p ~ 'TELESFORO -M. ClOU O.
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FONDAMENTI ,
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DI
BP'IRITUALITA CARMELITANA ':,
IMPRIMI POTEST: De licentia Superiorum Ordinis Romae, 15 ma,ji 1951
Questo libro, che si intitola Fondamenti di spiritualità IMPRIMATUR
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RAPHAEL MACARIO
Ep. Suffraganeus
Albani in La,tio, 15 ma,ji, 1951
.carmelitana, viene pubblicato perchè guidi i Religiosi .e le
Religiose del nostro S. Ordine a muovere, con sicurezza, i primi passi nella via d~lla perfezione e nell'esercizio della presenza di Dio. Ma anche gli ascritti al Terz' Ordine e altre anime pie vi potranno trovare notizie e orientamenti vantaggiosi per conoscere e vivere lo spirito del Carmelo. La Vergine SS. che, in quest'anno centenario dello Sca'polare ci ha ricolmati di tanti favori, ·ispiri in noi che ci onoriamo del titolo di suoi fratelli e di iIgIi di predilezione, amore sincero all' Ordine, desiderio vivo di approfondirne e .viverne lo spirito e ferma volontà di seTVÌrlo con tutte le ' forze. Roma, 15 Luglio 1951
P. TELESFORO MARIA CIOLI Tipografia Artigiana FANCIULLI CARLO Albano I"azlale • Roma (Italia)
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Carm.
N OZION I
PRELIMIN ARI
1. CHE COSA È LA PERFEZIONE Una delle prime parole che l'aspirante alla vita religiosa sente quando sta per consacrarsi a Dio, e quella che più insistentemente udirà ripetere vivendo nel chiostro, è la parola perfezione. E se di essa non possiede ancora una idea chiara ed esatta è naturale si domandi: Che cosa é la perfezione? In che cosa consiste? Alla iuterrogazione rispondiamo che la perfezione non . consiste negli esercizi esteriori, quali la preghiera, la mortificazione, l'elemosina ecc., che pure si raccomandano insistentemente, ma che sono piuttosto mezzi per raggiungerla. Non consiste nemmeno nella devozione sensibile, nel· l'abito religioso, nella osservanza esterna della Regola e delle Costituzioni. Consiste, ìnvece, nella perfetta conformità al volere divino, espressa in un esatto e continuo adempimento dei . doveri del proprio stato. O, più semplicemente, la pèrfezione é carità di Dio e del prossimo, quale viene proposta nell'antica e nuova legge: Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutta la tua volontà, e . il prossimo tuo come te stesso. Perciò chiunque tende alla perfezione deve indirizzare azioni, pey.sieri e sentimenti all'esercizio della carità, e quanto meglio vive e sÌ esercita nella virtù della carità, tanto più è perfetto, ·perchè la pienezza della legge é l'amore.
Esternamente la virtb. deila- carità si rivela neÌÌa fedeitai alla legge di Dio: Chi ha i miei comandi e' li osserva, questi è' colui che mi ama. E come l'osservanza della legge di Dio apre la via al possesso e all'esercizio della carità, cosÌ il possesso è l'eser. cizio della carit;\ rende facile la osservanza .della legge di Dio, tanto che il divin Maestro disse: il mio giogo è soave e il mio peso è leggero, nonos!-n~e avesse affermato, in altra circostanza: Chi vuol venirmi dietro, rinneghi sè stesso, prenif-a sulle spalle la Croce e mi segua: Evidentemente tutto diventa facile quando esiste la potentissima legge dell'amore.
2. CHE COS' È LO STATQ RELIGIOSO Lo stato religioso, detto anche stato di perfezionet è un . modo stabile di vivere in comune, nel quale i fedeli, oltre. alla' osservanza dei precetti generali (Comandamenti di D!o e leggi della Chiesa) si obbligano, volontariamente, a quella dei consigli evangelici, compendiati nei voti di obbedienza, povertà e castità. Il fine al quale tende lo stato religioso è la perfezione cristiana: ma ciò non significa che tutti i Religio~i debbono essere perfetti, e molto meno che lo debbono essere al principio della vita religiosa, benSÌ che tutti sono obbiigati a tendere alla perfezione,~al cui rilggiungimento essi trovmo nella forma di vita che professano, mezzi efficacissimi. È dottrina comune che se il Religioso non 'fa. nulla per conseguire la perfezione, e volontariamente trascura i mezzi che vi conducono, pecca gravemente, perchè manca agli ob~ b~ighi del proprio stato.
3. LA PERFEZIONE È RACCOMANDATA A TUTTI I CRISTIANI Gesll concluse il discorso della montagna con le parole: / Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste. E l'esortazione, come si rileva d~ tutto il contesto, ha carattere generale. S. Paolo ci fa conoscere la volontà del Signore, identica '. per tutti i Cristiani, di averli eletti in C~isto, prima della creazione del mondo, perchè fossero santi ed immacolati al cospetto di Dio, nella carità. Il medesimo insegnamento l'abbiamo appreso dal Cate~ çhismo, ove si insegna che Dio ci ha creati per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e poi goderlo, eternamente, nell~altra in Paradiso. .
4. LA PERFEZIONE
È OBBLIGO, SPECIALE DEI RELIGIOSI Che per il Religioso vi sia un obbligo speciale di tendere alla perfezione, oltrechè da una considerazione generale e da ciò che si è detto sopra (N. 2.)~ si desume chiaramente dall' insegnamento di Gesll. Egli, infatti, al giovane che lo :int~rrogava che cosa avesse dovuto fare per salvarsi, rispondeva: Osserva i comandamenti. E alla replica di quello, che i comandamenti li aveva osservati sempre, Boggiungeva: i Se dunque vuoi essere perfetto, và, vendi quanto possiedi, distribuiscilo ai poveri, poi vieni e seguimi, e avrai un tesoro grande in cielo. Con molta chiarezza il Divin Maestro indica le due strade che conducono alla salvezza: una comune e una speciale.
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11 Non vi è obbligo universale di mettersi per questa (appunto perchè' non è la sola): vi si incammina chi vuole, con piena libertà, perchè è la strada difficile della più completa abnegaiione, del più duro sacrificio, e non tutti hanno da Dio la 'Vocazion~, e in sè la, forza di inoltrarsi per es~a ~ ma un, volta scelta, vi è il dovere di 'andare avanti, perchè: Chi mette mano all'aratro e si volge indietro non è adatto al' regno dei cieli. 5. OSTA.COLI E DIFFICOLTÀ AL CONSEGUiMENTO Dlj:LLA ,PERFEZIONE Sia a motivo della debolezza della natura, umana, che ricalcitra di fronte al sacrificio, sia a motivo delle sue cattive tendenze, frutto guasto del peccato originale, sia ancora a 'motivo delle ten~ioni del demonio, nostro nemico che si aggira sempre intorno, come leone ruggente, il cammino dellà perfezione, nonostante tutta 'la buona volontà, tutti gli aiuti soprannàturali, è difficile ed ar~uo, tanto che può intendersi di esso la sentenza:' il Regno dei cieli richiede forza e solo i violenti lo rapiscono. Per poter intraprendere, con fiducia, questo cammino e perseverarvi fino alla morte, è indispensabile la luce deJla ' fede, che prospetta e fa intravedere la grandezza del premio: Voi che avete -abbandonato tuUo e mi avete seguito, riceve.. rete il centuplo e possederete la vita eteT1!-a. 6. PERCHÈ DIO CHIAMA ALLO STATO RELIGIOSO È volontà di Dio che tutti 'gli uomini giungano alla conoscenza della carità e si salvino. Infatti il ,fine della creazione è uno, comune ed universale.
t volontà di Uio che tutti ,i cristiani si adoperino per il conseguimento della perfezione, ed allo scopo Egli concede grazie ed aiuti soprannaturali, senza fine. È volontà di Dio che, tra i cristiani, vi sia una porzione eletta, un sacerdozio regale, formato di quelle anime che ,amando, e coltivando, con impegno particolare, la mondezza (lei cuore, distaccandosi dai beni, di questa terra, e sottomettendo, più, perfettamente, a lui la propria volontà, siano come le '8en~nelle avanzate nelle lotte della Chiesa; pronte ad immoJarsi e sacrificarsi per la sua gloria, e, con l'esempio della vita, siano anche ammonimento e sprone alla massa dei fedeli. Per questo fine il Signore, come chiamò, dietro di sè, gliA:postoli, perchè fossero i banditori del Vangelo nel mon~.do. ,dà le grazie della vocazione religiosa. 7. MOLTIPLICITÀ DEGLI ISTITUTI RELIGIOSI E ÒBBLIGO DI CONOSCERE Lo\. CARATTERISTICA DEL PROPRIO ORDINE Gli Istituti religiosi, che oggi vivono e fioriscono in se. no alla Chiesa, sono in numerò elevato, è le norme sostanziali e fondamentali, costituite dal proposito di tendere alla perfezione mediante la osservanza dei voti di obbedienza, castità e povertà, sono uguali e comuni per tutti. ~ Tuttavia ognuno ha' la' sua propria fisionomia, costituita dalla caratteristica speciale e dal fine immediato che si 'propone di raggiungere. Cosi abbiamo Istituti missionari, quelli destina~,alla educazione della gioventù, alla c~ra degli infermi alla assistenza degli operai e degli emigranti: Istituti di vita puramente contemplativa e quelli, cosÌ detti, di vita mista.
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13 La varietà e la moltiplicità nella unità è opportuita, sia per la varietà dei temperamenti e della indole degli individui, sia per i molteplici bisogni religiosi e sociali della Chiesa. , Chiunque entra in un Ordine, speciaÌmente prima di emettere la sua professione che lo impegna formalmente ad una norm~ ~i vita, deve conoscerne, cO ll esattezza, lo spirito, la carattenstlCa, la Regola, le Costituzioni, perchè, in cosa' di tanta importanza, non abbia a compiere un pa880 errato, e poi pentirsi della scelta fatta. È evidente, infatti, che non si è ugualmente disposti e inclinati a portare i pesi dell'uno o dell'altro I s t i t u t o . ' . 8. FINE E CARATTERISTICA DELL'ORDINE CARMELITANO Il fine P!Oprio dell' Ordine Carmelitano è la vita di orazione e la devozione speciale alla Madre di Dio, con la propagazione del suo culto principalmente per 'mezzo del S. Scapolare.
A) LO SPIRITO DI ORAZIONE Sebbene Ordine di vita mista (di preghiera e di apostolato), tuttavia l'Ordine ,ha sempre conservata la lIua fisionomia emin~ntemente contemplativa, avendo il suo ispiratore e ,modello, nel S. Padre El~, che dimorava, di preferenza, in luoghi solitari, e, abitualmente, sul monte CarmeJo, e la sua' norma e forma di vita nel Cap. VII della Regola che' prescrive: Rimanga ciascuno nella propria celletta, o presso di essa, giorno e notte a meditare nella legge di Dio e a vigi_ lare nella preghiera,' a meno che non sia occupato in altri opportuni lavori.
Giova, tuttavia, ricordare che 'le origini furono esclusil . vamente .contempl ative, Infa.tti gli Eremiti del Carmelo non si dedicavano alla salvezza delle anime e alle opere di apostolato, ma impiegavano il: tempo unicamente nelle lodi di Dio e. nella .meditazione delle verità etçrne. Soltanto verso la metà del secolo XIII, per opera, sopra tutto,' di S. Simone Stock, si volle accoppiare l'azione alla preghiera. Tuttavia, nonostante questo nuovo iudirizzo, la parte principalissima dell' Ordine rimase l'orazione e la contemplaZione. (Co st. art. 148). Alla orazione è intimament~ associata l'abnegazione della , volontà e lo spirito di penitenza èhe purificano la coscienza e rendono il cuore libero dalle affezioni terrene. Infatti non si può giungere nella familiarità con Dio, Vivere col Signore e per il Signore se non si 'muore il se stessi: perchè nessuno può servire a due padroni ; e nessuno si può rivestire dell'uomo nuovo, creato, second') Dio, nello . spiri~o e nella verità, se non si spoglia del vecchio coi suoi vi~i e le sue concupiscenze. , L'abnegazione della volontà viene indicata, dal divin • Maestro,· come punto di partenza, per essere suoi discepoli: .Chi vuol venirmi dietro' rinneghi sè stesso; e la mortificazione corporale ha il suo simbolo nella Croce, che il seguace di • Cristo deve portare, come segno distintivo, per tutta la vita. Corne è necessario, dice S. Giovanni della Croce, che la terra, affinchè renda frutto, .venga dissodata, perchè, altrimenti, non produce che erbe cattive, così è indispensabile .la mortificazione degli appetiti, affinchè l'anima faccia profitto. Questa dottrina viene cosÌ proposta e raccomandata dall'art. 108 delle Costituzioni: . Per quanto gran parte della nostra professione consista nella casÙ(5atezza e austerità di vita, 9.uà e là prescritta
dalla Regola e da queste Costituzioni,' tuttavia, oltre alle' mortificazioni dei sensi, già determinate, ai nostri Religiosi ne consigliamo anche altre, affinch~ resi soggetti allo spirito gli stimoli della sensualità, la loro mente possa più faciz..' mente avvicinarsi ci Dio. Tutti i Santi Carmelitani, come so;no stati esemplari insigni di vita d'orazione,' cosi, non meno, lo furono di penitenza. Il santo Padre Elia visse lungamente del solo cibo portatogli/ dal corvo; S. Simone Stock trascorse vari anni in un tronco d'albero, nutrendosi di frutti selvatici e macerandosi ,con spine e or~iche; S. Alberto passava notti insonni davanti al SS.mo Sacramento, dormiva su un letto fatto di duri sarmenti e praticava sempre un rigoroso digiuno; S. Andrea Corsini usò· ininterrottamente il cilizio, e, fatto . Vescovo, vi aggiunse una cintura di ferro; il Beato Franco, da Siena si macerava le carni con tanto impeto che faceva rabbrividire; S. Teresa di Gesù teneva per sospetta la devozione quando--:non è accompagnata dalla penitenza, e manifestava la sua • esperienza e il suo amore, al patire col detto famoso: "Patire o morire". Nè da meno furono S. Giovanni della Croce e S. Maria Maddalena dei Pazzi, coi loro motti: « Patire ed esser disprezzato». "Patire e non morire". Del Ven. P. Angelo Paoli si conservano ancora i durissimi strumenti di peni-" tenza,- e sappiamo che si nutriva. tanto poco che la: sua vita sembrava un mira~olo. E non meno insigni furono i dUé grandi mistici i Venerabili Domenico di S. Alberto e Giovanni di San Sansone. B) LA DEVOZIONE ALLA MADRE DI DIO Sull'argomento si veda il Capitolo XIII della Parte Seconda.
PARTE
PRIMA
REGOLA DI S., ALBERTO PATRIARCA DI «;ERUSALEMME E REGOLA DEI PRIMI MONACI
Riportiamo, in -questa prima parte, aggiungendovi brevi note illustrative, la Regola di S. Alberto, che sta alla base di tutta la tradizione spirituale dell' Ordine, e la parté ascetica (Cap. 2-9) della Regòla dei Primi Monaci che si trova spesso citata nei nostri libri di formazione di e storia.
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CAPITOLO PRIMO
Sebbene molti punti riguardanti la storia dell' Ordine in questo periodo di tempo non siano ancora chiariti, è certo tuttavia che:
LA REGOLA CARMELITANA E IL SUO AUTORE
l0 S. Alberto non dettò una Regola nuova nella sostanèproprìo dei Fondatori degli Ordini, ma redasse, organico, tradizioni già esistenti, toglien?o dub~i e sempre inevitabili quando manca un codIce scntto, in precedenza, i problemi che avrebbero popresentarsi nello immediato futuro. Se nel far questo si fosse o meno servito, oltrechè di tradizioni orali, anche di qualche documento scritto preesinon è accertato.
La Regola Carmelitana è costituita di un prologo e di 18 brevi capitoli. La divisione in capitoli non originaria, ma di epoca posteriore, serve opportunamente a chiarire l'argomento e a determinare la materia. Quando venne scritta, all' inizio del secolo XIII (1207 ?), i Carmelitani menavano ancora vita strcttamente eremitica, vivendo in cenette, separate l'una dall' altra, e impiegando la giornata e parte anche della notte, sopra tutto nella preghiera vocale e nella contemplazione delle cose celesti. . Ne fu autore S. Alberto, Patriarca di Gerusalemme. . Questi nacque, verso illH9, nel Castello di Gualtieri, in Diocesi di Parma. Entrato tra i Canonici Mortariensi, fu nominato, nel 1184, V escovodi Bobbio e poi di Vercelli. Il Sommo Pontefice Innocenzo III, nel 1204, lo designò al Patriarcato di Gerusalemme. Non essendogli stato possibile raggiungere la Città Santa, che si trovava sotto il dominio dei 'Mu88ulmani, si stabilì in Accon (S. Giovanni d'Acri), non lontano dal Monte Carmelo. Morì il 14 settembre 1214, ucciso dal Maestro dell' Ospedale di S. Spirito, che era stato da lui deposto dalla carica, mentre in Accon si svolgeva una proces6ione con il legno della S. Croce. Richiesto da S. Brocardo, Priore degli Eremiti del Monte Carmelo, scrisse, durante quella permanenza (1205-1214), il breve compendio di Regola che doveva consacrare una tradizione e conferire una più precisa e spiccata fisionomia all' Ordine Carmelitano,
2" S. Alberto scrisse. dietro esplicita richiesa di S. Bro(cf. Prologo) il quale, per risolvere dubbi e incertezze, aver proposto al Patriarca quesiti ben precisi, persuaso nessuno avrebbe potuto rispondere più autorevolmente rappresentante della Santa Sede.
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CAPITOLO
SECONDO
e secondo che sembrerà conveniente al
TESTO DELLA REGOLA CARMELITANA
PROLOGO
Cap.
iIJ
'DELLE CELLETTE DEI FRATI
Alberto, per grazia di Dio, chiamato' Patriarca della çhiesa di, Gerusale:\llme: agli amati figli in Cristo, Brocardo ed altri Eremiti, che dimorano, sotto l~ sua obbedienza, sul Monte Carmelo, presso la fontana di Elia, salute nel Signore e' benedizione dello Spirito Santo. , Più volte e in varie maniere i Santi Padri stabilirono come ciascuno debba vivere nell' ossequio di Gesù Cristo, qualunque, sia l'Ordine nel quale si trova o la forma di vita religiosa scelta, e servire a lui fedelmente, con ,cuore puro, e buona coscienza. Ma poichè, ci richiedete che, secondo il vostro proposito, vi diamo una formula di vita che dovrete osservare in avvenire:
'luogo che aVrete scelto per dimora, ciascuno la sua' celletta separata, secondo l'assegnazione Priore stesso, col consenso' degli altri Frati o della
Cap. IV DELLA REFEZIONE COMUNE mlllliera, comun~,
~ttavia,
che consumiate,inBiem~, nel reciò ,che vi sarà dato, ascoltando, dove si qualche lettura di libri sacri.
Cap. I DEL PRIORE E DELLE TRE PROMESSE DA FARSI .
CAMBIARE NÈPERMUTARE LE CELLETTE
. '
Stabiliamo, innanzi tutto, che vi sia tra di voi un Priore;: eletto all' Ufficio dal consenso unan4ne di tutti, o 'almeno della parte più numerosa e più sana; al quale ciascun altro prometta obbedienza, studiandosi, poi, di ossel'Tarla con verità di opere, con la castità e con la rinuncia della proprietà. Cap. II DELLA
Cap. V
ACCETT~IONE
ad alcun Frate; senza licenza del Priore in il, luogo assegnato, o permutarlo con altri. Cap. VI DELLA CELLETTA DEL PRIORE
DEI, POSTI
Potrete avere dimore negli eremi, o dove vi state donate, purchè adatte e comode alla osservanza
La MÌletta del Priore sia vicina all'entrata, affinchè per pri>vada incontro a quelli cne arrivano, e, quindi, ciò che deve si facci~ secon,d,o il sUQQrbitrlQ e la sua disposÌzi-one.
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2Q Cap. VII DEL RIMANERE NELLE CELLETTE Ciascuno rimanga nella sua celletta o vicino ad essa, a meditare giorno e notte nella legge di Dio, e li vigilare nella preghiera, salvo il caso di altre legittime occupazioni.
Cap. VIII DELLE ORE CANONICHE Coloro che sanno recitare le ore canoniche coi Chierici le recitino secondo le prescrizioni dei SS. Padri e la consue: tu dine approvata della Chiesa: coloro, invece, che non sanno, dicano 25 Pater noster per il Mattutino, eccettuate le Domeniche e i giorni più solenni, nei quali stabiliamo che il predetto numero sia raddoppiato. La stessa preghiera si reciti 7 volte alle Lodi ; per ciascuna delle altre Ore si dica ugualmente 7 volte la medesima preghiera, meno che a Vespro, nel quale dovrete dirla 15 volte.
Cap. IX DEL NON AVERE ALCUNCHÈ DI PROPRIO Nessun Frate dica di avere qualche cosa di proprio, ma tutto vi sia comune; e si distribuisca per mano del Priore o del Frate da lui designato a questo ufficio, secondo le necea,sità di ciascuno, avuto riguardo alla età e ai bisogni dei singoli. Se poi vi fosse necessità, potrete avere asini o muli e qualche animale o volatile per il nutrimento. '
Cap. X DELL' ORATORIO E DELL' ASCOLTARE OGNI GIORNO LA MESSA L'Oratorio, per quanto possibile, si costruisca in mezzo cellette, e iv1, ogni giorno, dove si può fare comoda"~"'~lltte. dovrete convenire per la· celebrazione della Messa Cap. XI DELLA CORREZIONE DEI FRATI Nelle Domeniche o in altri giorni, se vi !larà bisogno, trattare dena conservazione dell' Ordine e della salvezanime: c, allora, con carità, siano corretti gli eccessi f,lolpe dei Frati, che !li fosBero, eventualmente, nsconin qualcuno. Cap. XII DEL DIGIUNO osservare il digiuno tutti i giorni, eccettuate le dalla festa deUa Esaltazione della S. Croce, fino al ;~rJ,orno deUa Resurrezione del Signore, Il meno che l'in·.·.•• ~,rnlitil. la debolezza del corpo, o altra causa giusta, non ·. c.lni!!!!ll di rompere il digiuno, perchè per il bisogno nou esiste Cap. XIII DELLA ASTINENZA DALLE CARNI Dovete astenervi dal mangiar carne, Il meno che nou vi sia motivo di malattia o di debolezza. E poichè è necessario
che per mendicul'è vi troviate spesso. in viaggio., pel' riòri esser~ di peso. a ch,i vi o.spita, fuori della VQstra casa, potrete mangiare companatICo CQtto con la carne, Viaggiando. poi in mare, potrete nutrirvi anche con carni.
Cap. XIV
DELLE AR-MI SPIRITUALI Poichè la vita dell' UQmo sulla terra è una tentazio.ne e tutti quelli che voglio.no. vivere piamente iu Cristo dQvran: no soffrire persecuziQne: e di più il VQstro avversario. il diavo~o, va into.rno., CQme leo.ne ruggente, cercando. la p;eda da dIvorare, con ogni so.llecitudine dovete rivestirvi della ar~at~r~. di Dio., affinchè po.ssiate rimauere in piedi, contro le lmndle del nemico., I vostri lombi debbono essere cinti ~el ,cingo~o de,Ila castità: il vostro' petto' corroborato di peuSIerI santi: pOlchè sta scritto.: il pensiero. santo. ti custo.dirà. Dovete indossare la corazza deUa giustizia per poter amare il Signore Dio. vostro con tutto il cuo.re con tutta 1" anIma, .con tutta la forza, e il prossimo vostro' come voi stessi. . ,In tut~o . do.vete assumere lo scudo. della fede co.l quale Vi sIa po.ssibIle speguere tutti i dardi infuocati del demonio. Do.vete anche impo.rre sul capo l'elmo della salvezza, affinchè attendiate la salvezza solo dal Salvato.re, che può salvare il suo popo.lo. dai propri peccati. La spada, poi, dello spirito, formata della parola di Dio., abiti in abbo.ndanza nella vostra bocca e nei vostri cuo.ri. E tutto ciò che dovete fare sia fatto nel nome del Signo.re.
Cap. XV DELLA ASSIDUITÀ NEL LAVORO PER EVITARE V OZIO' Dovete far sempre qmllche co.sa perchè il demonio. vi sempre occupati, nè dal vostro. ozio abbia Il tro.vare iin!ito per le vostre anime. Avete in ciò l'insegnac r esempio insieme dell' Apo.stolo Paolo., per la cui Cristo., che è stato. posto. e dato da Dio. predicatore e do.tto.re 'delle genti, nella fede e nella verità; e se lo avrete seguito non . potrete errare. Egli disse: Fummo presso di voi uel lavoro e nella fatica operando giorno e notte, per non esservi di aggravio. Non che ne avessimo il potere, ma per offrirvi noi stessi' come "~_''''H,.l,", da imitare. Poiché sinndo presso di voi vi dicevamo che chi non VUo.i lavorare non deve mangiare. Ora abbiamo sentito che vi é tra voi qualcuno che va in giro senza pace e non fa nulla. Costoro avvisiamo e scongiuriamo nel Signore Gesù Cri8to~ affinché lavo.rando in silenzio, :mangino il loro pane. Questa via è santa e buona, camminate· Ìues8a. Cap. XVI
DEL SILENZIO L'Apostolo raccomanda anche il silenzio allorchè co.manda di o.perare in esso. E co.me il Pro.feta attesta: il silenzio é culto deUa giustizia; ino.ltre: la vostra fortezza sarà nel silenzio e nella speranza. Perciò stabiliamo che, deua Compieta, osserviate il silenzio fino a do.po Prima del giorno seguente. Nell' altro tempo., poi, sebbene il silenzio
25 non si debba osservare tanto rigorosamente, ci si guardi, tuttavia, con cura, dal parlar troppo. Perchè, come sta scritto, e non meno viene insegnato dalla e.sperienza, quando si parla troppo non manca il peccato: e chi é irriflessivo nel parlare ne suhisce le consegnenze. Inoltre:. Chi fa uso di molte parole danneggia l'anima propria. E il Signore nell' Evangelo: Gli uomini, nel giorno del giudizio, renderanno conto di ogni parola oziosa. Perciò ciascuno si faccia nna bilancia per le proprie parole e dei freni duri per la propria bocca, affinchè con la sua lingua non abbia a scivol~re e a cadere, e la caduta lo conduca alla morte. Custodisca, col Profeta,' le sue vie, e non manchi con la sua lingua. E il silenzio, nel quale è il culto della giustizia, si studi di osservarlo con diligenza e cautela. Cap. XVII ESORTAZIONE DI UMILTÀ AL PRIORE Tu, poi, Frate Brocardo e chiunque, dopo di te, sarà costituito Priore, abbiate sempre in mente e mantenete nel. l'opera, ciò che il Signore dice nell'Evangelo: chiunque di voi vorrà essere primo, sia vostro servo. Cap. XVIII ESORTAZIONE AI FRATI PERCHÈ ONORINO IL PRIORE E voi, Frati, onorate umilmente il v.ostro Priore, pensando, più che a lui, a Cristo che lo pose a vostro capo. E ai Superiori della Chiesa disse: Chi ascolta voi ascolta me,
e chi disprezza voi disprezZai me, affinchè non siate giudicati a motivo del disprezzo, ma per l'obbedienza abbiate a meritare il compenso della vita eterna. Questo abbiamo scritto, brevemente, per voi, stabilendo una forma di vitasecoudo la quale abbiate a vivere. Se, poi, qualcuno, compirà opere supererogatorie, il Signore stesso, quaudo tornerà, gliene renderà il merito. Nondimeno usi di8.crezione che è la moderatrice delle virtù.
OSSERV AZIONE PRATICA Il Religioso Carmelitano non solo deve imparare ti memoria la sua Regola, ma ponderare e meditare le singole parole, affinchè ne possa penetrare profondamente lo spirito. (Dal Direttorio di vita spirituale)
27 CAPITOLO TERZO ANNOTAZIONI ALLA REGOLA . La Regola di S. Alberto, come si è detto, venne scritta. per gli Er~mi~ del Monte Carmelo e ne riflette la particol~re orgamzzazIOne e le speciali esigenze del tempo. Cosi vi SI parla . . . di casette o cellette separate e dell'Oraton'o d a costrUlrSI In mezzo alle cellette. . Essendo, in seguito, mutate le condizioni dell' Ordine tali punti non ebbero più valore, se non come indirizz~ generale. ' Il testo attuale della Regola presenta le seguenti" varianti da quello originario dato da S. Alberto.
~ap. I - Le patole: con la castità e la rinuncia cklla propnetà non si avevano. . il Cap. II Della-accettazione dei 8itie il Cap. IV Della refezione in comune mancavano completamente. " Al Cap. VIII Delle Ore canoniche, il testo- originario può tradursi cosÌ: Quelli che conoscono le lettere e sanno legg~re .i Salmi, dicano, per ogni ora, quelliass~ati a tali Ore, secondo gli ordinamenti dei Santi Padri e la consue. m.dine approvata dqlla Chiesa. Quelli, invece, che non sanno" dwano ecc. L'aggiunta dell'Ave Maria ai Pater risale al secolo XIV. " N otevole è la d. ifferenza che SI' riscontra • nel Cap.]X Del ~on aver proprietà. Il testo originario parla di refezione pnvata nella propria cella, distribuita da un inserviente laico. Ind~atti, dopo le parole: 8ia a voi tutto comune, prosegue: e l -quelle cose che il Signore vi avrà date, sia a ciascuno distribuito per mano del Priore, cioè per
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lui designaiò a questo ufficio; in maniera, però, che, come è stato premesso, çiasculw rimanga nella cella assegn~tà, e viva singolarmente di quelle cose che gli verranno distribuite. Non parla nè di asini, nè di muli, nè di volatili. Nel" Cap. XIII: '~Dell' astinenza dalle carni ", mancavale parole: E poichè è necessario che per mendicare vi spesso in viaggio ecc., fino alla fine. Cap. XVI" Del Silenzio", in luogo della forma lit; DeUtk Compieta si osservi il silenzio fino dopo l'ora Prima del giorno seguente, si aveva: Si osservi il silenzio jino all' ora di Terza del giorno seguente", La Regola di S. Alberto fu approvata dal Papa Onorio III . Rieti, il 30 gennaio 1226, mentre al Pontefice Innocenzo IV si debbono le varianti notate; le quali furono introparte dietro richiesta degli stessi Religiosi del Carmelo, per volere dei Revisori, i Cardinali Ugo di S. Caro, Titolo di S. Sabiua, e Guglielmo, Vescovo di Antarada o Tortosa in Palestina), entrambi dell' Ordine dei Predicatori. Esse furono motivate, soprattu~to, dal rapido sviluppo VI'Qlltle. nella prima metà del secolo XIII, in seguito gr,azlloìlle iu Europa, che re~deva molto difficile~ e impossibile, la osservanza integrale della Regola scritta per un gruppo di ,Eremiti. "
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CAPITOLO
QOAR'l'O
CAPITOLO QUINTO
CONFERME E MITIGAZIONI
INTERPRETAZIONE MARIANA DELLA REGOLA
La prima conferma della Regola si' ebbe, su richiesta di S. Simone Stock, dal Papa InnocenZo IV, a Lione, il primo ottobre 1247; seguì,poi, quella di Eugenio IV il 15 febbraio 1432 che mitigò i l Cap. VII: Del rimanere nelle cellette, permettendo'la ricreazione in comune. Allora furono aggiunte le parole: Però' in ore opportune possono (i Religiosi) camminare liberamente e lecitamente nelle loro Chiese, nei Chiostri e nelle adiacenze di questi. Attenuò anche il rigore dell' astinenza, concedendo, fu'ori dell' Avvento e della Quaresima, l'uso delle carni tre volte la settimana; (Prati~ camente la Domenica, iI martedì e il giovedì). Pio II il 5 dicemhre 1459 concesse al Priore Generale di poter dispensare anche dal digiuno nei giorni in cui, per concessione di Eugenio IV, era dispensato dall' uso delle carni, tenendo conto delle _circostanze di tempo, di luogo e persone, e secondo coscienza. Finalmente Sisto IV il 29 novembre 1476, ricapitolò le _ precedenti dispense sul digiuno e l'astinenza, e rimise in facoltà del Priore generale, di dispensare tre volte la Bettimana, o un numero maggiore o minore di giorni, secondo le circostanze e in coscienza. E cosÌ il Cap. Generale del 1488 determinò di estendere la concessione anche allunedi.
Ben presto i nostri antichi Padri vid~ro nella Regola di tanto la ricapitolazione della V1ta del S. Profeta la ricapitolazione della vita della Madonna, per IUcilUl:1el:e che se il Carmelitano osserverà la sua Regola, Ylvrà e si ispirerà agli esempi del S. Profeta e della SantislLLUOJ'''V
8ma Vergine. . . Il P. Michele di S. Agostino (1621. 1684), che nporta i suoi scritti un opuscolo del famoso teologo Giov~nni ,.Bacl>n1ihorrp" morto nel 1348, conclude così la interpretazIOne che questi fa della Regola : . . "Si rivela da questo che la nostra Regola offre alla ImI"UliIlQU'Im non solo la vita del Santo Padre Elia, ma anche qtlèlll\è della amabile Madre Maria, ~ che iI nos~o S. Ordine, .: hu$, diritto, si dice, insieme, ehano e m~nano. Appare .nche come noi dobhiamo aver cara e prezIOsa la n?stra e1.Qhorata in forma cosÌ corrispondente alla vocazlO~e, D:tlaBenbl. insieme,' in maniera tanto perfetta, la VIta e della Madre. :resbl da desiderare che, osservandola con fedeltà, ,!n._ruml!), di fatto, veramente eliani e mariani".
