Verità e giustizia

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n.86 12 marzo 2012

veritĂ egiustizia

La newsletter di liberainformazione

GENOVA PORTA D'EUROPA


>>editoriale

Genova per noi E’

una nuova primavera quella ci chiama e ci impegna a Genova: la giornata della memoria e dell’impegno contro la Mafia di questo 2012 è diventata uno snodo importante nella vita sociale di questa nostra Italia, alle prese con irrazionalità e tensioni contrapposte che dalla politica arrivano alla vita quotidiana e viceversa; di fronte ad una corruzione dilagante che esce dalle pagine dei giornali e dalle Procure, finalmente scoperta dopo tante voci e richieste inascoltate degli anni scorsi. Intanto il mondo degli affari si scopre sempre più invaso dalle mafie e dalla criminalità mettendo a serio rischio l’economia legale; mentre, contraddittoriamente,con la sentenza della Cassazione su Dell’Utri, si prende a picconate proprio quel reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” voluto da Falcone e Borsellino per contrastare i legami tra mafia e politica, tra cosa nostra ed il mondo dell’economia. Tutto ciò accade in fasi politiche che vedono emergere contrapposizioni proprio sulle questioni più delicate, come ,appunto,la nuova legge sulla corruzione, il conflitto di interessi tra informazione e politica,il rapporto tra territorio e sviluppo economico. E’ nuovamente in gioco,in questi mesi, una coesione sociale che si cominciava ad intravedere dopo gli anni del berlusconismo; la scomposizione sociale ha invece ridato fiato ad interessi particolari invece che a sforzi collettivi ed il localismo esasperato si è visto riemergere in opposti fronti, dai

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di Santo Della Volpe forconi siciliani alla Val di Susa. Mentre la bandiera della giustizia sociale, delle riforme, dei diritti individuali, dei beni comuni, si vede sospinta su un lato della scena di questo 2012, portando con sé,in una sorta di “ripiegamento” imposto,il tema fondamentale della legalità. Che invece è e resta il tema centrale di questo paese,insieme alla giustizia, al lavoro, al bisogno di certezze sul futuro di una intera generazione. Per questo Genova 2012 è importante, direi fondamentale. Per riportare al centro della questione italiana la legalità ; così come il diritto delle vittime della mafia a vedere ed ottenere finalmente giustizia. Uniti con loro per ridare fiato alla richiesta di scelte pulite e rivolte agli interessi sociali, nei comportamenti individuali e collettivi,nella politica come nell’economia. Per riaprire poi gli armadi della vergogna, fare luce sulle stragi del 1992,in particolare di Via D’Amelio a Palermo , su quella “trattativa” che era stata tacciata come inesistente e fantasiosa e che ora si sta scoprendo come la vera ragione della morte di Borsellino e della sua scorta. Uno dei periodi più bui della storia italiana di quegli anni cruciali per il nostro paese. Per questo la newsletter di questa settimana non può che guardare a Genova ed alla straordinaria mobilitazione di persone e coscienze che avverrà il prossimo 17 marzo. Che per l’informazione ,nostra ed italiana in generale, segna anche un passaggio importante verso il futuro: perché, come abbiamo

documentato ampiamente(ma non ci stanchiamo di ripeterlo), mentre la penetrazione mafiosa ,più o meno coperta da finta normalità,aumenta soprattutto nel Nord Italia, i titoli di giornali e telegiornali, le inchieste su questi temi della legalità, sono diminuiti drasticamente, riaffacciandosi solo in occasione di operazioni di polizia, sequestri clamorosi, arresti eccellenti. Non sono questi però i fastidi per le mafie: loro vogliono il silenzio sugli affari. Sui meccanismi economici delle loro penetrazioni in affari, appalti e banche ; sulle famiglie delle cosche con nomi e ramificazioni , sulle loro ditte che patteggiano e spartiscono gli affari con quelle “pulite”. Il nostro compito è invece illuminare questi affari, questi gruppi malavitosi, quegli appalti: denunciare corruzione ed infiltrazioni con inchieste e approfondimenti. E continuare ad illuminare e far emergere tutte le opinioni sul reato di “concorso esterno in associazione mafiosa” affinché, magari più e meglio articolato o strutturato, venga applicato e riconosciuto come fondamentale nelle lotte alle mafie. Anche per questo Libera Informazione sarà a Genova, anche per questo terremo il nostro incontro seminario con giornalisti e giovani, anche per questo non ci stancheremo mai di chiedere di tenere i riflettori accesi e di dare notizie, notizie, notizie. Come disse Paolo Borsellino,alla vigilia della sua tragica scomparsa, rivolta a noi tutti:”parlatene, parlatene, parlatene”.


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>> 21 marzo

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he fine hanno fatto le richieste poste dai familiari delle vittime di mafia al mondo politico e istituzionale italiano? La domanda è d'obbligo a pochi giorni dalla giornata in ricordo della vittime di mafia che si svolgerà a Genova. Nel novembre del 2010 a Terrasini, nel palermitano, e nel marzo del 2011a Potenza, i familiari delle vittime di mafia hanno presentato un documento nel quale avanzavano delle proposte di intervento legislativo di particolare importanza. Quali? Il riconoscimento di vittima della criminalità organizzata anche per tutti coloro i quali sono stati uccisi prima del 1961, data riconosciuta attualmente dalla legge. L'introduzione del 21 marzo come giornata nazionale, miglioramenti legislativi per ottenere i benefici ai familiari delle vittime innocenti. Dopo quasi due anni che risultati sono stati ottenuti? «Non è cambiato assolutamente nulla – commenta Enza Rando, coordinatrice dell'ufficio legale dell'associazione Libera – rispetto a quando il documento è stato preparato». «Le proposte, preparate a Terrasini, contengono delle richieste specifiche – aggiunge – come l'eliminazione della data del 1961 come discrimine per essere riconosciuti vittime di mafia». Una questione, questa, particolarmente sentita da tutti i familiari, ad iniziare da chi ha perso i propri cari nell'eccidio di Portella della Ginestra nel 1948. «Sulla questione del 1961 – sottolinea Stefania Grasso, animatrice dei familiari che si riuniscono attorno a Libera – ci sono numerose proposte legislative in corso». Altra nota dolente è quella del 21 marzo, giornata scelta da Libera e Avviso Pubblico per ricordare nell'impegno quotidiano tutti gli innocenti uccisi dai boss. La proposta avanzata dai familiari di renderla giornata nazionale ha trovato un forte ostracismo da parte delle forze politiche. «C'è la volontà – sottolinea la Grasso – di non approvare la data del 21 marzo, proponendo altre date, come quella della Strage di Capaci». Date importanti e profondamente significative, che tuttavia non hanno la valenza neutrale del primo

