi danneggiati dalle nevicate Torino, Città delle Alpi Con Giro d’Italia e Adunata degli Alpini Capacities: valorizzare le risorse della montagna Nuovo regolamento per i rifugi Pratiglione: nuovo impianto fotovoltaico VALSESIA Progetto Comenius per gli studenti Nuovo Ecocentro a Giaveno Attività all’Oasi Villarey Sci: Atleti cuneesi in Nazionale VALLI DELL’OSSOLA: Un’Agenzia Incoming Turistico Energia dalle vigne

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ATTUALITĂ€ IPLA e UNCEM Energia per le Terre Alte Una “casa passivaâ€? all’ombra di Superga Verso il piano energetico ambientale Riconosciuti i disagi, ma i problemi restano Albergo diffuso: verso una legge per il Piemonte Federalismo e buon senso per lo sviluppo della montagna

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MARZO • APRILE 2011 EDITORE: UNCEM Delegazione Piemontese Via Gaudenzio Ferrari n. 1 – 10124 Torino Tel. 011 861 3713 – fax 011 861 3714 e-mail: uncem@provincia.torino.it www.uncem.piemonte.it DIRETTORE RESPONSABILE: Giovanni Bressano CONDIRETTORE: Filippo Grillo COORDINAMENTO REDAZIONALE: Marco Bussone REDAZIONE: Bruno Mandosso, Marialaura Mandrilli, Alex Ostorero HANNO COLLABORATO: Livio Berardo, Lorenzo Boratto, Sara Buosi, Laura Carcano, Susanna De Palma, Emanuela Dutto, Fiorenzo Ferlaino, Chiara Genisio, Gianni Giacomino, Ambra Lazzari, Marialaura Mandrilli, Davide Micheletti, Nuria Mignone, Luigi Piccitto, Laura Sansalone, Elisa Sola, Chiara Viglietti ALLESTIMENTO GRAFICO, PRODUZIONE E STAMPA AGAM - via R. Gandolfo, 8 - 12100 Madonna dell’Olmo (CN) tel. 0171.411.470 - fax 0171.411.714 - direzione@agam.it - www.agam.it FOTOGRAFIE: AFPT A. Vettoretti, Archivi delle ComunitĂ montane, Marco Bussone, Archivio IPLA, Luisa Grimaldi, Alessandro Lenzi, Costantino Sergi, Alessio Zemoz, Archivio della Compagnia delle Foreste. Disponibili a riconoscere eventuali e ulteriori diritti d’autore. Stampato su carta ecologica clorofree. Questo numero è stato chiuso in tipografia il 30 aprile 2011 Poste Italiane S.p.A. – Sped. in Abb. Post. – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 nÂş 46) art. 1, comma 1, DCB/CN Registrazione Tribunale di Torino n. 5500 del 18.04.2001


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Mettiamo la testa nel futuro Uncem è nata – il 22 novembre 1952 – con l’obiettivo di rappresentare istituzionalmente la montagna e le sue popolazioni e di garantirne la tutela e lo sviluppo in applicazione dell’art. 44 della Costituzione che stabilisce l’obbligo per lo Stato di sostenere economicamente le zone montane. Questo continua ad essere il nostro scopo, la bussola del nostro impegno. Ma se l’obiettivo resta fisso e costante, le modalità si devono adattare alle mutevoli e mutate condizioni. Parafrasando Garcia Marquez (“L’amore ai tempi del colera”) si può parlare di sviluppo al tempo della crisi, della caduta dei parametri dell’economia, ma soprattutto della dissoluzione di tutto l’impianto politicoeconomico che era stato il punto di appoggio e il generatore delle politiche di sviluppo europeo a partire 0. dall’inizio degli anni ’60. La situazione riguarda tutta l’economia-mondo. Pai esi che avevano primazie irraggiungibili, ma in balia delle speculazioni finanziarie crollano come birilli di mie fronte alle nuove economie

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emergenti basate sulla produzione. L’America, dove le deviazioni hanno avuto origine, sarà punita – pare, speriamo di no – con il suo sorpasso economico da parte dei cinesi già nel 2016! Le economie europee sono costrette a vivere in emergenza continua mentre le regole spietate della concorrenza stanno sostituendo i valori della solidarietà coesiva tra gli Stati che già dalla fine degli anni ’50 (dal tempo del MEC e della CECA, Comunità europea del carbone e dell’acciaio) avevano costituito la base forte del progetto di unità europea pensata da De Gasperi, Spinelli, Schuman e Adenauer. La montagna che c’entra? Più di quello che potrebbe sembrare. Il disastro della seconda guerra mondiale era figlio di nazionalismi competitivi (del resto si arrivava addirittura dal secolo del colonialismo!). I prota-

Dissoluzione

«Si è dissolto l’impianto politicoeconomico alla base dello sviluppo degli anni ’60»

rigi gonisti della Pace di Parigi del 1946 pensavano chee lo sviluppo – sostenuto dalla coesione e dalla pacee in tire Europa – potesse garantire un futuro di sviluppo costante. Le politiche di svinea luppo – figlie di quella linea di politica internazionalee – assieme ad altri fattori postre sitivi garantirono alle nostre montagne l’unica legge or102 ganica di sviluppo, la 1102 codel 1972 e riuscirono anco994 ra ad ispirare la 97 del 1994 (molto buona ma molto melsino dotata di forza propulsiva, purtroppo). asaSi trattava di politiche basate sul riconoscimento del diritto allo sviluppo inteso come diritto fondamentale sia poo del territorio che della popopre lazione. Si è parlato sempre one, tanto di diritti delle persone, di diritti individuali, molto meno dei diritti delle Comunità e delle pluralità sociali. Non si tratta di ragionamenti sconosciuti. Questi temi sono stati affrontati da molti sociologi, persino da Braudel e ultimamente da Aldo Bonomi a cui si devono molti importanti studi sul sistema sociale montano. Purtroppo difficilmente possono diventare questioni di grande diffusione

di Lido Riba

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Primo Piano

Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte


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ma non possono non cerca, almeno, di governaessere ben chiare per chi ha re la crisi, di evitare il pegresponsabilità di tipo sinda- gio. Questo è il presente, ma cale e politico. In una situa- non può essere il futuro. E la zione di crisi così grande e crisi della montagna è geneimpegnativa sarebbe natu- rata dagli stessi fattori che rale che il campo della po- determinano la debolezza litica tendesse ad allargarsi di tutta l’economia: ricerca, vven come avveninvestimenti, ne (nel maformazione, Diritti po la le) dopo politiche at«Prima d’ora non si è prima guermai parlato dei diritti tive del lavora mondiale, delle Comunità e delle ro, indirizzi che produsdella finanpluralità sociali» gimi se i regimi za, logistica. ari e autoritari Noi, però, n) dopo la seconda non possiamo possia (nel ben) ricorrere aldi l che h pro- le l speculazioni, l guerra mondiale, agli “istinti dusse le Nazioni Unite, la vitali” dell’economia financooperazione internaziona- ziaria, alla “deregulation”: le, l’Unione europea, un di- abbiamo bisogno di avere screto governo delle monete un sistema regolato. Perciò (che per fortuna ancora reg- abbiamo bisogno di un ruolo ge). E invece il ruolo della forte delle istituzioni e della politica si sta restringendo, politica. E diamo un giudilasciando il campo alle co- zio positivo del lavoro fatto siddette regole del mercato in questo anno con le istiturispetto alle quali l’Italia zioni della nostra Regione, soccombe per via del mino- soprattutto per la confermare impegno espresso in pas- ta mission delle Comunità sato nel determinare la forza montane fondata su tre cadei cosiddetti “fondamenta- pisaldi: reimpostare e conli” della propria economia. tenere la spesa corrente per In questi giorni c’è l’acqui- le attività ordinarie (sono sto della Parmalat da parte spese che producono occudella francese Lactalis, ma pazione ma non ricchezza), noi abbiamo già perso la dirigere le risorse verso inchimica, la farmaceutica, vestimenti e sviluppo (perl’informatica. Nonostan- ché così si creano sia lavote la nostra abbondanza di ro che ricchezza), portare a foreste importiamo il 90% valore le risorse endogene, (an del legname! Ci vuole poco energetiche soprattutto (ana capire che la competitività che in questo caso si creaa sia nasce da una combinazione lavoro che ricchezza). ione di alcuni fattori come ricer- È questa l’impostazione ca, investimenti, logistica, giusta, che guarda al futuindirizzi della finanza co- ro, che può determinare un ordinati dalla politica. La rapporto altissimo tra spesa politica dove non è riusci- pubblica e sviluppo. E quanmenti ta a governare lo sviluppo do parliamo di investimenti

non pensiamo tanto di prendere risorse dalle casse vuote della P.A., ma di poter utilizzare, tramite la “finanza di progetto” denaro che già esiste ma prende altre vie e non si investe in montagna. Niente passatismo quindi e niente assistenzialismo: si tratta di impostare le politiche di sviluppo della montagna su nuove basi progettuali: di mettere la testa nel futuro. Abbiamo di fronte segni positivi e segni preoccupanti. Le nuove Comunità si stanno impadronendo bene delle questioni concernenti lo sviluppo. Cresce il tasso di idoneità delle Comunità a diventare “agenzie di sviluppo” cioè motori dei sistemi economici locali. Mi preoccupa invece la “sindrome della coperta stretta”: quando le risorse sono poche e si comincia a tirare la coperta da una parte e dall’altra non siamo certo noi a vincere. Sono figlie di questa politica l’eliminazione, a livello nazionale, dei finanziamenti per la montagna, la chiusura di servizi: poste, scuole, linee di trasporto etc. Quando la coperta è stretta occorre invece ritesserla in ragione di politiche nuove e adeguate ai cambiamenti.

Crisi

«La crisi della montagna è generata dai fattori stessi che determinano la debolezza di tutta l’economia»

Una nota veramente stonata infine, mi pare la decisione del governo di eliminare i compensi agli amministratori delle Comunità. Abbiamo sempre denunciato – ed è da tutti riconosciuto – il grande fabbisogno di managerialità pubblica, necessaria in montagna per compensare la lunga e dissanguante emigrazione dell’imprenditoria naturale. Si riconosce che lo start up della nuova economia è in parte affidata alla capacità delle Comunità-Agenzie di sviluppo di attivare processi impegnativi come lo sfruttamento di materie prime come le energie rinnovabili, il clima, l’ambiente. L’adeguatezza dei soggetti e dei mezzi impiegati è sempre la condizione primaria per il successo di qualsiasi progetto e i presidenti delle nostre Comunità sono stati scelti con procedure di selezione elettorale che ne garantiscono ampiamente tanto la rappresentatività che la competenza. Sarebbe pura demagogia immaginare che il loro lavoro possa continuare ad essere richiesto come atto di volontariato gratuito, sia pure istituzionale. Ciò si deve ad una misura governativa ascrivibile più alla demagogia che al risparmio. Per fortuna si tratta anche di una questione risolvibile a livello regionale ed esprimo l’auspicio che possa essere equamente risolta, perché anche questo significa superare la cultura emergenziale e mettere la testa nel futuro.


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La vittoria delle Comunità montane è la vittoria del

Piemonte

Nei due giorni di seminario per i presidenti delle 22 Comunità montane, programmi e idee su sviluppo economico servizi associati e assetto idrogeologico. Presenti politici e imprenditori. Con gli assessori regionali Maccanti e Ravello un dialogo importante e sfide della montagna sono le sfide del Piemonte. Il fallimento nella politica montana, sarà un fallimento di tutto il Piemonte, non solo di chi vive nelle Terre Alte. E per la montagna, ci deve essere il giusto “ritorno” per le risorse messe a disposizione dell’intera collettività. Con queste parole, Roberto Ravello, assessore alla Montagna della Regione Piemonte, ha aperto il seminario dei

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presidenti delle 22 Comunità montane piemontesi organizzato dall’Uncem venerdì 25 e sabato 26 marzo al Relais Bella Rosina di Fiano. Energie rinnovabili e sviluppo sono stati i temi centrali dell’incontro, che ha visto presenti, accanto agli amministratori, i rappresentanti di grandi aziende del settore energetico. Ravello ha evidenziato il ruolo centrale delle Comunità montane, “Agenzie di sviluppo del territorio”. «Con lo

stanziamento di 20 milioni di euro – ha spiegato Ravello – abbiamo confermato di voler tenere aperte le Comunità montane. Ringrazio per la sensibilità e per il grande lavoro il presidente Roberto Cota e l’assessore Elena Maccanti. Siamo certi che qualunque norma a favore della montagna, debba consentire a chi vive nelle Terre Alte di non essere un cittadino di serie B, rispetto a chi abita in città. Attra-

di Marco Bussone

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Primo Piano


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verso il lavoro delle Comunità montane, si deve dare ragione a chi vive nelle Terre Alte di fermarsi. Se questo progetto fallirà il fallimento sarà di tutto il Piemonte che ha nella montagna la naturale peculiarità, l’elemento distintivo».

I “talenti” della montagna

La montagna ha molti “talenalend ti”, da valorizzare nel modo migliore per il territorio. Lido Riba non ha dubbi. «La Parabola dei talenti mi pare gare un ottimo modo per spiegare ostra quale debba essere la nostra mission – ha spiegato il presidente dell’Uncem Piemonte – Non possiamo non lavorare per raccogliere i migliori frutti dalle risorse che abbiamo nelle vallate. Per troppi anni la montagna è stata depredata delle sue risorse». I ritorni per le comunità locali

sono stati irrisori. Basti pensare che il gettito della produzione idroelettrica del Piemonte è di 1 miliardo di euro, mentre al territorio arrivano, tramite il meccanismo dei sovracanoni, solo 20 milioni di euro. Ecco perché è necessario un nuovo patto con le imprese che vogliono in-

Maccanti

«Comunità montane esperienza positiva da valorizzare. Sono enti consolidati per svolgere i servizi associati» vestire sul territorio, con cu cui lle C ità montane t ddevoComunità no non solo relazionarsi, ma stringere accordi economici pluriennali, che superino i meccanismi compensativi, contingenti e frammentati, ma siano invece vettore di un concreto duraturo sviluppo e

generino posti di lavoro. Nel territorio montano piemontese, con le 22 Comunità montane e 553 Comuni montani, ci sono 2 tonnellate di legno l’anno utilizzabili per produrre energia elettrica, un gigawatt di potenza ancora insediabile nell’idroelettrico, 100mila metri quadrati di tetti esposti su cui installare pannelli fotovoltaci; anche per l’eolico, sono in fase di studio impianti tecnologici capaci di utilizzare non solo il vento, ma anche le brezze, più leggere ma continuative

Sinergia Sistemi, la proposta per le Terre Alte piemontesi

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ull immersion nella nostra realtà montana per Sinergia Piemonte, la società del gruppo Sinergia Sistemi preposta allo sviluppo di progetti industriali nel campo dell’energia rinnovabile. Con l’obiettivo di realizzare accordi industriali e partnership di progetto, i vertici della società a inizio aprile hanno avuto modo di visitare gli impianti a biomassa della Pirox Italia e della Romana Maceri, recentemente avviati in provincia di Cuneo, e il sistema di produzione di pellet della società Agrindustria. Di estremo interesse anche le prospettive di collaborazione con il Caseificio Valle Stura e le comunità montane Valle Stura e Alpi del Mare. La società ha partecipato anche all’incontro organizzato dalla Comunità Montana Valle dell’Elvo, sul tema della energia da biomassa, a cui ha preso parte

anche l’assessore regionale Massimo Giordano. Consegnando a Lido Riba la manifestazione di interesse a collaborare nella costruzione di impianti a biomassa alimentati esclusivamente con biomassa forestale locale, Stefano Guerzoni, amministratore delegato del gruppo Sinergia Sistemi, si é detto affascinato e motivato dalle prospettive aperte dall’invito dell’Uncem Piemonte. «La gestione energetica del territorio montano piemontese – prosegue Guerzoni – presenta delle complessità che non possono essere sottovalutate, ma allo stesso tempo offre le condizioni ideali per sperimentare alcune soluzioni industriali innovative, realizzate assieme agli operatori locali. Una sfida importante che può rappresentare un modello di azione replicabile ovunque, in Italia».

e presenti sui crinali. «Per valorizzarli – aggiunge Riba – abbiamo pubblicato il bando Energia dell’Uncem che chiede alle aziende del settore energetico di presentare le loro manifestazioni di interesse a realizzare nuovi impianti d’intesa con le Comunità montane e il territorio». Le manifestazioni di interesse verranno valutate dall’Uncem che ne verificherà la rispondenza ai propri obiettivi; e l’Uncem potrà sottoscrivere accordi di collaborazione per la diffusione di impianti ddi produzione energetica rinnnovabile nelle aree montane ppiemontesi.

Un patto con le imprese U

L L’impegno delle imprese è iindispensabile. Per un “pattto” nuovo rispetto al passato. N Ne sono convinti Umberto A Albarosa di Sinergia Sistem mi, Sonia Sandei, responsab Enel Green Power per il bile N Nord Ovest, e Stefano Neri, amministratore delegato di T TerniEnergia. «C’è un grande spazio per nuovi investimenti n nelle rinnovabili nei territori m montani – ha spiegato al sem minario Sonia Sandei –. C’è l nostra disponibilità per la r realizzare l’idroelettrico di p piccola taglia. E siamo pront anche a realizzare piccoli ti


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impianti a biomasse che valorizzino la filiera corta. Ma sempre con il consenso del territorio». «Acqua, legno, forza di gravità sono elementi sufficienti per creare uno sviluppo della montagna – gli ha fatto eco Stefano Neri di TerniEnergia –. Ricadute che permettano ai giovani di continuare a vivere dove sono nati e ai territori di superare il rischio di marginalità. Ci sono i margini per nuovi investimenti, con ricadute locali, grazie al concorso di diversi soggetti economici e le Comunità montane».

Lido Riba

«Disponibili a migliorare governance e a risolvere criticità» Vincenzo Coccolo, diretto direttore Opere Pubbliche, Pubbliche Difesa Difes del Suolo, Economia montane e Foreste della Regione, ha delineato l’altro grande ruolo delle Comunità montane, ente che cura l’assetto idrogeologico del territorio; da Filippo Baretti del settore Politiche energetiche della Regione, il sostegno alle operazioni legate alle energie rinnovabili. Giuseppe Tresso dell’Ipla ha presentato a Fiano le prospettive collegate alla creazione di filiere legno-energia. In questa direzione, sono un esempio gli iter per la realizzazione di centrali a biomasse avviati ad Andorno Micca, nel biellese, e dalla Comunità montana Valli Orco e Soana, presentato dal presidente Danino Crosasso, con la ditta AEGReti di Ivrea. «La

Nella foto a sinistra sinistra, l’assessore Elena Maccanti Maccanti, Lido Riba Riba, Anna Maria Poggi e Giovanni Francini. In alto Giuseppe Tresso e Umberto Albarosa. In basso gli amministratori presenti al seminario di Fiano

Comunità montana Valle del Cervo – ha spiegato il presidente Maurizio Piatti – è pronta ad assumersi i compiti che ci verranno assegnati, stiamo lavorando con Uncem e Ipla ad un rivoluzionario Polo Tecnologico del legno che comprende una centrale a biomassa, la produzione di pellet e di elementi edilizi per la bioarchitettura. Operazione che ci permetterà il recupero dei boschi della valle». La green economy trova nelle vallate alpine e appenniniche piemontesi la base per diventare motore della nuova economia del Piemonte. «L’Uncem ne è sempre stata convinta – spiegano Lido Riba e Giovanni Francini – e ci sono molteplici piattaforme per realizzare impianti che utilizzino acqua, legno, vento per generare crescita economica e nuovi posti di lavoro. Abbiamo avviato un dialogo con molte imprese del settore, grandi e piccole, e abbiamo chiesto alle aziende, tramite uno specifico bando, di manifestare l’interesse agli investimenti sulle energie rinnovabili, nelle Terre Alte».

Unire i servizi: unire il territorio

«Le Comunità montane sono gli enti consolidati per lo svolgimento dei servizi associati tra i Comuni che le compongono. La gestione non può però prescindere dai costi standard e dal livello essenziale di efficienza. Perché l’obiettivo è univoco: rendere il miglior servizio ai cittadini». È stata chiarissima Elena Maccanti al seminario Uncem. «Chiarezza, trasparenza e dialogo» sono i tre criteri alla base del lavoro dell’assessore regionale agli Enti locali, in un momento in cui il

Paese sta affrontando un importante stagione di riforme istituzionali. «L’attenzione della Giunta per la montagna – ha ribadito Maccanti – è sempre stata molto forte. Lo confermano i 20 milioni di euro per le Comunità montane messi a bilancio nel 2011. Abbiamo avviato da tempo un profondo dialogo con Uncem e con le Comunità montane proprio perché siamo convinti che gli obblighi imposti dal federalismo fiscale, dalla necessità di unire i servizi nei piccoli Comuni e dalla soppressione dei consorzi, siano una straordinaria opportunità». Maccanti non ha nascosto che sia in corso una revisione dell’assetto delle Comunità montane che punta in primo luogo ad assegnare funzioni e compiti precisi. Lavoro che si inserisce in una più ampia riforma di tutti gli enti locali del Piemonte. A Fiano, è intervenuta anche Anna Maria Poggi che con lo studio degli “Scenari per la cooperazione intercomunale in Piemonte” offre molteplici spunti per una realistica e duratura tra-


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sformazione. «Ma partiamo da un presupposto – ha evidenziato Elena Maccanti – vogliamo valorizzare quanto già c’è. Non vogliamo certo buttare a mare quarant’anni di storia delle Comunità montane, che sono un’esperienza positiva da cui trarre il massimo vantaggio per il territorio». Propo-

voro sti come elementi del lavoro isiodei prossimi mesi, la revisionità ne dei criteri di montanità, «con la Comunità montana che deve rappresentare la vera montagna, in cui all’altitudine dei Comuni, si devono unire criteri socio economici». «Molte Comunità mon montane sono troppo vaste e non otizsempre omogenee. È ipotiz-

Cuneo: 5,5 milioni per le Comunità montane

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fine marzo, la Provincia di Cuneo ha assegnato alle sei Comunità montane i cinque milioni e mezzo di euro derivanti dalla quota della tariffa sull’acqua potabile destinata al mantenimento delle fonti idriche e alla difesa dell’assetto idrogeologico del territorio. «La Provincia che guidi – ha scritto Lido Riba alla presidente Gianna Gancia – è da sempre una delle più sensibili allo sviluppo del territorio montano: nella sua storia ha sostenuto con intraprendenza, determinazione e capacità innovative, le istanze delle Terre Alte, attraverso il diretto legame con gli enti locali, Comunità montane e Comuni». Nelle vallate si trovano le fonti che assicurano l’arrivo dell’”oro blu” in tutte le case. I fondi assegnati per interventi in atto, permettono di proteggere il bene pubblico per eccellenza, qual è l’acqua, a vantaggio di tutti. Gli effetti delle opere e della difesa delle fonti sono di grandissima importanza: le Comunità montane sono il naturale soggetto che può gestire questi interventi, grazie alla particolare conoscenza delle aste fluviali, del reticolo idrografico territoriale, ma anche dei punti deboli del territorio montano in cui fare interventi preventivi. «Desidero pertanto ringraziarti – ha concluso Riba – per questo recente atto a beneficio del territorio della nostra Provincia, e colgo l’occasione per confermarti che insieme i nostri enti locali, possono creare nuova crescita economica e benessere nei territori alpini». Dalla presidente Gancia, in una lettera inviata all’Uncem il 12 aprile, la conferma della soddisfazione per «il lavoro degli ultimi mesi dell’Autorità d’Ambito che ha consentito di perfezionare non solo la ricognizione, ma anche l’accertamento effettivo delle entrate del canone addizionale che le vigenti norme destinano alle Comunità montane». Poi, un obiettivo, molto chiaro: «Anche alla luce degli eventi meteorologici che ancora a metà marzo si sono tradotti in dissesti idrogeologici nelle zone montane e collinari della Provincia, è mia intenzione richiedere la collaborazione delle Comunità montane allo scopo di individuare una programmazione congiunta sugli interventi di ripristino e messa in sicurezza del territorio».

