Verità e giustizia n.95

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n.95 4 ottobre 2012

veritĂ egiustizia

La newsletter di liberainformazione

LA TASSA OCCULTA


>>editoriale

Subito la legge anticorruzione, ma senza cedimenti

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essuno sconto, nessuna mediazione è possibile nella lotta alla corruzione, così come nella lotta al riciclaggio ed alle mafie. La convenzione di Strasburgo parla chiaro: la corruzione deve essere sradicata. Quindi il Ddl sulla corruzione in discussione al Parlamento non deve essere svuotato da mediazioni che ne mortificano i contenuti. Nonostante l’impegno, la coerenza e la serietà del ministro Severino, oggi in Parlamento ci sono forze che frenano la riforma e l’attuale Disegno di Legge rischia di non diventare la norma che tutti gli italiani onesti si aspettano per eliminare veramente la corruzione. Mentre, viceversa, questa legge deve diventare un trampolino di lancio di una vera lotta alla corruzione che ogni anno si mangia ben più di quel 3% del Pil italiano, cioè di quei 60 miliardi di Euro denunciati dalla Corte dei Conti. Non è tollerabile una società che ruba a sé stessa,impoverendo soprattutto quelle fasce più deboli della popolazione, sottraendo opportunità di sviluppo delle persone che faticano a vivere e che hanno più bisogno di lavoro, servizi sociali, investimenti nella cultura e nella scuola. Nel Disegno di legge in discussione al Parlamento ci sono alcune “luci” importanti,ma purtroppo anche delle “ombre”: è importante infatti che sia individuata una autorità nazionale anticorruzione che vigila sulla amministrazione pubblica. Ma questo istituzione deve essere po-

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di Don Luigi Ciotti tenziata e finanziata per non restare una mera dichiarazione di intenti. E’ positivo il diritto alla trasparenza ribadito nel Ddl anticorruzione come “accessibilità totale e facilitata”. Ma il diritto alla trasparenza in Italia è poco applicato e va dunque non solo dichiarato, ma chiaramente incentivato:la legge deve liberare ogni possibilità di controllo sugli atti pubblici da parte dei cittadini e dell’informazione, creando le condizioni e gli strumenti per poterlo fare. Il Ddl predispone poi la tutela dei cittadini che denunciano la corruzione e gli illeciti, ma questo diritto deve essere effettivo e veramente tutelato dalla legge, altrimenti le denunce pubbliche sarebbero poche, difficili, trasformando il civismo della denuncia in atti isolati addirittura colpevolizzati. Al contrario, invece, la denuncia dei cittadini è fondamentale per smascherare quei legami tra corruzione e mafie che si sono rinsaldati negli anni, legando la criminalità organizzata ed i cosiddetti “colletti bianchi” della classe dirigente corrotta. E’ poi positivo che si prevedano, nella legge Severino, pene severe,fino alla carcerazione, anche per la corruzione in imprese private. Ma le ombre appaiono subito, nel Ddl, già all’articolo 8 che si limita a delegare ad un futuro governo, dopo quindi le prossime elezioni, un Testo Unico sulla incandidabilità a cariche pubbliche, politiche e societarie, delle persone condannate con sentenza definitive. Il Ddl attuale di fatto non si fa carico di questa fondamentale riforma.

Nella legge si deve subito prevedere l’esclusione dei condannati da qualsiasi carica elettiva pubblica! Le deleghe di riordino sono state troppo spesso disattese e non attuate. L’altro aspetto negativo nel Disegno di Legge in discussione,riguarda la visione ristretta del limite riformatore: cioè, pur aumentando le pene per la corruzione, resta difficile dimostrare la corruzione con prove certe perchè non vengono reintrodotti i reati come,ad esempio,il falso in bilancio che favorirebbero le indagini e l’accertamento degli atti corruttivi. Di conseguenza, se è quasi impossibile dimostrare il reato di corruzione, l’aumento delle pene diventa un inasprimento di facciata. Nonostante questi punti negativi, il Ddl Severino DEVE essere comunque approvato: ma, diciamo con forza, senza quelle mediazioni che impedirebbero di sradicare il fenomeno corruzione in Italia. Su questi temi non si fanno sconti e non sono accettabili compromessi. Serve un cambio di passo delle politica che torni ad essere veramente servizio al bene comune. Serve una più incisiva forma di cittadinanza che vuol dire responsabilità individuale e corresponsabilità collettiva. Serve la forza concreta dei fatti. Se il Ddl Severino passasse con incongruenze, alcune delle quali qui segnalate, significherebbe dimostrare d’esser sordi al grido di 1 milione e 200mila cittadini che con la petizione al Capo dello Stato del 2011, hanno chiesto la piena applicazione della Convenzione dell’Unione Europea per la lotta alla Corruzione.


Fra gli strumenti che colpiscono la libertà di stampa, insieme con le intimidazioni ai cronisti, c’è l’uso strumentale della legge sulla diffamazione, con esose richieste di risarcimento danni in sede civile, senza alcun rischio per il querelante. Un’arma in grado di annientare iniziative editoriali, scoraggiare e intimidire singoli giornalisti, impedire di far luce su oscure vicende di illegalità e di potere.

Per usufruire di consulenza e di assistenza legale giornalisti e giornaliste possono: Inviare una e-mail all’indirizzo:

sportelloantiquerele. roma@libera.it

Per non lasciare soli i cronisti minacciati

che siano in grado di dimostrare la loro buona fede e la loro correttezza, Federazione Nazionale della Stampa, Associazione Stampa Romana, Ordine Nazionale e regionale dei giornalisti, Unione Cronisti Italiani, Libera, Fondazione Libera Informazione, Articolo 21, Osservatorio Ossigeno, Open Society Foundations hanno deciso di costituire uno sportello che si avvale della consulenza di studi legali da tempo impegnati in questa battaglia per la libertà di informazione.

Telefonare al numero :

06/67664896-97

inserendo in oggetto la specificazione “sportello antiquerele" verità e giustizia - 4 ottobre 2012

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>> dossier

La corruzione inquina l’ambiente Estratto dal dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” a cura di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico

Numeri, storie e volti di un fenomeno che ruba al nostro Paese circa dieci miliardi di euro del prodotto interno lordo ogni anno. L’analisi di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico nel dossier corruzione “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” presentato il 1 ottobre alla Federazione nazionale della stampa

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a corruzione non impoverisce soltanto l’economia del Paese e i bilanci delle famiglie, ma rappresenta una minaccia devastante per l’ambiente in cui viviamo. Sempre più spesso, infatti, attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusivismo edilizio, magari “rivestito” con il rilascio di concessioni illegittime, sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici e rappresentanti politici, funzionari incaricati di rilasciare autorizzazioni o di effettuare controlli. Ma lo stesso discorso vale perla gestione di discariche autorizzate o la realizzazione

di opere pubbliche. I numeri parlano chiaro: dal 1 gennaio 2010 al 30 settembre 2012 sono state1.109 le persone arrestate in Italia nelle 78 inchieste relative ad episodi di corruzione connessi ad attività dal forte impatto ambientale. Le inchieste analizzate hanno riguardato il ciclo illegale dei rifiuti (dai traffici illeciti agli appalti per la raccolta e la gestione dei rifiuti fino alle bonifiche); il ciclo illegale del cemento (dall’urbanistica alle lottizzazioni, dalle licenze edilizie agli appalti pubblici); le autorizzazioni e la realizzazione di impianti eolici e fotovoltaici; le inchieste sulle grandi opere, le emergenze ambientali

