Atmosfere di paesaggi

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AT M O S F E R E DI PAESAGGI



284170.

Virna R o s s e t t o

Sto r i a d el l ’Arc h i tet tura n.2 p ro f. Renzo D u b b i n i a rc h . Luca G u i d o Univer s it à I uav di Ve n ezi a Dipar tim ento di Costr uzi o n e e Co n s e r va zi o n e Cor s o di L aurea M ag i stra l e i n A rc h i tet tu ra p e r il Nuovo e l’Antic o


Introduzione \ 5 Assimilare un paesaggio \ 7 Dare forma ad una finzione Tempo sospeso Spazio sospeso Legami a terra, di terra Genius loci

Stabilire un equilibrio \ 37 Paesaggio emblematico \ 41 Effetto cittĂ \ 55


Introduzione

messo in pratica, a seconda dei casi,per ricrearlo. Ogni contributo: un particolare modo di cogliere le cose nel suo insieme, combinando una varietà di cose con rimandi al tempo in cui si mette in atto. Questi casi possono sembrare in connessione l’uno con l’altro come causa e relativa conseguenza dell’agire umano o come principi posti in vicendevole antitesi. Tra lo stato di alienazione e quello di parentela.

La pratica contemporanea vede la compressione in un singolo fatto /arte-fatto lunghi anni di storia, relazioni potenti, memorie e ogni esperienza vissuta (si veda l’Ulisse di Joyce o The Waste Land di Selist dove in un singolo testo vi sono rimandi alla letteratura antica, ai miti, alla lingua parlata, a usi e costumi del luogo dove vivono i protagonisti e a storie minori). Questo book ha come obbiettivo quello di andare ad indagare non solo il paesaggio nella varietà delle sue considerazioni ma ad osservare le cause che stanno alla base del processo di creazione e al metodo che si è

Continua esplorazione

Questo è ciò in cui si basa il lavoro. Un desiderio di catalogare, studiare, sviscerarne i significati e raggrupparli secondo un’ottica diversa e ambivalente.

Il paesaggio corrisponde sì ad un’espe rienza ma è anche e soprat tut to un risultato. Non è mai semplicemente dato; si trat ta, piut tosto, di una costruzione; una costruzione culturale come l’at to al quale è collegato: lo sguardo. L’origine dello sguardo paesaggistico sta nella capacità umana di costruire un’immagine del mondo. Se l’etimologia che vuole far risalire “paese” al verbo tardo-latino (col senso di fissare, confic care un bastone nel suolo) è corret ta, allora “paesaggio” rimanda già di per sè a un’a zione arcaica. Noi umani abbiamo la capacità di segnare un territorio marcandolo in senso assoluto. Michael Jakob

Il paesaggio: Una tecnologia della mente Domus 1005

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As simila re u n P a e s a g g i o Id e n ti fi c a re u n l u o go speci fi c o tra Rea l e e d Irrea l e

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Dare forma ad una

finzione La creazione dell’irreale

Nel 2006 Thomas Demand per realizzare l’opera fotografica Grotto, ha ricostruito a partire da una cartolina una grotta dell’isola di Maiorca. Ricorrendo a 30 tonnellate di cartone grigio, sagomato mediante computer e disposto a formare una stratificazione di 900.000 sezioni, l’artista ricrea la cavità, le stalattiti e le stalagmiti riprodotte in cartolina, per poi scattarne una fotografia. Matthew Albanese crea diorami di diverse dimensioni che sembrano offrire una rappresentazione di un evento naturale o di un paesaggio idilliaco. Il paesaggio costruito ha luogo, accade; ha luogo e sparisce per fare posto, potenzialmente, a un altro paesaggio. “Immagini di paesaggio più vere del vero”. Albanese realizza delle scene con materiali comuni per dare vita ad una sola immagine. Amante di miniature l’artista del New Jersey ha inventato ambientazioni in scala ridotta giocando tra profondità di campo e illuminazione. La scelta del diorama evoca i primi esperimenti di Louis Jacques Mandé Daguerre, inventore del procedimento fotografico del dagherrotipo. Per Daguerre il diorama fu il pretesto per inventare la fotografia. Per Albanese il diorama è il luogo della sperimentazione dei materiali elaborati e ricomposti in funzione di una sola immagine da spettacolarizzare.

