Vita carmelitana 02 2013

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Vita Carmelitana

Periodico della Famiglia Carmelitana Provincia Napoletana Anno 75 - N. 2 Luglio / Dicembre 2013

Direttore Responsabile: Angelo Renna Direttore Editoriale: P. Enrico Ronzini

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Editoriale

I n q u e st o n u m e ro

Alzati e mangia La parola di Dio

Sale della terra Rubrica

Fuoco che trasforma Rubrica

Voi siete tutti fratelli Mt 23,8 di sr. M. Anastasia di Gerusalemme

pag. 4

Il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire Mt 20,28 pag. 7 di sr. M. Anastasia di Gerusalemme Giustizia e pace Per far narrare i cieli... la terra, l’aria e l’acqua, serve un “uomo vivente”. Nuovi spunti cristiani per la custodia del creato e la legalità. di prof. Pasquale Giustiniani Proposte di lettura Teresa D’avila, Cammino di perfezione di Salvatore Schirone

La spiritualità carmelitana Una parola di speranza e di salvezza (Cost. n. 24)

Insieme come fratelli Notizie di cronaca

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Francesco Berto Gagu: un nuovo carmelitano indonesiano tra noi Nasce il sito: www.padreangelo.it XI Convegno terz’ordine carmelitano Taranto: erezione del santuario diocesano Lo scapolare del beato Giovanni Paolo II a Varapodio e Torre Santa Susana Vallo della lucania: convegno su Elia Palmi: anniversario di professione nel TOC Cardile: 21 professi temporanei ricevono lo scapolare e la regola del Carmelo Il terz’ordine di Sambiese-Lamezia Terme e la novena del carmine Martina Franca: restauro del quadro di Santa Teresa. “Quello sguardo…” 2° Convegno su Santa Teresa: lettura laica del “cammino di perfezione” Il 2° convegno su S. Teresa dal punto di vista di chi era presente 15 ottobre 2013: la gioia di un’intera comunità

IN COPERTINA: dal sito Nazionale dell’Anpas.

pag. 10

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Editoriale

arissimi lettori,

passa per l’esperienza della fraternità e del servizio la trasformazione esistenziale del carmelitano. La spiritualità carmelitana non è infatti una pia devozione, né un cammino mistico individuale. A rivelarci il fondamento biblico della Koinonìa e della Diaconìa, i due articoli di suor Anastasia di Gerusalemme, che aprono questo nuovo numero di Vita Carmelitana. La fraternità è un cammino per niente facile, se pensiamo che la prima ricorrenza biblica del termine “fratello” appare in un contesto drammatico. La troviamo sulla bocca di Dio quando chiede conto a Caino del sangue di Abele: «dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Tuttavia - ci ricorda suor Anastasia - “c’è un percorso possibile, per noi, che puoi condurci oltre la distanza e la separazione” (p. 4): la via della fraternità indicata da Cristo in Mt 23,8 è sapientemente raccontata nel salmo 133, l’ultimo canto delle salite di Davide. La bellezza della fraternità riconquistata si deve poi tradurre nel servizio ai discepoli di Gesù, sull’esempio del maestro stesso che si cinge il grembiule per lavare i piedi ai suoi. E questo è il tema del secondo articolo di apertura (p. 7-9). Nelle pagine seguenti troverete anche la bella relazione che il professore Pasquale Giustiniani ha tenuto alla nostra fraternità provinciale lo scorso 1 maggio 2013 a Foggia durante la festa della famiglia carmelitana.

La vita delle nostre comunità è come al solito raccontata nell’estesa sezione, “insieme come fratelli”, mentre per il carisma carmelitano abbiamo inserito il messaggio del Capitolo Generale. Per le proposte di lettura abbiamo recensito una recente edizione del “Cammino di Perfezione” di santa Teresa D’Avila, da meditare nell’approssimarsi delle celebrazioni del quarto centenario della sua nascita.

Al suo insegnamento ci rivolgiamo per attingere conforto e discernimento nel nostro cammino fraterno al servizio alla Chiesa. P. ENRICO RONZINI Priore Provinciale

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ÂŤVoi siete tutti

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Alzati e mangia

ratelliÂť

(Matteo 23,8)

Il cammino che innalza, il dolce canto che fa nascere nuovi

Sr. M. Anastasia di Gerusalemme La parola “fratelloâ€?, nella Sacra Scrit- giungerci, fino a visitarci, ogni giorno: tura, appare per la prima volta in un “Dov’è tuo fratello?â€?. Per trovare Abele, il contesto molto difficile, molto doloroso: soffio dolce che dĂ senso a qualunque conquista, a appena agli inizi qualunque credella vita delscita nella nol’uomo, appena stra esistenza, dopo la formadobbiamo oltrezione della pripassare lo stecma famiglia, apcato, andare al pena dopo la di lĂ . La parola gioia per la nafratello, infatti, scita dei figli. è formata da Caino, “acquidue sole, semstoâ€? (questo siplici lettere: la gnifica il suo alef e la chet. La nome in ebraiprima è segno di co) di vita per Dio, è infatti Eva, parla a suo l’Uno, il prinfratello Abele, il cipio, e la se“soffioâ€?, il “nulconda è, aplaâ€?, mentre erapunto, lo stecno in campagna cato. A dire che e lo uccide (Gen il fratello è il 4, 8). E da quel luogo santo in momento non cui Dio si fa presa piĂš nulla di senza, ma si fa lui, non lo cuanche steccato, stodisce piĂš nel è il luogo della suo cuore, nel nostra lotta, delsuo sangue, lui, Scuola Italia, Caino uccide Abele (Gaetano Gandolfi, 1734-1802) la nostra fatica, carne della sua carne. Perde un pezzo di sĂŠ e rimane rot- della nostra salita. C’è, però, un percorso possibile, per to, Caino, rimane vuoto dentro, solo, “ramingo e fuggiasco sulla terraâ€? (ivi 4, 14), noi, che può condurci oltre la distanza e lontano da Dio. Uno steccato lo separa, la separazione, che può farci entrare nelormai, lo nasconde dal Volto del Padre, l’incontro piĂš vero, può aprirci la porta un velo di tristezza, di pianto. Mentre del cuore, della vita. I segnali, le tappe quella sua voce divina, quella sua do- sono nascosti in un salmo, “Canto delle manda, che parla al cuore, che penetra salite, di Davideâ€?. Ăˆ il 133, l’ultimo dei fino al punto piĂš profondo del nostro es- salmi chiamati ascensionali attribuito a sere, continua a risuonare, fino a rag- Davide, all’Amato. Ăˆ importante sottoli4

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Fratellanza.

neare questo elemento, perché si tratta proprio di questo: di un ingresso, un’immersione nell’amore. Occorre che ritorniamo al principio, al momento in cui anche per noi una madre ha gridato la gioia per aver acquisito un figlio, una figlia, per aver ricevuto dall’alto il dono di una vita. La parola fratello, infatti, così come la leggiamo nella lingua greca, anche nel Nuovo Testamento, esprime la forza vitale bellissima dell’utero della madre. A-delphòs: colui che è unito a un altro, in uno stesso utero. Parla di questa realtà, il Signore Gesù, nel momento in cui sembra gridare, davanti ai suoi discepoli, davanti alla folla, che, veramente!, “Voi siete tutti fratelli” (Mt 23, 8). Segna, così, il percorso della rinascita, l’unica strada possibile per essere pienamente uomini e donne, per essere, in questo mondo, suoi veri discepoli. Ma come possiamo tornare laggiù, dove siamo stati concepiti, amati, desiderati? E non noi da soli, ma come figli e fratelli? Il salmo ci offre due segni, o possiamo dire, due medicine: l’olio e la rugiada, la preghiera e la notte. Accanto a Davide emerge la figura di Aronne, il grande sacerdote, l’unto con l’olio santo dell’esultanza. Olio abbondante, versato sul capo, sulla barba, su tutte le vesti. Pronto per il servizio davanti al Signore, le mani già innalzate nella preghiera, nell’offerta, Aronne diventa presenza e figura del fratello accanto al fratello. Così è soave e dolce la comunione, la casa condivisa, i LUGLIO / DICEMBRE 2013

fratelli che abitano insieme ai fratelli. E poi la rugiada, silenzioso canto che annuncia l’aurora, la luce dopo la notte. È mattino, ormai, quando si è vicini ai fratelli! O forse è il contrario; trovare un amico, un fratello fa nascere, per noi, il nuovo giorno, fa sparire le cupe oscurità della notte. Sappiamo, poi, che la parola rugiada è scritta con le stesse lettere, ma poste al contrario, che danno la parola “velo”, o anche “busta chiusa”. Incontrare e accogliere i fratelli nella nostra vita è una grande benedizione, come dice il salmo: sì, perché solo così è possibile, per noi, vedere la luce piena, andare al di là dei veli, leggere ed essere letti nel cuore. Nessuno di noi può essere veramente felice finché rimane come una busta chiusa, non letta, non ascoltata da nessuno. Un’ultima cosa può suggerirci il contatto, la preghiera di questo salmo della

fraternità. Il primo versetto ci presenta la parola chiave “fratelli” e l’ultimo, proprio a chiusura del salmo, lascia risuonare la parola “vita”. Vita per sempre, dice il Signore. È bellissimo notare che, nella lingua ebraica, questi due termini sono tanto simili, quasi ripetizione l’uno dell’altro, con la differenza di un’unica lettera: fratelli inizia con alef, Nome di Dio, mentre vita inserisce una doppia yod, anch’essa Nome santo, Nome del Padre. Non c’è vita, nella nostra vita, senza i fra5


telli e allo stesso modo non c’è Dio, non questo abbraccio diventa lotta! Stefano, che ripete come eco di Cristo, la parola c’è Padre. Gesù legge fino in fondo il nostro cuo- della speranza: “ Voi siete fratelli!” (At 7, re, le nostre storie; Lui non teme di sol- 26), lo fa raccontando del litigio di cui levare il velo, di aprire la nostra busta Mosè, in Egitto, è testimone. Abbracciarci o combattere, dunque? È chiusa. Vero Amico, vero Maestro. Sembra strano, in effetti, che nel suo la scelta da fare ogni giorno, davanti al discorso ai discepoli Egli colleghi la paro- fratello, alla sorella. Davanti al Signore Gesù, che vive in la fratelli immediatamente a “maestro”, mezzo a noi, dicendo: “Uno primogenito tra solo è il vostro molti fratelli Maestro e voi (Rom 8, 29). siete tutti fraRimane nel setelli” (Mt 23, 8). no del Padre, A pensarci benell’abbraccio ne, però, l’unicon Lui (Gv 1, ca connessione 18), ma allo possibile è prostesso tempo prio questa; scende, viene a maestro, infatcercare noi, ti, nel greco, è per accoglierci. un termine meC’è spazio, raviglioso, dolnel suo cuocissimo: viene re… fratelli e da una radice Quanto soave il dimorare dei fratelli insieme (Sal 133,1) sorelle, geneche esprime rati dall’Amore di Dio, possiamo anche accoglienza. Il didaskalos è colui che tiene le sue noi, insieme, prender parte alla festa, mani aperte, tese verso il discepolo, aprire, spalancare le braccia ed entrare nell’abbraccio, dire sì a questo amore, pronte a ricevere, ad accogliere. È come un abbraccio! Parte da Lui, il iniziare a danzare, mentre l’anima canta Signore e diventa dono per ognuno di le parole del salmo: “Ecco, quanto è buonoi; dono da ricevere e da offrire, scam- no, quanto soave il dimorare dei fratelli insieme” (Sal 133, 1), in quell’unica casa, bio di vita, giorno dopo giorno. Però non sempre è così; tante volte che è l’abbraccio del Padre.