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e gli interventi di ricostruzione. Accanto alla corruzione, sono stati contestati reati che vanno dall’associazione a delinquere finalizzata al traffico di rifiuti al riciclaggio, dal falso in atto pubblico all’omicidio colposo, dalla truffa aggravata alla frode nelle pubbliche forniture, dall’incendio alla violazione dei sigilli. La “corruzione ambientale”, nel senso del suo impatto sul patrimonio naturale,sul territorio e sul paesaggio, è un veleno che attraversa il Paese: sono 15 le regioni coinvolte nelle inchieste, con 34 procure impegnate, omogeneamente distribuite tra Nord (13), Centro (11) e Sud Italia (10). Il dato disaggregato per

aree geografiche evidenzia da un lato il “primato”, per numero di arresti, delle regioni dell’Italia Nord Occidentale (esattamente 442, pari al 39,9%) e dall’altro l’incidenza rilevante delle regioni a tradizionale presenza mafiosa(Campania, Puglia, Calabria e Sicilia), con 409 ordinanze di custodia cautelare pari al 36,9% del totale nazionale. Un numero che dimostra quanto sia stretto il legame tra corruzione e mafie. La Calabria guida la classifica nazionale per numero di persone arrestate (224),seguita da Piemonte (210) Lombardia (209), Toscana (154) e Campania (130). Il maggior numero d’inchieste, invece, si è concentrato


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La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese

N Attività illegali come il traffico illecito di rifiuti o l’abusivismo edilizio sono accompagnate da un sistematico ricorso alla corruzione di amministratori pubblici in Lombardia (15)seguita a pari merito, con 8 inchieste ciascuna da Calabria, Campania eToscana. Colpisce, tra i tanti, il dato relativo all’Abruzzo, che occupa il quinto posto della classifica nazionale per numero d’inchieste (7), a pari merito con la Sicilia, e con 44 arresti si colloca al sesto posto, subito dopo la Campania, in quella relativa alle ordinanze di custodia cautelare. Un dato che riflette i gravi fenomeni corruttivi che hanno interessato anche la ricostruzione post terremoto de L’Aquila. La corruzione in campo ambientale produce, accanto alla gravità di questi numeri, serie conseguenze per la sicurezza e la salute dei cittadini:

dalle opere pubbliche realizzate con il “cemento depotenziato”, come ospedali, scuole eviadotti, che passa i controlli grazie all’uso di tangenti, ai “ripristini ambientali” delle cave trasformate in discariche abusive di rifiuti, com’è emerso, solo per fare un esempio nell’inchiesta “Mazzettus” della Direzione distrettuale antimafia di Napoli, fino alle false bonifiche (come nel caso dell’inchiesta della Procura di Milano sull’area ex Montedison di Santa Giulia). Ma fenomeni corruttivi accompagnano spesso anche i fenomeni illeciti lungo la filiera agroalimentare, dalle truffe all’acceso ai fondi comunitari.

umeri, storie e volti di un fenomeno che ruba al nostro Paese circa dieci miliardi di euro del prodotto interno lordo ogni anno. L’analisi di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico nel dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” è stata presentata il 1 ottobre alla Federazione nazionale della stampa. «La corruzione nel nostro Paese è un cancro le cui metastasi si sono allargate in modo generalizzato. Invasivo. Silenzioso. Difficile da debellare. Che uccide moralmente e fisicamente. Una Tangentopoli infinita, che cambia aspetto e si rigenera anno dopo anno». Così descrivono questo fenomeno le tre associazioni che da tempo chiedono una legge anticorruzione e pene più severe per questi reati. Il dossier è scaricabile dal sito di Libera e Libera Informazione e nasce, dopo la raccolta di un milione di firme della campagna “Corrotti”, dalla ricerca che il professor Andrea Vannucci ha condotto su questo fenomeno. Lo studio è contenuto nel libro “Atlante della corruzione” e fotografa un reato sempre presente da Tangentopoli ad oggi e che ha contaminato la politica, l’economia e la società civile. A seguire e a lato alcuni paragrafi del dossier che si occupano dei dati che riguardano corruzione che inquina l’ambiente, le istituzioni e che genera vittime dirette e indirette, senza che davvero qualcuno paghi per questo reato ormai depenalizzato. Per un fenomeno spesso connesso a quello mafioso e strumento di penetrazione dei clan nel tessuto socio economico nel Nord del Paese.

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La corruzione uccide Estratto dal dossier “La tassa occulta che impoverisce e inquina il Paese” a cura di Libera, Legambiente e Avviso Pubblico

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ra le molte vittime della corruzione bisogna annoverare anche quelli che pagano con la vita o con la salute l’arricchirsi di funzionari pubblici a libro paga dei corruttori. Si pensi, ad esempio, a burocrati e politici corrotti che accaparrandosi risorse destinate ad aiuti umanitari e investimenti nel settore sanitario (acquisti di medicinali e apparecchiature, assunzione e istruzione di personale medico, etc.) contribuiscono a deteriorare la qualità dei servizi erogati.

Tutti ne scontano le conseguenze, ma anche in questo caso ad avere la peggio sono i più indifesi, specie nei Paesi in via di sviluppo. È stata dimostrata una forte correlazione tra il tasso di mortalità infantile – riferito a bambini fino a 5 anni – e la diffusione della corruzione, misurata attraverso l’indice di percezione di Transparency International. Una stima molto prudenziale conduce a ipotizzare che «circa l’1,6 per cento dei decessi di bambini nel mondo possa essere spiegata dalla corruzione, il che significa

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che,delle 8.795.000 morti annuali di bambini, più di 140.000 possono essere indirettamente attribuite alla corruzione». Il rapporto causa-effetto tra tangenti e morti infantili è evidente, visto che la corruzione redistribuisce nelle tasche di corrotti e corruttori quote di quei fondi che sarebbero altrimenti destinate a finanziare programmi di cura, assistenza e prevenzione della malattia. In Italia nel 2010 il tasso di mortalità infantile è stato del 3,7 per mille, pari all’incirca a 12.638 bambini de-

ceduti in quella fascia d’età. Applicando la fatidica percentuale dell’1,6 per cento di vittime infantili della corruzione,soltanto in quell’anno in Italia si arriva a stimare la perdita di 202 bambini a causa delle tangenti. Ma una simile scala di grandezza è probabilmente da applicare a tutti i decessi, in qualsiasi fascia d’età, considerando l’influsso negativo della corruzione sull’efficacia delle cure e sulla qualità dei servizi resi ai pazienti. Ma il settore dell’edilizia e delle costruzioni è co-