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CAPITOLO SESTO DELLA REGOLA DEI PRIMI MONACI DI GIOVANNI GEROSOLIMITANO Nel nostro Ordine è stata sempre tenuta in grande onore la REGOLA DEI PRIMI' MONACI attribuita a Giovanni G.erosolimitano, la cui parte formativa (cap. 2 - 9) è un commento spirituale al Cap. 17, vv. 2 - 3 del Libro III dei Re. "La voce di Dio risuonò a Lui (Elia) e gli disse: allontanati da qui e va contro Oriente, e nasconditi nél tor-
rente Carith, \che. si trova in faccia al Giordano: ivi berrai .dell'acqua del torrente, mentre io ho comandato ai coroidi pascerti lì". La dottrina Ascetica di questa Regola esercitò, in tutti i tempi, un influsso importantissimo nell' orientamento spiri:" tuale dell'Ordine. Era il libro più usato nella lettura spiri~ tuale dei Religiosi, e da esso attinsero, in abbondanza, i nostri grandi Mistici del secolo XVI e XVII, quali S. Giovanni della Croce, S. Teresa di Gesù, il Ven. P. Michele di S. Agostino, il Ven. Giovanni di S. Sansone e P autore dell'antico Direttorio dei N ovizi~ . Elevatissimo è il contenuto dottrinale dì questi capitoli (2 - 9), che il pio Autore avvalora con frequenti Citazioni tratte dai Libri sacri e intese, il più delle volte, e opportu~ namente allo scopo, in senso spirituale. Nella traduz~one che presentiam.o abbiamo cercato di rimanere fedeli, nei limiti del possibile, al senso e alla lettera del testo latino, sebbene talvolta, al. fine di rendere il periodo italiano più scorrevole e il senso meglio intelligibile, ci siam,o cOncessi ,qualche libertà,
per comprendere la bellezza di queste pagine ericafrutto, non basta una lettura, sia pure calma ed attenta; uno. studio accurato e profondo. questa Regola con quella di S; Alberto, ~gnamenti dei nostri impareggiabili Mistici, a co'da ·S. Giovàm:rl della croce, e con le Costituzioni facile cogliere la continuità e la perenne fre· . "dottrina spirituale del Carmelo. parte che omettiamo, non corrispondendo' allo scopo • presente manuale, riguarda la storia dei primi Monaci. Complessivamente l'Opera còmprende 41 Capitoli.
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REGOLA DEI PRIMI MONACI CAP. II. IL PROFETA ÈLlA SEGUE 4- Va'CE DI DIO CHE LO INVITA A RITIRARSI DAL MONDO PER SALIRE ALLA PERFEZIONE PROFETICA LA QUALE CONSISTE NELLA PUREZZA E SANTITÀ DELLA VITA E NELLA COGNIZIONE SPERIMENTALE DELLA PRESENZA DIVINA. Questo Profeta di 'Dio Elia fu il prototipo dei monaci e da lui ebbe origine la prima santa Regola. Egli, infatti, anelando alla contemplazione divina e sentendo il desiderio' di' uua perfezione più elevata, andò assai lontano dalle cito tà; si spogliò di tùtte le cose terrene e mondane, e, primo, di proposito, cominciò a menare vita eremitica, ligiosa e profetica su ispii'azione dello Spirito Santo. Perchè Dio, apparendogli, gli comandò di fuggire la compagnia degli uomini, di nascondersi nel torrente, lontano dalle folle, e di vivere, poi, solitario, nell' eremo, secondo la forma indicatagli. E questo si dimostra con una chiara testimonianza della Sacra Scrittura. Si legge, infatti, nel Libro dei Re:, "La parola di Dio si fece udire ad Elia, e gli disse: Partiti di qua e va contro oriente per nasconderti nel torrente Carit che sta in faccia al Giordano; quivi berrai l'acqua del torrente e io ho comandato ai corvi che ti diano quivi da mangiare" (3 Re 17,3 - 4). Ora noi Monaci Eremiti dobbiamo esaminare uno per uno questi preliminari e opportuni ,comandi, alla cui osser· vauza Elia venne mosso dallo Spirito Santo, e queste pro'meSlle desiderabili al cui conseguimento fu spinto; e non
loro significato storico, ma piuttosto i~ ~eno . miattenzione tanto più grande quanto pIÙ SI contIene in maniera perfetta, la legge, cioè la forma per -arri..Ba ,perfezione. profetica e per rtlggiungere il fine della
.el
st;gioSa eremitica.
, quàlevita il fine è duplice: uno che possiamo . nostro lavoro nell'esei'Cizio delle virtù, e con ~a divina, e consiste nell'offrire a Dio' un .santo e puro da ogni attuale macchia di peccato. A questo fine si arri~a quando si è perf~tti e i~ Ca~th, cioè nascosti in quella carità, della quale Il SaVIo dlMe: uLa carittl copre tutti i delitti" (Prov. 10,12). E perchè il Signore volle che Elia giungesse a. un tal fine, perciò gli disse: "Nas~nditi nel torrente Carith". , fine (di questa vita), concesso, invece, per puro Dio, consiste ~ nel gtI8tare in qualche modo nel e sPerimentare nella mente, non solo dopo morte, ~"'à:nlehe in questa vita, la virtù della divina presenza, ,la dolcezza della gloria superna. , '. Questo è bere dal torreute delle 4elizie di Dio, e questo promesso ,da Dio ad Elia con le parole: "Ivi berrai dal
il Monaco deve intraprendere la vita eremitica e per l'uno e l'altro di queeti fini, come dice' iI " Nella terra deserta, impraticabile e senz' acqua, 'o Dio, sono 'comparso davanti a Te nel Santuario, per "coin,te!Mf,'UtI"e la tua potenza e la tua gloria" .(Salm. 62; 3). Scel~e•. cioè, di rimanere' nella terra deserta, impraticabile e senz' acqua, per poter apparire davanti a Dio nella santità, .cioè in un cuore mondo dal peccato; e questo indica iI primo fine della vita 80litaria da lui scelta, che è appunto offrire a Dio un euol"C santo, ossia puro da ogni peccato attuale.
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34 Ma aggiunse poi: per contemplare la tua potenza e la gloria; e ciò mOiltra chiaramente il secondo fine di questa vita, che è sperimentare già, in qualche modo, in questa vita, cioè vedere quasi misticamente nel cuore, la· virtti della preseÌlZa divina e gustare la dolcezza' della supema gloria. E al primo di detti fini, cioè alla purità del cuore,. si arriva, aiutati dalla grazia di Dio, col lavoro e·1' esercizio dellevirtt). . Per mezzo poi della purezza del cuore e la perfezione dell' amore, si arriva ,al secondo, alla conoscenza sperimentale della divina virtt) e della gloria celeste, come dice iI Signore: "Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò e gli manifesterò me stesso" (Giov. 14,21). Perciò' Dio, con le parole, ricordate sopra, propose al Profeta Elia~ a lui come primo e principale capo dei Monaci, e volle assai efficacemente persuadere noi che lo imitiamo,.di essere perfetti come-è perfetto il nostro Padre Celeste (Matt. 5,48) e di possedere soprattUtto la carità che è vincQlo di perfezione (Coloss. 3,14). ' Di conseguenza, affiuchè possiamo con!!eguire il dono della perfezione e la visione della gloria promessa, dobbiamo JYer cura di intendere, distintamente e con ordine, la for~a di vita che vi conduce e che venne da Dio- proposta con le parole rivolte- al beatò Elia,' e di l'aggiungerla di . fatto. Parlando, dunque,' il Signore a S. Elia, disse, come di~ ce ad ogni Monaco Eremita, tanto nella Vecchia' che nella Nuova Legge: Allontanati di qui (cioè dalle cose -caduche e transitorie del mondo) e va contro Oriente (cioè contro la cupidigia originale della tua carne).- Nasconditi nel torrente Carith (cioè non dimorare insieme con le' folle); ehesi ko~ua
va in faccia al Giordano; affinchè, per mezzo della carità, ela sceno di- colpe. , E con' questi quattro gradi, salendo al culmine della perfezione profetica, berrai ivi del torrente. Ma perchè possa perseverare in questo, ho comandato ai corvi di pascerti. , Tutto questo lo comprenderai meglio Il!', trattando distin'" -.~J'(p.~ C)gni cosa, la esporremo anche distintamente e ~~ •. cordine,,_
)
36 CAP. III. IL PRIMO GRADINO DELLA PERFEZIONE MONASTICA CONSISTE NELL'A RINUNCIA DELLE RICCHEZZE E NELL' ABBANDONO DELLA PATRIA E DELLA PROPRIA FAMIGLIA. Ciò che ti consiglio, cerca di comprenderlo punto per punto, con ordine e discrezione. Innanzi tutto, nel mio comando, ti dissi: allontanati da qui; cioè dalla tua terra, dalla tua parentela e dalla casa di tuo padre; non solamente con lo spirito, per non attaccarti col cuore ai beni della tua famiglia e alle ricchezze caduche del mondo, ma di fatto, in maniera di non averle. "Perchè se uno non rinuncia a tZttto ciò che possiede non può essere mio discepolo (Luc. 14,33). Infatti se anche il possesso delle ricchezze non chiude al ricco l'ingresso al regno celeste, quando non vi attacca il cuore, secondo il detto del Savio: "Beato il ricco che è stato trovato senza macchia, che non andò dietro all' oro e non sperò nei tesOIi della ricchezza" (Eccli. 31, 8); tlÌttavia la domanda che fa seguir subito: "Chi è costui e lo loderemo?" indica chiaramente che è difficile trQvare un uomo che, possedendo le ricchezze, non vi metta anche il cuore. Perchè il cuore umano si attacca, con facilità, alle cose che tratta. Inoltre le ricchezze, quando si possiedono, sono tali che accendono nel cuore una fiamma sempre più grande e producono una cupidigia sempre più forte, come dice il Savio: "La sazietà del ricco non lo fa dorrttire" (EccI. 5, Il); poichè occupato dal vuoto amore delle ricchezze e dovendo provvedere alle faccende domestiche, egli è sempre angustiato dall' affanno delle continue preoccupazioni, le quali non permettono che entri in lui il desiderio di adempiere la parola dei precetti divini.
37 Infatti Ìe soÌlecitudini del mòndo, i disinganni delle ricchezze e le cupidigie per le altre cose· soffocano la parola,
ed essa non dà frutto. Ragione per cui "il ricco difficilmente entrerà T?-el regno dei cieli" (Matt. 19,23). Tu, dunque, figliolo mio, se vuoi essere perfetto e con!ileguire il fine della vita monastica eremitica, e lì bere dal torrente, allontanati, per amor mio, dalle cose caduche del mondo, abbandonando col cuore e con l'opera tutte le cose terrene: perchè questa è la via più facile e più sicura per tendere alla perfezione profetica e per giungere, alfine, al regno dei cieli. Perchè "chi avrà abbandonata la casa, i fratelli, le sorelle, il padre, la madre, la moglie, i figli, i campi, per il mio nome riceverà il centuplo" (Matt. 19,29) già in questa vita, pregustando la dolcezza della mia soavità, cento volte superiore a tutte le cose terrene, e finalmene "possederà la vita
eterna" (ivi). Ecco, in breve, hai udito quale è il primo gradino per salire al vertice della perfezionè profetica.
CAP. IV. IL SECONDO GRADINO È COSTITUITO DALV ABNEGAZIONE DELLA PROPRIA VOLONTA E
DALLA REPRESSIONE DI OGNI DESIDERIO CARNALE. Ora fai attenzione al secondo. .• Prosegue, dunqne, la mià esortazione: "Va verso Oriente, CIOe contro la cupidigia originale della tua carne. Perchè ~evi sapere che "nel giorno della tua nascita, il tuo ombe. ltco. non fu r~cisCi dal peccato" (Ezech. 16,4,) e "sei tutto un tmpasto dL peccati" (Giov. 9,34), come disse iI Profeta anom~ di tutti gli. uomini: "Eccomi generato nell'iniquità, e la mta madre m~ ha concepito nei peccati (Salm. 50 7) 'h'}' "e pOlC. e uomo è stato concepito nel peccato originalè, ne serne che "la carne degli uomini ha desideri contrari allo spiri;o" (~al. 5,17). "Vedo - disse l'Apostolo -un'altra legge nelle mLe .membra che è contraria alla legge della mia mente, e m~ rende schiavo alla legge del peccato che è nelle mie membra" (Rom, 7,23). Questa è la legge del peccato: che ha la porta larcra attraverso la quale P uomo entra quando l' . b , , v acconsente, e h,a spaziosa la via, nella quale l'uomo cammina, quando VIve secondo essa, e che conduce aUa perdizione e " molti sono quelli che vi entrano" (Matt. 7,13). ' Invece "quando uno si decide al servizio di Dio . d v . d ' e e astenerSL ai desideri carnali, che combattono contro l'ani. ,~a" ,(I Pietro 2,1l) e deve vivere nella giustÌziae nel timor dI DIO, e ~reparare la propria anima non alle delizie, ma alla tentazIO~e ~ alle angustie, essendo necessario, per entrare nel regno del cleli, "passare attraverso molte sofferenze (Att. 14,21). "Perchè la porta che introduce alla vita è stre;~ ta, e la via difficile, e sono pochi quelli che la trovano (Matt. 7,14). "p h' . ,I-: • " oc. ~ sono, ìnJattt, gli eletti e piccalo il greg-
ge al quale il Padre SL compiacque dare il Regno" (Luc. 12,32). Tu, dunque, figliolo mio, se vuoi essere perfetto e raggiungere il fine della vita eremitica monastica e ivi bere dal torrente: "vai contro Oriente", cioè contro la cupidigia ori· ginale della tua carne, affinchè "non regni il peccato nel tuo corpo mortale e non obbedisca alle sue concupiscenze" (Rom. 6,12). lo, infatti, so che gli "gli iniqui dovranno essere torm.entati nel giorno del giudizio; e in modo particolare quelli che camminano dietro la carne, nella concupiscenza della impurità, e disprezzano l'autorità". (II Piet. 2,10). .. Non andare, dunque, dietro le tue concupiscenze, e spogliati della tua volontà". (EccI. 18,30), abbandonandola del tutto e sottomettendo la, per, me, umilmente, al retto arbitrio del Superiore, fino alla morte; H perchè il discepolo non è più del Maestro: e sarà perfetto se sarà come il cuo Maestro" (Luc. 6,40). Perchè, infatti, io, Signore dei Profeti e. Maestro, "discesi dal cielo, non per fare la mia volontà, ma quella del Padre che mi mandò (Giov. 6,38), fattomi a Lui obbediente fino alla morte e alla morte di Croce (Filip. 2,8). Perciò "chiunque vuol venirmi dietro deve rinnegare se stesso, prendere la sua croce oBni giorno eseguirmi" (Matt. 16,24). "Perchè chi non prende la sua croce e non mi viene dietro, non può essere mio discepolo" (Luc. 14,27). Se, dunque, vuoi andar contro Oriente, cioè contro la cupidigia originale della tua carne, e "venirmi dietro", ascol· ta in quale mauiera ti è necessario portare la croce. Come uno che è crocifisso non può muovere a suo piacimento le proprie membra, nè può cambiare di posizione, ma deve stare immobile, dove lo ha conficcato il CI'O cifissore; cosÌ bisogna che tu sia talmente inchiodato aUa
41 croce, e che rinneghi taÌmente te ste~so da non rivolgere la tua volontà a ciò che ti piace e ti diletta nel momento, ma l'applichi dove ti ha legato la mia; in mauiera che· il resto della vita "lo vivà non secondo i desideri degli uomini, ma secondo la volontà di Dio" (I Piet. 4,2). E come colui che è inchiodato alla croce non vede le cose presenti, dimentica le 'passate, non si preoccupa del domaui, non è affatto mosso da concupiscenza carnalé, non acceso. da superbia, da contesa, da. vendetta, da invidia; ma, quantunque viva ancora nel corpo, si crede già morto. al mondo, tenendo fisso il cuore a quella patria dove è certo di dover giungere presto; cosi è necessario che tu, penetrato di tù:nor di Dio; ti reputi morto a tutte queste cose e tenga .fissigli .occhi della tua ~ima soltanto alla patria che devi, ogro momento, sperar di raggiunger;e. . In tal ·maniera, dunque, "va contro Oriente" cioè contro la.çupidigia originale della tua carne. Perchè cosi coloro che appartengono a Cristo "crocifissero la propria carne coi vizi e le concupiscenze" (Gal. 5,24) "portando sempre nella
propria carne la mortificazione di Cristo, affinchè si fosse manifestata nei loro corpi la vita di Cristo" (2 Coro 4,10), nella quale, quando vi saranno trasformati, p·erverranno. alla gloria celeste come ha detto di essi 'l'Apostolo: "Voi siete morti, e la vostra vita è nascosta con Cristo in Dio, e
quando Cristo, che è la vostra vita, apparirà, allora anè,he voi apparirete con Lui nella gloria·" (Col. 3,3). Ecco ti ho insegnato; succintamente, il .secondo gradino per il quale puoi giungere allo stato della perfezione profetica.
CAp. 'V'. DEL TERZO GRADINO DELLA PROFESSIONE MONASTICA, CIOÈ DELLA CUSTODIA DELLA CASTITÀ E DELLA 'SOUTUDINE CHE IL MONACO DEVE ABBRACCIARE. Ora medita il terzo. Segue nel mio ammonimento: "E nasconditi nel torTente Carith". Non voglio che tu dimori più a lungo tra le folle nella città, .. perchè in essa vedo màlvagità e disor·
dini. Giorno e notte va· attorno ad essa, sulle sue mura, l'iniquità e la sciagura le è dentro, e non si allontanano .dalle sue piazze l'usura e la frode" (Salm. 54,10). E per evitare tutto ciò ti è stato dato ~er . esempio. lo stesso Profeta che preferì abitare nella sohtudme, anzlchè nella città. .. Ecco - disse - me ne andai fuggendo lontano e rimasi nella solitudine" (Ivi.B) , In verità disse il Savio: "Bada di non peccare in
mezzo alla· moltitudine della città; non ti immischiare nel popolo, e non legare insieme dùe peccati: perchè neppure per uno solo resterai impunito" (Eccli. 7,7). . Ma poichè, come dice iI Savio.. anche stando solo: non andrai immune dal peccato, perciò devi sempre aver timore e piangere, cioè esercitare l'ufficio del Monaco, piangere, cioè, nella solitudine i tuoi e gli altrui. peccati. .Monos, in greco, significa uno, cioè singolare, solo; Acho8 significa triste. Monaco, dunque, è chi sta solo e sta triste nella solitudine. E questo lo devi preferire allo stare in mezzo alle folle della città. Perchè, se anche stando nella eolitudine, non andrai completamente immune dal peccato, andando ~ mezzo al popolo, legherai inSIeme due peccati. E per «plesto bisognerà che tu pianga ed abbia maggior ~aura.
. Evita, ~dunque, la frequenza delle folle affinchè, stando in città, non sia obbligato a fare quello a cui ti constringerebbe non tanto la natura quanto la necessita; cioè per non essere scosso dal furore altrui, per non soffrire icombat!imenti altrui, per non essere preso dall' occhio della meretrice per non essere condotto da qualche bella forma ad ampl~ssi illeciti, per non esser stretto dai lC?gami dell' avarizia e degli altri vizi. Cose tutte che si possono evitare con la solitumne. Pérchè. "Chi mai mandii libero l'asino selvatico, e sciolse i suoi legacci, se non colui che gli diede pe~ casa il deserto e
per dimora la terra salmastra? Perciii disprezza la folla della città, e non sente il grido' del maridrifU'l,o" (Giob. 39,5 -·7). L'asino selvatico, infatti, è un animale che ama la soli. tudine ed è simbolo di colui che se ne sta solitario, lontano dalle folle popolari, al quale Dio scioglie i legami delle colpe, e lo lascia andare libero dalla servirtù del peccato, fino a che non fissi la sua. dimora nella solitudine e ponga la tenda nella terra salmastra, che accende la ~ete, sete della giustizia .e della patria celeste, nella quale un giorno saràsaziato. Poiché: .. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perc'4è verranno saziati" (Matt. 5,6). Tu, dunque, figliolo mio, se vuoi essere perfetto e raggiungere il fine della vita monastica eremitica, e bere dal torrente, nasconditi nel .Carith; coltiva il silenzio in una solitudine che sia ignota a tutti, perchè conoscendo la toa fragilità e il fragile vaso che porti, devi temere il pericolo della città, cioè di urtare le folle e poi cadere e spezzarti. "Starai, dunque, solitario e tacerai,' perchtJ tJ cosa buo.: na per . l'uomo attendere nel Silenzio la salvezza di Dio" (Thren. 3,27). Nasconditi ileI torrente Carith, che significa separazione,
perchè alla tua perfezione profetica conviene che stia tanto ~ascosto e diviso dal consorzio umano da non unirti nemmeno in matrimonio con alcuna donna. .. Infatti è bene che l'uOmo non tocchi la donna". (l Coro 7,1). "E questo lo dico nel tuo inte;esse e in vista di 'ciii che è decoroso e che permette di servire Dio, senza alcun impedimento" (ivi, 35). È necessario cioè che tu sia separato da quanto ti può ~pedire di t~ndete a Dio. in maniera perfetta; ed è proprio la sollecitudine di questo secolo e la fallacia delle ricchezze che .soffocano la parola del Signore e impediscono all' anima di amare Dio perfettamente. Dice il Savio : .. Coloro .che lo amano conserveranno la sua parola" (Eccli. 2,18). Ma chi sta con la ~posa è preoccupato delle cose del mondo; e perciò è trattennto dall'aderire perfettamente all'amore di Dio; pe~a, infatti, in qual maniera possa' piacere alla. moglie: mentre chi non è sposato si occupa delle cose di Dio e pensa come possa. piaéere a Lui. Pertanto, se non sei unito allla moglie, non la~ercare:
restando così, seco';do il mio consiglio, sarai più beato (1 Coro ·7,14), perchè apparterrai alla categoria di quegli eunuchi che si resero tali da loro medesimi in vista del Regno dei cieli (Matt. 19,12), ai quali darò. un luogo nella casa mia, e un nome migliore di quello dei figli e delle figlie, e gli darii un nome .eterno che non perirà (Is. 56,5). Eccoti. spiegato il terzo gradino, per mezzo del. quale pnoi .giungere al vertice della perfezione profetica.
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45,
CAP. VI. DELLA CARITÀ FUGA DEI VIZI.
PERFETTA E
DELLA
Ora comprendi il quarto. Prosegue, infatti, il mio ammonimento: "Il quale Carith sta in faccia (cioè contro) il Giordano. Certamente Giordano significa discesa di essi, e in questo luogo non è inverosimile che intendiamo i peccati. . .Che cosa, infatti, fà precipitare tanto gli uomini, dalla dIgmtà della immagine e simili tu dine di Dio, nella miseria e turpitudine, quanto il peccato che è trasgressione dei divini p~ecett~ ~ . Perchè, come attesta il Savio: "Il peccato rende mlserabth ~ popoli" (Prov. 14,34). . ~erc~ò Mosè al popolo che avesse trasgredito i precetti dI DIO dl~se: ': Discenderai e resterai al disotto (Deut. 28,43). I~fattI ogm natura, sehhene sia monda nel suo genere, ~uttavla confrontata con quella superiore, diventa turpe e Immonda, e perde il suo pregio; e la cosa nohile diventa sordida, quando sÌ mischia cou una di natura inferiore sehhene questa in sè non sia spregevole. Così anche l' or~ perde valore se fa lega con l'argento. Ora io, come dice la Scrittura, feci l'uomo di natura tanto eccellente, che lo misi a capo dell'universo intero' e qua~tn~que l~ creature siano monde nel proprio genere: tuttavIa l CUOrI umani decadono dalla loro nohiltà e si macchiano quando si dilettano di es Be. È per questo che il Profeta, parlando di coloro che si attaccano col Cuore alle creature, dice: "sono diventati abominevoli come le cose che hanno amato" (Osea, 9,10); un altro Profeta scrisse: "La superbia del Giordano (cioè del peccato) è stata umiliata" (Zaec. ~1,3!; n~l .senso che i peccatori, disprezzando il precetto dI DIO, SI lllsuperbiscono nel peccato contro Dio, e
poi scendono nella voragine della corruzione e della ahominazione, come si esprime il Profeta: "Sono stati corrotti, sono diventati abominevoli nelle loro iniquità" (Ps. 52,2). Carith, invece, significa separazione: col quale nome, a huon conto, si intende la carità, perchè essa solo separa l'uomo dal Giordano, cioè dall'ahisso dei peccati. Infatti, sappiamo che questo Carith, cioè carità, si trova nella parte opposta del Giordano, cioè nella parte opposta dell' ahisso dei peccati; perchè, come dice l'Apostolo, sebbene l'uomo possieda tutti gli altri beni e "parli tutte le lingue, e abbia ogni profezia, e tutta la fede e tutta la scienza, e distribuisca ai poveri tntto ciò che ha, e dia il propio corpo per essere arso, se non ha la carità non gli giova nnlla" (I Coro 13 1.3). Nè può passare dalla morte del peccato alla vita, "perchè chi non ama rimane nella morte" (1 Giov 3,14) Ma da questa morte l'uomo è difeso dalla carità e viene trasferito, come scrive l'Apostolo S. Giovanni, alla vita: "Noi sappiamo di essere stati trasportati dalla morte alla vita perchè amiamo i fratelli (ivi). Bene, dunque, Carith cioè la Carità sta alla parte op' posta del Giordano ossia contro l'ahisso dei peccati, perchè . come dice il Savio: "La carità stende il sno velo su tutte le colpe" (Prov. 10,12). Tu, dunque, figliolo mio, se vuoi essere perfetto, e raggiungere iI fine della vita monastica eremitica, e stare contro il Giordano, cioè contro l'ahi86o dei peccati, nasconditi, come è doveroso, nel Carith, cioè nella carità, ed ivi hevi dal . torrente: .. Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cnore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" (Matt. 22,34), perchè quando avrai fatto ciò sarai perfetto, potrai nascond~rti ~ontro il Giordano nel Carith, cioè nella carità. Se poi, o sventurato, ti rifiutassi di far questG, diverrai
46 un reprobo e, in luogo del Carith, ti troverai nel Giordano, cioè nel!'abisso dei peccati. Perchè se ami qualche cosa più di me, vuoI dire che non mi ami con tutto il tuo cuore, che non sei nel Carith, cioè nella carità, e perciò non sei degno di vedermi. "Chi, infatti, ama il padre, o la madre più di mQ, non è degno di me: e chi ama il figlio, _o la figlia più di me non è degno di mé" (Matt. 10,37). Ma anche se ami qualche cosa nella misura con cui ami me, non mi ami ancora con tutto il tuo cuore, nè sei in Carith, cioè nella carità; perchè, se mi amassi con tutto il tuo cuore, per quanto ti possano essere care la tua anima e le tue cose, nondimeno anteporresti ad esse il mio amore, e rigetteresti, anzi odieresti tutte quelle cose che potessero allontanare il tuo cuore da questo amore. -
"Infatti chi viene a me e non odia il padre e la madre, la moglie, i fratelli e le sorelle, e finanche la propria anima, non può essere mio discepolo "~o (Luc. 14,26).
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Se, invece, mi offri il tuo cuore con tanto amore eti affidi a me con tanto affetto che ciò che io non voglio e ti proibisco, sebbene sia difficile ad evitaisi, tuttavia, per mio amore, lo eviti e lo odi; mentre ciò che voglio e ti comando, benchè sia duro a farsi, tuttavia lo fai e lo conservi integralmente per mio amore" allora incominci veramente ad a~armi "con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente" e cominci ad essere in Carith, cioè nel. la carità. Percbè "colui che ha i miei comandi e li osserva, quello mi ama veramente" (Giov. 14,21). E il primo comandamento è questo: "Ascolta, Israele: Il Signore ,Dio tuo è Uno" e ancora: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta Id tua ~nima, ,con tUtt«, lq. tua mente. QueSto è il primo e il più 6Tande CQ-
41 mandame,.,to" (Deut. 6,5). Ma non potendosi ossetyare senzà l'amore ~el prossimo, dal momento che: "chi non ama il fratello che vede, non può amare Dio che no,., vede" (l Giov. 4,20), perciò il secondo comandamento è simile a queéto: "amerai il prossi1lJo tuo come te stesso.... Cioè nella- stéssa maniera ~. per_lo etesso fine per cui devi amare te stes\lo.
Ora tu devi amarti nel bene e non nel male; perchè se ti amassi nel male, non ti ameresti, ma ti odieresti. Infatti "chi ama l'iniquità odia la propria anima" (Salm., lO,6). Cosi il p~ossimo lo deVi amare come te stesso ,nel bene e non: nel male; in maniera ~. che tutto ciò che vorresti ti fosse fat-
to dagli uomini, tu lo faccià ad essi, e quello che a te dispiace- rebbese ti venisse fatto da un altro, tu non lo faccia giammai; perchè l'amore non opera il male de} prosrimo " (rob. 4,}6). Devi 'dunque amare il prossimo e comportarti verso -di lui, inmanfera che se egli è cattivo, divenga buono, se è huono, rimanga tale. E ugualmente tu ti devi amare non per te stesso, ma pér il Signore,perchè ciò che si ama per se stesso costituisce i! colmo della delizia e la vita beata, al punto che la sola speranza di possederla già consola. Ma la speranza della vita béata non la devi 'porre in te o - negli altri uomini, perchè "maledetto l'uomo che confida nell'uomo, e pone la sua poten~a- nella carne, e allontana il 8UO cuore dal Signore" (Ger. 17,5). Devi, quindi, avere il Signorè come tua delizia, secondo le parole dell'Apostolo: .. Ora, poi,
fatti liberi dal peccato e diventati servi di Dio, avete il vostro frutto nella santificazione e il fine nella vita eterna in Cristo Gesù' nostro Signore" (Rom. 6,22). Perciò, se comprendi a fondo, devi amare Dio per se' stesso, ,te per Iddio non per te stesso: e poichè devi amare il tuo prossim() come te stesso, lo devi 'a~are non per sè, nè per te, ma per Iddio: e qu.esto che altro significa ee :QQn ~m~e DiQ nel pros8iiÌìQ?
48 "In questo - dice r Apostolo S. Giovanni - conosciamo di amare i figli di Dio, quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti" (I Giov. 5,2). E ciò' fai,quando hai l'animo disposto in maniera da amare Dio in Sè e, per Iddio, il prossimo e te stesso.
"Perchè in questi due comandamenti si contiene tutta la legge e i profeti" (Matt. 22,40). . "La pienezza, infatti, della legge è l'amore" (Rom. 13,10). E, sopratutto, perchè si possa arrivare a questo, l'Apostolo'
S. Pietro esorta: "Prima di ogni altra cosa abbiate tra voi carità reciproca, perchè la carità copre la moltitudine di peccati" (I Piet. 4,8). . . Ma tanto· meno Carith, cioè la carità, copre i tuoi peccati, ed è ~ontro il Giordano, cioè contro l'abisso dei peccati, quanto meno ami Dio e il prossimo. Perchè un amore minore merita un minore perdono dei peccati, come sta scritto: "A chi si perdona di meno, ama di meno" (Luc. 7,47); tanto più, invece, Carith, cioè la carità, copre i peccati, ed è contro il Giordano, cioè contro l'abiss9 dei peccati, quanto più 'ami Dio e il prossimo; perchè un amore maggiore merita maggior perdono dei peccati, come sta scritto: I, Le . sono perdonati molti peccati, perchè hà molto amato" (Ivi) •. Eccoti esposto il quarto grado con cui puoi raggiungere la felicità della perfeziòne profetica.
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CAP: VII. ALLA PERFEZIONE DELLA CARITÀ DEI MONACI CONDUCONO LA POVERTÀ, LA CASTITÀ, L'OBBEDIENZA, LA SOLITUDINE DELL' EREMO E LA FUGA DI TUTTO qò CHE PUÒ DIMINUIRE L'ARDORE DELLA CARITÀ. Ti rimane ora da esaminare in 'qual maniera, per mezzo di questi quattro gradi, possa pervenire all' apice della perfezione profetica e al fine della vita monastica eremitica. Segue, infatti, nella mia sentenza: n ed ivi berrai dal torrente" È opportuno, cioè, che' sull' esempio del Savio,
"privi la tua carne del vino, per poter indirizzare l'anima. tua alla sapienza ed evitare la stoltezza" (Eccle. 2,3), "poichè il· ~ino è cosa lussunosa e l'ubriachezza è. tumultuosa" (Prov. 20,1), e chiunque ei diletta di. queste cose non potrà. essere sapiente.. Per giungere, dunque, più facilmente alla vera sapienza, ti asterrai dal vi~o in Carith, e, a rimedio della tua sete ed a sostegno della vita del tuo corpo, berrai .ivi l' acq~a del torrente materiale. Ricorda, tuttavia, che, prima di averti detto: "ivi berrai dal torrente", premisi "nasconditi nel torrente Carith". E lo premisi a buon co~to, per, farti capire che, per poter bere, in abbondanza, dal torrènte, è necessario, 'prima, nascondersi in . Carith, cioè nella carità, nella quale non ti potrai nascondere, appena cominci a possederla, perchè, come sta scritto, non una carità qualsiasi, ma 8010 la carità perfetta copre tutti i peccati. . Sebbene"punque, non appena cominci ad amarmi con tutto il tuo cuore, sii veramente in Carith, cioè nella carità, nondimeno non sei del tutto nascosto in Carith, ~!oè nella carità, perchè non ti è possibile, in breve tempo, separarti da ogni affetto attuale al peccato.
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51 Infatti, la cQncupiscenza carnale e i pensieri impuri nQn SQIQ nQn si quietano. subito., ma inso.rgo.no. (più fo.rti) e cercano. di attirare il tuo. cuo.re in co.se pro.ibite e allo.ntanarlo. del tutto. dal mio. amo.re; per cui no.n puo.i anco.ra amarmi perfettamente co.n tutto. il cuo.re. Po.ichè, sebbene il tuo. cuo.re ritenga, allo.ra, in fo.rma assidua e abituale il mio. amo.re, tuttavia no.n puo.i anco.ra essere Po.rtato. a me in maniera tranquilla e perfetta, per mezzo. di un amo.re attuale. Di co.nseguenza, affinchè no.n abbi a separarti co.mpletamente dal mio. amo.re, è necessario. che ti dedichi allo.ra a superare. tutti i pensieri immo.ndi, che Po.sso.no. so.rgere, e tutte le co.ncupiscenze carnali co.ntrarie al mio. amo.re. E quandò le, avrai do.mate co.me co.se illecite, no.n per questo. sarai sempre nasco.sto. in Carith, 'cioè nella carità, perchè no.n ancora mi amerai in mo.do perfetto co.n tutto. il tuo cuore. Infatti ti resteranno. mo.lte co.se lecite, che da me no.n ti sono. state nè co.mandate nè proibite: quali le ricchezze, le no.zze, gli affari seco.lari e c~se del genere, ricQrdate sopra. Ora se tu ti immischi in 'queste co.se, sebbene no.n distolga, per ciò stesso., co.mpletamente il tuo. cuo.re dal mio amo.re, tuttavia no.n ti lasceranno. la facilità di pensare a me: ma ti impediranno. di essere unito. a me e distrarranno il tuo. cuo.re dal fervo.re del mio. amo.re; e quanto. meno. ti infiammerai, tanto. meno. mi amerai co.n tutlo. il tuo.'cuo.re; e quanto. meno. mi amerai, tanto. meno. sarai naSco.sto. in Carith, cio.è nella carità; e quanto. meno. sarai nasco.sto.. nella carità tanto. meno. tenderai alla perfezio.ne pro.fetica e al fine della vita mo.nastica eremitica.
...