Ra Ravello

«Qualunque l norma a favore della montagna, deve consentire a chi vive nelle Terre Alte di non essere un cittadino di serie B, rispetto a chi abita in città» zabile dunque una ridefini nizzione i ddeii confi fini. i E va ddefi finitto, tra tutti gli enti locali, chi ffa cosa e con quali risorse», hha spiegato Maccanti che ha ppreannunciato la stesura, enttro il 2011, di un testo unico ddegli enti locali piemontesi. F Fondamentale il ruolo dei C Comuni, anche all’interno ddel sistema delle Comunità m montane, unico ente «che ha aavuto il coraggio di metterssi in discussione». «Ma nellla governance – ha ribadito ll’assessore – non può essere cconsiderata solo l’assemblea ddei sindaci, che comunque ddevono riconoscersi nell’entte sovraccomunale. Nessuna rriforma sarà calata dall’alto, ssenza dialogo». P Prospettive apprezzate dal

presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba, dai vicepresidenti Giovanni Francini e Dina Benna e da tutti i presidenti delle Comunità montane. Anche il presidente nazionale dell’Uncem Enrico Borghi, presente a Fiano con il vicepresidente Ugo Parolo, ha messo in luce la grande sfida del Piemonte, «Regione che segue la via di costruzione del federalismo con tutte le sue peculiarità. Qui ci sono 1.206 Comuni, 22 Comunità montane e qui è nata la politica montana del Paese». «Nelle Comunità montane piemontesi si uniscono naturalmente il lavoro per lo sviluppo del territorio e la gestione dei servizi associati – ha aggiunto Borghi.

Lo staff dell’Uncem Piemonte. In alto l’intervento dell’assessore Roberto Ravello, al tavolo con Lido Riba, Sonia Sandei e Giovanni Francini


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IIl lavoro nel 2011

– Si apre oggi la partita dei costi standard, che andranno determinati con un richiamo specifico ai territori montani. L’esperienza piemontese ci conferma che molta strada è già stata fatta e tutti sono consapevoli della necessità di una vera “Agenzia di sviluppo” del territorio montano, per superare l’idea distorta di Comunità montane “bancomat” dei singoli Comuni membri e dei loro sindaci. I valori della montagna devono entrare nella riforma e nel dibattito sull’assetto associativo degli enti. Il Piemonte, con Veneto e Lombardia, potrà dare input indispensabili per una vera riforma degli enti locali, trainante in tutto il Paese».

L sfide da vincere sono molLe tte. Una di queste, analizzata nnel corso del seminario con iil professor Carlo Manaccorda, riguarda le azioni per iimpostare bilanci economici ccomuni, che possano essere aanche certificati. «Per arrivarre a nuovi e più efficaci schemi contabili per le Comunità montane ha ribadito Manacorda, professore di Scienza delle finanze e Bilanci pubblici all’Università di Torino – il lavoro è molto e un po’ tutto da inventare ma come sempre, per raggiungere un traguardo, contano volontà e determinazione. Penso che esse siano già ben presenti nei diretti interessati. Sarò con i miei collaboratori a disposizione per questo lavoro e per vedere se anche questa volta il Piemonte possa essere il primo nel raggiungere efficienza, modernizzazione e semplificazione nell’importante e delicata area delle Terre Alte». Il lavoro, con i Comuni che delegano le funzioni alle Co-

Web 2.0: interazione sulla rete

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fiora quota mille “fans” la pagina Facebook “Uncem Piemonte”. Continuano a crescere gli utenti del social network che seguono le attività della Delegazione, cliccando su “Mi piace” e commentando le notizie inserite. Molte le foto, i link a siti internet, i video per promuovere il territorio montano piemontese. Anche il nuovo sito internet dell’Uncem www.uncem.piemonte.it, sarà sempre più innovativo, collegato con Twitter, su cui sono presenti le notizie della Delegazione, e con YouTube, il più grande portale video della rete. Frontiere del Web 2.0 – cioè l’insieme di tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di interazione tra il sito e l’utente – da percorrere e da scoprire, innovative e coinvolgenti, capaci di richiamare l’attenzione del “popolo della rete” sulle politiche di crescita e rilancio delle Terre Alte.

munità montane, non si ferma. «I presidenti hanno già messo in atto politiche di sviluppo concrete delle Terre Alte. Abbiamo gli strumenti culturali, tecnici ed economici per un lavoro che è già in grado di portare benessere, crescita economica e posti di lavoro nelle vallate» ribadisce Riba. Riaffermato ancora una volta il ruolo della Re-

SCUOLA: dalla Giunta regionale 1,5 milioni per le scuole di montagna

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ella Giunta del 21 aprile, coordinata dal Presidente della Regione Piemonte Roberto Cota, è stato deliberato un finanziamento di 1,5 milioni di euro, su proposta degli assessori all’Economia montana Roberto Ravello e all’Istruzione Alberto Cirio, che permetterà il mantenimento e lo sviluppo dei servizi scolastici nei territori montani mediante la copertura dei costi per l’impiego di personale nelle scuole materne, elementari e medie. I programmi presentati dalle Comunità montane dovranno privilegiare le scuole dove si corre il rischio di non avviare le lezioni, le pluriclassi in situazione di particolare disagio, la volontà di proseguire la sperimentazione dello studio del francese e del tedesco nelle elementari, la necessità di salvaguardare le scuole dell’infanzia nei piccoli Comuni. Sarà inoltre anche attivata l’erogazione dell’assegno di studio per gli alunni delle scuole superiori residenti nelle zone considerate più disagiate dal punto di vista della marginalità socio-economica che sono stati obbligati a spostare temporaneamente la propria dimora per seguire gli studi.

gione Piemonte – con il presidente Roberto Cota, la Giunta e tutto il Consiglio – nel definire politiche concrete per la montagna e per gli enti locali, tra le più avanzate in italia. «Siamo certi che il seminario – sottolinea Riba, con i vicepresidenti dell’Uncem Piemonte Dina Benna e Giovanni Francini – sia stato l’occasione in cui ribadire quanto le Comunità montane siano pronte a lavorare per lo sviluppo e per la gestione dei servizi. La strada, in questo campo è tracciata da trent’anni e siamo pronti con la Regione ha costruire insieme il progetto generale del Piemonte. Ringraziamo gli assessori regionali Ravello e Maccanti, assieme al presidente Cota, alla Giunta e al Consiglio, con cui vorremmo affrontare anche alcuni punti più critici che sono emersi nel primo anno e mezzo di lavoro delle Comunità montane».


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La montagna ha partorito un topolino Enrico Borghi: “L’impianto della nuova legge sulla montagna è anacronistico e inadeguato alle esigenze del territorio” di Luigi Piccitto

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Enrico Borghi

a nuova legge montagna, approvata alla Camera che dovrà passare al vaglio del Senato, non contiene “alcun accenno alla necessità di realizzare uno strumento che possa consentire ai territori montani la compartecipazione allo sfruttamento delle risorse naturali – acqua, biomasse, foreste – e permettere quindi una reale partecipazione delle municipalità di montagna al percorso federalista. Si punta invece su un fondo integrativo di fatto inesistente: 6 milioni di euro distribuiti per oltre 4.000 Comuni. Sostanzialmente poco più di 1.000 euro all’anno in media, con i quali ogni Comune “svantaggiato” dovrebbe potenziare i servizi pubblici locali di competenza: scuola, risorse idriche, turismo, lavoro, presidio del territorio”. Il presidente nazionale dell’Uncem Enrico Borghi non ha dubbi. La montagna non ci sta con quello che pare essere “un topolino”, nato dopo un lungo parto. Bisogna fare di più: Roma deve avvicinarsi al territorio, capirne le vere esigenze e legiferare su basi solide, con ampie prospettive di sviluppo, finora mancanti. “La proposta normativa accol-

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ta dall’aula della Camera dei Deputati è ancora più arretrata rispetto alla vecchia legge per la montagna 97 del 1994 – spiega Borghi – non tenendo conto della complessità e dell’evoluzione del sistema territoriale montano sotto i profili culturali, ambientali ed economici. Siamo sempre al punto di partenza. La montagna necessita di politiche legislative organiche, efficaci e coerenti che facciano perno su un modello di compartecipazione diretta delle autonomie locali allo sviluppo del territorio, partendo dall’adeguato sfruttamento delle risorse endogene – in primis rinnovabili – sia in termini economici che di governance”. Dalle sue parole, presidente, emerge che il testo approvato appare del tutto inadeguato… Il giudizio negativo dell’Uncem pesa poi sulla reiterata presenza, nell’articolato di legge, di meccanismi antiquati per il reperimento delle risorse economiche, ancora legati ad una logica assistenzialistica e centralista. Sulla definizione di montagna, la nuova legge continua a perpetuare parametri altimetrici inadeguati a descrivere la complessità delle aree montane. Il testo lega il

concetto di marginalità all’altimetri e per di più invade con palese evidenza competenze in materia che ben tre sentenze della Corte Costituzionale hanno sancito essere regionali. Se solo dessimo uno sguardo all’Europa, ci accorgeremmo che tutti i documenti in materia richiamano all’esigenza di una combinazione di fattori che si articolano tra l’altitudine e altre caratteristiche naturali da un lato, e i condizionamenti socioeconomici, la situazione di squilibrio territoriale e il livello di degrado o di pericolo ambientale dall’altro. Invece? Il testo approvato dalla Camera non solo non apporta alcun miglioramento alla condizione dei territori montani, ma anzi rischia di determinare una situazione di regressione nell’intero sistema montagna. Se si vuole invece essere realmente federalisti, bisogna mettere gli enti locali in condizione di godere dei ritorni fiscali derivanti dallo sfruttamento delle filiere produttive montane e agire secondo logiche perequative. Dallo Stato devono arrivare garanzie legislative sui livelli essenziali di cittadinanza (scuole, poste, ospedali) e non mance elettoralistiche.


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I migliori in Italia La Comunità montana Valli Orco e Soana vince il premio “Qualità pubbliche Amministrazioni” a Comunità montana Valli Orco e Soana ha vinto la terza edizione del premio “Qualità Pubbliche Amministrazioni” nella categoria “Comuni, Unioni dei Comuni, Comunità montane e altre forme associative comunali”. La comunicazione è arrivata all’ente a fine aprile, dal Capo dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Antonio Naddeo. Il premio Qualità PP.AA. è infatti promosso dal Dipartimento della Funzione Pubblica, in collaborazione con il Cncu (Dipartimento nazionale Consumatori e Utenti), Confindustria e Apqi (Associazione Premio Qualità Italia) e realizzato dal Formez. Alla premiazione, che si è tenuta lunedì 9 maggio a Roma nell’ambito del convegno inaugurale del “Forum PA 2011”, hanno partecipato il presidente della Comunità montana, Danilo Crosasso e il direttore dell’ente Gualtiero Fasana, che hanno ritirato il premio dalle mani del ministro Renato Brunetta. Per l’Uncem, era presente il direttore generale Tommaso Dal Bosco. “Per la nostra

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Amministrazione si tratta di un risultato molto prestigioso che crediamo possa dare lustro a tutta la categoria degli enti locali italiani”, sottolinea Crosasso. “Il premio alla Comunità montana Valli Orco e Soana – spiega il presidente dell’Uncem Piemonte, Lido Riba – è un risultato di grandissima soddisfazione per il sistema delle autonomie locali piemontesi, ma soprattutto per la rete del-

le Comunità montane, che lupsi occupano dello svilupene po delle Terre Alte. Viene voro premiato il grande lavoro atosvolto dagli amministratoente ri, in primis dal presidente Crosasso, dalla Giunta, dal enti Consiglio, dai dipendenti dell’ente coordinati dal dia. È rettore Gualtiero Fasana. erriun premio per tutto il territorio della Comunità monni, i tana, con i suoi Comuni, atosindaci e gli amministratori. Ma penso sia an-

di Gianni Giacomino

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Primo Piano

Il presidente Danilo Crosasso premiato lunedì 9 maggio a Roma dal ministro Renato Brunetta. Con il sindaco a ricevere il prestigioso riconoscimento per le pubbliche amministrazioni italiane, c’era il direttore della Comunità montana Gualtiero Fasana


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che chi vive e opera ti normativi e istituzionali, in quelle aree montane che abbiamo sempre mostradeve sentirsi parte attiva to il grande lavoro che le nel percorso che ha portato Comunità montane svolall’assegnazione di un rico- gono, assicurando servizi noscimento così importan- indispensabili, molti delete”. Comunità montane co- gati direttamente dalla Reme questa sono un esempio gione, e lavorando per un tione di gestione vero svilupnione e di unione po economiCrosasso erritocon il territoco e sociale «Siamo orgogliosi del rio per molti premio ricevuto, che del territorio. altri enti loè un riconoscimento Quelli di oggi cali. “Quanper tutto il territorio» sono i risultado neglii anni ti. La comun Itascorsi, in nità montana amo alle prese con Valle Orco e Soana ha recelia, eravamo bilit it con grande entusiasmo chi pensava di smobilitare pito il sistema delle Comunità e impegno l’invito dell’Unmontane – evidenzia Riba – cem a puntare sulle risorse e non voleva tener presenti che il territorio possiede, a le differenze e le peculiarità valorizzarle con le loro fidel territorio montano nella liere affinché diventino vadefinizione di provvedimen- lore economico. Basti pen-

Operare in qualità

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perare nell’ottica del “miglioramento continuo”, al fine di erogare servizi di qualità, significa applicare i principi di Total Quality Management ovvero: programmare, eseguire, controllare e correggere gli eventuali scostamenti (Plan, Do, Check, Act) ovvero il cosiddetto ciclo di Deming. In sostanza, si tratta di utilizzare il sistema denominato Common Assesment Framework (CAF) ovvero una griglia di 9 criteri di autovalutazione. L’Ente effettua, in modo permanente, un’autovalutazione del proprio “agire” e, successivamente, un organo terzo certifica il raggiungimento o meno degli obiettivi programmati assegnando il relativo punteggio secondo una scala a livello europeo. Tutto il percorso si pone in stretta simbiosi con il cosiddetto “Decreto Brunetta” sulla performance delle Pubbliche Amministrazioni. Nel sito della Comunità montana, alla Sezione “Trasparenza, Valutazione e Merito” sono consultabili: a) il Sistema di misurazione e di valutazione della performance sia a livello organizzativo che individuale; b) il Piano Triennale della Performance 2011 – 2013; c) il Programma Triennale della Trasparenza e dell’Integrità con il relativo Codice Etico; d) la “Nota metodologica” concernente la definizione degli “Standard di Qualità” dei servizi erogati.

Inaugurazione del PalaMila

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stata fissata per domenica 19 giugno l’inaugurazione del PalaMila a Ceresole Reale con una “non stop verdiana”, nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni del’Unità d’Italia, cui hanno già dato la propria adesione la fanfara della Brigata alpina Taurinense e la Corale Polifonica Città di Rivarolo diretta da Maria Grazia Laino. Sotto le arcate del PalaMila sarano ospitati tutta una serie di eventi durante la prossima estate:concerti,proiezioni di film, convegni e mercatini. Da segnalare il 2 luglio il convegno delle lingue minoritarie.

sare a quanto fatto per la valorizzazione energetica delle biomasse, con le due centrali programmate nelle vallate, e con l’idroelettrico, invertendo i meccanismi colonialisti del passato.

Ecco perché questo esempio è esportabile, non solo in Piemonte, ma in tutte le aree montane d’Italia”. La terza edizione del Premio Qualità PPAA ha visto 221 amministrazioni candi-


date, 104 delle quali hanno portato a termine il percorso previsto presentando una dettagliata descrizione della propria performance organizzativa. Fra le 99 ammesse alla valutazione sono state poi selezionate le 40 finaliste esaminate accuratamente da un team di valutatori qualificati. “Rispetto alle precedenti edizioni – ha spiegato il ministro Brunetta prima di consegnare i premi – le amministrazioni finaliste mostrano una tendenza crescente e più omogeneamente diffusa che in passato ad adottare approcci e strumenti diversificati per migliorare la qualità dei servizi erogati e i rapporti con g stakeholder”. gli

“Stella polaris”: il 28 la premiazione degli studenti

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abato b t 28 maggio, i ad d AlAl pette, verranno premiati gli studenti dell’Istituto XXV Aprile di Cuorgnè che hanno partecipato al progetto “Stella Polaris”, lanciato dalla direzione della scuola canavesana con la Comunità montana Valli Orco e Soana e il Comune di Alpette. Coronerà l’iniziativa per i geometri, i ragionieri, e gli operatori turistici che vengono formati nell’istituto guidato dal dirigente Federico Morgando, a cui hanno collaborato l’Uncem Piemonte, il Parco Nazionale Gran Paradiso, il Corpo Aib (Anti Incendi Boschivi) del Piemonte, Orso Tv, il Comune di Ceresole Reale e il Comune di Valprato Soana. Gli studenti, guidati dall’architetto Rosella Seren Rosso, hanno approfondito i temi connessi allo sviluppo socio economico del territorio in una serie di cinque lezioni con esperti, politici, amministratori, tecnici. Il territorio è stato presentato attraverso l’analisi di temi concreti in particolare sono stati presentati interventi che i Comuni e la Comunità montana stanno realizzando al fine di valorizzare le vallate: dal complesso turistico di Piamprato al Pala Mila di Ceresole, dalle centrali

a bi biomasse di SSparone e R Ronco alla centrale idroelettrica di Ribordone, sino alla realizzazione del marchio di qualità Parco Gran Paradiso e spazio Gran Paradiso in cui sono stati elaborati parametri di qualità per le attività turistico ricettive, l’artigianato tipico e la produzione alimentare. Analizzati i significati delle forme delle costruzioni antiche perché per poter riqualificare i centri abitati occorre conoscere le caratteristiche e le funzionalità del patrimonio storico; esaminate varianti di piani regolatori e si è parlato delle energie alternative quali l’uso del legno all’acqua, fonte di ricchezza delle montagne, e come queste potrebbero essere utilizzate come forma di sviluppo sostenibile.

“Analizzando deglili “A li d lle missioni i i id enti intervenuti – spiega il sindaco di Alpette Silvio Varetto – si è discusso su come si possano progettare politiche eco compatibili che siano in grado di attrarre nuove risorse, in un rapporto uomo natura che tuteli entrambi anche se è l’uomo a incidere maggiormente. Sono state effettuate proposte originali come quella dell’albergo diffuso: un tipo di ospitalità che viene sviluppato senza impatto sull’ambiente attraverso il recupero di diversi locali situati nei centri storici. Alla fine degli incontri è stato proposto un concorso in cui gli studenti sono chiamati a proporre progetti per uno sviluppo sostenibile della montagna. Il 28 premieremo i migliori elaborati”.

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Welfare delle Terre Alte

le buone pratiche delle Comunità montane I servizi soc socio assistenziali sono il punto di forza per molti enti piemontesi. dimostr Una dimostrazione concreta della necessità di potenziare i servizi associati, c le Comunità montane organizzano con efficacia da trent’anni che di Elisa Sola

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Primo piano

Ugo Boccacci

n montagna fornire servizi sociali e di assistenza alle persone più bisognose è più complicato che in pianura. La concentrazione della popolazione anziana è alta, i bambini sono pochi e dispersi in frazioni e paesi a chilometri di distanza, le quote sono alte, il territorio è impervio. Fattori che rendono più complessa la vita delle persone e di chi deve provvedere ai loro fabbisogni. Non tutti lo sanno, ma da trent’anni in Piemonte la gestione di questi servizi è gestita in gran parte dalle Comunità montane. Non sono enti ricchi, ma hanno saputo razionalizzare i costi e fornire ai Comuni che servono, una rete di assistenza affidabile, con personale preparato e so-

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Pierangelo Carrara

prattutto esperto ad affrontare i problemi che vivono le persone nelle terre alte. Oggi, in una fase in cui, dopo l’approvazione della delibera regionale che prevede l’eliminazione dei consorzi e il passaggio del welfare alle Asl, le Comunità montane alzano la voce. Senza prepotenza, ma per spiegare una funzione a volte dimenticata e buone pratiche date a volta per scontate. “Dal ’97 – spiega Ugo Boccacci, presidente della Comunità montana Alpi del Mare – ci prendiamo carico di tutti i servizi socio assistenziali che spettano ai Comuni, per conto di nove amministrazioni su 12 della Comunità, per 20mila abitanti di utenti. Siamo contrari a delegare queste funzioni assistenziali alle Asl, semplicemente perché noi quella fase l’abbiamo già vissuta. E non ha funzionato. Già negli anni ’70 e ’80 avevamo iniziato la gestione del welfare e avevamo anche assunto personale medico. Poi, per il cambiamento delle normative, quando sono nate le Usl, abbiamo dovuto trasferire personale e servizi e siamo diventati territorio marginale. Quando circa 15 anni fa, la

delega è tornata alle Comunità montane, siamo stati felici di non insediarci a Cuneo, ma di restare a presidiare le singole porzioni di territorio. I Comuni oggi sono più soddisfatti”. Uno dei motivi per cui gli amministratori comunali valutano in modo positivo il welfare delle Comunità, è la riduzione dei costi. Di sicuro, sono soldi risparmiati quelli dei cda e degli organi direzionali delle Asl. Non solo, anche quelli delle sedi e degli uffici, messi a disposizione dalle Comunità montane. “Il cda non costa – spiega Boccacci – perché è la stessa Giunta della Comunità. Non esistono segretari né direttori stipendiati”. In secondo luogo, il modello di welfare delle terre alte funziona perché è vicino ai territori. “Noi – prosegue Boccacci – siamo più attenti ai problemi dei territori montani, e li sappiamo gestire. Sappiamo cosa vuol dire assistere un anziano a 1500 metri di altitudine e il nostro personale ha specializzazione necessaria. Così come sappiamo seguire i bambini, sparsi in più centri e aggregati nelle pluriclassi, garantendo materie e attività