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Politica corrotta

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nosciuto anche per la sua vulnerabilità alla corruzione, che inesorabilmente si ripercuote sulla capacità di resistenza degli edifici agli eventi sismici. Facendo un confronto allargato ai casi degli ultimi anni si è dimostrato che la corruzione condiziona in modo molto significativo la mortalità generata dai terremoti, considerando anche la diversa popolosità delle aree vicine all’epicentro. Ci si può chiedere quante tra le 27 vittime del sisma in Emilia Romagna nel 2012,

le 308 vittime del terremoto in Abruzzo del 2009 (considerato dagli esperti “di magnitudo moderata”), le 30 di San Giuliano di Puglia nel 2001 (evento di modesta intensità), 2914 in Irpinia nel 1980, 989 in Friuli nel 1976, 370 nel Belice nel1968 – per citare solo gli episodi più gravi degli ultimi decenni – abbiano persola vita anche a causa delle tangenti che avevano dequalificato le scelte urbanistiche, dissuaso un serio controllo sui processi di costruzione, permesso l’impiego di materiali scadenti.

ell’ultima legislatura, tra il 2008 e il 2012, sono stati 90 i parlamentari indagati, condannati o arrestati per corruzione, concussione, truffe e abuso d’ufficio, di cui 59 del PDL, 13 del PD e 8 dell’UDC, circa il 10 per cento di quelli che siedono alla Camera o al Senato. Nello stesso periodo, gli amministratori locali coinvolti da inchieste giudiziarie per gli stessi reati sono stati circa 400, di cui 110 del PD e quasi il triplo del PDL. Ma le pendenze o i precedenti penali di un politico non precludono di norma alla ricandidatura, né alla rielezione. Così, nonostante le disposizioni contrarie del codice di autoregolazione approvato dalla commissione parlamentare antimafia, 45 condannati – 5 per associazione mafiosa, 34 per usura ed estorsione, 2 per riciclaggio, 4 sorvegliati speciali – hanno trovato posto nelle liste delle elezioni amministrative del 2010, 11 di essi sono stati eletti 11. Riassumendo, lo scenario emerso mostra una corruzione che nell’ultimo decennio si è fatta capillare e sempre più spesso impunita, in un contesto nel quale la poca attenzione dei media si accompagna a una sfiducia generalizzata verso l’onestà dell’intera classe politica. Non sorprende che nel2010 i partiti siano ritenuti dal 56,5 per cento degli italiani “estremamente corrotti”, percentuale in crescita rispetto al 54 per cento del 2007 e al 44 per cento del 200612. Nel 2011 il 67 per cento degli italiani ritiene che dare e ricevere tangenti e abusare del proprio ruolo per fini privati sia pratica diffusa tra i politici di livello nazionale (la media europea è del 57 per cento). Per il 57e il 53 per cento degli italiani le tangenti sono prassi corrente anche per ipolitici di livello regionale e locale.

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>> speciale campania

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campìa è come una foresta. Una foresta di cemento nella periferia a nord di Napoli dove si spara e si ammazza per conquistare un angolo, una piazza dove poter spacciare droga. Ci sono le sentinelle della camorra sparse un po’ dovunque per controllare il territorio/accampamento. Non sopra gli alberi, ma dietro gli angoli dei muri, dietro l’occhio di una telecamera, dietro un cancello che impedisce sorprese indesiderate. Si comunica col tam tam dei telefonini, via Facebook, o via motorino, ma pronti a sparire, a inabissarsi, a nascondersi in luoghi impenetrabili quando c’è pericolo. La posta in gioco è altissima: milioni di euro al mese. Il prezzo da pagare, però, è un fiume di sangue. La nuova faida tra i narcotrafficanti è cominciata il 9 gennaio scorso, quando Raffaele Stanchi, gestore della piazza di spaccio del Lotto P, per conto del gruppo Amato/Pagano e anche contabile del sodalizio criminale – come lo definiscono i pm del pool anticamorra, Stefania Castaldi, Maurizio De Marco e Vincenza Marra - fu torturato, mutilato della mano destra e poi assassinato, insieme al suo autista, Luigi Montò. Raffaele Stanchi, che per anni aveva gestito montagne di danaro del cartello degli scissionisti, secondo gli investigatori non avrebbe pagato una grossa partita di droga al gruppo che ha la sua base nel vicolo di “Vanella Grassi” (da cui prende il nome il clan), a Secondigliano. “Il contabile” aveva sottovalutato la reazione dei “ragazzi di Secondigliano”, ai quali dava poco peso dal punto di vista criminale. Non si era accorto che il gruppo di “Vanella Grassi” era cresciuto di consistenza e di esperienza. Gli hanno fatto pagare lo sgarro in maniera esemplare. Un monito anche per altri. Temendo una reazione degli altri gruppi che controllano le piazze di Scampia, il clan di “Vanella Grassi” ha stretto un patto con il vecchio nemico, il clan di Lauro, attualmente capeggiato da Marco, latitante da circa otto anni, uno dei figli di Paolo di Lauro (Ciruzzo ‘o milionario). L’uccisione di Stanchi è stata come una dichiarazione di guerra al gruppo degli “scissionisti”, quelli che nel 2004 si staccarono dai Di Lauro (perciò detti “scissionisti”) e che la guerra la vinsero a colpi di morti ammazzati. Ora “i ragazzi cattivi” di

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La nuova faida di Scampia di Raffaele Sardo

vicolo “Vanella Grassi” si sono alleati nuovamente con i Di Lauro, per conquistare le piazze di spaccio. Per il loro “riposizionamento” sul piano criminale, vengono chiamati “I Girati”, vale a dire quelli che si sono girati dalla parte del nemico di un tempo. Ai “Girati si contrappongono gli Abete/Abbinante/ Notturno/Aprea, che hanno il controllo sulle maggiori piazze di spaccio dove viene smerciata la droga. In realtà la vecchia faida non è mai finita. E’ stata sempre latente. Ora i Di Lauro vedono anche l’opportunità di ritornare ad essere i padroni di Scampìa. Uno scontro che si è alzato di livello in maniera esponenziale con agguati e sparatorie da una parte e dall’altra e con scontri a fuoco con le forze dell’or-

dine. Gli ultimi tre episodi eclatanti si sono consumati a partire dalla fine dell’estate. Il 23 agosto scorso Gaetano Marino viene ucciso sulla spiaggia di Terracina. Gaetano è fratello di Gennaro, detto "McKay". Fu tra quelli che nel 2004 attuò la scissione contro i Di Lauro. Era lui che controllava lo spaccio alle cosiddette “case Celesti” a Scampia. Nella notte tra sabato e domenica 9 settembre, in via Roma verso Scampia, di fronte al carcere di Secondigliano, viene ucciso Raffaele Abete, fratello del capoclan Arcangelo, detenuto, e zio del ventenne Mariano Abete, latitante. Due sicari, presumibilmente del gruppo dei “Girati”, trovano Raffaele Abete intorno alle 2.45 del mattino in un bar di Secondigliano. Gli sparano tre colpi di pistola alla nuca, ammazzandolo all’istante. Il


speciale campania << La scheda La nuova guerra di camorra per il controllo delle piazze di spaccio della droga, rischia di allargarsi ad altri territori

