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Anno I, Numero 1
L’ EDITORIALE
Lanciato l’Anno del Turismo incrociato Italia-Russia nel 2014 un respiro di sollievo per il settore di Rosalba Grassi Viaggi & Foto ha spiegato le vele su Trieste con il suo Urban Vision e subito dopo, il 26 novembre scorso, è addirittura il presidente Vladimir Putin ad approdare nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia, storico ponte dell’Italia verso Oriente, per un incontro al vertice con Enrico Letta, inaugurando un grande evento internazionale: l’Anno del turismo incrociato Italia-Russia. Finalmente uno spiraglio ad illuminare le miopie attuate finora in Italia nei confronti di un settore svilito e che dovrebbe invece far da volano all’economia nazionale. L’Italia possiede l’80% del patrimonio artistico e culturale del mondo eppure non riesce ad intercettare fondi europei ad hoc per la loro tutela e valorizzazione. E così Pompei cade a pezzi, ancora oggi continua a crollare: dalla porzione di muro della Casa 21, alla frantumazione di un altro pezzo di stucco antico nella Casa del Torello di bronzo, una delle più grandi dimore pompeiane dotata tra l’altro di un particolare utilizzo e distribuzione dell’acqua potabile; fino all’enorme squarcio nel muro di cinta delle Terme centrali. E questo è solo un esempio. Sembriamo calati nel film di Totò in cui la vendita della Fontana di Trevi diventa realtà, tanto che si arriva a parlare di vendere addirittura le spiagge. Così si che si darebbe inizio alla cementificazione selvaggia e un addio definitivo al turismo. Benvenuto allora Putin a Trieste e benvenuto al rapporto scambievole Italia-Russia con il calendario di eventi dell’anno del turismo, che prevede congressi e nuovi voli di collegamento tra i due Paesi, snellimento burocratico per i visti e pacchetti viaggio con percorsi turistici inediti, mostre, concerti ed iniziative culturali. E magari, chissà, potranno coinvolgere anche Viaggio Fotografico con Workshop in Incoming di fotografia e con Reportage che accendono i riflettori sulle città, anche minori, come da obiettivo del patto, sia italiane sia russe. Intanto si riparte da Roma con la prossima Urban Vision sull’architettura barocca e rinascimentale dal 6 all’8 dicembre http://www.viaggiofotografico.it/. Ed anche Tu, appassionato lettore e fotografo e viaggiatore, potrai partecipare in prima persona per poi collaborare all’illustrazione del Magazine. E intanto - perché no? - mettiamo in pentola un viaggio in Russia e una visita al Museo ‘Moskovskij Dom Fotografii’ di Mosca http://museu.ms/museum/12961/ moskovskij-dom-fotografii .
Viaggi&Foto non è solo un magazine. Troverete tutte le notizie relative a viaggi fotografici e workshop sul nostro sito
www.viaggiofotografico.it Questo è il portale in cui potete interagire e iscrivervi alla newsletter E puoi seguirci sul nostro gruppo “Viaggi e Fotografia” dove potrete postare le vostre foto. Le migliori saranno scelte e pubblicate sul magazine
Viaggiare. Il Viaggio inteso come percorso fisico e sopratutto mentale. Viaggiamo per il piacere della scoperta e per imparare a conoscerci meglio.
Osservare. Osservare è la sintesi percettiva di tutti i sensi sommati tra loro in uno stimolo unico. Dall’osservazione si ha la conoscenza del mondo e la nostra capacità di raccontarlo.
Fotografare. Fotografare è il nostro modo di essere, il nostro stile di vita, il linguaggio con il quale preferiamo esprimerci. Un Viaggio è una straordinaria occasione di crescita fotografica .
Come viaggiamo Viaggiare e fare fotografia è bellissimo e, per esperienza, sappiamo che è anche faticoso. Per questo motivo organizziamo minuziosamente il Programma di ogni Viaggio pensando anche al riposo. I nostri viaggi non sono mai rilassanti, infatti cerchiamo luoghi, eventi e persone che non sempre sono facilmente raggiungibili. Partecipare ai nostri Viaggi significa alzarsi presto al mattino per fare foto all’alba al gelo, scattare in mercati affollati o durante cerimonie sotto il sole… Ci piace l’avventura e la scoperta, ma vogliamo godere di ogni momento, per questo motivo selezioniamo e prenotiamo tutti gli alberghi già da prima di partire dall’Italia.
I mezzi di trasporto Usiamo quello più comodo per il raggiungimento dei nostri obiettivi che sono sempre fotografici. Per contenere i costi e i tempi di spostamento prendiamo mezzi privati comunque guidati da Autisti Professionisti locali che sono a nostra disposizione per eventuali soste e cambi di percorso. Conoscono il loro territorio e sanno consigliarci per la massima sicurezza del viaggio..
La gente Viaggio Fotografico vuole farti viaggiare e provare l’essenza dei posti che visitiamo insieme. Per questo motivo ci avviciniamo alle Gente e ne assorbiamo la cultura, le abitudini e lo stile di vita in modo immersivo. Ben vengano quindi tutte le esperienze fatte durante rituali, cerimonie, festival… Impossibile fotografare senza un contatto diretto con la popolazione locale, ne perderebbe l’efficacia delle nostre foto.
