Il Forum Internazionale del Viver-Bene secondo l'Agenzia di Stampa Giovanile

Page 1

VIVER-BENE

FORUM INTERNAZIONALE DEL VIVER-BENE SECONDO L'AGENZIA DI STAMPA GIOVANILE FORUM INTERNAZIONALE A GRENOBLE Per la prima volta in Europa

UN CAMBIAMENTO DI SCALA Secondo Lei, cos’è il Viver-Bene?

UNA SOCIETÀ SOSTENIBILE Nuove alternative agli indicatori economici


PUBBLICATO DA:

IN COLLABORAZIONE CON:

PROGETTO GRAFICO:


INDICE 04

EDITORIALE

05

IO E IL FORUM INTERNAZIONALE DEL VIVERBENE

06

SECONDO LEI, COS’È IL VIVER-BENE?

08

SYLVIE BUKHARI-DE PONTUAL: IL PRIMO FORUM INTERNAZIONALE DEL VIVER-BENE IN EUROPA

10

PATRICK VIVERET: COME POSSIAMO DIVENTARE UNA SOCIETÁ DEL VIVER-BENE?

14

METHOD GUNDIDZA: IL BISOGNO DI RIPRISTINARE LA BELLISSIMA DANZA DELLA VITA

16

IMMAGINI DEL VIVER-BENE

18

DASHO KARMA URA: MISURARE IL VIVER-BENE IN BUTHAN

20

ASIER ANSORENA: MAGGIORE INDIPENDENZA E SOVRANITÀ

23

PABLO SOLÓN: LA DECOLONIZZAZIONE VERSO IL VIVER-BENE

25

TOCCA A NOI PARLARE

3


EDITORIALE Come raccontare il Viver-Bene Per la prima volta in Europa, dal 6 all'8 giugno 2018, si è tenuto il Forum internazionale del Viver-Bene. Nello scenario della città francese di Grenoble, l'evento è stato realizzato grazie al supporto dell'Università di Grenoble-Alpes, del FAIR (Forum degli Altri Indicatori del Viver-Bene), del CCFD-Terre Solidaire, del Comune di Grenoble e di Grenoble-Alpes Métropole. L'obiettivo principale degli organizzatori è stato promuovere e condividere diverse esperienze al cui centro è posto il Viver-Bene della società invece che la mera crescita economica. Settantacinque workshop hanno creato l'ambiente ideale in cui circa mille partecipanti hanno potuto dialogare. A scambiarsi idee e impressioni sono stati ricercatori, rappresentanti eletti, membri di amministrazioni locali, organizzazioni della società civile e cittadini provenienti da venticinque Paesi del mondo. I tre intensissimi giorni del Forum sono stati documentati dall'Agenzia di Stampa Giovanile, un team di 12 reporters provenienti da Sudafrica, Argentina, Vietnam, Brasile, Romania, Italia e Francia. L'Agenzia produce articoli, interviste, video e fotografie con uno spirito innovatore e creativo. Queste contenuti sono pubblicati online sul sito www.stampagiovanile.it. Il presente e-book è una sua produzione straordinaria, per riassumere i momenti più salienti del Forum. Di seguito, la lista completa dei membri dell'Agenzia di Stampa Giovanile nel Forum Internazionale del Viver-Bene:

PARTECIPANTI

EDUCATORI

Dominic Brown Paulo Lima Fabio Trapani Giulia De Paoli Florencia Pistan Diego Chitarrini Kim Pham Margaux Deygas Pauline Meary Chabbrey Natália Aquino Phuong Nguyen Ngoc Tram Nguyen EDUCATORS Oliana Quidoz Paul Sopon Paula Bonfatti Sizwe Nyuka Thao Nguyen

4


Io e il Forum Internazionale del Viver-Bene DI OLIANA QUIDOZ Circa tre anni fa, nel Novembre 2015, ho avuto l’opportunità di partecipare alla Conferenza sull’Indicatore di Felicità Interna Lorda tenutasi a Paro, in Buthan. La qualità delle relazioni umane tessute in quell’occasione, la semplicità dell’accoglienza locale, la luminosità della terra bhutanese mi hanno davvero colpito. Siamo tornati a casa con l’intenzione di accettare la sfida di organizzare un evento simile in Europa, e in particolare nella nostra città (Grenoble), nonostante gli sforzi che ne sarebbero conseguiti. Dopo due anni di lavoro sugli indicatori di ricchezza e del Viver-Bene, indicatori alternativi ai convenzionali, la vita mi ha condotto per altre vie… Ma non potevo lasciarmi sfuggire la possibilità di vedere realizzato il progetto a cui ho/abbiamo dedicato tanto: perciò, mi sono unita alla squadra dell’Agenzia di Stampa Giovanile. Ed eccoci qui: la conferenza ha riunito più di mille persone che per tre giorni hanno esplorato tematiche diverse come l’agro-tecnologia e l’organizzazione della comunità, l’igiene e la cultura, le molteplici dimensioni del concetto di ViverBene. Per me, partecipare al Forum del giugno 2018 ha significato ritrovare amici del Bhutan, della Thailandia e di molte altre provenienze (all’evento erano presenti delegazioni di 25 Paesi!). Ha significato anche ricevere stimoli e collezionare idee sorte dall’ascolto delle esposizioni dei partecipanti sudamericani e sudafricani. Devo anzi ammettere che qui, per la prima volta, ho ascoltato relatori sudafricani e il loro concetto di Viver-Bene tradotto come Jangano: le loro parole mi sono arrivate dritte al cuore, per la loro onestà e franchezza, limpide ed evocative, piene di quei valori di collettività e comunità.

Il sorriso dell’amico sudafricano Method Gundidza è una delle prime immagini che mi tornano alla memoria quando ripenso a quei bellissimi giorni. Inoltre, la formula partecipativa con cui è stato organizzato il Forum, con più di 75 laboratori, era molto diversa dalla formalità della conferenza bhutanese. E ci ha anche permesso di aggiungere tematiche alle discussioni e creare momenti di scambio informale non pianificati in precedenza, come il laboratorio femminista che ha inserito i concetti di amore e speranza nella mia personale ricetta del nuovo mondo da costruire insieme. Ora sono passati circa quattro mesi dall’evento. Progetti e idee per contribuire a dare forma a quel mondo si affacciano alla mia mente ogni giorno, movimentando le mie giornate e riempiendomi di quell’energia positiva che mi serve anche per affrontare i momenti più negativi. Potremmo non vedere mai un vero cambiamento sociale durante la nostra vita, ma credo sia utile creare con gioia una memoria collettiva dei movimenti sociale, delle forze politiche e dei gruppi universitari che cercano di cambiare il mondo. Credo sia importante lasciare alle generazioni future una testimonianza del mondo che stiamo cercando di far nascere. In altre parole, dobbiamo diffondere un desiderio intergenerazionale di vivere in un mondo sano mentre sviluppiamo la capacità di prenderci cura di noi stessi e degli altri grazie alle nostre passioni personali e al nostro gusto per la condivisione.

5


Personalmente, cosa significa per lei il Viver-Bene? Una domanda molto semplice è stata posta dall’Agenzia di Stampa Giovanile a ciascun protagonista di questo ebook: "Personalmente, cosa significa per Lei il Viver-Bene?". La varietà di risposte ricevute ha rivelato la profondità del concetto di Viver-Bene.

Personalmente, ciò che io chiamo Viver-Bene è l’arte di vivere al momento giusto. Vale a dire, è l’arte di vivere appieno. È questione di dire: io non posso vivere tutto, io non posso fare tutto, ma quello che faccio, intendo viverlo intensamente. Quindi, in questo momento, non vado alla ricerca di una felicità effimera o di un colpo di fortuna, o una di importanza capitale che aspiro a conquistare, ma che al contempo ho paura di perdere. Noi tutti viviamo al momento sbagliato quando ci precludiamo, per esempio, dal soffrire per la perdita di una persona amata. È davvero un’arte di vivere appieno la vita, secondo me, e questo vivere al momento giusto è in fondo sinonimo di Viver-Bene.