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extra come l’insegnamento del francese. Quando mancano i fondi sopperiamo con risorse nostre. Lo abbiamo fatto quest’anno per avviare progetti speciali per le celebrazioni del 150esimo anniversario dell’Unità d’Italia”. La Comunità montana Alpi del mare gestisce, oltre alle attività svolte da educatori e assisti sociali, anche un Ufficio sociale con 22 dipendenti, che fornisce servizi domiciliari agli anziani e undici case di riposo, una per comune. “E vogliamo riprenderci – anuncia Boccacci – anche due strutture per persone diversamente abili, il centro diurno a Peveragno per gli over 14enni e un’altra sede a Chiusa di Pesio per malati gravi. Ora sono in gestione al consorzio di Cuneo ma noi pensiamo di poterli sfruttare meglio”. In totale, la Comunità montana investe un milione e mezzo di euro all’anno per il socio assistenziale. Il modello del welfare delle terre alte funziona anche grazie alla stretta integrazione tra Comuni e Comunità montane. Un modello che, secondo Boccacci, può essere proposto a tutta Italia. Funziona così: i sindaci delegano i servizi socio assistenziali alla Comunità montana, che coordina, programma e cerca i finanziamenti per tutte le attività e stipula gli atti. Il comune fornisce i propri dipendenti, ed è il sindaco che controlla direttamente il lavoro, per valutare in tempo reale se le prestazioni soddisfano i cittadini. “Così – spiega Boccacci – sono tutti contenti. I sindaci non hanno perso il control-

lo del territorio e i costi sono bassi, 21 euro procapite, una cifra inferiore rispetto a quelle dei consorzi. Se un cittadino ha un problema, il sindaco resta il punto di riferimento, e questo è un bene”. Il rapporto di buona collaborazione in montagna tra Comuni e Comunità montane è naturale non solo perché entrambi gli enti gestiscono un territorio fragile, complicato, a stretto contatto tra loro e con la stessa esperienza amministrativa, ma anche perché, a livello istituzionale, le Comunità montane sono Unioni di Comuni. C’è scritto nel loro Statuto. Anche a livello burocratico quindi, il rapporto è facilitato. E proprio questo potrebbe essere il punto che potrebbe permettere alle Comunità montane di conservare la propria funzione nonostante il passaggio della delibera regionale che vorrebbe centralizzare i servizi in capo alle Asl. Il provvedimento della Giunta Cota infatti fa cenno alle Unioni di Comuni e, visto che le Comunità già lo sono (da Statuto), non è detto che in futuro il loro ruolo nel welfare debba cambiare per forza. Anzi, potrà essere potenziato, attorno a nuovi servizi associati, che le Comunità montane organizzano con efficacia da quando sono nate. Anche la Comunità montana Valsesia gestisce da oltre 30 anni i servizi socio assistenziali. Oggi sono una trentina i Comuni che si sono affidati all’ente, compresi alcuni della Valsessera e altri centri limitrofi. Sono 33mila le persone del bacino d’utenza, e lavorano ai servizi 150 persone

di una cooperativa di Biella, mune decidesse di rinnovar30 persone dipendenti dai lo, spiegano dalla Comunità, Comuni, tutti coordinati da l’ente montano si troverebbe tre funzionari della Comuni- in grandi difficoltà a garantità montana. Per un totale di re lo stesso livello di servizi 110mila euro annui di spesa, allo stesso costo a causa dei ovvero circa il 25 percento tagli di Stato e Regione su saancio io del bilancio nità e welfare. sci cite. delle uscite. “ Vo r r e m m o Carrara munniÈ la Comunicontinuare «I servizi socio tà infatti che assistenziali ci danno noi a gestire i organizza e servizi socio forza e ragione gestisce tutassistenziali di esistere» ività. te le attività. del territorio ennza z domiciliare, i – spiega L’assistenza ga Pi Pierangelo Carrari fam amiliari, la medi-- ra consultori familiari, rra,, presidente preside della Comucina scolastica. Esiste anche nità Valsesia – perché ci danun’equipe minori con assi- no forza e ragione di esistere. stenti sociali e operatori che Questi servizi li facciamo sulseguono sia le adozioni fami- la nostra pelle e siamo felicisliari, che i percorsi dei bam- simi di dare questo contributo bini in strutture ad hoc su di- alle fasce deboli. Non ho niensposizione dell’autorità giu- te contro il privato, ma visto diziaria. Per i malati che non che spesso ci viene confermariescono ad andare da soli alle to che non siamo enti inutili, visite mediche, c’è un servi- allora è giusto che ci lascino zio di minibus verso gli ospe- fare bene quel che ci viene dali e le strutture attrezzate, affidato. Il welfare è la nostra non solo in Piemonte, ma che spesa più forte sul bilancio e trasporta i pazienti anche, se la gente che serviamo è soddice n’è bisogno, a Milano e sfatta”. Sull’aumento recente Bologna. Anche molte strut- delle tariffe delle case di riture sono affidate direttamen- poso, Carrara spiega che “abte alla gestione della Comuni- biamo dovuto farlo perché la tà. Alcune da decenni, come Regione ci dà meno il centro diurno per disabili a Varallo, il centro per anziani malati di Alzheimer a Quarona e varie comunità alloggio. Il mandato per la gestione delle casa di riposo di Varallo, una tra le più grandi in Piemonte, con 200 ospiti, di proprietà del comune, scadrà tra pochi mesi. Anche se il co-


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Giuseppe Boasso

Celestina Olivetti

soldi, e anche ai Comuni ne arrivano meno. Che facciamo bene il nostro lavoro è dimostrato anche dal fatto che i comuni della Valsessera, nonostante l’accorpamento, sono rimasti con noi”. Su Varallo, il presidente spiega di essere favorevole a mantenere la casa di cura, “ma contro l’impossibile bisogna fare i conti con i quattrini”. “Coi tagli della Regione – sottolinea – è difficile garantire le stesse prestazioni, tenendo conto che, in generale, i tagli inflitti alla montagna renderanno difficile la gestione anche di altre attività, non solo quelle socioassistenziali”. Anche Giuseppe Boasso, presidente della Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese, è contrario all’ipotesi che i servizi del welfare non vengano più gestiti dalle Comunità ma dalle Asl. “Non sono favorevole – spiega – perché, come presidente, e quindi responsabile del servizio, constato che funziona veramente bene ed è tuttora gestito bene. I sindaci dei Comuni per cui noi eroghiamo le prestazioni socio assistenziali, circa 30, di cui cinque al di fuori della Comunità, sono soddisfatti, anche dei costi che sono, per i comuni, notevolmente al di sotto rispetto a quelli sostenuti da

altri consorzi. Vedo molto difficile che siano le Asl a gestire questo servizio, il territorio sarebbe troppo grande e non ci sarebbe quella vicinanza e conoscenza dei problemi necessaria per affrontare i problemi di un territorio così fragile e complesso come quello montano”. La Comunità montana Alto Tanaro Cebano Monregalese fornisce servizi dal ’97 per circa 30 comuni, per una spesa di oltre due milioni di euro all’anno. Una delle attività fiore all’occhiello è quella del sostegno alle persone disabili, in particolare i bambini. E quest’anno, per non penalizzare nessuna delle scuole di montagna, anche i Comuni sono venuti incontro alla Comunità per fronteggiare i tagli subiti dal sistema del welfare, “autotassandosi” di un euro e mezzo per abitante per mantenere un servizio indispensabile e molto apprezzato da genitori e insegnanti. Così sono garantite anche le attività per adulti del centro diurno di Ceva, compreso il servizio di inserimento lavorativo. Come spiega la dottoressa Anna Aschero, che si occupa di attività socio assistenziali nella Comunità, i servizi forniti coprono tutti i fabbisogni di più fasce di popolazione. Dall’assistenza domiciliare,

ai progetti di supporto alla famiglia, alle attività di consulenza per il reinserimento lavorativo dei disoccupati, compresa l’assistenza economica, garantita, in generale, per tutte le fasce deboli. Anche per i minori c’è molto lavoro da fare. La gestione delle conflittualità e la protezione dei bambini abusati, la gestione degli affidamenti e degli inserimenti in comunità. Non mancano progetti innovativi per gli anziani, come quello del telesoccorso, e per i bambini, come il Ludobus, un pulmino itinerante per le valli attrezzato di giochi e animatori che si sposta da paese a paese. “La Comunità – spiega Aschero – è in difficoltà a reggere la situazione perché la pressione dell’utenza si fa sempre più forte. Aumentano le richieste di aiuto per via della crisi economica, ma anche quelle della non autosufficienza. Cresce anche notevolmente la problematicità intra-familiare. Le risorse sono insufficienti, c’è stata una contrazione di quelle erogate sia dallo Stato che dalla Regione. E con una pressione sociale simile, non è facile dire di no alle persone che ci chiedono aiuto. Cerchiamo di fare dei percorsi specifici tenendo conto delle priorità ma è complesso”. Insomma, il territorio montano non è esente da tutti i problemi che coinvolgono le grandi metropoli, anche per quanto riguarda il sociale. “Anche i nostri territori – prosegue la Aschero – che prima erano protetti da certe criticità, e che sembrano più tranquilli dal punto di vista delle problematiche, hanno critici-

tà forti. L’immigrazione, per esempio. Oggi la complessità sociale interessa tutti i territori, ma quelli montani hanno più problemi. Le distanze, la dispersione territoriale, il fatto che molte aree dal punto di vista socio-economico sono marginali. Un discorso di programmazione ne deve tenere conto. Ci sono territori più ricchi e più poveri, e questo va considerato. Non contano solo i numeri”. Anche Celestina Olivetti, presidente della Comunità montana valli di Lanzo, segnala le difficoltà che le terre alte incontrano tutti i giorni nella gestione del sociale. “Siamo – spiega – in un territorio particolare, dove raggiungere le persone che hanno bisogno è molto più difficile per via della distanza e ci sono dei costi alti, che noi sosteniamo, soprattutto di trasporto e logistici che la città non ha. A causa dei tagli quest’anno abbiamo dovuto aumentare un pochino la quota a carico dei Comuni”. “Fortunatamente – prosegue la presidente – siamo riusciti a garantire servizi soddisfacenti per tutti i Comuni, anche in un periodo anche in periodi di crisi. Questo anche grazie alla collaborazione con la Provincia e gli altri enti. Spero che resti un’ipotesi quella dell’assegnazione dei servizi alle Asl e che resti agli abitanti la facoltà di decidere quel che è meglio per i territori in cui vivono. Quindici anni fa, quando passò alle Comunià montane dalle ex Usl l’erogazione del welfare, eravamo usciti da un servizio non eccellente, che invece, in seguito, è stato portato avanti bene”.


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IPLA e UNCEM Energia per le Terre Alte ealizzare studi e progetti per valorizzare e gestire il patrimonio agroforestale montano piemontese, per sviluppare in modo eco-compatibile il territorio, diffondendo le migliori pratiche nella gestione ambientale, nell’applicazione di nuove tecnologie e nell’uso sostenibile delle risorse. Sono questi i cardini su cui si muove la convenzione tra l’Ipla, l’Istituto per le Piante da legno e l’ambiente, e l’Uncem Piemon-

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te, firmata a febbraio. Avrà durata quinquennale e lo scopo fondamentale è la valorizzazione industriale e di filiera del legno piemontese, con l’obiettivo di incentivare tecniche produttive sostenibili dal punto di vista ecologico e la creazione di nuova impresa, non solo nelle aree montane del Piemonte. “Grazie alle conoscenze tecniche dell’Ipla e alla rete di enti montani che l’Uncem rappresenta – spiega Lido Riba – sarà possibile realizzare

progetti e attività per la valorizzazione energetica delone le biomasse di derivazione agricola e forestale e piùù in ziogenerale per la valorizzaziobili ne delle energie rinnovabili nei territori montani. Il rapporto tra Ipla e Uncem deve essere saldo al fine di far onicrescere interesse e disponibilità verso gli impianti che utilizzano la biomassa. Non bisogna perdere tempo. Gli incentivi statali per la prorica duzione di energia elettrica da biomasse e dalle

di Davide Micheletti

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Attualità

Una “casa passiva” all’ombra di Superga a

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tecnici lo hanno chiamato Pueel, ovvero Prefabbricato ad uso Uffici Energicamente Efficiente in Legno. Per chi la vede per la prima volta si tratta di una casetta di legno costruita anni fa all’interno della tenuta Millerose, in Corso Casale a Torino, dove ha sede l’Ipla, l’Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente, rinata grazie al lavoro dei servizi tecnici regionali della Direzione Risorse Umane e Patrimonio. E la nuova vita dell’edificio è caratterizzata dal fatto di essere una “casa passiva”, un edificio efficiente dal punto di vista energetico e corretto da quello ambientale, secondo i parametri internazionali in materia di efficienza energetica. Le chiavi della casa sono state consegnate il 14 marzo all’Ipla, nelle mani del presidente Lido Riba e del direttore Mauro Piazzi, da parte della Regione Piemonte, rappresentata dall’assessore al Patrimonio Giovanna Quaglia, da cui dipendono i servizi tecnici che hanno realizzato l’intervento, e dall’assessore all’Energia Massimo Giordano, che segue tutte le attività di risparmio energetico.

“È stata interamente riqualificata – ha spiegaaato l’assessore Quaglia – una struttura regionale che oggi, grazie all’utilizzo del legno e all’impiego di tecnologie innovative, è in grado di contenere i consumi e di sfruttare fonti energetiche rinnovabili a basso impatto ambientale. Per comprendere l’impatto è sufficiente fare un confronto con l’attuale parco edilizio, dove gli edifici costruiti con tecniche tradizionali, ma privi di isolamento, raggiungono un fabbisogno energetico di 150kWh al metro quadro rispetto a un massimo di 30 consumati dalla “casa passiva”. Questo intervento rappresenta un notevole passo in avanti nell’applicazione di tecnologie e soluzioni energicamente efficienti, ma anche un esempio concreto per l’amministrazione pubblica, che ha di fronte un modello di riferimento di differenti soluzioni tecnologie ed impiantistiche, alcune assolutamente d’avanguardia, realizzate con criteri di ottimizzazione, efficienza e risparmio energetico”.

Gli assessori regionali Massimo Giordano e Giovanna Quaglia, con Lido Riba, all’inaugurazione della casa passiva all’Ipla


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altre fonti rinnovabili proseguono solo fino al 2012”. Insediato a marzo il gruppo di lavoro Uncem-Ipla di cui fanno parte Lido Riba (presidente Uncem), Ettore Broveglio (membro del cda dell’Ipla), Mauro Piazzi (direttore Ipla), Giuseppe Tresso (Ipla), Giovani Francini, Bruno Mandosso e Marco Bussone (Uncem). Grazie alla convenzione, Uncem e Ipla potranno: divulgare negli ambiti scientifici, economici, istituzionali, imprenditoriali le informazioni utili all’attuazione operativa dei progetti; promuovere e coor-

dinare gruppi di progettazione e collaborazione nonché attività di consulenza tecnico-professionale;·effettuare ricerche e studi economici,

Verso il piano energetico ambientale

C’

è anche il direttore dell’Ipla Mauro Piazzi al tavolo di lavoro incaricato della predisposizione del nuovo Piano Regionale Energetico Ambientale. Si tratta dello strumento di programmazione con il quale la Regione, nel rispetto degli indirizzi e delle norme vigenti, individua obiettivi, parametri e indicatori di qualità in termini di produzione, trasporto, distribuzione e consumo di energia, raccordati con tutti gli altri obiettivi ambientali. Del tavolo fanno parte l’assessore regionale all’Energia Massimo Giordano, Mauro Piazzi (Ipla), Francesco Profumo (Rettore Politecnico), Salvatore Coluccia (Vice Rettore Università di Torino), Alessandro Battaglino e Davide Damosso (Polo EnviPark), Fabrizio Longa (Polo Rinnovabili Tortona), Giovanni Lai (Enea), Vincenzo Corrado (assessorato regionale all’Ambiente). L’obiettivo del piano è individuare gli indirizzi strategici in tema di energia per i prossimi anni, con particolare riferimento allo sfruttamento delle fonti rinnovabili. “Si è aperto un percorso importante per il futuro energetico del Piemonte – commenta l’assessore Giordano – La nostra priorità è mettere ordine in ambiti non ancora troppo chiari, consapevoli della necessità di mettere a punto un piano che abbia ricadute importanti sul territorio piemontese. Pensiamo infatti alla necessità di sviluppare le energie rinnovabili a livello di filiera, in maniera pragmatica e tenendo sempre in debita considerazione le esigenze produttive e occupazionali dei nostri territori”.

sociali, tecnici, statistici e di mercato; organizzare fiere, convegni e seminari di informazione; redigere testi, manuali e altro material informativo e divulgativo le r riguardante le ricerche, gli studi e l’attività promozion svolta, nonché commernale c cializzare gli stessi. commissionare o realizzare studi di settore e fattibilità tecnico e economiche. T gli ambiti di riferimenTre t nella valorizzazione delto l biomasse all’interno delle l green economy: i boschi, la c sono concentrati in partiche c colare in montagna, la short r rotation per la pianura, l’uso d cimali e degli scarti deldei l lavorazione del pioppo. la “ “Sarà fondamentale negli i impianti a biomassa che verr ranno insediati in Piemonte, o alla produzione di eneroltre g elettrica, l’uso del calogia r per il teleriscaldamento o re, p la produzione di pellet. per È importante portare gli imp pianti alla biomassa e creare filiere “a chilometri zero”, spiega Ettore Broveglio. I programma dei primi otto Il i impianti che utilizzano bio-

massa, studiato dall’Ipla dopo l’incarico della Regione Piemonte nel 2009, è all’80 per cento della sua realizzazione. “L’Ipla è il soggetto che ha tutti i dati per garantire l’approvvigionamento delle biomasse per gli impianti – spiega Giuseppe Tresso – Le aziende interessate a investire nelle biomasse devono essere consapevoli che le dinamiche sono diverse da tutte le altre fonti rinnovabili. Oggi sono 43 le richieste di centrali presentate in Piemonte. Molte sono spinte dalla disponibilità di materiale in arrivo dall’estero: Francia, poi Polonia e Romania, dove sono però state autorizzate grandi centrali a biomasse che bloccheranno gran parte del flusso commerciale del prodotto, a basso costo, verso gli altri stati europei, come l’Italia”. Senza biomasse non si raggiunge, in Piemonte e in Italia, il “20-20-20”. “Tutti devono esserne consapevoli – aggiunge Mauro Piazzi – a livello locale e nazionale. Creare la filiera locale, per il Piemonte è indispensabile”.


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Riconosciuti i disagi, ma i problemi restano Approvata dal Governo la risoluzione bipartisan dei deputati piemontesi sulla necessità di garantire la ricezione dei canali Rai in tutto il Piemonte dopo il passaggio al digitale terrestre ono stati riconosciuti ufficialmente gli enormi disagi registrati in questi mesi in quasi metà della Regione Piemonte, dove migliaia di cittadini che pagano regolarmente il canone si sono visti privare di un diritto fondamentale. “Il passaggio al digitale in Piemonte ha creato problemi gravi e disservizi enormi tra i cittadini che pagano regolarmente il canone. Se non corretta al più presto, la transizione al digitale, tanto nel Piemonte occidentale quanto in quello orientale, rischia di avere effetti devastanti per la ricezione dei canali Rai, a partire dal Tg regionale”, spiega Giorgio Merlo, deputato del Pd e vice presidente della Commisisone di Vigilanza Rai già protagonista di numerose iniziative sul tema. “Oggi – prosegue – nonostante l’approvazione della risoluzione, le preoccupazioni non cessano e l’invito a intervenire con solerzia sulla questione resta lo stesso. Confidiamo che il Governo destini investimenti adeguati per ovviare ai problemi tecnici legati alle frequenze

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e, soprattutto, che il digitale non continui ad essere un peso insopportabile per decine di migliaia di cittadini piemontesi”. Sono stati proprio i problemi di ricezione del segnale del Tg3, in una realtà dove l’informazione regionale registra un forte seguito di ascolti, a far precipitare la situazione, costringendo però politici e cittadini a reagire con forza a un disagio semplicemente insostenibile.

aia Lo dimostrano le centinaia di segnalazioni raccolte dalalle le Comunità montane, dalle alla Province piemontesi, dalla omRai e da tutti gli organi comche petenti. Recentemente anche il Consigliere regionale Mietto no Taricco è stato costretto a inviare una lettera al Viom, ce Presidente del Corecom, ico per sollecitare un energico ocintervento capace di sblocnali care la situazione dei canali Rai televisivi oscurati. Nella sua lettera sotto-

di Laura Sansalone

At

Attualità


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linea come i problemi più grossi nella provincia di Cuneo riguardino la Valle Maira, specie in zona Acceglio, la Valle Po, soprattutto in zona Sanfront e le Valli Monregalesi, in particolare in zona Frabosa, sia Soprana che Sottana. “Molti cittadini in molteplici occasioni si sono lamentati del fatto che i canali televisivi Rai non si vedono nelle zone dove risiedono. Sono moltissime le lettere di lamentele che stanno giungendo al Corecom; ci sono state molte promesse, ma per il momento non si sono visti risultati positivi. Sappiamo che a causare il disservizio parrebbe essere

Mino Taricco

Andrea Coucourde

un guasto tecnico, che provoca un errore nel procedimento di switch-of, causando il malfunzionamento di transizione del segnale. Credo sia inaccettabile – aggiunge – che si richieda ai cittadini di pagare il canone se poi non viene data la possibilità di usufruire correttamente del servizio. Inoltre è scandaloso

che vi siano territori e comunità che anche su queste cose debbano avere disservizi”. Parole largamente condivise da tutti gli amministratori locali, in primis dai rappresentanti delle Comunità montane, che le hanno ribadite a gran voce durante il tavolo tecnico convocato dal Consiglio Provinciale di Torino lo scorso 7 marzo. Illustrando lo stato in essere dei ripetitori sul proprio territorio, Andrea Coucourde, Presidente della Comunità Montana Valli Chisone, Germanasca, Pellice e Pinerolese, ha messo in risalto le diverse situazioni degli impianti presenti in Piemonte: “Sul nostro territorio, ma non solo, vi sono impianti gestiti e digitalizzati dalla Rai, impianti in gestione alla Comunità montana e digitalizzati dalla Rai e impianti gestiti e digitalizzati dalla Comunità montana, con l’utilizzo di apparati forniti in comodato dalla Regione Piemonte. In tutti i casi si verificano interferenze e sovrapposizioni di segnale e i canali tematici non si vedono. Attualmente sugli impianti segnalati è installato unicamente un apparato di tipo Mux1 in grado di trasmettere Rai1, Rai2, Rai3 e RaiNews, ma non i restanti canali”. Una situa-

zione analoga attraversa da nord a sud e da est a ovest tutto il Piemonte. Il Consigliere Rabellino ha definito la criticità della ricezione del segnale televisivo “un problema di carattere sociale, specialmente nei territori montani con popolazione anziana”, insistendo poi sul fatto che sia necessario trovare dei fondi per la manutenzione degli impianti e il miglioramento del servizio. Importante a questo proposito, la dichiarazione del Presidente dell’Uncem, Lido Riba: “Fino a due anni fa le Comunità montane ricevevano contributi statali per circa € 6 milioni, mentre ad oggi tali contributi ammontano a circa € 1,8 milioni in tutto il Piemonte, con una spesa annuale di circa € 1 milione di manutenzione dei ripetitori. È indiscutibile che occorre trovare al più presto una modalità di finanziamento per affrontare tali spese e che è indispensabile un’attività di mappatura del servizio pubblico, che metta in luce le rispettive esigenze e i relativi costi per l’adeguamento delle reti di ricezione”. I nodi da sciogliere sono dunque ancora molti, ma attorno alla questione del digitale terrestre si è ormai sviluppata una vera massa critica, decisa a far valere i propri diritti anche con iniziative di protesta capaci di accendere l’attenzione sul caso del Piemonte a livello Nazionale, come potrebbe essere lo spegnimento dei ripetitori per un’intera giornata, provocatoriamente suggerito dal Dott. Santoro, funzionario Rai.


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Albergo diffuso: verso una legge per il Piemonte Ne esistono esempi in tutt’Italia. In Piemonte, i casi di Sordevolo, Graglia e Muzzano potrebbero non rimanere gli unici. Ma serve un’efficace legislazione, in grado di incentivare il recupero di borgate e singole case, alberghi alpini di nuova generazione o stimolo al rinnovamento e al riutilizzo, in chiave moderna, delle vecchie strutture alpine, siano case, baite o forti, può avvenire solo se le Amministrazioni pubbliche locali sapranno progettare politiche ecocompatibili”. Così spiega Silvio Varetto, sindaco di Alpette e assessore della Comunità montana della Valli Orco e Soana, nonché uno degli animatori della richiesta di una legge organica, con fondi dedicati, sugli “alberghi diffusi”. Si tratta di una bozza di legge regionale, per ora, interessante perché la richiesta di un intervento mirato è partita proprio dai Comuni alpini. Prosegue Varetto: “L’albergo diffuso è un tipo di ospitalità che viene sviluppato senza impatto sull’ambiente, scegliendo il patrimonio edilizio abbandonato nelle

“L

valli delle Comunità montane. Il recupero di diversi locali situati nei centri storici, frazioni o borgate interessa anche ai soggetti pubblici: penso al Parco nazionale del Gran Paradiso che nel versante piemontese ha edifici storici un tempo di proprietà di Casa Savoia”. L’albergo diffuso può essere definito come un “albergo orizzontale” situato in un centro storico, con camere e servizi dislocati in edifici diversi, seppure vicini tra di loro: si tratta di una struttura ricettiva unitaria che si rivolge a chi è interessato a soggiornare in un contesto “urbano”, a contatto con i residenti, usufruendo allo stesso tempo dei comuni servizi alberghieri. “La prima idea di albergo diffuso prende origine in Carnia – spiega il sindaco di Alpette – a seguito del terremoto del 1976, dalla necessità di uti-

lizzare a fini turistici i borghi rghi disabitati. Negli Anni ’80 80 il termine si diffonde, viene utilizzato per la prima voltaa nel 1982 all’interno del “progetto gettoo pilota Comeglians in Friuli, iulii, nell’84 in Emilia Romagna na e nel Sannio. Per assisteree alalle prime parziali realizzazioaziooni, però, occorre aspettaree gli gli Anni ’90. Nel mentre diverse erse see Regioni italiane (Sardegna, gna, Friuli Venezia Giulia, Mararche, Umbria, Liguria, Emilia lia Romagna, Calabria e la Prorovincia autonoma di Trento) si sono dotate di una legge specifica”. Manca ancora il Piemonte, dove la prima realizzazione di un albergo diffuso risale comunque a cinque anni fa, nella provincia di Biella. Sono poi sorti altri esempi a Sordevolo, Graglia e Muzzano, grazie all’iniziativa europea Leader II e ai fondi strutturalieuropei.

