15 maggio 2009
n.30
veritĂ egiustizia La newsletter di liberainformazione
DIRITTI NEGATI
L’Analisi
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siste il rischio che le organizzazioni di stampo mafioso possano approfittare dell’attuale crisi per acquisire il controllo di aziende in difficoltà, con un’invasiva presenza in tutte le regioni del Paese”. L’allarme è stato lanciato da Giorgio Napolitano, nel corso della festa della polizia. Un allarme che è insieme un richiamo, il più autorevole finora giunto dalle massime autorità della Repubblica, contro la colpevole sottovalutazione di un fenomeno che si è finora diffuso nel silenzio di chi a livello politico pur rappresenta gli interessi nazionali e nell’indifferenza dell’opinione pubblica. Perché in realtà le mafie sono già fortemente radicate in tutti i territori, fondendosi attraverso il riciclaggio in ogni ramo dell’economia e della finanza cosiddetta “legale” e oltretutto dilagando in Europa. Il richiamo del capo dello Stato è stato subito raccolto dal procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, dal Presidente di Assoindustria Sicilia, Lo Bello e dai magistrati impegnati in prima linea, che nel rapporto annuale della DNA hanno già documentato quanto sia grande il rischio di un’ulteriore espansione degli interessi criminali di fronte alla devastante crisi economica. “Tutto autorizza a ritenere – scrive nella relazione il PM Alberto Cisterna – che l’attuale crisi finanziaria ed economica, destinata ad aggravarsi nei prossimi mesi, possa rappresentare una ghiotta occasione per l’arricchimento delle mafie”. La previsione si fonda sulle crescenti difficoltà in cui versano tante imprese, sulla pressoché illimitata disponibilità di denaro liquido frutto dei traffici di droga, che non conoscono ostacoli anche nei periodi di recessione e insieme sulla contestuale difficoltà delle banche a
L’EDITORIALE di Roberto Morrione concedere mutui e prestiti a imprese e a privati. Ed è nelle fasi di emergenza che lo Stato interviene con massicci sostegni pubblici, che alimentano conseguentemente gli appetiti mafiosi, favoriti – sono parole della relazione della DNA – “nel sistema di potere economico e politico”. Ciò significa oltre tutto per molti commercianti e piccoli o medi imprenditori l’allargarsi parallelo della porta d’ingresso dell’usura, che diviene presto per chi vi entra una infernale via senza uscita, se non a costo di subire prima o poi il ricatto mafioso fino alla cessione obbligata dell’impresa o del negozio. Un richiamo, dunque, di straordinaria portata, ma che non ha avuto la eco e le risposte che meritava. Dopo la striminzita cronaca di un giorno, il sistema dei media ha taciuto o non ha approfondito l’analisi, con pochissime eccezioni, immerso piuttosto nella infinita “querelle”, pur densa di significati, fra i coniugi Berlusconi. Né vi è stata reazione da parte del premier e del suo governo, tesi invece attraverso il
disegno di legge sulla sicurezza a rassicurare un’opinione pubblica spaventata per la precarietà del presente e l’incertezza del futuro, cercandone il consenso elettorale attraverso i feticci del blocco dell’immigrazione “clandestina”, del consolidarsi di misure repressive nei confronti di chi, spinto dalla fame e dalle persecuzioni, arriva in Italia dopo mille peripezie e a rischio di perdere la vita in mare, della grottesca regolarizzazione delle ronde cittadine. Un obiettivo di immagine e di populismo cieco, ben concentrato nella definizione berlusconiana di una Italia che non deve diventare “multietnica”. Una definizione profondamente errata che contraddice insieme la realtà già consolidata, come la convenienza economica e sociale della crescita del Paese, ponendosi fuori del contesto globale ed europeo dei paesi sviluppati, fino a incoraggiare moralmente l’estendersi del razzismo, della xenofobia, dell’intolleranza verso il “diverso”. E’ doppiamente ripugnante e inaccettabile che le barche dei disperati siano costrette dal ministro Maroni a respingere verso disumane condizioni di vita e in molti casi verso torture e morte centinaia di uomini, donne, bambini, che sperano solo in un asilo e in un futuro vivibile, mentre signori in colletto bianco si impadroniscono indisturbati dei gangli vitali dello sviluppo e della democrazia del Paese nell’indifferenza generale, ma con non poche complicità proprio da parte del sistema di potere che si dice geloso custode della sicurezza nazionale. Fino a suscitare anche le proteste della Conferenza Episcopale, forse sensibile alla vistosa contraddizione di un governo italiano che si dice vicino all’insegnamento e ai dettami della Chiesa, mentre
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veritàegiustizia
infrange ogni giorno basilari precetti di umanità e di solidarietà cristiana, proprio nel momento in cui il Papa porta in Medio Oriente e nel mondo islamico quel concetto di “multietnicità” e di dialogo invece negato dal demiurgo italiano… E fra gli enormi problemi sollevati dal richiamo del capo dello Stato, balza in primo piano il rischio incombente delle infiltrazioni mafiose nella ricostruzione dopo il terremoto in Abruzzo. Se valutiamo che il fatturato complessivo delle mafie – secondo prudenziali calcoli Eurispes – si aggira in non meno di 130 miliardi di euro e che ammontano ad almeno 44 miliardi di euro i fatturati della sola ‘ndrangheta calabrese, la ricostruzione dell’aquilano terremotato, con un decreto dalle cifre ancora assurdamente variabili, ma che non supera gli 8,5 miliardi di euro, risulta pericolosamente esposta, come un boccone prelibato, piccolo quanto appetibile. Sono soprattutto i subappalti, previsti dal decreto fino al 50 % della categoria in questione, in deroga alla normativa generale degli appalti pubblici che prevede un tetto massimo del 30%, a rappresentare il campo più esposto, considerando che il movimento terra e il mattone costituiscono uno dei terreni battuti dovunque da camorra e ‘ndrangheta. Il controllo da parte del pool di magistrati costituito dalla DNA di Grasso, ma ancor più la vigilanza dei sindaci e delle amministrazioni, a loro volta tallonate dai comitati e dalle associazioni a cui cominciano ad appoggiarsi le popolazioni colpite, sarà decisivo. Purchè il governo mantenga gli impegni così vistosamente presi e non si limiti al teatrino fra le rovine dell’Aquila al quale hanno finora dato vita il premier e la successiva processione di potenti, distraendo magari l’opinione pubblica con l’improbabile impresa organizzativa del G 8. Noi, per quello che possiamo fare, staremo molto attenti, ma ciascuno, per la sua parte di responsabilità, non dimentichi il monito del Presidente della Repubblica.
