Libretto ex voto

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Gli ex voto

del Santuario di Roveleto di Cadeo

a cura di Maurizio Sesenna


Gli ex voto

del Santuario di Roveleto di Cadeo

a cura di Maurizio Sesenna


Comune di Cadeo

Un sincero grazie a Dino Molinari, restauratore dei dipinti, per il prezioso aiuto prestato. Don Umberto Ciullo, parroco del santuario Beata Vergine del Carmelo e avv. Marco Bricconi, sindaco del Comune di Cadeo, per avere da subito creduto nell’iniziativa.

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Le immagini relative al santuario sono tratte dagli archivi di Dino Molinari e Paolo Morlacchini Progetto grafico Stampa Tipolito Farnese - Piacenza


Il senso di un ex voto Il volume che avete tra le mani è una pubblicazione unica nel suo genere per la nostra diocesi e forse anche per una porzione più ampia di territorio. Per questo ho accolto con molto favore la proposta della sua realizzazione, unitamente alla mostra degli ex voto del nostro santuario. Con altrettanto favore mi accingo a due semplici riflessioni. Gli ex voto parlano di gratitudine. Una parola così bella, così feconda e a volte troppo trascurata. Dire grazie è apertura del cuore. E dietro ogni ex voto c’è una vita intera fatta di “grazie”. Ma gli ex voto parlano soprattutto di fede. Esattamente di fede più che di devozione. Agli spiriti troppo razionali, alle menti tutta scienza e praticità suscitano allergia. Fanno pensare alla superstizione, o ad una visione della vita troppo fanciullesca. Effettivamente potrebbero dare adito a tutto ciò. Ma a considerarli nella loro completezza essi esprimono non il carattere esteriore e miracolistico della fede ma quello, decisamente più genuino e forte, della sua quotidianità. Del fatto cioè che Dio e la Vergine Maria accompagnino le nostre fatiche di ogni giorno. È precisamente questa intuizione a restituirci il tratto marcatamente spirituale di questo volume del quale auspico la lettura e la visione. Don Umberto Ciullo

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Il passato, prezioso forziere delle nostre radici e della nostra odierna identità. Un popolo che ignora il proprio passato non saprà mai nulla del proprio presente Indro Montanelli Passato, un tempo lontano, a volte anche perduto, e non più di attualità. Sono questi i significati che la grammatica italiana ci suggerisce, ma passato è un termine che evoca significati che vanno ben oltre a quello letterale: passato è il forziere delle nostre radici, della nostra identità territoriale e delle potenzialità che ci permettono di avere un futuro. Per questo l’Amministrazione Comunale di Cadeo ha accettato con piacere di supportare la nascita di questa pubblicazione, ha accettato la sfida nel metterci la faccia per invitare i cittadini a riscoprire, attraverso gli ex voto del santuario mariano, un pezzo della nostra storia e di noi. Non per essere nostalgici né sostenitori dell’ “era meglio quando era peggio”, ma vivendo in un’ era digitale, improntata sulla velocità e sul valore assoluto del presente, la nascita di una collettività immemore, centrata solo sul presente, è un rischio che purtroppo si corre. Soprattutto se si pensa a ragazzi e giovani. Il fare memoria è troppo importante per essere relegato agli addetti del settore; il fare memoria è strettamente legato alla nostra identità, personale ma anche territoriale. L’identità di un territorio è data da un processo in continuo movimento che mette in dialogo tra loro la storia, la rete delle relazioni e la capacità di creare un futuro. Importante è quindi il tassello di base, il recuperare i frammenti del passato e dare loro ordine, ma altrettanto indispensabile è il potente collante che ci permette di costruire un’identità nostra, collettiva: la rete delle relazioni. Così, a Cadeo, non si può parlare di reti senza pensare all’identità territoriale che si nutre della presenza di chi ci sta accanto, a chi grazie a spontanee relazioni orizzontali, rafforza relazioni e tramanda con forza tradizioni, usi e radici; perché identità collettiva è condivisione, reciprocità, senso di appartenenza, bisognosa di segni e memorie in cui potersi riconoscere. Il passato, e la cultura insita in esso, sono essenziali, sono lo step da cui partire per rigenerarci ed evolvere. Un passato che non deve ancorare ad un tempo che non ci appartiene più e in esso affossarci come una zavorra; ma un passato che ci apre, ci aiuta ad intuire nuove vie e, nel momento in cui ne facciamo memoria, ci traghetta verso il futuro. Un passato, quello legato agli ex voto, che ha tanto da insegnarci per vivere pienamente il futuro: i “quadretti votivi” ci parlano di un ieri non troppo lontano in cui il nostro paese era al centro della devozione mariana che si esprimeva anche con richieste di aiuto e con ringraziamenti per essere stati ascoltati; sono concrete testimonianze di una fede legata al territorio, alla nostra campagna, ma anche alla via Emilia che attraversa la nostra comunità, che le ha dato linfa vitale, ma anche tanti eventi tristi. Quale insegnamento ci consegnano? Quei valori “sacri”, ma che la società attuale ha un po’ dimenticato, quali la fiducia e la riconoscenza che questa pubblicazione riesce a far emergere. Non scordiamo mai che il nostro territorio ancora oggi ha grandi potenzialità che occorre sviluppare e supportare. Questa pubblicazione ne è un esempio. Il Sindaco avv. Marco Bricconi L’assessore alla cultura prof.ssa Maria Lodovica Toma

