Vain Creative issue no.1° - ITA

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CATERINA





CREATIVE

Indice


CREATIVE

Cacao-lab Il cioccolato incontra la moda. P.11

IndiceCapolavori da

Finaest.com

Tradizione e innovazione del made in italy. P.24

indossare P.45

Infestando P.47

Il Foulard Immancabile ieri ed oggi. P.27

Nima Benati Una grande fotografa italiana. P.29

Daniele Davitti La moda come arte. P.33

Arte e Make up P.49

Vito Nesta P.55


www.harim.it




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M

ilano è la capitale della moda e del design, luogo di incontro di mode e tendenze, motore pulsante di idee creative ed originali. Ed è proprio qui che dall’unione di due menti creative con passioni differenti si trova Cacao-Lab, un boutique del cioccolato nata con l’idea di assegnare al cioccolato un’immagine fashion. Cacao-Lab nasce nel 2006 dall’incontro di Cristiano Spinoni, truccatore e parrucchiere, e dell’interior designer Baptiste Roudel, che uniscono le loro lontane passioni a quella comune per il cioccolato. I loro prodotti, realizzati con materie prime di altissima qualità non si fermano ai cioccolatini, creati con particolare attenzione al design e ai dettagli, ma arrivano alla realizzazione di oggettistica di cioccolato, realizzando prodotti unici, inimitabili ed esclusivi. Ed è così che, seguendo le tendenze del momento, nasce la linea moustaches, una serie di baffi realizzati interamente in cioccolato, per stuzzicare la fantasia di adulti e bambini, ma che finiscono anche su deliziosi cioccolatini e praline, per un tocco glamour. Se le feste in cui il cioccolato prevale sono il Natale, San Valentino e la Pasqua, inutile dire che le praline e i cioccolatini si vestono in festa riproducendo piccole opere d’arte da mangiare anche con gli occhi. Uno dei punti di forza di questa piccola azienda sono l’attenzione e la cura dei dettagli, che va dalla realizzazione dei modellini alla produzione degli stampi passando poi alla fase produttiva rigorosamente manuale, garantendo artigianalità e unicità dei prodotti realizzati con impegno costante. Un altro punto di forza, è la realizzazione di oggetti personalizzati in cioccolato che permette una distinzione dalla sempre più diffusa standardizzazione dei prodotti del settore. L’idea principale di Cacao-Lab è quella di fornire al cioccolato un’immagine sofisticata ed inedita, oltre che fashion. Per questo motivo è nata la linea Glamour, una linea di borse e scarpe interamente di cioccolato che rappresenta l’incontro tra le passioni dei fondatori dell’azienda. Le borse e le scarpe della linea Glamour sono realizzate interamente a mano con cioccolato puro senza coloranti. I modelli, i colori, le trame e le fantasie che i prodotti presentano vengono ottenuti grazie alla miscela e alla lavorazione del cioccolato. Il risultato è una linea di scarpe, sia per donna che per uomo, e una linea di borse che vengono amate dalle fashion addicted proprio per le loro forme e i loro colori, molto simili ai modelli veri. Sebbene sia possibile trovare uno special corner di Cacao-Lab presso la Rinascente di Piazza Duomo e la boutique di Via Eustachi n° 47 sia diventata una tappa obbligata per tutti coloro che vogliono vedere trasformato in cioccolato qualsiasi oggetto del desiderio o semplicemente concedersi una pausa dolce con un cioccolatino d’arte; l’obbiettivo di Cristiano e di Baptiste è quello di mantenere la produzione piccola ed esclusiva senza cedere alla tentazione di ingrandirsi.

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FASHION CHOCOLATE By Rossella Scalzo













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Finaest.

nternet oggi è diventato un mezzo di comunicazione con una vastissima portata, in grado di mettere in contatto persone da diverse parti del mondo. Non solo i grandi brand usufruiscono di questa forma di facilitazione per far conoscere i propri prodotti su scala globale, ma anche i giovani creativi emergenti ne giovano proprio per la loro conoscenza e la loro affermazione sul mercato. E proprio per questo scopo è stato ideato FINAEST.COM, un progetto nato da una start up italiana in grado non solo di offrire alta visibilità a livello globale, ma anche per poter permettere la conoscenza di brand emergenti nel mercato. Nel Novembre 2012 Andrea Viganò, che vive tra Milano e Singapore, con esperienze lavorative nella moda e nell’e-commerce, incontra Luca Catalano, torinese amante del made in italy e sognatore di un nuovo boom economico italiano. I due decidono di collaborare e di realizzare una piattaforma per promuovere, anche a livello internazionale, il made IL PORTALE ONLINE CHE UNISCE in italy sia grazie ai designer emergenti che alle TRADIZIONE E INNOVAZIONE eccellenze storiche. DEL MADE IN ITALY Da questa idea nasce FINAEST.COM, una boutique online che propone una selezione accurata dei marchi By Rossella Scalzo storici più prestigiosi italiani che hanno un’esperienza decennale e fanno parte del patrimonio del nostro territorio, tra cui Oliviero Toscani, Santillo 1970, Miserocchi, Fumagalli. Ma il punto di forza di questa boutique, il punto che davvero fa la differenza fra i tantissimi portali di vendita online già esistenti, sono una selezione di designer emergenti che hanno scelto di sfidare la crisi economica realizzando prodotti moda interamente a mano in Italia, tra i quali SPEKTRE Sunglasses, Nati con la Camicia, Sunboo. L’idea alla base di FINAEST.COM è quella di presentare sul mercato la presenza rassicurante della tradizione dei marchi storici che da tantissimi anni portano in alto il nome del made in italy insieme a quei brand che rappresentano la novità del settore, a dimostrazione del fatto che la creatività e l’artigianalità in Italia non si è fermata, ma anzi è in continua crescita. Oltre questo c’è di più. FINAEST.COM non si presenta soltanto come vetrina di prodotti artigianali italiani di qualità, ma una ampia sezione del sito, oltre che un blog, è dedicata alla storia del singolo designer che espone e vende, raccontando il brand da vicino per permettere a chi vuole comprare di scoprire la filosofia e la cultura che sta dietro al marchio e ai prodotti che produce.