Il punto di Pierpaolo Romani
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ra qualche settimana milioni di italiani si recheranno alle urne per rinnovare i loro consigli comunali e provinciali. In vista di questo importante appuntamento della democrazia italiana, Avviso Pubblico insieme al Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace e i diritti umani, alla Tavola della pace, a Libera, Strada Facendo, Gruppo Abele, Cnca ha redatto un documento intitolato “Costruiamo la città dei diritti umani”, che è stato presentato ufficialmente in una conferenza stampa a Roma lo scorso 7 maggio. “Per uscire dalla crisi bisogna ripartire dalle città” è l’incipit del documento, che prosegue affermando che “è nelle città che possiamo trovare gli strumenti per affrontare insieme le difficoltà del nostro tempo e coltivare la speranza in una vita migliore per tutti”. Avviso Pubblico e le altre associazioni proponenti il documento chiedono a tutti i candidati alle prossime elezioni amministrative di porre al centro della loro azione politica le persone che vivono nella città, anche temporaneamente, di considerare i loro bisogni fondamentali, di promuovere e salvaguardare l’interesse generale della comunità, di mettere in pratica i principi contenuti nella Costituzione italiana e nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Tutto questo richiede capacità e disponibilità all’ascolto, la promozione di una cultura della partecipazione, della responsabilità e della trasparenza, il contrasto deter-
minato a qualsiasi forma di illegalità, alla corruzione, all’infiltrazione mafiosa nella politica e nella pubblica amministrazione. Esempi di questo modo di intendere la politica e l’amministrazione di una comunità in Italia non mancano, anche se spesso non fanno notizia. Vediamone alcuni. Il Comune di Polistena (Rc) ha deliberato di costituirsi parte civile in tutti i procedimenti per mafia, estorsione ed usura accaduti sul suo territorio e sta mettendo in atto una politica di microcredito per contrastare la diffusione del fenomeno usuraio. Il Comune di Gela ha favorito la nascita dell’associazionismo antiracket ed ha redatto uno specifico regolamento per contrastare l’infiltrazione mafiosa nel sistema degli appalti pubblici. Il Comune di Lamezia Terme (Cz) ha approvato un regolamento che prevede l’esenzione dal pagamento delle tasse comunali per dieci anni per tutti coloro che denunceranno episodi di estorsione ed usura. I Comuni di Niscemi (Cl) e Follonica (Gr) hanno siglato un patto di amicizia e legalità che prevede tra l’altro lo scambio di buone prassi amministrative e gemellaggi tra giovani delle scuole. Il Comune di Galliera (Fe), infine, il 30 aprile scorso ha conferito la cittadinanza onoraria a tutti i giovani presidenti delle cooperative del circuito Libera-Terra. Sono esempi di una politica responsabile, forte, coerente, quella per cui altri amministratori come Pio La Torre, Renata Fonte, Marcello Torre, hanno pagato con la loro vita. Non dimentichiamolo.
Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico
Il passato che ritorna MONI OVADIA intervista a
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l Ddl Sicurezza è senz’altro il manifesto del nuovo atteggiamento del Governo rispetto alle politiche sui migranti e intanto in diverse parti d’Italia alcuni Sindaci assumono atteggiamenti di esclusione nei confronti degli stranieri regolari e non. Intanto, alla data dell’11 maggio sono giunti in Libia, tra Twescha, a 35 chilometri da Tripoli e nel la stessa Capitale, ben 389 migranti e in questi giorni circa 70 hanno lanciato l’SOS da un barcone e si aggiungeranno, con ogni probabilità, all’elenco della vergogna. Abbiamo chiesto a Moni Ovadia, artista e compositore, nonché uno dei più prestigiosi e popolari uomini di cultura della scena italiana, se ritiene inevitabile questa deriva xenofoba. Sulle politiche d’immigrazione, il Capo del Governo afferma che “La sinistra era ed è quella di un’Italia multietnica: la nostra idea non è così” e poi dichiara “noi siamo contro la xenofobia”. Ma l’Italia non è già un Paese Multietnico? L’Italia è guidata da un governo reazion-
ario e populista che mira a seminare pani- Loro sono il passato che ritorna e ci riescono perché si trovano davanti co e demagogia, che segue le logiche della vecchia ditta- un’opposizione pavida. tura reazionaria, quelle che mirano non a Senza Berlusconi il centro destra non governare ma a dominare senza controlli. rimarrebbe al governo nemmeno un giorEmana le leggi razziali di chi comanda no in più, perché è legato ad un uomo, olsenza Parlamento. È una vecchia storia tretutto privo di cultura. Quanto sta accadendo con i respingimenti che puzza di marcio. La xenofobia è una logica che si ripete, il è un atto indecente di malvagità mentale. loro atteggiamento è comprensibile per- Chi respinge è prima di tutto un uomo che ché questi esponenti di governo vengono non ha sentimenti di umanità. dal fascismo. Finché ci saranno loro sarà inevitabile. Anche Fini l’ha capito che Abbiamo visto diverse reazioni negli se si vuole garantire il futuro bisogna ultimi giorni. L’Onu, la CEI, il mondo delle associazioni e lo prendere le distanze stesso Fini ha preso da loro. Ma non è Viviamo in un paese in cui c’è le distanze dalla lininevitabile, quando finirà l’ubriacatura di un solo editore di riferimento, e ea leghista del Presidente del Consiglio. quest’epoca verranno inghiottiti dalla spaz- chi non lavora p er quell’editore Anche l’opposizione si è lanciata in un zatura della storia. fiume di dichiarazIl panorama di oggi pensa che lo farà molto presto lo vedo malaccio. Ma ioni, inneggiando al sono un uomo lungirazzismo ed inveendo mirante, essendo di cultura ebraica posso contro questo Governo. Bastano queste vedere indietro anche di 4000 anni e sono reazioni per fare un’opposizione? sicuro che di Berlusconi non rimarrà nulla. È solo un ego ipertrofico con il parruc- Le reazioni non bastano a fare una vera opposizione, bisogna prepararsi alle elezichino.