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Il iglio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire (Matteo 20,28) Sr. M. Anastasia di Gerusalemme Le vesti di Cristo sono a terra, deposte; il suo corpo di carne è appena avvolto con un asciugatoio, un panno di lino (Gv 13, 4), sottile livrea dei servi dell’Altissimo. Attorno alla tavola di festa siedono i discepoli, presenza viva di ognuno di noi, i suoi fratelli (Rm 8, 29), i suoi figli (Gv 13, 33; 21, 5), i suoi amici (Gv 15, 15). Ăˆ il grande ShabbĂ t della Pasqua, celebrazione del nostro riscatto, della libertĂ piĂš vera, piĂš piena, quella data per sempre. Non piĂš catene, prigione e duri lavori; non piĂš Egitto o Babilonia, o terra straniera. Siamo a casa, dove la tavola è pronta per la festa di nozze (Mt 22, 4). Anche noi siamo stati chiamati, presi ai crocicchi, per le piazze e le vie della cittĂ , fra i poveri, i ciechi e gli zoppi (Lc 14, 21). Qui il Signore si fa servo; il maestro diventa schiavo per noi (Gv 13, 13). Come Mosè, sul Sinai, occorre togliere via i calzari dai piedi: è luogo santissimo! (Es 3, 5) Non dobbiamo temere di rimanere spogliati anche noi, davanti al Signore, a piedi nudi, bisognosi di essere lavati, purificati; solo cosĂŹ, infatti, abbiamo parte con Lui, Lo possiamo conoscere ed essere da Lui conosciuti. Il cammino è giĂ segnato, giĂ percorso in anticipo; non saremo mai soli. Basta che seguiamo le tracce, i segnali. Forse un po’ come il figlio smarrito, che si alza e decide nel cuore il viaggio piĂš bello, piĂš benedetto che un essere umano possa mai fare: quello che porta fra le braccia del Padre, nella casa del suo amore infinito, del suo perdono senza confini (Lc 15, 11ss). LUGLIO / DICEMBRE 2013

Gesu lava i piedi ai Discepoli

Per questo GesĂš si fa schiavo, servo di tutti, l’ultimo. Non è venuto per farsi servire, ma per servire noi, per dare la sua vita, come riscatto, pagato in cambio della nostra vita, della nostra felicitĂ . La sacra Scrittura ci aiuta a capire il senso, il mistero di questo abbassarsi di Dio fino a noi; possiamo dire di questo sorprendente suo amore, che ci solleva, noi, polvere e cenere, e ci trasforma in vasi preziosi, creta che nasconde il tesoro piĂš bello di tutta la creazione (2 Cor 4, 7). 7


Il primo passaggio è quello che ci porta al principio, là dove Adamo, uno di noi, ancora era solo, con Dio. Fu preso e posto nel giardino di Eden per lavorare, per coltivare la terra (Gen 2, 15). È qui che troviamo, per la prima volta, nella Scrittura, il verbo servire, ‘avad, in ebraico. Una parola bellissima, legata alla terra, al lavoro dei campi, al lavoro profondo, che ogni Adàm è chiamato a compiere dentro di sé, su quella terra da cui

Verrocchio, Leonardo da Vinci - Battesimo di Cristo

ognuno di noi è stato tratto (Gen 3, 23). Gesù fa proprio così: esce, anche lui, dal giardino della condizione divina (Fil 2, 6) e scende sui campi del mondo, sulla terra di Adamo e la coltiva, paziente ed esperto, con lo strumento della sua croce, aratro sul quale pone le mani senza voltarsi indietro (Lc 9, 62). Qui inizia il servizio, la santa diakonìa di Gesù, il Signore. Ed è tanto grande, tanto lungo il viaggio di questo suo amore, da renderlo stanco (Gv 4, 6); fino in Egitto Egli è sceso. “Ho osservato…ho udito… conosco” 8

(Es 3, 7). Così parla Dio ai figli del suo popolo amato, a noi, il suo nuovo Israele. Il libro dell’Esodo ci aiuta a leggere meglio, a comprendere cosa significa che il nostro Signore e Maestro si è fatto, per noi, servo e schiavo. Laggiù, in Egitto, la vita era amara, dice la sacra Scrittura (Es 1, 14), dura la schiavitù; non restava che piangere, che singhiozzare, secondo la sfumatura del verbo ebraico qui usato (Es 2, 23). Piange Israele, piange il suo Cristo, esperto di ogni ferita; anzi “uomo dei dolori”, come scrive Isaia (53, 3). Il servo del Signore, infatti, è sfigurato, senza apparenza né bellezza o splendore; disprezzato, reietto. Destinato ad essere tagliato via, come un virgulto, che cresce al posto sbagliato, che va eliminato, perché non succhi la linfa vitale. Il Padre lo guarda e ripete: “Ecco il mio servo, il mio eletto, di cui mi compiaccio” (Is 42, 1) e “sul quale manifesterò la mia gloria” (Is 49, 3). Però la gloria di Dio è peso, secondo il doppio significato del termine ebraico, è dolore. Il Figlio di questo amore indicibile si è addossato le nostre sofferenze, ha portato i nostri dolori; ha piegato la schiena, come un operaio qualunque addetto al trasporto dei pesi, delle macerie (Ne 4, 4). Santa è la diakonìa di Gesù, santa la sua compassione, che raccoglie tutto il dolore del mondo e lo solleva, lo innalza, lo porta con sé fino al volto del Padre, là dove splende la luce. Ma c’è ancora un altro mistero, un altro dono di grazia. Il Signore, fatto schiavo per noi, sceso quaggiù a lavorare la terra del cuore dell’uomo, ha le mani ferite, piagate per il duro lavoro (Zac 13, 6). Mani alzate in preghiera, appese con chiodi al legno della croce; sono le mani del gran sacerdote nel tempio, innalzate al di sopra del capo per offrire all’Altissimo Dio i sacrifici, le offerte. Il verbo è sempre lo stesso, ‘avad, come già nel giardino di Eden. Anche qui, nel Getsemani, Gesù offre il servizio di Dio, che è la misericordia, l’amore. SacerVITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


ria, presso di Lui, ad dozio nuovo ed eterno, ascoltare… Ci sgorper il quale non occorgherà un canto dal re più il tempio, il suo cuore, parole di fede, velo, i riti solenni, le di amore: “Signore, io classi dei sacerdoti, sono tuo servo, figlio dei leviti. della tua ancella… hai Un tempo erano lospezzato le mie catero a svolgere il serviDall’amore per la terra un lavoro per gli uomini ne” (Sal 115, 7). zio di Dio, del suo popolo; erano loro a compiere il rito espiatorio per Israele (Num 8, 11.19). Ora non più. Le vesti di Cristo sono il nuovo velo del tempio, che ripara, che copre il peccato del mondo, che offre il servizio della riconciliazione. Per questo lo vediamo spogliato, avvolto solo con un asciugatoio di lino, attorno alla mensa e poi sulla croce. Dal giardino di Eden al Getsemani la strada è tracciata, dunque, anche per noi, sulle orme di Cristo, il Maestro e Signore. Infatti, come dice Lui stesso, ci ha lasciato un esempio, perché facciamo Per il tuo orientamento vocazionale anche noi come Lui. nella famiglia carmelitana Il nostro non è un duro lavoro, non è i frati, le monache e le suore più schiavitù; siamo liberi, siamo suoi amici. Non più come Adamo, o come ti offrono la possibilità Israele in Egitto, o i sacerdoti e i leviti di vivere periodi di riflessione nel tempio. e itinerari di ricerca. Ci sta lavando i piedi, il Signore; ci sta Puoi rivolgerti al responsabile: rivestendo della veste più bella, quella per i frati a Bari per la festa di Nozze. Entriamo, allora, prendiamo posto, per le monache a Ostuni come Giovanni, sul cuore di Cristo; coper le suore a Foggia. me la peccatrice, ai suoi piedi; come Ma-

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giustizia e pace

Per far narrare i ieli... la terra, l’aria e l’acqua, serve un “uomo viventeâ€?. Nuovi spunti cristiani per la custodia del creato e la legalitĂ prof. Pasquale Giustiniani

Sommario: 1. Introduzione. 2. E se i cieli non narrassero piĂš nulla di Dio? 3. Ri- educare alla legalitĂ . 4. Contrasto cristiano alla criminalitĂ ? 5. ComunitĂ cristiane e biosfera: il caso dello smaltimento dei rifiuti. 6. La “tragediaâ€? dei rifiuti. 7. FinirĂ mai l’emergenza?

può giungere fino alla contemplazione dell’Altissimo ed Onnipotente Bon Signore. 1.2. Ed ecco il brano di Ireneo: “Quelli che vedono Dio parteciperanno alla vita, perchĂŠ lo splendore di Dio è vivificante. Per questo colui che è inafferrabile, incomprensibile e invisibile si offre alla visione, alla 1. Introduzione comprensione e al posses1.1. La spiritualitĂ carso degli uomini, per vivifimelitana è, tra l’altro, concare coloro che lo comtemplazione ed esperienza prendono e lo vedono. Indella presenza di Dio dofatti la sua grandezza è vunque. Chi lo scopre preimperscrutabile, e la sua sente in cielo, in terra e in bontĂ inesprimibile; ma ogni luogo, infatti, sa stabiattraverso di esse egli si lire, come insegna Teresa di mostra e dĂ la vita a quelGesĂš, anche un incontro li che lo vedono. E imposaffettuoso ed orante con sibile vivere senza la vita, Lui e insieme, come insee la vita consiste essengna Giovanni della Croce, Gloria di Dio è l'uomo vivente zialmente nel partecipare sa predisporre le condizioni perchĂŠ si realizzi ogni giorno questa espe- a Dio, partecipazione che significa vedere rienza; tali condizioni comportano l’eli- Dio e godere della sua bontĂ ... Fin dal minazione di ogni tenebra, di ogni ombra, principio... il Figlio è il rivelatore del Padi ogni prigionia nella quale possiamo es- dre, perchĂŠ fin dal principio è col Padre: sere irretiti, in un’opera di vera e propria le visioni profetiche, la diversitĂ dei cariascesi, che comincia su questa terra e smi, i suoi ministeri, la glorificazione del non finisce mai. Ăˆ a questo livello della Padre, tutto egli, nel tempo opportuno, sensibilitĂ carmelitana che si può collo- ha fuso in melodia ben composta e armocare la volontĂ , espressa in questo radu- niosa per l’utilitĂ degli uomini. Dove inno, di guardare alle cose di quaggiĂš — fatti c’è composizione, c’è armonia; dove all’aria, all’acqua, alla terra, al fuoco, cioè c’è armonia, c’è esatta misura di tempo, e alle antichi radici di tutte le cose, di cui dove c’è tempo opportuno, c’è utilitĂ . Per parlano gli antichi filosofi dell’Occidente – questo il Verbo si è fatto dispensatore come a degli scalini, salendo i quali si della grazia del Padre per l’utilitĂ degli 10

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giustizia e pace

uomini, in vista dei quali ha compiuto tutta l’economia della salvezza, mostrando Dio agli uomini e collocando l’uomo a fianco di Dio; salvaguardando l’invisibilità del Padre perché l’uomo non arrivasse a disprezzare Dio e avesse sempre qualcosa da raggiungere, e nello stesso tempo rendendo Dio visibile agli uomini con l’insieme della sua economia, per impedire che l’uomo, privato totalmente di Dio, cessasse addirittura di esistere. Infatti la gloria di Dio è l’uomo vivente, e la vita dell’uomo consiste nella visione di Dio: se già la rivelazione di Dio attraverso la creazione dà la vita a tutti gli esseri che vivono sulla terra, quanto più la manifestazione del Padre attraverso il Verbo è causa di vita per coloro che vedono Dio!»1.

2. E se i cieli non narrassero più nulla di Dio? 2.1. È difficile, nei nostri tempi che gli esperti denominano globalizzato, postmoderno e, soprattutto, in crisi, riuscire ad avere uno sguardo che, guardando i cicli, riesca a vederne un rinvio all’Altissimo. Non è più il tempo del poeta Metastasio, che in una sua aria, la XXVI, cantava: “Dovunque il guardo giro / immenso Dio ti vedo”. Perfino il Papa ed i Vescovi lanciano di tanto in tanto come grido d’allarme sulla situazione, un grido insieme di dolore e di speranza, quasi un memento e un’invocazione. 2.2. Esattamente il 4 ottobre del 1991, veniva pubblicato, da parte della CEI, il documento “Educare alla legalità”, assai rilevante per questo nostro incontro. Un documento bello, forte significativo, nel quale i vescovi si chiedevano, con una punta di autocritica, se non fosse arrivato il momento di «riflettere non tanto su come gli “altri” rispettano il principio di legalità, quanto su come “noi” – cristiani e cittadini – lo viviamo, in ordine a delle norme». “Educare alla legalità” usciva in un momento storico tra i più tormentati, turbolenti, pericolosi, socialmente esiziali del nostro contesto socio-culturale italiano e meridionale.