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I silenzi della politica di Gaetano Liardo

Nessuna risposta alle proposte dei familiari delle vittime di mafia. Il documento fu presentato nel 2010 a Terrasini con indicazioni per aggiornare la legge. Dopo quasi due anni poche risposte e molti silenzi. Una nuova istanza presentata a Napolitano giorno di primavera. «Il 21marzo – sottolinea Enza Rando – è e deve essere la giornata di tutti, non può essere una data particolare». L'importanza di questa giornata è ben spiegata da Stefania Grasso: «E' il momento in cui ci ritroviamo insieme per ricordare i nostri cari, con la voglia di continuare a lavorare. Organizzandoci con più efficacia». «Ci sono dei confini precisi che noi vogliamo ridefinire – aggiunge – avendo scelto da che parte stare». Altra problematica presentata dai familiari al mondo politico, e recentemente al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, è quello della condizione soggettiva del parentado. Ovvero, come spiega Enza Rando,

la legge per riconoscere lo status di vittima di mafia prevede il monitoraggio della parentela fino al quarto grado. «Una norma che appesantisce i riconoscimenti. In alcune realtà, specialmente al sud diventa difficile ottenere il riconoscimento perchè i legami di parentela sono molto stretti». Può accadere così che una vittima innocente non ottenga il riconoscimento perchè un suo parente fino al quarto grado è mafioso, 'ndranghetista o camorrista, pur non avendo mantenuto con questi nessun rapporto. Miglioramenti necessari e auspicati dai numerosi familiari delle vittime innocenti della mafie. Ma fino ad ora ignorati dai rappresentanti delle istituzioni e della politica.


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Dario Capolicchio, Lea Garofalo e altre storie che gridano giustizia di Norma Ferrara

Il primo giorno di primavera per ricordare tutte le vittime delle mafie. A Genova si incroceranno storie cadute nell’oblio e altre rimaste senza verità. Federazione Nazionale della Stampa: giornalismo si occupi di queste notizie

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uecento chili di tritolo esplosi da un’auto. Cinque persone uccise, tra cui una neonata e una bambina di nove anni. Siamo a Firenze ed è il maggio del 1993 e la mafia sceglie come bersaglio la Galleria degli Uffizi e il Corridoio Vasariano. Nella Torre del Pulci, in via Lambresca all’angolo con via dei Gergofili, viveva Dario Capolicchio, giovane studente di architettura di 22 anni, nato a Palermo ma originario di Sarzana, una striscia di terra al confine fra la Liguria e la Toscana. In quel week end, si saprà in seguito, Dario era rimasto a Firenze per un esame che a breve avrebbero dovuto sostenere. La storia di Dario, negli anni, è diventata patrimonio del territorio di Sarzana che non l’ha dimenticato ma – grazie ai familiari, ai giovani e ai concittadini– nel suo nome ha dato vita ad un impegno concreto contro le mafie. Il 17 marzo saranno in tanti in Liguria, per la Giornata della Memoria e dell’Impegno, e fra i tanti nomi del lungo elenco di vittime verrà letto anche quello di Dario, siciliano e ligure, amante della montagna e dell’arte. Dentro il “21 marzo” (anticipato al 17 per favorire la partecipazione degli studenti da tutta Italia) tante storie poco note come quelle che appar-

tengono alla Liguria e al Nord Italia. Alcune recenti. Dal 2010 fra le 900 vittime di mafia anche il nome della testimone di giustizia, Lea Garofalo. La terribile storia di Lea, originaria della provincia di Crotone, uccisa a Milano e sciolta nell’acido il 24 novembre del 2009. Accusati del delitto il marito Carlo Cosco e Massimo Sabatino: entrambi sono sospettati di avere tentato un primo rapimento della donna pochi mesi prima della sua definitiva scomparsa. Lea e Denise, la figlia, s’erano trasferite a Milano, prima nel programma di protezione, poi l’avevano abbandonato nel 2009 dopo varie vicissitudini. Ma le testimonianze di Lea, che conosceva tutti i segreti della faida fra alcune famiglie di Petilia Policastro sono state la sua condanna a morte. Eppure il processo che si tiene a Milano non è un processo per mafia. Solo da poco è stata chiesta l’aggravante, da parte dell’avvocato di parte civile della sorella di Lea; aggiungere adesso questo fondamentale elemento, potrebbe portare al prolungamento dei tempi che portano alla sentenza, attesa a breve e far scadere i termini di custodia cautelare per gli imputati. Un paradosso tutto giuridico. Una storia che non sembra interessare, fra l’altro, adeguatamente

il grande mondo dell’informazione. Nonostante abbia tutti i contorni di “cronaca” che necessitano per fare notizia (come altri casi molto seguiti da tv e giornali, ad esempio l’omicidio della giovane Sarah Scazzi) e dietro - ma saranno i magistrati a confermarlo - ha probabilmente una delle cosche dell’organizzazione fra le più potenti al mondo: la ‘ndrangheta. A Lea e altre donne vittime della violenza delle ‘ndrine è stato da poco dedicato l’8 marzo ma - come ha scritto il presidente della Federazione Nazionale della Stampa, a volte, noi giornalisti «scegliamo le vicende da illuminare in base al grado di attenzione morbosa che possono suscitare: farà bene ai dati Auditel e alle vendite in edicola. Anche se non fa affatto bene alla nostra autorevolezza di giornalisti: forniamo pettegolezzi buoni ad eccitare la curiosità, anziché aiutare l’opinione pubblica a concentrarsi sui problemi veri della nostra società». Lo “strabismo del giornalismo” e la forza della memoria si incontreranno a Genova per dire, con maggiore forza, quello che ogni giorno viene detto attraverso studi di settore, informazione, dibattiti pubblici e buone prassi antimafia, nei singoli territori: la memoria è impegno. verità e giustizia - 12 marzo 2012

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I giovani di Nisida di Tiziana Apicella

