Pescare in Valtellina 1 - ANNO 2016

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Pescare

in Valtellina Rivista dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio - Anno XXXII - N° 1 - 2016


Editoriale

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e avete 5 minuti liberi andate su Google e scrivete “Silvia Regione Lombardia”. Tranquilli, nessun problema con mogli e figli. La “SILVIA” in questione sta per “Sistema Informativo Lombardo per la Valutazione dell’Impatto Ambientale”, e la voce “area procedure” spegnerà in voi quel minimo di eccitazione residua che vi si è accesa in corpo. Silvia ci dice che in Regione Lombardia ci sono 197 domande per opere di impianti idroelettrici in attesa di risposta. E stiamo parlando solo di quelle che sottendono la valutazione di impatto ambientale. Ce ne sono tante altre che invece passano in deroga. Diverse riguardano la provincia di Sondrio, ma qui passare non sarà facile. All’interno del Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale approvato dalla Provincia nel 2010 c’è anche lo studio sul

bilancio idrico, che ha stabilito che lo sfruttamento delle nostre acque non può andare oltre. E a portare avanti questa durissima battaglia per anni, insieme allo IAPS c’era anche UPS. La stessa associazione che – prima in Italia - nel 2000 ha ottenuto il contenimento dei cormorani tramite abbattimenti mirati. La stessa associazione che – lo leggerete più avanti – ha messo insieme un centro ittiogenico che quest’anno ha sfornato un milione di avannotti da seminare sul territorio e negli ultimi anni ha portato a casa contributi per più di un milione di euro destinati alla riqualificazione fluviale. Ora, di fronte alla scelta strategica di come porsi di fronte al problema del deflusso minimo vitale, UPS ha deciso di sedersi al tavolo istituzionale dove si discuteva della materia. I soggetti in campo erano i produttori di energia idroelettrica, Regione Lombardia, Provincia, comunità montane e un’associazione di 4mila persone. Come a dire, Davide contro Golia, ma con il Buon Dio che ha altro a cui pensare. In buona sostanza le strade da prendere erano due: quella dello scontro o quella del confronto attraverso il quale presentare controdeduzioni difficilmente eludibili, misurandosi con gli altri soggetti attorno al grande tema della tutela ambientale dei nostri corsi d’acqua. Ognuno è libero di stimare il bicchiere e giudicarlo mezzo pieno o mezzo vuoto. O addirittura preferire qualche quintale di pronta pesca al posto di interventi mitigativi di fronte agli svasi o di progetti di lungo periodo.

Ma se non ci fosse stata nessuna forma di dialogo, con ogni probabilità lo svaso di Cancano sarebbe stato ancora peggio rispetto al mezzo disastro che abbiamo visto. E difficilmente sarebbe stato possibile coinvolgere enti competenti e società elettriche sulle minacce che opprimono la Valchiavenna. Comunque vada, l’impressione è che una cosa sono i deflussi minimi vitali e un’altra gli svasi e lo sghiaiamento del deposito solido in alveo. Vedere le foto della Mera ha avuto per me un unico effetto positivo: mi ha riportato indietro più di vent’anni. Era il novembre del 1994, e a una settimana dall’alluvione del Tanaro ero andato ad Alessandria a spalare il fango. C’era dentro di tutto, il buon cuore, le birre negli zaini e la speranza di trovare una bella ragazza immersa fino alle ginocchia che aspettava te per essere salvata. L’unica forma di vita che salvai era un cavedano lungo una spanna. Stavamo sgomberando un garage e a un certo punto abbiamo visto qualcosa che si muoveva. Tutti avevano paura dei topi, ma io avevo già capito. Lo raccolsi in un secchio e lo buttai nel fosso. C’è chi ci vedeva un segnale, la natura che tornava a vivere. Tutte cazzate. Che qualcosa continuasse a vivere in mezzo a tutto quel fango – e che qualcosa continui a vivere in una parte della Mera – è pura coincidenza, un’eccezione. Uno sbaglio. Su questo il confronto può avere una risposta soltanto. E forse potrebbe riassumersi nel progetto interreg. al quale stanno lavorando in UPS. Marco Corengia

www.unionepescasondrio.it Visita il portale per essere sempre aggiornato sulle attività dell’Unione Pesca 2


SOMMARIO

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ATT U ALIT à Confronto minimo vitale

UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA Dl SONDRIO SONDRIO - Via Fiume, 85 Tel. 0342.21.72.57 (2 linee urbane) Fax 0342.21.89.69 www.unionepescasondrio.it info@unionepescasondrio.it Direttore Responsabile: Marco Corengia Redazione: Valter Bianchini Giorgio Lanzi Hanno collaborato per i testi: Valter Bianchini Mauro Mazzo Marco Caslini Giorgio Lanzi PierPaolo Gibertoni Raul Mantovani Gilberto Vinci Hanno collaborato per le foto: Valter Bianchini Marco Viganò Giorgio Lanzi Giada Lenatti Stefano Esposito Davide Ravanetti Blu Progetti Alessandro Belluscio Foto di copertina: Adda a San Giacomo di Teglio Foto Alessandro Belluscio Stampa Tipografia Polaris Via Vanoni, 79 23100 SONDRIO Tel. 0342.51.31.96 Fax 0342.51.91.83 info@litopolaris.it Della presente rivista sono state stampate e diffuse 7.500 copie Iscritta al n° 166 Registro Tribunale di Sondrio

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V ITA A S S O C IATI V A I nostri numeri Tesseramento stagionale 2016 Promozione 2016: “Porta un amico a pescare” Le novità del regolamento 2016

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T U T E LA A C Q U E DMV, dalla sperimentazione alla messa a sistema: alla Regione l’ultima parola Osservazioni alla sperimentazione DMV Un progetto per la Mera, e non solo Riqualificazione fluviale: un altro passo è compiuto E adesso ne faremo un altro

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p esc i e b i o l o g i a Il cocooning valtellinese Un’ottima annata La trota Marmorata del Mallero

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S TORI E D ’ A U TOR E L’isola che non c’era Il Pino (e quelli come lui) A pesca con Lei

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S TORI E DI P E S C A Il Pino (e quelli come lui) T E C N I C H E DI P E S C A In torrente con la mosca

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P E S C I E P E S C ATORI “Quanti pesci hai preso?”

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IL P E R S O N AGGIO E non chiamatele quote rosa

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un ’ es t a t e p a r t i c o l a r e Io, stagista all’Unione Pesca

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AGO N I S M O Campionato provinciale UPS 2015

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ATT U ALIT Ă

Confronto minimo vitale

testo e foto di Valter Bianchini

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appresentare un’associazione di più di 4mila persone che gestisce un reticolo idrografico complesso come quello della provincia di Sondrio non è un compito facile. Scommetto che se chiedessimo a un campione “medio” quali siano i compiti di cui ci facciamo carico, ancora oggi molti penserebbero ad allevare pesci e distribuirli a uso e consumo di noi pescatori. Fosse tutto qui converrebbe gestire un laghetto di pesca sportiva. Magari non farai affari

d’oro, ma in compenso hai poche preoccupazioni. Ma sarebbero altre – e con altre motivazioni - le persone destinate a simili attività, perché in tal caso non avrebbe alcuna ragione di esistere un’associazione come la nostra. Per noi occuparsi di pesca vuol dire prendersi carico dei corsi d’acqua nella loro totalità. Vuol dire impegnarsi a difendere la vita di fiumi e torrenti. E per farlo bisogna rapportarsi con gli altri soggetti che hanno a che fare con l’acqua, in primis i produttori di energia idroelettrica, comunità montane, comuni ri- 


vieraschi, Regione Lombardia e tanti altri. Assieme agli svasi dei bacini artificiali, l’altro grande tema che ci ha obbligato negli ultimi anni al confronto con questi soggetti è quello del DMV. Che per qualcuno, forse, può ancora far pensare a un modello di automobile, ma per la nostra associazione è stato un incubo sin dalla sua nascita, nel lontano 1973. Allora l’Adda era poco meno di una fogna semi asciutta, il Mallero a Sondrio si colorava di rosso, fucsia o blu cobalto a seconda delle tinture in atto al cotonificio Fossati, e molti torrenti fungevano da discarica di ogni varietà di rifiuti. In realtà DMV sta per Deflusso Minimo Vitale, cioè la quantità d’acqua che dovrebbe obbligatoriamente scorrere in un fiume perché questo possa definirsi tale, cioè la misura idonea a

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mantenere vitali le condizioni di funzionalità e di qualità dell’ecosistema interessato. Al riguardo si sono sprecati per anni fiumi di parole e interpretazioni; la sola cosa certa è che i produttori elettrici hanno sempre cercato di tirare più acqua possibile al proprio mulino, cioè nelle centrali. Ora però siamo arrivati al dunque, Regione Lombardia metterà a breve un punto fermo sulle misure di quei dmv rimasti in discussione a seguito della cosiddetta “sperimentazione”, cioè della possibilità data ad A2A e Edipower di verificare, tramite monitoraggi periodici e per un periodo di sei anni, il raggiungimen-


è. E prospettare visioni idealistiche fondate sui pii desideri, ben sapendo che non otterrai nulla ma - comunque vada - nessuno ti potrà mai criticare. L’altra, quella di confrontarsi con gli attori interessati attorno al grande tema della tutela ambientale dei nostri corsi d’acqua, evidenziando le criticità emerse e non rilevate dalle relazioni dei produttori elettrici. La decisione finale su quali saranno i Dmv spetta alla Regione, noi quanto avevamo da dire lo abbiamo detto.

to degli obbiettivi di qualità previsti dalla Direttiva 2000/60/CEE, rilasciando in alcuni corsi d’acqua un minimo deflusso inferiore al 10% stabilito come regola generale dal Piano regionale di Tutela delle Acque. La nostra associazione, sin dall’inizio, ha ritenuto utile far parte del tavolo tecnico regionale dove sono stati discussi i dati dei monitoraggi eseguiti in questi sei anni, pre-

sentando le proprie osservazioni e critiche. Lo abbiamo fatto per questo motivo: se ci sei dici la tua, diversamente non tocchi palla. In buona sostanza le strade da prendere erano due: la prima, starsene alla larga da quelle sedi proclamando il principio (scontato) che più acqua scorre nei fiumi meglio

La scelta del confronto è dettata anche dalla consapevolezza che, grazie soprattutto alle leggi sovranazionali in materia, la situazione è in generale molto migliorata: l’acqua che scorre oggi nei fiumi, solo dieci anni fa era un miraggio. Anche l’approccio ai problemi ambientali da parte degli enti pubblici, seppur lentamente, sta cambiando in meglio: i corsi d’acqua non sono più solo pericoli da irregimentare, ma una risorsa ambientale da salvaguardare e promuovere. Quella del confronto è la linea che anche nel recente passato ci ha consentito di affrontare e disinnescare l’annosa “bomba” dell’invaso di Sernio attraverso il progetto Interreg Ecoidro e di limitare, con suggerimenti tecnici, i danni - che pure sono stati molto rilevanti - degli svasi di Cancano. Anche i risultati ottenuti con gli interventi di riqualificazione fluviale realizzati in Adda a Tirano, nel Masino ad Ardenno, sullo Spol a Livigno sono il frutto della partecipazione, non sempre facile, ai tavoli istituzionali: diversamente quelle opere ora non esisterebbero. In questi ultimi anni la nostra associazione ha ricevuto finanziamenti per 1 milione e 37 mila euro per opere di riqualificazione fluviale, soldi che dalle nostre tasche non potevano certo uscire. In tutta onestà, quale associazione di pesca in Italia può vantare questi numeri? Essere diventati un soggetto a cui si affidano ingenti risorse non può che renderci orgogliosi; questo avviene perché siamo in grado di presentare proposte progettuali serie e, cosa non scontata nel nostro paese, facciamo attenzione a che ogni centesimo sia ben speso. Chi mancava dalla Valchiavenna da un po’ leggeva e sentiva di una Mera devastata, ma le foto che trovate nelle osservazioni che Ups ha presentato alla Regione – e che nessun altro avrebbe portato in quella sede - sono a dir poco eloquenti. 

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Temolo dell’Adda (foto Valter Bianchini)

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Quello, in parte, non è più un fiume. E un letto di decantazione, in particolare da sotto l’invaso di Villa fino a Gordona. Al netto dei dati della sperimentazione, è evidente che questa situazione non dipende dal rilascio di qualche litro di acqua in più o in meno, il problema Mera è certo il frutto dell’opera di madre natura, alla quale purtroppo non si comanda, ma anche di una gestione dei bacini elettrici (quelli svizzeri compresi) che nei momenti di criticità metereologiche non tengono in nessun conto dell’ambiente sottostante. Constatare che nel fiume sopravviva ancora del pesce è del tutto ininfluente. Stando così le cose sono sopravvissuti prossimi a scomparire perché a nulla sembrano essere serviti gli ingenti ripopolamenti di novellame - 612.000 avannotti nell’intero bacino della valle, di cui 134.000 nella sola Mera - nel periodo 2013/2015. Per questo chiediamo che si cambi strada e stiamo proponendo un ambizioso progetto di recupero della Mera e non solo. Diversa invece la situazione nell’Adda. Dopo

anni che possiamo ben definire “di palta”, sono bastate tre stagioni senza l’incubo primaverile delle operazioni di Cancano per far rivivere il fiume. E’ incoraggiante aver saputo che da lì non si prevedono altri svasi, almeno per qualche anno. Oltre al Padreterno, al mondo le persone che non sbagliano mai sono di due tipi: quelle che non fanno niente e quelle che la sola cosa che si impegnano a fare è criticare a babbo morto. Noi abbiamo scelto di non mollare. Di restare in campo e di provarci. Alcune volte ci abbiamo preso, altre meno. E’ vero, avremmo potuto cedere a iniziative “di pancia”, che non passano mai di moda e ci convincono che per sistemare le cose basta niente. Si poteva decidere di chiudere gli occhi, tapparci le orecchie ed elemosinare interventi compensativi “usa e getta”: tutti sul fiume, gomito a gomito a contare chi finisce per primo le iridee immesse il giorno prima. Ma per quello ci sono già i laghetti a pagamento, e fiumi come i nostri uno sforzo in più lo meritano ancora.

Valeria Gallo a Tresenda (foto Alessandro Belluscio)

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V ITA A S S O C IATI V A

I nostri RENDICONTO DI GESTIONE 2015 - pubblicazione in estratto Quadro riassuntivo della gestione finanziaria Residui Competenza Fondo di cassa al 1° gennaio 2015 – – RISCOSSIONI 30.546,45 1.024.356,14 PAGAMENTI 45.346,49 1.206.145,51 FONDO DI CASSA AL 31 DICEMBRE 2015 PAGAMENTI per azioni esecutive non regolarizzate al 31 Dicembre DIFFERENZA RESIDUI ATTIVI 20.822,00 240.830,25 RESIDUI PASSIVI 166.063,47 240.455,19 DIFFERENZA AVANZO (+) o DISAVANZO (-)

TOTALE 1.039.306,08 1.054.902,59 1.251.492,00 842.716,67 0,00 842.716,67 261.652,25 406.518,66 -144.866,41 697.850,26

BILANCIO DI PREVISIONE 2016 - pubblicazione in estratto ENTRATE (previsioni) Utilizzo avanzo di amministrazione Fondo pluriennale vincolato Titolo 1 - E ntrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa

2016 SPESE (previsioni) 213.605,08 Disavanzo di amministrazione 0,00 750,00 Titolo 1 - Spese correnti - di cui fondo pluriennale vincolato

Titolo 2 - Trasferimenti correnti Titolo 3 - Entrate extratributarie Titolo 4 - Entrate in conto capitale

2016 0,00 997.200,00 0,00

205.119,92 622.725,00 325.000,00 Titolo 2 - Spese in conto capitale 370.000,00 - di cui fondo pluriennale vincolato 0,00 Titolo 5 - Entrate da riduzione di attività finanziarie 200.100,00 Titolo 3 - Spese per incremento di attività finanziarie 200.100,00 Totale entrate finali 1.353.694,92 Totale spese finali 1.567.300,00 Titolo 6 - Accensione di prestiti 0,00 Titolo 4 - Rimborso di prestiti 0,00 Titolo 7 - A nticipazioni da istituto tesoriere/cassiere 100,00 Titolo 5 - C hiusura Anticipazioni da istituto tesoriere/ cassiere 100,00 Titolo 9 - Entrate per conto di terzi e partite di giro Titolo 7 - Spese per conto terzi e partite di giro 28.300,00 28.300,00 Totale titoli 1.382.094,92 Totale titoli 1.595.700,00 TOTALE COMPLESSIVO ENTRATE 1.595.700,00 TOTALE COMPLESSIVO SPESE 1.595.700,00

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Residenti in Provincia di Sondrio:

SOCI STAGIONALI 2015: 4199 36,0%

2689

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FUORI PROVINCIA

Residenti fuori Provincia:

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PROVINCIA

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SOCI 2015 per etĂ

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CATTURE 2014 TESSERINI CENSITI 2294 (52,7%) SU 4350

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V ITA A S S O C IATI V A

Tesseramento

Le nuove modalità

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er ovviare alle problematiche che hanno comportato in passato i noti ritardi nella distribuzione della modulistica tramite la rivista “pescare in Valtellina”, abbiamo voluto semplificare le modalità per l’acquisto dei vari permessi stagionali e l’affiliazione all’associazione come di seguito specificato.

Le tipologie dei permessi stagionali sono le seguenti: • Libretto Segna pesci adulti: € 150,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Libretto Segna pesci ragazzi (nati dal 2000 al 2003): € 40,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Libretto Segna pesci bambini (nati dal 2004 al 2011): € 20,00 - Permette la cattura in tutte le zone a regolamentazione normale. • Permesso Plus No Kill: € 250,00– Permette di pescare a mosca con coda di topo in TUTTE le zone (Zone Normali, fascia A, B e C) tranne che nelle zone turistiche. • Permesso “Senza Catture”: € 120,00 – Permette di pescare con tutte le tecniche concesse nelle zone a Regolamentazione Normale.

Il pagamento del permesso stagionale richiesto potrà avvenire: a) in contanti presso i punti vendita che accettano tale modalità di pagamento; b) a mezzo di bollettino postale intestato a UNIONE PESCA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO VIA FIUME 85 23100 SONDRIO numero di conto corrente postale 209239, causale “permesso stagionale 2016”; c) P.o.s o carte di credito presso sede UPS.