Finaest.com

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Chi ha realizzato questa vetrina online ha voluto focalizzare l’attenzione non solo nella vendita ma anche nella valorizzazione del designer attraverso interviste e fotografie che possono fornire uno sguardo attento e dettagliato sul loro lavoro, dal processo produttivo della realizzazione di un prodotto ai valori che stanno alla base. Questo è fatto sia perché bisogna valorizzare il brand stesso ma anche perché i consumatori di oggi sono sempre più curiosi, sofisticati e hanno bisogno di maggior informazioni possibili prima di poter acquistare un prodotto. I designer che possono vendere ed esporre all’interno del sito vengono scelti in base a pochi criteri ben definiti, tra cui quelli fondamentali che i prodotti devono essere realizzati interamente in Italia, devono avere delle caratteristiche distintive di unicità ed innovazione e devono possedere delle potenzialità di successo. Non è un caso che molti dei brand emergenti presenti vantano una conoscenza dei loro prodotti a livello internazionale. Il motto di FINAEST.COM è credere nel valore del lavoro artigianale che non risiede soltanto nelle mani o nel luogo dove vengono realizzati i prodotti. Secondo chi ha pensato e ideato questa vetrina, il valore risiede nella capacità di costruire un’eredità che trasmetterà la sua cultura, la sua conoscenza, i segreti della sua qualità da una generazione all’altra. L’artigianato significa rispetto e considerazioni morali per le persone e non solo per gli oggetti e i beni di lusso che produce. Nel periodo di crisi generale che stiamo attraversando FINAEST.COM dimostra che la creatività in Italia è piena di risorse che possono portare un valore aggiunto a questo paese. Se poi questo lo si dimostra unendo elementi tradizionali, come le lavorazioni artigianali dei prodotti made in italy, all’innovazione della modalità di esposizione, si comprende come modernità e tradizione in fondo non sono poi così distanti.



Il Foulard I

Il Foulard

I M M A N C A B I L E I E R I E D O G G I . By Veronica Gomini

l foulard è da sempre un accessorio che contraddistingue ogni donna, elegante, unico, da esso si possono percepire tratti del carattere di chi lo indossa. Prima di avere un utilizzo estetico, veniva utilizzato come copricapo, proteggeva dal sole, dal vento e dalla pioggia. Verso la fine degli anni Sessanta ci fu un cambiamento drastico, assunse una valenza decorativa senza però perdere quella funzionale. Caratterizzò infinite collezioni di celebri case di alta moda internazionali tra cui Hermes, Dior, Chanel, e italiane, più precisamente fiorentine, come Ferragamo e Gucci. Possiamo vedere quanto questo accessorio era utilizzato i grandi classici del cinema come da Audrey Hepburn in Vacanze Romane, Sofia Loren e infine Grace Kelly. Esistono tanti modi di indossarlo, come ci insegna Hermes, la maggior parte delle persone conosce il classico, portato come copricapo e poi girato intorno al collo per essere chiuso con un nodo. Ne esistono tanti altri, semplici da indossare e non troppo impegnativi. Per esempio, fatto uno chignon alto, basta creare una fascia longitudinale con il foulard piegato più volte, arrotolarlo intorno all’acconciatura creata e chiuderlo con un fiocco. Un altro gioco di decorazione: con una coda laterale, fatta una fascia lunga, annodare, raggiungere la coda e creare un fiocco; questo sistema addolcisce il volto. Una delle tecniche più apprezzate dalle giovani donne è il Plaited Bandeau, ideata da Hermes, che comprende tre foulard, preferibilmente di differenti fantasie, basta piegare i foulard a fasce e creare una semplice intrecciatura partendo da un nodo. Arrivati a questo punto basta posizionare il tutto intorno al capo e unire i due lembi, il gioco è fatto! I classici metodi per indossarlo sono molti, a fascia, a bandana, coprendo la parte alta della testa. Può anche essere inserito su borse, arrotolandolo al manico, oppure sulle spalle, come cintura o infilato nel taschino della giacca. Negli ultimi anni ha iniziato a far parte anche del look maschile. Il boom di questi accessori si è avuto nell’anno 2011, quando questo complemento si è affermato come capo unisex.

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Nima Benati Nima Benati

U NA G R A N D E D E L L A F O T O G R A F I A I TA L I A NA . By Gaia Bregalanti

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lasse 1992, bolognese e amante della moda, Nima Benati si sta facendo conoscere da tutto il mondo per la sua fotografia. Sulla sua pagina Tumbrl si descrive brevemente così: “20 years old fashion photography based in Italy, working wherever my camera brings me”. I suoi scatti vengono definiti da molti esperti della moda e non, come delle vere opere d’arte. La forte passione di Nima nasce fin dalla piccola età, quando sfogliando le riviste di moda veniva catturata dai vestiti, dai gioielli, dagli sguardi delle modelle e da ciò che quegli scatti riuscivano a trasmetterle. Quando riceve la sua prima macchina fotografica, come regalo dai genitori, è amore a prima vista. La giovane bolognese inizia a scattare, ritraendo la sua amica Ksenia e caricando le foto sui Social Network, ed è proprio così che inizia la sua popolarità, grazie al web. Nima, trovandosi in quarta superiore, è costretta a dividersi tra studio e fotografia. Non capendo il suo essere incline alla fotografia, professori e amici non la sostenevano, così non riuscendo a conciliare il tutto, si ripromette di dedicarsi totalmente al dovere scolastico, per poi una volta finita la maturità, continuare a coltivare e a dilettarsi nella sua arte. Con il boom di facebook, le richieste di fotografare totali sconosciute sono molte, così, un anno dopo apre il suo studio fotografico. Il suo primo vero servizio è stato con il fashion brand AMEN e il loro negozio di Bologna “L’Inde Le Palais”, dove Nima ha potuto esprimere al massimo tutta la sua creatività, grazie anche a location favolose e vestiti di alta moda. Catapultata in questo mondo, inizia a lavorare con modelle e con fashion bloggers di alto calibro, quali Chiara Ferragni e Chiara Biasi.

