I tanti volti del cibo

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I tanti volti del cibo. (Parte I : dal Cinquecento al Settecento)


Durante il Cinquecento (in realtĂ anche nei secoli successivi) la tavola e il cibo rimasero dei mezzi per sancire le differenze sociali, stupire ed esibire potere. Materie prime, utensili, posateria, vasellame e, non da ultimo, la presentazione delle pietanze, erano modi per affermare disponibilitĂ economica e prestigio sociale.


Figura di spicco della cultura gastronomica italiana del Cinquecento fu Bartolomeo Scappi (Dumenza, 1500 – Roma, 13 aprile 1577). Cuoco e gastronomo molto importante lavorò come cuoco presso le corti di molti cardinali e successivamente divenne cuoco papale, prima con Pio IV e poi con Pio V.


Fu lui l’autore di una delle opere di cucina piĂš conosciute, un complesso letterario e culturale che comprendeva non solo un vasto numero di ricette, ma anche argomenti inerenti agli ambienti di cucina. Un trattato riservato agli “addetti ai lavoriâ€?, con consigli, analisi dei vari strumenti di lavoro e indicazioni sulla struttura di una cucina di stampo professionale.


L’opera è di fondamentale importanza non solo perché attraverso il suo studio è possibile tracciare il profilo della cucina di un’epoca, ma soprattutto per la presenza di preparazioni e ingredienti diversi da territorio a territorio, raccolti e descritti grazie alla grande esperienza (di natura prevalentemente professionale) dell’autore.





Apparsa nel 1570 col titolo “Opera di Bartolomeo Scappi, mastro dell’arte del cucinare, divisa in sei libri”  Primo libro → Scappi parla del cuoco, degli ambienti di

cucina e di come riconoscere e conservare le buone vivande.  Secondo libro → carne di quadrupedi e di volatili, selvatici e

domestici, e come preparare i “sapori” e le varie salse.  Terzo libro → pesci, uova e minestre.  Quarto libro → elenco delle vivande suddivise in base alla

stagionalità.  Quinto libro → pasticci, crostate, torte e vari tipi di dolci.  Sesto libro → vivande per infermi e convalescenti.


Grande innovatore della sua epoca, sotto diversi aspetti: uso delle materie prime, preparazioni, cotture e, in generale, per il modo in cui affrontò il complesso e variegato mondo del cibo. Fece, tra l’altro, scoprire alla gastronomia italiana la “credenza” intesa come l’insieme dei piatti freddi.


Contrariamente a ciò che si pensa, il Cinquecento fu importante anche per la cospicua circolazione di tecniche e saperi gastronomici tra i vari Paesi europei. Molti ricettari e libri di cucina dell’epoca attestano la circolazione di idee, mode ed influenze, soprattutto tra Italia e Francia. Questi flussi culturali potevano essere bilaterali o unilaterali a seconda dei casi, ma tutti determinati sostanzialmente dai spostamenti dei cuochi (il cui lavoro era destinato ai ceti elevati) da una potenza all’altra, portando con se esperienze, usi e pratiche culinarie di territori diversi.


In Italia sulle tavole rinascimentali, l’abbondanza dell’utilizzo delle spezie e il gusto per l’artificio raggiunsero alti livelli di perfezionamento. La cucina cinquecentesca e seicentesca rimase ancora strettamente legata ai canoni gustativi medievali che modificavano i gusti dei singoli ingredienti ed erano caratterizzati da un massiccio uso dello zucchero e delle spezie.


Il Seicento fu segnato dalla grande rivoluzione francese della gastronomia. Rifiuto dell’uso dell’artificio e delle combinazioni tipicamente medievali basate sull’agrodolce; grande ridimensionamento delle spezie che portò ad un loro utilizzo molto più moderato; salse a base grassa anziché acida e ricerca di sapori naturali. La scelta francese fu inoltre di dare maggior peso ai profumi dell’orto.


Da quanto appena affermato si può pensare che il contributo dell’Italia a questo stravolgimento culturale e gastronomico fosse stato pressoché nullo. In realtà proprio per le scelte fatte in ambito francese su cosa valorizzare l’Italia apportò un significativo contributo, ma in termini di prodotti più che di gusto.


L’abbandono delle spezie. Come è già stato affrontato l’abbandono dell’uso delle spezie fu uno degli elementi più significativi della rivoluzione gastronomica francese. Sotto questo aspetto il caso delle spezie è un valido esempio di come le mode fossero spesso determinate dal costo delle materie prime.


L’apertura di nuove rotte commerciali con il Nuovo Mondo consentì nuovi accessi che determinarono presto un considerevole aumento della loro disponibilità sui mercati europei; aspetto che provocò un sensibile calo dei prezzi. Poiché le spezie erano a portata di tutti, i ceti elevati elessero come loro nuovi prodotti simbolo gli aromi delle proprie terre, fino ad allora poco considerati, tra cui: erba cipollina, scalogno, funghi, capperi e acciughe. Le salse fortemente speziate che accompagnavano le carni scomparvero, come sostitute furono elette le insalate crude condite solo con aceto e olio, che fino a quel momento venivano proposte come aperitivi perché si pensava aiutassero a stimolare l’appetito. Lo zucchero venne confinato alla fine del pasto, con i dolci.