Le guide Durante i nostri itinerari i Viaggiatori sono sempre accompagnati da un Capogruppo di provata esperienza fotografica e sul Territorio di riferimento. Molto spesso l’approfondita conoscenza che abbiamo dei posti in cui viaggiamo ci fa incontrare amici locali che ci fanno anche da guida. Italiani espatriati, persone che ci portano a conoscere dall’interno le comunità locali, le famiglie. Questi incontri sono parte integrante dei nostri Viaggi, sono dei veri referenti esperti che ci mostrano un Paese da un punto di vista unico e straordinario che solo con Viaggio Fotografico potrai vivere in prima persona
Riflettori su‌ a cura di Rosalba Grassi
Workshop di Fotografia Urbana con Antonio D’Onofrio e Simona Ottolenghi (architetti) e Roberto Gabriele (Fotografo Professionista)
Roma 6-7-8 dicembre 2013
Le Urban Vision sono dei workshop itineranti che Viaggiofotografico tiene in varie città d’Italia e che permettono di imparare a raccontare le architetture con un occhio fotografico nuovo e fortemente personalizzato. Il workshop è diviso in tre parti: la prima serata di didattica in aula con slides e commenti analitici sul concetto di Urban Vision, segue poi una giornata di scatti con un Itinerario nella Roma Barocca e Rinascimentale e, per finire, una giornata di Editing fotografico con realizzazione dei Portfoli dei Partecipanti. L’itinerario è stato studiato per poter realizzare gli scatti migliori, in funzione della luce alle varie ore del giorno e quindi sono stati considerati tempi che consentono di approfondire la conoscenza dei luoghi per fotografarli al meglio. La parte storica è imprescindibile per ottenere il massimo risultato da questo workshop che quindi si pone come una attività culturale nel senso ampio del termine e non solo come una escursione di tecnica fotografica: agli Allievi iscritti nelle settimane precedenti verranno distribuite via email dispense, documenti e suggerimenti per ottenere il massimo da questo evento. Gli allievi verranno quindi preparati alla conoscenza dei luoghi ancor prima di iniziare il week end formativo del Workshop. Oltre alla parte didattica della prima serata, gli allievi verranno seguiti dai Docenti con un coaching fotografico personalizzato e continuo durante gli scatti che gli permetterà di imparare in poco tempo sia la tecnica che il linguaggio fotografico della nostra Urban Vision. Tutto verrà concluso nella costruzione dei Portfoli personali degli allievi che scopriranno quanto sia importante questa fase per poter presentare al meglio e valorizzare il proprio lavoro fotografico. I Portfoli degli Allievi del Workshop, previa autorizzazione, saranno pubblicati sul sito e sulla Rivista Viaggi&Foto.
Cosa dicono e cosa hanno fatto gli Allievi Nella precedente Edizione del workshop la cosa più bella che ha detto un allievo di Roma è stata: “io sono di Roma e vivo qui da 40 anni, ma oggi grazie a Voi ho scoperto una città nuova che non conoscevo, Grazie!“ Le foto di questa Pagina sono state tutte realizzate dagli allievi durante la precedente Edizione di Roma Urban Vision, per vedere gli altri scatti segui questo link.
Riflettori su… a cura di Rosalba Grassi
Finalità e obiettivi L’obiettivo di “Roma Urban Vision” è quello di guidare i partecipanti al workshop nello sviluppo di un progetto personale di esplorazione e narrazione del tessuto urbano a partire dalla propria esperienza. Gli allievi saranno sollecitati attraverso l’analisi delle architetture di autori come Bramante, Borromini, Brunelleschi, Michelangelo e ad esercitare così la propria percezione visiva per cercare di capire cosa si nasconde dietro l’architettura della città e determinare così una scelta stilistico-fotografica. Particolare attenzione sarà data allo sviluppo dell’idea e a quali possono essere le risorse offerte dal linguaggio fotografico. Il Workshop sarà finalizzato alla selezione di un portfolio fotografico e alla sua pubblicazione sul sito www.viaggiofotografico.itt Programma 1° giorno ore 18,00 – 18,30 Registrazione partecipanti e presentazione della giornata Ore 19.30 – 22,30 La fotografia di architettura: tecnica di ripresa 2° giorno ore 9,00 – 13,00 Tecnica di ripresa ed elementi di storia attraverso l’itinerario guidato ore 13,00 – 14,00 Pausa ore 14.00 – 17,00 Tecnica di ripresa ed elementi di storia attraverso l’itinerario guidato ore 18,00 in poi esercitazione libera in notturna (lungotevere) 3° giorno Ore 10,00 – 13,00 Analisi critica e scelta delle foto dei partecipanti ore 13,00 – 14,00 Pausa ore 14,00 – 17,00 Composizione dei portfoli ore 17,30 Consegna attestato