oni con lo spirito di costruire una vera alternativa attraverso un’opposizione ferma. Deve vincere la logica per cui bisogna curare il sintomo per prevenire la malattia. Bisogna criticare quelli che dialogano con questi metodi di governo, è necessaria un’opposizione senza quartiere in ogni momento. Finché questo governo non verrà cacciato saremo costretti ad aspettare che arrivi la loro sconfitta epocale. La speranza è Barack Obama. Noi siamo in controtendenza e andiamo verso la vergogna. I nostri politici dovrebbero essere determinati e dire basta alla retorica e al politichese per dire le cose come stanno e cioè che siamo governati da gente malvagia. Bene, il disegno politico di governo è fin troppo chiaro. Ma gli italiani, per come li hai conosciuti tu, sono consapevoli di vivere in un paese multietnico? Come trovi gli italiani? C’è una vasta parte di italiani che non conosce la cultura istituzionale del paese. Se la gente fosse colta e preparata non avrebbe mai scelto Berlusconi. Al tempo del governo D’Alema, quando chiesi a un mio
amico quali fossero le azioni di governo che non lo convincevano, mi rispose che non sopportava i suoi baffetti. È questa la cultura politica degli italiani in questa fase, perché nessuno ha provveduto alla loro educazione istituzionale. Uno Stato dovrebbe obbligare la gente a diventare cittadini, in Italia c’è un vizio di forma della democrazia: il voto è uguale, segreto e libero ma non è consapevole. Sarebbe fondamentale un rilancio dell’educazione e della scuola pubblica, la materia più importante dovrebbe essere lo studio della Costituzione e della Carta dei Diritti Universali dell’Uomo. Se tu educhi, ne seguirà che chi ha studiato avrà nelle fibre la Costituzione e il Diritto Universale e nessuno potrà raccontargli quello che oggi ci racconta Berlusconi. Altrimenti lo Stato, se non educa, distribuisce appalti, corruzione e tangenti. . C’è quindi un problema dell’Informazione nel nostro Paese? Se parliamo delle responsabilità dell’informazione dobbiamo pensare che viviamo in un paese in cui c’è un solo editore di riferimento, e chi non lavora
per quell’editore pensa che lo farà molto presto. A queste condizioni i coraggiosi si riducono enormemente perché la gente ha famiglia e ha bisogno di lavorare. In un paese anglosassone le cose andrebbero di sicuro diversamente e questa situazione non avrebbe lunga vita. Basterebbe che tutte le televisioni trasmettessero in prima serata, ogni sera, informazione sulle leggi nazionali e internazionali. Che svolgessero un ruolo di formazione e informazione sui nostri valori etici, politici e sociali di riferimento. La scena odierna lascia indubbiamente disorientati. Moni Ovadia, se incontrasse oggi “la ragazza dalle guance di pesca e d’aurora”, cosa si sentirebbe di dirle, cosa c’è oggi “Oltre il Ponte”? Oltre il ponte c’è un futuro, questo futuro è pieno di luce e la luce va tirata fuori spazzando via le tenebre. Abbiamo conosciuto periodi peggiori come il fascismo e ne siamo comunque venuti fuori.
Dai territori Lombardia ECOMAFIE PER L’EXPO Il rapporto annuale di Legambiente sulle ecomafie e un’inchiesta condotta da Rainews24 hanno messo in luce la presenza in territorio lombardo di un consistente traffico illecito di rifuti e di un forte interesse delle aziende a dotarsi di rapidi e poco costosi impianti di smaltimento. Su questo fanno leva alcune cosche, pronte a inserirsi negli appalti pubblici in vista dell’Expo del 2015, che potrebbe trasformarsi in un affare colossale per la ‘ndrangheta che opera a Milano.
Calabria I CALABRIA, SCOPERTO UN ARSENALE NELLA PIANA DI GIOIA TAURO Un’operazione della Polizia di Stato ha consentito, lo scorso 13 maggio, l’arresto di due persone e la scoperta di un deposito di armi, nascoste in un fondo agricolo nei pressi di Gioa Tauro. Secondo gli inquirenti, il sequestro dell’arsenale potrebbe aver sventato il rischio di una ripresa dello scontro fra le cosche Piromalli e Mole’, il cui conflitto apre una stagione criminale in Calabria.
Campania L’AGRO CAMPANO DEVASTATO DALL’ABUSIVISMO EDILIZIO Un tempo oasi del pomodoro San Marzano, l’Agro sarnese-nocerino è oggi un territorio stravolto dallo sregolato sviluppo industriale degli anni Cinquanta e Sessanta che ne ha compromesso l’assetto idrogeologico. La provincia di Salerno è al primo posto in Italia per i reati ambientali, ma solo raramente le indagini si concludono con le demolizioni degli edifici abusivi, complici gli interessi della criminalità organizzata nella speculazione del cemento.
Sicilia CINISI RICORDA PEPPINO IMPASTATO A trentuno anni dall’omicidio del giovane militante di sinistra, ucciso dalla mafia per il suo impegno civile, si è celebrato a Cinisi il Forum sociale antimafia con l’obiettivo di rafforzare il fronte della lotta alla criminalità organizzata. Molti i temi d’attualità affrontati nelle quattro giornate della manifestazione, che ha visto anche la presentazione di due testi che attraverso linguaggi diversi restituiscono la cifra dell’impegno di Impastato.