Cento passi verso la Giornata della Memoria e dell'Impegno, dalla Campania alla Liguria, un percorso per incontrarsi e ripartire da giustizia e legalità. Con il pensiero rivolto al 17 marzo di Genova e ai 500 familiari di vittime delle mafie

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isida è un isolotto nel comune di Bagnoli collegato alla terra ferma da un ponte. Ma Nisida è anche il luogo che accoglie l’Istituto Penale Minorile e spesso, quando si parla di Nisida, il collegamento all’Istituto è diretto. Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie, ha un rapporto stretto con l’Istituto. Da 6 anni si realizza in collaborazione con gli

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Istituti superiori del Consorzio Scuole di Marano, - con il coordinamento di Rosario D’Uonno direttore del Marano Ragazzi Spot Festival - un progetto dal Titolo “Qui Nisida...si può fare”. Il progetto si propone realizzare degli incontri. Incontri tra ragazzi. Incontro tra due mondi diversi che si confrontano. Da un lato i ragazzi delle scuole e dall’altra i ragazzi dell’Istituto Penale. Ogni anno

gli incontri sono preceduti da appuntamenti con gli educatori di Nisida e con gli educatori di Libera. Si arriva preparati all’incontro. O almeno ci si prova. Il varco dell’ingresso dell’Istituto per i ragazzi delle scuole è in ogni caso carico di tensioni. La prima conoscenza con i ragazzi di Nisida è vissuta con un certo imbarazzo. All’inizio non si sa che dire, che fare. L’accoglienza da parte dei ragazzi di Nisida ha più o meno lo stesso sapore. Ma poi passano i giorni e si percepisce una lenta ma piacevole trasformazione. Ci si guarda negli occhi. Tutti in cerchio ci si tiene per mano. I ragazzi, a turno, si presentano e, pian piano, si arriva alla narrazione che genera ascolto e fiducia. Ciascuno racconta all’altro la propria storia. Il racconto dà la possibilità di riflettere sul significato di alcune parole:


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I ragazzi, a turno, si presentano e, pian piano, si arriva alla narrazione che genera ascolto e fiduciaE dalle parole, attraverso uno sforzo creativo, si arriva alle immagini giustizia, sogno, pregiudizio, speranza, diritto, dovere. E dalle parole, attraverso uno sforzo creativo, si arriva alle immagini e da queste alla realizzazione dello spot sociale, che si realizza ogni anno, il passo è breve. Lo spot sociale ovviamente è solo il momento finale ed è il pretesto per stare insieme. La possibilità di conoscersi e di spalancare finestre mai aperte, permette a tutti di riflettere, di porsi domande e di avere uno sguardo più ampio sul proprio modo di vedere il mondo. E quando l’incontro è segnato dalla testimonianza di un familiare di vittima innocente della criminalità organizzata tutto diventa estremamente eloquente. Il progetto “Qui Nisida... si può fare” nella sua edizione 2011 “Nisida Donne e Colori” ha visto di Alessandra Clemente impegnata nei laboratori di discussione,

di scrittura creativa e di realizzazione dello spot. Alessandra è la figlia di Silvia Ruotolo, una giovane madre uccisa dalla camorra nel 1997 mentre rientrava a casa con il piccolo Francesco. Alessandra allora aveva poco più di dieci anni. Oggi ne ha 24 ed è presidente della Fondazione dedicata alla memoria della madre. Prima di lei, Lorenzo Clemente (il marito di Silvia Ruotolo) ha partecipato a questi incontri. Significativo è il racconto di Lorenzo “quando un ragazzo di Nisida ha letto il nome di mia moglie a Bari ho vissuto un emozione forte e contrastante. L’ho abbracciato ma nello stesso momento ho battuto forte con la mano dietro la sua schiena”. Lui è uno dei dieci ragazzi che ha partecipato al progetto nel 2008 “Apparamm nu’ sparamm” e che insieme ad altri due dello stesso

gruppo partecipa alla XIII Giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo di tutte le vittime innocenti delle mafie svoltasi a Bari. Nel 2009, pur avendo terminato di scontare la pena, decide di restare e partecipa alla costruzione dell’aquilone, un mosaico composto di piastrelle con i nomi delle vittime innocenti di criminalità. Oggi vive con la sua compagna e ha scelto di vivere senza più delinquere. Questa è la storia di V. e non è l’unica. C’è la storia di V., di G. e di S. Nel prossimo mese di marzo partirà la settima edizione di “Qui Nisida...si può fare”, in collaborazione anche con l’Assessorato alla scuola del Comune di Napoli e la partecipazione di due artisti partenopei, Claudia Megrè e Lucariello. Questa volta sarà la musica e la realizzazione di un video clip musicale il pretesto per stare insieme e per creare nuove opportunità di confronto e di racconto perché citando Bruno Vallefuoco, il papà del giovane Alberto ucciso dalla camorra nel 1998: “dall’altra parte non ci sono i mostri. Senza voler giustificare alcuno, è importante comprendere che la vita è fatta di opportunità e che non sempre queste sono uguali per tutti”. verità e giustizia - 12 marzo 2012

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Per avere verità e giustizia di Tiziana Apicella

Storie di familiari di vittime della camorra stretti fra il dolore profondo e la burocrazia italiana. Un manuale pubblicato quest'anno accompagna questo articolato percorso per il riconoscimento dei diritti previsti dalla legge

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11 ottobre del 1980 a San Giovanni a Teduccio, quartiere del napoletano, viene ucciso Ciro Rossetti giovane operaio dell'Alfasud. Ciro si è recato a casa della madre per assistere con i suoi parenti alla partita dei mondiali Italia-Lussemburgo. Quella serata però diventa per tutti una serata di lutto. Ciro, sentendo dei colpi di pistola provenire dalla strada, si affaccia alla finestra e uno dei quattro colpi espolsi da un braccio proteso dal finestrino di una macchina, lo colpisce mortalmente. Ciro è il papà di due bambini e con la malavita della zona non ha nulla da spartire. Giacomo Lamberti, cognato di Ciro Rossetti, da quel giorno si occuperà della giovane moglie di Ciro e dei due figli. Li curerà in ogni cosa, diventerà per lui un'altra famiglia a cui dedicarsi. Èd è sempre Giacomo che, dopo diversi anni, si occuperà anche di tutta la trafila burocraticaamministrativa affinché Ciro venga riconosciuto dal Ministero dell'Interno "vittima innocente dei crimi-