At

Attualità

di Lorenzo Boratto

Silvio Varetto


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Federalismo e buon senso per lo sviluppo della

montagna

Molte le proposte per dare nuovo slancio allo sviluppo dei territori ad alto rischio di marginalità nel volume nato dalla collaborazione tra Regione Piemonte, CSI e IRES di Susanna De Palma

At

Attualità

n che modo tutelare il paesaggio montano? Quali le attività turistiche che la montagna potrà permettersi di adottare in futuro? Quali servizi i territori montani saranno in grado di offrire ai cittadini che decideranno di vivere nelle valli? Con l’intento di dare risposta a queste e a molte altre

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domande, è nato il volume “La montagna del Piemonte. Varietà e tipologie dei sistemi territoriali locali”, frutto della collaborazione tra la Regione Piemonte, il CSI e l’IRES, presentato il 22 febbraio a Torino presso la sede dell’Ires Piemonte. L’indagine oggetto del volume, ha rivelato quanto sia

necessario pensare ai territori montani come ad agenzie di sviluppo locale, in cui potenziare infrastrutture, servizi e agevolazioni fiscali. Diverse le soluzioni proposte per dare nuovo slancio allo sviluppo dei territori ad alto rischio di marginalità: equilibrio tra insediamenti e ambiente naturale, la Green


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Roberto Ravello

Economy; fonti di energia rinnovabili, l’adozione di visioni strategiche che non riguardino esclusivamente l’ambito turistico ma l’insieme dei settori produttivi; incentivare nuovi modelli insediativi, finanziare progetti locali che creino occupazione giovanile qualificata, promuovere l’intercomunalità e cultura. Il presupposto per garantire uno sviluppo ed un’integrazione reale e sostenibile resta il riconoscimento della diversità della montagna, diversità non più intesa come handicap di un territorio ma come risorsa e patrimonio per le sue preziose specificità. Ed è proprio la contraddizione tra potenzialità e marginalità che sembra stare alla base delle difficoltà di sviluppo dei territori montani. L’analisi mostra infatti un territorio in chiaro-scuro, aree a turisticamente forti accanto a valli a bassissima densità abitativa ed imprenditoriale. Per orientare le azioni di governo delle “terre alte” in una prospettiva di sviluppo regionale, l’indagine propone di “scomporre” la

montagna piemontese nelle sue unità elementari, singoli comuni, comunità montane per poterne meglio “leggerne” le peculiarità. Integrare città e montagna significa dunque far emergere anche una nuova solidarietà dei territori di pianura e delle città nei confronti di un territorio generoso che però ancora necessita di supporto per quanto riguarda i servizi, l’accessibilità, la lotta alla marginalità socioeconomica e territoriale. In Piemonte l’immagine della montagna svantaggiata e marginale e una realtà che interessa il 58% dei comuni analizzati e che richiede di continuare e di implementare le politiche attive di sviluppo. Il 42%, cioè 218 comuni dei 515 che formano la montagna piemontese, registrano valori positivi per quel che riguarda l’indice socio-economico e i valori di ricchezza della popolazione.

Alla luce di questi dati, la Regione ha intrapreso un percorso analitico per la predisposizione di un quadro conoscitivo dei territori di montagna, da cui partire per impostare politiche capaci da una parte, di rispettare le specificità di questi territori e le loro caratteristiche identitarie, dall’altra di proiettarli nel tessuto economico del Piemonte. Tutto questo in accordo con i più recenti orientamenti legislativi che affidano sempre di più alle regioni il compito di svolgere politiche di sostegno per la montagna e di condurre una costante attività di analisi e di studio delle problematiche strutturali e congiunturali della montagna. Tra le priorità che la giunta regionale ha infatti individuato all’interno del proprio programma di governo c’è il tema dello “sviluppo sostenibile del sistema montano”. “Intendiamo attuare un approccio “ex an-

Un esempio di azienda d’eccellenza in montagna: la RTM in Val Chiusella

te” – ha dichiarato l’assessore regionale all’Ambiente Roberto Ravello – che dia origine a scelte e soluzioni ponderate in modo tale che la politica, acquisite le informazioni necessarie, sia in grado di adottare provvedimenti di buon senso”. Spetterà dunque ai montanari identificare le competenze da esercitare in modo esclusivo, le risorse con cui finanziare gli interventi essenziali a favore dell’imprenditoria locale e alla nuova imprenditoria che vorrà scegliere quelle aree per insediarsi. Un approccio, dunque, dal basso verso l’alto, federalista, ma comunque allineato con le linee di indirizzo dell’Unione Europea. È da qui dunque che la Regione intende ripartire per ricostruire l’identità, l’entusiasmo e le condizioni per lo sviluppo della montagna piemontese. Con l’approvazione della legge regionale sulla monttagna nel 1999, bisogna riconoscere al Piemonte il merrito di aver anticipato tante delle politiche a oggi proposte anche dall’Unione Europpea per la salvaguardia dei tterritori montani, tuttavia, lla Regione sembra voler rim mettere mano al più presto all’impianto normativo regionale per arrivare ad un sistema di governance nuovvo, originale e innovativo in grado di risvegliare le intellligenze locali, a cui spetta rrivedere l’organizzazione, lle competenze e le modalità pper reperire le risorse econom miche necessarie e riqualificare le nostre montagne.


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Acqua

alla spina Programma per valorizzare l’acqua pubblica e ridurre gli imballaggi, con Rivoira e Drink System, per portare nelle Comunità montane e in tutti i Comuni montani le fontanelle da cui riempire bottiglie di “oro blu” idurre gli imballaggi di plastica, valorizzare l’acqua pubblica e far risparmiare i cittadini: con questi obiettivi nasce la partnership tra Rivoira,

R Azienda in primo piano

Drink System e le Comunità Montane del Piemonte con l’iniziativa di proporre al territorio l’installazione di apposite apparecchiature che, attingendo dalla rete di acquedotti, mettano a disposizione dei cittadini l’acqua

pubblica liscia e gasata con l’aggiunta di anidride carbonica. I cittadini possono rifornirsi di acqua refrigerata presso le fontanelle riempiendo le proprie bottiglie, dopo aver scelto fra liscia e gasata. Così, al notevole risparmio per le tasche dei cittadini, si aggiunge la sostenibilità ambientale: riduzione della produzione dei rifiuti plastici costituiti dalle bottiglie dell’acqua minerale, riduzione del consumo di energia per la loro realizzazione e riduzione dell’inquinamento determinato dal trasporto delle acque imbottigliate dal luogo di produzione a quello di vendita. Fondata nel 1920, Rivoira é stata una delle prime aziende in Italia ad operare nel settore dei gas industriali. Sin dall’inizio l’azienda, che appartiene al gruppo Praxair, ha assunto un ruolo attivo nello sviluppo della storia industriale italiana.


25 Alcuni “punti acqua” installati in Comuni montani delle Province di Torino e Cuneo. Con Rivoira e Drink System può nascere un rapporto di collaborazione forte con le Comunità montane per portare le fontanelle in ogni Comune montano del Piemonte

RIVOIRA

www.rivoiragas.it e-mail: contact_rivoira@praxair.com tel. 199.133.133 – fax 800.849.828 Oggi, Rivoira rappresenta un’azienda di riferimento nel settore dei gas per i principali operatori dell’industria e del terziario avanzato – dal medicosanitario all’autotrasporto, dalla refrigerazione alla ristorazione – ed è in grado di offrire qualsiasi tipologia di gas e di qualsiasi purezza. Con oltre 400 dipendenti, 20 filiali di vendita, 13 centri di imbombolamento, 10 impianti produttivi ed oltre 190 rivenditori, Rivoira produce, commercializza e distribuisce gas criogenici, gas industriali, gas medi cinali, gas refrigeranti, gas puri e speciali e loro miscele ed è riconosciuta come società orientata al pro-

blem solving da oltre 10.000 clienti. I servizi e le tecnologie sviluppate da Rivoira in Italia e da Praxair nel mondo rappresentano per i vlienti concrete opportunità competitive con la possibilità di utilizzare fonti rinnovabili e riducendo i consumi energetici. Le attività portate avanti da Rivoira e da Praxair si contraddistinguono per una rigorosa etica professionale, soprattutto sui temi della sicurezza e dell’ambiente. I gas tecnici Rivoira trovano applicazione nei più svariati settori produttivi: industria chimica, farmaceutica e petrolchimica, meccanica, metallurgica ed alimentare. Nel settore ambientale i prodotti Rivoira sono invece utilizza-

ti per il trattamento delle acque, mentre all’interno dei laboratori sono impiegate le miscele di taratura degli strumenti. L’obiettivo di Rivoira è lavorare per essere riconosciuta quale miglior azienda in Italia nel settore dei gas industriali, medicinali, puri e speciali ed apparecchiature dai propri Clienti, azionisti, fornitori, dipendenti e dalle comunità in cui opera. Inoltre, da anni, ormai, Rivoira dimostra, con la sua attività, una grande attenzione anche nel campo della ricerca ponendosi come obiettivo lo svilup-

po di un mercato che vede come protagonisti laboratori ed importanti centri di ricerca, sia nazionali che internazionali. Qualità, esperienza, assistenza e competenza consentono a Rivoira di proporsi quale partner ideale nello sviluppo di soluzioni innovative, tecnologicamente avanzate e ad elevata competitività. Alla base dell’impegno Rivoira c’è la consapevolezza che la qualità dei gas è un


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fattore fondamen fondamentale, così come la volontà di soddisfare le esigenze e le aspettative dei propri clienti. Rivoira inoltre progetta e realizza impianti di distribuzione gas “chiavi in mano” in base a criteri di qualità e sicurezza definiti nell’ambito dei più evoluti standard aziendali. La flessibilità dei sistemi Rivoira favorisce soluzioni che soddisfano le specifiche tecniche e le richieste dai costruttori di apparecchiature serviti dai nostri impianti nel rispetto delle più recenti normative di legge. L’impianto di distribuzione gas riveste un’importanza fondamentale: solo mediante un impianto realizzato secondo le più evolute soluzioni tecnologiche ed i più moderni criteri integrati di qualità adottati dallo staff di progettazione e sviluppo Rivoira, è garantito che le purezze e le specifiche di progetto richieste siano effettivamente quelle necessarie . Così facendo, Rivoira garantisce l’integrità dei gas nel percorso tra le bombole e l’utilizzo, permettendo di conserva-

re inalterate nel tempo le prestazioni dell’impianto e riducendone al minimo i costi di manutenzione. In questa nuova modalità di erogazione dell’acqua di acquedotto, Rivoira fornisce l’anidride carbonica e l’impianto di distribuzione, garantendo servizi all’avanguardia che permettono un’erogazione costante e ininterrotta del gas al sistema di distribuzione dell’acqua attraverso appositi stoccaggi, la purezza e la qualità dell’acqua gasata che avrà sempre le bollicine, ma anche una maggiore sicurezza dell’impianto rispetto a quelli tradizionali. Drink System, concessionaria esclusiva per Piemonte, Liguria e Valle

D’Aosta di prodotti per la spillatura di bevande Celli Spa, è specializzata nella fornitura e posa di impianti per la spillatura di bevande come acqua naturale e gassata ed è in quindi in grado di fornire impianti di erogazione dell’acqua di rete preventivamente microfiltrata, refrigerata e gasata. L’obiettivo è portare un impianto in tutti i Comuni montani. Un’operazione dal costo ridotto che vede nella Comunità montana il soggetto coordinatore. Una valorizzazione delle fonti idriche di ciascun territorio, di ogni paese delle Terre Alte, che

diventa ancor più fruibile e messo a disposizione di tutti. Pochi centesimi per un litro di oro blu, filtrato e puro, che potrà anche essere gasato per un maggiore piacere. Un servizio in più per i Comuni, specialmente quelli più piccoli, con la Comunità montana che diventa il promotore di un nuovo progetto di valorizzazione dell’acqua, bene endogeno e peculiare dei territori montani.


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AEG Reti Distribuzione

srl

Una voce cooperativistica si leva dal Canavese e parla di sviluppo locale

A

EG (Azienda Energia e Gas) Cooperativa è conosciuta in Canavese – e non solo – perché è la più grande Cooperativa italiana che operi nel settore della vendita di energia; i suoi soci sono circa 22.000 e la sua storia è lunga più di un secolo. Da 11 anni, AEG Cooperativa ha dato vita a una società, di cui è socio unico, AEG Reti Distribuzione srl a cui ha affidato il com-

pito di gestire le reti del gas (580 chilometri), le cabine di distribuzione (85) per servire i cittadini di 49 Comuni. La filosofia di AEG Reti Distribuzione Per le attività industriali lo sforzo di AEG è mettere a frutto tutto il know how acquisito nei decenni nell’ambito della progettazione, gestione e conduzione di

impianti di produzione di calore, di gestione di reti, di conduzione di servizi pubblici, di relazione con aziende locali del settore e di aziende nazionali specializzate nella produzione di apparecchiature specialistiche. Gli obiettivi che l’azienda persegue sono: 1) aumentare la capacità di progettare, realizzare e condurre impianti di riscaldamento, di cogenerazione, per privati e per enti pubblici, puntando sulla qualità del servizio, cancellando “furbizie” del mestiere e frain-

Azienda in primo piano

AEG

Reti Distribuzione srl Via dei Cappuccini, 22 A 10125 IVREA Tel. 0125 46129 E-mail: info@aegreti.it


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tendimenti nascosti. 2) ampliare i servizi con carattere di consulenza e di progettazione per i Comuni e gli enti pubblici in generale sui temi dell’energia, degli investimenti possibili e del risparmio energetico che si può raggiungere. 3) progettare, realizzare e gestire impianti industriali per la produzione di energia con fonti rinnovabili. La filosofia aziendale è quindi quella di tentare di fare dell’energia un settore produttivo che abbia un’importanza crescente, producendo sviluppo locale, ampliando i servizi, le opportunità per cittadini e le imprese, concentrando competenze spesso disperse in tante piccole aziende che vivono come pianeti indipendenti, fornendo opportunità ai giovani che intendono specializzarsi nel settore. È la scelta di dare un piccolo e concreto contributo nel ridefinire una identità produttiva del Canavese. L’ufficio di ingegneria I tecnici presenti in azienda e le capacità da loro accumu-

late negli anni – nell’ambito degli impianti di distribuzione del gas metano, della gestione calore, dell’energia elettrica, del rinfrescamento, della cogenerazione, del risparmio energetico per gli edifici – hanno consentito di far nascere un vero e proprio “gruppo di ingegneria” che progetta (per gli enti pubblici, per le aziende) sia impianti di riscaldamento e rinfrescamento, sia impianti per la produzione di energia elettrica con il fotovoltaico, sia interventi per il risparmio energetico di edifici, sia impianti a biomasse, sia certificazioni energetiche. Queste attività di progettazione, pur se in fase di avvio come servizi da erogare all’esterno, hanno raggiunto un volume non trascurabile per la società. La convenzione con l’agenzia CasaClima di Bolzano e lo “Sportello energia” Nel 2010 AEG Reti Distribuzione ha siglato la Convenzione con l’Agenzia CasaClima di Bolzano con cui si è impegnata a garantire ini-

ziative e pratiche per diffondere la cultura e le pratiche del risparmio energetico. La più grande risorsa energetica del nostro Paese è quella del risparmio. È una verità incontrovertibile sia guardando il livello di degrado del nostro pianeta, sia prendendo atto della insostenibilità del reperimento di quantità di energia tra qualche decennio se il consumo pro capite non diminuisce, sia tenendo in conto i costi non più sostenibili. Partendo da questa convinzione AEG Reti Distribuzione ha abbracciato la filosofia CasaClima di Bolzano sul risparmio energetico ed ha collaborato attivamente per far nascere a Ivrea il Network CasaClima Piemonte e Valle d’Aosta che raggrup-

pa centinaia di professionisti (ingegneri, architetti, geometri, periti) che hanno seguito corsi CasaClima e acquisito nuove competenze nel settore. In parallelo è stato aperto uno “sportello energia” che supporta soprattutto i Comuni con attività. Le prime attività sono state dei seminari formativi per amministratori, dei seminari per tecnici, la progettazione di adeguamento di edifici pubblici per conseguire il massimo del risparmio energetico, le certificazioni energetiche di edifici sulla base dei parametri di CasaClima, il supporto nelle scelte energetiche che i Comuni devono affrontare, comprese quelle relative alla regolamentazione che incentiva il risparmio energetico.


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Impianti termici e reti di teleriscaldamento AEG Reti Distribuzione – oltre alla progettazione e alla realizzazione – è specializzata nella gestione di centrali termiche per condomini, per aziende, per edifici pubblici. Attualmente conduce oltre 70 impianti, ha progettato – con proprio personale, a partire dal 2003 – impianti di cogenerazione, centrali frigorifere e di pompaggio ed una rete di teleriscaldamento con un’estensione totale di 8 km. Successivamente ha realizzato e attualmente conduce questi impianti. Questi impianti sono gestiti con personale interno. Le energie rinnovabili Nel campo delle energie rinnovabili alcune scelte sono già state operate, altre sono avviate e altre sono ancora ferme. Per il fotovoltaico, AEG Reti Distribuzione dal 2007 promuove progetti per l’istallazione di pannelli solari e fotovoltaici destinati ad edifici pubblici ed utenze private, cura la realizzazione e la conduzione degli impianti. Nel campo degli impianti a biomasse, tra le nuove attività di cui si occupa AEG Reti vi è anche la progettazione, realizzazione e conduzione di impianti di digestione anaerobica e di pirogassificatori di biomasse. Il progetto che assieme all’Ipla, all’Uncem Piemonte si sta portando avanti è quello di creare una filiera corta delle biomasse legnose. La mission di AEG Reti è – in aggiunta al supporto nella fase di scelta e

progettazione – anche quella di gestire direttamente gli impianti. La realizzazione d’impianti ad elevato contenuto tecnologico, la loro conduzione unita a una continua ricerca nel creare modelli impiantistici che utilizzino tutti i tipi di energie prodotte (elettrica e termica) partendo da biomasse ci ha permesso di rispondere appieno a quella che è per AEG Reti un dovere imprescindibile, cioè essere inseriti in una filiera energetica corta ed ecocompatibile. Energyvos, con le Valli Orco e Soana Gli obiettivi che si sono dati i soci costituenti di Energyvos, la Comunità montana Valle Orco Soana e la società AEG Reti Distribuzione, sono numerosi ed estremamente stimolanti. La realizzazione di due impianti di gassificazione, tra i primi in Italia, e anche lo sfruttamento di due salti d’acqua con delle centrali idroelettriche, va a rispondere all’esigenza di un uso consapevole e proficuo delle risorse disponibili sulle montagne. L’obiettivo di far vivere le montagne tutti i giorni dell’anno, quindi non solo con il turismo, cercando di coniugare degli impianti energetici ad emissione zero, poco impattanti anche da un punto di vista paesaggistico, deve diventare un modello di sviluppo realmente sostenibile. AEG Reti Distribuzione si propone, assieme al Consorzio Reisabosc, che saranno i soggetti che forniranno tutta la legna che servirà agli

impianti di gassificazione, di creare una fonte di reddito e legittimo profitto in una nuova filiera lavorativa. Da riscoprire il bosco, per aiutarlo a vivere e svilupparsi tramite una coltura attenta e

tesa ad investire sul futuro. Infatti l’accudire le piante, creare tutte le infrastrutture necessarie ad un loro corretto monitoraggio servirà a far crescere più alberi ed aspetto non secondario


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mantenere pulito il bosco. La montagna, come sostiene da molto tempo il presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba, è sempre stata una risorsa preziosa che deve essere correttamente valorizzata. Energyvos si pone anche questo obiettivo. Creare le condizioni di partenza al fine di far nascere una filiera della legna attraverso un sapiente utilizzo dei contributi pubblici che esistono sulle fonti rinnovabili. Il progetto di Energyvos ha anche l’obiettivo di fornire alla Comunità montana uno strumento operativo che coniughi il rigore dell’ente

pubblico alla rapidità decisionale delle strutture private. In tutte quelle che sono le argomentazioni energetiche, Energyvos dovrà supportare la Comunità montana e i Comuni che ne fanno parte. Questa società deve essere un mezzo che permette ai cittadini delle Valli Orco e Soana di fare scelte consapevoli su tutti gli argomenti energetici. Tra i primi obiettivi ci sarà anche quello di creare territorialmente uno Sportello Energia che supporterà, con la stessa diligenza di un professionista, i cittadini, gli enti pubblici e le società private, che ne sentano il bisogno, ssui temi energetici: biomasse, ffotovoltaico, solare termico, ccertificazioni energetiche, rristrutturazione energetica ddegli edifici, attività di terzo rresponsabile, idroelettrico, ccogenerazioni. S Su tutti questi argomenti A AEG Reti, il socio privato ddi Energyvos, ha accumulatto negli ultimi anni una nottevole esperienza operando ddirettamente nella progettazzione, tramite il suo ufficio ddi progettazione composto dda sette persone che tramite lle sue squadre di manutenzzione. AEG Reti fungerà, pper Energyvos, come bracccio operativo. Lo Sportello E Energia partirà con il suppporto del Network CasaClim ma Piemonte Valle d’Aosta, oorgano in contatto permanentte con l’Agenzia CasaClima ddi Bolzano, che ricopre un rruolo di primaria importanza nnel modo della certificazione eenergetica e nella indicazionne di parametri e modelli di pprogettazione di edifici basso

emissivi o addirittura passivi. Questa attività sarà la prima a insediarsi all’interno dell’edificio della Comunità Montana a Locana in modo da dare visibilità a tutti i progetti che Energyvos, una società del territorio, si propone di fare. Il cammino sarà impegnativo ma le opportunità che essere porteranno saranno motivo di soddisfazioni si per tutta la Valle. PUBBLICO PRIVATO: QUALI CONDIZIONI PER LA COLLABORAZIONE? In un intervento societario pubblico-privato come quello che si sta realizzando con la società Energyvos srl, il socio privato deve condividere fino in fondo le finalità anche sociali dell’iniziativa imprenditoriale e non può quindi avere come unico parametro per le scelte solamente quello del profitto. I fattori da perseguire con determinazione sono contemporaneamente quello della produzione di ricchezza per la società nascente, per i soggetti direttamente coinvolti nella società e per il territorio in cui l’iniziativa si colloca. Punti di riferimento per le scelte In Piemonte, su 3 milioni di ettari di territorio, 900mila sono territori classificati come marginali. È evidente che nessuna comunità può immaginare di continuare ad affrontare il futuro con il sottoutilizzo di una quantità così significativa del proprio territorio e delle sue potenzialità fino ad ora non sfruttate.

