verità e giustizia n.85

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n.85

27 febbraio 2011

veritĂ egiustizia

La newsletter di liberainformazione

GEOGRAFIA MAFIOSA


>> editoriale

Perchè andiamo a Genova di Nando dalla Chiesa

2 verità e giustizia - 27 febbraio 2012

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ibera a Genova, Libera in Liguria. Per festeggiare a Genova la giornata della memoria e dell’impegno del 17 marzo del 2012. È una scelta naturale. Un’altra grande e storica città del nord, dopo le esperienze di straordinaria partecipazione di Torino e di Milano. Perché ce lo stanno raccontando i processi, ce lo stanno dicendo ripetutamente le cronache e gli studi: è il nord ormai la vera terra di conquista dellemafie, la vera posta in gioco se si vuole rovesciare la strategia dei clan. Se si vuole decidere di non mettere a loro disposizione –pressoché indifesele terre più ricche. Se si punta a saldare invece la rivolta delle regioni meridionali, e dei loro giovani in particolare, con una rivolta di tipo nuovo; capace di crescere e mettere radici in quelle che una volta erano le aree “di insediamento non tradizionale” e che tali non sono più se mezzo secolo è in grado di fare “tradizione”. Liguria, Lombardia e Piemonte. Nel nord-ovest, come anche nel Lazio, le organizzazioni mafiose si stanno scatenando. Non vogliono più gestire spazi residuali, non bastano più loro i tipici interstizi degli affari criminali. Pretendono, perché sentono di averne ormai la forza, di dettare legge, di conquistare il celebre “monopolio del ciclo del cemento”. Vogliono penetrare l’economia legale, dai ristoranti ai centri commerciali alla sanità, ed espandere i business illegali, a partire dallo smaltimento dei rifiuti. Tendono a intensificare i rapporti con la politica, dimostratasi troppo permeabile e “avvicinabile”. Meno chemai, sia chiaro, sono disposte a retrocedere. Non è nella loro natura. Hanno piuttosto dimostrato, soprattutto la ‘ndrangheta, ormai egemone nel nord, una forte vocazione colonizzatrice. Per questo si apre con ogni evidenza un conflitto dalle grandi implicazioni civili e culturali. Al quale sono chiamati a partecipare, schierandosi con lo Stato di diritto, con la libertà, con la giustizia, con la trasparenza amministrativa, tutti i cittadini onesti e responsabili, gelosi dei propri diritti costituzionali. In Liguria come in tutto il nord troppi sono stati gli occhi chiusi per quieto vivere, per incapacità di comprendere, talora per connivenza. Eppure (e

proprio per questo) il comune di Bordighera è stato sciolto per infiltrazioni mafiose, dopo molte e inascoltate denunce di esponenti delle istituzioni e della società civile. E forse non rimarrà il solo. Eppure (e proprio per questo) la provincia di Imperia è stata abbandonata alle pretese dei clan grazie a esponenti delle istituzioni di recente -e per fortuna- rimossi o perseguiti. Eppure (e proprio per questo) informazioni più precise e preoccupanti giungono su attività mafiose nella altre provincie liguri, Genova compresa. Il contributo che Libera intende dare con la sua presenza nazionale sarà dunque come un atto di attenzione e di amore verso questa regione. Una giornata, quella del 17 marzo, che riassuma mesi di sensibilizzazione condotta a contatto quotidiano con gli esponenti più attenti delle istituzioni, con le scuole, le università, i sindacati, il ricco mondo delle associazioni, la chiesa più impegnata, le professioni, quegli imprenditori che apprezzano il nuovo vento che spira in Confindustria, siciliana e non solo. Un atto di attenzione e di amore tanto più dovuto dopo la prova terribile delle alluvioni autunnali, che hanno suscitato in tutta Italia un moto spontaneo di solidarietà verso Genova e verso la Liguria. Mettere la propria esperienza, l’entusiasmo di tanti giovani e la loro domanda di futuro, al servizio della causa della legalità e della giustizia in una terra di grandi tradizioni democratiche. Testimoniare, anche attraverso la presenza di centinaia di familiari di vittime, qual è il costo sociale e umano dellamafia, perché tutti prendano coscienza dei prezzi che ogni anno di ritardo può comportare. Tra i genovesi, con i genovesi. Tra i liguri, con i liguri. Ogni giornata della memoria e dell’impegno lascia nella città in cui si svolge un tesoro di relazioni sociali, di sensibilità civile, di coinvolgimento personale e collettivo. Lascia la città ospite più ricca, così come più ricca e responsabile diventa Libera attraverso queste giornate e i rapporti costruiti con città tanto diverse. Che la primavera arrivi e faccia sbocciare una nuova coscienza collettiva contro la mafia. Che lo faccia ovunque, partendo da Genova


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Verso il 17 marzo a Genova con Libera di Norma Ferrara

Cresce l'allarme per la presenza dei clan nella regione ma si fa strada anche l'impegno antimafia della società civile. Libera Informazione in uno speciale racconterà la terra che ospita la XVII giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie

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n atto di attenzione e di amore» così definisce la scelta di andare a Genova per la Giornata della Memoria e dell’Impegno, il presidente onorario di Libera, Nando dalla Chiesa. Si terrà infatti in Liguria la XVII edizione del 21 marzo (anticipata a sabato 17 per facilitare la partecipazione) la giornata che Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, dedica al ricordo delle oltre 900 vittime delle violenza mafiosa, rinnovando nel loro nome, l’impegno antimafia nel Paese. Dopo Potenza, il popolo di Libera, torna al Nord a «mettere la propria esperienza, l’entusiasmo di tanti giovani e la loro domanda di futuro, al servizio della causa della legalità e della giustizia, in una terra di grandi tradizioni democratiche» - come scrive dalla Chiesa nell’introduzione al “Dossier Liguria” redatto da Libera, in questi mesi. E’ la prima volta in questa regione, per l’associazione fondata da Don Luigi Ciotti. Da anni in Liguria sono presenti coordinamenti e presidi della vasta rete di associazioni aderenti a Libera ma attive anche le mafie. In pochi anni le notizie di cronaca giudiziaria hanno fatto alzare il livello di allerta contro le organizza-

zioni criminali che assediano la regione. d’Europa. Lo farà attraverso le carte giuSembra impensabile e invece in Liguria diziarie, i dati già resi noti da procure e hanno trovato spazio, dopo le famiglie intelligence antimafia, le cronache giorsiciliane della Stidda, anche i “locali di nalistiche, interviste e testimonianze di ‘ndragheta”, insediamenti pericolosi che chi in Liguria opera sul fronte antimafia hanno messo in crisi un tessuto sociale e per i diritti. Perché come scrive dalla nel quale la democrazia sembrava soli- Chiesa in chiusura del suo editoriale nel da. Eppure è la Liguria fra le regioni del Dossier di Libera: «Ogni giornata della Memoria e dell’ImNord la prima per pegno lascia nella numero di comuni sciolti per rischio inNando dalla città in cui si svolge tesoro di relazioni filtrazioni mafiose: Chiesa, presidente un sociali, di sensibilità ben due, Bordighera onorario di civile, di coinvolgie Ventimiglia (in propersonale e vincia di Imperia). Libera: «A Genova mento collettivo. Lascia la Imprenditoria, mafia l'entusiamo di tanti città ospite più ricca, e politica, anche qui al centro dei provvegiovani e la loro così come più ricca e responsabile divendimenti giudiziari e di domanda di futuro» ta Libera attraverso quelli amministrativi queste giornate e i intrapresi da istituzioni e forze dell’ordine. Un quadro a tin- rapporti costruiti con città tanto diverse. te fosche che di pari passo con l’avanzata Che la primavera arrivi e faccia sbocciare delle mafie vede crescere anche la sensi- una nuova coscienza collettiva contro la bilità dell’opinione pubblica sul tema. Li- mafia. Che lo faccia ovunque partendo bera Informazione accompagnerà i letto- da Genova». Il conto alla rovescia per la ri e il popolo di Libera, alla giornata della Giornata della Memoria e dell’Impegno è Memoria e dell’Impegno, raccontando partito sul nostro portale, con approfonsul portale www.liberainformazione. dimenti giornalistici, immagini, racconti org queste due facce della Liguria, porta e tanto altro. verità e giustizia - 27 febbraio 2012

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>> intervista

Sistema 'ndrangheta di Gaetano Liardo

È definita la mafia più potente al mondo, presenza istituzionale strutturata in Calabria, ma ben radicata nell’Italia del nord, dove dialoga con la politica e fa impresa drogando il mercato. Intervista al magistrato Vincenzo Macrì

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ai come in questi ultimi anni si è tanto scritto e parlato della ‘ndrangheta. La mafia calabrese si è sviluppata e rafforzata all’ombra di Cosa nostra, sostituendola nei grossi traffici e nei grossi affari dopo il “suicidio” dei siciliani con la stagione delle bombe. Oggi la ‘ndrangheta ha esteso i suoi tentacoli in tutto il Paese, valicando i confini nazionali, accreditandosi nel grande gioco del traffico della cocaina, insediando la politica, locale e nazionale, e stringendo rapporti con la massoneria e parte dei servizi segreti. Ne parliamo con Vincenzo Macrì, un magistrato che nel corso degli anni ha combattuto le ‘ndrine cogliendone i potenziali e le evoluzioni. Macrì ha lavorato alla Dda di Reggio Calabria, poi alla Direzione nazionale antimafia, e oggi è procuratore capo ad Ancona. Dott. Macrì secondo la Direzione nazionale antimafia la ‘ndrangheta al nord è l’organizzazione criminale che più delle altre, Cosa nostra e camorra, si è radicata nel territorio. A cosa è dovuta questa grande capacità di inserimento nei tessuti politico-eco-