In Italia questi cambiamenti furono assai più lenti e la rivoluzione in senso gustativo fu messa in secondo piano rispetto al permanere di usanze tipicamente medievali. Tuttavia, in alcuni casi vi furono incursioni gastronomiche che lasciarono presagire un lento cambiamento. Bartolomeo Stefani, cuoco del Seicento, nel suo trattato inserisce una “salsa di butirro”, anche se poi la stempera con rossi d’uovo, succo di limone e spezie.


I prodotti dal Nuovo Mondo. La storia dei prodotti provenienti dal Nuovo Mondo, ma del resto anche di altri prodotti fino a quei tempi poco utilizzati in cucina (come il riso e il grano saraceno), è un percorso assai controverso che ha indubbiamente piÚ fattori scatenanti. Una delle molle principali fu la necessità .


Durante il XVI secolo la popolazione aumentò considerevolmente in molte zone d’Europa. Paesi o zone che fino ad allora erano stati esportatori (uno dei casi più rilevanti fu la Castiglia), divennero importatori. Nonostante le tecniche agricole subirono alcuni miglioramenti rispetto al Medioevo, le rese e i sistemi agricoli erano insufficienti a soddisfare le mutate esigenze date dall’accrescimento demografico.


I trattati che si diffusero a partire dal Cinquecento furono il riflesso di una rinnovata e sempre più crescente attenzione al lavoro dei campi. Parallelamente a ciò, la necessità spinse e incentivò la ricerca di nuovi prodotti che sopperissero agli enormi problemi legati alla disponibilità alimentare. Fu grazie a ciò che entrarono in cucina alimenti fino ad allora poco considerati, primi fra tutti i prodotti provenienti dal Nuovo Mondo.


Fino ad allora queste primizie erano utilizzate a scopo ornamentale o foraggero. L’inserimento nell’alimentazione umana e, nello specifico, per sopperire alle esigenze alimentari dei ceti bassi, fu il primo passo (es. patata). Quali aspetti sociali e culturali entrarono in gioco nell’inserimento di questi nuovi prodotti?


Essi entrarono a far parte del sistema culturale europeo e italiano perché proposti in forme e preparazioni conosciute. Esempio.  Patate → pane  Pomodoro → salsa

Solo attraverso questo sistema culturale riuscirono a far breccia nella cultura italiana (ma anche europea).


Caratteristiche della cucina barocca. Nella cucina barocca del Seicento permasero, quasi inevitabilmente, alcune caratteristiche di quella dei secoli precedenti. Sebbene infatti (come è già stato affrontato) si siano già innescate importanti modificazioni, rimasero i grandi allestimenti scenici e di forte impatto visivo che caratterizzavano la cucina e le presentazioni alimentari.



Allo stesso tempo nacquero nuove mode di stampo alimentare legate a determinati prodotti. Un caso conosciuto di quest’epoca (ma anche di quella successiva) fu la cioccolata, utilizzata sia nel confezionamento di numerosi dolci, sia come simbolo della colazione degli aristocratici (chiaramente la bevanda), sinonimo di ricchezza ed esotismo.



A questa si contrappose nel Settecento il caffè: prima simbolo degli intellettuali che desideravano mantenere attenta e attiva la propria mente; poi dell’Illuminismo, come antitesi culturale e sociale della cioccolata; infine, a inizio Ottocento, come simbolo della borghesia. Giuseppe Parini, figura intellettuale di spicco della cultura italiana del Settecento, offre un esempio della dicotomia esistente tra la cioccolata e il caffè, quest’ultimo conosciuto dalla nobiltà ma poco considerato. La citazione che segue è tratta dal componimento “Il giorno”.


“Ma già il ben pettinato entrar di novo tuo damigello i’ veggo; egli a te chiede quale oggi più de le bevande usate sorbir ti piaccia in preziosa tazza: indiche merci son tazze e bevande; scegli qual più desii. S’oggi ti giova porger dolci allo stomaco fomenti, sì che con legge il natural calore v’arda temprato, e al digerir ti vaglia, scegli ’l brun cioccolatte, onde tributo ti dà il guatimalese e il caribbèo c’ha di barbare penne avvolto il crine: ma se nojosa ipocondrìa t’opprime, o troppo intorno a le vezzose membra adipe cresce, de’ tuoi labbri onora la nettarea bevanda ove abbronzato fuma, ed arde il legume a te d’Aleppo giunto, e da Moca che di mille navi popolata mai sempre insuperbisce.”