Dove trovare la documentazione necessaria per l’acquisto dei permessi stagionali La documentazione per l’acquisto dei permessi stagionali (modulo di affiliazione e bollettino postale) è scaricabile dal sito internet www. unionepescasondrio.it oppure disponibile presso

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tutti i punti di rilascio permessi. Anche il Regolamento di pesca 2016 può essere visionato e scaricato dallo stesso sito oppure può essere ritirato presso i punti di rilascio dei permessi.

Per ritirare i propri permessi stagionali basterà recarsi presso un punto vendita autorizzato (l’elenco lo trovate a pagina 90 e sul nostro sito internet www.unionepescasondrio. it ) muniti di: • Vecchio libretto segnapesci 2015 e relativo foglio di censimento fedelmente compilato (se non già fatto in precedenza); • Modulo di Affiliazione compilato e firmato dal richiedente (a disposizione anche presso i punti vendita); • Ricevuta del pagamento del permesso se effettuato a mezzo di bollettino postale o pagando al momento presso i punti vendita che accettano il pagamento in contante). E’ necessario indicare nel Modulo di Affiliazione anche il Codice pescatore ( rilevabile sull’adesivo del vecchio libretto in alto a destra: “rilasciato al Sig. N. …..”) per facilitare l’immissione nella banca dati UPS. I punti vendita vi daranno tutta la collaborazione necessaria.

Prima di iniziare la pesca Una volta acquistato il permesso stagionale, e comunque prima di iniziare l’attività di pesca, lo stesso dovrà essere compilato con le proprie generalità e numero di carta d’identità nell’apposito spazio sul retro dello stesso. Si rammenta che, ai fini dei controlli del servizio di vigilanza, l’associato dovrà essere sempre in possesso del documento di identità in corso di validità indicato nel libretto segna pesci. A far data dal 10 luglio 2015 sono state apportate modifiche e semplificazioni alla Legge Regionale 31/2008 e alla L.R. 10/2003 riguardanti il rilascio della Licenza di pesca tipo B. Da questa data la licenza di Tipo B è costituita dalla ricevuta di versamento della tassa di concessione regionale su cui sono riportati i dati anagrafici


stagionale 2016 esercitano la pesca con l’uso della sola canna, con o senza mulinello, armata con uno o più ami. Ne consegue che, da quest’anno, la licenza di tipo B è necessaria solo per le persone dai 18 ai 65 anni e consiste nel semplice versamento di € 23,00 sul conto corrente postale n. 25911207 intestato a Regione Lombardia con causale “licenza di pesca tipo B”.

PROMOZIONE 2016 “PORTA UN AMICO A PESCARE”

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n° A/ PERMES SO

Fai sottoscrivere un permesso stagionale ad un tuo amico, fallo diventare nostro socio ed entrambi otterrete uno sconto sulle seguenti tipologie di permessi: Stagionale adulti: da €.150,00 a €.125.00 Stagionale adulti “senza catture”: da €.120,00 a €100,00 Stagionale PNK: da €. 250,00 a €. 220,00 Stagionale Zone speciali di Fascia “A”: da €.155,00 a €.115,00 L’offerta è valida per la stagione di pesca 2016 e può essere utilizzata alle seguenti condizioni: • Socio “Presentatore” e “presentato” devono acquistare il permesso di pesca contemporaneamente. Se invece il presentatore è già in possesso del permesso, godrà dello sconto il solo “presentato”. • Il “presentato” deve essere un pescatore che non abbia mai acquistato in precedenza un permesso stagionale UPS, oppure può essere anche un ex socio che ha sottoscritto il suo ultimo permesso per la stagione 2014 e che non sia mai incorso in violazioni accertate al regolamento di pesca negli ultimi tre anni; • Il socio “presentatore” può presentare un solo “presentato” Per fruire della promozione è necessario: Che “presentatore” e “presentato” si rechino contemporaneamente presso i nostri uffici oppure che il “presentato” venga, da solo, munito di fotocopia della pagina del libretto segna pesci del socio presentatore dove sono riportati i dati dello stesso (anagrafici, numero doc. identità, CODPES ecc). Lo sconto in questo caso sarà riconosciuto solo al nuovo socio In ogni caso, per qualsiasi chiarimento, telefonate senza indugi al 0342 21 72 57.

Si avvisa che per ottenere il rilascio del nuovo permesso stagionale 2016 è indispensabile, se non già fatto in precedenza, consegnare al punto vendita prescelto il vecchio tesserino segnapesci e il relativo foglio riassuntivo delle catture. Tale foglio deve essere fedelmente compilato in quanto facilita il lavoro di registrazione di una serie di dati. Chi intendesse trattenere per sè il libretto come ricordo, dovranno recarsi presso la sede di Unione Pesca di Sondrio dove si certificheranno le vostre catture. Per qualsiasi chiarimento in merito, chiamate l’ufficio al n.0342 217257

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del pescatore e la causale del versamento (licenza di pesca tipo B). Il versamento passa da € 22,72 a € 23,00. Sono esonerati dal possesso della licenza di tipo B i residenti nel territorio Italiano di età inferiore ai 18 anni o superiore ai 65 e i soggetti di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) che

PER IL RINNOVO SI DEVE RICONSEGNARE IL VECCHIO LIBRETTO SEGNAPESCI 2015

StAgiOnE

2015

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V ITA A S S O C IATI V A TEMPI DI PESCA • Apertura generale: 13 marzo 2016 • Chiusura generale: 16 ottobre 2016 • Apertura generale laghi alpini 5 giugno 2016 • Apertura Valle di Lei, invaso di Livigno e torrente Scalcoggia 1° maggio 2016.

ZONE DI PESCA A MOSCA NO KILL DI NUOVA ISTITUZIONE • Fiume Spoel: da pont Bondi a confluenza lago Livigno • Torrente Masino: da ponte Militare (distante km. 1,8 a valle dell’abitato di Cataeggio) sino in corrispondenza galleria strada provinciale della Valmasino.

ZONA DI PESCA NO KILL DI NUOVA ISTITUZIONE CON TUTTE LE TECNICHE CONSENTITE DAL REGOLAMENTO • Torrente Masino: da ponte strada Statale in Comune di Ardenno sino a sfocio in Adda. In questa zona ogni pescatore deve essere in possesso di guadino proprio. Il pesce può essere estratto dall’acqua solo mediante l’utilizzo di un guadino (il pesce deve essere guadinato nell’acqua e non in aria). Se l’amo è visibile nella bocca del pesce il pescatore slama il pesce e lo rimette in acqua, se l’amo non è visibile e la bocca del pesce è chiusa, il pescatore è tenuto a tagliare il filo.

Le novità del regolamento 2016

Lago di Campagneda (foto Alessandro Belluscio)

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ZONE TURISTICHE DI NUOVA ISTITUZIONE O MODIFICATE • Fiume Spoel: da ponte Florin a ponte Lonch • Torrente Bitto: località Gerola Alta – tratto cittadino (dal 25 giugno al 31 agosto) • Prolungamento zona di Chiavenna: da ponte Consoli Chiavennaschi a 250 metri a valle briglia ex Agip.

ZONE DI DIVIETO DI NUOVA ISTITUZIONE • Torrente Liro: - Torrente Liro: da 100 metri a monte ponte Snam fino a ponte per Val Febbraro • T orrente Liro: da ponte di Portarezza a ponte deviazione per Starleggia.

ZONE ABROGATE Sono state eliminate le seguenti zone di pesca a mosca No/Kill: • Lago alpisella • Torrente Vallaccia • Torrente Masino: località Sasso Remenno

ALTRI PROVVEDIMENTI • Il permesso aggiuntivo per lago Venina è stato eliminato. • L’utilizzo delle esche bioniche, siliconiche, twister, spaghetto, falcetto è consentito nelle zone a regolamentazione normale e nelle zone turistiche. • La misura minima del temolo nei bacini artificiali di Montepluga e Isola è stata abbassata a cm.37 • È stato introdotto il divieto di cattura della trota Marmorata e i suoi ibridi nel fiume Mera.

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T U T E LA A C Q U E

di Giorgio Lanzi foto Ups

DMV, dalla sperimentazione alla messa a sistema: alla Regione l’ultima parola 16


S

u questa rivista, nell’anno 2009, avevamo pubblicato un articolo dal titolo “Minimi deflussi vitali: si sperimenta la retromarcia”, informando sui progetti sperimentali presentati dalle Società Edipower e A2A e in generale sui Deflussi Minimi Vitali (DMV). Ora, dopo sei anni, nel mese di giugno 2015, si sono concluse le attività di sperimentazione sul Deflusso Minimo Vitale delle società Edipower e A2A, e quindi è il momento di spiegare l’iter dei progetti e la posizione tenuta da UPS in merito.

La sperimentazione della Società A2A La storia A2A nell’autunno 2008, a seguito di quanto previsto dalla D.D.G n. 9001 del 8 agosto 2008 “Approvazione delle linee guida per l’avvio delle sperimentazioni del deflusso minimo vitale del reticolo idrico naturale regionale”, ha predisposto la propria proposta di sperimentazione del Deflusso Minimo Vitale per le proprie opere in alta Valtellina. La proposta è stata approvata dalla Regione Lombardia in due fasi, la prima nel 2008 e la seconda nel 2012. Le attività di studio hanno avuto inizio nei primi mesi dell’anno 2009 e si sono concluse nel giugno 2015 suddivise in due step di tre anni; nel primo triennio la Regione Lombardia ha valutato i risultati e ha determinato le modalità per la prosecuzione nel secondo triennio (D.D.G n.9285 del 19 ottobre 2012). Sempre nel 2009 è stato istituito ai sensi del richiamato Decreto della Regione un Gruppo di Lavoro tecnico composto dai funzionari degli Enti e/o degli altri soggetti interessati dalla proposta, a supporto di un Comitato di Valutazione dei progetti istituito dal medesimo Ente, con il compito di svolgere le attività di verifica durante le diverse fasi della sperimentazione, di proporre eventuali modifiche, di svolgere attività di analisi dei risultati e altre attività tecniche. Di questo Gruppo, oltre ai tecnici della Regione, di ARPA Lombardia, della Provincia di Sondrio, del Parco Nazionale dello Stelvio, della Comunità Montana Alta Valtellina, ha fatto parte anche un tecnico di UPS nominato dal comitato di gestione. In buona sostanza la Società A2A ha proposto, al fine di verificarne gli effetti, una sperimentazione di rilascio del DMV dalle proprie opere di presa inferiore a quello previsto dalle Norme Tecniche Attuative (NTA) del Programma di Tutela e Uso dell’Acqua (PTUA) fissato al 10% delle portata media annua, come di seguito formulato: 8% della portata media annua nei corsi d’acqua situati fuori dal Parco Nazionale dello Stelvio, articolato nel 6% invernale e nel 10% medio estivo, ad eccezione delle prese Viola a Premadio e Adda a Sernio che variano tra il 7% e 9%; del 10% della portata media annua, suddiviso nel 6% invernale e nel 14% medio estivo per tutti i corpi idrici ricadenti nel Parco Nazionale dello Stelvio.

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La sperimentazione di Edipower La storia La Società Edipower, sempre nell’anno 2008, ha predisposto un progetto di sperimentazione del DMV per le proprie opere di presa nei bacini dei torrenti Liro e Boggia in Valchiavenna. La proposta è stata approvata della Regione Lombardia con decreto n.1555 del 23 dicembre 2008. Nel medesimo anno la Sede Territoriale di Sondrio della Regione (Ster) ha approvato, ai sensi dell’art.31 delle norme tecniche di attuazione del PTUA, il calcolo sperimentale del DMV da rilasciare nel Fiume Mera a valle del bacino di Villa di Chiavenna e con il medesimo provvedimento l’inizio delle attività di monitoraggio finalizzate alla verifica degli effetti. Come per A2A, anche per Edipower è stata adottata analoga procedura di valutazione. Al termine dei primi tre anni di sperimentazione, la Regione ha approvato il proseguo della stessa e le relative modalità per il successivo triennio. ( DDG n.8883 del 9 ottobre 2012). Complessivamente le attività hanno avuto inizio nel 2009 e si sono concluse nel 2015, scandite in due trienni. Anche in questo caso rispetto al valore di DMV di riferimento pari al 10% della portata media annua, sono stati sperimentati gli effetti: 8,1% della portata media annua, da rilasciare a valle della diga di Villa di Chiavenna nel fiume Mera. 7,6% della portata media annua, da rilasciare

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a valle dalle opere di presa del torrente Liro e in quelle ricadenti sui suoi affluenti, nonchè nel torrente Boggia. 10% della portata media annua, nei siti della Rete Natura 2000 ( SIC – “Piano di Chiavenna” gestito dalla Comunità Montana, Val Zerta e Val Bodengo gestiti dalla Provincia di Sondrio) Riguardo al sito Piano di Chiavenna, gestito dalla Comunità Montana, è stato redatto uno studio di incidenza della sperimentazione del deflusso minimo vitale che ha avuto l’approvazione del medesimo Ente.

La fase sperimentale A partire quindi dal 2009, sono iniziate da parte delle due Società proponenti tutte le attività previste dalle linee guida delle Regione relative ai monitoraggi dei corsi d’acqua compresi nella sperimentazione per le varie componenti ecologiche, biologiche, idrauliche e qualitative dell’acqua. Più specificatamente è stata verificata la continuità idraulica, i parametri chimico-fisici, i macroinvertebrati bentonici, l’ittiofauna e le diatomee. I primi quattro elementi monitorati sono ritenuti essenziali per la valutazione del DMV sperimentale, mentre l’ultimo elemento relativo alle diatomee è considerato di supporto nella valutazione del medesimo. In questi sei anni di sperimentazione sono stati raccolti miglia di dati relativi ai vari elementi sopra descritti che costituiscono un importante patrimonio tecnico-scientifico sulla conoscenza dei corpi idrici interessati dalla sperimentazione. Durante la fase sperimentale sono state effettuate delle prove modulando le portate rilasciate dalle varie


(foto Marco Viganò)

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opere di presa con valori incrementali al fine di verificare gli aspetti morfo-idraulici dei corsi d’acqua su scenari diversi, allo scopo di determinare le portate ottimali per le specie ittiche target (trota marmorata, trota lacustre, temolo).

Obiettivo delle sperimentazioni La finalità della sperimentazione è stata quella di verificare la sostenibilità ambientale dei vari scenari riguardo ai quantitativi di DMV previsti dalla stessa in termini di raggiungimento degli obiettivi di qualità previsti dalla Direttiva 2000/60/CEE, sia in senso assoluto, sia rispetto agli eventuali effetti del rilascio del DMV idrologico pari al 10%. L’attuale riferimento degli obiettivi di qualità è costituito anche dalla Direttiva Comunitaria Quadro in materia di acque, che fissava per tutti i corpi idrici il raggiungimento o mantenimento dello stato di “buono” ecologico entro il 2015. Quindi le norme dirette alla tutela e di miglioramento della status degli ambienti acquatici sottesi dalle derivazioni idroelettriche sono severe, prioritarie e non ammettono deroghe. Ma dall’altra parte gli indirizzi di politica energetica nazionale incentivano la produzione di energia da fonti rinnovabili, in conseguenza degli obiettivi posti dagli accordi globali per l’abbattimento dei gas serra. E ovviamente i gestori elettrici non se ne dispiacciono.

Il ruolo di UPS Nel momento in cui Regione Lombardia – anno 2009 - ha ammesso le istanze di sperimentazione, aprendo di fatto la porta a DMV inferiori al 10%, la nostra Associazione ha scelto di

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far parte del Tavolo Tecnico, perché solo così avrebbe potuto conoscere i dati raccolti, partecipare al percorso tecnico-metodologico, presentare le proprie posizioni critiche - talvolta intransigenti - chiedendo modifiche per alcune situazioni sito-specifiche. Se è vero come è vero che sussiste il principio della “precauzione” da parte della Pubblica Amministrazione, riteniamo che la valutazione finale delle sperimentazioni da parte della Regione debba tenere in considerazione, in senso assoluto, l’analisi e i risultati di tutti i fattori naturali e antropogenici che possono causare delle modifiche degli ecosistemi fluviali dei corsi d’acqua sottesi dalle derivazioni. La mera valutazione della sola componente idrologica non può costituire l’unico elemento sufficiente a fornire il quadro generale dello stato ecologico di un corpo idrico. Perché, in proposito, va ricordato quanto è scritto nelle integrazioni delle Linee Guida della Regione Lombardia (D.d.g. 8 maggio 2014 – n. 3816) relative al capitolo della fauna ittica “lo stato della fauna ittica costituisce elemento essenziale per la valutazione del DMV”. Riteniamo, quindi, che in determinate situazioni sito specifiche sussistano delle reali problematicità a carico delle comunità ittiche: assenza di specie, sporadicità delle popolazioni, ecc., influenzate da fattori esterni non direttamente correlati alla componente idraulica, ad esempio gli svasi dei bacini idroelettrici, gli sghiaiamenti e gli sfangamenti delle opere di presa, il trasporto solido, i cambiamenti climatici. Tutti elementi che devono essere attentamente analizzati e valutati, che sono direttamente interconnessi per la definizione finale dei valori del Deflusso Minimo Vitale da rilasciare a valle delle opere di presa interessate dalla sperimentazione. In ragione di quanto sopra esposto, abbiamo ritenuto opportuno elaborare un documento contenente le nostre osservazioni ai progetti di sperimentazione presentati dalle Società Edipower e A2A che è stato inviato alla competente struttura della regione Lombardia che di seguito pubblichiamo. Non ci resta che aspettare le decisioni finali.


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UNIONE PESCA SPORTIVA DELLA PROVINCIA DI SONDRIO Prot.n.101/2015

Sondrio,02 dicembre 2015 Spettabili Regione Lombardia D.G. – Ambiente, Energia e Sviluppo sostenibile Piazza Citta di Lombardia,1 20124 MILANO Pec:ambiente@pec.regione.lombardia.it Regione Lombardia STeR di Sondrio Via Del Gesù,17 23100 SONDRIO Pec:sondrioregione@pec.regione.lombardia.it

OGGETTO: Osservazioni alla sperimentazione DMV Alta Valtellina - proponente A2A S.p.A. e Valchiavenna - proponente (Edipower S.p.A.) La scrivente Unione Pesca della Provincia di Sondrio formula alcune osservazioni in ordine ai risultati finali delle sperimentazioni del DMV delle Società Edipower e della Società A2A.