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nomico-sociali? E’ da almeno trent’anni che la ‘ndrangheta è presente al nord. In Lombardia, Piemonte e Liguria è una presenza remota, già evidente con la pratica dei sequestri di persona negli anni ‘70, poi con i grandi traffici di stupefacenti e le guerre di mafia negli anni ‘90, in Lombardia in modo particolare. Oggi infine è presente nel tessuto economico e politico. E’ una penetrazione matura agevolata dalla struttura della ‘ndrangheta, un modello organizzativo che ha clonato la struttura originaria. Le locali presenti al nord assicurano, inoltre, la continuità dell’organizzazione a prescindere dalla sorte dei singoli. E’ da molti anni che la ‘ndrangheta al nord è segnalata come il problema principale. Già nel 1993 dissi che Milano era la capitale della ‘ndrangheta. I magistrati milanesi, proprio nella relazione della Dna, parlano di ‘ndrangheta come di un sistema che governa importanti settori economici lombardi. Nel trasporto su gomma, cemento e movimento terra la ‘ndrangheta è sistematicamente dominante. E’ presente anche nei settori commerciali, turistici, nella ristorazione. E’ tutta l’economia ad essere penetrata dai capitali della ‘ndran-

gheta, a maggior ragione in un periodo di crisi come quello che stiamo vivendo. Quanto la classe politica del nord Italia è insidiata dalle ‘ndrine o collusa? Sono due gli strumenti che la ‘ndrangheta ha utilizzato per consolidare il cammino nella società: l’intimidazione e la corruzione. Inizialmente si è servita dell’in-


calabrese come la holding mondiale del crimine. Perchè e come la ‘ndrangheta è riuscita a conquistarsi il ruolo di player mondiale dei grandi traffici di droga? E’ una modalità, questa, sia nazionale che internazionale. Soprattutto le cosche joniche, intercettando i flussi migratori dalla Calabria, sono riuscite ad adattarsi alle regole del commercio internazionale di droga, conquistando la fiducia dei grandi trafficanti. Le ‘ndrine assicurano liquidità, affidabilità e mancanza dei cosiddetti pentiti. Mentre i siciliani hanno difficoltà a garantire i pagamenti, i calabresi pagano in anticipo le partite di droga. La ‘ndrangheta, inoltre, nei vari territori è presente dentro i cartelli dei narcos, così come dentro la criminalità organizzata canadese, essendo così in grado di gestire la fornitura, lo smercio e la distribuzione in Europa. Spesso quando si parla di ‘ndrangheta si usa definirla massomafia. Molti esperti, investigatori e inquirenti, sottolineano il rapporto molto stretto tra i boss calabresi e la massoneria. E’ veramente così forte questo legame?

Vincenzo Macrì: le 'ndrine hanno utilizzato corruzione e intimidazione per farsi strada nella società, anche nelle città del Centro – Nord timidazione, sostituita nel tempo dalla corruzione. Quest’ultima crea complicità, non vittime. L’ambiente locale ha accettato e addirittura richiesto l’ingresso della ‘ndrangheta. E’ come se ci fosse un desiderio di mafia, di mafiosità, per accedere ai “vantaggi” dell’illegalità. Si è creata così una saldatura di interessi anche a livello politico, perchè la ‘ndrangheta assicura vantaggi elettorali. Basti pensare al caso

De Girolama, eletto nella circoscrizione estera. Questo è un fenomeno che si manifesta soprattutto nei piccoli centri, dove le ‘ndrine ottengono, in cambio di un appoggio elettorale, deroghe ai piani regolatori per inserirsi nel mondo della costruzione e fare speculazioni. Sempre la Dna, nell’ultima relazione, definisce la criminalità organizzata

L’ultima relazione della Dna dice testualmente che la ‘ndrangheta in Calabria, e nella provincia di Reggio in modo particolare, è una presenza istituzionale strutturale. Questa non è un’analisi nuova, è la conferma e la dimostrazione di questa caratteristica strutturale. La massoneria, in questo quadro, è l’elemento importante di mediazione tra i poteri criminali e quelli istituzionali. Un rapporto vecchio nel tempo, basti pensare alla vicenda di Franco Freda affidato negli anni ‘70 ai De Stefano. Oppure bisogna ritornare alle dichiarazioni del notaio Marrapodi. Oggi si assiste a figure che sono contemporaneamente legate alla ‘ndrangheta e alla massoneria. Si creano così dei contatti che facilitano gli affari, oppure i rapporti con segmenti dei servizi segreti. Come per il caso di Giovanni Zumbo, coinvolto nel ritrovamento dell’auto piena di armi lungo il tragitto del corteo del Presidente Napolitano in visita a Reggio? Esattamente, Zumbo è una di quelle figure che rappresentano lo snodo dei poteri occulti in territorio reggino.