17 settembre scorso Roberto Ursillo, 20 anni, incensurato, ma figlio e fratello di pregiudicati del clan Abete/abbinante viene ucciso mentre è alla guida della sua auto, a Chiaiano. Lo affiancano in moto due killer e gli sparano cinque colpi. I protagonisti di questa nuova faida sono per lo più giovanissimi, spietati, e parlano solo con le armi. Ora si aspetta la prossima vittima, anche se qualche crepa comincia ad aprirsi tra gli i clan in guerra. Dopo l'agguato di Terracina uno dei “Girati”, Gianluca Giugliano, detto "O' Piccione", stipendiato con 150mila euro al mese, temendo di essere ucciso come Gaetano Marino, si è presentato alle forze dell'ordine e ha cominciato a fornire informazioni importanti per decifrare cosa accade nella nuova faida di Scampia.

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a nuova guerra di camorra per il controllo delle piazze di spaccio della droga, rischia di deflagrare e invadere altre zone sinora controllate dai gruppi storici della camorra. Marano, uno dei comuni a nord di Napoli, roccaforte del clan Nuvoletta, passata sotto il controllo del clan Polverino, alleati con i Simeoli, nelle settimane scorse è stata invasa da gruppi di giovani in sella a motociclette e armati di tutto punto. Provenivano da Scampia. Hanno invaso negozi e attività economiche, chiedendo il pizzo ad imprenditori e a piccoli commerciati: “Ora ci siamo noi e dovete pagarci” la loro richiesta. Stanno approfittando della debolezza del clan Polverino il cui capo, Giuseppe, è stato di recente estradato dalla Spagna e Angelo Nuvoletta, tra i mandanti dell’omicidio di Giancarlo Siani, è anch’egli in carcere con un bel po’ di anni da scontare. A Marano i clan locali non hanno mai fatto pagare il pizzo ai commercianti. Le loro attività erano altre. I polverino hanno risposto a loro volta con le ronde che controllano le strade di Marano, soprattutto di notte. Ma la tensione resta alta, come resta alta sul litorale domizio, nel casertano. A Castel Volturno, altra grande piazza di spaccio di droga controllata fino a pochi mesi fa dalla camorra casalese, e precisamente dal clan che fa capo al gruppo di Francesco Bidognetti, c’è un vuoto. I bidognettiani sono stati praticamente ridotti ai minimi termini da arresti e defezioni a catena. Gli inquirenti stanno prestando molta attenzione a tutto ciò che si muove da quelle parti. Nei giorni scorsi un comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica si è tenuto presso la prefettura di Caserta, alla presenza del procuratore della DDA, Federico Cafiero De Raho, per evitare che dalla vicina Scampia arrivino anche ad occupare gli spazi vuoti lasciati a Castel Volturno.

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>> speciale campania

La lotta alla mafia è la risposta alla crisi economica

di Aldo Cimmino

Una nuova faida, il controllo del narcotraffico e gli equilibri del post – Zagaria. Cosa sta accadendo in Campania, quali strategie criminali si stanno organizzando per non perdere il controllo degli affari e del territorio e il dialogo con parte della politica locale. A spiegarlo il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho

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a manovra Monti ha portato circa trenta miliardi di euro nelle casse dello Stato. Nel distretto del territorio di Napoli la Dda ha sequestrato quasi quattro miliardi di euro in un anno: io credo queste cifre spieghino meglio di molte altre quanto la lotta ed il contrasto ai clan dovrebbe essere il primo canale di risanamento della situazione economica italiana». Così il procuratore capo della Dda di Napoli, Federico Cafiero De Raho sintetizza in poche parole il cuore della lotta alla camorra in atto sul territorio. Contrasto all’ala criminale ma soprattutto sequestri di ingenti patrimoni illecitamente accumulati. Nell’intervista l’analisi di una holding criminale, colpita ma non piegata dagli arresti di questi ultimi anni.

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Partiamo proprio dagli arresti che sono stati eseguiti questa mattina (3 ottobre 2012, ndr). Cosa hanno messo in luce, del cosiddetto post Zagaria? Già quando venne arrestato Michele Zagaria sottolineai che l’arresto dei capi storici, e quindi la cessazione della latitanza di tutti gli esponenti più significativi del clan, non significava un indebolimento del clan perché questo continua ad avere un’organizzazione militare forte che viene rinnovata puntualmente, all’esito degli arresti, grazie alle grandi ricchezze di cui dispone il clan. Ciò che caratterizza il clan dei casalesi è la struttura economico – imprenditoriale quella cioè che consente al clan di infiltrarsi nei lavori, soprattutto quelli pubblici, che permette di avere il controllo di alcuni settori dell’economia, naturalmente a livello territoriale, quel-

lo che consente cioè al clan di ripulire il danaro attraverso questi canali che apparentemente sono leciti. Non va dimenticato che il clan è strutturato sul modello mafioso e l’aspetto più significativo della sua pericolosità è rappresentato dal fatto che il gruppo direttivo, per quanto sia oramai assicurato alla giustizia, riesce attraverso i propri riferimenti esterni a dare direttive e continua a mantenere inalterata la propria attività criminosa. Quindi da un lato quella economica di reinvestimento in canali oramai collaudati che sono quelli economico-imprenditoriali, dall’altro i canali militari, che per altro si rinnovano con riferimenti precisi, che sono di volta in volta rappresentati o da camorristi che hanno recuperato la libertà o da coloro che hanno preso il posto di arrestati e che, per l’esperienza che


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ne ha contrassegnato il loro contributo, consente loro di portare avanti le attività criminali. Per esempio? Tra gli arrestati, nell’operazione che questa mattina è stata eseguita, ve n’è uno, Antonio Aquilone, il quale, è stato oggetto di fermo, perché ha partecipato ad una estorsione pure essendo stato scarcerato appena il 24 settembre scorso. Quindi, questo dimostra la frequenza di questo contributo che ciascuno dei soggetti criminali dà all’attività del clan. È sufficiente venir fuori dal carcere per essere immediatamente reinseriti nella struttura. È evidente che la loro anzianità e la loro esperienza consente loro di prendere posti sempre più elevati nella gerarchia del clan. Quindi parlare di indebolimento, oggi, è sicuramente prematuro. Dopo l’arresto di Zagaria, lei affermò che il passo successivo sarebbe stato quello di continuare il contrasto patrimoniale al clan e colpire quella zona grigia. Gli ultimi arresti di questa mattina fanno registrare un colpo assestato in questa direzione? Oggi abbiamo toccato solo il braccio militare,