PATRICK VIVERET

Per me il Viver-Bene è la felicità, ovvero quella forza che unisce la collettività come gruppo. Credo che sia meglio stare con i nostri compagni che restare soli.

SYLVIE BUKHARI-DE PONTUAL

Secondo me, il Viver-Bene si può dire raggiunto quando le persone sono in salute, ovvero quando vivono in ambiente sano, senza inquinamento che acqua e aria siano inquinate. Inoltre, ci deve essere la possibilità di interagire con elementi non umani: con gli animali, con le piante, con le montagne, con i fiumi. La mia definizione di comunità è un insieme molto più ampio dei soli esseri umani. Oltre a questa interazione con l’ambiente naturale, è fondamentale che le persone abbiamo la possibilità di interagire tra loro attraverso cerimonie che celebrano la vita attraverso il canto e la danza, la capacità di collaborare per affrontare i problemi, oltre alla capacità semplicemente di conversare tra loro.

6

METHOD GUNDIDZA


Dopo il soddisfacimento dei bisogni primari, il benessere è creato dalla combinazione di un buon sonno, serenità emotiva, meditazione e un po’ di esercizio fisico ogni giorno. Tutto questo creerà un benessere a livello personale. Ci sono inoltre idee di benessere a lungo termine: dovresti avere un’educazione, salute, un reddito, una buona famiglia, un buon ambiente… sai no? Vai in Nuova Zelanda o negli Stati Uniti per lavorare, vai in Giappone per morire (per essere libero), ecc. Queste sono idee di benessere a lungo termine. Ma il benessere può essere costruito momento per momento, così la migliore scala, e quindi il periodo che va preso in considerazione per il benessere, è l’intero arco temporale delle 24 ore. Se questa notte non dormo, se non faccio nessun esercizio fisico e non mi muovo per un intero giorno, o se lascio che certe esperienze mi scombussolino emotivamente, il giorno seguente non sarò più in uno stato di benessere. Perciò, è necessario prendersi cura di sé, ora dopo ora, giorno dopo giorno.

ASIER ANSORENA

DASHO KARMA URA

Penso che il Viver-Bene si realizzi non solo fornendo opportunità economiche ai più vulnerabili, come stiamo facendo attraverso la nostra banca comunitaria Banco Palmas in Brasile. Più importante di una linea di microcredito, è l'inclusione sociale, creare competenze, fornire opportunità per il tempo libero e gli incontri. Il Viver-Bene tiene anche conto di fattori psicologici: è guardare dentro prima di guardare fuori, vivere con una pace interiore.

Il concetto di “Buen-Vivir”, che può essere tradotto con “Viver-Bene”, è una visione onnicomprensiva. È il modo di vivere delle comunità indigene delle regioni andine del Sud America. Si tratta di una prospettiva olistica, nel senso che descrive il cosmo come un insieme in cui tutto è interconnesso, non solo la vita umana con la natura, ma anche qualsiasi cosa ci sia nel cielo e nel sottosuolo. In questa visione il tempo non segue un andamento lineare, ma un movimento a spirale. Per questo motivo non ha proprio senso parlare di progresso, perché non è veramente possibile passare da un punto a uno più avanzato. In tutti i momenti del futuro c’è sempre qualcosa del passato. C’è sempre complementarietà tra i diversi aspetti della vita. Ad esempio, non c’è felicità senza tristezza. Pensare di poter avere solo felicità è un’illusione visto che la felicità pura non esiste, ma esiste solamente in senso complementare, accompagnata dal suo opposto. Lo stesso avviene per tutti gli aspetti della vita e dell’esistenza. La cosa più importante per gli esseri umani è raggiungere l’equilibrio di tutti gli elementi che sono in contraddizione l’uno con l’altro. Perciò lo scopo non è crescere, avanzare, progredire all’infinito, ma appunto cercare l’equilibrio. Questo equilibrio non è possibile raggiungerlo eliminando gli altri, ma si raggiunge cercando la complementarietà con gli altri in modo da divenire un intero, poiché non c’è nulla più importante dell’intero, di una totalità in equilibrio.

7

PABLO SOLÓN


Sylvie Bukhari-de Pontual Il primo Forum Internazionale per il Viver-Bene in Europa DI KIM CUONG PHAM Traduzione: Carlotta Zaccarelli

Sylvie Bukhari-de Pontual insegna Giurisprudenza, è avvocato e attivista per i diritti umani. Lei è la prima donna presidente del CCFD-Terre Solidaire, un comitato cattolico francese impegnato a combattere la fame e promuovere lo sviluppo in tutto il mondo. Insieme ad un consorzio di diverse organizzazioni, CCFD-Terre Solidaire ha organizzato il Forum Internazionale per il Viver-Bene.

Che cosa pensa di questo evento che per la prima volta si tiene a Grenoble? Penso che sia straordinario. Prima di tutto è un progetto a lungo termine. Noi organizzatori sappiamo quanto sia importante cambiare il mondo. E sappiamo bene che possiamo cambiarlo solo se viviamo e lavoriamo insieme. Grazie al sostegno di diverse associazioni abbiamo potuto condividere la nostra visione, le nostre esperienze di vita ed organizzare un forum per divulgarle nella società. Considerando il forum dal suo inizio fino ad oggi, ho notato che tutti gli organizzatori hanno i loro punti di forza e di debolezza. Quando lavorano insieme, compensano l'un con l'altro le loro mancanze e creano un gruppo ben assemblato. Inoltre, lavoriamo con felicità, siamo felici e amiamo rendere felici quelli che ci stanno intorno. Secondo me, è proprio questo il modo giusto per trasformare il mondo. Se ti mostri felice con gli altri, puoi rendere tutti felici e questo può cambiare il mondo. è davvero importante condividere lo spirito.

SYLVIE BUKHARI-DE PONTUAL

persone. Poi, abbiamo iniziato a guardarci intorno per vedere se c'erano altre persone interessate all'argomento. E sì, ce n'erano! Andammo alla città principale, nell'area metropoitana e all'università, per spiegare il progetto e chiedere collaborazione. Passo dopo passo, il progetto è partito. E oggi ci troviamo in un forum internazionale con migliaia di persone. Penso e sono sicura che in futuro ci saranno due, tre, quattro migliaia di persone. Se tutti facessero la stessa cosa ovunque, potrei dire che ci sarà un nuovo mondo nel giro di 50 o 60 anni. Possiamo crederci.

Come vedi la CCFD-Terre Solidaire e il concetto di ViverBene nei prossimi 5 anni?

Com'è possibile aiutare le persone a capire il significato del Viver-Bene nel futuro?

Io credo fermamente che andremo avanti su questa strada. In passato, il progetto era gestito da una sola persona, un partner di CCFD-Terre Solidaire. In seguito questo partner ci propose di lavorare con gli indicatori economici. Abbiamo pensato che l'idea fosse strettamente connessa allo sviluppo sociale e alla lotta contro la fame, che è esattamente quello a cui stavamo lavorando, così accettammo di lavorarci. C'erano solo una manciata di

Al giorno d'oggi, con tutte le nuove tecnologie e i mezzi di comunicazione di massa, le informazioni si diffondono molto velocemente e potrebbe accadere anche più in fretta di quel che pensiamo. Ma piuttosto che portarci avanti con l'uso dei social che moltiplicano le cose troppo in fretta, sono convinta che abbiamo bisogno di tempo per trasformare davvero il mondo a partire dalle

8


"fondamenta", rispettando il funzionamento del mondo. Le cose del mondo non cambiamo velocemente. Guardiamo alla natura e consideriamo l'erba. L'erba cresce giorno dopo giorno, lentamente, e come l'erba anche noi. Come elementi della natura, abbiamo bisogno di tempo per trasformarci. Ha dei piani o sta lavorando con qualcuno per far diventare questo concetto popolare in Francia? Una delle specialità della CCFD-Terre Solidaire è connettere le persone. Non vediamo l'ora di mettere insieme le persone, di vivere insieme, di fare insieme, lavorare insieme. Qui in Francia, sia a livello locale che nazionale, abbiamo visto i lavori della CCFD-Terre Solidaire per 60 anni ormai. Abbiamo creato queste connessioni fra i partners di numerosi paesi e il nostro gruppo in Francia. Crediamo che la cosa piÚ importante sia creare contatti e connessioni non fra persone che si trovano nella nostra stessa situazione, ma fra persone che siano distanti, che vivano circostanze diverse.