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Per far narrare i cieli

3. Rì-educare alla legalità 3.1. Educare alla legalità era soltanto la prima Nota pastorale di ben tre noti interventi della CEI sui nostri temi: Educare alla legalità (1991), Stato sociale ed educazione alla socialità (1995) ed Educare alla pace (1998). Nella prima di queste tre Note pastorali, si possono ben leggere le condizioni per l’instaurazione di una genuina legalità: l’esistenza di chiare e legittime regole di comportamento che, temperando gli istintivi egoismi individuali o di gruppo, antepongano il bene comune agli interessi particolari; la correttezza e la trasparenza dei procedimenti che portano alla scelta delle norme e alla loro applicazione, in modo che siano controllabili le ragioni, gli scopi e i meccanismi che le producono; la stabilità delle leggi che regolano la convivenza ci11


giustizia e pace

vile; l’applicazione, anche coattiva, di queste regole nei confronti di tutti, evitando che siano solo i deboli e gli onesti ad adeguarvisi, mentre i forti e i furbi tranquillamente le disattendono; l’efficienza delle strutture sociali, che consentano a tutti, senza bisogno di protezioni particolari, l’attuazione dei propri diritti in modo da evitare la beffa di una proclamazione di diritti cui non segue l’effettivo godimento. 3.2. Si viene a creare, osservano i Vescovi, come una sorta di cammini paralleli tra la prassi delle persone e il “grido” sempre più forte dei Pastori. Di nuovo sui testimoni credibili, insistono i vescovi della Calabria nella Lettera alle nostre Chiese di Calabria nel fascino dei nostri santi meridionali, Catanzaro, 6 ottobre 20022. Lo Strumento di lavoro, in vista della Settimana Sociale dei cattolici (poi Educare alla legalità celebrata dal 35 marzo 2006), indica un percorso dalla paura, dalla dipendenza, dalla disgregazione sociale, dalla rassegnazione alla scelta della legalità, dell’impegno sociale, della partecipazione, coniugando carità, giustizia e servizio dei poveri; inoltre, elenca i temi sociali scottanti da affrontare: l’equità, la legalità, la democrazia attiva e la partecipazione sociale. Questo ribadiscono, anche i Vescovi italiani nel documento del 2010: «Solo la decisione di convertirsi e di rifiutare una mentalità mafiosa permette di uscirne veramente e, se necessario, subire violenza e immolarsi»3. 12

4. Contrasto cristiano alla criminalità? 4.1. La criminalità organizzata nelle sue varie dimensioni andrebbe contrastata decisamente dalle istituzioni preposte, ma anche dalla società in alto e in basso (cioè nei ceti intellettuali e di potere e nel popolino). È necessaria un’osservazione continua per il contrasto sinergico da parte delle forze dell’ordine (prevenzione), della società civile (da immunizzare dai germi perniciosi della criminalità nelle sue varie forme e volti), dallo stesso lavoro scientifico e dal lavoro formativo (come questo di Foggia). 4.2. Si rammenti che i vescovi italiani, nel 2010, intervengono esplicitamente a vent’anni dal documento episcopale precedente, anche sull’onda lunga della Caritas in veritate (29 giugno 2009) di papa Benedetto XVI, con il titolo: Per un paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno (21.2.2010)4. È interessante ricordare il taglio dell’intervento episcopale del 2010, che illustra ulteriormente ottica e limiti di qualunque intervento del Magistero sociale nei nostri contesti: si tratta di esprimere, infatti, «un giudizio ragionevole sulla situazione sociale e culturale del nostro Paese, illuminati dalla luce della fede coltivata nell’alveo della comunione ecclesiale, per dare un contributo alla comune fatica del pensare» (n. 2). 4.3. Naturalmente non si possono qui, per motivi di tempo, ricordare altri significativi documenti della chiesa universale e italiana. Ma gli scritti e le parole non sono più sufficienti. Se si continua a parlare solo di legalità, di antimafia, anti-..., non si va da nessuna parte. E arrivato certamente il tempo di fare della legalità il tema prioritario (legiferando in tal senso. Come mai non è stato ancora possibile elaborare una Legge nazionale seria sulla corruzione e la concussione?). 4.4. In primo luogo, dunque, quelli dei Pastori sono idee e valori lanciati nell’agorà per svegliare le coscienze morali dallo stato di torpore e dal rilassamento morale che, perdurando, procurerebbero VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


giustizia e pace

il progressivo indurimento del cuore e la perdita del santo timore di Dio. È una responsabilità morale quella di parlare anche in termini duri alle Chiese che sono in Italia, per suscitare quella che viene esplicitamente denominata, quasi in termini militari, una mobilitazione morale. Si tratta delle idee di sempre della Chiesa e della dottrina morale sociale: solidarietà, senso civico, con-costruzione del bene comune, amore agapico... Solo che esse sono ora riproposte all’intero Paese puntando sul Meridione qualificato come “laboratorio”. 4.5. Il cancro della criminalità organizzata può essere ancora curato, con chirurgia e chemioterapia cristiana. La criminalità organizzata, rappresentata soprattutto dalle mafie che avvelenano la vita sociale, pervertono la mente e il cuore di tanti giovani, soffocano l’economia, deformano il volto autentico del Sud, chiedono comunità davvero cristiane. L’economia illegale, peraltro, non si identifica totalmente con il fenomeno mafioso, essendo purtroppo diffuse attività illecite non sempre collegate alle organizzazioni criminali, ma ugualmente deleterie (usura, estorsione, evasione fiscale, lavoro nero...). Si deve riconoscere che le Chiese debbono ancora recepire sino in fondo la lezione profetica di Giovanni Paolo II e l’esempio dei testimoni morti per la giustizia. Tanti sembrano cedere alla tentazione di non parlare più del problema o di limitarsi a parlarne come di un male antico e invincibile.

5. Comunità cristiane e biosfera: il caso dello smaltimento dei rifiuti 5.1. Nonostante le speranze indotte dal secolo biotech5 - per il quale siamo in grado di produrre perfino embrioni umani da due padri e una madre; nonostante le biotecniche innovative, che non soltanto prefigurano nuove frontiere dell’evoluzione della specie umana, ma ibridano specie differenti tra loro e, mediante clonaggio, incrementano all’occorrenza le quantità e le qualità dei prodotti alimentari vegetali ed animali6 - i beni restano, per LUGLIO / DICEMBRE 2013

l’essere umano, non assoluti ma contingenti e provocano una grande domanda non soltanto circa le posSmaltimento dei rifiuti sibili strategie tecnologiche da adottare, ma anche circa la particolare responsabilità dei soggetti liberi di fronte e dentro il cosmo, a proposito del quale si determinano strategie antropiche di uso, e talvolta di abuso, ma soprattutto si elaborano possibili modelli teorici di rapporto o, meglio ancora, di correlazione. 5.2. È in un’ottica teologico-pastorale che la cosiddetta questione ambientale, posta in agenda fin dal 1972, nella Conferenza internazionale di Stoccolma, dalle Nazioni Unite, assume sempre più, anche per la comunità ecclesiale, un ruolo centrale, anzi la interroga teologicamente e moralmente circa i risvolti etici sociali della dottrina cristiana (soprattutto nelle istanze pastorali, teologiche ed ecumeniche)7. 5.3. D’ora in poi, anzi, tale questione non sarà più considerabile separatamente dalle connesse questioni dell’energia e dell’economia, della pace e della giustizia, degli interessi nazionali e della solidarietà internazionale e, in contesto di progressiva globalizzazione finanziaria ed economica, della stessa impresa, sempre meno reputata come l’esclusivo ambito del profitto e sempre più contigua dunque alla sfera morale, come ben mostra, per esempio, la cosiddetta dottrina etica d’impresa, la quale coniugherà emergenza ambientale ed economia di mercato. 5.4. Si ricorderà che lo stato di emergenza rifiuti in Regione Campania era stato constatato dai poteri politici centrali fin dal 1994 ed era stato gestito mediante commissariamenti straordinari, di volta in volta prorogati. Già nel 2004, gli stessi vescovi della Regione, interagendo col potere politico ed amministrativo, 13


giustizia e pace

avevano proposto la delocalizzazione degli interventi, la promozione della raccolta differenziata, l’impegno di una gestione provincializzata dei rifiuti, la realizzazione di termovalorizzatori, purché non tossici e comunque garantiti anche dall’Organizzazione mondiale della sanità. Sembrava ormai matura, anche a livello di opinione ecclesiale, una sensibilità che avrebbe dovuto comportare diverse strategie di gestione del territorio e della biosfera, finalmente in linea con il criterio della sostenibilità sociale ed ambientale, in cui cioè una sana crescita economica non dovrebbe mai danneggiare un ecosistema peculiare che, comunque, resta un forte attrattore turistico sia per le bellezze degli elementi fisici che per le tracce culturali del suo passato preistorico e storico.

6. La “tragedia” dei rifiuti 6.1. Quella situazione colorita e drammatica dei roghi di spazzatura per le strade delle città campane (e non solo campane) di qualche anno fa, nonostante l’arrivo del caldo e l’allarme diossina, mentre i contrasti sulle strategie si facevano più acuti tra governo centrale e potere regionale, fece guardare alla legge regionale del 20078 come ad una specie di “grida di manzoniana memoria”, incapace di risolvere alle radici la vera e propria tragedia dei rifiuti, come la chiamò nel discorso di fine anno il presidente della Repubblica, quasi a ribadire che la situazione di fragilità e precarietà assoluta della filiera dei rifiuti in Campania e nel Sud. 6.2. Per questo non vanno attutite le

L'emergenza rifiuti nelle città

critiche alle responsabilità istituzionali a tutti i livelli, non soltanto per quello che non si era riusciti a fare, ma anche per l’incapacità a proporre in tempi brevi una soluzione seria e radicale al problema. Mentre si sollecitava a recuperare rapidamente dignitose condizioni di vivibilità, rispettose sia degli interessi generali della comunità, sia dei diritti di ogni singolo cittadino, e mentre veniva cristianamente rinnovata la fiducia nella gente, ritenuta comunque in grado di trasformare anche quell’emergenza in strategie creative e risolutive dei problemi, si auspicava un dialogo costante e informato tra istituzioni, esperti e cittadini sulle buone pratiche da incentivare ed imitare, essendo, per esempio, una risorsa il fatto di sentirsi e di essere parte integrante di una sola comunità ai livelli locale, regionale e nazionale, in quanto una comunità sempre più ‘una’ sa davvero ascoltare il grido di coloro che subiscono ingiustizia, sa effettivamente riconoscere la funzione indispensabile di chi ha autorità, impara coralmente a non chiudersi in sterili localismi e particolarismi irrazionali, predilige in ogni circostanza coloro che sono più deboli e in affanno, isolando decisamente il male, pur perdonando e cercando di recuperare i malvagi 7. Finirà mai l’emergenza? 7.1. Purtroppo, nel campo della bioetica ambientale, in Italia e al Sud siamo ancora e sempre all’emergenza. Come mai? Ironia delle parole: emergenza, che dovrebbe indicare stato da superare il più presto possibile, anche con mezzi straordinari, come un commissariamento e relativa “militarizzazione” di certi luoghi della Campania e, in particolare, di Napoli e del suo hinterland a cavallo del 2008 (anno della crisi della munnezza,

VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


giustizia e pace

fiuti tossici e speciali da bonificare: problemi enormi, insomma, ma anche affari per i mal intenzionati.