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Da r k Z o n e s

M at th ew Alb a n ese

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2 P roc es so G r o t t e s c o 3 Thomas Demand

Fonda zi one P rada, 2015


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Co n ti n u a l ly Ha b i ta bl e Zone

Ph ilip p e Pa r re n o, Ba s S mets Det taglio film ato

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Il paesaggio crea il film, il film crea il paesaggio. Nel 18° secolo i dipinti di Clude Lorraine, Gaspard Poussin e Jacob von Ruisdael fornivano ispirazione alla creazione del paesaggio in Inghilterra e in Europa. In questi quadri l’aspetto tridimensionale veniva compresso in quello bidimensionale con esperienze multisensoriali. Allo stesso modo agisce la pellicola cinematorafica.

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Continually Habitable Zone è un cortometraggio che vede il paesaggio come unico protagonista: il paesaggio crea il film e il film crea il paesaggio. CHZ è un termine inventato dalla Nasa in riferimento a quei pianeti con aspetti simili alla Terra che potenzialmente potrebbero ospitare forme di vita umana, tra questi la Nasa ha incluso anche pianeti “supportati” dalla presenza di due piccoli soli, che porta di conseguenza ad aumentare le cose da scoprire ed indagare. Su questa idea si basa il film. Per Smets la presenza dei due soli porterebbe ad un aumento dei processi della fotosintesi, al propagarsi di piante nere che crescono in una misteriosa oscurità che da un senso di melancolia che assorbe lo spettatore. Il pianeta rappresentato vede un terreno privo di colore popolato da minerali e vegetazione nera. CHZ narra la topografia di un luogo che potrebbe esserci ma che non c’è ancora.

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Parreno applica un’anamorfosi come in alcuni quadri rinascimentali, dove tutto appare misterioso tranne un particolare punto di vista.

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Landscape with figures seeking shelter from the stormy weather

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Landscape

3 Black S q u a r e Jacob Ruisdael 4 K az i mi r Malevich

Gra n d e C r e t t o

Ga s p a r d Po u s s i n

A l bert o B urri

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Conti nual ly Habi tabl e Zone Ph i l i p p e Pa r re n o, B a s S m et s Det tagl i o fi l m ato


Tempo

sospeso Dall’irreale al reale

L’artista olandese Berndnaut Smilde ha realizzato l’originale serie intitolata Nimbus. Smilde ha fatto molte ricerche sulle nuvole e alla fine ha trovato l’aerogel, una sostanza costituita dal 99,8 per cento di aria, il che rende più leggero il materiale solido sulla Terra; dopo diversi tentativi e sperimentazioni è riuscito con un perfetto equilibrio tra fumo, umidità e luce a dare vita alla sua nuvola.

E’ un’immagine di ciò che è apparentemente impossibile. Inserire un fenomeno naturale in un contesto innaturale può sembrare di per se stesso minaccioso.

In questo modo si nota una stretta correlazione tra arte e natura, la bellezza dell’opera in questo caso è insita nella magnificenza della natura stessa. Questo è un lavoro basato sul dualismo del paesaggio, è la posizione di chi guarda. Nimbus è un lavoro che costruisce e distrugge allo stesso tempo, indaga la dimensione e la temporalità, la funzione dei materiali e gli elementi architettonici. Gli spazi fungono da basi per il lavoro e ne forniscono uno scenario. L’artista rincorre la rappresentazione di uno spazio ideale, la nuvola diviene quasi il mezzo di indagine. L’iniziale obiettivo dell’artista infatti era proprio quello di creare un’immagine di massimo disorientamento.

