Vita Carmelitana
Periodico della Famiglia Carmelitana Provincia Napoletana Anno 74 - N. 4 Ottobre / Dicembre 2012 Direttore Responsabile: Angelo Renna Direttore Editoriale: P. Enrico Ronzini
Redazione: Fr. Francesco M. Ciaccia Floriana Grassi Fiorenza Ingrosso Carmela Marzico Salvatore Schirone Mariateresa Surace Nicoletta Zampogna
Editoriale
Alzati e mangia La parola di Dio
ccp n. 15270705 intestato a: Provincia Napoletana dei Carmelitani Corso Benedetto Croce, 180 70125 BARI
L’intercessione di Abramo Gn 18, 17-33 pag. 4
Il Vangelo nel quotidiano
Fuoco che trasforma
La spiritualità carmelitana
Camminate nella carità. Educati alla legge del Vangelo di Cristo e della sua Chiesa
pag. 7
Mi chiedo come abbia potuto educarmi con tanto amore senza viziarmi
pag. 10
di p. Riccardo Brandi
di Nicoletta Zampogna
Rubrica
Proposte di lettura Un cammino di santità
Rubrica
Profili del Carmelo Juan Sanz
La tua bellezza sia la mia
I giovani
di Salvatore Schirone
pag. 13
di p. Mario Alfarano
pag. 14
«Il frutto della fede è l’amore, frutto dell’amore è il servizio»
pag. 16
di Floriana Grassi
Insieme come fratelli Notizie di cronaca
Autorizzazione del Tribunale di Bari N. 282 del 29/01/1965 Spedizione in regime agevolato (Tabella C)
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pag. 3
di Sr. M. Anastasia di Gerusalemme
Sale della terra
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I n q u e st o n u m e ro
IN COPERTINA: www.flickr.com
Congresso del laicato carmelitano pag. Una tappa del grande pellegrinaggio ... pag. L’impegno dei carmelitani per la giustizia, la pace e l’integrità del creato pag. Quando la solidarietà non si dice: si fa pag. Cronaca della sedicina e ricordo del miracolo pag. Storia di una vocazione carmelitana pag. La Madonna del Carmine continua a fare miracoli a Palmi pag. Dal terz’ordine di Rosarno pag. Incontro formativo, teologico-patristico, sulla presenza del bue e dell’asinello pag. Anniversario monastero di Vetralla pag. In ricordo di Antonietta pag. In ricordo di Graziella Lucarella “donna tenace” pag.
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arissimi lettori,
Editoriale
eccoci dunque al termine di questo anno redazionale. Durante questi mesi ci siamo fatti interpellare dalle virtù teologali, di come esse ci aiutino nel nostro pellegrinaggio verso la piena conformazione a Cristo, e ci educhino a nuovi stili di vita, più cristianamente maturi. Fede, speranza e carità, non sono realtà astratte, teoriche, ma al contrario per noi credenti esse si devono incarnare nel tessuto della nostra vita e trovare applicazioni pratiche nella nostra quotidianità. Abbiamo visto come in questo cammino, arduo e faticoso, non siamo stati lasciati soli. Ci ha accompagnato Abramo che col suo esempio ha per noi spianato la strada, inserendoci in un dinamismo di continua apertura alla novità di Dio. Quando, infatti, nel primo numero abbiamo meditato sulla capacità educativa della fede, abbiamo visto in parallelo l’esempio del patriarca che si reca sul monte Moria, pronto a sacrificare il suo figlio Isacco. E nel secondo numero, dedicato alla speranza, è sempre stato l’esempio di Abramo ad illuminarci, soprattutto quando si vede separato dal nipote che amava come un figlio e su cui aveva posto tutte le speranze per il suo futuro. A lui diversi millenni fa, come a noi oggi, il Signore ci invita a riporre in lui le nostre speranze, di elevarci dal contingente, e ripete: «Alzate gli occhi, per favore» (Cfr. Gen 13,14). In questo numero rifletteremo sulla carità, su come essa trasformi la nostra vita e ci aiuti a rivestirci dell’uomo nuovo a immagine di Cristo. Ci accompagnerà un Abramo orante, che supplica Dio di risparmiare i cittadini di Sodoma. Afferma così suor M. Anastasia, nel suo prezioso contributo biblico: «In Abramo amore e preghiera sono una cosa sola»; definendolo poi «l’intercessore d’amore». Vorrei salutarvi con le parole di santa Teresa d’Avila, mentre ci prepariamo a celebrare il quinto centenario della sua nascita. Ella afferma che non esiste via più certa e proficua per amare Dio se non quella che passa attraverso l’amore del prossimo. La mistica carmelitana, parte dall’affermazione dell’apostolo Giovanni nella sua prima lettera: «Se uno dicesse: «Io amo Dio», e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede» (1Gv 4,20), per poi, rivolgendosi alle consorelle, commentare così nelle quinte mansioni del suo Castello interiore: «Siate sicure che quanto più vi vedrete progredire nell’amore del prossimo, tanto più lo sarete anche nell’amore di Dio. Infatti, è così grande quello che Sua Maestà ha per noi che, in ricompensa del nostro amore per il prossimo, farà crescere, servendosi di mille espedienti, quello che noi abbiamo per lui. Di questo non posso dubitare» (5M 3,8). È questo l’augurio che vi faccio, insieme a tutta la redazione di Vita Carmelitana, cari amici lettori: «la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento» (Fil 1,9). P. ENRICO RONZINI Priore Provinciale