La Comunità Montana Valli Orco e Soana è un esempio significativo di questa realtà di territorio classificato come marginale nell’ambito del territorio Canavesano. Un territorio vasto, non difficilmente irraggiungibile, con un patrimonio boschivo interessante e una concreta disponibilità dei proprietari a rendere operativo e redditizio quel patrimonio. Le leggi nazionali hanno introdotto il meccanismo della tariffa onnicomprensiva di 28 centesimi di euro a Kwh per la produzione di energia elettrica. Una condizione economica che deve indurre a sostenere la ricerca e l’innovazione sull’uso del legno e delle biomasse agricole come fonte di energia rinnovabile, assicurando basi tecniche e finanziarie adeguate al fine di contribuire concretamente allo sviluppo di una filiera energetica agroforestale. Ogni scelta tecnologica connessa alla valorizzazione energetica dei territori montani deve fare i conti con il territorio stesso e lasciare in loco la maggior parte dei suoi profitti in termini di valore aggiunto, occupazione, qualità ambientale e paesaggistica. Importante è la capacità di valorizzare le competenze locali, le attività produttive del settore, le potenzialità esistenti. L’intesa tra pubblico e privato Il punto centrale è quello del coinvolgimento dei soggetti economici privati presenti sul territorio e delle Amministrazioni locali, perché soltanto


con il loro coinvolgimenti ci si potrà proporre di creare un vero e proprio circuito positivo per lo sviluppo ecosostenibile per il territorio. Lo sviluppo in un territorio si produce, in due modi: 1. Attraverso l’insediamento di una grande azienda che effettui grandi investimenti, realizzi un processo produttivo e produca un bene o un servizio altamente innovativi e tecnologicamente avanzati (sia il prodotto che il processo). In realtà montane o svantaggiate è difficile che questa ipotesi si realizzi e in ogni caso lo sviluppo che si produrrebbe dipenderebbe quasi esclusivamente da quell’unica realtà produttiva. 2. Attraverso Attraave verrsoo laa vvalorizzazioalloorrizzzaazio zio 2. del elle le potenzialità pot pot oten enzi en zial zi alit al itàà pr it prim imaim a ane delle primariie locali, loca lo cali ca li,, il li rie

coinvolgimento delle potenzialità/realtà produttive esistenti, il supporto di tecnologico e amministrativo per la nascita di una conoscenza/consapevolezza delle potenzialità esistenti, una iniezione di risorse economiche e finanziarie consone ai progetti che si definiranno. AEG Reti Distribuzione srl

Il processo di pirolisi e di gassificazione del legno

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l processo di pirolisi prevede la decomposizione della biomassa per riscaldamento in assenza di aria. La pirolisi avviene con temperature comprese fra 200°C e 700°C. A temperature inferiori a 400500°C, la pirolisi è definita carbonizzazione e produce carbone di legna, combustibili gassosi e combustibili liquidi (oli pesanti e leggeri). A sua volta la parte gassosa contiene idrogeno, ossido di carbonio, anidride carbonica, idrocarburi e azoto. Il processo di pirolisi necessita di un riscaldamento e richiede pertanto del materiale secco (contenuto d’acqua inferiore al 15%) per un rendimento elevato. Un conte-

si è proposta come socio privato della Comunità Montana Valli Orco e Soana perché condivide la seconda strada. Questo è il riferimento culturale ed economico che la nostra società ha assunto e che intende perseguire nella realtà territoriale canavesana di riferimento. Il lavoro già fatto AEG Reti distribuzione srl già nella sua esperienza nel-

nuto d’acqua superiore non impedisce comunque il processo ma ne riduce l’efficienza. La gassificazione è un processo chimico-fisico mediante il quale si trasforma un combustibile solido (legno, scarti agricoli) in un combustibile gassoso. È, in questo, affine al processo di pirolisi anche se avviene a temperature molto più elevate e in presenza di un agente ossidante: tipicamente aria, ossigeno o vapore. Tanto più è elevata la temperature di processo, maggiore è la percentuale che si ottiene di gas. Sopra i 1.000°C la gassificazione è praticamente totale. Viene così ottenuta una maggiore frazione di combustibile direttamente impiegabile in motori endotermici per la produzione di energia elettrica. I duz risultati migliori si ottengono risu con prodotti da trattare a basso contenuto di umidità. Il prodotcon to finale è costituito da un gas di sintesi denominato “syngas” s che rappresenta esso stesso un combustibile. Il processo in un com certo cert modo somma i processi visti realizzandosi in tre fasi sti sinora s

sequenziali: una prima fase di combustione in cui si ottiene la disidratazione del materiale; una seconda fase di pirolisi in cui si ottiene una parziale distillazione del legno; una terza fase di gassificazione vera e propria in cui i prodotti della pirolisi reagiscono con l’agente gassificante dando origine a vari prodotti dei quali, alcuni, combustibili. La gassificazione è quindi il metodo attualmente migliore, almeno negli impianti al di sotto di 1MWe di potenza, per ottenere energia da differenti tipi di materiali organici in quanto dovrebbe garantire rendimenti elettrici superiori agli altri processi. Negli ultimi anni ha trovato anche applicazione nel trattamento termico dei rifiuti. Rispetto alla combustione diretta, la gassificazione presenta però diverse complicazioni impiantistiche legate, soprattutto, alla gestione dei Tar (residui catramosi) e alla difficoltà di trattamento di biomasse eterogenee.

l V le alli al lli Orco Orc rcoo e Soana Soana nella nell lla Valli co conduzione delle reti del gas m me metano si è mossa cercando di non importare personale e ttecnologie ma di valorizzar zare le potenzialità esistenti sul territorio: sia dal punto di vista dei primi interventi tecnici di volta in volta necessari, sia nell’utilizzo di giovani per lo sportello in Valle, sia nell’apertura stessa dello sportello. La Comunità montana ha sviluppato numerose iniziative mirate allo sviluppo locale, in particolare ha messo a punto

pro ogeett tto di d costituire cos osti titu t ir iree una un na il progetto società mista per la gestione di attività che valorizzino il patrimonio boschivo esistente e le acque. Sul tema del patrimonio boschivo ha promosso, facilitato, agevolato la nascita del “Consorzio Forestale delle Valli Orco e Soana Reisabosc” che già coinvolge decine di proprietari di qualche migliaio di ettari di boschi che si prefigge l’obiettivo di valorizzare la biomassa con la produzione di un reddito per i residenti.

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Il bosco può produrre reddito Il bosco attualmente ha un risvolto positivo ma non importante: produce legna per il riscaldamento o poco più. Definire con il “Consorzio Forestale delle Valli Orco e Soana Reisabosc” dei piani di coltivazione dei boschi dei soci del consorzio, significa applicare un metodo di sfruttamento non improvvisato e rischioso, ma un metodo scientifico che deve garantire reddito nel tempo e contemporaneamente deve garantire di non produrre la perdita di boschi nel tempo con i conseguenti rischi per il territorio montano e deve garantire un presidio costante del territorio montano. Le attività di coltivazione del bosco L’utilizzo casuale del bosco per produrre legna da ardere comporta un’organizzazione minima e molto legata al singolo proprietario. Nel nostro caso si tratta invece di mettere in atto un vero e proprio piano di coltivazione dei boschi interessati ai tagli progressivi. Un piano che comporterà il coinvolgimento di artigiani o cooperative del territorio o di territori contigui, già operanti nel setto-

re, che siano specializzati o si specializzino nella predisposizione di questi piani e siano attrezzati per la realizzazione dei tagli e il trasporto. L’avvio di un’attività di questa portata comporterà la nascita o il consolidamento di un’attività specializzata e il consolidamento/crescita di posti di lavoro tanto preziosi per la Comunità montana. L’utilizzo della materia prima per l’edilizia La coltivazione dei boschi dovrà poter mettere a disposizione di falegnamerie locali tronchi che non dovranno effettuare un percorso di centinaia di chilometri. Un buon prodotto a km0, messo a disposizione di aziende locali che dovranno saper cogliere l’occasione per valorizzare al massimo questa materia prima rinnovando e facendo evolvere la qualità dei loro prodotti. Infatti un ampio margine di manovra esiste nel settore del risparmio energetico; si tratta cioè di sollecitare i produttori di infissi affinché specializzino la loro produzione in modo che sia rispondente ai requisiti necessari per indurre risparmio energetico delle abitazioni o uffici o aziende.

L’utilizzo dei cascami per la produzione energetica Se il bosco viene coltivato con correttezza può produrre un reddito interessante per il ricavato prodotto sia dai fusti venduti sia dai cascami del legno. Per quanto riguarda i cascami del legno, il consumo, derivante dal suo utilizzo in due impianti di gassificazione del legno, è già significativo perché si aggirerebbe sulle 8.000 tonnellate l’anno. Poiché il prezzo indicativo potrebbe aggirarsi attorno a 70 euro la tonnellata, tutto ciò determina una erogazione un incasso da parte dei proprietari dei boschi di una cifra che potrebbe oscillare tra i 500.000 e i 700.000 euro. Le attività per la gestione di impianti La realizzazione di impianti di gassificazione del legno implica la creazione di posti di lavoro per garantire determinate attività, svolte da personale con una specializzazione acquisibile rapidamente: il trattamento dei cascami di legna, la loro essicazione, l’organizzazione dell’attività per la sua progressiva immissione nell’impianto, lo stoccaggio dei residui, la manutenzione ordinaria della sede

dell’impianto. Altre attività dovranno essere svolte da personale specializzato nella manutenzione delle parti meccaniche dell’impianto, del motore per la produzione di energia elettrica. Concrete opportunità di lavoro, di specializzazione di persone, di reddito per la valle. Il recupero di aree dismesse per l’insediamento degli impianti L’insediamento degli impianti può essere localizzato in aree scelte opportunamente e in stretto accordo con la Comunità montana e le Amministrazioni locali orientandosi, pur nel rispetto del criterio dell’economicità, a valorizzare realtà territoriali che hanno la necessità di un aiuto, di una rivitalizzazione, di una spinta per assumere o tornare ad assumere una funzione produttiva attiva. Il caso emblematico è quello dell’are industriale di Sparone, ricca di costruzioni in parte recuperabili e adattabili a funzioni produttive.


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Montagna in facoltà Le Terre Alte entrano nelle tesi di laurea. Aumentano gli studenti denti rca che scelgono i temi dello sviluppo per i lavori di studio e ricerca a conclusione degli studi universitari

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o sviluppo delle Terre Alte entra negli atenei piemontesi. Per le tesi di laurea, aumentano gli studenti che scelgono i temi legati alla riforma delle Comunità montane, all’uso delle biomasse e delle altre energie rinnovabili, alla crescita economica di aree troppo spesso considerate marginali. La tesi di Federico Inches presenta il modello di azione istituzionale sviluppato e promosso dall’Ipla (Istituto per le Piante da Legno e l’Ambiente) per la creazione di filiere locali organizzate foresta-legno-energia nelle Comunità montane del Piemonte. Obiettivo della tesi è verificare se la valorizzazione energetica delle biomasse forestali possa essere un’opportunità di sviluppo locale, analizzandone punti di forza e criticità. «Il Piemonte con una superficie forestale di 900mila ettari – spiega Federico – è particolarmente ricco della materia prima legno, soprattutto nelle aree montane, dove l’indice di boscosità è del 54 per cento. Tuttavia la filiera del legno, a ecce-

zione di quella del pioppo, non è sviluppata. Le imprese produttrici di mobili sono infatti costrette a rifornirsi di legname da opera al di fuori del territorio regionale». Oggi, grazie alle risorse, le montagne possono riacquistare la centralità che meritano nel sistema-Paese. L’Italia concede alla conversione energetica da biomasse gli incentivi più alti all’interno dell’Unione Europea, 0,28 euro per chilowatt elettrico prodotto. «È quindi molto vantaggioso investire in impianti di valorizzazione – aggiunge Federico Inches – ma il rischio sono operazioni puramente speculative basate sulla messa in esercizio di grandi impianti alimentati con biomassa estera. Per questo motivo è necessario affiancare ai soggetti privati che investono nella valorizzazione energetica soggetti pubblici dinamici il cui fine non sia la sola ricerca del profitto, ma lo sviluppo locale e il benessere della collettività. Le Comunità montane, diventate Agenzie di Sviluppo, sono i soggetti indicati per organizzare e

iere guidare la diffusione di filiere io». legno-energia sul territorio». to il Nella tesi è stato presentato progetto della Comunità Valostile Orco e Soana per la costiogetuzione di due impianti cogenco nerativi nei Comuni di Ronco indi e Sparone. «Esistono quindi i presupposti – evidenzia Federico Inches – per uno svinerluppo basato su filiere enernte: getiche locali in Piemonte: cenuna politica nazionale incenatitivante, tecnologie innovatiica, ve di conversione energetica, li di la volontà degli enti locali fercogliere le opportunità offerte dalla green economy». La montagna, nel

di Davide Micheletti

Federico Inches

Eugenio Giriodi

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Inchiesta


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complesso assetto economico italiano e europeo, diventa terreno fertile per nuove imprese. Ne ha parlato venerdì 25 marzo, presso la Facoltà di Economia di Torino, Eugenio Giriodi che ha discusso la sua tesi di laurea dal titolo “L’internazionalizzazione delle imprese tra passato e orientamento al futuro. Teorie, tendenze, territori. Un confronto in ottica transfrontaliera tra Piemonte e Provence-Alpes-Côte d’Azur”. L’elaborato − che ha coinvolto il professor Giuseppe Tardivo in veste di relatore, la professoressa Anna Cugno quale correlatore interno e Lido Riba come correlatore esterno − è stato redatto con l’intento di cogliere l’essenza dei tratti preminenti l’internazionalizzazione d’impresa rinvenibili tanto nella teoria che nelle tendenze operative, quanto nei territori che interessano tali aspetti. «L’articolazione narrativa suddivisa in tre parti – spiega Eugenio – richiama le teorie del management strategico sull’espansione estera, che vengono poi attualizzate e rivisitate con l’occhio critico delle dinamiche globali del presente, ed infine calate nel contesto dei territori transfrontalieri, intesi come luoghi che incorporano gli effetti dell’internazionalizzazione. Benché il progressivo e costante avvicinamento delle tematiche geografiche localizzative e le implicazioni strategiche competitive abbia interessato fin dagli anni Novanta il dibattito economico e politico, è solo nel periodo recente che il tema ha conosciuto una

rinnovata attenzione». Per l’impresa che vuole divenire internazionale, pervenire a una strutturazione gerarchica delle questioni rilevanti, vuol dire risolvere alcuni nodi critici che spaziano dall’analisi degli obiettivi alle modalità di penetrare il mercato estero obiettivo, da come presentare i propri prodotti al modo di strutturare l’organigramma aziendale. Ma è uno, secondo Giriodi, il “nocciolo duro” del successo della strategia di espansione: la scelta del territorio dove insediarsi. È proprio la dimensione territoriale che fornisce una chiave interpretativa alle dinamiche di localizzazione d’impresa del tutto nuova e necessita di alcune riflessioni sul ruolo concreto o potenziale che i territori di montagna possono giocare nello scacchiere della competizione globale quali sviluppatori di competitività. La particolare conformazione geografica delle regioni analizzate − prettamente a carattere montuoso − ha messo in luce la capacità delle terre alte di procedere a quello che a più riprese è stato definito “passo cadenzato” ovvero con una capacità di contenere le congiunture economiche negative. I processi di regolazione delle microeconomie, la naturale attitudine a contenere i fattori di rischio e i meccanismi di governo qualificano le aree di montagna quali destinatarie di nuovi sentieri di sviluppo d’impresa. «In virtù del fatto – aggiunge Eugenio – che la concreta possibilità di inserirsi nelle dinamiche di internazionalizzazione delle

imprese passi in prima battuta da quanto si sarà in grado di abbandonare “un’identità di resistenza” − difensiva e fondata su logiche geografiche arcaiche – e in che misura si sarà abili a promuovere “un’identità progetto” − risultato di una progettualità concertata e transfrontaliera − si è ritenuto importante riportare l’esperienza di un attore protagonista dell’azio-

ne collettiva locale per la valorizzazione dei territori alpini: l’Uncem. La discussione è stata, quindi un momento utile per riflettere con occhio critico sulle iniziative e sugli ostacoli cui va incontro l’interlocutore tra i Comuni, Comunità e enti montani e gli organi di governo decentratati ma anche un momento di festa visto l’ottimo risultato conseguito».

Università in vetta

L’

università va in montagna, per scoprire le eccellenze del territorio. Le Valli di Lanzo guardano lontano e per una settimana, l’istituto superiore Federico Albert di Lanzo, guidato dal dirigente scolastico Aniello Serrapica, ha ospitato dal 13 al 18 maggio quindici studenti dell’Ohio Wesleyan University, accompagnati dal professor Christopher Fink. L’iniziativa nasce all’interno del progetto “Health and food” che permette attraverso l’inglese, lingua veicolare, un confronto aperto sul tema dell’alimentazione, stili di vita e salute. Accompagnati dai docenti Alberto Morella, Elena Bruno e Clelia Di Mauro, gli studenti americani hanno visitato Lanzo, città capofila della Comunità montana, incontrato il sindaco Tina Assalto, e assaggiato le specialità enogastronomiche del territorio nel corso della visita al Caseificio Valli di Lanzo e nelle aule dell’istituto alberghiero. Qui studenti valligiani hanno offerto salame di turgia, torcetti, grissini e “risotto alla Toma di Lanzo”, preparato con il coordinamento dei docenti Ivo Massaglia e Giacomo Arancio.


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Una centrale a biomasse in ogni Comunità montana del Piemonte I presidenti delle Agenzie di sviluppo delle Terre Alte hanno visitato venerdì 13 maggio l’impianto di pirogassificazione che a Cuneo produce energia elettrica e termica con il legno del territorio, valorizzando l’intera filiera alorizzare l’intera filiera del legno, producendo energia elettrica da biomasse, nel rispetto dell’ambiente e con un grande obiettivo: creare nuove fonti di reddito economico per chi abita nelle vallate alpine e appenniniche del Piemonte e decine di posti di lavoro. «Da cinque anni, la Delegazione piemontese dell’Unione dei Comuni, delle Comunità e degli Enti montani lavora a questo grande progetto. Stanno nascendo i primi impianti nelle Terre Alte, con le tecnologie di valorizzazione della biomassa tra le più avanzate al mondo. E grazie alle grandi risorse della montagna, acqua e legno in primis, si creano posti di lavoro, nuove filiere economiche, alla base di un rilancio sociale dei territori». Così Lido Riba, presidente dell’Uncem Piemonte, ha presentato ai presidenti delle 22 Comunità montane del Piemonte e ai componenti della Giunta dell’Uncem, uno dei primi esempi

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di centrale a biomasse che utilizza l’avanzata tecnologia della pirogassificazione. La visita all’impianto di Cuneo, in frazione Roata Rossi, nell’azienda Agrindustria di Giuseppe Tecco, nel pomeriggio di venerdì 13 maggio, ha confermato l’importanza del lavoro svolto finora da molti enti montani nel campo della valorizzazione delle fonti energetiche rinnovabili. E ha generato nuovo interesse tra gli amministratori che sono pronti ad avviare ulteriori investimenti nei loro territori. Accanto a Lido Riba, a Cuneo, c’erano il vicepresidente dell’Uncem Giovanni Francini, alla guida delle Valli dell’Ossola, la seconda Comunità montana più grande del Piemonte; al loro fianco, Giuseppe Tresso e Giorgio Dalmas-

gioso dell’Ipla, l’istituto regiono e nale per le piante da legno guil’ambiente, che hanno seguito i primi progetti pilotaa di centrali, come quello di Anunidorno Micca, nella Comuniervo tà montana Valle del Cervo nte, (Biella), quello di Demonte, e i due nascenti nelle Valli ’acOrco e Soana, grazie all’accordo operativo della Coienmunità montana con l’azienone da Aeg Reti Distribuzione neo, di Ivrea. Presenti a Cuneo, Claudio Vit e Romano Fontana, rappresentan-

di Marco Bussone

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Inchiesta


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ti in Piemonte della “Romana Maceri”, l’azienda che ha fornito la tecnologia dell’impianto di pirogassificazione ad Agrindustria, impresa in cui la filiera del legno viene completata con la produzione di pellet. Il funzionamento è stato illustrato da Alessandro Lanza, progettista e realizzatore della centrale che ha una capacità elettrica di 200 chilowatt e prevede un proficuo utilizzo dell’energia termica. «La cogenerazione – ha evidenziato Riba – è il metodo di produzione di energia pulita che l’Uncem ha incoraggiato per le nuove centrali nei territori montani. Possiamo realizzare subito un impianto per ciascuna Comunità montana, di piccola taglia, che utilizzi solo il legno proveniente dalla filiera corta, tagliato dagli operatori professionali presenti nelle vallate, in boschi pubblici e privati. Alla base vi è un principio, una regola molto chiara: remunerare adeguatamente i proprietari dei lotti, molto frammentati e troppo spesso in stato di semi-abbandono». In Piemonte ci sono 900mila ettari di fore-

Bando energia: 25 aziende coinvolte

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ono venticinque le imprese che nel mese di aprile hanno risposto al Programma Energia lanciato dall’Uncem Piemonte, un bando per monitorare l’interesse e la disponibilità di operatori industriali ed economici ad avviare dei progetti di costruzione di impianti di produzione energetica rinnovabile, condivisi con il territorio. Gli operatori industriali ed economici concretamente interessati all’attivazione di processi di filiera connessi alla produzione di energia da biomassa, fotovoltaica, eolica e idroelettrica, ma anche le società disponibili a intervenire negli investimenti necessari alla realizzazione degli impianti, hanno presentato all’Unione dei Comuni delle Comunità e degli Enti montani le dettagliate manifestazioni d’interesse. Con il bando “Programma energia”, l’Uncem Piemonte intende svolgere un’attività di promozione della diffusione di impianti di produzione energetica rinnovabile nelle aree montane piemontesi, mettendo a disposizione il proprio know how e il proprio sistema di relazioni. È in corso la fase di valutazione delle manifestazioni di interesse; l’Uncem ne sta verificando la rispondenza ai propri obiettivi e con le aziende potrà sottoscrivere accordi di collaborazione per la diffusione di impianti di produzione energetica rinnovabile nelle aree montane piemontesi.

ste, la maggior parte proprio in montagna, di cui due terzi gestibili per lo sviluppo della filiera legno. La Relazione programmatica sull’energia della Regione Piemonte stima una disponibilità massima di 2 milioni di tonnellate l’anno di legno, ovviamente rispettando i criteri di massima sostenibilità per il territorio e l’ambiente (non si tratta di taglio incontrollato, ma

di corretta gestione forestale). In media, ogni ettaro di superficie forestale può produrre circa 3 tonnellate di legno l’anno, nell’ambito di un piano di gestione forestale di 15 anni. Le recenti evoluzioni tecnologiche nei processi di valorizzazione energetica dalle biomasse, permettono di pagare la biomassa anche 80 euro la tonnellata, grazie agli incentivi statali che por-

tano il prezzo dell’energia a t 0 euro al chilowatt. Questo 0,28 v valore può ragionevolmente p prevedere un rapido sviluppo d filiere locali e un’adeguata di r remunerazione per i propriet dei terreni dove la biotari m massa viene prelevata, grazie a un attento piano forestale p pluriennale. Recenti stime e effettuate dall’Ipla dimostran che, in ambiente montano, no c l’energia prodotta da biocon m masse, ogni trenta chilowatt d potenza installata (dieci di u utenze domestiche) in un imp pianto a biomasse di nuova g generazione (cogenerazione, c produzione di energia con e elettrica e termica), si crea u posto di lavoro nella filieun r del legno. «Ecco perché la ra v visita all’impianto a biomasse di Giuseppe Tecco, modello funzionante e dagli ottimi risultati – evidenzia Riba –, ha permesso di approfondire una grande possibilità di sviluppo della montagna che vedrà il Piemonte protagonista in Italia ed esempio anche per molte aree europee che già guardano con particolare interesse ai nostri progetti di valorizzazione delle Terre Alte».