Ireneo di Lione, Contro le eresie, 4,20,5-7. Fonte: http://www.chiesacattolica.it/cci_ new/pagine/355/ SettSocCalabria.doc. 3 CEI, Per un Paese solidale. Chiesa Italiana e Mezzogiorno, 21 febbraio 2010, n. 9. 4 Fonte: http://www.chiesacattolica.it/cci_ new/documenti_cei/2010-03/02-3/Per% 20un% 20Paese%20solidale.pdf. 5 La colorita espressione è di J. Rifkin, Il secolo biotech. Il commercio genetico e l’inizio di una nuora era, tr. it. di Loredana Lupica, Baldini Castoldi Palai, Milano 2003. Circa la necessità dì situare le nuove possibilità biotecniche in un quadro etico più ampio, cf M.J. Sandel, Contro la perfezione. L’etica nell’età dell’ingegneria genetica (Transizioni), Vita e Pensiero, Milano 2008. Per i risvolti biogiuridici della discussione, rinvierei a P. Glustiniani, Tra biodiritto e biopolitica. Il ruolo dei nuoti poteri pastorali nella discussione bioetica italiana, in Diritto e vita. Biodiritto, bioetica, biopolitica, a cura di Francesco Lucrezi e Francesco Mancuso, Collana scientifica dell’Università di Salemo - Atti di Convegno, Edizioni Rubbettino, Soveria Mannelli (Cz) 2010, 353-372. 6 In merito alla rilevanza di un’ottica di fede anche in ambito biotecnologico, mi sembrano ancora utili i vari saggi del volume P. Colonnello-R. Gallinaro-P. Giustiniani (a cura di), L’albero della vita. Biotecnologie tra fede e scienze, Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione san Tommaso-ECS, Napoli 2002. Cf anche M. Tallacchini - F. Terragni, Le biotecnologie. Aspetti etici, sociali e ambientali, Bruno Mondadori, Milano 2004; per i risvolti etico-bioetici della prospettiva, cf P. Glustiniani (a cura di), Discussioni di bioetica, ECS-Pontificia Facoltà teologica dell’Italia meridionale, sezione san Tommaso d’Aquino, Napoli 2009. 7 Ufficio nazionale per i problemi sociali e il lavoro-servizio nazionale per il progetto culturale della Conferenza Episcopale Italiana, Responsabilità per il creato. Un sussidio per le comunità, Elledici, Leumann (To) 2002. In merito alla contrapposizione tra fisiocentrismo o biocentrismo ed antropocentrismo, nei suoi risvolti morali e teologici, rinvierei anche a P. Giustiniani, Editoriale a M. A. La Torre, Le ragioni morali dell’ambientalismo, ESI, Napoli 1998, 5-10; Id., Antropocentrismo e biocentrismo. Un punto di lista religioso, in A. La Torre (cur.), Antropocentrismo e Biocentrismo. Due paradigmi a confronto, Perdisa Editore, Bologna 2005, 49-78. 8 Legge Regionale n. 4/2007: “Norme in materia di gestione, trasformazione, riutilizzo dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati”, «Bollettino Ufficiale della Regione Campania» n. 19 (03 aprile 2007). 1 2

anzi della “tragedia” come disse il Presidente Napolitano), diviene via via, invece, uno stato di emergenza infinita. A cui purtroppo ci si abitua, soprattutto qui al Sud, dove l’arte di “arrangiarsi” e di adattarsi inermi a quanto avviene “fuori”, è un atteggiamento atavico. È che non si riesce né a progettare, né a realizzare una serie di provvedimenti “mirati” e risolutivi, che dovrebbero andare nella direzione del cambiamento di “cultura”, invece d’inseguire primariamente la tecnica (e la politica) di piccoli interventi riparatori, simili a chi, nell’approssimarsi della visita di un ospite, mette la polvere sotto il tappeto, ma non spazza mai davvero bene e sistematicamente. A ben vedere, “rifiuti” e relativo “scarico” (e discarica) evidenziano, simbolicamente, un modo di stare al mondo: una parte di noi, benché prodotta da noi, viene rifiutata e scaricata su imprecisati altri, i quali non vogliono i “nostri” scarti” mal digerendo soprattutto i “loro”. 7.2. Ho già altre volte segnalato – per esempio all’Agensir – come quello dei rifiuti sia uno dei nuovi affari dell‘illegalità diffusa e della delinquenza organizzata. Alludo non tanto allo sversamento in discarica (un luogo alternativo prima o poi si troverà), ma alla gestione provinciale della raccolta e dello smaltimento, che è stata soltanto “politica” e non ha tenuto presenti le differenti estensioni ed esigenze dei tenitori provinciali (la provincia di Napoli e di Caserta sono enormi rispetto a quella di Benevento, ad esempio). Come ha trovato impreparata la macchina amministrativa e politica ordinaria. I dipendenti degli ex consorzi da assorbire e gestire; le ecoballe non ecologiche, che costano molto alla collettività, e che spesso sono ancora lì; i sottosuoli con riLUGLIO / DICEMBRE 2013

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proposte di lettura

TERESA D’AVILA, Cammino di perfezione

a cura di Luigi Boriello e Giovanna della Croce

Paoline Editoriale Libri Milano 2001

“Siccome (il Signore) ci ama, si adatta alla nostra misura”, ma poi “ingrandisce il palazzo dell'anima”. Quello che ci viene richiesto circa questo “palazzo”, altro non è che “fargliene dono con piena decisione e di sgombrarlo”. Questo breve passaggio del Cammino di perfezione (48, 3.4) sintetizza molto bene la mistica e l’ascetica di Santa Teresa d'Avila. L'iniziativa dell'unione dell'anima con Dio è tutta a carico del Signore. È lui che desidera prendere dimora in lei, e con tatto e pedagogia vi entra facendosi piccolo nella misura della piccolezza di 16

ogni cuore, con l'obiettivo però di allargarlo nell'amore. L'anima che si accorge di questa presenza, come quella del Re nel suo palazzo, rapita dalla bellezza del suo Signore, si impegna a tenere la sua stanza sempre in ordine. Affascinati da queste parole, la nostra Provincia in preparazione al quarto centenario della sua nascita (1615-2015), dopo aver meditato Il libro della mia vita, ha deciso quest'anno di riprendere in mano questa seconda opera fondamentale della Santa di Avila, nella quale viene già preannunciato il famoso tema del Castello interiore, culmine della sua spiritualità. La presente edizione del Cammino di perfezione, curata da Giovanna della Croce e Luigi Borriello, è la prima stesura, conosciuta come codice di Escorial, composta dalla mistica spagnola nel 1566, senza cioè i tagli, le censure e i rimaneggiamenti imposti dal teologo censore confluiti nel più noto codice Valladolid. La prima stesura rende perfettamente il contesto originario della conversazione intima, viva ed esperienziale tenuta da Teresa con le sue consorelle nel monastero di San Giuseppe. Tanti i temi affrontati dalla santa, compresi problemi di urgente attualità al suo tempo, come le guerre di religione e il ruolo della donna nella chiesa. Ma sono soprattutto le indicazioni pratiche su come vivere la riforma carmelitana a tenere banco. Teresa sapeva di aver scritto molte utili indicazioni nella sua precedente opera de La Vita, a cui fa spesso riferimento, ma sotto pressante richiesta delle sue

figlie spirituali offrire loro un insegnamento più specifico. Sebbene ammetta lei stessa di procedere senza ordine nella trattazione (cfr. ad esempio 30,1a), si possono rintracciare almeno cinque sviluppi del suo pensiero, così come si succedono nei ben 73 capitoli che compongono il Cammino di perfezione: 1- compiti, orientamento, ecclesialità del Carmelo; 2 – amore, distacco e umiltà come fondamento della preghiera; 3 – le vie della contemplazione; 4 – l’orazione vocale e contemplativa; 5 – commento al Padrenostro. Anche se sono rivolte principalmente alle religiose di un monastero, Teresa sa benissimo che le sue indicazioni valgono per tutti, indistintamente, per chiunque volesse raggiungere la preghiera perfetta (19,1). Per questo in un primo momento vorrebbe commentare entrambe le preghiere più popolari, Pater che l'Ave Maria, ma poi si sofferma lungamente solo sul Padre nostro, commentando ogni invocazione dal capitolo 44 fino alla fine del libro. Così conclude al sua dissertazione: “Sembra che il Signore abbia desiderato farci comprendere, sorelle, la grande consolazione racchiusa in questa orazione e, quando ci mancano libri, non ci può mancare questo Libro dettato dalla bocca delle stessa Verità”. Alla scuola di Teresa d'Avila anche noi possiamo raggiungere il vertici della contemplazione mettendoci umilmente in ascolto della viva voce del Signore, che ci insegna la preghiera fiduciosa al Padre nostro che è nei cieli. SALVATORE SCHIRONE

VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


Fuoco che trasforma

S

Una parola di e di salvezza

peranza

(Cost. n. 24)

MESSAGGIO FINALE DEL CAPITOLO GENERALE MMXIII

Noi, frati Carmelitani, provenienti da tutto il mondo e riuniti in Capitolo Generale presso Il Carmelo di Sassone, Italia, dal 3 al 20 settembre 2013, salutiamo i nostri fratelli e le nostre sorelle della Famiglia Carmelitana: grazia e pace a voi da Dio nostro Padre e dal Signore Gesù Cristo.

1. Noi crediamo che l’amore creatore di Dio, rivelatosi in modo definitivo in Gesù Cristo, il Verbo Incarnato, ci chiama ad una trasformazione continua nella potenza dello Spirito Santo. Camminare sulla via della trasformazione, con la luce della fede, richiede un incontro sia personale che comunitario con Gesù Cristo, che è la fonte della nostra speranza e della nostra salvezza.

2. Attraverso le conferenze, le riflessioni e il lavoro dei gruppi durante i giorni del Capitolo, ci sono state ricordate e ora noi le ricordiamo a voi, cari fratelli e sorelle, quelle sfide importanti con le quali ci dobbiamo confrontare: la comprensione del nostro mondo, il buon discernimento dei segni del nostro tempo e la capacità di agire secondo la grazia e la saggezza richiesta dai vari contesti in cui ci troviamo. Per poter offrire un messaggio di speranza là dove viviamo, siamo chiamati ad essere fratelli e sorelle radicati nell’esperienza di Dio, fratelli e sorelle di fede, speranza e amore. Per essere portatori di speranza siamo sfidati ad essere attenti e aperti al nostro mondo e alla Parola di Dio. 3. Discernere i segni dei nostri tempi Stiamo vivendo un periodo di rapida transizione in un mondo in continuo cambiamento. Siamo

LUGLIO / DICEMBRE 2013

Icona del capitolo Generale 2013

consapevoli che vi sono fattori che, nelle mani degli uomini, sono sia positivi che negativi. Quello che osserviamo, percepiamo e riconosciamo nelle nostre realtà ci chiede di dare risposte che scaturiscano da un profondo discernimento dei segni dei tempi, interpretati alla luce del Vangelo. La situazione del mondo ci offre delle opportunità per sviluppare nuove forme di presenza, accompagnamento, dialogo e azione ispirati al nostro discepolato come cristiani e carmelitani. Sentiamo di essere chiamati a camminare con il popolo del nostro tempo nelle diverse esperienze di sradicamento, dipendenza, isolamento, attivismo e di vuoto spirituale. Ma questo è possibile solo quando noi stessi siamo radicati nella comunione con Gesù Cristo 17


e quando siamo un cuore solo ed un’anima sola in comunità vive.