"Noi organizzatori sappiamo quanto sia importante cambiare il mondo. E sappiamo bene che possiamo cambiarlo solo se viviamo e lavoriamo insieme."

9


PATRICK VIVERET Come possiamo sviluppare una società del Viver-Bene? DI OLIANA QUIDOZ Traduzione: Carlotta Zaccarelli

Patrick Viveret è filosofo francese, magistrato presso la Corte dei Conti francese e attivista sociale impegnato nella promozione della solidarietà e delle nuove forme di partecipazione politica e relazioni di potere. È co-fondatore di iniziative sociali come Dialogues en Humanité e SOL Project. Considerando che il corrente modello di sviluppo necessita di essere cambiato, su quali basi filosofiche lo rifonderebbe? Se cominciassi con il primo grande filosofo che ha affrontato questi temi, sarebbe Spinoza, il quale ha evidenziato che la grande questione sta nell’opposizione fra Gioia, da un lato, e Paura dall’altro, che sono il nocciolo di quello che lui chiama “passioni tristi”. Perciò, secondo me è essenziale coltivare l’energia della gioia perché in fondo abbiamo un sistema nel caso presente, del mercato capitalistico, ma per altri regimi è dispotico o legato al fondamentalismo religioso. Se guardiamo nel dettaglio cosa lo guida, vediamo che è diretto sia dalla paura, sia dall’intrattenimento, nel senso che ha spiegato Blaise Pascal, riguardo a queste stesse paure. Per esempio, l’intrattenimento in relazione alla paura della morte, della malattia, della vecchiaia, ecc. l’intero sistema capitalistico è profondamente un sistema dell’intrattenimento. Perciò quel che bisogna fare è costruire, al contrario, un movimento in cui l’energia fondamentale sia la gioia. Questo non significa che questo movimento rinuncerà alla rabbia, all’indignazione, alla resistenza, ecc. ma questa stessa resistenza sarà creativa e non una ribellione disperata, perché è guidata dall’energia della gioia.

PATRICK VIVERET fondamentali. Poi, ci sono movimenti che provengono dal fronte tradizionale: sottolineare l’importanza delle popolazioni autoctone, l’importanza che risiede nella visione universale del “bien vivier” in relazione con la Madre Terra, ecc. la questione non è dondolare fra il dire che dovremmo solo abbandonare la modernità per tornare al passato, che in effetti sarebbe una tentazione… oppure, al contrario, proporre un dialogo aperto ed esigente, per permetterci di prendere il meglio della cosiddetta tradizione e della modernità e al contempo determinare gli aspetti negativi. Per esempio, fra gli aspetti positivi della modernità ci sono la libertà di coscienza, di emancipazione, di identificazione - che è completamente diversa dall’individualismo - e procedono sulla linea dei diritti umani e dei diritti delle donne. Contemporaneamente però c’è il lato negativo del processo di “materializzazione”, di trasformare la natura in una cosa, la vita in una cosa, e alla fine gli stessi esseri umani in cose da commerciare. Quindi, bisogna prendere il meglio, l’emancipazione, la libertà e così via, e al contempo criticare il peggio. Lo stesso vale per le società con culture tradizionaliste. Potremmo dire che il meglio sta nella

Fra tutto quello che riscontra, quali differenze e quali similitudini riscontri nei molteplici disegni di alternative più desiderabili - per la comprensione globale del mondo? Prima di tutto, ciò che trovo molto interessante è che è chiaro che ci sia un punto d’incontro fra due grandi movimenti storici, che crea un vero dialogo di civiltà. Ci sono movimenti che provengono dalla modernità, dalle logiche di emancipazione, dai diritti umani, fra i quali, per esempio, troviamo i diritti delle donne, che sono assolutamente

10


"La questione dunque è gestire, attraverso un dialogo aperto ed esigente, una sorta di alleanza fra il meglio della libertà e dell’emancipazione con il meglio del creare legami, per realizzare una resistenza creativa al cocktail degli orrori."

creazione di legami, legami con la natura, con gli altri -relazioni sociali-, con la spiritualità -la questione del senso della vita– che sono i tre punti che la modernità non considera più. Inoltre, c’è un punto morto nelle società tradizionali, ed è la dipendenza! Dal momento che i legami sociali potrebbero muoversi verso il controllo sociale, nel senso che quando diventa identitario e non inclusivo, può portare all’esclusione e alla guerra. Persino la connessione con la natura potrebbe condurre verso una forma di misantropia ecologica. La questione dunque è gestire, attraverso un dialogo aperto ed esigente, una sorta di alleanza fra il meglio della libertà e dell’emancipazione con il meglio del creare legami, per realizzare una resistenza creativa al cocktail degli orrori. L’idea è ben espressa da un amico indiano che si trova spesso nei Dialoghi dell’Umanità: “Coca Cola and excision”. Significa che da un lato, va bene, io apro i mercati, ma in cambio tu la smetti di danneggiarmi i diritti delle donne. Secondo me è questa la questione che ci stiamo giocando al momento, ed è un’opportunità che è evidente anche in questo Forum Internazionale per il Benessere; è un dato di fatto che il benessere ci sforzi a considerare la questione dei criteri sia necessaria per far luce sugli aspetti positivi e al contrario su quel che è negativo di questi due grandi movimenti storici.

Le società civilizzate di tutto il mondo stanno provando a riconsiderare il sistema democratico. Lei sostiene che la questione fondamentale sia restaurare la funzione etica e politica degli indicatori (cioè non abbiamo bisogno di indicatori sofisticati, ma solo di opportunità per dibattere). Ma come possiamo garantire collettivamente la possibilità di sentirci completamente liberi di esprimere tutte le domande e i conflitti? Prima di tutto, è molto importante inserire nel cuore del processo democratico stesso la questione di uno spazio dedicato al dibattito e di richiedere la qualità del processo democratico. Oggi abbiamo una forma di democrazia che è insoddisfacente, perché è di tipo delegato e non partecipativo, è competitiva e quantitativa. Bisogna dire banalmente, che tramite le elezioni pensiamo che dobbiamo dare alla persona che vince un assegno in bianco per x anni. Questo processo è primo, semplificativo e binario… A lungo andare, se consideriamo il caso “whistleblower”, la cui importanza oggi è innegabile per garantire il processo democratico. Se pensiamo in termini quantitativi, nella maggior parte dei casi rappresentano una piccola minoranza. Perciò abbiamo bisogno di inserire interessi di qualità: per esempio il ragionamento, la saggezza, che è davvero antica e che insegna una cosa davvero importante per maturare la capacità di scelta, ed è il raggiungimento di una maggiore qualità di consapevolezza. Questo è quello che chiamiamo con il nostro network internazionale per i Dialoghi nell’Umanità: la mutazione qualitativa della democrazia. E necessitiamo di reintrodurre all’interno delle strutture democratiche degli spazi dove i criteri di determinazione sono la qualità della coscienza e della saggezza. Non per snobbare gli altri criteri, ma per avere rispetto a ciò un’articolazione fra ciò che è migliore nell’attuale democrazia -il suffragio universale- e la migliore democrazia di qualità strutturata intorno alla necessità di ragionamento. Ovviamente, partendo da qui, la riflessione e il giudizio diventano determinanti. Proprio come per una persona la grande deviazione etica (come fa una persona a prendere decisioni per la sua vita privata che ha