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Prefazione Grazie al fattivo interessamento del parroco e della comunità di Roveleto di Cadeo, nel 2010 ha preso avvio il restauro del santuario della Beata Vergine del Carmelo che ha interessato tutte le superfici esterne ed interne con il ripristino del pregevole apparato decorativo di Cesare Cappelli e che si è concluso con il recupero di circa 50 degli ex voto che ne ricoprono le pareti. Un’ iniziativa lodevole, gesto di rinnovata fede e gratuità, che conferma dell’attaccamento alle proprie origini attraverso il recupero di un manufatto di indubbio valore ecclesiale, sociale e culturale. Altrettanto meritevole è la volontà della galleria Rosso Tiziano, ad ormai tre anni dalla conclusione dei restauri, di organizzare una mostra sugli ex voto del santuario, occasione unica per riscoprire questi testimoni silenziosi di una devozione trascorsa, documenti di una sensibilità religiosa che forse solo in apparenza sembra non appartenere più all’uomo d’oggi. Ma andiamo per ordine e con grande sintesi. Ex voto è una locuzione latina derivata dall’ellissi di ex voto suscepto, “secondo promessa fatta”, indicando in questo modo il ringraziamento ad una divinità per una grazia ricevuta. L’ ex voto è l’espressione esterna, rituale, sacrificale del sentimento religioso di un individuo o di una comunità. Sacrificando qualcosa l’individuo compie un atto sacro, un atto di culto. Gli antropologi rilevano come questo bisogno sia da sempre insito nell’uomo ed in tutte le religioni. I primi ex voto nel cristianesimo sono rinvenibili già dal VI secolo ed hanno fortemente caratterizzato tutta la storia del cristianesimo stesso. Molte sono le chiese della nostra diocesi che nel medioevo assistono ad una progressiva decorazione delle pareti delle navate con affreschi prevalentemente dedicati alla Madonna o santi della tradizione locale, per grazia ricevuta. A seguito della controriforma gli ex voto paiono qualificarsi come elemento “nobile”, tale da richiedere commissioni ad artisti e scuole affermati, occasione di rivalità per le famiglie signorili. Con il passare dei secoli ed in modo particolare con l’impostazione metodologica ottocentesca, finisce per prevalere la matrice “rurale”, con una particolare attenzione alla campagna, ad un‘arte “povera”, prodotti di artigianato modesto e di piccola bottega. Le immagini ci raccontano di scene di vita quotidiana, dal vestiario ai costumi, dall’arredamento ai mezzi di trasporto, ci raccontano di incidenti sul lavoro. Una finestra sugli usi di ogni epoca, terreno di ricerca fertile per studiosi di arte, storia, sociologia, iconologia.

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L’ ex voto diviene attestazione dell’irruzione del divino nella vita dell’uomo. L’uomo sofferente, in preghiera, cerca nel divino il gesto misericordioso salvifico. La promessa fatta nel voto non ha il carattere delle promesse umane poiché nel momento in cui viene elevata a Dio l’utilità ricade su di noi. In questo modo il voto sostiene la volontà dell’uomo rendendola ferma nella pratica del bene. Per la sua immediatezza l’ex voto rappresenta uno dei modi di mediazione con il soprannaturale più antichi e diffusi, segno di fede che diviene immagine. La somma di queste immagini, che attestano in modo particolareggiato la grazia ricevuta poste una fianco all’altra all’interno del santuario, ha il preciso scopo di rendere quel luogo fonte di potenza verso il quale si è ritualmente attratti. Il santuario diviene in questo senso il luogo ove l’amicizia tra Dio e l’uomo si fa presenza, ove si rende esplicito l’intervento di Dio nella vita dell’uomo che lo prega, luogo ove l’intervento divino benefico e definitivo interrompe le leggi della natura e della fisica. Ecco allora che nel santuario di Roveleto gli ex voto così accuratamente restaurati, continuano a svolgere quel ruolo di pro memoria dei fatti eccezionali accaduti, hanno la pretesa di avvertire, ricordare e riportare alla memoria eventi che espandono la contemporanea concezione razionalistica del mondo finito, per essere ancora capaci nell’oggi di accogliere l’oltre e l’Assoluto. Manuel Ferrari

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La vita in pericolo negli ex voto UNA MOSTRA ATTESA È da tempo che Maurizio Sesenna pensa a una mostra sugli ex voto del santuario della Madonna di Roveleto, che conosce da sempre e sente familiare; ora è giunta l’occasione di riunire e mettere in evidenza questa particolare raccolta di testimonianze devozionali, di notevole significato umano e sociale, ma anche di rappresentazione pittorica artigianale e popolare. La mostra segna una ulteriore tappa nel percorso virtuoso dello Spazio Rosso Tiziano, che in 26 anni di attività ha offerto, al pubblico piacentino e non, innumerevoli opportunità di fruizione prevalentemente di arte contemporanea nelle sue più svariate e inaspettate versioni; per dirla tutta, in questo prestigioso e suggestivo spazio della chiesa medioevale intitolata ai Santi Nazzaro e Celso sono passati molti artisti (quasi tutti quelli piacentini) per presentarsi agli esordi o per offrire belle e significative retrospettive delle loro produzioni, nelle oltre 230 mostre organizzate. Un grande servizio culturale alla comunità per l’aggiornamento sullo stato dell’arte e per l’educazione del gusto e della capacità interpretativa del pubblico; un qualificato servizio che a volte ha integrato, a volte ha sostituito le iniziative pubbliche e istituzionali. Nella elegante pubblicazione per il 25° anno dell’apertura di Rosso Tiziano sono racchiuse tutte le indicazioni sulla feconda attività della galleria e la presentazione di ogni singola mostra tenutasi a partire dal 1989, ma anche di manifestazioni teatrali, musicali e culturali. In questa sede non si possono non ricordare alcuni grandi eventi artistici recenti successivi all’iniziale memorabile antologica di De Pisis, mostre fortemente impegnative come Foppiani e i piacentini del fantastico (la Scuola di Piacenza contemporanea), Piacenza terra di frontiera (la cultura pittorica tra Sei e Settecento) e L’arte di Paolo Perotti (antologica del più produttivo scultore piacentino), tutti sostenuti da cataloghi fondamentali, che hanno prospettato sullo scenario storico-artistico piacentino ritrovando tutte le sue nervature, i suoi caratteri distintivi. Maurizio Sesenna si è ha fatto da solo, non ha chiesto niente a nessuno, ha investito decisamente nella cultura e gliene siamo sinceramente grati, come a un mecenate; anche se i patrocini onorifici non entrano nel bilancio, lui va sempre avanti, ci mette del suo con una potente motivazione di