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>> focus

La mappa delle mafie nel Paese Mafia Siciliana

'Ndrangheta

Camorra

Mafie straniere

Infiltrazioni Aree a tradizionale presenza mafiosa

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Le Famiglie, i mandamenti e i clan

Trapani MANDAMENTI: Trapani Alcamo Castelvetrano Mazara del Vallo

Palermo

Messina

FAMIGLIE:

FAMIGLIE:

San Lorenzo/Resuttana Partinico Boccafalco della Noce Pagliarelli Porta Nuova Brancaccio Santa Maria del Gesù

Tortorici Mistretta Barcellona Milazzo Mazzarrà Sant’Andrea Terme Vigliatore

SICILIA Catania FAMIGLIE: Santapaola Ramacca San Michele di Ganzaria

Agrigento

In provincia: Laudani, Sciuto, Cappello, Pillera, Cursoti

MANDAMENTI:

Casteltermini Santa Elisabetta Sambuca di Sicilia Burgio Sciacca Porto Empedocle Favara Agrigento Canicattì Stidda a Palma Montechiaro Camastra

Caltanissetta

Gela

MANDAMENTI:

MANDAMENTI :

Vallelunga Pratameno Mussomeli Gela Riesi

Rinzivillo Emmanuello

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>> focus

CALABRIA

Crotone FAMIGLIE: Vrenna-Corigliano-Bonaventura Megna Cosca Farao-Marincola Grande Aracri di Cutro Arena Petilia Policastro di Mesoraca

Reggio-Calabria FAMIGLIE: Libri Labate Dcrea Rugolo Gioffre’ Nirta Strangio Pelle-Vottari Piromalli Mole’ Alvaro De Stefano Condello Vadalà Morabito Cordi’ Bellocco Gioffrè I Iamonte Tegano Pesce Gallico Morabito Ficara Commisso Aquino

Napoli CLAN:

CAMPANIA

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Quartiere Mercato – Clan Mazzarella Quartiere Barra - Clan Cuccaro E Clan Aprea Poggioreale - Clan Casella Quartieri Spagnoli - Clan Ricci Casalnuovo Di Napoli - Clan Egizio Castello Di Cisterna - Clan Rega Marano E Quarto – Clan Polverino Torre Annunziata – Clan Gionta Mondragone – Clan Gagliardi Giugliano – Clan Mallardo Pozzuoli – Clan Longobardi Afragola, Arzano E Casoria - Clan Mocci Torre Del Greco – Clan Di Gioia Castellammare Di Stabia – Clan D’alessandro Caserta – Clan Dei Casalesi (Schiavone – Bidognetti – ZagariaIovine) Marcianise - Clan Belforte Pollena Trocchia, Massa Di Somma E San Sebastiano Al Vesuvio - Clan Arlistico –Terracciano - Orefice


focus << PUGLIA

LOMBARDIA

PIEMONTE

FAMIGLIE E CLAN: Società foggiana Mafia garganica Sinesi-Francavilla Trisciuoglio-Prencipe Moretti-Pellegrino-Lanza

LAZIO

'NDRANGHETA (famiglie): 'NDRANGHETA: “locale” di Natilde di Careri a Torino ”locale” di Cuorgnè “locale” di Volpiano “locale” di Rivoli “locale” di San Giusto Canavese “locale” di Siderno a Torino “locale” di Chivasso “locale” di Moncalieri “locale” di Nichelino “locale” principale di Torino

Bellocco De Stefano Pesce Trovato Mancuso Falzea Mazzaferra Morabito

Paviglianiti Curinga Barbaro Papalia Facchineri Piromalli Condello Cotroneo

EMILIA-ROMAGNA

LIGURIA FAMIGLIE: Bellocco Domenico a Roma (‘Ndrangheta di Rosarno) Gallico Antonino a S. Felice Circeo (‘Ndrangheta Di Palmi) Clan Alvaro “TestazzaCudalonga” (a Cosoleto) Clan Muto Di Cetraro (diretto da Franco Muto) ‘Ndrina Dei Gallico (di Palmi) Clan Tripodo-Romeo (Legato Alla Cosca ‘Ndranghetista Bellocco-Pesce) Anzio e Nettuno, individuando tra i principali esponenti Gallace Bruno, Tedesco Liberato e Perronace Nicola

'NDRANGHETA (famiglie): 'NDRANGHETA: “locale” di Genova “locali” di Ventimiglia (IM), “locali” di Sarzana (SP) "locale" di Lavagna (GE)

Grandi Aracri Nicosia Dragone Arena

Fonte: Rielaborazione dati “Relazione annuale della Direzione nazionale antimafia" 1° luglio 2010 – 30 giugno 2011

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>> italia

Vent’anni di Dia e un futuro incerto di Norma Ferrara

Nata per coordinare diverse forze dell’ordine contro le mafie oggi è l’intelligence che mette a segno, sequestri e confische. Eppure il suo destino è in bilico. Don Ciotti: «Che nessuno indebolisca gli strumenti della lotta antimafia in questo Paese»