Nei suoi scatti si vede una cura dell’immagine non indifferente; l’attenzione ad ogni minimo dettaglio rende ogni ritratto particolare ed inimitabile. È proprio questa peculiarità che fa sì che tutti vogliano la giovane Nima per presentare copertine, shooting e campagne di moda, come Cruciani, Fragolina Pompadour, Gate21, Exia Girl e Patrizia Pepe. Uno dei suoi scatti più importanti è sicuramente quello per la rivista Maxim, dove la Biasi era in copertina. Si può forse dire che il suo sogno nel cassetto in gran parte si è già realizzato: collaborare con i nomi illustri della moda e di produrre campagne pubblicitarie per i più grandi marchi, nonché di affiancarsi a giornali come Vogue. La popolarità della bolognese sempre in aumento grazie alla rete internet, in particolare ai Social come Instagram, dove Nima tiene sempre aggiornati sui progetti ai quali sta lavorando e dove mostra anche il suo lato da modella (spesso è lei stessa la protagonista dei suoi scatti), ha fatto sì che la sua agenda sia occupata fino al 2015. Il consiglio che Nima dà, a chi come lei, vuole rincorrere questo sogno, è di mai arrendersi davanti agli ostacoli, ma continuare con forza e dedizione per arrivare a realizzare il proprio desiderio. Nell’attesa di vedere i suoi nuovi progetti, non rimane che farle i nostri complimenti.

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STUDIO STREET LIFE.COM designer fashion & house Fashion Collections Planning Man / Woman Shoes – Bags - Belts Samples manufacture Production Technical Assistance House Design Furnishing Complements Prototypes

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Daniele Davitti By Angelica Grittani


Dan D

aniele Davitti, classe 1986, è un’artista versatile che ha saputo fare della sua passione per la moda e per l’arte, il suo mezzo per comunicare, mostrando di possedere diverse abilità espressive, ma soprattutto di mettere una costante dedizione e ricerca nel proprio lavoro. Nato da una famiglia di artisti fiorentini, ha studiato Fashion design al Polimoda di Firenze, dove ha realizzato la sua prima collezione di moda. In seguito ha vinto una borsa di studio che lo ha portato a frequentare un Master di Fashion design e Illustration in Giappone, dove ha potuto scoprire l’arte del disegno e la cultura del kimono. Daniele ha così abbracciato una nuova visione estetica, un’ottica di concepire la moda come arte, vissuta come un valore tradizionale, capace di mostrare i caratteri essenziali della società in cui viviamo. Le recenti mostre a New York, Londra e Firenze dedicate a questo giovane fashion designer, illustratore, pittore italiano, ci hanno spinto a cercare di capire quali sono le ragioni che smuovono un’artista, scoprendo che il sogno diventa realtà solo se alimentato da tanta passione.


iele Davitti -La decisione di andare in Giappone da dove parte? Ho vinto una borsa di studio, mentre frequentavo l’ultimo anno di studi al Polimoda. La direttrice del mio corso, Linda Loppa mi ha detto che avrei potuto provare un’esperienza nuova, in un posto dove non ero mai stato e questo mi avrebbe aiutato a tirare fuori il meglio di me. All’inizio ero spaventato di partire, vedevo il Giappone come una -Sei cresciuto in una famiglia di artisti e artigiani, in terra lontana, anche se mi piacevano che modo questo ti ha aiutato ad avere le idee chiare la sua cultura e l’arte, ma sono felice sul tuo futuro? di avere deciso di partire, perché Penso che questo mi abbia aiutato molto. L’arte effettivamente mi ha davvero cambiato ha sempre fatto parte di me e del mio vissuto, dal la vita. momento che sono cresciuto in una casa piena -Fare un viaggio alla ricerca di sé, lontano di musica, di sculture, in cui gli stessi mobili dal proprio paese e dalla famiglia. Pensi erano stati fatti a mano da mio nonno. Durante che sia un’esperienza necessaria per il mio lavoro mi sono reso conto che il mondo crescere anche professionalmente? dell’arte è sempre stato presente nella mia vita. Penso sia una cosa importante, che -Che cosa hai studiato? non solo gli artisti dovrebbero fare: Ho studiato all’Istituto d’arte e poi mi sono allontanarsi dalla propria zona di iscritto al Polimoda di Firenze, dove all’ultimo confort, trovarsi senza punti fermi ci anno ho vinto una borsa di studio, così nel 2008 aiuta a tirare fuori una forza ed un ho frequentato un Master in moda e illustrazione istinto di sopravvivenza che diventano al Bunka Fashion College di Osaka. Ho sempre importanti per il nostro percorso. visto la moda come espressione artistica e In Giappone ho imparato l’ordine e pensavo che fosse la mia branca, attraverso l’autosufficienza, due risorse necessarie cui potermi esprimere. Invece andando avanti che mi hanno dato lo stimolo per farcela, mi sono riavvicinato alla pittura, ma è stato un vivendo un’esperienza positiva. passaggio quasi naturale, dal momento che -Ti piace sperimentare nuove forme oggi moda e pittura si contaminano molto. stilistiche e diverse tecniche. Qual è il fil-Quanto i tuoi studi hanno condizionato le tue scelte rouge che le accomuna? stilistiche? Un elemento ricorrente sempre in tutti Lo studio della moda è alla base ed è facile miei lavori è sicuramente la linea. in notare nei miei lavori il mio background fashion. Giappone ho imparato l’importanza Mi ha condizionato molto lo studio di alcuni dell’elemento lineare, studiando la fashion designer del passato, come Mariano tecnica dell’inchiostro. Ci sono linee Fortuny, Balenciaga, Chanel di cui ammiro dipinte sui kimono, sulle stampe, le molto la personalità, il modo di vedere le cose, architetture sono linee, a differenza non solo il lavoro che hanno svolto. Nell’arte dell’Europa dove ci sono più macchie così come nella moda ci sono diversi personaggi di colore. La linea è quello che faccio, che mi hanno ispirato, non tanto per loro scelte che parta da una matita, un pennello stilistiche, quanto per l’originalità e il carattere o un filo, è l’idea che porta tutto. Nel di andare controcorrente, visibili attraverso mio lavoro si ritrova un immaginario le loro opere, come Salvador Dalì, Frida Kahlo, riconoscibile, distinto, prediligo i Egon Schiele, Klimt. Quando sono stato in colori neutri come il bianco e nero, Giappone, ho incontrato il mondo delle stampe il grigio, il beige, i tortora. Non uso il e del kimono ed è stata la fusione perfetta tra colore deliberatamente, perché penso arte e moda: ho capito che forse la mia strada che questo esprime meglio ciò che mi era quella. appartiene come artista.