11

scelte complesse dato che le situazioni sono raramente semplici) e la qualità del ragionamento su scala politica (riflessione e giudizio) richiedono anche la partecipazione. Tuttavia, non è una forma di partecipazione che guida dentro alle passioni collettive o movimenti volubili, dato che potrebbe creare al contempo forme regressive. Si tratta di una partecipazione che serve un livello qualitativo più alto della coscienza. Mentre la violenza si trasforma in conflitto, che cosa si può fare riguardo alla componente emozionale delle incomprensioni? Che cosa possiamo fare per assicurarci che i partecipanti si sentano completamente liberi di esprimere tutti i conflitti? Uno degli strumenti che abbiamo già sperimentato nei network di cittadini si chiama costruzione del dissenso. Questo prende avvio dall’ipotesi che ciò che è tossico, non sia disaggregante ma generatore di incomprensioni, nel senso stretto della parola… inclusi tutti i danni collaterali come il sospetto e il giudizio degli intenti. Il problema è che si arriva ad un punto in cui una parte del gruppo non si sente ascoltata ed ha la sensazione di essere disprezzata, o si sente addirittura umiliata. Questo a lungo andare produce delle pericolose metastasi. In uno di questi esercizi di costruzione del dissenso, dato che abbiamo evidenziato che molte incomprensioni provengono da sfera emozionale piuttosto che razionale, iniziamo con delle tecniche per aprire il dibattito. Prendiamo delle parole chiave di un dibattito e chiediamo al gruppo di posizionarsi in un gioco a quattro livelli: chi è favorevole va al primo livello, chi è contrario a quello opposto, chi è in


dubbio al terzo e chi è neutrale o indifferente all’ultimo… Si inizia con l’idea di ascoltarsi reciprocamente riguardo alle ragioni delle proprie sensazioni. E così vediamo che il gruppo inizia a muoversi, nel senso letterale e figurativo del termine. Dal momento che ci ascoltiamo l’un con l’altro, realizzeremo che gran parte delle incomprensioni vanno a trasformarsi in possibili disaccordi -che è ciò che vogliamo costruire- o molto spesso in accordi, che registreremo come tali e che permetteranno ai gruppi che potrebbero essere davvero divisi ad essere pronti a condurre cause comuni riguardo a quelle cose rispetto alle quali ritenevano di essere in disaccordo, ma che in realtà erano solo incomprensioni. Per esempio, durante uno di questi esercizi riguardo al matrimonio per tutti in Francia, abbiamo ottenuto che le persone che si erano opposte -e pertanto sospettate di omofobia dall’altro gruppo- dichiararono di essere pronti a condurre una campagna comune contro l’omofobia.

"Uno degli strumenti che abbiamo già sperimentato nei network di cittadini si chiama costruzione del dissenso. Questo prende avvio dall’ipotesi che ciò che è tossico, non sia disaggregante ma generatore di incomprensioni, nel senso stretto della parola." Così non solo si poté portare avanti il dibattito sulle divergenze, ora davvero identificate, ma permette a coloro che a prima vista appartenevano a fazioni diverse di agire tutti insieme, così da essere più forti e da moltiplicare il peso dell’azione, rispetto ad una campagna portata avanti solo da chi ci crede fermamente. Nel concreto ci sono tre momenti: primo il gruppo esce dall’incomprensione, con un importante lavoro di intelligenza emotiva; poi c’è la fase interattiva: mettersi d’accordo sui termini di cui dibattere. Nella terza parte è molto importante la partecipazione dell’assemblea perché chi dibatte è troppo coinvolto nella propria causa per realizzare questo esercizio: chiediamo all’assemblea “cosa c’è nella posizione che tu non condividi, che ti sembra particolarmente rilevante e importante da considerare?”. Senza cambiare opinione, senza cercare il compromesso! Basta dire: io riconosco che qui c’è una questione importante. In un dibattito sull’energia nucleare per esempio, le persone pro-nucleare sostenevano: riconosciamo che la questione dei rischi accidentali e delle scorie nucleari sono dei problemi reali; diversamente dai pro-nucleare degli anni Settanta, dopo Chernobyl, dopo Fukushima, non possiamo più considerare la questione dei rischi accidentali come un rischio statistico puramente teorico. Non possiamo dire che troveremo un modo per risolvere il problema delle scorie accidentali. Così senza cambiare opinione, dal momento che per altre ragioni fondamentali rimangono a favore del nucleare, riconoscono il problema. E rivolgendosi alla fazione anti-nucleare, finiscono col dire “anche se il governo volesse dichiarare l’uscita dal nucleare, siamo consapevoli che ci sarà un periodo di

12


transizione che probabilmente durerà per decadi, e durante il quale saremmo in debito con quelle questioni di rischi e di rifiuti”. Così da entrambi i lati non cercano il compromesso e nemmeno il consenso, entrambi stanno nelle loro posizioni, ma fanno un enorme lavoro comune: fare tutto il possibile per ridurre i rischi accidentali, fare di tutto per trovare delle soluzioni alle scorie nucleari. Questo è solo un esempio fra quelli che un cambiamento qualitativo può realizzare. E vale sia quando si ricerca di mutare la violenza in confronto, o di trasformare i nemici in avversari.

Non trova che lasciare che le persone si ascoltino tra di loro porti via più tempo di quanto le stesse persone siano disposte a concedere? È molto importante identificare come la velocità crescente sia uno dei maggiori disagi della nostra società e capire che lavorare in tempo sia al contrario una delle più potenti strategie di resistenza creativa e di anticipazione dell’emancipazione. Basta confondere le poche emergenze reali con la fretta! Al contrario, riusciamo a distinguere le vere emergenze solo quando siamo calmi, in situazioni da sangue freddo, non quando siamo di corsa… esattamente come se volessimo imparare a pattinare sul ghiaccio, è essenziale non essere stressati quando ci approcciamo al pericolo! Allo stesso modo, la battaglia di quei movimenti operai contro le condizioni infernali delle fabbriche, ai giorni nostri deve trasformarsi in una battaglia contro i ritmi infernali delle società liquide. Questo è il perché sono apparsi tutti i movimenti di tipo slow: per primo ci fu lo slow food in opposizione al fast food, poi in Italia le slow city… ora si parla di lettere, e ci sono anche interi movimenti che si occupano di amore slow, perché anche le relazioni sono soggette a questa logica di prestazione, eccitazione, ecc. E tutto questo rientra nel cuore del benessere. L’arte di vivere al momento giusto è per eccellenza un’arte della qualità di percepire il tempo.

E questo deve molto ad una trasformazione personale quanto ad una di tipo sociale. Questo è il perché è importante aiutarsi l’un con l’altro rispetto a questa causa, ad esempio con un movimento che potremmo chiamare “let’s collaborate to slow down” -perché molto spesso è difficile rallentare da soli, ma se ci organizziamo collettivamente è più facile. Nella rete "Happy Days Archipelago" abbiamo inoltre iniziato un progetto per donare il tempo. Ci diamo l’un con l’altro degli impegni che poi cancelliamo all’ultimo, così abbiamo del tempo per programmare qualcos’altro: questo è regalare tempo. E l’unica cosa che chiediamo è che se in quell’occasione scopri qualcosa, guardando un film, leggendo un libro, ecc. e ti appassioni particolarmente a qualcosa e vuoi condividerlo, puoi farci anche quel regalo. Un’ultima domanda sulla struttura della società globale: leggo che vuole aprire, per il prossimo World Social Forum, un “concilio di sicurezza per l’umanità”. Può raccontarci qualcosa in più riguardo a questa idea e alle forme che assumerà? In effetti c’è un progetto che abbiamo discusso durante l’ultimo World Social Forum a Bahia in Salvador ed è parte di un progetto globale di civilizzazione del mondo. L’idea è togliere quel regalo al capitalismo, alle grandi mafie, all’economia criminale che al giorno d’oggi sono i veri padroni del mondo, basta lasciar loro quel grande regalo che è la globalizzazione. E muoversi verso quella che Edouar Glissant chiamò "worldality". Prendendo un esempio dai Dialoghi dell’Umanità, uno dei principali focus è la nostra Terra, dire che la nostra gente è l’Umanità, e che questo non ci preclude di appartenere a diverse genti, ma allo stesso tempo siamo tutti membri, siamo tutte persone della Terra, dove suolo e natura necessitano di essere preservati. Così noi ci offriamo di lanciare questo grande movimento per l’emergenza della civilizzazione mondiale, a cui ci approcciamo con un Concilio di Saggezza -per reintrodurre