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nalità organizzata" e affinchè ai suoi familiari vengano riconosciuti i diritti a loro spettanti. Questo passo verso il riconoscimeto dei diritti della famiglia Rossetti si compie dopo 26 anni. Giacomo responsabile del personale di un'impresa importante del napoletano intercetta nel 2001, in una finanziaria, una normativa afferente i diritti dei familiari delle vittime innocenti di criminalità organizzata. Si avvia da quel momento in poi, per la famiglia Lamberti e la famiglia Rossetti, un percorso che da privato diventerà pubblico. Il riconoscimento arriva nel 2006. Dal 2006 in poi Giacomo incontra altri visi, altre storie altre persone che come lui hanno subito perdite per mano della camorra. Incontra i volti di Libera in Campania, Geppino Fiorenza e don Toniono Palmese, incontra Lorenzo Clemente, il marito di Silvia Ruotolo uccisa dalla camorra nel 1997e incontra don Luigi Ciotti. Si avvia per Giacomo un percorso di impegno. Un impegno che diventa prendersi cura e farsi carico delle storie di altri

familairi che sempre più frequentemente si rivolgono a lui. Giacomo ha la lucidità e la competenza per chiarire ogni cosa ai familairi. "Voi avete dei diritti e noi dobbiamo fare in modo che vi vengano riconosciuti". Giacomo diventa in poco tempo il riferimento per molti familiari. È lui che chiamano quando c'è da avviare una pratica per il riconoscimento. È lui l'esperto. Nel 2007 si costituisce il coordinamento campano dei familiari delle vittime innocenti di criminalità e lui è parte del direttivo. Nel 2008 nasce la Fondazione Po.l.i.s politiche integrate di sicurezza per le vittime innocenti di criminalità e i beni confiscati è lui è nominato componente del coordinamento operativo come esperto sul tema delle vittime innocenti di criminalità. Nel 2012 viene pubblicato un libro importante "Vittime Innocenti di criminalità”. Tutela giuridica e misure di sostegno", voluto fortemente dall Fondazione Poli.s ( espressione della Regione, di Libera in Campania e del coordinamento) e Giacomo Lamberti insieme ad Emilio Tucci giovane docente di Informatica del diritto nella Facoltà di Giurisprudenza e presso la Scuola di Specializzazione per le professioni Legali della Seconda Università di Napoli – nè è il curatore. Questo manuale di raccolta delle disposizioni normative in materia di vittime del terrorismo, della criminalità organizzata e del dovere, è stato presentato il 14 febbraio presso l'aula Pessina dell'Università Federico II di Napoli . Altre sono state e saranno le tappe di presentazione del libro. Passi importanti verso la XVII Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, per informare i familari delle vittime innocenti dei diritti loro spettanti e per sollecitare tutti gli enti coinvolti a fare la proprai parte, affinché questi diritti vengano riconosciuti in tempi certi e brevi. Giacomo ha così allargato la sua famiglia, estendendo la propria responsabilità dalla sfera degli affetti privati a quella dei diritti della comunità.


Fra gli strumenti che colpiscono la libertà di stampa, insieme con le intimidazioni ai cronisti, c’è l’uso strumentale della legge sulla diffamazione, con esose richieste di risarcimento danni in sede civile, senza alcun rischio per il querelante. Un’arma in grado di annientare iniziative editoriali, scoraggiare e intimidire singoli giornalisti, impedire di far luce su oscure vicende di illegalità e di potere.

Per usufruire di consulenza e di assistenza legale giornalisti e giornaliste possono: Inviare una e-mail all’indirizzo:

sportelloantiquerele. roma@libera.it

Per non lasciare soli i cronisti minacciati

che siano in grado di dimostrare la loro buona fede e la loro correttezza, Federazione Nazionale della Stampa, Associazione Stampa Romana, Ordine Nazionale e regionale dei giornalisti, Unione Cronisti Italiani, Libera, Fondazione Libera Informazione, Articolo 21, Osservatorio Ossigeno, Open Society Foundations hanno deciso di costituire uno sportello che si avvale della consulenza di studi legali da tempo impegnati in questa battaglia per la libertà di informazione.

Telefonare al numero :

06/67664896-97

inserendo in oggetto la specificazione “sportello antiquerele" verità e giustizia - 12 marzo 2012

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>> istituzioni

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n passo verso la memoria ed uno verso l’impegno. Così Avviso Pubblico ha chiuso il 2011 e aperto il 2012. L’Associazione che dal 1996 mette insieme amministratori locali impegnati per la formazione civile contro le mafie, in apertura della sua assemblea nazionale a Roma il 2 dicembre scorso, ha presentato il rapporto Amministratori sotto tiro. Intimidazioni mafiose e buona politica. Nelle quasi cento pagine di questo documento – scaricabili dal sito www. avvisopubblico.it - si legge che per il solo 2010 sono stati 212 gli episodi di minacce ed intimidazioni di tipo mafioso e criminale nei confronti di amministratori locali e personale della Pubblica Amministrazione. Ad essere minacciati sono stati soprattutto gli amministratori locali di Calabria, Sicilia e Campania, dove si registrano complessivamente il 41%, 23% e 14% dei casi censiti, ma non sono mancati episodi di intimidazione anche in Sardegna e in alcune regioni del Centro-Nord, come nel Lazio, in Liguria, in Basilicata, Abruzzo e Marche. La maggior parte dei cittadini italiani non conosce questi dati e questi fatti. Eppure, quotidianamente, soprattutto nei territori dove storicamente le mafie sono nate e si sono radicate, vi sono tante donne e tanti uomini che senza lauti stipendi, privilegi e scorte armate, praticano la politica come servizio per il bene comune. E nel fare questo si imbattono in interessi mafiosi, criminali e delle varie cricche. Se a questi amministratori si pone la classica domanda «ma chi te lo fa fare?» la risposta che si riceve è sempre la stessa: «Siamo stanchi di vedere la nostra gente con il capo piegato. Vogliamo migliorare la città in cui viviamo, consegnarla ai nostri figli migliore di come l’abbiamo trovata noi». Queste persone non vanno dimenticate, né lasciati sole. La politica, quella buona, è uno strumento fondamentale per sconfiggere le organizzazioni mafiose, per sottrarre loro quel consenso sociale senza il quale non avrebbero potuto prosperare dall’unità d’Italia ad oggi. Forte di questa convinzione, il 27 febbraio scorso, alla sala stampa della Camera dei deputati, Avviso Pubblico ha presentato la Carta di Pisa, un

