Pescare
in Valtellina Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXXIII - N° 1 - 2017
sommario
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iuscire a guardare lontano significa innanzitutto rendersi conto delle conseguenze che avranno un domani le scelte sulle quali stiamo scommettendo oggi. Non farlo per tempo vorrà dire rimanere spiazzati più avanti. Come le due signorine che ti accolgono all’Esselunga, che tutte sorridenti ti insegnano a fare la spesa con quella specie di pistola laser. Prendi il prodotto, gli spari contro il raggio magico e lo metti nel carrello. All’uscita non passi più dalla cassa ma vai diretto al bancomat. La pistola gli trasmette i dati, tu paghi e te ne vai. Hai speso come prima perché la merce che hai nel carrello costa uguale, hai risparmiato un paio di minuti e il supermercato da qui a breve potrà tagliare una bella quantità di posti di lavoro. Gente con un nome e cognome. Mia cugina, tua nipote o la mamma di un compagno di classe di tuo figlio. L’analisi di scenario del mondo
della pesca sportiva dimostra che l’età media dei pescatori e` sempre più alta e i modelli culturali che affascinano i ragazzi scommettono su altre proposte. A dire il vero c’è anche chi dice che – analizzando le anagrafiche ricavate dai tesserini segnapesci– il pescatore sia ondivago. Per qualche anno pesca, poi smette e poi ritorna. Verissimo, ma la domanda deve essere un’altra. Fatevela tutti, adesso, come fosse un gioco di società a distanza: “quanti pescatori conoscete che non abbiano cominciato da piccoli?” Io nessuno. Anzi, un caso c’è. La fidanzata del “nostro” Raul Montanari. Ma lui e` uno scrittore di successo, un bell’uomo ed e` dotato di una grande charme. E mi piace credere che magari Valeria lo avrebbe seguito comunque. O ci avrebbe provato almeno per un po’. Si parla spesso di pesca come una passione che trascende la pratica sportiva, una sorta di istinto. Ma se la statistica fosse confermata e se le forme istintuali sono “preconcettuali” per definizione - le abbiamo dentro, non ci vengono trasmesse con l’educazione - allora la pesca potrebbe essere una questione di imprinting, nel senso etologico del termine. Una passione che assorbiamo e facciamo nostra da piccoli per poi portarcela dietro tutta la vita. Non conta se latente o manifesta. C’è e anche se la metti via per un po’ lei rimane li`, sempre pronta a emergere. Parlare di pesca senza pescatori non ha senso. La considerazione e` banale e forse proprio per questo sfugge a
chi di pesca ci vive, a chi la gestisce e la governa. Se non vogliamo segare del tutto il ramo sul quale siamo seduti - se non vogliamo fare la fine delle signorine del supermercato – bisognerebbe pensarci tutti. Ma guardare lontano vuol dire anche lavorare sul presente perché possa avere un futuro. E se il pescatore non comincerà a capire che il suo non e` solo un passatempo ma un modo per rapportarsi all’ambiente che lo circonda, il futuro sarà sempre più gramo. Le minacce sono sempre le stesse: sovrasfruttamento della risorsa idrica, cormorani e – magari non per quello che riguarda la provincia di Sondrio, ma da tante altre parti si` - mancanza di politiche gestionali a lungo termine. Chiamatela coscienza di classe o il costituirsi in una lobby, ma alla fine il senso rimane quello: essere pescatori deve essere “qualcosa in più”che andare a pesca. Se i pescatori non riusciranno a coagularsi in un gruppo coeso - che potrà avere sensibilità differenti su mille questioni particolari ma si presenterà unito e compatto su pochi e ovvi aspetti di più ampio respiro - il giocattolino già fragile di per se` si romperà del tutto. Essere pescatori deve significare aver cura per l’ambiente dove la nostra passione si esprime. Ma anche sentirsi accomunati da un’identità forte e una competenza al di sopra di ogni sospetto, che proprio per questo consente di suggerire alla politica strategie serie di sviluppo e di crescita. Marco Corengia
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uNioNe PeSCa SPortiVa Della ProViNCia Dl SoNDrio SONDRIO - Via Trieste, 8 Tel. 0342.21.72.57 (2 linee urbane) Fax 0342.21.89.69 www.unionepescasondrio.it info@unionepescasondrio.it Direttore Responsabile: marco Corengia Redazione: Valter Bianchini giorgio lanzi Hanno collaborato per i testi: Valter Bianchini mauro mazzo marco Caslini giorgio lanzi PierPaolo gibertoni raul montanari Carlo romanò Silvano Colleoni Felice mandelli lucia Valcepina mirko Villa Stefano esposito gianluca Sala mauro Bagiolo Hanno collaborato per le foto: Valter Bianchini alessandro Belluscio marco Viganò giorgio lanzi giada lenatti Stefano esposito Blu Progetti Foto di copertina: marco Viganò Stampa tiPograFia PolariS Via Vanoni, 79 - 23100 SONDRIO Tel. 0342.51.31.96 info@litopolaris.it Della presente rivista sono state stampate e diffuse 7.500 copie Iscritta al n° 166 Registro Tribunale di Sondrio
La nostra storia Certe cose non si dimenticano La sposa nel fango
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V i ta a s s o C i at i Va I nostri numeri Tesseramento stagionale 2017 I custodi del fiume I nostri primi cinquant’anni Circolo di Tirano, il fontanino raddoppia APD Valli della Mera, il fiume che unisce
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iL riCorDo Sandro Sozzani, un bene comune
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tUteLa aCQUe Deflusso minimo vitale. La fine della sperimentazione Vicini di casa
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attUaLitÀ Caos primordiale Cormorano 2.0. L’equilibrio nella complessità Adda e cormorani. Una storia lunga 18 anni
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raCConti D’aUtore Quell’Adda che non vedi
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storie Di PesCa Lunga vita alla regina Un campione in Valtellina Non è una passione per vecchi
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PesCi e BioLogia Il temolo dei laghi
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Botta e risPosta Sembrava così semplice Lenza in acqua e gambe sotto il tavolo
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Lo sPiLLo Assenti ingiustificati
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testato Per Voi A qualcuno piace morbido
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agonisMo Campionato provinciale UPS 2016
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La nostra storia
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i sono fatti, avvenimenti, tragedie che restano nella mente per sempre. Come l’11 settembre 2001. Tutti, se chiudiamo gli occhi, ci ricordiamo cosa stavamo facendo quel giorno, nel momento dell’attacco alle Torri Gemelle. Così come ciascuno di noi ha un proprio ricordo personale dell’alluvione 1987.
18 luglio 1987, fiume Adda a Piateda. Le foto di questo articolo sono tratte dalla rivista “Notiziario della Banca Popolare di Sondrio” n. 45/1987
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Ormai sono passati 30 anni. La nostra terra, sconvolta dalla furia dell’acqua, emerse dal fango più forte di prima. In Italia era sufficiente dire che eri valtellinese per vedere negli occhi di chi avevi di fronte un misto di commozione e ammirazione. “Siete stati sfortunati, ma avete avuto la forza di rialzarvi da soli” – il commento più ricorrente. Nella
n i l e n e p el
Certe cose non si dimenticano
Torrente Mallero a Sondrio: La corsa contro il tempo i giorni successivi al 18 luglio.
mia mente si affollano tante immagini di quei giorni: gli elicotteri dell’Aeronautica Militare con due rotori che atterravano sul campo da rugby alle porte di Sondrio, i vigili del fuoco che hanno bussato alla nostra porta per dirci
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che era necessario passare la notte fuori casa, la tracimazione controllata in Val Pola seguita in diretta tv, la baita che in Valmalenco era stata trascinata dentro il greto del torrente Mallero, l’albergo diviso in due parti in Val
Tartano, i due ponti del Gombaro e di Piazza Vecchia (Cavour) spazzati via dal torrente in piena nel cuore di Sondrio. Mi ricordo bene le decine di escavatori impegnati nella sistemazione degli alvei: il mio amico Italo era diventato imbattibile nel riconoscere le tracce lasciate sul fango dai cingoli. “Guarda – mi diceva – questo è un Caterpillar, questo invece è un Fiat Allis”. Quando si è ragazzi, i contorni delle tragedie sono sfumati: sei immerso in una realtà nuova che non capisci, ma allo stesso tempo ti incuriosisce. Nei 30 anni successivi, molte cose sono accadute. E anche noi valtellinesi siamo cambiati. La tenacia, la capacità di non mollare mai sono rimaste. I torrenti e i fiumi hanno assunto un nuovo volto con la costruzione di argini e briglie. In Val Pola l’Adda è tornata a scorrere a cielo aperto, seppur in mezzo a un paesaggio lunare: ancora oggi passando sulla provinciale, la vecchia pista bassa, si sentono strane sensazioni. Guardi il Pizzo Coppetto e, di colpo, vieni catapultato 30 anni indietro. Rivedi il lago su cui galleggiavano centinaia di tronchi d’albero, le idrovore al lavoro senza sosta, il by-pass, lo sguardo dei superstiti di Sant’Antonio Morignone.
Il torrente Poschiavino a Tirano.
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Nel 2017 si susseguiranno le commemorazioni di quei terribili giorni. Sarà per tutti i valtellinesi un anno denso di significati. Ci confronteremo con il nostro passato, misureremo i passi in avanti compiuti. Basti pensare alla Protezione Civile, idea dell’allora ministro Zamberletti, che prese forma proprio durante l’alluvione e oggi e` attiva nei Comuni con centinaia di volontari. E anche i pescatori apriranno il libro dei ricordi: quelli con i capelli grigi passeranno in rassegna il lavoro svolto per ripartire dopo l’alluvione. Il 1987 è stato un autentico spartiacque, anche per il popolo delle lenze: c’è un prima e un dopo. Ci sono dei torrenti, pensiamo al Torreggio, che hanno cambiato completamente volto. Nell’arco di 30 anni abbiamo visto crescere il numero delle scale di rimonta, nascere e svilupparsi il centro ittiogenico di Faedo culla per migliaia di pesci “made in Valtellina”. Abbiamo perso alcuni treni buoni, ma nel complesso il bicchiere è mezzo pieno.
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ngegner Mandelli, se pensa all’alluvione del luglio 1987 qual è la prima immagine che le viene in mente? Il senso di impotenza che ho provato la mattina dopo la frana di Val Pola, quando salii a Pravadina per valutare il distacco dal fronte opposto; ma sono tanti i ricordi , il primo pensiero va alle vittime dell’alluvione e ai tanti disagi subiti dalla popolazione. Ho anche un bel ricordo che risale a qualche tempo dopo, quando dirigevo il Genio Civile. A seguito di una delle tante colate detritiche di stabilizzazione che si susseguirono, fu interrotta la statale nei pressi di Le Prese a Sondalo: eravamo sul posto io e il comandante dei vigili del Fuoco in attesa che arrivassero i mezzi per lo sgombero della sede stradale. A un certo punto arrivò un corteo di macchine da Bormio e scese una preoccupatissima sposa in abito bianco che doveva recarsi in Chiesa per il matrimonio. Bastò uno sguardo di intesa con il comandante e in poco tempo fu allestita una passerella provvisoria per oltrepassare i detriti e, mentre veniva monitorato il torrentello a vista, si formò un cordone umano a protezione della sposa che fece l’ultimo passo sulla traballante passerella aiutata dall’ingegnere capo del Genio Civile e dal Comandante dei Vigili del Fuoco. Il suo sorriso fu il miglior ringraziamento per la giornata di lavoro.
Ai tempi dell’alluvione lei lavorava nel settore della difesa del suolo, prima dell’estate del 1987 qual’era la situazione, sia per i presidi di difesa idraulica esistenti che per la loro manutenzione? Al tempo lavoravo come ingegnere del Corpo Forestale dello Stato nel settore della difesa del suolo da una decina di anni e avevo seguito numerosi cantieri di sistemazione idraulico-forestale in provincia di Sondrio, tant’è che nel luglio del 1987 pubblicai un articolo sulla rivista della Camera di Commercio proprio sulla questione, frutto anche di una minuziosa indagine sul campo, le conclusioni erano già chiare: conoscenza del territorio, idonei interventi e manutenzioni. Va da sé che l’evento del 1987 ebbe caratteristiche del tutto eccezionali: piogge intense e alte temperature estive con zero termico oltre 4000 metri di quota furono una combinazione particolarmente sfavorevole perché innescarono un notevolissimo trasporto solido e importanti erosioni di sponda le cui conseguenze furono devastanti. In generale il nostro Paese per caratteristiche geologiche e morfologiche presenta una fragilità strutturale in tal senso, sta alla comunità saper sviluppare le necessarie attenzioni all’uso del territorio e alla sua manutenzione con idonei finanziamenti costanti e non episodici.
fELICE MaNDELLI nato a Lecco il 27.10.1951, residente in Sondrio, laureato in ingegneria civile presso il Politecnico di Milano nel 1975 con indirizzo ingegneria dei trasporti e del territorio. E’ stato dirigente della Regione Lombardia dal 1998 al 2010, prima come Ingegnere Capo del Genio Civile e successivamente come responsabile della Sede Territoriale regionale a Sondrio. Ha fatto parte del gruppo di lavoro del CNR per la difesa dalle catastrofi idrogeologiche - linea previsioni e prevenzione eventi franosi a grande rischio per la provincia di Sondrio e del gruppo di lavoro per la redazione del Piano di tutela e uso delle acque della Regione Lombardia; dal 1993 è membro del Comitato tecnico scientifico della MIDOP.
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La sPosa nel fango 11
C’è anche chi ipotizza che sia mancata la capacità di distinguere fra una prima gestione emergenziale e gli interventi programmati per la ricostruzione che sono seguiti negli anni successivi facendo ricorso ad interventi idraulici pesanti ed eccessivamente cementificatori, cosa ci può dire in proposito? Gestire le prime emergenze e un compito estremamente difficile tenendo presente che spesso bisogna contemperare la priorità della sicurezza delle persone con il rispetto del territorio . In generale, non va dimenticato che emergenze come quelle della Val Pola non erano mai state affrontate a memoria d’uomo e che per fronteggiare la situazione si fece ricorso a una comunità scientifica estremamente competente. E’ opinione di molti che, nel settore idrogeologico, la moderna protezione civile sia nata in Valtellina. Discorso a parte merita la legge speciale e in particolare, per restare nel seminato, il piano di difesa del suolo che ha rappresentato un significativo esempio di programmazione operativa a livello di bacini e sottobacini sia per l’individuazione degli interventi che per il loro finanziamento prolungato nell’arco di un ventennio.
Anche la costruzione del piano e stato un positivo esempio di sinergia fra enti locali, Regione e Stato. Peraltro la Valtellina rappresentava un esempio di reticolo idraulico di limitata naturalità in quanto l’insediamento dell’industria idroelettrica ha modificato il regime naturale dei deflussi. Al riguardo dell’annosa questione della qualità delle opere di sistemazione idraulica ritengo che una giusta complementarità fra opere intensive ed estensive sia vincente: laddove persistono delle discontinuità erosive potenti
e necessario consolidarle ma allo stesso tempo va mantenuta la capacita di espansione laterale dei corsi d’acqua e quindi la salvaguardia delle aree golenali, ma questo e più un problema di pianificazione urbanistica che di difesa del suolo. E’ evidente che l’ecosistema fiume non è mai sembrato un parametro al centro delle preoccupazioni dei progettisti. Non e paradossale che sia un’associazione di pescatori a preoccuparsi della rinaturalizzazione dei nostri corsi d’acqua? Negli ultimi venti anni sono stati fatti molti passi avanti al riguardo della questione, basti pensare alle figure degli ingegneri ambientali che hanno affiancato gli ingegneri civili nelle progettazioni territoriali. Oggi come oggi prevale un approccio sistemico per valutare gli interessi compositi di un intervento di difesa del suolo, dove trovano posto le competenze specifiche dell’ingegneria, della geologia e delle scienze naturali e ovviamente anche le istanze dei portatori di interesse diffuso come quelle dei pescatori e in generale dei fruitori anche turistici dei fiumi e torrenti. Lo strumento del contratto di fiume, che sta per essere approntato anche per l’Adda sopra lacuale e uno strumento significativo in questa direzione. Un segnale di notevole attenzione in questo senso e costituito dagli interventi eseguiti per
dare continuità all’asta fluviale dell’Adda alpino con la scala per la rimonta dei pesci sulla traversa di Ardenno, anche con le necessarie sinergie con il concessionario idroelettrico e con gli interventi di riqualificazione fluviale a valle della traversa di Sernio. In un contesto più ampio è molto apprezzato il contributo dei pescatori, in qualità di frequentatori dell’alveo fluviale, per le segnalazioni al riguardo dello stato di salute dell’alveo nel merito dei sedimenti, annoso problema che necessita di una gestione attiva della problematica per garantire sicurezza idraulica da una parte, attività economica e salvaguardia ecosistemica dall’altra. Quello che deve prevalere in futuro è una visione sistemica e condivisa del fiume, laddove gli interessi ambientali e di conservazione della natura possano convivere sia con la valorizzazione economica della risorsa acqua che origina un’energia rinnovabile altamente qualificata sia con gli usi ricreativi e sportivi del fiume, non dimenticando la necessità che il tutto deve avvenire in condizioni di sicurezza idraulica in un fondovalle antropizzato. Da ultimo vorrei fare un accenno alle risorse per le manutenzioni e le integrazioni alle opere idrauliche: penso che una parte significativa delle risorse derivante dai canoni idroelettrici debba essere destinata alla messa in sicurezza del territorio.
Torrente Madrasco a Fusine (foto Valter Bianchini)
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V i ta a s s o C i at i Va
i nostri nUmeri BILANCIO DI PREVISIONE 2017 - pubblicazione in estratto
RENDICONTO DI GESTIONE 2016 - pubblicazione in estratto
QuaDro riaSSuNtiVo Della geStioNe FiNaNZiaria reSiDui ComPeteNZa Fondo di cassa al 1° gennaio RISCOSSIONI PAGAMENTI SALDO DI CASSA AL 31 DICEMBRE PAGAMENTI per azioni esecutive non regolarizzate al 31 dicembre FONDO DI CASSA AL 31 DICEMBRE RESIDUI ATTIVI RESIDUI PASSIVI FONDO PLURIENNALE VINCOLATO PER SPESE CORRENTI FONDO PLURIENNALE VINCOLATO PER SPESE IN CONTO CAPITALE RISULTATO DI AMMINISTRAZIONE AL 31 DICEMBRE 2016 (A)
176.062,11 72.003,90
totale 842.716,67 1.040.795,13 899.623,17 983.888,63 0,00
864.733,02 827.619,27
65.959,00 307.012,83
983.888,63 99.257,09 386.173,54
33.298,09 79.160,71
0,00 0,00 696.972,18
Residenti in Provincia di Sondrio:
36% 64%
SOCI 2016 FASCE ETÀ FUORI PROVINCIA
1000 900
PROVINCIA
800
707 371
400
139 168
300 200
bambini ragazzi
17/21
CATTURE CENSITE 53141
43390
CATTURE IN PROIEZIONE
29074
13686
14
IRIDEA
424
502
MARMORATE
703
1049
TEMOLI
31/35 36/40 41/45 46/50 51/54 55/59 60/64
79308
FARIO
196 176
225 237
312 266 390
100 0
17/21 22/26
500
CATTURE 2015 LIBRETTI SEGNAPESCI CENSITI 2638 (67,00 %) SU 3937
ragazzi
27/31
600
337
bambini
960
700
9171
SALMERINI
22/26
27/31
31/35
36/40
41/45
46/50
51/54
55/59
aNNo 2017 SPeSe 276.203,00 Disavanzo di amministrazione 0,00 750,00 titolo 1 - Spese correnti
aNNo 2017 0,00 1.012.650,00
- di cui fondo pluriennale vincolato 0,00 161.137,00 627.560,00 322.000,00 titolo 2 - Spese in conto capitale 375.000,00 - di cui fondo pluriennale vincolato 0,00 titolo 5 - Entrate da riduzione di attività finanziarie 0,00 titolo 3 - Spese per incremento di attività finanziarie 0,00 tOtaLE ENtRatE fINaLI 1.111.447,00 tOtaLE SPESE fINaLI 1.387.650,00 titolo 6 - Accensione di prestiti 0,00 titolo 4 - Rimborso di prestiti 0,00 titolo 7 - Anticipazioni da istituto tesoriere/cassiere 100,00 titolo 5 - Chiusura Anticipazioni da istituto tesoriere/ 100,00 cassiere titolo 9 - Entrate per conto di terzi e partite di giro 28.300,00 titolo 7 - Spese per conto terzi e partite di giro 28.300,00 tOtaLE tItOLI 1.139.847,00 tOtaLE tItOLI 1.416.050,00 tOtaLE COMPLESSIVO ENtRatE 1.416.050,00 tOtaLE COMPLESSIVO SPESE 1.416.050,00 titolo 2 - Trasferimenti correnti titolo 3 - Entrate extratributarie titolo 4 - Entrate in conto capitale
Tempi di pagamento medi di ups da ricevimento fattura: 2,73 giorni (due virgola settantatre giorni)
2941 Residenti fuori Provincia: 1630
SOCI STAGIONALI 2016: 4571
eNtrate Utilizzo avanzo di amministrazione Fondo pluriennale vincolato titolo 1 - Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa
60/64
>65
>65
V i ta a s s o C i at i Va
tesseramento staGionaLe 2017
Le modalità
Le tipologie dei permessi stagionali sono le seguenti:
Per ritirare i propri permessi stagionali
• Libretto segna pesci adulti (nati nel 2000 e antecedenti): € 150,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Libretto segna pesci ragazzi (nati dal 2001 al 2004): € 40,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Libretto segna pesci bambini (nati dal 2005 al 2012): € 20,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Permesso Plus no Kill: € 250,00– Permette di pescare a mosca con coda di topo in TUTTE le zone (Normali, fascia A, B e C tranne che nelle zone turistiche). • Permesso “senza Catture”: € 120,00 – Permette di pescare con tutte le tecniche concesse nelle zone a Regolamentazione Normale.
basterà recarsi presso un punto vendita autorizzato (l’elenco lo trovate sul nostro sito internet www.unionepescasondrio.it) muniti di: 1. Vecchio libretto segna pesci 2016 e relativo foglio di censimento fedelmente compilato (se non già consegnato in precedenza); 2. Modulo di affiliazione compilato e firmato dal richiedente (disponibile presso il punto vendita); 3. ricevuta del pagamento del permesso se effettuato a mezzo di bollettino postale o pagando al momento presso i punti vendita che accettano il pagamento in contante). È necessario indicare nel Modulo di affiliazione anche il Codice pescatore (rilevabile sull’etichetta di spedizione della Rivista “Pescare in Valtellina”) per facilitare l’immissione nella banca dati UPS. I punti vendita vi daranno tutta la collaborazione necessaria.