1. Sperimentazione A2A – Alta Valtellina Premesso che nel rapporto finale della sperimentazione presentato dalla società A2A si legge testualmente che “obbiettivo della sperimentazione è quello di verificare in termini di raggiungimento/mantenimento degli obbiettivi di qualità previsti dalla Direttiva CEE 2000/60/CE, sia in senso assoluto che rispetto allo scenario del DMV idrologico”, si evidenzia quanto segue. La definizione “in senso assoluto” lascia perplessi in quanto, a nostro giudizio, sono invece preponderanti “in senso assoluto”, rispetto allo scenario del dmv idrologico, la valutazione di altri fattori di natura antropogenica come il susseguirsi delle annualità degli svasi del bacino di Cancano (dal 2009 al 2013) e le operazioni di sghiaiamento e sfangamento delle varie opere di presa e traverse di Uzza, Premadio e le Prese, in conseguenza delle attività sopra descritte. A tutto questo si sono aggiunti, durante il periodo della sperimentazione, anche fattori naturali come il grave dissesto idrogeologico

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in atto nel bacino del Torrente Frodolfo e nei bacini laterali afferenti al medesimo dello Zebrù e dell’Ables nonchè i cambianti climatici in corso che stanno determinando la progressiva e, quanto sembra, ineluttabile disgregazione dei grandi ghiacciai dell’Ortles-Cevedale e in Val Viola del Piazzi e del Dosdè che determinano nel periodo estivo il trasporto di grandi quantitativi di sedimenti che si depositano nelle varie opere di presa e negli invasi. Di conseguenza, i fenomeni sopra descritti, talvolta concomitanti o in altre occasioni disgiunti, in particolari situazioni sito-specifiche, hanno determinato il grave depauperamento delle comunità ittiche. A questo proposito abbiamo individuato alcuni situazioni che andrebbero meglio approfondite e valutate, ad esempio il tratto di Fiume Adda a Valdisotto - Cepina – indicato nel rapporto A2A - AD1 - e il successivo tratto del medesimo corpo idrico a Sondalo – Le Prese – indicato nel rapporto AD2 - che risentono in misura maggiore delle problematiche sopra citate anche per la scarsità d’acqua, in particolare nel periodo invernale. La portata dell’ Adda nel tratto -AD1- è costituita solamente dalla somma del DMV, modulato in relazione al periodo da novembre ad aprile 810 l/s (152+279+379) da maggio a ottobre 1.243 l/s (253+359+631), rilasciato dalle prese di monte Adda-Premadio, Viola


-Premadio e Frodolfo- Uzza, in assenza di ulteriori contributi del bacino residuo. Questo tratto di fiume Adda – Valdisotto – Cepina, oltre al valore ecologico e ambientale che dovrebbe rappresentare, ha una importante funzione sociale e turistica in quanto situato in prossimità dell’abitato di Bormio. Analoga situazione si ripresenta nel tratto di Fiume Adda – Comune di Sondalo – Loc. Le Prese indicato dal proponente come - AD2-. La portata è costituita solamente dalla modulazione mensile e stagionale del DMV. L’ apporto del bacino residuo è pressoché nullo in quanto è venuto a mancare il contributo idrico del Torrente Rezzalasco, in sponda sinistra, che è stato interconnesso tramite lo scarico della centrale della Società Energia e Ambiente, che deriva le acque del suddetto corpo idrico, con la traversa delle Prese di A2A., di conseguenza la situazione idrologica si è ulteriormente aggravata. Si ritiene fondamentale e non derogabile considerare che DMV ed operazioni gestionali degli invasi siano strettamente legati e di significativo impatto sulle biocenosi fluviali. Di fatto, mentre si può condividere che sulle aste torrentizie la determinazione di un valore di DMV dal 10 all’8%, in accordo con i proponenti, poco possa negativamente incidere, per le aste fluviali di Adda e Mera la gestione

Figura 1 F. Adda - a monte conf. Frodolfo S. Lucia. Figura 2 Fiume Adda Cepina confluenza T. Frodolfo.

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Figura 3 F. Adda - Loc. Le Prese

dei deflussi minimi vitali deve tenere in considerazione le operazioni gestionali degli invasi posti a monte, quali fluitazioni, sghiaiamenti e svasi, e dei tempi necessari al ripristino delle condizioni ecologiche ante operam. Ciò è stato monitorato e verificato da UPS attraverso campionamenti sulla fauna ittica e sugli aspetti etologici collegati. Come da tabelle e grafici qui di seguito riportati si testimonia che, nel caso dell’Adda, nel tratto a valle di Premadio (AD1) il tempo impiegato dall’ambiente fluviale per ricostituire i popolamenti ittici ante svasi è stato superiore ai 22 mesi: Da notare come nelle annate interessate dagli svasi la fauna ittica sia risultata di fatto azzerata. I dati riportati nella tabella e nel grafico

sono il sunto di monitoraggi ufficiali svolti dal personale specializzato di UPS con la supervisione dell’ittiologo incaricato Dr. PierPaolo Gibertoni. Inoltre si è osservato che i danni alle biocenosi fluviali non sono solo entro i primi 15-20 Km a valle dei bacini, ma soprattutto dove l’azione

progressivo data totale salmonidi Trota fario n° Marmorata n° Trota Iridea n° tratto m 1 03-mar-10 55 54 1 0 300 2 26-ott-10 1 1 0 0 300 3 20-ott-13 0 0 0 0 300 4 28-ott-13 9 8 0 1 300 5 02-ott-14 9 9 0 0 300 6 17-nov-15 80 78 1 1 300 OPERAZIONI DI SVASO BACINO DI CANCANO DA MARZO 2010-2013

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località a monte santa lucia a monte santa lucia a monte santa lucia a monte santa lucia a monte santa lucia a monte santa lucia


della corrente e della portata rallenta consentendo il fenomeno della sedimentazione. Fanghi, limo ed inerti “impacchettano” il substrato con azzeramento delle componenti bentoniche e forte contrazione dei popolamenti ittici, in particolare per scazzoni, temoli, marmorate e trote fario. Tale fenomeno è ben comprensibile dall’analisi dell’immagine seguente (vedi sopra). E’ proprio dove la pendenza media del fiume scende al di sotto dell’1% che avvengono danni che perdurano in tempi molto lunghi nell’ordine di circa 2 anni.

2. Sperimentazione Edipower Valchiavenna Lungo l’asta del fiume Mera esistono dei fattori di pressione antropica e naturali che di fatto hanno causato il progressivo depauperamento del fauna ittica nel suddetto corso d’acqua. I fattori di rischio ambientale sono principalmente riconducibili al trasporto solido nel fiume Mera a causa dei problemi legati al grave dissesto idrogeologico provocato dalla frana della Bondasca in territorio Elvetico, alla gestione degli impianti idroelettrici Svizzeri che

scaricano le acque turbinate nella parte di fiume Mera in territorio Elvetico e alla nuova gestione del bacino di Villa di Chiavenna che, per effetto della approvazione nell’anno 2014 della revisione del PdG del medesimo invaso da parte della Sede Territoriale di Sondrio della Regione Lombardia, autorizza il Gestore, durante condizioni idrologiche in alveo e previsioni meteorologiche particolari, all’apertura degli scarichi di fondo. Queste manovre idrauliche, messe in atto dal concessionario durante l’estate 2014, hanno determinato l’evacuazione dal bacino di Villa di Chiavenna di grandi quantitativi di materiale sedimentato che si sono depositati lungo l’asta del Mera, in particolare nei tratti planiziali, come si evince in modo eloquente dalle foto, provocando la perdita dell’ittiofauna come risulta dai dati raccolti durante i monitoraggi svolti nel mese di novembre di quest’anno. A nostro avviso è necessario individuare modalità gestionali dell’invaso attraverso manovre idrauliche meno impattanti sugli ecosistemi fluviali a valle, ad esempio, laminando i deflussi attraverso le paratoie di alleggerimento e nel contempo aprire gradualmente gli organi idraulici di fondo della diga allo scopo di ottenere una maggiora diluizione dei sedimenti evacuati. 

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Figura 4 13 agosto 2014 Invaso di Villa di Chiavenna

Figura 5 14 agosto 2014 F. Mera - Loc. Boggia 15 km da Villa

Figura 6 14 agosto 2014 F. Mera a 10 km da Villa

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Figura 7 14 agosto 2014 F. Mera particolare del substrato

Figura 7a 14 agosto 2014 F. Mera alveo stagnato

Figura 8 14 agosto 2014 F. Mera - P.S. Pietro

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Stazione 1 - Mera A monte bacino di Chiavenna lunghezza tratto 80 m larghezza media 13 m data 15 novembre 2015 specie n째 trota fario 23

biomassa 906

Stazione 2 - Mera Gordona Libero Monte P.te lunghezza tratto 80 m larghezza media 16 m data 15 novembre 2015

specie trota fario scazzone trota iridea

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n째

biomassa

20 4

2060 86

5

470

Stazione 3 - Mera Gordona No Kill SanPietro lunghezza tratto 80 m larghezza media 20 m data 15 novembre 2015 specie trota fario scazzone trota iridea

n째 20 17 14

biomassa 6560 155 3847

Stazione 4 - Mera A monte di Ponte Nave lunghezza tratto 80 m larghezza media 20 m data 15 novembre 2015 specie trota fario temolo bottatrice scazzone cavedano barbo

n째 7 2 5 93 1 1

biomassa 2643 422 276 1070 6 10


RIEPILOGO MERA Dati a confronto sulle densità della specie presente in tutte le stazioni monitorate località trota fario n° biomassa g densità ind/mq A Monte Bacino di Chiavenna 23 906 0,022 Gordona - Libero a monte P.te 20 2060 0,016 Gordona - NoKill San Pietro 20 6560 0,012 Ponte Nave 7 2643 0,004

Nel Fiume Mera pare evidente il fenomeno del danno a distanza dove i fanghi ed il limo sedimentano a causa delle minori pendenze (<1%) come testimoniato dalle foto e dai dati raccolti in Stazione 4 di Ponte Nave (vedi in basso): Il DMV nel tratto di Fiume Mera, indicato dal proponente alla voce – F.MERA – GORDONA – M3 – rilasciato dalla di diga di Villa di Chiavenna, pari a 644 l/s viene integrato con altri 141 l/s rilasciati dalla Centrale di Prata Camportaccio. Si osserva che quest’ultimo quantitativo non viene fatto defluire dal gestore dell’impuianto in modo continuativo ma è subordinato all’esercizio della Centrale, come si vede dalla foto sotto riportata. Riteniamo necessario che il rilascio venga comunque garantito in ogni momento allo scopo

biomassa g/mq 0,87 1,61 4,1 1,65

di rispettare quanto proposto dalla stessa Società Edipower in sede di presentazione del progetto di sperimentazione che il proponente si era prefissato di attuare in questo tratto di fiume. Questo in considerazione della valenza ambientale del tratto che ricade nel SIC IT 20401041 “Piano di Chiavenna” e in una zona per la pesca No/Kill, appositamente istituita per la tutela della consistente presenza di fauna ittica costituita da Temoli e Trote Lacustri che nel periodo della riproduzione rimontano dal Lago di Novate Mezzola, ora gravemente compromessa a causa dei fattori sopra esposti e per fattori termici stagionali dovuti all’eccessiva riscaldamento dell’acqua, nell’estate 2015 la temperatura dell’acqua ha raggiunto i 24 ° C. a causa della scarsità d’acqua presente nel Fiume Mera in questo periodo. 

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Scarico centrale di Prata Camportaccio non in esercizio, assenza di D.M.V. In basso: in esercizio con D.M.V.

CONCLUSIONI La valutazione complessiva della sperimentazione proposta non può non tenere conto delle problematiche di “sedimentazione e impacchettamento del substrato a distanza”, al fine di disciplinare i rilasci anche in funzione delle operazioni idrauliche dei bacini poiché le pressioni sugli ambienti naturali debbono considerarsi una sommatoria tra le varie componenti antropiche. In considerazione che i fattori sopra descritti non sono slegati tra di loro ma significatamene correlati valutato, tra l’altro, che il soggetto proponente della sperimentazione è il medesimo che gestisce gli invasi e le opere di presa. Il complesso delle criticità sopra evidenziate andrebbero valutate attentamente e dovrebbero concorrere all’espressione del giudizio finale al fine di assicurare il raggiungimento e il mantenimento degli obbiettivi di qualità previsti dalla richiamata Direttiva. In caso contrario, lo scenario che si prospetta, è una continua oscillazione degli obbiettivi di qualità da buono in determinati momenti, a sufficiente o scarso in altri periodi, in conseguenza delle variabili sopra esposte che incidono profondamente sugli ecosistemi fluviali, considerato che la fauna ittica costituisce uno degli indicatori ecologici che dovrebbero concorrere all’espressione del giudizio finale. IL PRESIDENTE Dott. Valter Bianchini (Firmato digitalmente)

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di Davide De Simone

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T U T E LA A C Q U E

Un progetto per la e non solo

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Mera, L di Giorgio Lanzi

Piana di Chiavenna: fiume Mera, pozzo di Riva e lago Novate Mezzola (foto UPS)

a sperimentazione del Deflusso Minimo Vitale ha avuto il merito, almeno quello e con particolare riferimento alla Valchiavenna - di approfondire anche gli aspetti non direttamente connessi all’applicazione del Dmv, i quali possono contribuire meglio alla definizione generale dello stato di un bacino imbrifero. Durante la fase sperimentale del progetto presentato dalla Società Edipower per il bacino del Liro e della Mera abbiamo rappresentato al Tavolo Tecnico regionale i fattori naturali e artificiali che contribuiscono allo scadimento delle componenti ecosistemiche dei due fiumi. Nello specifico sono state evidenziate le principali criticità che determinano, a quanto sembra, l’irreversibile depauperamento della fauna ittica e rendono vani, se queste non verranno risolte, i piani di ripopolamento finalizzati alla ricostituzione di consistenti Il Mera a Chiavenna all’altezza del ponte popolazioni ittiche, San Giovanni Nepomuceno in particolare per le (foto UPS) specie target come il temolo e la trota lacustre. La medesima Società Edipower nello studio effettuato sulla sperimentazione riconosce che sussistono degli scadimenti qualitativi sito specifici che sono risultati connessi a pressioni ambientali diverse e indipendenti dal DMV. I fattori di pressione maggiore insistenti sul bacino della Mera sono riconducibili alla presenza di attività zootecniche che depauperano la qualità delle Merette, la presenza dei reflui fognari di 11 depuratori che recapitano, in alcuni casi direttamente, le acque nel Fiume Mera e nelle Merette. Altri fattori di pressione sono attribuibili alla gestione dei sedimenti presenti negli invasi presenti sulle aste della Mera e del Liro. Durante la sperimentazione 2009/2015 il Gestore ha provveduto a effettuare attività di svaso, in particolare del bacino di Villa di Chiavenna che risente anche della presenza a monte degli impianti idroelettrici svizzeri. A questi fattori di natura antropica si sono aggiunti gli straordinari eventi metereologici del 13 e 14 agosto 2014 che hanno determinato lo sversamento dal medesimo bacino di grandi quantitativi di materiale, depositatosi lungo l’alveo del fiume Mera per parecchi chilometri. La regimazione idraulica degli ultimi anni realizzata nel fiume Mera è stata un altro elemento che ha contributo alla banalizzazione degli habitat acquatici e allo scadimento qualitativo degli ecosistemi. Infatti a peggiorare le cose è intervenuta la nuova gestione dell’invaso di Villa di Chiavenna, autorizzata dalla Regione, che consente alla società Edipower, durante piene ed eventi particolari, di gestire l’invaso ad una quota inferiore attraverso l’apertura delle paratoie di fondo, in questo 


La nostra associazione da molti mesi sta lavorando per costruire le condizioni per un progetto sul quale richiedere finanziamenti adeguati; abbiamo predisposto una scheda progettuale dal titolo “Interventi di salvaguardia e miglioramento degli ambienti acquatici del Fiume Mera e del suo bacino imbrifero” che ha l’obiettivo di individuare in modo condiviso, progettare e realizzare interventi di monitoraggio, salvaguardia e miglioramento degli ambienti acquatici nell’intero bacino della Mera. La fonte di finanziamento dovrebbe arrivare attraverso un progetto Interreg nell’ambito del nuovo programma di cooperazione Transfrontaliera tra l’Italia e la Svizzera per il periodo 2014-2020. Edipower - la società elettrica che gestisce gli impianti in Valchiavenna - ci ha assicurato la propria adesione e sostegno economico. Gli altri soggetti convolti sono gli Enti territoriali di riferimento, in particolare CM della Valchiavenna, la Provincia di Sondrio, la Riserva Naturale del Pian di Spagna e il Canton Grigioni.

LE AZIONI PROPOSTE

Il Mera a Chiavenna nell’agosto 2014 (foto UPS)

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modo il materiale sedimentato all’interno del serbatoio viene evacuato in grandi quantità come è successo appunto nell’agosto 2014 durante la piena. In passato invece l’invaso era gestito a quote superiori e in caso di eventi particolari l’acqua veniva scaricata dalla diga con i sistemi idraulici di superficie; in questo modo la fuoriuscita dei sedimenti era molto limitata. L’insieme di questi fattori ha inciso profondamente sulle comunità ittiche causando il progressivo depauperamento delle stesse. Per far fronte a questo stato di cose, non facili da affrontare e da risolvere, serve un progetto di grande respiro, che veda coinvolti i diversi attori che hanno competenze e interessi su queste acque. E servono anche molti soldi.