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Enti locali e regioni contro le mafie di Pierpaolo Romani*

Oltre duecento amministratori nel mirino dei boss nell'ultimo anno. Un dossier di "Avviso Pubblico" fa il punto sulla lotta alle organizzazioni criminali. A Pisa firmato il primo codice etico per prevenire infiltrazioni mafiose e corruzione codice etico indirizzato agli amministratori e agli enti locali che intendono rafforzare la loro azione di trasparenza e di diffusione della cultura della legalità democratica per prevenire la corruzione e l’infiltrazione mafiosa. La Carta è frutto del lavoro di un gruppo di esperti composto da amministratori locali, docenti universitari e funzionari della pubblica amministrazione, coordinato dal Prof. Alberto Vannucci, docente dell’Università di Pisa. L’input a predisporre il codice etico è nato sulla scia della campagna “Corrotti” che Avviso Pubblico ha condotto insieme a Libera nel corso del 2011 e dal fatto che, a fronte di pesanti tagli finanziari subiti dagli enti locali, in Italia si registrano cifre spaventose per quanto riguarda la sottrazione di risorse pubbliche operata dalle mafie, dalla corruzione e dall’evasione fiscale. La Carta di Pisa, già dalla sua genesi, può considerarsi un primo tentativo di formulazione di una politica anticorruzione che nasce dal basso. Nella nostra rete di amministratori locali si avvertiva da tempo l’esigenza di dotarsi di uno strumento che potesse fornire delle indicazioni concrete alle quali attenersi per rafforzare la barriera contro il dilagare di nuove forme di illegalità. A Genova, il corteo degli amministratori locali sarà aperto dallo striscione di Avviso Pubblico. Lungo le vie della città ligure, in quella regione che ha visto sciogliere di recente due comuni

per infiltrazione mafiosa, noi cammineremo muovendo due passi. Un passo verso la memoria, ricordando le quarantasei vittime di mafia rappresentate da politici e funzionari della pubblica amministrazione uccisi in Italia dalla fine dell’800 ai giorni nostri. L’altro passo sarà quello dell’impegno. Da Genova lanceremo un messaggio a tutti gli enti locali italiani affinché adottino la Carta di Pisa. Fedeltà alla Repubblica e alle sue leggi, imparzialità, disciplina e onore. Sono principi che la nostra Costituzione richiede a chi riveste un incarico pubblico e a chi opera all’interno delle istituzioni. Parole che devono tradursi in comportamenti. *Coordinatore nazionale di Avviso Pubblico


istituzioni <<

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al 1998 si lavora per realizzare un testo unico in materia di leggi antimafia. Eppure viste le imprecisioni e le dimenticanze contenute nel corpus di leggi pubblicato nella Gazzetta ufficiale lo scorso 28 settembre, sembra che l’oblio (per i primi anni) e la fretta (degli ultimi mesi) abbiano giocato a sfavore di questo “Codice unico” portato in parlamento quest’estate, oggetto di numerose osservazioni e diventato legge dal 13 ottobre. Una richiesta, quella di un codice antimafa, che arrivava da politici, tecnici, magistrati, dalla società civile e dalla rete di associazioni di Libera. L’associazione fondata da Luigi Ciotti – come ci racconta il responsabile del settore “Beni confiscati” dell’associazione, Davide Pati «ha portato il suo contributo, insieme ad altre associazioni e organizzazioni (Associazione nazionale magistrati, Avviso Pubblico, Centro studi Pio La Torre, Fondazione Chinnici, Cgil) al dibattito che si è aperto dopo la presentazione della prima versione del codice antimafia – e molte richieste di modifica e integrazione erano state recepite dalla Commissione giustizia della Camera». Ma il Consiglio dei ministri del 3 agosto ha ritenuto di accogliere solo in parte quelle osservazioni e oggi la situazione è ancora incerta. «Va sicuramente registrata, con favore, la scelta dello stralcio delle norme di diritto sostanziale e processuale, che consentirà di avere un tempo adeguato per fare un riordino nella materia così complessa e articolata, avendo chiaro l’obiettivo di salvaguardare i principi della Rognoni La Torre e di rendere più efficace il contrasto al rapporto tra mafia e politica – continua Pati». Il dato positivo è che si arriva per il primo anno alla Giornata della Memoria e dell’Impegno con un “Codice antimafia” approvato dal parlamento ma nonostante i passi avanti appena elencati, molti rimangono i nodi da sciogliere. Fra questi Libera non nasconde una «forte preoccupazione» che riguarda i tempi imposti nel codice antimafia alla confisca dei beni e quello sulla possibilità di revoca rispetto alle confische definitive. Non solo modifiche che rischiano di “snaturare” la Legge Rognoni La Torre e la successiva 109/96 sul riutilizzo a fini sociali ma anche integrazioni per

Un codice antimafia da migliorare di Norma Ferrara

Le proposte per rivedere un testo approvato in fretta ma destinato a diventare punto di riferimento. Libera: «insieme a magistrati e associazioni chiediamo modifiche e integrazioni per rafforzare lotta alle mafie»

incidere sulle debolezze dell’attuale normativa. In particolare: provvedere a ripristinare le somme necessarie per il Fondo unico per la Giustizia (in sostegno alle vittime dei reati di stampo mafioso, gestione beni e molto altro) modificare la disciplina sulle aziende confiscate evitando il loro fallimento, sgravare i beni da ipoteche bancarie. Ma anche, incidere sui rapporti ma-

fia e politica, sui reati come l’autoriciclaggio, abolire ogni discriminazione a danno dei familiari di vittime delle mafie, tutelare i testimoni di giustizia, introdurre i reati contro l’ambiente e contro la persona, rafforzare strumento intercettazioni e recepire, attuandole, norme anticorruzione. Una sorta di piano “Salva – Italia” che la società civile organizzata attende da anni. verità e giustizia - 12 marzo 2012

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>> antimafia sociale

Antimafia in movimento verso Genova di Francesca Rispoli

Da tutta Italia, studenti, insegnanti, scuole e gruppi giovanili per la giornata del 17 marzo a Genova, la tappa di un percorso che dura 365 giorni l'anno e continuerà con i campi di lavoro e studio in estate, dal Nord al Sud del Paese