Il pagamento del permesso stagionale richiesto potrà avvenire: a) in contanti presso i punti vendita che accettano tale modalità di pagamento (chiamare il punto vendita); b) a mezzo di bollettino postale intestato a UNIONE PESCA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO VIA TRIESTE N. 8 23100 SONDRIO numero di conto corrente postale 209239, causale “permesso stagionale 2017 tipo: ...”; c) P.o.s o carte di credito presso sede UPS.
Dove trovare la documentazione necessaria per l’acquisto dei permessi stagionali La documentazione per l’acquisto dei permessi stagionali (modulo di affiliazione e bollettino postale) è scaricabile dal sito internet www. unionepescasondrio.it oppure disponibile presso tutti i punti di rilascio dei permessi stagionali. Anche il Regolamento di pesca 2017 può essere visionato e scaricato dallo stesso sito oppure può essere ritirato presso i punti di rilascio dei permessi.
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Prima di iniziare la pesca Una volta acquistato il permesso stagionale, e comunque prima di iniziare l’attività di pesca, lo stesso dovrà essere compilato con le proprie generalità nell’apposito spazio sul retro della copertina. si rammenta che, ai fini dei controlli del servizio di vigilanza, l’associato dovrà essere sempre in possesso del documento di identità in corso di validità. A far data dal 10 luglio 2015 sono state apportate modifiche e semplificazioni alla Legge Regionale 31/2008 e alla L.R. 10/2003 riguardanti il rilascio della Licenza di pesca tipo B. Da questa data la licenza di Tipo B è costituita dalla ricevuta di versamento di € 23,00 della tassa di concessione regionale su cui sono riportati i dati anagrafici del pescatore e la causale del versamento (licenza di pesca tipo B). Dal 01/01/2017 il versamento di € 23,00 può essere effettuato solo
tramite bonifico bancario intestato a regione Lombardia – Coordinate iBan: it95 D030 6909 7901 0000 0300 047. Copia del bonifico dovrà sempre essere in possesso del pescatore. Sono esonerati dal possesso della licenza di tipo B i residenti nel territorio Italiano di età inferiore ai
18 anni o superiore ai 65 e i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) che esercitano la pesca con l’uso della sola canna, con o senza mulinello, armata con uno o più ami.
Continua la promozione “Porta Un amiCo a PesCare” Anche per quest’anno, FAI SOTTOSCRIVERE un permesso stagionale ad un tuo amico, fallo diventare nostro socio ed entrambi otterrete uno sconto sulle seguenti tipologie di permessi: • stagionale adulti: da €.150,00 a €.125.00 • stagionale adulti “senza catture”: da €.120,00 a €100,00 • stagionale PnK: da €. 250,00 a €. 220,00 • stagionale zone speciali di Fascia “a”: da €.155,00 a €.115,00 L’offerta è valida per la stagione di pesca 2017 e può essere utilizzata alle seguenti condizioni: 1. Socio “presentatore” e “presentato” devono acquistare il permesso di pesca contemporaneamente. Se invece il presentatore è già in possesso del permesso, godrà dello sconto il solo “presentato”. 2. Il “presentato” deve essere un pescatore che non abbia mai acquistato in precedenza un permesso stagionale UPS, oppure può essere anche un ex socio che ha sottoscritto il suo ultimo permesso per la stagione 2015 e che non sia mai incorso in violazioni accertate al regolamento di pesca negli ultimi tre anni; 3. Il socio “presentatore” può presentare un solo “presentato”; 4. Il socio “presentatore” che ha presentato un socio nella precedente stagione, può ancora fruire della promozione nel caso ne presenti un altro. Per fruire della promozione è necessario: Che “presentatore” e “presentato” si rechino contemporaneamente presso i nostri uffici oppure che il “presentato” venga, da solo, munito di fotocopia della pagina del libretto segna pesci del socio presentatore dove sono riportati i dati dello stesso (anagrafici, numero doc. identità, CODPES ecc). Lo sconto in questo caso sarà riconosciuto solo al nuovo socio In ogni caso, per qualsiasi chiarimento, telefonate senza indugi al 0342 21 72 57.
PER IL RINNOVO SI DEVE RICONSEGNARE IL VECCHIO LIBRETTO SEGNAPESCI 2016 si avvisa che per ottenere il rilascio del nuovo permesso stagionale 2017 è indispensabile, se non già fatto in precedenza, consegnare al punto vendita prescelto il vecchio tesserino segnapesci e il relativo foglio riassuntivo delle catture. tale foglio deve essere fedelmente compilato in quanto facilita il lavoro di registrazione di una serie di dati. Chi intendesse trattenere per sè il libretto come ricordo, dovranno recarsi presso la sede di Unione Pesca di sondrio dove si certificheranno le vostre catture. Per qualsiasi chiarimento in merito, chiamate l’ufficio al n. 0342 217257
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V i ta a s s o C i at i Va
i custodi del FiUme intervista di MarCo Corengia
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residente Bianchini, alla fine è stato rieletto per la quarta volta (la prima nel 1996) – e questa con ampio margine. Come si spiega un appoggio così trasversale? Spero di aver fatto qualcosa di buono in tutti questi anni, mi auguro che sia dipeso anche da questo. L’hanno appoggiata anche i delegati più giovani dell’assemblea di Ups... R. E’ vero, ho anche l’impressione che qualche volta mi capiscano più loro rispetto alla vecchia guardia a cui solo per ragioni anagrafiche appartengo. Credo di non essere mai stato un conservatore. Parliamo quindi di ricambio generazionale. Da quest’anno nel Comitato di Gestione ci sono volti nuovi e rappresentanti più giovani. Cosa aspettarsi da loro? Sette componenti su sedici sono giovani di prima nomina. E sono tutti consapevoli che il mondo della pesca debba darsi una mossa, che non ci può essere una valida difesa degli ambienti fluviali senza un’associazione forte come la nostra, che le cose da fare sono ben identificate ma vanno fatte, non basta parlarne. Fin dai primi giorni questi ragazzi si sono rimboccati le maniche e assunti compiti e responsabilità precise. Perché le associazioni di volontariato possono esistere solo così, le chiacchere stanno a zero. Come la mettiamo con il calo degli associati? Nel 2016 in Valtellina i pescatori sono aumentati del 8,6%, soprattutto grazie a un’intelligente campagna di tesseramento che riproponiamo quest’anno. Ma il problema resta e lo si affronta solo in due modi: facendo conoscere le nostre opportunità di pesca all’esterno e promuovendo il ricambio generazionale con opportune iniziative verso i giovanissimi.
(foto Alessandro Belluscio)
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E come pensa Ups di promuovere meglio le acque valtellinesi in Italia e all’estero? La Valtellina ha un’offerta pescatoria unica, ma non viene percepita a sufficienza all’esterno. Quindi dobbiamo andare oltre e per farlo non servono necessariamente grandi risorse finanziarie. Ci sono i social network da usare al meglio, bisogna essere presenti alle fiere del settore pesca, diffondere di più la nostra bella rivista. Immaginate il contributo che Regione Lombardia potrebbe offrire alla promozione della pesca se solo costituisse un database di tutti coloro che versano la tassa di concessione regionale: stiamo parlando di circa 80.000 pescatori solo in regione. A livello nazionale siamo oltre il milione. Nei dovuti modi e con il consenso degli interessati, attraverso una piattaforma informatica regionale dedicata, si potrebbero veicolare loro le offerte di pesca, promuovendo così anche il turismo in valle.
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Sul tema “pesca e turismo” credo di essere piuttosto ferrato. Quanto potrebbe dare la pesca ricreativa al settore? Nel 2015 la Valtellina ha avuto circa 2.720.000 ospiti di cui il 50% stranieri. La sola Alta Valtellina ha assorbito l’80% del totale e anche lì solo in parte per via dell’offerta sciistica. Ritengo sia ovvia la necessità di investire in tutto il territorio sulle altre - e sono tante - attività sportive e ricreative legate alla natura, e la pesca non è seconda a nessuno. Da marzo a inizio dicembre, tanto dura la stagione, spesso nei week end vi è la presenza di centinaia di pescatori di fuori provincia, anche con le loro famiglie. Costituiamo un mercato che non andrebbe sottovalutato. E con 150 euro si pesca tutto l’anno, con la possibilità di usufruire di permessi dai costi differenziati, dal giornaliero al settimanale... Appunto. Gestiamo l’Adda e la Mera, 220 torrenti, 110 laghi alpini, 50 bacini artificiali, un totale di 1350 km di acque a vocazione salmonicola idonee a soddisfare gli amanti di ogni tecnica, tutte accessibili con un unico permesso che consente di pescare pressoché ovunque, non esiste paragone in Italia. C’e` chi dice che, in confronto, la tassa regionale è un po’ salata Non lo è in senso assoluto: 23,00 euro non
Valter Bianchini
sono molti per chi pesca tutto l’anno, troppi in aggiunta al nostro permesso, soprattutto se pensiamo al turista che in media si ferma due/tre giorni. Un pensiero alla reintroduzione della differenziazione dei costi credo che Regione Lombardia dovrebbe farlo. Abbiamo segnalato lo scorso anno questo problema, ma la proposta non è stata accolta. Ci mancava poi la norma statale che obbliga a pagare la tassa di concessione solo con bonifico bancario - senza quindi la possibilità di trovare gli sportelli aperti nel fine settimana e, a completare il quadro, anche l’impossibilità di poter utilizzare strumenti elettronici di pagamento.
(foto Mauro Bagiolo) Il Comitato di gestione di UPS.
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I costi di gestione di un’associazione che deve occuparsi di un territorio così vasto sono ingenti, quali finanziamenti ricevete?
Visto che siamo in tema parliamo proprio di riqualificazione fluviale. Quali i progetti per il quadriennio entrante?
Ormai solo spiccioli. Grazie ai tagli della bocciata legge Del Rio, le esigue risorse della Provincia servono a coprire costi di servizi essenziali quali scuole, strade provinciali ecc. La gestione corrente, a fatica, se la pagano i pescatori anche grazie al volontariato di decine di soci. Però va ricordato che abbiamo un centro ittiogenico dichiarato di valenza strategica regionale capace di sviluppare progetti importanti, nonchè la necessità e capacità di realizzare opere di riqualificazione fluviale. Ecco, su questi temi meriteremmo sicuramente maggiore considerazione da parte degli enti pubblici.
Dipende dai finanziamenti che sapremo meritarci. Finora abbiamo investito in pochi anni più di 1 milione di euro in opere ben fatte. Grazie a Fondazione Cariplo a breve impegneremo altri 320 mila euro nel torrente Mallero. Poi ci auguriamo abbia buon esito la domanda di finanziamento sul programma interreg 2014 – 2020 che abbiamo presentato per progettare e realizzare interventi di monitoraggio, salvaguardia e miglioramento degli ambienti acquatici del bacino imbrifero della Mera. Però anche qui bisogna essere chiari, diversamente i nostri sforzi sono inutili: chi mette mano ai corsi d’acqua - per qualsiasi ragione lo faccia - deve ricordarsi che sono ambienti protetti. Se vuoi piantare un paletto in una fascia di rispetto fluviale ti fanno giustamente un mazzo così, poi vedi qualche volta operare negli alvei dei corsi d’acqua come gli elefanti in una cristalleria.
Ma i sovraccanoni delle acque non dovrebbero servire in parte anche a questo? Certo, è incomprensibile che non sia così. Al netto della parte destinata a sostenere pubblici servizi, di ciò che resta chiunque può verificarne le modalità di utilizzo, i dati sono pubblici.
Adda a Piateda (foto Valter Bianchini)
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(foto UPS)
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E a che punto stanno I rapporti con le società idroelettriche e la questione svasi? Per ora non sono previsti interventi di svaso. Da quelli del passato abbiamo acquisito una montagna di dati che dovranno servire in futuro. L’impatto di queste operazioni sul patrimonio ittico, in particolare sul temolo, è stato troppo pesante. Per il resto i rapporti sono quelli di due parti che hanno interessi diversi ma devono usare lo stesso bene naturale, quindi diretti e franchi. Teniamo poi conto che quasi tutte le concessioni idroelettriche sono o scadute o in scadenza, e non esiste chiarezza sulle competenze al rinnovo. Quindi risulta difficile impostare con loro ragionamenti di lungo termine. Quando si sporcano le acque si sente il solito ritornello, “stanno facendo svasi occulti da Cancano e Fusino”. Chiederlo al presidente di UPS e` un po’ come domandare all’oste se il vino e buono. Ma quanto c’e` di vero in queste affermazioni? Solo un pazzo prenderebbe iniziative di questo tipo venendo meno alle norme vigenti con le conseguenze del caso. Altra cosa sono le manovre sugli impianti a causa di situazioni straordinarie determinate da eventi naturali, ad esempio lo sghiaiamento delle opere di presa o delle traverse che non sono soggette ad alcun tipo di autorizzazione. E qui ci sarebbe molto da dire, anche sotto il profilo dell’informazione da parte dei gestori. Ma la realtà è che quasi sempre per sporcare l’intero fiume fino al lago basta uno smottamento in una valle laterale, un forte temporale a 100 km di distanza, la torbidità naturale delle acque turbinate da alcuni bacini artificiali, le alte temperature che sciolgono i nevai. Tra i tanti problemi non e`mai mancato quello dei cormorani Costituiscono una grave minaccia per la biodiversità e questo non è colpa dei pescatori ma del protezionismo ad oltranza. Erano vicini all’estinzione e quindi sono stati protetti oltre il dovuto, ora si sono riprodotti in numero tale che nemmeno le acque di grande estensione, cioè i loro habitat naturali, sono più in grado di far fronte al loro fabbisogno alimentare. Di conseguenza si spingono in gran numero nei piccoli corsi d’acqua salmonicoli. Ma le nostre popolazioni ittiche non reggono l’impatto. Per ora, grazie all’attuazione di azioni mirate di dissuasione autorizzate dal 2000 in poi, riusciamo a fatica a mantenere un equilibrio delicatissimo. Mettiamola pure così: se si vuole
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che il cormorano frequenti la Valtellina, allora dobbiamo consentirgli di predare solo una parte della nostra popolazione ittica: da intendersi come il tributo che Adda e Mera devono pagare per il sostentamento della specie, in virtu` del loro essere parte di un ecosistema complesso e condiviso. Che non appartiene solo ai pescatori, ma nemmeno soltanto ai cormorani. Diversamente dopo pochi mesi non avremmo più ne` i pesci ne` i cormorani. Servirebbe un coordinamento regionale per affrontare seriamente il problema, a partire dagli interventi sui dormitori che sono troppo vicini alle acque da salmonidi. A giudicare dalla complessita` delle problematiche trattate, emerge ancora una volta che mandare avanti un’associazione di pescatori come UPS e` molto di piu` che fare gli interessi di noi pescatori Vero. Ma tutelare l’ecosistema E` fare gli interessi dei pescatori e non solo. Esistiamo per questo, “dare da pescare” a qualche migliaio di appassionati è solo un aspetto della nostra attività. Tra noi e chi gestisce con fini più o meno commerciali un corso d’acqua o un laghetto, c’è l’abisso. Questa differenza qualche volta qualcuno non la capisce, ma senza Ups chi presterebbe attenzione a cosa accade all’ambiente fluviale ogni giorno, dal più sperduto lago alpino al torrente o ai fiumi di fondovalle? Un sogno nel cassetto? Ampliare il centro ittiogenico di Faedo completandolo con un acquario. E allestendo un percorso dove mostrare il ciclo della riproduzione, gli ambienti fluviali e i pesci della Valtellina, al fine di aumentare la consapevolezza dell’importanza di proteggere gli habitat d’acqua dolce. Un luogo destinato ai cittadini e alle scuole che desiderano partecipare a un’esperienza di apprendimento fuori dalle aule. Per chiudere, ci direbbe un pregio di UPS che puo` fare da cardine per le vostre strategie di gestione e un difetto che vorrebbe impegnarsi a ridimensionare? Sicuramente potremmo fare di piu` per quanto riguarda la comunicazione verso l’esterno. Ci sono realta` che fanno infinitamente meno ma si vendono meglio. Su questo intendiamo sicuramente lavorare. Un limite dietro il quale si nasconde pero` il nostro piu` grande pregio: siamo gente che invece di parlare fa. E di questo sono decisamente fiero.
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I L RI C OR D O
Sandro Sozzani, un bene comune
Sandro Sozzani
L
a morte è un fatto eminentemente privato. Appartiene prima di tutto a chi se ne va e poi a chi ne viene investito. Alla famiglia, moglie, figli, le persone più prossime. Rimanda a un intreccio di vite, di affetti personali, di sofferenze e di passioni annodate insieme per anni. A loro va il nostro cordoglio e la nostra vicinanza.
ULTIM’ORA Venerdì 3 febbraio la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalle società idroelettriche contro il Piano di bilancio idrico messo a punto dalla Provincia di Sondrio. Una sentenza che conferma nel merito e nel metodo il lavoro svolto dall’ente per una corretta gestione della risorsa idrica e pone un freno ormai definitivo a ogni futuro tentativo di sfruttamento. Primo e unico esempio in Italia, il documento eleva il “laboratorio Valtellina” a caso da studiare ed esportare. La notizia ha cominciato a circolare poco prima dell’inizio dei funerali di Sandro Sozzani. In mezzo alla sua gente, a quelli che insieme a lui – e grazie a lui - non si sono mai arresi. 26
Ma quando ad andarsene è un personaggio come Sandro Sozzani, alla famiglia chiediamo di poter ricordare l’uomo pubblico e tutto quello che ci ha lasciato. Sindaco di Sondalo, presidente della comunità montana Alta Valtellina, assessore ai lavori pubblici in provincia, Sandro ha legato il suo nome allo IAPS e alla battaglia per la difesa delle nostre acque e del nostro territorio. Un impegno talmente forte che ci autorizza a parlare di “un prima” e “un dopo” Sandro Sozzani. Il punto nodale del suo operato sta sicuramente nella presa d’atto di quanto lo sfruttamento predatorio e indiscriminato dei nostri torrenti stesse provocando una crisi di coscienza e identità talmente pervasive da essere percepito come inevitabile. Merito dello IAPS – oltre a raccogliere sotto un unico cartello associazioni che ognuna per proprio conto combattevano per lo stesso fine - è stato quello di ridestare nei valtellinesi la consapevolezza che lo scempio poteva e doveva essere fermato. Le battaglie per la moratoria del 2006, le feste dell’acqua, la giornata provinciale dell’acqua del 27 giugno 2010, le 45mila firme della sottoscrizione della richiesta di sospensione immediata di tutte le domande di derivazione idroelettrica, le iniziative parlamentari, hanno elevato un grido di protesta a ritrovata coscienza popolare. Era caduta la maschera. Il trucco svelato. Anche la politica ha dovuto prenderne atto. L’approvazione del Piano Territoriale e il Bilancio Idrico del 25 gennaio 2010 da parte dell’ Amministrazione Provinciale di Sondrio poi ne sono la espressione finale. La notizia della morte di Sandro arriva con la nostra rivista già fatta e finita. Cento pagine che ci sono servite per raccontarvi che gestire la pesca non è solo pensare a pesci e pescatori. Vuol dire partire dall’acqua, significa aver cura dell’ambiente che ci ospita, ci impegna a trovare un equilibrio in un sistema complesso di interessi. A rileggerla adesso, probabilmente piacerebbe anche a lui.
