n.74 17 maggio 2011
veritĂ egiustizia
La newsletter di liberainformazione
>> editoriale
Una politica libera dalle mafie di Franco La Torre
Affrancarsi dai contatti disonorevoli, dalle pressioni dei boss, dal voto di scambio. Approvare in Parlamento, nelle Regioni e nei Comuni, poche semplici regole che tengano lontani i boss dalla gestione della cosa pubblica
L
a criminalità organizzata - ha detto qualcuno molto più autorevole di me, il giudice Giovanni Falcone - come ogni fenomeno umano, ha avuto un suo inizio e avrà una sua fine. Dipende da noi scegliere se attendere la sua naturale conclusione o impegnarci perché abbia vita breve. La storia delle mafie ci mostra che la loro grande capacità di rigenerazione è pari agli interessi economici cui non intendono rinunciare: ciò alla luce delle immense risorse di cui dispongono e della capacità di formare nuove leve, pronte a prendere il posto dei boss arrestati. Senza nulla togliere allo straordinario impegno e ai notevoli risultati ottenuti, questo ci dice che l’azione di contrasto non 2 verità e giustizia - 17 maggio 2011
può essere esclusivamente giudiziaria e repressiva, ma deve assumere il carattere di un’iniziativa politica più ampia, di sviluppo economico e anche culturale. La presenza e la pervasività della criminalità organizzata influenzano e inquinano aspetti fondamentali della vita quotidiana e dell’esercizio democratico. L’azione delle mafie fa scempio di principi fondanti, diritti e libertà fondamentali: il diritto al lavoro e a fare impresa, la libertà di voto e di vivere in comunità sicure, il diritto alla salute e a un ambiente sano, innanzitutto nei territori che sono oggetto del controllo delle organizzazioni mafiose, che li svuota dei significati propri del vivere civile, perché li vuole piegati agli interessi del potere cri-
minale. La risposta, quindi, non può essere soltanto giudiziaria ma politica e di ampio respiro. Prima della cosiddetta crisi della prima repubblica, alcuni partiti, mi riferisco al PCI al PSI e all’MSI, venivano percepiti dai cittadini/elettori, anche da quelli che non li votavano, come partiti immuni dal compromesso con le mafie e per questo paladini della legalità. Quei partiti non esistono più e nessuno di quelli venuti dopo sembra saper interpretare a pieno la domanda di legalità. Si è persa quella capacità di lettura e comprensione dei fenomeni mafiosi, che si esercitava direttamente e in maniera approfondita negli stessi territori in cui le organizzazioni criminali operavano, attraverso quel tessuto fatto dalla base dei partiti, dalle relazioni con altre organizzazioni di massa e da osservatori privilegiati. Questa sapienza, abbinata al lavoro parlamentare e alla credibilità acquisita negli ambienti giudiziari e investigativi, consentiva di formulare strategie e produrre iniziative, che contribuivano a quella
editoriale << percezione pubblica, il tutto accompagnato da un’attenta selezione dei gruppi dirigenti, locali e nazionali, che non dovevano essere nemmeno sfiorati dal sospetto di compromissione con gli interessi mafiosi. Tutto ciò va recuperato dalla politica, per dare forza e contenuto ai partiti che ne sono espressione, perché siano ritenuti affidabili dall’opinione pubblica sui temi della legalità e della lotta alle mafie. La mafia detta i tempi dell’economia nel Mezzogiorno, che deve diventare il banco di prova per la buona politica, che parli ai giovani, abbandonati oggi al ricatto mafioso, che ipoteca i loro destini, per fornire loro quegli strumenti perché siano i protagonisti del riscatto, della rinascita e del rinnovamento, perché possano prendere in mano la loro vita e costruire un futuro diverso. E’ questo il nemico che il nostro Stato e noi cittadini ci troviamo a dover fronteggiare, con le armi della legalità – che vanno raffinate e rafforzate per combattere organizzazioni in continua evoluzione e che richiede una decisa e diffusa azione della politica e il pieno sostegno delle istituzioni - e di una cultura fondata sui valori di responsabilità civile, da diffondere nei territori, in particolare quelli maggiormente colpiti, per promuovere la consapevolezza che un’altra vita, altra dalle mafie, è possibile.
Le cronache di questi giorni ci resti- avremmo dovuto assistere ad una tuiscono l’immagine di un paese la ferma iniziativa politica e invece ci cui classe dirigente e in parte la stessa troviamo di fronte a casi come quello società civile, distratte da problemi del Comune di Fondi, un vero scanpiù appariscenti, non hanno saputo dalo, ma anche una conferma dell’iarrestare l’evoluzione delle mafie in nadeguatezza della classe dirigente. questi anni, che neanche le operazio- La politica deve promuovere una ni investigative e repressive hanno grande azione volta alla trasparenpotuto fermare: prima il controllo del za nella pubblica amministrazione. territorio e la negazione della legalità, Questo vuol dire adottare atti e comquindi l’ingresso nell’economia, con portamenti volti a evitare fenomeni il controllo di interi settori, dunque di collusione e infiltrazione, da parte l’influenza della politica, attraverso del personale politico e di quello tecil sostegno ai candidati e agli eletti, nico, oltre a rendere le procedure di infine l’ingresso dispesa impermeabili retto nelle istituziointeressi crimiL'azione delle agli ni dello Stato, come nali. Essenziale è mafie fa scempio di anche la selezione gli ultimi atti di cronaca drammaticaprincipi fondanti, del personale polimente evidenziano. tico, che deve risuldiritti e libertà tare immacolato, Una classe politica inadeguata, che ha fondamentali come oltre che insensibile tollerato la convialle lusinghe di un la libertà di voto consenso ottenuto venza, che ha visto ribaltare i rapporti grazie al sostegno di forza e ha prodotto subalternità delle mafie. Un’azione sin’ora risulagli interessi criminali e ha contri- tata difficile, prova ne è la prudenza buito a inquinare le relazioni sociali. nell’applicare i codici di autoregoQuando si fa scempio dell’ambiente lamentazione. A chi ricopre ruoli di e si condiziona il mercato del lavoro, leadership è richiesto di impegnarsi l’allarme dovrebbe suonare altissimo senza indecisioni e tentennamenti e invece non abbiamo sentito che nella ricerca del consenso su un propoche voci isolate, spesso additate getto di società senza mafie, perché come anti italiane. Quando interi solo così questa battaglia civile, siterritori e in essi pubbliche ammi- curamente lunga e che riguarda tutti nistrazioni e governi locali vengono coloro che vogliono un futuro miglioguidati in nome di interessi mafiosi re, potrà essere vinta.