Berndnaut Smilde

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Nimbus, n.3

Berndnaut Smilde

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Spazio

sospeso Spazio irreale ed indeterminato

Doug Wheeler crea, nell’installazione inserita nella corte interna del palazzo Grassi a Venezia (2014), uno spazio senza angoli, senza ombre e suoni, senza punti di riferimento. In questo luogo-non-luogo chi vi entra perde il senso dell’orientamento, la percezione della distanza e le proporzioni. Ogni spettatore trasforma quel luogo in uno spazio d’Arte. Si è da soli con il proprio corpo in un enorme, luminoso spazio nel quale il vuoto è percepito come un qualcosa di tangibile. Gli elementi fondamentali del tempo - acqua, luce, temperatura, pressione - sono i materiali che Olafur Eliasson ha usato per le sue installazioni che regolarmente caratterizzano gli elementi dalla natura - il vapore che vola a replicare un geyser d’acqua, arcobaleni lucenti o camere piene di nebbia. Introducendo fenomeni “naturali”, come l’acqua, la nebbia o la luce, in un ambiente specifico. Che sia in una città o in una galleria d’arte, l’artista incoraggia lo spettatore a riflettere sulla comprensione e percezione del mondo fisico che li circonda.

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Questo momento di percezione, quando lo spettatore si ferma a considerare ciò che stanno vivendo, è stato descritto da Eliasson come “vedersi sensato”. 2

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3 1 D N SF 12 V I 3 The medi ated Ol afur El i as son 2 Do u g Wh e eler Pala zzo Gras s i

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motion

Kunsthaus Bre genz, Austr i a


Le nuvole sono elementi impor tanti della nostra atmosfera, inquadrando lo spa zio all’aper to e filtrando la luce del sole. Sono la par te visibile del ciclo dell’acqua terrestre, por tando l’acqua - la fonte della vita - dagli oceani alla terra. Le nuvole trovano equilibrio all’interno di equilibri stabili. La capacità di toc care, sentire e camminare at traverso le nuvole è una nozione disegnata da molte delle nostre fantasie. Te t s u o K o n d o A r c h i t e c t s

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CLOUDSCAPES

Gli architetti Transsolar & Tetsuo Kondo con Cloudscapes hanno dato la possibilià ai visitatori della Biennale di Venezia del 2010, di sperimentare una vera nuvola dal basso, all’interno e al di sopra, dal momento che galleggiava al centro dell’Arsenale. I visitatori hanno vissuto un’esperienza simile a quella di camminare su un sentiero all’interno di un giardino. Nello snodarsi del percorso, Cloudscapes, appariva e scompariva.

La struttura era costituita da una rampa alta 4,3 metri che consentiva ai visitatori di sedersi sopra la nuvola. Semplicemente, la struttura si appoggiava sulle colonne esistenti dell’Arsenale. La nube si basava sul fenomeno fisico di aria satura, goccioline di condensa galleggianti nello spazi. Le atmosfere sopra e sotto la nuvola avevano qualità diverse di luce, temperatura e umidità, separando gli spazi da un effetto filtrante. La nuvola poteva essere toccata e sentita quando le diverse condizioni microclimatiche coincidevano.

Cloudscape Tetzuo Kondo

Arsenale, Biennale

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CuoreBosco

Attilio Stocchi Piazza San Fedele, Mi

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Fo g G a r d e n

Pete r L at z Ch a u m o nt-sur-Loi re

3 Ver sai l l es Ol afur El i as son Ver sai l l es gardens


Legami a terra, di terra Il materiale è il luogo, il luogo è il materiale

Inizialmente le opere di Michael Heizer sono più in ambito pittorico, il suo sguardo nei primi tempi si inseriva nella dialettica bidimensionale seppur già presentassero alcune tematiche cardine dei lavori degli anni a venire: come la sua visione nichilista e azzerante, indirizzata alla negazione della negazione, nei suoi dipinti vi sono degli incavi spessi anche decine di centimetri. I suoi lavori iniziali mostravano quanto il suo modo di agire non era additivo ma consisteva nel togliere. In seguito scoprirà un’altra superficie: la terra. Le sue opere saranno a terra e di terra.