tUteLa aCQUe
deFL Usso minimo vitale di giorgio Lanzi
E
cce Homo, dopo un lungo periodo di attesa, lo scorso mese di dicembre la Giunta Regionale, con proprio atto n. 5945 e n. 5946 del 05.12.2016, ha approvato le determinazioni conclusive sulla sperimentazione del deflusso minimo vitale (DMV) nei corsi d’acqua dell’alta Valtellina e della Valchiavenna. Nella mia veste di tecnico, membro per conto dell’Unione Pesca del tavolo tecnico appositamente istituito da Regione Lombardia, composto da rappresentanti della stessa Regione, della Provincia di Sondrio, dell’ARPA, del Parco Nazionale dello Stelvio, con compiti di controllo, supporto e verifica dei risultati, dopo sei anni di incontri periodici finalizzati a verificare e discutere l’avanzamento delle attività e i risultati, mi stimolava conoscere sia dal punto di vista tecnico, professionale ed etico, quali fossero le determinazioni definitive che la Regione avrebbe assunto nei confronti della sperimentazione del deflusso minimo vitale. In particolare quali potevano essere i risultati e le scelte del suddetto ente sui progetti di sperimentazione, in relazione ai pareri e alle osservazioni conclusive inviate alla medesima da parte di tutti i soggetti partecipanti al tavolo tecnico. Nello specifico, mi premeva conoscere se le analisi di Unione Pesca, contenute nel documento trasmesso alla Regione, integralmente pubblicato sull’ultimo numero della Rivista Pescare in Valtellina del gennaio 2016, erano state attentamente valutate e per certi aspetti recepite. Osservazioni che avevano l’obiettivo di non bocciare “tout court” la sperimentazione ma di fornire delle valide, puntuali e motivate analisi sito-specifiche che avrebbero contribuito a completare il quadro conoscitivo delle varie situazioni per la determinazione dei valori del DMV da lasciare defluire a valle di ciascuna derivazione con le relative prescrizioni, al fine di mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità degli ecosistemi interessati. Precisamente, come riportato nella deliberazione di Giunta Regionale n.5945 del 5 dicembre 20016 “la finalità della sperimentazione è quella di consentire l’individuazione caso per caso di valori di DMV effettivamente commisurati a ciascun corpo idrico, in funzione delle attività connesse ai diversi utilizzi dei singoli corsi d’acqua e delle caratteristiche degli stessi. La valutazione dei deflussi sperimentali avviene mediante verifica degli effetti ambientali nei tratti a valle delle derivazioni interessate attraverso l’uso di descrittori idromorfologici, chimico-fisici e biologici. Le sperimentazioni comunque non devono pregiudicare il raggiungimento o mantenimento degli obiettivi
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(foto Alessandro Belluscio)
La fine della sperimentazione 29
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(foto Valter Bianchini)
di qualità ambientale stabiliti per il corso d’acqua”. Principio affermato dalla Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio n.2000/60/CE del 23.10 2000 che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acqua, prevedendo il raggiungimento entro il 2015 di obiettivi di qualità ecologica per le acque superficiali. Ebbene, posso affermare con assoluta certezza che il provvedimento approvato dalla Giunta regionale è assolutamente coerente con le valutazioni contenute nel nostro documento, quindi non sono state deluse le nostre aspettative. In particolare, mi riferisco alle analisi formulate dalla nostra associazione in ordine all’individuazione di alcune situazioni di grave criticità del fiume Adda nel tratto compreso tra Premadio e Le Prese e nel fiume Mera a valle dell’invaso di Villa di Chiavenna. Nel primo corso d’acqua, le criticità ambientali sono causate dalla scarsità d’acqua, in particolare nel periodo invernale e da altri fattori naturali e antropici legati al trasporto di grandi quantitativi di sedimenti per effetto della disgregazione dei ghiacciai, del dissesto idrogeologico, degli svasi e degli sghiaiamenti dei bacini idroelettrici e delle opere di presa, che hanno causato il degrado degli ecosistemi fluviali, in particolare della fauna ittica. Nel secondo corpo idrico, la situazione di forte criticità ambientale è determinata da vari fattori riconducibili al trasporto solido, al dissesto idrogeologico, alla gestione degli impianti svizzeri ubicati più a monte, ai sedimenti presenti nell’invaso di Villa di Chiavenna e alla discontinuità idrologica determinata dagli impianti idroelettrici situati lungo l’asta del Mera, tutti elementi che determinano la carenza delle specie ittiche, in particolare delle specie di importanza comunitaria temolo, trota marmorata e vairone. Pertanto, le nostre valutazioni sulle tematiche ambientali sopra descritte sono state di valido supporto, con i risultati analitici dei monitoraggi biologici ed ecologici, per la formulazione da parte della Regione delle determinazioni conclusive sulla sperimentazione relativamente al valore del DMV da rilasciare nei suddetti tratti dei fiumi Adda e Mera da parte delle società A2A ed Edipower, con l’integrazione da parte dell’autorità concedente degli eventuali fattori correttivi ove prescritti. In questi due casi la Regione ha stabilito l’applicazione della norma generale del PTUA, con l’eventuale applicazione dei fattori correttivi dove prescritti dall’autorità concedente, relativa all’obbligo del rilascio della componente idrologica del DMV, definita come il 10% della portata media naturale dalle opere di presa di Premadio, Viola a Premadio, Le Prese e Boscaccia per il Fiume Adda e da Villa di Chiavenna per il fiume Mera, non ritenendo coerente con gli obiettivi previsti dalla sperimentazione le proposte di Edipower e di A2A che ipotizzavano valori di DMV inferiori a tale percentuale o modulati nel corso dell’anno come specificato nella seguente tabella, estrapolata dalla delibera regionale, nella quale sono precisati i valori di portata da lasciare defluire a vale dalle derivazioni quale deflusso minimo vitale e relativa sintesi delle motivazioni. tutto questo si traduce in una maggiore disponibilità idrica per i suddetti corsi d’acqua e una portata costante per tutto l’anno, che nel caso del Mera, nel tratto compreso tra l’invaso di Villa di Chiavenna e la confluenza dello scarico della Centrale di Prata Camportaccio, comporterà un incremento di portata pari
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Valore DMV Sperimentale Novembre/ aprile
Valore DMV sperimentale Maggio /ottobre
Valore DVM da rilasciare in continuo tutto l’anno D.G.R. 05.12.20016 n.5945
2.531
152
253
253
I risultati nella Stazione AD1 relativi a macroinvertebrati e pesci non consentono di considerare raggiunti gli obbiettivi sperimentali… omissis… Inoltre la comunità ittica si presenta in uno stato di degrado mostrando una elevata instabilità non imputabile esclusivamente agli eventi di piena o alle operazioni di svaso.
Valdidentro 1.222 Viola – Premadio (AD1)
3.985
279
359
398
I risultati nella Stazione AD1 relativi a macroinvertebrati e pesci non consentono di considerare raggiunti gli obbiettivi sperimentali… omissis… Inoltre la comunità ittica si presenta in uno stato di degrado mostrando una elevata instabilità non imputabile esclusivamente agli eventi di piena o alle operazioni di svaso.
Adda – Le Sondalo Prese (AD2)
949
14.976
1.198
1.498 modulati
1.498
I risultati della Stazione AD2 relativi a macroinvertebrati e pesci non consentono di considerare raggiunti gli obbiettivi sperimentali… Omissis... anche la comunità ittica presenta una situazione generale di degrado risultando alterata per la carenza di elementi di elevato interesse per l’area, come la trota marmorata e lo scazzone. Una riduzione di portata all’interno dei valori sperimentali determina una importante perdita di alveo bagnato con conseguente perdita di capacità riproduttiva del fiume.
Sondalo Adda – Boscaccia (AD3)
825
16.500
1.320
1.650 modulati
1.650
I risultati della Stazione AD3 relativi ai macroinvetebrati e pesci non consentono di considerare raggiunti gli obbiettivi sperimentali... omissis... Per quanto riguarda i pesci, l’applicazione del valore di DMV sperimentale rispetto a quello idrologico comporta una riduzione importante dell’alveo bagnato con conseguente riduzione della sua capacità ittiogenica
Quota (m slm)
Comune
Adda Valdidentro 1.224 Premadio (AD1)
Corso d’acqua nome derivazione
Portata media naturale annua (l/s)
Sperimentazione Società A2A
Sintesi Motivazioni
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7.950
644 dalla diga di Villa di Chiavvenna + 151 dallo scarico della centrale di Prata Camportaccio
Valore DVM da rilasciare in continuo tutto l’anno D.G.R. 05.12.20016 n.5946
830
Valore DMV Sperimentale
Portata media naturale annua (l/s)
F.Mera – Villa di Invaso Villa di Chiavenna Chiavenna
Quota (m slm)
Comune
Corso d’acqua nome derivazione
Sperimentazione Società Edipower
Applicazione della norma generale vale a dire 795 l/s come componente idrologica ed eventuale applicazione dei fattori correttivi ove prescritti dall’autorità concedente
Sintesi Motivazioni
La situazione relativa ai macroinvertebrati nelle stazioni M1 e M2 mostra un andamento discontinuo con frequenti scadimenti dell’indice STAR_ICMi al di sotto del valore buono; considerato esclusivamente i dati raccolti in condizioni di DMV sperimentale, il valore medio dell’indice per ben due annualità si attesta all’interno della classe qualitativa sufficiente. Anche il trend nei 6 anni di sperimentazione,
a 4.716.936 metri cubi di acqua all’anno (151 l/s) che contribuiranno sicuramente a migliorare la situazione ambientale di questo tratto di fiume. Oppure nel tratto di fiume Adda di venti chilometri compreso tre le opere di presa di Premadio in Comune di Valdidentro e di Boscaccia in Comune di Sondalo dove avremo una maggiore disponibilità idrica annuale, rispetto a quella attuale, così distinta per derivazione: dalla presa Adda – Premadio 1.592.568 (101 l/s), dalla presa ViolaPremadio 1. 876.392 (119 l/s), dalla traversa di Le Prese 4.730.400 (300 l/s) e da Boscaccia 5.203.440 metri cubi (330 l/s). D’altro canto le determinazioni finali della sperimentazione del deflusso minimo vitale relative ai summenzionati tratti di fiume Mera e Adda non potevano essere differenti da quelle assunte dalla Regione, che da parte nostra erano auspicabili, in conseguenza dei risultati analitici delle indagini condotte per sei anni e non lasciano spazio ad altre ipotesi di scenari di rilasci diversi da quelli approvati. I risultati delle analisi e dei campionamenti effettuati negli anni di sperimentazione mediante la verifica degli effetti ambientali attraverso l’uso dei descrittori chimico-fisici, diatomee, macroinvertebrati, fauna ittica,
considerando i dati in condizione di DMV sperimentale, mostra un andamento decrescente. Va considerato inoltre che la situazione ittiofaunistica indica una carenza di specie o esemplari la cui presenza è direttamente correlabile alle condizioni di portata e profondità. Come riferito inoltre nel parere della Comunità Montana di Valchiavenna in qualità di Gestore del SIC è indicato che le specie di importanza comunitaria vairone e temolo si trovano in uno stato di conservazione non favorevole/inadeguato, mentre la trota marmorata si trova in uno stato conservazione non favorevole/cattivo. La sperimentazione no è riuscita a dimostrare l’assenza di queste criticità, né il fatto che esse non siano imputabili al DMV sperimentale. Ulteriore elemento di criticità, evidenziato in sede di istruttoria in particolare da parte di UPS Sondrio, è costituito dalle particolari modalità di rilascio della componente idrologica del DMV, applicate in via sperimentale attraverso la parzializzazione in due distinte aliquote (8,1% rilasciato presso lo sbarramento di Villa di Chiavenna e 1,9% dallo scarico della centrale di Prata). Queste modalità non hanno fornito sufficienti garanzie circa la loro effettiva attuazione. Anche la modalità di verifica della portata media giornaliera nella Stazione M3 non è stata ritenuta idonea da parte del competente ufficio ARPA.
Torrente Viola - opera di presa A2A in località Carich (foto G. Lanzi).
Edipower - bacino di Villa di Chiavenna (foto G. Lanzi).
Fiume Adda - traversa A2A in località Le Prese (foto G. Lanzi).
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grandezze idromorfologiche e condizioni di habitat, nelle stazioni Adda a Premadio, Adda Viola-Premadio, Adda - Le Prese, Adda – Boscaccia e Mera a valle di Villa di Chiavenna, integrate dalle osservazioni degli enti interessati alla sperimentazione: Provincia, Comunità Montane e Unione Pesca, non consentono, come riportato nella Deliberazione regionale, “di considerare raggiunti gli obiettivi sperimentali, in particolare per i macroinvertebrati e per la fauna ittica”. Di conseguenza l’Ente pubblico, considerato che come detto gli obiettivi sperimentali non sono stati raggiunti, la Regione ha applicato il” principio di precauzione”, che fa obbligo alle Autorità competenti di adottare provvedimenti appropriati al fine di prevenire i rischi potenziali per la sanità pubblica, per la sicurezza e per l’ambiente. L’applicazione del principio di precauzione comporta dunque che, ogni qual volta non siano conosciuti con certezza i rischi indotti da un’attività potenzialmente pericolosa, l’azione dei pubblici poteri debba tradursi in una prevenzione anticipata rispetto al consolidamento delle conoscenze scientifiche, anche nei casi in cui i danni siano poco conosciuti o solo potenziali. Nella fattispecie i risultati analitici delle verifiche effettuate contribuiscono a rafforzare il provvedimento della Regione. Ovviamente alle determinazioni assunte dalla Regione in merito alla quantità d’acqua da rilasciare come DMV da ciascuna derivazione, le autorità concedenti dovranno effettuare la revisione dei rispettivi disciplinari di concessione entro 60 giorni dalla pubblicazione della richiamata Deliberazione. Nell’atto approvato sono contenute anche delle prescrizioni relative alla necessità di attuare approfondimenti in merito alla possibilità di attuare azioni per il mantenimento di condizioni di continuità idraulica lungo il torrente Rezzalasco e la valutazione dell’opportunità di incrementare i valori del DMV da rilasciare dagli invasi per il periodo necessario a minimizzare per quanto possibile gli effetti impattanti delle attività di svaso e fluitazione.
Conclusioni La sperimentazione del Deflusso Minimo Vitale che si e`svolta nell’arco temporale di sei anni, dal 2009 al 2015, ha coinvolto la maggior parte dei corpi idrici dell’alto bacino del fiume
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Adda e buona parte dei corsi d’acqua della Valchiavenna, che vengono utilizzati a fini idroelettrici. Nel corso di tutta l’attività sperimentale e` stata raccolta ed elaborata una quantità enorme di dati e di conoscenze tecniche e scientifiche relative ai descrittori biologici indagati: macrobenthos, diatomee, chimico-fisici ed ecologici e fauna ittica che completa e arricchisce il quadro conoscitivo sullo stato ambientale dei nostri corsi d’acqua che senza la sperimentazione non avremmo mai avuto modo di avere a disposizione per una corretta politica gestionale rivolta alla tutela a all’incremento del patrimonio ittico provinciale. I risultati della sperimentazione consentono di affermare che in tutti i tratti monitorati, lo stato di “salute” dei nostri corsi d’acqua - ad eccezione ovviamente delle situazioni sitospecifiche del Mera e del tratto di Adda fino a Sondalo - sia di qualità “buona” o “elevata” rispetto agli obiettivi ambientali imposti dalle politiche europee, nazionali e regionali di settore. In alcuni casi la sperimentazione è stata utile per migliorare sensibilmente la situazione idromorfologica e degli habitat fluviali di alcuni corsi d’acqua, come ad esempio il tratto pianeggiante situato immediatamente a monte dell’invaso di Prestone nel torrente Liro in Comune di Campodolcino, che andava in asciutta in determinati periodi dell’anno. Ora la continuità idraulica è stata assicurata dai rilasciati incrementali effettuati dall’invaso di Isola della società Edipower in virtu` della sperimentazione. Dalla sperimentazione risulta altresì evidente che la sola componente idrologica - cioè lasciare defluire più o meno acqua in un corpo idrico - non è sufficiente per raggiungere gli obiettivi di qualità previsti dai protocolli. In contesti sottoposti a pressioni ambientali diverse dai DMV come nei tratti dei fiumi Mera e Adda, sara` quindi importante intervenire con un set di possibili risposte atte a contribuire alla risoluzione o al miglioramento delle singole problematiche. Tali risposte vanno intese come linee di azione prioritarie e specifiche entro le quali è auspicabile si collochino le proposte progettuali da finanziare con risorse economiche e con il coinvolgimento diretto dei Gestori degli Impianti idroelettrici, sull’esempio delle azioni previste dal Progetto Interreg che riguarda il fiume Mera.
Torrente Vallaccia (foto Valter Bianchini)
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Vicini di casa
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a sperimentazione sui DMV non è un’esclusiva tutta valtellinese. Nell’ottobre 2016 la Provincia Autonoma di Trento ha infatti pianificato un provvedimento analogo nelle acque di loro competenza. L’aspetto piu` curioso della vicenda e` stato il modo in cui chi ha messo mano alla rivista ha reagito di fronte a quanto stava succedendo. “L’erba del vicino (non) e` sempre la piu` verde”, ha chiosato chi era animato da un sano spirito di competizione. “Non tutti i mali vengono per nuocere” o “Meglio guardare al bicchiere mezzo pieno” e` stata l’interpretazione di chi e` costretto a far di conto. Un intreccio di luoghi comuni, frasi fatte e saggezza popolare che alla base ha almeno tre considerazioni: 1. L’acqua fa gola a molti. E tavolate di “golosi” si stanno apparecchiando ovunque. Non solo in Valtellina. Teniamoli d’occhio 2. Le nostre paure purtroppo stanno diventando paure comuni a molte – troppe – associazioni di pescatori. Almeno noi, come avrete modo di leggere qui a fianco – gli abbiamo posto un freno. Prima con la moratoria sui piccoli salti e adesso con le nostre osservazioni di fronte alla sperimentazione accolte da Regione Lombardia 3. Qualcosa dai trentini potremmo impararlo anche noi. Dalle societa` idroelettriche, in cambio delle nuove concessioni, sono riusciti a ottenere contributi economici da destinare a politiche di riqualificazione e opere ittiogeniche piu` vantaggiosi rispetto ai nostri. Teniamone conto quanto arrivera` il momento della ricontrattazione. Ben sapendo pero` che i soldi da soli non servono a niente e che un equilibrio va trovato. Perche` un fiume senza acqua – anche se ti danno i soldi per buttarci i pesci - sara` sempre e soltanto un fiume morto. M.C.
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La Sperimentazione trentina Noi cittadini della provincia di Sondrio proviamo quasi sempre invidia per i nostri vicini trentini e altotesini ( “sud tirolesi” come amano definirsi) per i benefici politici, amministrativi ed economici derivati dallo status di province autonome di cui godono; e nel contempo nutriamo ammirazione per come sanno gestire in modo efficacie ed efficiente la “cosa pubblica”. Oltre a questo, si distinguono anche per la capacità di sapere conservare il patrimonio ambientale e valorizzare a livello di marketing strategico il loro patrimonio naturale, cosa che noi valtellinesi e valchiavennaschi non abbiamo ancora capito, nonostante le bellezze naturali che caratterizzano le nostre valli. Tuttavia, ogni tanto, capita anche a loro di assumere dei provvedimenti che lasciano un po’ perplessi anche noi operatori di settore ed esperti in materia di acque. Ci riferiamo, in particolare, al provvedimento della Giunta Provinciale di Trento dell’ottobre 2016 inerente l’approvazione dello schema di accordo tra la Provincia Autonoma di Trento e la Società Hydro Dolomiti appartenente al Gruppo Dolomiti Energia, società pubblico/ privata partecipata dalla stessa Provincia di Trento, per l’avvio di una fase sperimentale finalizzata alla “ricalibrazione delle portate d’acqua per il DMV rilasciate da alcune opere di presa di grandi derivazioni idroelettriche”. Fino a qui niente di scandaloso, anzi: sarebbe lecito aspettarsi la richiesta di un maggior rilascio di acqua negli alvei sottesi dalle derivazioni. Invece niente di tutto ciò, visto che la richiesta prevede la riduzione dei deflussi minimi vitali in modo sperimentale, assicurando nel contempo il raggiungimento e il mantenimento degli obiettivi di qualità come previsto dalla normativa Comunitaria e Statale. In buona sostanza come è stato fatto in Provincia di Sondrio relativamente
alla sperimentazione sul DMV approvata dalla Regione Lombardia. Dall’analisi degli strumenti di pianificazione della Provincia di Trento, Piano Generale di Utilizzazione delle Acque Pubbliche (PGUAP), Piano di Tutela delle Acque (PTA) e in particolare dal Bilancio Idrico, emerge che in alcuni casi per il reticolo idrografico del territorio trentino i valori unitari del DMV risultano sovrastimati rispetto alla reale disponibilità idrica dei corsi d’acqua. Sulla base della suddette conclusioni contenute nei predetti strumenti, la Provincia di Trento ha inteso avviare una fase di ricalibrazione sperimentale - in termini di riduzione – dei valori di rilascio per il DMV di talune opere di presa afferenti le grandi concessioni di derivazioni idroelettriche esistenti su territorio provinciale, approvando un accordo con la Società Hydro Dolomiti. Ci sono anche degli aspetti positivi di questo accordo, che prevede dei vantaggi economici non indifferenti rispetto alla nostra sperimentazione, cioè che parte dei benefici finanziari derivati dalla maggiore produzione di energia verranno messi a disposizione ai fini della realizzazione di opere ed attività di interesse pubblico sulla base di piani annuali predisposti dalla Provincia Autonoma di Trento, che in sintesi consentono un miglioramento, una riqualificazione e una migliore fruizione collet-
tiva – sia per i residenti che a scopo turistico – dei tratti di fiumi/torrenti interessati dalla sperimentazione. A titolo esemplificativo riportiamo le principali: • interventi di ripristino/rinaturalizzazione/ mitigazione degli impianti sugli alvei di torrenti e fiumi dei territori limitrofi alla sperimentazione • interventi atti a migliorare la fruibilità delle strade • interventi mirati all’ampliamento della rete piste ciclo – pedonali • interventi a supporto delle attività ittiogeniche delle associazioni di pescatori. Giorgio Lanzi
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ATT U A L IT À di Marco Corengia
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o scorso 24 giugno a Roma, presso la sede del Consiglio Nazionale delle Ricerche, è stato presentato l’ultimo Rapporto sul Turismo Italiano. L’opera - patrocinata da CNR ed ENIT, Ente Nazionale per il Turismo, giunta ormai alla ventesima edizione - è il documento di politica ed economia del turismo più continuo prodotto nel nostro paese e vanta una tradizione ultra-trentennale. Con essa un comitato scientifico di esperti del settore cerca di offrire una base conoscitiva
ampia ed esaustiva del comparto turistico e delle dinamiche che lo caratterizzano, così da suggerire strategie di intervento agli operatori. Tra le sezioni che caratterizzano il rapporto, la commissione aveva deciso di dedicare un capitolo alle opportunità che la pesca ricreativa potrebbe garantire al reparto turistico, cosa che mi ha dato modo di contribuire al progetto. A livello metodologico, l’aspetto più importante è stato l’approccio che ha contraddistinto il lavoro. Siamo infatti abituati a considera-
zioni del tutto qualitative sul tema, basate su supposizioni empiriche e personali. Il metodo scientifico pretende invece che ogni conclusione sia supportata da numeri e dati che ne giustifichino o incrinino le certezze. E già mettermi alla ricerca del dato più elementare – il numero dei praticanti in Italia – ha dimostrato come il mondo della pesca ricreativa sia lasciato a se stesso, privo di un coordinamento nazionale capace di pianificarne gestione e sviluppo. A conti fatti nè il Ministero delle Politiche
Lago di Livigno (foto Giancarlo Ticozzi)
Caos primordiale 38
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L’Adda alla Sassella (foto Valter Bianchini)
Agricole e Forestali, nè le due maggiori associazioni di categoria – FIPSAS e ARCI pesca – così come la FIPO, la federazione dei produttori di attrezzature da pesca o APR, “alleanza pescatori ricreativi” - sono state in grado di fornirmi il numero esatto dei loro associati, rimandandomi a stime approssimative che parlano di circa 180-200 mila associati per FIPSAS e 100-140mila per ARCI pesca. Figurarsi il numero totale dei praticanti nel nostro paese. Se il dato nazionale mancava, con un minimo di matematica e voglia di fare si poteva almeno provare a costruirselo. Bastava chiamare uno a uno gli uffici regionali di competenza. E qui scopri che davvero il mondo è vario. Bello forse no, ma vario decisamente. Così come vario è il livello di educazione, di “impegni che adesso non ti lasciano neanche il tempo di respirare”, di passaggi di competenze da province a regioni che in alcune regioni si sono già concretizzati e in altre chi lo sa, di grafici che da Regione Liguria e Friuli Venezia Giulia arrivano in 10 minuti mentre altri devono ancora arrivare. “Magari, forse, se riusciamo a trovarli”. Alla fine un dato ipotetico si può anche abbozzarlo, e parla di 3/400mila pescatori in acque interne. Dai quali rimarrebbero esclusi i soggetti esentati (bambini e ragazzi, over 65 e disabili, quando previsto da disposizione regionale) e gli appassionati di pesca sportiva nei laghetti a pagamento che non necessitano di licenza. Presumibilmente non pochi ma che sfuggono inesorabilmente a ogni stima. Se un pezzo che voleva essere il sunto preciso e matematico di uno studio scientifico vira al sarcastico non è colpa mia. O meglio, l’ho scritto io ma non potevo fare altrimenti. E ognuno di noi avrebbe le sue buone ragioni per risentirsi. Si, perchè statistica e studio delle anagrafiche sarebbero strumenti utilissimi a ottimizzare le potenzialità della pesca ricreativa e farlo, con le opportunità offerte dal digitale, sarebbe semplicissimo. Basterebbe che le regioni passassero alla riscossione della tassa di concessione per via telematica, istituendo sul proprio portale un form per il pagamento, sul quale il pescatore dovrebbe obbligatoriamente registrarsi, garantendo alla Regione stessa una banca dati utile a capire dove sta andando il mondo della pesca, così da anticiparne gli sviluppi. Potrebbe essere il vanto di qualsiasi amministratore che volesse dimostrare di aver creato
Intanto anche in Valtellina...