13

la saggezza nei dibattiti- ed un Concilio di Sicurezza per l’Umanità. Chiediamo: “L’umanità è minacciata?”. La risposta è, sfortunatamente, sì. “il Concilio di Sicurezza delle Nazioni Unite se ne prende cura?” sfortunatamente, no. Così procediamo con ciò che Cornelius Castoriadis chiama procedure organizzative: “che cosa succederebbe se creassimo le condizioni per un effettivo Concilio di Sicurezza su questioni come il potere militare sul nucleare, sulla base che c’è stata l’abolizione dell’accordo sulle armi nucleari firmato da 122 membri delle Nazioni Unite?”. Questa è un’enorme opportunità, mentre i paesi nuclearizzati stanno facendo di tutto per evitarlo. Dopodiché vorremmo stringere una grande alleanza fra le società civili e le autorità morali e spirituali riguardo a questi temi. E vogliamo che la maggior parte delle settimane delle coscienze tenute dall’UNESCO durante il mese di marzo 2019 lanciassero l’idea che questa settimana dovrebbe essere un momento per una maggiore coscienza globale… Durante questo evento, la questione della creazione di un Concilio di Saggezza e di un Concilio di Sicurezza per l’Umanità sarà portata nel dibattito pubblico. Al momento stiamo anche iniziando a discutere con le autorità spirituali, abbiamo aperto un dialogo con papa Francesco con un riscontro estremamente positivo. Naturalmente abbiamo intenzione di incontrare altre autorità morali, ma non è trascurabile vedere che idee come questa stanno procedendo.

"È molto importante identificare come la velocità crescente sia uno dei maggiori disagi della nostra società."


Method Gundidza Il Bisogno di ritornare alla meravigliosa danza della vita DI DOMINIC BROWN AND SIZWE NYUKA Traduzione: Giovanni Gazzini

Nato nello Zimbabwe, Method Gundidza lavora con passione per la rinascita dei semi e le pratiche agricole tradizionali, la conoscenza indigena e i siti naturali sacri. Attraverso l’Associazione Earthlore consiglia e aiuta le comunità agricole e in particolare le donne a raggiungere la sovranità alimentare.

Qual è la Sua concezione del rapporto tra uomo e natura? La salute dell’ecosistema non può essere astratta dal benessere degli esseri umani, perché gli esseri umani sono anch’essi parte dell’ecosistema, quindi la salute dell’ecosistema implica che anche le persone siano in salute. Siccome gli esseri umani sono parte di un sistema ampio, ad esempio anche in questo momento possiamo sentire il canto degli uccelli. Va da sé che la loro salute e la loro felicità dipende dalla salute di tutto questo sistema. Spesso, quando siamo immersi in un ambiente naturale, ci accorgiamo che i sensi che usiamo per sentire, toccare, vedere e odorare si acuiscono. Ogni parte della nostra essenza è attivata quando ci troviamo in un ambiente naturale. È in quelle occasioni che ci accorgiamo come la connessione tra gli esseri umani e l’ecosistema sia fondamentale.

METHOD GUNDIDZA

Tutto questo potrebbe essere trasposto in un contesto globalizzato, all’interno della cornice del capitalismo? Quando pensiamo al concetto di Ilima e Jangano, vediamo subito come siano in contraddizione con ciò che accade attualmente nel mondo, dove la proprietà e il potere sono concentrati nelle mani di pochi individui. La situazione si basa sul fatto che le comunità vengono disgregate. Così, le persone, diventando unità singole, diventano vulnerabili e perdono la capacità di fare le cose insieme, oltre alla possibilità di contare sul supporto della propria comunità, che invece è proprio il significato del concetto di Ilima e Jangano. Direi che questo concetto è l’opposto del capitalismo, perché Jangano è proprio la situazione in cui il potere è confinato al contesto locale. Questo è poi il tema di questa conferenza: esplorare nuove strade per togliere il potere ai pochi e restituirla alla maggioranza, impedendo che le decisioni spettino a chi non fa parte delle comunità, assicurando che le decisioni sulle questioni che interessano le persone siano decise collettivamente nelle comunità stesse.

Lei parla di un concetto chiamato “Jangano”. Cosa significa e come è rapportato al Viver-Bene? Noi di Earthlore lavoriamo in Sud Africa e in Zimbabwe. Jangano è un concetto proveniente dalla cultura dello Zimbabwe. Lo stesso concetto in Sud Africa è chiamato Ilima. Si tratta della situazione in cui le persone si aggregano e lavorano insieme durante le diverse fasi del ciclo della coltivazione. Per esempio, all’aratura, alla trebbiatura, al diserbo, alla raccolta. Tutta la gente si riunisce e lavora, canta, danza, festeggia nei modi più svariati. Ciò, oltre a rendere il lavoro più leggero e interessante, aiuta le persone a legarsi le une alle altre, creando così un forte senso di comunità. Inoltre, accresce il loro legame anche proprio con le coltivazioni e le sementi tipiche delle loro tradizioni.

14


Queste comunità locali, una qui una là, hanno la capacità di aggregarsi in assemblee più ampie per lavorare insieme sulle questioni che riguardano localmente le comunità. Questo processo può proseguire anche fino a livello statale, ma senza che si perda l’essenza originaria, ovvero il fatto che il potere decisionale provenga dal basso. Cosa pensa dell’agro-ecologia come componente del benessere? E quali modelli di proprietà si dovrebbero adottare? Agroecologia significa produrre cibo in armonia con la natura. Ad esempio, per proteggere le colture dai parassiti bisogna usare metodi naturali. Per liberare un giardino dagli afidi, useremo sciami di vespe. Insomma, per produrre cibo in modo agroecologico, è necessario che l’ecosistema sia diversificato, co-esistano cioè vespe, afidi, api insieme agli umani in una meravigliosa danza della vita. La proprietà, in agroecologia, è della comunità, perché l’agroecologia è proprio la comunità di esseri umani e non umani uniti nella produzione di cibo, non solo per gli uomini ma anche per tutti gli altri, le api, le vespe, gli afidi, i lombrichi, i bufali, gli animali del suolo e dell’aria. Per definizione, l’agroecologia non può essere posseduta, perché è una comunità. Il Viver-Bene è quando c’è interazione tra le diverse parti della natura. Ci si può beare di vedere degli uccelli passeggiare, ma anche gli uccelli, vedendoci, si chiederanno “cosa stanno facendo queste persone?”. E proprio questo è ciò che chiamo benessere: questa danza della vita in cui elementi diversi si mescolano e interagiscono, ammirandosi con stupore e gioia. L’agroecologia è una buona strada per creare benessere e spazi aperti a tutti per partecipare nella danza della vita.

Come prevede che avverrà la transizione a un mondo diverso? Quali forze possono veicolare il cambiamento? Una cosa da ricordare è che il potere non cede potere. Coloro che detengono il potere non lo cederanno mai e, qualora lo perdessero, farebbero di tutto per riaverlo indietro. Quello che intendo, è che sarebbe sciocco pensare che le potenze mondiali concedano il potere alle piccole comunità locali. Una scrittrice, Margaret Wheatley, spiega bene come si fa a cambiare un sistema: se si accende un fuoco qui e poi un altro fuoco là, quando si sarà formato un incendio si avrà un cambiamento sistematico. Il cammino che abbiamo intraprendere con le comunità con cui lavoriamo è solo in apparenza limitato a luoghi specifici come lo Zimbabwe e il Sud Africa, ma io so che ci sono tanti progetti analoghi in altre parti del mondo, come, ad esempio, quelli portati avanti da miei amici in Benin, Uganda, Kenya, Etiopia. Ora, qui a questa conferenza abbiamo assistito a testimonianze di progetti simili ai nostri in Asia. Probabilmente altre iniziative simili stanno cominciando ad emergere anche in Europa. La convergenza di tutte queste iniziative è ciò che un giorno determinerà un cambiamento sistematico, perché sono proprio questi quei fuochi di cui parlavo. Si stanno accendendo e stanno diventando incendi. Prevedo che sarà con l’espandersi di questi incendi che trasformeremo il mondo: da una prospettiva puramente capitalista, dove il potere è di pochi, a un’economia basata sul benessere della società, dove i mezzi di produzione e il potere sono in mano alla comunità.