... ... Tu, dunque, figliolo. mio., perchè ti Po.ssa nasco.ndere, speditamente, in Carith, cio.è nella carità, e raggiungere il
fine destinato. ed ivi bere dal to.rrente, evita no.n SQIo.' le co.se che ti so.no. state da me pro.ibite e che ti. separano. to.talmente dal mio. amo.re, co.me le co.ncupiscenze carnali" che gli so.no. o.PPo.ste, e i pensieri impuri; ma fuggi anche quelle che ti ritardano. dall' ardo.re del mio. amo.re, che, perciò, a buo.n diritto., io. ti sco.nsigliQ, o.ssia ricchezze, nQzze e tutto. quanto. implica affari secQlareschi ; perchè nessuno. "che milita per il Signore, si immischia in affari secolari, per poter piacere a chi l' ha arruolato" (2 Tiro. 2,4). Ricerca, invece, CQn SQmmQ intèresBe, le co.se che ti invitano. all' ardo.re del mio. amQre: quali i prècetti della mia legge e tutto. ciò che ti co.nsigliai so.pra, cio.è la PQvertà, la crQcifissiQne della' cQncupiscenza carnale, l':Qbbedienza e la rinunci!l della vo.IQntà, la co.ntinenza e la so.litudine dell'eremo.. Infatti, se ti sarai esercitato. nelle mie leggi e nei miei co.nsigli tanto. da avere allQntanato. da te no.n so.ltantQ i pensieri impuri e le co.ncupÌBcctnze carnali co.ntrarie al mio. amQre, ma anche tutto. ciò che può impedire e ritardare il fervQre del mio. amo.re; e avrai scelto. tutto. ciò che· può f~vo.rire il mio. amo.re, Co.sÌ da amarmi integralmente con un amQre cosÌ fervo.ro.sQ, e da aderire a me, tranquillamente, CQh 'una carità Co.sÌ accesa, da no.n sentire più alcun desiderio. che PQssa co.ntrariare Q impedire il mio. amo.re, allQra iucomincerai ad amarmi perfettamente, co.n tutto. il tuo. cuo.re, e a stare nasco.sto. in Carith, ciQè nella carità, ed a raggiungere il fine stabilito.. "Perchè il fine della legge è la carità che procede da un cuore puro, da una coscienza buona, e da una fede sincera" (I Tim. 1,5). Perchè tutto.' ciò che io. ti cQnsiglio. Q ti co.mandQ ,nella mia legge: si tratti di allQntanare da te i pensieri impuri e le concupiscenze della carne e del mo.ndo., affinchè il tuo. CuQJ;'e Bi co.n.servi puro. da esse? si tratti di aiutare il pro.ssimo
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52 e di evitarne l'offesa, affinchè senza biasimo possa avere nei snoi riguardi una coscienza buona; si tratti di prestare ossequio al mio culto, affinchè tu mi serva non con fede finta ma vera, tutto ti esorto a fare affinchè dal cuore puro, dalla coscienza buona e dalla fede sincera sgorghi, liberamente, una carità cosÌ fervorosa e ardente, che leghi il tuo cuore in maniera totale, pacifica e senza contrasto, al punto da non sentir proprio nulla contrario al mio .amore, o che solo lo ritardi, e così tu possa riposare in esso del tutto tranquillo. Questo significa avere il cuore puro da ogni macchia di peccato ed essere nascosto in Carith, cioè nella carità; e precisamente in quella (lelIa quale il Savio disse: "La carità stende a manto su tutti i peccati" (Prov. 10,12). Quando, dunque, sarai giunto al fine della vita profe. tica monastica ea eremitica, e sarai nascosto in Carith, cioè nella carità, allora berrai ivi dal torrente; perchè iu questa unione fra me e te cosÌ perfetta, ti darò da bere, e lo darò anche ai tuoi compagni, di quel torrente del quale il Profeta (parlando à me) dice: •• Li disseterai al torrente della delizia" (Salm. 35,9). Infatti sta scritto: "Se farai ritorno all'Onnipotente, sarai rinnovato, e terrai lontana 1'iniquità dalla .tua tenda e invece_ della terra egli, ti concederà selce, e invece del selce
torrenti d'oro; e l'Onnipotente sarà contrario ai tuoi nemici e tZt adunerai cumuli d'argento: allora. nell'Onnipotente troverai ogni delizia e al Signore eleverai il tuo volto" (Gioh. 22,23-26). >I<
* *' Ed ecco come ti perfezionerai gradatamente, se tornm'ai a Dio con tutto il tuo cuore e nella maniera detta: In primo luogo, allontanerai l'iniquità dalla tenda, cioè dal tuo cuore; altrimenti, come sta scritto, non ti po-
tresti unire all' Onnipotente: "Se avremo detto comunicazione con Dio, mentre camminiamo mentiamo" (I Giov. 1,6). "Perchè le iniquità ci dividono dal nostro peccati l'hanno obbligato a nasconderci la (Is. 59,2).
che abbiamo nelle tenebre, Dio e i nostri sua faccia"
Secondo: Invece della terra, cioè delle affezioni terrene che lasci, Dio ti darà la ailice, cioè una carità forte e ardente; esseudo, infatti, la silice una pietra dura e focaia, dalla quale si sprigiona il fuoco, essa è simbolo della perfetta carità, della quale il Savio disse: "L'amore è fotte come la morte,
l'emulazione è dura come l'inferno: le sue lampade sono lampade di fuoco e di fiamme" (Cant. 8,6). . E questa concede Dio, cnme dice l'Apostolo: "La carità di Dio è sparsa nei nostri cuori, per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rom. 5,5). Terzo: In premio della silice, cioè deUa carità forte e perfetta che tu avrai custodita, il Signore ti concederà torrenti d'oro, cioè quelle ineffabili e soavissime delizie spirituali, delle quali si legge: "Occhio non vide, orecchio non udì, nè ascese mai nel cuore dell' uomo ciò che Dio preparò a quelli che Lo amano" (I Coro 2,9). Le qnali delizie si dicono torrenti perchè confluiscono nella mente del Profeta con impeto e grande abbondanza di piacere, come un torrente, secondo ciò che sta scritto: "La fonte della sapienza è un torrente che inonda" (Prov. 18,4). Ma come il torrente, non appeua si fa sentire il calore del sole, inaridisce, cosi quei cibi spirituali si allontanano dalla mente del Profeta e inaridiscono; non appena si leva la cupidigia della carne. E sono torrenti d'oro, cioè fulgenti, Bla per l'ardore
55 dell'amore di Dio dal quaÌe confluiscono aiia mente del :Pro" feta, sia per la chiara conoscenza di Dio alla quale conducono segretamente l'uomo profetico. Come dice il Signore: "Chi mi ama. sarà amato dal Padre mio, e io lo amerò (f gli mànifesterò me stE~sso" (Giov. 14,21). Quarto: Quando sarai pervenuto a questa notizia di Dio, . l'Onnipotente ti proteggerà dai tuoi nemici, visibili e invisibili, come egli assicura: "Lo proteggerò, perchè ha conosciuto il mio nome" (Salm. 90,14). Quinto: Si formerà per te un mucchio d'argento, del quale il Profeta dice: "I discorsi del Signore sono discorsi puri; argento purificato col fuoco, cioè con la carità" (Salm.
11,7).
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E poichè abbandonerai il mondo e la familiarità degli uomini per la carità di Dio, per aderire a lui con cuore puro, meriterai di godere in abbondanza delle conversazioni di Dio in maniera che qualche volta ti saranno rivelati da Lui anche i segreti futuri. Allora, riposato sull' Onnipotente, sarai inondato di inestimabili delizie e leverai la· tua mente a Dio,iper contemplarlo con piena confidenza. Ecco, ti ho insegnato 'Come possa pervenire alla perfe- . zione profetica, e raggiungere il fine della vita monastica eremitica•.
èAP. VIII. DÈI MEZZI ADATTI À PERSEVERARE UMILMENTE NELLA PERFEZIONE MONASTICA. Per ultimo' è necessario vedere come tu debba perseverare nella perfezione della vita eremitica profetica. Segue, infatti, nella mia promessa: "Ho comandato ai corvi di pascerti li". Ora io ritenni necessaria questa assicurazione perchè se anche posllederai, in abbondanza, gioie ineffabili fintantochè berrai al torrente della mia delizia, tuttayia, per due ragioni,. il tuo gaudio non potrà essere pìeno.
In primo luogo, perchè, allora, ardentissimamente; e dal più profondo del cuore, desidererai vedere la mia faccia, in . maniera chiara, senza potervi riuscire: "non potendo l'uomo vedere il mio volto e rimaner vivo" (Es. 33,20): infatti" lo abito una luce inaccessibile, che nessun uomo vide mai in questa vita,nè potrà vedere'~ (I Tim. 6,16). Secondo, perchè, mentre ti sforzerai di riposare, a lungo, in quelle gioie ineffabili, che si possono gustare al torrente delle mie delizie, improvvisamente, per la fragilità del tuo corpo, ti distaccherai da esse e tornerai a te, "essendo il corpo corruttibile di peso all'anima, e il tabernacolo terreno di oppressione alla mente agitata da molti pensieri" (Sap. 9,15). Per questo duplice motivo, perchè, cioè, non puoi vedere chiaràmente la mia faccia, e perchè, gravato dal corpo corruttibile, non puoi rimanere a lungo nella gloriosa contemplazione della dolcezza gustata, tu, desiderando perseverare nella perfezione, pregherai e dirai gemendo: "Dio, Dio mio dall'alba sospiro a Te! L'anima mia ebbe sete di Te ed oh! quanto anela a Te la mia carne. In quesfa ter-
57 ra deserta, impraticabile e senza àéqua! Così a Te mi presentavo nel Santuario per contemplare la Tua potenza _e la Tua gloria" (Salm. 62,1-3).-
••• Affinchè, tuttavia, l\on ti rattristi inconsolabilmente in gemiti inutili e nella mestizia del cuore, per il desiderio di vedermi e per la fame di gustare la soavità della dolcezza della mia gloria, io, per tua consolazione, ho comandato ai corvi di pucerti Il. E col nome di corvi opportunamente si intendono i santi Profeti che ti ho dati ad esempio, i quali giammai insuperbiscono della luce della propria giustizia, ma umili e consapevoli della propria infermità, riconoscono in sè la bruttezza del peccato e dicono: "Se a.ffermer'emo di non -aver peccati, inganniamo noi stessi e in noi non v'è la verità" (I Gioy. 1,8). Dei quali si legge anche: "Chi prépara al corvo il suo nutrimento, quando i suoi piccoli gridano al Signore svolazzando perchè non hanno cibo?" (Giob. 38,41). Tale è, infatti, la natura del corvo che osserva le boc-. che spalancate. dei suoi piccoli, bianche aUa nascita, che si muovono da una parte all'altra del nido e -cercano i cihi; ma il corvo non gliene somministra, finc}lènon riconosce in. essi, attraverso il nero delle penne, -la somiglianza del proprio colore; ma appena li vede diventar neri, li alimenta con grande premura. Cosi, talvolta, i santi Profeti. mandati da me, nascono piccoli corvi, ~ioè discepoli, e pervengono, poi, a un gradocosi alto di grazia, imitando. l'esempio del Profeta, da bere del torrente e della mia dolcezza, com.e il Profeta stesso. Ma fintanto non sono gi,unti, per la debolezza della pro-
prla nàtura, ad assaporare quella soavità, debbono, vagando qua e là, gridare a me e sospirare, perchè, sebbene li bramino, non hanno ancora la capacità di nutrirsi dei cibi ché sono propri dei Profeti; e secondo quanto sta scritto: _"Se non vi cambierete, e non diventerete come fanciulli, non entrerete nel regno dei Cieli" (Matt. 18,3), debbono ancora reputarsi umilmente fragili corvi, cioè piccoli -nel bene, e temere che il male impedisca l'aumento del bene. Infatti sta scritto: "Tutti manchiamo in molte cose" (~iac. 3,2). Essi invece, per lo più, dimenticane) i propri peccati, e non riconoscono la propria debolezza, perciò non hanno ancora la nigredine dell' umiltà, che è pure necessario rivestire in opposizione allo splendore del mondo~ E tanto meno si possono cibare internamente di quell' alimento spirituale, quanto più sembrano risplendere esteriormente nell' amore della vita presente. Il corvo, come abbiam() detto, osserva nei pic'coli -le bocche spalancate.. ma prima di alimentarli esige che il corpo si ricopra del nero delle penne. Cosi il Profeta, mandat.o da me, prima di condurre i discepoli al cibo della mia delizia, li ammonisce ed aspetta che, sul proprio esempio, cambino in nigredine lo splendore della vita presente con umile e suppli. ce penitenza e riconoscano in sè la impronta dei propri peccati. Non appena, pero, rendendosi conto della vita passata, eleveranno, dall'intimo del proprio cuore, gemiti supplichevoli di pentimento, il Profeta deporrà sulle loro bocche aperte il cibo da me preparato, chiamandoli ad assaporare la dolcezza che scaturisce dal torrente della mia delizia, e quanto più conoscerà che essi si distaccano _ dal nitore del mondo con lamenti di umile penitenza, tanto più copiosamente li ~_ disseterà con l'acqua del -torrente. Ma affinchè i discepoli sappiano che il nutrimento al
59 quale il Profeta li invita viene da me, opportunamente si premette la <lomanda: "Chi prepara al corvo il suo cibo, quando ì suoi piccloi, svolazzando, {)Tidano al Signore, perchè non lo hanno? (Giob. 38,41). È chiaro che non lo prepara altri che Dio, il quale, come sta scritto, "da il nutrimento ai piccoli dei corvi che lo invocano" (Salm. 146,9).
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** Ora tu, figliolo mio, quando avrai raggiunta la perfezione profetica e il fine della vita monastica eremitica, e avrai bevuto al torrente della mia letizia, non ti insuperbire per aver gustata una soavità cosÌ grande, perchè, improvvisamente, quel cibo ti verrà ancora, per qualche tempo, a mancare, a causa della fragilità e debolezza della tua carne. Guardati, allora, dallo scendere dal tetto della perfezione per riprendere qualcuna di quelle cose,·· alle quali hai rinunciato, perchè "nessuno che mette mano all'aratro e guarda dietro è adatto per il Regno di Dio" (Luc; 9,62); dimenticando, invece, quanto sta dietro, e slancÌandoti a ciò che sta davanti, corri dietro al segno per raggiungere il premio della più alta vocazione (cfr. Filip. 3,13-14); perchè non colui che avrà cominciato a osservare questi precetti , ma U colui che avrà perseverato sino allo fine sarà salvo" (Mat. 24,13). Tu dunque, quasi svolazzando come i piccoli corvi, devi, incessantemente, ricorrere a me ed esclamare: U Come il cervo
desidera la fonte delle acque, così 1'anima mia desidéra Te, o Signore" (Salm. 41,1). E se non sarai subito ricondotto alla soavità della mia dolcezza, che hai già gustata, questo avverrà perchè sappia che non vi pervenisti per tuo merito, ma per mia grazia, e affinchè la desideri con più grande ardore, e così diventi maggiormente disposto· a conquistarla.
Intanto, affinchè, neli' atiesà, non tl allontani, del tutto dalla perfezione, ho comandato ai corvi che ti nutrano, in quanto ho dato ordine ai santi Profeti, tuoi antecessori, di alimentarti colla dottrina che si contiene nei loro esèmpi di vera penitenza, mediante la quale e8si riconoscevano, in sè, umilmente, la nigredine dei peccati e schivavano il nitore della vita carnale. E perchè, nel frattempo,· possa essere sapiente, cibati, con avidità, di questa dottrina, secondo ciò che sta scritto:
.. Il sapiente ricercherà la sapienza di tutti gli antichi e attenderà ai Profeti" (Eccli. 39,1). Quando, poi, BuI loro esempio, sarai diventato integralmente nero, come i piccoli corvi, e consapevole della tua fragilità, ti sarai separato, con vera umiltà, dallo splendore della vita presente; e, per mezzo della orazione devota, della umile e sincera confessione dei peccati, avrai fatto giungere a Dio copiosi gemiti di lamento, come altrettante piume nere; e, a somiglianza dei piccoli corvi, andato lontano dalle folle delle città, e dimorando nella solitudine, sarai diventato integralmente nero, spoglio dell' orgoglio della vita carnale e dello splendore dei beni e di tutte le altre ricchezze del mondo, allora Dio ti condurrà, nuovamente, a gustare la dolcezza del cibo che scaturisce dal torrente della divina soavità. Perciò sta scritto: H Guardate i corvi che non seminano e non mietono, per i quali non vi è nè dispensa nè granaio, eppure Dio li nutre" (Luc. 12,24). Ecco, ti ho insegnato come tu debba umilmente perseverare nella perfezione della vita profetica eremitica.
60 eAP. IX. ELIA PROFETA PERVENNE AttA PER. FEZIONE PROFETICA CON LA RINUNCIA DELLE RIC. CHEZZE, LA PURITÀ E L'ABNEGAZIONE DELLA PROPRIA VOLONTÀ. Elia, pertanto ricevuto da Dio il precetto di conseguire la perfezione profetica, e il fine della vita monastica eremitica, e di perseverare in essa, si persuase che davanti a Dio "non sono giusti quelli che ascoltano la legge, ma quelli che la osservano" (Rom. 2,13), per cui, con tutto l'animo, si sforzò di raggiungere detta perfezione profetica e il fine della vita monastica eremitica e di osservare fedelmente quella legge che Dio gli aveva proposta, come si legge nel Libro dei Re: "Andò dunque Elia e fece secondo la parola di Dio: ed essendo andato sedette nel torrente Carith, che si trova contro il Giordano, e i corvi gli portavano pane e carne al mattino e pane e carne alla sera: ed egli beveva l'acqua del torrente" (3 Re, 17,5-6). Di queste parole noi esporremo ora tanto il senso storico che il senso mistico: perchè Elia le intese e le praticò nell' uno e nell' altro senso. "Andò dunque Elia". Dove andò? .. Contro Oriente ", cioè contro la cupidigia originale della sua carne. Perchè non essendoci nulla di buono nella came, giudicò di non doverle essere debitore al punto da dover vivere secondo j. suoi dettami. "Se, dice l'Apostolo, vivrete secondo la carne, morrete. Se invece mortifichérete con lo spirito le azioni della carne vivrete" (Rom. 8,13). Così Elia, per poter vivere perfettamente nello !lpirito, crocifisse lapropra carne coi vizi e le concupiscenze, morti. ficalldo le membra del peccato che sono Bulla terra: la for-
61 nificazione, la impurità, la libidine e la cattiva concupiscenza, in maniera, in certo modo, più perfetta dei suoi predecessori. Poichè, per imitare il modo di vivere degli Angeli ed essere equipal'ato ad essi nella purezza della castità e nella incorruzione della carne, primo tra gli uomini, spontaneamente, si abbellì della verginità perpetua, per amore di Dio. E rinnegando completamente se stesso e rinunciando al· la propria volontà, seguÌ sempre, con prontezza, quella del Superiore, cioè di Dio; come sta scritto di lui: "Andò ovunque lo conduceva la volontà" (cioè di Dio) (3 Re 19,3) e ancora "operò secondo la parola del Signore". Cioè 8i l'itirò uella solitudine, allontanandosi dalla sua terra, dalla sua parentela, dalla caB a di suo padre, mentre Dio disponeva per lui quello che allora era il meglio; lo li· berava, cioè, dalla morte e lo attirava alla perfezione deUa vita monastica. Infatti il popolo d'Israele, sedotto, di recente, dal re Acab, adorava allora BaaI come elargitol'e di pioggia, di fertilità e di tutti gli altri beni temporali, non intendendo che tutto questo ci viene dal vero Dio d'Israele e non da BaaI. . e O.LO, ,. e c1te g l"t "Ignorò che io gli ho dato frumento, vmo ho moltiplicato l'argento e l'oro col quale essi si sono costmiti Baal" (Os. 2,8), lamenta il Signore stesso a mezzo del profeta.
E perchè Elia voleve dimostrare al Re Acab e al popolo di Israele che il vero Dio era quello che egli adorava e non Baal, che il Re, dietro istigazione della Regina, stava introducendo . al culto, predisse, secondo ciò che egli diceva il Signore, che, per quanto lo avessero invocato, non era in
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potere di BaaI mandare la pioggia; e che in quegli anni non sarebbe caduta sulla terra nè la pioggia nè la rugiada, fintanto che egli, Elia, non avesse pregato il Dio di Israele. Venendo, C08Ì, a mancare la pioggia, sopravvenne una fame atroce nel Regno di Samaria, e il Re- voleva uccidere Elia; ma il Profeta, prima ancora che fosse ricercato, agì in conformità alla parola del Signore: per non essere trovato Bi allontanò dalla sua terra, dalla sua parentela, dalla casa di BUO padre e si ritirò nella solitudine, lasciandosi dietro ogni cosa mondana, non 8010 col cuore, ma di fatto, affinchè le cure domestiche, le ricchezze e i beni terreni non lo avesse. fO distolto dal conseguimento della perfetta vita monastica, alla quale Dio, allora, lo chiamava. . Poi continua: "Essendosene andato, sedette al torrente Carith, che si trova in faccia al Giordano". Perchè, cioè, Elia, da allora, cominciò a sopportare lo squallore dell'eremo e il silenzio, egli, primo tra gli uomini, iniziò, di proposito, una vita monastica, eremitica, dandole felice inizio nella solitudine del torrente Carith, secondo il sen80 etimologico della parola; perchè Carith 8ignifica divisione quasi che il nome stes80 della localita, ove egli si fermò, volesse indicare che egli si separava dal consorzio e dalla vita dei secolari. Sedette, dunque, solitario al torrente Carith, versando, giorno e notte, le sue lacrime, come torrente e, in tal modo, fu contro il Giordano, cioè .contro l'abisso dei peccati. Da un tal modo di vivere apparve chiaramente con quanta rettitudine egli, primo tra gli uomini, dava inizio aUa vita del monaco. Così d'allora, egli fu Monaco, cioè singolare e 8010, e sedette triste, e pianse abbondatÌssimamente i propri e gli altrui peccati.
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Misticamente poi: "Essendo andato Elia contro Oriente ", cioè contro la cupidigia originale della sua carne, sedette al torrente Carith, che sta in faccia al Giordano, percbè, in seguito, stette sempre unito a Carith, cioè alla carità di Dio, che lo teneva lontano dal Giordano, cioè dall'abisso dei peccati, come egli stesso dice: "Vive il Signore degli eserciti, dinanzi alla cui presenza io sto" (3 Re 17,1). E a buon diritto, egli meritava di stare davanti alla suprema maestà divina, in quanto teneva fissa l'anima ad una vetta di perfezione c.osÌ alta che non vi fu altro uomo che la possedesse con maggior pienezza. Infatti, sebhene il Salvatore abbia detto che nessuno è stato mai più grande di Giovanni Battista, nondimeno che Elia fosse stato almeno uguale a Giovaimi, lo disse chiaramente l'Angelo Gabriele, quando, parlando a Zaccaria, affermò che Giovanni avrebbe camminato nello spirito eneUa potenza di Elia. E il suo cuore, mentre nel deserto si riscaldava di fervente carità e ardeva in lui il fuoco dell'amore divino nella meditazione, gustava con frequenza la ineffabile gloria di Dio e sedeva, cioè riposava, nel torrente delle 8ue delizie, al quale il Signore disseta quelli che lo amano, come dice il Profeta: "Tu li disseterai al torrente della tua delizia" (Salm. 35,9).
*
'" '" Ma per quanto Elia si sforzasse allora di riposarsi assiduamente nella contemplazione di delizie tanto ineffabili, tuttavia, oppresso dal corpo corruttibile, non poteva rimanere in esse molto a lungo. E così, tornato a sè, talvolta sÌ rallegrava nel cuore tacitamente, al ricordo della soavità gustata, tal'altra, invece, gemeva fortemente, perchè sentiva sete e fame di assaporare ancora la 80avità di una dolcezza cosÌ gioconda,
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64 Segue: "E i corvi gli portavano pane e carni al mattino, e u!5'ualmente pane e carni alla sera".
Con quei cibi Elia rifocillava nel deserto il corpo indebolito, quanto era necessario per non morire. E non vi è dubbio che il pane e le carni portate dal corvo erano mandate da Dio. Infatti già prima di recarsi al torrente Carith, gli aveva detto: "Ho comandato. ai corvi di pascerti li". Per cui, mentre se ne stava al Carith, pieno di fiducia nel Signore, affidava a Lui, che se la prendeva, la cura, del proprio sostentamento; perchè cercava, come prima cosa, il regno di Dio, riceveva in abbondanza quanto gli era necessario. Misticamente, poi, i Profeti suoi predecessori, simboleggiati nei corvi, gli portavano il pane del dolore e della penitenza e le carni della vera umiltà; al mattino, cioè quando egli si allietava nel ricordo della soavita gustata; e simimente la sera, quando si rattristava per la mancanza di quella soavità. E perchè non fosse morto di tristezza per la ineffabile giocondita che gli veniva sottratta, i corvi gli portavano quel pane, del quale sta scritto: '" ci ha nutriti del pane di lacrime" (Salm. 79,6). Perchè i Profeti, col proprio esempio, riferito dalle Sacre Scritture, gli richiamavano alla memoria la nigredine dei suoi peccati, e, a quel ricordo, egli Bi scioglievll in lacrime, al punto da ritenersi umilme3te indegno di bere qnella ineffabile soavità, e attribuire alla sola grazia di Dio, non già ai propri meriti, se per l'innanzi l'aveva potuta gustare: similmente, affinchè la letizia che sentiva al ricordo della soavità gustata non lo avesse elevato ad una gloria fallace, gli portavano le carni, ricordandogli, col proprio esempio, la fragilità della sua carne e le seduzioni che lo privavano di quelle delizie lanto soavi.
conosceva in sè che "ogni carne è fieno, e la sua gloria è carne il fiore del fieno" (Is. 40,6). CosÌ, tanto dalla considerazione della debolezza della carne, che dalla memoria dei suoi peccati, "le lacrime gli erano pane giorno e notte" (Salm. 41), mentre i corvi, cioè i Profeti, quotidianamente gli domàndavano: "Dov' è il tuo Dio ?". Alle quali parole, egli, consapevole che era allontanato dalla arcaua partecipazione di Dio a motivo della nigredine dei Buoi peccati e della fragilità della propria carne, "effondeva dentro di sè l'anima sua", perchè con devota orazione e umile confessione dei peccati, offriva a Dio copiosi gemiti di lamenti. Segue: "E beveva dal torrente ", cioè dall'acqua del torrente, privando la Bua carne del vino, per trasportare l'anima a quella salutare sapienza della quale sta scritto: "La fonte della sapienza è un torrente ridondante" (Prov. 18,4). E in tal maniera egli, rapito di nuovo in ispirito, pas_ sava "al luogo del tabernacolo ammirabile, fino alla casa di Dio ", inebriandosi della sua abbondanza e dissetandosi nel torrente delle sue delizie. In questa guisa Elia conduceva, nell'eremo, vita monastica profetica.
Di froute a quel fragile pasto, egli rimaneva umile e ri5
PARTE
SECONDA
L'ESERCIZIO DELLA PREGHIERA
In questa seconda parte indìchiamo !a via che rende attuabili i principi e.gli insegnamenti contenuti tanto nella Regola di S. Alberto che in quella dei Primi Monaci. Si insegna, cioè, un metodo che rende facile, fruttUosa e dilettevole la preghiera. Confidiamo che ~la esposizione chiara e la termilogia semplice gioverà a togliere da tante anime pie l'ansia e la preoccupazione che spesso le turba per il dubbio o il timore di non saper pregare. E anche a far capire che la meditazione e l'esercizio della presenza di Dio, sù cui spesso si insiste, sono più agevoli di quanto, comunemente, si crede. Vi aggiungiamo un capitòlo sulla devozione alla Madonna che,· nella spiritualità carmelitana, costituisce un elemento integrativo di primo ordine.
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CAPITOLO PRIMO
NECESSIT À DELLA VITA INTERIORE La nostra vita spirituale è paragonabile a un campo. Come alla cultura delle piante bisogna, prima, preparare il terreno, liberandolo dalle erbe inutili e nocive, poi spargervi il seme e coprirlo, pre8ervare~ al momento opportuno, le pianticelle' da quanto le può danneggiare, aiutarle nello sviluppo con appropriata concimazione, irrigarle secondo il bisogno, e cosÌ via; ugualmente un processo, ma ben più lnngo ed accorto, si richiede perchè la virtù abbia a germogliare nell'anima, e la vita spirituale a svilupparsi e perfezionarsi. È necessario, cioè, estirpare i vizi, correggere i difetti, elevare e indirizzare al bene le passioni, piantare e custodire, gelosamente, la virtù, preservarla dall'urto delle tentazioni e, finalmente, irrigarla con l'acqua della grazia divina. Ma come al pieno sviluppo e alla maturazione delle piante è indispensabile il tepore della primavera e il caldo dell'estate, cosÌ allo sviluppo e al perfezionamento della virtù è indispensabile l'esercizio della divina presenza. Questo esercizio è nell'ordine dello spirito ciò che il sole è nell'ordine della natura, e come in quello sarebbe vano il lavoro dell'uomo senza razione benefica e insostituÌbile del sole, cosÌ lo sarebbe in questo, ove mancasse la vita interiore, che è vita di preghiera e di unione con Dio.
* ** Il cammino della perfezione è lungo e difficile, richiede accortezza, rinuncia, sacrificio e, soprattutto, perseveranza:
ma il prinCIpiO e il coronamento di esso non può essere che uno: lo spirito di orazione. Perchè solamente nella luce dell'orazione l'uomo_ impara a conoscere se stesso; nella forza, che gli proviene dalla conversazione con Dio, trova l'ardimento per audare contro gl'impulsi della natura corrotta, e la possibilità di ristabilire in sè l'equilibrio, sottoponendo i sensi alla ragione; nelle gioie ineffabili che si gustano nella unione con Dio, sente il bisogno di vivere, sempre più intensamente, la virtù della carità che è vincolo di perfezione. Ogni sforzo diretto all'estirpamento dei vizi e all'acquisto della virtù sarebbe vano; soprattutto ogni progresso nella vita spirituale sarebbe impossibile, senza l'aiuto, il conforto, la luce della preghiera.
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70 CAPITOLO SECONDO
L'ORAZIONE . 1. DELLA ORAZIONE IN GENERE L'orazione è l' att~eon cui l'uomo si mette in comu.nicazione con. Dio per rièonoscerlo, adorarlo, ringraziarlo, implorare perdono e domandargli favori; sia ciò fàccia elevando a Lui il pensiero, sia indirizzandogli l'affetto del cuore, sia dicendo con le labbra le sue lodi. È un'anticipazione della vita celeste ove si vede,· si gode e si loda Dio senza fine e, tra tutti gli atti -umani, il più nobile e il più onorifico.' "Perchè l'orazione, mentre tende alla lode e alla .gloria del Signore, mediante l'umile- riconoscimento della sua natura e dei suoi attributi, conferisce all'uomo una dignità e grandezza che si misura dalla maestà stessa di Dio. . .. Per comprendere meglio l'onore che si riceve nell'atto· della preghiera si pensi al conto in cui Bono tenute le persone illustri della terra, e al vanto che si mena quando si è ammessi alla loro presenza e favoriti della loro amicizia, nonostante siano soltanto creature, anch'esse polvere e cenere, destinate ad e.ssere spazzate via dal turbine degli avveni!Jlenq e dalla forza livellatrice del tempo. Mediante la preghiera è aato salire alla presenza stessa di Dio, ereatoree Signore del cielo e della terra, godere la sua amicizia, gustare la sua bontà.
2. i::ORAZIONE ÈUN DOVERE Nei libri ispirati l'orazione è prescritta come tributo di onore a Dio, per riconoscere che dipendiamo da lui, e come mezzo neces.sariò per ottenere grazie e favori. Gesù riepiloga i precetti dell'antica e nuova legge nel famoso detto: "Bisogna pregar sempre e non stancarSI, ma"." . Sebbene l'espressione debba intendersi, soprattutto, come obbligo della collettività, esso vale anche .per i singoli individui. "Pregate senza interruzione ", raccomanda l'Apostolo S. Paolo. N on senza motivo l'Evangelista ci fa sapere che Gesù "pas$ava le n()tti nell'orazione di Dio" e, insieme aUa preghiera che Egli dettò, il "Pater noster·", ci riporta, con cura particolare, i . dettagliati insegnamenti che riguardano il modo di pregare. (cfr.~S. Matteo, 6). Trattandosi di un dovere tanto fondamentale, il divin Maestro voUe insegnarci ~ome lo possiamo e lo dobbiamo soddisfare convenientemente.
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3. L'ORAZIONE È -UN BISOGNO L'anima ha bisogno di Dio, non- meno di quanto l'uccello l'ha dell'aria per volare e il pesce dell'acqua per vivere. "Signore, Tu ci hai creati per Te e il nostro cuore (} senza pace se non riposa in Te " (S. Agostino). Questo bisogno essa lo sente tanto più intensamente . quanto più vive la sua vita, ma . l'inquietudine che la tormenta e l'insoddisfazione che l'agita quando. si lascia vincere e dominare dal corpo, prova che il bisogno di Dio non si estingue mai.·
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73 Le nosh'e C()stituzioni (art, 148) ritengono l'orazione
"anima della vita relig'iosa ", che è quanto dire: "principio di ogni operazione spiritltale, origine e nutrice di tutte le virtù, radice della perfetta vita interiore, come l'anima è il principio e l'origine della vita corporale e delle operazioni vitali" (P. Michele di S. Agostino). 4. DIO -
IL MONDO -
L'UOMO
Perchè si possa capire la ragione del divino mandato: "Bisogna pref!;ar sempre e non venir mai m,eno"; e perchè le pratiche della vita spirituale si svolgano secondo un piano organico, è necessario imprimere bene nella mente il concetto, che sta a base di tutta la Teologia cattolica, deUa nostra totale dipendenza da Dio. " Dio é tntto, noi siamo niente: Il Dio appartiene tutto, noi non abbiamo nulla, Ciò che siamo lo siamo per puro dono di Dio; ciò che abbiamo l'abbiamo ricevuto da Dio .. Come il nostro essere, così qualsiasi potenza o facoltà di es- . BO è da Lui, esiste e vivi in Lui, è per Lui. "In Lui vivia-
Tutti gli esseri privi di ragione, rispondono docilmente, sebbene inconsciamente, al volere di Dio; e perchè esistono, si muovono e vivono secondo l'ordine stabilito da Dio, gli danno onore e gloria; e perchè seguono l'impulso della propria natura, esprimono e compiono la sua volontà. A ragione il Salmista dice: "I cieli narrano la gloria di Dio". L'uomo, che nella perfezione è di poco inferiore agli Angeli, perchè pos8a conseguire il BUO fine, inquadrarsi, convenientemente, nell'ordine disposto dalla divina Provvidenza, unirsi al coro osannante delle altre creature, in maniera degna, deve riconoscere in sè il dominio di" Dio, lòdarlo' e glorificarlo con atti vitali e coscienti, come conviene a un essere capace di intendere e di volere. Facendo questo si dirà che è in contatto con Dio; che vive nella orazione di Dio: e quanto più lo farà perfetta. mente, assiduamente, intensamente, con l'impiego di tutte le sue facoltà (sensi, mente, volontà), tanto più la sua preghiera sarà perfetta, la "sua vita sarà impiegata santamente; e tanto più sarà vivo ed ardente l'esercizio della carità, che è la somma della perfezione.
mo, ci muovianio ed esistiamo. Tutto per Lui, con Lui, in Lui". Perciò l'uomo,e le altre creature, in tanto realizzano e si muovono nel quadro stabilito da Dio, rispondendo ai suoi fini, in quanto riconoscono e professano, ciascuna secondo la propria natura, questa dipendenza. Di qui l'esortazione:
"Tutte le opere del Signore, benedite il Signore: lodatelo ed esaltatelo nei secoli". ..,
** Ma nel creato vi è una gradazione, come una scala che dal basso va verso l'alto. Dal mondo inanimato si arriva, attraverso quello vegetale ed animale; al mondo razionale.