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iamo al giro di boa. O viene rilanciata o sarà destinata a scomparire, indebolendo la lotta antimafia in Italia e all’estero. Si tratta della Direzione Investigativa Antimafia voluta da Giovanni Falcone vent’anni fa e che oggi rischia di chiudere a causa di una progressiva riduzione dei fondi economici e delle risorse umane. Più volte gli uomini e le donne della Dia hanno provato a lanciare l’allarme e a far sentire la propria voce ma per la stampa non è notizia, così come per una parte della politica non è “emergenza”. Anche a questo è servito dunque, il convegno organizzato dai sindacati delle forze di polizia, il 13 febbraio scorso nella sede della Provincia di Roma: a fare il punto vent’anni dopo su presente e futuro della Dia. Colpevoli silenzi e disattenzioni hanno caratterizzato l’atteggiamento della politica di fronte a questo coordinamento interforze fra Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza e Agenzia delle Dogane che ha portato dalla sua nascita sino al 2010 a 871.104.114 confische contro Cosa nostra, 630.649.000 euro contro

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i clan della Camorra e 149.258.000 sottratti alle ‘ndrine calabresi, per un totale (sommato ad altri provvedimenti ) di più di 1.813.027.812 euro. Cifre che da sole basterebbero, se reimpiegate con questa finalità, a mantenere in piedi la struttura e intensificarne l’attività. Al coordinamento di intelligence della Dia sono inoltre da attribuire le più importanti attività di confische, sequestri e attività antiriciclaggio dell’ultimo anno, quelle che hanno colpito al cuore la più potente delle organizzazioni criminali, la ‘ndrangheta. E le sue ramificazioni al Nord. L’apertura, alcune settimane fa, di una sede Dia in Emilia Romagna è ancora una volta il segnale che la regione è in serio pericolo e che questo tipo di attività investigativa è fondamentale sui territori a rischio radicamento. Numeri, cifre e storie sottolineate durante il convegno da numerosi e autorevoli esponenti delle istituzioni, della politica, della società civile. E’ Don Luigi Ciotti, presidente di Libera e Gruppo Abele a ricordare che la lotta alle mafie «è un problema di democrazia perché

la democrazia si fonda su due doni: la giustizia umana e la dignità. Serve oggi una scelta di grande responsabilità - continua Don Ciotti - la legge 30 dicembre 1991 n. 410, che istituì la Dia, è stata una scelta di responsabilità. Che nessuno vada a demolire gli strumenti che si sono concretizzati nella lotta alla criminalità». A questo appello si aggiungono i dati portati al convegno dal magistrato Diana De Martino, sostituto procuratore nazionale antimafia. La De Martino racconta di sequestri e confische, coordinate dalla Dia, che hanno evidenziato la presenza di ‘ndrangheta e camorra, principalmente, sul territorio romano. Un dato rispetto al quale il procuratore invita a non creare allarmismo ma nemmeno sottovalutazione. Una struttura, dunque, quella della Dia che è in grado di colpire i patrimoni dei boss, di monitorare il fenomeno e intervenire su riciclaggio di capitali sporchi ma anche sul narcotraffico internazionale, sugli appalti (ha al suo interno un Osservatorio dedicato al monitoraggio sugli appalti), cattura di latitanti e provvedimenti


Al fianco della Dia Libera Lazio: la società civile faccia sentire la propria voce

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Libera, Antonio Turri: « società civile faccia sentire la propria voce contro i taglia alla Dia, prezioso strumento investigativo antimafia»

tare accanto agli uomini e alle donne della Dia e chiedere alla politica di assumersi le proprie responsabilità. Questo chiede il coordinamento di Libera nel Lazio, un territorio sul quale negli ultimi anni la Dia ha svolto numerose azioni di contrasto contro riciclaggio e infiltrazioni in appalti pubblici ma anche narcotraffico e mafie straniere, decisive ad evidenziare la cosiddetta “mafia da contaminazione”. «Al 50 percento l’intuizione di Falcone e Borsellino sulla Dia è stata tradita – dichiara Antonio Turri di Libera Lazio. Tradita sui numeri (non sono mai riusciti a portare a compimento il numero previsto) e anche sulle risorse (i tagli degli ultimi periodi). Libera Lazio denuncia ancora una volta come «la lotta alle mafie si fa a parole e sia debole nei fatti». «Sono tutti contro le mafie – chiarisce Antonio Turri - ma se fosse davvero fosse un’emergenza sentita da tutti si interverrebbe

di custodia cautelare. Come confermano anche, fra gli altri, ex direttori della Dia, intervenuti al convegno, esponenti politici come Fabio Granata e Rosa Villecco Calipari (che stanno seguendo la questione in parlamento), l’on. Marco Minniti che ricorda gli anni di collaborazione con la struttura, dal ministero dell’Interno. E poi anche alcuni senatori della Commissione antimafia come, il già prefetto Achille Serra, che ricorda lo scetticismo con il quale avevo accolto la nascita di questa struttura che oggi invece ritiene avere la giusta connotazione all’interno del vasto quadro antimafia. La Dia è un organismo investigativo molto particolare, difficilmente condizionabile dal potere politico in quanto