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Internazionale
Tempi di crisi? Non per le mafie L
a crisi economica, sviluppatasi in tutta la sua virulenza sul finire del 2008, è nata dal fallimento di un sistema finanziario totalmente deregolamentato. La gravità della crisi risulta dalle ripercussioni di transazioni finanziarie speculative sull’economia reale, danneggiandola pesantemente. “Hedge funds”, “private equity”, “investment bank”, “merchant bank”, e tutta una variante di operazioni finanziarie deregolamentate, hanno causato il collasso del sistema finanziario con conseguenze durissime sul sistema economico. Il passaggio da una crisi “virtuale”, che ha intaccato la finanza, ad una crisi “reale”, che ha colpito l’economia, è evidenziato dal fallimento di grandi gruppi bancari, dalla mancanza di liquidità e dal successivo tracollo di grandi gruppi industriali,
con ripercussioni sull’occupazione e sulla stabilità sociale. Nel tentativo di bloccare l’emorragia, i vari governi stanno cercando soluzioni rapide e il più possibile “indolori”. L’ultimo G20, svoltosi i primi di aprile a Londra, ha deciso di attaccare frontalmente i paradisi fiscali e i centri finanziari offshore, nel tentativo di intercettare l’enorme flusso di denaro che “evade” le tassazioni dei singoli paesi. Alcuni governi, tra cui il nostro, stanno studiando una normativa per il rientro dei capitali in patria, il cosiddetto scudo fiscale. Misure, queste, che puntano ad intercettare soldi liquidi da iniettare nel sistema economico. Tuttavia esistono delle considerazioni che devono essere affrontate nel merito per evitare conseguenze spaventosamente rovinose. Nei paradisi fiscali e
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nei centri finanziari off-shore si calcola che transita il 50% dei flussi finanziari globali, una cifra pari a 10.000 miliardi di dollari, di cui due terzi derivanti dall’evasione fiscale, il 31% da traffici illeciti, ed il restante dalla corruzione. In questi centri, dunque, si trovano soldi “sporchi”, talmente sporchi che si può parlare di inversione dell’onere della prova per i capitali che vi sono depositati: per definizione possono essere definiti frutto di illeciti fino a prova contraria. Inoltre, va ricordato che evasione fiscale e riciclaggio di denaro sporco sono due fenomeni intrinsecamente connessi. Riciclaggio ed evasione, infatti, nascondono sia la fonte che l’ammontare di profitti illecitamente acquisiti. Quindi, se diamo per pacifica la natura criminale dei capitali presenti nei paradisi fiscali e nei centri off-shore, perché provenienti da attività di riciclaggio, evasione e corruzione, sarebbe auspicabile un’azione di controllo, sanzione e sequestro da parte delle autorità giudiziarie. L’abolizione dei paradisi fiscali, e la conseguente scomparsa delle stringenti norme sul segreto bancario, renderebbero tracciabili i profitti illeciti e sanzionabili i capitali evasi al fisco. L’ipotesi dello scudo fiscale, già attuato in Italia dal secondo governo Berlusconi, renderebbe irrintracciabile la provenienza illecita dei capitali evasi, favorendone il rientro per il tramite di agevolazioni fiscali allettanti. Lo scudo rischierebbe, in questo modo, di far rientrare in Italia un’enorme quantità di denaro di provenienza ignota capace di influenzare considerevoli settori dell’economia del nostro paese. In base ai dati del Ministero dell’economia si calcola che il patrimonio espatriato dall’Italia sia di 600 miliardi di euro, e che con lo scudo fiscale possa rientrare una somma pari a 60 miliardi di euro da tassare con un’aliquota del 7 o 8%, con entrate per l’erario statale tra i 2 ed i 4 miliardi di euro. Quindi si riverserebbe sul mercato un flusso di 56 o 58 miliardi di euro frutto, lo ricordiamo, di attività di evasione fiscale, riciclaggio di denaro sporco e corruzione. Si aprirebbe la porta all’invasione dell’economia legale da parte dei gruppi criminali, primi fra tutti le mafie. Non era proprio questa la preoccupazione del Capo dello Stato nel suo monito sulla possibilità delle mafie di approfittare della crisi per rafforzarsi? Non va in questa direzione l’allarme lanciato da Sos Impresa nel rapporto sulle mani della criminalità sulle imprese?
Dossier Lazio
Fondi storia
di una guerra annunciata
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’è una criminalità ricono- a un allargamento del raggio d’azione il conseguente controllo del settore del Spiragli di apertura nel contrasto narcos sciuta, oggetto di cronaca, dei clan casalesi, sarebbe un pensiero ai turismo; e poi Fondi, sede del secondo nominata come tale; c’è la tutto sommato rassicurante. Il Lazio è mercato ortofrutticolo d’Italia, quello In Usa prezzo cocadicontinua camorrail campana, la ‘ndran- della la patria d’adozione Enea, la regio- che a ha ilscendere monopolio su alcuni prodot-
gheta calabrese, la mafia siciliana. E poi c’è una realtà senza nome che ha ormai in mano il controllo di un territorio intorno al quale ruota un giro d’affari vertginoso; un’organizzazione che gestisce direttamente il ciclo del cemento e dei rifiuti, che decide l’assegnazione degli appalti senza indire apposite gare; che brucia, minaccia e spara. Ma che soprattutto gode di un privilegio assoluto: il silenzio. La Quinta Mafia laziale, infatti, pur essendo un fenomeno con caratteristiche estremamente delineate che ne disegnano la specificità all’interno del panorama criminale, continua a vedere misconosciuta la propria autonomia. Si preferisce continuare a parlare di generiche infiltrazioni, quasi inevitabili vista la prossimità del Sud pontino alle terre di camorra. Perché se anche Nettuno, Fondi, Formia o Latina fossero teatro di episodi come quelle raccontati in Gomorra, attribuirli soltanto
ne che ospita la Capitale, non il terre- ti, gestisce le importazioni di frutta dal no d’incubazione di un’organizzazione Sudamerica e rifornisce i mercati genecriminale ramificata e capace di inva- rali romani, con un bacino d’utenza di dere tutti i settori dell’economia, forte quatto milioni di persone. Non solo, ma di appoggi politici non più qualificabili la zona della piana fondana è di stratecome ‘concorso esterno’ e con l’obiet- gica rilevanza anche per l’edilizia vitivo di mettere le sta la presenza delle mani su Roma. Così cave di breccia, mapuò essere somma- Succede così che proprio a Fondi teriale impiegato – riamente descritta la si stia combattendo una guerra insieme alla sabbia – Quinta Mafia, forse per molti aspetti simile a quella nella composizione di Secondigliano, ma dietro meno sanguinaria di del cemento. Succela quale si muovono interessi altre, ma certo altretde così che proprio a incomparabilmente più grandi Fondi si stia combattanto ambiziosa. tendo una guerra per A fare gola agli immolti aspetti simile prenditori e ai politici che compongono a quella di Secondigliano, ma dietro la questa potente associazione è in primo quale si muovono interessi incompaluogo la Capitale, paradiso della specu- rabilmente più grandi. L’escalation di lazione edilizia e piazza storica del nar- violenze che ha fatto registrare qualcocotraffico, il luogo dove si decidono le sa come cinque incendi dolosi in poco sorti del Paese. Ma la strada per Roma più di una settimana è indice del fatto è costellata di tappe intermedie: il lito- che la situazione è ormai fuori controlrale pontino, da assicurarsi attraverso lo: approfittando dell’incertezza per la cotruzione di strutture alberghiere e uno scioglimento del Consiglio Comu-