Da sinistra, Tresso, Riba, Lanza, Vit, Fontana e Francini


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VALLE CERVO

Ritorno al futuro Dallo sviluppo industriale all’economia di montagna. La valle fa il pieno di progetti ambiziosi e va verso la ripresa ovrà puntare su un’economia che recuperi i settori tradizionali come l’artigianato e la lavorazione della sienite, sulla valorizzazione del distretto tessile e su una riqualificazione dell’attività turistica in chiave ecocompatibile e culturale. Da qui potrà ripartire la Valle Cervo, seconda vallata del biellese per lunghezza, preceduta da quella del Sessera e seguita da quella dell’Elvo: 19 chilometri in linea d’aria dalla Punta Tre Vescovi (2501 m) alle porte del capoluogo. Oggi la Comunità montana “Valle del Cervo-La Bürsch” comprende 14 Comuni: Andorno Micca, Campiglia Cervo, Miagliano, Piedicavallo, Pralungo, Quittengo, Ronco Biellese, Rosazza, Sagliano Micca, San Paolo Cervo, Tavigliano, Ternengo, Tollegno, Zumaglia. Sedicimila circa gli

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abitanti di tutta la valle. Montagna, ma anche collina. Storia e tradizione, ma anche innovazione. I problemi di sempre, quelli legati allo spopolamento e alle esigenze della vita di montagna, ma anche la volontà di ferro dei suoi abitanti di andare avanti, a difesa della valle e della sua storia. In prima fila, a sollevare la questione sul futuro, il presidente della Comunità montana, Maurizio Piatti, entusiasta della buona notizia arrivata dalla Giunta regionale a fine anno, per iniziare il 2011 sotto migliori auspici. Le Comunità montane sono salve e ora possono finalmente guardare al futuro con un po’ di ottimismo: con l’approvazione del bilancio di previsione 2011, che ha aumentato lo stanziamento del fondo per la montagna, un totale di venti

milioni di euro andrà nei loro salvadanai, per il futuro della ella montagna piemontese. “AlAlla fine il buon senso ha avuto vuto la meglio. Venti milioni – ha commentato il presidente Piatti iatti – li metterà la Regione, mentre ntre altri quattro sono a carico dello ello Stato: è una cifra importante, nte, che ci consentirà di lavorare re al meglio per tutto il 2011. Ioo mi auguro davvero che

Wilmer Ronzani

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Inchiesta di Sara Buosi

Maurizio Piatti


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questi fondi continuino ad arrivare anche in futuro, per la nostra sopravvivenza e per quella di tutte le altre Comunità montane italiane. La montagna ha i boschi, l’acqua, le materie prime. Ricchezze enormi a dire poco. Risorse che portano a milioni di profitti. Per quale motivo disperderle? Inoltre, le Comunità hanno proprietà immobiliari, rifugi, musei. Si tratta di un vero e proprio patrimonio culturale, frutto di decenni di lavoro. Sono risorse che vanno valorizzate, con potenzialità enormi. Certo, alla base, è necessaria una buona dose di fiducia. Bisogna crederci. A Biella, a Torino e a Roma”. Come dire, in altre parole, che la Comunità montana è un ente necessario per realizzare un progetto globale che, nel caso del Piemonte, coinvolga tutto il territorio regionale. “La nostra – ha aggiunto Piatti – è una delle Comunità montane piemontesi più piccole, composta da 14 Comuni. Dobbiamo costruire il futuro del nostro territorio, sfruttando tutte le opportunità che da esso derivano. Proprio di recente lamentavo il fatto che viviamo in uno stato di limbo, senza sapere come e se saremo in grado di sopravvivere con le risorse che abbiamo a disposizione. Ma abbiamo tutte le carte in regola per uscire da un periodo di crisi, industriale e manifatturiera, che ha investito tutto il territorio piemontese, e che purtroppo in parte continua in parte a perdurare”. In tempo di crisi, le valli e i comuni montani in generale sono

quelli che maggiormente soffrono la recessione. In primo luogo c’è l’incubo dello spopolamento, un problema che sulle Alpi si combatte quotidianamente. E anche in Valle Cervo i numeri parlano chiaro: in Alta Valle nel 1911 c’erano quasi 5mila abitanti, che nel 2009 sono drasticamente scesi a 832, con un’evidente scomparsa anche del tessuto industriale. Come porre freno a questa situazione? Piatti non si scoraggia, ricordando che se l’idea è quella di trasformare in futuro gli enti montani in vere e proprie agenzie per la promozione del territorio, “servono mezzi legislativi ed economici ad hoc per tutelare queste zone”. “Da noi gli inverni – aggiunge – durano nove mesi: ecco perché non ritengo corretto che chi vive in montagna paghi la stessa tariffa del riscaldamento degli abitanti delle città, come non trovo giusto che la riforma scolastica applicata a Biella o Milano valga anche per un Comune montano. Inoltre, come non ricordare le alluvioni, il problema della fragilità del

territorio e dell’insidia rappresentata dal torrente Cervo. La stabilità geologica risente del rischio di fluidificazione dei detriti friabili, una situazione che può provocare frane e fenomeni di dissesto di versante. Occorre dunque fare prevenzione, ricordando l’esistenza di presidi idraulici per monitorare da Biella i corsi d’acqua e intervenire tempestivamente in caso di pericolo”. La crisi economica degli ultimi anni non ha risparmiato neppure questo angolo di Piemonte, stretto fra le Alpi Pennine. Fra le ricette di Piatti per invertire la tendenza negativa ci sono progetti concreti e ambiziosi, che spaziano da un maggiore utilizzo e produzione di energia da fonti rinnovabili al potenziamento e alla messa a punto della sentieristica di collegamento fra le Valli Cervo, del Lys e del Sesia. Ci spiega che insieme all’Uncem e all’Ipla (Istituto per le Piante da legno e l’Ambiente), la Comunità montana sta lavorando per la costruzione di una centrale per la produzione di ener-

Un po’ di storia

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nticamente conosciuta come Valle d’Adorno dal nome del marchesato omonimo, la Comunità montana prende oggi il nome di Valle del Cervo dal torrente che l’attraversa e l’ha plasmata nel corso dei millenni. L’origine di questo nome è dovuta a una errata interpretazione del toponimo “sarv” di probabile origine “valzer” con significato “acqua che scende” (vedasi saarbruchen in Germania). Nulla a che vedere, quindi, con l’ungulato a cui si potrebbe pensare. Nel nome ufficiale della Comunita montana è inserito, unico esempio in Piemonte, il toponimo “bursch” che nella parlata locale degli abitanti dei cinque Comuni dell’alta valle significa tana o casa, e identifica il territorio. Gli uomini della valle da secoli emigranti scalpellini e costruttori solevano salutarsi in giro per il mondo con un identificativo “ehi dla bursch”.

gia elettrica a biomasse (col cippato e le ramaglie dei boschi), che garantirebbe energia pulita e potrebbe creare nuovi posti di lavoro. “Inoltre – aggiunge – insieme alla Comunità montana della Val Sesia, ci stiamo occupando di un progetto interregionale per rivitalizzare tutti i sentieri e i rifugi della zona e far nascere nuovi bed & breakfast e punti di accoglienza. Puntiamo al turismo nordeuropeo: le nostre alpi sono rimaste intatte e selvagge, non ci sono ci sono impianti di risalita”. Gli fa eco il consigliere regionale del Pd, Wilmer Ronzani: “Certo, le difficoltà esistono e la valle si è dovuta reinventare nel corso degli anni. In una situazione di ripresa, come quella che stiamo vivendo, la Comunità montana può davvero giocare da protagonista. Il biellese è cambiato molto: un tempo la Valle Cervo, insieme alla Val Sessera, è stata il cuore dello sviluppo industriale. A causa della stagnazione del comparto industriale, la valle ha poi cominciato a pensare a un futuro r diverso, anche attraverso la valorizzazione dei prodotti tiv pici. Oggi che la manifattura p è quasi del tutto scomparsa in Valle, occorrerebbe saper usare V con c più coraggio la leva fiscale, l l’unico strumento decisivo per p rilocalizzare le imprese e attrarle sul territorio”. a Aggiunge il sindaco di PralunA go, g Maurizio Benna: “Non si può p sottovalutare la questione n dello spopolamento della montagna, che significa perm dere d grandi porzioni di territo-


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rio. Un problema che comporta grandi rischi anche dal punto di vista idrogeologico, basti pensare alle alluvioni. La politica dovrebbe incentivare la permanenza della popolazione, agevolando chi vive in montagna, mentre spesso ci ritroviamo ad affrontare problemi di varia natura sulla definizione dei piani regolatori. Un’eccessiva burocratizzazione ostacola lo sviluppo delle nostre piccole comunità, che dovrebbero invece essere dotate di maggiore autonomia”. Solo un anno fa le Comunità montane del Piemonte erano passate da 48 a 12. Nel biellese la Valle di Mosso, la Valsessera e le Prealpi erano confluite nel biellese orientale, l’Alta e la Bassa Valle Elvo erano state fuse in una sola, la Valle Cervo è stata l’unica a mantenere la propria indipendenza. E se l’unione fa la forza, un progetto di sviluppo deve essere condiviso da tutta la valle, non può essere un singolo comune a portarlo avanti. Di unione si è parlato recentemente, anche circa la proposta di unire in uno i cinque comuni che compongono l’Alta Valle. È la voce di un imprenditore,

che vive in valle da sempre, ad annoverare il tema fra gli argomenti più delicati, protagonisti del recente dibattito. Gabriele Martinazzo, gestore dell’albergo del Santuario di San Giovanni d’Andorno, ci spiega:“Storicamente la valle viene distinta tra alta e bassa. Quella bassa, vicino alla città di Biella, è prettamente industriale, anche se, con la crisi che recentemente ha colpito il settore del tessile, sono poche le aziende sopravvissute. Quella alta, invece, è composta da cinque comuni e sta di recente subendo un forte spopolamento, forse anche a causa dei servizi meno confortevoli. Questo è uno dei motivi per cui occorre rivolgere proprio lì l’attenzione delle amministrazioni locali: i cinque Comuni dell’alta valle devono decidere di unirsi. Se si analizzano i bilanci dei singoli, non si può che notare un costante impoverimento, le entrate diminuiscono e le spese aumentano in modo esponenziale”. Anche sul fronte turistico, segnali ancora troppo deboli, ma in ripresa: tra le new entry del 2010 fra i comuni biellesi ufficialmente turistici, ci sono ben due comuni della Valle Cervo, Rosazza e Piedicavallo. “Da circa dieci anni – ha spiegato Martinazzo – ho preso in ge-

stione l’albergo del Santuario, perché mi dispiaceva vederlo lì, vuoto e chiuso. La Comunità montana non l’aveva ancora affidato, quindi con un po’ di coraggio mi sono fatto avanti. Oggi possiamo dire di essere cresciuti molto, ma sono anche cresciute le spese. Dovremmo puntare sul turismo religioso, rappresentato dai tre santuari di Oropa, Graglia e San Giovanni Battista d’Andorno, un prodotto che possiamo considerare “unico al mondo”, anche perché i tre santuari sono collegati da una strada asfaltata, che si può percorrere in macchina, e che è stata recentemente rifatta con i finanziamenti delle Olimpiadi di Torino 2006. Puntare sul turismo significa anche valorizzare il periodo invernale, quando le attività della Valle del Cervo potrebbero fare qualche affare per il passaggio degli sciatori che raggiungono Bielmonte. Invece, durante le vacanze di Natale, le case dell’alta Valle erano vuote”. Non va trascurato il fatto che il territorio della Comunità montana, e in particolare nell’Alta Valle, è interessato da due tracciati escursionistici di ampio respiro, di cui uno storico e di rilevanza internazionale, l’altro di carattere locale e di più recente attuazione. Si trat-

ta della Grande traversata delle Alpi (GTA) e la Grande traversata del Biellese (GTB). Il primo, percorso nei mesi estivi da molti stranieri, transita da Oropa, colle della Colma, Bele, ospizio di San Giovanni Battista (posto tappa), Rosazza, Dasé, Selle di Rosazza, Piedicavallo, rifugio Rivetti, colle della Mologna Grande; il secondo, da Case Falletti di Sagliano si spinge a San Grato di Rialmosso, per proseguire verso la Sella del Cucco, Oriomosso, Quittengo, Ponte Fontane, Asmara, Miarina, Oretto, Santa Maria di Pediclosso, Mazzucchetti, Mortigliengo, Bariola, Driagno, Magnani, Balma, Riabella, Oneglie di Sagliano. E l’economia locale vista con gli occhi degli imprenditori? L’aria di crisi sembra ormai alle spalle, soprattutto per un comparto che fino a qualche anno fa rischiava di compromettere l’intero sistema. Il tessile tiene duro, ne è una conferma lo storico Cappellificio Cervo di Sagliano Micca, raro esempio di azienda valligiana che nasce e vive nella valle dando il suo contributo a far vivere la valle stessa. Sviluppo, riposizionamento e innovazione in provincia di Biella: questa la filosofia di Bar-


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bisio, l’azienda che da Sagliano Micca, nel cuore dell’eccellenza tessile mondiale, consolida i mercati europei e punta a quelli asiatici con un prodotto che fa scuola da secoli, il cappello. Il Cappellificio Cervo possiede tre marchi: uno omonimo, Barbisio e Bantam e vanta tra i suoi clienti anche il Papa, Anthony Hopkins e Brad Pitt. “Nel 2011 il Cappellificio Cervo – ha spiegato l’ad di Barbisio, Giorgio Borrione – celebra al meglio i suoi 54.200 giorni ininterrotti di attività: nell’ultimo biennio la produzione ha segnato un aumento del 30%, passando da 55 a 72 mila cappelli prodotti. Nel 2010 il fatturato ha registra-

to un balzo in avanti del 15% rispetto all’anno precedente, mentre i dipendenti sono passati da 19 a 30. Il nuovo piano industriale, dopo l’ingresso, nel 2009, nella compagine societaria di i Bigli 1 SpA, società finanziaria della famiglia Romiti, prevede una crescita ulteriore del marchio per arrivare poi ad eventuali acquisizioni. L’obiettivo è consolidare il posizionamento attuale, rafforzando la conoscenza e l’immagine del brand in Italia e sui mercati internazionali, in particolare in Gran Bretagna, Germania, Stati Uniti e Cina”. Tessile protagonista anche nelle parole degli amministratori locali. Roberto Panella, asses-

sore al bilancio e alle politiche sociali del Comune di Prolungo dice a proposito del cuore del tessile biellese: “Tollegno resta oggi, nonostante la crisi che ha violentemente colpito il tessile in questi anni, un importante bacino del distretto biellese. Per citare un esempio, le aziende Tollegno 1900 producono filati in pura lana. Prodotti distribuiti con lo storico marchio Lana Gatto che si impongono ancora oggi sui mercati di tutto il mondo”. Tratto identitario della vallata e della sua storia industriale, in particolare per quello che riguarda l’Alta Valle Cervo, è stata invece per anni la coltivazione della sienite. Pietra dura, resistente all’usura e agli

agenti atmosferici. Da decenni le cave sono chiuse e invase da arbusti, tranne una ancora in attività a San Paolo Cervo. “Si tratterebbe di ridare respiro ad un’attività che per molti anni è stata protagonista della storia industriale di questa valle – conclude il presidente Piatti –. Dal Molo 17 di New York alla Reggia di Venaria la sienite è stata impiegata largamente in opere civili, nei rivestimenti e nelle opere monumentali non solo in Piemonte, ma anche in tutta Italia e all’estero”. Le idee di rilancio della montagna e della Valle dunque non mancano. Le carte sono state distribuite, ora occorre solo giocarle con oculatezza e strategia.

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“Elementi pericolosi”

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Antifascismo cuneese 1922-1943

Il numero 77 della rivista dell’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo pubblica la più completa analisi fino ad ora effettuata sull’antifascismo cuneese dalla Marcia su Roma all’8 settembre 1943 n nuovo libro sull’antifascismo nella Granda va ad aggiungersi alla ricca produ-zione dell’Istituto Storico della Resistenza di Cuneo: l’approfondita ricerca dii Livio Berardo ha l’ambizione di verificare come la vocazione antifascista del-ala provincia di Cuneo non cominci il 26 luglio 1943 con lo storico discorso antifaescista di Duccio Galimberti ma affondi le sue radici in vent’anni di sacrifici, abnegazioni e lotte. L’autore ci offre un quadro insospettamente ricco di personaggi, dinte vulgando eventi inediti della repressione del ventennio, dietro un titolo volutamente ta. provocatorio, che riprende una frase tipica dei mattinali della polizia in epoca fascista. Segono centocinquanta pagine dedicate all’albo degli antifascisti schedati, confinati o deferiti al Tribunale Speciale, combattenti in Spagna; sono presi in esame gli antifascisti nati nto o residenti in provincia di Cuneo oppure condannati per “reati” in essa compiuti. Accanto ad attività segnatamente antifasciste compaiono condanne pesanti per qualsiasi tipo di insubordinazione: 5 anni di confino per aver cantato Bandiera rossa; 3 anni di confino per discorsi disfattisti e critiche alla guerra imminente “che provocherà solo distruzione e miseria”; 3 anni di confino per aver scagliato in un’osteria un bicchiere contro l’effige di Mussolini; 3 mesi di carcere e 250 lire di multa per offese al capo del governo e denigrazione del fascismo... È così che Berardo ci riconsegna una cronistoria di episodi e documenti che tengono traccia di un pezzo di passato che resiste all’oblio della memoria.

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(Livio Berardo, “Elementi pericolosi” Antifascismo cuneese 1922-1943, 2010, ed. Istituto Storico della Resistenza di Cuneo “D.L. Bianco”, pagine 433)

Cronache dell’Unità d’Italia Articoli e corrispondenze 1959-1961 A cura di Andrea Aveto ei due anni compresi tra lo scoppio della Seconda guerra d’indipendenza (aprile 1859) 59) oe la proclamazione del Regno d’Italia (marzo 1861), il processo di unificazione cocaati nobbe un’accelerazione vertiginosa. Questa raccolta meticolosa di articoli pubblicati assui quotidiani e sulle riviste ripercorre mese dopo mese, settimana dopo settimana, i passaggi decisivi del Risorgimento con la voce di chi si trovò a raccontarli e interpretarli in ntempo reale. Alternati agli articoli e ai reportage di tutti i principali giornali nazionali e inme ternazionali sono presenti articoli e commenti delle maggiori personalità dell’epoca come o, Giuseppe Mazzini, Massimo d’Azeglio, Luigi Settembrini, Carlo Collodi, Ippolito Nievo, Giosuè Carducci o Alexandre Dumas. d La cronaca è spesso affilata e sarcastica. Ferdinando Petruccelli della Gattina racconta, ad pesempio, la natura del primo Parlamento del Regno d’Italia, composto da 443 membri rappresentanti una popolazione di 23 milioni di abitanti (quindi un terzo di quella odierna)) tra cui nobili, avvocati, professori, medici, ingegneri, vescovi, preti, generali, colonnelli e banchieri. “Abbiamo sei balbuzienti, cinque sordi, tre zoppi, un gobbo, un gran numero di uomini con gli occhiali, molti calvi: quasi tutti; ma non un solo muto! Il che è una disgrazia, poiché avendo tutti la possibilità di parlare, ciascuno chiede il suo momento per farsi ascoltare, non fosse altro che per farsi leggere dai suoi elettori”.

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(A cura di A.Aveto, Cronache dell’Unità d’Italia. Articoli e corrispondenze 1959-1961, 2011, ed. Arnoldo Mondadori Editore, pagine 440)

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Recensioni a cura di Ambra Lazzari


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L’amore si nutre di amore Rosa Mogliasso è nata a Susa e vive a Torino. Laureata in storia e critica del cinema, da alcuni anni si dedica al teatro d’ombra e alla scrittura il secondo episodio di un noir tutto italiano che riecheggia la prosa spumeggiantee e ironica di Fruttero & Lucentini, con cui Rosa Mogliasso si conferma giallista dii razza intenta a fare di Torino, quello che Camilleri è riuscito a fare con l’imma-ginaria cittadina di Vigata. Il commissario Barbara Gillo brancola nel buio per il caso del giovane Tanzio Accardi,, rampollo della Torino bene, partito per la Costa Azzurra e scomparso nel nulla. Altrove, a Montecarlo, fra hotel a cinque stelle e ristoranti esclusivi, una donna bella e colta sta lanciando l’esca dell’ennesima, colossale truffa miliardaria ai danni del polloo di turno. Sempre a Montecarlo, tra gli yatch del porto, l’aitante complice della donnaa fatale, nelle vesti di skipper di barche di lusso, scarrozza per negozi mature signore an-noiate e fa perdere la testa a giovani signore imprudenti. Poi, all’improvviso, l’auto di Tanzio Accardi, lo scomparso, viene trovata in Val di Susa vicino a un presidio “No TAV”, carica di bottiglie di vermut. Poche ore dopo, in Costa Azzurra, viene trovata anche una giovane signora, morta, e indossa il maglione dell’Accardi…

È

(Rosa Mogliasso, L’amore si nutre di amore, 2011, Salani Editore, pagine 258)

La fine del mondo storto Mauro Corona (Erto, Pordenone 1950) è alpinista, scultore e ha già all’attivo la stesura di quattordici romanzi e racconti dedicati alla montagna l nuovo romanzo dell’alpinista e scultore ha un titolo inquietante e una storia che profet fetizza un cambio radicale della società: quando un giorno il mondo si sveglia, sono finiti il petrolio, il carbone e l’energia elettrica. Circondati dal superfluo e privi del necessario, ne gli uomini intuiscono che una salvezza esiste e si nasconde in un sapean re antico, da tempo dimenticato. I valori della terra saranno riscoperti, non prima però av attraversato il più buio dei periodi per l’umanità, alla fine del quale giungerà di aver una primavera in cui gli uomini saranno uguali e la natura sarà di nuovo amica, madre e nutrice. È un monito per gli adulti e un avvertimento per le giovani generaziou ni; un’implacabile e accorata denuncia di un futuro che ci aspetta. “Ho immaginato”, affe afferma lo scrittore, “che una mattina d’inverno finisca il petrolio e non ci sia più la ben benzina. A Milano le macchine si fermano e la gente torna a casa a piedi, e quando tr le quattro mura non ha modo di riscaldarsi. La gente comincia a pensare a coè tra me affrontare il freddo e la fame. Cerca materiale da bruciare perché non ha legna, all allora brucia il tavolo, le sedie e persino il letto. Solo così possiamo capire che siamo circondati da oggetti che non servono nell’economia della sopravvivenza. I valo a cui noi avevamo dato enorme importanza non valgono di fronte alla morte”. lori L storia è cruda e spietata ma anche piena di speranza. “Non posso scrivere un libro La c non abbia speranze o che non abbia almeno una scintilla, un barlume di raggio che d sole anche se a volte io non ne ho”. di

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(Mauro Corona, La fine del mondo storto, 2010, ed. Mondadori, pagine 160)


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Risorgimento e montagna Solo Garibaldi capì l’importanza del teatro alpino arlare di Resistenza o di I Guerra mondiale senza lo scenario delle Alpi riesce impossibile a chiunque. Anche chi non ha molta dimestichezza con la storia, sa che nelle valli o addirittura sulle cime si trovano i resti di forti, di trincee, di casermette, di baite usate come comando oppure sono stati eretti monumenti, cippi, in alcuni casi anche piccoli musei a ricordo di battaglie o episodi particolarmente significativi. Se scorriamo l’elenco dei luoghi in cui si dipanarono le tre guerre di indipendenza troviamo invece le grandi città delle ribellioni popolari (Brescia, Milano, Roma, Venezia) oppure luoghi di battaglie campali [Goito, Curtatone e Montanara, Custoza, due volte infausta (1848 e 1866), Novara, Pastrengo, Magenta, Palestro, Solferino e San Martino ecc.]. La spedizione dei Mille ci parla di porti (Quarto, Marsala), di nuovo di grandi città (Palermo, Napoli) e sfiora lembi di Appennino. L’esercito piemontese sia quando operò da solo sia quando (1859) fu affiancato dalla poderosa armata di Napoleone III si mosse su terreni