Heizer utilizza, trasformandola, solo la terra del deserto in cui costruisce delle “architetture trasparenti e di superficie”, applica continue rimozioni. Heizer sfigura la terra, la taglia, la lacera, la deturpa, la solca. Lui affermerà che “tagliare è pensare, tagliare è scolpire”. Rimuovendo si permette alle figure di apparire. Utilizza la pietra perchè è l’unica materia che riconosce in quanto scultura naturale, da un senso di permanenza ed immortalità, simbolo delle cose terrene e celesti. Si noteranno anche nelle ultime opere le influenze del padre archeologo e ai rimandi a monumenti che incutono timore. Es: Piramide di Zoser, Saqqara-foto).

Da parte sua vi è un rifiuto dell’arte legata al mondo europeo, la sua ricerca punta ad indagare il territorio americano, le sue origini ovvero il desiderio di creare un’arte americana. “volevo essere un artista americano” Si svincola dalla dimensione metropolitana di NY e ripercorre esperienze pre-urbane nella terra del west: vuole cercare da solo una totalità ambientale e culturale, depositaria di conoscenze nuove. Viaggiando si accorge di quanto il territorio sia impregnato di antiche culture arcaiche. Il suo intento perciò sarà quello di far riemergere l’aura nel rituale arcaico e portare gli uomini alla condizione di terrestrità.

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Displaced / R e p l a c e d M ich a el He ize r

una delle poche opere in un m us eo

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Double N e g a t i v e Michael Heizer Deserto del Nevada

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A.A.I.

Agneiszka Kurant

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S eve n m ag i c m o u n t a i n s G u i d o Ro n d i n o n e I va n p a h Va l l ey


Genius

Locis

Comprendere, scindere, interpretare, ricreare

In una densa zona residenziale vicino a Shanghai, in prossimità della stazione della metro di Changshow Road, c’è una montagna finta costruita addossata ad un edificio, incatenata alla sua facciata. Originariamente fu costruita per replicare le montagne della regione cinese del Taizhou (monti del Guilin-foto n.1). A Shenzen non vi è solo questo di finto, ma anche parti di città dai caratteri inglesi e svedesi e un lago che riprende il terzo più grande tra quelli svedesi (lago di Malaren). La costruzione della montagna vede alla base due metri di pietra vera, il resto in fibra di vetro colorata con bombolette spray e il tutto tenuto assieme da una struttura interna di acciaio, grappe e barre che ancorano “la montagna” all’edificio. Questa non è mai stata ultimata dal momento che manca l’nserimento del verde, le piante e una fontana che doveva riprodurre lo scorrere dell’acqua (la forma stessa era stata plasmata in modo da avere delle faglie in cui si potesse incanalare lo scolo delle acque).

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Oltre a costruire la montagna per simulare i monti tipici della regione di provenienza del cliente, si dice che fosse stata commissionata perchè a costui era stato consigliato da un maestro di feng shui di farlo per ristabilire l’equilibrio spirituale perduto.

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Mo n tag n e d el l a re g i o ne d el Gu i l i n

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2 L a montagna 3 Sh a n gh a i