quelle pedine facilmente sostituibili che operano sul territorio una costante pressione, soprattutto estorsiva, nei confronti di imprenditori casertani e di altre province oltre che di altre regioni. Devo dire, però, che è proseguita l’attività di contrasto patrimoniale al clan. Proprio ieri ho calcolato che i sequestri realizzati dal primo gennaio 2012 al trenta settembre, sequestro di beni che ha accompagnato l’attività di contrasto militare, sono stati effettuati per un valore di circa 4 miliardi. Ovviamente parlo del distretto di Napoli, per cui, attualmente, la Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli è stata in grado di sequestrare questi beni appartenenti alla criminalità organizzata. Questo però dimostra anche quanto sia forte il contrasto sotto questo profilo e nello stesso momento quale sia il livello di invasività economica e imprenditoriale del clan. Pensi che la prima manovra Monti pare abbia portato a circa trenta miliardi di euro il recupero dello Stato e se soltanto per un territorio, quello del distretto di Napoli, abbiamo sequestrato quasi quattro miliardi di euro, io credo che dovrebbe comprendersi bene che la lotta ed il contrasto ai clan sarebbe il primo canale di risanamento della situazio-

ne economica italiana. La camorra casalese si è infiltrata storicamente nel settore del calcestruzzo, sino a raggiungere territori a nord di Napoli come Quarto flegreo sul cui territorio progredì la Co.Na.C. S.r.l. direttamente riconducibile a Lorenzo Nuvoletta. Esistono dunque, secondo Lei, questi collegamenti, anche su territori diversi da quelli casertani come nel comune di Quarto nell’ambito dei Campi Flegrei? Storicamente, ed è dimostrato anche dal punto di vista giudiziario, risulta che il clan dei casalesi è egemone per quanto riguarda il settore imprenditoriale, e risulta, non solo dalla sentenza Spartacus1, in cui si evidenziava che le imprese che si erano inserite nei grandi lavori di costruzioni di arterie stradali che circondano Napoli, del tipo Nola-Villa Literno, oppure il collegamento all’autostrada Napoli-Roma, una serie di opere stradali enormi, avevano visto infiltrazioni di numerose imprese del clan dei casalesi, il che aveva comportato poi un aumento dei costi addirittura di tre volte rispetto a quello che era stato preventivato, ma non va dimenticato quello che è stato il consorzio del calcestruzzo2; il calcestruzzo era tutto nelle mani del clan verità e giustizia - 4 ottobre 2012

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>> speciale campania

dei casalesi per cui coloro che lo producevano erano costretti ad aderire a questo consorzio. Il clan dei casalesi rappresentava il capocordata in questo modo di pensare tanto che anche sul nolano volevano creare una simile operazione; poi sono intervenute le operazioni giudiziarie e quindi questo disegno non ha avuto piu attuazione. Pensi, ancora, che nel 1996 quando si stava realizzando la linea dell’alta velocità facemmo un indagine per comprendere da dove provenivano gli attentati che più volte venivano portati avanti nei confronti delle società che operavano per la costruzione appunto della linea ferroviaria veloce. E fingemmo l’iniziativa da parte della società capofila per contattare i capi delle organizzazioni e per comprendere non solo chi stesse dietro gli attentati ma dietro alle pressioni estorsive, dietro tutto ciò che ostacolava la realizzazione di quell’opera. Gli stessi capi-zona, di tutti i territori che sarebbero stati interessati da quella linea in costruzione, indicarono una persona che era l’unica che poteva parlare a nome di tutte quante le organizzazioni in Campania. E quando questo ufficiale dei carabinieri incontrò questo personaggio, dopo numerose peripezie si dimostrò es12 verità e giustizia - 4 ottobre 2012

sere Pasquale Zagaria, il fratello di Michele Zagaria. Quindi come sia forte questo clan e quanto sia importante nell’ambito della considerazione delle organizzazioni diverse da quella dei casalesi, credo sia dimostrato già da allora. Poi altre indagini hanno dimostrato quanto il potere della camorra casalese sia così pervasivo dal punto di vista imprenditoriale tanto da estendersi ai territori dell’Emilia Romagna, della Lombardia e del vicino Lazio. Questo potere è conservato attualmente dall’organizzazione dei casalesi? Guardi negli appalti loro hanno un numero di imprese veramente incredibile. La stessa Casapesenna ha un numero di imprese secondo un rapporto uno a tre, cioè un’impresa ogni tre abitanti, una cosa incredibile, il che è evidente che questo deve servire ad uno scopo. Vincere gli appalti a qualunque costo? Le indagini, come l’ultima denominata “Normandia” che si è soffermata su alcuni imprenditori, hanno dimostrato come tra le imprese dei casalesi vi era una sorta di accordo che consentiva ad esse di partecipare a numerose gare d’appalto e tanta era la loro partecipazione, così

consistente, da lasciare, i pochi inconsapevoli imprenditori, che pure facevano domanda, totalmente isolati; per cui o il prezzo finiva per essere determinato dalle stesse offerte che in numero rilevante erano presentate da quegli imprenditori o quando anche l’imprenditore inconsapevole si fosse inserito nel meccanismo camorristico di questo tipo, veniva scoraggiato con intimidazioni o violenze. Quindi questo dimostra quanto sia forte la loro presenza, e non solo nei comuni tipicamente ad altissima densità camorristica ma anche in quelli che si pensa siano esenti dall’influenza camorristica Alcuni di questi sembrano essere quelli del basso Lazio come Terracina, Sabaudia, San Felice, Gaeta… Io ricordo sempre che nell’economia esistono dei principi che sono quelli della domanda e dell’offerta. Ora la domanda va dove l’offerta è migliore e se applichiamo questo principio non al mercato ma alle mafie, ci rendiamo conto che la camorra va dove minore è il contrasto; cioè, laddove vi sono dei territori vergini, o quasi, la camorra si infiltra con i propri imprenditori, laddove trova il terreno impreparato dal punto di vista del con-


speciale campania << trasto giudiziario, la camorra finisce per spadroneggiare.