Italia Lavoro chiude (per i beni confiscati ...) In questi anni il protocollo interministeriale aveva garantito politiche attive a sostegno dei lavoratori delle aziende confiscate All’interno dei numerosi provvedimenti da mettere in atto per una migliore risposta politica e istituzionale all’aggressione mafiosa a beni comuni, libertà individuali e territorio, un’attenzione particolare merita la questione relativa ai beni confiscati ai boss, in particolare le aziende. Nonostante sia da poco stata realizzata la nascita di un’Agenzia nazionale per i beni confiscati, molto ancora rimane da fare. A mio parere, la vendita dei beni confiscati, è un errore,
che tradisce lo spirito della norma: colpire le mafie nel loro primario interesse di accumulare ricchezze. Inoltre, altre notizie negative continuano ad arrivare su questo fronte. Dopo oltre dieci anni d’impegno, Italia Lavoro, agenzia tecnica del Ministero del Lavoro, su direttiva del ministro del lavoro Sacconi, chiude tutte le attività di assistenza tecnica mirate allo sviluppo e salvaguardia dell’occupazione nella gestione dei beni confiscati alla mafia. Lo ha comunicato il 12 febbraio al sindacato il neo presidente Paolo Reboani che il Ministro Sacconi ha trasferito dalla sua segreteria alla guida di Italia lavoro il 1 giugno
di F.L.T
2010. A nulla sono valsi gli importanti risultati ottenuti in questi anni con le politiche attive a sostegno dei lavoratori delle aziende confiscate promosse, grazie al protocollo interministeriale del 10 maggio 2007 voluto dagli allora ministri Damiano e Visco. La vicenda è sino ad oggi rimasta in silenzio. Dall’altro lato, invece, il numero ancora alto di beni confiscati non riutilizzati spinge sempre più a considerare l’opportunità di promuovere osservatori locali che svolgano una funzione di stimolo e supporto dell’Agenzia e delle stesse amministrazioni locali. Ma tutto rimane al momento fermo.
verità e giustizia - 17 maggio 2011
3
>> la scheda >> la scheda >> la scheda
>> Italia
4 verità e giustizia - 17 maggio 2011
Per fare (davvero) gli interessi dei cittadini a cura di Franco La Torre
Dall'analisi dei flussi economici sino alla trasparenza sugli appalti e subappalti, le norme che dovrebbero essere approvate al più presto affinchè il tema del contrasto al crimine organizzato diventi centrale nell'agenda politica del nostro Paese
U
nalisi dei flussi economici, derivanti dalle attività delle organizzazioni criminali, che sfuggono all’azione di sequestro e confisca;
A livello nazionale, il Parlamento dovrebbe approvare una serie di norme quali:
l’approvazione in tempi rapidi della proposta di legge per il riconoscimento del ruolo di testimoni della memoria storica ai familiari delle vittime.
na serie di interventi, semplici e diretti, potrebbero rendere più efficace la risposta antimafia alle infiltrazioni e le aggressioni mafiose nella pubblica amministrazione e nel tessuto economico - finanziario. Franco La Torre mette nero su bianco alcune proposte per Comuni e Regioni, e alcune norme che il Parlamento dovrebbe approvare. Eccole a seguire:
la tracciabilità finanziaria delle aziende, che consenta di risalire agli azionisti e ai controllori, rilevare le eventuali cointeressenze con società in odore di mafia e se siano il risultato di operazioni di riciclaggio di denaro sporco; l’abolizione della modifica al testo sul voto di scambio, che pretende come prova il passaggio di denaro; il trasferimento dell’attuazione delle procedure di gara e appalto ad un ente terzo dell’amministrazione centrale dello Stato, nel caso in cui un’amministrazione regionale o locale, che ne manterrebbe la competenza e la titolarità, venga fatta oggetto di gravi minacce o attentati; l’istituzione, in seno alla Commissione Parlamentare Antimafia, dello strumento di indagine per l’a-
la costituzione dell’Osservatorio sull’operato dell’Agenzia per garantire il monitoraggio delle sue attività e fornire contributi per migliorarne l’efficacia;
A livello regionale, in particolare nelle Regioni più colpite, servirebbe l’approvazione di una legge contro le infiltrazioni mafiose e una serie di atti specifici riguardanti: la corruzione, attraverso l’introduzione di norme di prevenzione e l’approvazione di un regolamento specifico per i dipendenti e funzionari della Pubblica Amministrazione; i beni confiscati, con l’istituzione di uno Sportello regionale a cui gli enti locali possono rivolgersi per trovare risposta alle problematiche che incontrano in merito alla gestione dei beni confiscati. Lo Sportello, inoltre, dovrebbe occuparsi di coordinare a livello regionale gli interventi e le iniziative in materia; l’istituzione di un Fondo di rotazione finanziato
Italia <<
annualmente, come quello approvato dalla Regione Lazio, che permetta l’utilizzo per fini sociali dei beni confiscati e una sana gestione imprenditoriale delle aziende sottratte alla criminalità organizzata; l’usura, creando Sportelli provinciali, in grado di promuovere e coordinare una serie di attività (es. mappatura del fenomeno sul territorio regionale e per categorie socioeconomiche, servizio di consulenza legale, ecc.), anche in collaborazione con il privato sociale, le associazioni di categoria, il mondo economicofinanziario, sia sul versante della prevenzione che dell’assistenza alle vittime che hanno denunciato; l’istituzione di un Fondo regionale di prevenzione del fenomeno dell’usura e di solidarietà alle vittime; gli appalti, promulgando norme che garantiscono la massima trasparenza della filiera appalti-subappalti. Un esempio in tal senso è il controllo dell’applicazione di quanto previsto dal Codice dei Contratti, che testualmente afferma: “E’ fatto obbligo all’affidatario di comunicare alla stazione appaltante, per tutti i sub-contratti stipulati per l’esecuzione dell’appalto, il nome del sub-contraente, l’importo del contratto, l’oggetto del lavoro, servizio o fornitura affidati”. Inoltre, è necessaria l’applicazione della circolare del Ministero dell’Interno sui “Controlli antimafia preventivi nelle attività “a