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Alzati e mangia
ntercessione di Abramo (Genesi 18, 17-33)
Sr. M. Anastasia di Gerusalemme, O. Carm. Entrare in contatto con la Parola del dolo a sĂŠ in un rapporto vitale di amore. Signore significa, per noi, accettare di Rimane velata chi è prostituta (cfr. Gen metterci in cammino, o meglio di la- 38, 14-15), ma la sposa no. E cosĂŹ, a viso scoperto, senza veli, nĂŠ sciarci e-ducare, trarre fuori. Un’operazione di crescita, o forse di rinascita, maschere, Abramo e Dio si possono inoperata dal Padre, che è nei cieli, ma contrare, si possono parlare, faccia a qui operata anche da Abramo, nostro faccia (Es 33, 11), bocca a bocca (Num padre nella fede. Seguendo lui, è possi- 12, 8). Abramo, scelto e conosciuto (v. bile anche per noi percorrere la via lu- 19) da Dio, secondo il significato di questo verbo, che il minosa dell’atesto ebraico qui more, del dousa, è stato peno, della carinetrato da Dio, tĂ . Occorre, visitato dalla sua però, un’attenPresenza, dal zione profonda suo stesso respidel cuore e di ro, quasi come in tutto il nostro una nuova creaessere, occorre zione (cfr. Gen 2, scendere fino 7). E proprio da al punto piĂš questa penetraintimo e segrezione, da questo to del nostro incontro di essespirito e lĂŹ ri, Abramo inizia fermarci ad aIl velo va tolto, come si fa con una sposa giĂ conosciuta. a compiere il suo scoltare. ParoDavvero è come se Dio sposasse Abramo, cammino; esce e la per parola, unendolo a sĂŠ in un rapporto vitale di amore si muove verso i lettera per lettera, silenzio dopo silenzio; tutto dob- suoi fratelli. Si muove e sta fermo, esce biamo raccogliere di quanto esce da e rimane al di dentro, raggiunge e ritorna; è difficile seguirlo da vicino, comquesta pagina della Sacra Scrittura. Il punto di partenza, come sempre, è prendere fino in fondo i suoi movimenti. nel Signore: il primo a muoversi, a cer- Il testo ci dice che accompagna gli ancare, a parlare, ad amare. E questa vol- geli verso Sodoma (v. 16), ma allo stesta fa tutto questo attraverso un movi- so tempo, lui “stava ancora lĂŹ alla premento bellissimo, tenero e delicato: to- senza del Signoreâ€? (v. 22) e alla fine riglie il velo, toglie l’oscuritĂ , la separa- torna al suo luogo (v. 33). Forse proprio qui sta il segreto, sta il zione: ÂŤDevo tenere nascosto ad Abramo quello che sto per fare?Âť (v. 17). No, il grande dono di Abramo per noi: cammivelo va tolto, come si fa con una sposa na e sta fermo, parte e rimane. Sta. Alla giĂ conosciuta, giĂ posseduta e intro- presenza del Signore, come Elia, nostro dotta in casa (cfr. Gen 24, 65). Davvero padre (1 Re 17, 1; 18, 15), come Eliseo, è come se Dio sposasse Abramo, unen- nostro fratello (2 Re 3, 14) e coerede di 4
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uno spirito raddoppiato, sempre moltiplicato, per la passione di generazioni e generazioni di testimoni, fra i quali siamo anche noi, oggi. Sta e ci rivela la via da percorrere. Come sacerdote, egli dona a Dio il suo servizio di amore (“servire”, infatti, è un altro dei significati possibili): offre, sacrifica, innalza i doni sull’altare dell’esistenza (Ez 44, 15), intercede e prega. Però fa ancora qualcosa in più. Infatti questo verbo, nelle sue radici ebraiche, esprime anche il significato di “insieme, con” e di “porta”. Abramo rimane in piedi, ritto; Abramo è con Dio, ma, facendo questo, diventa capace di oltrepassare la porta, di uscire e di lasciare entrare. Di porta in porta, lui potrà condurci attraverso diversi stadi di crescita spirituale, di esperienza nell’amore. Il primo passaggio viene subito descritto con queste parole: “Abramo gli si avvicinò” (v. 23). Un verbo bellissimo, che immediatamente accende mille richiami, mille riflessi di luce. È un avvicinarsi che permette di toccare, di mangiare, di baciare (Gen 27, 21-27) e di abbracciare (Gen 48, 10). È l’avvicinarsi di chi ama, di chi non ha paura, di chi vuole entrare in contatto. Ma, allo stesso tempo, è anche l’avvicinarsi di chi si schiera a battaglia, di chi scende in campo per combattere, oppure di chi offre un sacrificio. Abramo fa così, ci insegna così. Ma qual è la sua battaglia con Dio? Quali le armi che sceglie e porta con sé, se non l’amore, se non la preghiera? In Abramo amore e preghiera sono una cosa sola, sono voci diverse di uno stesso verbo: il verbo “io sono”. Che cosa sei, Abramo, padre nostro? “Polvere e cenere” (v. 27), dice lui stesso. “Polvere dalla terra” (Gen 2, 7), fragile Adàm plasmato da Dio; discendenza più numerosa delle stelle del cielo, dell’arena sulla riva del mare, che nessuno può contare, sparsa su tutta la terra (Gen 13, 16); nutrimento dato al serpente, predatore feroce di lui (Gen 3, 14), e, ancor oggi, di noi (Ap 12, 4; 1 Pt 5, 8). OTTOBRE / DICEMBRE 2012