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eminentemente pianeggianti (ciò non toglie che di volta in volta questa o quella collinetta si prestassero per rafforzare le linee). Mancava dunque all’esercito sabaudo un corpo specializzato a operare in montagna. I generali La Marmora, una dinastia di militari biellesi, inventarono o riorganizzarono ogni sorta di corpo: dai carabinieri ai bersaglieri, ai granatieri, ma non arrivarono mai a pensare agli alpini. Non che fossero tecnicamente sprovveduti. La verità è che la mentalità della casta militare subalpina, stroncata l’insubordinazione della media ufficialità del 1821, era rigidamente improntata agli schemi dell’ancien régime. Come nella Francia prima della rivoluzione e nuovamente ora con Napoleone III, l’esercito di popolo, la leva di massa, era visto come un gravissimo rischio sociale. I soldati dovevano essere pochi, dovevano perdere ogni contatto con il proprio paese, vivere in caserma, passarvi anni e anni di addestramento, ed essere sempre sotto l’occhio degli ufficiali. Insomma soliti in caso di operazioni muoversi all’aperto oppure

mosnell’eventualità di sommosolla. se pronti a sparare sulla folla. rino ri no Siccome il governo di Torino non voleva e non poteva armare tutti i giovani che ogni anno raggiungevano l’etàà di eleleva, procedeva ad una selezione: una era di carattere sagio. nitario, l’altra era il sorteggio. ano I 2000 uomini che estraevano eri e nei principali municipi, veri mepropri centri di leva, i numeolati ri più bassi venivano arruolati per otto anni (dicesi otto, poi ridotti a cinque), altri 8 mila sivi si vi, giovani, i numeri successivi, oco prestavano servizio per poco sare più di un anno, per poi passare nella riserva ed essere cosìì rierra. chiamabili in tempo di guerra. oteChi veniva sorteggiato, poteva sottrarsi al destino, se diorte sponibile a versare una forte somma: una clausola iniqua e vergognosa, chiamata surrogazione, che consentiva a nobili o borghesi di restare a casa. Nel 1857 i possidenti nel Regno erano il 12% della popolazione, ma solo l’1% degli arruolati, i contadini, il 49% della società, diventavano

di Livio Berardo

Cl Cultura


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il 67% dei militari, crescevano anche, ma meno, muratori e operai. Di nuovo, duemila giovani ricchi scaricano sui ceti popolari l’onere di una lunga assenza da casa o addirittura il pericolo delle battaglie. Il Piemonte, senza valle d’Aosta, contava allora 2 milioni e mezzo di abitanti: 983 mila erano collocati nelle «zone agrarie» (così erano chiamate nei censimenti) di pianura, 627 mila in quelle di montagna, un milione in quelle di collina. I piemontesi che sono stati arruolati fra il 1848 e il 1870, vale a dire fra la prima guerra di indipendenza e la presa di Roma, e hanno partecipato a operazioni militari ammontano a circa 150 mila. Oltre 90 mila erano contadini. Quanti erano montanari? Ridimensionando le «zone collinari» a quelle davvero tali (Langhe, Monferrato, Canavese ecc.) e simulando qualche riconteggio ad es. con le statistiche dei primi anni dell’età di Carlo Alberto, possiamo assegnare alla popolazione montana, come la intenderemmo oggi, il 45% del peso demografico totale. Saranno stati anche il 45% dei 90 mila contadini coscritti nell’esercito prima sabaudo e poi dal 1861 italiano? Sicuramente non di meno. Innanzi tutto fisicamente i contadini di montagna si presentavano meglio di quelli di pianura. La disponibilità di acqua corrente li esponeva molto meno ai rischi del colera o al fenomeno del gozzo. Una dieta con castagne e latticini conteneva i danni provocati dal monofagismo della polenta di mais (la

Estate 1848. Garibaldi offre inutilmente la sua spada a Carlo Alberto

pellagra). E poi in montagna c’era meno articolazione sociale che nelle città. Essere arruolati con i sistemi classisti e discriminatori dell’esercito sabaudo non era entusiasmante. Come minimo, in tempo di pace la famiglia restava priva delle braccia più robuste. In tempo di guerra i comuni promuovevano collette per aiutare i parenti dei richiamati, ma era poca cosa, tanto più che, decesso a parte (le guerre ottocentesche non erano così micidiali come quelle moderne, la provincia di Cuneo, un quarto allora della popolazione del Piemonte, ha avuto in tutte le guerre del Risorgimento 700 morti contro i 15.000 della II guerra mondiale), c’era il rischio che il giovane tornasse a casa invalido. La soluzione migliore, un autentico miracolo era, al momento della leva, tirare un numero alto. Possediamo alcuni ex voto di giovani che ringraziano la Madonna perché è loro toccato in sorte un numero tipo 138 o 155. Provengono tutti da santuari di montagna. Dunque i contadini e i monta-

nari piemontesi hanno più subito che fatto il Risorgimento. E se l’hanno fatto, ciò è avvenuto all’interno di una istituzione antiquata e retrograda come l’esercito sabaudo. Sono invece pochi i piemontesi accorsi come volontari sotto le bandiere di quel condottiero che sia politicamente sia militarmente rappresentava l’alternativa agli algidi e sospettosi generali di casa Savoia, Giuseppe Garibaldi. Non inganni il fatto che il Deposito dei Cacciatori delle Alpi il 20 febbraio 1859 fosse costituito a Cuneo, presso il monastero di Santa Chiara. Cuneo era stata scelta solo perché decentrata. Napoleone III non voleva saperne di truppe “irregolari”. Cavour con la solita astuzia dette un colpo al cerchio ed uno alla botte. Gli uomini che arrivavano in massa erano fuoriusciti dai ducati dell’Emilia e della Toscana, dal Veneto e soprattutto dalla Lombardia. Usavano essi sì percorsi montani, i sentieri del contrabbando attorno al Lago di Como, che Garibaldi conosceva bene. Nell’estate del 1848 si era infatti preci-

ppitato dall’Uruguay a Torino pper offrire, lui repubblicano, i suoi servizi a Carlo Alberto. Il re Tentenna lo aveva tenuto a bagnomaria, così Garibaldi era passato in Lombardia, form mando un gruppo di volontari che agì fra Como e Bergamo. D Dopo l’abbandono di Milano da parte del re di Sardegna, Garibaldi sconfinò in Svizzerra, non senza essersi levato la soddisfazione di sconfiggere gli austriaci a Luino. Ora, dieci anni dopo, i fuoriusciti, guidati dagli spalloni, entravano nel Canton Ticino, retto da un governo liberale amico di Cavour. Passando nel territorio di Lugano e Locarno, venivano trasportati sui vaporetti fino ad Arona per poi proseguire in treno fino alla stazione di Porta Susa. Una volta a Torino, gli espatriati venivano sottoposti ad una visita. I più preparati militarmente e di sicura fede monarchica, venivano arruolati nell’esercito sardo. Gli scarti, a cominciare dai sospetti mazziniani, venivano dirottati su Cuneo, dove ufficialmente non si sarebbe costituito un “corpo franco”, bensì una unità della Guardia Nazionale. Nacquero così i Cacciatori della Stura, poi detti Cacciatori delle Alpi. Il giornale della Divisione di Cuneo “la Sentinella delle Alpi”, cavouriana, fra marzo e aprile ne segue quotidianamente gli arrivi e l’addestramento. Sono giovani di buona famiglia, studenti, piccoli e medi borghesi. Sono ben educati, la sera leggono libri o vanno a teatro, non frequentano le bettole né infastidiscono le ragazze. Sono economicamente auto-


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sufficienti, tanto che prima di lasciare Cuneo e Savigliano, dove è stato aperto un secondo deposito, si tassano e offrono alcune centinaia di lire alle famiglie più bisognose dei soldati regolari. Che tra i ceti popolari piemontesi non regni lo stesso entusiasmo che c’è tra i volontari, lo provano le disavventure della Guardia nazionale. Nella previsione che tutti i soldati regolari partano per il fronte, l’ordine pubblico sarà affidato a questa milizia “democratica” già evocata nel ’48 e ora più che mai necessaria. Trovare i cittadini per formare le compagnie di luogo in luogo previste però non è facile. Ad esempio, le quattro compagnie di Saluzzo solo alla terza riunione raggiungono il numero legale richiesto per la costituzione e l’elezione degli ufficiali.

Presso il Santuario della Brughiera a Trivero e in quello o di Demonte due ex-voto di giovani che si sono affidati alla Madonna per estrarre un numero sufficientemente alto per evitare il servizio militare

Il 24 aprile 1859 gli austriaci, proprio adducendo l’arruolamento dei fuoriusciti, dichiarano guerra al Regno di Sardegna. I Cacciatori sono schierati a Casale, con l’esercito piemontese in posizione difensiva in attesa dell’arrivo delle truppe napoleoniche. Quando il 10 maggio l’invasore comincia a ripiegare verso la Lombardia, essi lo inseguono, attraverso Biella e Borgomanero sino a giungere, il 22 maggio, ad Arona. Nella notte fra il 22 e il 23 maggio, due compagnie passano il Ticino, occupando a sorpresa Sesto Calende. Dunque i Cacciatori delle Alpi sono i primi a penetrare in Lombardia. Dopo la liberazione di Como e Varese e la battaglia di San Fermo, i garibaldini occupano Bergamo e Brescia, arrivando fino alle rive del Garda. d Garibaldi abbozza z l’idea di aggirare o passare in qualche modo il lago per dim rigersi su Trento, ma r riceve dal Comando r regio l’ordine di salir r in Valtellina, a core p pertura dello Stelvio. L 11 luglio giunge, L’11

all’improvviso, l’armistizio di Villafranca. La maggior parte dei volontari si congeda. L’anno dopo forniranno il nerbo delle camicie rosse alla spedizione dei Mille. Allo scoppio della terza guerra di indipendenza, il 23 giugno 1866, i volontari di Garibaldi, chiamati Corpo volontari italiani, ebbero l’incarico di controllare il lunghissimo fronte che divideva la Lombardia dal Trentino-Alto Adige. Le vie di accesso erano tre: lo Stelvio a nord, il passo del Tonale, al centro, il lago d’Idro a sud. Nonostante le difficoltà del territorio, che rendeva agevole agli austriaci una battaglia meramente difensiva, Garibaldi si spinse molto avanti. Ma la sera del 25 giugno, all’indomani della sconfitta di Custoza, Garibaldi ricevette dal generale La Marmora l’ordine di ritirarsi per difendere Brescia. L’esercito austriaco non inseguì però La Marmora nel suo ripiegamento e, il 1º luglio, Garibaldi, lasciati tre reggimenti tra Salò e Lonato e spostate alcune truppe in Valcamonica, riprese la marcia verso la frontiera trentina. Il 3 lug luglio assalì la posizio posizione sul monte Suello, Sue Sue che gli austria austriaci avevano occup occupato e riportò un una ferita alla cosc coscia. Continuò a comandare le operazio zioni in carroz ro z rozza. La situazione de degli austriacci stava, nel ffrattempo,

peggiorando. Dopo la sconfitta contro i prussiani a Sadowa, il 3 luglio, parte dell’armata asburgica in Italia era stata ritirata a protezione di Vienna. In tal modo le forze austriache in Trentino rischiavano di essere prese da due lati. Il generale Franz Kuhn tentò quindi di battere subito Garibaldi: ma a Bezzecca fu sonoramente sconfitto. Il 9 agosto giungeva la notizia del prossimo armistizio e con essa l’ordine di sgomberare il Trentino entro 24 ore. Garibaldi rispose con il celebre telegramma: «Obbedisco». Bezzecca fu l’unico successo italiano in una guerra ricordata per le sconfitte di Custoza e di Lissa. Le pessime prove date dall’esercito di Fanti e Cialdini, mentre i prussiani avevano sconfitto gli austriaci a Sadowa non furono sufficienti ad aprire gli occhi alla nostra casta militare. Solo l’esito, del tutto imprevisto, del conflitto fra Napoleone III e la Prussia di Bismarck disvelò finalmente che il modello militare francese era del tutto superato. Si decise di correre ai ripari, abolendo la surrogazione e indicendo la leva di massa. Ma non si volle seguire il modello prussiano nel reclutamento regionale (Liguria e Romagna erano considerate regioni potenzialmente repubblicane, il Sud era terra di renitenti e di briganti). Fu accolta fra mille sospetti la proposta del capitano Perrucchetti di affidare la difesa dei valichi alpini ai montanari. Era il 1872 e si trattava di un esperimento, non più di 15 compagnie “alpine”. Ma questa è un’altra storia.


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Workshop a Monastero Bormida di Emanuela Dutto e Nuria Mignone

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Progetti europei

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ono ormai decollate le attività del progetto DemoChange, che vede coinvolto l’Uncem Piemonte insieme a altri dieci partner europei. In particolare, in questi mesi, l’attenzione si rivolge principalmente agli appuntamenti organizzati nel territorio della Comunità montana Langa Astigiana-Val Bormida e nei Comuni di Canelli e Cortemilia, territorio individuato come area pilota nel quale sperimentare strategie di adattamento ai complessi mutamenti demografici che interessano

i territori montani. Un incontro particolarmente partecipato ha avuto luogo lunedì 28 febbraio presso il castello di Monastero Bormida, suggestiva location per il workshop “Lo sviluppo della comunità montana in un contesto di evoluzione demografica ed economica”. La giornata è iniziata con una breve presentazione del progetto per coloro che ancora non lo conoscevano (alcuni dei partecipanti, invece, avevano già preso par-

te all’incontro dello scorso 21 dicembre, nel quale era stato impostato lo “steering group”, il comitato di pilotaggio locale sul cambiamento demografico). In seguito sono stati presentati i risultati più significativi dell’analisi demografica e territoriale realizzata negli scorsi mesi nel territorio dell’area pilota, che mettono in evidenza, accanto ad alcuni dati più prevedibili – ad esempio relativamen-

La Comunità montana Langa Astigiana Val Bormida ospiterà dal 14 al 16 settembre 2011 la Mid-term conference del progetto Demochange; l’appuntamento si terrà nel castello di Monastero Bormida


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te all’invecchiamento della popolazione o alla predominanza del settore agricolo tra le attività economiche –, altri assai più controversi. Colpisce in particolare la tendenza, rilevata attraverso le proiezioni demografiche realizzate con un modello di stima predisposto dall’Ires Piemonte (modello Stru.De.L., Struttura Demografica Locale), a un’inversione di marcia per quel che riguarda il numero degli abitanti nei prossimi anni: il modello utilizzato prefigura infatti un aumento costante della popolazione, che pare destinata a crescere in maniera stabile fino a raggiungere, nel 2028, le 8054 unità, un numero decisamente superiore rispetto alle attuali 7117. Tale tendenza all’incremento, probabilmente, è dovuta al fatto che negli ultimi cinque anni il saldo naturale risulta molto meno negativo a confronto con gli anni precedenti al 2005. Terminata la parte introduttiva, il workshop è entrato nel vivo, coinvolgendo direttamente i partecipanti suddivisi in un primo momento in tre gruppi di lavoro di settore (Amministrazioni Pubbliche, Associazioni non governative/Volontariato, Operatori privati), ognuno dei quali ha individuato le opportunità e le criticità relative agli scenari futuri, alla luce della situazione attuale, riguardanti diversi ambiti tematici (Accoglienza e servizi turistici, Marketing e tutela/promozione del territorio, Sviluppo aziendale ed economico). I partecipanti,

La chiusura del workshop a Monastero Bormida

coadiuvati dai facilitatori dell’Uncem Piemonte, hanno svolto dapprima un lavoro di riflessione condiviso, seguito dalle presentazioni delle singole valutazioni e successivamente da una discussione di gruppo per l’elaborazione finale degli scenari di settore. Naturalmente gli spunti emersi sono stati numerosissimi. Nel fotografare la situazione esistente sono stati messi in luce una serie punti di forza – la crescita del numero di agriturismi e b&b, che garantiscono circa 300 posti letto, manifestazioni come la Fiera del Montone Grasso o il festival Masca in Langa, la produzione di formaggio di capra, vino e dolci di alta qualità, aspetti ambientali di pregio come le orchidee, le farfalle, il paesaggio, l’elevata biodiversità, la presenza dell’oasi WWF e molto altro ancora – e alcune sintomatiche criticità – principalmente la scarsità di punti di informazione, concentrati perlopiù nei pochi centri più grandi, la scarsa comunicazione tra

i diversi paesi e effettuata quasi solamente con mezzi propri, l’eccessiva dipendenza dalle opere di volontariato che, se da un lato garantisce una partecipazione attiva da parte della comunità, dall’altro può essere un limite per una crescita qualitativa dell’offerta. Nella seconda sessione di lavoro, a differenza della sessione precedente, i partecipanti appartenenti a diversi settori sono stati ridistribuiti in tre gruppi misti, al fine di avere apporti e contributi da diverse prospettive. Ogni gruppo ha quindi formulato alcune proposte operative sulle azioni necessarie da intraprendere (COSA) per realizzare possibili scenari di sviluppo locale, individuando le modalità di realizzazione (COME), e i soggetti dell’azione (CHI) necessari per realizzare le azioni proposte. Alcuni elementi di fondo, principalmente l’esigenza avvertita di una maggiore collaborazione tra pubblico e privato e la necessità di una promozione del territo-

rio realizzata con maggiore progettualità e professionalità, hanno portato all’elaborazione di una serie di ideeprogetto: una campagna promozionale sul territorio, la costituzione di una rete formalizzata di cooperazione continua tra attori del territorio privati e pubblici, la creazione di un’agenzia di incoming e la promozione delle imprese anche attraverso l’organizzazione di pacchetti turistici e l’istituzione di un’ente/associazione “consorzio di produttori” facilmente riconoscibile per la promozione e la vendita congiunta. Si tratta, evidentemente, di obiettivi articolati e di lungo periodo: tuttavia la partecipazione molto attiva agli incontri promossi dall’UNCEM Piemonte e la possibilità di sfruttare l’occasione offerta dal progetto DemoChange per gli aspetti organizzativi e metodologici consentono di guardare con ottimismo al futuro di un percorso di pianificazione territoriale concertato e ambizioso.


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Primi risultati dallo studio sull’area pilota li incontri organizzati dall’Uncem Piemonte nell’ambito del progetto DemoChange sono spesso un momento di condivisione dei risultati degli studi che vengono condotti all’interno del progetto stesso. Non a caso, durante il workshop del 28 febbraio a Monastero Bormida, una presentazione introduttiva è astata dedicata all’illustrazione dei dati più significativi estratti dal Regional Report che fotografa la situazione geografica, demografica e sociale dell’area pilota. La Comunità montana Langa Astigiana Val Bormida, istituita nel 1979, è costituita da sedici Comuni ed è l’unica Comunità montana in provincia di Asti. La sua superficie totale è di 190,16

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km 2, dei quali 155,17 km 2 sono montani; l’altezza varia da un minimo (quota minima del comune) di 160 m a un massimo (quota massima del comune) di 845 m. Il 65% circa del territorio è destinato ad uso agricolo, il 35% è coperto da superfici boscate e ambienti seminaturali; la rimanente piccola percentuale (0,24%) è costituita da superfici artificiali. I Comuni della Comunità hanno a disposizione diversi strumenti di pianificazione: dal Piano regolatore al Programma di fabbricazione, dal Programma pluriennale di attuazione al Piano edilizia economica e popolare, dal Piano per gli insediamenti produttivi (industriali, artigianali e commerciali) al Piano delle attività commer-

ciali, dal ur Piano urbano del traffico no eneral Piano getico ambientaunale. le comunale. Da un punto di vista demografico, nella C o munità montana risiedono 7117 persone, di cui 732 sono cittadini stranieri. Dal 1994 al 2009 la popolazione residente è diminuita dell’8,27% passando da 7759 a 7117 persone. Nel periodo compreso tra il 1995 ed il 1999 ci sono stati, in media, 5,8 nati per 1000 abitanti, a fronte di una media di 16,9 decessi; tuttavia la differenza tra nati e morti (saldo naturale) per 1000 abitanti, sempre negativa nel periodo di tempo compreso tra il 1994 e il 2009, ha registrato negli ulti-

mi anni segnali segnnal ai miglioramentoo. di miglioramento. 22009 09 si è riri Dal 1994 all 20 dotto il numero di persone dii età compresa tra i 15 ed i 64 anni, mentre è rimasto costante il numero di persone di età superiore ai 65 anni: la piramide della popolazione residente nel 2009 mostra segni di invecchiamento della popolazione e di restringimento delle classi più giovani, con la conseguente contrazione alla base della piramide demografica. A livello socio-economico il reddito prodotto in media nella Comunità montana nel 2008 è pari a 9.500 € procapite; il reddito medio per contribuente, invece, ammonta a 18.569 €, il 10% in più rispetto al 1994.

Piramide della popolazione della Comunità montana, 2009

Piramide della popolazione della Comunità montana, pop. residente nel 2009 (Fonte: elaborazione su dati Istat)


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Nel 2008 il settore con più occupati era quello agricolo con il 53,94% di persone sul totale degli occupati; il secondo era quello manifatturiero con una percentuale di occupati sul totale pari al 24,93%; il terzo settore è quello delle costruzioni, la cui percentuale di occupati è uguale al 6,18% del totale. Il tasso disoccupazione nel 2001 risaliva al 3,74%; la maggioranza degli intervistati è concorde nel ritenere «non preoccupante» il tasso di disoccupazione riscontrabile tra i residenti in Comunità montana. Il modello insediativo della Comunità montana non ha subito variazioni significative negli ultimi venti anni. Dai centri urbani compatti e concentrati si dirama una rete di cascine e aziende agricole diffuse su tutto il territorio della Comunità. Per quanto riguarda la parte urbanizzata, si rileva, nel periodo compreso tra il 1990 e il 2010, un sensibile incremento dell’edificato nelle zone più vicine ai centri maggiori

(Canelli, Cortemilia o, con impatto minore, Acqui Terme). Nella parte bassa della Comunità montana si segnala – per il periodo considerato – l’insediamento di nuovi insediamenti artigianali (Bubbio e Monastero Bormida) e un discreto sviluppo edilizio di abitazioni bi – o mono-familiari. Nella maggioranza dei centri urbani sono state attivate pratiche di recupero edilizio dei centri storici. Il territorio della Comunità montana presenta forti differenze negli usi agricoli tra la parte alta e la parte bassa: in termini generali, la parte bassa è tradizionalmente e stabilmente caratterizzata dalla cerealicoltura e, nelle aree maggiormente pregiate, dalla viticoltura; nella parte

alta invece, si rileva – negli ultimi venti anni – un incremento della produzione di formaggio di capra e, conseguentemente, una maggiore destinazione delle aree agricole al pascolo, insieme alla conduzione del bosco ceduo. Sotto l’aspetto ricettivo sono presenti in complesso 125 posti letto negli alberghi e strutture similari, e 585 posti letto negli altri esercizi turistici. Per quanto riguarda la tipologia dei visitatori e dei relativi flussi, si conferma la rilevante presenza di turisti stranieri (con prevalenza della Svizzera, Germania, Danimarca, Olanda e Regno Unito) e una discreta crescita sia dei flussi, sia dei tempi medi di pernottamento che vanno dal weekend alla settimana

Saldo naturale e saldo migratorio per 1000 abitanti nella Comunità montana

Saldo naturale e saldo migratorio per 1000 ab. nella Comunità montana, periodo 1992-2009 (Fonte: elaborazione su dati Istat – BDDE della Regione Piemonte)

intera. Diversi cittadini elvetici hanno trasferito la residenza in Comunità montana Langa Astigiana Val Bormida, alcuni anche investendo in attività locali tradizionali. Come prevedibile, uno degli aspetti più critici riguarda i servizi: per raggiungere Torino, capoluogo di Regione, si impiegano in media 1h e 42 minuti, lungo collegamenti stradali scarsi e bisognosi di un ammodernamento. Nella Comunità montana non ci sono ospedali, né dottori; tuttavia nelle Unità territoriali di Bubbio e Canelli i cittadini hanno accesso a diverse attività ambulatoriali, mentre altri servizi sono localizzati a Roccaverano, Vesime e Monastero Bormida. Sul territorio della Comunità ci sono 5 scuole materne per 222 bambini di età compresa tra 1 e 5 anni, che rappresentano il 3,12% della popolazione. Le scuole primarie e secondarie di primo grado sono 12, per 476 bambini di età compresa tra i 6-15 anni: questi ultimi costituiscono il 6,69% della popolazione. Infine, proprio con un intento di pianificazione territoriale, la Comunità montana ha presentato il programma operativo Vitalità in Langa Astigiana, che si propone, attraverso una serie di interventi puntuali, di perseguire obiettivi di miglioramento nel campo dei servizi alla popolazione, nelle energie rinnovabili, nella riqualificazione dei borghi storici, nel rilancio di Castel Rocchero, nella valorizzazione della filiera agroalimentare, nella promozione turistica.