ad intensificare questa struttura e invece non si fa. Sulla carta mancano 1200 uomini - continua Turri – ma visto tutto quello di cui oggi dovrebbero occuparsi, si tratterebbe di un organico ancora carente. Mafie, politica e corruzione, alcuni degli ambiti di intervento che a vent’anni dalla sua nascita devono contrastare dalla Dia. «Pochissimi, inoltre denuncia Turri - sono impegnati sul fronte alle mafie straniere, in particolare Russa e Cinese. Ulteriori tagli qui nel Lazio indebolirebbero la lotta antimafia ed è proprio il nostro territorio a soffrire questa carenza di organico negli ultimi anni». L’invito che fa Libera Lazio è rivolto alla politica ma anche alla società responsabile. «Spetta anche a noi – conclude Turri - intervenire e chiedere che si intervenga sostenendo la Dia e rafforzandola, non è una battaglia che possiamo delegare solo ai sindacati di polizia o agli stessi uomini della Dia». composto da differenti forze dell’ordine e la scure dei tagli s’è abbattuta su questo fiore all’occhiello della lotta alla criminalità. Il precedente Governo - che spesso ha dichiarato di voler mettere la lotta alle mafie al centro dell’attività del ministero dell’Interno - ha contestualmente contribuito a questi tagli, tanto che «Dai 28 milioni di euro stanziati per la Dia nel 2001 - denunciano durante il convegno i sindacati di polizia - siamo passati ai 15 di oggi. Il personale è stato ridotto a 1.300 unità rispetto alle 1.500 previste. E con la legge di stabilità è stato data un’ulteriore sforbiciata ai bilanci di 7 milioni di euro che prende dalle tasche degli investigatori dai 300 ai 600 euro al mese». verità e giustizia - 27 febbraio 2012

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>> internazionale

Romania, storie di ordinaria schiavitù di Mariagrazia Zaccagnino

Abusi, violenze, aborti, droga, viaggi. Un reportage racconta di donne vittime della tratta e della prostituzione. I clan ridisegnano le rotte e aggirano i controlli ma liberarsi dallo sfruttamento è possibile

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ili ha dei vuoti di memoria. Il suo passato è nebuloso e l’immagine degli ultimi sette anni della sua vita è confusa. Ma la casa sulle colline a nord di Bucarest, dove ha vissuto la sua infanzia, la ricorda perfettamente. Tendine alle finestre, tre stanze più il bagno, un piccolo giardino e addirittura il gas metano: lusso non diffuso nei paesini rumeni di periferia. Da quel posto, dove la neve in inverno raggiunge i due metri e la primavera profuma di lavanda, Lili è stata portata via quando aveva 21 anni. Uomini senza scrupoli e senza Dio hanno approfitatto della sua ingenuità e della voglia di scoprire il mondo, propria di chi lo osserva attraverso la distorta serratura del

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tubo catodico, per rubarle sogni e identità. Sette anni di inferno vissuti nei locali sul Mar Nero, sulle strade pulite di Svizzera e Germania per poi approdare in un night italiano. Lili “è stata prostituita”: l’ausiliare si usa al passivo quando la scelta di vendere il proprio corpo non è una scelta ma un’imposizione. Abusi, violenze, aborti, droga, viaggi, mani sporche, sudore acre e il ricordo della casa di collina che si fa sempre più lontano. Come una fotografia in bianco e nero lasciata sbiadire al sole. E proprio quando Lili è ormai decisa a mollare, non sapendo quasi più chi sia e da dove provenga, operatori del sociale riescono ad intercettarla, accoglierla, proteggerla e infine a farla rientrare in Romania. Le lunghe

prassi burocratiche per il rimpatrio si accorciano grazie alla professionalità e all’umanità di operatori sociali che spendono la propria vita al servizio delle tante Lili che popolano le nostre strade. La ragazza alla fine torna nella sua casa di collina. Ritrova i genitori, il fratello e Igor: il figlio da cui era stata separata sette anni prima. Lui quasi non la riconosce ma l’abbraccia con l’amore che solo un figlio sa donare alla donna che l’ha messo al mondo. Lei lo accarezza e lo bacia con lacrime salate. E giura, stringendolo forte a sé, “non ti lascerò più”. Italia-Romania contro la tratta delle donne: 1 a 0. E’ dalla storia di Lili, un case history come ce ne potrebbero essere altre migliaia, che parte lo studio di uno dei due gruppi di lavoro all’interno del seminario di formazione “Tratta a scopo di sfruttamento sessuale e forme contemporanee di prostituzione” che si è svolto a Bucarest dall’8 al 10 febbraio 2012, organizzato nell’ambito del progetto “Anima Nova”. Si tratta di un progetto transnazionale che coinvolge circa 260 operatori che lavorano nella prevenzione e nel