rischio” d’infiltrazione da parte delle organizzazioni criminali” e l’istituzione del conto unico per gli appalti che contribuisce a garantire la tracciabilità dei pagamenti; la formazione degli amministratori e dei funzionari della pubblica amministrazione, stanziando fondi per la formazione continua rispetto alla conoscenza del fenomeno mafioso e della corruzione e delle buone prassi che possono concretamente essere applicate per prevenire l’infiltrazione nelle istituzioni; l’istituzione di Osservatori regionali che svolgano ricerche scientifiche sull’infiltrazione mafiosa nel territorio e sulla corruzione, raccolga e divulghi la documentazione esistente sul fenomeno mafioso, che rediga un rapporto annuale, in rete con gli Enti locali e le istituzioni, sia telematicamente sia attraverso la stipulazione di appositi protocolli d’intesa (Procura, Prefettura, Questura); l’educazione alla legalità e alla responsabilità, con l’approvazione di una legge che riguardi non solo l’educazione alla legalità ma anche l’educazione alla responsabilità, intesa come pratica di comportamenti quotidiani rispettosi delle leggi vigenti, e lo stanziamento di fondi a favore di enti locali e associazioni da tempo impegnate su questo versante e dotate delle necessarie competenze.
L’abolizione della modifica al testo sul voto di scambio, che pretende come prova il passaggio di denaro
A livello comunale, invece, servirebbe nelle città capoluogo di regione e provincia dei territori più esposti: la nomina di un delegato del Sindaco alla lotta alla mafia e alla criminalità organizzata,; la costituzione un apposito Ufficio Centrale per la conoscenza e la denuncia dei fenomeni di criminalità organizzata, del racket e dell’ usura, che si occupi, altresì, della gestione, assegnazione e monitoraggio dei beni confiscati alle mafie in stretta collaborazione, e nella massima trasparenza per la cittadinanza, con l’ Agenzia Nazionale dei Beni Confiscati alle Mafie; la realizzazione di corsi di formazione per i Consiglieri comunali e per la Dirigenza dell’ Amministrazione. verità e giustizia - 17 maggio 2011
5
>> il punto
Liste pulite, lavori in corso di Norma Ferrara
La Commissione antimafia punta il dito contro gli “impresentabili” e la “questione settentrionale”. Ma i boss e i fiancheggiatori continuano ad infiltrare la politica, trovando appoggi e sostegni. E anche un ampio consenso elettorale
S
e ne continua a parlare ad ogni tornata elettorale. Ma di “liste pulite” nemmeno l’ombra. Anche queste elezioni amministrative si sono svolte con poca trasparenza e molti “impresentabili” giunti nelle liste dei partiti, che trasversalmente, ancora una volta, mostrano di non riuscire a fare pulizia al proprio interno. Anche la Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Giuseppe Pisanu, in questi primi anni di attività, ha puntato più volte il dito contro gli “indegni” - come li chiamò in occasione delle ultime elezioni regionali, lo stesso Pisanu. All’epoca in ottemperanza al codice etico già fatto approvare nella passata legislatura dal presidente uscente, Francesco Forgione, da Palazzo San Macuto, Pisanu aveva dichiarato «Dal lavoro dell’Antimafia sulle ultime elezioni amministrative emerge una certa disinvoltura nella formazione delle liste. Gremite di persone che non sono certe degne di rappresentare nessuno». Anche di fronte alle ultime elezioni amministrative, la Commissione antimafia sta dando il via ad un lavoro che - in continuità con il precedente - porti avanti questa operazione “trasparenza” a partire dai piccoli Comuni, sino ai governi regionali e infine, al Parlamento. Oggi, poche ore dopo il voto, nella sua relazione sull’attività’ dell’organismo parlamentare relativa al 2009-2010, Pisanu apre alla “questione settentrionale” e afferma: «c’è un progressivo spostamento delle prati-
6 verità e giustizia - 17 maggio 2011
che e degli interessi mafiosi ben oltre i coordinatore del Pdl di Quarto; seconconfini del Mezzogiorno». Un fenome- do un collaboratore di giustizia sarebno, quest’ultimo, non recente, «perché be anche stato intestatario della casa da almeno 40 anni le mafie hanno ri- dove ha svolto parte della latitanza salito la penisola ed hanno esteso via in Spagna il boss Giuseppe Polverino. via i loro tentacoli in altri paesi eu- Chiaro si sarebbe recato da Polverino ropei e nel resto del mondo». Anche in Spagna mentre era latitante. E’ uno quello delle “liste pulite” continua a stretto collaboratore di Cesaro, Presirestare un monito inviato ai partiti che dente della Provincia e coordinatore i partiti continuano, in larga parte, ad Provinciale del Pdl. Rimaniamo semignorare. Secondo una prima mappa- pre sulla cronaca e troviamo una situatura, infatti, anche queste elezioni si zione abbastanza delicata anche nelle sono svolte all’ombra degli interessi fila del Partito democratico a Savona. politico – economici dei boss. Secon- Qui Roberto Drocchi candidato del do una prima stima, che verrà vaglia- Pd è stato arrestato il 12 maggio per ta oggi in un primo corruzione e false incontro a Palazzo nell’inPisanu apre fatturazioni, San Macuto, sarebchiesta è coinvolto alla questione anche Fotia, ritenubero un centinaio i candidati coinvolti settentrionale e to un possibile riciin inchieste. Mentre clatore o prestanoaffermando che c'è me per conto di boss sono una decina i candidati indagati o uno spostamento calabresi. Parenti, sotto processo per figli/e, cognomi noti delle mafie al nord e appoggi indiretti. vicende di mafia. Alcuni parametri, in Tante le “falle” del merito, ai requisiti dei candidati sono sistema attuale. Anche il codice etico fissati dall’articolo 58 del Testo Uni- rimane un passo indietro alla rapidico degli Enti Locali (decreto legislati- tà e la disinvoltura con la quale i clan vo 267/2000). Ma anche di fronte allo ragionano, organizzano e infiltrano la screenig messo in atto dalle prefettu- politica locale. re, molti “impresentabili” sono ancora Così si ritorna a parlare del “tema delpresenti. Un esempio su tutti, che in- la responsabilità politica”, nel Pd come crocia le ultime cronache dalla Cam- nel Pdl. Alla Commissione antimafia, pania. Il 3 maggio scorso sono stati dunque, il compito di portare avanti arrestati due candidati del Pdl al Con- il lavoro di trasparenza verso il quale siglio Comunale Salvatore Camerlingo sono impegnati da tempo, fra gli altri, cugino del boss della camorra Salvato- politici come Laura Garavini (Pd), Anre Licciardi, accusato di detenzione gela Napoli (Fli), Fabio Granata (Fli), di droga e di armi Armando Chiaro, Beppe Lumia (Pd).