Nel Settecento anche gli illuministi ribadirono la necessità di abolire dalla tavola i sapori forti e il cibo pesante e molto elaborato, in favore di un cibo improntato sulla finezza e sulla leggerezza. Come scrisse Pietro Verri sul “Caffè”, periodico italiano pubblicato dal giugno 1764 al maggio 1766: “nessun cibo d’odor forte è ammesso alla nostra mensa”.


Quali sono le facce dell’alimentazione del Settecento?


Gli ultimi retaggi della cucina medievale vennero definitivamente abbandonati. Il ruolo scenico del cibo assunse un aspetto fondamentale. Sono proprio tipici di fine Seicento e del Settecento i grandi allestimenti, le strabilianti composizioni di alimenti di ogni genere. Ma anche il trionfo dei servizi di credenza.


Aspetti diversi legati al cibo. A. IL CIBO DOCUMENTATO DAL VIAGGIO.

Il Grand Tour → viaggio culturale e formativo dei giovani appartenenti alle famiglie di alto rango per apprendere e scoprire i vari aspetti del sapere, ma anche l’arte e le caratteristiche dei vari paesaggi incontrati. In un primo momento questo viaggio comprendeva le più rappresentative città del Sud Europa, poi si spostò via via a quelle d’Italia; pratica che durò fino a gran parte dell’Ottocento.


Questi viaggi produssero scritti e rappresentazioni figurative che documentarono gli aspetti legati al modo di vivere del popolo e dei ceti bassi (spesso, tuttavia, in modo negativo). Ăˆ il caso, per esempio, del modo di mangiare e, piĂš in generale, degli aspetti legati al cibo. Attraverso l’osservazione di stampe e disegni si possono ricostruire i modi ed usi alimentari, ma anche le modificazioni del gusto e delle modalitĂ di preparazione.



B. CIBO E SCIENZA

L’arte della conservazione che durante il Medioevo ebbe una connotazione famigliare e rurale si evolse e crebbe nel Settecento. L’Illuminismo diede un forte contributo all’attenzione, dal punto di vista scientifico, al grande mondo alimentare.


C. CIBO E LE ARTI.

L’arte documenta (come del resto lo ha fatto nei secoli precedenti) i diversi aspetti legati al cibo. . Cibo e miseria. . Cibo e ricchezza. . Cibo, mode ed esotismi. . Cibo e assetto sociale.


Ma la presenza del cibo nel mondo artistico non si ferma certo qui, un esempio su tutti sono le opere di Carlo Goldoni. Nelle sue opere teatrali il cibo è presente ed assume un ruolo rilevante sotto più aspetti. L’analisi di questo legame ci fornisce spiegazioni interessanti non solo sugli aspetti alimentari della Venezia del Settecento ma, aspetto ben più importante, sul suo ruolo all’interno della società.


Nel Settecento il primato commerciale della Serenissima era definitivamente decaduto. Altre potenze divennero il fulcro dei commerci e quindi i nuovi poli economici. L’impossibilità di accettare questa decadenza economica si tradusse, dal punto di vista gastronomico, nel desiderio quasi spasmodico di esibire ricchezza, sfarzo e disponibilità economiche.



Gli aspetti appena esposti non erano tipici solo dei ceti elevati, ma di tutta la società . L'orgoglio di una Venezia che, nonostante non fosse piÚ da tempo il perno del commercio, si manifestava a tavola nella volontà di esibire la propria potenza, è bene descritta per esempio dalle parole dell'oste di "Chi la fa l'aspetta" (1764): "La comanda, e non la dubita gnente. Semo a Venessia, sala! No ghe nasse gnente, e ghe xe de tutto, e a tute le ore, e in t'un batter d'occhio se trova tutto quel che se vol. La comandi!"


D. CIBO E AGRICOLTURA.

Mutamenti e miglioramenti si verificarono anche in ambito agricolo, soprattutto nella seconda metà del Settecento. Attraverso la cosiddetta “rivoluzione agricola” fu possibile aumentare la produzione dal punto di vista fisico e di valore di mercato attraverso l’aumento dei rendimenti della terra e della produttività del lavoro. Non va sottovalutata perché fu uno dei fattori fondamentali che permisero la rivoluzione industriale e gli importanti cambiamenti che ne derivarono (anche dal punto di vista alimentare).


Nuove prospettive ‌ Ăˆ importante segnalare due aspetti che furono poi determinanti per gli sviluppi successivi del mondo alimentare: Coerentemente con quanto appena affermato, il modo di alimentarsi mutò molto, soprattutto per i ceti bassi; inoltre, con la rivoluzione industriale (come vedremo nel prossimo incontro) l’industria alimentare ebbe un forte sviluppo, accentuato anche dalle prime scoperte scientifiche legate ai metodi di conservazione.


Tornando alla Rivoluzione Francese, con la decadenza delle famiglie nobili cittadine, molti cuochi rimasti senza lavoro crearono spazi pubblici dove la loro arte potesse soddisfare un numero sufficiente di avventori per permettere la loro sopravvivenza. Prerogativa culturale e sociale importante per la diffusione dei ristoranti nel XIX secolo.


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