In Abramo amore e preghiera sono una cosa sola
Polvere, però, in ebraico, è anche “fecondità della sorgente”. Imparare a discendere al nostro principio, alla nostra sorgente è per tutti noi possibilità di vita piena, vita feconda e donata. E laggiù scopriremo che la cenere può diventare corona (Is 61, 3), oro finissimo, di Ofir (Sal 44, 10; Ger 10, 9). La scrittura è la stessa, le consonanti uguali; cenere e Ofir sono parole sorelle, che si distinguono solo per la presenza della yod in quest’ultima. E la yod è lettera divina, è presenza di Dio. Succede proprio così, nel cuore: entra il Signore e trasforma la tenebra in luce, la povertà in ricchezza, il pianto in canto di gioia, il fango in polvere d’oro (Gb 28, 6). Questo piccolo “io sono” di Abramo, dunque, si avvicina e tocca il principio, l’Io sono di Dio. Parla con lui, in un dialogo ardito, insistente, a tratti quasi insolente; usa insinuazioni, velati rimproveri, imperativi e sottili minacce. Per comprendere bene, per vedere con gli occhi del cuore, occorre che entriamo anche noi oltre il velo, nel Santo dei Santi… Dapprima Abramo pone domande, sembra bussare alla porta del cuore di Dio: “Davvero sterminerai?” (v. 23); “Davvero vuoi sopprimere?… e non perdonerai?” (v. 24); e ancora, poco più avanti: “Non praticherai la giustizia?” (v. 25). Poi cambia, non chiede più, non indugia, ma con forza ripete due volte: “Lontano da te!” (v. 25). Espressione 5
bellissima e strana, canto dolente di chi di nuovo, di nuovo chiamata per nome, non ha più che parole d’amore; infatti riconosciuta, sposata. Sapeva bene che alla lettera potremmo tradurre così: “Al solo così si può vivere, sulla povera terra dei figli dell’uomo. flauto, per te…”. Un’ultima cosa impariamo da AbraAbramo, padre di popoli, qual è il mistero che porti con te, quale la preghie- mo, l’orante, l’intercessore d’amore. Orra che ti sgorga dal cuore? Il flauto è mai giunto alla fine, quando le parole strumento di gioia e dolore, di canto e non bastano più, tenta ancora una carlamento, compagno di lacrime e riso, ta e dice: “Non si adiri il mio Signore!” (vv. 30 e 32), ucompagno di vita sando un verbo (cfr. Is 30, 29 e che, alla lettera, Ger 48, 36). Si ripossiamo travolge a Dio, parla durre con “acdiritto al suo cuocendersi”, “inre, gli chiede della fiammarsi”. Cosua gioia, del suo me è possibile dolore. chiedere al FuoDolore di padre co di non brue di madre. Sì, ciare, di non diperché il testo vampare? Come ebraico presenta non arderà il rouna volta il tu al veto (Es 3, 2)? maschile e una Come non sarà volta al femminile: acceso di gelo“Lontano da te… sia, il Signore lontano da te!”. per noi (Zac 1, Incredibile amore! 14)? No, le granFino a tal punto di acque non Abramo ha visto, possono spegneha conosciuto e «Le grandi acque non possono spegnere l’amore» (Ct 8,7). re l’amore, né i amato Dio, il Tu di Dipinto di M. Chagall, Il Cantico dei cantici fiumi travolgertutta la sua vita. lo!” (Ct 8, 6-7) Gli chiede di esseCosì si chiude la scena e torna il sire uomo, di essere padre, accanto ai suoi figli; e ancora gli chiede di essere lenzio. Il Signore non parla più, né più donna, madre, sposa amante, tenerezza si ode il canto del flauto; unica eco, in tutta la valle, è quella dei passi di Dio. di grembo, di seno. Chiede ed ottiene. Infatti, subito dopo, inizia a risuona- Lui, infatti, “cammina”, come dice il re un canto, melodia soave, di pace, rit- testo in ebraico. Mentre Abramo, ritormata dal verbo “trovare”, parola chiave na. Dove? Alla sua abitazione, leggiamo per ogni storia d’amore. Sulla bocca di in fondo alla pagina. Ma non è così: “Al Dio, poi su quella di Abramo (vv. 26, 28, suo luogo, ritorna”. E Luogo, per gli 29, 30, 31 e 32), quasi uno stesso respi- Ebrei, è Nome divino, è il Signore stesro, un bacio scambiato. Si trova, poiché so, l’Amore, ormai divenuto dimora, abbraccio che accoglie e Presenza. si è cercato. Nessuno dei due se ne va, ma contiCosì ci appare il Signore, davanti ad Abramo, davanti alla città appesantita nuano a stare, l’uno nella vita dell’altro: dal male: Sodoma, terra “bruciante”, Abramo fra le braccia di Dio e Lui, l’Alcome dice il suo nome; terra riarsa, non tissimo, disceso fra noi, fra le braccia di cercata più da nessuno. Per questo Abramo, fra le sue mani, alzate in preAbramo pregava che lei venisse trovata ghiera. 6
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Sale della terra
Camminate nella
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Educati alla legge del Vangelo di Cristo e della sua Chiesa