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Contributi per gli alpeggi danneggiati dalle nevicate

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Notizie dalle Comunità a cura di Marialaura Mandrilli

a Provincia di Torino mantiene gli impegni presi a sostegno degli allevatori i cui alpeggi sono stati danneggiati dalle eccezionali nevicate dell’inverno 2008-2009. A seguito delle domande presentate l’anno scorso, stanno per essere assegnati i contributi finalizzati al ripristino delle strutture negli alpeggi pubblici e privati. L’erogazione è possibile ora, poiché si è verificato che le somme stanziate dallo Stato per i danni causati dalle nevicate non coprono i costi ricostruzione o riparazione delle strutture negli alpeggi: interviene quindi la Provincia. “Per il ripristino delle baite e dei ricoveri per gli animali negli alpeggi pubblici erogheremo

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ccontributi per 665mila euro, che andranno a coprire sino all’80% del costo totale dei llavori – spiega l’assessore all’Agricoltura e M Montagna, Marco Balagna (nella foto a sinnistra) –. Su segnalazione delle Comunità m montane abbiamo destinato i contributi agli alpeggi pubblici di Tavagnasco, Brosso e T Trausella nel Canavese, di Gravere e Condovve in Valsusa, di Coazze in Val Sangone, di P Pramollo e di Usseaux nelle valli del Pinerrolese. Circa 250mila euro andranno quindi alle strutture che sorgono nel territorio della C Comunità montana Valchiusella, Valle Sacra e Dora Baltea Canavesana, circa 400mila a qquelle delle Comunità montane del Pinerolese e Valsusa-Val Sangone”. L’Assessore Balagna precisa inoltre che “nelle altre vallate non vi sono alpeggi pubblici per i quali sia stata presentata la domanda di contributo per il ripristino dei danni causati dalle nevicate dell’inverno 2008-2009. Per quelli privati sono però disponibili contributi pubblici a fondo perduto per un milione 300mila euro, con una copertura che arriverà sino al 50% del danno subito. I contributi vengono stanziati nell’ambito del Programma Operativo Provinciale. Circa 500mila euro saranno destinati agli alpeggi delle Valli di Lanzo, 400mila alle Valli Orco e Soana, altri 400mila alla Valsusa ed alle Valli del Pinerolese”.


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Torino, Città delle Alpi Con Giro d’Italia e Adunata degli Alpini n due giorni – sabato 7 maggio e domenica 8 – Torino ha rilanciato la sua storica, naturale vocazione: la città è tornata a essere la “Capitale delle Alpi”. Il sogno di Rinaldo Bontempi, condiviso da tanti politici, amministratori pubblici e cittadini alla vigilia delle Olimpiadi Invernali del 2006, è diventato realtà grazie a due eventi che hanno profondi legami con le Terre Alte. “L’adunata degli Alpini e la partenza della corsa a tappe più bella e più dura del mondo, proprio grazie alle nostre montagne, hanno portato a Torino e in tutto il Piemonte i grandi valori che in 150 anni hanno fatto la storia dell’Italia – spiega il presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba –. Gli Alpini hanno nella loro ragion d’essere il senso di appartenenza e il legame con il territorio montano. Qui si sono combattute battaglie chiave nella storia dell’ultimo secolo, in montagna hanno perso la vita molti giovani alla ricerca di libertà e democrazia”. Il Giro d’Italia unisce il Paese non solo nei venti giorni di corsa e ne mostra al mondo le grandi risorse e la sua bellezza. Sulle Alpi e sulle montagne del Piemonte sono nate le più grandi imprese del ciclismo e della “Corsa Rosa”. La partenza da Venaria Reale e le ultime tappe che arriveranno a Macugnaga, il 27 maggio, e al Sestriere venerdì 28 maggio, porteranno

Amministratori e politici A ppiemontesi sul podio, in piazza Vittorio Veneto a Torino, aal termine della pedalata “Fight for pink” che ha preceduto lla prima tappa dell’84º Giro dd’Italia, sabato 7 maggio ((Foto Daniele Badolato/LaPresse)

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la caro carovana ovana sulle sstrade trade del delle Comunità montane e dei Comuni montani piemontesi. “Sarà sicuramente una grande festa, dello sport e della montagna”, commenta Riba.

“O Oggi – pros segue Riba – non “Oggi prosegue possiamo non veder crescere un nuovo rapporto culturale e sociale della città con la montagna. Un legame concreto, che ci viene trasmesso

d dalla storia e ci proietta in un f futuro in cui, attraverso altri e eventi come il Giro d’Italia e l l’Adunata degli Alpini, vorr remmo vedere Torino vera c città capitale delle Alpi che l avvolgono. È un’immagila ne che le Terre Alte, rappresentate anche dall’Uncem, vogliono consegnare ai torinesi, ai Piemontesi e a tutta l’Italia”.

Capacities: valorizzare le risorse della montagna alorizzare le risorse della montagna” è il titolo del seminario conclusivo del progetto CAPAcities che si è svolto il 1º marzo al Museo regionale di Scienze Naturali di Torino. All’incontro è intervenuto il Vice Presidente della Regione Piemonte, Ugo Cavallera (nella foto), che ha sottolineato “il ruolo della cooperazione transnazionale: un’occasione per mettere a confronto le diverse esperienze, capacità e conoscenze, sperimentare approcci innovativi rispetto alle attività di programmazione e progettazione dello sviluppo locale”. La Regione ha

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riservato ervato fin dall’inizio una particolare attenzione a questo tipo di attività, che ben si integrano con la sua vocazione internazionale. Il Progetto, finanziato nell’ambito del programma di cooperazione comunitario “Spazio Alpino”, ha come obiettivo promuovere il potenziale dei piccoli centri alpini, attraverso politiche di

sviluppo condivise ed innovative. In particolare, si punta alla riqualificazione e alla rivitalizzazione delle borgate alpine di versante, per contrastare gli accentuati fenomeni di spopolamento e favorire il mantenimento o l’avvio di nuove attività economiche. All’incontro di Torino sono stati alcuni risultati del progetto. In particolare i temi della discussione, legati ai progetti pilota Piemontesi e Valdostani, sono stati la valorizzazione delle risorse della montagna (Valle Ossola e Valle Varaita), l’imprenditorialità in contesti montani (provincia di Cuneo), la partecipazione e la costruzione di progetti.


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Nuovo regolamento per i rifugi Assessorato al Turismo della Regione Piemonte ha dato il via libera ad aprile al nuovo regolamento per le strutture ricettive alpinistiche. La nuova classificazione prevede 4 tipologie: rifugi escursionistici, ovvero strutture con gestore idonee ad offrire accoglienza e ristoro e situate in zone montane raggiungibili attraverso strade aperte al traffico ordinario, impianti di risalita a fune o a cremagliera; rifugi alpini, ovvero strutture con gestore ubicate in luoghi idonei a costituire basi di appoggio per l’attività alpinistica, predisposte e organizzate per fornire ospitalità, sosta, ristoro, pernottamento e servizi connessi, non raggiungibili in nessun periodo dell’anno attraverso strade aperte al traffico ordinario o attraverso linee funiviarie in servizio pubblico, fatta eccezione per gli impianti scioviari; rifugi non gestiti (nuova tipologia), ovvero strutture in muratura ubicate in luoghi isolati di montagna, non gestite né custodite, chiuse ma fruibili dagli utenti della montagna che possono reperire le chiavi in un luogo pubblico stabilito dal titolare, attrezzate per il pernottamento e per la cottura autonoma dei pasti da parte dei fruitori, nonché dotate di servizi igienici interni o nelle pertinenze della struttura; bivacchi fissi, ovvero strutture ubicate in luoghi di montagna molto isolati, incustodite e aperte, attrezzate

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con quanto essenziale per un ricovero di fortuna. Le caratteristiche e i requisiti tecnici dei rifugi sostanzialmente restano simili alle precedenti normative. La novità (oltre alla nuova tipologia dei rifugi non gestiti) è principalmente nel criterio di classificazione, che fa capo alla raggiungibilità con strade ordinarie o funivie, non più al limite dell’altitudine. Tra i requisiti di gestione è richiesta una figura con capacità tali da poter valorizzare la struttura, la presentazione di un piano di iniziative per la promozione e integrazione dell’offerta turistica, nonché, quale requisito preferenziale, la conoscenza di una lingua straniera (nel caso in cui il titolare affidi la gestione del rifugio a terzi, questi elementi costituiscono presupposti qualificanti per la scelta del candidato).Tra gli obblighi di gestione è stata inserita una maggiore attenzione alle problematiche ambientali e all’eliminazione delle barriere architettoniche. Il Piemonte conta in totale 258 rifugi di montagna; in

b base alla vecchia classificaz zione: 3 ad Alessandria (2 e escursionistici e 1 alpino); 11 a Biella (1 escursionistic 9 alpini e 1 bivacco); 78 co, a Cuneo (29 escursionistic e 49 alpini); 77 a Torino ci ( escursionistici, 39 alpini (20 e 18 bivacchi); 55 nel VCO ( escursionistici, 37 alpini (4 e 14 bivacchi); 34 a Vercelli ( escursionistici, 21 alpini (9 e 4 bivacchi). “Le caratteristiche e i requisiti tecnici dei

rifugi – spiega l’assessore regionale al Turismo Alberto Cirio – sostanzialmente restano simili alle precedenti normative, ma abbiamo fatto in modo di snellire il regolamento e renderlo più omogeneo. Anche i tempi di adeguamento sono stati pensati graduali, per non creare disagio ai proprietari e ai gestori di un patrimonio ricettivo prezioso per il turismo piemontese”.

Pratiglione: nuovo impianto fotovoltaico ue nuovi impianti fotovoltaici a Pratiglione, Comune compreso nella Comunità montana Alto Canavese. Il primo, nel piazzale antistante il Comune ha un potenza di una potenza 9,6 kwp, ed è formato da 42 pannelli; la produzione annua stimata è di circa 10.700 kwp. Il costo dell’impianto è stato di 41.800 euro; il contributo Gse si dovrebbe aggirare sui 4.500 euro annui a cui va aggiunto un risparmio sui consumi stimato in 2.000 euro annui per un totale di euro 6.500 annui per la durata di 20 anni. L’impianto situato sul tetto dell’edificio scolastico ha invece una potenza di 4,6 kwp, ed è formato da 20 pannelli; la produzione annua stimata è di circa 5.000 kwp. Il costo dell’impianto è stato di 22.550 euro; dal Gse 2.200 arriveranno euro annui a cui va aggiunta un di 1.000 euro annui per un totale di euro 3.200 annui per 20 anni. A occuparsi dell’installazione è stata la ditta Elementi Srl di Ivrea. All’inaugurazione, nel pomeriggio di sabato 14 maggio, accanto al sindaco e presidente della Comunità montana Alessandro Gaudio, erano presenti il presidente dell’Uncem Piemonte Lido Riba e il consigliere regionale Roberto Tentoni (nella foto).

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VALSESIA

Progetto Comenius per gli studenti istituto comprensivo Alta Valsesia di Balmuccia apre le porte all’Europa. A essere coinvolti una settantina di persone: una trentina di studenti di 13-14 anni delle medie del centro valsesiano, 35 provenienti da Francia, Germania e Finlandia, e una serie di insegnanti. Il minimo comune denominatore è il progetto Comenius, pro-

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gramma d’azione della Comunità Europea nel settore dell’istruzione, che ha come obiettivo quello di incrementare la dimensione europea e promuovere la cooperazione tra scuole di diversi Stati. Per una settimana, a marzo, giovani e professori sono stati in Valsesia per sviluppare la comunicazione e proseguire nello studio dell’acqua in un

piano dal titolo “Water is an important element of the region we live in”. Tutti i partecipanti hanno studiato questo elemento sul proprio territorio. “L’idea è nata tre anni fa dall’allora preside Mauro Agarla – spiegano dall’istituto di Blamuccia –. Due anni fa la preside Raffaella Paganotti ha sviluppato con entusiasmo la proposta, coor-

dinando e partecipando alle attività”. Gli studenti europei e della Valsesia, accompagnati dal presidente della Comunità montana Pierangelo Carrara, hanno visitato Torino e sono stati ospiti dell’Uncem e del Formont, nella sede della Mandria, dove hanno avuto modo di conoscere le eccellenze enogastronomiche piemontesi.

Nuovo Ecocentro a Giaveno omenica 15 maggio è stato inaugurato l’Ecocentro di Giaveno, riorganizzato a partire dal 2008, stato realizzato con l’obiettivo di incentivare e favorire la raccolta differenziata e il riciclo dei materiali recuperabili. “L’accesso e il funzionamento del servizio di Ecocentro in questi anni ha registrato buoni risultati, l’area tuttavia necessitava di interventi di ampliamento e di adeguamento – spiega il sindaco Daniela Ruffino –. Il progetto di lavoro è stato portato avanti per mettere a nuovo e dare maggiore funzionalità e sicurezza al servizio di conferimento dei rifiuti che per qualità e dimensione non sono possono essere interessati dal servizio di raccolta porta a porta o domiciliare”.

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I lavori sono stati eseguiti in un anno e hanno riguardato l’ampliamento della sede di conferimento, che oggi risulta raddoppiata; è stato creato un percorso in quota per l’accesso ai cassoni di stoccaggio, realizzate delle nuove coperture delle sedi di conferimento, sistemata la nuova recinzione e l’accesso alla stazione. “Gli interventi eseguiti – prosegue il primo cittadino – ci consentono di avere un Ecocentro più funzionale e meglio attrezzato, di lavorare più efficacemente per mantenere e in prospettiva migliorare le performance di conferimento che Giaveno, i cittadini hanno raggiunto”. Il dato percentuale di raccolta differenziata raggiunto nel 2010 a Giaveno è pari al 63,30 per cento.

All’inaugurazione in cui è intervenuta il sindaco Daniela Ruffino, con l’assessore comunale Dina Benna (vicepresidente dell’Uncem Piemonte), erano presenti gli assessori all’Ambiente della Regione Piemonte Roberto Ravello e della Provincia di Torino Roberto Ronco. Presenti anche i sindaci della Val Sangone e il presidente della Comunità Montana Valle di Susa e Val Sangone Sandro Plano. “De-

sidero ringraziare l’Uncem, il suo presidente Lido Riba – afferma Ruffino – per la partecipazione all’inaugurazione. Un ringraziamento che esprime la vicinanza e la sensibilità di Uncem per il territorio, per le politiche e le strategie di tutela dell’ambiente, di collaborazione sui temi delle energie rinnovabili e la loro applicazione. Insieme stiamo lavorando per il buon governo del nostro territorio”.


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Attività all’Oasi Villarey a domenica 5 giugno, sino al 21 agosto, l’Oasi Naturalistica di Villarey aprirà le porte al pubblico, tutte le domeniche, dalle 10 alle 19, per mettere a disposizione dei visitatori l’orto botanico autoctono, il percorso dei fiori di bach, quello delle piante aromatiche, quello degli odori, il giardino roccioso e il giardino zen. Cinque mila ettari che si trovano a 850 metri di altitudine, in uno dei luoghi più panoramici di Prascorsano, in strada Ceraldo 14, al confine con la frazione Carella di Pratiglione, non lontano dal Sacro Monte di Belmonte. Per raggiungerla bisogna seguire il percorso del Sentiero del gallo, sino alla frazione Ronchi Maddalena di Cuorgnè. Un’oasi naturalistica aperta per la prima volta nel settem-

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bre del 2000, sotto la guida dei suoi ideatori e fondatori dell’Aemetra, l’Associazione Europea di Medicine Tradizionali, con sede a Torino, in via Pinelli 95 che, sotto l’egida del suo fondatore e presidente, Valerio Sanfo, organizza corsi, conferenze, seminari e convegni, con lo scopo di diffondere le conoscenze sulle medicine tradizionali, rivolgendosi, con taglio diverso, ad esperti e non. In questi anni l’Oasi di Prascorsano è cresciuta tanto da essere inserita, il 16 novembre del 2009, nell’elenco ufficiale delle 17 aree di “Interesse Botanico” della Regione Piemonte, nella sezione “Giardini Botanici Pubblici”. Il primo appuntamento in programma è un corso di riconoscimento delle erbe spontanee, in program-

ma domenica 5 e domenica 12 giugno, dalle 10 alle 17: Valerio Sanfo guiderà le escursioni nei diversi habitat della zona, alla ricerca delle piante spontanee; l’osservazione delle piante autoctone, sotto l’aspetto erboristico, fitoterapico, tradizionale, culinario, mitologico e leggendario. Inoltre sarà a disposizione il “Prato

Sci: Atleti cuneesi in Nazionale l Consiglio Federale della Fisi ha deliberato ad aprile la composizione delle squadre nazionali italiane per la stagione 2011-2012. Negli elenchi ufficializzati oggi spiccano alcune “new entry”, frutto di ottime prestazioni nelle categorie Aspiranti nella stagione appena conclusa. È il caso di Michele Gualazzi, atleta nato nel 1994 e tesserato per lo Ski College Limone, inserito nella Leva giovanile dello sci alpino. Limitandoci agli ultimissimi risultati della stagione, è bene ricordare che Michele ha conquistato due medaglie d’argento nel Gigante e nello Slalom dei Campionati Italiani Aspiranti, il 14 ed il 16 aprile scorsi a Limone Piemonte. Nello sci nordico la F.I.S.I. ha inserito nel gruppo Juniores le cuneesi Marianna Rivero (Sci Club Valle Maira) ed Emanuela Piasco (Valle Stura). Nella stagione 2010-2011 Marianna Rivero ha conquistato numerosi podi in gare a livello nazionale, ha vinto il titolo di campionessa italiana Aspiranti nell’Individuale ed ha conquistato la medaglia di bronzo nell’Inseguimento. Emanuela Piasco ha invece conquistato il titolo italiano Aspiranti nella Mass Start a tecnica classica. “Per le nostre atlete – commenta il presidente della Comunità montana Valli Grana e Maira Roberto Colombero – si tratta di un grandissimo risultato, che porta in alto il nostro territorio con le migliori espressioni giovanili”.

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Peter Pan” per la ricreazione, l’area giochi “Gaia” e il percorso per il Barefooting, ovvero ritorno alla natura camminando a piedi nudi. Domenica 3 luglio, dalle 10 alle 17 è in programma “Manipolando: idee al verde”, corso teorico-pratico per imparare a produrre in casa detersivi, saponi per il corpo e cosmetici realizzati con ingredienti veramente naturali, nel rispetto dell’ambiente. Domenica 10 luglio, sempre dalle 10 alle 17, “Impariamo a curarci con l’Argilla”, corso dove sarà possibile imparare il il trattamento preparatorio dell’argilla e il suo utilizzo pratico per preparare impacchi, fasciature, unguenti, maschere, dentifrici, latti detergenti, secondo l’uso terapeutico popolare. Per ulteriori informazioni rivolgersi all’Aemetra, Associazione Europea di Medicine Tradizionali, in via Pinelli 95/D, a Torino, allo 011/4375669 oppure al 339 6501448 o al 338 9630826.


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VALLI DELL’OSSOLA:

Un’Agenzia di Incoming Turistico a Comunità montana delle Valli dell’Ossola dà vita a un’Agenzia di incoming turistico che avrà il compito di costruire offerte alberghiere, escursionistiche e museali: “Il settore turistico risente, come gli altri, della crisi economica e della ridotta capacità di spesa

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dell’utenza – spiega il presidente Giovanni Francini – una riduzione del potenziale che va adeguatamente controllato attraverso una serie di iniziative che serviranno alla ricerca ed allo sviluppo di nuovi mercati in grado di assorbire l’offerta turistica locale. Per questo

Energia dalle vigne l Vinitaly di Verona, venerdì 8 aprile, gli operatori del settore si sono confrontati per valutare le opportunità di valorizzazione energetica dei sottoprodotti della viticoltura. Nello spazio istituzionale della Regione Piemonte, l’Uncem Piemonte e l’Ipla organizzano un incontro dal titolo “Energia dalle vigne. Scenari e opportunità per la valorizzazione energetica dei sottoprodotti della viticoltura”. Un’occasione di confronto per valutare le opportunità esistenti in Piemonte – nelle Langhe, nel Roero, nel Monferrato come nel Canavese e nel Saluzzese – di valorizzazione energetica dei sottoprodotti della viticoltura, con particolare riguardo alla logistica, alle scelte tecnologiche e alle questioni economico-finanziarie. La valorizzazione dei sottoprodotti della vigna è, infatti, un tema di grande interesse per il Piemonte, che ha nella viticoltura uno degli assi portanti del proprio sistema agroalimentare. Da tempo si dibatte su quale sia la modalità migliore per gestire i residui di potatura delle vigne, alla luce delle difficoltà di recupero degli stessi, dei controversi risultati del riutilizzo in campo e della inopportunità di bruciarli in loco. Analogamente anche le vinacce possono rappresentare un problema, se non correttamente smaltite o utilizzate per produzioni collegate. Le recenti novità legislative, che prevedono una forte incentivazione della produzione di energia elettrica da impianti alimentati da fonti rinnovabili, possono rappresentare pertanto una opportunità, non solo economica, per le imprese del settore vitivinicolo interessate a destinare i sarmenti (residui di potatura) e le vinacce a scopi energetici.

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bisogna attivare progetti di avanguardia, che siano finalizzati al miglioramento dei risultati economici delle imprese presenti sul territorio ed a garantire lo sviluppo ed il sostegno delle attività di accoglienza e di incoming turistico. Bisogna inoltre organizzare i servizi di informazione e di accoglienza turistica offerti dal territorio. Tutto ciò sarà fatto dall’Agenzia di incoming con la collaborazione di un tour operator in grado di costruire pacchetti turistici utilizzando le strutture e i servizi a disposizione sul territorio ossolano, e di venderli conseguentemente ad un mercato adatto”. Nel dicembre del 2010 era stato emanato un bando per la ricerca del partner, al quale entro i tempi stabiliti aveva risposto la Ditta Colibrì di Sesto Calende, tour operator in possesso di tutti i titoli abilitativi necessari a svolgere tale professione, e sufficientemente introdotta nella realtà ossolana e provinciale per costruire pacchetti corredati da tutte le possibili alternative sia alberghiere che di offerta escursionistica o museale: “La collaborazione si protrarrà presumibilmente per due anni – spiega il presidente Giovanni Francini – Colibrì si impegna ad organizzare ed erogare, coordinando le attività con gli assessorati competenti, al-

Giovanni Francini

cuni servizi, e la Comunità montana cederà uno spazio nella propria sede, darà una pagina sul sito internet, metterà a disposizione per incontri la propria sala convegni e garantirà una giusta ricaduta economica su tutto il territorio”. Nello specifico la Colibrì dovrà occuparsi della creazione di pacchetti turistici da costruire con gli operatori alberghieri ed extralberghieri delle cinque valli che compongono l’Ossola e la loro successiva immissione sui possibili mercati, dell’individuazione di partner e luoghi da porre all’attenzione del pubblico e della creazione di un carnet di pacchetti da distribuire, anche ad altri tour operator in Italia e all’estero, che tenga conto anche delle realtà turistiche più deboli del territorio comunitario, compatibilmente con le esigenze commerciali del Colibrì.


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