5. L'UOMO E LA GLORIA DI DIO L'impiego totale del proprio essere nel servizio di Dio richiede nell'uomo un complesso di atti che si chiamano: vita di orazione, ascesi cristiana, zelo apostolico. La vita di orazione include la lode di Dio, il ringraziamento dei benefici ricevuti, la domanda di grazie, !'implorazione del perdono, la considerazione dei suoi misteri e il gusto della sua presenza. L'ascesi cristiana si propone di formare l'uomo nuovo,
74 distruggendo il vecchio COI l suoi VlZI e le sue concupiscenze, col far rivivere nella creatura le perfezioni stesse di Dio. Lo zelo apostolico tende all'esercizio della carità cristiana; a cercare Dio nel prossimo e a formare Dio nel prossimo. È facile capire che questi atti sono, tra loro, coordinati e interdipendenti e che la perfezione cristiana richiede l'esercizio di tutti. Infatti non è possibile la vita di orazione senza la purezza del cuore a cui mira l'ascesi cristiana e non si acquista la purezza del cuore senza la vita di orazione. Se la purezza del cuore avvicina e unisce a Dio, l'unione con Dio purifica il cuore e ispira e dirige lo zelo apostolico. Perciò il progresso nell'uno importa il progresso nell'altro, eIa costruzione spirituale o si innalza, gradualmente, e di pari passo, in ogni lato, o non si innalza. Giova, tuttavia, notare che l'ascesi cristiana e lo stesso zelo apostolico debbono essere considerati come gradini per giungere al 'Culmine dell' ideale carmelitano che é la vita di orazione. 6. L'UNITÀ NELLA VARIETÀ E NELLA MOLTIPLICITÀ DELLE LODI DI DIO L'uomo deve onorare Dio con atti vari e molteplici, perehè solo moltiplicando le lodi del Signore, e indirizzando alla sua gloria le singole azioni del gioruo, riconosce di dipendere totalmente da Lui, e imita gli Angeli e i Santi del Paradiso che mantengono una unione continua e totale con Dio, e compiono, perennemente, la sua volontà. Perciò il Salmista diceva queste lodi sette volte al giorno, e l'Apostolo S. Paolo raccomanda che ogni azione sia fatta per la gloria del Signore.
La Chiesa, fedele al suo mandato, interpreta tale obbligo e ne facilita l'adempimento, con la sua preghiera ufficiale, detta Liturgia; nella vita religiosa poi si stabilisce una successione di atti che vanno daH'Officiatura divina al complesso degli esercizi di pietà che sono la meditazione, il S. Rosario, la visita al SS.mo Sacramento ecc. I quali esercizi, compreso l'Ufficio divino, non debbono essere concepiti e compiuti come se ciascuno fosse in sè completo e indipendente, ma piuttosto come anelli di una medesima catena tesa per allacciare l'uomo a Dio, per mantenere un continuo contatto tra il cielo e la terra.
7. FORME DI ORAZIONE Sebbene, per il fine a cui tende e per il soggetto che la fa, si debba parlare di unicità della orazione, tuttavia, essendo diversi i modi con cui l'uomo esprime il suo ossequio a Dio, è invalsa la distinzione della orazione in mentale e vocale. La quale distinzione, però, di origine piuttosto recente, non va intesa in senso assoluto ed esclusivo, quasi che nella prima vi sia l'esercizio della mente e nell'altra solo movimento di labbra, ma nel senso che mentre l'una impiegà le potenze spirituali (intelligenza e volontà), l'altra si esprime attraverso gli organi sensitivi (lingua e labbra). Perchè è chiaro che la preghiera ridotta, sistematicamente, a un semplice balbettÌo di voci sarebbe azione soltanto meccanica, nè conveniente all'uomo, che è essere ragionevole, nè di lode al Signore. Contro una simile concezione sembra metterei in gnardia Gesù con le par?le: .. Allorchè pregate, non fate come i paga-
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ni che ritengono di essere esauditi quando moltiplicano le parole"; mentre lo Spirito Santo riprova la preghiera balbettata con le labbra, ma non accompagnata dal calore del cuore. La preghiera mentale è detta anche meditazione. Oltre a quest(1, più comuni e ,più note, vi sono altre tre forme di orazione: l'orazione mista, cosÌ detta perchè alle parole fa seguire la considerazione della mente; l'orazione aspirativa o giaculatoria che, a modo di freccia, parte dal cnore e sale à Dio' con slancio di amore; l'orazione mistica o contemplativa, propria di quelle anime privilegiate che assaporano, anticipatamente, le gioie dell'unione con' Dio e i gaudi del cielo. Si dice contemplazione perchè in questo stadio della vita spirituale l'anima passa dal ragionamento, che è proprio della meditazione, alla esperienza di Dio e delle cose celesti. La grazia singolare dell'òrazione mistica nonpnò essere meritata, 'nè. deve essere chiesta, per le inenarrabili prove che le sono sempre connesse: il devoto può solo rimuovere gli ostacoli che la impediscono e disporsi a riceverla se e quan-, do il Signore si degnasse concederla.
* ** Quanto al modo di pregare, l'orazione è individuale, se si fa da soli e di, propria iniziativa, comune, se fatta da più persone unite insieme; privata o pubblica, secondo che ha" o meno, carattere nfficiale. La preghiera pubblica o liturgica, è quella che si compie in nome della Chiesa e secondo le norme da essa stabilite.
CAPITOLO TERZO
L'UF FICIO DIVINO 1. ECCELLENZA DI QUESTA PREGlIIERA L'Ufficio divino fa parte della preghiera nfficiale della Chiesa; perciò è preghiera pubblica, anche quando la recita è fatta privatamente. Il suo valore spirituale si misura più che dalla dignità o santiU1 di chi prega, dai meriti' della Chiesa militante, nella quale vivono sempre anime giuste e sante in numero elevato, e, sopratutto, dai meriti di GesÙt capo e santificatore della Chiesa, che si immola continnatnente nella celebrazione della S. Messa, che é la parte centrale dell'Ufficio. Le Ore, infatti, debbono essere considerate preparazione, continuazione e ringraziamento della S. Messa; e precisamente: Mattutino, Lodi, Prima e Terza, e anche Sesta e Nona in alcuni cicli liturgici, preparazione; Sesta, Nona, Vespro e Compieta, ringraziamento.
(N. B. - La' Messa conventuale si celebra dopo Terza, Sesta o Nona secondo' che, anticamente, in relazione ai cicli liturgici, il digiuno si protraeva sino all' una ti all' altra di queste Ore). Oltre alla ragione intrinseca, già detta, l'eccellenza e la dignità dell'Ufficio divino si rivela anche dalle preghiere che lo compongono, parte di ispirazione divina, (tutti i brani della S. Scrittura, compresi i Salmi che ne fonqano l'ossatura) parte espressione della pietà ardente e della fede viva della Chiesa, (Inni, Lezioni, Responsori ecc.).
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2. PERCHt L'UFFICIO DIVINO t DIVISO IN ORE L'Ufficio divino si divide in Ore per signpicare che tutta la giornata si - vuole impiegare nelle lodi di Dio. Il Mattntino è la pregliera della notte; le Landi :dell'alba; Prima, Terza, Sesta e Nona delle ore antimeridiane; Vespro del calar della sera; Compieta dell'ora che precede il riposo. Sebbene oggi, in via ordinaria, non osservi più, con fedeltà, la divisione, ne rimane, nondimeno, invariato lo spirito informatore. 3. L'UFFICIO DIVINO E LA CONOSCENZA DEL SENSO DELLE PAROLE
di Dio, o di nn mistero della vita di Gesù o della B. Vergine, prendendo, ad ,el!empio, quelli del S. Rosario. . Cosi: Mattutino, Gesù nell'orto; Landi, Gesù alla colonna; Prim" Gesù presentato al popolo: "Ecce homo"; Terza, Gesù posposto a Barabba; Sesta, Gesù condannato a morte; Nona, Gesù che sale il calvario; veSpro, Gesù che muore in croce; Compieta, ,Gesù che viene deposto nel sepolcro. Ovvero: Mattutino, l'Annunciazione della Madonna; Landi, la visita a S. Elisabetta; Prima, la nascita di Gesù; Terza, la visita' dei Magi; Sesta, il ritroyamento di Gesù nel tempio; Nona, la Resurrezione del Signo~e, Vespro, l'assunzione di Maria al cielo; Compieta, la sua incoronazione. 5. COME SI INTERPRETANO LE PAROLE: -"DIGNE,
Per là recita devota e fervorosa dell'Ufficio divino non è necessario comprendere il senso delle parole, e uno sforzo della mente potrebbe essere causa di tedio e di stanchezza. Ma ad allontanare le distrazioni, per. rendere la preghiera un atto veramente vitale, per facilitare la m9zione degli affetti, è opportuno che si curi, fuori ~e1I'orazione, l'interp~ tazione delle parole, soprattutto dei Salmi, che sono fonte . inesauribile di pietà e di -devozione. Opportunamente insegna ed ammonisce S. Agostino: "Se il Salmo che recitate è di suppliro, supplicate; se. è di
gemiti, gemete; se d'allegrezza, rallegratevi; se di speranza, sperate; se di timore, temete". 4. SUGGERIMENTI PER FACILITARE IL RACCOGLIMENTO Al raccoglimento giova molto la consuetidudine di dedicare ciascuna O... alla CQnsideruione di qualche beneficio
ATTENTE, DEVOTE".
a)' "Digne" -
DEGNAMENTE
Perchè la recita dell'Ufficio possa dirsi degna si richiede: l) Lo stato di grazia che ci fa Ìlmici di Dio, e, perciò degni di parlare con Lui e meritevoli di essere ascoltati. 2) La compostezza esterna del corpo, oltre alla esatta osservanza e alla nniformità nelle -cerimonie, quando la recita è fatta in coro. 3) La pronnnzia chiara e distinta delle parole, con un to~o di voce corrispondente alla età e al nùmero dei presenti.
b) "Attente" -
ATTENTAMENTE
L'attenzione richiede l'applicazione della mente a ciò che si sta facendo. Perciò, innallZÌ tutto, bisogna tener lon-
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tane le distrazioni v"olontarie e mantenersi alla presenza di Dio, con il proposito di rendergli un degno tributo di onore e di gloria. Ciò si ottiene più facilmente quando ci si unisée, con atto di fede, ai Cori degli Angeli e dei Santi della milizia celeste, che non si stancano mai di lodare il Signore; ai nostri Confratelli e alle nostre Consorelle che pregano insieme con noi, compiono le medesime cerimonie e soddisfano a un medesimo obbligo; a tutti i Sacerdoti, i Religiosi e a tutta la Chiesa militante.
c) "Devote" -
DEVOTAMENTE
Come l'attenzione è opera dell'intelletto, così la devozione è del cuore. Questa significa specialmente gusto della presenza di Dio, e serve, in maniera efficacissima, ad allontanare le distrazioni e a rendere soave e dilettevole la recita dell'Ufficio divino.
CAPITOLO QUARTO
LA SANTA fi'IESSA L ESSENZA DEL SACRIFICIO DELLA SANTA MESSA La S. Messa è il centro del culto cristiano, e quasi il riepilogo di tutta la Religione. Infatti è il Sacrificio del Corpo e del Sangue di Nostro Signore Gesù Cristo, che, !Sotto le apparenze del pane c. del vino, si oifre a Dio in memo· ria e rÌnnovazione incruenta del Sacrificio della Croce. Essa è come il sole da cui si irraggia la luce cristiana della verità; il canale che porta, in abboudanza e senza ristagnarsi mai, le acque viv-e della redenzione. Ma pcr essere illuminati da questa "luce vera, capace di illuminare ogni uomo che viene in questo mondo "', e irrigati da questo canale di grazia, è neccessario portare aUa celebrazione dei divini misteri una partecipazione degna, attiva, fervorosa: capire, per quanto possibile, la essenza del Sacrificio, tenendo presente, nella memoria, la immolazione del calvario, e seguire l'azione sacra con fede e amore.
* ** La S. Messa venne istituita da Gesù nell'ultima Cena, il giorno prima della morte, in sostituzione di tutti gli antichi riti e sacrifici, che erano stati la figura e Pimmagine di quello eucaristico. Come ogni sacrificio, è costituita di tre parti: una sostanziale, la Consacrazione; due integrative, l'Offertorio e 6
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la Comunione. Si offre lÌ Dio pane e vino; 8i immola Gesù col miracolo della transustanzÌazione (il più grande tra tutti i miracoli) alle parole del sacerdote: "Questo è il mio corpo: questo è il calice del sangue mio ", e, neHa comunione, si realizza l'unione reale tra la Vittima divina, il Sacerdote e i fedeli. Nella ConsHcraziop.e si rinnova il Sacrificio della Croce, sebbene in altra forma e senza spargimento di sangue, perchè alle parole: "Questo è il mio corpo: questo è il calice del sangue mio ", il pane Bi muta nel corpo e il vino nel sangue di Gesù separata mente ; e quando il corpo è separato dal sangue si ha lo stato di morte, come, dopo l'ultimo respiro, Gesù pendeva dalla Croce. Il sangue, l'anima e la divinità sono insieme al corpo non ,in forza delle parole, ma per concomitanza, e così, ugualmente, per concomitanza, (data la inseparabilità delle parti costitutive della persona del Salvatore) il corpo, l'anima e la divinità sono insieme al sangue. In questo stato di vIttima, Gesù, sacerdote eterno e re dell'universo, offre al Padre se stesso in espiazione dei peccati degli uomini, di cui è legittimo rappresentante; in adorazione e in ringraziamento dei benefici loro elargiti nell'ordine della natura e della grazia, e per impetrare, senza sosta, come è nei bisogni umani, protezione e perdono. Egli, sem· pre vivo, intercede per noi. 2. FINE ED EFFETTI DELLA S. MESSA La S. Messa SI offre a Dio per affermare la sua autorità suprema su tutte le cose e per soddisfare, convenientemente, agli obblighi che Bi hanno verso .di Lui. La S. Messa, infatti, ha:
a) ValOl'e latreutico, cioè di adorazione. Si rieon03ce che Dio è creatore e signore del cielo e della terra e di tutte le cose in particolare; e questo riconoscimento di potere e di dominio si fa immolando e l'!Hcrificando, in suo onore, non una vittima qnalsiasi, ma la persona santissima del sno divin Figlio.
o) ValOl'c encaristico. È ringraziamento di tutti i benefici ricevuti dagli uomini, a cominciare dal primo momento della creazione. Ad esprimere questi sensi di gratitudine il mezzo più degno è l'offerta a Dio dello stesso suo Figlio, che, fatto uomo per noi, è diventato nostro fratello. c) Valore impetratorio. Domanda a: Dio le grazie di cui gli uomini hanno bisogno, tanto nell'ordine materiale che in quello spirituale. E per ottenerle nulla vi può essere di più efficace del ricordo della passione di Gesù, della offerta dei suoi meriti, e della sna medesima persona. Il sacrificio è già, di per sè, un'efficacissima supplica, alla quale il Padre celeste non può negar nulla. d) Valore soddisfattorio. Implora perdono per le colpe della nmanità. Sta scritto che senza spargimento di sangue nou vi è remissione; ma nella S. Messa non è uu sangue qualsiasi che Bi offre, benSÌ quello dell'Aguello immacolato di valore infinito. Questa ultima efficacia si riflette beneficamente anche sulle anime del purgatorio.
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3. LA LITURGIA DELLA SANTA MESSA
A. NOZIONI PRELlMJNARI
1.. LE VESTI SACERDOTALI Le vesti che il Sacerdote indossa nella celebrazione della S. Messa, e che, iil parte, ci riportano ad usi degli antichi romani, hanno un significato religioso e sacro. Presso tutte le religioni, i Sacerdoti, soprattutto nello svolgimento delle loro funzioni, si distinguevauo e si distino guono dalla foggia speciale delle vesti, che conferiscono solennità e autorità. Nella legge mosaica, a somiglianza di quanto avviene oggi nella Chiesa, le vesti sacerdotali erano prescritte e determinate nei più piccoli particolari.
Il manipolo serviva, anticamente, a 'pulire l'Altal'e dopo che i fedeli vi avevano deposte le loro offerte, (di cui parte venivano scdie per la celebrazione dei sacri misteri) e per ascÌuO"ure il sudore dei Ministri, affaticati nella accettazione tJ dei donativÌe nell'ordine e pulizia che dovevano curare. Usato, dapprima, a scopo eminentemeNte pratico, è diventato, in seguito, simbolo di innocenza. La stola richiama un ornamento delle matrone romane, ed è Bimbolo della giustizia. Indica anche il giogo del Signore, che è soave e leggero. La pianeta è, per eccellenza, la veste sacerdotale, che ricopre il Ministro come un manto regale e simboleggia la veste nuziale. La forma antica era molto più ampia.
II. I COLORI LI1'URGICI I colori liturgici sono: bianco,
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** Per la celebrazione della S. Messa, il Sacerdote indossa l'amitto, iI camice, il cingolo, il manipolo, la stola, la pianeta. L'amitto, richiama tualmente il panno con bolo della fortezza e adorno iI sacerdote per
l'elmo degli antichi guerrieri; spiricui si velò la faccia di Gesù; è simdella prudenza di cui deve essere .vÌncere le tentazioni del demonio.
Il camice ricorda la tunica dei Romani e la veste sacerdotale usata dai Sacerdoti del vecchio Testamento; indica la innocenza, la purezza, la santità dell'anima, necessarie aHa degna celehrazione dei sacri misteri. Il cingolo fu introdotto nell'uso a scopo pl'atico, per tenere hene acconciato il camice, e simboleggia, in particolare, la virtù della castità.
r0880,
verde, viola, nero.
Il bianco, simbolo di letizia, si usa nella maggior parte del· le feste di nostro Signore, in tutte le feste della Madonna, in quelle dei Confessori, delle Vergini e delle Matrone. II r08SO, simbolo . del sangue, e, perciò, della carità, si usa per la festa della Circoncisione, per la Pentecoste e per le feste degli Apostoli e dei Martiri. Il verde, simholo della speranza, sÌ usa nelle Domeniche e nelle Ferie, ad eccezione del periodo dell'Avvento, della Quaresima e del tempo pasquale. Il viola, SImbolo della penitenza, sÌ usa nelle Domeniche di Avvento e di Quaresima e nelle loro ferie, nelle vigilie e nelle "quattro tempora" dell'anno. Il nero, simbolo di lutto, si usa nelle Messe dei Defunti: e nella liturgia del Venerdì Santo.
B. LB PARtI neLLA S. MESS,\
IV - LA COMUNIONE
Le parti principali della S. Messa eono quattro: la Messa dei Catecumeni, l'Offertorio, la Cousacrazione, la Comunione.
Come nell'antica legge i Sacerdoti mangiavano le carni della vittima immolata, per significare la stretta unione delruonio con la vittima stessa, e, di conseguenza, con Dio, (la vittima era considerata l'anello di unione tra la creatura e il Creatore), cosÌ nella nuova alleanza, dopo l'immolazione della Vittima divina, il Sacerdote si cihadel Corpo e. del Saflgue del SalvatorI'{ e, con lui, i fedeli che lo possono e lo desiderano. Questa mensa di vita e di grazia è, infatti, preparata a tutti quanti anelano rendersi partecipi della Divinità.
I. - LA MESSA DEI CATECUMENI Si chiama cosÌ perchè nell'antichità vi potevano assistere anche i Catecumeni, cioè coloro che si preparavano a ricevere il santo Battesimo. Va dall'inizio fino al Credo com. preso, ed è costituita di una serie di istruzioni e di preghiere, di cui alcune variano. secondo ,i tempi e le feste.
II.
L'OFFERTORIO
Costituisce la preparazione prossima del Sacrificio: in esso ,;i offrono a Dio pane e vino che, nel mllmento della Consacrazione, saranno camhiati nel Corpo e nel Sangue del Signore.
III - CONSACRAZIONE Nella Consacrazione sta l'essenza del Sacrificio euCaristico: Gesà si fa presente sotto le sacre specie per quell'ammirahile conversione del pane nel corpo e del vino nel sangue, detta dalla Chiesa transustanziazione. Questo atto culminante ripete, in forma misteriosa, l'istante della morte di Gesù sulla Croce, dopo che Egli disse: «Tutto è compiuto ».
4. MODI PRATICI PER ASCOLTARE LA S. MESSA
PRIMO MODO Consiste nel seguire, dal principio alla fine, il Sacerdote, recitaudo insieme a lui, a voce bassa, tutte le preghiere. Questo modo è raccomandato a chiunque è in grado di farlo senza difficoltà, perchè. interpreta perfettamente il senso genuino del Sacrificio che è offerta di popolo per il popolo, fatta a mezzo del Sacerdote. Quando i fedeli recitano le preghiere insieme al Celehrante, realizzano con lui una unione morale di prim'ordine e si rendono parte attiva - del· Sacrificio.
SECONDO MODO Consiste nell'unirsi, spiritualmente,' al Sacerdote, facendo attenzione alle parti principali del Sacrificio.
. ~erchè, còme si è detto, quando si prega non hisogna affatIcare la mente a discapito della devozione, questo se. condo modo si suggerisce e si raccomanda a chi trova difficoltà a seguire il primo. Presentiamo uno schema che può semre di guida. AL PRINCIPIO DELLA S. MESSA -
PREGIDERA
«O eterno Padre, che, volendoci dfUe una prova di amore infinito, mandaste sulla terra il vostro unigenito e dilettissimo Figlio; Signore Gesù, che, non contento di esservi immolato per noi sulla Croce, tornate ad immolarVi sugli Altari un numero incalcolabile di vol~e, io desidero assistere devot~":ente ~ questo divino Sacrificio, in compagnia degli Spintl. celestli, per offrirvi, Ostia pura, Ostia santa, Ostia immacolata, al comune divin Padre. . L~vate la mia ~ni.ma col vostro sangue, perchè sia de~ di assz.stere ad un azwne così grande, e fortificate la mia volontà perchè possauscirne più fervoroso nel 'VOstro santo servizio. E voi, santissima Vergine, che foste presente sul Calvario al Sacrificio della Croce, e con la vostra presenza confortaste 1'agonia del vostro' divin FiglilfJQlo, ottenetemi la grazia di assistere con attenzione e devozione a questa cele-. brazione, a gloria di Dio e onor vostro l).
-
IL CONFITEOR. ~i recita insieme al Ministro, cIon: spirito cIi sincera compunzione: poi si ferma il pensiero s", qualcuno dei misteri della viu del Signore.
Si ascolta devotamente stando in piedi, segnandosi, al principio, con un piccolo segno di Croce sulla fronte, sulla bocca e sul petto, e, alla fine, con il segno conIL VANGELO.
sueto
della santa Croce. Se è possibile il Vangelo si legge
insieme al Sacerdote. L'OFFERTORIO.
In unione. spirituale col Sacerdote si
recita la seguente preghiera: «Accetta, o santissima Trinità, questa offerta che noi ti. facciamò in memoria 4ella Passione, Resurrezione e Ascen-
. sione in cielo di nostro Signor Gesù Cristo; ad onore della beflta e gloriosa sempre Yergine Maria, Madre di Dio, e di tutti i Santi, t;he ti piacquero dalla pre~ne del mondo, per· chè ad .essi sia di onore e a noi di salvezza; e per la loro· intercessione in cielo, sip. di salvezza ai vivi e -di riposo ai defunti. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia ». Si ascolta, procurando di risvegliare nellaanima sentimenti di adorazione e di lode a Dio; poi, insieme al Sacerdote, si diICe: Santo, Santo, Santo è il Signore. Dio degli eserciti: il cielo e la terra sono pieni della tua IL PREFAZIO.
gloria. Osanna nel più alt(J dei cieli. L'INIZIO DEL CANONE. (La parola Canone significa legge comprende la parte centrale della Messa, che, tanto nelle preghiere che nelle cerimonie, rimane, ordinariamente invariata. Si fa eccezione per la Messa dei defunti e per aleune feste dell'anno: Natale, Epifania, Pasqua, Ascen-
e
sione, Pentecoste). Tutti quelli che sono uniti a Cristo, Sacerdote eterno, per mezzo della carità, offrono, e per tutti si offre il sacrificio della S. Messa. In modo particolare, però, i frutti del Sacrificio si riversano sulle persone presenti e su quelle delle quali ii fa speciale menzione. Si recita, perciò, la preghiera: « RicordtJti, .o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve (Ili
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90 fanno alcuni nomi) e di tutti i circostanti, di cui conosci la Fede e la devozione, per i quali noi ti ollriamo, e ti olTrono anch'essi, questo Sacrificio di lode, per sè e per tutti i loro, a redenzione delle anime proprie, con la speranza della propria salute e incolumità, e rendono i loro voti aTe. eterno Dio, vivo e vero ». «In comunione, celebrando la memoria, primieramen,.. te, della gloriosa sempre Vergine Maria, Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo, e dri tutti i tuoi Santi, concedici, per i loro meriti e per le loro preghiere, che noi siamo sempre muniti dell'aiuto della tua protezione: per lo stesso nostro Signore Gesù Cristo. Così sia ». (Punto culminante deUa S. MesLA CONSACRAZIONE. sa ed essenza del Sacrificio eucaristico). Nel Sacerdote sÌ deve vedere la persona stessa di Gesù Cristo, che rinnova, in questo momento, l'azione compiuta nel Cenacolo, dopo l'ultima cena. Per mezzo delle onnipotenti parole, l'Agnello divino si fa presente sull'Altare, rispettivamente sotto le specie det pane e del· vino, in stato di Vittima immacolata, come già sul Calvario. Con viva fede e intenso amore si può ripetere, a questo punto: «Adoro T e, devote, latens Deitas, Qzwe sub his figuris vere latitas. Tibi se Cor meltm fotum subiicit Quia te contemplans totum deficit ». Il pensiero "'a ancora rì. volto alla Croce; al Sangue preziosissimo di Gesù, da cui viene la salvezza ai viventi e la liberazione alle anime purganti. Di queste si fa, poi, una speciale menzione, insieme al Sacerdote, con la preghiera: DOPO LA CONSACRAZIONE.
«Ricordati, anche, o Signore, dei tuoi servi e delle tue serve, che ci hanno preceduto col segno della fede e dormo-
'w il sonno di pace ». (Si ricorclano, facendo il nome, le persone care dei trapassati). . «Ad essi, o Signore, e a tutti quelli che riposano in Cnsto, noi tisu.pplichiamo di concedere il luogo del refrigerio, dellc, luce e della pace, per il medesimo Cristo nostro Signo-
re. Così sia». Ed (JJ!,Che a noi peccatori, che siamo i tuoi servi, concedi, o Signore, non per il merito nostro, ma per la tua misericordia, di avere purte e società; cpn i tuoi santi Apostoli e Martiri, per i meriti di Cristo, nostro Signore, peZ cui mezzo crei sempre buone queste cose, le santifichi, le benedici e
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le doni ». IL PATER NOSTER.
Col Sacerdote, a voce bassa, si re-
cita devotamente questa preghiera, per la quale non si può immaginare momento più adatto. . . Nella stessa maniera e col medesimo fervore, SI reCIta per tre volte, la invocazione: «Agnello di Dio che togli i peccati del mondo. abbi pietà di noi ». Concludendo la terza invocazione, con le parole: «Donaci la pace ». PREPARAZIONE ALLA S. COMUNIONE. Tanto per la Conmnione sacramentale che per quella spirituale, servono, di degna preparazione e ringraziamento, le preghiere del Canone:
I. «Signore Gesù Cristo, che dicesti (ti tuoi Discepoli: vi [{LScio ht mia pace, vi do al mia pace; non guarda,re i miei peccati, ma la fede della tua Chiesa, e degnati, secondo l(t tu-ft volontà, di darle la pace e l'unità. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Così sia ».
93 II. «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dia viva, che per volere del Padre, con la cooperazione dello Spirito Santo, hai resa la vita al mando con la tzw morte, liberumi, per questo tuo corpo e sangzie, da tutte le mie iniquità e da tutti i mali, e fa che io resti sempre fedele ui tuoi comandwnenti è non permettere mui che mi separi da te, che col medesiriw Dia Padre e con lo Spirito .;5a:nto vi,t'i e regni Dio, nei) secolil dei secoli. Così sia ».
Hl. «La Comunione del tuo Carpo, che io, indegno, ardisco ;-icevere non mi sì trasformi in delitto e condanna, ma, per la tua pietà, mi giovi a difesaj dell' anima e del corpo, e, al conseguimenti> del perdono.-Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Co5ì sia,».
IV.
Signore, non sono degno che Tu entri nella mia anima, ma dì una sola parola e ['(mima mia sarà salva. Il Corpo del nostro Signore Gesù Cristo cuStaàiSCit l'anima mia per la vita eterna. Così Sill ». ti:
I. « O Signore, il tuo Corpo che ho preso aderisca all'intimo dell' anima mia e fa che in me non resti alcuna mac:ehia di peccato, dopo che questi puri e santi Sacramenti mi hanno purificato. Tu che vi,vi e regn~ nei secoli dei secoli. Così sia ». II. «A· T e lode, a T e gloria, Cl· T e rendimento di grazie, o beata, o benedetta, o gloriosa Trinità: Padre, Figliolo, Spirito Santo ». DOPO LA COMUNIONE.
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L'assistenza alla S. Messa si conclude opportunamente recitando, col Sacerdote, le preghiere finali, e quando queste si tnllasciul1o, come avviene nella lVlessa conventuale, c.on atti di devota adorazione e ringraziamento.
TERZO MODO Consiste nel trascorrere il tempo della celebrazione della S. l\'IessR, meditando qualcuno dei Misteri deUa vita, e, specialmente, della. passione e morte di nostro Signore. Per queste meditazioni valgono le norm~ che darem~ in seguito. Notiamo 8010 che, per rendere attIva la partecI" . allav -S. "'/fessa è opportuno, anche in questo caso, atl,aZIone iU " c, _ tendeTe alle sue pàrti principali. . . Per la preparazione alla santa Comunione non h:sogna preoccuparsi, perchè quando si è uniti al Signore, pochi momenti bastano a raccogliersi e indirizzarsi, con fervore, al Sacramento eucaristico.
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94 CAPITOLO QUINTO
LA LETTURA SPIRITUALE 1. SCOPO La lettura spirituale, a differenza di quella' a carattE,re scientifico, si prefigge uno scopo eminèntemente pratico: insegnare le .vie di Dio e il modo di camminarvi. Serve ad illuminare l'intelligenza sui problemi della vita, facendo conoscere gl'insegnamenti stessi di Dio e dei Maestri di spirito, gli esempi dei Santi e delle anime pie, e a ' muovere la volontà perchè si viva secondo quegli: insegnamenti e quegli esempi•• 2. SCELTA DELLE LETTURE Adatti alla lettura spirituale sono i libri del vecchio e de] nuovo Testamento, gli scritti dei Padri e dei 'Dottori della çhiesa, i trattati di aseetica e di pietà, gli atti dei Mactiri e le vite dei Santi, e tutto quanto può servire' di edifiCftzione e di incitamento al bene. Ma la scelta non deve farsi a caso, perchè non ogni lèttura è ugualmente utile a ogni persona, a qualsiasi stadio della vita spirituale, a qualsiasi 'condizione psicologica dello individuo. Un libro vantaggioso aa uno può essere nocivo ad un altro; un trattato adatto ai perfetti o ai proficienti può -non esserlo ai principianti. Regola saggia, perciò, è che si ascolti e si segua il consiglio del Direttore spirituale.
3. MODO DI FARLA Perchè la lettura spirituale riesca fruttuosa è necessario attenersi alle seguenti norme: 1. Farla allo scopo di progredire nella vita interiore e nella virtù, non per fini speculativi e con intenti curiosi. 2. Sia ordinata e sistematica c ~ non si cambi libro e argomento con facilità. 3. Si faccia con calma, senza precipitazione. 4. Si fac~ia con regolarità, ogni giorIìO, per uno spazio di tempo che non sia nè troppo breve nè troppo lungo.
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CAPITOLO SESTO
LA MEDiTAZIONE l. NOTA STORICA L'Uflo della meditazione sistematica, in Ulla determinata ora del giorno, secondo un ordine di argomenti e un metodo di 'svolgimento, non sembra anteriore al sec. XV. Con esso invalse' e si accentuò la distinzione della preghiera in mentale e VOcale. Sarebhe erroneo, però, credere che nei secoli precedenti non si meditasse. Si deve, piuttosto, ritenere che una maggiore pienezza di vita spirituale e la pratica più esatta della preghiera liturgica non facesse sentire iI bi@ogno di dedicare un tempo speciale alla meditazione. Essa era inclusa nel complesso di esercizi di pietà che si compivano nel corso del giorno e della notte, distribuiti in maniera che l'unione con Diofosse mantenuta continua ed attuale; costituiva il complemento dell'Ufficio 'divino e della lettura spirituale.
vorire il fervore della vita spirituale, dovè sentirsi il hieogno di dedicare, in particol~re, qualche ora del giorno' all'esercìzodella presenza di Dio e alla consider~ione delle verità eterne. Nacque, cosÌ, invalse e si generalizzò l'uso della meditazione sistematica, secondo forme che presto diventarono comuni e che si inaegnano tuttora.