LA MODA COME ARTE Daniele Davitti parla di sé

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ATLANTE


-Dopo la tua seconda collezione, hai deciso di dedicarti alla pittura e alle arti minori. Come sei giunto a questa decisione? Ho avuto modo di fare uno stage in una galleria d’arte a Firenze, dove ho imparato tanto sull’organizzazione delle mostre, degli eventi, sul rapporto con i clienti, gli artisti, il mondo dell’arte a cui sentivo di appartenere. Le arti minori si possono ritrovare in ogni cosa, prendono forma negli oggetti quotidiani, e come designer mi piace poter decidere di applicare l’arte non solo a un vestito, ma anche ad altro, come per esempio ad un mobile o un cuscino. -Il lavoro dell’artigiano, che segue la creazione di un’opera dal suo principio fino alla realizzazione è in contrasto con le logiche di mercato. Come si può difendere una figura del genere? Insieme agli artigiani di Firenze che conosco ci domandiamo se il mondo dell’artigianato sia il passato o sia il futuro. Ad oggi con economie in forte espansione, come la Cina, l’India, la Russia e con una differenza crescente fra i ricchi privilegiati ed i poveri, si notano forti differenze anche rispetto a ciò che si trova sul mercato. L’artigianato si colloca sicuramente come qualcosa di esclusivo, in cui l’unicità del prodotto e il suo know-how sono molto importanti. Se non altro è una tradizione che andrebbe sostenuta, perché in Italia l’artigianato e l’arte del saper fare è ancora presente e all’estero sono molto curiosi di conoscere mestieri e materie prime come le nostre. -Dal 2011 insegni al Polimoda “Disegno grafico e Estetica della moda”. Come fai a trasmettere la passione per questo lavoro attraverso l’insegnamento? Quando ho incominciato a insegnare avevo 24 anni ed avevo la stessa età dei miei studenti. Grazie alla direttrice del Polimoda (Linda Loppa) ho avuto la possibilità di tenere un corso iniziale di due ore, una sfida che accolsi con piacere. Mi piace molto insegnare, mi viene naturale, perché la stessa passione che sento io per l’arte la rivedo negli occhi dei miei studenti, che sono curiosi e pieni di entusiasmo. Le loro interpretazioni rappresentano per me un contributo di ritorno importante e l’insegnamento diventa un modo non per imporre qualcosa ma per alimentare l’interesse nei miei studenti. -Nelle tue opere, appaiono modelli di donna molto diversi tra loro. Per certi versi consumate dal tempo, ma sono donne che nonostante l’età, lo status sociale, l’apparenza, si mostrano con dignità ed eleganza. A quale donne ti sei ispirato?


EPILOGO

Da grafico e persona che lavora con le linee, sono attratto dal dipingere persone anziane anche perché è tecnicamente più interessante farle, ho la possibilità di lavorare i segni d’espressione. Dal punto di vista concettuale le persone anziane sono più interessanti perché detentrici della storia. Se devo rappresentare un concetto come l’esperienza, sicuramente lo esprimono meglio rispetto a come farebbe un bambino. Tra le icone che mi hanno colpito di più ci sono la Marchesa Casati un personaggio unico e molto famosa nella moda, che ha fatto della sua bruttezza la sua bellezza. Bette Davis, attrice di Hollywood che invecchiando ha acquisito maggior fascino. Un’altra donna da cui trarre sicuramente ispirazione è Cecilia Matteucci Lavarini, una signora dallo stile eccentrico e una collezionista di moda vintage, che spero di poter conoscere personalmente, perché mi è bastato vedere una sua foto per esserne piacevolmente colpito e per desiderare di poterle fare un ritratto. -Cosa ti piace di più del fashion system? E cosa invece meno? Mi piace la vastità del mondo della moda, che entra in qualunque aspetto della vita, nella nostra quotidianità, nel mondo del cinema, del teatro. Questa è una grande potenzialità perché lavorando nella moda ti trovi a contatto con tante personalità, fotografi, attori, scrittori, modelle, direttori ed è davvero stimolante. La cosa che mi piace di meno forse è il fatto che in un mondo così produttivo e che riesce a muovere tanti soldi, non si trova molto spazio per l’innovazione e la creatività. -Il tema del grottesco ricorre nelle tue opere, come un carattere singolare che descrive la società di oggi, decadente e senza valori. Come pensi che l’arte possa contribuire al risveglio della società? Io spero ancora che l’arte possa essere vista come un catalizzatore del cambiamento e un risveglio di coscienza. Gli artisti o comunque i creativi che danno un contributo in questo senso possono testimoniare, con il loro lavoro, quello che l’arte è ancora in grado di fare, come parlare dell’essere umano, con l’obiettivo di denuncia della società in cui viviamo e maturazione di stimoli positivi. L’arte e la cultura sono le testimonianze del nostro passato e dovrebbero essere valorizzate di più, anche come base di conoscenza per i giovani. -Cosa ti sentiresti di consigliare ad un giovane artista che vuole affacciarsi oggi nel mondo della moda e dell’arte figurativa? Se una persona vuole entrare in questo mondo, deve essere consapevole della scelta che sta facendo, perché può essere facile entrarci ma molto più difficile rimanerci. Andare avanti può essere una scalata, fatta anche di lavori mal pagati, promesse che non si rispettano, lavori frustranti e persone sgradevoli, puoi trovarti davanti un vero demonio, ma se la passione è così forte che ti fa andare oltre tutto questo, sei già a buon punto. La scelta va fatta con l’anima e non con la testa, perché è quello che ti darà poi la forza di continuare. Evitare di avere come obiettivo i soldi: è un errore che vedo fare a tante persone che desiderano avvicinarsi alla moda per goderne dello stile di vita agiato e ricco di possibilità. Lo studio è una prerogativa importante, che va oltre gli anni di scuola, ma che si integra nel tempo alla propria esperienza lavorativa. Leggere autobiografie, vedere le sfilate, documentarsi e sapere. Essere se stessi e sviluppare la propria personalità, senza cercare di imitare stili o altre persone. Infine vivere il proprio lavoro con passione e determinazione, perché è un lavoro che ti prende completamente, non si esaurisce nelle 8 ore di lavoro giornaliere.