4. Agire in risposta al nostro mondo Siamo consapevoli di essere, a livello numerico, un piccolo Ordine, tuttavia possediamo una ricca tradizione spirituale ed una storia di oltre 800 anni da quando abbiamo ricevuto la nostra Regola da parte di S. Alberto di Gerusalemme, del quale stiamo celebrando l’ottavo centenario della morte. Specialmente nei giorni in cui siamo stati con i rappresentanti delle altre componenti della Famiglia Carmelitana, abbiamo sperimentato che c’è un grande numero di monache, suore, eremiti e laici che condividono la nostra spiritualità. Ci sentiamo incoraggiati a dare risposte nette e durature a quelle situazioni che gravano pesantemente sulla gente che ci circonda. La nostra condivisione ci ha sfidati a fare la differenza nel nostro mondo impegnandoci a:

a. Essere persone di preghiera Il papa emerito Benedetto XVI ha detto: “Voi carmelitani ci insegnate a pregare”. Papa Francesco ci ha sfidati a riflettere più profondamente sul valore della preghiera: “Voi dite di essere dei contemplativi in mezzo al popolo … la preghiera è la ‘via regale’ che porta al mistero profondo del Dio Uno e Trino ma è anche la via stretta che ci porta a Dio in mezzo al popolo come pellegrini del mondo verso la Terra Promessa … un Carmelitano senza questa vita contemplativa è un corpo morto”1. In effetti il nostro Ordine è visto, a giusta ragione, come una scuola di contemplazione. Il Beato Tito Brandsma ci ricorda che “Dio è tanto vicino a noi! Tutto ciò che vive esiste per la sua opera e per la sua presenza. Dovremmo sentire la sua presenza ed imparare dai nostri predecessori come essi si rapportavano con lui intimamente, gli

Momento di una celebrazione

parlavano e lo ascoltavano. Allora la vita apparirà molto diversa”2. Con il nostro modo di essere dobbiamo far comprendere agli altri che ogni Carmelo è uno spazio per la ricerca di Dio nel silenzio e nella solitudine. Ci sentiamo chiamati a costruire comunità di preghiera il cui principale servizio è quello di insegnare alla gente come pregare nei luoghi dove sono e prestano servizio, formandola ad una cultura di preghiera con i nostri discorsi, con la nostra celebrazione della liturgia partecipativa e contemplativa, con la pratica della Lectio Divina e con la nostra attenzione ad altre forme di preghiera. Valorizziamo, in questo senso, i monasteri delle monache del nostro Ordine e ci sentiamo fieri di loro perché ci ricordano costantemente i valori della preghiera e della ricerca di Dio.

b. Fare comunità Noi cerchiamo di creare comunità carmelitane che siano luoghi di incontro con Gesù Cristo e con gli altri, comunità di fiducia, amicizia, appartenenza, ospitalità, collaborazione e condivisione di responsabilità. Notiamo che il sano equilibrio tra preghiera e fraternità porta ad esprimere tenerezza e compassione. L’integrazione tra preghiera e missione profetica porta ad una conversione più autentica, e l’unione della missione profetica e della fraternità porta alla solidarietà con la nostra gente. Pertanto dobbiamo rinnovare il nostro impegno personale ad essere fraternità di preghiera e di contemplazione a servizio della Chiesa e del mondo. Notiamo che gli elementi irrinunciabili per costruire queste comunità sono: la presenza ai momenti comunitari – la liturgia, gli incontri della comunità, i pasti, le riunioni fraterne – e un sano equilibrio tra solitudine e attività.

c. Promozione vocazionale, formazione iniziale e permanente Esortiamo tutti i carmelitani, a livello personale e comunitario, a sentirsi responsabili della promozione vocazionale attraverso: la testimonianza autentica e gioiosa dello stile di vita carmelitana; l’interesse nella pastorale giovanile; la partecipazione ai progetti comuni sulla promozione vocazionale; la collaboraVITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


zione con i promotori vocazionali della comunità, della provincia della diocesi o di altri Ordini. Con l’accoglienza di un candidato nel processo formativo carmelitano inizia quella formazione umana, intellettuale, spirituale e pastorale che dura tutta la vita. Incoraggiamo a scegliere alcuni candidati più idonei perché intraprendano quegli studi superiori connessi con il nostro carisma.

d. Coltivare il discernimento Un valore profondamente cristiano e carmelitano è il discernimento. Per fare delle nostre comunità dei luoghi di accoglienza abbiamo bisogno di rinnovare il nostro impegno per il silenzio, l’ascolto e il discernimento della volontà di Dio negli eventi della nostra vita quotidiana e con le persone con cui veniamo a contatto. Considerando il senso di frammentazione e di dispersione che molti sperimentano, spingiamo a coltivare un giusto equilibrio, dentro noi stessi e dentro gli altri, tra tutte queste realtà: tra l’individualità e la comunità, tra il silenzio-solitudine e il parlare, tra la preghiera e l’apostolato, tra la mistica e l’azione sociale. Gli incontri comunitari sono strumenti preziosi per praticare il discernimento3.

e. Prendere le giuste decisioni Per essere efficaci nei posti in cui ci troviamo dobbiamo promuovere, a tutti i livelli delle strutture carmelitane di governo, quelle qualità che esprimono credibilità, ascolto, decisionalità e servizio. Siamo consapevoli che certe decisioni difficili dovranno essere prese considerando o il nostro numero in diminuzione in alcune aree o il nostro numero in crescita in altre. Al di là delle decisioni da prendere, i principi da tenere in conto sono la fedeltà a Cristo, la coerenza col carisma dell’Ordine ed il discernimento dei segni dei tempi. f. L’impegno nella missione La nostra missione è vivere il nostro carisma. Il cuore della nostra testimonianza sta nel realizzare la dimensione contemplativa dell’Ordine, da vivere, coltivare e trasmettere4. Testimoniamo l’efficacia del Vangelo attraverso la trasformazione delle nostre vite, ma anche attraverso l’impegno nel dialogo con i poveri, le culture, le religioni e i si-

LUGLIO / DICEMBRE 2013

Udienza con il papa 18-09-13.

stemi. Le persone saranno attirate a Cristo quando noteranno le nostre vite basate sul Vangelo della semplicità e della solidarietà con gli emarginati, quando celebreremo l’unità nella diversità e la creazione di ambienti sani per quei bambini, adolescenti e adulti che noi serviamo. Così speriamo di contribuire, col nostro stile, alla nuova Evangelizzazione a cui la Chiesa insistentemente ci sta chiamando.

5. Mantenere viva la speranza L’attuale situazione del nostro mondo non è motivo di disperazione; piuttosto, ciò che l’umanità sta sperimentando ci offre delle opportunità per esprimere chi siamo. È come se questo mondo ci dicesse: i carmelitani sono capaci di risollevarsi e di contare ancora qualcosa? Quindi, cerchiamo di risollevarci e di farci riconoscere come testimoni autentici e credibili dello Spirito. È per la nostra adozione a figli e figlie del Padre, per la nostra fede in Cristo, per la potenza dello Spirito Santo, che noi intravediamo tante opportunità nascoste in queste sfide. Gesù Cristo è la Parola di speranza e di salvezza ed è per questo che speriamo di fare la differenza nelle nostre comunità e nei nostri luoghi col nostro modo di vivere. Con Maria, nostro modello e ispirazione, e con il Profeta Elia che stava alla presenza di Dio, vogliamo imparare ad attendere nella speranza la salvezza che viene solo dal Signore. Affidiamo noi stessi al loro sostegno e alla loro guida nel nostro cammino verso il futuro. Il Carmelo, Sassone, Italia, 20 settembre 2013

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Insieme come fratelli

FRANCESCO BERTO GAGU: UN NUOVO CARMELITANO INDONESIANO TRA NOI

«Il mio nome completo è Fransiskus Berto Gagu. Potete chiamarmi Francesco. Non sono il Papa Francesco. Sono venuto dall’Indonesia. Grazie per la vostra accoglienza. Pregate per me e io prego per voi» diceva p. Francesco alla fine della santa messa di Domenica, 28 aprile 2013 al santuario Maria Santissima di Campiglione di Caivano presieduta dal priore p. Cosimo Pagliara. Entrato nell’Ordine Carmelitano nel 2000, è stato ordinato sacerdote il 9 agosto 2008. Nominato formatore dei novizi a Timor Est della nostra Provincia Australiana, ha esercitato il suo ministero fino allo scorso 24 aprile, quando è stato trasferito a Roma. I confratelli carmelitani a Caivano lo hanno accolto benissimo, e nonostante il suo italiano incespichi un poco, avverte il

Padre Yonas con Padre Francesco

calore dell’accoglienza e non fa che ringraziare sempre tutti per questo. È stato molto contento di aver potuto incontrare tante persone in questi giorni, specialmente a Vico Equenze durante il convegno residenziale del TOC. Possa servire la Chiesa e l’Ordine in questa Provincia secondo la volontà del Signore. p. YONAS KAKI, O. Carm.

NASCE IL SITO: WWW.PADREANGELO.IT

In occasione dell’ultimo Convegno su Santa Teresa D’Avila, tenutosi lo scorso 12 ottobre 2013 nella comunità di Bari, Padre Angelo De Florio, priore della stessa, ha annunciato che l’inno del convegno e vari spartiti sono a disposizione di tutti sul sito www.padreangelo.it. Significativa la frase di M. Luther King scelta per la homepage: “Ho sempre amato la musica, chiunque ab20

bia abilità in quest’arte ha un carattere buono, adatto ad ogni cosa. Dobbiamo insegnare musica nelle scuole; un maestro dovrebbe avere abilità musicali o non lo considererei; né dovremmo ordinare preti, a meno che essi non siano stati ben esercitati alla musica.” Siamo grati al Signore per questo dono fatto a tutta la Provincia e alla Chiesa. VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


XI CONVEGNO TERZ’ORDINE CARMELITANO “È casa mia, è la mia famiglia”. Questa frase che segna l’apertura dell’XI Convegno residenziale del Terz’Ordine Carmelitano, pronunciata dal Priore Provinciale Enrico Ronzini, mi ha ricordato un’altra afferma zio n e: “Rabbi è bello per noi essere qui”. Ed è stato proprio come trovarsi sul Tabor nella tre giorni vissuta a Vico Equense dal T.O.C. della Provincia Napoletana. La località, scelta con cura e oculatezza da parte della Presidente Provinciale, Marisa Fotia Martino e dalla segretaria Rita Irrera, ha permesso la realizzazione di quanto si era programmato: scegliere un luogo appartato, idoneo al raccoglimento, alla meditazione, che potesse, permetterei interiorizzare tutto ciò che sarebbe stato fatto. Siamo saliti veramente su un monte, sulla costiera Amalfitana, che ci è sembrato ancora più alta e inaccessibile vista l’impervietà della strada, ma con l’aiuto sollecito dei Vigili Urbani, cui va il nostro grazie per la loro solerzia, tutto è andato a meraviglia e abbiamo potuto iniziare la nostra sosta. Si è creato subito un clima di grande familiarità tra tutti i T.O.C. presenti, della Puglia Nord e Sud, della Campania, Basilicata e Calabria ed è forse perché si respirava un’atmosfera così serena e tranquilla che Padre Enrico si è sentito a casa sua. Il tema trattato ci ha presentato “Elia modello di contemplazione e azione, testimone di una nuova immagine di Dio e del suo regno”. Elia è uno dei modelli ispirativi dell’OrLUGLIO / DICEMBRE 2013

dine Carmelitano assieme a Maria, e Padre Enrico all’inizio del convegno, di questo tempo destinato all’ascolto e alla meditazione, ci ha invitato a riflettere su chi siamo, dove siamo nati e Relatori cosa noi portiamo al mondo; e ancora: noi come terziari siamo uomini e donne di Dio? riusciremo anche noi, nella brezza leggera, a sentire la presenza di Dio e la bellezza della nostra vocazione? Sta a ciascuno di noi dire della bellezza del Carmelo e lasciare a Dio la chiamata alle vocazioni. Padre Enrico ha fatto memoria di Padre Claudio, frate calabrese che il Signore ha chiamato a sé: uomo semplice e gioioso che conosceva singolarmente ogni parrocchiano e che ha fatto conoscere a molti la bellezza della vocazione carmelitana. L’invocazione allo Spirito Santo ha dato il via al convegno magistralmente condotto da Padre Roberto Toni, uomo di grande cultura e spessore che ha letteralmente affascinato tutti e per l’argomento trattato e per il modo accattivante in cui l’ha presentato. Nei due giorni in cui ha parlato di Elia, ha reso questa figura presente in mezzo a noi, un’immagine reale, non solo un modello ispirativo per tutto il cammino carmelitano. Elia, una vita presa dalla parola di Dio. Tracciare il volto di Elia è complesso, ma tutta la Sacra Scrittura ha un filo rosso che l’attraversa dall’Antico al Nuovo Testamento; quel filo è Elia: nel Siracide, nella Trasfigurazione. Elia è nostro, 21