sul l ’ edi fi ci o


You

Urs Fischer

Gavin Brown’s gallery, New York

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Riverbed

Olafur Eliasson

Louisiana museum of modern art, Danimarca

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You

Urs Fischer

Gavin Brown’s gallery, New York

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Riverbed

Olafur Eliasson

Louisiana museum of modern art, Danimarca

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Un cratere di 38 metri, profondo otto metri, si estende tra le pareti bianche immacolate della Gavin Brown’s Gallery di New York. In un modo molto minimalista, ma surreale ed espressionistico, rende lo spazio palpabile. Inizialmente il crollo domina la visione e prende possesso della stanza, come in un quadro di Magritte dove uno spazio gigante è riempito da mele verdi. Nel momento in cui lo sguardo si adatta ad uno spazio sventrato dagli scavi, di quote differenti e privo di quegli ostacoli che non permettono spostamenti agevoli. Il ritmo frenetico della metropoli rallenta e avanza un senso di oblio; si è soli, in una valle distrutta e chiusa. La stanza si trasforma in qualcosa di inimmaginabile, come in un dipinto Tiepolo. Mentre ci si addentra nello spazio ricreato, si è immersi in una sconosciuta distruzione, l’ occhio prende il sopravvento e i dettagli vengono messi a fuoco. Può essere considerato un gesto avant-garde decostruttivista o un lavoro parodico di anti-arte. Per essere all’interno dell’opera si deve essere sopra e sotto allo stesso tempo. Si è dentro e fuori.

Gordon Matta Clark

È come un nido, un bunker, o il relitto di speranza di Caspar David Friedrich. Urs Fischer

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Riverbed è un’installazione realizzata nel 2014 negli spazi del Louisiana Museum of Modern Art di Humlebæk in Danimarca. Riverbed ricrea un paesaggio pietroso-ciottoloso vulcanico dai colori grigi. L’acqua è bianco-latte come se fosse stata colorata dalle ceneri vulcaniche e in alcune parti si nota il formarsi di schiume molto appiccicose e piene di bolle. L’ambiente è asciutto ma camminando si percepisce uno scricchiolio di rocce molto intenso. I movimenti si rallentano: questo percorso fa percepire un cambiamento interno o un cambiamento della stessa percezione del museo che contiene l’opera.

Vi è un grande ribaltamento. L’opera d’arte in realtà è opera della natura.

Vi è la creazione del Genius Loci tipico di Eliasson, ovvero un approcio dove il paesaggio creato viene compreso perchè vi sono le caratteristiche del sito rappresentato, perciò viene assimilato e riconosciuto. Questo è un paesaggio che viene trasportato in un altro luogo. Vi permea lo spirito di quel luogo: una forma d’arte che segue le regole del pittoresco e place-specific. Vi è l’uscita della “linea di sicurezza” data dalla struttura museale classica.

Olafur Eliasson

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Stabilire u n E q u i l i b r i o At ti p e r r i trova re i l senso del l a propr i a p o s izi o n e n el l o Sp a zi o.

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Equilibrio Tra il 1972 e il 1979 Ettore Sottsass realizza “Metafore”, una serie di installazioni costruite e fotografate con l’aiuto della sua fidanzata Eulalia Grau. Essenziale per lui è scoprire il senso della propria posizione nello spazio attraverso gesti e costruzioni di architetture. il compito dell’architettura è quello di formare quell’equilibrio che gli spazi concreti esigono per la costruzione di una solida idea di paesaggio.

L’installazione posta sulla scalinata frontale della Chiesa dei Tolentini a Venezia offre una nuova esperienza della città, anche a chi la vive giornalmente, senza alterare il luogo, ma anzi attuando un’azione di confronto tra passato e presente. La funzione dell’arte (che si forma ed ingloba a sè le istanze del momento e la sintetizza per dare ordine al tutto), diviene rivelatrice di sistemi spaziali organizzati e di rappresentazioni.

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A rc h i tet tu ra V i r t u a l e D i f fi c i l e d i s e g n a re u n p av i m e n to l u c i d o Et to re Sot t sa s s Metafore

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Tra la chiesa e il campo

Samuele Xompero, Chiara Buccolini Chiesa dei Tolentini, Venezia



Pa esaggio E m b l e m a t i c o L a c rea zi o n e d i u n paesaggi o nel l e m u tevo l i i n te r p reta zi oni del Tem po.