RIVOLUZIONE FIORENTINA


RIVOLUZIONE FIORENTINA


OPERA TRAVIATA


VISITINA IN CHIESA


IL LUNGO INVERNO E CAPELLI CHE HAI TOCCATO


PIETRE LEGGERE


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Fashion & Art

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Capolavori da indossare QUANDO LA MODA SI ISPIRA ALL’ARTE By Enza Volpe

ai tempi dei tempi, la moda è stata da sempre considerata una vera e propria forma d’arte per le sue essenziali componenti creative, immaginative e attrattive. Ogni anno segue una corrente diversa, prendendo ispirazione da ciò che la circonda, proprio come accade nel mondo dell’arte. È possibile trovare vestiti, gonne, maglie, pantaloni e anche accessori, con stampe che riproducono le tele o le creazioni dei grandi artisti. Il connubio arte-moda riesce ad avvicinare un vasto pubblico a capolavori dimenticati o ritenuti troppo distanti dalla quotidianità. Yves Saint Laurent uno degli stilisti più innamorati dell’arte moderna e contemporanea, fu il primo che agli inizi degli anni 60 decise di dar vita ad uno dei suoi quadri preferiti del pittore Piet Mondrian. Da allora altri stilisti ci hanno riprovato e hanno trovato numerosi riscontri positivi. Dior, per esempio, si è ispirati ai maestri della pop art come Andy Warhol, riportando celebri capolavori in borse e long dress. Alexander McQueen, stilista inglese deceduto poco tempo fa, invece, si è ispirato all’arte di Bosch rivisitando il celebre “Giardino delle delizie”. Per non parlare dei stilisti che si ispirano al folklore e quindi alla cultura popolare: Dolce & Gabbana con la loro amata Sicilia. Ed ecco che improvvisamente i grandi mosaici delle chiese bizantine di Palermo e Catania diventano ornamenti e stampe per tubini e tonache dal gusto folkloristico. Un percorso analogo è stato portato avanti anche dalla casa di moda francese Givenchy, con immagini sacre in capi dal sapore futuristico e dai tessuti hitech. I celebri nudi pop ed i volti di donne di Tom Wesselman, non solo “rivivono” con la moda, ma acquistano una plasticità morbida e dinamica grazie ai tessuti e ai corpi che li indossano. Rodarte si ispira ai celeberrimi Girasoli di Van Gogh declinati su abiti diversi. Una vera e propria ossessione, mentre le sue sorelle, le sorelle Mulleavy, decidono di rivolgere lo sguardo al passato creando una collezione tutta ispirata al quadro “La notte stellata”. Per la sua ultima collezione per Jil Sander, il designer Raf Simons ha recuperato dei disegni su dei vasi di Pablo Picasso, che si rifacevano alla tradizione africana.

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Infestando Infestando U N F E S T I VA L C H E P R OM U OV E L’A R T E By Cristina Giannini

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i anno in anno diminuiscono le possibilità per tutti gli artisti di emergere e mostrare il proprio talento. In un periodo di crisi come il nostro l’Italia dovrebbe puntare sulle proprie risorse e sui talenti nazionali, dando loro la possibilità di esprimersi. Proprio partendo da questa idea e da queste basi nasce Infestado, un Festival che mette al centro la creatività di molti artisti emergenti in vari campi: musica, street-art, scrittura, fotografia, scultura, pittura e video. L’iniziativa è nata nel 2006 da un gruppo di giovani di Trescore Balneario, che con il tempo è cresciuta anche grazie alla collaborazione e al lavoro di molte persone che promuovono la cultura sul territorio, come i vari sindaci, i gestori di numerosi locali, Direttori di teatro ecc. Una volta ricevute le varie proposte, gli organizzatori con i vari partner, valuteranno quanto ricevuto per organizzare al meglio l’evento. Tutto ciò si terrà nella provincia di Bergamo, arrivando anche a Milano, per il settore musicale le tappe saranno più ampie per poter permettere alla varie band di calcare vari palchi.