Insieme davanti Basilica di Pompei

è il nostro modello. La contemplazione è un dono che Dio fa perché si possono leggere i suoi segni e attuarli nell’azione. Dobbiamo ascoltare cìò che Dio dice e fa in noi, attraverso Elia, Maria, Paolo, con un sì, speranzoso, pazzo e gioioso, a lui. Elia il Tisbita, viene dal deserto e pur non avendo scritto nulla, diviene il prototipo dei profeti. “Il mio Dio è Javè” è questa frase pronunciata da Elia che diventa un’invocazione, una lode, una richiesta, un’affermazione di fede. L’argomento Elia è stato sminuzzato da Padre Roberto e presentato in maniera viva e così ogni parola “letta”, ascoltata, è entrata in noi. Ma il tempo tiranno è stato troppo breve. Padre Roberto vive ciò che ci sta presentando, sente Elia in lui e ha il potere di trasmettere questi sentimenti: Dio parla a Elia, lo chiama, gli chiede di ritornare sui suoi passi e gli dona una discendenza, così come fece per Abramo. Dio compare, si manifesta con misericordia, non si rassegna di fronte all’uomo che si chiude in se stesso e nel sottile silenzio si manifesta per attuare il suo progetto di salvezza. Dio è relazione, è famiglia ed è da lì che scaturisce la sua misericordia, e Dio, nella storia, nella nostra vita, agisce nel silenzio sottile in modo umile, addossandosi la nostra umanità. 22

La chiave di tutto è quella di ascoltare nell’interiorità la scrittura ispirata e inspirante per la nostra salvezza. Elia rimarrà sempre presente come persona che è stata alla presenza di Dio e lo porta all’uomo. La veglia di preghiera ha concluso la prima giornata, inducendoci a meditare su l’Attesa, la Responsabilità, la Carità e il Ringraziamento, mentre una sottile pioggia beneficava il meraviglioso parco circostante. Altri momenti forti si sono susseguiti: le celebrazioni eucaristiche in una cappella dove un’immagine della Vergine, rivolta all’altare, sembrava volesse offrire se stessa e l’umanità, la preghiera dei Vespri a Pompei nella cappella del Beato Bartolo Longo, la supplica alla Beata Vergine posta ai piedi dell’altare sul presbiterio, tutto ha creato un clima di vera spiritualità. La fraternità di Brindisi era guidata dal sacerdote Don Adriano Miglietta che si è rivelato un grande animatore e comunicatore e al quale Padre Enrico, alla fine del convegno, ha dato la nomina di animatore ufficiale di tutti i prossimi convegni. L’ultimo giorno, nella chiusura dei lavori, Padre Enrico si è così espresso: Solo chi è capace di sognare sa essere pronto, in cammino Elia sta alla presenza di Dio, vive il Signore che gli è davanti, che lo sostiene e cambia la sua vita. Elia ha fatto una scelta che implica una passione, una sorte di giuramento e vuole essere presente con tutto ciò che implica tutto il suo essere. Non bisogna ammutolire lo Spirito Santo che soffia dove vuole, occorre essere in contemplazione, uscire dal buio del nostro essere per godere della luce di Dio. Elia è uomo di passione, è l’uomo del VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


silenzio e nel silenzio sta il culto della giustizia, bisogna stare zitti e ascoltare. Stare in silenzio significa creare un luogo dove stare alla presenza di Dio per ascoltare il molto di Dio che si deve manifestare in tutti noi. Padre Enrico sogna fraternità che stiano alla presenza di Dio, che sentono la gioia dell’ascolto della Parola “personale” e comunitaria e la preghiera con la liturgia delle ore. Fraternità è parola abusata che spesso non corrisponde alla realtà. Una comunità che vive la passione per tutto ciò che fa, che ha passione per gli uomini è fra-

ternità aperta a tutti. Fraternità che vivono il silenzio, che testimoniano Dio, aperti nel sociale, che si ravvivano ogni giorno vivendo a fondo la Parola di Dio senza vivere di devozionismo. Il convegno è veramente finito, la nostra sosta è terminata e siamo costretti a riprendere il cammino di ogni giorno, ringraziando il Signore per quanto ha permesso che avvenisse nella nostra vita, sicuri che ciò che abbiamo vissuto ci aiuterà nel nostro quotidiano. TRIPODI ANNA MARIA, TOC VARAPODIO

TARANTO: EREZIONE DEL SANTUARIO DIOCESANO Domenica 20 ottobre 2013 la nostra Parrocchia del SS. Crocifisso in Taranto è stata eretta a ‘’Santuario’’ grazie alla devozione del Crocifisso miracoloso che da sempre ha attirato una gran moltitudine di gente. Per l’occasione l’arcivescovo Mons. Filippo Santoro ha celebrato la messa delle 11.30. Per una più incisiva contemplazione del volto del Cristo, il Crocifisso è stato esposto al popolo in modo ravvicinato sull’altare. La comunità dei Carmelitani e la comunità parrocchiale ringraziano l’Arcivescovo per l’amore e la devozione che porta al Crocifisso, avendolo portato a farne il segno della fede nella vita diocesana in quest’anno, e a segnare con il titolo di Santuario la chiesa che devotamente lo custodisce.

Momento della celebrazione LUGLIO / DICEMBRE 2013

Erezione Santuario Diocesano SSmo Crocifisso in Taranto

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LO SCAPOLARE DEL BEATO GIOVANNI PAOLO II A VARAPODIO E TORRE SANTA SUSANA

Ancora un evento straordinario ha dato vita a forti momenti di spiritualità nelle comunità parrocchiali di Varapodio. Per volontà del parroco Don Domenico Caruso, la reliquia del Beato Giovanni Paolo II, è stata posta alla venerazione dei molti che si sono recati nella chiesa di santo Stefano, dove c’è l’immagine miracolosa della Vergine del Carmelo, nei giorni 3, 4, 5, Maggio 2013. La reliquia consiste nello Scapolare della Vergine del Carmelo indossato fin dall’infanzia dal grande e amato Pontefice e ora custodita nella Parrocchia Santa Maria Regina Mundi a Torrespaccata (Roma) retta dai Padri Carmelitani. Ed è stato proprio dal parroco, Padre Lucio, che la reliquia è Avviso reliqia scapolare stata inviata in Cadi Giovanni Paolo II labria. Giorno 3 Maggio, a Palmi, la Presidente provinciale Marisa Fotia Martino, la segretaria provinciale Rita Irrera e alcuni componenti dei T.O.C. di Palmi e di Varapodio, hanno preso in custodia la reliquia che in forma solenne, in una chiesa piena di fedeli, è stata posta da Don Mimmo Caruso nel luogo addobbato per renderle onore. La devozione allo Scapolare è una sintesi efficace di spiritualità Mariana che rende sempre più visibile la presenza amorosa di Maria, nella vita dei credenti. Lo Scapolare non è un talismano ma rappresenta un dono che la Vergine Maria fece sul Monte Carmelo a San Simone Stock perché si rivestisse dei suoi doni, “chi riveste lo scapolare viene quindi introdotto nella terra del Carmelo (Giardino di Dio), perché ne mangi i frutti e i prodotti” (cfr. Ger.2,7) e sperimenti la pre24

senza materna di Maria nell’impegno quotidiano di rivestirsi interiormente di Gesù Cristo, manifestandolo per il bene della chiesa e dell’intera umanità. La consapevolezza alla devozione verso la Vergine non può essere limitata alla preghiera in alcune occasioni, ma deve costituire un “abito”, cioè un indirizzo permanente della propria vita cristiana, mediante la frequente pratica dei sacramenti e delle opere di misericordia spirituali e verso i fratelli. Indossando lo Scapolare con gioia e devozione il Beato Giovanni Paolo II ha voluto proprio lanciare questo messaggio, donarsi tutto a Maria che conduce a Gesù. Ha fatto seguito una solenne celebrazione Eucaristica conclusasi con il bacio della reliquia; è stato questo un momento di grande commozione che si è ripetuto anche nei giorni seguenti, e che ha reso palpabile la presenza del Santo Padre. Giorno 4 Maggio alla presenza di Padre Carmelo Silvaggio, rettore del Santuario della Madonna del Carmine a Palmi, e Vicario Episcopale per la Vita Consacrata, e del Presidente Provinciale dei Terz’Ordini Carmelitani, nonché di un nutrito gruppo del T.O.C. di Palmi, alcuni membri del T.O.C. di Varapodio, costituito nel 2009, durante la Celebrazione Eucaristica hanno fatto la Professione di Fede Perpetua. Anche il Parroco della Comunità, Don Domenico Caruso ha formulato i Voti Perpetui e indossato lo scapolare. È stato un momento forte e commovente nella sua semplicità anche perché una nuova sorella, Teresa Germanò, ha iniziato il Noviziato. Padre Carmelo ha evidenziato la devozione alla Vergine del Carmelo e l’importanza che l’Ordine Carmelitano ha avuto e continua ad avere nella vita della chiesa, è necessario aprire il cuore al soffio dello Spirito Santo, sentire nel silenzio la Parola di Dio per aderire al suo progetto ed essere quindi lievito per la comunità dei credenti. Un momento di vera fraternità, mentre un’improvvisa pioggia ristorava la terra, si è vissuto al termine della celebrazione. TRIPODI ANNA MARIA

VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


VALLO DELLA LUCANIA: CONVEGNO SU ELIA

Il 9 maggio scorso in un convegno dal tema “Elia: una testimonianza e una voce sempre attuale” a Vallo della Lucania, presso l’auditorium diocesano, si è discusso, con i giovani della Diocesi, della figura del profeta, alla presenza di S.E. Mons. Ciro Miniero, vescovo di Vallo della Lucania, Padre Enrico Ronzini, priore provinciale dei carmelitani della Provincia Napoletana, don Marco Torraca, vicario della Forania “Gelbison-Alento”, S.E. Mons. Lucio Angelo Renna, vescovo della Diocesi di San Severo (FG) e Padre Domenico Maria Fiore, eremita carmelitano di Capaccio. Lo stesso tema è stato affrontato in occasione del XI Convegno residenziale del Terz’Ordine Carmelitano della Provincia Napoletana del 26-28 aprile 2013 a Vico Equense (NA). La figura di Elia è stata presentata soprattutto in funzione del significato del nome del profeta (Elia significa “colui che sta alla presenza di Dio”), generalmente i nomi teofori sono una lode, una richiesta e una affermazione di fede durante la loro missione. Durante il cammino della sua vita terrena Elia sperimenta i momenti di successo che Dio gli elargisce come la vittoria sui profeti di Baal o la profetizzazione dei tre anni di siccità con la conseguenziale pioggia ristoratrice apportata dalla nuvoletta, prefigurazione della Vergine che porta la grazia di Cristo. Il profeta sperimenterà, però, anche momenti di sconforto quando venne perseguitato e, costretto a fuggire nel deserto per 40 giorni, dopo essersi seduto sotto una ginestra, desiderò morire. Elia nel suo cammino non si sentì degno della sua missione e per questo fallimento di fronte a quella che era la missione affidatagli da Dio desiderò la morte. Dio avrebbe potuto accontentarlo con la morte finendo il suo ciclo nell’umiltà di chi riconosce i suoi limiti. Ma proprio nel momento di maggiore solitudine e abbandono di Elia gli si presenta un angelo, il quale gli dice “alzati e mangia perchè il cammino è troppo lungo”. Nella caverna oscura in cui si ferma a passare la notte e che qui simboleggia la sua totale disperazione e i suoi dubbi in cui era piombato, incontra nuovamente Dio, in un momento in cui la LUGLIO / DICEMBRE 2013

paura di Elia determina la perdita della sua fede. Elia avrebbe potuto dire: “sono rimasto solo, perchè gli Israeliti hanno abbandonato la Tua alleanza”, ma Dio non si dimentica di lui e riconosce la presenza del suo signore nella brezza leggera; non la riconosce nel vento impetuoso, né nel terremoto, né nel fuoco, ma in una brezza leggera, quasi in una voce sottile e silenziosa di Dio, che non vuole rimproverarlo, emettendo un giudizio inappellabile. Elia si pose in posizione fetale, abbracciandosi le ginocchia e si coprì il volto; ma il Signore gli disse di rimettersi in cammino perchè non era stato abbandonato, visto che avrebbe avuto una discendenza in Eliseo e che doveva tornare dalle 7.000 persone che non lo avevano tradito, ma che avevano rifiutato l’idolatria e Baal, accogliendolo nuovamente come profeta. Elia è un uomo che quando deve denunciare denuncia, è un uomo di contemplazione, che non si dispera ed esclama “Sono pieno di zelo per il Signore Dio degli eserciti” (questo diventa il motto del progetto di Elia: “zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum”); lo zelo è inteso qui come “gelosia”, come il tenersi caro qualcosa che gli Israeliti si erano privati abbandonando l’alleanza con Dio. Nel cammino di ogni uomo, come avviene anche per Elia, Dio si fa’ riconoscere nei momenti di nostra maggiore difficoltà, mostrandosi con misericordia, anche quando l’uomo si avvita su sé stesso, quando abbandona il Signore. Dio ha sempre un progetto sugli uomini, un progetto di salvezza. Dio è relazione, è famiglia, è alleanza con l’uomo. Quando Elia si accorge che Dio opera con il suo silenzio sul suo popolo, allora si rende palese che Dio opera per la salvezza dell’umanità senza pubblicità, senza rumore, attraverso l’umiltà entra nella storia degli uomini. CARMINE RIZZO 25