2. CHE COSA :È LA MEDITAZIONE
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La meditazione è la con8ideraz;.one attenta di qualche verità religiosa o morale. fatta allo scopo di progredire nella v~ta spirituale e di unirsi più strettamente a Di,O. Chi osserva la hellezza del firmamento, nella lua varietà, immensità e ordine, e pensa a Dio,' che h,a impresso nelle creature . un segno' della sua sapienza infinita, e aa ciò eccita lo animo ad amarlo di più' é la vòl9ntà al desiderio di possederlo, fa la meditazione. Chi riflette agli ohhlighi del propl'Ìo sta· to, il cui adempimento è necessario alla salvezza dell'anima~ chi pensa ai castighi preparati per quelli che m:ancano ai propri doveri, e concepisce il proposito di esservi fedele, ugualmente fa la meditazione •
•••
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Quando, nel Rinascimento, il senso liturgico cominciò ad, affievolirsi, e, per lasciare maggiore disponibilità di tempo al· lo studio e all'apostolato, si dispose e si raggruppò l'Officiatura divina con criteri più pratici, ma meno razionali, era inevitabile che ne conseguisse un affievolimento di vita interiore e un decadimento di fervore religioso. Allora, per arginare la dissipazione, per ridestare e fa-
Essendo la meditazione una considerazione attenta si distingue dalla semplice lettura spirituale e da certi pensieri h~oni e santi, che si presentano all'improvviso. ma durano poco e non lasciano i~pressioni profonde. Si distingue anche dallo studio e dalla spedulazione, perchè il suo scopo è l'avanzamentQ nella virtù, non l'inda· 7
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gine scientifica; il perfezionamento dell'anima, non l'accrescimento di nuove cognizioni. Ciò, tuttavia, non significa che la meditazione non possa e non dehba servire a una più esatta,più vasta e più profonda intelligenza delle verità della -fede e delle leggi morali, ma che il suo fine è eminentemente pratico, e 8010 indirettam.ente speculativo. Concon"ono, perciò, in questo santo esercizio, le due potenze principali dell'anima: l'intelligenza e la volontà. L'intelligenza per far conoscere meglio l'argomento; la volontà per far concepire propositi cONvenienti e per far dilatare il cuore in caldi affetti verso Dio. CosÌ, se nella meditazione si approfondisce il concetto della hontà del Signorè, (e questo è compito dell'intelletto) si sarà portati ad amarlo, si farà il proposito di amarlo e si emetteranno atti eH amore (e questo è compito della volontà).
3.. PERCHÈ BISOGNA MEDITARE L'uomo è stato creato da Dio per conoscerlo, am·arlo e servil'lo in questa vita e goderlo eternamente nell'altra, in Paradiso. Ha, cioè, un fine prossimo e un fine ultimo da l'aggiungere: questo suhol'dinato a quello. Ma come si può conoscere Dio, amatrlo e senida, se non si riflette? Una massa non fel'menta senza lievito; una lucerna non illumina finchè rimane spenta. Perchè tanti nomini peccano e si dannano? Perchè non hanno pensato ahhastanza alla giustizià di Dio e alla atrocità delle pene eterne. Perchè tanti altri vivono una vita dissipata e tiepid:a? Perchè non hanno ponderato i pericoli spirituali della dissipazione e della tiepidezza. El tanto più è forte il bisogna ,di meditare ai nostri tem-
-pi, quanto più è facile, nel VOrtiCOBO flusso del tempo e nelle molteplici necessità della vita, dimenticare i hisogni dello ·spirito ,e gli ohhlighi che impone a tutti la legge di Dio.
4. LA MEDITAZIONE CRISTIANI
È
NECESSARIA A TUTTI
I
(, Nessun cristiano ». - dice S. Teresa - «per scellerato che sia deve l.asciare di fitTè orazione mentale », perchè solamente con la meditazione si conosce la gravità della colpa e si sente il hisogno di purificarsene; e solo nella meditazione si trova la forza necessaria alla osservanza dei comandamenti di Dio, senza la quale non vi è salvezza. Però, quando si pada dell'obbligo generale di meditare, non s'intende stabilire un'ora determinata del giorno o prescrivere un metodo speciale di orazione mentale; si dice sol· tanto, in senso generico, che chiunque vuole salvarsi deve l'i· flettere sulle verità della Religione.
5. LA MEDITAZIONE COSTITUISCE UN OBBLIGO PER I RELIGIOSI I Religiosi che, con la professione, si impegnano a tendere ana perfezione, debbono usare tutti i mezzi che ne agevolano il cammino. E tra questi il più efficace è la meditazione. Chi non medita è, per necessità di cose, tiepido, vano e superficiale; non abituato a dar peso ane Costituzioni perchè (cosÌ egli ragiona} non obbligano sotto peccato, e nemmeno all~ Regola perchè la sua trasgressione è soltanto colpa veniale; se poi ries~ ad evitare il peccato mortale (supposto che
gli sia possibile), lo evita unicamente per timore delle pene eterne. « Vi è tanta differenza»~ dice il nostro Direttorio, «tra il Religioso di orazione e il Religio!fo che 'la trasclLra, quanta
ve n'è tra una stella e un carbone: l'uno ha l'anima nitida come un cristallo. l'altro simile a un vetro OSCWO, piena di immondezza »• la cosa peggiore è che, mancando la riflessione, nessuno si accorge dello .stato in cui si trova, come non si notano, a occhio nudo, le impurità che vagano in una stanza quando manca la luce.
.E
6. LA MEDITAZIONE COSTITUISCE UN OBBLIGO PARTICOLARE PER IL CARMELITANO Con la professone religiosa, il Carmelitano SI Impegna alla osservanza dei voti in conformità della Regola. E questa stabilisce, tra l'altro: (( Ciascuno rimanga nella sua celletta, o vicino ad essa, giorno e notte, a meditare nella legge di Dio,
e a vigilare nella preghiera, a meno che non sia impegnato in in altre legittime occl/'pazioni ». Trascurare, o solo sottovalut~re questo punto significa non comprendere lo spirito dell'Ordine e venir m~mo alla propria vocazione ; si~fiea" disconoscere tutta una gloriosa tradizione, che, dagli Eremiti del ,Monte Carmelo, per una .catena ininterrotta, è giunta sino a noi, attraverso un'eletta schiera di' Santi e di Maestri della vita spirituale, che, meritamente, 110no . considerati guide sicure di orazione. Le Costituzioni, fedeli a questo spirito, spiegando ed interpretando. la Regola, stabiliscono che la meditazione si faccia due volte al giorno, in coro, o in altro luogo più comodo,
ìbì da designarsi dal Super1o~, é, per quanto possibile, si protragga per lo spazio di un'ora al giorno: e aggiungono che chi non può intervenire alla meditazione che si {a in comune, la deve {are privatamente.
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CAPITOLO SETTIMO
gnàto e praticato sono saliti ai gradi più alti della contem" plazione. Questo metodo distingue nella meditazione tre parti:
METODO CARMELITANO DI MEDITAZIONE 1. QUANTO SIA IMPORTANTE IMPARARE E SEGUIRE
UN METODO E' di grande importanza, per potersi affezionare alla me· ditazione e ricavarne frutto, imparare un metodo; formarsi, cioè, nella mente uno schema, secondo il quale procedere, e attenervisi con fedeltà, almeno fino a quando non si è acquistata l'abitudine della orazione• . . Sebbene tra i vari metodi che si propongono non vi siano differenze sostanziali, essendo sempre il medesimo il flne da raggiungere, tuttavia, chiunque vuole vivere la spiritualità carmelitana, è bene si ahitui a quello insegnato dai nostri Padri, ehe ha il grande vantaggio di soddisfare tutte le esi· genze dell'anima e di rendere il tempo prezioso della meditazione di impiego facile e fruttuOf>o. La raccomandazione si rivolge sopra tutto ai principianti, che, ancora inesperti in questo eserciziQ, potrebbero altri.menti smarrirsi, sentire· tedio e fastidio della meditazione, e sooraggiarsi al punto da ritenerla impossibile. Ma poichè l'ordine giova a tutti, è bene che anche i più pratici, in via ordinaria si attengano alle norme suggerite .da questo metodo, perchè non accada che, lasciata la strada maestra, vadano per altre tortuose ed incerte, con notevole danno della vita spirituale. E tanto più noi Carmelitani dobbiamo amare e rimanere fedeli al nostro metodo, in quanto quelli che lo hanno inse-
1. La preparazione 2. Lo svolgimento 3. La conclusione
2. LA PREPARAZIONE ALLA MEDITAZIONE Lo svolgimento e il frutto della meditazione dipendono, in gran parte, dalla preparazione, perchè,è detto comune: quali siano fuori d~ll' orazione, tali ci trovùmlO in essa. La preparazione è duplice: remota e prossima. A. LA PREPARAZIONE REMOTA Consiste nel rimuovere gli ostacoli che impediscono l'orazione, e, cioè: il peccato volontario,. la dissipazione abituale dei seusi e l'attaccamento del cuore a qualche cosa particolare.
IL PECCATO VOLONTARIO Prima di tutto si deve evitare il peccato mortale e le sue occasioni, perchè è fin troppo evidente che chi si macchia, con facilità, d:i erilpe gravi, non è in grado di conversare familiarmente con Dio, nè di avere in lui la fiducia e la con~ fidenza necessarie Il muovere gli affetti. Et V'ero che la meditazione sel've anche, e assai efficacemente, Il vincere le abitudini cattive e a superare lo stato abituale di peccato, e, perciò, la debhono fare anche i peccatori, ma è ugualmente vero che la schiavitù del peccato rende la meditazione difficile ed inefficace.
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104 Billogna evitare, per quanto possibile, Miche ii peccatò veniale deliberato, perchè è causa di rilassatezza e di tiepiciezza; e chi vive rilassato e tiepido non sente il desiderio e il gusto delle cose spirituali, nè comprende che cosa gli conviene fare od omettere. Come la meditazione insegna la strada per fuggire il peccato, ne suggerisce i mezzi ed aiuta ad acquistare la virtù, cosÌ la fuga del peccato e la volontà di progredire nella virtù rendono la meditazione facile e vantaggiosa.
LA DISSIPAZIONE DEI SENSI Non si può meditare senza il raccoglimento, e non si può avere il raccogliment.o senza la custodia dei sensi. L'uomo immortificato rassomiglia a un orto senza recinto, perchè esposto' a turbamenti di ogni genere. Fa a proposito quanto' raccomandano le Costituzioni: «Tutti si esercitino con cura nella mortificazione dei sensi, siano modesti negli occhi, frenino la lingua e chiudano le orecchie» (Art. 123).
L'ATTACCAMENTO DEL CUORE A QUALCHE COSA Come si debono mortificare e custodire i scnsi, così si deve custodire e mortificare il cuore, evitando, con diligenza, ogni affetto sensibile alle persone, e ogni attaccamento indebito alle cose materiali, quali l'ufficio, l'onore, ecc., perchè dove si ha il cuore si ha anche la mente. «L'anima. - dice S. Teresa - 'che sta bene addormentata alle cose del mondo, HUrrà molto desta per quelle di Dio~, perchè nessuno può servire a due padroni.
B. LA PREPARAZIONE PROSSIMA E' costituita dei seguenti atti o disposizioni: a) Recarsi alla meditazione con gioia (non perchè obbligati dall'orario); con !'intima persuasione che quello è il tempo delle grazie e dei favorì spirituali; con il vivo desiderio di far profitto, e con la ferma volontà di usare i mezzi che lo renqono possibile. Non è adatto a meditare chi si lascia vincere dal tedio e dalla pigrizia. h) Scegliere l'argomento: determinarlo con chiarezza e precisione, valendosi, almeno finchè non si sarà acquistata una pratica sicura, di un libro appropriato, per quanto possi. bile, alle condizioni spirituali (formazione, temperamento, ecc.) di chi medita. Al riguardo diamo, tre sugg<?rimenti pratici: L E' opportuno che ciascuno abbia il suo libro e che la lettura si faccia privatamente, affinchè all'occorrenza, si possano rileggere' i punti ritenuti più adatti; 2. Il medesimo argomento può seI" vire a più meditazioni successive, e può essere ripreso anche dopo un certo tempo, quando Be ne fosse sperimentata l'utilità: ma i principianti, in via ordinaria, è bene seguano i 'temi e l'ordine del libro; 3. La lettura va fatta con calma, atteno :lÌone, semplicità ed affetto e non deve essere troppo breve nè troppo lunga. c) Sul pun,to di fare la medita,zion€: L Mettersi alla presenza ai Dio, pensando, con fede ed umiltà, che ci accingiamo Il parlare con lui. A questo serve opportunamente la recita fervorosa della preghiera «J! eni, Sa.nct'e Spiritus ecc. ». 2. Fare un breve esame di coscienza e chiedere umilmente perdono a] Signore delle colpe che potrehbero impedire l'abbono
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danza delle sue grazie. 3. Offrire tJ f)io il tempo della pr~ ghiera con il proposito di impiegarlo nel miglior modo.
3. LA MEDITAZIONE Perchè la meditazione possa avere uno svolgimento rego· lare si richiede: a) Che lo spirito vi si applichi con serenità e tranquil. lità, senza tiepidezza e negligenza; con calma e s,enza precipitazione; fissandosi su qualche. punto, senza portarsi da un aro gomento all'altro.
b) Che la considerazione dei punti sia· fatta con attenzione, e i pensieri che ne scaturiscono siano semplici e comuni, non curiosi e ricercati; devoti e pratici, non sottili e speculativi; ordinati e non confusi. c) Che vi sia l'esame di tutti ipunti che possono portare ad una più esatta conoscenza dell'argomento. Ciò si ottiene considerando: 1. Il soggetto in se stesso che può essere immaginario (cioè ricostruibile con laimmatginazio~, come la· nascita di nostro Signore; o intellettuale, come la virtù della mitezza; 2. le varie circostanze di tempo, di luogo, di perso. na ecc. Di questa, che è la parte centrale della meditazione, diciamo, diffusamente, più sotto. d) Che i propositi siano co~piticon serietà e fermel&Zti e scaturiscano dal soggetto deUa meditazionié.
e) Che sopratUtto, sia curata la mozione degli affetti.
4. ESEMPI PRATICÌ CHE INSEGNANO COME VANNO ESAMINATI I SOGGETTI DELLA MEDITAZIONE I soggetti della meditazione possono essere concreti e sensibili, come i Novissimi, la Vita, Passione e MOIl'te di noatrò Signore, la vita della Beata V'ergine, dei Santi ecc.; oppure 'intellettuali e astratti, come le virtù (obbedienza, mansuetùdi. ne, umiltà ecc.), i benefiCI di Dio (la grazia, l'incarnazione). ecc.). I sogget;ti sensibili sono particolarmente adatti ai. principianti, ma utili per tutti.
""" Per l'esame completo di un argomento sensibile, prima di ogni cosa, con l'aiuto dell'immaginazione, si riCOlltruisce il fatto; poi si analizzano le varie circostanze di persona, di tempo, di luogo; i sentimenti che poterono avere i protagonisti dell'azione; le parole che furono o che poterono essere pro· nunziate; il fine per il quale si compì quella determinata azione; gli effetti che ne seguirono. Dopo questa indagine, si fa un ';same della propria· vita, . dei propri sentimenti, dei propri affetti per vedere come si è vissuto in rapporto all'argomento meditato, e~ ~n l'esame, il proposito: quindi si passa agn. affetti. Si prenda ad esempio la nascita di Gesù.
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I. Si riproduce, con l'i~maginazione, la grotta di Be. tlemme. II. Si notano le perisone presenti: la Madonna, San Giuesppe. ill. Gesù nasce durante là notte. IV. Il luogo è buio e solitario. V. Mentre Gesù vagisce, la Màdonna e San Giuseppe sono davanti a lui in trepida adorazione. VL Ci ai
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ioà chiede: Perchè Gesù nasce nella notte? (Per illuminare le tenebre della nostra mente che sono la conseguenza del peccato e per insegnarei il distaoco dalle cose materiali). VII. Quali frutti ha portato questa nascita umile e povera? (Tante anime ~hanno seguito l'esempio di Gesù, distaccandosi dalle dose terrene e vivendo in perfetta umiltà). VIII. Come abbiamo apprezzato questo esempio e come lo abbiamo ricopiato? IX. Cosa intendiamo fare per l'avvenire? X.Si apre l'anima agli affetti che saranno di adorazione, di ringraziamento, di stupore, di umile e fiduciosa -preghiera, e, soprattutto, di amore.
• •• Si noti, però, che non è necessario esaminare tutte le sIngole circostanze, ~è sèguire, con precisione, il procedimento esposto. Talvolta potrà bastare un sol punto, una sola circostanza a fare impiegare, con frutto, il tempo della meditazione: e il frutto è sempre costituito dal proposito e dall'affetto. - Tutto ciò che aiuta a chiarire l'argomento, deve servire a rendere il proposito più fermo_ e l'affetto più vivo. Si noti ancora che non è necessario cambiare ogni giorno .argomento; anzi quando da un argomento si è ricavato frutto, può essere utile tornarvi di nuovo, soprattutto in periodi di aridità, perchè nella vita spirituale non è la novità che giova, ma la riflessione e la assimilazione. -***
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Per r e,ame co~pleto di un argomento (J/Jtr~to o intellet. tuale, si considera la natura della cosa; il nome, -se vi è qualche cosa degna di nota; chi ne è la ~aUH; quali le proprietà
e gli effetti; quale il -fine che si propone; quale l'esempio pratico di nostro Signore, della Vergine SS.ma,dei Santi; i sentimenti avuti fino allora, la stima ecc.; che cOsa si intende fare in seguito; di quali mezzi si intende approfittare, ecc•. Si prenda ~d esempio la virtù deÌla fede. I. Che cOlla è la fede? (è il consenso fermo a quello ~he Dio ha rivelato e la Ch,iesa propone a credere). II. Chi ne è· la causa? (Dio che la infonde gratuitamente nel Battesimo). III. Quali effetti produce? (Ci rende docili a prestare il nostro consenso alle verità rivelate). IV. Perchè Dio re la dona? (Per elevarci allo stato soprannaturale di figli adottivi e renderei capaci del Paradiso). V. Che cosa ha detto nostrO' Signore? (Chi crederà e riceverà il Battesimo sarà salvo ecc.).' E gli Apostoli? (Senza la fede è impossibile piacere-a Dio) VI. Come ho vissuto nella pratica .{Ii questa virtù? La mia -fede è stata accompagnata dalle opere? VII. Si propone di vivere uila fede più viva, più operosa. VlII. Si eccit~no affetti di adorazione a Dio, specialmente di ringraziamento per il dono della fede; di umiltà, di confusione per la poca stima fatta ecc. Anche per questi argomenti valgono le d:ue note poste sopra.
5. LA MOZIONE DEGLI AFFETTI Per affetto si intende lo slancio del cuore ch~ sente la presenza di Dio, si diletta in lui, bontà somma, e nel bene che ha scoperto nel corso della meditazione. Alcuni affetti sono com~IDi a qualsiasi materia o argom~nto. Ta1isono: 1. L'adorazione umile e devota dèlla maestà di Dio, Creatore e Signore del cielo e della terra. 2. Il
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ringraziamento per i beni materiali e spirituali da lui ricevuti. 3. Il pentimento sincero per iI poco conto fatto di questi beni e l'offerta di sè in 8od:disfazione delle colpe e dei peccati dommessL 4. La preghiera, umile, fiduciosa, perchè Dio, con la sua grazia, renda efficaci i prop<lsiti concepiti nel corso della meditazione. Altri si riferiecono a qualche speciale materia, e possono essere di ammirazion~ e allegrezza per il Mistero meditato; di compassione per i dolori di nostro Signore, della Madonna, dei Santi; di avversione, orrore e detestazione del peccato 'eCc.
Il Metodo carmelitano di orazione raccomanda, con insistenza, la mozione degli affetti: I. Perchè· danno vita alle considerazioni della mente e facilitano l'esecuzione dei buoni propositi, anche se richiedono molto sforzo; II. Perchè la mente può stancarsi nella ricerca e nell'esame della verità, e la stanchezza porta necessariamente al tedio e alla distra. zione, ma il cuore non si stanca di amare. E poichè il fine che si indica a noi Carmelitani è di vi· vere in attuale, continua e affettuosa conversazione con Dio deve dirsi che l'elemento affettivo è la parte preponderante del nostro metodo di orazione. ,
6. DOPO LA MEDITAZIONE Perchè la meditazione possa essere veramente cibo dell'anima e operàre la trasformazione interiore a cni tende, deve essere richiamata spesso alla memoria nel corso del giorno: soprattutto :i propositi, affincltè siano messi in pratica in ogni Qçcasione, e gli affetti perchè ten~ano desto il pensiero di Dio.
7. LA POSIZIONE DA TENERE DURANTE LA MEDITAZIONE Sebbene non si tratti di regola assoluta, nondimeno è as· sai raccomandato che nel ,001'80 della meditazione si stia in ginocchio, perchè questa POSiz.iOllc è più l'accolta, facilita la elevaziòne della mente e del cuore a Dio, e, come esercizio diumiItà, attira meglio la compiacenza divina. Se, però, a motivo di debolezza o di infermità, si dovesse sperimentare un certo disagio che pregiudicasse il tranquillo svolgimento della meditazione, si può stare in piedi e anche seduti. Ma in questo caso è opportuno che la poeizione si alterni, perchè, quando si sta abitualmente seduti, è più facile distrarsi. Sempre poi e in ogni caso, SI deve curare la compostezza esterior~ che è condizione preliminare ad ogni forma di preghiera.
8. COME COMPORTARSI NELLE ARIDITÀ E NELLE DIFFICOLTÀ Suggerimenti pratici. 1. Non bisogna scoraggiarsi 5e al principio riesce difficile meditare, soprattutto a causa delle distruzioni. Il raccoglimento e l'ahitudine della preghiera si acquistano con la perseveranza e con la fiducia in Djo. 2. I principiauti, come già detto, seguano l'ordine proposto da qualche buon Autore; procurino di stare raccolti alla presenza di Dio; facciano la lettura, e, se occorre, la ri. petano. Più che nella parte speculativa, insistanQ ne~li affetti,
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CAPITOLO OTTAVO
3. Qualche volta, nel tempo della meditazione, si potrà fare, con frutto, l'orazione .mista. Si recita il «Pater noster », 1'« Ave Maria» o altra devota preghiera, e, ad ogni parola o frase, si parla affettuosairÌente con Dio, con la Beata Vergine, con l'Angelo custode? coi Santi.'
SCHEMI DI MEDITAZIONE SECONDO IL METODO PROPOSTO
4. Bisogna adoperarsi perchè la meditazione non si tra. IasciIflai. Se non si può intervenire con la Comunità, si faccia privatamente, abbreviando, magari, il tempò, qualora esista caso di vera necessità.
Presentiamo, a vantaggio, soprattutto, dei meno esperti, due serie di schemi di meditazione. tratti 'dalr antico Direttorio dei· Novizi, Vol. IV, che si intitola anche Metodo chiaro e' facile per, far bene l'orazione mentale e per esercitarsi nella presenza di Dio • La prima propone argomenti più facili, molto adatti ai così detti principianti; la seconda propone temi che richiedono già una certa esperienza, e sono più adat1li ai proficienti.
. 5. Se tavolta riesce impossibile meditare e anche fare orazione mista, Ili passa all'orazione vocale, cercando di accompagnare le parole con l'affetto del cuore, ma evitando qualsiasi rumore che potesse disturbare gli altri. 6. I Novizi, per abituarsi al raccoglimento, incomincino con la recita attenta del «Pater nosten, e lo ripetano fino a che non l'abbiano recitat<> tutto intiero, senza distrazione; poi passino a una preghiera più lunga: «Pater noster» e «Ave Maria» e cosÌ di eeguito. Questo esercizio, però, lo facciano, abitualmente, fuori . del tempo della meditazione.
1. PRIMA SERIE
1. IL PECCATO Sul peccato, preso in· senSo generico, si considera: a) Quello che è in sè: il peggiore fra tutti i mali;
)
corruttela e disordine; meschinità e inalizia, peggiore' anohe del nulla, perchè sarebbe stato meglio non essere mai esisìiti che ,ver peccato. Più in particolare, il peccato è: allontanarileqto dal Creatore e adesione alla creatura; un atto di ribellione Contro Dio; una trasgressione dei suoi comandi. b) Gli effetti che produce : fa perdere all'anima la gra-
zia ~i Dio e il diritto al Paradiso; la priva di tutti i .meriti acquistati precedentemente; la rende schiava del demonio fino alla estremità più funesta e disonorevole. c) Il rigore con cui viene punito da Dio: le pene fisiche e morali di questa vita e lo. dannazione- eterna deIU'altra. 8.
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d) Si riflette sui peccati commessi; sulla loro moltitudine e gravità e sulle pene che erano loro dovute.
stenesse continuamente, col beneficiQ della conservazione, ricadrebbe nel nulla.
e) Si procura poi di concepirne un sincero dolore e, con la ferma risoluzione di fuggirli ad ogni· costo, si ricercano i mezzi efficaci per farlo.
c) Siamo anche tanto deboli nell'operare, che, se Dio non ci concedesse il suo concorso. generale in ogni azione, non potremmo neppure muovere una mano.
...
d) Quanto, all'anima siamo pieni di ignoranza, combattuti da passioni, frequentemente vinti dai vizi.
... ... Lo stesso ordine si può seguire quando si medita su un peccato partiColare, aggiungendovi qualche considerazio~ sulla virtù opposta, perchè r esame delle proprietà e degli effetti della virtù serve .molto efficacemente a far capire la bruttezza e la malvagi t" del peccato. Però nella considerazione dei peccati contro la castità,. .non bisogna fermarsi troppo, essendo pericoloso indugiare sulle circostanze di tali còlpe. Volendo diffondersi nella considerazione dei peccati, si possono dividere in quattro Glassi: pensieri, parole, opere ed omissioni; ovvero secondo l'opposizione che dicono a Dio, al prossimo, a se stessi. Vargomento può affrire materia per molte· meditazioni.
2. LA CONOSCENZA DI SE STESSI
fra.gHe
e) Quanto al corpo siamo, presentemente, una cosa ben e saremo, un giorno, pasto dei vermi.
...
... ...
B.
Che cosa siamo nellò stato di grazia.
Si considera: a) Che se po88edi~mo la grazia è per puro dono di Dio,
n quale
non è obbligato a darcela: infatti non l'ha data a tanti, forSe più meritevoli di noi. b) Che fif:m possiamo mantenerci in essa senza un continuo soccorso di Dio. .
c) Anche possedendo la grazia santificante, non siamo in grado di compiere un'a~one virtuosa senza una speciale assistenza di Dio, detta grazia attuale. d) Si rifletterà, alla poca corrispondenza alla grazia;
A.
Che 'col!la siamo nello stato di natura:
Si considera: a) Che nello stato di natura, da noi, siamo un nulla e nel nulla siamo rimasti per tutta un'eternità: l'essere l'abbiamo ricevuto da Dio, secondo il suo beneplacito. b) Questo ~ssere è tanto fragile che, se Dio non lo so-
alle infedeltà dimostrate, facendo una specie di confessione a Dio.
Da queste. due considerazioni si ricaverà una bass.a .st;;' ~na di se stessi, si sentirà confusione per ogni atto di orgoglio e' si risolverà di vincere ogni sentimento di vanagloria, attri-· buendo tutto a Dio~ autore e datore di ogni bene.
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116 3. LA MORTE Si considem:
c) La loro convocazione davanti al tribunale di Gesù, fatta al suono della tromha. d) La manifestazione dislinta di tutte le coscienze, e di
a) Che cosa è la morte: la separazione dell'anima dal corpo; e la sua certezza: tutti morremo.
tutti i. peccati, commessi in qualunque tempo e luogo, con tutte le loro circostanze.
b) L'incertezza del giorno e dell'ora della morte e del modo come arriverà.
e) Il rigore e la severità del Giudice che non farà grazia, se non a quelli che l'a\'-ranno meritata.
c) I dolori, gli spaventi, le preoccupazioni che la pre-
cedono. d) Le tentazioni, il rimorso di non essere vissuti bene; il timore del giudizio di Dio. e) Il premio o la pena che la seguono.
/) Si rifletterà sulla negligenza deUa vita passata, e si risolverà di vivere in maniera di essere sempre pronti al grande passaggio.
N.B, Uno odne dei predetti pztnti possono, da soli, offrire materia sufficiente per una meditazione.
4. IL GIUDIZIO UNIVERSALE
I) La sentenza definitiva ed inappellabile, seguita nell'istante: i buoni andranno in Paradiso, i cattivi preCÌ<pi. teranno nell'Inferno. g) Si fanno poi le opportune riflessioni sulla propria "ita e i propositi convenienti.
5. L'INFERNO a) Si rappresenta quel luogo orribile come una vasta voragine, piena di fiamme che bruciano con spaventosa atti· vità, senza consumare i corpi dei dannati.
b) Le varie pene sensibili, perchè tutti i sensi avranno i loro particolari tormenti, oltre al verme roditore della coscienza, che fa sentire l'eterno rimorso del male commesso e del bene perduto.
(t) I segni spaventosi che lo precederanno, come è nel· l'insegnamento di Gesù: «Il sole si oscurerà, la luna non darà più la luce, le stelle C(~dIranno ~l cielo, le potenze del cielo saranno scosse ecc. ».
c) In particolare: gli occhi !!aranno spaventati dalla visione orribile dei demoni, le orecchie sentiranno rumore e confusione di suoni tremendi, bestemmie, urla e grida; l'odorato sarà turbato da fetori" intollerabili; la bocca abbeverata da fiele e da tutti i più ripugnanti veleni; il tatto tormentato in modo eccezionale, restando il corpo immerso nelle fiamme.
b) La resurrezione di tutti gli uomini, da Adamo allo ultimo dei suoi discendenti.
cl) L'eternità di quelle pene: «il loro verme non mllO' re e il loro fuoco non si spegne ~.
Si considerano:
119 e) Si fanno .gli opportuni esami e le opportune rillessiom.
N.B. L'argomento può essere
~uddiviso
in varie medi-
tazioni. 6. IL PARADISO a) Si rappresenta il Paradiso in modo tutto diverso dall'Inferno. E' un luogo di luce eterna, che mai si eclissa, più pura dell'oro, più trasparente del cristallo: ove regna una heata immortalità. b) L'anima sarà indicihilmente felice, restando' l'intelletto illuminato dalla chiara visione di Dio, e la volontà tutta soddisfatta del più soave e penetrante amore. c) Il corpo, dopo la :t:esurrezione, sarà pieno di gloria, fulgente come il sole, impassihile, sottile ed agile. d) I sensi avranno' tutti i piaceri di cui sono capaci, con purità ed elevazione spirituale.
e) Si avrà la compagnia gloriosa degli Eletti, e, soprattutto, la presenza e l'aspetto dell'Umanità sacrosanta di Gesù Cristo e della sua SS.ma Madre, che accresceranno l'al. legrezza e la gloria del Paradiso. '
f) Si fanno, alla fine, gli esami e ie risoluzioni. N. B. Sui Novissimi si può meditare a lungo; così, al. tre al Giudizio universale, serve anche, effOOacemente, il Giudizio pa:rticolar~: e quanto più gli argomenti si sottopongòno ad un' analisi aCcurata ed esaur~nte, tanto più si concepisce odio e detestazione del peccato, a cui debbo'fU) giungere i prin-
ciplnnti; è tànto più fermo si fà il proposito di subire qualsia. si male anzichè macchiare anima.
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2. SECONDA SERIE I più avanzati possO'fU) e debbono meditare, ordinariamente, sulle ~irtù, la vita, i miracoli, la passione di nostro. Sign~r Gesù Cristo, sul Sacramento del!: Altare; sulla vita della Beata Vergine; sugli esempi dei Santi; i Voti, le Regole della Religione; i passi della Sacra Scrittura, ed altre materie simili che illuminano e conducono lo spirito nella via del cielo, sebbene talvolta, e con frutto, potranno tornare a meditare sui temi propri dei principianti.
1. LA VIRTÙ IN GENERE Della virtù presa: in senso generico si consijlera: a) Che cosa è. E' una santa abitudine, ornamento, perfezione ehellezza dell'anima, che rende felice chi.la possiede e lo dispone a operar hene.
b) Le sue cause: efficiente Dio, esemplare -le perfezioni di Dio. Infatti è opera di Dio e imitazione e partecipazione delle· sue perfezioni.
c) I suoi effetti: rende più grati a Dio, più degli di presentarsi alla sua presenza per pregarlo, più pronti· e ca_ paci a combattere il vizio contrario; accresce il merito in terra e la gloria in cielo. d) Il fine' al quale tende: distrugge le ripugnanz~ al
bene e le inclinazioni al male.
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e) L'opposizione che dice al peccato: questo è causa di ogni male, quella è origine di ogni bene. /) Alla fine si concepirà il proposito di vol~si impegnare all'acquisto della virtù, per poter assecondare i voleri di Dio.
* ** Se poi la meditazione esaminÒ, una virtù in particolare si procede secondo il medesimo schema; si considera, cioè, la natura, la causa, gli effetti, la opposizione al vizio contrario, il modo con cui la praticò Gesù, la sua SS.ma Madre qualche Santo, per riflettere alla fine su se stessi e vedere fino a qual punto si sia perfetti o difettosi in quella virtù, con la conseguente risoluzione di adoperarsi seriamente alla sua conquiSta, determinandone i mezzi adatti. Esempio: 2. LA MANSUETUDINE a) La sua natura: consiste in una tranquillità e pacifica serenità di spirito, che non si altera per le ingiurie e le offese che possono essere arrecate; in un cuore senza amarezza, in mezzo agli, affronti, come se non si avessero orecchile per sentire e ,lingua per parlare. b) La sua causa efficiente: il hasso concetto di sè, per-
chè chi è veramente umile non può non eSsere anche mansueto. c) I suoi effetti: rende imperturhabili, tranquilli, sereni, sempre disposti a parlare con Dio, amahili "COn tutti ecc.
d) TI suo fine: condurre all'unione con Dio in terra ed in cielo, secondo quanto disse Gesù: «Beati i miti perchè possederanno la' terra ».
e) Paragonata alla collera, che è il vizio opposto, apparisce altrettanto graziosa ed amahile, quanto quella è disgustosa e nociva.
f) ~u pnticata, in forma eminente, da nostro Signore, che, per la sua mansuetudine, venne paragonato all'agnello. g) Segue l'esame per vedere se e in quale gràdo si possiede questa virtù; quali sono le circostanze che si offrono per praticarla meglio, e si prendono le opportune risoluzioni.
3. LE AZIONI, LE PAROLE, I PATIMENTI
DI NOSTRO SIGNORE La vita di nostro Signore si può ridurre a tre punti: quello che fece, quello che disse, quello che patì. « Fece cose ammirabili, dettò molti insegnamenti, sopportò parimenti duri» (S. Bernardo). Ma anzichè dilungarsi sul tema generale, è meglio pren· dere alcune delle sue parole, o frasi, o insegnamenti; qualche azione o patimento, e farne tema di meditazione. Si può cominciare dal mistero della IncarnaziQne e prose" guire fino all'Ascensione. La sua vita povera, umile, laborro. sa; le sue azioni eroiche; lo zelo per la salvezza delle anime; le miracolose guarigioni degli infermi; le sue massime, i suoi patimenti, le persecuzioni, i disprezzi, la morte: tutto offre un campo così vasto, che difficilmente ,si può esaurire; un insegnamento così 1Jivo ed efficace che non se ne può trovare altro migliore, o che solo lo eguagli.