“selezione” anche perché la proiezione dell’attività estorsiva è sempre sulla scala economica e su essa loro riescono a Quando ci si rende conto di queste muoversi creando alleanze. Proprio negli infiltrazioni? Quando, oramai, non sol- investimenti che si possono intravedere tanto gli investimenti sono stati portati a le alleanze. Veda, per esempio, le indatermine, mediante persone che appaiono gine recenti hanno dimostrato quanto estranee all’organizzazione, ma quando sia forte il legame tra il clan dei casalesi, la camorra diventa visibile; e questo ac- quello dei Mallardo e quello dei Licciardi. cade quando l’investimento stesso, che è Si tratta di un’unica coalizione che serviin grado di inquinare il tessuto economi- va per realizzare attività tradizionalmenco territoriale, sia locale che nazionale, si te criminose, estorsioni in particolare, su tira dietro con se gli uomini della camor- tutto quanto il versante costiero, che vera, cioè il braccio armato dell’organizza- deva appunto continuità tra i guglianesi zione. Io credo che gli esempi che ci sono del clan Mallardo, i bidognettiani con il stati nel mese di luglio e agosto sulle co- coinvolgimento del quartiere di Seconste laziali dimostrano quanto oramai sia digliano. Non si tratta solo di una coaliforte la presenza camorristica; ma è una zione, in quanto le relazioni sono così camorra che segue sempre gli investi- unitarie tanto da apparire un solo clan. menti. Quindi parlare oggi di clan con riferimento a specifici confini Quali logiche di territoriali, non credo reinvestimento dei sia corretto. AddiritOggi la camorra tura anche nel sannio proventi illeciti viene messa in atto e spara solo quando il clan Pagnozzi è da quali relazioni ci sempre legato ai casasullo stesso lesi in quanto l’alleansono tra la potente cosca dei casalesi e territorio coesistono za è prodromica alle quella dei Mallarnell’ecogruppi contrapposti infiltrazioni do e degli altri clan nomia territoriale. operanti nel napolealtrimenti tano? Noi guardiamo di economia terpreferisce usare Se ai clan come se fosritoriale si tratta la strategia della significa che la quesero gruppetti che si muovono su territori rifiuti, che mimetizzazione. stione circoscritti. Questo sono normalmente L'unica che paga un prodotto territomodo di pensare è il prodotto di una preriale, non può che messa che ancora trae essere connessa alla in errore molti che gestione criminale guardano la camorra cosi come era stori- di un potentato economico… Questo camente configurata e non alla camorra è un tema molto importante perché vi quale oggi è presente sul territorio. sono state persone che pur operando sul La camorra, che è oggi presente sul ter- tema del contrasto alla criminalità hanritorio, non è più il gruppo di straccioni no, in passato, affermato che il tema dei che sparano soltanto, ansi quella è la par- rifiuti a Napoli non interessa la criminalite direi più primitiva che va quasi scom- tà ma è toccato da altri problemi. parendo. Ebbene i rifiuti rappresentano un settore Oggi la camorra spara solo quando sul- in cui la criminalità ha sempre investito; lo stesso territorio coesistono gruppi la mafia ha le sue imprese, i suoi terreni; contrapposti, infatti quel che avviene a laddove bisogna individuare il luogo in Scampia è dimostrativo dell’esistenza di cui concentrare una discarica, compra i un contrasto tra scissionisti e non, ma terreni prima che venga disposta la discaaltrimenti la camorra preferisce utiliz- rica, utilizza imprese e le organizza per zare la strategia della mimetizzazione offrire un servizio. in quanto è l’unica che paga. La camor- È un settore questo da sempre interesra, inoltre, non è il gruppo che gestisce sato dalle logiche camorristiche, si pensi solo le estorsioni. Gestisce, forse, anche che il clan dei casalesi non ha mai gestito il racket e non sempre “porta a porta”, il traffico di droga, se non i casi rari, percome una volta. Oggi c’è una maggiore ché i rifiuti hanno rappresentato il primo

e assai redditizio canale di arricchimento. E veniamo al nodo dei rapporti con la politica. Ancora oggi ci sono collaboratori di giustizia che sollevano accuse contro Nicola Cosentino, una volta come consigliere provinciale, poi come consigliere regionale, ancora come parlamentare a seconda del periodo di riferimento preso in considerazione. Come procedere a rescindere questi legami? Il clan dei casalesi, così come altre organizzazioni, è forte perché riesce ad invadere la politica. È chiaro che non parliamo di tutti coloro che siedono in Parlamento ma di esponenti che riescono ad esprimere gli interessi della camorra che sono in genere economici. Nessun parlamentare mai si farebbe direttamente portavoce di interessi camorristici presso gli altri parlamentari, è certo però che ci sono determinate problematiche che i settori economici della camorra devono affrontare e che possono essere trattati solo ad un livello molto alto; ecco perché il riferimento politico per la camorra è indispensabile, ed ecco perché la camorra ha riferimenti non solo romani ma anche locali. Basti pensare, infatti, che in quei comuni dove il clan dei casalesi è più forte, le stesse elezioni vengono condizionate totalmente dalla volontà camorristica per cui finiamo per avere il sindaco o la giunta comunale totalmente coinvolti ed espressione di quella camorra non più formata da ignoranti ma da persone in grado di coinvolgere, nelle loro rappresentazioni criminose, professionisti, pubblici amministratori eccetera. Direi che oggi è un altro aspetto che oggi bisogna affrontare con molta decisione; la nuova legge sulla corruzione dovrebbe almeno consentire che personaggi che sono stati condannati per determinati reati non siano eleggibili. Bisognerebbe però cominciare a pensare che l’etica non deve appartenere solo al cittadino comune ma l’etica deve essere il patrimonio comune e credo il primo requisito che deve possedere colui che pensa di ricoprire incarichi elettivi. Nel momento in cui si arriverà a questo paradigma probabilmente avremo una camorra molto debole, che non riuscirà più a raggiungere i proprio risultati e con l’azione di contrasto all’ala militare, l’indebolimento sul piano amministrativo e su quello politico, la camorra verrebbe sconfitta sicuramente. verità e giustizia - 4 ottobre 2012

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>> internazionale Al festival Internazionale di Ferrara giornalismo d'inchiesta e antimafia sociale

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ntimafia e informazione libera. A Ferrara tre incontri per parlare di lotta alle mafie e di giornalismo d'inchiesta, al festival di "Internazionale" che si svolgerà dal 5 al 7 ottobre 2012. Il primo incontro "Narcolanda" sara' dedicato alle nuove rotte del traffico internazionale di droga. Si terra' alle 16.00 al Teatro Comunale con Carlos Dada, giornalista salvadoregno, direttore di "El Faro" Diego Enrique Osorno, giornalista messicano, autore di "La guerra de los Zetas", Cynthia Rodriguez, giornalista messicana, autrice di "Contacto en Italia" Introduce e modera il dibattito, Tonio Dell'Olio, responsabile del settore internazionale di Libera. Il secondo appuntamento con la rete di associazioni di Libera si intitolerà' "Semi di libertà. L'esperienza delle cooperative sui terreni confiscati" e si terra' alle 17.30 in Piazza Municipale. Interverranno Luigi Ciotti, presidente di Libera Gianluca Faraone, del Consorzio Libera Terra Mediterraneo,il sindaco di Isola Capo Rizzuto, Carolina Girasole, Gianpiero Calzolari dell'Agenzia Cooperare con Libera Terra. Introduce e modera il dibattito il direttore di Libera Informazione e giornalista Rai, Santo Della Volpe. Accanto ai percorsi di antimafia sociale al festival l'impegno per un giornalismo d'inchiesta responsabile. Domenica 7 ottobre alle 10.30 presso la sala degli Stemmi, Castello Estense, "Le inchieste del futuro" con Mara Morrione, Ennio Remondino, corrispondente Rai, Udo Gümpel di N-tv, Giovanni De Mauro, direttore di "Internazionale" per la presentazione del Premio tv per il giornalismo investigativo, Roberto Morrione. A seguire sarà' proiettata l'inchiesta televisiva vincitrice dell’edizione 2012 "Il fumo che uccide senza fumarlo" di Francesco De Augustinis. Per informazioni sul festival e scaricare il programma integrale vai su www.internazionale.it


i media ne parlano <<

Ladri di futuro

di Norma Ferrara

Un mostro a tre teste che nasce dopo un terremoto e mette allo stesso tavolo, imprenditori, politici e mafiosi. Ancora oggi paghiamo il conto di quegli accordi per la spartizione di denaro pubblico e del business del traffico di rifiuti. La storia delle ecomafie a “Lucarelli racconta” su Rai Tre