Le azioni che intendiamo proporre nella domanda di finanziamento saranno queste: 1) La caratterizzazione di tutti gli ambienti acquatici del bacino della Mera – Si propone di georeferenziare attraverso uno studio particolareggiato gli ambienti di maggiore pregio e quelli che hanno subito nel corso del tempo degli scadimenti, formulando delle soluzioni per il miglioramento degli stessi.
 2) Il monitoraggio dell’evoluzione del movimento franoso in Val Bondasca - Il grave dissesto idrogeologico che incombe sul fondovalle interessando anche la Mera, è una delle maggiori causa dell’ingente trasporto solido che interessa il suddetto corso d’acqua e che si deposita all’interno del bacino di Villa di Chiavenna. Lo studio delle dinamiche dei sedimenti sulla frana è indispensabile per capire i possibili interventi da attuare per limitarne il fenomeno.
 3) Il monitoraggio del trasporto solido nella Mera - Questa azione è forse l’intervento più importante di tutto il progetto per gli effetti causati dal trasporto solido nel fiume Mera che modifica la morfologia dell’alveo e determina gravi danni alle strutture delle popolazioni ittiche. Quindi, anche in questo caso, capire l’evoluzione dei processi di impacchettamento del substrato attraverso


il monitoraggio è indispensabile per trovare specchio d’acqua è il catalizzatore delle problematiche ambientali presenti nelle Mele soluzioni migliori per limitarne gli effetti rette. L’azione che si propone è finalizzata al sugli ecosistemi. 
 recupero di questo importante ecosistema 4) Interventi di gestione del sedimento lacustre con degli interventi tendenti a nei serbatoi idroelettrici della valle – La eliminare le fonti di inquinamento. proposta prevede lo studio, con il concessionario degli impianti idroelettrici, delle 9) Interventi a sostegno della formazione e della divulgazione ambientale nell’area soluzioni più idonee per la gestione dei di 
progetto - L’attività di informazione sedimenti presenti all’interno del bacino di e di divulgazione delle azioni realizzate Villa di Chiavenna con soluzioni, rispetto al attraverso convegni, media e altri sistemi di recente passato, che siano poco impattanti comunicazione è ritenuta indispensabile per per gli ecosistemi di valle.
 l’Ente finanziatore per giustificare le spese 5) Interventi di salvaguardia degli ambienti sostenute nell’ambito del progetto. L’altro acquatici dei Siti delle Rete natura 2000 aspetto fondamentale è rendere fruibili i - La parte più fluviale del Fiume Mera dal risultati della ricerca e delle sperimentazioni ponte di Gordona a valle ricade nel SIC IT per il mondo tecnico – scientifico e per i 20401041 denominato “Piano di Chiavenpotenziali fruitori. na”, gli interventi previsti in questo tratto di corpo idrico riguardano il ripristino del corridoio ecologico con la realizzazione di opere di deframmentazione idraulica degli ostacoli artificiali al fine di consentire la circolazione delle specie ittiche che risalgono dal lago. Strutture simili a quelle già realizzate sui tratti terminali del torrente Masino e del fiume Spoel. 
 6) Interventi di salvaguardia e recupero delle comunità ittiche del fiume Mera Questa azione è sicuramente subordinata al raggiungimento degli obiettivi prefissati nelle precedenti azioni. Quindi si tratta di interventi finalizzati a ricostituire delle stabili comunità ittiche nel fiume Mera per le specie cosiddette target (trota lacustre e temolo) con ripopolamenti e azioni di salvaguardia specifiche di queste popolazioni.
 7) Interventi a tutela e recupero di alcuni tratti delle Merette - Le Merette costituivano in passato un reticolo idrico di 40 chilometri, unico per la qualità e la quantità dell’acqua presente. Nel corso degli anni, cer cause riconducibili a fattori antropici - scarichi degli impianti zootecnici, scarichi urbani e l’impoverimento delle sorgive a causa dell’abbassamento della falda del fiume Mera - hanno subito il progressivo depauperamento dei loro ambienti acquatici. L’azione che si propone è quella di studiare e monitorare i principali fattori che hanno determinato questa situazione adottando delle soluzioni finalizzate al recupero di questi importanti e unici ecosistemi fluviali. 8) Interventi di miglioramento delle condizioni delle acque del Pozzo di Riva - Il Pozzo di Riva è il terminale del sistema idrologico delle Merette, pertanto questo

Una bella fario del Mera (foto Ups)

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T U T E LA A C Q U E

Riqualificazione fluviale: un altro passo è compiuto In alto: Presentazione dei lavori. 26 ottobre 2015, Sala Consiliare della Provincia di Sondrio (foto Davide Ravanetti)

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T

ra gli impegni di cui UPS viene investita c’è anche la riqualificazione degli ambienti fluviali. Sono operazioni costose, la cui pianificazione implica uno sforzo notevole, ma che hanno un impatto che va ben oltre le aspirazioni “basiche” di alcuni pescatori. E se il bilancio associativo per portarle avanti non basta, si ricorre allo strumento dei bandi

di finanziamento pubblico-privato. L’ultimo intervento eseguito in ordine di tempo che ha interessato le nostre acque è stato presentato lo scorso 26 ottobre alla Sala Consiliare della Provincia di Sondrio. Stiamo parlando del progetto “Ripristino dell’ecocompatibilità del tratto finale del torrente Masino e del corridoio ecologico del fiume Spool”, realizzato da UPS insieme alla Provincia di Sondrio, grazie al contributo di Fondazione Cariplo e del suo bando 2011 “Tutelare la qualità delle acque”, in collaborazione con Regione Lombardia, Enel Greenpower e A2A. La presenza di opere idrauliche sui corsi d’acqua che impediscono il passaggio delle specie ittiche che ogni anno si spostano a scopo trofico e riproduttivo è tra le maggiori cause di riduzione della biodiversità nei nostri corsi d’acqua. Spool e Masino non facevano eccezione. Per quanto riguarda il primo a essere alterato


pesantemente era il tratto finale, quello che sfocia nel lago di Livigno, con la fauna ittica di pregio presente nel bacino artificiale – trota, temolo e salmerino – che nel periodo riproduttivo non riusciva più a portarsi dal lago al torrente. Stesso discorso sul Masino, ostruito nella sua confluenza in Adda all’altezza di Ardenno da briglie insormontabili, che precludevano al torrente quella risalita dall’Adda già migliorata e garantita con le scale di rimonta di Ardenno e più a valle, a Colico, appena sopra l’ingresso nel lago di Como. A progettare ed eseguire i progetti è stata la società BLU Progetti srl, mentre a GRAIA è toccato il monitoraggio ambientale delle opere. Gli interventi sul Masino, iniziati nel dicembre 2014 e terminati nell’estate di quest’anno, sono costati complessivamente 260mila euro. Sono stati realizzati 3 passaggi per pesci costituiti da rampe in pietrame e 2 passaggi a bacini successivi, che hanno reso superabile la briglia di oltre 3 metri che separava i due corsi d’acqua. Sullo Spool invece sono stati realizzati alvei di magra eterogenei, pennelli spondali, rampe e posati massi ciclopici in alveo, per un costo complessivo di 100mila euro. Il ripristino dei corridoi ecologici del Fiume Spoel e del torrente Masino contribuiranno a favorire la risalita dei pesci durante la fase di riproduzione e costituiscono, pertanto, dei bacini genetici fondamentali per la conservazione e l’incremento di tutte le specie ittiche della provincia di Sondrio da attingere per l’allevamento e l’accrescimento nel Centro ittico. Complessivamente il costo dell’intero progetto è stato di 480mila euro, comprensivo di indagini preliminari, progettazione e direzione lavori, costi di realizzazione, attività di monitoraggio ambientale e divulgazione. E se in Italia sembra inevitabile che i preventivi di spesa – una volta avviati i lavori – lievitino ben oltre i costi stimati, in questo caso è successo proprio il contrario. Con le economie derivanti dai ribassi delle offerte presentate dalle ditte a cui Ups ha aggiudicato le opere, sono stati effettuati ulteriori lavori di riqualificazione: per altri 120 metri nel tratto di artificializzato di monte del fiume Spool e per circa 500 metri nel Masino sono stati realizzati interventi ricalibratura morfologica dell’alveo nel tratto immediatamente a monte delle opere eseguite per il passaggio per i pesci. la redazione

Tratto torrente Masino prima dei lavori

Interventi effettuati sul Masino: corone di massi e struttura per passaggio dei pesci (foto Blu Progetti)

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Gli interventi effettuati sullo Spol a Livigno (foto Giorgio Lanzi)

Prima dei lavori

Dopo i lavori

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T U T E LA A C Q U E

E adesso ne faremo un altro Nuovo finanziamento di 320.000,00 euro da Fondazione Cariplo per il ripristino della connessione ecologica sul Torrente Mallero.

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Torrente Mallero, tratto cittadino (foto Blu Progetti)

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razie al nuovo contributo di Fondazione Cariplo stabilito dal C.d.A. nella seduta del 15 dicembre 2015, la nostra Associazione potrà realizzare un altro progetto di riqualificazione fluviale che giaceva nel cassetto da qualche anno: il ripristino dell’ecocompatibilità del Torrente Mallero nel tratto cittadino. Anche in questo caso UPS farà da capofila dell’intervento, mentre il patner di progetto è individuato nel Comune di Sondrio e gli altri enti coinvolti sono la Regione Lombardia (sede territoriale di Sondrio) e la Provincia di Sondrio.

Area di intervento Gli interventi previsti nel progetto riguardano il tratto finale del torrente Mallero prima della confluenza nel fiume Adda. Il tratto interessato ha una lunghezza di circa 600 metri a una quota variabile tra 295 e 280 m.s.l.m. e si trova all’interno della città di Sondrio. Questo tratto del torrente è caratterizzato da un grado di artificializzazione piuttosto elevato e dalla presenza di tre briglie che vincolano ogni tipo di evoluzione naturale del profilo. Gli interventi di riqualificazione ambientale si inseriscono in un contesto che è stato oggetto, negli ultimi anni, di valorizzazione con la


realizzazione di un parco a verde denominato “Parco Adda- Mallero Bartesaghi” e potranno ridare la piena naturalità all’area fluviale.

Scopo del progetto L’alterazione idromorfologica affligge buona parte dei corsi d’acqua lombardi ed è una delle cause maggiori di banalizzazione delle sponde, dell’alveo e, conseguentemente, delle biocenosi acquatiche. La riduzione degli habitat disponibili e la presenza di barriere fisiche alla libera circolazione delle specie ittiche è una delle cause primarie di impoverimento delle comunità acquatiche. Tra gli interventi di maggiore efficacia nel ripristino della qualità dei corsi d’acqua e che consentono il miglioramento delle condizioni ecologiche, chimiche, biologiche e idromorfologiche dei corsi d’acqua, rientrano la progettazione di opere di rinaturalizzazione dell’alveo (creando zone di sosta e rifugio) e di passaggi artificiali per pesci (rimuovendo gli ostacoli alla circolazione). Il tratto terminale del Mallero riveste una notevole valenza ecologica in quanto zona di transito per i pesci da e verso il fiume Adda, con il quale sostanzialmente condivide la vocazionalità ittica. Quest’ultima è ascrivibile, in termini teorici, alla zona a Salmonidi della trota marmorata e del temolo; un ulteriore elemento di pregio naturalistico della porzione terminale del torrente Mallero è rappresentato proprio dalla presenza di un nucleo di esemplari puri di trota marmorata, che è invece difficile da rinvenire in numero consistente lungo la maggior parte dell’asta dell’Adda. In considerazione di queste premesse e del fatto che il torrente Mallero è il principale affluente dell’Adda, appare evidente l’importanza di ripristinare la percorribilità e la naturalità dell’alveo della sua porzione terminale.

Descrizione del progetto Realizzazione di tre rampe in pietrame in corrispondenza delle briglie esistenti: un cluster di massi tra la prima e la seconda briglia e una serie di pennelli tra la seconda e la terza briglia. Realizzazione di pennelli in alveo per la diversificazione fluviale e la formazione di aree rifugio per la fauna acquatica

Briglia sul tratto terminale del torrente Mallero (foto Blu Progetti)

Risultati attesi Netto miglioramento della qualità dei corsi d’acqua. In particolare, le rimozioni delle discontinuità daranno un’immediata risposta della comunità ittica consistente in un aumento del numero di specie e individui. Le specie godranno degli effetti positivi ricolonizzando aree del torrente prima inaccessibili. Le opere inoltre permetteranno di riqualificare l’alveo artificializzato nella citta di Sondrio che riveste un ruolo sociale di notevole importanza quale citta capoluogo della provincia

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p esc i e b i o l o g i a

Il

cocooning

valtellinese di Pierpaolo Gibertoni foto di Stefano Esposito

“I (foto Marco Viganò)

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mbozzolamento” è traduzione gergale del termine inglese “cocooning”, proprio della fase in cui un baco da seta comincia a costruirsi il bozzolo per le fasi di metamorfosi. Seppur questa terminologia viene da pochi anni utilizzata per descrivere la semina delle uova di salmonidi senza utilizzo di scatole vibert o simili, a essere sincero questo termine non mi piace. Certo è che attraverso una serie di passaggi andiamo a ricreare il nido come lo farebbe una trota adulta, ma la semina di uova con questo metodo è molto più che un imbozzolamento, poiché necessita di consapevolezza riguardo alle necessità delle uova in incubazione, in schiusa e per la fase - talvolta lunga - di riassorbimento del sacco vitellino per il passaggio dalla stadio di larva a quella di avannotto. A dire il vero un buon nido artificiale si presta anche per la prima fase di vita dell’avannotto,

cioè quando deve cominciare ad alimentarsi pur rimanendo prossimo a un rifugio sicuro. Nel dover soddisfare le esigenze di tutte queste fasi strettamente correlate alla stagionalità del fiume si palesa quanto si debba essere attenti e meticolosi nelle operazioni di cocooning. Correva l’anno 1988 quando da ragazzetto, bramoso di tenere per mani trote, trotelle, avannotti e uova, cominciai ad allevare trote selvatiche, quelle dei torrenti dove ero solito andare a pesca, magari assieme a mio fratello o con mio papà. In effetti la passione per questi splendidi animali mi è stata proprio trasmessa da mio padre che sin da piccolissimo - avevo 4 o 5 anni - era solito comprare trote da un vecchio allevatore della Garfagnana per ripopolare un piccolo laghetto uso irriguo affinché io potessi divertirmi a pescarle.


Se io oggi faccio questo mestiere lo devo a quella passione e forse anche per quella missione che ho ereditato da mio padre; infatti nel 1992, quando cominciai ad allevare in maniera “imprenditoriale”, sulla mia prima brochure e sul sito scrivevo: … “io e mio padre, a pesca, lungo il fiume. Era una fresca serata dell’estate ‘86, con quei tramonti che, dopo un acquazzone, colorano di rosso ogni cosa, anche l’aria. Tutto era avvolto da una misteriosa atmosfera, quando mio padre mi disse: “Corri a prendere il secchio sulla jeep; fai presto!”. ....Sul momento non capii, ma corsi a prendere il secchio. Quando tornai, vidi mio padre chino sull’acqua, intento ad accudire una trota appena catturata. Mettemmo dell’acqua nel secchio, non molta; poi l’amica pinnuta e un po’ di frasche di faggio a mo’ di coperchio. Mio padre mi guardò e mi disse: “ Figliolo, questa trota è diversa dalle altre. Questa razza è quella che regnava in queste acque quando il nonno mi portò per la prima volta sul fiume. Ora, per le ingiurie dell’uomo e per la sua ignoranza, questa trota è ormai rara. La portiamo a casa viva e la liberiamo nel nostro lago, al sicuro. Chissà mai che un domani non alleviamo trote…”. Le luci del giorno andavano sfumando, mettendo in risalto i neri profili dei monti, e noi lasciammo il fiume. Quell’anno portammo al lago 15 splendidi esemplari, 7 maschi e 8 femmine, tutti della razza “nostrana”. Poi mio padre, che era ammalato da tempo, morì. ....Da allora continuai a portare al lago le trote che mio padre mi aveva insegnato a distinguere ed incominciai a studiarle e ad allevarle...”. Di acqua sotto i ponti da allora ne è passata tanta, portando via con se molte cose; ma di certo in quegli anni sperimentavo parecchio più di adesso e fu in quel periodo che misi a punto la tecnica di ripopolamento con uova embrionate di trota senza utilizzo di scatole Vibert o similari, poiché ho sempre pensato che tante uova in poco spazio potevano generare disagi sanitari e logistici. Infatti uno dei problemi più frequenti nella semina con Vibert è il rischio di interramento e soffocamento di tutto il contenuto; oppure della formazione di saprolegnosi, muffe bianche e cotonose, che da poche uova morte possono distruggere tutte quante le uova inizialmente sane. Inoltre spesso il nido che si va a ricavare per la posa delle scatole Vibert è abbastanza piccolo e poco profondo, esponendo le uova ai rischi delle piene improvvise così come alle magre invernali. In più di un’occasione ho personalmente trovato scatole Vibert trascinate a valle e semidistrutte dai sassi e dai macigni del fiume. Ciò che mi spinse a mettere a punto una tecnica alternativa fu l’esigenza da una parte di garantire buoni esiti delle operazioni di ripopolamento con 

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3 Messa in opera delle tecniche di cocooning sul torrente Cervio