Italia <<
Gli impresentabili di Gianluca Ursini
Le elezioni amministrative in Calabria hanno visto tra i candidati personaggi legati in modo diretto o indiretto alla 'ndrangheta. Nonostante le prese di posizione dei partiti calabresi il problema non è stato affrontato. L'antimafia lancia l'allarme
«D
questo passo, non c’è futuro per la Calabria»; le parole di Angela Napoli, alla vigilia di una sessione della Commissione antimafia in San Macuto, sono improntate allo sconforto più assoluto. Le liste elettorali nel reggino sono stracolme di personaggi tangenziali alla politica
ideale, gente da sottobosco affaristico, o a mezza via tra affari e politica, che più che “impresentabili”, come usa definire certe candidature il presidente della Commissione Beppe Pisanu, sono semplicemente “indecenti”, come ama ripetere il vicepresidente finiano Granata. Tra Reggio Calabria e la sua provincia, si leggono dei nomi che non
avrebbe osato presentare nemmeno Cetto Laqualunque. E dire che l’ex sindaco reggino da 300 milioni di debiti, eletto trionfalmente Governatore un anno or sono, Peppe Scopelliti, lo scorso 18 aprile alla presentazione delle liste, si era sbilanciato: «Presenteremo le nostre liste in prefettura; se per un malaugurato errore materiale, abbiamo candidato dei nomi impresentabili, casseremo senza mezzi termini la candidatura». Ahi, Governatore, che guaio prendere questi impegni. Soprattutto quando nel collegio della Locride si trova tuttora candidato un carcerato! E dal coordinamento provinciale Pdl tutto tace. Ma il signor Rocco Agostino è in manette da 17 giorni come politico venduto al clan Mazzaferro in quel di Giojosa Jonica, dove fungeva da assessore all’Ambiente. Non solo: se il candidato in appoggio a Giuseppe Raffa a presidente provinciale, Agostino, venisse eletto, nessuno ha intenzione di sospenderlo. Riferisce ancora Angela Napoli: «C’è stato un dibattito acceso in Antimafia sul “caso Agostino” con il membro in Commissione del Pdl che ha invitato tutti a non dare giudizi affrettati e a non emettere nessun atto ufficiale del nostro organo di ammonimento, prima di un rinvio a giudizio». «Nel Pdl si è persa una ottima occasione con il caso Agostino – ribatte Laura Garavini, democrat in Antimafia – di assumere posizioni forti, chiare e impegnate sul terreno dell’inquinamento mafioso del voto. D’altronde, qualora venisse eletto il candidato carcerato, nel nostro Codice Etico e nelle leggi vigenti, non è prevista l’automatica decadenza; almeno, non prima di un giudizio definitivo. Come gruppo parlamentare Pd, abbiamo infatti proposto un disegno di legge che preveda la decadenza automatica per ogni politico sotto arresto, anche prima di un rinvio a giudizio o di una condanna in primo grado, che sono i criteri fissati nella legge Lazzati (approvata lo scorso anno, ma non applicata a questa tornata di amministrative)». Anche il Coordinatore Pdl per Reggio città Luigi Tuccio aveva promesso un «codice etico molto rigido». Ma alla verità e giustizia - 17 maggio 2011
7
proposta della associazione “Reggio non tace” di un codice per non presentare candidati di familiari di mafiosi seppur mai inquisiti, o le cui posizioni al termine di una indagine siano state archiviate o siano risultati assolti, ha replicato: «No grazie, non c’è da fare i giacobini, il nostro Codice di autoregolamentazione basta e avanza». E dire che pur se – ribadiamolo – i seguenti signori non sono indagati o condannati o rinviati a giudizio, i loro nomi dovrebbero far rizzare i peli. Gente come Tonino Serranò, candidato in provincia, filmato dai Carabinieri mentre prova una P38, sparando a un randagio, in compagnia di un killer del clan Serraino. Mai indagato però. Sempre in provincia, l’ex consigliere comunale di Scopelliti, il Pdl Michele Marcianò, amicone del boss latitante Cosimo Alvaro, che portò il Governatore a un pranzo di nozze con i prestanome dei clan De Stefano e Tegano, gli imprenditori Barbieri. C’è Roy Biasi, ex rinviato giudizio (poi assolto) per peculato. C’è Gaetano Rao in Rosarno, nipote del mammasantissima deceduto Don Peppino Pesce. Per Rao anche una denuncia per 416 bis nel 1983. Sempre in provincia col Pdl Enzo Sidari, ex assessore Turismo e Spettacoli di Fenice dello Stretto. Il politico che portò a Reggio Lele Mora, con la mediazione del boss Paolo Martino, uno che a 16 anni ne aveva già stirati tre a colpi di lupara, per poi diventare il referente dei De Stefano per la colonizzazione ‘ndranghetista della Lombardia. E a proposito di Paolo Martino, arrestato a marzo con l’operazione “Redux Caposaldo”, in una intercettazione della Procura di Milano con la sorella suora e vicedirettrice in Roma di un ospedale della Curia, si scambiano parole carine su Alberto Sarra, vice di Scopelliti nel governo regionale. «Quello sta a cantà, e so guai pe tutti», riferisce la religiosa al fratello capomafia. «Io mi sono fatto 20 anni ‘i galera per ddu porcu di Sarra, e adesso la deve pagare», replica il boss. Uno a cui la giura un killer tanto spietato da essere diventato capocosca. E che se ne strafrega ampiamente, tanto da girare senza scorta, e continuare a dare ordini in 8 verità e giustizia - 17 maggio 2011