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o scorso 16 dicembre ho suggerito al nuovo Comitato di Gestione l’opportunità di istituire in seno a UPS una commissione che si occupi della promozione della pesca ricreativa in valle in ottica turistica. I riscontri sono stati molto positivi e – quello che mi ha fatto più piacere – sono venuti da tutte le anime che rappresentano il comitato stesso. Credo che proprio questa comune condivisione del progetto rappresenti l’elemento davvero nuovo sul quale scommettere. Solo elaborando una proposta turistica diversificata potremo soddisfare tutte le nicchie di mercato che compongono il movimento. Qualsiasi strategia non inclusiva finirebbe per dividere invece che unire. La parola d’ordine e` una: “lavoriamo a partire da quello che già c’è”. L’offerta valtellinese e` davvero ampia, unica in Italia. Senza prospettare rivoluzioni, crediamo sia più utile cominciare a far conoscere le nostre acque fuori dai confini consolidati con strategie mirate. Chiara e` la consapevolezza di voler legare la pesca al resto dell’offerta turistica valtellinese, che va dal turismo outdoor arrivando fino all’enogastronomia. Non mancherà poi la volontà di promuovere la pesca anche all’interno della provincia di Sondrio, supportando iniziative di avviamento e sensibilizzazione ambientale rivolte ai più giovani. L’interesse subito mostrato dalla Camera di Commercio e dalle associazioni di promozione turistica ci autorizzano a sperare che il cammino - per quanto sia solo all’inizio - si accompagni a interessanti prospettive di sviluppo. Sviluppo che – in un futuro nemmeno troppo lontano - mi piace pensare possa riguardare l’intera Lombardia. Quando la nostra regione metterà a punto la pianificazione gestionale della pesca su tutto il territorio di sua competenza, potremo infatti trovarci davanti una vastità di acque talmente diversificata – dalla pesca ai salmonidi con l’eccellenza rappresentata dalla provincia di Sondrio, passando per quella sui grandi laghi prealpini, i laghi palustri della fascia sub-collinare, fino alla pesca ai predatori sui grandi fiumi del piano – che meriterebbe di essere messa a sistema cosi` da costituire un’offerta davvero unica in Italia. Come a dire che Sondrio – oltre a confermarsi un modello di riferimento a livello gestionale, come già a suo tempo ebbe a dire l’assessore all’agricoltura di Regione Lombardia Giovanni Fava – potrebbe rappresentare un laboratorio di sperimentazione per la valorizzazione della pesca ricreativa in chiave turistica. Una locomotiva alla quale agganciare i tanti “vagoni” che si affacceranno sulla scena lombarda.
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XX dal niente un servizio di grande utilità, aver incentivato il turismo periferico e magari aver creato pure qualche posto di lavoro – piccolo o grande che sia – con l’istituzione delle guide di pesca che del turismo abbinato alla pesca sarebbe l’irrinunciabile evoluzione. Il tutto facendo addirittura risparmiare qualcosina all’utenza interessata dal servizio. Una magia mai vista prima. Piattaforma informatica che poi sarebbe la stessa della quale scrivevamo ancora nel 2015. Ricordate quando a partire dai dati ISTAT avevamo scoperto che siamo tutti più digitali e interconnessi rispetto a quello che non vogliamo ancora ammettere? Quel canale che consentirebbe la diffusione su smartphone e pc, attraverso newsletter o whatsapp - a costo zero, a chiunque e verso
chiunque - di riviste come la nostra (e che avrebbe dato modo ad altre associazioni di non rinunciare a pubblicazioni che distribuivano da prima che nascessi per via dei costi troppo alti) o favorire il download a pagamento delle riviste che potete trovare in edicola, che così vedrebbero aumentare la propria diffusione. Che darebbe modo di informare e sensibilizzare i pescatori sui grandi problemi – gestione delle acque, rilancio della pesca a partire dai bambini, idroelettrico e captazioni, uccelli ittiofagi, alloctonia, bracconaggio - che condizionano la nostra passione, stimolando riflessioni e favorendo il costitursi di una comunità compatta capace di presentarsi alla politica come un interlocutore serio e credibile. Non quell’armata di scalzacani visionari che sono i pescatori adesso. Gruppetti temerari che si muovono
ognuno per proprio conto, e che proprio per questo non vengono ascoltati da nessuno. Ma anche il mezzo al quale affidare la promozione tempestiva e flessibile di itinerari di pesca abbinati a iniziative turistiche. “I pescatori sono seduti su una miniera d’oro e non sanno nemmeno di esserlo”. Ogni tanto lo sento ripetere in televisione o lo leggo su qualche forum. Con un minimo di matematica in tasca e dopo essermi fatto un bel giro d’Italia alla ricerca dei numeri, credo che queste affermazioni confermino soprattutto che i pescatori – in fondo in fondo – rimangano sempre un po’ bambini. E come i bambini approcciano il mondo per via analogica. Cio` che conta per
noi deve contare anche per tutto quello che ci sta intorno. Ma il NOSTRO centro del mondo NON E` il centro del mondo. Toccherà farcene una ragione. I numeri dicono che siamo di fronte a una nicchia di mercato. Ma la contrazione del turismo tradizionale legato alla montagna - sci in primis – suggerisce a più riprese che sono proprio i mercati di nicchia quelli che vanno aggrediti con coraggio, così da contribuire alla diversificazione dell’offerta turistica e alla sua destagionalizzazione. E se questa è la sfida, credo che la Valtellina abbia tanto da dare e da ricevere.
Valgrosina, Lago di Malghera (foto Valter Bianchin)
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r a cc o n t i d ’a u t o r e
Quell’Adda che non vedi: una valtellinese alla scoperta del suo fiume
Intervista a LUCIA VALCEPINA
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ucia, hai scelto di seguire l’Adda dalle sorgenti fino alla confluenza nel lago di Como e oltre. L’hai pensata bene, l’avessi fatto al contrario la fatica sarebbe stata ben diversa… In senso inverso, non sarebbe stato un vero viaggio con il fiume. Nel mio caso, nessuna motivazione sportiva mi ha mossa, se mai la voglia di attraversare il territorio seguendone la voce principale, il punto di convergenza tra natura e antropizzazione. L’itinerario è semplice, facilmente percorribile da chiunque, atleta o ciclista improvvisato che sia, anche in solitudine. Non è un’idea nuova: in molti hanno seguito l’Adda dalle sorgenti al Lario, basti pensare allo storico e letterato Cesare Cantù che, a metà Ottocento, percorse le rive del fiume a piedi, incontrando una natura quasi primitiva. A distanza di un secolo e mezzo,
con gli enormi cambiamenti che il cosiddetto “progresso” ha portato, il presupposto resta lo stesso: rispondere al richiamo dell’Adda senza programmi, contachilometri e preconcetti romantici, con la voglia di osservare ciò che la natura offre, ciò che l’uomo trasforma e spesso distrugge, e ciò che sopravvive al tempo e alle epoche. Di solito per uno sciatore o un pescatore il viaggio è un accidente inevitabile, un supplizio che divide la propria casa dalla montagna. Tu invece hai scelto una bicicletta sfatta che però ti ha accompagnata dall’ini-
(foto Lucia Valcepina)
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zio alla fine del viaggio, la tua Poderosa. Allora il “viaggio per il viaggio” ha ancora un senso? Il viaggio continua a essere la vera meta, anche oggi: qualsiasi itinerario è la somma di infiniti mutamenti e passaggi. Il percorso lungo il fiume, poi, è un viaggio nel tempo: l’Adda è stata elemento di divisione e unione tra i popoli, confine da varcare, teatro di sanguinose battaglie e, in questo senso, il principale scenario della storia lombarda. Quanto alla bicicletta come mezzo di locomozione, i suoi tempi lenti permettono di scoprire scorci nascosti agli occhi degli automobilisti e di stabilire un rapporto speciale con l’ambiente. Quando pedali nella natura, entri a far parte del paesaggio e ne percepisci sensibilmente le vibrazioni: il vento, la luce, i contrasti, i suoni e i riflessi. La mia Poderosa, mountain bike del 1989, prima di questo viaggio, mi ha accompagnata in giro per l’Europa su vie di pellegrinaggio, sentieri e lungo altri fiumi. È stata la mia prima e unica mountain bike e, salvo piccole modifiche, non ho intenzione di cambiarla, almeno fino al prossimo viaggio lungo il Danubio.
Lucia Valcepina, scrittrice ed editor, ha collaborato con i Dipartimenti di Italianistica e di Drammaturgia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e con numerose case editrici. Nel 2015, ha curato il progetto di scrittura collettiva del gruppo Schiribìz (Fabbrica dei Segni editore) e, attualmente, opera presso l’editore La Biblioteca dei Libri Perduti. Scrive inoltre per l’inserto culturale “L’Ordine” del giornale La Provincia di Como. Tra le sue pubblicazioni: Valcepina, Aster green, Fabbrica dei Segni 2013; Id., Alfred e Jack, Fabbrica dei Segni 2012 (con L. Bradanini); Id., Il teatro e il suo pubblico, in «Comunicazioni sociali » 2006, 2, Vita e Pensiero; Id., Un luogo d’incontro tra le arti, Vita e Pensiero 2004. I suoi articoli dedicati all’Adda e al territorio della provincia di Sondrio escono ogni terza domenica del mese su La Provincia.
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Un viaggio che comunque – tra sorprese e imprevisti - deve aver avuto anche dei risvolti divertenti, credo… La cosa che trovo più divertente è andarmene in giro libera, poco equipaggiata, concedendomi lunghe pause e incontrando bikers super allenati che percorrono le stesse strade ma in senso opposto, in salita, senza fermarsi mai a guardare, se non per lanciarmi un’occhiata scettica. È come sentirsi stranieri nella propria terra, vagabondi in mezzo agli atleti, turisti di un luogo che si percorre da sempre, senza conoscerlo davvero. Poi, come racconta un vecchio e gustosissimo libro di J.K. Jerome, aneddoti simpatici sono legati ai piccoli guasti on the road, quando certi solerti passanti vogliono a tutti i costi risolverti il problema e, spesso, si complicano e ti complicano la vita. E allora riparti con i freni troppo stretti, il sellino storto e piccoli inconvenienti del genere. In altri casi, invece, è la percezione del tempo a scombinare i piani: ti ritrovi a pedalare di notte, in mezzo ai campi illuminati solo dalla luna, perché ti sei lasciata rapire dai panorami e non hai calcolato le distanze. In quei momenti, ti accorgi che servono i disguidi per gustare il viaggio e per vedere ciò che, in altre condizioni, non vedresti mai.
Fin dall’inizio ne è venuto fuori un fiume che è “femmina”. Come mai? E che tipo di donna abbiamo davanti? Il “sesso” dell’Adda è una questione curiosa. Nessun lombardo fa ricorso al maschile quando utilizza il nome proprio del fiume, ma dice: l’Adda oggi è imbizzarrita, è furiosa, è pigra… Il genere stesso del nome induce a declinare tutto al femminile, ma non è solo una questione linguistica o fonetica. Se consideriamo la sostanza dell’Adda, generatrice e vivificante, ci viene spontaneo pensarla femmina. Bizzarra, indocile, selvatica, possiamo usare tutti gli aggettivi collegati al concetto di imprevedibilità. A me piace pensarla, in certi tratti soprattutto, libera e misteriosa, con quella forza ancestrale che si porta dentro a dispetto dei tempi e
persino di quel fondamentale processo di elettrificazione della regione che l’ha imbrigliata, arginata, incanalata e trasformata in energia. L’Adda continua a essere potente, rovinosa a volte, ma sempre mossa da una vita profonda. Ed è anche un fiume che ha fatto un patto compromissorio con la storia e il tempo. Quanto rimane di originario che ancora oggi possiamo ritrovare lungo le rive del fiume? La questione è ampia, urgente e difficile da trattare in poco spazio. Il fiume, dalle sorgenti al Lario, è stato orientato, incanalato e sfruttato in ogni modo. Al tempo stesso, il suo alveo e gli ambienti circostanti hanno subìto radicali modifiche in tutto il territorio. Eppure, a dispetto di questo intervento sistematico,
La media Valtellina (foto Valter Bianchini)
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duraturo e del tutto snaturante, certi scorci conservano una suggestione quasi primitiva e tutta l’intensità del loro mistero acquatico. Ciò è evidente in Val Alpisella, dove la storia dell’Adda ha inizio, tra pareti di roccia preistoriche, o nei pressi di Sondalo, dove il corso d’acqua lambisce pareti a calanco, o, ancora, in certi tratti della media e bassa Valtellina dove il fiume si snoda in anse e sinuosità, al di là dei boschi e di una natura quasi selvaggia, e sembra rispondere a leggi segrete e insondabili. La forza dell’Adda è ancora oggi evidente, e non solo in concomitanza di alluvioni e calamità naturali. Esistono poi alcune zone, frutto di un’azione virtuosa dell’uomo, che invitano a sostare per altre ragioni: aree di riqualificazione ambientale e oasi naturali che,
in anni recenti, hanno tentato di ripristinare l’equilibrio ambientale laddove gli ecosistemi erano stati precedentemente deturpati o impoveriti, come nell’oasi naturalistica Le Piane di Lovero. Il ritorno alle origini, il ponte con il passato e con il tuo essere valtellinese sono elementi che fanno parte della tua persona e di quello che scrivi, vero? Chi nasce in Valtellina si porta dentro tracce del proprio carattere montano e valligiano, soprattutto quando se ne va a
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vivere altrove. Spesso, riscopre la bellezza, le peculiarità e, perché no, le ombre della propria terra d’origine grazie alle parole di altri viaggiatori. Per il giornale La Provincia di Como, ho curato un anno fa una serie di articoli dedicati ai racconti dei grandi autori in Valle: da Primo Levi a Piero Chiara, da Giuseppe Prezzolini a Giovanni Arpino. Tutti contributi che mi hanno suggerito nuovi punti di vista, nuovi sguardi su una zona che amo e frequento, ma spesso in modo abitudinario. Inoltre, il particolare periodo raccontato in quelle pagine, il ventennio tra gli anni Sessanta e gli Ottanta, condensa in sé tutte le dinamiche di transizione di una terra, allora sospesa tra mondo contadino e turismo, tradizione e innovazione, che cercava tenacemente la propria identità, con un’ingenuità e una saggezza oggi del tutto scomparse. Quel che è venuto poi, lo sappiamo, non è stato solo progresso. Rileggere il passato della Valtellina è come trovare una polaroid in un baule, e non sempre fa sorridere. Da valtellinese, che percezione della valle ti sembra che abbiano i suoi abitanti? La percezione di un ambiente familiare e, per questo, inesplorato. Con esplorazione intendo il viaggiare senza meta, il vagare con il rischio di perdersi, senza finalità a priori o ambizioni sportive, in un territorio che è molto più vasto e vario di quanto si possa immaginare. Anche gli aspetti storico-artistici della zona restano per molti un mistero, insieme al carattere peculiare di una regione che è stata, anticamente, non solo luogo di confine, valico e baluardo al centro della cerchia alpina, ma soprattutto crocevia di culture e terra di migranti. Quando penso ai Valtellinesi nel mondo, dall’Argentina all’Australia, dall’Iran al Perù, o a tutti i popoli e viaggiatori che in Valle sono transitati lasciando tracce di sé, riscopro il senso di una terra viva, da perlustrare soprattutto nelle sue stratificazioni storiche. Per il resto, credo che per scoprirla davvero, si tratti di mettere da parte il pragmatismo abbandonandosi alle suggestioni del viaggio. Come diceva Dino Buzzati a proposito delle Dolomiti: «Per capirle veramente, occorre un po’ di più. E non vogliamo dire arrampicate in piena regola. Bastano i sentieri. Entrare, avventurarsi un poco fra le crode, toccarle, ascoltarne i silenzi, sentirne la misteriosa vita».
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STORIE D I P ES C A
Lunga vita alla regina (foto Marco Viganò)
di Marco Caslini
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a pescata al tramonto di quel lunedì sera non era stata programmata. Ma quando gli dei della pesca ti chiamano, non c’è nulla che puoi fare se non rispondere prontamente . Dopo una giornata di lavoro intenso seguita da alcune commissioni , rientro a casa fiancheggiando il Fiume e, come al solito, mi sale una voglia irrefrenabile di fare quattro lanci. Scaccio il pensiero, manca pochissimo prima che il sole scompaia dietro il Rolla e non ho con me l’attrezzatura. Sto per abbandonare definitivamente l’idea quando un flash mi riporta al weekend appena trascorso: che sia forse
rimasta in macchina la due pezzi ? Di colpo accosto, apro il baule come se fosse uno scrigno contenente chissà quale tesoro ed eccola lì, e con la canna c’è anche il giubbino. L’occorrente c’è e so già dove andare. In breve arrivo a destinazione, parcheggio e mi avvio verso la riva. La magia si rompe per un attimo. L’acqua, insolitamente per il periodo, è un po’ torbida e leggermente alta. Ma ritrovo subito l’entusiasmo. Siamo io, la due pezzi, il Fiume e il tramonto. Male che vada, mi sono goduto lo spettacolo! Monto la canna, strattono il terminale per verificare la resistenza e do un’ occhiata agli ultimi metri della treccia
per evitare brutte sorprese. E’ tutto a posto, si parte. Innesco un minnow affondante dai colori vivaci per ottenere maggiore visibilità nell’acqua velata. Lo scelgo di dimensione media per poter sfruttare allo stesso tempo un movimento agile tra gli ostacoli del sottoriva e un discreto peso per contrastare le turbolenze del Fiume irrequieto. Ma soprattutto per poter essere considerato un boccone tremendamente comodo e quindi irresistibile. Con queste condizioni non mi immagino le trote di una certa taglia in caccia in mezzo alla corrente o nell’oscurità della buca, ma nelle zone più calme e meno profonde pron-
te a sfruttare la copertura dell’acqua torbida per addentare qualche preda che, imprudentemente, esce dalla tana per uno spuntino serale. Provo qualche jerkata invitante davanti a un masso, proprio sotto i miei piedi, dove so che qualche fario se ne sta rintanata, ma senza i risultati sperati. Immagino mentalmente la traiettoria del prossimo recupero e lancio di conseguenza. Il minnow sta per sfiorare un masso quando qualcosa lo blocca. Nella frazione di secondo seguente l’esperienza consente al pensiero di plasmare la convinzione che quello appena sentito non è stato un colpo secco tipico da incaglio contro un ostacolo,
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Ci sono norme che non si leggeranno mai sui regolamenti, ma che sta a noi applicare. Uccidere un pesce del genere sarebbe un delitto, un atto di completa ignoranza e miopia.
(foto Marco Viganò)
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ma qualcosa di diverso , qualcosa per cui può valer la pena ferrare forte, molto forte. Dal canto suo, l’istinto, nel frattempo, fregandosene della ragione per definizione, ha già provveduto a inviare l’impulso al braccio. La due pezzi si piega, per un istante interminabile tutto è fermo, poi una testata. Poi un altro colpo, ancora più profondo. E’ il momento: il predatore realizza che quello appena addentato non è un pesce, io che dall’altra parte del filo c’è qualcosa che non deve slamarsi, per nessun motivo al mondo. La battaglia ha inizio. Gira sul posto con stretti cerchi un paio di volte, per ora mi limito a contenere saldamente i suoi movimenti. E’ fondamentale che capisca subito che non può andare dove vuole, che senta un limite alle sue azioni. Il braccio sente che questa è davvero grossa, le pulsazioni accelerate lo confermano. Punta la base del masso, ma cerco di tenerla alta. Conosco il fondo, e l’idea che possa sfruttare l’aiuto di rami e altri ostacoli non mi piace. Per ora riesco ad arginare le sue intenzioni, ma non la sto domando, non
cede un centimetro ed è sempre più agitata. E non va bene. Sull’esca ho montato un solo amo singolo senza ardiglione e non ho ancora visto dove l’ho allamata, non posso aspettare che si stanchi di gironzolare e attendere le sue mosse. Devo forzarla, pur sapendo che non le piacerà per niente. E poi la devo vedere, la curiosità è troppo forte ormai. Faccio leva progressivamente sull’avambraccio, la reazione è quella che avevo immaginato: si gira in direzione opposta al mio movimento, e parte furiosamente verso la corrente. Se raggiungesse il correntone le mie possibilità di successo si ridurrebbero drasticamente: non ho libertà di movimento sulla riva verso valle, non potrei seguirla. La frizione parte e mi aiuta a contenerla, ma prende alcuni metri. La devo fermare. Sfioro la bobina delicatamente con la mano sinistra per bloccarla, non ho scelta: devo sfruttare tutta la confidenza che ho maturato con l’attrezzatura, anche se mi accorgo di dover gestire una potenza mai vista prima. Sembra funzionare, arresto il suo scatto ma spinge talmente tanto che, nello
sforzo, la coda esce dall’acqua. E’ una coda nera, da spavento. Perdendo per un attimo la spinta del suo motore principale riesco a farle cambiare direzione, e soprattutto, a vederla. E’ una marmorata pura, enorme, meravigliosa. Ho davanti a me il pesce più bello dei miei vent’anni di pesca e sono contento anche solo di essere riuscito ad allamarlo. Per un attimo perdo la lucidità e lei ne approfitta. Non potendo proseguire verso la corrente decide di tornare indietro, mossa che può risultare letale per me dato l’amo singolo senza ardiglione. Recupero il più rapidamente possibile, ho scampato anche questo pericolo, ma ora la devo portare a riva. Non ha ancora perso la sua forza, è incontenibile. Il combattimento dura ancora qualche minuto, ma il peggio è passato. E’ sotto i miei piedi, è indescrivibile. Ha una livrea magnifica, con già evidenti i colori della frega. Un pesce incredibile, la “Marmorata” per definizione. La Regina del Fiume. Il cuore mi sta per uscire dalla gola. La afferro per la base della coda e, delicatamente, la trascino in una piccola ansa. Una spanna, due, tre…e
manca ancora buona parte della testa. Prendo il centimetro….leggo 75. Sono oltre l’ estasi. Devo affrettarmi a fare delle foto, dal primo momento che l’ho vista non ho avuto dubbi sul fatto che l’avrei lasciata andare e devo limitarle ulteriori stress. Ci sono regole che non si leggeranno mai sui regolamenti, ma che sta a noi applicare. Uccidere un pesce del genere sarebbe un delitto, un atto di completa ignoranza e miopia. E’ piena di uova che deporrà da li` a un mese, ha avuto la capacità di superare le piene degli ultimi anni e tutte le difficoltà che il Fiume ha dovuto sopportare. Ha in sé tutte quelle informazioni e caratteristiche necessarie per garantire che, qualsiasi cosa accada, il Fiume possa ancora essere vivo e regalarci emozioni simili. A noi e ai nostri figli. Trattenerla vorrebbe dire eliminare uno dei tanti motivi che ci fanno alzare presto la mattina per andare a pescare con qualsiasi condizione meteo. Non c’è spazio per altri ragionamenti, soprattutto per discorsi del tipo “tant se la laghi ‘nda duman la ciapa n’altru pescadu”, oppure “E’ un danno per il fiume, sai quanti pesci piccoli mangia?” Immense idiozie. Sia chiaro, non sono un talebano del no kill, anzi, considero il privilegio del poter cibarsi del pesce pescato una delle basi imprescindibili della pesca. Ma sono un estremista dell’utilizzo della ragione, quello sì. Certi pesci sono un simbolo della nostra passione, del nostro Fiume, della nostra Valle. La giustificazione scritta su un pezzo di carta, in certi casi, non vale niente. Le do un ultimo sguardo mentre la ossigeno. Siamo stremati, anch’io ne avrei bisogno. Poi se ne va lentamente, pronta a compiere per l’ennesima volta quel miracolo che ci permette di sognare, anno dopo anno.