L’evento centrale inizierà a Giugno, da venerdì 6 a domenica 8, presso l’Oratorio di Trescore Balneario, ed in questa occasione verranno presentate anche tutte le altre arti. Ecco, nel dettaglio, dove e quando si potranno esibire le band selezionate:: Live Club di Trezzo Sull’Adda -MI- (da Febbraio): l’eventuale esibizione avverrà come supporto a band Italiane o straniere; Edonè, Bergamo: (29 Marzo 2014) INFESTADO ELECTRIC NIGHT; Café de la Paix - Polaresco, Bergamo: (10 Maggio 2014) INFESTADO ACOUSTIC NIGHT -il locale ospiterà una serata con quattro proposte in acustico; Infestado Festival per “Gli Altri Siamo Noi” presso l’Oratorio S. Giovanni Bosco di Trescore Balneario (BG): da Venerdì 6 a Domenica 8 Giugno una tre giorni di musica, esposizioni, incontri e molto altro; Music for Emergency, Cenate Sotto -BG(Luglio): la direzione artistica, di questo festival di musica e solidarietà, garantisce un posto ad una proposta di qualità; Bum Bum Festival 2014, Trescore Balneario -BG(da Giovedì 21 a Domenica 31 Agosto): almeno 4 band, apriranno la serata a band di spessore nazionale; Infestado è un progetto ben strutturato in cui gli artisti selezionati dovranno distinguersi per la creatività, la qualità e la passione, attraverso un confronto che darà la possibilità di valutarsi, mettersi in gioco ma soprattutto crescere. Per maggiori Informazioni: https://myspace.com/infestadofestival https://www.facebook.com/infestado.page

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Contatto: infestadofestival@gmail.com



Make up Arte & Make up

D U E V O LT I D E L L A C R E AT I V I TA’ By Serena Secco

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d un occhio poco attento Arte e Makeup potrebbero sembrare due mondi che nulla hanno a che fare l’uno con l’altro, ma chi lavora nel settore della Moda sa benissimo che sono due facce della stessa medaglia. Alla base di entrambe, infatti, c’è la Creatività.Basta osservare il lavoro di un truccatore professionista per vedere quanta dedizione e studio c’è dietro ogni sua creazione. Ognuno di essi passa giorni, a volte addirittura settimane, a progettare nei minimi dettagli ogni make-up per le modelle. Il processo creativo inizia con la Facechart, un’immagine di un volto su carta dove i truccatori disegnano uno “sketch” del trucco, proprio come un artista che tiene un quaderno di schizzi. Successivamente si passa alla fase di realizzazione, in cui lo “sketch” prende forma su un vero volto, la tela di questi artisti. L’obbiettivo del MUA (MakeUp Artist) è quello di trasformare i tratti delle modelle, grazie al contouring e allo shading, dare più tridimensionalità al viso, più luce e far risaltare le caratteristiche migliori, un lavoro simile ai ritratti su commissione.Che l’arte del trucco sia simile a quella del dipingere lo si capisce guardando che in entrambi vengono utilizzati i pennelli. Da sempre ombretti e ciprie vengono applicati sulla pelle con setole morbide e setose. Anche lo stile del make-up si è evoluto come le varie correnti d’arte, in pochi decenni le mode sono state completamente stravolte: siamo passati dal trucco da pin-up, di moda negli anni ’50, ai look esagerati degli anni ‘60 e ’70, fino a quelli coloratissimi degli anni ‘80.

Invece nel nuovo millennio le passerelle più famose hanno visto l’intervento di Pat McGrath, la quale utilizza i materiali stessi delle collezioni come stoffe, perline o microcristalli per dare texture ai suoi trucchi. In alcuni casi sottolinea gli occhi con forme rettangolari o applica il rossetto in maniera da far apparire le labbra decentrate rispetto al viso. Il mondo del trucco si sta sempre più ispirando al mondo della pittura, per esempio per quanto riguarda il Body Painting. Da sempre i colori di questa arte sono molto simili agli acquerelli. La marca più famosa, infatti, si chiama Aquacolor, proprio perché il colore diventa una crema appena viene inumidito con dell’acqua, proprio come per le Chromacake di M.A.C. La stessa M.A.C., uno dei marchi leader nell’industria della cosmesi, ha appena lanciato per la sezione PRO gli Acrilici, dei colori adatti per il Face & Body Painting che hanno la stessa identica consistenza degli acrilici veri. Questi pigmenti renderanno ancora più utili le “tavolozze” che già vengono utilizzate dai truccatori per mescolare le varie tonalità di prodotti, ad esempio dei fondotinta, per ottenere il match perfetto. Un’invenzione ancora giovane ma che pian piano sta conquistando tutte le grandi appassionate del make-up, è l’Aerografo, simile a quello usato in pittura. Questo strumento funziona ad aria compressa e prevede l’utilizzo di colori liquidi che vengono “diffusi” ad effetto spray. Questo attrezzo permette di applicare fondotinta, blush e bronzer in maniera omogenea, rende più facile amalgamarli rispetto alla stesura tramite pennello. Lo stesso vale per il mondo della pittura, dove quest’oggetto è già in uso da molto più tempo. Pittura e Make-Up hanno in fondo solo diversi supporti, ma spesso si influenzano e fanno parte dello stesso mondo: l’arte.

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Vito Nesta D

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Vito Nesta

L’ a r t e d e l r e i n v e n t a r e By Angelica Grittani

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ito Nesta è un giovane designer, un illustratore progettista che negli ultimi anni si è fatto conoscere per il suo piano di lavoro di home-design “Sartoria”, una collezione con un forte richiamo alla moda. Vito è un artista dalla personalità decisa e sensibile. Pugliese di nascita, Vito è cresciuto in una famiglia di Caracas. Recentemente grazie ai suoi viaggi e ai maestri a cui si ispira, si è reso conto della componente creativa, ludica, degli oggetti; che spesso riutilizza, assemblandoli in un certo modo, e il gioco è fatto. I suoi sono pezzi unici, delle vere opere d’arte. Il progetto è una somma di tutte queste esperienze, che si fondono insieme, a partire da un’idea fugace, che prende forma come uno schizzo istintivo sul foglio, prima che si perda. Emozionare diventa la parola chiave, il fine ideale di ogni designer.