contrasto alla tratta di essere uma- mente gli operatori e le associazioni, ni per lo sfruttamento lavorativo e a le strategie da attuare per superare fini sessuali. Associazioni, operatori gli ostacoli internazionali. Un faccia sociali, psicologi, sociologi, media- a faccia tra 15 operatori della Romatori culturali, rappresentanti di Ong nia, Paese d’origine di molte vittie delle istituzioni coinvolte che, at- me della tratta, e 15 esperti italiani traverso il confronto e lo scambio di che si trovano ad accogliere le donesperienze e inforne sfruttate e ad mazioni, mirano ad operare per il loro A Bucarest si reinserimento nel accrescere le proprie competenze. di provenienè tenuto un Paese Le organizzazioni za scontrandosi, seminario di spesso, con la comcriminali che si arricchiscono sulla formazione sul plicata burocrazia pelle delle persone istituzionale. Dall’Ifenomeno dello talia, sfidando le sono in continua evoluzione, ridisfruttamento degli abbondanti nevicasegnano le tratte, te e avventurandoesseri umani si in un paesaggio reinventano trucchi ed escamotage fiabesco a 18 gradi, per trasferire all’estero il capitale sono partite, tra gli altri: Elena, che umano. Per questo è fondamenta- vive e lavora a Reggio Emilia e si ocle, per chi si occupa di contrasto a cupa principalmente di Sinti e Rom; queste attività, fare fronte comune Federica, giovane romana che parla e mettere insieme le buon pratiche benissimo il giapponese e opera nel acquisite. Tre giorni di confronto at- Cie di Ponte Galena: Ana, originaria tivo e partecipato per riflettere sulle della Romania ma da vent’anni in azioni da mettere in campo, i proble- Italia: ponte basilare per la comunimi con cui si rapportano quotidiana- cazione tra vittime rumene e opera-

tori italiani; Carmen, psicologa calabrese che lavora in una comunità a Roma; Rosaria, responsabile della “Casa di Elisa”: la casa per l’accoglienza delle vittime della tratta che ha sede in una località protetta della Basilicata. Il fenomeno della tratta di esseri umani rappresenta un problema transnazionale con implicazioni drammatiche per gli individui e per la società. Le cifre sono allarmanti: secondo i rapporti dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oim) e della Commissione europea, 300 mila donne l’anno sono coinvolte nel traffico di persone, 120 mila donne e bambini sono vittime della tratta in Europa. Gli eventi socio-politici cha hanno caratterizzato gli ultimi quindici anni dell’Europa centrale e orientale, come la caduta dei regimi comunisti, le guerre nei Balcani e il conseguente impoverimento della popolazione, hanno contribuito ad alimentare il fenomeno della tratta delle persone. L’inasprimento delle politiche d’immigrazione, infine, ha ulteriormente aggravato il fenomeno, in quanto le organizzazioni criminali che ingannano le donne, fanno leva sul loro desiderio di andare a lavorare all’estero per migliorare le condizioni di vita proprie e della loro famiglia. Per poter aiutare le tante Lili a liberarsi dalla schiavitù e a ritrovare un proprio posto nella società, occorre un lavoro mirato e professionale che coinvolga tutti i soggetti: dall’operatore di strada che intercetta la donna e le prospetta l’alternativa alla strada, allo psicologo che capisca i suoi reali bisogni e desideri, ai sanitari che possano prendersi cura di lei, alle forze politiche che le assicurino protezione, fino agli assistenti sociali che la aiutino a superare tutti gli ostacoli per l’eventuale rimpatrio. Un percorso non semplice che si scontra con le paure della donna e la difficoltà della stessa di liberarsi dal “cappio psicologico” che spesso lega la vittima al carnefice. Ma la storia di Lili insegna che il riscatto è possibile e che la via del ritorno alla vita, anche se lunga e tortuosa, porta in cima a quella collina, dove c’è una casa con le tendine alle finestre e un futuro tutto da costruire. verità e giustizia - 27 febbraio 2012

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>> territori a cura di Norma Ferrara

Puglia Dopo cinquantanni i vertici dell’Ilva saranno chiamati a rispondere delle patologie riscontrate tra i lavoratori e nella popolazione. Venerdi 17 febbraio un fiume in piena di giovani, studenti e cittadini, organizzati tramite internet e social network si sono ritrovati davanti al Tribunale di Taranto in cui ha avuto inizio lo storico processo ai vertici dell’Ilva.

Sicilia Condannato a sedici anni di reclusione uno dei killer del giovane, Pierantonio Sandri. Si tratta del trentaduenne Giuliano Chiavetta, oggi collaboratore di giustizia. Fu proprio Chiavetta a confessare il delitto. La sentenza arriva dopo la morte della madre di Sandri, Ninetta Burgio, “mamma coraggio” che non ha mai smesso di chiedere giustizia e verità sulla morte del figlio.

16 verità e giustizia - 27 febbraio 2012

Calabria Ministro Severino in Calabria ricorda l’impegno del giudice Scopelliti Il Guardasigilli a Palmi per l’intitolazione dell’aula bunker al magistrato ucciso dalle mafie nel 1991, Un delitto ancora impunito dopo ventuno anni.