seno al Governo Regionale. Chissà un rito: andare a prendere il caffè che ne pensa l’ex giornalista Fran- delle tre ogni pomeriggio. Insieme. cesco Pionati con la sua Alleanza di In auto, chiacchierando come vecCentro, del fatto che Alberto Sarra chi amici del più e del meno. Forse abbia costruito da zero la sua lista ha ragione Angela Napoli ad essere per le comunali reggine? O che dire disperata. Finchè Candeloro Imbaldei due nomi che capeggeranno nel- zano, assessore uscente in Comune le liste del Pdl e di ‘Scopelliti presi- con Scopelliti e volato con lui in Redente’? Ad una, trionferà Demetrio gione come consigliere, può presenBerna. Certo; non è indagato. Mai tare il figlio Pasquale a raccogliere stato condannato. E’ stato solo la sua stessa messe di voti per il Pdl. coinvolto nella inchiesta “mafia del Peccato che i pentiti Iannò e FracaMattone” della procura antimafia pane lo abbiano indicato 6 anni or nel 2007. L’inchiesono come il loro sta non è stata ardi voti Tra i candidati in collettore chiviata, ma Berna preferito. provincia risulta Ma Iannò era capo ha sempre querelato i giornalisti che Rocco Agostino in locale a Gallico, sul tiravano fuori queTirreno, mentre carcere in seguito Imbalzano è una sta macchia sul curriculum del coa un'operazione ruspa elettorale struttore edile nuin quel di Pellaro, antimafia sullo Jonio. Non mero uno in città, nonché collettospargiamo veleni re numero uno di voti nei paesi di su questi galantuomini. SoprattutCannavò e Mosorrofa, dove impe- to se a raccogliere le confidenze dei rano le cosche Libri. Lui che è cre- boss pentiti era un magistrato come sciuto gomito a gomito con don Pa- Francesco Mollace, di recente tirato squale Libri e con l’attuale reggente in ballo da un pentito di mafia come Chirico. E nella lista intitolata al colluso. Governatore ex sindaco, stravincerà Peccato che Mollace avesse dispol’avvocato Pasquale Morisani. Mai sto indagini su mezzo Polo delle indagato, ma il suo nome è il secon- Libertà reggino nel 2005 per assodo più citato nelle inchieste “Ere- ciazione mafiosa, arrivando fino mo”, “Pietra Storta” e “Pietra Storta ai sottosegretari. Ma tutto finì in 2”; dove il nome più citato è quello primo grado, senza una condanna. del boss Santo Crucitti, da un mese Quindi, si riempiano le liste di nuoagli arresti, che con Morisani aveva vo.
internazionale <<
Le mani sull'Australia di Gaetano Liardo
Q
uando ha saputo di aver ricevuto un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è scoppiato in una fragorosa risata. E’ stata questa la reazione di Tony Vallelonga, originario di Nardodipace, Vibo Valentia. «Non sono stato coinvolto o contattato da nessuna polizia», ha risposto al cronista di PerthNow che lo ha intervistato. Tuttavia, subito dopo si è dovuto ricredere, dichiarandosi sconvolto nel suo coinvolgimento nell’operazione “Crimine 2”. Dagli elementi in mano agli investigatori italiani Tony Vallelonga sarebbe un elemento di vertice della ‘ndrangheta in Australia. Paese dove è stato Sindaco di Stirling, sobborgo di Perth, capitale dello Stato dell’Australia Occidentale, dal 1997 al 2005 e dal 2009 cittadino onorario. Considerato personalità di rilievo della locale comunità italiana. La notizia del suo coinvolgimento in “Crimine 2” ha creato forti perplessità in Australia. Il Sindaco di Perth, Lisa Scaffidi ha dichiarato alla stampa australiana che: «Il Tony Vallelonga che io conosco è un moralmente retto cittadino di Perth che ha dimostrato di avere grande supporto e che ha lavorato per la comunità quando è stato Sindaco, oltre che come leader della comunità». Una valutazione del tutto diversa da quella della Dda di Reggio Calabria. Per gli inquirenti reggini, infatti, Vallelonga avrebbe un: «Ruolo di vertice all’interno della locale di appartenenza; assumendo le decisioni più rilevanti, impartendo le disposizioni o comminando sanzioni agli altri associati a loro subordinati, decidendo e partecipando ai riti di affiliazione curando rapporti con le altre articolazioni della associazione».