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materiale ittico autoctono “pregiato” e dall’altra la necessità di poter operare in maniera facile ed efficace con semplici attrezzi che possono stare in uno zaino, uova comprese. Di fatto il senso del cocooning è molto semplice: ricostruire un nido a vespaio artificiale con sassi e ciottoli di giuste dimensioni ad una profondità idonea ad affrontare gli scherzi che il fiume o il torrente possono fare alla fine dell’inverno o all’inizio della primavera, scegliendo con grande attenzione il sito di costruzione. A questa fase, quella della scelta del sito, è bene dare molta importanza poiché da questa dipende molto del buon esito del ripopolamento; in effetti bisogna guardare l’alveo con occhio clinico, studiare i giri e i rigiri dell’acqua, leggere dal suolo dove sbatte la piena e dove si sedimentano sabbie, terriccio e detriti, valutare con attenzioni siti in cui l’acqua, sia in piena che in magra, rimane con una buona corrente che garantisce al contempo ossigenazione e nutrimento, specie per le prime fasi di alimentazione degli avannotti. Per questa fase bisogna immedesimarsi con la trota e scegliere il sito in cui operare lo scavo che di fatto dà inizio alla costruzione del nido “vespaio” artificiale; chiunque abbia avuto la fortuna di vedere dal vivo una frega naturale sa che la trota non sceglie a caso. Talvolta affacciandosi dai ponti in periodo riproduttivo si scorgono aree di fondale pulite dalle alghe e talvolta letteralmente “arate” dalle operazioni di scavo attuate dalle femmine corteggiate ed eccitate dai maschi. Quelli sono i siti ottimali per la realizzazione dei nostri nidi (foto 1). A questo punto, armati di piccone, si inizia a scavare in alveo generando un cratere di circa 50 cm di diametro in sommità e almeno 25 in fondo. La profondità deve variare da sito a sito in funzione delle caratteristiche idrauliche del corso d’acqua: 40 cm in un fiume, circa 30 in un torrente o in un ruscello o risorgiva. Durante questa fase i ciottoli e i sassi di varia granulometria, possibilmente ricompresa tra 4 e 8 cm di diametro vengono riposti in un secchio (foto 2). Finito lo scavo si appoggia al fondo del cratere il tubo tutore, rappresentato da una sezione di 70 cm di un tubo in pvc di diametro idoneo alle caratteristiche del nido che si vuole realizzare; in un fiume di grossa portata il diametro del tubo tutore può raggiungere anche i 40 cm, mentre normalmente per le altre tipologie di acque utilizzo un tubo di diametro 20 cm (foto 3). Ora si deve accostare al fondo del tubo, quello nel cratere, un po’ di materiale fine come a creare un anello di guarnizione e si inizia a riempire tutto il cratere residuo, diciamo a ciambella attorno al tubo,


con ciottoli e sassi inizialmente spostati per la creazione dello scavo. Alla fine di questa fase abbiamo il tubo ben piantato nell’alveo con molto materiale pulito e selezionato tutto attorno ad esso (foto 4). E’ il momento di versare le uova, anche 7-8.000, all’interno del tubo, avendo l’accortezza di posizionare qualche sasso tondo sul fondo per generare una cavernosità in grado di ospitare le uova nella fase della posa (foto 5). Solo a questo punto si prende il ciottolato che inizialmente avevamo riposto nel secchio per riversarlo all’interno del tubo e sopra alle uova, sino all’orlo (foto 6). Con un gesto delicato ma deciso si sfila il tubo tutore lasciando in questo modo collassare e cadere tutti i ciottoli proprio a formare il “vespaio”come una calotta (foto 7) che proteggerà dapprima le uova, poi le larve per divenire infine la casa degli avannotti per qualche settimana di alimentazione attiva. Anche per l’alimentazione la creazione di un bel nido fa la differenza. Infatti, già a pochi giorni dalla costruzione, si può verificare la grande quantità di larve di insetti che trovano rifugio nel vespaio di sassi e ciottoli, garantendo così una facile predazione per gli avannotti nelle prime fasi di alimentazione attiva. Anche eventuali uova morte, nella loro decomposizione, offrono cibo alle larve di insetti, molluschi e piccoli crostacei che diventeranno a loro volta cibo per le giovani trotelline. Molto importante è il periodo in cui si seminano le uova di trota. Deve necessariamente esserci un perfetto sincronismo con il fiume, nel senso che se gli avannotti, una volta finite le scorte alimentari del sacco vitellino, faticano a trovare larvette di insetti inesorabilmente periscono di stenti, rendendo vano ogni sforzo fatto per la loro semina. L’orologio del fiume esige armonia e sincronismo, che tradotto per le nostre operazioni di semina significa aspettare il momento in cui la temperatura delle acque porterà le uova a schiusa e le larve al riassorbimento del sacco nel giusto momento in cui il fiume comincia a brulicare di vita, con larve di gasteropodi, effimere, tricotteri e piccoli crostacei. Per mia esperienza un cocooning ben realizzato dà importanti e significative rese sia in quantità di novellame generato che nell’assoluta qualità e rusticità degli esemplari così ottenuti ,che di fatto conoscono il fiume come unica “casa” possibile. E’ ovvio che tale tipo di ripopolamento necessita di ingenti quantità di uova embrionate, ottenute da riproduttori selezionati e avviati alle operazioni di fecondazione artificiale come svolto nel nostro Centro Ittico di Faedo. Un’operazione che può essere portata a termine solo da personale appassionato, formato e disposto a lavorare di piccone nel letto del torrente nei mesi freddi (foto 8).

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Un’ottima U

n milione. Fino a qualche anno fa poteva sembrare impensabile, ma grazie al lavoro svolto dal nostro personale questo risultato è stato raggiunto e superato: più di un milione di trotelle sono partite dal Centro Ittiogenico per ripopolare torrenti, fiumi e laghi del nostro territorio. Ovviamente trotelle derivate da uova fecondate ottenute dai riproduttori nati e cresciuti nel nostro allevamento. Una grande soddisfazione! Ma voglio entrare nel dettaglio.

LE SPECIE ALLEVATE Al fine di soddisfare le esigenze di semina e ripopolamento delle acque in concessione, sono presenti al Centro due linee di trote fario: una autoctona, la me-

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diterranea padano-adriatica, e una alloctona ma reinselvatichita da parecchie generazioni, l’atlantica continentale. Sono inoltre presenti trote marmorate, e in particolare la linea ottenuta dai riproduttori selvatici del Mallero, temoli e trote iridee delle varietà redband e leopard.

LE OPERAZIONI DI SPREMITURA Le particolari condizioni meteo dell’autunno 2014 avevano indotto una repentina maturazione delle gonadi dei riproduttori di tutte le specie allevate; ciò ha generato importanti quantità di uova già dalla prima spremitura effettuata il 19 novembre 2014, proseguite poi regolarmente ogni 14 giorni sino al 26 febbraio 2015 sino allo svolgimento di 8 spremiture. Questo per quanto riguarda le trote di “casa nostra”, mentre per le iridee americane si è cominciato il 18 novembre e si è terminato addirittura il 12 di marzo per complessive 9 spremiture. I temoli sono stati “toccati” in 5 occasioni tra la fine di aprile e la metà di maggio.


annata

di Pier Paolo Gibertoni

INCUBAZIONE E SCHIUSA

LA SEMINA E I NUMERI

Importanti quantità di uova fecondate comportano idonee strutture di incubazione, costituite al Centro Ittiogenico da embrionatori verticali in acciaio inox che mantengono le uova ben protette, al buio e in acqua corrente con flussi sufficientemente copiosi da garantire ossigeno e “calore” alle uova ma senza che queste si muovano, garantendo così un perfetto sviluppo degli embrioni in esse contenuti. Proprio la questione “calore” è stato un fattore di disturbo a cui si è dovuto prontamente rimediare. A causa del clima non rigido le acque del nostro pozzo risultavano eccessivamente “calde”, circa 11,5 °C. Tali temperature sono rischiose per l’incolumità dell’embrione che con temperature superiori ai 12°C rischia di morire o di svilupparsi male con perdite anche superiori al 50%. Grazie alla seconda fonte di approvvigionamento idrico, il Torrente Venina, abbiamo potuto miscelare entrambe le acque ottenendo temperature di incubazione prossime agli 8°C, ottimali per le specie ospitate al Centro. Trascorsi circa 50-55 giorni le uova hanno cominciato a schiudere, riempiendo di settimana in settimana tutte le vasche del Centro. A essere sinceri avevamo sin troppe uova rispetto alle attuali dimensioni delle avannotterie, inducendoci a pensare che era ora di dedicarsi al ripopolamento con uova embrionate con la tecnica del cocooning.

Le uova embrionate di fario seminate con la tecnica del cocooning ammontano a 140.000 mediterranee e a 170.000 selvatiche. Per le trotelle, con metodo e perizia si sono svolte le operazioni di semina, coordinate e gestite dal personale dell’ufficio e dalle guardie presenti su tutto il territorio. Si è agito innanzitutto con la semina delle marmoratine, in Adda e in una meretta tributaria della Mera: complessivamente 73.200 esemplari. Poi è stato il momento delle fario, sia autoctone che selvatiche, agendo sia nei fiumi che nei torrenti in funzione della quota e delle temperature delle acque dei singoli corpi idrici; è palese che non ha senso seminare un torrente se le sue acque non consentono ancora la schiusa di larve di insetti e di zooplancton. Complessivamente sono state seminate 393.000 mediterranee padane e 322.600 fario selvatiche da aprile sino a luglio. L’inizio dell’estate ha visto anche le giovani iridee redband e leopard lasciare il Centro Ittiogenico destinate ad acque particolarmente vocate a questa specie quali invasi artificiali e loro tributari con acque di fusione nivo-glaciale. Ben 220.100 “americane” hanno raggiunto con successo la loro destinazione, molte delle quali grazie al volo degli elicotteri. Per quanto riguarda i temoli, svezzati in circa 120.000 esemplari, si è scelto di trattenerli al Centro, nelle vasche esterne, sino all’estate 2016, al fine di raggiungere una taglia ritenuta più opportuna rispetto ai problemi generati dalle acque torbide, dalla predazione e dalle repentine e periodiche variazioni di portata di Adda e Mera.

SVEZZAMENTO E ACCRESCIMENTO Grazie alla somministrazione di mangimi di alto pregio e alle cure competenti e pazienti del personale addetto alla conduzione del Centro, all’interno delle vasche le larve diventavano avannotti e poi trotelline e poi trotelle idonee alla semina nei vari corpi idrici. Idonee alla semina non significa di una taglia “opportuna” ma soprattutto sane, svelte e reattive, poiché il successo del ripopolamento dipende anche dalla qualità sanitaria del materiale ittico oltre che dalla sua provenienza genetica.

PROSPETTIVE Fermo restando che la produzione annua può variare da una stagione ittiogenica all’altra per cause naturali, climatiche o di semplice performance biologica, il Centro Ittiogenico e il personale di UPS hanno dimostrato che “il sogno” è divenuto un obiettivo raggiunto. Questo è stato possibile grazie a opere rea- 

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lizzate, attrezzature acquistate e competenze acquisite. Viste le rivisitate esigenze di ripopolamento e semina non sarebbe utopistico darsi nuovi obiettivi, magari il raggiungimento del milione e mezzo di trotelle generate da riproduttori interni, oltre a mezzo milione di uova embrionate per le pratiche di cocooning. Per fare ciò dovremmo darci nuove scadenze, per esempio nell’allargare vasche e avannotterie presso il Centro o nel realizzare nuove strutture prettamente per il selvatico nel resto del territorio.

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Nei grafici è riportato il numero di femmine di ciascuna specie nelle varie spremiture.

(foto Valter Bianchini)

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S TORI E D ’ A U TOR E

L’isola che non c’era n i l e n e p el

È

lunga mezzo chilometro, si trova nel bel mezzo dell’Adda e se non hai l’occhio allenato non ti accorgi nemmeno che esista. Strano caso quello dell’isola formata nel corso degli anni dai sedimenti trasportati a valle dal grande fiume che attraversa la Valtellina. La incontri alla Valletta di Traona, a due chilometri dal ponte di Ganda, uno dei monumenti simbolo di Morbegno. A prima vista, se percorri la strada Valeriana, quella fetta di terra sembra l’altra sponda dell’Adda. Ma non è così. E’ un isolotto con tanto di alberi ad alto fusto: un piccolo mondo che vive di vita propria. Per i pedoni e i ciclisti è irraggiungibile. Per i pescatori, soprattutto quelli che frequentano la Bassa Valle, uno spazio conosciuto. A farla uscire dal cono d’ombra nella quale si trovava, ci hanno pensato due passerelle gemelle. Ponti coperti in legno che assomigliano a quelli della Contea di Madison, paese dell’Iowa, negli Stati Uniti. Un libro di successo e il celebre film interpretato da Clint Eastwood e Meryl Streep hanno trasformato quei ponti in

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autentiche icone. Non possiamo sapere se un giorno anche le passerelle valtellinesi sospese sopra l’Adda avranno la fortuna di assistere all’incontro tra due star del cinema, ma una cosa è certa: non sono passate inosservate. Fin da subito la loro costruzione ha attirato lo sguardo dei passanti. E nei prossimi mesi saranno percorse dagli escursionisti e dagli appassionati del pedale che decideranno di visitare “l’isola che non c’era”. La vegetazione fino ad oggi impenetrabile accoglierà i primi Robinson Crusoe. Ci sarà anche un percorso lungo 350 metri per attraversarla. La curiosità verrà finalmente appagata: tutti sapranno che cosa c’è su quella montagnola di terra e sassi circondata dall’Adda. Non è un mistero che le isole hanno un potere di attrazione particolare. Quelle che spuntano tra oceani e mari fanno sognare: pensi subito alla vacanza con biglietto di sola andata. Ma non bisogna sottovalutare quelle che emergono da laghi e fiumi. Basti pensare all’isola Comacina, dirimpettaia del paese di Ossuccio sul lago di Como, che ogni anno è meta di migliaia di turisti. Proprio per il fatto di essere separata dal resto del mondo ogni isola riesce a sollecitare la nostra fantasia. Appena ne vedi una, ti chiedi come raggiungerla, se è abitata, da chi. Basta fare un giro di telecomando sulle varie TV per scoprire come gli autori di trasmissioni puntino in questa direzione: l’Isola dei famosi ha aperto la strada, poi hanno seguito a ruota altri format legati al sopravvivere su un’isola deserta. Siamo diventati ipertecnologici, ogni giorno alle prese con computer, tablet, cellulari, messaggini, Facebook, Twitter, WhatsApp. Ma a stupirci sono le cose più semplici o addirittura primordiali: “Io Tarzan, tu Jane”. E allora bastano due passerelle in legno e un’isola sconosciuta per farti tornare bambino. In un attimo scompaiono dalla tua mente scadenze, impegni, problemi piccoli e grandi. Chi va a pescare lo sa bene. Una volta parcheggiata l’auto nei soliti posti vicino al fiume o al torrente, si volta pagina. Camminando lungo i sentieri che portano verso riva, il pescatore si lascia alle spalle il caos di tutti i giorni e ritrova se stesso.


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S TORI E DI P E S C A

Il (ePino quelli come lui) di Marco Caslini foto di Valter Bianchini

Fiume Adda a Castelletto di Sondrio

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V

ermi dell’orto, piombo, canna in fibra di vetro appoggiata a un ramo e una sigaretta dopo l’altra in attesa dell’abboccata. Il Pino era sempre lì, ai piedi del Castelletto, nel punto in cui un prepotente spuntone di roccia costringe l’Adda a stringersi verso la sponda orobica per poi trasformarsi in un’ampia e profonda pozza. Pescatore d’altri tempi, il Pino. Il suo modo di pescare era l’emblema del pragmatismo alla vecchia maniera: lancio a monte davanti allo spuntone, qualche giro di mulinello per dare la

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giusta tensione al filo e via, il resto lo faceva la corrente. Questi movimenti, essenziali ma esperti e mai casuali, si ripetevano per tutto il corso della sessione di pesca e la pozza non mancava mai di ricompensare il paziente pescatore. L’uomo sulla riva e il Fiume: sembrava si completassero, come se fossero parte di uno stesso dipinto. Niente era fuori posto, rappresentavano il normale e semplice scorrere delle cose. Pur essendo passati diversi anni, il ricordo di quando mi portava a pescare è ancora così vivo che riesco a immaginarlo perfettamente col


suo cestino verde e lo sguardo attento a cogliere segnali dal Fiume o dal cimino. Dominava l’Adda su quella roccia. La stessa roccia su cui mi sto riposando io, dopo un’intensa giornata di pesca. Improvvisamente mi sento strano, quasi a disagio. I miei waders, gli scarponi con suola antiscivolo, la due pezzi in carbonio ad azione progressiva, la treccia e i complessi artificiali nel giubbino non sembrano più così accattivanti e utili come qualche attimo prima. Il Pino non le aveva tutte queste cose, eppure i pesci abboccavano lo stesso! Il senso di smarrimento si amplifica ripensando agli altri pescatori incontrati durante la mattinata. Qualcuno sventolava code di topo immerso fino alla vita, altri sondavano tutte le buche del fiume con lunghissime canne da torrente e c’era anche chi, come me, alternava in modo estenuante lanci e recuperi di artificiali di vario genere. Torno a concentrarmi sul Fiume. Tutto sembra uguale. Eppure non lo è. La figura del pescatore “alla Pino” oggi è sempre più rara. Perché al pescatore moderno non basta più lanciare e appoggiare la canna per pescare? Non conta più solo prendere il pesce, ma come lo si prende, è l’esaltazione della tecnica. Si fanno gerarchie tra i diversi stili di pesca, classificandoli dal più nobile al più rozzo e si creano rivalità tra gruppi di pescatori che utilizzano diverse tecniche. Addirittura, nascono faide interne ai gruppi praticanti la stessa tecnica, a seconda della tipologia di esca utilizzata. Probabilmente questa situazione tragicomica è dovuta anche al deviato contesto generale in cui viviamo che, inevitabilmente, ha influenzato l’approccio dei pescatori alla pesca sportiva e, di conseguenza, l’evoluzione della stessa. Faccio gli ultimi lanci, prima di tornare a casa. Una bella fario, attratta dal movimento dell’artificiale, abbocca e la porto a riva. Facendo attenzione a non farla uscire dall’acqua, dopo averla ammirata, la libero, agevolato dall’amo singolo senza ardiglione montato sull’artificiale. Forse non proprio tutto si sta evolvendo in modo così folle.