P. Riccardo Brandi O. Carm.
La carità è un concetto che appartie- passione e della giustizia: ÂŤQuando incontrerai il bue del tuo nemico o il suo ne alla novitĂ della legge di Cristo. Troviamo giĂ nell’Antico Testamento i asino dispersi, glieli dovrai ricondurre. Quando vedrai l’asino sinonimi di affetto, amodel tuo nemico accare, elemosina, grazia, sciarsi sotto il carico, misericordia, pietĂ , benon abbandonarlo a se neficenza; tutti questi stesso: mettiti con lui ad aspetti sono presenti aiutarloÂť (Es 23,4). anche nel Nuovo TestaAnche il libro del Levimento, ma soltanto in tico (libro delle leggi reesso troviamo espressaligiose e sociali) affida mente e letteralmente il ÂŤNon molesterai lo straniero all’israelita che lavora la concetto di caritĂ . nĂŠ l'opprimerai, perchĂŠ foste stranieri terra il compito di ricornella terra d'EgittoÂť (Es 22,20) darsi del forestiero: una I sinonimi nell’AT La “leggeâ€? degli ebrei (Pentateuco), si caritĂ che va oltre l’aspetto economico esplicita nell’esigenza della giustizia so- fino ad abbracciare la giustizia sociale. ciale e nell’attenzione alla persona umana, partendo dalla relazione con Dio La caritĂ nel NT stesso. La Bibbia usa nel NT il termine “cariBasta un solo fondamentale riferi- tĂ â€? 54 volte: 47 nelle lettere di san Paomento: ÂŤIo sono il Signore tuo Dio... non lo, 6 nelle lettere cattoliche e una nelavrai altri dèi davanti a meÂť (Es l’Apocalisse; non è mai citata nei van20,2a.3). Dall’unicitĂ di Dio, e dal posto geli e nel Atti degli apostoli. che egli deve occupare nel cuore delLa carità è dono che viene da Dio e ci l’uomo, scaturisce la veritĂ dell’amore riporta alla sua misericordia, ma soper il prossimo: Dio è unico, ma in lui è prattutto al suo amore. amato ogni uomo e questo impegna Dio è e ha misericordia per noi, e il Israele alla grandezza del sentimento fedele che lo chiede è reso partecipe del che arriva ad amare anche lo straniero. Suo stesso essere con la missione di far La legge comporta un atteggiamento presente nel mondo proprio la sua midi delicatezza e di rispetto che Dio chie- sericordia assieme all’amore per il prosde nei confronti dello straniero, in forza simo e all’elemosina per i bisognosi. di una immedesimazione nella sua con- Quindi misericordia, amore, ed elemodizione: ÂŤNon molesterai lo straniero nĂŠ sina sono tre aspetti della caritĂ . l’opprimerai, perchĂŠ foste stranieri Carità è termine che viene dal greco e nella terra d’EgittoÂť (Es 22,20). significa benevolenza, amore, ma san Anche le vedove, gli orfani e i poveri Paolo usa in modo preferenziale “agapeâ€? trovano in Dio il “vendicatoreâ€? dei torti nel senso di amore fraterno e disintesubiti. ressato. Perfino il nemico trova spazio in queCi lasciamo guidare, in questo articosta legislazione dell’amore, della com- lo, dall’esortazione alla caritĂ che Paolo OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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ti di superiorità o inferiorisviluppa scrivendo agli tà, nel nome della riconciEfesini. liazione e dell’unità offerLa lettera ci fa cogliere teci da Cristo col suo saun pensiero - quello dell’ucrificio. Nell’immagine del nità - che domina tutto lo scritto. L’insistenza su La carità è dono che viene da Dio e muro di separazione che è ci riporta alla sua misericordia, ma stato abbattuto, e del nuoquesto tasto lascia intensoprattutto al suo amore vo edificio, la Chiesa appadere che l’unità fra i cristiani appaia all’apostolo esposta a re come opera sia di Cristo, che la crea qualche minaccia. Il termine unità e ne è il fondamento, sia dei fedeli, che esprime il concetto di comunione, cioè vanno crescendo insieme in comunione dell’incontro tra persone che superano fraterna. A conclusione della prima parte della la vecchia ostilità e si ritrovano fratelli. A questo c’è da aggiungere che nella let- lettera Paolo riprende il concetto di mitera agli Efesini la comunione si fonda stero, appena accennato all’inizio, e lo sviluppa nell’esperienza della grazia die si consuma in Cristo. Già nella solenne benedizione iniziale vina di cui, dice, è stato fatto partecipe; la centralità di Cristo, fonte e compi- mistero di comunione che, continua, mento della comunione, occupa un po- ora è stato rivelato per la stessa grazia sto privilegiato nel cantico che loda con a tutte le genti. La fede del nuovo popoammirazione la benevolenza di Dio per lo sarà espressione della pienezza della l’uomo: in Cristo si realizza il fine che manifestazione divina che tutto realizza: partecipi di questa conoscenza che è Dio persegue sin da prima del tempo. Dio agisce nella storia, ma la lettera carità, i fedeli fanno sì che Dio si espriagli Efesini delinea il trionfo di Cristo ma compiutamente e si faccia conosceanche nelle categorie dello spazio. Si re per quello che è veramente. Nella parte esortativa della lettera c’è tratta della fede nella signoria universale di Cristo; una signoria che non ha un pressante appello a vivere la comunulla di esibizionistico, ma è tutta in nione: Paolo riprende perfino il tono funzione della salvezza dei credenti. dottrinale del suo scritto per presentare Questi sono associati direttamente a i