Anche Oltreoceano le 'ndrine stringono i rapporti con la politica per consolidare il loro potere. La figura di Tony Vallelonga, ex sindaco di Stirling, accusato dagli inquirenti italiani di essere un esponente di spicco della 'ndrangheta australiana Un personaggio di primo livello, in stretto una bellissima lettera... dicendo...chiedo contatto con il mandamento jonico della per telefono: scusate se verso di me avete provincia reggina. In modo particolare con qualche prova?... altrimenti io prendo... se il “Mastro”, Giuseppe Commisso, boss di non ci sono prove... ho preso un articolo Siderno. Se provate le accuse a suo carico, sul giornale... il signor VALLELONGA non Vallelonga rischia una pena fino a 14 anni è (inc.) ho vinto con il suo merito...». di carcere. Dalle intercettazioni allegate Per poi continuare aggiungendo: «VALLEall’ordinanza di custodia cautelare il ruolo LONGA: Schifosi,disonesti...(inc.)... dell’ex Sindaco di Sterling all’interno della COMMISSO: ...(inc.)... ho chiamato il giorcriminalità organizzata calabrese sembre- nalista e gli ho detto: chi te lo ha detto?... rebbe evidente. Vallelonga ha uno stretto VALLELONGA:...“La tua comunità mi ha rapporto con il “Mastro”, con cui parla della detto che tu sei...”...io?... ma io non so nesituazione delle locali australiane, chieden- anche la parola che significa... “e tu perché do consigli e progettando linee di azioni (inc.) in giro”...gli ho detto: perché io rispetcomuni. Un comportamento in linea con to la gente... rispetto la gente...». quello dimostrato dai Una conversazione sirappresentanti della emblemaE' considerato curamente ‘ndrangheta all’estero, tica. leader della In un altra intercettasempre in stretto contatto con i boss della comunità locale zione Vallelonga par“madrepatria”. Parla con il “Mastro” del italiana ma è stato tentativo secessionista lando con Commisso, in una conversazione intercettato con il portato avanti da un intercettata nell’agosto tale Cosimo che avrebboss di Siderno be tentato di staccarsi del 2009 all’interno della lavanderia Ape Gredal Crimine austraen, usata dal “Mastro” come quartier gene- liano. Sentito il racconto di Vallelonga, rale, Vallelonga si sfoga contro la stampa Giuseppe Commisso risponde categoriaustraliana. co: «Non gli possiamo permettere queste «VALLELONGA: Si... sapete che cosa mi cose... non gli permettiamo...». Dal canto hanno combinato a me? ...(inc.)... io ho vin- suo Vallelogna riferisce al boss di Siderno to con l’ottantacinque per cento dei voti... quello che ha detto a Cosimo: «tu locale? e in un giornale hanno scritto che io faccio fino a quando campo io, tu locale non ne parte della mafia... COMMISSO: Bastar- prendi ... e basta!». Affermazioni che dimodi!... VALLELONGA: Ma io ho vinto con strano quanto le ‘ndrine da tempo siano l’ottantacinque... COMMISSO: Allora sono radicate e strutturate in Australia. Capaci, tutti mafiosi ...(inc.)... VALLELONGA: Eh, come in Italia, di dialogare con il mondo questo gli ho detto io... l’ottantacinque per della politica o di fare, se le accuse risultecento, che maggioranza, complimenti... ranno provate, di un proprio esponente un allora da quanto hanno (inc.) io gli faccio leader della comunità italiana. verità e giustizia - 17 maggio 2011
9
>> i media ne parlano
Stop alla processione e il camorrista rende omaggio al Santo di Norma Ferrara
A Radio24 nella rubrica "Sotto tiro. Storie di mafia e antimafia" si parla di religione, mafia e Chiesa
I
n sette minuti una storia. “Sotto tiro. Storie di mafia e antimafia” la rubrica di Roberto Galullo è una trasmissione radiofonica di denuncia del fenomeno mafioso e della penetrazione della criminalità organizzata nella società e nell’economia italiana, della presenza delle mafie anche nel nord del nostro Paese, dell’economia
10 verità e giustizia - 17 maggio 2011
criminale. La rubrica ha l’obiettivo di rappresentare un anello nella catena di storie iniziative in difesa della legalità. L’inviato del Sole 24 ore da anni lavora sul campo per approfondire queste tematiche, e che ha già condotto su Radio 24 altre trasmissioni sul tema della legalità. Lo scorso 15 maggio nella puntata intitolata “Stop alla processione e il camorrista rende omaggio al Santo” si è occupato di camorra, Chiesa e religione. Il fatto di cronaca: un sindaco, un vescovo e una processione che ogni anno si ferma sotto il balcone del “boss” per rendere omaggio. Il sindaco, l’ex magistrato Luigi Bobbio, chiede che la processione non faccia soste sotto la casa del boss della camorra, Renato Raffone, attualmente agli arresti do-
miciliari. La processione di San Catello, santo patrono di Castellamare di Stabia, infatti da un paio d’anni fa si ferma sotto il balcone del boss e poi riparte dopo aver fatto “incontrare” simbolicamente il santo e il criminale. Non è una storia recente, questa. La mafia, lo testimoniano le cronache giornalistiche e gli studi sociologici, parla anche attraverso queste azioni e dimostra così il potere e la sua “superiorità” e/o “parità” rispetto al potere della Chiesa e dello Stato. Questa volta però il sindaco di Castellamare si è opposto.Il vescovo Mons. Felice Cece, ha declinato l’invito telefonico a partecipare alla trasmissione di Galullo per spiegare meglio il perchè di quella sosta sotto il balcone del boss. Il sindaco, invece, ha accettato l’invito e ha raccontato cosa è accaduto. «Quando il Vescovo ha acconsentito a far fermare la statua - racconta il sindaco - noi siamo usciti dalla processione e ci siamo tolti la fascia e abbiamo ritirato i gonfalone del Comune. Non mi aspettavo un comportamento “ipocrita” - dice Bobbio - in cui si fa finta di non conoscere il significato di quella “sosta”». Già a gennaio il sindaco aveva chiesto che la processione non si fermasse sotto il balcone del boss. E così era stato. Adesso, nell’ultimo appuntamento di maggio, gli organizzatori hanno opposto resistenza e scelto di fermarsi ugualmente. «Credo che il mio comportamento sia stato del tutto normale. In questi giorni ho ricevuto la solidarietà di tantissimi - dichiara il sindaco ai microfoni di Radio24 - Ritengo che ogni istituzione debba fare la sua parte nel contrasto alla criminalità, nessuna esclusa». La rubrica “Sotto tiro. Storie di mafia e antimafia” negli ultimi mesi si è occupata anche di un altra storia che ha coinvolto la Chiesa. Questa volta al nord, a Modena. Dove ignoti hanno danneggiato le fotografie dello scrittore, Davide Cerullo, ospitate nella chiesa della Beata Vergine. Anche a Modena fenomeni criminali di ispirazione camorristica non sono più una novità. E ai microfoni di Radio24, Galullo, ha raccontato anche l’impegno antimafia che la regione sta mettendo in atto. L’ultima, in ordine di tempo, l’approvazione di una legge regionale antimafia per l’Emilia Romagna.