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fondo che non ci si aspetterebbe da una persona così discreta, di poche parole, ma resa autorevole e temibile per la sua contenuta e didattica ironia, per la sua realistica, disincantata visione del mondo. Aver mantenuto l’attività espositiva in questi anni tristi e depauperati, in cui il mercato si è fermato, è stato un grande atto di coraggio, un gesto esemplare di fiducia nella cultura e nell’arte e un impegno sostenuto dalla coerenza con il progetto iniziale. La stessa considerazione vale anche per il mantenimento della preziosa struttura medioevale: ha fatto tutto quello che si poteva fare, in tre interventi importanti, per salvaguardare un monumento e riaprirlo al pubblico ed è ora in attesa del parziale contributo statale promesso prima dei restauri delle facciate, restituite alle forme originarie e di piena fruizione visiva da parte di tutti, secondo il progetto approvato e collaudato. GLI EX VOTO E IL PERICOLO DI VITA Tutto ciò premesso, la mostra degli ex voto nella chiesa dei SS. Nazzaro e Celso di Rosso Tiziano acquista un ulteriore peso culturale per la sua unicità e la sua importanza socio-culturale, umile settore della rappresentazione pittorica poco conosciuto o trascurato. Il termine ex voto, cui è sottinteso suscepto (intrapreso, accolto), deriva dal latino votum (promessa, preghiera, desiderio) ed è un’espressione individuale resa pubblica e attestante il ricevimento di una grazia, di un intervento sovrannaturale o extranaturale a seguito dell’invocazione rivolta a una divinità; in italiano corrente e recente la locuzione è sostituita da Per Grazia Ricevuta (PGR). Dall’antichità proviene questa attestazione di riconoscenza, che consisteva nel riprodurre una parte del corpo guarita o nell’indicarla, e giunge nell’evo moderno per esprimere la devozione e la gioia dopo un pericolo di vita superato, descrivendole nella prevalente forma pittorica; dalla seconda metà del Quattrocento si radica la devozione alla Madonna, alla quale vengono attribuiti molti eventi miracolosi e testimoniati da tavolette dipinte con la raffigurazione della disgrazia vitale superata, e si concentra in alcuni santuari mariani come quelli della Madonna della Quercia a Viterbo, della Madonna dell’Arco nella vesuviana Sant’Anastasia, della Consolata a Torino, della Madonna dei Fiori a Bra, della Madonna del Deserto a Milllesimo presso Savona, della Madonna delle Grazie a Curtatone (presso Mantova), di Nostra Signora del Boschetto a Camogli, con testimonianze specificamente marinare, della Madonna della Milicia ad Altavilla presso Palermo, con ex voto dal sec. XIX. La devozione alla Madonna, come principale intercedente presso Dio prima ancora dei santi, in quanto più autorevole come Madre di Dio e quindi dell’umanità redenta, connotata con il Bambino Gesù in braccio, si diffuse in Italia notevolmente dopo la controriforma del Concilio di Trento, che impose dovunque una religiosità intensa e ostentata a tutto campo e il ruolo centrale della Madonna. Forse nel periodo medioevale la presenza dell’orante, committente dell’opera scultorea o dipinta, va interpretato come devoto che ha avuto beneficio e dedica la proiezione figurativa erga omnes. La tavoletta dipinta con l’episodio salvifico, l’oggetto richiamante la guarigione (frequentemente la riproduzione di un arto, una stampella), o il cuore in lamina d’argento o il gioiello donato possono avere una consistenza materiale modesta e scarsa importanza artistica, ma il loro valore è il significato attribuito dal beneficato, che corrisponde a una richiesta di intervento soprannaturale esaudita, all’euforia della ritrovata salute e alla conseguente frequentazione del santuario. La disposizione teatrale delle statue in cartapesta sotto il cornicione del santuario della Madonna delle Grazie di Curtatone è un unicum nella vasta panoramica degli ex voto.

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LA DEVOZIONE MARIANA AL SANTUARIO DI ROVELETO Le origini del santuario di Roveleto vanno ricondotte all’azione di un cittadino di Piacenza, che nel 1676 fece erigere a sue spese, sul bordo della via Emilia presso un suo podere a Roveleto, una piccola nicchia facendo dipingere una Madonna del Carmelo con i santi Giuseppe e Francesco, suo protettore. Fu un’icona che, proprio perché posta su una via di grande transito, ricevette l’attenzione di molti pellegrini e passanti, che lasciavano elemosine e donativi. Tre anni dopo la nicchia fu racchiusa in una cappellina (un mistadello si direbbe oggi in piacentino o un sacello si diceva in antico) con un altarino e un cancello che permetteva la vista del dipinto e il deposito delle offerte, in continuo aumento anche per iniziativa diffusa di nobili piacentini. Nella metà del secolo successivo si diede inizio alla costruzione del santuario a lato della cappellina, il cui dipinto fu trasferito poi sul presbiterio e che continuò a essere oggetto di culto. Gli ex voto conservati nel santuario, recentemente restaurati, seguono alcune tematiche che riguardano la sopravvivenza a una malattia grave oppure a improvvisi incidenti domestici o stradali, l’incolumità dopo la guerra oppure dopo naufragi o lunghe navigazioni. Solitamente la rappresentazione raffigura la persona nello stato immediatamente precedente al miracolo (il malato a letto, l’incidente stradale appena avvenuto, l’agguato nel momento culminante, l’infortunio sul lavoro) e l’incombente presenza della benevola Madonna con il Bambino in un riquadro sovrastante contornato nel cielo; è frequente, nel caso di malattie, la presenza di un familiare orante a mani giunte, che si rivolge alla Madonna apparsa oppure il gesto del malato stesso che invoca la guarigione. L’esecuzione degli ex voto era solitamente affidata ad artigiani locali, che avevano bottega nei pressi del santuario o si tenevano a disposizione richiedendo un compenso abbordabile; usavano una tecnica pittorica semplice, schematica e una raffigurazione di immediata presa popolare; solo in alcuni rari casi gli ex voto sono realizzati da artisti valenti, ma il valore suggestivo di questi dipinti è determinato proprio dalla dimensione popolaresca e folklorica. Stefano Pronti