Riflettori su‌ a cura di Rosalba Grassi
Strumenti didattici: Proiezioni, Bibliografia, Dispensa, Itinerario, Apps per smartphone. I Docenti: Roberto Gabriele, fotografo professionista, Antonio D’Onofrio e Simona Ottolenghi, architetti. Antonio D’Onofrio (architetto), Simona Ottolenghi (architetto), Roberto Gabriele (fotografo professionista) Adatto per: fotografi, artisti, studenti e appassionati di fotografia. Requisiti: conoscenza base di cultura e tecnica fotografica. Quota iscrizione: 150,00 Euro. Chi salda il workshop entro il 30 novembre paga solo 135,00 Euro (sconto -10%). I pagamenti potranno avvenire a mezzo Bonifico Bancario al Conto Corrente che verrà indicato agli Interessati. 30,00 Euro per partecipare “da osservatore” solo alla prima serata del 6 dicembre. Se poi si decide di fare tutto il workshop per altri 2 giorni, si paga solo la differenza (altri 120 Euro). La quota in questo caso può essere pagata con Bonifico (vedi sopra) oppure in contanti alla Registrazione il 6 dicembre alle ore 18,00. Informazioni: simona.ottolenghi@gmail.com +39 339 3493106 Iscrizioni: Per iscriverti al workshop invia una email a simona.ottolenghi@gmail.com scrivi: nome, cognome, telefono, email, indirizzo e Codice Fiscale per la fattura, ti risponderemo con l’IBAN per fare il Bonifico e rendere effettiva la tua iscrizione. www.viaggiofotografico.it
Elegia Romana Roma, la Città Eterna, vista con gli occhi di un bambino, in un Racconto di Renato Gabriele - foto di Roberto Gabriele Quante immagini offre di sé una città? Quante ne mostra Roma? Infinite, tante quanti sono gli occhi che la guardano, quanti sono i passi che la attraversano… Tra le tante vi proponiamo questa volta la visione di una prima volta, quella di un bambino degli anni quaranta dello scorso secolo. Si tratta di un racconto bellissimo e struggente, pieno di meraviglia e di stupore; una narrazione attenta a cogliere le irripetibili atmosfere di un’epoca storica irritornabile. Ecco dunque questo racconto dal titolo “Elegia romana”, pubblicato nel 2003 da L’argonauta, nel volume “Il giorno dell’ira e altri racconti” di Renato Gabriele.
“Stiamo arrivando, mi aveva detto lo zio, siamo sul binario”. Era stato lungo quel viaggio, avevamo ingoiato il fumo del treno nelle gallerie; sentivo in bocca un sapore di fuliggine. Nello scompartimento s’era formata una nebbia densa, tante le sigarette che gli uomini avevano fumato. Uno, seduto di fronte a me, ne aveva confezionate tante con quelle mani dure, callose. Gli riuscivano male, storte,mezze vuote. Le leccava per incollare i lembi della cartina e, così bagnate di saliva, le fumava con boccate piene strizzando gli occhi e lasciando che il fumo gli uscisse dagli angoli della bocca. Durante il viaggio ero stato al finestrino a guardare gli alberi e le case sfilare veloci. C’erano autocarri abbandonati sulle strade, qualcuno rovesciato in un fosso. Erano carcasse spogliate di tutto, senza più motore, senza copertoni. Avevano perso ogni cosa, con il tempo avrebbero smontato e portato via anche il resto. Avevo visto un piccolo autoblindo e perfino un aereo che sembrava un giocattolo dimenticato su
un prato. “ I segni del conflitto”, aveva detto lo zio, con quel suo parlare preciso. Mi dava brevi ma complete spiegazioni che non ammettevano domande né repliche. Ad una fermata del treno avevo avuto paura di aver perso lo zio, avevo provato il panico di essere solo, abbandonato. Lo zio, che era sceso per bere alla fontanina della stazione, non era ancora tornato quando il treno si era rimesso in movimento. L’uomo che fumava mi aveva però rassicurato: “Non preoccuparti, vedrai che viene subito…tuo padre, sarà salito in un vagone dietro”. L’avevo visto esitare ma non avevo voluto dirgli che quegli era mio zio, che mio padre era morto. Adesso lo zio era lì, davanti a me, con gli occhi chiusi. Uno strattone, un rumore di ferraglia, un urto, un sussulto: “Ci siamo, vedrai com’è Roma”, fece lo zio con voce atona, senza enfasi, con la serietà di che propone di assolvere un dovere, un compito. Mi domandai subito se quella di Sassa, da dove ero partito quella mattina, fosse una stazione vera, se potesse chiamarsi una stazione, con le sue aiuole fiorite, lo zampillo, le panchine: tutto al sole, all’aperto, dove a certi intervalli regolari passava un trenino per bambini. Qui a Roma era tutto più scuro. C’erano molti treni allineati, ed erano neri, enormi. A Sassa passava soltanto la littorina, un trenino con un solo vagone, che si annunciava con un rombo come di un tuono che vada spegnendosi, nel silenzio assoluto della valletta.