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Giovanni Battista

Piranesi La città analoga

Il Campo Marzio di Giovanni Battista Piranesi fa parte delle Iconographie della città di Roma. Piranesi opera secondo un sistema complesso e ordinatore che vede la sintesi (principio continuità delle singole parti), in un unico disegno, delle stratigrafie architettoniche di Roma. Per la sua realizzazione vengono utilizzate fonti diverse: la pianta marmorea di Roma, le piante del ‘500 e rilievi specifici dei singoli edifici ad opera dello stesso Piranesi. La Pianta di Roma e Campo Marzio è una costruzione metaforica (un “collage di frammenti” come lo ha definito Manfredo Tafuri e per questo anticipatore dell’eterotopia presente nella città contemporanea), ma è anche un lavoro di utilità pubblica. L’intento di Piranesi è quello di mettere assieme ed in relazione le rovine superstiti con la sua contemporanea topografia.

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La città analoga di Aldo Rossi è anch’esso un collage dove interpreta e da luogo ad un’analisi concettuale sulla realtà urbana. Città come luogo della conoscenza, rito, mitologia ed invenzione. Stratificazione e frammenti di episodi, monumenti nonchè ricordi che convivono all’unisono in quanto appartenenti alla memoria personale del cittadino e alla memoria collettiva della società.

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3 1 L a c i t tĂ a n a l o g a 2 Ald o Ro s si

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Cam po m a r z i o

Gi ovanni B at ti sta Pi ranesi


Thomas

Jefferson Poplar forest plantation house

Poplar Forest Plantation House è una delle più importanti ville progettate per se stesso da Thomas Jefferson. Qui vediamo l’utilizzo dei temi classici che dimostrano la profonda conoscenza di Jefferson per l’architettura classica. Si tratta di un progetto integrato: la casa è posta al centro del viale alberato circondato da alberi di pioppi, un doppio filare con al centro la casa di pianta centrale ottagonale. Jefferson utilizza elementi monumentali dei Maja e Aztechi, che erano possibili vedere solo dall’alto, e in particolare tumuli votivi utilizzati dagli indiani integrandoli nel proprio progetto paesaggistico. Nei due lati della casa realizza due tumuli indiani, e si può affermare che in questo modo continua con gli elementi della natura un progetto architettonico. Se rimuovessimo la natura in questo progetto il significato di questo non lo si riuscirebbe a carpire.

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La stessa operazione la si trova nei giardini progettati da Charles Jenks, famoso teorico post-moderno. Nel “The garden of cosmic speculation” realizza un giardino universale fatto di monumenti di terra, non nello spirito della land art americana ma riprendendo l’idea di ricreare una natura primordiale.

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3 1 Poplar f o r e s t 2 Th o m a s J ef fe r so n

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The gard e n o f c o s m i c s p e c u l a t i o n C h a r l es J e n ks

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Popl ar forest pl antati on house Thomas Jef fer son


Ce n tra l p a r k

Fre d e r ic k L aw Olm sted New Yor k

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Lu r i e g a r d e n Pi et O u d o l f

M i l l e n n i u m Pa r k, C h i c ag o

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Ce n tra l p a r k

Fre d e r ic k L aw Olm sted New Yor k Dise gno di proget to

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Lu r i e g a r d e n Pi et O u d o l f

M i l l e n n i u m Pa r k, C h i c ag o

Dise gno di proget to

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Central Park inizialmente era un appezzamento di terreno brullo e aspro e in grande disordine. Il parco per assumere la forma voluta, richiese una immane impresa di rimozione e aggiunta di quantità di terreno. Olmsted diresse i lavori di ingegneria civile, mentre Vaux si occupò delle strutture accessorie: ponti, terrazze e tutto l’arredo necessario. L’esempio di Central Park ispirò nuove realizzazioni e un nuovo tipo di progettazione incentrata sulle problematiche ambientali e di risanamento morale. Il criterio fondamentale della progettazione fu quello di fornire agli abitanti la possibilità di estraniarsi dalla folla e dal rumore della città e di godere di un ambiente naturale che apparisse illimitato per la grande varietà di scenari e la ricchezza di attrezzature di ricreazione. I confini del parco furono chiusi da una fitta vegetazione che impedisse la vista degli edifici e aprisse quando necessario squarci panoramici. I sentieri e percorsi (differenziati per tipologia), furono disegnati con andamento tortuoso, in modo da far rallentare il passo e lasciar agli occhi il tempo di guardare.