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nale che non arriva, i clan stanno dan- è talmente potente da non aver più bido vita a uno scontro per il controllo sogno di ricorrere alle alleanze con la del territorio. A fronte di questo stato politica perché in grado di scendere in di cose, il Consiglio dei Ministri riuni- campo direttamente con la candidatura tosi lo scorso 5 maggio ha preso una di suoi esponenti. posizione molto chiara, optando per la non-decisione in merito allo scio- È questa la caratteristica che distingue glimento del Comune di Fondi, la cui la Quinta Mafia da tutte le altre, querichiesta era stata avanzata più di otto sta sua spiccata coloritura economica e mesi fa, corredata da politica che è indice Un’organizzazione criminale una dettagliata reladell’avvenuto supeautoctona, non importata, che zione del Prefetto di ramento della fase Latina Frattasi che è talmente potente da non aver delle infiltrazioni, più bisogno di ricorrere alle illustrava le cominiziata quarant’anni provate infiltrazioni alleanze con la politica perché orsono ed esauritasi mafiose in seno al in grado di scendere in campo con il passaggio a un Consiglio. Perché? direttamente con la candidatura nuovo livello, quello di suoi esponenti Che senso ha rifiuche non necessita di tarsi di adottare un referenti politici perprovvedimento che solo potrebbe offri- ché li elegge, che non versa tangenti re un riscontro concreto alla battaglia perché interviene direttamente nell’asche la magistratura antimafia sta com- segnazione degli appalti, che non si battendo da sola? Le ragioni del silen- serve di giornalisti corrotti perché conzio della politica vanno ricercate in ciò trolla un quotiano, ‘Il Territorio’, dalle che significherebbe sciogliere il Comu- cui pagine porta avanti una campagna ne di Fondi. Vale a dire, ammettere che mediatica contro il Prefetto e i maginel Lazio, a una manciata di chilometri strati che cercano di contrastarla. Il tutda Roma, esiste un’organizzazione cri- to sullo sfondo di elezioni amministraminale autoctona, non importata, che tive che non faranno che confermare lo
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status quo, senza che nessuna voce si levi a denunciare come la legalità venga sistematicamente calpestata a beneficio di quanti hanno interesse a che il controllo di un volume d’affari immenso resti saldamente nelle loro mani. Con il silenzio-assenso di una politica che si è autoassolta da qualsiasi responsabilità, a Fondi si prepara la guerra. Lo sgombero degli immobili di Ernesto e Angelo Bardellino (rispettivamente fratello e nipote del più celebre Antonio, considerato il capostipite del clan dei casalesi e ucciso in Brasile nel 1988 in circostanze rimaste oscure), disposto dall’Agenzia del demanio in seguito alla sentenza della Cassazione, difficilmente non darà luogo alla risposta della criminalità. E allora – come conferma il coordinatore di Libera Latina, Antonio Turri – ci si aspetta qualcosa di molto grave. Quel che non possiamo fare a meno di chiederci è se anche di fronte al sangue la politica potrà continuare a chiudere gli occhi e tacere.
I media ne parlano
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afie, banche e riciclaggio. Paradisi fiscali nati su tanti, ma tanti soldi lasciano da decenni molti interrogativi aperti. A sollevarli la puntata di Report “Il re è nero” lo scorso 10 maggio. “Le tasse si evadono perchè sono troppo alte o sono troppo alte perchè si evadono?” con questo interrogativo la conduttrice di Report Milena Gabanelli- introduce in studio l’inchiesta di Paolo Mondani che questa settimana è andata a frugare all’estero pur restando dentro i confini della penisola, raccontando che fine fanno le imprese italiane, le banche e i soldi “neri” del mercato mafioso quando a due passi da casa nostra le regole che limitanto l’ingresso e la circolazione di capitali non identificati, semplicemente cessano di valere. In Italia la legge sul riciclaggio non viene applicata come dovrebbe, è lettera morta da anni, ma c’è. In Europa anche. In mezzo, stretti fra la legalità interna dei propri ordinamenti giuridici e l’inadeguatezza internazionale delle leggi sulla trasparenza bancaria, troviamo paradisi fiscali come quello messo in piedi dalla Repubblica di San Marino. L’inchiesta di Report parte da una notizia di cronaca piuttosto silenziata dagli altri media italiani. Il 3 maggio scorso nella tranquilla costiera romagnola, su ordine della procura di Forli, scattano le manette per 5 persone e ben 35 vengono indagate, tutte fanno parte del gruppo Delta e della Repubblica di San Marino. I reati ipotizzati sono associazione a delinquere finalizzata all’attività bancaria e finanziaria - abusiva in Italia. La banca coinvolta nell’indagine “Delta” è la più antica della Repubblica di San Marino quella - in sostanza - che in questi anni ha deciso e guidato il mercato finanziario san marinese. E’ un crack giudiziario ed economico di un sistema e di uno Stato. In Italia la notizia è lasciata a poche righe di agenzia che parlano di riciclaggio, Report ci spiega invece le conseguenze sull’economia italiana e legale di questo “paradiso nero” a due passi da casa nostra. L’elenco degli arrestati e indagati è di per se il segnale di quanto in alto abbia colpito l’inchiesta della procura di Forlì, all’inteno infatti ci sono i nomi di Gilbelto Ghiotti, presiente della Cassa di Risparmio di San Marino, Paola Stanzani, amministratrice delegata di Delta, Luca Simoni, direttore generale della Cassa di Risparmio, Gianluca Ghini, direttore generale di Carfin SA (la finanziaria della Cassa di
Se il re è
NERO Risparmio) e Mario Fantini amministratore delegato della Cassa di Risparmio e presidente di Delta. La Delta non è italiana ma è a maggioranza sammarinese in questa inchiesta i pm avrebbero scoperto che il movimento di soldi originati in Italia, nazione in cui operava il gruppo Delta (che ha sede a Bologna) vanno a San Marino, poi tramite assegni o contanti tornano in Italia sul conto degli stessi soggetti. Detassati e lavati. Nel gennaio 2008 un’altra operazione della magistratura aveva fatto arrestare presidenti e amministratori i due banche, la Asset di San Marino e la Banca di Credito e Risparmio di Romagna. Anche questa volta banche italiane venivano usate per fare, abusivamente, raccolta di denaro fra imprenditori italiani e risparmiatori romagnoli.