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nche quest'anno è stata massiccia l'adesione dei gruppi giovanili alla Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie. Singoli, scuole, parrocchie e associazioni hanno risposto alla proposta di Libera di ritrovarci in piazza come momento di sosta tra un lungo percorso di preparazione e un altrettanto lungo percorso di impegno. Facciamo una panoramica di ciò che si è mosso "verso" il 17 marzo 2012. Centinaia di incontri all'interno delle scuole (ne stimiamo, su tutto il territorio nazionale, oltre duemila nel solo periodo da gennaio a marzo) che hanno posto al centro principalmente il tema della memoria, dell'informazione, della presenza criminale su tutto il territorio nazionale e a livello transnazionale. 12 verità e giustizia - 12 marzo 2012

Parallelamente un importante lavoro all'interno delle università, organizzato autonomamente dai gruppi studenteschi o promosso dai docenti, con incontri seminariali e assemblee (oltre al costante lavoro legato alla didattica). Nel campo dell'extrascuola invece, le varie associazioni giovanili, in collaborazione con i coordinamenti e i presidi di Libera, si sono rese promotrici su tutti i territori di organizzare momenti di dibattito, proiezioni cinematografiche, spettacoli teatrali e momenti aggregativi (anche saporite cene della legalità) al fine di preparare la cittadinanza locale alla celebrazione nazionale della Giornata. Molti di questi gruppi realizzeranno anche, in occasione del 21 marzo, momenti specifici di memoria e impegno nel proprio contesto, come la lettura dei nomi delle vittime delle ma-

fie. Tutto il lavoro vede un coordinamento nazionale, con una struttura leggera che ci siamo dati da quattro anni. Infatti è ormai consolidata una modalità di lavoro che prevede alcuni incontri durante l'arco dell'anno con le dirigenze nazionali delle associazioni giovanili e studentesche che aderiscono a Libera, in modo da condividere un piano di azioni comuni per l'anno sociale. Tra queste azioni sicuramente il lavoro "verso" il 21 marzo rappresenta la tappa più importante, ma non l'unica. Infatti il 21 marzo è per noi un trampolino verso l'estate e verso le proposte di impegno giovanile che vengono da noi promosse. Tra queste sicuramente un posto di rilievo è occupato dalla campagna Estate Liberi, che vede ogni anno lo sviluppo del numero e della diffusione territoriale dei campi di volontariato sui beni confiscati alle mafie. Ma se i campi rappresentano un'occasione di impegno diffuso, che può anche costituire la prima porta aperta sull'antimafia sociale, c'è anche la possibilità di lavorare con coloro che già rivestono un ruolo all'interno della rete e che dunque hanno già deciso di assumersi la propria quota di responsabilità. E' il caso del Raduno nazionale dei giovani di Libera, giunto alla sua terza edizione, che si svolgerà a luglio nel bene confiscato a Borgo Sabotino (Latina). Sarà ancora una volta un momento di formazione interno alla rete, rivolto ai tanti ragazzi che, seppur giovanissimi, dedicano buona parte del proprio tempo libero al lavoro all'interno dei presidi di Libera e consentono alla nostra rete di essere sempre in rinnovamento e ricca di energie giovani.


i media ne parlano << Il progetto è patrocinato da Pubblicità Progresso con il supporto del Segretariato Sociale della Rai ed è promosso da Libera e dal Marano Spot Festival

Uno spot per Libera di Norma Ferrara

Dalla Campania alla Liguria, giovani studenti hanno realizzato il video trasmesso in Rai per la Giornata della Memoria del 17 marzo a Genova. Lo slogan: "Potranno strappare tutti i fiori ma non fermeranno la primavera"

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n prato, alcuni fiori colorati, delle mani che li spezzano. E poi altre, più piccole, che dallo stesso prato li raccolgono. Con queste immagini si apre lo spot ufficiale della XVII Giornata della Memoria e dell’Impegno in onda sulle reti Rai dal 12 al 17 marzo. Questa “pubblicità” sociale che invita ad andare a Genova è stata ideata, anche quest’anno, dai ragazzi del Marano Spot Festival, in collaborazione con Libera e il segretariato sociale della Rai e sarà trasmessa sul servizio pubblico radiotelevisivo. I giovani hanno lavorato durante l’anno, con il prezioso sostegno dei familiari delle vittime delle mafie, in particolare quest’anno seguiti da Alessandra Clemente e Veronica Montanino, e del gruppo che da anni anima questo progetto. L’idea dello spot è efficace e ha scelto come claim “Potranno

strappare tutti i fiori ma non potranno fermare la primavera”. Lo spot è patrocinato da Pubblicità Progresso con il supporto del Segretariato Sociale della Rai ed è promosso da Libera e realizzato nell’ambito delle attività del Marano Ragazzi Spot Festival -settore Educazione alla Legalità U.S.R. Campania con la partecipazione della Direzione Didattica La Maddalena Scuola Primaria “G. Daneo” Genova, Consorzio Scuole Città di Marano, IV Istituto Comprensivo “G. Marconi” Lentini SR . Durante la conferenza stampa di presentazione della Giornata di Genova, che si è tenuta alla Rai lo scorso 7 marzo, hanno preso parte alcuni dei ragazzi di Marano che hanno sottolineato divertimento, importanza e significato simbolico del progetto portato avanti. Ma anche la consapevolezza del ruolo svolto