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Significato teologico degli ex voto Gli ex voto appartengono alla Religiosità popolare (Rp) e non sono un prodotto esclusivo del cristianesimo perché affondano le loro radici nella notte dei tempi. La Rp è un fenomeno magmatico, multiforme, trasversale, ambiguo quindi di difficile definizione, che ha dato luogo a molteplici interpretazioni, tutte legittime e tutte relative agli interessi parziali degli osservatori. Così a livello sociologico si sottolinea spesso il rapporto con l’istituzione religiosa di riferimento, rinvenendo nella Rp un caso classico di conflitto tra potere ecclesiale e classi subalterne. A livello psicologico l’attenzione cade sulle dinamiche rassicuranti degli oroscopi, dei tarocchi, della chirologia, o sul bisogno di liberazione dalle proprie ossessioni con esorcismi. Sul versante più prettamente religioso vi sono rapporti controversi tra la Chiesa e la RP: dalla collaborazione positiva nelle feste patronali, alla diffidenza per alcune forme rituali, alla richiesta di maggior monitoraggio richiesto ai parroci di fronte ad alcune manifestazioni religiose con infiltrazioni mafiose. Il nostro personale punto di vista teologico-pastorale tenta di evitare posizioni apologetiche o eccessivamente riduzionistiche per guadagnare un giudizio più sfumato circa la complessità RP. Da quando il Concilio Vaticano II ha adottato il metodo pastorale, che, accanto alle credenze interne, tiene anche le ragioni critiche esterne, si legittima un metodo teologico con l’uso delle scienze umane per allargare l’orizzonte delle proprie ipotesi di lavoro. “Ex voto” esprime un vincolo che il fedele contrae con una divinità in seguito ad una sua richiesta esaudita. Chi fa un voto è “impegnato” (reus), come “beneficiario” di un contratto. Se il dio lo esaudisce, allora è “obbligato per clausola di contratto” a compiere il suo voto (damnatus). La liberatoria avviene soddisfacendo l’obbligazione contratta, altrimenti il dio potrebbe risentirsi e mandare malefici. Il vincolo del voto è uno dei più antichi modi di stabilire il rapporto religioso. In una lapide votiva del V secolo, ritrovata nel tempio di Esculapio al Pireo, si vede Esculapio con la dea della salute Igea che impone le mani su una malata. I parenti pregano come il gruppo che ha offerto l’ex voto di ringraziamento. Normalmente le invocazioni di aiuto riguardano la salute, un traguardo difficile da raggiungere, uno scampato pericolo, un’impresa audace, una grazia imprevista. Un ex voto ritrovato nel recinto sacro di Epidauro, dedicato ad Asclepio, reca due orecchie con questa scritta: “Gallio Cuzio ti deve queste orecchie, o prole di Febo, e guarite te le consacra”. Accanto alle necessità importanti vi erano richieste di ogni genere: per la crescita dei capelli, contro i pidocchi, per trovare un tesoro, per vincere una gara, per saldare una bacinella. A questo tempio si recavano da ogni dove e tra

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i fedeli si annoverano anche personaggi famosi come Apollonio di Tiana nel racconto che ci ha lasciato Filostrato. Le guarigioni avvenivano attraverso un rito di incubazione, come nell’episodio del malato con una punta di lancia conficcata nel costato, che non si riusciva ad estrarre e che si ritrovò in mano per grazia di Asclepio, dopo aver dormito una notte nel tempio. Il subentro del culto cristiano ai riti pagani non ha rallentato questa pratica popolare, che nei secoli ha visto uno sviluppo progressivo. Soprattutto nei santuari mariani, come in quello di Roveleto di Cadeo, si ritrovano moltissimi ex voto per Grazia ricevuta. La gerarchia della Chiesa non ha mai condannato queste pratiche, pur coltivando riserve e pur non avendo mai regolamentato questa prassi popolare. La sensibilità pastorale uscita dal Vaticano II non ha implementato questa prassi, che è caduta un po’ in disuso perché avvalora l’impressione di un sacrum commercium tra l’uomo che chiede e Dio che accontenta. Ma nel voto c’è di più di un commercium. Quale madre non ha fatto un voto per il suo bambino in pericolo, magari offrendo la cosa più preziosa che possiede. Gli ex voto hanno in genere una certa preziosità proprio perché il fedele dà il meglio che ha. Il voto è un sacrificio in cui il fedele mette la sua vita e quella dei suoi cari in mano a Dio, anche a prezzo della propria. Questo atteggiamento religioso è del tutto simile a quello di Gesù che ha dato la sua vita in riscatto di molti. Il voto è come un giuramento, solo che è privato, non di fronte alla comunità. Nell’Antico Testamento il voto è un pegno incondizionato di speciale sottomissione a Jahwé, come nel caso del nazireato in cui il consacrato deve astenersi dalle bevande alcoliche, dal contatto con altri corpi e dal taglio dei capelli (Nm 6, 3-6). Nel Nuovo Testamento c’è il comando del Signore di non giurare mai (Mt 5, 34-37). Infatti il votogiuramento è consentito solo a condizione di chiamare in causa Dio (Mt 23, 16-22), ma spesso non ci si limita a questo. In tutti i casi c’è l’episodio curioso di S. Paolo, che si fa tagliare i capelli a Cencre per un voto (At 18,18). La Chiesa primitiva permetteva il voto-giuramento solo per rafforzare la promessa a Dio come nel caso dei voti ecclesiastici. Addirittura il giuramento veniva fatto sul Vangelo e sulle reliquie. Gli ex voto sono un modo popolare per vivere questa dimensione religiosa del promettersi a Dio per ottenere una Grazia, ottemperando poi all’obbligo di offrire un segno di gratitudine, come Lucia Mondella per sfuggire all’Innominato facendo il voto di non sposarsi più. Rannicchiata nel suo angolo di prigionia, così pregò: “O Vergine Santissima! Voi, a cui mi sono raccomandata tante volte, e che tante volte mi avete consolata! Voi che avete patito tanti dolori, e siete ora tanto gloriosa, e avete fatti tanti miracoli per i poveri tribolati; aiutatemi! Fatemi uscire da questo pericolo, fatemi tornar salva con mia madre, Madre del Signore; e fo voto a voi di rimaner vergine; rinunzio per sempre a quel mio poveretto, per non esser mai d’altri che vostra” (A. MANZONI, Promessi sposi, c. XXI). Questa struttura antropologica del voto, che è rimasta anche nei rituali civili sia giudiziari, sia politici, sia militari, la ritroviamo anche nel desiderio dei fedeli di pagare una Messa di suffragio. È come se non valesse se non c’è uno stipex, una somma di denaro che impegna Dio e il fedele. Su questo sfondo religioso e culturale diventa interessante proporre gli ex voto della chiesa di Roveleto, che non sono una semplice sopravvivenza di un passato ormai tramontato, ma la testimonianza della persistenza di questa dimensione perenne dello spirito umano sempre alle prese con la precarietà della vita. Roberto Tagliaferri