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Una repubblica di 61 km quadrati per 31 mila abitanti, 12 banche e 59 finanziarie. Questa è San Marino, Stato stretto fra le province di Rimini e Pesaro, isola felice per imprenditori italiani che vogliono fare profitti senza la pressione fiscale vigente in Italia. Paradiso illegale di capitali di indubbia provenienza. Nella Repubblica di San Marino fra il 1999 e il 2007 il prodotto interno lordo ha avuto una impennata da mercato asiatico - commenta il giornalista di Report. Ci sono 6 mila imprese, in maggiornaza italiane, e le banche sanmarinesi nell’utlimo anno hanno raccolto sino a 14 miliardi di euro. La magistratura italiana indaga. Le mafie da tempo hanno individuato - come testi-
gente in Italia, non posso fronteggiare. Un danno all’economia e alla libera concorrenza ma anche un “cavallo di Troia” per l’ingresso di capitali neri nel mercato legale dell’economia. Un caso su tutti lo racconta Report per spiegare il sistema sammarinese ed è quello della Karnak, società che si occupa di materiale di cancelleria per uffici. La Karnak batte tutti sul mercato italiano ed è - come si evnince dall’inchiesta di Report - in sostanza una azienda di San Marino operante in Italia. Dunque regime fiscale san marinese e prezzi stracciati sul mercato italiano.
moniano alcune intercettazioni telefoniche fra boss - questo paradiso fiscale come “lavatrice” silenziosa e quasi franca nella quale ripulire il denaro sporco proveniente dalle attività criminali sul territorio italiano. Mentre alcuni anni fa gli stessi vertici del sistema bancario sammarinese non volevano sentir parlare del problema, nell’inchiesta di Report, davanti alle telecamere, arrivano le prime ammissioni. “E’ verosimile - dichiara il segretario agli esteri di San Marino, Antonella Mularoni - che denari che non dovevano passare da questo Paese perchè sono denari che provengono dalla malavita organizzata, abbiano invece trovato questo paese come transito, anche per fare investimenti di vario tipo”. Investimenti di “vario tipo” favoriti dalla mancanza di regole che limitino come accade in
Italia il segreto bancario, che consentano la trasparenza delle aziende negli appalti pubblici come avviene in Italia con il certificato antimafia, e che permettano in sostanza di rintracciare la provenienza e la destinazione del denaro. Come scatole cinesi invece imprese italiane da anni contengono al loro interno maggioranze sammarinesi - sono delle “controllate” del sistema fiscale di San Marino. Questo crea un vantaggio per la Repubblica da un lato (in termini di quantità di ingresso dei capitali nella nazione) e per l’imprenditore italiano dall’altro perchè può distribuire sul territorio prodotti o servizi ad un prezzo concorrenziale che le altre imprese italiane, regolari e sottoposte al sistema fiscale vi-
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San Marino dunque paradiso fiscale, ma non solo. Fra la Repubblica di San Marino e quella italiana non esiste una dogana. Qualche ora di appostamento della Guardia di Finanza ai confini indefiniti delle due repubbliche traccia una radiografia amara del “passaggio” di auto, denaro e quant’altro senza che alcun controllo regolare e sistematico venga effettuato. Considerato il paradiso che dall’alra parte si affaccia anche per la criminalità organizzata e straniera quel confine mancato potrebbe diventare la porta d’ingresso delle mafie, dei loro capitali, del contrabbando e del commercio illegale. L’inchiesta passa la parola più volte ai resposabili istituzionali e finanziari della Repubblica di San Marino ma le risposte restano vaghe e su posizioni difesensive. Come dire - questo Stato è sovrano decide della politica come dell’economia e offre un pacchetto fiscale proporzionato alle esigenze del sistema tutto. A San Marino si punta a diventare come il Liechtenstein, si diceva, dunque per le altre vicende non c’è spazio. Qui il credo si chiama società anonime e segreto bancario ma un organismo del Consiglio d’Europa ha decretato San Marino “paese a rischio”. Un rischio che a giudicare dalle numerose inchieste su riciclaggio e mafie è già realtà. San Marino regna sovrana su tutto. Sceglie e decide delle sue politiche finanziarie, in deroga alle leggi internazionali. E la mafia e i suoi sostenitori questo lo sanno. In attesa che l’Italia e l’Europa se ne occupino, Report scrive ancora una volta una pagina di servizio pubblico nel silenzio generale dei media nazionali che nella stessa settimana si occupano del divorzio del premier e delle feste di una diciottenne in buoni rapporti con il presidente del Consiglio. Verrebbe da dire: è’l’agenda dei media, bellezza!
Recensioni Per non morire di mafia
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tondo del giovane Grasso, emozionato, preoccupato, ma assolutamente convinto della propria strada nel momento della nomina di giudice a latere del maxi processo.
La scelta fondamentale è quella di affidarsi a una forma particolarmente generosa come quella dell’intervista autobiografica, delegando le domande e la custodia di un fil rouge a Alberto La Volpe , già direttore del Tg2 e conduttore del programma Lezioni di Mafia, ideato con Giovanni Falcone poco prima del suo assassinio. Proprio il giudice palermitano ucciso nella strage di Capaci è uno dei fulcri che il giovane Grasso incontra alle origini della propria scelta di occuparsi di criminalità organizzata: il maxi processo a Cosa nostra degli anni Ottanta fu per l’attuale procuratore antimafia un momento decisivo dal punto di vista personale e professionale. Ne esce un ritratto a tutto
Grasso rievoca l’incontro con Falcone e Borsellino, i tentativi di delegittimazioni, fino ai particolari anche simpatici che costellano il lato organizzativo di un processo che per a prima volta vedeva la mafia dietro alle sbarre. L’esperienza di Grasso copre la storia di Cosa Nostra, passando dal maxiprocesso alla strategia eversiva dell’ala militare, per giungere all’epoca Provenzano. Un modo per narrare dei cambiamenti di comportamento di Cosa Nostra e della scelta di adottare una strategia di invisibilità che di certo, sottolinea Grasso con fermezza, non significa scomparsa o sconfitta della mafia. “Per non morire di mafia” non è quindi solo un diario ma anche un’invocazione a non sottovalutre il problema e ad attivarsi civilmente. Infatti, il procuratore Nazionale, dopo un’attenta analisi non solo della presenza di Cosa Nostra ma anche delle altre fortissime mafie autoctone italiane, ‘ndrangheta in primisi, ribadisce la necessità di tenere ben presenti le problematiche e le potenzialità di un progetto antimafia che deve parlare, discutere di mafia e infine reagire. Per non pagare in futuro i silenzi di questi giorni, capaci di raf-
’ingresso di Pietro Grasso in magistratura risale al 1969. Quarant’anni, da quando 24enne dopo l’uditorato a Palermo venne nominato pretore di Barrafranca (Enna) fino ai giorni nostri e alla posizione ancora ricoperta di Procuratore nazionale antimafia. Difficile far rivivere l’intensità di queste quattro decadi, soprattutto se il comune denominatore di tutti questi anni è stato quello della mafia. Tuttavia Grasso tenta di affidare la sua vita professionale, i suoi ricordi di uomo di legge e di Stato a un libro che, pur gravoso di quasi trecento pagine, risulta scorrevole e facile da approcciare.