"E proprio questo è ciò che chiamo benessere: questa danza della vita in cui elementi diversi si mescolano e interagiscono, ammirandosi con stupore e gioia."

15


IMMAGINI DEL VIVER-BENE Per l inseg a prima v si son nanti, at olta in E e disc o ritrov tivisti de uropa sc ricche utere nu ati per co lla socie ienziati, zza. ovi me ndivid tà civi todi p ere l le er mi e lor surar o opin e la ioni

societàetà del a r t s o n rmare lpaochi" in una soci o f s a r t Dobbiamaovere tanto per". dell’ “ Bene per tutti "Viver-

rande o g a n u o s condivi nieri di un nuov o n n a h i t an rio pio I partecsipabilità: essereoindo cui è necesssa viluppo. respon e messaggio sec ernativo per lo potent un modello alt creare

Il Forum inter straordinaria pnazionale è stato un'occas cosicché tutti p er connettere adulti e gio ione vivere insieme. ossano essere, lavorare evani 16


Come real uomini hanizzazione pratica uomini can no bisogno di inte del Viver-Bene, g lavorando tando, ballando, ragire con altri li dis assieme div erse temactutendo e iche. è e n e B r per il Vive mirare e e l a n io z a n ter e, am Il Forum indi ascoltare, riposar. Dankwart, sinonimo re artisti come il Sigel Ministero della incontra interministeriale d Esplorazione dei delegato Contemplazione ed on i bambini, Felicità, ondi -, filosofare c su piccoli, ma Piccoli M orie e concentrarsi creare stli, dettagli. essenzia

Come preoccupazione globale, le donne di tutto il mondo hanno bisogno di riunirsi e alzare la propria voce per creare insieme nuovi metodi per promuovere il Viver-Bene.

Secondo C realizza aCtFD-Terre Solidaire, il civile che si traverso i membri de cambiamento si e globali. Pe organizzano attrav lla società aderito al F r questo motivo, 25 erso reti locali e scambiare orum come occasione Paesi hanno idee piene di p creatività eer incontrarsi d energia.

ipato albienti c e t r a p o m ne hannoveniente da apersone o s r e p pr 00 50 Circa 10, di cui un 70%demici. Più di 2omuovendo Forum ramente accaall'evento pr er-Bene. non pu contribuito legati al Viv hanno 5 workshop circa 7 17


Dasho Karma Ura Una valutazione del Viver-Bene del Buthan DI FABIO TRAPANI AND QUYET PHAM Traduzione: Carlotta Zaccarelli

Dasho Karma Ura ha lavorato come Ministro della pianificazione nel suo paese d'origine, il Bhutan. Lui è stato il Direttore del Centro per gli studi del Bhutan (CBS) sin dalla sua fondazione nel 1999. Il centro è un istituto di ricerca scientifica specializzato in Growth National Happiness (GNH), un indicatore di benessere basato sull'analisi della situazione culturale, politica ed economica del Bhutan.

Qual è l’impatto diretto e indiretto della Crescita Nazionale della Felicità nella società del Buthan? L’impatto diretto è visibile nei media, nella politica di governo e nel sistema educativo. In tutti questi si discute molto della felicità lorda nazionale, ma il reale impatto va rintracciato nel miglioramento e nell’esperienza delle persone normali; questo è l’effetto indiretto.

DASHO KARMA URA

Qual è la Sua opinione personale di questo forum, in modo particolare riguardo al formato, ai seminari e alla metodologia partecipativa?

noi per ottenere la comprensione delle persone, questo è ciò che conta. Facciamo domande riguardo a vari aspetti della vita, incluso come spendi le tue 24 ore, i soldi, hai 24 ore da trascorrere, come sono le tue giornate in termini di qualità e quantità, decidendo da ora come trascorrere mille quattrocento quarantaquattro minuti delle tue ventiquattro ore. Sto solo facendo un esempio, ma capire nel dettaglio come le persone si sentono nelle loro vite, questo sta davvero alla base di un’amministrazione. I governi dovrebbero sapere come ti senti dentro, come cambia il tuo umore nel corso della giornata, qual è la tua condizione di salute, che tipo di beni possiedi, qual è il tuo impatto e la tua interazione con l’ambiente, in quali attività culturali sei coinvolto durante la tua esistenza. Tutte queste cose sono alla base delle decisioni che deve prendere un governo. Questo è solo un aspetto della vita delle persone. Per questo i governi dovrebbero interessarsi a fare questo tipo di sondaggi, per poter essere influenzati positivamente dai risultati e prendere decisioni riguardo alla spesa pubblica. Dal momento che il governo raccoglie le tasse, dovrebbe consultare questo database e questi risultati, per poterle spendere, perché così sarebbero spese in modo più utile.

I seminari erano davvero ricchi e grandiosi per la partecipazione internazionale. Il metodo si fonda tutto sulla discussione, credo sia uno stile francese (ride). La sistemazione in università credo sia auspicabile perché dispone di tutte le facilitazioni. Ma la cosa più importante è che è il luogo ideale per fare network, gruppi di persone che si scambiano idee. Queste due cose sono fondamentali per ogni conferenza, perché tu possa conoscere tutti e raccogliere le idee. Com'è possibile descrivere il progresso e i cambiamenti dell’indicatore GNH da quando hai iniziato a lavorarci? Nella fase di sondaggio, raccogliendo dati per l’indicatore, comprendiamo le persone sempre meglio, ed un beneficio per la ricerca e per i ricercatori dipende dalla comprensione della vita delle persone. Per comprendere la popolazione nella sua interezza, non c’è altro metodo che quello di un questionario per l’indicatore GHN. Questo è ciò che importa. I governi e le società spendono milioni in altri metodi e in paragone a quelli il nostro è così minuscolo, investire su di

18


Come potrebbe aiutare l’esperienza del Buthan a trasformare la società globale? In termini di conservazione ecologica, il Buthan è superiore agli altri, e questo lo si deve alla cura per la natura selvatica, per le foreste, in parte forse perché la popolazione del Buthan non è molta, ma anche perché ha un’etica fortemente orientata alla conservazione. Per questo si potrebbe guardare al Buthan come fonte d’ispirazione. Un’altra cosa buthanese o del Buthan da cui prendere spunto è lo stile di vita, uno stile di vita a basso consumo e senza stress. Ma forse molti altri paesi sono più avanzati in altri aspetti.

"In termini di conservazione ecologica, il Buthan è superiore agli altri, e questo lo si deve alla cura per la natura selvatica, per le foreste, in parte forse perché la popolazione del Buthan non è molta, ma anche perché ha un’etica fortemente orientata alla conservazione."

19


ASIER ANSORENA Maggiore indipendenza e sovranità DI NATALIA AQUINO Traduzione: Benedetta Vicentini

Asier Ansorena è economista brasiliano e coordinatore del Banco Palmas, una banca della comunità che fornisce la valuta sociale del Conjunto Palmeiras, ovvero un quartiere povero di Fortaleza. Lui combatte per creare un sistema economico globale che lavori in accordo con i principi della solidarietà e della giustizia.

Che cos’è una valuta sociale? Dipende da che angolazioni la guardi. Ci sono tanti diversi modelli in paesi come il Kenya, la Francia, il Giappone, conosciute anche come valute locali o complementari. Ciò che importa di ciascuna valuta è che la comunità locale definisce quali siano i principi, qual è il suo uso, come usarla e quale dovrebbe essere il sistema di investimento. Questioni che sono importanti per la sovranità di ogni popolo. La valuta locale del Banco Palmas è stata creata insieme al gruppo Palmeiras, nel quale opera il Banco Palmas. È una valuta che è stata fatta per contribuire all’organizzazione delle economie locali, e per organizzazione intendo la dinamica delle reti di produttori e consumatori locali. Quando questa rete di produzione e consumo locale viene sviluppata, le persone creano un’economia di solidarietà, differenziata e sostenibile. La valuta è uno degli strumenti più importanti, non solo in termini pratici ed operativi, in quanto essa consente il consumo locale, ma anche in termini pedagogici di sovranità e simbolici, perché si tratta di uno strumento di potere locale.