La marmorata di Marco Caslini.
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ATT U A L IT À
Cormorano 2.0 di Marco Corengia
“Basterebbero 4 cacciatori in gamba che hanno voglia di alzarsi presto al mattino e li farebbero sparire in una volta sola”
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La soluzione facile facile comincia a girare sul web a fine ottobre, quando i primi stormi di cormorani si sono gia` impiantati a Talamona e dintorni per dare il via al loro legittimo rituale pre-invernale mentre il fiume è già ai minimi termini. In un’epoca di scie chimiche, di vaccini che fanno venire l’autismo e di microchip infilati sotto pelle, ad avere un approccio scientifico c’e` il rischio di sentirsi fuori moda. D’accordo, la fiducia bisogna conquistarsela sul campo. E se imperversa il complottismo c’e` anche il caso che qualcuno - sul campo - invece di giocare dando il massimo si sia risparmiato parecchio. Ma la gente in tribuna e` stanca di spettacoli di plastica. La gente non ha piu` tempo per fare distinzioni, ha bisogno di soluzioni subito, “qui e ora”. E piu` sono semplici piu` sembra possibile che si concretizzino a breve. Peccato che gestire un fenomeno come il cormorano non e` come liberarsi delle cimici che ti appestano il terrazzo, che se le schiacci, le bruci o le aspiri nel bidone tanto e` uguale. Alla meno peggio fanno puzza ma tu poi cambi l’aria e passa tutto. Il cormorano e` un uccello selvatico talmente tutelato che devi stare attento anche a come ne parli. Perche` se accenni contrito e affranto ad “abbattimenti dissuasivi”, intesi come extrema ratio che arriva come ultima soluzione dopo averci provato senza successo con tutti i metodi non cruenti suggeriti dalla fantasia ok, ma se ti sbagli e parli di “interventi conteni-
tivi” tutto cambia. E a quel punto dimostrare quanto mangiano, ricordare che gli alloctoni sono loro, che per mille buoni motivi da una quindicina d’anni hanno cambiato i loro areali di svernamento mentre trote e temoli qui ci sono da sempre, beh tutto questo non conta piu` niente. Tutto facile. Discorsi “di pescatori per pescatori”. Ma se vogliamo mirare fino in fondo a un approccio scientifico, dobbiamo imporci di fare uno sforzo in piu`, e comprendere che lo scopo dell’ISPRA - l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale - e` quello di tutelare la risorsa nella sua complessita`.
Cosi` come non puo` esistere una “montagna per gli sciatori”, dove l’integrita` dei boschi cede il passo al bisogno ossessivo di nuove piste, allo stesso modo non e` concepibile un fiume “a uso e consumo dei pescatori”. Ma nemmeno un fiume alla merce` di una predazione senza freno come quella del cormorano. La soluzione - ve ne accorgerete leggendo l’intervento dell’ittiologo Pierpaolo Gibertoni - sta proprio nell’accettazione del passaggio dal semplicismo dell’interesse particolare alla complessita` che considera l’ecosistema come unico e compenetrato. Che e` poi il motivo per il quale la stessa ISPRA ha consentito alla nostra associazione di portare avanti in tutti questi anni politiche
di dissuasione, solo in minima parte cruenta, di fronte al cormorano. Proprio grazie alle politiche di tutela dell’ecosistema fluviale nella sua interezza, alle battaglie per il rispetto dei DMV, alla tutela di specie autoctone, a un prelievo ponderato della risorsa ittica, alle iniziative di divulgazione didattica e alla riqualificazione di ecosistemi finora compromessi, Unione Pesca e` riuscita a presentarsi agli occhi della comunita` scientifica non come un’associazione “di pescatori per pescatori”, ma un soggetto che fa della tutela degli ecosistemi il suo motivo d’essere, senza che interessi particolari - ne` quelli di noi pescatori ma nemmeno quelli dei cormorani - ne compromettano l’equilibrio.
L’equilibrio nella complessità
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adda e Cormorani Una storia lunga 18 anni di Pier PaoLo giBertoni
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La cronaca I cormorani sono tornati. Lo hanno fatto dal mese di settembre dello scorso anno. I primi esemplari che si sono affacciati lungo le rive del fiume Adda e della Mera sono arrivati nei tratti inferiori, prossimi al Lago di Como e al Lago di Novate; all’inizio si trattava di 15 capi, che nel giro di poche settimane erano già saliti a 130. Stiamo parlando di un uccello che, per quanto tutelato in virtù della Direttiva Uccelli del 1979 rivisitata nel 2009, non ha mai frequentato assiduamente le valli alpine, al punto che la sua comparsa in Valtellina ha una data ben precisa, che per i tempi dell’evoluzione animale corrisponde a un’inezia, l’inverno 1999, quando l’uccello giunse in riva all’Adda e nel giro di pochi mesi decimò la popolazione au-
toctona composta da specie pregiate di trota e soprattutto temolo. I dati sono contenuti in uno studio che UPS commissionò a GRAIA pubblicato il 25 gennaio 2000. Nell’ottobre del 1999 in provincia di Sondrio furono censiti piu` di 400 cormorani, che in 4 mesi di permanenza sull’asta dell’Adda tra Sernio e la foce e sul tratto di fiume Mera che va dal ponte di Gordona fino al lago di Mezzola falcidiarono la popolazionedi trota e temolo in percentuali oscillanti tra il 60% e il 100%. In particolare erano completamente scomparse le classi di età giovanili e i sub-adulti, mentre i pesci rimasti erano ovviamente di taglia superiore ai 40 cm., limite fisiologico di predazione del cormorano. Per chi se lo fosse perso, vale la pena ricordare che studi condivisi dall’intera comunità scientifica dimostrano che il cormorano si nutre quasi esclusivamente di pesci, che cattura prevalentemente durante il giorno mediante immersioni, spingendosi anche a diversi metri di profondità. Le abitudini alimentari di questi uccelli, strettamente piscivori anche in inverno, comportano spostamenti di oltre 35 km tra i dormitori notturni e le zone di pesca. Le attività di alimentazione possono essere effettuate anche socialmente, coinvolgendo a volte gruppi numerosi. Le ricerche svolte sono concordi nel definire il cormorano una specie ad ampio spettro alimentare in grado di cibarsi di una grande varietà di pesci nelle diverse classi di età presenti
nei corsi d’acqua del piano. Il consumo giornaliero varia in base alla stagione (maggiore in inverno) ed alle dimensioni dei soggetti (in base all’età), stabilizzandosi intorno ai 450-500 grammi.
Impatto sulle biocenosi La necessità di intraprendere politiche di dissuasione della sua presenza non è frutto della volontà interessata di un manipolo di pescatori, ma il risultato di anni di studi e valutazioni che hanno portato l’ISPRA (ex INFS) a considerare politiche di mitigazione degli impatti. È pur vero che, se nelle acque di pianura o dei grandi laghi, caratterizzate da portate idriche più consistenti e da una fauna ittica ad elevato potenziale riproduttivo, il prelievo effettuato dalla predazione del cormorano non è da ritenersi preoccupante per il mantenimento delle specie ittiche, stessa cosa non si può dire per le acque di montagna o di fondovalle, dove la biomassa ittica è decisamente inferiore e rappresentata prevalentemente da trote fario, marmorate e temoli. E dove la quantità d’acqua che scorre nei fiumi alpini nel tardo autunno ed inverno è ridotta ai minimi termini. Premettendo che le principali cause della progressiva contrazione di queste specie salmonicole sono i grandi prelievi idrici, l’artificializzazione delle rive ed i massicci interventi di disalveo, tuttavia l’impatto operato dal cormorano a carico delle popolazioni residue può rivelarsi molto problematico. Quanto appena detto risulta dimostrato da numerose ricerche condotte in vari paesi europei. È possibile quindi che, in realtà locali ben individuate, tale impatto possa costituire un sensibile fattore limitante che va ad amplificare cause ben più consistenti, come precedentemente accennato.
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Piano di contenimento degli impatti del cormorano Dissuasione cruenta L’abbattimento selettivo operato localmente va inteso quale intervento finalizzato ad allontanare gli uccelli da una determinata area lacustre o tratto fluviale, non essendo in grado di influenzare significativamente, da un punto di vista quantitativo, specie tanto consistenti e che dispongono di areali molto vasti. Esso può infatti essere considerato esclusivamente come eventuale azione rafforzativa dei mezzi incruenti di allontanamento e dissuasione, secondo le possibilità operative attuabili nei singoli ambienti scelti per gli interventi. Non è infatti pensabile perseguire un ridimensionamento della predazione da parte del cormorano attraverso una sostanziale riduzione delle popolazioni, in considerazione anche dell’elevato turnover degli individui presenti (gli individui prelevati verrebbero infatti più o meno rapidamente rimpiazzati da altri). Varie esperienze condotte all’estero e in Italia in particolare sul cormorano hanno dimostrato come l’abbattimento locale degli uccelli ittiofagi, ancorché esteso e massivo, non rappresenti, in genere, un efficace e duraturo mezzo di prevenzione e di riduzione dell’impatto, poiché esso non risolve il problema dell’attrattiva delle aree produttive (l’abbondanza di prede) che, di fatto, costituisce il motivo cardine della presenza dei predatori. Interventi limitati (su scala locale) e/o parziali (in termini di individui abbattuti), possono portare a risultati positivi ma temporanei. L’abbattimento di un numero anche molto limitato di individui (ma anche il semplice tentativo di abbattimento, non necessariamente portato a termine) può produrre effetti positivi comparabili con quelli ottenibili utilizzando mezzi di dissuasione incruenta, anche se l’abbattimento di tali animali, dotati di notevole mobilità e di molteplici vie di fuga (volo, immersione) non è sicuramente azione di semplice attuazione. Al fine di ottenere parere favorevole nell’attuazione di un Piano di contenimento è indispensabile per un dato territorio dimostrare che le azioni di tutela della fauna ittica non si limitano al solo abbattimento di alcuni esemplari di cormorano, ma debbono soddisfare alcuni requisiti in materia di: • Riqualificazione fluviale e tutela degli ambienti acquatici;
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• Riqualificazione e salvaguardia delle specie ittiche autoctone; • Elaborazione di regolamenti di pesca sostenibili e cautelativi le specie autoctone; • Divulgazione ed Educazione ambientale in seno alla società civile.
In provincia di Sondrio … Nelle acque di Valtellina e Valchiavenna è stato ottenuto il parere favorevole da parte di ISPRA (ex INFS) nell’esecuzione del piano di mitigazione con dissuasione cruenta (abbattimento di una minima quota di cormorani presenti) grazie agli sforzi attuati da UPS nelle azioni concrete di riqualificazione fluviale, come i passaggi per pesci ottenuto nei confronti di Enel allo sbarramento di Ardenno, quelli realizzati sul T. Masino, la sistemazione dell’alveo dello Spoel a Livigno e dell’Adda a Stazzona, la riqualificazione del tratto di Adda a Tirano, così come la prossima realizzazione dei passaggi per pesci sul T. Mallero e le riqualificazioni sulla Mera in Valchiavenna. Inoltre i ripopolamenti ittici sono eseguiti con novellame di trota mediterranea, temolo e marmorata, prodotti e allevati presso il nostro impianto ittiogenico di Faedo, e sono tarati in relazione ai risultati dei monitoraggi che annualmente vengono effettuati dal personale di vigilanza, in particolare nei mesi invernali in coincidenza con i regimi di magra dei F. Adda e Mera e dei principali tributari. Sono inoltre eseguiti spostamenti di scazzoni, specie fortemente contratta sul territorio provinciale sia per ragioni antropiche (inquinamento e artificializzazione degli habitat) che per cause naturali, come eventi alluvionali di particolare gravità, provvedendo a prelievi di esemplari di varie classe di età in tratti in cui la popolazione è abbondante per poi suddividerli e ridistribuirli in acque in cui un tempo erano presenti e che grazie ai miglioramenti generali della qualità ecologica possono tornarvi. Anche i regolamenti alieutici hanno visto l’istituzione di particolari provvedimenti di tutela, come per le misure minime legali e i quantitativi giornalieri o annui, oltre che al divieto di prelievo di marmorate dall’intero torrente Mallero e dalla Mera. Sul fronte della divulgazione siamo forti di questa rivista e delle consultazioni che avvengono sul nostro sito, oltre ad avere personale formato ed informato sempre a disposizione dei fruitori del fiume. Per gli anni a venire ci
stiamo ulteriormente impegnando per rendere il Centro Ittico di Faedo visitabile per gruppi e scolaresche, attrezzandolo di bacheche informative e percorsi con acquari fluviali e lacustri. L’obiettivo è quello di illustrare la vita dei pesci e di tutte le problematiche gestionali ad essi correlate, siano queste causate dall’uomo, artificializzazioni, inquinamenti, modificazioni di habitat, o dalla natura medesima, come i cambiamenti climatici globali e gli impatti da predatori che vengono dal cielo…
Ma non tutti riescono… ad avere l’autorizzazione ai Piani di Mitigazione degli Impatti, quasi sempre per una gestione ambientale non lungimirante. Se per esempio si immettessero solo trote iridee e fario atlantiche in fiumi banalizzati dall’impatto umano e non si facesse niente più per la riqualificazione di ambienti naturali e popolazioni di specie ittiche autoctone, il parere all’esecuzione del Piano sarà sfavorevole; una cattiva gestione della risorsa idrica, come il non rispetto dei deflussi Minimi Vitali (DMV) o nella salubre conduzione di svasi, più in generale il non rispetto di un approvato Piano di
Tutela delle acque, inficia l’ottenimento delle autorizzazioni. Inoltre anche le azioni propedeutiche alla presentazione dei Piani, quali i censimenti dei volatili sul territorio, i monitoraggi sui dormitori notturni, i campionamenti ittici a verifica delle operazioni gestionali ordinarie e straordinarie, l’elaborazione dei dati ottenuti dai libretti segna-pesci, debbono rientrare nella documentazione a sostegno della richiesta. D’altro canto è corretto pensare che un animale totalmente selvatico nel momento in cui viene “gestito”, lo sia solo all’interno di una catena di attività concrete di miglioramento delle condizioni delle specie acquatiche e di riqualificazione degli habitat naturali, come pure è evidente che la gestione del cormorano non sia un capriccio a uso e consumo dei pescatori o dei gestori di acque pubbliche, ma un intervento necessario alla tutela di quella fauna autoctona che, solo per il fatto di non conquistare la tenerezza del grande pubblico, merita ancor più di essere conservata e protetta, proprio perché costituisce una risorsa irripetibile di un ecosistema fragile e sottoposto a continue minacce.
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STORIE D I P ES C A
Un campione in Valtellina V testo e foto di Mauro Mazzo
alerio Santi Amantini con i suoi due ori e due argenti individuali ai Campionati del Mondo insieme a un oro, un argento e un bronzo a squadre e`il più titolato agonista italiano di pesca a mosca. Una serie di succesi che lo ha portato a essere il secondo nella graduatoria mondiale assoluta di tutti i tempi. Un risultato davvero straordinario, in considerazione del fatto che in Italia la pesca a mosca non ha ricche sponsorizzazioni, e per emergere ci vogliono tantissima determinazione e tantissimo spirito di sacrificio. Oltre ad una moglie molto paziente! Nonostante le sue moltissime vittorie, Valerio è rimasto una persona disponibile e modesta, e il fatto che sia un assiduo frequentatore della nostra valle ha rappresentato per me il pretesto per raccontare il suo mondo. La prima domanda può essere una sola: perché hai iniziato fin da piccolo a pescare, invece che a giocare a calcio, come la maggior parte dei bambini italiani? Essendo nato a Genova e non amando molto praticare sport di squadra, ho iniziato a pescare in mare a 5 anni e la mia prima cattura è stata una bavosa che ho portato trionfante a mia mamma. Fino ai 15-16 anni ho continuato con la pesca in mare, soprattutto a orate e branzini. Verso i 16 anni mi sono avvicinato alla pesca a mosca, attratto dalla sua complessità tecnica e - visto che in famiglia non pescava nessuno - comincio a diventare ospite assiduo delle corriere che portavano in Val d’Aveto, e Val Trebbia. Visti i tempi, immagino che la tecnica prevalente fosse la secca? Ho pescato quasi esclusivamente a secca fino al mio trasferimento per motivi di lavoro in Valle d’ Aosta . Qui scopro la Dora e comincio ad affiancare alla secca la sommersa. Che importanza dai al lancio? Sono un assoluto autodidatta, per me è solo una delle componenti della pesca a mosca, che ho cercato di perfezionare solamente con il fine di fare più catture, e non mi è mai interessato come attività a sé stante.
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“Della Valtellina mi piace molto la varietà delle acque, in cui si può pescare con un solo permesso. In poche decine di minuti si può passare dal piccolo torrente di montagna al grande fiume di fondovalle”
A questo punto sono curioso di sapere come hai fatto a finire nel mondo delle gare... Tutto accadde nel 1991, un anno magico per me, pieno di accadimenti importanti. In ordine : mi sposo con Barbara, che ancora oggi mi sopporta, la Sampdoria vince il suo unico scudetto, conosco uno dei grandi garisti del May Fly Torino, Edy Laurenzio, che mi introduce al mondo delle gare. Dal May Fly sono poi passato al CMI di Ivrea e infine nel 1997 ho fondato lo Stone Fly di Pont Saint Martin, di cui sono ancora oggi presidente. I club di garisti hanno fama di essere delle mezze sette segrete, dove solo pochi eletti vengono accettati. Anche il vostro club si adegua a questo stereotipo? Assolutamente no, il nostro club è aperto a tutti. Aabbiamo soci di Roma, Vicenza, Genova e Torino, in aggiunta ai locali, per un totale di 29 agonisti. E devo dire che oltre che avere una grande passione, sono anche ottimi pescatori. Pensa che all’ultima finale dei campionati italiani 8 concorrenti su un totale di 32 erano del nostro club. Nella tua carriera hai vinto tutto quello che si poteva vincere; nessuno meglio di te ci può dire quali siano le caratteristiche che fanno la differenza tra un garista, magari anche di buon livello, e un campione. Sicuramente l’esperienza che accumuli in anni di attività agonistica è molto importante; penso che quella contribuisca al successo nelle gare per almeno un 70%. Ovviamente dietro ad ogni garista di successo ci sono centinaia di giornate di pesca, dedicate all’affinamento delle diverse tecniche unite a una grandissima passione. Altra dote che reputo importante è una grande cura nella gestione delle attrezzature e degli artificiali. (ndr.posso garantire che la sua attenzione ai dettagli è maniacale) Immagino che anche le attrezzature abbiano una loro importanza... Certo. E personalmente amo molto sperimentare nuove attrezzature. Normalmente per le gare importanti preparo 5 canne, una da secca, due da ninfa, una da streamer, e una da sommersa, quindi è sicuramente necessario un discreto investimento. Devo dire però che nel 2011 ho vinto il mio primo mondiale con canne di seconda mano; quindi l’attrezzatura ha sicuramente la sua importanza, ma si possono vincere le gare anche se non si dispone di un budget da sceicchi.
Adda a Piateda.
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Restiamo sul pianeta gare: qual’è il modo corretto di affrontare una competizione? Prima di tutto durante le prove inizio a studiare il tipo di acqua, e appena sò quale box mi è stato assegnato, vado a vedere dall’inizio alla fine il settore nel quale pescherò. Inizio quindi a preparare la mia strategia, pensando a quanto tempo dedicare a ogni parte del settore.
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Poi, nel caso di grandi fiumi come ad esempio quelli norvegesi, parto normalmente a streamer, per esplorare più acqua possibile, mentre in quelli di dimensioni più ridotte parto normalmente a ninfa. Credo comunque che la caratteristica che contraddistingue il
campione è la capacità di coprire al meglio tutta l’acqua del proprio settore, alternando le diverse tecniche nel modo più appropriato. Negli ultimi anni si è spesso discusso sull’opportunità o meno di organizzare gare di pesca, puoi spiegarci nel caso della pesca a mosca quali pensi siano i motivi che le giustificano? Le gare sono un continuo stimolo a migliorarsi e a innovare, un laboratorio di sviluppo che, in scala ovviamente minore, porta novità, così come la F1 le porta alle automobili di serie. Novità - come la canne lunghe e code leggere - che oggi sono ampiamente utilizzate nella pesca a ninfa, vengono dal mondo delle gare.