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forzare la simbiosi tra mafia, economia e potere. E rilancia ancora una volta una cultura della legalità che non sia solo semplice osservanza di leggi e regole ma «un sistema di principi, di idee, di comportamenti che deve tendere alla realizzazione della persona, della dignità dell’uomo, dei diritti umani, dei principi di libertà, eguaglianza, democrazia, verità e giustizia come metodo di convivenza civile». Modi di non morire di mafia che oggi esistono nel nostro paese, nell’associazionismo, nella responsabilità civile di chi da anni si mette in gioco; Grasso li sottolinea e rilancia con loro un grande stimolo a tutta la cittadinanza italiana. Per non sottovalutare, per non far passare sotto silenzio.
Pietro Grasso, Alberto La Volpe PER NON MORIRE DI MAFIA Edizioni: Sperling&Kupfer 297 pp EURO: 18,00
Rubriche Antimafia online http://www.grandangolo-online.it/
Storie dall’isola Mentre in quasi tutta la Sicilia c’è aria di rinnovamento, di primavere più o meno alle porte, in alcune province della Sicilia la bella stagione tarda ad arrivare. E’ il caso della provincia di Agrigento, ancora lontana dalle novità antimafia del capoluogo. A raccontare questa provincia da anni il giornale Grandangolo diretto da Franco Castaldo. Da poche settimane l’esperienza cartacea è approdata su internet. Le storie d’inchiesta, di provincia, della Sicilia e della mafia adesso sbarcano al di là dello stretto e si interfacciano con le storie d’Italia, fra immigrazione e comitati d’affari. Da poco on line la redazione di Gran-
dangolo annuncia già alcune novità, sul quotidiano e sul portale. «Dopo aver svelato il patto “tra gentiluomini” tra l’attuale ministro della Giustizia, Angelino Alfano e l’ambientalista Giuseppe Arnone, finalizzato alla cacciata dalla Giunta municipale di Agrigento presieduta da Aldo Piazza, di un assessore mai sfiorato da indagini di qualunque genere - dichiara Castaldo - in questo numero si dà conto del contratto, scritto e certo, come afferma Giuseppe Arnone, tra l’ambientalista e gli editori di Teleacras, ossia i padroni, insieme a Giuseppe Burgio, del centro commerciale Moses». «Si tratta di Enza Pecorelli e del marito, il
geometra Giovanni Miccichè, già titolare dell’Impresem, insieme al mafioso Filippo Salamone. In buona sostanza - continua Castaldo - Arnone e gli editori di Teleacras nonché proprietari del centro commerciale Moses, hanno stretto un patto: niente citazioni per danni per l’emittente tv in cambio di spazi autogestiti da mandare in onda sull’emittente di PecorelliMiccichè. Le reazioni sulla vicenda sono finite su internet e Grandangolo ne dà ampiamente conto». E non solo. «Grandangolo - conclude Castaldo - racconta come è maturato il pentimento di Beniamino Di Gati, sofferto e complicato. Poi, spiega come la mafia
La rassegna stampa In queste settimane Lagambiente ha presentato il rapporto Ecomafie 2009. Il business dei reati ambientali arrivato ormai a 20,5 miliardi di euro, ha fatto notizia sia a livello nazionale che locale. Troviamo infatti diversi approfondimenti sulle singole regioni che si trovano in testa nella classifica dei territori maggiormente toccati da questo fenomeno. È il caso della Campania che ancora una volta detiene il primato assoluto, quello del Lazio che ha visto un incremento nel numero dei reati e della Calabria che è al top per quanto riguarda le zoomafie.
Settimane importanti anche per le operazioni antimafia, soprattutto in Sicilia dove il processo Mare Nostrum ha portato finalmente alla richiesta di 27 ergastoli per i maggiori esponenti della mafia tirrenica. Arriva al primo grado invece l’operazione sorriso , ovvero le intromissioni degli interessi della criminalità in alcuni servizi dell’Ente fiera e nei lavori per i cimiteri della città di Messina. Ed è stato preso a Siracusa in un negozio di abbigliamento un latitante di San Luca nella Locride, ricercato per spaccio di droga, rapina e ricettazione. Operazioni importanti anche in Calabria dove è stato
scovato nel bunker di casa il latitante Salvatore Coluccio, boss di Gioiosa Jonica, narcotrafficante con appoggi in Canada e Stati uniti. Ancora di droga si parla con un maxi sequestro effettuato dalla polizia. Le auto imbottite di hashish e cocaina correvano sull’asse LocridePalermo. La Puglia ha invece visto in manette 16 agenti della stradale, un’associazione a delinquere parallela finalizzata a concussione ambientale e falso ideologico. Non controllavano carichi e documenti dei mezzi di varie ditte, guadagnando 40.000 euro in tre anni.
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transnazionale italo-canadese ha messo le mani sul ponte di Messina.Ed ancora articoli pregevoli sul Parco della valle dei templi, sul Consorzio universitario, sulla sanità in Sicilia ed un’arguta riflessione politica di Agostino Spataro». Oltre la Sicilia, oltre Agrigento, alla scoperta dello zoccolo duro della mafia.
Articolo 3
Italia,stampa a libertà condizionata Il rapporto Freedom House 2008 indica un declino delle libertà esprimibili a mezzo stampa nel nostro Paese
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Presidente del Consiglio, e nella sempre maggiore pervasività delle organizzazioni criminali nei gangli vitali dell’economia legale.
Analizzando lo stato delle libertà a livello globale,continua il processo di erosione nei paesi non baltici dell’ex Unione Sovietica; in Medio Oriente si assiste ad una situazione di sostanziale stallo, quindi di sostanziale negazione delle libertà, con realtà preoccupanti come quelle di Gaza. Si evidenzia un trend negativo globale delle libertà di espressione, di informazione e dello stato di diritto. In Grecia e in Italia si registra un declino delle libertà civili. Un declino preoccupante, condizionato nel nostro paese dall’eccessiva concentrazione di potere mediatico nelle mani del
I paesi parzialmente liberi sono 62, il 32% del totale, circa il 20% della popolazione mondiale. In questa categoria rientrano tutti quelli che hanno un rispetto limitato per i diritti politici e le libertà civili, una corruzione radicata ed ampia, un debole stato di diritto, un partito politico dominante, anche se formalmente inserito in un sistema plurale, che esercita un controllo invasivo sui media.