C’incamminammo tra tutta quella gente vociante che pareva andare verso un’unica direzione comune. Tutti parevano presi da una smania che li accelerava. Trascinavano vecchie valigie di fibra, segnate e graffiate, stracariche, legate con lo spago e con grosse cinghie. Pensai che quella gente non desiderasse, dopo di là, andare in nessun altro luogo. Sembravano arrivati per restare ma continuavano a muoversi in quel posto su itinerari prestabiliti, a volte paralleli, a volte incrociati. Come le formiche. Non sapevo se io fossi arrivato per restare. Quattro giorni prima giocavo ancora ai banditi con Nicolino. Ci appostavamo in mezzo al malvone, ai sambuchi, dietro le fratte del biancospino. Poi era arrivata tutta quella gente, che veniva su verso la nostra casa dallo stradone bianco. Erano scesi dalla corriera poco più sotto, a Madonna della Strada. Erano bianchi di pelle, molti di loro portavano gli occhiali. Mi pareva strano, mi ero chiesto per quale motivo tanta gente insieme portasse gli occhiali. Il giorno dopo era stato mio fratello a dirmi che nostro padre era morto, che quelli erano parenti venuti per la sua morte, per il suo funerale. Non conoscevo nessuno di loro, neppure lo zio che mi aveva portato a Roma con sé. Ed eccomi qui, arrivato a Roma, tra quella folla frenetica, disordinata. Lo zio aveva portato con sé un incarto con un quadro di mio padre. In treno, un momento che eravamo soli, mi aveva parlato un poco di lui, della sua vita sfortunata. Avevo sentito per la prima volta che la vita di mio padre era stata sfortunata. Non sapevo che una vita potesse essere sfortunata. “Chi di voi sa disegnare, chi ha ripreso da lui?” - aveva chiesto lo zio. Io avevo fatto spallucce lasciando cadere la domanda.
Lo zio mi rassicurava, con la sua voce paziente. In quei giorni le voci di tutti quelli che erano venuti nella nostra casa avevano un comune accento, che non uniformava però la sostanza della voce. La voce della Bolognese era rimasta una musica per me, come sempre. Adesso camminavamo in silenzio, io portavo il mio pacco con la biancheria. Sul treno lo zio aveva detto: “Io porto i miei colli, tu porta il tuo pacco”. Non sapevo che cosa fosse un collo ma lo capii quando vidi che lui dava di piglio ai suoi involti. Presi il mio pacco fatto con la carta di giornali e tenuto con lo spago. Molti passeggeri avevano pacchi come il mio. Camminavamo affiancati, immersi nei nostri pensieri, tra uomini in maniche di camicia, con le maniche arrotolate, tra donne in abiti colorati. Qualcuno portava la giacca sul braccio o appoggiata alle spalle senza infilare le maniche. Usciti da quella fiumana, aspettammo a lungo alla fermata del tram. Non ne avevo mai veduto uno prima di quella volta. Passava scorrendo pesantemente sui binari, con gente appesa dovunque fosse possibile, all’esterno. Dietro, però, su un rigonfiamento da cui partiva un grosso cavo, c’era solo un ragazzo perché l’appoggio era difficile. Riuscimmo anche noi a salire, impacciati nei nostri colli e restammo in piedi, pigiati da ogni lato. Scendemmo in un viale di periferia. Qui c’era gente più distesa, una folla ilare il cui vociare si dondolava a momenti sui rami delle acacie e restava, talora, come improvvisamente fermo nell’aria.
Aspiravo profondamente l’odore delle gaggie, che mi riportava celermente al ricordo di Madonna della Strada. Qui però era costruito tutt’intorno, la strada era incassata tra gli alti fabbricati come un fiume tra alte rive scavate. Una strada di Roma era un po’ come una cupa di campagna, solo che al posto delle sponde di terra con gli arbusti penduli c’erano alte sponde di mattoni e steli di fanali. Adesso sentivo l’odore di frittura che usciva denso da una friggitoria. Odori nuovi per me; buono, piacevole quello che annusai passando davanti a un negozio con la scritta Pizzicheria. Dentro c’erano meravigliose torri di tonde scatolette rosse. Voltammo in una strada morta, buia, dove non passava nessuno. Lo zio mi condusse in una latteria, un posto bianco di infinita tristezza. L’odore qui mi stomacava, detestavo il latte. Al banco c’era un uomo tutto vestito di bianco, aveva un lungo grembiule. Odorava di latte, aveva bianchissime le mani. A servire c’era anche una ragazza con un berrettino bianco a forma di bustina. La ragazza rideva con un militare, mentre gli serviva una coppa di panna. Trangugiai senza fiatare il bicchiere di latte che lo zio mi aveva porto. Mi domandò se ne desiderassi ancora. Risposi “Nz, grazie”. Lo zio mi suggerì di dire no invece di nz. “No, grazie”, feci io. In quel posto di desolante disperazione, in quel limbo albicante ebbi un urto del sangue, un soprassalto di palpiti nella gola: avevo visto mio padre, seduto a uno dei tavoli lungo il muro, mio padre che mangiava un uovo fritto intingendo nel rosso i pezzetti di pane. In quel sepolcro imbiancato e piastrellato. Riprendemmo il tragitto per la strada morta. Passò una solitaria motocicletta a tutto gas, lasciandosi dietro un penetrante odore di olio bruciato. La strada mi pesava nelle gambe, camminavo in silenzio senza sapere dove fossimo diretti, neppure lo avevo domandato. Affrettavo il passo per uguagliare le falcate dello zio taciturno.