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Oggi le gare di pesca a mosca sollevano ancora qualche critica, ma quelle di una certa importanza sono rigorosamente no-kill, e ci sono addirittura penalità per chi dovesse causare la morte di una preda. Di fatto contribuiscono quindi alla diffusione della pesca no-kill, della quale sono convinto sostenitore. Visto che ci troviamo in Valtellina, ci vuoi dire da quanto tempo la frequenti, le ragioni che ti spingono a frequentarla, e naturalmente cosa pensi si potrebbe migliorare nella gestione? Frequento la Valtellina da più di dieci anni e devo dire che mi ha lasciato dei bei ricordi anche a livello agonistico, come ad esempio la vittoria nel campionato italiano svoltosi sul Mallero. Della Valtellina mi piace molto la varietà delle acque, in cui si può pescare con un solo permesso. In poche decine di minuti si può passare dal piccolo torrente di montagna al grande fiume di fondovalle. Ho apprezzato molto l’innalzamento della misura minima a 30 centimetri, che a mio parere ha contribuito ad aumentare la pescosità delle acque. Il principale difetto a mio parere è la pressione di pesca abbastanza elevata, probabile conseguenza della difficile praticabilita` nei mesi estivi dovuta all’acqua di neve, che porta la maggior parte dei pescatori a frequentare la valle in finestre temporali piuttosto concentrate. Stai toccando un tasto dolente, quello dell’acqua di neve ma anche dei rilasci conseguenza dello sfruttamento del fiume per produrre energia idroelettrica. Avete problemi simili anche in Valle d’Aosta? Assolutamente si. E pensa che a oggi in Valle d’Aosta non siamo ancora riusciti a ottenere dalle società Idroelettriche nemmeno il pagamento di risarcimenti compensativi, cosa che in Valtellina avete ottenuto. Cosi` come la moratoria sui piccoli salti. Devo dire che i rilasci d’acqua - se non sono dovuti a svasi - bloccano il pesce nell’immediato, ma se il livello rimane costante per tempi abbastanza lunghi il pesce finisce per abituarcisi e riprende a mangiare. Altra cosa gli svasi di sedimenti solidi in sospensione, che finiscono per alterare l’ecosistema fiume condizionandone la vita. Bene Valerio, a questo punto ti ringrazio per il tempo che ci hai dedicato, e direi di tornare a pescare, sperando che i nostri amati temoli abbiano voglia di mangiare. Puoi contarci! In Valtellina pesco sempre volentieri e quaundo ne ho la possibilita` cerco di fermarmi in valle per un paio di giorni almeno. In piu` oltre ai suoi bellissimi temoli ne apprezzo molto anche vini e cucina. Un saluto a tutti i pescatori e un arrivederci. Sul fiume magari.
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PesCi e BioLogia
‘‘S
i dice cosi dal nome di un fiore, che è il timo. Bello di forme, piacevole di gusto, olezza proprio e vapora a guisa di fiore” Così principia il professore Maurizio Monti, citando i versi di tal San Isidoro di Siviglia, quando in “Notizie dei pesci delle provincie di Como e Sondrio e del cantone Ticino” volle trattare del temolo. Voglio partire proprio da queste parole perchè nelle righe successive il Monti fornisce una prima risposta alla semplice domanda da cui, in verità, ha origine questo articolo: il temolo è un pesce di fiume o di lago? Il professore ci dice: “Pesce di delicatissimo
sapore, scarso o quasi ignoto nei laghi , vive nell’ Adda e in altre acque correnti e fiumi.” Insomma, il temolo è un pesce prevalentemente di fiume che frequenta le acque ossigenate e ricche dei corsi principali, che si può trovare di rado, anche nei laghi. Eppure è risaputo che il temolo europeo (Thymallus thymallus) e il suo cugino artico (Thymallus arcticus), quando possono, danno luogo a popolamenti ben strutturati nelle acque dei laghi freschi e puliti instaurando anche adattamenti e comportamenti del tutto peculiari. D’altronde, anche nelle acque della provincia di Sondrio è ben riconosciuto che alcuni laghi alpini in quota quali il lago di Isola, di Montespluga e il lago di Livigno ospitino nutriti popolamenti di bellissimi temoli. Con l’aiuto dell’uomo sono arrivati lassù e là hanno trovato le condizioni ideali per crescere e riprodursi con successo. Ad essere sinceri, discutendo dell’abbondanza
Lago di Montespluga (Valchiavenna)
di steFano esPosito
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il temolo dei laghi
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coregoni e trote-salmoni) possano adottare all’occorrenza diverse e varie strategie di vita, instaurando l’una accanto all’altra popolazioni lacustri e di fiume. Alcuni biologi hanno approfittato di queste attitudini per indagare i meccanismi grazie ai quali molte specie riescono ad adattarsi a differenti ambienti. Per esempio, sappiamo che i temoli possiedono nel loro mazzo di carte una grande varietà di strategie, annoverando popolazioni che migrano per la riproduzione e altre che si spostano prevalentemente a fini alimentari; altre ancora non manifestano alcuna predisposizione agli spostamenti, compiendo l’intero ciclo biologico nei pressi del luogo di nascita e di crescita, comprese alcune forme spiccatamente lacustri che riescono a completare il cerchio della vita interamente nei laghi. Laghi e fiumi sono ambienti piuttosto diversi, soprattutto per ciò che riguarda la corrente dell’acqua e la distribuzione del cibo nel tempo e nello spazio. Queste diversità , da un punto di vista evolutivo e di adattamento, condizionano sia le caratteristiche comportamentali sia quelle morfologiche. Un ricercatore dell’Università di Helsinki ha scoperto, per esempio, che i temoli che abitano le acque correnti esibiscono un comportamento più aggressivo nei confronti dei propri simili rispetto a quelli
(foto UPS)
dei temoli di Livigno, sarebbe più opportuno usare formule verbali al passato, non così remote a dire il vero, poiché il rapido declino ha avuto origine non più indietro del 2013, anno del noto incidente di fine marzo avvenuto presso la diga di Punt dal Gall. In seguito a quell’evento è stato riconosciuto un danno al patrimonio ittico del lago di Livigno nonchè alla relativa fruizione alieutica causato non solo direttamente dall’incidente, ma anche (e forse in misura maggiore)
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dall’applicazione del regolamento dei prelievi programmato in vista dello svuotamento del bacino. Svuotamento mai avvenuto proprio a causa dei noti eventi. Ma abbandoniamo per qualche istante l’amarezza relativa al fatto e torniamo al nostro quesito iniziale. Dai laghi del Galles a quelli russi, molti sono gli specchi d’acqua popolati dai temoli, dando prova di quanto i salmonidi (nel senso più ampio del termine che comprende temoli,
Temolo del lago di Montespluga (foto UPS)
Temolo del lago di Montespluga. (foto UPS)
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Temolo del lago di Livigno. (foto Stefano Esposito)
che abitano i laghi. Ben conosciamo l’attitudine dei temoli, decisamente più gregari e inclini a formare dei branchi rispetto alle più individualiste trote; nonostante ciò, queste ricerche hanno rivelato che anche il temolo, nei fiumi, sviluppa comportamenti aggressivi spesso per la difesa del giro ideale di corrente nel quale si faccia la minore fatica e si acquisisca la maggior quantità di prede. Nelle popolazioni di lago questa aggressività sparisce. Negli specchi lacustri infatti la posizione e la quantità del cibo mutano continuamente e sono imprevedibili; in un ambiente simile è più conveniente esplorare la colonna d’acqua in gruppo, evitando così lotte e aggressività che sarebbero inutili e controproducenti. Anche differenze morfologiche caratterizzano pesci di lago e di fiume. Nello specifico, i temoli nelle acque correnti sembrano essere più affusolati e con un peduncolo caudale più profondo rispetto a quelli di lago. L’adattamento non lascia quasi nulla al caso (pur originando da esso): pesci più slanciati, con code più robuste, rappresentano in maniera palese il modello più efficiente in un ambiente caratterizzato da correnti e turbolenze. Un capitolo dedicato meriterebbe il temolo artico, dalle abitudini ancora più marcatamente lacustri tanto da rappresentare una delle specie caratterizzanti del lago Bajkal: l’immenso bacino siberiano considerato il più antico al mondo. E’ inoltre incredibile pensare che in un lago degli Sati Uniti (Montana), senza immissari e con un solo emissario disponibile per la riproduzione e lungo appena 350 metri prima che si rompa in una cascata, la popolazione di temolo artico locale, pur di
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assicurarsi presenza stabile in questo ambiente, abbia evoluto particolari adattamenti che impediscono ai nuovi nati di farsi trasportare al di sotto del salto d’acqua. Ritornando all’iniziale dilemma, sembrerebbe quindi che, a tutti gli effetti, il temolo sia un pesce sia di lago, sia di fiume. Ma perché non ha colonizzato in maniera tanto estensiva anche i nostri grandi laghi prealpini? Credo si possa rispondere con un’altra domanda: perché i temoli hanno colonizzato con tanto successo molti laghi del nord Europa? Vi porto un istante in Norvegia, nei pressi di un lago dal nome non solo impronunciabile, ma anche illeggibile: il Lesjaskogsvatnet nella parte alta del bacino del fiume Gudbrandsdalslågen. Intorno al 1880, grazie alla costruzione di un canale, i temoli ebbero libero accesso a questo lago scandinavo e dopo averlo colonizzato con successo formarono popolazioni locali in oltre 20 immissari dando vita ad un complesso schema di popolazioni di fiume e di lago, con specifici adattamenti evolutisi in poco più di un secolo. Vi sto parlando di laghi con popolamenti ittici poco ricchi, con una bassa diversità in specie e quindi, potenzialmente, una bassa competizione tra specie. Laghi che fanno parte di grandi bacini idrografici che fin solo a qualche migliaio di anni fa erano completamente coperti da spesse calotte glaciali. Anche i nostri laghi prealpini erano occupati da lingue glaciali, ma più a valle il vecchio bacino del Po che, in quell’era, si estendeva sino all’altezza di Ancona, era libero dai ghiacci e ospitava quella ricchezza di specie che poi ricolonizzò nuovamente anche i grandi laghi.
Qui i temoli, pesci di fiume che abitano i laghi, trovarono molti altri pesci di lago che abitano di rado anche i fiumi e si adeguarono a stare principalmente laddove avevano relativamente pochi competitori, nelle acque correnti. Non per caso nelle valli della provincia di Sondrio i temoli si sono stabiliti con successo nei laghi alpini in quota. Questi bacini infatti condividono con i laghi scandinavi comunità ittiche con struttura e relazioni piuttosto semplici e composte da non molte specie. Probabilmente è proprio il Lago di Livigno a rappresentare l’esempio principale di colonizzazione di successo di un ambiente lacustre alpino d’alta quota. Negli anni precedenti al 2013 la presenza del temolo era qui numerosa e strutturata, tale da sostenere abbondanti migrazioni nei principali immissari durante il periodo riproduttivo. L’entità del fenomeno consentiva la facile osservazione dei branchi di riproduttori in risalita verso le aree di frega del torrente Spol e del rio Torto. Il recupero di quella risorsa merita tutto l’impegno possibile e sono sicuro che si riuscirà, tramite studi e strutture adeguate, a risolvere il problema e sarebbe confortante che da un evento negativo si potessero trarre anche nuovi spunti e nuovi stimoli per migliorare la situazione del temolo in tutte le acque, implementandone parallelamente gli aspetti meramente conservazionistici e quelli inerenti alla soddisfazione alieutica. Vorrei che queste righe, pur muovendo essenzialmente da un quesito sulla natura lacustre
del temolo, a volte postomi da pescatori e appassionati, si concludesse in sostanza con una riflessione e una nuova domanda: conosciuta l’attitudine a formare popolazioni in salute e ben strutturate nei laghi alpini di montagna da parte dei temoli perché non sfruttare questi ambienti proprio per recuperare i nostri famigerati temoli autoctoni? Molte specie ittiche in pericolo di estinzione sono state immesse in bacini isolati con l’intento di formare delle riserve genetiche, immuni a nuove ibridazioni, in cui la popolazione si possa riprodurre con successo senza che vengano fatte nuove immissioni di materiale ittico potenzialmente in grado di mettere in pericolo l’integrità della specie. A questo scopo potrebbero essere individuati nuovi bacini con le caratteristiche ideali (per esempio un emissario o immissario disponibile per la frega) per il mantenimento duraturo di un popolamento locale del nostro temolo. Anche da questi bacini genetici, protetti da nuove ibridazioni, si potrebbe attingere per implementare il recupero del temolo padano nella Valtellina e nella Valchiavenna e assicurarne la pescosità dei corsi d’acqua. Il temolo padano è in pericolo grave di estinzione e il suo recupero potrebbe essere il fiore all’occhiello di una gestione delle acque attenta sia ai pesci che ai pescatori e che, a maggior ragione, avrebbe ancora più strumenti contro gli scempi ambientali che spesso devastano intere aste fluviali e che, purtroppo, abbiamo ben imparato a conoscere.
Temolo artico. (foto Valter Biachini)
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B OTTA E RIS P OSTA
XX di Raul Montanari
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Sembrava così semplice (foto Marco Viganò)
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embrava così semplice. Alle spalle di moltissimi fra noi – certamente tutti quelli della mia generazione, ma non solo – c’era l’atto primordiale dell’uccisione della preda. Il pesce che ho catturato è mio: lo uccido per mangiarlo. Sono abbastanza in età da ricordare mattanze di pesciame immondo, per esempio scardole e savette, accoppate e messe in padella, nello sforzo eroico di ricavare proteine nobili da quelle carni mollicce, maleodoranti e liscosissime. Poi c’è stato un primo passaggio, sottovalutato ma in realtà decisivo per quanto sarebbe seguito: abbiamo cominciato a portare a casa il pesce solo per abitudine, ma non lo mangiavamo più. C’erano due condizioni che andavano soddisfatte per consumare le prede: 1. Che fossero buone; quindi via libera a persici, tinche, alborelle, anguille, trote, predatori in genere, ma che fare dei pighi e dei triotti? E il cavedano, grande terreno di scontro fra sostenitori e detrattori delle sue qualità in cucina? Gli altri tutti via, in pattumiera! 2. Che ci fosse a portata di mano qualcuno con l’abilità e la voglia di cucinarli, questi pesci. I filetti di persico reale sono una squisitezza, ma la procedura di desquamazione e sfilettatura è la tredicesima fatica d’Ercole. Perfino mia nonna, la mia devotissima nonna, quando sbirciava nel sacchetto di plastica e scorgeva le tigri di fiume, alzava gli occhi al cielo: “Ancora!?”. Perciò, orrore a dirsi, perfino pesci prelibati hanno cominciato a finire troppo spesso nell’immondizia. Ed eccoci al secondo e definitivo passaggio: se non mangio il pesce, se non lo mangiano nemmeno parenti e amici, perché ucciderlo? Perché portarlo a casa, quando basta fargli una foto per poter vantare la propria bravura? Sembrava semplice, l’ho detto all’inizio: non uccido il pesce, lo libero. Compio un atto di pietà, di solidarietà fra esseri viventi, di armonia creaturale. Godo nel vedere il pinnuto guizzare, incredulo della libertà ritrovata. Mi sento allargare il petto per la mia affettuosa magnanimità, che mi riconcilia con la Natura: non sono più un predatore gratuito, immotivato, ma un piccolo, dimenticabile incidente di percorso nell’esistenza di questi nobili animali. Come vedete, questa progressione è perfettamente logica, e non c’è nessun dubbio che rappresenti un incivilimento del pescatore, un aumento di bellezza nel suo comportamento. Il centro di irradiazione di questa cultura, detta no kill o catch & release, è stata l’aristocratica Inghilterra, dove il pesce è considerato né più né meno parte di
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quell’ambiente la cui tutela spetta alla specie vincente: l’uomo. E invece, ecco sorgere il problema. Dai bastioni squadrati della severità mitteleuropea, Germania e Svizzera, viene proposta una logica completamente diversa. La patria di Kant, Hegel e Schopenhauer fa tabula rasa del processo storico che ha portato al no kill e dichiara: è immorale che la specie vincente (siamo sempre noi) si diverta ai danni di specie inferiori. La pesca sportiva, la pesca per diletto, è assurda in sé: o peschi per uccidere il pesce e mangiarlo, oppure devi astenerti dal pescare. Bocce, scacchi, Risiko, lezioni di tango: scegli tu come impiegare le ore dello svago, ma non procurare a un animale innocente la sofferenza dell’inganno, della ferrata, del combattimento contro questa forza invisibile che vuole trascinarlo fuori dall’acqua verso l’aria e la terra. Bando ai sadici che strappano i pesci dal loro elemento per poi ributtarli dentro, all’infinito. La cattura dev’essere definitiva, irreversibile: hai preso il pesce? Te lo porti a casa e lo mangi! Se un guardiapesca tedesco o svizzero ti vede indulgere a quella che tu consideri pietà e lui crudeltà, ossia liberare la preda, una bella
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multa non te la leva nessuno. Questi sono i termini del dibattito. Sarebbe interessante intervistare il pesce appena catturato e chiedergli quale destino trova più desiderabile fra la restituzione all’acqua e la botta in testa (quando va bene), ma non voglio insistere su questo. Inutile dire che ambientalisti di ogni credo e generazione sono balzati al volo sul cavallo teutonico, brandendo lo spadone e menando fendenti per tranciare a metà tutte le canne di chi pesca per divertimento e non per fame! I vegani, che ormai stanno per prendere il potere a livello planetario e, in prospettiva, galattico, si sono organizzati in ronde e si infittiscono gli episodi in cui i pescatori vengono presi a sassate da bande di contestatori: se il sasso colpisce il pescatore, bene; altrimenti, cadendo in acqua, fa comunque scappare i pesci. Ho scherzato, ma sono argomenti seri e ora mi ritaglio lo spazio per una risposta seria. L’uomo non è solo la specie vincente, è un predatore-parassita ingombrante, invasivo, che ha inflitto alla Terra ferite di ogni tipo. Siamo riusciti ad avvelenare aria, acqua e suolo, a modificare il clima, a sconvolgere
le stagioni. L’uomo sta nel mondo in modo violento, e tutti i suoi rapporti con le altre creature hanno una componente violenta, perfino quando nascono dall’amore: chi conosce davvero la pesca sa che i pescatori amano i pesci. E’ impossibile per noi vivere senza fare del male ad altri esseri viventi. C’è una setta indù i cui adepti, quando camminano, spazzano la strada davanti a sé con un ramo, per evitare di schiacciare inavvertitamente formiche e altri insetti. Lodevole, ma chissà quanti ne uccidono o feriscono ugualmente; e chi stabilisce che un insetto vale meno di una trota? Non è vita, comunque? Chi traccia il confine? Allora io rivendico il diritto di farlo, questo gioco con il pesce. Di acquisire potestà di vita o morte su di lui, e di sentenziare che il prigioniero è innocente e va liberato con ogni cura. Rispetto quelli che il pesce lo mangiano, perché le loro ragioni sono accettabilissime, ma voglio sentirmi libero di seguire la mia sensibilità. Quell’istante transitorio di sofferenza che procuro alla preda è una nota quasi inudibile nel frastuono assordante delle aggressioni micidiali che la nostra civiltà umana compie senza sosta contro il mondo e la vita. La verità è che tutti, che si pratichi il no kill o l’arte della padella, dovremmo fare fronte comune davanti a chi gli animali li conosce attraverso i cartoni animati, non stando a mollo dentro l’acqua. Non studiandoli, toccandoli, amandoli, difendendoli come facciamo noi. Il pescatore è la sentinella del fiume, per il più prosaico dei motivi: perché è suo interesse che le acque siano pure, che i pesci prosperino. Il pescatore è la tassa che il fiume paga per essere difeso, e lo dimostra l’assalto che bracconieri e inquinatori portano sempre ai fiumi e ai laghi che per qualche motivo sono stati abbandonati dai pescatori. Ricordiamocelo. (foto Marco Viganò)
M
ilano, 2014. Valerio ha ventisette anni e una vita vuota. Abita in un monolocale su cui aleggia la presenza del precedente proprietario, suo zio Willy, morto in odore di satanismo, che si dice avesse accumulato un tesoro mai ritrovato. Per guadagnare qualcosa, Valerio affitta l’appartamento per brevi periodi e va a dormire da un amico. Ha però un vizio: entrare in casa di nascosto dai suoi ospiti, per curiosare fra i loro oggetti e immergersi con la fantasia in esistenze diverse dalla sua. Una di loro, l’enigmatica Viola, lo colpisce al cuore. Fra i due sembra nascere qualcosa, ma Viola scompare e un detective privato che lavora per suo marito rivela a Valerio la verità: la donna è in fuga e forse il suo passaggio da quella casa non è stato casuale. Che c’entri in qualche modo la leggenda del tesoro dello zio Willy? Valerio e il detective si alleano per cercare Viola insieme, ed è l’inizio di un viaggio che dalle ombre che circondano la casa milanese trova il suo drammatico finale in una palude del Rio delle Amazzoni. Finché, fra scoperte dolorose e squarci di inattesa felicità, la vita di Valerio cambierà per sempre. Un libro dove i fondamenti della narrazione romanzesca (il denaro, l’amore, l’avventura, il mistero, la comicità) catturano il lettore e si fondono nel ritratto di un personaggio vero e tenerissimo. E di una generazione derubata del proprio futuro e costretta a inventarsi il presente ogni giorno, con rabbia ma anche con ironia. Raul Montanari ha pubblicato una ventina fra romanzi, saggi e libri di racconti. Fra i più noti, i romanzi La perfezione (1994), Chiudi gli occhi (2004), L’esistenza di dio (2006), La prima notte (2008), Strane cose, domani (2009, Premio Bari, Premio Siderno e Premio Strega Giovani), Il regno degli amici (2015, premio Vigevano, finalista premio Scerbanenco), e il saggio Il Cristo zen (2012). Con Aldo Nove e Tiziano Scarpa ha scritto Nelle galassie oggi come oggi (2001), insolito bestseller nel campo della poesia. Ha firmato opere teatrali, sceneggiature e importanti traduzioni dalle lingue classiche e moderne, da Sofocle a Shakespeare, da Poe a Cormac McCarthy. Dirige a Milano una famosa scuola di scrittura creativa.
