L'Albero della Gastronomia: Il medioevo a tavola - seconda parte

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Il Medioevo a tavola Alimentazione, cultura, società e ‌ arte!


Parlare dell’alimentazione durante il Medioevo vuol dire trattare un argomento molto vasto in cui entrano in gioco numerose variabili date dalla societĂ , dalle mode e dagli influssi di altre culture. Cercheremo di concentrarci su alcuni aspetti salienti che furono tra le colonne portanti di un sistema molto complesso e articolato che influenzò inevitabilmente anche la cucina dei secoli successivi ed è presente, in forme diverse, anche oggi.


Agrodolce e cultura dell’artificio. Inevitabili influenze di alcune caratteristiche della cucina dell’antica Roma. Logica del “temperamento degli opposti” e commistione dei sapori, applicata anche in funzione del territorio e influenzata da numerosi fattori di natura culturale e sociale. Collegate a questa logica è possibile identificare il consolidamento di due tendenze opposte: 

Italia→ affermazione del sapore dolce su tutto 

Francia→ affermazione del sapore agro


Rispetto all’epoca romana in cui l’agrodolce era costituito prevalentemente dall’abbinamento dell’aceto al miele, tale pratica divenne molto più articolata durante il Medioevo. In sostanza a questi prodotti se ne aggiunsero altri che resero i sapori ancora più complessi e sofisticati. L’abbinamento dei vari prodotti (come si vedrà in seguito) non aveva solo esclusivamente finalità gustative, ma rispondeva alle norme dettate dalla scienza medica.


Agresto→ ottenuto da succo di uva acerba, agrumi o succhi che per loro natura erano agrodolci (melagrana) Dolce→ ottenuto per molto tempo da miele, datteri e uva passa. Con la scoperta della canna da zucchero, importata in Sicilia dagli arabi e fortemente incentivata da Federico II, si realizzò un vero punto di svolta. Il suo uso fu accompagnato da quello di mandorle e nocciole per addensare e addolcire ulteriormente.


Ad onor del vero, indubbiamente il contatto con la cultura araba ebbe un grande incentivo nel recupero e rafforzamento della predilezione per il sapore agrodolce, aspetto attestato dai ricettari di matrice trecentesca. Rispetto al gusto dolce che divenne una vera e propria moda e simbolo di lusso e sfarzo, quello agrodolce fu visto successivamente come un’alternativa proposta dai ricettari dell’epoca. “Se vuoi farla agrodolce, aggiungi succo di cetrangoli e zucchero” . Alternativa proposta dal “Liber de coquina” alla preparazione della zuppa di pesce (autore sconosciuto, XIII – XIV secolo circa).


Occorre nuovamente ribadire che le scelte dei vari sapori da conferire ai cibi erano variabili da territorio a territorio e da tradizione a tradizione. A questo proposito va precisato che la cucina medievale, in particolare quella del XIV secolo, era molto attenta all’uso dei sapori a seconda dei casi specifici. Esempio: per le gru la maggior parte dei ricettari prescrivevano una preparazione agrodolce, per il pavone solo agra.


Implicazioni sociali importanti: mentre il gusto “agro” era presente (chiaramente in misura diversa) in tutta la società, quello dolce divenne simbolo di prestigio sociale e disponibilità economiche, in particolar modo se prodotto attraverso l’uso dello zucchero, alimento molto costoso che non tutti potevano permettersi. Tuttavia occorre precisare che anche gli ingredienti con cui veniva preparato un condimento agro potevano essere un mezzo di distinzione sociale: al Nord, gli agrumi importati dal Sud Italia avevano un prezzo non accessibile a tutti; diverso era il discorso sull’aceto, che ogni contadino poteva prepararlo in casa.


Dagli ideali guerrieri alla societĂ€ cortese. Ăˆ giĂ stato spiegato che il processo di integrazione del modello culturale nordico con quello mediterraneo non fu facile e determinò importanti cambiamenti culturali, sociali e valoriali, anche dal punto di vista alimentare.


Il cambiamento di tutti questi aspetti riguardanti la vita umana non fu di certo automatico, ma graduale. Occorre ricordare bene che gli aspetti culturali assunsero un ruolo molto importante. Gli stessi che, quasi parallelamente, posero la carne ai vertici dei sistemi valutativi.