libri <<
Mafia a Milano di Lorenzo Frigerio «Contrariamente a quel che si pensa, la zona della neutralità è meno ampia di una volta. Oggi la mafia ha a Milano più amici di prima. Ma anche più nemici. Si profila un aspro confronto civile, non guardie contro ladri, ma culture contro culture, ambienti sociali contro ambienti sociali. E in questo conflitto, il libro, come ogni libro ben informato e sorretto da autentica passione, può svolgere un importante ruolo di orientamento». Sono queste le lusinghiere parole con cui Nando dalla Chiesa chiude la sua introduzione al testo di Mario Portanova, Giampiero Rossi e Franco Stefanoni, intitolato “Mafia a Milano”. Sicuramente il miglior viatico per l’assicurato successo di pubblico, l’indicazione sicura della strada da battere per arrivare alla sconfitta delle mafie: non solo repressione ma anche prevenzione, non solo processi ma soprattutto cultura. Il bel libro già edito nel 1996 – opera di tre giornalisti cresciuti alla scuola del mensile da combattimento “Società Civile” e uscito nel deserto editoriale e culturale che all’epoca accompagnava colpevolmente la presenza delle cosche al nord – viene riproposto ai lettori di oggi e di ieri non in una semplice riedizione aggiornata, ma in una ben più complessa riscrittura che offre spunti interessanti e approfondimenti degni di nota. Il sottotitolo chiarisce l’equivoco di fondo al quale il dibattito sulla presenza delle mafie al nord è soggetto ancora oggi: “Sessant’anni di affari e delitti”. Il lasso temporale prescelto per la narrazione, infatti, sgombra il campo da ogni possibile distinguo sulla persistente presenza delle mafie in città e in regione. Prima ancora che nell’istituto del soggiorno obbligato – una scellerata scelta che si è rivelata essere anziché una cura per contrastare le mafie, un formidabile volano per il loro contagio delle regioni immuni – gli autori individuano nella forte attrattiva della metropoli una delle ragioni del loro arrivo, prima svoltosi in sordina poi esercitato platealmente. Un’attrattiva che, in termini di business e complicità, ha finito con il far maturare la piena consapevolezza negli uomini delle mafie, prime fra tutte la siciliana e la calabrese, delle enormi possibilità di crescita, anche lontano dai territori di origini. Joe Adonis, Gerlando Alberto, Giacomo Zagari: questi i pionieri criminali, al seguito dei quali le cosche hanno piantato solidi radici in città e in regione. Gli anni dell’Anonima sequestri – la Lombardia è stata la regione più colpita dalla terribile piaga – segnati dalla presenza ingombrante di un boss come Luciano Liggio lasciano spazio ad una stagione frenetica, vissuta
tra bische clandestine e il nuovo business della droga, dove i nomi più ricorrenti sono quelli di Francis “Faccia d’Angelo” Turatello e Angiolino Epaminonda, con il bel Renè Vallanzasca a fare da guastatore. Che fossero semplici gangsters o affiliati regolari delle cosche non importa più di tanto, perché furono comunque il comodo alibi per società e istituzioni che, nel silenzio colpevole, lasciarono che affari e mentalità criminali entrassero a contatto con loro e isolassero uomini come Giorgio Ambrosoli. Ricordare il coraggioso “eroe borghese” introduce la ricostruzione delle vicende dei banchieri delle cosche, Sindona e Calvi, al soldo di interessi criminali, come i “colletti bianchi” Monti e Virgilio: figure chiave finite nelle cronache e negli atti processuali e che segnano il degrado progressivo di economia e finanza in quella che è la piazza più importante d’Italia. Gli autori seguono con dovizia di particolari le tante storie di boss e gregari per arrivare dal passato a raccontare anche del presente del nostro paese, con la strana storia di uno “stalliere” come Vittorio Mangano, uomo d’onore della famiglia di Porta Nuova a Palermo, finito al servizio dell’imprenditore rampante Berlusconi. I presunti rapporti mai chiariti dell’attuale primo ministro e del suo allora segretario, oggi senatore, Dell’Utri, finiscono sotto esame. Ampio spazio viene dedicato dai tre giornalisti al racconto di quartieri di Milano e di paesi dell’hinterland finiti sotto il controllo militare delle organizzazioni mafiosi: da Ponte Lambro allo Stadera, da Quarto Oggiaro a Bruzzano, da Corsico a Buccinasco. Analoga attenzione è poi riservata all’imponente attività di contrasto messa in campo da forze dell’ordine e da una magistratura sempre attenta e capace di lavorare in silenzio, per sferrare colpi mortali alle cosche. Dalla Duomo Connection all’ultima operazione Infinito, passando per le decine di maxiprocessi che si tennero nella metà degli anni Novanta e portarono alla sbarra quasi tremila mafiosi, ricavando condanne per la maggior parte di loro, i giudici di Milano hanno dimostrato di saper leggere affari e alleanze delle mafie, aggredendone anche gli ingenti patrimoni. Il libro di Portanova, Rossi e Stefanoni dedica, in finale, un giusto riconoscimento alle tante associazioni, ai molti cittadini e ai non moltissimi rappresentanti istituzionali che, nel corso dei decenni, si sono battuti contro la violenza delle mafie. E non è un caso se è proprio in questa nuova consapevolezza collettiva che gli autori indicano il possibile rimedio contro la metastasi mafiosa.