Eravamo accaldati, camminavamo senza una parola. L’asfalto era molle ed esalava un odore acuto. Le case s’erano fatte rade, finché la strada morta andò a perdersi in un luogo aperto, buio, da cui si vedevano lontani fanali. Arrivammo sotto un caseggiato immenso, altissimo, una enorme scatola grigia che s’innalzava da un terrapieno in mezzo a sterri, al centro di una radura di sterpaglia, dove c’erano cumuli di detriti disseminati qua e là. Ai margini nereggiava l’imponente torre di tubi di un gasometro e, sotto, la sagoma a denti di sega di un tetto di fabbrica dalla tozza ciminiera. Salimmo per una scala che mi parve interminabile, fino alla cima del caseggiato, là dove c’era l’appartamento dello zio. Lì dentro mi sentivo soffocare, lo spazio mi si chiudeva intorno. La zia scambiò brevi parole con lo zio. Mi prepararono una branda nella camera da pranzo e mi mandarono a letto. Ma non potei dormire. Guardavo l’ombra listata della persiana. Noi a casa non avevamo persiane ma imposte e tra queste passavano spiragli di luce, lame in tralice che dividevano il buio della stanza, quando nei pomeriggi di caldura , mia madre ci obbligava ad andare a letto. Mi alzai e mi misi alla finestra. L’altezza mi sembrava vertiginosa, non ero mai stato così in alto. Guardavo l’abisso della radura, laggiù. Scrutavo il cielo. Le stelle brillavano pallide, sbiadite. Lassù arrivava un indistinto rumore, come un sommesso grugnito. Sentivo una radio, da basso. Una voce falso-flautata cantava:”Vecchia Romaaa, sotto la lunaa, non canti piùùùù…”
Da “Il Giorno dell’ira e altri racconti” di Renato Gabriele, L’Argonauta Editore, 2003.
Workshop di Fotografia Urbana
.Nel
Port o Vecchio, ci si sent e in cittĂ e si avverte subito una gran voglia di passeggiare." Paolo Port oghesi
Al di là della cinta muraria Immagini da Oltre il Muro del Punto Franco Vecchio di Trieste di Eligio Verazzi
La cinta muraria che sbarra l'accesso dei triestini alle "ora" ex zone portuali, nasce nel 1891 a seguito dell'emanazione della legge austroungarica, 23 giugno 1891 B.L.I. Nro.76, con questa normativa il porto franco, che comprendeva tutta la città, venne incorporato nel territorio doganale mentre, contestualmente, vennero creati dei punti franchi: specifiche aree confinate considerate extradoganali e che inizialmente vennero individuate nei punti franchi presso il Nuovo Porto di Trieste (oggi Punto Franco Vecchio) e di S. Sabba quale deposito di oli minerali. Oggi i punti franchi sono cinque. II confine terrestre del Porto Vecchio è delimitato da una recinzione di 4.200 metri di muratura e reticolato mentre il confine marittimo, formato dalle banchine e dai moli, è lungo 3.271 metri con fondali che variano dai quattro ai dieci metri. Queste barriere fisiche racchiudono un "isola" di 517.000 mq di superficie in cui trovano spazio, oltre ai piazzali, agli assi viari e ferroviari, ben 239.000 mq di edifici di diverse tipologie ed altezze tra cui i capannoni di calata sul fronte mare ed i retrostanti magazzini di deposito. È un "isola" conosciuta solo dagli addetti ai lavori i c.d. "portuali". Già nel 1911 Silvio Benco, in una sua guida della città di Trieste, nelle pagine intitolate "Al di là della cinta muraria" così descriveva il Punto Franco Vecchio "…i triestini per quanto siano estranei al commercio, hanno il punto franco per un paese lontano: non sanno le sue vie interminabili, i suoi magazzini dal tetto a terrazza, sul quale cresce l'erba come un po' di peluria sopra un'immensa calvizie, la marcia monotona degli hangars tutti uguali …Dalla tolda dei transatlantici … i marinai guardano Trieste come una città da panorama, meravigliosamente bianca, … al di là del grigio squallore, della nera sordidezza e della grandiosità di ciò che è uniforme e della incoerenza di ciò che è vario nella ruvida selva del porto, dove le gru si sbracciano come alberi mozzi …" 1 Oggi, dopo più di un secolo di attività e salvo l'unica eccezione del molo 2, il Punto Franco Vecchio è una terra abbandonata a cui ben si applica il termine di "terra in vague" con queste parole l'architetto e filosofo Ignasi De Solà Morales definiva "un luogo apparentemente dimenticato dove sembra predominare la memoria del passato sul presente, un luogo obsoleto dove certi valori permangono malgrado un abbandono completo del resto dell'attività urbana, un luogo che è in definitiva esogeno ed estraneo, fuori dal circuito delle strutture produttive della città, un'isola interna disabitata, improduttiva e spesso pericolosa, contemporaneamente al margine del sistema urbano e parte fondamentale del sistema ". 2 La selezione fotografica presentata è un viaggio alla deriva in questi grandi spazi abbandonati, sono immagini che vogliono documentare un itinerario nascosto e/o sconosciuto prestandosi a una doppia lettura: chi ha frequentato il porto "nel riconoscere ricorderà quello che oggi non c'è" mentre chi non lo ha mai visto "vedrà quello che oggi rimane". 1,Guido Botteri; "Una storia europea di lib eri commerci e traffici"; Società Editoriale Lib raria p.a.; Trieste; 1988; pg.83. 2, Francesco Careri; "Walkscapes"; Giulio Einaudi editore SpA; Torino; 2006; pg.19
Anna Rosa Bondavalli - Ispirazioni in Bianco e Nero
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Giulio Bonivento - Arte e Industria
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Giovanni Ferro - Trieste, pietre e metalli
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Milka FoĂ - Rouge
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Loretta Isotton - Grafismi retrò
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Caterina Marchionne - Delicati Meccanismi
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Francesca Ravalico - Meccaniche visioni
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Chiara Roscioli - Dettagli ferrosi