Non a caso i manuali di dietetica posteriori al V secolo riservarono attenzioni importanti nei confronti della carne. Un autore come Antimo, greco di origine ma vissuto alla corte di Ravenna di Teodorico (re dei Goti), nel suo “De observatione ciborum” dedicò uno spazio notevolissimo alla carne, nello specifico al maiale, di cui l’autore si soffermò a spiegare anche le differenti modalità di cottura delle varie parti.


Come si tradusse tutto ciò dal punto di vista sociale?

Agli occhi dei ceti dominanti era un valore essenziale: simbolo di potere, forza e vigore, capacità di combattere e, cosa assolutamente fondamentale, legittimazione del potere.

Astenersi dal consumo di carne era sinonimo di emarginazione ed esclusione da una fetta importante della società: quella dei forti.

I capitolari franchi mettevano sullo stesso piano la deposizione delle armi e l’abbandono del consumo di alimenti carnei.



Non era tuttavia solo una questione sociale e valoriale, anche il pensiero scientifico dell’epoca riservava alla carne particolari attenzioni perché la considerava come l’alimento più idoneo all’alimentazione umana. È chiaro che la supremazia del pane decadde quasi inevitabilmente, e con lei tutta la scala valoriale e simbolica che ne deriva. Per le motivazioni citate nel precedente punto, tutto il resto era visto (e concepito) come un surrogato, avente valore nutritivo e simbolico inferiore.


In questo complesso sistema “carneo” il ruolo principale non era solo del maiale, ma anche della selvaggina e, di conseguenza, della caccia. Quest’ultima era la caratteristica primaria del nobile valoroso perché riflesso dell’arte della guerra, l’unico suo vero mestiere. Molte opere letterarie o testi dell’epoca confermano quanto appena affermato.


Di riflesso la tavola agli inizi del Medioevo era colma di selvaggina, soprattutto quella di grossa taglia. La carne di piccola taglia (soprattutto i volatili) e gli animali da cortile erano lasciati generalmente ai poveri, perchĂŠ considerati piĂš “leggeriâ€? e quindi meno pregiati di quelli legati alla nobile e sanguinosa arte della guerra.



Il sistema di pensiero appena descritto iniziò a scomparire con l’affermazione della nobiltà cortese, che rivendicava come segno di affermazione e distinzione sociale non più gli ideali sanguinari connessi alla caccia, ma la raffinatezza del vivere e del convivio. Di conseguenza anche l’attenzione dei ricettari subì una mutazione delle proposte gastronomiche. L’inversione di tendenza avvenuta ebbe inevitabilmente ripercussioni sui consumi della società: le carni sanguinolente frutto della caccia vennero lasciate al popolo e i volatili dalle carni magre e leggere diventarono i nuovi simboli della nobiltà.


Nel Basso Medioevo la riduzione dei boschi e lo sviluppo delle prime forme di zootecnia, contribuirono a conferire un tono spiccatamente rurale e domestico all’allevamento del suino. Quest’ultimo perse il suo ruolo centrale divenendo cosÏ uno dei simboli dei ceti inferiori.



In territorio italiano i cambiamenti appena esposti furono affiancati ad un sempre piÚ accentuato (e progressivo) gusto per la carne bovina, testimoniato anche dai ricettari. Contrariamente a ciò che oggi si può pensare erano molto consumate anche le frattaglie, che non venivano considerate come uno scarto o delle parti di seconda scelta, tanto che i ricettari vi dedicano numerose preparazioni.


Cucina e medicina: un saldo matrimonio.

La combinazione della cucina con la dietetica e, in generale, con la scienza medica è un aspetto che non va sottovalutato perché insito nelle pratiche culinarie delle civiltà del Mediterraneo e presente, in forma più marcata, durante il Medioevo.


Medicina premoderna→ spesso definita “galenica”, in onore del medico romano Galeno (I sec. d. C.) i cui principi riprendevano gli insegnamenti di Ippocrate e furono utilizzati oltre il XVII secolo. Essa si fondava sul principio che ogni essere vivente possedeva una particolare natura, data dalla combinazione di 4 fattori che erano abbinati a coppie: caldo/freddo; secco/umido. Questi a loro volta erano determinati dai quattro elementi (fuoco, aria, terra, acqua) che costituivano l’Universo.