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n mostro a tre teste che nasce dalle macerie del terremoto del 1980 in Campania ed Irpinia, si nutre di terra, distrugge montagne e paesaggi, costruisce senza regole. La storia dell’ecomafia che saccheggia l’ambiente, fa crollare le case utilizzando calcestruzzo depotenziato e porta cibi avvelenati sulle nostre tavole. E ruba il nostro futuro. A parlarne lo scorso 23 settembre su Rai Tre, Carlo Lucarelli. La puntata di “Lucarelli Racconta” parte dal terremoto dell’Irpinia e della Lucania che rase al suolo interi paesi, più di duemila morti, oltre ottomila feriti, quasi trecento mila sfollati, per chiedersi “cosa accade dopo”? Nello speciale realizzato con la collaborazione del team di inchiesta del programma ( Peppe Ruggiero , Antonella Beccaria, Giancarlo Feliziani, Walter Molino)il racconto di questo mostro che dal Nord al Sud occupa e devasta un paese nel silenzio generale della politica e dell’informazione. Arrivano soldi pubblici dello Stato italiano, e anche dall’estero, per la ricostruzione – racconta Lucarelli. Ma arrivano anche i corleonesi di Cosa nostra, e la camorra del clan Nuvoletta, Raffaele Cutolo e Carmine Alfieri. Serve fare in fretta perché la gente è ancora in

mezzo alla strada, i clan gestiscono il territorio e mettono le mani sulla ricostruzione e il fiume di soldi che arriva al Sud, mettendosi d’accordo con i politici, con chi quel flusso di denaro deve gestirlo, attraverso appalti, subappalti e assunzioni, ovvero posti di lavoro “devono assumere la gente giusta” spiega Lucarelli. Una “trattativa” con le istituzioni per gestire questo flusso di denaro che fa vittime: fra queste Marcello Torre, sindaco di Pagani, ucciso nel dicembre del 1980. Così si gestisce il “tavolino” degli appalti dell’economia del terremoto: morti, mercato criminale monopolistico, tempi infiniti per realizzare i lavori, materiale scadente. Quella che viene descritta da qui in poi – dalla voce narrante di Lucarelli – è la devastazione di un territorio. Dagli anni ’90 Legambiente ha coniato per questo “mostro” il termine Ecomafie e da qui comincia la storia della Rifiuti S.p.a. «Dal Nord al Sud – scrivono gli autori del programma “Lucarelli racconta”. Dalle campagne di Desio, vicino a Monza, dove il mostro di notte scava e nasconde tonnellate di rifiuti tossici di aziende brianzole e del Comasco, alla Rifiuti S.p.a., una vera e propria holding del malaffare – imprenditori, politici e camorristi – capace di trasformare la “mon-

nezza” in oro». Buche per nascondere rifiuti speciali che arrivano da aziende del Nord Italia, l’imprenditoria virtuosa che traina il Paese e tre protagonisti di questa S.p. a: imprenditori, politici e camorristi. Sono loro a gestire la filiera di questo traffico illecito, per risparmiare sui costi di smaltimento che inquinerà, devastandolo, un intero territorio. Ndrangheta, camorra e Cosa nostra, una vera azienda mafiosa che fa da “service” per un pezzo di imprenditoria. Una storia che Lucarelli racconta quasi in presa diretta, attraverso l’audio delle intercettazioni telefoniche contenute nelle principali inchieste di ecomafie che hanno attraversato il nostro Paese. Affari enormi incrementati anche da quello che mangiamo ogni giorno: il pane cotto nei forni abusivi della camorra, la mozzarella alla diossina, la frutta al percolato, il caffè imposto dalla criminalità, scadente ma più costoso. «Le conseguenze per il territorio e la salute delle persone sono devastanti: l'ecomafia è un mostro che ruba e uccide per sempre il nostro futuro – scrivono gli autori». Per rivedere la puntata integrale di “Lucarelli racconta” andata in onda lo scorso 23 settembre vai su http://www.lucarelliracconta.rai.it. verità e giustizia - 4 ottobre 2012

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>> dai territori a cura di Norma Ferrara

Piemonte Torino, prime condanne per il processo “Minotauro”. Il procedimento nasce dalla maxi inchiesta sulla ‘ndrangheta in Piemonte. 58 le condanne e confische di beni per mezzo milione di euro .

Sicilia A Gela, in provincia di Caltanissetta, grande adesione alla campagna di consumo critico. L’iniziativa lanciata dall’associazione antiracket. Il presidente, Renzo Caponnetti: “Già cento adesioni”

Calabria Omicidio Fortugno, la Cassazione conferma 3 dei 4 ergastoli. Il vice presidente del consiglio regionale della Calabria fu ucciso a Locri il 16 ottobre del 2005

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recensione <<

L’altra storia di Lorenzo Frigerio numeri, elargite dai loro cari all’indomani delle stragi. Si scoprono la generosità, l’orgoglio, il sorriso di tanti figli di questo Paese che morirono vent’anni fa in Sicilia per uno Stato che forse, in qualche sua parte, tramò contro di loro». Un sorta di terza quindi, secondo l’autrice, più intima, ma non meno vera ed utile perciò a ricomporre il complesso puzzle di quegli avvenimenti, che si affianca alle ricostruzioni dei magistrati e alle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. A ricordare Giovanni Falcone e Francesca Morvillo sono la sorella Maria e il fratello Alfredo. Le conclusioni dei due, entrambi animati dal medesimo dolore, sono però diverse. Per la sorella di Falcone, impegnata nella formazione delle nuove generazioni, un salto in avanti nella società civile c’è stato, mentre per Alfredo Morvillo la società siciliana non è cambiata, né cambierà. Nel libro c’è spazio anche per i sopravvissuti, l’autista della blindata di Falcone, Giuseppe Costanza e poi l’agente Angelo Corbo, ferito con i colleghi Paolo Capuzza e Gaspare Cervello a Capaci. Vivi ma con ferite perenni nel corpo, ma soprattutto nello spirito, al pari di Antonio Vullo, l’unico superstite di via D’Amelio. Tina Montinaro, la figlia del caposcorta di Falcone, unisce il suo ricordo a quello del figlio Gaetano. E poi Alba Terrasi e Rosaria Schifani, compagne degli altri caduti di Capaci, Rocco Di Cillo e Vito Schifani, ci riportano allo sbocciare dell’amore travolgente tra loro e chi ora non c’è più. La galleria dei dolori di via D’Amelio si apre con la testimonianza di Manfredi Borsellino, che porta con sé il sorriso del padre al quale assomiglia in tutto e per tutto. Gli agenti di scorta Claudio Traina e Vincenzo Li Muli sono raccontati da madri e fratelli: per il primo a parlare sono la mamma Grazia