Precisato, dunque, il punto, 'sì può considerar~: a) Chi è colui che disse, fece, patì tali cose? E' il Figlio
di Dio... b) Per chi disse, fece, patì tali cose? Per gli uomini peccatori ed ingrati. c) Quale il.fine da lui inteso? La nostra salvezza e la
nostra istruzione.
telletto, forza della volontà, comunicazi~ne soVrabbondante di vita, eccellente purità di cuore' e di corpo. e) Le risoluzioni riguarderanno una' 'più viva devozione al Sacramento' e iIn -pratico desiderio di piacere a Gesù.
La meditaziOne sul' SS.mo Sacramento si può protrarre più. giorni, sia dividendo il tema esposto, sia considerando le Antifone, gli Inni, i' Salmi delrUfficio proprio, i miracoli, ecc.
d) Con quali sentimenti di cuore fece, diS6e, pad? e) Con quale grazia, umiltà, modestia es~riore? f) Quali furono le altre circostanze di tempo, di luogo? g) Si paS6a al profitto che si vuoI ricavare e si prOpOn(l di conseguirlo_
4. IL SS.MO SACRAMENTO Si considera:
Per la S. Comunione, pot, si può considerare: Chi ~ Colui che viene, chi è quello a cui viene;- perchè viene, come viene, ecc. Considerazioni chi! generano nell'animo desiderio di meverlo, volontà di piacergli, sentimenti di umiltà, riverenza, amo~e, ringraziamento ecc., e il proposito di non ammettere, nella propria coscienza, cosa alcuna che gli PQssaJ dispiacere!
5. LA VITA E LE VIRTÙ DELLA BEATA VÈRGINE
a) La storia della sua istituzione. b) I motivi, che sono: il rÌf'l)rdo della passione e la 'te-
stimoniaIÌza dell'amore di Gesù; il sacrificio della nuova all~anza; la caparra della nostra beatitudine; il nutrimento delle nostre anime. o) I miracoli che si compiono perchè il pane ed il vino, nel momento della consacrazione, diventino Corpo e Sangue del Signore, e perchè questa presenza si moltipliohi in tutte le Ostie ecc. d) Gli effetti del Sacramento: accrescimento di gràzia santificante, consolazione' e conforto spirituale, luce dell'in-
Sulla vita della SS.ma Vergine si può meditare come -si medita sulla vita del Signore, prendendo in esame i suoi misteri, dalla ConceziOne alr Assunzione; ovvero considerando, ordinatamente~ le sue virtù, una dopo l'altra,.o anche fermandosi sopra il senso delle Antifone, Inni, Litanie e sentenze dette in suo onore. Poi si riflette sull'impegno posto nella imitaziOne di questa tenerissima Madre, confondendosi che, pur portando il sUo Abito e appàirtenendo al suo OrdJine, si sia tanto lontani da lei nèlla virtìi. Si indaga sui motivi e si propone di appliC4T.si a una più seria e degna imitazione della sua ' vita.
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6, LA VIRTÙ DI QUALCHE SANTO
stro ordine, e praticate con graride puntualità, tanto che, per loro mezzo, si sono fatti .Santi. .
il Santo si è particolarmente distinto, quali lo spirito. di mortificazione, la purezza, la fortezza ecc.
d) Che Dio nel darcele non ha avuto altro fine all infuori della nostra santificazione.
lli) Si considera la virtù o le virtù nelle quali
b) Quanto si sia reso grato a Dio operando in quel'
modo.
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c) Il merito acquistato e la gloria del cielo che ne éompensa gli atti virtuosi.
e) Il vantaggio che apportano. alle n08tre anime, che è di togliere le occasioni di peccati e di imperfe,ioni e di guidare e frenare la patura perchè compia il suo (lovere.
i) Si riflette alla stima che se ne fece, alla fedeltà dinìostrata nell'osservarle ecc.
d) Quanto valga la sua inter~ione presso Dio.
e) Si conclude con le opportune riflessioni, esame, proposito, ecc.
Del medesimo Santo si può considerare anche una virtù dopo l'altra o qualche episodio saliente della vita, seguendo lo stesso ordine o· un altro più conveniente. .
7. I VOTI E LE REGOLE DELLA RELIGIONE Il modo di meditare sui voti è simile a quello proposto per lévirtù. Si aggiunge solo la circostanza dell'obbligo particolare di osservarli.
Si' può anche prendere. un punto particoliùe della Regola e prciq:!dere, più o meno,·nel medesimo modo.
8. Llj: SENTENZE DELLA S. SCRITTURA Se ne sceglie qualcuna (o alcune) e si considera attentamente, fermandovisi,_ fino a tanto si s~ntirà g{lsto e, riflettendo ad ogni punto su se stessi, per èsaminare come sia stata intesa e praticata. La maniera di diffondersi in simili argo~ti può essere la seguente: a) Chi ha annunciato questa verità?
,Sulle Regole e le pratiche della Religione si conisdera: a) Che non sono state date dagli uomini, ma da Dio, di
cui gli uomini Bono i rappresentanti. b) Che sono mezzi efficaci, ordinati da Dio, per la nostra santificazione; trascurandoli si eorre pericolo di cadere in gravi ,peccati, e di compromettere anche la salvezza eterna.
c) Che sono state tenute in alta stima dai Santi del no-
b) Con quale cognizione, sentimento, aftltfo?
c) Che cosa vuole Dio da noi dopo che ce l'ha fatta conoscere? d) Quali esempi ci hanno lasciato i Santi e quale pre-
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ne hanno ricevuto? e) Come l'abbiamo intesa e praticata noi?
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f) Si propone di praticarla, in seguito, come Dio ci ha ispirati nel corso della meditazione.
GLI ATTRIBUTI DI DIO Degli attribzai di Dio' -quali la potenza> l agL!l~l.zW, . t·· l,a •• "'_ mtsencorclw, la santit;à, la provvidenzn ecc., ooc., si considera: •
9. I BENEFICI DI DIO I benefici di Dio si possono considemre tutti insieme oppure separatamente, uno dopo l'altro, o anche soltanto una parte di ciascuno. Alcuni sono comuni a tutti gli lwmini, come la creazione, la redenzione e la COfl,,gerVazione; a.ltri sono propri di un certo numero di persone, come la v~cnzione a710 Stato religwso o il dono della penitenza e conversione; altri sono comuni a inol· ma non (l tutti, come la vocazione alla fede e la giustificazione; mentre altri smw specifici di tahtni, com'e essere nati da bnoni genitori, avere avuta una natura inclinata aUa pietà., alla virtù; essere stato allevato bene 1".ella giovinezza; essere stato liberafAJ da qualche pericolo spirituale o corporaJe; avere ricevuto certe ispirazioni dello Spirito Santo; essere stato preservato da cerf;Ì disordini e vizi crdirwri, o esserne stato misericordiosamente SÌJttrc,tto. Su ogni beneficio si può considerare: et) Quanto sia grande. b) Chi l'ha concesso. c) Per quale motivo è stato concesso. ~) Quanto sia grave il dovere della gratitudine e della corrispondenza.
e) Come si sia stati ingrati per il passato nel non averlo riconosciuto.,
f) Che cosa 8i deve e si vuoI fare in avvenire.
a) L'eccellEnza infinita.
b) I segni e le tracce che vi sono nel mondo attraverso
le creature. c) Gli esempi e
detti della sacra Scrittura.
'. d) Quale punto ci può essere di guida, di orientamento, di insegnamento e di stimolo.
e) Come si sia mancato per il passato e che cosa si deb. ha e si voglia fare in avvenire.
'"
'" * Ogni considerazione fatta, approssimativamente, secondo lo schema proposto, si farà seguire daBa mozione degli affetti, corrispondenti al tema meditato, aUe ispirazioni e ai lumi di Dio.
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CAPITOLO NONO
L'ESERCIZIO DELLA PRESENZA DI DIO 1. LA PRESENZA DI DIO E L'IDEALE CARMELITANO L'esercizio della presenza di Dio è stato sempre al centro della spiritualità carmelitana: il punto di convergenza ,di tutte le pratiche religiose e !Ii tutte le azioni del giorno. La preghiera liturgica, la meditazione, la lettura spirituale, la visita al SS. Sacramento ecc. e le stesse opere di apoI.'Itolato, debbono servire come mezzo perchè si giunga a Vivere in co.ntinua, attuale, affettuosa conversazione èon Dio: supremo ideale del Carmelitano. In questo abbiamo l'attuazione perfetta delle famose parole della Regola: meditare giorno e notte nella legge di Dio e vigilareneIIa preghiera. Si dice che la conversazione con Dio deve essere Continua, non intermittente e saltuaria; Attuale per distinguerla da quella abituale che si possiede insieme alla grazia santifi. cante; Affettuosa, non intellettuale o speculativa, come è nello studio delle verità. religiose. 2. EFFETTI DELLA PRESENZA DI DIO L'esercizio della presenza di Dio, produce effetti mirabili in tutti gli stadi della vita spirituale; ma.i .principali sono tre:
J. Tiene lontano dal peccato graV'e e anche da quello veniale deliberato. Dio medesimo disse ad Abramo: «Cammina
davanti (J me e sarai perfetto:.. E,' difficile offendere il Si. gnore, agire contro la sua volontà, quando si pensa che il suo sguardo ci.. è sopra e che la sua giustizia ci può punir!" persino con la dannazione eterna. 2. Incita al bene, fa amare lo spirito di abnegazione, di sacrificio e fa essere forti nelle tentazioni. Il soldato sopporta c~n gioia i disagi della vita militare e combatte .con maggior lena, quando sa di essere sotto lo sguardo vigile del comandante. 3. Fa comprendere la grandezza della elevazione allo stato soprannaturale, stabilendo rapporti sempre più: intimi tra la creatura e Dio, e una comunicazione di affetti sempre più fervorosa. Come vigorosa scintilla alimenta e incrementa la virtù della carità. Il terzo vantaggio lo sperimentano, prevalentemente, i più avanzati; i primi due sono, sopratutto, dei principianti che camminano. nella via purgativa e illuminativa.
3. CONDIZIONI PERCHÈ LA PRESENZA DI DIO SIA DESIDERABILE Affinchè l'esercizio della presenza di Dio diventi non solo facile e lruttuoso, ma desiderabile è necessario sia affettivo, perchè tale presenza accende un desiderio sempre più vivo di ciò che, pur possedendosi, rimane celato. Il cuore dell'uomo è stato fatto da DiQ in maniera che non solo non si- stanca mai di amare, ma, quanto più ama, tanto più vuole e dresidera la cosa che ama, se conosce che questa lo soddisfa in tutte le sue brame. Perciò q:uanto più
131 ama Dio tanto più desidera e vuole Dio e sente rammarico che_ egli rimanga nascosto e velato; QU!lsta verità viene espressa assai bene nelle parole dei Salmo: ~
«Come il cervo anela ai rivi di acqua, così Panima mia anela a Te, o Signore. H a sete di Dio l'anima mia, del Dio vivente. Quando verrò e comparirò al Cospetto di Dio? ».
... ... ... La differenza tra l'amore di Dio e l'amore delle creaturè Ilta in questo che l'amore delle creature, per la loro intrinaeca deficienza a soddisfare le necessjtà del cuore, a lungo andare, si spegne; l'amore di Dio, invece, tanto più si conserva e si accrésce quanto più si penetra nell'abiss·o divino e si con(8)Ce che egli è la somma di tutte le' delizie. 4. VARI MODI DI ESERCITARSI NELLA DI DIO
PRESENZA
Nella p'l'esenza di Dio ci pOllsiamo esercitare in tre modi:
l. Rafligarandocelo in forma sensibj.le. 2. Elevandoci a lui cou la mente. 3. Unendoci a lui col cuore. Abbiamo, così, la presenza di DiQ sensibile, intellettuale, affettiva. L'elemento affettivo· deve, però, entrare, almeno come. parte, tanto nella presenza 8ensihile che in quella intel-· lettuale.
A. LA PRESENZA SENSIBILE a) Si può considerare il mondo intiero come un Tempio ova. abita Dio e ove si rende adorabile.
b) Si può raffigurare Dio come un Re, aSlliso su un tronodi gloria, che tutt~ vede e scruta. c) Si può immaginare Dio come un ESIlere immenso èhe riempie di sè il ci.elo e la terra, che noi troviamo sempre e in ogni luogo, come gli uccelli trovano l'aria ovunque volano e i pesci l'acqua ovunque nuotano; che ci penetra intimamente, e vedè. ciò che vi è nelle nostre azioni, nej nOlltri pensieri, nei nostri desideri ed affetti.
Da queita forma di presenza sensibile llCaturiscono 8eDtimenti di riverenza per la grandezza di Dio, di timore per il suo giudizio, di amore per la sua bontà e provvidenza. .
B. LA PRESENZA INTELLETTUALE Consiste nel trattenere l'intelletto in buoni pensieri, e nel formare concetti spirituali e devoti sia dalle cose che vediamo e sentiamo, sia dalla considerazione dei Misteri rivelati (l'i~camUione di Gesù, l'Eucarilltia, la 88. Trinità ecc.).
C. LA PRESENZA AFFETTIVA Si ha quando nel cuore si sente il gusto di Dio e nella volontà ,un desiderio continuo di piacergli. Questo sentimento interiore, o ·desiderio di Dio., è frutto della carità. Eseo dà la gioia delle cose spirituali e emorJa
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132
sono l'espressioné deila sua pote~~ é della sUa bontà, a diffe~ renza di quelle brutte e dIfettose che gli dicono opposizione; sebbene anche qileste possano servire, almeno indIrettamente, allo scopo, in qdanto generano sentimenti di orrore, di indignazione, ecc.
qualsiasi appettito terreno~ Alcune volte può eMere determinato dalla coneiderazione di un soggetto particolare, come l'amore di Dio nella Redenzione, la sua misericordia nel guidarci a penitenza ecc.; alt~e volte da soggetti più universali, come la volontà di Dio, l'amore di Dio, la qontà ,dii Dio, ecc.
TERZA FORMA
5. QUALE MODO È DA PREFERIRE? I prinCipianti, i giovani dalla immaginazione viva, i Fratelli conversi è opportuno si abituino e si eserCitino nella presenza sensibile, perchè la più facile e la più conforme alla loro natura e alle loro particolari esigenze. Ma anche in questa forma, non debbono trascurare la parte affettiva, che dà il gusto della vita spirituale. Man mano che l'esperienza cresce e il cammino si fà più spedito, si potrà passare alla seconda e auche alla terza, che rappresentano un' gradino più elevato.
6. FORME PER MANTENERSI ALLA PRESENZA DI DIO PRIMA FORMA Consiste nell'offrire a Dio, prima di iniziarla, ogni singola azione, rinnovando, spesso, l'offerta mentre si eseguisce, e 8idcompagnandola con dolce l!Ientimento del cuore.
SECONDA FORMA Consiste nel prendere motivo dalle col!le ch. ci circondano (sia animate che inanimate, razionali ~he irrazionali) per elevarci a Dio: perchè tutte le cose buone, rimjrate con fede, parllplo di lui, dIcono rapportu di dipendenza da lui,
~
C~nsi!lte nel tentire nell'anima qualche verità che ci accompagna in ciò èhe facciamo, come la grandezza di Dio, la sua bontà, la sua misericordia, per. fare, poi, salire dal cuore frequenti e fervorose aspirazioni e giaculatorie, che esp,rimono quella verità. Esempio: «Mio Dio, mio tu.tto; mio Dio, aiutatemi» ecc•.
7. DELLA PRESENZA DI MARIA SS. TI cammino spirituale del Carmelitano deve portare insieme a Dio e alla Madonna; ogni 'progresso nella carità deve farsi sotto l'occhio vigile di questa tenerissima Madre. Perciò i nostri Padri raccomandano che insieme alla presenza di Dio ci rendiamo familiare anche la presenza di Maria, in maniera che in tutte le azioni, afflizioni, gioie conserviamo una tenera e filiale incilnazion6 verso di lei" cosÌ che l'esercizio della carità passi da lei a Dio e da Dio a lei, per un dolce flU880 e riflusso . .Per giungere a questo, danno i seguenti consigli: 1. Al principio, perchè la me~oria di quest~ amabile Madre poesa essere ritenuta pi\l facilmente e possa operare un effetto più profondo, è opportuno valersi di certe ind'U-
. 135 etrie, come" ad eSempio, fiNare gÌi occhi 8u qualche aua magine, rimirare lo Scapolar~ e h'aciarlo.
fm.~
' ch e, neIle 2. Elevarsi, spesso a lei' con pie giacula t orle, sue feste, possono eaer prese dalla liturgia del giorno. .' . 3. Tendere a formarsi, COn devote meditaz·. 10m, una 1m. magme, per quanto è possibile, chiara e perfetta della celeste Madre, che ci accompagni sempre nel corso della giornata. (Vedi, più diffusamente, il Cap. XIII: DELLA DEVO. ZIONE ALLA MADONNA' pago 162).
CAPITOLO ni!:CIMO L'ESAME niCOSCIENZA 1. IMPORTANZA DELL'ESAME DI COSCIENZA Come l'artÙita, perchè sia capace di creare una vera ope· ra d'arte, perfetta nell'insieme e nei dettagli, deve pOll8ederè spiccata sensihilità e forte acume di analisi e di osservaiione, così chi vupl costruire il delicato e complesso edificio della perfezione criatiana, deve possedere co~enza delicata, vigile controllo delle proprie ~oni e profonda conoscenza di sè. Perchè per correggere i difetti; hisogna scoprirli; per ri. cercare e inserire nell' anima le virtù hisogna sapere che cosa sono e quali mancano. A questo serve egregiamente l'esame di coscienza, che, nella vita spirituale, è non nteno necessario della nteditazione. Ordinariamente si prescrive o si raccontanda due volte. al . giorno, nta i nostri Padri lodano la consuetudine di coloro che lo fanno tre volte; due quello particolare, e, una quello generale. Nell'esame di coscienza sono chiamate in azione la memoria, l'intelligenza e la volontà. L'una per ricordare, l'altra per giudicare e la terza per proporre. 2. L'ESA,ME PARTICOLARE L'esame particolare ha lo scopo di correggere un determinato difetto, (cominciando da quello predominante), o di fare acquistare una virtù.
Ha due tempi: 1. Il mattino per richiamare alla memo.l'ia il soggetto dell'esame e per fare gli opportuni proponimenti. 2. Il momento del!: esame per ricordare, con precisione, le volte che si è mancato, se si tratta di correggere un difetto, o gli atti compiuti, se di acquistare una virtù. All'esame deve seguire il pentimento per le mancanze notate o il poco pro~itto, e il proposito di far meglio.
I principianti c, in genere, i meno esperti, è bene scel. gano l'argomento dell'esame pru:ticolare col consiglio del Direttore spirituale, del Maestro o del Confessore. Tutti, però, debbono attenersi alle seguenti norme: a) L'argomento non si deve cambiare spesso, ma solo quando vi è una certa sicurezza che il difetto è stato realmente corretto, cosÌ da non rappresentare più un serio ostacolò, o che la virtù ha posto radici profonde nell'anima.
b) Tanto il difetto da correggere che la virtù da acquistare debbono essere ben precisati, e l'esame deve scendere ai dettagli. Così prendendo la correttezza e la gentilezza da usare col prossimo, va notato quante volte si è risposto con sgarbo, quante con alterigia; quanti pensieri si sono avuti di contrarietà e avversione ecc. In tal maniera si acquista di sè una conoscenza più esatta e aumenta la possibilità di emendarsi. c) L'argomento non deve essere troppo vasto, pCl'chè
i nemici si vincono, se si affrontano uno dopo l'altro; gli edifici si costruiscono se si mette una pietra sull'altra_ CosÌ l'umiltà, che ha una ramificazione assai ampia, non va presa, genericamente, come tema di esame particolare. In
questo e in casi consimili, hisogna suddividere l'argomento e poi badare a nn dettaglio dopo l'altro• d) L'uso di segnare in un quaderno gli atti di virtù compiuti o i difetti commessi è utile, in quanto serve per un controllo preciso e duraturo.
e) Data la speciale delicatezza dell'argomento, e le insi-. clie che può tendere il demonio, non è conveniente scegliere a soO"O'etto dell'esame particolare la virtù della purezza o il vi\:l\:l zio opposto. f) Come, prima dell'esame, è opportuno chiedere l'aiuto di Dio affinchè l'atto riesca fnlttuoso, così, alla fine, è bene ringraziarlo dei lumi avuti e dei buoni propositi che ha ispirati.
3. L'ESAME GENERALE . A ,differenza di quello particolare,l'esame generale, che si fa, ordinariamente, la sera, comprende tutti i difetti e i peccati commeifsi nel corso della giornata. In esso si possono seguire due vie, ugualmente buone: o passare in rassegna i singoli obblighi (doveri veno Dio e la beata Vergine, verso il pròssimo, doveri particolari) per vedere oontro· quali e in che misur'a si è mancato; oppure ricordare le singole azioni della giornata (cosa non difficile speciahnente quando gli atti si succedono con regolarità e uniformità) ed esaminare con che spirito sono state compiute, e dove si è venuti meno. Affinchè questo esame riesca fruttuoso è necessario sia: 1. Sincero, fatto non per abitudine, ma col desiderio di conoscersi, di giudicarsi al cospetto di Dio e di correggersi.
138 2. Ordinato, secondo uno schema preciso e completo, seguendo una delle vie dette sopra. 3. Accurato, quanto al numero, alla specie, e alla malizia dei peccati. L'esame si fàsuipensieri, sune parole, sulle opere e sulle omissioni. 4.
FORMULARIO PER L'ESAME GENERALE DI COSCIENZA
Presentiamo uno schema che può servire di guida e di indirizzo. In esso si esaminano: I. I doveri verso Dio, nei quali comprendiamo anche i voti, in quanto sono un atto di Religione. II. I doveri verso la Madonna. III. I doveri verso il prossimo. IV. I doveri part1colari.
l. DOVERI VERSO
mo
A. PIETÀ Con quale impegno, nel corso del giorno, mantengo la presenza di Dio? - Con quale frequenza, fuori dell'orazione, gli rivolgo il pensiero e l'affetto? Sono sollecito agli esercizi di orazione? - Vi partecipo di huon animo? - Prima di iniziaru, mi metto alla presenza di Dio? - Allontano le distrazioni volontarie? - Ritrovan. domi distratto, mi ripn~ndo subito? In particolare: L'Ufficio Divino. Procuro che la recita sia degna, attenta e devota? - Rifletto che recitando l'Ufficio prego con la Chiesa e per la Chiesa?
La Santa Messa. i'i assisto con sentimenti di vera e pura fede, rivivendo i misteri del Calvario? La S. Comunione. Mi accosto spesso alla S. Comuuione? ~ Se no: è a causa di pigrizia, di accidia? - Per evitare lo sforzo deUa preparazione? - Se sÌ : mi preparo con fervorosi atti di fede, di amore, di ammirazione ecc? - Faccio un degno ringraziamento? -Nel corso del giorno mi ric!ordo della Santa Comunione fatta al mattino? La Meditazione. Come preparo l'argonlento ? -.:.. Con quali sentimenti mi applico ad essa? - Esamino hene il soggetto? - Insisto negli effetti? - Ne conservo il ricordo durante il giorno? - Noto un progresso nella fOl'llla e un frutto nella pratica? Il Rosario e gli altri esercizi. Recito ogni giorno il S. Rosario? - Come lo recito? - La Visita al SS.mo Sacramento dopo il pranzo e dopo la cena, con quale spirito la faccio? _ Prima di iniziare lo studio o gli altri lavori innalzo la mente a Dio per fargliene offerta? - Appena negliato gli rivolgo il primo pensiero?
B. VOTI RELIGIOSI: Obbedienza: Riguardo nei Superiori, specialmente quando mi comandano, la persona stessa di nostro Signore? - - l . Mormoro contro di essi e ne metto in evidenza i difetti? ---\ Sono sollecito nell'eguirne gli ondini? ~ Ovvero li discuto, li porto in lungo, li adempio con svogliatezza, con tristezza ~ quasi per necessità?- Costringo, talvolta, i Superiori a fare a. mio modo? - Se mi negano un permesso, mi rattristo? Se talvolta mi valgo della licenza pTesunta, la richiedo poi esplicitamente, non appena mi è p08s:iliile? - Cerco di per-
14ò 141 sua dermi sempre della ragionevolezza e utilità degli ordini dei Superiori? - La mia obbedienza, oltrechè di opera, è anche di voloIÌtà e di giudizio? Tengo nel conto dovuto le prescrizioni della Regola, delle Costituzioni, del Cerimoniale, dei Rituale? - In particolare: OiIServo la ritiratezza, il silenzio, ovvero sono loquace durante il giorno e parlo, senZa vero motivo, anche in tempo di silenzio strettll? - Osservo fedelmente l'orario della Comunità? - Sono puntuale agli atti Comuni? - Stimo le COstituzioni e mi applico al loro studio? - Nell'assistere al Coro, nel celebrare, nel servire la S. Messa, e nelle altre cerimonie liturgiche mi attengo alle prescrizioni del Cerimoniale? Nei miei uffici (sacrt'stia, portineria, cucina, ecc.) vi metto un impegno coscienzioso?
* ** Povertà: Ho compiuto mai atti di proprietà - Mi sono preso qualche cosa senza il doV'Uto permesso? - Ho fatto regali? - Ne ho r~vuti? Trattengo" ienza bisogno, ciò che mi è. stato dato solo per uso temporaneo? - Ho im.piegato per usi div~rsi da quelli stabiliti dai Superiori ciò che ho ricevuto? - Ho fatto scambi? -'Ho scritto il mio nome sui libri? - Ho avuto cura delle cose della Religione? - Ne ho impedito, quando è stato possibile, il deterioramento e la distruzione? - In particolare: nel mÌo ufficio, sono stato diligente ed' e8atto ? - Ho curata la pulizia della. ca8a, della cella, delle vesti? Sento nell'anima un attaccamento disordiDl~to ai beni materiali? - Sento invidia per chi può averne ed, usarne a 8UO piacimento? - Amo e de8idero cose riCercate, superflue, va-
nito8e? - Ne ritengo per mio 'llIlO? - Tengo tutto in vista, in maniera che il Superiore, volendolo, possa vedere ed esaminare? -.,- Mi rattri8to se iDi viene 80ttratto qualche cosa all'uso? - Sono facile a mormorare quando non ottengo ciò che c~!edo? -:- Amo e preferisco le cose, di minor valore, gli uffici plU umIli, le vesti meno buone?
*** Caslita: Desidero i piaceri sensuali? - Me li sono procu- , rati? - Quale è la mia resistenza alle tentazioni? - Mi tengo lontano dai pericoli? - FuggI> le oceasioni? - E'Vito la familiarità con persone di altro sesso? - Sono stato curioso nell'indagare su cose che non mi riguardano? - Ho vigilato sugli affetti del cuore? - Ho nutrito affezioni e cercate soddisfazioni sensibili? - Sono stato mortificato? In pRrticolare: sono stato modesto negli occhi o li ho fermati su oggetti, o figure vanitose e indecenti? ' - 'Sono stato riservato nel parlare? - Ovvero ho preso parte a discorsi disdicevoli? - I miei gesti e le mie azioni hanno diffuso profumo di castità?
Il. DOVERI VERSO LA MADONNA Sono un figlio devoto della Madonna? - Ricordo di indi, rizzare Il lei, dopo Dio, le azioni della giornata? _ La invoco, con fidl.l-cia filiale nei momenti della tentazione? - Sento, nell'anima, profonda e sincera gratitudine dei suoi benefici? - Sento la gloria di appartenere al suo Ordine? - Porto onoratamente il suo abito? - L'amo teneramente? - L'onorò con la pratica delle virtù, sopratutto con la cusiodia gelosa della purezza? - Procuro di far conoscere e praticare, anche dai fedeli, per quanto mi è possibile, la devozione dello Scapolare? -:- Mi preparo· spiritualmente ane sue feste? - Le oolebro' con feIYore? - Ripeto spesso le pTeghiere proprie
142
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dell'Ordine, quali il «Flos CarmeH,. e tina »?
m.
II:
L'Ave Stella matu-
DOVERI VERSO IL PROSSIMO
. Sono invidioso del bene degli altri? ---<. Mi rattristo dei 101'0 successi? Ammetto facilmente sospetti, dubbi; pronuncio giudizi avventati e temerari? --r- Mornl,oro? - Rivelo i difetti o le mancanza occulte l' Sono stato causa volontaria del danno fisico o morale degli altri? - Coltivo, nel cuore, il risentimento, il rancore, l'odio? - Desidero la vendetta? - Ci prnso? - La preparo? Amo davvero il prossimo come me stesso? - Vedo in lui !'immagine di Dio? -Ne rispetto la dignità? - Ne SmISO i difetti? - Lo aiuto nei bisogni materiali ? - E in quelli spio ritualì, con la correzione fraterna, la parola di incoraggiamento, il buon esempio? - Partecipo aUe sue tristezze, ai suoi rlolori? Verso i miei genitori, i miei parenti più stretti, eento quell'affetto e quei sentimenti di pietà che sono propri di ogni figlio e particolari di chi è incamminato neUa via della pe'l'fezione? - Prego per loro? Prego e mi adopero per la conversione dei peccatori, degli erranti e d'egli infedeli?
IV. DOVER! PARTiCOLARi Curo, con serietà, il mio p,tofitto spirituale? - Sono profondamente persuaso, e~ lo dimostro ana occasic:me, che la vita religiosa è vita di mortificazione e di penitenza? In particolare: OS8ervo le leggi dell'astinenza e del digiuno secondo le
prescrizioni della Regola? - O 80no facile a dispensarmi ano che senza giusto motivo? - Mangio, senza permesso e senza vera necessità, fuori dei pasti? --,- Eccedo nel mangiare e nel bere? - Vi metto avidità, sensualità? - Desidero cihi spedali? - Sono temperante o cerco la sazietà? Ho stima di me? - Mi ritengo migliore degli altri? Mi gloriò di quald1e buona dote, senza pensare che è dono di Dio? - Parlo volentieri di me? - Agisco per essere veduto e lodato dagli uomini? - Mi compiaccio delle lodi? Mi insuperbisco nei successi ? - Mi abbatto nelle avversità? - Mi rammarico se 80 che qualcuno sparla di me? Sono irascibile? - IntoHerante di offese e di parole PWlgenti? - Mi risento internamente?
(N. B. Qu.esto schema si può seguire specia17nente Ln occasione del ritiro mensile).
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144 A. ESAME DI COSCIENZA
CAPITOLO DECIMO PRIMO LA CONFESSIONE 1. IL SACRAMENTO DELLA CONFÉSSIONE . Questo S.acrame~to, istituito da Gesù per rimettere i peccati co~me~81 do,po Il Battesimo, dmane uno dei grandi segni den~ ~llsencordladi Dio e della sua volontà di salvare gli uomInI. ~' detto anche la seconda tavola di salvezza dopo il naufragIO, perchè al cristiauo, colpevole di peccato grave, non rimane altra "ia per ottenere il perdono. La Confessione, però, non è destinata solamente a dare la prima grazia a chi si trova in peccato mortale, ma anche ad aumentarla in chi già la possiede.
2. FREQUENZA DELLA CONFESSIONE . ~erchè anche Sacramento dei vivi, che accresce la grazia dI DIO, le n08.tre Costi~~zioni, conformemente alla legge generale della ChIesa, stabIhsdono che ci accostiamo aUa Penitenza alme~o una volta la settimana. Sebbene non si tratti di un obhlIgo tassativo che impegna sotto peccato, nondimeno la prescriziOl~e v.a tenuta nel debito conto, e lo sarà tanto più quanto meglIo 81 conosceranno e si apprezzeranno gli effetti. del Sacramento.
3. DISPOSIZIONI ALLA CONFESSIONE Il Catechismo enumera cinque condizioni per fare hene la Confessione: a) Esame di coscienza; b) Dolore del peccato; c) Proposito di non commetterlo più; cl) Confessione;
e)
Soddi~fazione
Deve comprendere il periodo che va dall'ultima Confessione ben fatta, e riguardare le trasgressioni dei Comandanti di Dio, dei Precetti generali della Chiesa, dei Voti, della Regola e d'elle Costituzioni, almeno in quei punti che sono spiegazione della Regola e dei Voti. I...'esame deve essere accurato e deve tener conto. oltrechè del numero, anche della maggiore o minore volontarietà degli atti, e delle circostanze che possono diminuire, o aggravare, o mutare la specie. Data, però, la delicatezza dell'argomento, la norma non si estende al voto e alla virtù della castità, per la quale basta un esame più sommario.
B. DOLORE DEL PECCATO Il dolore può essere perfetto e imperfetto. Il primo (detto anche contrizione) procede da motivo di carità, come la bontà infinita di Dio, le sue perfezioni (giustizia, sapienza, miseriCor· dia, ecc.) e si definisce: Dolore dell'animo e detestazione del peccato in quanto offesa di Dio, Essere amabile sopra ogni cosa. Esso è in grado di ottenere il perdono delle colpe gravi anche fuori della Confessione, purchè, almeno implicitamente, ne contenga il proposito. Il dolore imperfetto (detto anche attrizione) ha come movente non la carità, ma motivi inferiori che, tuttavia, dicono relazione con Dio. TI Concilio di Trento li riduce a tre: Bruttezza del peccato
in quanto si oppone alla volontà di Dio; timore dell'inferno, in . quanto castigo che infligge Dio; timore delle pene temporali, sia nella vita presente che in quella futura, in quanto sono inflitte da Dio che è giusto vindice del peccato.
o penitenza. 10
146 141 Un dolore concepito per motivi puramente umani (brut~ tezza del peccato in sè, timore dene pene temporali d' l' l' ' , d' d ' . .1 nla l l 'annaZIOne eterna) non è sufficiente tt '1 .lS1Cl, d « (} -enere l pert;mb nemmeno nel Sacramento della Co f ' • . n esslOne.
Questa disposizione deve lètversi nel momento della Confessione in maniera che il penitente possa dire allora: qualunque occasione mi si presentasse, subirei qualsiasi male, ma non
DOTI DEL DOLORE
Le ricadute, di per sè, non indicano mancanza di proposito, seJJbenedenotino una volontà debole.
g
Il dolore deve essere: 1. Vero, cioè sentito nel profondo dell'anima. 2. Soprannaturale, eccitato con l'aiuto dcUa grazia di Dio e concepito perchè il peccato è offesa di Dio. 3. Universale.' 1'1'0' cl • (I b uar an.e a meno tutti i peccati mortali non ancora rimessi.
implicitamente)
4. Sommo: che consideri il peccato come il peggiore di .
~imili
N.B. Il dolore deve percedere l:assoluzione.
IL PROPOSITO Consiste nella volontà ferma di non peccar più; e sehhene si contenga, implicitamente, nel dolore, per maO'rriore sicure"". e5. za, ' e op'portuno 8Ia esplicito. DOTI DEL PROPOSITO
n proposito
deve essere:
1. Fermo. Chi 10 fa deve realmente volere cÌòche pro. mette, ed essere disposto ad accettare qualsiasi male anzichè offendere di nuovo Dio.
offenderei il Signore.