Lo stato di salute dell’essere umano si realizzava quando questi elementi erano in equilibrio tra di loro. Nel momento in cui uno prevaricava sull’altro potevano insorgere determinate patologie. Fattori ambientali, climatici, legati agli stili di vita o ai lavori svolti e, non da ultimo, all’alimentazione, potevano essere elementi che turbavano questo equilibrio. La cucina aveva un ruolo chiave, in quanto era l’arte di manipolare i cibi e modificarli con lo scopo di renderli adatti al consumo e all’individuo, sia che fosse sano o malato.


Le tecniche di cottura e le modalitĂ di abbinamento erano essenziali. Su questi due aspetti si fondava il pensiero medievale legato alla cucina come “artificioâ€?, il cui scopo non era di esaltare il gusto del singolo ingrediente ma di correggerlo e modificarlo.


È proprio in questa logica che si inseriscono le indicazioni molto dettagliate pervenuteci dai manuali dell’epoca. Esempio→ carni Se erano secche (cioè di un animale vecchio) andavano bollite per ripristinare il carattere umido perduto; se invece umide (di animali giovani) andavano arrostite. Vi dice niente il proverbio “gallina vecchia fa buon brodo”?!



Esempi abbinamento: formaggio con le pere, crudo e melone, pere cotte al vino rosso. Anche le salse avevano un ruolo fondamentale perchĂŠ avevano lo scopo di rendere le pietanze piĂš digeribili e gustose. Altro aspetto importante è che i cibi dovevano risvegliare i succhi digestivi attraverso il piacere di mangiare. L’apparato digestivo era concepito come una sorta di pentola in cui i cibi venivano cotti.



In modi e forme diverse le norme dietetiche erano note a tutta la societĂ ; chiaramente la conoscenza di tutti gli abbinamenti fondamentali era un segno di distinzione sociale. Presso i ceti elevati il “maestro si salaâ€? o scalco, contribuiva assieme alla cucina a definire i giusti abbinamenti. (oltre che porzionare i grandi pezzi di carne)


Cibo e tempo liturgico. Il legame tra il cibo e la religione era molto forte. Nel tessuto sociale medievale fortemente carnivoro erano presenti 140/160 giorni di magro all’anno. Aspetto molto importante, se si considera il valore che veniva attribuito (soprattutto durante i primi secoli) al consumo di carne. Non a caso i monaci (inizialmente e in forme diverse a seconda degli ordini), gli eremiti e gli asceti vedevano la rinuncia al consumo di carne come un atto di rifiuto delle vanità mondane e della società .



Le motivazioni della rinuncia della carne sono molto complesse e non si esauriscono solo nella simbologia religiosa o di natura prettamente penitenziale, ma si legano alla persistenza di un’immagine pagana legata al consumo della carne e rafforzata dalle teorie mediche dell’epoca che sostenevano che l’eccesso di consumo di alimenti carnei stimolava la sessualità .


Necessità di cibi alternativi: legumi, formaggio, uova e pesce. In realtà inizialmente quest’ultimo era escluso dagli alimenti permessi nei giorni di magro, venne accettato solo in un secondo momento e col passare dei secoli ne divenne uno dei simboli più conosciuti.

Dalla dieta quaresimale venivano esclusi solo i pesci “grassi”, ovvero gli animali marini di grandi dimensioni (balene, delfini,…) le cui carni erano assimilate a quelle degli animali terrestri.


Aspetti culturali e artistici connessi a questo tema

A.

Lotta tra Carnevale e Quaresima

B.

Rappresentazioni artistiche legate al consumo alimentare proibito/permesso.

C.

Nascita di sistemi complessi legati all’allevamento e alla preparazione dei pesci.

D.

Temi connessi ai due periodi (es. fame e abbondanza).

E.

Contributo di questo sistema alimentare alla formazione di un nuovo modello culturale e gastronomico.






Le differenze sociali.

La società medievale è sempre stata molto attenta a marcare le differenze sociali. Potere e disponibilità economiche sono sempre state due caratteristiche da esibire e ostentare; questo soprattutto in campo alimentare (ed anche attraverso esso), chiaramente in modi diversi.


A.

Utilizzo di materie prime costose.

B.

Consumo di prodotti freschi e fuori stagione.

C.

Abbondanza esibita durante banchetti e ricevimenti.

D.

Conoscenza delle norme dietetiche e di abbinamento.

E.

Uso di utensili preziosi.

F.

Modo di mangiare smodato (primi secoli).






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