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T E C N I C H E DI P E S C A

In torrente con la mosca

testo di Mauro Mazzo foto di Alessandro Belluscio

Aspettando l’alba sul torrente Campagneda

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P

er gran parte dei noi, soprattutto i cosiddetti “fuoriprovincia”, pescare in Valtellina significa andare in Adda, in particolare dal tratto che da Tirano scende fino a Dubino: bellissimi temoli, trote anche grosse e…..livelli ballerini dell’acqua soggetta agli umori dei signori delle dighe. In proposito UPS si impegna, e molto, ma quando si ha di fronte una società elettrica che nel 2014 a fronte di ricavi per circa 5 miliardi di euro, ha fatto utili, euro più euro meno, per un miliardo, ci si può immaginare che il solo farsi ascoltare sia un’impresa non facile. Davide Ups contro i Golia dell’elettricità. E

allora, siccome nessuno può garantirci acque basse e limpide per tutta la stagione di pesca, perché non dare un’occhiata ai tanti torrenti della valle? La Valtellina offre decine di chilometri di acque torrentizie, alcune sempre meno frequentate perché richiedono quel minimo di impe-


gno fisico da cui molti giovanotti del giorno d’oggi rifuggono, soprattutto se si vogliono esplorare i tratti più selvaggi e meno battuti, che ovviamente quasi sempre sono i più ricchi di belle sorprese. I primi torrenti che mi vengono in mente sono il Mallero, il Masino, il Viola, il Roasco, e sono

torrenti che se vengono affrontati correttamente, negli orari e nei periodi giusti, possono dare belle soddisfazioni. Chi non ha mai pescato a mosca in torrente si chiederà quali siano le attrezzature necessarie e le tecniche più redditizie. Per approfondire l’argomento, dividerei in due le tipologie di acque che ci troveremo ad affrontare: il torrente di fondovalle, e il torrente alpino. Per affrontare torrenti di fondovalle abbastanza ampi, l’attrezzatura sarà simile a quella che utilizziamo quando si pesca in fiume. Waders o stivali alla coscia, canne di 8-9 piedi per la pesca a secca o sommersa, e di 9-11 piedi per quella a ninfa. Canne Tenkara di 11-12 piedi. Se invece decidiamo di affrontare torrenti di montagna, l’attrezzatura cambierà radicalmente, avvicinandosi di più a quella dell’appassionato di trekking. Quindi scarponcini, meglio se in tessuto impermeabile, zaino, borraccia, giacca impermeabile, un pile. Nel caso si voglia essere preparati a eventuali indesiderati incontri ravvicinati con una vipera, sconsiglio l’utilizzo del siero antivipera, 

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e raccomando di mettere nello zaino una fascia elastica, di quelle usate per fare i bendaggi, assieme a un gancio per bloccarla. Siccome il veleno della vipera si diffonde attraverso il sistema linfatico, pare che la cosa migliore per bloccarne la diffusione sia una fasciatura non troppo stretta a monte della ferita. Spremere il veleno prima di fasciare la zona interessata è una buona cosa, ma bisogna evitare assolutamente di succhiarlo con la bocca, in quanto anche piccole ferite alle labbra potrebbero facilitarne la diffusione. Per quanto riguarda le canne, dato che ci troveremo spesso a pescare in ambienti angusti vi consiglio attrezzi di 7-8 piedi, con azione progressiva, che facilita l’esecuzione dei rollè, o dei lanci a balestra, che in molte occasioni vi permetteranno di pescare in posti apparentemente impossibili. Anche la pesca a tenkara è possibile, ovviamente nei tratti

meno infrascati; io utilizzo canne da 8’6”-10’6” piedi. Prima di passare in rassegna le tecniche di pesca vorrei ricordarvi l’importanza di un corretto approccio al fiume, che spesso può fare la differenza. E’ fondamentale cercare di non farsi vedere dai pesci, e di fare meno rumore possibile. Camminare rumorosamente in acqua, o guadare continuamente il torrente, sono azioni che spesso contribuiscono solo a spaventare i pesci del circondario. L’approccio che consiglio è quello preferito da Lefty Kreh, uno dei più grandi pescatori viventi. Lui suggerisce di avvicinarsi con cautela, e comunque star fermi per almeno un paio di minuti prima di iniziare l’azione di pesca. Provate e vedrete comparire pesci che appena arrivati non avevate probabilmente neppure visto. Vediamo adesso quali sono le tecniche di pesca più redditizie.

La Mosca secca Per i torrenti è sicuramente la prima scelta, a inizio stagione le ore centrali della giornata saranno le più adatte, mentre nei mesi estivi mattina e sera saranno i momenti migliori. Non è quasi mai necessario utilizzare artificiali che imitino

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con precisione un certo tipo di insetto, vanno benissimo le cosiddette mosche da caccia, visto che davanti a una mosca ben presentata, le trote di torrente non sono quasi mai molto schizzinose. Le imitazioni che preferisco sono la Klinkhammer, per me la prima scelta, poi mosche parachute come la Adams e poi la conosciutissima Royal Wulff. Non potrà mancarvi qualche sedge e qualche imitazione di formica o cavalletta, i cosiddetti terrestrials, soprattutto per i mesi estivi. Come detto, le trote selvatiche sono piuttosto voraci, l’imitazione quindi non sarà quasi mai decisiva, ma la sua corretta presentazione, si. Evitate quindi di sbattere la mosca in testa alla trota o di farla dragare durante la passata. Le uniche mosche che rendono anche dragando sono le sedge. Altra cosa da evitare, se possibile, è di far passare il vostro finale sulla testa della trota,il più delle volte finirà per spaventarla.

La Mosca secca + ninfa: Questa tecnica è conosciuta dagli anglofili come New Zealand dropper, ma se non siete tipi che amano tirarsela, potete chiamarla trappolino, perché spesso lo è davvero, e pure micidiale. In questa tecnica abbineremo a una mosca secca piuttosto voluminosa e dall’ottima galleggiabilità, una ninfa del 14-16. La secca si può fissare a un bracciolo e legare la ninfa al terminale come mosca di punta. La distanza tra le due mosche varierà in base alla profondità a cui pensate che mangino i pesci. Un’alternativa è legare il finale a cui fisserete la ninfa direttamente alla curvatura dell’amo della vostra secca. Questo sistema è più veloce, ma a mio parere riduce le possibilità di cattura della mosca galleggiante.

Il modo più efficace per utilizzare l’accoppiata seccaninfa è sicuramente quello partorito dalla mente di quel geniaccio di Palù, la Paluana. Con la Paluana disporremo di una secca montata direttamente sul finale e libera di scorrervi, e una ninfa legata in punta. Il fatto che la secca sia libera di scorrere sul filo, vi permetterà di regolare la profondità come con un galleggiante, con il vantaggio però di utilizzare come galleggiante una mosca che cattura. Tanto semplice, quanto geniale.

La Mosca sommersa Negli ultimi anni le sommerse sono tornate in auge grazie agli appassionati di tenkara o valsesiana, tecniche in cui sono le imitazioni più utilizzate. Il grande vantaggio della pesca a sommersa è che portandovi appresso una scatola di mosche avrete con voi il fabbisogno per una stagione di pesca. Un mio carissimo amico sta pescando da più di un anno solo con la Pheasant Tail, variandone la taglia. Ha catturato pesci nei posti più disparati, e quando dico più i disparati, non intendo solo il Masino o il Poschiavino, ma dal Montana all’Islanda, dal Labrador alle flats cubane, dove i bonefish hanno molto gradito. Tanto per dimostrare che la pesca a mosca è molto più semplice di quanto si possa pensare. 

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Torrente Antognasco

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In torrente una selezione di mosche montate su ami del 12-14, che comprenda l’onnipresente Pheasant Tail in versione sommersa, magari aggiungendole un toracino in Ice Dub, e imitazioni con corpo nei classici colori grigio, lepre e nero, con hackle in starna o pernice, vi permetteranno di affrontare qualsiasi corso d’acqua. Se pensate siano troppo poche, aggiungete qualche Partridge and Orange e qualche Peute. A questo punto non vi mancherà nulla. La pesca con le sommerse in torrente contempla oltre ai lanci a 45° tipici della pesca in fiume, anche lanci a monte, come se si stesse pescando a secca. Se non si ha dimestichezza con il lancio, si potranno avere buoni risultati anche semplicemente posando le mosche davanti a sé, lasciandole portare a valle dalla corrente, per poi trattenerle a fine passata, imprimendo al vettino leggere vibrazioni, che serviranno a dare un apparenza di vita alle nostre imitazioni, cosa che le renderà molto più attraenti. Pescando in fiume si utilizzano normalmente tre imitazioni,ma in torrente due saranno bastano e avanzano.

La Ninfa Pur essendo un grande amante della pesca a ninfa, quando pesco in torrente tendo a privilegiare le tre tecniche descritte sopra. Utilizzo la ninfa solo quando con le altre tecniche le possibilità di cattura sono quasi nulle, cioè con le acque molto fredde di inizio stagione, con livelli alti, e acqua molto velata. L’ utilizzo di uno strike indicator - in italiano indicatore di abboccata - vi faciliterà di molto le cose. Se utilizzate ninfe piccole e leggere, il maggior peso specifico di quelli in pasta vi aiuterà nel lancio, mentre con ninfe abbastanza pesanti la maggior galleggiabilità dei fiocchi in materiale sintetico li rende a mio parere preferibili. L’azione di pesca è piuttosto semplice, si lancia verso monte recuperando coda mentre il segnalino si avvicina, e non appena lo vedrete affondare o fermarsi, ferrate! In alternativa si può utilizzare come indicatore uno spezzone di filo fluorescente, offre una maggiore sensibilità verso le abboccate ma richiede una certa esperienza, altrimenti si rischia di perdere buona parte delle mangiate.


Pescando a ninfa conviene concentrarsi sul loro peso e sulle loro dimensioni, piuttosto che sul colore. Una selezione con diversi pesi e dimensioni, di Pheasant Tail, Hare’s Ear, oppure di ninfe con corpo verde, marrone o nero, e torace in Ice Dub Peacock, copriranno ogni esigenza. Per la piombatura testine in tungsteno tra i 2 ed i 3 mm.andranno benissimo. Onde ridurre le possibilità di incaglio, vi consiglio di preferire come ninfe di punta esche montate su amo jig.

Lo Streamer L’utilizzo dello streamer è alternativo alla ninfa quando si pesca con acque fredde e/o sporche, oppure quando si affrontano buche profonde da cui si spera di tirar fuori “quella grossa”. Pescando in torrenti medio piccoli andrà benissimo la solita coda galleggiante, abbinata a un finale di circa tre metri che permetta allo streamer di affondare con facilità. Nel caso di buche profonde, o quando si pesca in forti correnti, si potrà fissare tra coda e finale una punta affondante da 1,5-2 metri. Per gli streamer consiglio artificiali non molto grandi, che imitino pesciolini, oppure esche di fantasia come Muddler Minnow e Wooly Bugger

montate su ami del 6 o dell’8. Per appesantirle vanno benissimo palline o coni in tungsteno. Nell’azione di pesca aiuta molto la precisione, non è necessario lanciare molto lontano, ma è importante esplorare con cura tutte le potenziali tane. I pesci più belli non stanno in mezzo alle buche, aspettando che un airone se li mangi, ma in posti riparati da alberi o cespugli, oppure sotto ai massi. Ricordate infine che pescando in torrente, dovrete badare più al risultato che alla forma, 

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e non impazzite per riuscire a stendere perfettamente coda e finale, quello serve quando si lancia in prato per far vedere agli amici quanto si è bravi. In torrente il finale non dovrà mai stendersi, in modo da evitare che la mosca draghi. Quindi esercitatevi con il lancio a paracadute, per arrivare infine ai lanci curvi e a quelli rallentati, con i quali tra l’altro lascerete gli amici a bocca aperta, e vi auguro che la stessa cosa vi riesca anche con i pesci. Un lancio molto utile è anche il cosiddetto “lancio a balestra”, in cui si afferra la mosca tra le dita, dopo aver bloccato la coda sull’impugnatura con le dita dell’altra mano e aver lasciato fuori dal vettino un tratto di coda/ finale pari a circa la lunghezza della canna. A questo punto con una leggera trazione della mosca farete curvare il vettino, puntandolo nella direzione dove volete posare la vostra mosca, che una volta rilasciata, se tutto sarà stato fatto bene, si poserà sull’acqua con delicatezza. Ma non vi voglio rubare altro tempo, spero che con queste poche informazioni possa avervi invogliato ad andare alla scoperta di qualcuno dei meravigliosi torrenti valtellinesi. Torrente Antognasco

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P E S C I E P E S C ATORI

A

lla fine della giornata, quando incontriamo gli altri pescatori lungo il fiume, quale è la prima cosa che domandiamo?: “ Quanti pesci hai preso?”. Ora, a me piacerebbe potervi dire che ho raggiunto finalmente l’obiettivo che da tempo mi prefiggo nel mio atteggiamento di pesca per cui “il numero non è un problema”. Mi sono perfino detto (e scritto sul mio diario) cose come: “oh, oggi è stato un grande giorno e non mi sono preoccupato se ho preso o no”. Quella cosa

“Quanti pesci Riflessioni di un pescatore in crisi di coscienza 64


è scritta sul mio pc, ma lo ammetto, lui sta mentendo. E abitualmente dico quelle cose agli amici pescatori soprattutto quando, a tavola, ho bevuto un po’ più del dovuto. La verità è, invece, che io quel giorno sono stato abbastanza bravo da prendere tutte le trote o i temoli concessimi dal regolamento. Da quando cominciamo a pescare, la maggior parte di noi ha imparato che il successo dipende dai numeri, cinque pesci è di norma meglio di due. Certo, una grossa trota che prende la vostra mosca secca potrebbe

hai preso?” Lago Malghera (foto Valter Bianchini)

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(foto Valter Bianchini)

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essere l’asse di briscola, quello che pone fine al gioco. E quando affermo che scambierei una grossa trota presa a mosca secca in cambio di 20 prese su una ninfa, non esagero. Ancora, io mi domando spesso se in alcuni casi noi non mettiamo troppa enfasi nel “quanto” piuttosto che nel “come”. Abbiamo veramente bisogno di prendere 20 pesci al giorno per dimostrare quanto siamo bravi? Specialmente quando stiamo prendendo i pesci dragando il fondo con pesanti ninfe sotto un galleggiante che nulla ha a che vedere con un semplice strike indicator. Questo piccolo gadget è la fortuna di molti pescatori scarsi e il suo successo

alimenta il suo utilizzo. Ma dopo, diciamo, una quindicina di pesci, non sarebbe meglio domandarsi: “Ok, ragazzo, forse è il caso che cominciamo a mischiare un po’ le carte, magari concentrandosi sul lancio o fermandosi ad osservare come il pesce emerge, oppure su entrambe le cose”. E le gare di pesca, le quali non sono certo fantastiche piattaforme di lancio per guadagnare soldi o altre benemerenze, non potrebbero essere concepite in modo tale che i punteggi vengano assegnati secondo la lunghezza e il numero dei pesci catturati ma poi subito rilasciati? E’ proprio necessario riempire un sac-


chetto e contare i cadaveri per dimostrare chi è il più bravo? Costerebbero anche meno agli organizzatori e certamente queste sfide sarebbero “presentabili” in tempi in cui uccidere per una medaglietta non sembra più molto di moda (almeno per chi, non pescatore, vi assiste dalle rive). E magari perché non attribuire punteggi anche allo stile di chi gareggia? Il signor Bianchi ha preso una sola trota, di mezzo chilo, e l’ha salpata con classe, mentre il signor Rossi ne ha prese cinque ma recuperate da cani: quindi attribuiamo un bel punteggio al primo e nulla al secondo. Ovviamente direte che scherzo, in effetti questa idea, lo ammetto, è

un po’ difficile da praticare, soprattutto dopo aver visto come operano i giudici ai giochi olimpici in sport come la danza, la ginnastica o la boxe. Ma sono serio invece quando penso che se a più pescatori cominceranno a passare per la testa cose come “quando è abbastanza è abbastanza” e “come pesco i pesci è più importante di quanti ne prendo”, ne beneficeranno tutti, in primo luogo i pesci stessi. Ma lo ammetto, anch’io, come la maggior parte, ho ancora molta strada da fare al riguardo. Gilberto V.


Storie d’autore di Raul Montanari

S

ono uno degli uomini più fortunati del mondo. Lo so che dirlo porta sfiga, ma giudicate voi: nella mia vita ho avuto tre fidanzate, e la prima e la terza sono diventate pescatrici e mi hanno seguito per fiumi, torrenti e laghi senza lagnarsi, anzi appassionandosi moltissimo. E soprattutto senza impormi settimane in riviera in cambio di ogni giorno trascorso a pescare. La fidanzata attuale, che ha vent’anni meno di me, si chiama Valeria, e quando l’ho cono-

sciuta nel 2010 non c’era nulla che lasciasse presagire una sua possibile conversione all’arte alieutica. Bene: quell’estate già imparava a lanciare la mosca, oltre a pescare a spinning, all’inglese e a ledgering. Nel 2012 mi ha obbligato a portarla in Slovenia, sdegnando spiagge e terme a favore di Soca, Unica e Kupa, e da lì non si è più fermata. Del tutto indipendente sul fiume, Valeria parla tranquillamente tutto il giorno con me di temoli e trote, mi stressa perché vorrebbe un mulinello large arbour mentre io

A pesca

(foto Raul Montanari)

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con li detesto, trova poco sportivo usare più di una ninfa sul finale, e porta come ornamento sullo zainetto una spilla su cui è montata una Royal Wulff, la sua dry fly preferita, regalo del grande maestro milanese Sandro Ghilardi. C’è da aggiungere qualcosa? Ah, sì: mi ha dato paga diverse volte davanti ad altri moschisti che facevano tanto d’occhi, anche per motivi non esattamente legati alla sua tecnica di lancio. E, soprattutto, di notte sogna l’acqua, i pesci, la pesca – il che, come sapete, è la vera prerogativa del pescatore di razza. “Ma come hai fatto?” mi chiedono in molti. Qualcuno ipotizza che sia semplice fortuna, che io abbia incontrato una ragazza che celava già in sé una passione pronta a esplodere… ma c’è stata anche la prima fidanzata! Diversissima da Valeria, eppure anche lei era diventata una provetta pescatrice. “E la seconda fidanzata?”, insiste chi non si rassegna ad accettare il prodigio. “Era tedesca,” rispondo io, allargando le braccia. “Ah, ok. Allora con lei non c’era niente da fare.” Quindi, amici miei, niente scuse: si può. Credetemi. E’ possibile trasformare la nostra compagna di vita in una compagna di pesca. Eccovi un piccolo vademecum di base per tentare l’impresa.

Lei

1. Obiettivamente, se siete pescatori a mosca è più facile. L’eleganza del gesto tecnico, la grazia delle esche e l’assenza dei temuti vermi/larve/impasti maleodoranti abbattono la barriera iniziale. La prospettiva di intraprendere viaggi in posti affascinanti fa il resto. Comunque le mie fidanzate pescatrici si sono sempre divertite anche con i bigattini; quindi…

Fiume Tolminka (Slovenia) (foto Raul Montanari)

2. In generale, le donne sono assai sensibili al tema della sofferenza della preda. La rivelazione del catch & release è di solito decisiva, nonostante il permanere di dubbi residui (“Ma davvero non muoiono?” “No, se fai tutto con delicatezza e usi ami senza ardiglione.” “Ma non si stressano a venire tirati fuori dall’acqua?” “Be’, meno che a venire squarciati dai cormorani, fiocinati dai bracconieri, avvelenati dagli scarichi…”). Attenzione, però: ho notato che a volte questa sensibilità può entrare in contraddizione con un’altra caratteristica tipicamente femminile, ossia la praticità. Quindi tenetevi pronti a un rapido cambio di strategia (“Ma non si potrebbe tenerne uno ogni tanto e farlo in padella?” “E come no? Appena pescati sono freschissimi! Buonissimi!”). 