2. Universale, che si estenda a tutti i pecdati mortali, cmue si è dettode1 dolore. Per i peccati veniali basta il proponimento di emendarne almeno uno. 3. Efficace, che muova di fatto la volontà ad usare tutti i mezzi adatti ad evitare il peccato; sopratutto a fuggire le occasioni prossime, a perdonare le ingiurie ecc. ed anche a ripa. rare gli eventuali danni.
D) LA CONFESSIONE
È la manifestazione delle proprie colpe al Sacerdote autorizzato, per averne l'assoluzione. DOTI DELLA CONFESSIONE
La Confessione deve essere: 1. Vera, corrispondente alla realtà dei fatti. Mentire, o tacere, volontariamente, un peccato grave rende la Confessione invalida e sacrilega.
2. Se!!;reta, non pubblica. Tanto il Confe58ore, quanto coloro che, in qualsiasi maniera, venissero a conoscenza ,d'elle cose dette in Confessione, sono gravemente tenuti al silenzio.
3. Vocale, salvo il Faso di impossihilità, e aHora si supplisce con altri segni.
149 4. Integra nel numerrt, nella specie e nelle circostanze, quando ei tratta di peccati gravi.
5. LA CONFESSIONE GENERALE
E) LA SODDISFAZIONE
CHE COSA È
È l'adempimento, di quelle opere di penitenza che impone il Confessore.
, E' l'accusa dei peccati commessi o dall'ueolli ragione o da una qualche data memoranda della vita, come l'entrata in Religione, la professione, gli u !timi esercizi spirituali ecc. • Quando si tratta di un periodo di tempo molto lungo non e facile, e, forse, nemmeno possibile, rcordare, nel numero e nella specie, i peccati; allora batserà sottoporre al potere d~l Sacramento i peccati gravi di cui si ha memoria, e, generIcamente, .quelli veniali.
II penitente ha l'obbligo di accettare la penitenza, e qualora riconoscesse di non poter soddisfare quella imposta dal Confèssore, ne deve chiedere la commutazione.
4. LA CONFESSIONE DEI PECCATI VENIALI I peccati veniali son~. materia libera della Confessione, perchè, non togliendo la grazia di Dio, il loro perdono si può ottenere fuori del Sacramento e senza il voto di esso, con qualsiasi opera meritoria (la preghiera, l'esercizio della virtù, delle opere di carità, ecc.). Di èonseguenza non è necessaria nè l'integrità dell'accusa, 'nè la universalità del dolore e del proposito. Si può accusare un peccato e tacere l'altro; dolersi di uno e non dolersi di un altro; proporre l'emendamento di uno e non proporre l'emen~ damento di un altro. Ciononostante è utile e vantaggio~ curare tanto la uni. versalità dell'accusa quanto la universalità del dolore e del proposito.
Le ragioni sono evidenti: la Confessione è, innanzi tutto, un atto di umiltà, e l'esercizio di questa virtù attira .sempre copia di grazie. Inoltre da una Confessione accurata ed uni. versale, il Confessore può trarre migliori e più' precisi. elementi per consigliare e guidare.
QUANDO È NECESSARIA E' necessaria quando si dovesse rimediare a Confessioni fatte male, o per aver taciuto volontariamente peccat~ gravi, o per mancanza di vero dolore o di serio proposito.. • Alle Confes6ioni sacrileghe, infatti, anche se tali sono per ancanza di dolore edi proposito, non si rimedia con atti sue. :ssivi di pentimentQ, ma 6010 CQn una nuova Confessione, che comprenda l'accusa di tutti i peccati gravi commessi dopo l'ultima Confessione ben fatta. . Ma se in questa si tralasciasse, per dimenticanza. qualch~ peccato grave, esso si rimette in modo indiret~o, sebbene ~l manga l'obbligQ di accusarlo, allorchè tornerà alla memo,na: nel qual caso, però, non è necessario ripetere la ConfesSIOne generale. , . . Non esiste, invece, obbligo della ConfeSSIOne generale, se non vi è certezza, ma solo dubbio sulla validità delle Confessioni passate.
15ò
lSÌ QUANDO
E UTILE
E' utile alla vigilia di qualche data: importante della propria vita, come l'ingresso iu Religione, la Professione, la Ordinazione sacerdotale, gli Esercizi annuali, ecc. In queste ch'costanze solenni, la Confessione generale è utile perchè può compensare quelle, involontariamente, di. fettose ed eccitare una maggiore cantrizione.
QUANDO NON SI DEVE FARE Non si deve fare quando si soffrisse la cosÌ detta malatti~ degli scrupoli, perchè non servirebbe che ad accrescere le angustie interne, i timori e le ansie.
La medicina degli scrupolosi non è la Confessione generale, ma l'umiltà, la fiducia nella parola del Confessore o del Direttore spirituale, l'ohhedienza alle loro direttive e la confidenZa in Dio. . Cose, purh~oppo, difficili ad ottenersi, perchè t5"li scrupoI 081, tra l'altro, sono ostinati e caparbi. 6. CHE COSA SI DEVE ACCUSARE NELLA CONFESSIONE Nella Confessione si accusano solamente le colpe che sono materia d'el Sacramento, e cioè: le colpe gravi, (materia necessaria) e le colpe veniali, (materia libera). Perciò 'non va fatta l'accusa dene colpe del tutto involon. tarie, nè di quelle commesse per ignoranza invincibile, di cui, cioè, quando si commettevano, non si c~no8ceva la malizia, nè la eventuale omissione di atti virtuosi ai quali non si è tenuti da alcuna legge.
i difetti e le colpe che non rivestono malizia di peccato serviranno a far compiere atti di umiltà, a far riconoscere la propria debolezza e offriranno occasione per chiedere consigli al DirettOl"e, fuori della Confessione.
7. SUGGERIMENTI PRATICI PER IL MOMENTO DELLA CONFESSIONE Portandosi davanti al Confessore e mettendosi in ginocchio, il penitente inchina il capo e dice: «Beneditemi, Padre, perchè ho peccato ». Poi recita il «Confiteor » fino alle parole « mea culpa,. e subito dopo inizia l'accusa, notificando il giorno deU'ultima Confessione. Nell'accusa delle colpe si avrà cura di non diminuire e di non accrescere la loro gravità; di tacere tutto quello che non riguarda la Confessione; di nonprolungarsi più del necessal'io; di non manifestare le colpe d'egli altri, salvo casi speciali, e di procedere con ordine, secondo lo schema che~ si segue nell'esame generale di coscienza. Al termine dell'accUsa dice: «Domando perdono aDio di. questi peccati e di quelli che non ricordo, proponendo di correggermi; e a· voi, PeDdre, domando l'assoluzione e la penitenza ». Dopo avere aEcoltato gli ammonimenti e le esortazioni del Confessore, e avere accolta con umiltà la penitenza che verrà imposta, rooita devotamente e con compunzione l'atto di dolore. Qualora si dovesse chiedere spiegazioni, chiarimenti, par-
153
15~
ticolari consigli, o manifestare al Confessore tatti o circostanze che non hanno riferimento diretto alla Confessione, si fa subito clopo ricevuta l'assoluzione.
8. DOPO LA CONFESSIONE Dopo la Confessione conviene raccogliersi in luogo appartato e silenzioso, e fare subito la penitenza, a meno che speciali ragioni non obblighino a rimandarla ad altro tempo. A quella imposta dal Confessore si può anche aggiungere qualche altra opera .espiatoria, con discrezione, però. e, possibilmente, contraria al peccato o alla passione che si vuole particolarmente combattere: una mortificazione corporale, se si trattasse di intemperanza; il silenzio stretto, in qualche ora del giorno, se del parlar trQPPO ; una orazione più lunga, se di accidia, ecc. I segni quasi certi della Confessione fatta bene sono la pace e la serenità d,ell'anima e il frutto spirituale che se ne ricava;
PREGHIERA PRIMA DELLA CONFESSIONE Clementissimo Gesù, unica speranza del mondo, ricevete, vi supplico, la mia confessione e concedetemi la contrizione del cuore, perchè, con umiltà e purezza di anima, possa piangere giorno e notte, i miei peccati e le mie negligenze. Voi, che per salvare il mondo, vi immolaste sulla Croce, .rimirate questo povero peccatore che invoca 'il vostro nome e dimentic{lte il male da lui commesso. Sciogliete i lacci della SlUl anima e sanatene le ferite.
Signor mio benignissimo, per i meriti della purissima Vergine, vostra Madre e di tutti i Santi del cielo datemi la lu,ce
della vostra verità perchè possa conoscere, con esatte=a, le c0Lpe di cui mi debbo accusare e perchè le sappia manifestare integralmente e con contrizione di cuore.
PREGHIERA DOPO LA CONFESSIONE Signore mio Gesù, per i meriffÌ della SS.ma vostra Madne e di tutti i Santi, accettate lo. mia Confessione e con la vostra bontà e misericordia supplite quanto può mancare o.lla purità .,Jelle mie intenzioni, alla contrizione perfetta, alla integrità della Confetsione. RendJetemi forte nelle tentazioni perchè non o.bbia più ~ 6epararmi da voi; cons~mi ~ pre la vostra' amiQizia e accrescetemi la vo$tTa santa grazza.
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i55 CAPITOLO DECIMO SECON DO
LA COMUNIONE 1. IL SACRAMENTO DELLA EUCARISTIA Oltrechè Sacrificio della mlOva alleanza, l'Eucaristia è uno dei sette Sacramenti; quello, anzi, dal quale desumono efficacia e vigore tutti gli altri. E' non 2010 strumento efficace di grazia, ma autore della grazia, perchè è Gesù vivo e vero, come sta in cielo, in corpo, sangue, anima e divinità. Riepilogo della sapienza e della potenza di Dio, è, nel medesimo tempo, insieme al Sacrificio del Calvario. la prova più grande dell'amore divino ; infatti: (( nessuno ama più
di colui che da la vita per la persona che ama )}. Con questo Sacramento il divin Salvatore ha perpetuato la sua presenza suna terra, per essere il compagno fedele e l'amico sicuro degli uomini e si è fatto loro cibo, per poter realizzare, con chiunque lo desidera, l'unione più santa e più perfetta. «La mia carne è veramente cibo e il mio sangue è verctmente bevanda: chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rinwne in me ed io in lui ».
A questo banchetto celeste si tempra e si sublima la carità, vincolo di perfezione, perchè uno è il corpo e il sangue del Sign01:e che alimenta tutti i Cristiani: i Vescavi, i Sacendoti, i laici. «Un solo corpo e nn solo spirito siamo noi tutti che mangiamo il medesimo pane e beviamo al medesimo calice ». La Mensa celeste è apparecchiata sempre, e il Signore invita ad essa, senza mai stancarsi, nonostante la freddezza e la ingratitudine umana.
tn particolare I;Eucadstia
e:
a) Pegno della eredità eterna e della resunezione glo.' riosa dei corpi. La mirabile unione con Gesù nel Sacramento rende possihile la partecipazione al suo trionfo e alla sua gloria:. b) Cibo dei forti: conferisce al cristiano, impegnato nell'aspra lotta del bene, la forza necessaria pcr vincere il mondo, il demonio e la carne. c) Cibo dei puri: aiuta a vincere gli stimoli della concu· piEcenza.
d) Medicina degli infermi: cura le malattie spirituali, corrobora le debolezze, sana le ferite.
2. LA S. COMUNIONE -
EF'FETTI E DISPOSIZIONI
La S. Comunione è l'atto più santo della vita umana; quel. lo nel quale l'uomo si unisce a Dio in una forma così intima e perfetta che è superata soltanto dalla u;nione ipostatica (tmÌone della natura umana e di quella divina nella persona:' del Verho, nella incarnazione di Gesù) e da quella naturale tra la Madre e il Figlio, nella generazione umana. Per essa diventiamo cristiferi. cioè portatori di Cristo; compartecipi della natura divina in maniera assai superiore di quanto non possiamo esserlo a mezzo della grazia santificante; divini in conformità di quanto si legge: «io ho detto: voi siete dii ». La elevazione allo stato soprarinaturale raggiunge un complemento tanto perletto che non si può spiegare: le due persone (Gesù e il cristiano) si incontrano, si penetrano fìsicamente, fino a conseguire la trasformazione della creatura e la sua divinizzazione. Non è, infatti, l'uomo che assimila a sè il
156 Signore, ma il Signore, che assimila a sè l'uomo. «Non sarai tu \che mi muterai in te, bensì io che ti muterò in me ,». Ma affinchè il Sacramento possa operare eff~tti tanto sublimi, si riehiedono le disposizioni adatte. Il noto princi. pio: «la. grazia non distrugge la natura, ma la perfeziona» si applica anche alla S. Comunione. E cosÌ si intende il detto di S. Maria Maddalena d,ei Pazzi: « Una sola Comunione faUa bene, ha forza e virtù di fare santa un'anima», Ecco pel'chè tanti stati spirituali diversi anche in coloro che, ·con eguale frequenza, si accostano alla Mensa Eucaristica; non è il numero delle Comunioni che vale, ma il fervore e i propositi che le precedono e le accompagnano.
157 colpe abituali, che invece di essere contrastate da un serio proposito di emendamento, sono ammesse con facilità e leggerezza. b) Rl1iCcoglimento dello spirito, per cui si sappia e si penei chi si va a ricevere. c) Rettitudine di intenzione: quella stessa che portò Gesù a istituire il Sacramento. La retta inte}lzione si manifesta nel desiderio di realizzare wl Signore una unione sempre più stretta, una fusione di volontà sempre più pedetta.
4. LA PREPARAZIONE ALLA S. COMUNIONE
PREPARAZIONE REMOTA 3. CONDIZIONI PER UNA COMUNIONE FRUTTUOSA a) Purità di coscienza. Questa, perchè sia integrale, non esige solo l'assenza del peccato mortale (che renderehhe la Comunione sacrilega) e dell'attaccamento ad esso ma anche dello attaccamento al peccato veniale, che impedisce il fervore clelIa carità. E' hensÌ vero che per ricevere l'effetto principale del Sacramento (la grazia santificante; cioè un aumento della grazia, essendo Sacramento dei vivi), basta aver l'anima monda dal peccato mortale; tuttavia per conseguire il frutto speciale (la rinnovazione interiore e la trasformazione dell'anima in Cristo!) si richiede una grande purezza, un distacco completo dalle cose transitorie 6 caduche di quesw mondo, sopratutto quando dicono opposizione a Dio, sia pure leggera. Le colpe veniali, effetto di fragilità e di sorpresa, che .;sr commettono, il più delle volte, senza piena avvertenza, non hnpedili!cono questo frutto speciale; lo impediscono, però, le
Consiste:
1. Nena fuga del peccato, dene occasioni di peccare, e nel distacco del cuore da ogni cosa o creatura che dice avversione a Dio. «Il Pane degli Angeli non conviene al palato che vuole gustare il sct]Jore di quello degli uomini ». 2. Nella fervida e ahituale devozione al S5. Sacramento, che si alimenta e si rivela nel pensiero rivolto spesso al Ta· hernacolo, nella visita che gli si fa ogniqualvolta è possibile e nella CO~lJnione spirituale frequente. 3. Nel desiderio sincero della Comunione sacramentale.
PREPARAZIOlVE PROSSIMA La preparazione pro8sim.a si compie con l'esercizio degli atti di fede, di ammirazione, di adorazione, di desiderio, di preghiera, di ringraziamento ecc. che aiutano a far vivere il più alto grado di carità.
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158 Servono opportunamente, soprafutto in periodi di aridità, le 'considerazioni che si leggono in qualche libro devoto, e anche la recita, insieme al Sacerdote, delle preghiere del Canone
della S. Messa.
Vbi siete il Re dei re c il Signore dei dominanti; voi siete la via, la verità, la luce delle menti, il sospiro e il riposo dei cuori, l'unica speranza, l'unico rifugio dell'anima,. Voi il pane celesteèhe racchiudete, per el-argirla~ ogni soovità ed ogni delizia.
5. IL RINGRAZIAMENTO Il tempo dopo la Comunione è il più adatto per trattare con Dio, p~r esprimergli la più viva gratitudine; e imparare da lui a servirlo secondo la sua Sflnta volontà. Ma oltre al ringraziamento che deve seguire suhito la Comuuione, fatto di quegli atti, di quei sentimenti, di quelle aspirazioni di cui siamo capaci, si deve curare anche quello più remoto, che cousiste in una ripetuta, amorosa conversione su se ;;tes.,Ì e nena devota considerazione della singolarissima grazia. S. Maria Maddalena dei Pazzi SpC!'lSO, tra giorno, interrogava le sue Novizie: «Quante volte avete ringraziato Gesii che sta-
nume è venuto n,e[ vostro cuore? ».
6. PENSIERI ED AFFETTI PER .LA S. COMUNIONE
(Il formulario può servire di guida e di esem'pio) ATTO DI ADORAZIONE
Signore' Gesù, nascosto in questo adorabile Sacramento, io vi adoro dal profondo dell'anima mia e vi riconoscQ mio Salvcitom e mi-a Signore. Tutte le creature vi sono sottoposte e cantano insieme la vostra glorut eterna; permettete che levi anch'io la mia voce e, particolarmente, insieme agli Angeli e ai Sant.i del cielo, ripeta in questo momento: «Adoremus in Q.ClernHm Sr;mctissimum Sacramentmn ».
ATTO :01 AMMIR4-ZIONE
Ma è dztnqlte vero che desiderate abbassarvi fino a me senza sdegnare la mia miseria, il mio fango, il mio n'ldla? Che desiderate unirvi sacramentalmente a questa povera creatura? E chi, o Signore, avrebbe immagùwto in Voi questo desiderio, se non lo aveste rivelato Vai stesso? Anima mia, scu~ti il tuo torpore e canta le l~di del Signore, Padre delle misericordie, e Dio di ogni consolazione, che sta per venire a te... ATTO DI RINGRAZIAMENTO
Misero verme della terra, mi riconosco e mi professerei non solo incapace, ma indegno, o buon Gesii, di espl"imervi la lnia gratitudine, se il vostro amore misericordioso non mi infondesse fiducia! Vi ringra,zio, dunque, di esservi fatto uomo per me, di . avermi insegnato, col vostro esempio, a vivere secondo Dio, di aver versato il vostro sangue per riconciliarmi col Padre celeste, e di tutte le grazie, senza numero e senza misura, che mi ((.Vete concesse nl corso della mia vita; M,t in pa:rticolare vi ringrazio del favore della presenza reale e della Mensa celeste che tenete sempre apparecchiata per essermi compag/w, gzdda, cunico, forza, nutrimento,
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160 Se degna,; venuto gettate rarvi e
anche la mia t'oce di ringraziamento sale a Jl ~i meno se il fuoco che arde in me non è quello che Voi siete ad accendere sulle, t~rra... o Dio di bontà, non mi rida V ai ~ non disprezzate il mio desiderio che è di adodi ringraziarvi in eterno.
ATTO
DIPE~TO
o Gesù, ecco vicino a Voi un povero peccatore! Quante volte, dimentico dri Voi, ho brnciato oro ed incenso ai miei tristi appetiti! Qnante volte ho trasgredito i santi ammaestramenti della vostra legge e i sani sngg~rimenti della mic~ coscienza! Si, lo riconosco e lo confesso! sono un pm;ero peccatore, indegno anche del vostro perdono per i proPQsiti tante volte fatti e non mantenuti, per le ,difficoltà opposte q,lle vostre ispirazioni, per. gli abusi della vostra grazia. Eppnre io spero nel vostro perdono perchè sono pentito. E non avete, forse, perdonato il pubblicàno, la Maddalena, il ladro? E non avete parlato del figliuol prodigo e della peco· l'ella smarrita? ATTO DI AMORE
Signore, che cosa farò io per ricambiare il vostro amore?'
E che cosa sono in grado di fare? ... lo protesto, per quanto so e quanto valgo, di volervi amare, di volerm ~ervire, di voler
abbracciare, con piena dedizione, la Croce che vi compiacete di mandarmi. Infondetemi il vostro santo amore, perchè con esso mi sia più facile compiere sempre e in' tutto la vostra volontà.
ATTO DI DESIDERIO E DI DOMANDA
Amabilissimo mio Gesù, io vi desidero ardentemente, nel. l'anima mia. Voi solo ne potete colmare il vuoto, reniler soddisfatti i desider~, le aspirazioni ... Venendo a me, concedetemi lo. purezza delle anime che vi sono particolarmente care; la fede dei M arrtiri, lo spirito di penitenza degli Anacoreti, e, sopratutto, destate, alimentate. perfezionate in me ramore, in maniera che non gusti, che non desideri, che non voglia altri 'Che" Voi ...
DOPO LA COMUNIONE Siete, dnnque in me, o Siglwre? Voi .che avete il mondo come trono, e la terra sgabello dei piedi, siete dentro &i me? In questo mio corpo, in questa mia anima? O Amico vero del. l'anim(t mia, non vi allontanate più; quando sarà cessata la presenza reale nelle specie eucaristiche, fate che' non cessi e non si attenui 'questa fiamma di carità che (wete accesa in me e che tanto mi conforta e mi solleva. Come sento ora la vanità di tutte le cose di questo mondo. delle affezioni umane, delle gioie terrene. Voi solo siete la mia luce, Voi solo il mio conforto, Voi solo la mia speranza. la mia felicità tlera ed eterna. Fate che ora e sempre io non ami altra bellezza che Voi, non senta altra dolcezza che V oi, non cerchi altro amore, altro conforto, altro diletto che Voi: e questo Sacramento del vostro Corpo e Sangue mi sia forzn nella fragilità e nei pericoli del mondo, impetrazione di perdono, conferma di grazia, medici· na di vita" viatico del pellegrinaggio. Mi conduca mentre cammino, mi rialzi quando cado e mi guidi alla gloria, per potervi anutre come desiderate e volete essere amato, nei secoli dei secoli. Così sia. 11
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CAPITOLO DECIMO TERZO
LA DEV9ZIONE ALLA MADONNA 1. ORIGINE E TRADIZIONE MARIANA DELL'ORDINE La storia e la spiritualità del nostro S. Ordine si riepiloga nella espressione tradizionale: "Carmelus totus marianus" Il Ca~elo è tutto .di Maria~ Lè Costituzioni lo di~no MARIANO PRR ANTONOMA. SIA, per distinguerlo dagli altri Istituti e Ordini Religiosi che .sì intitolano alla B. Vergine, e per significare che la relazione alla Madonna è la ragione stessa della sua esistenza. Testimonianze, che risalgono al principio del sec. XIII, danno per Certo che gli Eremiti del Monte (',armelo possede vano una piccola Chiesa, dedicata alla Beata Vergine, che ad essi meritò, sin d'allora, da parte dei fedeli, l'appellativo di Fratelli della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. La vivissima devozione alla Beata Vergine ci è testimoniatà dalle vite dei· nostri antichi Padri. Così di S. Bertoldo, primo Generale latino, si legge: ~ Ardeva di amore tanto grande per la Beatissima .Vergine, che non lasciava trascorrere ora del giOrno. senza prostrarsi'a terrapeT salutarla con pie orazioni»; ES. Brolcardo, prima di morire, rivolgeva ai suoi Frati una esortazione che ci viene· CMÌ tramandata: «Figlioli miei, Dio ci ha ckiamati nel numero e nell'Ordine degli Eremiti., e per suo dono singolare, siamo chiamati Fratelli della Beatissima Vergine Maria. Fate, dunque, che dopo la mia morte non vi
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onoriate indebitamente di questo titolo. Perciò- perseverate nel bene, detestate le ricchezze, disprezzate il mondo e unifor. mate la vita agli esempi di Maria e di Elia ». L'~ppellativo di Fratelli della Madonna non deroga nulla, alle prerogative e alla dignità· di Madre; dice solo che i Car· melitani, quasi ad ahhreviare le distanze, sorretti da una particolariseima confidenza, rimiranonella Beata Vergine la Sorella Màggiore, per ispirarsi al suo esempio nella vita· di solitudine, di mortific~ione e di preghiera. 2. MARIA MODELLO DEL VERO CARMELITANO Agli Eremiti del Monte Carmelo e ai loro suocessori;Maiia non ·appariva solo come patrona e protettrice· dell'Ordine, ma, insieme al Profeta Elia, come modello ed eeemplllre di vita e di perfezione. Antichi Scrittori dell'Orqine riconoecono che la Regola Carmelitana esprime il modo di vivere della Madonna e la vera vita carmelitanà consiste nella imitazione di Maria. « I veri figli e fratelli dei Santi» - Scrive Arnoldo Bo· stio (1445.1499) - «non s~no quelli che rimangono uniti ti: loro coi vincoli del sangue, ma quelli che imitano le loro opere... Tu, ,quindi, figlio della -divina Maria; ~ d~endente di Elia,· non devi offuscare la lOTO gloria. •• Non devi degerut-) rare... dalla tua ottima Madre e Sarella. La nobile contlbtta della tua vita dimostri la tua origine. Il fratello, davanti. alla altissima dignità di Maria Regina, si vergogni di fare opere indegne di tanta Sarella. Con la s~miglianza, invece', dei costumi, dia un segno efficace della sua unione a Lei... .-Se .è vero che nessuno mai la eguagliò, nè la eguaglierà in virtù, tutti, però, possono camminq,re sulle sue orme ».
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3. MARIA GUIDA ED AIUTO DEL VERO CARMELItANO Ma oltre che esemplare, Maria viene riguardata come va· lidissimo aiuto a vivere la vita carmelitana. l nostri Padri vissero la dottrina della Mediazione uni· versale della Madonna. Nelle asprezze della vita, nelle duo rezze della lotta, Clsi trovarono in Maria la speranza e il con· forto. c Maria ha ricevuto le chio.vi di due tesori, smarrite già dai· tempi antichi. Esse le furono regalate in dote, perchè acconSentisse più volentieri al suo Matrimonio con Dio e àicesse: Ecco la serva del Signore. La chio.ve della misericordia per i peni. tenti, e della grazia per chi desidera avanzare nella virtù ». E alla scuola di Maria, con il suo aiuto efficacissimo, il . Carmelitano diventerà c ogni giorno più grande, più- interiore, più forte, più illuminato, più puro; in una parola, migliore, perchè. Ella insegna le vie di Dio ». CosÌ il Bostio, 4. COME L'ORDINE VISSE LA DEVOZIONE A MARIA
. " La ,devozione alla Madonna v~nne vi8l!uta e praticata nel. l'Ordine soml?re con somma fiducia e tenerezza. Oltre alla pro· va di carattere generale che ci offre la storia, abbiamo testimo. nianze vive nelle preghiere tradizionali, quali il «Flos Carme. li» e l'c Ave Stella Matutina », composte da S. Simone Stok, nella Liturgia delle sue Feste, di cui alcune" esclusive del no· stro S. Ordine, e negli scritti di indole mariana. Antichissima fV la pratica della unione spirituale con Dio, attraverso e per mezzo di Maria. La tradizione dei nostri Padri e l'esempio dei Santi del nostro.Ordine ci insegnano che tutto ciò che noi facciamo 1'61.
friamo a Dio per le mani purissime della sua santÌssima Madre, perchè alla Maestà divina è infinitamente più accetto tutto ciò che procede dalle Bue mani e per le sue mani.
Il P. Michele di S. Agostino, che, insieme alla pua disce· pola Mari~ Petyt di S. Teresa, raggiunse il più alto vertice deJ11l devozione mariana dell'Ordine, tra le tante altre cose· sublimi, raccomanda: «Affinchè renda a Lei un onore e un amore COl1veniente ogni giorno, dopo avere offerto te stesso, ciò che ti appartiene e le tue opere alla S8.ma Trinità, in unione a Cristo e aii suoi meriti, abituati anche ad offrire, in modo speciale, a questa tua amabilissima Madre, te stesso, ciò che ti appartiene, tutti i tuoi esercizi, in unione al suo immacolato ooncepimento, intemerata maternità, inviolata dignità, eccellentissima santità e, uni. tamente a Lei, al suo divin Figlio. E come ogni azioné la compi nel nome di Dio, compila anche nel nome,di Mario. ». E continua col suo stile. pieno di amore e ·di tenerezza: «In 'ogni tentazione, avversità ed angustio.•. rivolgiti a L~i con fiducia certa ed affetto amoroso; come i bambini sogliano lifugiarsi nel seno della madre, allorchè hanno paura e #lOffrono molestia. .. In una parola, comportati, in tutto, liberamente, come un figliQlo amantissi7no con una madre carissima e benignissima:..
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** E queste anime elette raggiungono, ed esortano a raggiun. gere, le cime della vita spirituale in Maria, con Maria, e per me~o
di Maria.
167 Co~ì rorM:ione àSpirativa d.evéavetè per oggetto
b10, e, in
Dio, Maria, quale Madre amabilissima, in maniera che l'amo- , re a Lei, e da Lei a Dio, abbia un soave flusso e riflusso. Il P. Michele spiega: «In questa soave disposizione, l'anima ritiene un continuo e soave ricordo della Madre, una costante inclinazione verso di Lei quasi ne1l4 medesima mJJniera che in tutte le opere 'sperimenta una amorosa e nverenziale memoria di Dio; così che, come mediante l'esercizio della fede e .della carità stabile, si' acquista l'abitudine della presenza di Dio nella lJl.ente e nel cuore, tanto che sembra impossibile dimenticarlo; così un figlio amante di M aria, mediante l'esercizio .continuo di questa Madre nella memoria, acquista r abitudine di una memoria filiale e amorosa, in modo che tutti i suoi pensieri ed affetti abbiano come termine, insieme, Lei e Dio; e non si possa più dimenticare nè Lei nè Dio:.. ' Ugualmente l'unione mistica, che ~ostituisce il grado più alto dell' orazione. è stata, da alcune anime privilegiate del Carmelo, realizzata insieme con Dio e con Maria. c Sopravviene un'adesione dell'anima a Dio e a Maria così intima e ferma che, per un amore di fusione, sembrano diven-
tare un solo essere tutti e tre: DIO, MARIA, L'ANIMA, come se i tre fossero in uno solo fusi, annegati, assorbiti, trasfaro mJJti :.. « Questo' è il fine ultimo e supremo a cui l'anima possa aspirare nella pratica di questa vita mariana» (MariaPetyt). Secondo questo insegnamento, dunque, la vita mariana faci}ita e cò~pleta il cammino ascetico e rendé più perfetta funione mistica; per cui il Carmelitano tanto più vive lo spirito della sua Regola, quanto più vive la vita mariana.
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~.
Il SANTO
SCAPOLARE
11 Carmelitano deve vedere nel santo Scapolare la sintesi della devozione mariana dell'Ordine, il riepilogo di tutti i favori della Madre di Dio, il premio e la ricompensà generosa' di Ull' amore tenerissimo a una fiducia, senza limiti, di figli. OCCASIONE STORICA DEL SANTO SCAPOLARB
Il S. Scapolare venne dato dalla Vergine a S. Simone Stock, VI Priore Generale latino, nel 1251, (l'anno sembra quasi ae" cer1ato) e servì efficacemente a vincere le lotte e a superare i contrasti che. rendevano difficile la vita elo sviluppo dell'Or·· dine in Europa. In quelle dure circostanze, S. Simone Stock, con la confi..· denza propria dei Santi e specialissima dei grandi 'devoti della Madonna, chiedeva alla celeste Patrona un Privilegio a favore dell'Ordine, che fosse valso a confermargli il titolo di Ordine Mariano, consacrato, cioé, al' suo culto e al suo onore. La preghiera veniva benevolmente esaudita. Nella famosa 'apparizione la SS. Vergine disSe: «Qqesto sàrà per te e per tutti i Carmelitani il privilegio che chiunque
morrà rivestito di esSo non soffrirà il fuoco eterno ». Essendo l'Ordine consacrato a Maria fin dalla origine, .la 55.ma Vergine dimostrava di gradire questa consacrazione e mentre si dichiarava pronta ad aiutare 'Chiunque vi fosse appar~ . tenuto, designava il S. Scapolare c()me il canale per il quale i Buoi figli avrebbero ricevuto grazie e favori.
169, IL SENSO ESA TTO DELLA DEVOZIONE E DELLA PROMESSA DELLO SCAPOLARE
Nella devozione dello Scapolare si possono distinguere due concezioni e due modi di praticada: una imperfetta e incompleta, l'altra perfetta e completa. Concezione incompleta è quella delle persone che si rivestono dell'Abito della Madonna perchè, avendo paura dell'Inferno, sperano di poterlo evitare in grazia della protezione che la 5S.ma Vergine accorda per mezzo dello Scapolare.. Certamente tale fiducia è legittima e, se bene intesa, nessuno la deve sottovalutare: infatti la Madonna è la Mediatrice di tutte le grazie ed è portata a favorire coloro che la onorano in qualche maniera speciale. E questo fanno i fedeli che rivestono e portano lo Scapolare del Carmine, anche se non sanno elevarsi troppo dalle cose caduche della terra. Concezione perfetta è quella propria di quanti vivono lo spirito dell'Ordine. . Secondo questa interpretazione, lo Scapolare ?ella Madonna non deve essere portato, prima di tutto, o esclusivamente, perchè preserva dall'Inferno, ma perchè, come sintesi di tutto l'Abito, rivela esternamente la volontà di vivere nello spirito dell'Ordine. c Lo Scapolare» scrive il Bostio «ricorda ai figli del Carmelo che devono vivere continuamente la vita di Maria. come loro modello, incidere sullo scudo della fede la sua Immagine, aggiunta a quella del suo Figlio, mettere tutta la loro fiducia nella protezione onnipotente ~i questa sublime Sovrana, sempre pronta a soccorrerei ». Perciò lo Scapolare è il segno esterno della Consacra-
ziane a Maria; della dedizione totale del proprio essere Il Lei; anima e corpo, facoltà spirituali e facoltà materiali. In questo senso il Carmelitano deve intendere e vivere la devozione ano Scapolare.
6. IL PRIVILEGIO SABATINO Il Pri-vilegio Sabatino, che promette la liberazione dal Puro gatorio il più presto, e, particolarmente, il sabato dopo la morte, è un'altra prova tangibile dell'amore di predilezione che la Beata Vergine ha verso coloro che appartengono o sono aggregati al suo Ordine. L'indulgenza venne concessa dal Papa Giovanni XXII nel 1322, in seguito ad una visione della M.adonna e fu, successivamente, confermata da numerosi Pontefici. Il favore, dunque, è stato ottenuto dalla Beata Vergine per i Carmelitani. ma promulgato, ufficialmente, dalla Chiesa che è depositaria dell'ine. sauribile tesoro spirituale, formato dai meriti di Gesù, della sua SS.ma Madre e dei Santi. L'Indulgenza, però, non è, incondizionatamente, per tutti, ma solo per coloro che, olt1'e all'appartenere all'Ordine, osservano la castità del proprio stato e recitano l'Ufficio piccolo del. la B. Vergine o altre preghiere congrue.