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Il paese dei rifiuti di Gaetano Liardo “sapientemente” miscelati, con i materiali per la costruzione di edifici pubblici, strade, autostrade. Una geografia del crimine che non ha risparmiato un angolo del nostro Paese. Da nord a sud, con epicentro la martoriata Campania. La regione più fertile dello Stivale ridotta in una grande discarica a cielo aperto. Un disastro ambientale di enormi proporzioni che non ha eguali in Europa. La colpa è sicuramente del vuoto legislativo, che per molti anni non è riuscito a regolamentare una materia così sensibile, per l’ambiente e per la salute umana. Ma la colpa è anche della spregiudicatezza dei tanti imprenditori che, consapevoli dei danni che avrebbero causato all’ambiente, hanno scientificamente eluso la legge, affidandosi a quelli che Pergolizzi chiama “i mercanti di rifiuti”. Per lo più mafiosi: casalesi, ‘ndranghetisti, boss di Cosa nostra, della Scu, hanno visto nel business dei rifiuti un affare a rischio zero. Già perchè con l’esclusione del traffico organizzato di rifiuti, tutti gli altri delitti contro l’ambiente sono reati contravvenzionali. Si paga un’ammenda ed è tutto risolto. Un vuoto costato caro, anzi carissimo, al nostro Paese. Coste devastate, mari inquinati dalle sostanze più varie e tossiche, laghi, corsi d’acqua, cave abbandonate. Con il rischio che i veleni impunemente sversati avvelenino l’ecosistema, l’acqua potabile e il cibo che mangiamo. Una piaga che deve essere affrontata con serietà e determinazione. Ne va del nostro futuro.

Antonio Pergolizzi TOXIC ITALY. ECOMAFIE E CAPITALISMO Gli affari sporchi all’ombra del progresso Castelvecchi Rx Roma, 2012 pag. 186, 14,00 euro

LIBRI

Ricordate il progresso inarrestabile dell’Itala del secondo dopoguerra. L’industrializzazione accelerata di un paese che a passi da gigante entrava nel novero delle grandi potenze economiche? Una bella pagina della storia italiana. Ma c’è un ma, un però. Che fine hanno fatto gli scarti della lavorazione industriale? I rifiuti tossici e pericolosi? I fanghi della produzione chimica? Una risposta prova a darla Antonio Pergolizzi, coordinatore dell’Osservatorio ambiente e legalità di Legambiente, autore di “Toxic Italy”. Pergolizzi passa in rassegna tutti gli “effetti collaterali” dello spensierato sviluppo italiano. Il Paese del consumismo che solo nel 1997 si è dato una prima normativa che regolamentasse lo smaltimento dei rifiuti. Non solo “munnizza”, quella tristemente famosa della Campania in continua emergenza rifiuti. Ma i ben più temibili rifiuti tossici e pericolosi. Rappresentano un costo per le industrie che li producono, e spesso si sono cercate, e trovate, delle scorciatoie. Con l’aiuto delle mafie che hanno subito fiutato l’affare, facendo dei rifiuti un business miliardario. Il modo più semplice, e economico per smaltire i rifiuti è stato quello di sversarli, dove capitava. A mare, nelle cave, nelle comuni discariche non attrezzate per questo genere di rifiuti. Oppure, genialità italica, vendendoli come materie prime ai paesi in via di sviluppo. Affondandoli negli abissi del Mediterraneo, o utilizzandoli,

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IPSE DIXIT Attilio Manca

S. Donà di Piave (VE) - 20.02.1969 - Viterbo - 11 febbraio del 2011

Dalle basse finestre della mia camera il mio compito è di ascoltare: un fruscio di erba mossa, uno stormire di foglie, un gocciolio di rugiada; e di ricordare..... Ma ciascuno di questi suoni è solo un indizio E con gliocchi socchiusi vedo le ombre della mia infanzia, il tramestio delle donne al lavoro. Sono gli attimi di passato che la mia memoria ormai logora ruba all’oblio. Fiammelle che ardono rapide Ma questi piccoli fuochi sono il mio fuoco. Ora, che con difficoltà sollevo la penna per affidare alle carte quello che sono stato, mi sostento della mia vita passata. E dalla nebbia odo le voci di quelli che furono i miei compagni, di quelli che furono i miei amori. In questo continuo divagare si succedono gli episodi che hanno costituito la mia vita e che mi sopravvivran-

no, incollati in qualche mucchio di terra. Per adesso è compito mio: sono io che col mio pensiero tengo in vita la gente che ha incrociato la mia. Oggi sono con i bambini della mia strada, poi ascolto una giornata della mia sposa, infine è la volta dei passanti che si affollano per un brandello di vita. In verità tento un’equa suddivisione dei miei ricordi, e attendo. Che il prossimo prenda il mio posto. Leggo sui tronchi di questo bosco, i solchi scavati dal tempo, che conservano e narrano le loro storie, simili ai segni profondi che la vita ha disegnato sul mio viso. Attilio Manca (S. Donà di Piave (VE) 20.02.1969 - Viterbo - 11 febbraio del 2011) urologo, La sua morte è ancora senza giustizia

Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera Informazione Osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie Sede legale via IV Novembre, 98 - 00187 Roma tel. 06.67.66.48.97 www.liberainformazione.org Direttore responsabile: Santo Della Volpe Coordinatore: Lorenzo Frigerio Redazione: Peppe Ruggiero, Antonio Turri, Gaetano Liardo, Norma Ferrara Hanno collaborato a questo numero: Vincenzo Macrì, Mariagrazia Zaccagnino, Ufficio stampa di Libera

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