’ stato pubblicato il rapporto sullo stato delle libertà nel mondo stilato da Freedom House. Come ogni anno, l’organizzazione statunitense mette in luce i trend mondiali, con particolare attenzione alla libertà di stampa. Nel 2008 è confermato, in linea generale, un declino mondiale delle libertà. Particolarmente preoccupante la situazione italiana: l’Italia, nel rapporto sullo stato delle libertà evidenzia un declino generalizzato, mentre, nello specifico delle libertà di stampa viene declassata nel novero dei paesi parzialmente liberi.
Freedom House distingue tre differenti tipologie di paesi in base al rispetto delle libertà: paesi liberi, parzialmente liberi e non liberi. Nella prima tipologia rientrano tutte le realtà dove esiste una competizione politica aperta, un clima di rispetto per le libertà civili, una vita civile indipendente e una stampa libera. Sono 89 su un totale di 193 i paesi ritenuti liberi, anche se all’interno della categoria esistono differenti posizioni, o “rank”.
I paesi non liberi, 42, il 34% della popo-
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lazione mondiale, sono quelli in cui le libertà vengono sistematicamente negate. L’Italia, pur restando tra i paesi liberi, ma scivolando in quelli parzialmente liberi nello specifico della libertà di stampa, si trova in una fase di declino. La libertà di informazione, come buona parte delle libertà costituzionalmente garantite, stanno subendo uno “svuotamento” progressivo. Il decreto sulle intercettazioni telefoniche (2° lodo Alfano) ed il controllo politico sulla Rai ne confermano l’andamento. Ai tentativi di censura corrispondono anche comportamenti di autocensura. Molti giornalisti, nel timore di scontrarsi con il direttore, di fronte alla minaccia di vedere compromesso il posto di lavoro, non fanno fino in fondo il proprio dovere. Tanti altri, al contrario, mantengono la “schiena dritta”. Minacce, pressioni, querele, sono tra gli strumenti utilizzati per mettere a tacere l’informazione libera nel nostro paese. Sono undici i giornalisti uccisi dalle mafie, moltissimi quelli minacciati, posti sotto scorta, oppure dimenticati. Per dare sostegno ai giornalisti “a rischio” sta nascendo OSSIGENO, l’Osservatorio sull’informazione giornalistica e sulle no-
tizie oscurate, promosso dalla Federazione Nazionale della Stampa e dall’Ordine dei Giornalisti, in collaborazione coni Libera Informazione, Articolo 21 e Unione Nazionale Cronisti. Preoccupa la concentrazione del potere mediatico nelle mani di una sola persona, soprattutto quando quest’ultima è anche capo dell’esecutivo. La Rai sta, irrimediabilmente, perdendo la sua autonomia. Notizie scomode che riguardano Berlusconi o il suo governo vengono spesso ignorate. Esemplare è il caso della sentenza Mills e il modo in cui è stata trattata dai telegiornali del servizio pubblico. Si è data notizia della condanna del corrotto, Mills, sorvolando di informare sul corruttore, Berlusconi, oppure non si è approfondito sul per-
ché la posizione processuale del Premier è stata stralciata. Altrettanto preoccupanti sono le notizie sulla gestione del terremoto in Abruzzo: lunghi servizi sulle visite di Berlusconi senza entrare nel merito delle azioni del governo, sulla reale entità dei fondi per la ricostruzione o sulle promesse di “rinascita” delle aree terremotate. Anche le libertà civili stanno subendo un processo di erosione: il diritto di asilo politico riconosciuto dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e sancito dalla nostra Costituzione è sistematicamente violato dalle pratiche di rimpatrio coatto dei migranti. Folle di disperati che fuggono da paesi in guerra, governati da regimi autoritari, vengono respinti dal nostro paese e rispediti in Libia, in campi di
IV festa pizzo free 15 - 16 Maggio
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accoglienza che somigliano sempre più a dei lager. Infine, le organizzazioni criminali italiane stanno rafforzando il proprio predominio sull’economia, approfittando delle disattenzioni della classe politica e della crisi dilagante. Un monito lanciato dal Presidente della Repubblica nel vigilare contro le infiltrazioni mafiose nel sistema economico legale è quasi caduto nel vuoto, mantenendo nei fatti vive le preoccupazioni del declino delle libertà civili nel nostro paese. Mafie, informazione “pilotata”, concentrazione del potere mediatico e politico, corredate dall’indifferenza della società sono il presupposto per pericoli ben più consistenti per la nostra democrazia.
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oudem Tv e Libera, Associazioni, Nomi e Numeri contro le Mafie iniziano una collaborazione volta ad approfondire i temi di cronaca legati al contrasto della criminalità organizzata e all’antimafia civile.
Informazione e mafie
Dopo il primo frutto di questo accordo è “I 900 nomi”, un documentario sulla memoria delle vittime innocenti di tutte le mafie, dedicato al ricordo dei 900 nomi delle vittime innocenti accertati ora una nuova iniziativa prende vita. “Cento passi” il titolo del programma televisivo che a cadenza settimanale si occuperà delle tematiche care alla legalità e all’antimafia. La prima puntata andrà in onda il 29 maggio e sarà focalizzata sulle infiltrazioni mafiose in terra d’Abruzzo soprattutto all’indomani dello spaventoso terremoto che ha distrutto l’aquilano. La conferenza stampa di presentazione del programma si terrà a Roma il prossimo 29 ,maggio. Servizi sul posto, dibattito in studio e intertviste, approfondimenti ad hoc sulle attività dell’associazione Libera, il format vuole accendere un riflettore costante sulle tematiche della legalità. All’informazione spetta il compito di non disperdere la memoria e la conoscenza di questo aspro cammino di legalità e di impegno civile, scuotendo l’indifferenza e la estraneità di parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni, denunciando contiguità e complicità che si fanno sistema e aggrediscono la democrazia e le prospettive di sviluppo del Paese. Per questo – continua Morrione- Libera Informazione ritiene essenziale un rinnovato impegno di giornali e radiotelevisioni, per assicurare la continuità dell’informazione, al di là delle cosiddette emergenze e col-
mare i vuoti e i ritardi dei grandi media pubblici e privati. La collaborazione che inizia con Youdem, come con altri media, è dunque molto positiva e sarà un’ esperienza aperta, per consentire non solo a Libera, ma alle associazioni, alle fondazioni, ai gruppi e ai volontari che in diversi contesti combattono le mafie di tenere accesa la luce sui percorsi di legalità e di giustizia.
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Per Walter Verini, direttore di Youdem, la collaborazione con Libera rappresenta un impegno concreto nei percorsi di legalità e la continuità con i valori fondanti della testata che dirige. Maggiori approfondimenti nei prossimi giorni sul sito di Libera Informazione (www.liberainformazione.org).
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