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Cenni storici sul santuario Narrano i documenti conservati nell’archivio del santuario che nell’anno 1676 un tal Francesco Maria Albrizio Tadini, nobile piacentino della Parrocchia di San Paolo, per soddisfare la sua devozione verso la Regina del Cielo, stabiliva di far costruire a sue spese una piccola nicchia in onore della Beata Vergine su un piccolo fondo di sua proprietà in quel di Roveleto. Diede poi l’incarico ad un pittore piacentino, certo Pietro Martire, di dipingere nella nicchia l’immagine della Beata Vergine del Carmine, con due angioletti ad incoronarla e, ai lati, San Giuseppe e San Francesco d’Assisi, suo patrono personale. Inoltre volle che sopra la nicchia fosse pure dipinto lo stemma e l’arma della famiglia Tadini. L’immagine della Vergine che si ammira attualmente nella nicchia sopra l’altare, è alquanto diversa dall’originale, come si può constatare confrontando l’antica calcografia - riprodotta su un calco di rame tuttora esistente nell’archivio parrocchiale - eseguita nella seconda metà dell’Ottocento dall’incisore Federico Perfetti. Appena terminata la costruzione del piccolo sacello, i viandanti della via Emilia, i pellegrini e gli abitanti dei dintorni, molti anche di Piacenza città, cominciarono ad affluire per onorare la Madonna, richiamati dalle grazie che molti affermavano di aver ricevuto. In seguito sorsero contrasti fra la famiglia Tadini, che accampava non solo il diritto di proprietà della nicchia, ma diritti anche sulle offerte, e l’arciprete di Fontana Fredda. Si iniziò un processo che si concluse a totale favore di quest’ultimo. E’ appunto dagli atti di questo processo che abbiamo le prime notizie sul santuario. Sul principio del luglio 1679 - a tre anni dalla costruzione della nicchia - il parroco don Lodovico Varani, avendo raccolto parecchie offerte, chiede al vescovo di Piacenza, Mons. Giuseppe Zandemaria, l’autorizzazione a costruire una piccola cappella, che racchiudesse la nicchia. Così, col permesso del suo superiore, nell’agosto 1679 don Lodovico Varani dava inizio ai lavori. L’arciprete don Varani moriva il 9 luglio 1685 e gli succedevano prima don Bernardino Nielli (1685-1695) e in seguito il suo omonimo e forse parente, don Antonio Alessio Nielli (1695-1735). Vorremmo notare, come inciso, che forse è da quel tempo che il santuario di Roveleto venne considerato come il santuario dei piacentini. All’arciprete don Antonio Alessio Nielli, nel maggio del 1735, succedeva don Antonio Maria Pellizza, che resse la parrocchia di Fontana Fredda per 32 anni. Di lui resta solo la lapide sepolcrale, ora murata in santuario, consunta dal tempo ed erosa dal passaggio dei fedeli, poiché il Pellizza, per concessione vescovile, venne sepolto sotto la cupola grande dello stesso. La tradizione ci descrive

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questo arciprete come il vero ideatore del santuario e come il costruttore di almeno metà di esso. Nelle “Memorie “ di don Ugolini (documento d’archivio 1892) la sua opera viene così descritta: “ Nel 1750 il don Pellizza dà principio alla costruzione del santuario (il cui progetto originale è attribuito ad uno dei Bibiena o almeno alla loro scuola) a linea della strada Emilia, vicino alla cappellina della Beata Vergine, verso sera. Nel corso di 17 anni, con le offerte dei divoti, con i proprii denari, con molti disturbi e fatiche ha potuto far costruire la parte principale dello stesso, sino alla balaustra, davanti la quale era situato l’altare”. Si trattava di un altare provvisorio per la celebrazione della santa Messa. La venerata immagine della Vergine era sempre nella primitiva cappella, attigua al santuario. In seguito si sarebbe dovuto ultimare la costruzione secondo il progetto, ma le cose andarono diversamente. L’arciprete don Pellizza, pur non avendo potuto realizzare appieno il suo intento, ebbe però la soddisfazione di vedere aumentata grandemente di giorno in giorno la devozione della Madonna e ogni anno il concorso dei fedeli, e così alla sua morte ebbe pago ogni desiderio. Come abbiamo detto, fu sepolto “sotto l’ aguglia principale” del tempio da lui stesso voluto. All’arciprete don Pellizza succedeva don Gaetano Dondi (1767-1821), il quale vedendo il continuo aumento dell’affluenza dei fedeli, pensò di riprendere e completare la costruzione del santuario e in breve tempo costruì il presbiterio e il coro attuale e, per ordine del vescovo, trasportò in santuario la primitiva nicchia, con una tecnica che ebbe dello straordinario per quei tempi. Dall’anno 1778 al 1820 non si hanno notizie del santuario, sappiamo però che venne saccheggiato dalle truppe francesi e austro-russe impegnate nella battaglia sul Trebbia del 1799. Secondo successore di don Gaetano Dondi, fu don Giovanni Leonardini (1842-1846). La sua prima opera nel santuario fu la sistemazione dell’esterno della cupola grande, poiché la copertura in lastre di ferro fatta nel 1826 era corrosa dal tempo; si pensò alla copertura in lastre di rame, più resistenti alle intemperie. Nel 1836, quando anche a Piacenza imperversava il colera e i morti erano numerosi, si sparse la voce che la Madonna fosse apparsa ai fedeli nelle acque di una fontana situata sulle rive del torrente Chiavenna dietro al santuario. Nel 1851 l’Opera Parrocchiale decise di provvedere il santuario della torre campanaria. Il disegno della nuova torre venne affidato all’arch. Giannantonio Perreau, di Piacenza. Negli anni seguenti il nuovo campanile venne provvisto di tre campane. Il 20 ottobre del 1886 il vescovo Giovanni Battista Scalabrini fece il suo ingresso nel santuario per la consacrazione del tempio al Santissimo Nome di Maria: una lapide che vediamo ancora oggi all’interno ricorda l’evento. All’inizio del Novecento vennero costruite nei pressi del santuario parecchie abitazioni civili, in modo da formare un piccolo centro urbano, sia per la presenza del santuario sempre più frequentato, sia per la comodità di accesso: la stazione ferroviaria e la casa comunale. Il santuario aveva dato origine ad una piccola comunità a sé stante. Paolo Morlacchini