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B ot ta e r i s P o s ta
di CarLo roManÒ
Lenza in aCQUa
e gambe sotto il tavolo
(foto Valter Bianchini)
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iso e filetti di pesce persico, trota burro e salvia, tartare di salmerino, lucioperca al sale. Sono piatti che sulla mia tavola compaiono di frequente e la materia prima me la procuro andando a pescare in laghi, fiumi e torrenti. Intendiamoci, non è che vado a pescare per mangiare (ci mancherebbe altro!) ma la filettatura, la cucina e il consumo del pesce fanno parte del mio modo di vivere la pesca. E non per questo mi sento un troglodita o un ecoterrorista. Quando penso al mio rapporto con i pesci, l’aspetto del consumo mi sembra del tutto naturale. E’ stata Madre Natura a dotarmi di un apparato digerente da onnivoro
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e qualche strano antenato mi ha tramandato il gene della passione per la pesca. Mi sento in armonia con le leggi dell’Universo sia quando catturo il pesce, sia quando lo uccido o sia quando lo mangio. Li vivo come gesti antichi, che hanno qualcosa a che vedere con la natura profonda dell’uomo. Capisco perfettamente che ci possano essere sensibilità diverse dalla mia. I miei argomenti sono oggettivamente deboli. Non tutto ciò che è naturale è necessariamente buono. Ho il massimo rispetto di chi rilascia il pesce perché la sua visione del mondo gli impedisce di ucciderlo o anche perché non ha alcun interesse a farlo. Siamo in un campo - quello del rapporto uomo-animale
- che ha mille sfaccettature e in cui è obbligatorio muoversi con cautela. Alcuni eccessi, mi riferisco agli allevamenti–lager e agli atti di crudeltà fini a se stessi, che sono contrari ai più elementari principi di civiltà, non possono essere accettati. La pesca sportiva (o dilettantistica, o ricreativa, chiamatela come volete) ha senz’altro una componente violenta, ma la violenza non è mai fine a se stessa, anche quando l’azione si chiude con il rilascio del pesce. Per questo non mi trovo in sintonia con la normativa dei paesi di lingua tedesca, che permettono la pratica della pesca sportiva soltanto se è finalizzata al consumo del pesce. Mi sembra un approccio semplicistico e
invadente, che limita oltre il dovuto gli spazi di libertà delle persone. Mi è stato chiesto di scrivere un articolo “in difesa “del pescatore che trattiene le sue catture e sto usando una parte dello spazio a mia disposizione per riconoscere la dignità della pesca no kill. Non è un percorso premeditato – la penna va un po’ dove gli pare - ma non è un caso che sia andata così. Sono affezionato ai miei spazi di libertà e forse per questo i Depositari dell’Unica Verità Rivelata mi fanno sempre venire qualche brivido, anche quando la pensano come me. Ma torniamo al fatto che il sottoscritto i pesci che pesca se li mangia. Perché non dovrei farlo? Forse perché
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storie Di PesCa
portando via il pesce impoverisco il fiume o il lago da cui proviene? La scienza in realtà mi dice che l’ambiente si impoverisce soltanto se il prelievo è eccessivo. La stessa normativa si pone l’obiettivo di rendere il prelievo di pesca compatibile con la conservazione dei popolamenti ittici; non si pone l’obiettivo di eliminare il prelievo. A ben vedere, la domanda che dovrei pormi quando porto alla bocca un filetto di trota del Roasco è la seguente: “Riuscirò a compiere lo stesso gesto anche l’anno prossimo, o tra due
anni, o tra cinque anni?” La risposta che mi do non è priva di incertezze. Prima di tutto non posso sapere cosa c’è nel futuro della mia esistenza personale. Poi nessuno mi può garantire che non si ripeta un’alluvione devastante come quella del 1987. Infine c’è l’incognita delle centraline: in valle sembra tutto fermo, ma quando c’è di mezzo la pecunia non si può mai stare tranquilli. I cormorani non mi preoccupano perché i loro terreni di caccia sono altri. Dighe a monte non ce ne sono, quindi non c’è nemmeno la possibilità che uno svaso soffochi pesci, insetti e sassi sotto una bella coltre di limo. Ho anche un’altra certezza: ogni masso, ogni anfratto, ogni raschio occupato dalle trote che ho prelevato ha già una nuova inquilina. Come faccio a saperlo? Nel caso specifico, frequentando il torrente ho avuto modo di osservare centinaia di trotelle di tutte le taglie. Più in generale so - perché è il mio mestiere - che in ambienti come questi la misura minima di cattura (25 cm) fa sì che i pesci si possano riprodurre almeno una volta e forse anche due. Con questi pensieri nella testa, lascio che il filetto di trota mi delizi il palato e, credetemi, non provo alcun senso di colpa.
di Paolo Bormolini
non è una passione per vecchi di Mauro Bagiolo
‘‘C
osa vuoi fare da grande?” Quante volte abbiamo sentito questa domanda noi della nostra generazione… Bei tempi quelli degli anni ‘70-’80 quando uno aveva la possibilità di scegliere. Te lo chiedevano il papà e la mamma, i nonni, gli amici della mamma e dei nonni. E io, come tutti i bambini della mia età avevo un’idea ben precisa. Che puntualmente cambiava anno dopo anno, se non addirittura da un mese all’altro. Sicuramente avrei voluto fare il macchinista dei treni. Ero fisso alla stazione a vederli partire. Ma la nonna no; lei voleva facessi il veterinario. Ma avendo uno zio sacerdote e avendone avuto uno addirittura monsignore avrei anche potuto diventare un “prevet”. Pen-
sa che soddisfazione per la nonna. Tutto avrei pensato meno che diventare un “pescatore”. Partito circa 17 anni fa nella gestione di un negozio di articoli di caccia e pesca, assieme ad un socio gestisco da ormai 15 anni il laghetto di pesca sportiva di Grosotto con annesso negozietto di articoli per la pesca. Pesco dall’età di 10 anni e da sempre la pesca è stata la mia passione. E come in tutte le passioni c’è stato tutto un evolversi che mi ha portato in questi anni a viverne tutte le sfaccettature. Ho avuto un passato da accanito garista; ho calcato con discreto successo i campi gara provinciali e nazionali. Poi il lavoro al laghetto ha iniziato a impegnarmi a tempo pieno per cui ho dovuto lasciare proprio l’attività agonistica che mi vedeva tutti i week-end lontano da casa. La voglia di risalire fiumi e torrenti è tanta e la pesca in tutte le sue tecniche mi ha forgiato anche il carattere.
(foto Mauro Bagiolo)
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Mosca, spinning, tocco. Tutto quello che è pesca per me è divertimento. In particolare ora che è anche il mio lavoro. Mi piace sperimentare esche nuove, attrezzi nuovi, tecniche nuove. Mi piace farlo ma soprattutto mi piace poi insegnare agli altri quello che ho imparato. Oltre alla gestione ordinaria della pesca sportiva, durante l’anno organizzo una serie di manifestazioni di vario genere con gare di pesca e raduni dedicati alle varie specialità e in particolare rivolte ad amatori e bambini. Proprio loro sono il mio punto di forza. D’altronde e` proprio su di loro che dobbiamo puntare se vogliamo che la pratica della pesca sportiva non si esaurisca inesorabilmente con la nostra generazione. Sono ormai otto anni che organizzo una serie di corsi dedicati ai ragazzi. Partiti in maniera occasionale, ora sono diventati una tappa fissa e costante del mio lavoro. Grazie all’interessamento di alcuni insegnanti sono riuscito a entrare nel mondo della scuola e inserire all’interno del programma scolastico l’iniziativa della pesca sportiva. L’esempio più eclatante è nella media di Sondalo, dove grazie all’impegno dell’insegnante Antonio Spedicato abbiamo un programma di tre lezioni all’anno che si svolgono proprio in orario scolastico. Sono incontri che durano tutta la mattina; i primi due li dedico a mostrare ai ragazzi i pesci che abitano il lago, le trote, gli scazzoni e i lucci. Dove vivono e di cosa si nutrono. Non manca poi uno sguardo all’anatomia del pesce e una panoramica degli insetti acquatici mostrati dal vero. Analizziamo la roggia di ingresso al lago, cerchiamo gli insetti tra i sassi e le alghe del fondo. Di seguito passiamo alla parte della pesca vera e propria. Montaggio dell’attrezzatura e familiarita` con canne e mulinelli. Da li` si passa poi a pescare. Il momento più atteso.
Non è possibile incantare i ragazzi per più di un’oretta con la sola teoria, per cui è proprio quando iniziamo a fare i primi lanci che viene il bello….per loro. Nella terza lezione si impara quanto appreso nelle prime due. E’ l’ora della gara di pesca . Mamma mia quanti garbugli e quante parrucche….ovviamente la colpa è sempre del compagno che c’era vicino. Ma ci sono abituato ormai e il mio tempo lo passo a districare grovigli di fili e ami. Solo i ragazzi di Sondalo sono oltre quaranta - le tre prime classi delle medie assieme - per ogni lezione. Domarne quaranta in un colpo non è facile, ma poi alla fine le soddisfazioni arrivano. E sapete qual’ è la soddisfazione maggiore? Vederli tornare il sabato dopo a tentare la sorte senza nessuno che li aiuti perché convinti di aver imparato tutto, senza la scuola ma con la voglia di pescare al di fuori del progetto scolastico. O ritrovarli sull’Adda il pomeriggio, agevolati dal costo accessibile della licenza di pesca. Questa è la soddisfazione maggiore e questo alla fine è lo scopo che mi ero prefissato: forgiare nuovi pescatori. Abbiamo un ambiente che può ancora dare tanto ai nostri ragazzi e non possiamo non farglielo scoprire. Sta a noi approcciarsi a loro nel modo giusto. Ho visto più rispetto dei pesci e dell’ambiente che ci circonda in questi ragazzi che nei pescatori di lungo corso che danno ormai tutto per scontato. Parte del merito nell’avviamento alla pesca dei piu` giovani va anche alla società pesca sportiva Santo Tirinzoni di Sondalo, che da qualche anno organizza anch’essa un corso di pesca per ragazzi in tre lezioni. Oltretutto sono tre anni che l’amministrazione di Sondalo contribuisce all’iniziativa proposta da me e dalla scuola e si fa carico delle spese
dell’intero corso. Ma allora perché non pensare più in grande? Me lo sono chiesto più di una volta e sicuramente questa è una delle mie sfide per il futuro anche in seno a Unione Pesca. Quest’anno sulla spinta dei miei amici pescatori di Sondalo sono stato prima eletto delegato dei pescatori per la zona Sondalo-Grosotto e successivamente sono entrato a far parte del comitato di gestione. Un gruppo che si è rinnovato con l’ingresso di giovani che porteranno una ventata di novità all’interno di una squadra già collaudata. Se vogliamo riguadagnare terreno dobbiamo ripartire proprio dalle giovani leve. Con loro si potrà intraprendere un percorso che va al di là della pesca sportiva; che miri a costruire un rapporto con l’ambiente naturale basato sul rispetto di tutte leforme di vita che lo abitano. Dovremmo riuscire a creare un gruppo di lavoro che creda nell’iniziativa; trovare una strategia per proporci al mondo delle scuole. Si potrebbe pensare a un progetto coordinato, che veda Unione Pesca come regista e le varie società affiliate che si attivino ciascuna sul proprio territorio. La mia esperienza personale dimostra che almeno il 25% dei ragazzi che si sono formati a questi corsi di avviamento alla pesca sono poi diventati nostri associati e hanno sottoscritto la licenza di pesca per i nostri fiumi. Cosa fare di concreto allora? Far conoscere a tutte le scuole chi siamo e cosa facciamo per i pesci e per l’ambiente; i nostri regolamenti e ovviamente le nostre strutture, in particolare l’attività del centro ittiogenico di Faedo. Nel contempo organizzare dei corsi di pesca veri e propri, dove i ragazzi potranno mettersi alla prova. Io ci credo. E se qualcun’altro la pensasse come me si faccia avanti. Scommettendo sui ragazzi le soddisfazioni non mancheranno.
La voce del professore
ludica ma anche strumento per avvicinarsi all’ambiente che ci circonda. Sono diversi anni che viene proposto nella nostra scuola il “progetto pesca” ; ciò è stato possibile grazie alla collaborazione tra il Laghetto di Grosotto, l’Amministrazione comunale di Sondalo e l’associazione pescatori Santo Tirinzoni. Gli alunni hanno partecipato sempre con grande entusiasmo e interesse, appassionandosi non solo all’aspetto pratico dell’iniziativa ma anche alle lezioni relative alla conoscenza della flora e della fauna dei
nostri fiumi. Tale esperienza ha portato molti ragazzi ad avvicinarsi al mondo della pesca, accostandosi con rispetto e consapevolezza a quel territorio che va sempre più tutelato e protetto. L’augurio da parte di noi insegnanti è che un’attività didattica di questo tipo alimenti in loro una sensibilità crescente verso l’ambiente che ci appartiene e ci circonda.
Il progetto nasce dal desiderio di approfondire la conoscenza del territorio dove viviamo, associandola a quell’attività sportiva - la pesca - che appartiene alle nostre tradizioni locali e che secondo noi insegnanti va affermata e sviluppata come esperienza non solo 86
Prof. Antonio Spedicato Istituto Comprensivo di Sondalo
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V ITA ASSO C IATI V A
I nostri primi cinquant’anni
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omenica 31 luglio si e` festeggiato il 50° anniversario del Circolo Pescatori Santo Tirinzoni di Sondalo nato nel 1965 che per una serie di motivi non eravamo riusciti a organizzare lo scorso anno . 50 anni sembrano pochi , ma nel nostro fiume per svariati motivi molte cose sono cambiate. L’Adda nel nostro comune , soprattutto dopo la frana del Monte Coppetto del 1987 , ha subito pesanti modifiche che ne hanno penalizzato la pesca. Come conseguenza di cio`, il nostro circolo ha perso numerosi soci, anche se negli ultimi anni c’è comunque stata una certa ripresa, in buona parte dovuta a una serie di
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nuove iniziative incentivate dal direttivo dei pescatori e dalla Polisportiva Sondalo Sport , alla quale ci siamo ultimamente aggregati. Lo scorso anno abbiamo organizzato , in collaborazione con l’insegnante Gabriella Fornaciari, un corso di pesca per ragazzi delle scuole medie , un corso di pesca per ragazzi under 14 articolato in tre uscite sul fiume Adda , in laghetto e al Lago di Scale. Oltre a cio`, merita di essere ricordato il Fario Day (pescata alla trota con gara sociale ) e per finire, l’iniziativa alla quale tenevamo piu` di tutte le altre, la festa del 50°, che si e` svolta tra il 24 al 31 luglio e ha avuto nella mostra Come l’ era l’ Ada il suo culmine. La mostra si componeva di tre sezioni; la prima storico-geografica composta da 32 fotografie d’ epoca che descrivevano il fiume dal Ponte del Diavolo fino alla località Boscaccia , incluso un panello dedicato all’ alluvione del 1987 . La seconda ricostruiva l’attività agonistica del circolo e dell’associata “ La Marmorata “ dagli anni `80 ai giorni nostri, comprese le foto degli ultimi corsi di pesca dei ragazzi . L’ultima sezione era dedicata ai trofei , alle targhe , alle medaglie e alla preziosa attrezzatura d’epoca utilizzata per la pesca sul fiume : canne di bambù , cucchiaini forgiati a mano , cestini in vimini , vecchi mulinelli e via discorrendo. La mostra è stata soprattutto un’occasione per condividere ricordi , per incontrarsi e riflettere sulla forza a volte penetrante della natura , ma anche per interrogarsi sulle conseguenze delle decisioni degli uomini nella trasformazione del paesaggio . La festa si e` poi conclusa con un pranzo a base di pesce di mare , cucinato dagli amici di Fano. A loro va un grande ringraziamento, lo stesso che merita lo “zoccolo duro” che ha tenuto viva l’associazione in tutti questi anni. Il Presidente Marco Baldaccini
La pozza alpina dei grosini In un mese mezzo di lavoro, manodopera gratuita, escavatore prestato da Corrado Cusini, la società Pesca sportiva di Grosio, ha recuperato la vecchia pozza in mezzo al pascolo creata negli anni 80 nel Pian di Fulin, 1300 metri di quota, appena dopo Fusino, dove scorre il torrente Roasco. La vasca realizzata è delle dimensioni di 130 metri quadrati, è stata regimentata l’acqua, costruita una baracca per il deposito degli attrezzi, messe le reti anti aironi e rifatta la recinzione. Ora viene utilizzata per l’accrescimento delle trotelle fario provenienti dal Centro ittico di Faedo che poi, una volta che hanno raggiunto le dimensioni idonee per i ripopolamenti cm. 6/12, vengono prelevate e immesse nel Roasco Occidentale (Val di Sacco), nel Roasco Orientale ( Val Eita) e nei loro affluenti laterali al fine di mantenere le caratteristiche di rusticità tipiche dei pesci di queste valli.
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V i ta a s s o C i at i Va
Circolo di tirano, il fontanino raddoppia
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ono passati 13 anni dalla presentazione dello studio di fattibilita`, ma adesso il progetto del circolo pescasportivi di Tirano si e` finalmente concretizzato. Il 6 settembre 2016 e` stato inaugurato il laghetto del Fontanino, situato in sponda destra del fiume Adda a monte di Tirano ai margini del Sentiero Valtellina. L’opera e` il coronamento di un’iniziativa di valorizzazione ambientale a scopo didattico e turistico partita nel 2004, che ha portato il circolo - in questo sostenuto dalla Fondazione
Pro Valtellina Onlus e da UPS - ad acquistare terreni degradati e incolti per recuperare il piccolo laghetto naturale alimentato da acque sorgive che garantiscono una temperature fresca e costante per tutto il corso dell’anno. Un piccolo specchio d’acqua che si affianca a quello gia` recuperato in precedenza dall’Unione Pescatori Sondrio che – proprio in virtu` delle sue caratteristiche ambientali – sta permettendo l’incubazione di uova di salmonidi costituiti da trota fario, marmorata e temolo. L’area che si e` venuta a creare vuole presentarsi come un punto di riferimento per una didattica capace di avvicinare i bambini in maniera semplice e diretta a concetti complessi come quelli di ecosistema, rete alimentare ed evoluzione delle forme di vita che abitano le nostre valli. Il parco naturale si accompagna a una serie di infrastrutture – panchine, tavoli, barbecue – che ne facilitano la fruizione e si arricchisce di un percorso botanico incentrato sulla flora alpina valtellinese e sulla coltura delle piante officinali, a cui fa da supporto una cartellonistica dedicata. L’inaugurazione e` stata poi l’occasione per l’immissione di 8mila temolini nel nuovo specchio d’acqua. Pesci destinati a sostenere gli stock ittici del fiume Adda.
di Davide De Simone
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V ITA ASSO C IATI V A
APD Valli della Mera: il fiume che unisce
di Gianluca Sala
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Dalla volontà di un piccolo gruppo di amici animati dalla passione per la pesca e dalla voglia di tutelare le specie ittiche della Valchiavenna, nel corso dell’estate 2014 poniamo le basi per costituire una nuova società di pesca. Era ormai da alcuni anni che si sentiva la necessità di portare nuovo vigore ed entusiasmo tra noi pescatori. La sensazione era che si fosse creato un certo distacco tra gli appassionati, le due storiche associazioni della Valchiavenna e UPS. Vuoi per l’età dei passati dirigenti, vuoi per le tante distrazioni delle quali possiamo approfittare, ma la disaffezione per le attività sociali era salita a livelli preoccupanti. Vivevamo in una situazione di stallo: le informazioni “dal centro alla periferia” faticavano ad arrivare e a volte le motivazioni che stavano alla base di alcune scelte gestionali si perdevano in un marasma di ipotesi e congetture, se non vissute come obblighi imposti dall’alto. Eravamo incancreniti in un corto circuito senza uscita. C’era ancora tanta voglia di fare ma si erano inceppate le sinapsi. Era un po’ come
se qualcosa nella comunicazione tra noi e UPS andasse perso. Un tarlo che stava logorando sia i rapporti istituzionali tra le associazioni locali e la sede di Sondrio che la percezione dei soci di sentirsi parte di un progetto condiviso. Dovevamo ripartire, dovevamo riuscire a informare i soci, trovare un obiettivo comune e creare aggregazione tra i pescatori. Poi, nel marzo del 2016, dopo diversi incontri aperti a tutti gli interessati, si concretizza il sogno: decine di pescatori di ogni estrazione decidono di riunirsi in una nuova societa`. Unica e unita. Una delle prime difficoltà fu quella di trovare un nome che potesse rappresentare tutte le anime che convivevano nel progetto e rappresentasse l’intera valle; la scelta cadde su “APD VALLI DELLA MERA”. Il primo passo era compiuto. La nuova avventura si basa su una grande aspirazione: riunire tutte le tecniche di pesca e forse seppellire per sempre l’ascia di guerra. Senza la partecipazione e l’unione di tutti, raggiungere obiettivi ambiziosi sarebbe diventato un traguardo impossibile da centrare. La speranza è di portare avanti un progetto di pesca che tuteli gli interessi dei pescatori, della pesca stessa ma soprattutto tutelare le specie più caratteristiche delle nostre valli . Consideriamo di fondamentale importanza la tutela e il rispetto dei pesci di maggiore pregio quali trote e temoli . Il nostro desiderio è che, col tempo, si possa raggiungere l’obiettivo di una pesca eco-sostenibile, nel rispetto dell’ambiente e delle esigenze di tutti i pescatori. Al momento abbiamo avviato insieme a Unione Pesca Sondrio e al dottor Pierpaolo Gibertoni - ricercatore della Mediterranean Research Group - un progetto molto ambizioso di recupero delle specie ittiche autoctone che abitano l’asta della Mera. Iniziativa che parte dalla tutela delle specie migratrici che anno dopo anno si spostano dal lago di Mezzola e risalgono il fiume per completare il loro ciclo di riproduzione. Trota marmorata, lacustre,
fario e temolo sono le fondamenta di questo sogno che speriamo possa concretizzarsi nel breve periodo. Al momento contiamo 137 soci regolarmente iscritti che contribuiscono con una quota associativa di base, anche se la maggior parte di noi ha supportato in modo molto più consistente il progetto, non solo a livello economico ma anche dedicando parte del proprio tempo libero alle iniziative di recupero messe a calendario. La gran parte degli iscritti risiede in valle, ma abbiamo aperto il tesseramento anche ai fuori provincia, ai quali non e` negata la possibilita` di ricoprire alcune cariche sociali. Tutte le tecniche di pesca sono ben rappresentate e a tutti è concesso di presentare le proprie istanze e avanzare soluzioni, ovviamente nel rispetto delle linee guida della società. Come da statuto interno a UPS, al momento della richiesta di affiliazione abbiamo dato la nostra disponibilità a sostenere e collaborare ad ogni attività che sia necessaria per una buona gestione del territorio. Molti dei nostri associati stanno già supportando Unione Pesca nell’attivita` di vigilanza inquadrati come guardia pesca volontari; impegno che si accompagna a un’attenta supervisione del territorio che a volte porta alla segnalazione di episodi di inquinamento o morie di pesce, insieme alla partecipazione alle attivita` di semina, al recupero e al campionamento dei pesci. Con il tempo contiamo di riuscire a portare avanti iniziative didattiche sulla pesca e l’ambiente acquatico, senza tralasciare attività sportive e conviviali come l’organizzazione di gare di pesca. Al momento abbiamo anche una pagina facebook dove sono raccolte alcune foto e video di pesci in riproduzione che alimentiamo puntualmente di nuovi contributi. Una comunita` sempre connessa, che si stringe attorno a un gruppo whatsapp composto da una settantina di partecipanti. La nostra è una valle che offre tante opportunità a tutte le tecniche di pesca, con zone ben diversificate e strutturate. Purtroppo dal lontano 1998 su di essa incombe “la madre di tutte le minacce”, gli svasi della traversa di Villa di Chiavenna. Problema che UPS sta affrontando e speriamo si possa risolvere nel più breve tempo possibile. Vivere, lavorare, impegnarsi con la consapevolezza che delle condizioni metereologiche avverse, l’apertura di una paratoia, possano azzerare completa-
mente l’impegno di anni ci condanna a uno stato di inquietudine perenne. Abbiamo scelto di non mollare. Di non arrenderci. Sentivamo di doverlo alla nostra passione ma anche e soprattutto all’ambiente che ci ospita. Un sentito ringraziamento va a coloro che direttamente o indirettamente hanno collaborato al progetto. A tutti gli associati che hanno contribuito alle spese di avvio della società, a UPS che crede in noi, che ci ha dato spazio e disponibilita` e a quelli che ci vorranno sostenere in futuro.