Anniversario TOC Palmi

PALMI: ANNIVERSARIO DI PROFESSIONE NEL TOC

Giorno 16 maggio giorno in cui il Carmelo celebra S. Simone Stock, che in visione ricevette lo scapolare dalla Vergine, nel santuario del Carmine abbiamo celebrato l’anniversario di professione nel Terz’Ordine delle consorelle: Marisa Fotia, Anna Facciolà e Rita Irrera per il 50° e Livia Boretti, Caterina Naim e Antonella Scagliola per il 25°. Per l’occasione, da Taranto, è giunto il

delegato provinciale per i TOC p. Antonio Calvieri che ha presieduto la celebrazione eucaristica insieme a p. Carmelo Silvaggio, nostro animatore spirituale. Al termine della celebrazione Marisa Fotia e Caterina Naim hanno commosso l’assemblea, condividendo la storia della loro vocazione. Quindi, fatti gli auguri alle festeggiate, assieme alle consorelle giunte per l’occasione dalla vicina Varapodio (RC), abbiamo condiviso un momento di fraternità in allegria, nel salone del santuario. LILIANA CUTRUPI

CARDILE: 21 PROFESSI TEMPORANEI RICEVONO LO SCAPOLARE E LA REGOLA DEL CARMELO

Il 4 giugno scorso nella cappella della Madonna del Carmine si è tenuta la cerimonia per la consegna dello scapolare della Madonna del Carmine dopo l’anno di preparazione curato dal parroco don Angelo Imbriaco. Sotto un temporale primaverile, quasi a richiamare la pioggerella ristoratrice apportata dalla nuvoletta apparsa ad Elia sul Monte Carmelo, alla presenza di Padre Antonio Calvieri, assistente del Terz’Ordine Carmelitano della Provincia Napoletana di Bari, Marisa Fotia Martino, presidente del Terz’ordine carmelitano della Provincia Napoletana, Rita Irrera, segretaria provinciale, Gino Di Miceli, consigliere del Terz’Ordine di Palmi e tra le autorità civili il sindaco di Gioi, dott. Andrea Salati, è stata celebrata una funzione particolarmente suggestiva soprattutto al momento della professione con la consegna dello scapolare. L’anno di preparazione con il parroco è stato particolarmente frequentato dai professi i quali hanno 26

potuto apprendere tra le varie nozioni la biografia di alcuni santi carmelitani come S. Elia, Santa Teresa di Lisieux, San Giovanni della Croce, Santa Teresa d’Avila, oltre agli studi sulla Madonna, come essa è presentata nei vangeli, e su alcune figure dell’Antico Testamento. Alla cerimonia ha fatto da cornice la cappella e il suo spazio antistante che è stato da poco sistemato con uno sforzo sinergico tra la popolazione cardilese, la comunità montana, la parrocchia e il comune di Gioi; così il visitatore che si inerpica lungo le colline del Cilento trova in luoghi come quello della Cappella della Madonna del Carmine un’ oasi di pace e di contemplazione per lo scenario incantevole che si presenta ai suoi occhi nell’ammirare, da oggi Cappella Madonna anche con l’ausilio del Carmine (Cardile) di un cannocchiale, l’ampia vallata dell’Alento, scorrendo con lo sguardo dal Monte Gelbison al Monte Stella, passando per la torre di Velia. Sembra VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


quasi che in un territorio cilentano, desolato e definito dai Borboni “Terra dei tristi e dei briganti”, una lacrima della misericordia di Dio sia caduta per donare tanta bellezza e per irrorare come rugiada le verdeggianti colline prospicienti. L’augurio a chiusura della cerimonia che si vuole indirizzare a tutta la comunità di Cardile e a quanti si fermeranno

presso questo piccolo tempio della fede mariana è che la cappella così sistemata nel suo percorso naturalistico possa essere visitata per la sua bellezza, perchè come dice Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”, considerato che in tre cose si specchia la volontà di Dio: la giustizia, la bontà e soprattutto la bellezza.

ELISA D’AIUTO

IL TERZ’ORDINE DI SAMBIESE-LAMEZIA TERME E LA NOVENA DEL CARMINE

La Novena del Carmine anche quest’anno, per la cittadina di Sambiase-Lamezia Terme nel Catanzarese, con immensa fede e carità e tanta devozione, è stata arricchita da importanti momenti per la Comunità e che non hanno tralasciato i sofferenti nella giornata del Martedì 9 luglio. Nell’ambito della novena, il 7 di luglio, anche la professione per sette novizi del Terz’ordine, tra cui la sottoscritta, Franca Cupiraggi, Rosanna Folino, Luigino Longo, Ida Papuzzo, Rosetta Ruberto, Giovanna Zaffina, con la celebrazione e la Vestizione con Padre Franco Granata. La messa Eucaristica è stata concelebrata anche da don Carlo Cittadino parroco della città assieme a don Pasquale Luzzo, vicario generale della Diocesi di Lamezia Terme e con la presenza accompagnatrice di don Enrico Trombino, già parroco di Cerisano. L’anno di formazione al noviziato è stato accompagnato dalla maestra di formazione Emma Palazzo, nel quale non sono mancati momenti di ritiro spirituale e d’incontro con altre realtà dell’Ordine Se co lare come il Momento processione del 16 luglio

LUGLIO / DICEMBRE 2013

Centro Studi carmelitani di Curinga, provincia di Catanzaro. Il momento della Professione per la Presidente del Terzo Ordine di Sambiase è stato commovente, essendo presidente da due anni, dare la possibilità a sette persone di entrare nella grande Famiglia Carmelitana non può che creare grande e positiva tensione. Eletta dopo due mandati della precedente Presidente, il Consiglio e il Sacerdote hanno ritenuto di rinProfessione dei sette terziari novare la Presidenza del Toc, per dare la possibilità a tutti di accedere a questo tipo di servizio, perché di questo si tratta. Individuate alcune persone del Consiglio, si è passati alla nomina, la scelta è ricaduta su Rosetta Pullia, eletta con il massimo delle preferenze. In questi anni di Presidenza ha cercato di puntare tutto sulla formazione, soprattutto attraverso l’appuntamento dei Convegni residenziali del TOC della Provincia Napoletana, che non hanno mai deluso le aspettative, come l’ultimo su Elia a Vico Equense in Campania, presso una struttura alberghiera dei Salesiani, immersa nel silenzio della bellezza boschiva e aperta al panorama marino. LUCIA DE CICCO

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RESTAURO DEL QUADRO DI SANTA TERESA “QUELLO SGUARDO…” Giorno 15 ottobre 2012, mi sono recata in chiesa; la mia chiesa, quella dove mi sento a casa, dove ho vissuto e vivo le gioie più belle della mia vita; dove ho pianto per la perdita dei miei cari e, non da ultimo, quella di una mia carissima amica. Ero lì, inginocchiata dinanzi all’altare di Santa Teresa D’Avila, dove di lì a poco sarebbe stata celebrata la Santa Messa, poiché giorno in cui la chiesa commemora la Santa. Una Santa Carmelitana quindi molto vicina a noi Terziarie Carmelitane. Mentre ero lì in preghiera e guardavo la tela posta sull’Altare intitolato alla Santa e precisamente il suo volto in atteggiamento mistico poiché raffigurante la “Transverberazione”, ho sentito i suoi occhi che incrociavano i miei in uno stato di tristezza. In un primo momento ho pensato che fosse solo un effetto luce, ma poi a termine della celebrazione Eucaristica, ho chiesto ad alcune Terziarie la loro opinione e le stesse hanno confermato la mia. Perchè Teresa la grande, mi guardava in modo così severo, triste, con i lineamenti tirati? Volevo saperne di più! Così, con il permesso del Parroco, nei giorni successivi la tela è stata visionata da una esperta restauratrice di opere d’arte che ha poi relazionato sullo stato conservativo del dipinto. Ebbene la tela, che a memoria storica non era stata mai restaurata, era mal ridotta con diverse lacerazioni e rotture nello strato pittorico; pertanto era necessario intervenire nell’immediato. Con il Consiglio abbiamo subito deciso che la tela doveva tornare al suo splendore, anche se la disponibilità del momento ci dava da pensare, rispetto all’impegno a cui saremmo andati incontro. Così dopo 28

aver ottenuto tutte le autorizzazioni previste (Curia, Soprintendenza per i Beni Architettonici), la tela è stata trasferita presso uno studio di Conservazione e Restauro di Opere d’Arte. E dal quel momento il vuoto lasciato dalla tela su quell’altare, richiamava a tutti la voglia di essere partecipi a quel progetto. Tanta gente ha voluto contribuire, per le Terziarie è divenuto un impegno scandito nel tempo, le stesse mi rassicuravano che tutto sarebbe andato a buon fine. E così è stato! Il 10 luglio 2013 la tela raffigurante la “Transverberazione della Santa Carmelitana Teresa D’Avila” è tornata in tutto il suo splendore artistico-religioso nella nostra Chiesa del Carmine, con una semplice cerimonia durante la quale la Restauratrice ha illustrato la condizione della tela prima e dopo il restauro e il nostro Padre Spirituale Don Michele Castellana, ha rappresentato in breve una rivisitazione della tela che offre diverse meditazioni. In chiesa, gremita di gente, aleggiava un silenzio mistico sopratutto quando tutti i presenti hanno potuto ammirare da vicino questa opera d’arte dove la Santa in uno stato di misticità fa da tramite tra noi e Dio. Ed io che dire; il grande patrimonio artistico culturale che i nostri antenati ci hanno lasciato abbiamo il dovere di amarlo e conservarlo in buono stato; esso rappresenta la loro (ed oggi la nostra) religiosità, la tradizione, l’amore per il bello, per il creato che Dio ha donato a tutti e a noi il compito di custodirlo e coltivarlo. E poi un grazie immenso a tutte le mie Terziarie; insieme, da buone sorelle, ci aiuteremo a percorrere quel cammino di perfezione insegnatoci da Teresa. Quello sguardo… ora è lì che ci aspetta e chiede a ciascuno di noi un abbandono di figlio che si lascia portare in braccio dal suo papà. ROSARIA LENOCI

Presidente del T.O.C. - Martina Franca VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


2° CONVEGNO SU SANTA TERESA: LETTURA LAICA DEL “CAMMINO DI PERFEZIONE”