Mario Portanova, Giampiero Rossi, Franco Stefanoni MAFIA A MILANO Sessant’anni di affari e delitti Melampo Editore, Milano 2011 pp. 496 € 18,50
verità e giustizia - 17 maggio 2011
11
12 veritĂ e giustizia - 17 maggio 2011
>> dai territori a cura di Gaetano Liardo
Emilia-Romagna Presentato all’Università di Bologna il dossier “Le mafie in Emilia Romagna” realizzato dagli studenti universitari. Un lavoro teso a fotografare la presenza delle organizzazioni mafiose nella regione. Recentemente l’Assemblea legislativa ha approvato una normativa antimafia volta da un lato a contenere lo strapotere dei boss, dall’altro a promuovere iniziative culturali di sensibilizzazione.
Lazio Dopo lo stop pasquale sono ripresi gli sgomberi degli insediamenti dei rom nella Capitale. Tolleranza zero e demolizione dei campi abusivi è la strategia adottata dalla giunta Alemanno. Tuttavia i problemi non mancano. I rom protestano. Dopo le demolizioni non sanno dove andare a vivere e spesso trovano sistemazioni di fortuna all’interno dei parchi romani, oppure danno vista ad altri campi, anche questi abusivi. Un risultato opposto rispetto a quello sbandierato dal Piano Nomadi.
Puglia Due grosse operazioni contro la Sacra corona unita la scorsa settimana nel Salento. Un blitz dei carabinieri di Maglie ha portato all’arresto, tra gli altri, di Leonardo Costa, capo-bastione di Corigliano. Le accuse: traffico di armi, droga, banconote false, ma anche estorsioni. La Dia di Lecce, invece, ha sequestrato beni dal valore di 1,6 milioni di euro a Giovanni Mazzotta, conosciuto come Gianni Conad per le sue attività nell’ambito del settore della grande distribuzione. Mazzotta sta scontando in carcere una pena di otto anni per traffico di droga.
verità e giustizia - 17 maggio 2011
13
IPSE DIXIT a cura di Lorenzo Frigerio
“La Mafia ormai sta nelle maggiori città italiane” Carlo Alberto dalla Chiesa prefetto di Palermo ucciso dalla mafia Chiunque pensasse di combattere la Mafia nel “pascolo” palermitano e non nel resto d’Italia non farebbe che perdere tempo.. La Mafia ormai sta nelle maggiori città italiane dove ha fato grossi investimenti edilizi, o commerciali e magari industriali. Vede, a me interessa conoscere questa “accumulazione primitiva” del capitale mafioso, questa fase di riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e ristoranti a la page. Ma mi interessa ancora di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta
nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere.. Il segreto bancario. La questione vera non è lì. Se ne parla da due anni e ormai i mafiosi hanno preso le loro precauzioni. E poi che segreto di Pulcinella è? Le banche sanno benissimo da anni chi sono i loro clienti mafiosi. La lotta alla Mafia non si fa nelle banche o a Bagheria o volta per volta, ma in modo globale.
Carlo Alberto dalla Chiesa Saluzzo (CN) 1920, Palermo 1982 Dall’intervista a Giorgio Bocca, La Repubblica 10 agosto 1982
rassegna stampa di Gaetano Liardo Le elezioni amministrative hanno manipolato nelle ultime settimane l’informazione in Italia. Tra le denunce all’Authrity delle Comunicazioni per le numerose violazioni della legge sulla par condicio, e le analisi sugli effetti che le amministrative avranno sulla durata in sella dell’Esecutivo, i media non hanno parlato d’altro. In secondo piano la guerra in Libia e la ripresa degli sbarchi a Lampedusa, così come l’infuriare della crisi in Siria, dove il regime “moderato” di Assad sta reagendo alle rivolte di piazza allo stesso modo del Colonnello Gheddafi. Idem per i nuovi scontri tra israeliani e palestinesi
14 verità e giustizia - 17 maggio 2011
rinfocolati nel giorno del Naqba, l’anniversario della proclamazione dello Stato di Israele che per gli arabi è il giorno della “vergogna”. E’ balzato, invece, agli onori della cronaca l’arresto di Dominique Stauss Khan, presidente del Fondo Monetario Internazionale, per stupro. Interesse legato alle ben note vicende sessuali che in Italia coinvolgono il premier, a processo a Milano per sfruttamento della prostituzione minorile. Si è parlato di elezioni, è vero, però senza approfondire quello che da oggi sarà nell’agenda della Commissione antimafia: i candidati “impresentabili” appoggiati e legati ai boss. Un
fenomeno trasversale che interessa l’Italia intera, a tutti i livelli di rappresentatività. Dopo il clamore suscitato, invece, è tornato il disinteresse su Massimo Ciancimino, recentemente arrestato per calunnia aggravata dalla Procura di Palermo. Congelate le richieste di istituire Commissioni parlamentari ad hoc sulla gestione dei pentiti, e quelle di mandare in carcere il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, titolare delle indagini sulla trattativa tra Stato e mafia negli anni delle stragi. Tutto fermo, giusto il tempo di metabolizzare il risultato delle amministrative. Poi si ripartirà alla carica.
veritĂ e giustizia - 17 maggio 2011
15
Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera Informazione Osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie
Direttore responsabile: Roberto Morrione
Hanno collaborato a questo numero: Franco La Torre, Gianluca Ursini
Coordinatore: Lorenzo Frigerio
Grafica: Giacomo Governatori
Sede legale via IV Novembre, 98 - 00187 Roma tel. 06.67.66.48.97 www.liberainformazione.org
Redazione: Peppe Ruggiero, Antonio Turri, Gaetano Liardo, Norma Ferrara
16 verità e giustizia - 17 maggio 2011