fondamenti su cui si basano l’esigenza Dio Padre e a Cristo, e per essi Paolo in- e l’urgenza di questa dimensione del vinalza la propria preghiera: domanda vere cristiano. Fra tutti è il concetto di per loro la luce e la capacità di com- dono, che in quattro versetti è evocato prendere a fondo il significato e lo scopo ben quattro volte, per dire che tutto nella Chiesa è dono di Cristo e ricondudel trionfo del Salvatore. Innalzando il Cristo nella gloria, Dio ce a lui. Perciò non è principio di divilo fa capo della Chiesa, cioè dell’umani- sione. Mansioni e carismi, invece, sertà che, superate le divisioni e le discor- vono ugualmente a rinsaldare l’unione die, in lui si raccoglie in comunione. La dei fedeli, a realizzare il corpo di Cristo. I precetti che seguono in sette versetcomunione è il dono che Cristo elargisce agli uomini. A loro volta, gli uomini, ti possono riguardare direttamente la fatti Chiesa, cioè corpo di Cristo, rendo- condotta dei cristiani, come anche posno al loro capo il significato della pro- sono essere riferiti a un preciso mopria nuova esistenza ed egli realizza ap- mento della vita della comunità: la cena pieno il processo di comunione non solo del Signore nella quale quello che i dell’umanità, ma di tutto quanto il cre- fedeli mettono a disposizione del rito sia frutto non di ruberie, ma di onesta fatiato. Proseguendo nel suo scritto Paolo ca. Nella cena si ambienta anche la racesorta gli Efesini a una vita di comu- comandazione di pronunciare parole nione, libera da paure, da atteggiamen- che risultino utili a quanti stanno ad 8
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ascoltare: parole che servano alla ne- fica, la nutre, la ama e la prepara tenecessaria edificazione, cioè che aiutino ramente al glorioso incontro , domani la l’assemblea a crescere. Sia nella vita farà comparire dinanzi a sé, degna di quotidiana, sia nella celebrazione co- Lui, per la sua gioia, senza macchia, né mune il programma di condotta si attua ruga, né nulla di simile, ma gloriosa, in due fasi: la prima è la rimozione di santa ed irreprensibile, perché sarà ritutto ciò che divide: non si pecchi, non vestita delle sue stesse perfezioni. La stessa carità, presente pur se in si dia spazio al diavolo, non si rubi, non si usino parole corrosive, non si rattri- modo velato, animerà anche i rapporti tra padri e figli e sti lo Spirito, non ci si tra servi e padroabbandoni a manifeni: questa “discistazioni incomposte. plina” corrisponRimossa così la divide a ciò che gli sione, si promuoverà stessi genitori e i ciò che rinsalda la copadroni hanno munione. L’aspetto posperimentato con sitivo della condotta è il Signore. contenuto tutto nell’uUltima racconica esortazione alla mandazione è l’edisponibilità reciproca sortazione ad ine che comprende la bedossare le armi nevolenza, la miseriSan Paolo a Efeso. Icona del IV secolo della fede (esortacordia e il perdono vizione ampiamencendevole sulle stesse te riportata anche nella nostra regola orme del perdono - carità di Cristo. Paolo esorta ancora a camminare carmelitana): Paolo sottolinea l’impornella luce e nella carità di Cristo, ag- tanza delle risorse che lo Spirito mette giungendo all’aspetto liturgico (rendi- a nostra disposizione nella lotta contro mento di grazie; salmi, inni e canti ispi- il male. La lettera chiude con un ultimo rirati), anche l’offerta cultuale – battesimale dei credenti, ormai figli della luce. chiamo alla carità reciproca: «pace e caUna serie di esortazioni alla carità rità con fede da parte di Dio Padre e del nell’ambito familiare ci conduce alla Signore Gesù Cristo a tutti quelli che amano il Signore nostro Gesù Cristo conclusione della lettera. La sottomissione della moglie al ma- con amore incorruttibile» (Ef 6,23-24). rito è sicuramente considerata oggi nelOra, un ricordo personale. Durante la nostra cultura un principio superato. un ritiro spirituale il predicatore faceva Ma se il rapporto sponsale è vissuto notare che il termine usato da Paolo per alla luce del timore di Cristo, il marito invitare a essere disponibili è la parola non esigerà niente d’arbitrario, e la mo- greca “chrestós”, che nel parlare correnglie, da parte sua, riconoscerà che ciò te si pronuncia “christós”. L’esortazione, che le viene domandato corrisponde dunque, diceva, culmina con la necesalla volontà del Signore. Infatti è l’a- sità di essere degni del nome di Cristo, more che ispirerà al marito, dice Paolo, col quale sono chiamati i cristiani: siate il comportamento da tenere; e questo quello che indica il vostro nome! rappresenta un’ulteriore immagine del Questo imperativo della fede racchiumodello perfetto: Cristo e il suo amore de tutto il cammino spirituale a cui siadivino per la sua Chiesa sua sposa, che mo stati educati ed esortati: camminare da lui riceve un pegno di eternità. Ieri nella carità di Cristo, sul suo esempio, Cristo ha dato se stesso per la Chiesa, fino a raggiungere in lui la pienezza oggi la circonda con le sue cure, la puri- della novità e della maturità cristiana. OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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Fuoco che trasforma