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3. Concedete di tutto e di più sul piano dell’abbigliamento. Anche in questo caso il gilet del moschista, il berretto da cui far spuntare vezzosa la coda di cavallo, il piccolo guadino appeso alla schiena, la leggerezza dell’insieme spianano la strada alla curiosità, al gusto estetico, insomma alla vittoria. Vi do però un consiglio: le nostre compagne tendono a trovare goffi i waders, che le trasformano in sacchi informi. Personalmente ho sacrificato con piacere i waders ai cosciali, per adeguarmi a quelli indossati da Valeria ed evitare di trovarmi troppo avvantaggiato, e vi assicuro che ne vale la pena. Oltre a tutto scoprirete come mai per svariati decenni si è pescato tranquillamente con gli stivali e non con i waders: perché ci si riesce benissimo. 4. Non lasciatela mai sola. Spesso pretese iniziali che sembrano dettate da goffaggine e ribrezzo, come quella di rifarle un nodo o di staccarle il pesce dall’amo, sono piuttosto richieste di vicinanza, di condivisione. Non partite con l’idea che pescare con una

donna debba essere esattamente come pescare con un amico esperto o addirittura da soli. Non sarà così. Ma vi assicuro che vivere insieme questa passione supera ogni meschino computo delle catture a fine giornata. 5. E a proposito di questo: niente giova al morale della vostra compagna quanto il prendere più pesci di voi. Le donne sono molto competitive, e il classico piacere dell’allievo nel superare il maestro si alimenta, nel loro caso, di rivalsa antimaschile. Se la giornata è stata favorevole a voi, minimizzate i vostri successi. Se invece lei ha trionfato, magari perché l’avete sempre lasciata andare avanti risalendo il fiume, non fatele troppi complimenti. Mostratevi anzi mortificati, delusi, imprecate contro la malasorte e lasciatele il piacere di consolarvi o, al contrario, di infierire: “Non fare quella faccia, tesoro, tu nei lanci te la cavi abbastanza bene… è proprio il senso dell’acqua che ti manca”. La prossima volta verrà ancora più volentieri. Auguri a tutti!

Raul Montanari ha pubblicato oltre

venti fra romanzi, raccolte di racconti e di poesie, saggi, antologie e opere teatrali, con cui ha vinto numerosi premi e che sono tradotti dal Messico alla Turchia. Ha a sua volta tradotto classici come Sofocle, Seneca, Shakespeare, Poe, Stevenson e altri. Dirige a Milano una delle più famose scuole italiane di scrittura creativa e compare spesso in televisione come opinionista. E’ il padre del genere post-noir: storie piene di suspense che però fanno a meno di indagini e detective (e in cui qua e là compaiono anche pesci e pescatori). Il suo ultimo libro è il romanzo Il regno degli amici (Einaudi 2015), ambientato non a caso sul naviglio Martesana a Milano, e accolto con particolare favore da critica e pubblico.

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X X P E R S O N AGGIO IL

Intervista a Giada Lenatti di Marco Corengia

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elle tante cose che ci siamo detti, a livello personale l’incontro con Giada Lenatti per me ha significato soprattutto due cose. La prima è che ho ancora un minimo di speranza. Per quanto fosse incuriosita dalla pesca da sempre, Giada ha cominciato a pescare “seriamente” a 11 anni. Questo vuol dire che i “due di picche” che continuo a incassare dai miei figli (4 e 8) da qui a un tempo tutto sommato ragionevole potrebbero trasformarsi in incontenibile entusiasmo. Anzi, è praticamente una certezza. Il secondo aspetto è una conferma delle teorie che da sempre porto avanti nel rapporto con mia moglie. NON E’ VERO che – se una coppia non condivide le stesse passioni – uno dei due deve soccombere. Indovinate voi chi finora è stato sacrificato all’altare dell’Esselunga e degli amici tuoi “che stasera ci invitano a cena; e che se anche non ti stanno simpatici adesso prima o poi comincerai a conoscerli e allora cambierai opinione”. Peccato che io più li conosco e più mi passa la voglia. Quando poi mi arrivano le foto degli amici a pesca non mi rimane che sperare in un

imprevisto che scompigli le carte. Un black-out improvviso, il bambino che si sente la febbre. O il mitico “stavano cominciando a bollare e sul più bello hanno mollato l’acqua”. Ma purtroppo nel 2015 questa ho potuto usarla poco. Quando Giada – che da Chiesa Valmalenco si è spostata a Monza per fare l’infermiera – ha voglia di andare a pesca lo dice al marito, che allora si organizza ed esce in bici. Lei ci ha provato a portarlo a pesca al Lago Palù ma la scintilla non si è accesa. Ma tanto la giornata è lunga e spazio da condividere insieme se ne trova sempre abbastanza. D’altronde funziona così, come dice Giada “la pesca è una passione grande. E le passioni non puoi mettertele via”. Specie quando iniziano da lontano e ti hanno portato a vincere gare e campionati ovunque. Allora Giada, come hai cominciato a pescare? Ho iniziato verso gli undici anni, seguendo mio padre Bruno lungo le sponde del Mallero e frequentando poi la scuola di pesca organizzata ogni anno dalla mia società. Si tratta di un corso di pesca per avvicinare bambini e

Campionessa italiana di pesca alla trota torrente 2013

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ragazzi a questo magnifico sport, composto da lezioni pratiche e teoriche. Dopo poco mi sono ritrovata come unica ragazza a fare le gare a livello provinciale e poi regionale e italiano. L’unica ragazza. Davvero? Ma cosa significa essere l’unica femmina in un mondo di maschi? Ti ha mai pesato la cosa? No non mi ha mai pesato, devo dire che tutti gli altri pescatori mi hanno sempre trattata con rispetto e simpatia e io non mi sono mai posta molti problemi per il fatto di essere l’unica ragazza. Anch’io poi mi sono sempre messa alla pari degli uomini; non ho mai voluto essere trattata in maniera diversa e non ho mai preteso un trattamento di favore. Per esempio alcune ragazze si fanno aiutare facendosi portare le canne, io non permetto a nessuno di portarmi la mia sacca di canne, sono mie e me le porto io! Nel 2001 ho partecipato ai miei primi campionati italiani e, contro ogni aspettativa, io, che ero l’unica ragazza su circa 40 concorrenti, ho vinto! Ricordo ancora gli sguardi increduli di tutti i concorrenti quando hanno capito che erano stati battuti da una ragazza. Tanti di quei ragazzi sono ancora oggi miei amici e sono diventati grandi campioni nella pesca alla trota in torrente; quando ci vediamo ricordiamo ancora con simpatia quei momenti e quanto loro quel giorno mi hanno “odiata”. Negli anni seguenti ho invece gareggiato nella categoria donne, e anche tra le donne devo dire che la competizione è sempre molto accesa anche se siamo in poche. E non ti è mai venuta voglia di portarti dietro qualche amica? Ci ho provato varie volte a convincere qualche amica a iniziare a pescare, anche alle mogli e fidanzate dei pescatori lo dico sempre. Ma non è facile! Tante ragazze pensano che sia uno sport solo maschile ma sono convinta che questo non sia vero. Nella pesca ci vuole passione, dedizione e intuito e queste non sono doti esclusivamente maschili, anzi. Se solo ci provassero, tante altre ragazze potrebbero apprezzare la bellezza di stare in riva a un torrente, il sentire lo scrosciare dell’acqua e lo stare a contatto con la natura immersi in paesaggi stupendi, così da lasciarsi alle spalle per un attimo la realtà esterna. Lì ad aspettare il momento in cui il pesce abbocca, sentire quell’emozione che cresce

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sempre di più e si trasforma in gioia e soddisfazione quando riesci a vedere e tenere tra le mani il pesce che hai pescato. In questo cammino che ruolo ha avuto tuo papà? Mio papà mi ha sempre accompagnata e supportata e devo ringraziarlo davvero tanto perché ha sempre creduto in me. In ogni viaggio in macchina si parlava di come poteva andare la gara e di come potevo pescare. Tutte le volte era sempre molto più agitato lui di me. Alla fine ero io che dovevo tranquillizzare lui! Oltre a mio padre devo ringraziare i miei primi maestri di pesca, in particolare Giovanni e Giancarlo Romeri, che con infinita pazienza mi hanno seguita fin dalle prime pescate. Poi Mauro e Angelo Della Marianna, sempre pronti a darmi un consiglio prezioso e delle buone dritte soprattutto nell’ambito delle gare. Attilio Proh invece è sempre riuscito a strapparmi un sorriso anche nei momenti difficili. Con le persone con cui peschi si creano legami forti di amicizia e collaborazione. Anche questo è un grande pregio del nostro sport. Perché hai scelto di confrontarti con la dimensione agonistica? Per molti la pesca è quasi una dimensione esistenziale, meditativa… Nelle prime gare che facevo in effetti mi dava fastidio essere lì con tutta quella gente attorno, avrei preferito stare da sola, come ero abituata a fare, e poter pescare dove volevo senza limiti di tempo. Poi con il tempo mi sono abituata e ha prevalso in me lo spirito più competitivo. Ho iniziato a divertirmi e ad apprezzare l’adrenalina della gara. Ora quando ho tempo non disdegno una bella pescata tranquilla con mio papà e il ritrovarmi ancora da sola a contatto con la bellezza della natura e del nostro territorio. Alcuni vedono il mondo delle gare come una forzatura. Tu che lo conosci bene che idea ti sei fatta in merito? Penso che in ogni sport ci sia chi lo fa per piacere personale e anche chi lo fa come agonismo, non penso sia una forzatura ma una normale evoluzione della stessa passione. A mio parere più che sulle divisioni tra agonisti e non, ci si dovrebbe concentrare sulla passione comune per questo sport, e cercare di trasmetterla ai giovani e dare l’immagine a 


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tutta la società di ciò che la pesca realmente è: uno sport che unisce, non che divide. Restando al mondo agonistico, quanti titoli hai vinto? Ho vinto due titoli italiani: uno nel 2001 e l’altro nel 2012 e poi sempre a livello italiano mi sono classificata due volte seconda e due volte terza ma gli anni di preciso non me li ricordo! Occhio, cominci a perdere il conto. E sei stata pure premiata dal CONI giusto? Si, ho ricevuto la medaglia di bronzo per i meriti sportivi, è stato per me un onore e una grande soddisfazione Hai parlato di rispetto per il pesce e per l’ambiente che lo ospita. Che idea ti sei fatta del tema kill/no kill? Rispetto entrambe le posizioni, nelle gare il pesce va trattenuto per poi misurarlo e pesarlo

anche se per le competizioni a livello mondiale si sta adottando la tecnica no-kil. In generale cerco sempre di rispettare il pesce che prendo e i regolamenti, se il pesce è piccolo, anche in gara, non mi faccio problemi a perdere minuti preziosi tagliando il filo oppure slamandolo con cura. Quando vado a pescare liberamente alcune volte trattengo i pesci per mangiarli, magari per una cena in compagnia dei miei amici, altre volte li rilascio con la speranza di riprenderli più grandi!

A pesca sul torrente Mallero (foto famiglia Lenatti)

E se dovessi pensare a uno slogan per avvicinare i giovani alla pesca? Ragazzi e soprattutto ragazze, provate ad andare a pescare, non smetterete più! Perchè il primo amore….non si scorda mai. Intanto però tuo marito preferisce uscire in bici… Perché non sa quello che si perde andando a pescare!

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P E S C I E BIOLOGIA

La trota

Marmorata

del Mallero di Stefano Esposito

(foto Marco Viganò)

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R

icordo bene la prima volta che conobbi il Mallero, passavo su uno dei ponti di Sondrio e mi venne presentato così: <da qui, ogni tanto, escono delle marmorate enormi…>. Da quel momento per me il Torrente Mallero è il corso d’acqua delle marmorate, indipendentemente dalla consistenza reale del suo popolamento, basta alzare gli occhi e scorgere da dove arrivano le sue acque che non si hanno dubbi. La marmorata è un fossile vivente. Molte decine di migliaia di anni fa, attraverso il Pleistocene, era già qui, nel vecchio bacino del Po, a nuotare contro corrente nelle acque provenienti da quegli stessi ghiacciai che hanno dato forma anche a queste valli. Nuotava durante le ere glaciali, mentre le montagne e i grandi laghi prealpini venivano incisi dalle imponenti lingue di ghiaccio, cacciando nelle paludi fredde della bassa pianura. Nuotava nelle ere più calde, come quella attuale, alla conquista dei laghi e dei corsi d’acqua alpini di fondovalle più produttivi, liberati dai ghiacci. Guardi l’imbocco della Valmalenco e, dietro, scorgi il Bernina, tanto basta per credere a quelle parole pronunciate a proposito delle marmorate del Mallero. La presenza è confermata dalle informazioni che l’UPS ha raccolto, costituite non solo dai report delle catture da parte dei pescatori ma anche dai dati acquisiti nei censimenti ittici condotti tramite elettropesca nel corso degli anni. Con la convinzione, quindi, che fosse di primaria importanza il recupero del popolamento selvatico di trote marmorate, a partire dalla stagione 2013-2014 è stato pianificato da UPS un programma di riproduzione artificiale a partire da riproduttori selvatici selezionati. Nell’autunno 2013, la parte bassa del Torrente Mallero è stata perlustrata alla ricerca dei riproduttori utili allo scopo e con meraviglia abbiamo catturato individui di trota marmorata dalle caratteristiche molto peculiari. Non solo il Mallero, come si sapeva, ospita le marmorate; il Mallero ospita le “proprie” marmorate. Una caratteristica su tutte le identifica: la

morfologia della bocca. La mascella inferiore Particolare della bocca: appare più corta rispetto a quella delle altre mascella inferiore e superiore si serrano una popolazioni dell’arco alpino incastonandosi, dentro l’altra quando serrata, all’interno della mascella superiore, formando una sorta di cesoia, armata dai denti tipici della specie ittiofaga. Anche nella livrea la marmorata del Mallero sa come distinguersi, la vermicolatura è pulita ed estesa, con spazi bianchi evidenti, ed è accompagnata da un ulteriore strato cromatico costituito da screziature scure irregolari che si sovrappongono al disegno vermicolato di base. Queste screziature confondono ancora di più le linee del corpo e formano spesso delle bande scure verticali, che si accentuano quando gli individui si trovano in acque più limpide e in presenza di una alternanza di luci ed ombre. Chi studia i salmonidi conosce molto bene la plasticità fenotipica delle trote, capaci, contraendo o dilatando i pigmenti della livrea, di mutare la tinta di fondo per adattarsi piuttosto velocemente alle caratteristiche ambientali del momento (es. colore del substrato, torbidità dell’acqua). Le marmorate catturate nel Mallero, lottando contro le altre popolazioni salmonicole che abbiamo studiato in giro per il 

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(foto Marco Viganò)

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mondo, vincerebbero a mani (pinne?) basse in un immaginario “Campionato di trasformismo”. Questo primato sarebbe raggiunto grazie ad un intenso allenamento: l’evoluzione in un ambiente stagionalmente molto variabile, sia nelle caratteristiche chimico-fisiche dell’acqua, sia nel contesto idrogeologico ed ecologico generale. L’Adda, per esempio, è un ambiente dalle caratteristiche diverse rispetto quelle del Mallero, ed è impensabile il fatto che le marmorate del torrente non si spostassero liberamente verso le acque del corso principale della Valtellina. Gran parte delle marmorate

catturate nel tratto inferiore del Mallero hanno probabilmente trascorso una parte più o meno lunga della propria vita nel Fiume Adda, per poi tornare nel corso d’acqua natale alla ricerca di migliori substrati riproduttivi. Ancora poco sappiamo di queste abitudini comportamentali e per tutelare al meglio questa popolazione stiamo cercando di comprendere queste dinamiche, nei limiti imposti dalla difficoltà di acquisire dati su una popolazione poco numerosa che abita in corsi d’acqua caratterizzati da grandi portate. Le numerose briglie presenti prima della foce


in Adda, pur non impedendo completamente la risalita delle marmorate, sono certamente un elemento di disturbo per gli esemplari che devono aspettare i giorni di piena per poter sperare di saltare, con fatica, questi ostacoli. Le marmorate già nuotavano quando queste valli, sotto l’azione dei ghiacci, si stavano formando e hanno continuato a nuotare mentre l’uomo cominciava a trasformarle. La lotta per la sopravvivenza, ora, tra briglie, scarichi e svasi, continua. Intanto, qualche centinaio di piccole marmoratine del Mallero cresce negli impianti dell’UPS.