Foto storica di Central Park

La natura deve essere l’elemento ordinatore dello sviluppo della nuova città. Frederick Law Olmsted

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Il Lurie Garden nel Millennium Park è un’oasi urbana che scaturisce da una combinazione armoniosa di simbolismo, design paesaggistico e sensibilità ecologica. Il parco è stato possibile realizzarlo grazie ad una donazione di 10 milioni di dollari da parte della Fondazione Ann e Robert H. Lurie e dal generoso sostegno di cittadini privati. Un modello urbano di orticoltura responsabile, Lurie Garden fornisce un habitat adatto per un’ampia varietà di piante e fauna selvatica ben visibile in qualsiasi stagione.

Giardino ad opera di Roberto Burle Marx

Il giardino offre un’esperienza di quattro stagioni che unisce il passato, il presente e il futuro di Chicago con un design d’avanguardia e una forma sofisticata con spazi d’aggregazione. Il suo design rende omaggio alla trasformazione di Chicago: dalla palude piatta alla città verde innovativa, o “Urbs in Horto”.

The idea is not to copy nature, but to give a feeling of nature.

Il Lurie Garden è arte vivente: una tavolozza di tessuto e di colore che unisce la cultura, l’ecologia, la storia e le persone.

Piet Oudolf

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Carl Theodor

Sorensen Vitus bering park

In Danimarca agli inizi degli anni ‘30 del 900, appare una tradizione estetica che prende in considerazione la natura senza avere necessariamente posizioni critiche nei confronti delle forme della civilizzazione del territorio. In particolare nell’opera di Sorensen si vede il rigore compositivo delle sue opere legato a una profonda conoscenza estetica del paesaggio naturale che lo porta a realizzare episodi originali che diventano un modello per il movimento moderno. I motivi ricorrenti di tutte le sue opere riproducono gli elementi consueti del paesaggio agrario danese come il tema della siepe o della radura di alberi. Il Vitus Bering Park vede la zona perimetrale delimitata da una siepe capace di creare un microcosmo. La composizione del paesaggio viene considerata come un’arte di accostare la potenza delle geometrie classiche che vengono studiate in una forma dinamica molto originale: 9 elementi geometrici collegati tra di loro, formati da siepi che creano stanze a cielo aperto, chiuse sui lati poligonali, invitano il visitatore a percorrere il percorso labirintico dalla forte componente sensoriale. Sorensen lo definĂŹ un giardino musicale: la musica vede il legarsi di ogni elemento a quello successivo. Non ci sono modelli a cui si possa essere ispirato, se non a qualche giardino barocco (Versailles).

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3 1 Vitus bering park 3 Carl Theodor Sørensen

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Amphitheatre

Carl Theodor Sørensen Aarhus University


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E f fet to C i t t Ă

M odus v i v e n d i

In te r p reta zi o n e d el Contem poraneo.

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Velocità / Imprecisione

Hic et Nunc / Riflessione

Pittori e cineasti provano a mostrare ciò che è imperfetto ed impreciso ed indefinito, quel che è movimento e forza diffusa attraverso il massimo della perfezione e definizione. La città è il tema cardine di molti artisti perchè viene vista come una realtà di cui essere certi dell’esistenza e per questo motivo cercano in tutti i modi di studiarla attraverso i mezzi che più gli si confanno e di fermare i tratti salienti, la vita in divenire, lo scorrere del tempo, l’inarrestabile modo di evolversi. Danno vita ad opere che mostrano la vita generata dalle città: nervosa e nevrotica. Mostrano la disgregazione del mondo e l’eclissi di ogni unità.