Laura Anello L’ALTRA STORIA Sperling & Kupfer, Milano 2012 pp. 152 € 13,90

e il fratello Luciano, mentre per il secondo la madre Enza e la sorella Tiziana. Sempre due sorelle, Claudia e Edna, nonostante il carico di dolore indescrivibile, riportano alla memoria collettiva la vita di Emanuela Loi e Eddie Cosina, i due “stranieri” della scorta di Borsellino, la prima proveniente dalla Sardegna e il secondo da Trieste. A chiudere il libro lo straziante ricordo delle due figlie di Agostino Catalano, Emilia e Rosalinda. Nella prefazione, don Ciotti evidenzia il nucleo di tutte queste storie: «Dal fondo di tutte queste drammatiche vicende affiora potente il sentimento dell’amore che le lega l’una all’altra. L’amore materno, filiale, fraterno, coniugale o comunque famigliare. L’amore senza aggettivi e senza riserve. L’amore per gli altri, anche. Per la società, per le sue istituzioni e le sue regole. per un “noi” possibile e necessario. Loro sono morti perché noi si possa essere vivi. Perché possiamo accoglierci e riconoscerci a vicenda. Oltre il dolore. Con un amore capace di memoria e di futuro».

LIBRI

I

n queste settimane, dedicate alle vittime delle stragi del 1992, don Luigi Ciotti ha voluto ricordare che, nel primo anniversario di Capaci, una donna affranta dal dolore gli si avvicinò e gli chiese, in lacrime, perché accanto al nome di Giovanni Falcone e della moglie Francesca Morvillo non venisse menzionato anche quello del figlio – Antonio Montinaro – e degli altri due agenti di scorta, spazzati via dall’esplosivo posizionato dai killer sotto l’autostrada. Una ferita nella ferita: un mancato riconoscimento nell’immediatezza della tragedia che faceva preludere ad un oblio certo negli anni a venire. E, purtroppo, accade ancora oggi che si ricordino Falcone, Borsellino e, quasi in automatico ma con negligenza, si chiuda la frase spesso e volentieri dicendo “e i ragazzi delle loro scorte”. Non attribuire un nome a quanti hanno perso la vita per lo Stato è, nei fatti, come togliere loro la vita una seconda volta, togliere loro il diritto di essere ricordati, al pari delle persone che proteggevano. Per le loro famiglie è invece un lento stillicidio al quale cercano di opporre le loro flebili voci. Per una volta tanto, questo diritto viene garantito dal bel libro di Laura Anello “L’anello debole” che ricostruisce i percorsi familiari ed individuali dei familiari dei caduti di Capaci e via D’Amelio. Una dolorosa galleria di storie, dove moglie, madri, figli, fratelli, sorelle si alternano nel raccontare con poche ma strazianti parole la vita del proprio caro, strappato loro prematuramente dalla violenza: «Si ripercorrono gli incroci di esistenze che precedono quei boati. Si resta sbigottiti di fronte al gioco della casualità che salva taluni e condanna altri. Si ascoltano le testimonianze dei tanti famigliari che raccontano di carezze, voci, mani sulle spalle, energie, perfino combinazioni di

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rubriche <<

IPSE DIXIT a cura di Norma Ferrara

Adolfo Parmaliana, l’ultima lettera

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a Magistratura barcellonese/ messinese vorrebbe mettermi alla gogna vorrebbe umiliarmi, delegittimarmi, mi sta dando la caccia perché ho osato fare il mio dovere di cittadino denunciando il malaffare, la mafia, le connivenze, le coperture e le complicità di rappresentanti dello Stato corrotti e deviati. Non posso consentire a questi soggetti di offendere la mia dignità di uomo, di padre, di marito di servitore dello Stato e docente universitario. Non posso consentire a questi soggetti di farsi gioco di me e di sporcare la mia immagine, non posso consentire che il mio nome appaia sul giornale alla stessa stregua di quello di un delinquente. Hanno deciso di schiacciarmi, di annientarmi. Non glielo consentirò, rivendico con forza la mia storia, il mio coraggio e la mia indipendenza. Sono un uomo libero che in maniera determinata si sottrae al massacro ed agli agguati che il sistema sopraindicato vorrebbe tendergli. Chiedete all’Avv. to Mariella Cicero le ragioni del mio gesto, il dramma che ho vissuto nelle ultime settimane, chiedetelo al senatore Beppe Lumia chiedetelo al Maggiore Cristaldi, chiedetelo all’Avv.to Fabio Repici, chiedetelo a mio fratello Biagio. Loro hanno tutti gli elementi e tutti i documenti necessari per farvi conoscere questa storia: la genesi, le cause, gli accadimenti e le ritorsioni che sto subendo. Mi hanno tolto la serenità, la pace, la tranquillità, la forza fisica e mentale. Mi hanno tolto la gioia di vivere. Non riesco a pensare

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ad altro. Chiedo perdono a tutti per un gesto che non avrei pensato mai di dover compiere[….]. Ho trascorso 30 anni bellissimi dentro l’università innamorato ed entusiasta della mia attività di docente universitario e di ricercatore. I progetti di ricerca, la ricerca del nuovo, erano la mia vita. Quanti giovani studenti ho condotto alla laurea. Quanti bei ricordi. Ora un clan mi ha voluto togliere le cose più belle: la felicità, la gioia di vivere, la mia famiglia, la voglia di fare, la forza per guardare avanti. Mi sento un uomo finito, distrutto. Vi prego di ricordarmi con un sorriso, con una preghiera, con un gesto di affetto, con un fiore. Se a qualcuno ho fatto del male chiedo umilmente di volermi perdonare. Ho avuto tanto dalla vita. Poi, a

50 anni, ho perso la serenità per scelta di una magistratura che ha deciso di gambizzarmi moralmente. Questo sistema l’ho combattuto in tutte le sedi istituzionali. Ora sono esausto, non ho più energie per farlo e me ne vado in silenzio. Alcuni dovranno avere qualche rimorso, evidentemente il rimorso di aver ingannato un uomo che ha creduto ciecamente, sbagliando, nelle istituzioni. Un abbraccio forte, forte da un uomo che fino ad alcuni mesi addietro sorrideva alla vita. * Un passaggio della lettera che il professore Adolfo Parmaliana scrisse prima di suicidarsi il 2 ottobre del 2008 dopo aver per anni combattuto il sistema politico – mafioso della sua terra, del suo paese.


Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera Informazione Osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie

Direttore responsabile: Santo Della Volpe

Sede legale via IV Novembre, 98 - 00187 Roma tel. 06.67.66.48.97 www.liberainformazione.org

Redazione: Peppe Ruggiero, Gaetano Liardo, Norma Ferrara

Coordinatore: Lorenzo Frigerio

Hanno collaborato a questo numero: Raffaele Sardo, Aldo Cimmino, Ufficio Stampa di Libera Grafica: Giacomo Governatori

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