IL DESIGNER p a r l a d i s è - Pensi che l’ambiente in cui sei cresciuto abbia condizionato le tue scelte? Mia madre è nata a Caracas in Venezuela, da una famiglia italiana che negli anni Sessanta vi si era trasferita, mia nonna aveva aperto un atelier di moda e faceva la sarta. Sono stato diverse volte a Caracas, un posto totalmente diverso da quello che può essere l’Europa, e ne ho un bellissimo ricordo. - Hai viaggiato molto all’estero, visitando paesi lontani dalla nostra cultura, in che modo questa esperienza ti ha formato? Amo viaggiare e ho fatto molti viaggi, perché penso che per essere un buon artista bisogna contaminarsi, scoprire e studiare cose che un libro o una ricerca qualsiasi non ti può dare. Nel momento in cui progetto, mi ritrovo a pensare ai colori, alle immagini, agli odori dei posti che ho visto, che rientrano nel mio bagaglio culturale e riaffiorano come chiazze d’olio, ricordi di luoghi o oggetti che hanno catturato la mia attenzione. - Dove hai studiato e in cosa ti sei specializzato? Ho sempre avuto le idee chiare su quello che sarebbe stato il mio percorso di studi, ho uno spirito profondamente artistico. Ho frequentato l’Istituto d’arte e dal 2000 al 2006 ho avuto la possibilità di essere allievo di un grande artista, Pasquale Guastamacchia, che ha lasciato un segno nell’arte degli anni ’60 ed è stato a sua volta allievo di Venanzo Crocetti, importante scultore italiano. Essendo uno dei suoi allievi favoriti, ho imparato l’arte dell’osservare e del creare; lo feci partendo dal recupero di oggetti. Mi sono poi iscritto alla facoltà di Disegno Industriale dell’Università di Firenze, una laurea triennale, ma molto utile anche a farmi conoscere altri artisti, architetti e personaggi influenti, come Simone Micheli, Gianni Veneziano, docenti dell’università. Dopo la laurea ho iniziato a fare alcuni viaggi, una costante della mia vita, e per un paio d’anni sono stato a Londra, ma volevo tornare in Italia con un progetto di “made in Italy”. Sono venuto a Milano, dove ho iniziato a fare dei progetti personali, fino ad arrivare al progetto “Sartoria”.

- La tua collezione di home design “Sartoria” rappresenta alcuni oggetti legati a una tradizione popolare ma in particolare alla tua infanzia. Cosa ha significato per te reinterpretarli? Dopo la prima pubblicazione su Marieclaire, diverse persone mi hanno contattato personalmente per acquistare la collezione. Addirittura una signora mi disse di aver ritagliato la foto del ditale (inDITO ndr) e di averla tenuta in un cassetto, perché le ricordava il ditale che usava la nonna per cucire. Sapevo di aver raggiunto il mio obiettivo: quello di raggiungere le persone con un’emozione. Inoltre gli elementi della collezione (ditale, bottoni, matasse, filo e ago), oltre ad essere oggetti di design, da usare a tavola come vasi, piatti, sale e pepe, sono elementi riconducibili al mondo della moda e sono stati molto apprezzati anche dalle persone del mestiere. Il colore pop conferisce quel significato di gioco legato all’infanzia e ai ricordi di cui voglio fare portatrici le mie opere. - C’è qualcuno o qualcosa da cui trai particolare ispirazione per le tue opere? Tradizioni, sapori, persone, luoghi, insomma viaggi e ricordi. Nel lavoro “Sartoria” per esempio il ricordo di mia nonna è molto sentito, in altri lavori ho voluto si sentisse la mia “pugliesità”. C’è una persona che stimo e seguo con estrema passione: Paola Navone, designer internazionale di cui mi piacerebbe raggiungere anche solo un decimo del suo percorso. - Cosa è davvero importante per te in un oggetto? L’aspetto funzionale o l’aspetto emozionale? La funzione per un oggetto è importante, necessaria, anche se differisce dallo scopo originale. Di oggetti che ci emozionano, che mantengono il loro valore nel tempo, ce ne sono pochi. Io personalmente adoro la sedia Dar (realizzata dall’azienda Vitra) le cui gambe riprendono la base della Torre Eiffel, trovo che sia una seduta unica, perchè oltre ad essere la prima in plastica, tra le milioni che esistono in commercio riesce a emozionarmi davvero.

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- Quali sono gli attrezzi fondamentali del tuo mestiere? Il disegno è una passione per me, faccio anche l’illustratore. Non rinuncio a carta e penna Bic nera, poi se ci sono delle matite colorate meglio. Per me è importante trasportare su carta un’idea nel momento in cui mi viene in testa, in questo sono stato un po’ condizionato da Carmelo Bene, per cui l’idea nel venire trasportata, anche solo messa a parole si perde. Quando vedo qualcosa che mi interessa, che colpisce la mia attenzione sento subito il bisogno di trasmettere l’idea, di raccontare e di trasferirla su carta, non importa la forma, si tratta di uno schizzo, un semplice gesto di penna. - Come prende vita un tuo progetto? C’è qualche legame tra i disegni e i progetti che realizzi o sono soltanto illustrazioni? Se devo disegnare e progettare dei bicchieri disegnerò dei bicchieri, sono una traslazione dell’idea che mi è venuta in mente, mentre alcuni disegni nascono come una semplice esercitazione manuale, senza nessuna filologia progettuale, più che altro frutto della fantasia e sono più legati all’arte. I miei disegni li tengo in una cartellina, aspettando di vedere cosa succede: potrei regalarli, venderli o forse perderli. Potrei decidere di farci una mostra; da un progetto congelato può nascere qualcosa di nuovo totalmente diverso, oppure il disegno si concretizza e prende forma, in seguito a una correzione grafica di misure, proporzioni, materiali e modifiche per renderlo poi l’oggetto finale. - Il tuo rapporto con la tecnologia? Quanto è utile e in che modo influisce nel tuo lavoro? Penso che le abilità artistiche difficilmente vadano di pari passo con le abilità tecnologiche. Sono molto legato al pezzo di carta e alla penna e per questo poco abituato a usare il computer, perché è lontano dalla mia logica di lavorare, di concepire un progetto. Per portare a termine un progetto c’è però bisogno sia dello schizzo preparatorio, sia del disegno tecnico. Nel caso in cui bisogna mostrarlo a un’azienda sarà necessario realizzare un ‘rendering’ che racconti al meglio il progetto. Quando invece vado in laboratorio dall’artigiano con i miei disegni, riesco a spiegare anche con le mie parole cosa voglio ottenere. - Ti hanno soprannominato “mago dell’upcycling”? Ti senti d’accordo con questa definizione?