La città viene guardata dal nostro sguardo rimodulata. La città /esterna si rapporta co questo modo riscritta e ricollocata dal nos Osserviamo con uno sguardo dinamico la tare nel suo flusso continuo di vita e di tec paesaggio e ciò che lo abbiamo reso. Che cosa vuol dire città? Esiste ancora trac questo cardine tra due essenze completam che posizione riveste in tutto ciò, in questi e razionalizzare.

Man with a movie camera- Dziga Vertov

Giorgio De Chirico

Antonio Sant’ Elia

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Calma / Introversione

o, filtrata, interiorizzata, reinventata e on il nostro Io /interno; la città viene in stro sguardo interiore. città frenetica ed impossibile da rallencnicnologia in svilippo. osserviamo il

ccia della natura? L’uomo si posizione in mente opposte e ambivalenti e si domanda i continui mutamenti difficili da cogliere

Hanging gardens of Colas, Bernard Lassus

What’s nature now?

è la domanda che ci si pone ormai quotidianamente, questo fa supporre che si è persa l’idea di natura, nella quale si trovano rispecchiate la geografia, la storia nazionale e i caratteri locali. Il valore unitario però è difficile da cogliere. Lo spazio ha una percezione sempre più dinamica e la natura è sempre più interpretata. Nel momento in cui la città appare una minaccia difficile da sopportare, l’uomo è portato spontaneamente a “ritornare alle origini”, a rifugiarsi in un luogo apparentemente sicuro, ma la maggior parte delle volte anch’esso è stato costruito come se fosse un’altro luogo di controllo, come se fossimo tutti i Truman Burbank del The Truman Show, solo apparentemente liberi di uscire dal caos urbano.

Film: into the wild

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High Line, Piet Oudolf, New York


R ivol uzi one i n d u s t r i a l e

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L a c apanna del buon selvaggio

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R ivol uzi one t e c n o l o g i c a

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Paradi si r i f o r m u l a t i

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Le metropoli oggigiorno appaiono come orizzonti mobili, mutevoli, sono “città delle situazioni”, in divenire. Si danno a noi come territori dilatati, divergenti, in espansione. Vincenzo Trione nel suo libro “Effetto Città” spiega i processi di cambiamento che stiamo vivendo inconsciamente:

abitiamo geografie dominate da una forma urbana inarrestabile, che fagocita conglomerati circostanti. Walter Benjam fa riferimento a Berlino come topos per eccellenza della città moderna. La descrive come un labirinto: ci si smarrisce come in una foresta, in una foresta che ai nostri occhi appare come se fosse incantata, come se fosse in grado di fornirci tutto ciò che desideriamo nell’immanenza del classico desiderio umano che cerca di essere esaudito per voler qualcos’altro di diverso, così, in un perpetuo divenire. Una foresta incantata da cui proviene un dolce canto dalle sirene e dove si prova senza riuscirci a coglierne il flusso generatore dei fenomeni.

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Se da un lato vi è un’attrazione spasmodica verso la città come labirinto proliferante, dall’altro vi è la ricerca del segno giusto, della via da percorrere per non cadere nell’oblio dell’eccessiva meccanizzazione e sviluppo tecnologico alienante. Si creano perciò dei paesaggi artificiali che non solo vanno a studiare, calibrare ed ordinare la materia verde da creare all’interno di uno spazio come se si trattasse di una scultura o di un dipinto, ma creano delle discontinuità non codificabili che, non tenendo in considerazione le tradizioni e i modi di vivere il luogo, creano un’atmosfera (le cosiddette eterotopie di Foucault). Parallelamente all’espansione delle città e delle metropoli si vede quindi il crearsi di un sistema di parchi interni alle città o ai sobborghi, in connessione tra un polo urbano e l’altro (parkways), di viali alberati, di parchi lineari lungo il fiume, di campus universitari immersi nel verde o ancora di arboretum con funzione scientifica-educativa. Tutto questo aveva uno scopo prevalentemente etico-sociale: il desgin ambientale deve infatti interagire con l’uomo per migliorarne la vita.

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