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Simone Testa - Concrete astrazioni
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Workshop a Trieste -Tirando le somme a cura dello Staff di Viaggio Fotografico Diciamola tutta: stavolta è stato un workshop bellissimo, tra i tanti che facciamo, sicuramente uno dei più stimolanti anche per noi Organizzatori. Stimolante, perchè abbiamo vinto una difficilissima partita giocata fuori casa: Partire da Latina, fare 700 chilometri per arrivare a Trieste e spiegare ai Triestini la loro città è stata un’impresa tutt’altro che facile, ma proprio per questo stimolante. 4 mesi di lavoro sono serviti ad organizzare il Percorso, i permessi con le varie Autorità Portuali, Capitaneria di Porto, i contatti con gli Enti locali e la collaborazione con il Festival Le Vie delle Foto. Ma alla fine i risultati degli Allievi che qui Vi proponiamo hanno ripagato ampiamente il nostro sforzo e ci hanno fatto raggiungere a pieni voti il risultato che volevamo. Agli Allievi è bastata la prima serata di teoria nel bellissimo Hotel Savoia (fornitoci da Le Vie delle Foto) per capire esattamente lo spirito del workshop e cosa intendiamo con le nostre Urban Vision. I risultati sono qui pubblicati sotto i Vostri occhi e sono davvero lusinghieri per tutti. Abbiamo scattato nel Porto Vecchio di Trieste, in un’area di grandissimo fascino fotografico che normalmente è chiusa al pubblico e nella quale siamo riusciti ad entrare grazie ai regolari permessi che Rosalba Grassi dell’ Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni di Viaggio Fotografico ha ottenuto. Il Porto Vecchio di Trieste è un luogo senza tempo abbandonato da decenni con un incredibile aspetto decadente, in cui nel silenzio spettrale che c’è sembra ancora di sentire i vecchi rumori, le voci e di vedere il brulichio di persone che riempivano questa zona ormai dismessa e che neanche i Triestini conoscevano. Come un vecchio Maestro il Porto Vecchio di Trieste ci ha insegnato ad ascoltarlo anche senza parlare, il suo silenzio ci ha dato modo di riflettere e di fotografare. Si sentiva un’atmosfera di religiosità, anche tra noi…. In quello spazio sospeso e inde-
scrivibile ciascuno di noi preferiva il silenzio dell’Allievo al parlare dello stolto. Quelle aree così vaste, sono le vestigia orgogliose di una gloria ancor viva seppur non ostentata, non rumorosa. I nostri Allievi hanno scattato le loro foto in una stupenda giornata con un cielo blu profondo spazzato e pulito dal borino che aveva soffiato vigoroso il giorno prima. Le loro foto raccontano le macchine, gli impianti, la tecnologia di 100 anni fa che ha dato da mangiare a tante famiglie e che tanto ha aiutato il lavoro di quegli uomini. Suggestiva ed esaltante la visita all’eroico URSUS: il vecchio pontone galleggiante con gru di 76 metri che ha navigato per quasi 100 anni sollevando vino a 150 tonnellate in mare aperto. Una risorsa per la città, una mano santa per tutti quelli che nel ’900 hanno lavorato a bordo di questo potentissimo mezzo marino. Siamo saliti sull’URSUS accompagnati dal sign. Renato che ha vissuto a bordo 23 anni della sua vita. Anche la visita fatta alla Centrale Idrodinamica a cura di Italia Nostra è stata un momento di autentica esaltazione per tutti noi. La Signora che ci ha accompagnati aveva una straordinaria carica e passione narrativa, grazie a lei abbiamo rivissuto la storia dell’impianto più importante di tutto il Porto Vecchio: la macchina che dava energia a tutte le altre macchine per movimentare tutte le merci in arrivo e in partenza dal Porto Vecchio. Si ringrazia TRIESTE per l’ospitalità e si lascia aperta la scia… sulle Vie delle Foto con il pensiero di restituire al Porto Vecchio Franco il giusto apprezzamento, in un prossimo allestimento di una mostra fotografica nella sua città che vi si affaccia ma non lo vede ...
I COMMENTI DEGLI ALLIEVI: Loretta Isotton (Latina): Prima parte del viaggio: decidere d andare. Non è stato facile, in dubbio fino all’ultimo, tante cose da risolvere per lasciare la casa tre-quattro giorni, il mio cane AKAMARU da governare, una giornata di studio da spostare, etc etc..e poi si erano già tutti organizzati gli altri partecipanti quindi dovevo viaggiare da sola Latina – Trieste. BOH!! SI!! NO!!! ma che senso ha? Ma Trieste non l’avevo mai vista e mi incuriosiva e poi il Porto Vecchio.. mi immaginavo vecchi velieri, storie, viaggiatori d’altri tempi, mercanzie dei paesi asiatici, commerci di spezie e tessuti e tanto altro.. Alla fine vado.. mi faccio il viaggio in treno da sola e va beehh!! Non è la prima volta! Non ho viaggiato sola. Sono stata in compagnia dei miei pensieri, si gli ho fatto spazio. Il viaggio era lunghetto e mi sono data il tempo di dialogare con me stessa. Ho incontrato la Loretta che va spesso di corsa e a poco tempo per ascoltarsi. Non mi è dispiaciuto. Le città di mare mi attraggono sempre, ho l’idea che il mare le fa respirare, gli allarga gli orizzonti, apre novi spazi, forse solo all’ immaginazione… ma spazi aperti. Città che accolgono, città che lasciano partire. Io non potrei vivere lontana dal mare, lo trovo una creatura fondamentale. L’acqua è un elemento vitale e mi restituisce energia positiva,in qualsiasi forma essa sia. Incontro Roberto e Antonio a Trieste poiché loro per ottenere i permessi per entrare al porto erano andati il giorno prima. Mi sono sentita accolta, bene. La chiave di lettura di questo workshop è stata la visita guidata alla centrale idroelettrica del porto, dove una signora bravissima ed entusiasta di “ITALIA NOSTRA” ci ha fatto immergere nella preziosità e magnificenza di quella centrale progettata dagli inglesi nel secolo delle scoperte delle macchine a vapore e costruita dagli austriaci. Centrale che regolamentava e alimentava con la sua energia sviluppata tutte le attività portuensi e tutte le gru per i carichi e scarichi delle merci.