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Lo sPiLLo
assenti ingiustifi cati di siLVano CoLLeoni
Traversa dei Forni, Società A2A. (foto Simone Radaelli)
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D
a qualche anno a questa parte i dall’apertura tanto immotivata quanto malansocial media sono entrati prepo- drina di una qualche diga, sulla cui ubicazione tentemente a far parte della no- si resta puntualmente evasivi. E’ anche successo - e stra quotinon una volta sola dianità: la “A giudicare per induzione - che durante queste pesca non si sottrae a e senza la necessaria congiunzione esternazioni qualcuquesta tendenza, anzi; dei fatti, si fa alle volte no dotato di spiccata è fra gli argomenti più gran torto anche ai birbanti.” inventiva letteraria gettonati e su internet abbia sentito il bisotroviamo siti dedicati Alessandro Manzoni gno di accompagnare al commercio di attrezle segnalazioni devazature on-line o blog in cui ci si scambiano informazioni su luoghi, stanti di cui era stato testimone a illazioni tecniche o dove ci si prende amichevolmente che dipingevano Unione Pesca come silenziosa complice di tali eventi. in giro. A volte succede che qualcuno utilizzi questi Sarebbe bastato usare i tasti del telefono in siti per creare un’immagine di sé difforme dal modo più convenzionale, facendo il numero vero, da “guru” del settore, in cui serpeggia- dei nostri uffici e si sarebbe potuta evitare no notizie esagerate se non completamente una così lampante caduta di stile. Anziché avventurarci in una sterile polemica avulse dalla realtà. Leggiamo così della cattura di autentici mostri sul web, abbiamo pensato di organizzare una in piccoli riali di montagna (adeguatamente visita al sistema idraulico di A2A in alta valle, corredati di foto dove i pollici e gli indici che così da fornire “de visu” qualche elemento di trattengono il pesce hanno la stessa dimen- valutazione in più, nella speranza di comunisione della sorridente faccia che si intravede care ai nostri associate, in particolare di fuori sullo sfondo) oppure di svasi disastrosi causati provincial, gli sforzi che Unione Pesca da 40 anni compie per difendere le nostre acque dallo strapotere politico ed economico dei produttori di energia elettrica. Possiamo dirlo con tutta serenità: quelli che ci conoscono a fondo sanno che abbiamo sempre cercato con questi signori un dialogo costruttivo, senza tuttavia tralasciare azioni eclatanti quando ce n’è stato bisogno. Dopo aver pubblicizzato sul nostro e su altri siti dedicati questa iniziativa, sabato 24 settembre ci siamo ritrovati al Centro Ittico di Faedo e siamo partiti per la Valfurva avendo come prima destinazione le opere di presa di A2A sulle acque fluenti dal ghiacciaio dei Forni. Purtroppo la partecipazione si è limitata a otto soci soltanto, cui si aggiungevano il sottoscritto, il direttore tecnico di UPS Giorgio Lanzi e i guardiapesca che fungevano da auti-
sti. I presenti hanno compensato la perdita di una giornata di pesca con domande puntuali e intelligenti a cui è stata data risposta in maniera speriamo esaustiva e convincente. Chi volesse rivivere questa esperienza in autonomia, potrà utilizzare come guida uno degli articoli già pubblicati sulla nostra rivista. Oltre a togliersi ogni dubbio sulla questione, avrà modo di visitare alcuni tra i più bei luoghi della valle, godendosi i magnifici scorci del ghiacciaio dei Forni o del lago di Cancano, ultima tappa del viaggio. Per quelli che - pur avendo voluto - non hanno potuto partecipare per altre ragioni, la disponibilità di Unione Pesca a organizzare altri momenti di approfondimento sulla questione rimane sempre. In futuro però mi aspetterei che, trovandosi ancora a scrivere o commentare eventi che tutti temiamo e di cui l’associazione si impegna a mitigare gli effetti, prima di avanzare ipotesi squalificanti del nostro lavoro e del nostro ruolo, ci sia lo sforzo di confrontarsi anche con Unione Pesca. Un’associazione che ha sempre dato e sempre darà tutte le informazioni del caso dal momento che - sia detto una volta per tutte - non abbiamo niente da nascondere.
Torrente Frodolfo, Traversa dei Forni, Società A2A. (foto Simone Radaelli)
Serbatoio di Cancano, Società A2A. (foto Simone Radaelli)
Sicpa SRL - Via Kennedy, 66 - 25028 VerolanuoVa (Bs) 95
testato Per Voi
di MaUro BagioLo
a qualcuno piace morbido 96
(foto Mauro Bagiolo)
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ue anni e mezzo fa un mio rappresentate mi ha parlato del black minnow quando da noi era ancora un perfetto sconosciuto. Non avevo mai pescato prima con le esche siliconiche, se non con i normali spaghetti o twister, pero` sempre montati su una montatura da trota lago. Fin da subito ho avuto l’impressione che questo artificiale avesse qualcosa in più rispetto
agli altri. Era ormai settembre e dato che in Adda non era permesso utilizzare questo tipo di esche, il pesciolino è finito in un cassetto aspettando giorni migliori. A inizio primavera però non ho resistito e ho riesumato il siliconico, testandolo per bene nella roggia che alimenta il mio laghetto e nel laghetto stesso, dove tengo le mie “trote personali”. Fu un successo senza precedenti. Un autentico amore a prima vista; anzi, amore a primo lancio!
In realtà il Black minnow non è un minnow canonico - perlomeno non come quelli in balsa utilizzati finora - ma neppure un cucchiaino. Quest’esca nonostante abbia già di suo un movimento naturale, va “fatta vivere”. E questo dipende da te, dal tuo recupero e dalle tue abilità. Lo giostri, lo fai saltellare, lo rendi stuzzicante. Questo
è fondamentale. Una volta che lo conosci però non lo molli più. Prima di poterlo usare nelle acque dei nostri torrenti ho dovuto aspettare un altro anno, nel momento in cui il regolamento ne ha consentito l’utilizzo. Da allora la mia pesca ha preso una piega completamente diversa. Ho pressochè abbandonato le canne
SCHEDA TECNICA I principi su cui si basa la progettazione di questo artificiale sono essenzialmente tre: • ANTI INCAGLIO: La particolare forma dell’amo Krog , sviluppato appositamente dalla WMC per adattarsi alle singole misure dei Black Minnow, permette di nascondersi perfettamente nel profilo dello shad in silicone, facilitandone l’impiego anche in fondali particolarmente impervi. • AMO SNODATO: Il sistema brevettato PH2S inserito nella testa piombata assicura la miglior aderenza tra testa piombata e shad, assicurando allo stesso tempo uno snodo perfetto con l’amo nascosto. • MOVIMENTO ESTREMAMENTE NATURALE: Grazie alla speciale composizione siliconica del corpo ed alla testina snodata brevettata, la presentazione di quest’esca risulta molto realistica e catturante.
(foto Mirko Villa)
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Queste caratteristiche lo rendono un artificiale perfetto per la ricerca delle trote in torrente e la numerosa scelta di colori e misure fanno in modo che si adatti a qualsiasi tipo di spot. I colori più utilizzati sono i cosiddetti colori naturali (grigio, nero e marrone) anche se in alcune situazioni e soprattutto su pesci immessi i colori più vivaci (giallo/arancio e giallo/ verde) danno maggiori catture. Le misure più utilizzate sono la n. 1,2,3 per una lunghezza rispettiva di 7, 9 e 12 cm. Il BM70 con testine da 3gr (Shore) e 6gr (Offshore) si presta perfettamente per la pesca in piccoli torrenti dove si ha la necessità di cercare le trote nei raschietti o in piccole buche. Il BM90 con testine da 5gr (Shore) e 10gr (Offshore) viene utilizzato per insidiare trote di taglia maggiore e in correnti più sostenute. Il BM120, invece, grazie alle testine da 6gr (Shallow), 12gr (Shore) e 25gr (Offshore), viene utilizzato per la ricerca di trote in fiumi con grossa portata d’acqua permettendo di sondare perfettamente ogni tipo di fondale. Mirko Villa 99
lunghe da torrente per dar vita al mio artificiale con una più pratica e leggera canna da spinning. Uno spasso! Tanti chilometri con una sola scatola di esche in tasca, qualche testina di piombo e via. E le catture vi assicuro non sono mai mancate. Ovvio, ogni giorno bisogna adattare l’azione di pesca in base all’umore delle trote. Ma questa è la pesca e la regola vale anche per le altre tecniche. Quando le trote sono svogliate lo si recupererà pian piano, facendolo saltellare dietro ai sassi, quasi come quando si pesca con le esche naturali. Se le trote son più aggressive anche il movimento dovrà essere più allegro, lanciando anche nel vivo della corrente. Grazie alla gamma veramente molto ampia di misure e ai pesi differenti delle testine, avremo modo di usare il black minnow praticamente dappertutto; dal torrente di montagna all’Adda di fondovalle. Una volta presa la dovuta dimestichezza sarà possibile insidiare la trota in due dita d’acqua - magari utilizzando testine da 3 grammi e corpo da 7 cm - oppure in fondali di oltre due metri con pesi anche superiori ai 10 grammi e corpi da oltre 12 cm. E` un artificiale che non scherza nemmeno
sui laghi alpini. Anzi, l’imitazione del bamalo e` perfetta per questi ambienti. Il consiglio e` quello di non lasciarvi condizionare dalle misure troppo grosse degli artificiali; ho preso trote da 18 cm con il pesciolino da 9 cm, in torrentelli dove le pozze sono di mezzo metro di profondità. Oltretutto e` un’esca che offre la possibilita` di rilasciare le catture nel pieno rispetto del pesce. L’artificiale e` infatti dotato di un solo grosso amo. Una volta schiacciato l’ardiglione sarà possibile slamare la trota con una semplicità assoluta, senza arrecarle alcun danno. Ho provato quest’esca sull’Adda da Sondrio a Sondalo, sul Mallero, nel Roasco, nel Poschiavino e in un’altra decina di torrentelli minori di cui ometto i nomi, cosi` da non mettere in allarme amici gelosi dei propri posti segreti. In ogni luogo ha dato in suoi frutti. Ma attenzione, ricordatevi sempre che e` un’esca che va animata. Non basta lanciare e recuperare. Dipende tutto da voi e dal vostro ingegno. Io mi sono imposto un traguardo ambizioso: prendere una trota con questo artificiale in ogni torrente, roggia o ruscello della nostra Valtellina. E posso dire di essere gia` a buon punto.
BM Sport
di Bagiolo Mauro
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AGONIS M O
Campionato provinciale UPS 2016 Il Presidente Bianchini, nel corso dell’Assemblea annuale dell’associazione che si è svolta il 21 gennaio presso la “Sala delle Acque” del BIM a Sondrio, ha effettuato la premiazione dei vincitori delle varie categorie Giovani, Adulti e per Società del Campionato provinciale 2016 di pesca alla trota. Pubblichiamo di seguito le classifiche.
Classifica Campionato Adulti 2016 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31 32 33 34 35 36 37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50 51 52 53 54 55 56 57 58 59 60
Cognome e Nome
Società
BUTTERA GIUSEPPE MAZZOLINI ALAN BORDONI MARCO DINI EDOARDO PEDROTTI MATTEO TACHELLI PAOLO SANTINI FABIO MOZZETTI ALBERTO SCHENATTI IVO MANENTI RENATO DE BERNARDI ENZO DELLA NAVE IVAN PEDROLA LUIGI VERZAGLIA MARCO DELLA VALLE SIMONE BRUSA FRANCO SALA IVANO CABELLO ANSELMO DELLA MARIANNA ANGELO CEDERNA IVAN BIASINI OSCAR BONETTI SILVIO DE MARIA STEFANO TOGNOLI DIEGO BOLANDRINI GRAZIANO BONETTI BRUNO BUCASSI ANDREA FRANCHI DIEGO PERLINI OSVALDO BUTTI MARCO GALIMBERTI ALESSANDRO MASCARINI CRISTIAN FORCELLA RINO MAGRO SIMONE CANTONI ALDO BERTINELLI MARCO LUFINO MATTEO FANTI STEFANO NIGOTTI CRISTIAN PATRIZI RICCARDO NIGOTTI EZIO GATTI ARTEMIO RAINOLDI CRISTIAN INVERNIZZI LUIGI PATRONI ANTONIO TOGNOLI TIZIANO PARUSCIO MARIO DELLA MARIANNA MAURO SANGIORGIO MIRCO BERTOLINI RODOLFO COLOMBERA MATTEO NIGOTTI MARIO CANTONI LUCIANO FOLINI ATTILIO MORETTI GIOVANNI LENATTI BRUNO BASSAN STEFANO DONATI MATTEO CAVIGIOLI OMAR DELFIORE CLAUDIO
VALMALENCO PANIGA VIALE MILANO VIALE MILANO VALMALENCO GARETA VIALE MILANO GARETA VALMALENCO VIALE MILANO GARETA PANIGA PANIGA PANIGA VALMALENCO VIALE MILANO PANIGA VIALE MILANO VALMALENCO GARETA PANIGA PANIGA VALMALENCO PANIGA TIRANESE PANIGA VIALE MILANO VALMALENCO PANIGA GARETA PANIGA GARETA PANIGA PANIGA GARETA VALMALENCO GARETA GARETA TIRANESE GARETA TIRANESE GARETA GARETA PANIGA PANIGA GARETA GARETA VALMALENCO DUBINO VIALE MILANO GARETA TIRANESE GARETA PANIGA GARETA VALMALENCO GARETA GARETA GARETA TIRANESE
1ª Prova 1 1 3,5 3,5 1,5 1,5 7 5 2 2 5,5 6 8,5 9 5,5 3,5 10 4 19 15 8,5 12 7,5 19 10 12 7,5 4 8 3,5 19 14,5 13 19 8 19 8 11,5 16,5 4 18 11,5 6 19 17 19 16,5 10 11,5 11,5 12 14 14,5 14,5 14,5 14,5 14,5 16,5 16,5 18
2ª 3ª Prova Prova Totale 1 2 4,00 1 3 5,00 1 1 5,50 3 1 7,50 2 6 9,50 5 3 9,50 2,5 1 10,50 3 2,5 10,50 2,5 7 11,50 7 5 14,00 7 4 16,50 4 8,5 18,50 5 5 18,50 4 6 19,00 6 9 20,50 11 6,5 21,00 7 4 21,00 13,5 4 21,50 2 2 23,00 6 8 29,00 11,5 9 29,00 9 8,5 29,50 12,5 10 30,00 5 6,5 30,50 9,5 11 30,50 8 11 31,00 5 19 31,50 9 19 32,00 5 19 32,00 11,5 19 34,00 10 6 35,00 12,5 8 35,00 19 6 38,00 8 11 38,00 19 12 39,00 19 2,5 40,50 13,5 19 40,50 10 19 40,50 14 10 40,50 19 19 42,00 14 10 42,00 13 19 43,50 19 19 44,00 8 19 46,00 11 19 47,00 9,5 19 47,50 12 19 47,50 19 19 48,00 19 19 49,50 19 19 49,50 19 19 50,00 19 19 52,00 19 19 52,50 19 19 52,50 19 19 52,50 19 19 52,50 19 19 52,50 19 19 54,50 19 19 54,50 19 19 56,00
Classifica Campionato Ragazzi 2016 1 DELL’ANDRINO MICHELE
1ª 2ª 3ª Prova Prova Prova Totale VALMALENCO 1 2 4 7,00
2 BIANCHI CRISTIAN
VALMALENCO
4
1
2
7,00
3 SELVETTI LUIGI
VALMALENCO
3
5
2
10,00
4 MAURI PAOLO
VALMALENCO
2
4
5
11,00
5 BONINI ANDREA
PANIGA
9
3
2
14,00
6 DI ROIO DAVIDE
VALMALENCO
5,5
6
6
17,50
7 GUERRA MIRCO
VALMALENCO
5,5
9
8
22,50
8 BERTINELLI MATTIA
VALMALENCO
9
9
7
25,00
Cognome e Nome
Società
Da sinistra: Bordoni Marco (3º) - Buttera Giuseppe (1º) - Mazzolini Alan (2º)
Classifica Società 2016 Società 1 2 3 4 5 6
102
VALMALENCO VIALE MILANO GARETA PANIGA TIRANESE DUBINO
A 2 3,5 5,5 1 10 19
1ª prova B C 1 1,5 2 4 3,5 1,5 6 8,5 16,5 14 19 11,5
Tot. 4,5 9,5 10,5 15,5 40,5 49,5
A 2 3 7 1 9,5 19
1ª prova B C 1 2 2,5 1 5 3 5 4 14 14 19 19
Tot. 5 6,5 15 10 37,5 57
A 2,5 1 2,5 6 11 19
1ª prova B C 2 2 1 1 3 4 4 3 10 10 19 19
Tot. 6,5 3 9,5 13 31 57
Totale 16 19 35 38,5 109 163,5
Classifica Campionato Juniores 2016 Cognome e Nome 1 2 3 4
MORETTI H. ROSSATTI SIMONE ROCCA NICOLO’ LABANORA ANDREA
1ª 2ª 3ª Prova Prova Prova Totale GARETA 1 5 5 11,00 VALMALENCO 2 5 5 12,00 INDIVIDUALE 3 5 5 13,00 GARETA 4 5 5 14,00 Società
Da sinistra: Bianchi Cristian (2º) - Dell’Andrino Michele (1º) - Salvetti Luigi (3º)
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SPOOL: da ponte S.Rocco a Segheria vecchia BACINO DI LIVIGNO *250 seminate a ottobre BACINO DI S. GIACOMO BACINO DI CANCANO TORRENTE FRODOLFO VIOLA: da ponte di Sughetto a località al Forte Isolaccia ADDA: a monte Bormio ADDA: da loc. “le Prese” a Boscaccia ADDA: da Boscaccia a zona No Kill Grosio BACINO DI FUSINO ROASCO: Ponte del Fulin ROASCO: da Selve del Duomo a Grosotto ADDA: da presa Grosotto a ponte di Mazzo ADDA: da ponte Mazzo a ponte di Lovero ADDA: da sb. Sernio a chiesa S.Bernardo (Villa Tirano) ADDA: scarico A2A fino a ponte Falck (Tresenda) BACINO DI FRERA TORRENTE BELVISO: da corna Finanziere a Valle Aperta ADDA: da loc.Pescè a ponte S.Giacomo ADDA: a valle ponte di S. Giacomo ADDA: da campo sportivo Carolo a chiesa Boffetto TORRENTE VALFONTANA: loc. “Muladi” - “la Colonia” BACINO DI CAMPO MORO BACINO DI CAMPO GERA LAGO PALU’ LANTERNA: da ponte Ganda a ponte Tornadri MALLERO: da ponte località Tornadù a ponte Spriana MALLERO: da località Gombaro a ponte Ferrovia ADDA: a valle ponte Faedo ADDA: da ponte Caiolo a ponte S.Pietro Berbenno ADDA: da ponte S.Pietro a ponte Selvetta ADDA: da ponte Selvetta a sbarramento Ardenno MASINO: da passerella a briglia a monte ADDA: da conf.Tartano a sentiero campo sp.vo di Campovico ADDA: a valle sentiero per Campovico BITTO: da briglia Leoni a ponte Promor ADDA: da ponte Traona a ponte Mantello ADDA: da ponte Mantello a confine provincie Como-Lecco MERA: silos Tam MERA: da ponte Finanza a invaso di Villa di Chiavenna MERA: da briglia Carenini a confl. Torr. Liro LIRO: da ponte S. Mamete a 500 m.a valle (Briglione) MERA: invaso Villa di Chiavenna BACINO DI PRESTONE BACINO DI ISOLA BACINO DI MADESIMO BACINO DI MONTESPLUGA BACINO VAL DI LEI TOTALI PARZIALI IN Kg. MERA: Zona pesca con esche artificiali ADDA: Zona pesca a mosca Sassella ADDA: Zona pesca con esche artificiali S.Giacomo di Teglio ADDA: Zona pesca a mosca Tresenda di Teglio ADDA: Zona pesca a mosca Stazzona totali generali in Kg.
Dopo svasi e imprevisti
10-11- AGOSTO
6-7 LUGLIO
apertura Generale LAGHI
VAL DI LEI
LAGO LIVIGNO
2-4-5 maggio
4-6-7 aprile
LUOGHI DI IMMISSIONE
Per apertura
PIANO SEMINE ORDINARIO TROTE ADULTE STAGIONE 2017
Totali iridea iridea Fario Iridea Fario Iridea iridea iridea iridea iridea iridea 750 110 100 40 100 40 120 120 120 1.400 500 300 300 300 1.400 500 450 450 1.400 500 450 450 430 120 110 100 100 530 120 100 60 90 60 100 440 120 130 30 130 30 400 200 80 20 80 20 340 140 80 20 80 20 850 150 150 150 150 250 100 100 320 100 90 20 90 20 520 240 110 30 110 30 360 160 80 20 80 20 320 120 80 20 80 20 400 200 80 20 80 20 1.200 400 400 400 460 80 70 360 160 80 570 270 120 260 100 60 240 80 80 680 680 570 240 80 60 270 120 80 320 130 80 980 500 180 1.000 500 180 440 220 90 460 240 90 100 40 30 360 160 80 360 160 80 240 100 50 360 160 80 360 160 80 280 120 60 390 150 100 280 120 60 280 120 60 410 110 80 520 120 70 710 150 70 420 100 40 1.020 400 25.180 6.030 3.300 400 130 400 130 400 130 400 130 400 130 27.180
20 20 30 20
20
60 80 120 60 80
20 20 30 20
60 70 70 180 180 90 90 30 80 80 50 80 80 60 100 60 60 80 70 70 40
20
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