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Gli ex voto del santuario di Roveleto Gli ex voto dedicati alla Madonna del Carmelo che si susseguono sulle pareti del santuario di Roveleto, oltre ad essere espressione coinvolgente di una fede che ha attraversato i secoli, rappresentano vere e proprie fonti storico-culturali, rilevanti dal punto di vista etnografico, del costume, delle tradizioni locali e non solo. Nel corso dell’inventariazione diocesana promossa dalla CEI e conclusa nel 2013, ne sono stati esaminati circa novanta, in maggior parte dipinti a olio su tela, anche se non è inconsueto l’impiego di altre forme di supporto, come ad esempio la tavoletta lignea e il cartoncino, o di tecniche come la fotografia, il collage, il ricamo su tessuto, lo sbalzo o lo stampo su lamina di metallo. I pezzi scelti per la mostra presso la galleria Rosso Tiziano esemplificano diverse tipologie, tuttavia il nucleo più nutrito è costituito da dipinti votivi di piccole dimensioni con figurazioni relative alla grazia ricevuta, che coprono l’arco temporale tra la fine del XVII secolo e l’ultimo quarto del Novecento. Spesso realizzati da ignoti pittori locali con semplice intento documentario, gli ex voto perseguono uno stile narrativo, talvolta corsivo e non esente da ingenuità compositive, ma gradevole; testimoniano insomma con freschezza e dovizia di particolari aspetti della vita religiosa, lavorativa e domestica di un tempo nel nostro territorio. Donati per grazia ricevuta (da cui l’iscrizione P. G. R. spesso presente su di essi), recano in diversi casi l’indicazione del nome dell’offerente e la data relativa. In base ai soggetti, è possibile distinguere diversi tipi di ex voto dipinti presso il santuario. Vi sono quelli realizzati in seguito a guarigioni, secondo canoni iconografici ripetitivi in cui l’ammalato appare a letto in un interno piuttosto spoglio; gli scarni riferimenti d’arredo si limitano a cenni di pavimentazione in cotto o di soffitti lignei, a rare suppellettili o quadretti devozionali appesi alle pareti, secondo un cliché che si mantiene invariato tra Sette e Novecento. Talvolta l’infermo è presentato in atto di ricevere l’estrema unzione, per lo più è ritratto assistito da familiari oranti. La Madonna del Carmelo, grazie alla quale il miracolo ha avuto luogo, è spesso mostrata tra nubi o entro un alone di luce, col Bambino in grembo e gli scapolari secondo l’usuale iconografia; in alcuni casi è accompagnata da San Giuseppe e San Francesco d’Assisi, venerati a Roveleto sin dalle origini del santuario.

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Vale la pena di segnalare, per il notevole impatto emotivo, l’ex voto del 1817 in cui compaiono due genitori in preghiera al capezzale di sette giovinetti colpiti dal tifo (cfr. p. 39). Si differenziano invece dallo schema compositivo sopra citato alcuni quadretti relativi a guarigioni particolari come la tavoletta seicentesca con il risanamento di un’indemoniata (cfr. p. 26 ) o la teletta che ritrae un uomo in abito settecentesco feritosi con la pistola (cfr. p. 33), in cui si riconosce sullo sfondo la cupola del santuario. La gestualità spiccata e l’attenzione per il dato paesaggistico contraddistingue numerosi dei quadretti approntati in seguito al miracoloso salvataggio da incidenti stradali con carrozze, calessi o birocci dapprima, automobili e altri veicoli poi, che attestano la frequenza con cui avvenivano gli infortuni sulle vie del contado e l’evolversi dei mezzi di trasporto tra XVIII e XX secolo. Tra gli ex voto più significativi del genere, vi è quello del 1906 (cfr. p. 48) che illustra lo scontro fra un tram e un calesse conclusosi senza conseguenze. Si distingue per la singolare soluzione adottata dal pittore, che ha posto su due livelli altrettante sequenze riguardanti il momento del fatto e del soccorso prestato; la dettagliata resa del tram a vapore fa, di questa immagine, un intenso documento storico e sociale. Vetture dell’epoca vengono illustrate negli ex voto fotografici del terzo decennio del XX secolo (cfr. p. 55) e nel quadretto del 1926, in ricordo della brutta vicissitudine toccata a un operaio investito da un mezzo (cfr. p. 56): nella scena, in cui appaiono uomini al lavoro con un apposito macchinario su di una strada della nostra campagna, la Madonna con Bambino è presentata secondo la consueta prassi iconica, affiancata dai santi cari all’offerente. Frequenti sono anche gli esemplari donati da fedeli illesi in seguito a cadute, come il dipinto del 1922 che con linguaggio elementare ma efficace mostra la duplice sequenza di un uomo al lavoro che precipita dalla finestra di un palazzo (cfr. p. 54). In concomitanza con le due guerre mondiali compaiono poi ex voto, prevalentemente fotografici, di chi fece ritorno incolume dai campi di battaglia. Diversi quadretti rivelano l’esecuzione da parte di pittori esperti: la tela raffigurante un incidente col calesse occorso a due gentiluomini in abbigliamento ottocentesco dinnanzi al santuario (cfr. p. 38) o quella del 1903 con una coppia che prega accanto al letto di un bimbo (cfr. p. 47) evidenziano doti ritrattistiche e attenzione per il costume. Solo di alcuni ex voto dipinti si conosce l’autore: si segnalano i quadretti di Giuseppe Botti del 1937 e 1943 (cfr. pp. 58, 61) e di Giuseppe Sidoli del 1954 e 1956 (cfr. pp. 63, 65), opere firmate da Guido Gaggini, Scaglioni, Fanzini, Daparma, Esvelli. Susanna Pighi

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Gli ex voto

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Sec. XVII (fine) - olio su tavola - cm. 31 x 34

Sec. XVII (fine) - olio su tela - cm. 31 x 38

La Beata Vergine con il Bambino sono raffigurati in atto di liberare un’indemoniata raffigurata in ginocchio a destra.

Una gentildonna inginocchiata e un ragazzo in piedi con le grucce pregano la Beata Vergine che appare nella primitiva cappella eretta a Roveleto.

In questa tavoletta viene rappresentata la primitiva cappella eretta a Roveleto dal 1676 al 1679 circa.

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Sec. XVIII - olio su tela - cm. 31 x 41

Sec. XVIII - olio su tela - cm. 34 x 46

Il dipinto rappresenta una donna inferma a letto mentre un’altra donna è inginocchiata al centro rivolta in preghiera all’immagine della Beata Vergine di Roveleto.

Il dipinto raffigura un uomo in agguato mentre spara con un fucile a due uomini sul loro calesse. In alto appare la Beata Vergine di Roveleto con i Santi Giuseppe e Francesco.

Quadretto che, per analogia stilistica con altri dipinti del santuario, si può far risalire al gruppo più antico degli ex voto di Roveleto.