ASIER ANSORENA resistenza e il Banco Palmas ha affrontato due cause. L’ultima è quella del 2003, quando affrontando l’accusa della Banca Centrale contro lo Stato brasiliano, abbiamo ottenuto una sentenza favorevole; il giudice dichiarò, in altri termini, che il Banco Palmas esisteva perché la Banca Centrale non operava in maniera conforme al proprio mandato, il quale prevedeva di lavorare per l’inclusione finanziaria della popolazione brasiliana. Venti anni fa, quasi il 70% di brasiliani non aveva un accesso al sistema finanziario. Questo è stato in primo luogo una lotta di resistenza, perché Conjunto Palmeiras esiste da 45 anni. Successivamente, il Banco Palmas è diventato un altro simbolo di questo movimento di resistenza. Più tardi, durante l’amministrazione di Lula, fu creato il Segretariato Nazionale per la solidarietà economica, che permise e facilitò la creazione di banche di comunità in altre regioni del Brasile. Attraverso questo programma è stato possibile raggiungere il numero corrente di 113 banche di comunità nel Paese. Ci fu inizialmente un momento di resistenza nell’affrontare il sistema finanziario e in seguito il supporto per la creazione di banche di comunità. Questa è la nostra visione per il rafforzamento della società civile, con maggiore indipendenza e sovranità nelle questioni economiche.

Nel Suo discorso alla chiusura del tavolo del Forum internazionale del Viver-Bene, ha detto che, fino a qualche anno fa, la circolazione di una valuta parallela a quella ufficiale era illegale. Come e quando è avvenuto questo cambiamento e quale ruolo ha avuto il Banco Palmas in questo cambiamento? Il Banco Palmas è nato nel 1998. Durante i primi 4 o 5 anni eravamo ignorati dal sistema economico. Quando questo gruppo venne a sapere del Banco Palmas, non gli piacque decisamente la proposta, perché questo sistema intende mantenere il monopolio di creazione del denaro e della visione economica del Paese. I primi anni sono stati anni di

20


Qual è l’impatto stimabile sulle comunità locali che le valute sociali possono avere? Come questo può essere relazionato al concetto di Viver-Bene? Ci sono questioni che sono misurabili ed altre che non lo sono. Lo spiegherò con un caso: nel 2010 il Banco Palmas diede il via ad una linea esclusiva di microcredito per donne che fossero le beneficiarie del programma di trasferimento di denaro condizionale del Brasile. Ci sono altri modelli come questi nel mondo, ma quello brasiliano è il più grande, per il quale qualcosa come 13 milioni di donne brasiliane ricevono aiuti per supportare le loro famiglie. A malapena il 30% delle famiglie brasiliane sono beneficiarie del programma. La nostra linea di microcredito produttivo era stata pensata con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di attività, come piccole aziende o con piccole imprese, gestite dalle donne direttamente a casa per la generazione di un piccolo reddito complementare. Questo perché è importante generare una ricchezza locale, che è una delle più importanti funzioni delle banche di comunità come il Banco Palmas. Dopo tre mesi di progetto abbiamo salvato 100 donne beneficiarie dal credito e una delle cose più marcate che abbiamo notato è stata che in un quartiere come il complesso Palmeiras nelle periferie di Fortaleza, una città di mare, metà di queste donne non era mai andata in spiaggia. Pensa al livello di isolamento di queste donne che sono nate o che hanno vissuto per 20, 30, 40 anni in quella località, donne di 50 anni che non erano mai state in spiaggia. Ci siamo resi conto che più di una linea di microcredito, dovevamo portare queste donne in spiaggia. Questo è il Viver-Bene nelle vene. Spiegalo questo alla banca mondiale o alla banca di sviluppo inter americana. Io ci ho provato diverse volte. Ma loro guardano e fanno domande, non riuscendo a rendersi conto se hanno capito correttamente.

Loro ti chiamano comunista, anarchica, antisistema, per aver detto che portare quelle donne sulla spiaggia è più importante del microcredito. Ovviamente il microcredito è importante, ma in questo contesto di isolamento di queste donne che sono la principale istituzione per lo sviluppo locale di qualsiasi comunità, che sono a capo delle loro famiglie, prendendosi cura delle nuove generazioni, provvedendo all’economia della casa, in situazioni in cui il marito è spesso assente o non è una figura di riferimento positiva, abbiamo realizzato che necessitiamo di una visione molto più olistica.

"La nostra linea di microcredito produttivo era stata pensata con l’obiettivo di favorire lo sviluppo di attività, come piccole aziende o con piccole imprese, gestite dalle donne direttamente a casa per la generazione di un piccolo reddito complementare." Da questi dati che abbiamo raccolto abbiamo creato il progetto ELAS, un progetto di inclusione socioproduttiva per donne dalla BolsaFamilia che, oltre al microcredito, costruisce competenze, offre momenti di svago, per donne che vanno a conoscere la città, per connetterle in uno spazio solo per loro. Abbiamo lavorato sulla questione psicologica, in accordo con molti relatori che parlarono al Forum del Benessere, per guardare all’interno prima che all’esterno, per raggiungere questa pace interiore per affrontare questa grande sfida per rimuovere le famiglie da situazioni di ineguaglianza o di povertà economica, che è molto marcata. Quindi, questo è il nostro contributo per il benessere. Una banca convenzionale non lo farebbe mai. Ma una banca di comunità che pensa al microcredito e lo usa per investire

21

nella produzione e la generazione della ricchezza locale, che usa la valuta sociale, osserva che essa possa intervenire in queste condizioni in prossimità del territorio, realizzando che le sfide e le dimensioni della povertà sono davvero vaste. Una banca di comunità ha questa abilità, una banca convenzionale non lo farebbe mai. Prima di tutto perché credono che siano operazioni molto rischiose, e quindi che non ne valgono la pena, e pensano che qualche politica paternalistica o di assistenza sia l’unica via. Una banca di comunità, dove la stessa comunità lavora su sé stessa, cambia completamente un progetto che era iniziato col microcredito e si è trasformato di qualcosa di molto più grande. Abbiamo un esempio nella valuta digitale nella città di Marica, nello stato di Rio de Janeiro: abbiamo emesso un avviso che il municipio distribuisce un beneficio che la città di Marica offre con i privilegi del petrolio, che è la bolsa-mambuca. In sostanza, un trasferimento locale di denaro condizionale, ma distribuito attraverso la piattaforma digitale della nostra community bank (emoney). Questa lo trasforma nella valuta locale gestita dalla banca della comunità locale che possiede la piattaforma e poi questo denaro viene consumato solo in quel territorio. Abbiamo già 5 mesi di esperienza, con oltre 5 mila utenti registrati nella piattaforma, che registrano il loro beneficio, nonostante il consumo limitato solo all’area locale. In conseguenza abbiamo generato più di R$ 1,500,000.00 di acquisti locali usando la nostra piattaforma digitale della banca della comunità, e la differenza di fare questi acquisti con la nostra piattaforma o con una Visa o Mastercard è che le compagnie richiedono, mediamente, 6% di commissione per acquistare con la carta. Con il modello digitale della community bank del Banco Palmas, la commissione è al 2% invece che al 6% e questo 2% viene reinvestito sul territorio. Questi R$ 1,500,000.00 hanno generato 30 mila Real da


investire nella regione. Che cosa ha fatto la community bank a Maricà? Ha parlato con la comunità per decidere che cosa fare con i 30 mila Real generati dal consumo locale. I soldi appartengono alla comunità, loro stessi hanno prodotto e generato quel reddito attraverso il consumo locale, riconoscendosi in una sovranità popolare locale. Loro hanno deciso di investire in un microcredito produttivo senza interessi. Una grande differenza rispetto il mercato tradizionale che può caricare fino a 50%, 60% di interessi annuali agli imprenditori per un microcredito produttivo. Questi sono degli esempi che hanno avuto il maggiore impatto. Per non parlare del fatto che se gli stessi acquisti fossero stati fatti con il sistema tradizionale con un tasso del 6%, questo avrebbe significato 90 mila Real che avrebbero lasciato il territorio senza fare mai ritorno. Il profitto che Visa o Mastercard ottengono da queste operazioni va nei quartieri generali dei grandi centri finanziari delle istituzioni di Sao Paulo o degli Stati Uniti e non tornano mai sul territorio che ha prodotto quella ricchezza. Questo è l’elemento differenziale della valuta sociale e della banca di comunità, che la ricchezza che produci nel territorio, per la maggior parte circola e si distribuisce nella regione. Questioni come quella del benessere aiutano a migliorare queste molteplici realtà con situazioni di ineguaglianza o povertà.