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L’educazione dei coniugi Martin nel manoscritto autobiografico di santa Teresa di Lisieux
Nicoletta Zampogna
I coniugi Martin
abilissima nel raffinato “punto di ÂŤUn albero buono non può fare frutti Alençonâ€?. Ostacolati dunque nella loro propencattivi, nĂŠ un albero cattivo far frutti buoni. Ogni albero che non fa buon sione verso la vita religiosa, i coniugi frutto è tagliato e gettato nel fuoco. Li Martin seppero cogliere nel loro incontro, avvenuto in maniericonoscerete dunque ra inaspettata nell’apridai loro fruttiÂť (Mt 7,18le 1858, che il progetto 20). di Dio per loro fosse un Credo che non ci sia altro e lo accettarono passo biblico migliore prontamente, sposanper introdurre quanto dosi solo dopo tre mesi segue, perchĂŠ rileggendi fidanzamento. do la vita di Luigi MarPossiamo decisamentin e Zelia Guerin, i gete affermare che per nitori di santa Teresa di loro il matrimonio fu la Lisieux, si evince chiavia ordinaria per ragramente quanto questa giungere la santitĂ , in santa unione sia stata quanto la consapevolezautentica testimonianza che la loro unione za di una quotidianitĂ fosse avvenuta per vovissuta alla presenza di lontĂ di Dio, li spronò Dio. Cosa interessante, maggiormente a formae non di poco rilievo, fu La famiglia Martin re una famiglia cristiache entrambi da giovana, focalizzando l’attenni avevano aspirato alla vita religiosa. Infatti lui, a soli 22 zione principalmente sul bene spirituaanni, ebbe il desiderio di consacrarsi a le delle cinque figlie. Non mancarono, Dio, ma ostacolato dallo studio del lati- però, momenti di dolore, dovuti alla no, dovette rinunciarci diventando cosĂŹ perdita di quattro figli ancora in tenera etĂ 2. un espertissimo orologiaio. Tuttavia, la maniera in cui seppero La speranza di Zelia era, invece, di poter entrare tra le Figlie della CaritĂ , affrontare la sofferenza e le difficoltĂ e ma quando la superiora di Alençon, al tempo stesso a non scoraggiarsi nelsenza mezzi termini, le disse che quella l’educazione delle cinque figlie, sono non era sicuramente la volontĂ di Dio, aspetti che rendono attuale questa copcominciò a fare la merlettaia, divenendo pia di 150 anni fa. 10
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Esempi buoni e virtuosi per le proprie figlie
donata da Dio attraverso i genitori.
Educazione mirata all’essen-
Compresa l’importanza di avere genitori così premurosi e attenti, stupendo- zialità della vita si di come abbiano potuto allevarla con Per meglio comprendere l’educazione amore senza viziarla, Teresa scriverà: di questa piccola grande santa, non «Avevo soltanto buoni esempi intorno a posso non citare l’episodio avvenuto me, naturalmente volevo seguirli»3 e sulla spiaggia di Trouville, quando anringrazia di aver avuto «genitori degni darono incontro a suo padre una coppiù del Cielo che della Terra»4. pia di persone che chiesero a Luigi Così le sorelle di Teresa ne sintetizza- Martin se quella fosse sua figlia e si no l’educazione ricomplimentarono cevuta dai genitoper la bellezza ri, quando testidella piccola Temoniarono al proresa: «Papà rispocesso di beatificase loro di sì, ma zione della santa notai che fece di Lisieux: «La noloro segno di non stra mamma vigifarmi complimenlava con grande ti. Era la prima attenzione sull’avolta che sentivo nima delle sue dire che ero caribambine e la più na; mi fece molto piccola mancanza piacere, perché non era lasciata non lo pensavo»6. senza rimprovero. Palese, dunque, Era un’educaziola grande attenne buona e affetzione affinché vetuosa, ma oculata nisse educata e accurata». all’essenzialità Nel suo primo della vita e non manoscritto che alla mera vanità. indirizza a sua soTuttavia la fragilirella Paolina, priotà di Teresa era ra del Carmelo di caratterizzata da Lisieux, narra la ben altro, era una sua infanzia che bambina molto definisce “storia emotiva e tendeΖelia Guerìn con la piccola Teresa primaverile di un va a vivere le sue fiorellino bianco”, i cui anni più sereni relazioni in una sorta di dipendenza afsono sicuramente riconducibili a quan- fettiva, quasi volesse attribuire la sua do la madre era ancora in vita. Scrive felicità alla presenza di una determinainfatti la santa: «Com’ero felice a questa ta persona. età! Già cominciavo a gioire della vita Propensione che si acuì soprattutto [...]. Come sono passati in fretta gli anni con la morte della madre7, portandola a pieni di sole della mia infanzia, ma legarsi alla sorella maggiore, Paolina, quale dolce rimpianto essi hanno tanto che quando dovette separarsene, lasciato nella mia anima»5. al suo ingresso in convento, visse un Tuttavia, c’era in lei la consapevolez- profondo trauma che ella stessa definiza che tutta quella felicità le era stata rà come la «dolorosa prova che venne a OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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spezzare il cuore della piccola Teresa»8, che la condusse poi a quella malattia che non le permise di alzarsi da letto per diverso tempo. Sarà solo quando volgerà lo sguardo alla Vergine ricevendo il “miracolo” del suo sorriso9, che la piccola Teresa ritroverà la salute del corpo e dello spirito.