Questo 2° mini-Convegno ha segnato un altro particolare passo del nostro cammino di preparazione al quinto centenario della sua nascita, dedicato quest’anno alla rilettura e meditazione del Cammino di perfezione. La lettura degli scritti di Teresa non sempre risulta facile e appagante. Spesso le sue parole ci appaiono lontane dai problemi del nostro mondo, o troppo elevate rispetto alla povertà del nostro vissuto quotidiano, o difficili da interpretare e attualizzare, e quindi siamo tentati di non affrontare la fatica di leggerle e ascoltarle. Non c’è niente di strano in tutto ciò, né motivo di arrenderci: fa parte della fatica di un cammino e di una conversione. Ma, al di là del gusto o dell’emozione del momento, il solo fatto di volersi porre in ascolto di questa grande maestra di spiritualità, di voler apprendere alla scuola della sua scienza spirituale, ha un enorme valore. Significa riconoscere che per vivere la nostra vocazione carmelitana abbiamo un cammino da percorrere, una fatica da affrontare, una verità da ricercare scavando nel profondo di noi stessi, nel mistero divino che ci abita e in cui abitiamo. E solo colei che ci ha preceduto aprendoci la strada può guidarci in modo sicuro nell’intrico delle sollecitazioni e nel frastuono delle voci del tempo presente. Se consideriamo con sufficiente onestà la realtà della nostra vita carmelitana, se siamo disponibili ad ammettere i suoi vuoti e le sue incoerenze, la perdita di speranza e di innamoramento che molte volte e in molti modi la caratterizzano, il ritorno al messaggio di Santa Teresa e al suo magistero spirituale diventerà un’esigenza insopprimibile, poiché ne va della nostra felicità. Come potremmo essere felici se la nostra vocazione e missione come carmelitani, invece di essere una forza vitale che ci muove dall’interno e dilata la nostra umanità, diventa un abitudine che ci rende poco significativi e immotivati? Eppure questo succede ed è penoso constatare che spesso cerchiamo inutilmente altrove quel senso e quella gioia di vivere che il Signore ha riposto per noi nello scrigno della nostra identità carmelitana. Sappiamo che il punto di partenza, vorrei dire di “accensione”, del Cammino di perfezione è proprio questo: una dialettica amorosa con il mondo, il desiderio di combattere per l’uomo metLUGLIO / DICEMBRE 2013

tendosi al fianco di Gesù Cristo sostenendo i piccoli e i poveri, avendo cura della salute spirituale di ogni persona che si accosta alle nostre fraternità. Non è fuorviante pensare a una lettura laicale del Cammino di Perfezione come un testo terapeutico, uno scritto che mira ad accompagnare la guarigione spirituale di ogni uomo. L’anima è nata per vivere nel suo centro che è Gesù Cristo. Tutto ciò che ostacola, indebolisce e oscura il rapporto con Lui (che è insieme il rapporto con se stessa) è infermità e deviazione, e compromette il suo equilibrio e il suo sviluppo. Quando Teresa parla dell’orazione, non ne parla come di un semplice atto o esercizio spirituale. Per lei l’orazione è l’espressione di un’anima in salute, di un corpo che respira liberamente e riceve energia dalla sua fonte di vita. È la normale espressione dell’essere credente. La più impegnata vita spirituale conduce come a suo risultato ultimo a recitare il “Padre Nostro” con la totale adesione di mente e di cuore, di cui è testimone il commento che Teresa gli dedica negli ultimi sedici capitoli dell’opera. Qual è dunque la perfezione a cui tende il cammino insegnato da Teresa? È quella di chi dice a Dio “Padre” non semplicemente con le labbra, ma con l’abbandono del figlio piccolo, che si lascia portare in braccio dal suo papà. Con una differenza sostanziale, e cioè: questo papà non è solo mio, come vuole la gelosia infantile, ma è “nostro”, e perciò il suo abbraccio non mi chiude in un rapporto esclusivo con Lui, ma mi unisce al tempo stesso con la comunità dei fratelli. La perfezione è dunque essere così adulti da poter pronunciare come proprie le parole che Gesù ha pronunciato nel parlare con Dio: Padre nostro! Chiediamo a S. Teresa che la lettura del Cammino di perfezione ci metta effettivamente in cammino verso questa meta, aiutandoci a correggere le deviazioni di rotta, a eliminare quanto ci rallenta e appesantisce, ma soprattutto a “tenere gli occhi fissi” su Gesù, per imparare da Lui che cosa vuol dire essere figli di un Dio, che è Padre nostro. P. COSIMO PAGLIARA

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IL 2° CONVEGNO SU S. TERESA DAL PUNTO DI VISTA DI CHI ERA PRESENTE

Dalla Calabria in viaggio verso Bari, con nel cuore Teresa D’Avila e per l’apertura dell’anno pastorale con il Convegno per religiosi e laici dell’Ordine della Provincia Napoletana dei Carmelitani, provinciale è il Padre Enrico Ronzini, referente di Calabria Marisa Fotia. Il Convegno che si è tenuto lo scorso 12 ottobre nella parrocchia di Santa Maria delle Vittorie ha avuto come tema centrale la figura di Santa Teresa D’Avila, che parla attraverso il “Cammino di perfezione” con le sue consorelle, monache, dando insegnamenti e istruendole al Vangelo. Nel Convegno dal titolo “Il Cielo è dentro di te” ogni relatore ha affrontato secondo un tema assegnato la complessa teologia di Teresa D’Avila. Ha introdotto i lavori, la professoressa Concetta Piacente, dopo i saluti del Provinciale. Interessante l’intervento di Rosanna Sabatiello sulla figura della Santa, donna e monaca e il fascino e l’attrattiva del testo “Cammino di perfezione”, Emilio Guerriero sulla finalità dell’orazione e della vita contemplativa, requisiti essenziali per la vita di preghiera, Fiorenza Ingrosso, che con vivacità e dialogo diretto a tutti i convenuti ha guardato con attenzione al tema dell’umiltà, requisito per la preghiera nel cammino senza paura, Rosetta Pullia del Terzo Ordine di Lamezia Terme, che ha esposto sul tema della preghiera come

raccoglimento e quiete, Nino De Summa sul gran segno di discernimento: il perdono, amor e timore di Dio. Intervalli del coro della parrocchia, con i canti caratterizzanti l’appartenenza all’ordine Carmelitano, Solo Dio basta e Fiore del Carmelo. Rosetta Pullia ha affrontato una forza di Teresa che emerge nella preghiera e nella contemplazione e in quelle che sono le due anime importantissime della spiritualità Carmelitana, Marta e Maria, servizio e ascolto. Interessanti sono stati i riferimenti al pensiero di don Tonino Bello sull’attivismo orante del laico che porta adottato dai Carmelitani a essere una comunità orante nel mondo. Teresa invita a pregare non solo con la bocca, ma anche con la mente, sempre quindi vigili per l’ora in cui saremo chiamati. I due elementi della preghiera sono l’acqua, che disseta e il fuoco dello Spirito. L’acqua, che lava e il fuoco che ci riveste del desiderio cristiano. La chiesa ha necessità in tutto questo contesto non di persone che si vogliono bene, ma di persone che siano autentiche e nel capitolo 35 è Teresa, che risolve questo dubbio rivolgendosi alle sue consorelle affermando: «Ecco non basta che fate ciò che vi ho detto, ma prendete il Vangelo e fate tutto ciò che Gesù ci ha insegnato» vero esempio di quella espressione Mariana, che ritroviamo nelle nozze di Cana con le parole di Maria “fate come Lui vi dirà”. Ultimo è importante passaggio della relazione della presidente dell’ordine Lametino: Come diventare persone oranti? La comunità invita allo stare in amicizia, ma essa si basa su un rapporto autentico e libero. Questo passaggio è essenziale! In Teresa c’è umiltà e povertà, potremmo dire l’ “Elogio della povertà”. Ciò porta dritti alla forza più grande del Cristiano e Cattolico che è il Perdono.

LUCIA DE CICCO

Momento convegno s. Teresa d'Avila a Bari.

VITA CARMELITANA - ANNO 75, N. 2


L’ordinazione diaconale di fr. Francesco M. Ciaccia

15.10.2013: LA GIOIA DI UN’INTERA COMUNITÀ

Martedi 15 ottobre si è tenuta presso la comunità carmelitana di Palmi l’ordinazione diaconale di Frà Francesco Maria Ciaccia, giunto a questo importante momento che precede l’ormai prossima ordinazione a sacerdote che avverrà in primavera. Dopo un itinerario che ha visto Francesco essere frate carmelitano itinerante tra le varie comunità della Provincia Napoletana che l’hanno accolto e aiutato a crescere nella fede, in lui è maturata grazie all’azione dello Spirito e all’amorevole guida dei suoi priori, la vocazione al sacerdozio. La celebrazione è stata presieduta da Sua Ecc.za Mons. Francesco Milito, circondato da numerosi sacerdoti e diaconi della diocesi e dal padre Provinciale con alcuni confratelli della Provincia. Particolarmente significativo il momento della prostrazione di Francesco, al quale sono seguite le litanie dei santi, l’imposizione delle mani e la preghiera consacratoria di Sua Ecc.za. L’emozione del neodiacono non poteva passare inosservata, specialmente all’occhio più attento di chi lo conosce e lo stima da tempo come tutti i fratelli della comunità di Palmi, emozione non dettata esclusivamente dal solenne momento, ma anche dal tangibile sentimento di fraternità e di amore presente in tutta l’assemblea riunitasi, dalla quale Francesco si è sentito accolto e sostenuto. Prima della benedizione conclusiva, ci si è soffermati sulla gratitudine del momento vissuto espressa nei confronti del Signore e di Maria, e nei confronti gli uni degli altri. Sua Ecc.za si è soffermato nel ringraziare il neodiacono per la scelta compiuta insieme alla sua famiglia giunta da Taranto, che ha saputo educare alla vita ed essere terreno fertile per la vocazione del proprio figlio. Francesco nel ringraziare l’intera comunità, si è particolarmente soffermato nell’esprimere la propria gratitudine ad un commosso paLUGLIO / DICEMBRE 2013

Momento dell’ordinazione.

dre Carmelo Silvaggio, compagno di viaggio nonché guida spirituale del neodiacono, al quale come egli stesso ha sostenuto, ha potuto ispirarsi come modello per la sua scelta, e dal quale si è sentito sostenuto nella reciproca preghiera e guidato nella fraternità. La celebrazione si è conclusa con la solenne benedizione di Sua Ecc.za e con un gioioso canto dedicato a Maria che è ispirazione per fra’ Francesco e che è Madre dell’intera comunità cristiana che continuerà a guidare nell’itinerario della vita. La serata è proseguita come da tradizione per la nostra comunità in tutte quelle occasioni nelle quali ci si ritrova insieme, con un momento che il Priore padre Carmelo ama definire di “fraternità”, nel salone adiacente la chiesa, appena finito di ristrutturare. Tra momenti di gioia condivisi, canti e balli che hanno unito tutti dai bambini agli anziani, con accanto un sempre più solare fra’ Francesco, che all’inizio di questa nuova tappa che lo porterà al sacerdozio, è espressione di una gioia che non è unicamente la sua ma quella di un’intera comunità. CARMINE GELONESE

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Le Comunità Carmelitane della Provincia Napoletana BARI – 70125 Curia Provinciale Corso Benedetto Croce, 180 tel/fax 080.5562741 vitacarmelitana@gmail.com www.vitacarmelitana.org

BARI – 70125 Parrocchia S. Maria delle Vittorie C.so B. Croce, 180 Conv. 080.5424484 - Parr. 080.5425149 smariavittorie@email.it

CAIVANO (NA) – 80023 Santuario S. Maria di Campiglione Via Campiglione, 58 - tel/fax 081.8354124 CAPACCIO (SA) – 84047 Santuario Madonna del Granato Eremo Carmelitano – tel. 0828.723611 www.madonnadelgranato.it

SUORE FOGGIA – 71122 Discepole di S. Teresa del Bambin Gesú Scuola S. Maria del Carmine Via G.L. Radice, 5 – tel. 0881.636175

MONACHE

OSTUNI (BR) – 72017 Monastero S. Maria Maddalena di Firenze Contrada Campanile - tel/fax 0831.301293 www.carmelitaneostuni.it

FOGGIA – 71122 Parrocchia Maria SS. del Carmine Viale Primo Maggio, 37 tel/fax 0881.635444 parrocchiacarminefg@alice.it

MESAGNE (BR) – 72023 Basilica Santuario Vergine SS. del Carmelo P.le S. Michele Arcangelo, 3 Conv. 0831.776785 – Parr. 0831.771081 www.basilicacarminemesagne.it PALMI (RC) – 89015 Santuario S. Maria del Carmine Piazza del Carmine – tel/fax 0966.45851 www.carmelitanipalmi.it

TARANTO – 74123 Parrocchia SS. Crocifisso Via G. De Cesare, 37 - tel/fax 099.4521685 sscrocifisso.blogspot.it TORRE S. SUSANNA (BR) – 72028 Convento Maria Immacolata Piazza Convento, 3 - tel. 0831.746026 http://carmelotorre.beepworld.it/

sito della Provincia Napoletana: www.vitacarmelitana.org siti dell’Ordine Carmelitano: www.ocarm.org

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FRATI CARMELITANI


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