Un tuffo nel passato, un viaggio nel viaggio.. Quanta storia, quanti passaggi utili per capire come si è mosso il mondo intorno a Trieste e come si muoveva il mondo tra gli imperi e le conquiste scientifiche.. Direi che è stata quasi una lezione di fisicaeconomia quella che ci ha fatto la entusiasta signora della centrale idrodinamica. E poi il fascino delle caldaie tuttora esistenti e originali e tutti macchinari dove si generava l’energia da trasmettere al porto. Sono rimasta incantata e stupita di tutta quella situazione .. E bravi ‘sti inglesi col cervello a vapore!!! E quindi ci siamo introdotti seguendo le rotaie delle stradine interne al porto tra i magazzini e le varie strutture portuensi. Lì c’era anche il magazzino-deposito dove gli esuli dell’Istria avevano depositato i beni che si portavano via dalle loro case al momento dell’esodo forzato al tempo di Tito, quando si sono spartiti i nuovi confini dell’Italia, alla fine della guerra, intorno agli anni cinquanta, al tempo oscuro delle Foibe. Parecchi di questi istriani partivano da Trieste per destini altri lontanissimi dalla loro terra e mare.. Alcuni di Fiume sono arrivati a Latina e ospitati nel primo tempo nel campo profughi. Poi fu costruito per loro il famoso ‘VILLAGGIO TRIESTE”. Ma questa è storia. Uno di loro è stato il bravissimo artista – scultore Sergio Ban, vissuto in terra pontina fino al 2010. Tra i suoi soggetti scultorei preferiti c’erano di sicuro al primo posto le imbarcazioni, canoe o qualcosa di simile con richiami ancestrali all’uomo primordiale che attraverso un mezzo semplice essenziale sfidava i fiumi e i mari.. senza strumentazioni.. Un uomo alla ricerca.. in esplorazione che fluiva leggero sull’acqua. Un altro piccolo tassello ricomposto nella mia memoria e ricostruzione degli eventi. Piacevoli i compagni di avventura in questo workshop. Molto gradite anche le guide locali: sapienti ed entusiaste della loro storia e ci hanno fatto capire vari passaggi che da soli non avremmo colto così bene. Quindi gli scatti sono diventati più sapienti e curiosi.. abbiamo in qualche modo rievocato i vissuti attraverso i nostri obbiettivi.. Interessante carissimi Roberto e Antonio il lavoro di verifica fatto l’ultimo giorno, quando si sono realizzati i PORT-FOLI di ciascuno.
Peccato che son dovuta scappare via col treno prima che finissero tutti. La ritengo una delle parti più belle e conclusive. Ma forse no, perché è interessante e continua la curiosità anche ora che raccogliete il nostro materiale, per farne una pubblicazione e ritorniamo di nuovo sulla storia di Trieste. Bella esperienza!! A presto!! Loretta .
Milka Foà (Milano): Carissimi tutti, compagni di corso e insegnanti. Trieste è stata decisamente una bella esperienza. Sono stata molto bene e sono abbastanza soddisfatta dei risultati ottenuti. Grazie! Grazie anche per il permesso. Un abbraccio a tutti e a presto. Milka
Caterina Marchionne (Roma): Inutile dire che sono stata benissimo a Trieste, e confermo che questa formula di lavoro è vincente, perché gli allievi si sentono seguiti nel corso delle riprese e gratificati per la realizzazione dei portafogli. La crescita personale è assicurata a mio parere perché piano piano si acquisisce consapevolezza di ciò che si vuole fare.
Giulio Bonivento (Trieste) Carissimi, Grazie per quanto state facendo. Ottime iniziative, organizzate al meglio, in un’atmosfera di serena convivialità. Difficile fare meglio.
