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noa
«Povera te» dice Noa guardandomi con i suoi occhi verdi.
Nessuno ha occhi più verdi e più buoni della mia migliore amica. La amo! E lei ama me. Mi ama anche quando sono acida. E io la amo anche quando è noiosa e non vuole fare niente. Siamo come gemelle omozigote. Sulle questioni importanti la pensiamo allo stesso modo. Il nostro animale preferito è il delfino e da grandi vogliamo diventare addestratrici di delfini. Ci scappa sempre la pipì e prendiamo sempre le stesse malattie nello stesso momento e a tutte e due piace togliere le crosticine alle ferite. Io tolgo le crosticine a Noa e lei le toglie a me.
Lucas, il mio fratello maggiore, dice che facciamo schifo allo stesso modo.
In realtà Noa si chiama Nora, ma quando ero piccola non riuscivo a dire la r e da allora tutti la chiamano Noa.
Non c’è nulla che Noa non sappia di me. Nulla che io non sappia di lei.
«Perché?» domando sorpresa. «Perché “povera me”?»
«Non lo sai?» chiede Noa.
«No. Non sto capendo niente».
«Perché la tua mamma sta per morire». Gli occhi verdi di Noa si spengono e le viene la faccia tutta triste.
«No che non sta per morire».
«L’ho visto ieri. Al Galà del Cancro. Però la mamma mi ha detto che non dovevo dirti niente».
Guardo Noa per vedere se sta scherzando. Anche se sarebbe davvero uno scherzo pessimo. Noa però non sembra per niente ridanciana.
«Lo ha detto lei stessa, ieri in televisione».
«No che non lo ha detto».
«Sì, invece».
Sembra sul punto di scoppiare a piangere.
«Sarà la tua, di mamma, che sta per morire» dico dandole una spinta forte.
La spingo talmente forte che cade all’indietro. In una pozzanghera. Poi le do un calcio su una gamba.
«Ti odio!» grido. E le do un altro calcio.
Noa si mette a piangere. E alcuni nostri compagni di classe vanno a chiamare un guardiano della ricreazione.
Corro via prima che arrivi il guardiano. Via dalla scuola. Via da Noa. Via. Via. Via.
Il cuore batte rotto.