“Questioni come quella del benessere aiutano a migliorare queste molteplici realtà con situazioni di ineguaglianza o povertà.”

22


Pablo Solon I

Decolonizzazione verso una visione di Viver-Bene DI FABIO TRAPANI, DOMINIC BROWN E SIZWE NYUKA Traduzione: Giovanni Gazzini

Pablo Solón è un politico boliviano. È attivista nei campi del sociale e della natura. È stato ambasciatore della Bolivia negli Stati Uniti (2009-2011). Il suo lavoro ha contribuito all’approvazione da parte dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite di diverse risoluzioni, tra cui il riconoscimento del Diritto all’acqua e l’istituzione dell’International Mother Earth Day. È stato responsabile delle negoziazioni sul clima per la Bolivia presso le Nazioni Unite. Dal 2012 al 2015 è stato direttore esecutivo di Focus on the Global South presso Bangkok.

Come concepisce le relazioni degli esseri umani gli uni con gli altri e con la natura nell’ottica del Viver-Bene? Il concetto di natura è usato comunemente per definire ciò che è altro dall’essere umano, ma, in realtà, è scorretto astrarre l’umanità dalla natura. Dobbiamo ri-connetterci alla natura, perché anche noi siamo parte di essa. Se abbandonassimo la nostra prospettiva antropocentrica e assumessimo questa prospettiva nuova, riusciremmo a cambiare le cose per il meglio. È esattamente questa la meta del Viver-Bene: nella realtà delle cose, la vita umana non è separata dalla natura, e quando parliamo di Madre Terra, ci riferiamo a tutto, non solo alla natura.

nostra testa. Bisogna analizzare e guardare con i propri occhi, perché solo così si può trovare il modo di bilanciare i diversi elementi dell’intero.

Durante la conferenza ha parlato del fatto che dovremmo prendere coscienza del fatto che siamo “colonizzati” nel nostro modo di pensare. Può spiegare meglio il concetto?

Secondo la Sua esperienza, quali sono i rischi dell’integrazione del Viver-Bene nel contesto delle politiche statali?

Dobbiamo “decolonizzarci”, nel senso che dobbiamo sbarazzarci del processo di colonizzazione di cui siamo tuttora oggetto. La colonizzazione non è solo quando, nei secoli passati, una superpotenza arrivava a colonizzare una certa parte del mondo, ma è un fenomeno proprio del nostro tempo. Il nostro presente si basa su valori e credenze che abbiamo fatto nostri senza alcuna riflessione o analisi profonda. Qualcuno ce li ha imposti. Quindi, per decolonizzarci dovremmo cominciare a pensare con la

Per me, il benessere è una visione olistica onnicomprensiva che ha radici profonde, perciò non può essere sovraimposta. Deve emergere dalle comunità locali, dai movimenti sociali. Il ruolo dello Stato deve essere quello di facilitare il processo, non quello di controllarlo, dirigerlo o utilizzarlo per i propri fini. Bisogna capire che lo Stato non è la cosa più importante: la cosa più importante è una società ben organizzata.

PABLO SOLÓN

23


"Il ruolo dello Stato deve essere quello di facilitare il processo, non quello di controllarlo, dirigerlo o utilizzarlo per i propri fini." Ma non possiamo aspettarci che lo Stato ceda porzioni del proprio potere molto facilmente. Come fare? Saranno le mobilitazioni, le iniziative, i movimenti dal basso a prendersi il loro spazio e il loro potere dallo Stato, perché, nella realtà, la società ha tanto più potere quanto lo Stato ne cede. Chiaramente lo Stato si difenderà e reagirà, indifferentemente che sia controllato da forze di destra o di sinistra. Per questo motivo dobbiamo pensare a nuove soluzioni per questo problema.

Durante il Suo intervento ha affermato che il progresso è l’antitesi del benessere. È possibile avere progresso senza crescita? In un mondo diverso, lo sviluppo potrebbe essere una componente del Benessere? Il concetto di sviluppo proviene originariamente dalla nozione di progresso, ovvero avanzare, andare avanti. Secondo la visione del ViverBene non ci si muove mai veramente in avanti. Pensare allo sviluppo come avanzamento è un’illusione. Il ViverBene è quindi inconcepibile in una visione che preveda lo sviluppo, perché è proprio un modo diverso di pensare la vita. Per il Viver-Bene la cosa più importante è raggiungere un equilibrio dinamico, non lo sviluppo. In un equilibrio dinamico alcune parti crescono mentre altre decrescono. Ci sarà sviluppo in alcune aree, mentre in altre ci sarà un inviluppo. L’intero rimane sempre in equilibrio. Si può raggiungere il benessere nella nostra società globalizzata? Le comunità indigene hanno praticato il Viver-Bene per secoli, ben prima dell’avvento del capitalismo. Se la domanda però è “si può praticarlo in contesto capitalista?”, la risposta è no. Il Viver-Bene è in contrapposizione netta col sistema capitalista, proprio perché il capitalismo prevede che ci sia sempre crescita economica. Se non ci fosse crescita economica, non ci sarebbe profitto e dunque il capitalismo non funzionerebbe. Infatti, cos’è che ha bisogno che l’economia sia costantemente in crescita? Il capitale. Il benessere, invece, vuole l’opposto. Per cui, a un certo, il capitalismo e il Viver-Bene si scontreranno. Si può quindi realizzare lo stile di vita previsto dal Viver-Bene in un mondo dominato dal capitale? No. Però lo si può realizzare in contesti più ristretti, come una comunità locale, mentre non è pensabile che sia esteso a livello nazionale.

24

Nel Suo discorso ha menzionato anche le debolezze e le limitazioni del concetto di benessere. Ci può spiegare meglio cosa intende? Il Viver-Bene non ha la risposta a tutti i problemi, ma è una visione con punti forti e punti deboli. Un punto debole è che non ha trovato il modo di risolvere il problema del patriarcato, e non possiamo certo pensare a un mondo diverso se prima non ci sbarazziamo di questo problema. Inoltre, è una visione che non ha mai elaborato una teoria soddisfacente dello Stato. Questo è un problema che si è presentato anche durante la mia esperienza nel governo di Evo Morales in Bolivia. Questi limiti intrinseci della visione del Viver-Bene mi fanno pensare che bisognerebbe integrarla con altri modelli, come quello delle comuni, quello dell’ecofemminismo, quello della decrescita, quello della deglobalizzazione. Solo in questo modo si riuscirà a creare delle alternative sistemiche concrete alla situazione attuale.


Ora tocca a noi

Durante il Forum noi dell’Agenzia di Stampa Giovanile abbiamo proposto un’attività per interagire con i partecipanti in un modo diverso: attraverso una performance fotografica. Muniti di pennarelli e una nuvoletta, ognuno era invitato a rispondere a due domande: Per me, cos’è il Viver-Bene? Che cosa cambierei?

Qui potete vedere alcune di queste risposte molto personali e stimolanti. Alla fine, abbiamo scattato e stampato dei ritratti con la nuvoletta. Dopo essere state messe in esposizione, le foto sono state regalate a ciascun partecipante.

25


We have the power to act for

A MORE JUST

WORLD

Let's be strong

CHANGE!

Find us on ccfd-terresolidaire.org



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.