Simone Testa (Livorno) Quale ginocchio‌. Per la bellezza delle foto fatte anche per questa volta devo ringraziare il maestro che, con qualche bacchettata sulle mani, mi sta mettendo sulla retta via!!! Speriamo di vederci presto
Books to travel...Even from your couch
“Guardati dall’uomo che legge un solo libro”
S.Tommaso d’ Aquino
Dietro l'Idroscalo si apre il Porto vecchio, o punto franco vecchio, che si stende fino a Bàrcola con quattro bacini protetti da una diga foranea. Venne costruito nel 186883, su progetto del francese Pascal e venne completato nel 1890 con la costruzione del Molo IV e l'interramento delle zone contigue. I «capannoni», così vengono comunemente indicati gli edifici più antichi dello scalo giuliano, erano muniti di gru, elevatori, montacarichi e altri arredi per le operazioni di carico e scarico merci. I caratteri architettonici che definiscono questi edifici monumentali si riconoscono nelle linee verticali e orizzontali delle facciate, nelle definizioni geometriche dei basamenti, delle porte e finestre e di tutti quegli elementi che determinano il linguaggio dell'architettura complessiva del sito. La decorazione dell'epoca si presenta affidata essenzialmente ai differenti materiali da costruzione di finitura e alle opere dei maestri scalpellini e ornatisti: cornici, modiglioni, capitelli, basamenti, davanzali e avancorpi dei diversi materiali. Le colonnine di ghisa grigia caratterizzano i piani terra degli hangars
Antonella Caroli Guida storica del Porto Vecchio di Trieste Interventi straordinari: arch. Paolo Portoghesi e on. Vittorio Sgarbi 1886 - Trieste Porto Vecchio: Un pezzo di città La campagna di Italia Nostra di Trieste sul Porto Vecchio La K.U. K. Triest Lagerhäuser: vicende costruttive, tecnologia e normativa Il Porto Vecchio non è solo una parte di Trieste, il Porto Vecchio è Trieste Guida storica del Porto di Trieste volume in brossura di grane formato con foto, disegni, cartografia e immagini d'epoca in b/n Editore: Edizioni Italo Svevo (ex) Collana: Collana di Italia Nostra Pagine: 188 Formato: 22,5x25 Anno pubblicazione: 2009
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Mai visto un cielo così trapuntato di stelle come a Merzouga. Mai. Neanche nelle notti più buie o nei luoghi più impervi il cielo stellato si esprime in tutto il suo splendore come in questo angolo di deserto. Distesi su un materasso e cullati dal suono di tamburi proveniente da un bivacco vicino, con lo sguardo perso in questo mare di piccole e grandi luci, non si può non perdersi nell’immensità blu e non c’è la voglia né di chiudere gli occhi né di gettarsi tra le braccia di Morfeo. E come sottofondo continuano a fare compagnia i bramiti dei dromedari affamati, il miagolare di alcuni gatti, il vento tiepido della notte e le stelle cadenti, tante più che nella notte di San Lorenzo. E mentre si osservano le stelle e i piccoli focolai di luce degli altri bivacchi, si ripercorre con la mente la strada che ci ha portato qui, a un’ora e mezza di “cammellata” dal più vicino luogo abitato del Marocco, e la faticaccia delle ore d’auto e di dromedario soccombe al magnifico spettacolo. Appena due ore di volo e siamo catapultati in un mondo magico, nella parte nord del continente africano, che è bagnato dal Mediterraneo e dall’Oceano Atlantico rappresenta la porta del grande deserto a sud... il Marocco. Questo tour offre la possibilità di conoscere i vari aspetti naturalistici e culturali di questo straordinario paese. Guarda il programma completo al link:
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TUNISIA DESERTO BREVE 8 giorni tra deserto e oasi di montagna Dal 18 al 25 gen 2014 Quota â‚Ź 630.00 Guarda il programma completo al link:
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TUNISIA RAID Capodanno in tunisia tra dune e ksar: un sogno da mille e una notte Dal 27 dic 2013 al 6 gen 2014 Quota â‚Ź 870.00 Guarda il programma completo al link:
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SENEGAL E GAMBIA Il paradiso in terra Dal 26 dic 2013 al 5 gen 2014 Quota â‚Ź 1550.00 Guarda il programma completo al link:
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SRI LANKA (ultimi 3 posti) NAWAM PERAHERA—Il festival della Luna Piena Dal 13 al 25 feb 2014 Quota € 1880.00 Guarda il programma completo al link:
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è una associazione senza scopo di lucro fondata nel 2010 allo scopo di creare un “luogo” dove poter parlare di fotografia e di reportage di viaggio. Il reportage di viaggio è la forma visuale, il linguaggio di ogni viaggiatore. E in questo “luogo” si ha la possibilità di po tersi esprimere e comunicare. Si possono così proporre alla redazione idee, progetti ma anche quesiti e richieste sulle tematiche della fotografia e del viaggio. Si conosceranno così altre persone che condividono la nostra stessa passione e poter così organizzare anche un bel viaggio. Perché no?
Anno I Numero 3 Redazione: viaggiefotografia@gmail.com Art Direction e grafica: Antonio D’Onofrio Ufficio Stampa e Pubbliche Relazioni: Rosalba Grassi Hanno collaborato a questo numero: Agnese Roberto Gabriele - Simona Ottolenghi - Anna Rosa Bondavalli Giulio Bonivento - Giovanni Ferro - Milka Foà - Caterina Marchionne Francesca Ravalico - Chiara Roscioli - Simone Testa Loretta Isotton - Eligio Verazzi Viaggi&Foto garantisce la riservatezza dei dati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 D.L. 196/2003 scrivendo a: viaggiefotografia@gmail.com Il materiale pubblicato non può essere utilizzato, in tutto o in parte, senza il consenso di Viaggi&Foto. Il materiale inviato alla redazione non viene restituito e non ne viene garantita la pubblicazione. In corso di registrazione presso il Tribunale di Latina
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