Prima di Sartoria ho realizzato degli oggetti, nati dall’incontro tra una molla di ammortizzatore e un disco d’aratro, trovati per caso d’estate in un autodemolitore in Puglia, mentre recuperavo cose che mi ispiravano, le rimettevo a nuovo, saldandole diventavano oggetti di design. Come il “Mollino”, sgabello con la molla o “Medusa”, nata da un disco d’aratro e degli isolatori dei pali d’alta tensione che terminano con bicchieri in vetro. L’upcycling è un riciclo di oggetti che hanno finito un percorso di vita e ne stanno iniziando un altro. - In una recente intervista l’artista Jeff Koons ha dichiarato: “Il più grande desiderio per un artista è quello di capire come tutto funzioni, l’arte è un esercizio di libertà”. Cosa ne pensi? L’arte in effetti è molto importante, non c’è futuro senza arte. Si vive di emozioni, di sensazioni, di qualcosa che ci stupisca, se tutto questo non ci fosse ci si limiterebbe a svolgere azioni quotidiane, come alzarsi la mattina, lavarsi la faccia, andare al lavoro e poi infine a coricarsi. Invece credo che l’arte in tutte le sue sfaccettature che sia la moda, il design, la pittura, la poesia è un qualcosa che serve per andare avanti e più si conosce ciò che l’arte ci può dare e più si raggiunge la libertà. - Cosa consiglieresti a un designer che inizia oggi questo lavoro? Si tratta di difendere un sogno e purtroppo la vita di un progettista non è vita facile, è un lavoro molto complesso. Non basta più pensare ad un progetto, ma bisogna sapersi gestire economicamente, saper vendere la cosa nel giusto modo, saper fare altri mille lavori alternativi. Consiglio di avere piedi ben saldi, evitando i colpi di testa: non desiderare di raggiungere subito la fama, perché nell’arco di un attimo si perde. E’ un discorso legato al percorso, si diventa famosi per le scelte che si fanno a lungo termine. Meglio raccontarsi piano piano, attraverso un progetto per cui ne valga davvero la pena, con cose che ti premiano e che ti fanno andare avanti per la tua strada. Tra le difficoltà, c’è da dire che assistiamo a una sorta di inversione nelle aziende: se prima cercavano artisti e designer che portassero nuovi progetti e creatività, oggi queste stesse aziende sono piene di progetti, di persone che vorrebbero disegnare per loro, per cui iniziano a fare una scrematura, a pensare a chi farlo fare, la firma dell’oggetto spesso porta una garanzia piuttosto che scegliere il designer alle prime armi. - Qual è secondo te la migliore vetrina per un designer? Mostre, fiere, riviste di settore, internet? Penso che le riviste, le pubblicazioni danno un ritorno d’immagine importante. Sulle riviste l’oggetto si racconta e si inizia a creare l’informazione. Logicamente bisogna possedere un portfolio, la raccolta personale dei lavori e dei progetti di un designer, è importante per farsi conoscere. Anche attraverso internet si riescono a coinvolgere tante persone, a condividere il proprio lavoro e a suscitare interesse. Nelle fiere si va più per vendere: sono dettate da uno spirito commerciale oltre che d’immagine.





Creativity “La creatività è senza dubbio la risorsa umana più importante. Senza creatività non ci sarebbe progresso e ripeteremmo sempre gli stessi schemi.” Edward De Bono

La creatività è viva anche oggi

Nel periodo di crisi che il nostro paese con il resto dell’Europa sta attraversando si potrebbe pensare che il settore della creatività sia stato intaccato, in realtà, è uno dei settori che conosce ugualmente sviluppo e innovazione, perché funge da stimolo al superamento di periodi neri e di stallo. In Italia le condizioni di ogni artista sono messe a dura prova principalmente per due motivi. Da un lato la struttura interna del mercato dell’arte si trova frammentata in tante professionalità diverse, questo fa si che non si possa avere una rappresentanza sindacale alla pari di molti altri settori. Dall’altro lato, un problema che riguarda molte altre tipologie di lavoro deriva dal nuovo imperativo di risparmiare al massimo sui costi aziendali. Nonostante questo, in Italia la creatività non può dirsi spenta, ma anzi risulta una delle eccellenze che il nostro paese possiede a differenza di molti altri. Il Made in Italy è riconosciuto ed elogiato in tutto il mondo per la capacità di creare prodotti che solo l’ingegno italiano può progettare, ed è l’unico in grado di rispettare determinati standard di qualità che altri paesi disconoscono e invidiano. Secondo il Rapporto 2013 di Unioncamere - Fondazione Symbola, sono due milioni gli italiani attivi nella filiera creativa che producono il 5,8% del Pil nazionale solo nell’industria culturale, per un valore di 80,8 miliardi di euro. In un mercato così ampio e con così tante difficoltà, come può un artista creativo emergente riuscire a farsi conoscere? Il web 2.0 è solo uno di quegli strumenti che negli ultimi anni hanno stabilito nuove regole di comunicazione e di mercato; oggi questi diventano mezzi unici ed indispensabili per farsi notare. Mostrare qui le proprie opere serve ora ad intraprendere la strada del successo. Nessuno ha detto sia facile, ma di certo vale la pena tentare



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