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Questo dipinto è certamente uno dei più antichi conservati nel santuario.

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Sec. XVIII - olio su tavola - cm. 42 x 54

Sec. XVIII - olio su tela - cm. 36 x 45

La tavola raffigura una carrozza rovesciata con i due occupanti caduti a terra: in secondo piano un palafreniere a cavallo accorre in aiuto. In basso a sinistra le anime purganti tra le fiamme.

Un uomo e una donna stanno estraendo un fanciullo da un pozzo mentre in alto a sinistra appare la Beata Vergine.

L’ignoto autore dimostra capacità compositive ed espressive che traduce con una pennellata sciolta e bozzettistica.

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Per le caratteristiche stilistiche e per l’abbigliamento dei personaggi è sicuramente uno dei più antichi dipinti conservati nel santuario.

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Sec. XVIII - olio su tela - cm. 32 x 44

Sec. XVIII - olio su tela - cm. 21 x 33

Un sacerdote in abiti talari indica la Beata Vergine con il Bambino ad una inferma giacente in un letto a baldacchino.

Un personaggio in abito ecclesiastico si ferisce la mano sinistra con una pistola.

Opera di un pittore con una discreta abilità tecnica, risalente probabilmente agli inizi del ‘700.

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È uno dei più antichi ex voto conservati nel santuario.

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Sec. XVIII - olio su tela - cm. 29 x 43

Sec. XIX (prima metĂ ) - olio su tela - cm. 27 x 32 - Offerente: Domenicho Badien

Due uomini stanno tentando di raddrizzare un carro tirato da quattro buoi inclinato in un fosso. Ad uno di questi, inginocchiato, appare la Beata Vergine con il Bambino.

La Beata Vergine del Carmelo appare ad un giovane in piedi davanti a una casa.

Opera non priva di abilitĂ compositiva, risalente, per confronto con altre opere presenti nel santuario, al Settecento.

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Sec. XIX (metà) - olio su tela - cm. 37 x 45 - Offerente: Giovanni Beretta

Sec. XIX - olio su tela - cm. 30 x 42

La Beata Vergine appare ad un giovane malato, seduto sul suo letto.

Il dipinto rappresenta un bambino nella sua culla al centro di una stanza.

Opera di elevata qualità e di intensa carica spirituale, databile alla metà dell’Ottocento.

Il dipinto è accuratamente impostato prospetticamente e realizzato con perizia tecnica.

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Sec. XIX - olio su tela - cm. 43 x 57

1817 - olio su tela - cm. 44 x 56 - Offerente: Giuseppe Sichel

Da una carrozza rovesciata in mezzo alla carreggiata due uomini guardano in alto verso la Beata Vergine che appare con angeli e santi. Sulla destra alcune persone stanno accorrendo dal santuario di Roveleto.

Il dipinto raffigura una stanza con sette persone a letto, malate di tifo: al centro un uomo e una donna inginocchiati si rivolgono alla Beata Vergine di Roveleto che appare con San Giuseppe e San Francesco in alto a sinistra.

Opera di un artista di buone capacitĂ tecniche che ha saputo rendere con vivacitĂ la scena.

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1850 - olio su tela - cm. 55 x 69

1872 - olio su tela - cm. 29 x 39

Dipinto raffigurante donne e fanciulli che si lanciano da una carrozza senza cocchiere, trainata da due cavalli in corsa. Sulla destra, lungo la strada, un contadino con un carro; più oltre il santuario di Roveleto.

Ad un’inferma seduta sul letto in preghiera appare la Beata Vergine del Carmelo con angeli e santi.

Eseguito da un pittore non mediocre che ha saputo rendere l’attimo drammatico, accentuando l’aspetto selvaggio del paesaggio intorno al santuario.

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Sec. XX (primo quarto) - olio su tela - cm. 35 x 47

Sec. XX - fotografia, tela ricamata - cm. 42 x 33

In una strada in aperta campagna un’automobile e un calesse si sono scontrati. Gli occupanti del calesse giacciono al suolo mentre i passeggeri dell’auto sono rimasti illesi.

Fotografia di reduci incorniciate da un prezioso ricamo floreale.

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Sec. XX - tela ricamata e cuore in metallo - cm. 30 x 24

Sec. XX - tela ricamata - cm. 42 x 34

Ricamo floreale su tela nera con cuore in metallo.

Ricamo floreale.

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1901 - olio su cartone - cm. 30 x 46 - Offerente: Celso Bernardi

1903 - olio su tela - cm. 36 x 43 - Offerente: Rosa Manfredi

Un carro di fieno si è rovesciato sul conducente e su uno dei cavalli mentre sullo sfondo sta arrivando un tram a vapore.

Un uomo e una donna stanno pregando in piedi al capezzale di un bambino.

Opera di un artista di capacitĂ tecniche e di gusto compositivo non banali.

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La composizione e l’abile resa delle espressioni e degli scorci delle figure indicano come questo dipinto sia opera di un artista di sicura esperienza.

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1906 - olio su tela - cm. 80 x 70 - Offerenti: Gino Maghenzani e Leopolda Cappelletti

1906 - olio su tela - cm. 65 x 80 - Offerente: Giuseppe Mangia

Il dipinto è diviso in due scene. In quella superiore è rappresentato l’investimento di un calesse con una famiglia a bordo da parte di un tram a vapore mentre in alto appare la Beata Vergine. Nella seconda scena i presenti accorrono in aiuto.

Il dipinto raffigura due uomini caduti da un calesse, dal quale uno dei due sta per essere travolto. Sullo sfondo la facciata del santuario di Roveleto.

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1908 - olio su tela - cm. 39 x 58 - Offerente: Angelo Boiardi

Sec. XX (primo quarto) - olio su cartone - cm. 27 x 40 - Offerente: Luigia Folletti

In una stanza semplice l’offerente infermo riceve la benedizione da un sacerdote. Sono presenti una figura femminile inginocchiata al capezzale del letto e una figura maschile ai piedi dello stesso con in mano il secchiello dell’acqua benedetta.

In una strada tra alcune case e una chiesa una donna viene salvata da un passante mentre sta per essere investita da un’auto.

La costruzione spaziale della scena, nonché il modellato dei personaggi denunciano la mano di un pittore abbastanza esperto dal punto di vista tecnico.