Queste precise :condizioni indicano chiaramente che il grande Privilegio è riservato Il quelli che si sforzano di vivere nello spirito dell'Ordine, e che pratichino iD maniera completa, come si è spiegato sopra, la devozione dello Scapolare. CosÌ si intende quanto ruelisce S. Teresa, nel capitolo 38 della sua Autobiografia:
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......
« Si tròvàva molto ammalaJ;o' un Religioso del nostro Ordl,.~ ne, che era un uomo di grande virtù; Ascoltanillo., un. giorno, la S. Messa, entraV in un profondo raccogliInento, e vidi che quel Padre era morto e che saliva al Cielo senza passare per il Pur. gatorio. Seppi, poi, che era morto in quell'ora medlesima in cui ebbi la visione. Siccome io mi meravigliavo nel vederlo esente dàl. Purgatorio, intesi che avendo egli osservato fedelmente la sua Regola, aveva ottenuto questo favor~ in grazia delle BOLLE DELL'ORDINE». 5emhrà non vi sia duhbio che la Santa ÌJi riferisca alla fa:. mosa BOLLA SABATINA, ma è di grande importanza l'osservazione che il Religioso meritò il favore di -quella BOLLA, anzi . andò completamente esente dalle pene del Purgatorio, perchè . aveva osservato fedelmente la Regola.
7. COME IL CARMEUTANO DIMOSTRERÀ DI ESSERE VERAMENTE DEVOTO DELLA MADONNA, , Per il Carmelitano la devozione alla Madonna importa tre cose: l. La imitaziòne; 2. L'amore; 3. La propagazione del culto, soprattutto per mezzf! df!llo Scapolare. IMITAZIONE
Già si è detto come la 55.ma Vergine fosse riguardat(l da-
gli antichi Padri 'e Scrittori dell'Ordine come modello ed, èJC':mplare. _ Il P. Michele di 5. Agostino usa la parola: "Mariefo~ mi," vita conforme a Maria, in analogia alla vita: "Cristi-, formi," vita conforme a Gesù. E la vita della Madonna a spècchio senza macchia~ è immagine perfetta della bontà di Dio;.
tutte le virti..: teologaìi, cardinali, morali, trovano in Lei la più alta espressione, per cui chi la imita, imita Gesù e si avvicina a Dio. AMORE
Amore tenero, filiale, fiducioso. «Quando vedi una sua Immagine, godi, e in essa, con tutto il cuore, venera la tua Madre; quando scrivi, la tua penna segni, per primo, il ~ nome mellifluo; in ogni conversazione, in qualsiasi tempo e luogo, cerca di essere il buon odore di una Madre così amabile • sia nelle opere .che nelle parole e nei pensieri» (P., Miehele di 5. Agostino). PROPAGAZIONE DEL SUO CULTO
VOrdine riconobbe e sentì sempre questa missione. Ricordiamo due fatti antichi, particolarmente indicatiri: Verso iJ 1250 i Carmelitani di Tolosa chiedevano di trasferirsi dall'Eremo, che si trovava nei dintorni, al centro della 'città, e precisamente nel quartiere giudaico, per dedicarli allo apostolato, soprattutto con la propagazione del culto alla Ma· donna, e per riparare le bestemmie dei Giudei còntro la beata: Vergine, riconoscendo che «per mezr:o di essi (Carmelitani) la . Beatissima Vergine doveva essere lodata, ed esaltata e glorificata :.. Nel 1282 il Generale Pietro Amiliano sollecitava da Edoardo' primo, Re d'Inghilterra, protezione per il suo Ordine, pro· mettendo,in compenso, preghiere alla Madre di Dio, in onore della quale «l'Ordine era stato istituito divinamente ». Le Costituzioni vigenti ribadiscono questo concetto nello art. 2, ave si riconosce che la diffusione della devozione mariaDa ritorna a gloria di Dio e a' salvezza delle anime.
APPENDICE •
I VOTI
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CAPITOLO PRIMO I VOTI IN GENERALE 1. ESSENZA E SANTITA DEL VOTO
Il voto è IQ promessa fatta a Dio di cosa migliore che la sua opposta. Ciò significa che quanto si promette non solo deve essere buono, ma, confrontato con la ,cosa contraria, deve essere migliore. Cosi la verginità è migliore del matrimonio; la rinuncia ai beni materiali migliore dell' onesto possesso di essi; il rinnegamento, della volontà migliore del suo retto uso. La eccellenza e santità dei ,"oti religiosi si rivela dall'atto considerato in E>e stesso, e dal fine a cui tendono; sono, infatti, una consacrazione totale a Dio, un atto perfetto di Religione col quale sÌ riconosce Dio Creatore e Signore del cielo e della terra c, in particolare, della propria vita, e tendono a realizzare con Gesù una unione morale perfetta, mediante l'osservanza dei consigli evangelici; a spogliare l'uomo dei s}loi appetiti, delle sue affezioni e a rivestirlo di Dio; ad allontanarlo, il più possibile, dana terra per avvicinarlo al cielo.
2. RESPONSABILITÀ DI CHI EMETTE I VOTI Condizione necessaria alla validità dei voti è che siano emessi in piena libertà. Non esiste alcun obbligo, nè generale nè particolare, di farli. Rimangono sempre consigli non preceni, almeno fino a quando il Signore non avesse manifestata, con segni esterni certi~ la sUa elezione a quello 8,tato (Relil5ioso
o Sacerdotale ) nel quale si emèttono: cosa che ahitualmente non 8i verifica, non potendosi ritenere come tali le circostanze più o meno chiaramente indicative della volontà di Dio, quali l'attrattiva alla vita religiosa, il (lesiderio di perfezione, di apostolato, il richiamo della coscienza e tutti gli altri segui ed indizi da cui si giudica la verità della vocazione. La Chiesa rivendica al Voto libertà assoluta; lo dichiara nullo, se fatto per timore grave ed ingiusto, e infligge pene a coloro che, in qualsiasi modo, costringono ad entrare in Religione e ad emettere la Professione, sia solenne che semplice, sia perpetua che temporanea.
E si comprendono i motivi di una legislazione tanto rigo. rosa. La professione dei voti impone doveri che impegnano davanti a Dio, e non tutti hanno la forza e la volontà di p~rta:re un peso non obhligatorio e non necessario, al conseguimento della vita eterna.
Ma il voto, emesso nelle dovute condizioni, va osservato integralmente e fedelmente; e chi lo viola, oltre a rendersi reo di una colpa contro l.ill precetto ordinario se esiste (come avviene in materia di castità), manca anche contro la virtù della Religione. Lo Spirito Santo ammonisce:' « Quando (wrai fatta voto al Signore Dio tuo, non devi tardare ad adempierlo percllè' il Signore Dia tU{), te ne chiederà conta, e il ritardo ti sarà imputato in pecca,lo ». « Se in qualche cosa fa,cesti vota al Signore lWn tardare ad adempierlo, perchè a Lui dispiace una promessa stolta ed infedele ».
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, 176 «E' molto meglio non lare voto. che. dopo fatto. non , mantenerlo:.. La ragione di questi severi ammonimenti sta proprio nella circostanza che il voto è atto libero, fatto con piena avverten· za e deliberato consenso; in età nella quale si è in grado di com· prenderne la forza e la estensione. Sotto questo aspetto l'ob. bligo dei voti è superiore anche a quello dei. Comandamenti e dei Precetti generali della Chie&a.
3. NECESSITÀ E DOVERE DI CONOSCERE IL SIGNIFI· CATO E LA ESTENSIONE DEI VOTI PRIMA DELLA PROFESSIONE Poichè l'obbligo dei voti è tanto impegnativo, sarebbe stol. to e irrazional; al!8umerlo senza averne prima conosciuta la natura' e la estensione, e avere valutato se}."tmamente le proprie, forze se sono in grado di ponamo i pesi. A questo scopo mira sopratutto il Noviziato che ,deve pr~. mettersi alla Professione religiosa, come condizione necel!8arla alla sua validità. «EslO deve servire a formare l'cmimo del discepolo con lo studio deUa Regola e delle Costituzioni, con pie meditazioni e la preghiera assidua; insegnar bene tutto ciò che riguarda i voti e le virtù: estirpare, con opportune esercitazio. ni, i vizi, fin dalla radice; frenare le passioni dell'animo e
acquistare Ìa virtù ». , Ciò, tuttavia, non va interpretato nel senso che lo studio . dei Voti (come anch~ dellà Regola, delle Costituzioni e di tut· to ciò che serve a formare il buon Carmelitano) si dehba e si possa compiere e concludere durante il Noviziato, perchè la formazione intellettuale, morale e ·religiosa, capace di rende· ft; un uomo ~erfettamente consapèvole del proprio stato e fe·
dele ad esBO, è frutto di molto studio e di serio, prolungato . esercizio.
4. RAPPORTI RECIPROCI DEI VOTI I voti religiosi, a somiglianza delle virtù, sono tra di loro strettamente concatenati, cosÌ che la fedele osservanza di uno influisce sulla osservanza dell'altro e viceversa. In particolare il voto di obbedienza contiene, implicita. mente, gli altri due; motivo per cui la nostra S. Regola, nella' redazione originaria di S. Alberto, faceva parola soltanto di essa. I nostri Maestri insegnano che «un voto completa e so·
stenta 1'altro, così che quando si manca contro uno S,i manca anche contro gli altri, o, almeno, si mettono in pericolo. Tutti insieme si propongono di rimuovere gli impedimenti della perfezione e della salvezza eterna, e rendere chi li emette adatto al.servizio di Dio. Così per mez:;o del voto di povertà rinun"damo ai beni temporali per cercare gli eterni; per mezzo del voto di castità ci priviamo delle soddisfazioni della carne per avvicinarci spiritualmente a Dio; per mezzo del voto di obbedienza coroniamo l' opera, p~rchè diamo e sottomettiamo a Dio anche la volontà, e perciò tutto. In tal maniera l'olocausto diventa perfetto ».
5. I VOTI E LE RELATIVE VIRTÙ Alla retta intelligenza del voto giova molto iI suo confronto con la virtù, che ha un campo più vasto, e tocca l'apice della perfezione. La fedeltà al voto, fatta eccezione per quello di castità, richiede solo che non si compia azione esteriore oon12
179
178 traria a ciò che si è promesso; la: 'virtù, invece, guarda anche al pensiero e all'affetto interno. Così chi non possiede nulla di proprio, ed è ,distaccato col cuore da ogni bene materiale, osserva il voto e esercita la virtù della povertà: chi, invece, pur no~- possedendo nulla" sente attaccamento alle cose materiali, osserva il votO, ma non possiede la virtù della povertà. Chi obbedisde agli ordini dei Superiori, alle pres-crizioni _della Regola e delle Costituzioni a mala voglia, perchè costretto, eCc. è fedele al-voto, ma non alla 'virtù dolla obbedienza. Nella castità, invece, virtù e voto si identificano, per cui ognI mancanza contro la virtù è anche mancanza contro il voto, e ogni atto di fedeltà al voto è anche esercizio della virtù. Appare evid~nte che chiunque desidera tendere seriamente, alla perfezione, non deve contentarsi' di quanto si contiene nella lettera del voto, ma, pèrcliè intorno a questo si innanlzi un muro di protezione, deve mirare alle virtù co:rrispettive, la cui pratica e il cui esercizio rende fedeli imitatori di Cristo.
CAPITOLO SECONDO
IL VOTO DI OBBEDIENZA 1. ESSENZA DEL VOTO L'obhedienza costitllisce la base dell'edificio religioso: co· me un edificio non può stare senza base, così una qualsiasi As. sOciazione e, specialmente, un Istituto religioso non può sussistere senza obbedienza. Considerata integralmente richiede nell'uomo la maggiore rinuncia e, se osservata con fedeltà, anticipa sulla terra lo stato degli Eletti, la cui volontà è tutt'uno con la volontà di Dio. Essa importa il rinnegamento del proprio io; perciò vince l'orgoglio, la superbia, la va,nagloria e assimila a Gesù. il quale, riferendosi al Padre celeste, diceva: «lo fria:io sempre quello che a Lui piace ».
2. DIRITTI DEI SUPERIORI Il Superiore, in forza del voto di obbedienza, ha potere do, minativo sui sudditi, regolato, tuttavia, e limitato dialla Regola e dalle Costituzioni. l'ercÌò, non può comandare più di quanto si contiene in quelle, nè cose contrarie, né, molto meno, ingiuste, perchè il Religioso, con la Professione, si obbliga alla osser· "ama dei voti in conformità della Regola. Tuttavia, nel dubbio se l'ordine del Superiore sia o meno siusto; sesia o no com.orme alla R~ola e alle Coetituzioni, è
180 sempre opportuno e doveroso obbedire, anche per evitare disordini e scandali. I Superiori ai quali si deve ohbedienza sono: i1 Sommo Pontefice, il Priore generale, il Priore provinciale, il Priore locale. Essi possono obbligare sotto colpa gmve, nel qual caso il precetto va dato in virtù di santa obbedienz(t, (} con altra forma solenne, e sempre in scritto o davanti Il due testimoni; ovvero sotto colpa venlale o senza colpa. Se non lo dicono espressamente, Bi presume che la trasgressione del precetto non vogliano considerarla neanche peccato veniale.
3, DOVERI DEI SUDDITI Al diritto di comandare dei Superiori corrisponde, nei sudditi, il dovere di ohhedire, E l'ohhedienza va fatta sempre, a meno che non si tratti di cose apertamente contrarie ana legge di Dio o ano spirito della Regola e delle Costituzioni.
4, L'OBBEDIENZA E LA PERSONA DEI SUPERIORI Nei Superiori non hisogna mai considerare laperwna umana, che può essere anche difettosa, ma Cristo, che essi rappresentano. (( Guardati molto bene) - dice S. Giovanni dena Croce - (( dall'esaminare i talenti, l'indole naturale il modo di procedere del tuo Superiore, perchè altrimenti ti farai tanto danno che verrai a mutare l'obbedienza da divina in umana, movendoti ad agire solamente in considerazione delle qualità visibili
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del Superiore, e non per (Ì·mÒl'€ di Dio invisibile, {tI qua,le tu servi in lui», 5, PECCATI CONTRO L'OBBEDIENZA 1. ~i commette peccato grave contro il voto quando si trasgredIi.ce un pl'e ce tt o f Gl'male, - ene • non oltrepassa il limite deUa Regola, dato,con la formula: in virtù di santa obbedienza oppure con altra equivalel,}.te in scritto (} dnvullti a due testimoni. 2. Si commette pec'cato veniale quando si manca ana Re. gola, purchè non si tratti di Voti o dell'Ufficio dI'vI'no ! ~ l' " , nel qu". l cas~ Il peccato è .grave o veniale secondo la gravità della matena, . ,3, N o~ si commette peccato quando si trasgrediscono le mfhtte dal Superiori,
Costit~1Zioni, ma vi è l'ohhligo di subire le pene eventualmente E da notare che la esistenza e la r'l'avità di un " . valuta " o ' a COlpa SI l" l ' d no e 'SI"mIsurano anche da ' altre ch·nostan~e ~ . . . ,qual o scan alo o Il dIsordine che ne possono p"ovenire' '} cl' ' . , " ~ 1 , l lsprezzo d Il e Autonta legIttImamente costituita o della l O'u· • l b' 1 . eoce, a su· per la, a pIgrizia, ecc.; per cui, quando concorrono tali circostanze, una mancanza contro la Regola o le Costituzioni può diventare anche colpa gl'ave.
6. L'OBBEDIENZA PERFETTA Nell'obbedienza si distinguono tre gradi:
1. Obbedienza di esecnzione, che si ha nel compimento esteriore dell'azione. Questa è sufficiente aU'o.\lservanza del voto.
183
182 2. Obbedienza di' volo;"'tà, che si ha quando si vuole cii. che vuole il Sllperiore, quale rappresentante di Dio, e perchè egli lo vuole. 3. Obbedienza di intel7Jetto o di giudizio, che si ha quando il precetto è giudicato buono e conveniente, in quanto pronene da Dio. L'obbedienza perfetta esiste nel se,condo e nel terzo grado.
N. B. Rientra nella obbedien~a la fedeltà e la puntùalità agli atti comuni. tf,ai qùali nessuno si puO assentaTe senza la debita licenza.
CAPITOLO TERZO IL VOTO DI CASTITÀ 1. ECCELLENZA DELLA CASTITA La virtù della .castità, sebbene onorata anche prima e persino dai popoli pagani, solo nel Cristianesimo, dall'esempio della purissima Madre di Gesù e dall'insegnamento del clivin Salvatore, ha avuto il suo legittimo riconoBCimento e la sua giusta esaltazione. _ Gesù scelse una Madre Vergine, e predilesse Giovanni, perchè, chiamato alla sua scuola ancora vergine, rimase sempre tale. Delle beatitudini ne dedicò una speciale ai puri: «Beati i mondi di cuore perchè vedranno Dio ». E all~ castità si ri. ferisce la sentenza: «Non tutti capiscono questa parola », che significa: «Non tutti gli uomini. ordinariamente attaccati alle cose di questa terra e proclivi ai piaceri dei sensi. comprendono la bellezza della castità, ed hanno la forza di risolversi a. praticarla ».
2. IDENTITA TRA VOTO E VIRTÙ Come già detto, tra voto e virtù della castità non vi è di1Itinzione. TI voto, infatti, impone non 8010 la rinuncia volontaria ad ogni piacere carnale (atti esterni); ma anche a pensieri, ·desideri, ed affetti p'roibiti' dal nono Comand..mento (atti interni), e, di più, l'obbligo di fuggire le occasioni pericolose.
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18~
Perciò ogni mancanza èO~ltro il sesto e il nono precetto della legge di Dio è, nello stesso tempo, mancanza contro il voto e contro la virtù deIla casti tà. E poichè su questo argomento non si dà materia piccola, il peccato contro la castità è sempre grave, quando esiste piena avvertenza e> consenso deliberato.
3. La preghiera umil~ e fiduciosa, fatta col fine specifico di ottenere da Dio il dono della purezza e la forza nece~sal'ia nel momento 'della tentazione. 4. La fede viva nella presenza eli Dio. 5. Una devozione tenera ed affettuosa alla Madonna, invocata come Madre purissima.
3. PREROGATIVE PARTICOLARI DEL VOTO DI CASTITA Sehhene ogni voto ahbia la sua specifica e grande ragione, semhra che quello di castità ne abbia una speciali~sima, sia per la eccellenza della virtù in sè, sia per gli effetti mirahili che produce. E', infatti, virtù angelica, in quanto assimila gli uomini agli spiriti puri del Paradiso e li tempra e li rende capaci di vincere qualsiasi deholezza umana. La vita carmelitana ne presuppone il possesso perchè senza di essa non è possibile vivere in continua, attuale, affettuosa conversazione con Dia, nè offrire alla Madre celeste quel tributo eli ossequio che le debbono i figli di predilezione.
4. MEZZI ADATTI A CUSTODIRE LA CASTITA L La custodia dei sensi: di quelli esterni (vista, udito, odorato, gusto, tatto) e di quelli interni (memoria, immaginazione). I sensi sono chiamati le porte dell'anima, attraverso le quali, se non si è accorti, più facilmente entra la morte che la vita. 2. La fnga elelleoccasioni, non solo di quelle prossime, ma anche di quelle r,:emote. E' da evitare qualsiasi familiarità, ape.' cialmente con persone di altro sesso, e tutto ciò che presenta ombra o sospetto di pericolo.
6. 'Un rispetto religioso e sacro del proprio corpo, tempio dello Spirito Santo e tabernacolo vivo di Gesù presente nella S5.ma Eucaristia. (Le azioni necessarie alla mondezza del corpo vanno sempre fatte con retto fine, meccanicamente, sotto lo sguardo di Dio). 7. La mortificazione corporale che comprime i vizi, eleva la mente, elargisce virtù e premio. Nessuno deve disanimarsi se la lotta da sostenere è aspra e lunga, perchè il premio che Dio concede ai mondi di cuore, sia in questa vita che in quella futura, è infinitamentt' grande.
:1.86 CAPITOLO QUARTO
b) ~essuno puÒ prendere o disporre delle cose del Convento, benchè di uso comune, senza il ,permesso del Superiore o del Religioso designato a tale ufficio.
IL VOTO DI POVERTÀ
c) Non è lecito ricevere per sè (Ioni o compensi, ma tutto va consegnato al Priore o all'Economo. Per accettare dom si richiede, almeno, la licenza presunta del Priore.
1. LA POVERTA VIRTÙ EVANGELICA Sehhene ogni vi,rtùtrovi nel divin Salvatore un maestro e un modello perfetto, pOtrehhe dirsi che la povertà ha avuto in lui manifestazioni particolari. Ciò per, due evidenti motivi: l. Perchè essendo l'uomo tanto facile a lasciarsi soggiogare dai heni di questa terra, ha hisogno di un continuo e forte ri· ehiamo. 2. Perchè il distacco dai himi materiali è la condizione preliminare alla perfezione: «Nessuno di ,voi può essere mio
discepolo. se non rinuncia a quanto possiede ».
2. EFFÈTTI DEL VOTO DI POVERTA Il voto semplice interdice l'uso dei heni, per qualsiasi ti· tolo si posseggano, ma ne lascia, il dominio. Mantiene, cioè, il diritto di proprietà e ne proihisce l'uso.
Il voto solenne toglie tlÙIto l'uso che la proprietà, e di con· seguenza tutto ciò che il Religioso acquista va aI' Convento. Conclusioni pratiche: a) Nessuno, che ahhia emessa la Professione, può attri· buirsi alcunchè di proprio, ma tutto deve essere, considerato . comune; e ciò, in senso proprio, dopo la Professione solenne.
d) Ciò che si riceve legittimamente non può essere imo piegato in usi diversi o per un tempò più lungo di quello staM. , lito, nè si può cambiare con altri.
3. QUANDO SI MANCA CONTRO IL VOTO DI POVERTA Si manca al voto di povertà qualora, senza il dovuto perme880: a) Si disponga ,dei heni che ancora legittimamente si possiedono (dopo la Professione semplice). b) Si accettino doni o se ne facciano; si acquiSti o si '\"'enda; si presti o si camhi. c) Si usf delle cose in maniera diversa da quella stabilita. d) Si trasportino in altre case.
e) Si distruggano, o, per incuria, si lascino, perire; spe· cialmente se, per ragiom di ufficio, si, ha un ohhligo particolare di curarle e custodirle.
f) Si oltrepassino i limiti delle facoltà nell'amministrazione dei heni del Convento o dell'Ordine. Se poi, con atti contrari al voto, si lede anche la giustizia, o con l'appropriaziòne indehita dei heni della Religione o ' di
189
188 altri, si commettono due peceati: uno contro il voto e un altro contro la virtù della giustizia. E in questo caso, se la materia è gl'ave, vi è l'obbligo stretto della restituzione. La gravità della materia si valuta secondo le circostanze, ma poichè non sempre si può stabilire una misura esatta, il RelìgioBo ha il dovere di guardarsi da ogni specie di colpa.
nario, a meno che non lo proihiscano motivi superiori, quali la salute, la vita regolare e comune ecc. Vivendo cosÌ, il cuore rimane libero e si imita il divin Sal· vatore, .che, « essendo ricco si fece per noi povero ». La povertà di spirito si acquista con la meditazione della vita e della passione di nostro Signore Gesù Cristo e della Sua SS.ma Madre; con l'esercizio assiduo in ogni occasione e con la preghiera.
4, LA VIRTÙ DELLA POVERTÀ « Il fine vero del voto di povertà è la virtù clella povertà, che consiste nella libertà dell'animo da qualsiasi affetto disordinato ai beni temporali ». L'esistenza di questo affetto disordinato si manifesta dai seguenti segni: a) Se si cerèano o si desiderano eose superflue.
b) Se si pensa spesso, e quasi senza volerlo, ad aleune cose, perchè, c'ome dice il Vangelo: «ave è il tuo tesoro, ivi è anche il tuo cuore
».
c) Se si nascondono, di proposito, certi oggetti ai Superiori, per non esserne privati, ovvero se &i usa inganno, frode, menzogna, o preghiere insistenti per ottenerne. d) Se si sente tristezza allorchè si perde una cosa, o se ne viene privati dai Superiori; ovvero si nutre risentimento
6. QUANDO SI MANCA CONTRO LA VIRTÙ DELLA POVERTA' Poichè, come si è detto, la virtù considera anche gli atti interni si manca 'contro la virtù della povertà: (I) Quando si nutrono, volontariamente, desideri di he· ni materiali, o affetti disordinati per cose (non importa se di valore piccolo o grande) che non si possono avere. b) Quando si mormora o si sopportano con rammarico gli effetti della povertà religiosa.
c) Quando BÌ usano cose superflue, lussuose o mondane. Sebbene tali difetti, per sè, non costituiscano colpa gI'ave, vanno, tuttavia, avvertiti e corretti perchè danneggiano il progresso spirituale e la disciplina regolare.
o si mormora quando viene negata una lìcenza richiesta.
5, LO SPIRITO DI POVÉRTA'
7. LA LEGGE DELLA VITA COMUNE Alla osservanza del voto e della virtù della povertà giova molto la fedeltà alla legge della vita comune, la quale pre-
Consiste nel tener l'animo distaccato da ogni bene materiale e nel ricercare ciò che vi è di più comune e di più ordi.
ficrive;
190 a) Di non nutrirsi di cibi speciali~ salvo il caso di infermità; e di mangiare solo alla mensa comune. b) Di ricevere tutto dalla Comunità, alla quale spetta provvedere ai bisogni dei singoli.
0.) Di mettere a disposizione dei Superiori tutto' ciò che l!i ric~ve, per qualsiasi titòlo, .;ta 'parenti, da amici, ecc. d) Di lavo~are con lena e disinteresse per ~l bene della
Comunità e dell'Ordine, senza addurre pretestj.
CONCLUSIONE , La Religione va considerata com~ una famiglia, dalla quale iI necessario e a favore della quale si fanno confluire, lutte le energie. Errerebhe grandemente il Religioso che, appoggiandosi a certe consuetudini, riprovate dàlla legge, (e perçiò prive .di . qualsiasi valore giuridico e morale) ovvero a cattivi esempi dei Confratelli, volesse giustificare le sue trasgressioni contro iI voto di povertà o la legge della vita comune, perchè le azioni sono personali e ciascuno sarà chiamato, al tribunale di Dio, a rendere conto del proprio operato. ~i ri~ve
LODE A DIO E ALLA BEATA VERGINE MARIA DEL MONTE CARMELO
INDICE NOZIONI PRELIMINARI .
1. Che cosa è la perfezione' 2. Che cosa è lo stato religioso 3. 4. 5. 6.
7. 8.
. pago 7 ." 8 La perfezione è raccomandata a tutti i ~Cri8tiani" 9 La perfezione è obbligo speciale dei Religiosi ,,9 Ostacoli e difficoltà al conseguimento della perfezione lO " Perchè Dio chiama allo stato religioso • " lO Moltiplicità degli Istituti religiosi e obbligo di conoscere la car~tteri8tica del proprio Ordine ." Il Fine e caratteristica dell'Ordine Carmelitano " 12
.
PARTE PRIMA REGOLA DI S. ALBERTO PATRIARCA DI GERUSALEMME E REGOLA DEI PRIMI MONACI . " 15 CAP. " " " ." "
l. La Regola carmelitana e il suo~ autore. . " 16 II. Testo della Regola carmelitana . ., 18 III. Annotazioni alla l{egola . ,~ 26· IV. Conferme e mitigazioni . " 28 V. Interpretazione mariana della Regola • " 29 VI. Della Regola dei primi Monaci di Giovanni Gerosolimitano . " 30
REGOLA DEI PRIMI MONACI- TESTO
PARTE SECONDA
Cap. II. Il profeta Elia segue la voce di Dio che lo invita a ritirarsi dal moncIo per salire alla perfezione profetica, la quale consiste nella purezza e santità della vita e nella cognizione Ìlperimentale della presenza divina . pago 32 Cap. III. Il primo gradino della perfezione monastica consiste nella rinuncia delle ricchezze e nell'abbandono della patria e della propria famiglia. ,.
L'ESERCIZIO DELLA PREGHIERA
CAP. I. ~ECESSITA' DELLA VITA INTERIORE" CAP. II. L'ORAZIONE .. 1. Della orazione in genere -. .. 2. L'orazione è un dovere .. 3. L'orazione è un 'bisogno 4. Dio - il mondo -::- l'uomo " 5. L'uomo e la gloria di Dio " 6. L'unità nella varietà e nella moltiplicità ,,, delle lodi di Dio " 7. Forme di orazione
36
Cap. IV. Il secondo gradino è costituito dall'abnega, zione della propria ,:olontà e dalla repressione di ogui desiderio carnale
"
r
41
Cap. VI. Della carità perfetta e della fuga dei vizi. "
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Cap. VII. Alla perfezione della carità dei Monaci con-
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Cap. VIIl~ l,)ei mezzi adatti a perseverare umilmente nella perfezione monastica
"
55
Cap. IX. Elia profeta pervenne alla perfezione profetica con la rinùncia delle ricchezze, la purità e l'abnegazione della propria volontà. .
"
"
38
Cap. V. Del' terzo gradino della profe~8ione monastica, cioè della custodia della castità e della solitudine che il Monaco deve abbracciare "
ducoQo la povertà, la castità, l'obbedienzà,.. la solitudine dell'eremo e la fuga di tutto ciò che pUQ diminuire l'ardore della carità. "
pago 67
60
CAP. III. L'UFFICIO DIVINO 1. Eccellenza di questa preghiera 2. Perchè l'Ufficio divino è diviso in ore 3. L'Ufficio divino e la conoscenza del senso' delle parole 4. Suggerimenti per facilitare il raccoglimento 5. Come si interpretano le parole: "Digne, Attente, , Devote"
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70,
71 71 72
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"" 78 "
79
CAP. IV. LA SANTA MESSA 1. Essenza del Sacrificio della S. Messa " 81 2. Fine ed effetti della S. Messa . " 82 3. La liturgia della S. Messa: A.N ozioni preliminari:' I. Le vesti sacerdotali " 84 II. I colori liturgid ., 85 B. Le parti deÌla S. Messa -. " 86 4. Modi pratici per ascoltare la S. Messa: 87 Primo modo . .,- "
.
197 Secondo modo Terzo modo
Pag.87
."
93
CAP. V. LA LETTURA SPIRITUALE
1. Scopo 2. Scelta delle letture 3. Modo di farla
. .
"
94
"
95
94
8. Come comportarsi nelle aridità e nelle difficoltà pago III CAP.VUI. SCHEMI DI MEDITAZIONE SECONDO IL METODO PROPOSTO
1. Prima serie 2. Seconda serie
...
1I3
" 119
CAP. IX. L'ESERCIZIO DELLA PRESENZA DI DIO
CAP. VI. LA MEDITAZIONE
96 Nota storica " 97 Che cosa è la meditazione " .98 Perchè bisogna meditare " La meditazione è necessaria a tutti i 99 Cristiani " 5. La meditazione costituisce un obbligo per 99 i Religiosi " 6. La meditazione costituisce un obbligo particolare per il Carmelitano " 100
1. 2. 3. 4.
1. La presenza di Dio e l'ideale carmelitano 2. Effetti della presenza di Dio . 3. Condizioni perchè la presenza di Dio sia desiderabile 4. Vari modi di esercitarsi nella presenza di Dio 5. Quale modo è da preferire? . 6. Forme per mantenersi alla presenza di Dio 7. Della presenza di Maria SS. .
" 128 " 128 " " " " "
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CAP. X. L'ESAME DI COSCIENZA CAP. VII. METODO CARMELITANO DI MEDITA· ZIONE 1. Quanto sia importante imparare e seguire un metodo " 2. La preparazione alla meditazione: A. La preparazione remota " B. La preparazione prossima " 3. l.a meditazione " 4. Esempi pratici che insegnano come vanno esaminati i soggetti della meditazione . " 5. La mozione degli affetti " 6. Dopo la meditazione " . 7. La posizione da tenere durante la meditazione "
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L 2. 3. 4.
Importanza dell'esame di coscienza L'esame particolare L'esame generale . Formulario perl'esame generale di coscienza
CAP. XI. LA CONFESSIONE l. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Il Sacramento della Confessione Frequenza della Confessione · Disposizioni alla Confessione La Confessione dei peccati veniali · La Confessione generale . Che coea si deve accusare nella Confessione Suggerimenti pratici per il momento della
·
" 144 " 144 144,
"
" 148 " 149 " 150
Ì98 4. Rapporti reciproci dei voti
Confessione ..8. 1>opo la Confessione CAP. XII. LA
1. 2. 3. 4. 5. 6.
Il Sacramento dell'Eucarestia • La S. Comunione - Effetti e disposizioni Condizioni per una Comunione fruttuosa La preparazione· alla S. Comunione IL Ringraziamento . Pensieri ed affetti per la S. Comunione
,,154 ., 155 " 156 " 157
" 158, " 158
1. ~ssenza del '{oto di obbedienza 2. I diritti dei Superiori • 3. I doveri dei sudditi 4. L'obbedienza e la persona dei Superiori 5. Peccati contro l'obbedienza · . 6. L'obbedienza perfetta
·
" 179 " 179 " 180 " 180 " 181 " 181
CAP. III. IL VOTO DI CASTITA
Origine e tradizione m.ariana dell'Ordine Mari~ modello del vero Carmelitano • Maria guida ed aiuto del vero Carmelitano Come l'Ordine visse la devozione a Maria Il S. Scapolare Il Privilegio Sabatino Come il Carmelitano dimostrerà di essere veramente devoto della Madonna .
" 162 .. 163 " 164 ~,
144
" 167
.. 16.9 " 170 ,
1. Eccellenza .della castità " 2. Identità tra voto e virtù 3. Prerogative particolari del voto di castità "" 4. Mezzi adatti a cQstodire il voto di castità "
·
·
."
CAP. I. I VOTI IN GENERALE 1. Essenza e santità del vote) 2. Respon~bilità di chi emette i. v?ti . • 3. Necessità e dovere di conoscere 11 slgD1fÌcato e la estension~ dei voti prima della Profeudone :
183 183 184 1,84
CAY. IV. IL VOTO DI POVERTA 1. La povertà virtù evangelica 2. Effetti del voto di povertà 3. Quando si manca contro il voto di povertà 4. La virtù della povertà 5. Lo spirito di povertà 6. Quando si manca contro la virtù della povertà . 7. La legge dellà vita comune
" 186 " 186
· ""
APPENDICE 1 VOTI
· " 177
CAP. II. IL VOTO DI OBBEDIENZA
S. COMUNIONÉ
CAP. XIII. LA DEVOZIONE ALLA MADONNA
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
pag.177.
5. I voti e le relative virtù
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·"
CONCLUSIONE
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·"
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