Il Mallero vicino alla confleunza in Adda

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stagista

un’estate particolare

Io,

(foto Valter Bianchini)

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XX

all’Unione Pesca Per avvicinare gli studenti al mondo del lavoro il Ministero dell’Istruzione ha istituito la formula degli stage in azienda. Come spesso accade ci si è trovati di fronte a esempi riusciti e altri meno. Succede in tutti i rapporti di coppia. Non poteva non succedere qui. Il fatto che Carlo Cao sia stato felicissimo della sua scelta per noi è stata fonte di grande soddisfazione. Carlo è pescatore da sempre, ha 16 anni, frequenta l’Istituto Tecnico Agrario di Sondrio e quest’anno il suo periodo di tirocinio ha deciso di passarlo da noi. Ha dato il suo contributo al centro ittiogenico di Faedo, ha accompagnato il personale UPS nelle semine, lungo l’Adda e in elicottero sui nostri laghi alpini. Si legge spesso di ragazzi demotivati. Beh, Carlo di motivazione ed entusiasmo in queste settimane ne ha messi da vendere. Ci ha voluto ringraziare con la lettera che trovate di seguito. Anche se – alla fine – a dirci grazie siamo in due. 83


(foto Davide Ravanetti)

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M

i chiamo Carlo Cao, ho 16 anni, frequento la 3 classe dell’ Istituto Tecnico Agrario di Sondrio e il mio orientamento scolastico è rivolto al settore ambientale e faunistico. Nella primavera scorsa i miei professori mi hanno chiesto di indirizzare il primo stage professionale verso un’ azienda con orientamento in linea con i miei studi e - in quanto pescatore e conoscendo l’ ambiente della pesca sportiva - ho pensato alla possibilità di essere inserito nelle varie attività dell’Unione Pesca Sportiva della Provincia di Sondrio, al fine di maturare un’esperienza nel settore della gestione della fauna ittica delle acque della nostra provincia. Dopo aver presentato la richiesta al presidente UPS e alla mia scuola, ho ricevuto il parere positivo per avviare questo progetto formativo da svolgersi durante l’ estate in diversi periodi. Ho iniziato frequentando il Centro Ittiogenico di Faedo, dove ho avuto l’opportunita’ di cono-

scere una realtà a me sconosciuta, fondamentale per la gestione ittica della nostra vallata; in particolare mi ha colpito l’aspetto tecnico e sanitario che riguarda l’allevamento dei pesci e la fase di riproduzione degli stessi, con tutte le problematiche che riguardano la crescita e i pericoli costanti di malattie e infezioni. Ho collaborato con le guardie presenti e constatato di persona quanto tempo venga dedicato alla pulizia e disinfezione di vasche e contenitori vari, imparando che la pulizia e l’igiene sono fondamentali per la corretta gestione di un centro ittico indenne da malattie. Ho avuto la fortuna di uscire sul territorio nelle operazioni di semina, sia con gli automezzi in dotazione all’UPS che a bordo dell’elicottero per i ripopolamenti nei vari laghi alpini della vallata. L’organizzazione di queste operazioni è complessa in quanto deve essere raggiunta una sinergia tra i diversi elementi addetti al trasporto del pesce : il fornitore con l’autocarro, gli automezzi UPS e l’elicottero. Gli eventuali errori di calcolo dei tempi o im-


previsti porterebbero a ritardi e di conseguenza aumenterebbe il rischio di moria del pesce visti i lunghi tempi di giacenza in ambiente ristretto, oltre a un aumento dei costi legati all’utilizzo dell’elicottero. Altro particolare interessante e molto importante è il calcolo dell’ossigeno necessario per i tempi di trasporto del pesce con i vari mezzi sino al momento della semina. Le guardie a mio giudizio sono molto preparate e si impegnano fino in fondo anche in giornate dove le ore di servizio sono tante e vengono percorsi diversi chiilometri con notevoli sbalzi di quota. Per essere onesto, a causa la stanchezza qualche volta mi sono anche appisolato a bordo dell’auto nella strada di ritorno al Centro. Ho poi conosciuto tanti pescatori volontari che da anni prestano il loro tempo per seminare nei piccoli affluenti dei torrenti principali e si impegnano con passione e fatica con la loro brenta carica di trote, con attaccamento al territorio, dimostrando di essere soggetti indispensabili nella organizzazione. Non meno importante è l’aspetto amministrativo, infatti alcune giornate del mio stage sono state dedicate alla realtà dell’ufficio UPS. Mi sono occupato dell’inserimento dati dei pescatori sul programma di gestione e rilascio di licenze e permessi vari, conoscendo così quella parte burocratica della gestione di una società indispensabile alla passione dei tanti pescatori provenienti da diverse località del nostro paese. Fin dal primo giorno mi sono sentito subito a mio agio, grazie al clima di armonia di tutto il personale UPS, sempre disponibile a spiegarmi ogni cosa e rispondere con competenza alle domande di uno studente curioso, che voleva conoscere un mondo complesso impegnato tutto l’anno al fine di garantire ai pescatori quantità e qualità della fauna ittica presente nelle acque della nostra meravigliosa provincia. Un grazie a tutti, dal Presidente sig. Valter Bianchini al Direttore sig. Lanzi, al Comandante sig. Pasini e al suo Vice sig. Ravanetti oltre a tutte le Guardie con le quali ho avuto un ottimo rapporto. Un grazie anche al sig. Meret e a Paolone Milani per avermi regalato - qualche anno fa - la mia prima canna da pesca con relativa licenza di pesca, aprendomi così la porta di quel meraviglioso mondo che è la pesca. Carlo Cao

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AGO N I S M O

Campionato provinciale UPS 2015 Il Presidente Bianchini, nel corso dell’Assemblea annuale dell’associazione, che si è svolta il 23 gennaio ultimo scorso presso la “Sala delle Acque” del BIM a Sondrio, ha effettuato la premiazione dei vincitori delle varie categorie Giovani, adulti e per Società del Campionato provinciale 2015 di pesca alla trota. Pubblichiamo di seguito le classifiche.

 Marco Bertinelli, 3º classificato,

P aolo Tachelli 4º classificato Cat. Adulti

 Renato Manenti e Marco Bordoni (società Vial Milano) 1ª società classificata

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Luigi Selvetti 1º classificato Cat. Ragazzi


XX Classifica Campionato 2015 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7° 8° 9° 10° 11° 12° 13° 14° 15° 16° 17° 18° 19° 20° 21° 22° 23° 24° 25° 26° 27° 28° 29° 30° 31° 32° 33° 34° 35° 36° 37° 38° 39° 40° 41° 42° 43° 44° 45° 46° 47°

Pescatore MAZZOLINI DINI BERTINELLI TACHELLI MANENTI TOGNOLI SANTINI DELLA MARIANNA PATRIZI CABELLO BORDONI DE BERNARDI MOZZETTI BUTTI PEDROTTI VANINETTI DELLA MARIANNA PEDROLA SCHENATTI DELLA NAVE CEDERNA BONETTI RAINOLDI BRUSA VERZAGLIA DELLA MARIANNA CAVIGIOLI GALIMBERTI LUFINO FRANCHI PARUSCIO BOLANDRINI MASCARINI DELLA MARIANNA DELLA VALLE PERLINI INVERNIZZI GATTI TOGNOLI BOLANDRINI PATRONI BERTOLINI SALA BASSAN ROSSATTI BESANA MAZZOLINI

ALAN EDOARDO MARCO PAOLO RENATO DIEGO FABIO ANGELO RICCARDO ANSELMO MARCO ENZO ALBERTO MARCO MATTEO IVAN MATTEO LUIGI IVO IVAN IVAN SILVIO CRISTIAN FRANCO MARCO MAURO OMAR ALESSANDRO MATTEO DIEGO MARIO GRAZIANO CRISTIAN NICOLA SIMONE OSVALDO LUIGI ARTEMIO TIZIANO DARIO ANTONIO RODOLFO IVANO STEFANO PAOLO ANDREA DANIELE

Classifica Società VIALE MILANO PANIGA GARETA VALMALENCO TIRANESE

1ª Prova A B C TOT. 1 2,5 1,5 5 4,5 1 5 10,5 7,5 2,5 3,5 13,5 2 4 7 13 13 13 13 39

Classifica Ragazzi 2015 1° 2° 3° 4° 5° 6° 7°

Pescatore SELVETTI ROSSATTI MAURI LABANORA BIANCHI MORETTI NANA

LUIGI SIMONE PAOLO ANDREA CRISTIAN SIMONE

Società PANIGA VIALE MILANO VALMALENCO GARETA VIALE MILANO PANIGA VIALE MILANO VALMALENCO GARETA VIALE MILANO VIALE MILANO GARETA GARETA GARETA VALMALENCO VIALE MILANO VALMALENCO PANIGA VALMALENCO PANIGA GARETA PANIGA GARETA VIALE MILANO PANIGA VALMALENCO GARETA PANIGA GARETA VALMALENCO GARETA TIRANESE GARETA VALMALENCO GARETA PANIGA PANIGA GARETA GARETA TIRANESE PANIGA GARETA PANIGA GARETA GARETA GARETA PANIGA

2ª Prova A B C TOT. 2 4,5 1,5 8 1 2,5 1,5 5 4 1 3 8 4 2,5 8 14,5 7,5 13 7,5 28 Società VALMALENCO VALMALENCO VALMALENCO GARETA VALMALENCO GARETA VALMALENCO

1ª prova 1 1,5 2 3,5 3 4,5 2,5 5 9,5 1,5 1 7,5 2,5 8,5 4 6 4,5 7,5 6 8,5 11 13 11 6 13 7 10 9,5 3,5 12 13 13 13 8,5 13 13 5 11 7 13 10 13 13 8,5 12 13 13

A 2,5 4,5 2,5 1 13

2ª prova 1 1,5 2,5 1 4 1,5 4,5 4 4 6,5 2 5,5 6 3 9 5,5 9 13 6,5 4,5 9 2,5 8 10 13 8 10 11 13 13 13 5,5 8 13 5,5 13 13 13 13 7 10 13 13 13 13 13 13

3ª Prova B C TOT. 2 1,5 6 5 1,5 11 1 6 9,5 8 3 12 13 10 36

1ª prova 1 3 3 3 5,5 7 5,5

2ª prova 1,5 1,5 7 3 7 7 7

3ª prova 1,5 2 3 6 3 5 1,5 1 1 2,5 7,5 4,5 8 7,5 8 8 13 5 8 5 7,5 4,5 5 11 4 10,5 13 10,5 11 13 2,5 10 12 7,5 11 13 13 8 12,5 13 13 8 11 13 12,5 13 13

A 2 1 4 3 13

4ª prova 1 5,5 3 1 2 1,5 4,5 4 1,5 5,5 7,5 5 7 6 6,5 8 2 3 9 13 4 13 9 10 7,5 13 6,5 8,5 13 3 13 13 8,5 13 13 4,5 13 13 13 13 13 13 10 13 13 13 13

4ª Prova B C TOT. 5,5 4,5 12 1,5 3 5,5 1,5 1 6,5 3 2 8 13 13 39

3ª prova 1 2 7 7 7 3 7

4ª prova 3 4 1,5 7 1,5 7 7

Totale 4,5 10,5 10,5 11,5 12,0 12,5 13,0 14,0 16,0 16,0 18,0 22,5 23,5 25,0 27,5 27,5 28,5 28,5 29,5 31,0 31,5 33,0 33,0 37,0 37,5 38,5 39,5 39,5 40,5 41,0 41,5 41,5 41,5 42,0 42,5 43,5 44,0 45,0 45,5 46,0 46,0 47,0 47,0 47,5 50,5 52,0 52,0

TOTALE 31 32 37,5 47,5 142 Totale 6,5 10,5 18,5 20 21 24 26,5

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SPÖL: da ponte S.Rocco a Segheria vecchia BACINO DI LIVIGNO *250 seminate a ottobre BACINO DI S. GIACOMO BACINO DI CANCANO FRODOLFO: da confluenza Rio Cavallaro a ponte del Sant VIOLA: da ponte di Sughetto a località al Forte Isolaccia ADDA: da Burrone d’Adda a Tola ADDA: da le Prese a Boscaccia ADDA: da Boscaccia a zona No Kill Grosio BACINO DI FUSINO ROASCO: Ponte del Fulin ROASCO: Selve del Duomo a confine zona Turistica ADDA: da presa Grosotto a ponte di Mazzo ADDA: da ponte Mazzo a ponte di Lovero ADDA: da sb. Sernio a chiesa S.Bernardo (Villa Tirano) ADDA: scarico A2A fino a ponte Falck (Tresenda) BACINO DI FRERA TORRENTE BELVISO: da corna Finanziere a Valle Aperta ADDA: da loc.Pescè a ponte S.Giacomo ADDA: da località Nigola a loc. “Crap del Vent” ADDA: da campo sportivo Carolo a chiesa Boffetto TORRENTE VALFONTANA: loc. “Muladi” - “la Colonia” BACINO DI CAMPO MORO BACINO DI CAMPO GERA LAGO PALU’ LANTERNA: da ponte Ganda a ponte Tornadri MALLERO: da ponte località Tornadù a ponte Spriana MALLERO: da località Gombaro a ponte Ferrovia ADDA: da ponte Faedo a silos Rebai ADDA: da ponte Caiolo a ponte S.Pietro Berbenno ADDA: da ponte S.Pietro a ponte Selvetta ADDA: da ponte Selvetta a sbarramento Ardenno MASINO: da passerella a briglia a monte ADDA: da conf.Tartano a sentiero campo sp.vo di Campovico ADDA: da ponte Ganda a zona Turistica Traona BITTO: da briglia Leoni a ponte Promor ADDA: da ponte Traona a ponte Mantello ADDA: da ponte Mantello a confine provincie Como-Lecco MERA: silos Tam MERA: da ponte Finanza a invaso di Villa di Chiavenna MERA: da briglia Carenini a confl. Torr. Liro LIRO: da ponte S. Mamete a 500 m.a valle (Briglione) MERA: invaso Villa di Chiavenna BACINO DI PRESTONE BACINO DI ISOLA BACINO DI MADESIMO BACINO DI MONTESPLUGA BACINO VAL DI LEI

Dopo svasi e imprevisti

4-5 AGOSTO

7-8 LUGLIO

apertura Generale LAGHI

VAL DI LEI

LAGO LIVIGNO

Totali iridea iridea Fario Iridea Fario Iridea iridea iridea iridea iridea iridea 720 110 100 30 100 20 120 120 120 1.400 500 300 300 300 1.400 500 450 450 1.400 500 450 450 430 120 110 100 100 510 120 110 40 100 40 100 440 120 130 30 130 30 400 200 80 20 80 20 340 140 80 20 80 20 850 150 150 150 150 250 100 100 320 100 90 20 90 20 520 240 110 30 110 30 360 160 80 20 80 20 320 120 80 20 80 20 400 200 80 20 80 20 1.250 450 400 400 320 80 70 20 60 20 70 360 160 80 20 80 20 570 270 120 30 120 30 260 100 60 20 60 20 240 80 80 80 680 260 210 210 680 260 210 210 570 250 160 160 240 80 60 20 60 20 270 120 80 70 320 130 80 20 70 20 980 500 180 60 180 60 1.000 500 180 70 180 70 440 220 90 20 90 20 460 240 90 20 90 20 100 40 30 30 360 160 80 20 80 20 360 160 80 20 80 20 240 100 50 20 50 20 360 160 80 20 80 20 360 160 80 20 80 20 280 120 60 20 60 20 390 150 100 20 100 20 280 120 60 20 60 20 280 120 60 20 60 20 410 110 80 20 80 20 100 520 120 70 30 70 30 100 100 710 150 70 30 70 30 100 130 130 420 100 40 20 40 20 60 60 80 1.020 400 300 320 400 400

TOTALI PARZIALI 25.040 6.030 3.310 MERA: Zona pesca con esche artificiali ADDA: Zona pesca a mosca Sassella ADDA: Zona pesca con esche artificiali S.Giacomo di Teglio ADDA: Zona pesca a mosca Tresenda di Teglio ADDA: Zona pesca a mosca Stazzona

3-5-6 MAGGIO

LUOGHI DI IMMISSIONE

5-7-8 aprile

Per apertura

PIANO SEMINE ORDINARIO TROTE ADULTE STAGIONE 2016

320 320 320 320 320

830 3.260

820

500

400 3.200 3.140 3.200

Previste nr. 2 semine con date da definire (Fario & Iridea)

TOTALI GENERALE 26.640 Per causa di forza maggiore le date sopra indicate potranno essere modificate

350


89


PUNTI VENDITA PERMESSI 2016 Luogo Monza e Brianza (Veduggio) Monza e Brianza (Seregno) Milano (Settimo Milanese) Milano Lecco Lecco (Brivio) Lecco (Colico) Lecco (Bellano) Como (Fino Mornasco) Como Bergamo (Almè) Brescia (Darfo B.T.)

Denominazione Articoli Sportivi Tagliabue Il Bigatto Matto Parini Pesca Garue Ufficio Pesca della Provincia Pesca Sport Buratti Moiola Rino Alma Sport – Bellano Ul Cimin -Negozio di pesca Ufficio Pesca Provincia Fuselli sport Martin Pescatore

Recapito

Annuali

0362-910608 0362 230086 02 3359 9075 02-86453590 0341-295258 039-5320215 0341-940463 0341-810470 340 3445478 031-230111 035-542286 0364-534161

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Giornalieri e Tessere • • • •

Apertura Domenicale

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Sede Unione Pesca Tel. 0342-217257 - Fax 0342 516433 - info@unionepescasondrio.it Livigno Livigno Livigno Livigno -Foscagno Valdidentro Valdidentro Valdidentro Bormio Sondalo Grosotto Tirano Tirano Aprica Chiuro Poggiridenti Sondrio Sondrio Chiesa in Valmalenco Valmalenco Chiesa in Valmalenco Chiesa - Loc. S.Giuseppe S. Pietro Berbenno Forcola Selvetta Valmasino Tartano Morbegno Morbegno Morbegno S.S. 38 Cosio Valtellino Cosio Valtellino Prata Camportaccio Gordona Chiavenna Chiavenna Val di Lei Campodolcino Montespluga Montespluga Madesimo

A.P.T. Negozio Pesca Bormolini - Via Florin 323 Sporting Club Hotel Interalpen (Apertura Stagionale) Bar Viola Pro Loco Isolaccia Bar Mara Semogo Ufficio Turistico Bormio Pro Loco-Palazzo Sport-Soc. S. Tirinzoni Laghetto Prati di Punta di Bagiolo M. Bar Buffet Stazione RG Zanini - Articoli Sportivi Ufficio Turistico - Sig. Frigoli Bar Lady- Via SS Stelvio Bar Al Boschetto SS 38 Lufino Sport - Piazzale Bertacchi Consorzio Turistico Hotel Tremoggia- via Bernina 6 Consorzio Turistico Alpi Sport Negozio di alimentari Bar Pasticceria Libera Bar Oasi - Selvetta Ristante La Brace Campeggio Sasso Remenno Albergo Angelini Articoli sportivi Pelarin Alpi Sport caccia e pesca Bar-Distributore Total Bar Rondo’ Pianeta Pesca Carpe Diem – (San Cassiano) Tavasci Caccia e Pesca Rizzi Pesca Sport Il Forcello - Caccia e Pesca Rifugio Baita del Capriolo Ufficio Turistico Chiosco Succetti Hotel Posta Ufficio Turistico

0342-977800 0342-996647 0342-991260 0342-979068 0342-985106 0342-985331 0342-927089 0342-903300 0342-801816 380-5301177 0342-703381 349 7725095 0342-746113 0342-483464 0342-214493 0342-513944 0342-219246 0342-451106 0342-451150 0342-556230 0342-454214 0342-493070 0342-661388 0342-660408 0342-640059 0342-645100 0342-614130 0342-612261 0342 610401 0342-635490 0342-636005 345 0486110 0343-42449 0343-33787 0343-32264 0041-816671136 0343-58661 349-0916844 0343-54234 0343-53015

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• • • • • • in stagione • • • mattina • mattina • •

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• • •

• in stagione • mattina • • • mattina


Troticoltura Il Giardino

Acquacoltura la sfida di nutrire il mondo nel 2050 ...nei prossimi decenni dovremo produrre più cibo di quanto ne sia stato prodotrto negli ultimi 10.000 anni... ...la crescita più forte è attesa nel consumo di pesce e pollo... ...per una fortunata coincidenza queste sembrano essere le due fonti di proteine animali che producono la minor impronta carbonica... ...l’acquacoltura è il sistema di produzione alimentare che sta crescendo più rapidamente... ...è probabile che gli sviluppi in acquacoltura avverranno soprattutto nei più sofisticati allevamenti a terra e nei grandi siti marini lontani dalle coste...

Loc. Ponte - Tresana (MS) - Tel 0187471112 - www.troticolturatoscana.it


92 Fotolia

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Paolo Rossi


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