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Pur nella sua ingenuità stilistica, il dipinto permette una datazione, per quanto generica, ai primissimi anni del secolo scorso per l’abbigliamento dei personaggi e per il modello dell’automobile.

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1919 - fotografia, cuore in argento, cornice in metallo - cm. 45 x 30

1919 - legno, fotografia e pittura su stoffa - cm. 58 x 36 - Offerente: Emilio Merli

Fotografia dei fratelli Galeazzi.

Per grazia ricevuta in guerra e durante le sofferenze della prigionia nel campo di Marchtrenk (1915-1919). Ex voto polimaterico di originale fattura artigianale, realizzato dopo la prima guerra mondiale.

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1922 - tempera su carta incollata su legno - cm. 47 x 60 - Offerente: Ernesto Arisi

1923 - fotomontaggio - cm. 47 x 62 - Offerente: Stefano Fulgoni

Il dipinto è diviso in due parti: a sinistra due persone a terra e una affacciata ad una finestra al terzo piano di una casa, mentre issano una fascina; a destra il momento della caduta della persona dalla finestra.

Un’automobile che ha investito un ciclista, posta di traverso sulla carreggiata. In alto a sinistra immaginetta votiva della Beata Vergine di Roveleto; a destra il ritratto del donatore. Ulteriore esempio di adeguamento dell’ex voto con nuove tecniche espressive (firmato Foto Preti di Fiorenzuola).

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1926 - tempera su tela - cm. 55 x 86 - Offerente: Lodovico Varani

Guido Gaggini - 1931 - tempera su cartone - cm. 42 x 58 - Offerente: Celeste Provini

Un’automobile investe un operaio che sta lavorando in una strada di campagna; in alto a sinistra la Beata Vergine con il Bambino e i santi.

In aperta campagna due uomini accorrono per soccorrere un ragazzo schiacciato sotto un trattore rovesciato; in alto, al centro, la Vergine con il Bambino. L’opera riproduce con immediatezza ed ingenuità l’evento miracoloso.

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Giuseppe Botti - 1937 - olio su tela - cm. 37 x 46 - Offerente: Sandro Sesenna

1940 - fotomontaggio - cm. 32 x 50 - Offerente: Annunciata Cavalli

Un ragazzo è rappresentato mentre cade dalla finestra della sua casa.

Una bambina giace a terra dietro un carro trainato da un cavallo. In alto a destra, immaginetta votiva della Beata Vergine di Roveleto.

L’opera si caratterizza per immediatezza ed ingenuità stilistica. L’autore ha eseguito altri ex voto per il santuario.

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Opera firmata da Foto G. Mainardi (Cortemaggiore).

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1941 - collage, fotografia, disegno - cm. 47 x 31 - Offerente: Ercole Buzzetti

Giuseppe Botti - 1943 - olio su tela e fotografia - cm. 45 x 60 - Offerente: Mansueto Cattadori

In questo disegno a carboncino che rappresenta una scena di guerra sono applicati: un’immaginetta votiva della Beata Vergine di Roveleto, un biglietto con il nome del donatore, la data e il luogo dell’evento e la foto dello stesso donatore convalescente.

In un paesaggio rurale viene rappresentato l’offerente investito da un’automobile militare tedesca.

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1946 - fotografia, cuore in metallo, cornice con vetro - cm. 40 x 50

Giuseppe Sidoli - 1954 - olio su tavola - cm. 48 x 63 - Offerente: Pietro Ziliani

Fotografia di reduci dalla prigionia.

Il dipinto raffigura un incidente stradale: un autocarro ha gettato fuori strada un carretto distruggendolo, travolgendo anche cavallo e conducente. La Beata Vergine di Roveleto appare sulle nubi in alto al centro, mentre sullo sfondo è raffigurata la frazione con il santuario.

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1955 - fotografia con occhiali - cm. 30 x 24

Giuseppe Sidoli - 1956 - olio su tavola - cm. 40 x 55 - Offerente: Vincenzo Cattani

Incidente motociclistico di Tarquinio Provini a Barcellona (Spagna).

Il dipinto raffigura un incidente stradale avvenuto davanti al santuario di Roveleto.

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A. Scaglioni - 1957 - olio su cartone - cm. 28 x 22 - Offerente: Aldo Erlini

A. Daparma - 1963 - tempera su tela - cm. 40 x 50 - Offerente: Zaira Bardelli

Il dipinto rappresenta un’automobile di traverso sulla via Emilia nei pressi del santuario di Roveleto, mentre viene investita da una motocicletta da cui il conducente viene violentemente sbalzato.

Nei pressi di un cavalcavia autostradale un’automobile è ferma con accanto una donna riversa ed un ciclomotore.

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Giorgio Fanzini - 1976 - olio su tela - cm. 35 x 25 - Offerente: Angela Galeazzi

Giorgio Fanzini - 1982 - olio su tela - cm. 30 x 20

Il dipinto raffigura una donna distesa sui binari sotto un carro ferroviario mentre in alto a sinistra appare la Beata Vergine di Roveleto.

Il dipinto raffigura un incidente stradale tra due automobili. In alto a sinistra appare la Beata Vergine di Roveleto. L’opera aggiorna le caratteristiche iconografiche dell’ex voto tradizionale.

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Indice Il saluto del sindaco e del parroco di Roveleto di Cadeo

Prefazione Manuel Ferrari

pag.

La vita in pericolo negli ex voto Stefano Pronti

pag. 11

Significato teologico degli ex voto Roberto Tagliaferri

pag. 15

Cenni storici sul santuario Paolo Morlacchini

pag. 19

Gli ex voto del santuario di Roveleto Susanna Pighi

pag. 23

Gli ex voto in mostra*

pag. 25

Fonti consultate *Le

citazioni in corsivo relative alle immagini degli ex voto sono tratte da: A.Musiari, Schede di catalogo del santuario di Roveleto di Cadeo, 1988, Soprintendenza ai Beni Artistici e Storici di Parma e Piacenza. Fausto Fiorentini, Quando la fede popolare chiede aiuto all’arte, in “L’urtiga. Quaderni di cultura piacentina”, n.4, 2013, pp. 69-74. Archivio del santuario di Roveleto di Cadeo. Ufficio per i Beni Culturali Ecclesiastici della Diocesi di Piacenza - Bobbio, Cartella Roveleto di Cadeo e inventario beni mobili CEI. Archivio di Paolo Morlacchini.

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Finito di stampare nel mese di ottobre 2016



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