con questo lavoro, sintetizzata nelle parole: “noi lo sappiamo che le cose che facciamo sono piccole ma rimangono pur sempre delle cose”. Così per una volta i giovani diventano protagonisti non solo della giornata ma anche della comunicazione che la precede e la lancia. Il tutto direttamente dagli schermi del servizio pubblico, che lo trasmetterà in diverse fasce orarie di programmazione. E così i media ne parleranno e le parole saranno proprio quelle che arrivano direttamente dai giovani impegnati in prima linea nel resistere alla violenza e costruire con la cultura il vero antidoto al diffondersi delle mafie, anche al Nord. Lo spot verrà trasmesso: lunedì 12 marzo alle ore 19.25 su Rai due, e nella stessa giornata alle 23.00 su Rai tre. Il giorno successivo, il 13 marzo un altro passaggio televisivo dello spot sarà alle 13.27 su Rai Uno, per poi spostarsi su Rai Tre alle 19.55. A meno tre giorni dalla manifestazione, il 14 marzo lo spot sarà trasmesso durante il pomeriggio alle 15.40 e poi alle 18.10 sulla terza rete. Per maggiori informazioni www. libera.it e www.segretariatosociale.rai.it. Nei prossimi giorni anche altre trasmissioni del servizio pubblico si occuperanno della Giornata di Genova, attraverso la voce dei familiari delle vittime, che saranno circa 500 il 17 marzo, in rappresentanza di circa 5000 familiari. Un percorso accompagnato da una fitta rete di attività di informazione e formazione che corre anche sul web, sui social network e attraverso radio e tv locali, anche a Genova. Fra gli altri, un racconto, provincia per provincia, sul portale di Libera Informazione su Mafie e antimafia in Liguria e quella del media partner dell’iniziativa nella regione, il portale “Mentelocale.it”. verità e giustizia - 12 marzo 2012

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>> internazionale

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er la prima volta in ventinove anni il Dipartimento di Stato americano inserisce la Santa Sede nell'analisi annuale sul riciclaggio di denaro sporco. Una notizia che ha suscitato preoccupazione, e pronte rettifiche in Vaticano. Nell'International narcotics control strategy report del 2012, riferito quindi ai dati del 2011, gli Usa inseriscono il Vaticano tra i paesi con “Jurisdiction of concern”. Una situazione che suscita preoccupazione, potenzialmente. La classificazione dei singoli stati fatta dal Dipartimento di Stato è divisa in tre tipologie: jurisdiction of primary concern, jurisdiction of concern e altre giurisdizioni monitorate. Nella prima lista figurano Usa, Francia, Germania, Italia, Gran Bretagna. Grandi economie vulnerabili agli attacchi dei riciclatori di denaro sporco, frutto per lo più dei traffici di droga, armi, esseri umani. Gli affari che arricchiscono le mafie, o i gruppi terroristici. Gli stati presenti nella seconda categoria, tra i quali appunto la Santa Sede, presentano minori preoccupazioni rispetto ai precedenti, anche perchè hanno sistemi economici più piccoli, ma non per questo possono essere sottovalutati. Sono quei paesi che per gli Usa possono avere istituzioni finanziarie coinvolte in transazioni relative a somme significative di provenienti illeciti; che presentano vulnerabilità al riciclaggio di denaro nonostante le contromisure legislative adottate. Viene considerata, inoltre, la natura e il livello del riciclaggio; e l'adozione o meno di misure legislative per contrastare il fenomeno. Tra gli elementi di preoccupazione, che hanno spinto il Dipartimento Usa a considerare il Vaticano come un potenziale hub per ripulire denaro sporco ci sono i ritardi nell'introduzione di una legislazione sull'antiriciclaggio, promulgata dalla Santa Sede soltanto nel 2010. Inoltre, la mancata adesione o ratifica alle convenzioni internazionali. Dalla convenzione Onu contro la corruzione, oppure contro il sistema di finanziamento dei gruppi terroristici, quella contro la criminalità organizzata transnazionale, oppure i sistemi internazionali che prevedono sanzioni o congelamento di beni e capitali a gruppi terroristici e organizzazioni criminali. La pubblicazione del rapporto Usa ha

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Il Vaticano è un hub potenziale per il riciclaggio di denaro

L'analisi del Dipartimento di Stato Usa tratta per la prima volta della Santa Sede. Dal ritardo nell'introduzione di una seria normativa contro i crimini finanziari, alla mancata ratifica delle principali convenzioni internazionali antimafia visto una pronta risposta vaticana. Padre Agostino Lombardi, responsabile della sala stampa vaticana, ha dichiarato: «E' naturale che la Santa Sede sia recensita nel Rapporto in questa categoria. Questa è infatti la categoria in cui si trovano i Paesi che sono oggetto di ulteriore valutazione quanto all'efficacia delle normative contro i crimini finanziari. Ciò corrisponde alla situazione attuale della Santa Sede, che – ha sottolineato Lombardi - ha fatto domanda di avviare il processo di valutazione da parte di Moneyval, processo che - com'è noto è in corso e richiederà ancora diverse tappe e diverso tempo. La Santa Sede ha già messo e sta attivamente mettendo a punto leggi, regolamenti e provvedimenti in tal senso. Si può osservare,

ad esempio - come appare da una delle tabelle - che il Rapporto in questione riguarda lo scorso anno e quindi non è ancora informato della recente ratifica da parte della Santa Sede di alcune convenzioni internazionali, avvenuta appunto in gennaio». Una difesa che serve sottolineare le iniziative prese dal Vaticano per entrare nella white list dei paesi impegnati nel contrasto al riciclaggio. Tuttavia, la mancanza di una legislazione adeguata, e numerosi rapporti con la zona grigia del riciclaggio e del malaffare hanno fatto guadagnare alla Santa Sede la nomea di paese offshore. Un paradiso fiscale nel cuore di Roma. Serve molto lavoro e molta trasparenza per uscire dalla lista dei paesi che potenzialmente possono trasformarsi in hub della finanza criminale.


dai territori << a cura di Norma Ferrara

Emilia - Romagna Tre arresti nel capoluogo emiliano romagnolo, eseguiti dai carabinieri del Ros. Si tratta di Francesco Agostinelli, 46 anni di Urbino, il 31enne catanese Francesco Sinatra, e Salvatore Di Puorto, 38 anni, originario del Casertano e fratello di Sigismondo Di Puorto, sono finiti in manette con l’accusa di estorsione e rapina in concorso con l’aggravante dei metodi mafiosi.

Sicilia Emessi quattro mandati di arresto a carico dei presunti esecutori della strage che il 19 luglio del 1992 a Palermo costò la vita al giudice Paolo Borsellino, agli agenti di scorta, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. La Dia ha notificato i provvedimenti a Salvatore Madonia, Vittorio Tutino e Salvatore Vitale e Calogero Pulci; quest’ultimo per calunnia.

Calabria Il Quotidiano della Calabria lancia l’iniziativa: dedichiamo la giornata dell’Otto marzo all’impegno della memoria di Lea Garofalo e Maria Concetta Cacciola e all’impegno di chi, come Giuseppina Pesce, ha fatto la faticosa scelta di credere nelle Istituzioni piuttosto che nel sistema mafioso di cui il suo cognome è emblema.

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>> libri

Mafie, questione di soldi di Gaetano Liardo

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specialmente liquido, è ben accetto. L’Italia, tuttavia, non è esposta soltanto ai rischi delle mafie nostrane, ma attira anche gli appetiti di grandi gruppi criminali stranieri. I russi prima di tutto, ma anche i cinesi non sono da poco. Scrivono gli autori: «Ammettiamolo: ormai è una realtà accertata che l’Italia è terra di conquista per criminalità di altra provenienza». Il nostro Paese, così come la maggior parte dei paesi ricchi, attrae capitali sporchi, dei quali difficilmente è riscontrabile con certezza la provenienza. Sono troppi gli intoppi burocratici, i differenti principi legislativi degli stati coinvolti. Lungaggini su lungaggini. Sarebbe come voler inseguire un missile con una lambretta. I canali del riciclaggio, inoltre, consento contatti tra vari gruppi criminali. Accordi impensabili sui quali, avvertono gli autori, non è possibile avere la comprensione degli effetti di lunga durata. Accordi tra mafie, come la “Supercupola” di cui parlò in Commissione antimafia nel 1992 il pentito Leonardo Messina: «Hanno dato a noi la rappresentanza di tutte le organizzazioni». Oppure, gli accordi transnazionali tra siciliani e russi per organizzare i grandi traffici di droga, armi, e componenti nucleari. Accordo oggetto di un’audizione al Senato del direttore dell’Fbi. Oppure i contatti tra boss camorristi e terroristi islamici, i patti tra i narcos colombiani e messicani con i servizi iraniani. Gli affari sono tanti, i soldi ancor di più e i modi per riciclarli potenzialmente infiniti. La speranza, per gli autori ma anche per i lettori, che si creino strumenti sempre più stringenti per poter verificare la provenienza e la natura di capitali che troppo facilmente vengono accolti dalle nostre banche.

Pietro Grasso con Enrico Bellavia SOLDI SPORCHI Dalai editore, Milano, 2011 pp. 359, 18.00 euro

LIBRI

I

l denaro non ha odore, si sa, ma lascia una traccia. Difficile da seguire, da intercettare e da sequestrare. Eppure è proprio seguendo i “picciuli”, e la strada che fanno per essere ripuliti, che si può sferrare un duro colpo alle organizzazioni criminali. “Follow the money”, segui il denaro, e troverai i colpevoli. E’ questo il tema conduttore del libro, “Soldi sporchi”, scritto a quattro mani da Pietro Grasso, procuratore nazionale antimafia, e da Enrico Bellavia, giornalista de La Repubblica. Partendo dai guadagni smisurati delle organizzazioni criminali, e dalla ripulitura necessaria per utilizzarli nel circuito legale, gli autori tratteggiano una lunga scia di crimini mafiosi. Illeciti profitti che derivano, per la maggior parte, dal traffico di droga. L’eldorado delle mafie di tutto il mondo, pronte a collaborare tra loro per mantenere un business molto remunerativo. Dal grande balzo di Cosa nostra, che negli anni ‘70 deteneva, assieme alla mafia turca l’esclusiva del traffico internazionale di eroina, raffinata in Sicilia e smerciata in Europa e Usa. Fino ai calabresi della ‘ndrangheta, broker internazionali indiscussi del traffico di cocaina. Le mafie Italiane giocano un ruolo importante sia nel trafficare, che nell’ingegnarsi il modo di riciclare i proventi. Tanti, troppi, da perderne addirittura il conto. Così, tolto il necessario per continuare le attività criminali, i profitti ripuliti grazie all’ausilio di prestanome, colletti sporchi, faccendieri, vengono reinvestiti nell’economia legale. Appalti pubblici, costruzioni, grande distribuzione, trasporti, ristorazione e turismo. Non c’è un solo settore economico-produttivo in Italia al sicuro dall’infiltrazione di denaro sporco. Con la crisi, si sa, il denaro,


rubriche <<

IPSE DIXIT a cura di Norma Ferrara

La morte del pool antimafia di Paolo Borsellino “Per aver denunciato questa verità io rischiai conseguenze professionali gravissime, e forse questo lo avevo pure messo nel conto, ma quel che è peggio il Consiglio superiore immediatamente scoprì quale era il suo vero obiettivo: proprio approfittando del problema che io avevo sollevato, doveva essere eliminato al più presto Giovanni Falcone. E forse questo io lo avevo pure messo nel conto perché ero convinto che lo avrebbero eliminato comunque; almeno, dissi, se deve essere eliminato, l’opinione pubblica lo deve sapere, lo deve conoscere, il pool antimafia deve morire davanti a tutti, non deve morire in silenzio. L’opinione pubblica fece il miracolo, perché ricordo quella caldissima estate dell’agosto 1988, l’opinione pubblica si mobilitò e costrinse il Consiglio superiore della magistratura a rimangiarsi in parte la sua precedente decisione dei primi di agosto, tant’è che il 15 settembre, se pur zoppicante, il pool antimafia fu rimesso in piedi. “. Nello stesso intervento commentò la mancata nomina di Falcone: “Si aprì la corsa alla successione all’ufficio istruzione al tribunale di Palermo. Falcone concorse, qualche Giuda si impegnò subito a prenderlo in giro, e il giorno del mio compleanno il Consiglio superiore della magistratura ci fece questo regalo: preferì Antonino Meli.” Paolo Borsellino ( Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) Un passaggio dell’intervento pubblico alla Biblioteca Comunale di Palermo il 25 giugno 1992 verità e giustizia - 12 marzo 2012

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Verità e giustizia newsletter a cura della Fondazione Libera Informazione Osservatorio nazionale sull’informazione per la legalità e contro le mafie

Direttore responsabile: Santo Della Volpe

Sede legale via IV Novembre, 98 - 00187 Roma tel. 06.67.66.48.97 www.liberainformazione.org

Redazione: Peppe Ruggiero, Antonio Turri, Gaetano Liardo, Norma Ferrara

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Coordinatore: Lorenzo Frigerio

Hanno collaborato a questo numero: Francesca Rispoli, Tiziana Apicella, Davide Pati, Ufficio Stampa di Libera, Pierpaolo Romani Grafica: Giacomo Governatori


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