Evidentemente stanco e desideroso di riposare il padre confidò a Celina, certo di non essere udito da altri, di essere contento che dal prossimo anno non si sarebbe più rivelata necessaria questa usanza vista l’età di Teresa. Questo, udito inavvertitamente dalla troppo sensibile bambina, anziché provocarle una crisi di pianto, com’era suo solito, le concesse la grazia di crescere, maturare, e, ricacciando indietro le lacrime diede soddisfazione al padre nello scoprire gioiosamente i doni a lei destinati. Scriverà qualche anno più tardi alla sorella Paolina ricordando quel giorno: «la piccola Teresa aveva ritrovato la forza d’animo che aveva perduto a 4 anni e mezzo e l’avrebbe conservata per sempre!»12.
Conclusione
L’insegnamento educativo dei coniugi Martin, rimane oggi più che mai attuale, di fronte alla crisi della famiglia e all’ingestibilità dei figli. La stessa sensibilissima Teresa ha potuto sperimentare come l’amore genitoriale esula da qualsivoglia vezzeggiamenti, ma si radica nella necessità di educare a una libertà affettiva e a una maturità spirituale, dove i rapporti interpersonali vengono intesi come dono di Dio e come opportunità per santificarsi vicendevolmente in tutti i momenti della vita, soprattutto nella prova.
Luigi Martin benedice la giovane Teresa e il suo ingresso al Carmelo
Educazione come sostegno alla crescita personale
Altro evento fondamentale dell’infanzia di colei che da Pio X fu definita come «la più grande santa dei tempi moderni»10, è legato al Natale del 1886: l’inizio dell’età adolescenziale11. Era di ritorno dalla Messa di mezzanotte e, come sempre, si apprestava ad andare a prendere gioiosamente le sue scarpette dal camino, dove era certa di trovare dei regali. 12
1 Teresa di Lisieux, Manoscritto autobiografico A, n. 64. 2 Questi figli furono: Elena (1864-1870); Giuseppe Luigi (1866-1867); Giuseppe Giovanni Battista (1867-1868); e Melania Teresa (16 agosto- 8 ottobre 1870). 3 Teresa di Lisieux, op. cit., n. 32. 4 Teresa di Lisieux, Lettera a p. Bellière, 26 luglio 1897. 5 Ibidem, n. 40. 6 Ibidem, n. 73. 7 Zelia Gerin, morì all’età di 46 anni il 28 agosto 1877, quando Teresa aveva ancora solo 4 anni. 8 Ibidem, n. 82. 9 Cfr. Ibidem, n. 94. 10 Pio X, in Centro Nazionale Carmelitano Vocazioni, Luigi e Zelia. Genitori che generarono santi, OCD, Roma 2008, p. 52. 11 Cfr. Ibidem, n. 133. 12 Ivi.
VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
Un cammino di santità
Scritti spirituali di una Serva di Dio Volume I (1898-1920)
a cura di Giuseppe Micunco
San Paolo, Cinisello Balsamo (MI), 2012 Potrebbe diventare presto – e ce lo auguriamo – la seconda santa che il Carmelo dona alla città di Bari. Dopo Elia di San Clemente, proclamata beata il 18 marzo 2006, è la volta di Suor Teresa Gimma. Anche lei fiorita nel monastero di San Giuseppe in via de Rossi, ma con una storia completamente diversa dalla sua consorella, che conobbe e frequentò solo negli ultimi mesi del 1920. Il processo di beatificazione della Serva di Dio Suor Teresa di Gesù (1880-1948) carmelitana scalza, al secolo Teresa Gimma è stata avviata solennemente il 5 luglio 2011 nella chiesa del Monastero di S. Teresa Nuo-
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caro, Teresa fu catapultata di colpo negli affanni e nelle difficoltà che le responsabilità di priora e fondatrice comportano. Ma non solo questo. Prove terribili l’attenderanno. Prima un grave fatto di cronaca che coinvolse un suo parente, poi maldicenze e infine sottili persecuzioni e una calunnia perpretata da una consorella la portarono ad essere allontanata dal suo monastero per un “esilio a Roma che durò un anno e mezzo. E al ritorno non fu ammessa più a coprire il ruolo di priora. Una dolorosa esperienza che pure aveva presagito quando molti anni prima scriveva: “Il buon Dio ha voluto uniformare questa sua sposa all’Agnello divino, prepararla per il premio a pochi riservato, la corona del martirio” (p. 88). Proponendo la lettura di questi primi testi di suor Teresa, facciamo nostro ed estendiamo a tutta la nostra provincia carmelitana l’auspicio che mons. Cacucci rivolge all’intera Chiesa diocesana: “che questa pubblicazione riporti all’attenzione della città di Bari, una luminosa figura di donna e di consacrata che ha segnato la storia cittadina con una scelta di vita radicale e controcorrente e che il monastero da lei fondato, dove sono conservate le sue spoglie mortali, diventi un punto di riferimento per tutti coloro che, credenti o non credenti, desiderano sperimentare il mistero ineffabile di Dio attraverso la contemplazione, il silenzio, la preghiera”.
proposte di lettura
Suor Teresa di Gesù Gimma
va in Bari di cui fu fondatrice e in cui si spense in fama di santità nel 1948. La fase diocesana del processo di beatificazione si è conclusa solo il 6 giugno scorso. Quello che presentiamo è il primo dei tre volumi programmati che raccoglieranno tutti i suoi scritti, per la maggior parte inediti. Curato dal prof. Giuseppe Micunco, il libro che riporta una prefazione dell’Arcivescovo di Bari-Bitonto, mons. Francesco Cacucci, e un profilo biografico e spirituale curato da mons. Vito Angiuli, vescovo di UgentoS. Maria di Leuca e Postulatore della causa di beatificazione, risulta un ottimo strumento per conoscere questa straordinaria figura di donna, di religiosa e di testimone della fede in un periodo non facile delle storia della nostra terra, caratterizzato da una forte avversione alla Chiesa da parte di movimenti massonici e anticlericali. Questi primi scritti sono degli anni più belli di Teresa, trascorsi nella pace del monastero di San Giuseppe. Gli anni dell’innamoramento e delle gioie della comunione con il suo Sposo, Cristo Signore. Prima delle grandi prove e della “notte oscura”, della seconda parte della sua vita, quella che coincide con la fondazione del monastero di Santa Teresa Nuova (1920), prima ubicato nella casa paterna dei Gimma, in piazza Massari e poi nel nuovo convento di Via Amendola (dal 1935). Con la nuova missione affidatale dall’allora arcivescovo di Bari Giulio Vac-
Salvatore Schirone
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profili del carmelo
JUAN SANZ
p. Mario Alfarano Il voler riscattare dall’oblio alcune figure minori del Carmelo del secolo d’oro della spiritualità spagnola, il XVI secolo, nasce dal desiderio di vedere riconosciuta l’importanza della loro opera nel loro tempo e di cogliere alcuni motivi di ispirazione per la vita spirituale di oggi. Certamente il loro valore non può essere paragonato a quello di Teresa d’Avila e Giovanni della Croce, tuttavia anch’esse lasciarono una traccia durevole e dimostrarono in quale solco fiorirono i due grandi dottori. Dopo aver considerato Miguel de la Fuente e Girolamo Graciån, vogliamo offrire alcune veloci pennellate sulla vita e la spiritualità di Juan Sanz.
Nel clima della Riforma
L’impatto che molti avevano con P. Juan Sanz era di timore e di soggezione poichÊ questo frate appariva scostante e severo. In realtà , frequentandolo, ci si accorgeva che dietro quella scorza rude si nascondeva un uomo affabile e di profonda cultura, un maestro di spirito totalmente immerso nell’amore di Dio. Certamente la sua personalità si forgiò prima nelle ristrettezze della vita familiare e, in seguito, sotto la guida di frati di rilievo. Nato a Onteniente nel 1557 da una famiglia povera, i suoi genitori vollero garantirgli una buona istruzione, vedendo in lui una vivace intelligenza, e, dopo la morte del padre, la madre cercò lo stesso di mantenerlo agli studi inviandolo, appena dodicenne, nella vicina Valenza. Qui, però, dovette spesso mendicare un aiuto presso il convento dei carmelitani e in questo modo iniziò a frequentare questi religiosi, rimanendone colpito per l’accoglienza e lo stile 14
di vita. Entrò tra di loro e a sedici anni fece la professione religiosa al termine del noviziato sotto la cura di Miguel Alfonso Carranza, uno strenue propugnatore della riforma voluta dal Priore Generale, Giovan Battista Rossi. Il clima della riforma, infatti, dopo il grande evento conciliare di Trento, si respirava non solo nell’Ordine, ma in tutta la Chiesa. In questo clima Juan fu formato e, successivamente, diede il suo valido contributo. Il suo brillante impegno nello studio gli meritò di insegnare grammatica e retorica ai novizi e piÚ tardi, dopo aver appreso l’ebraico per l’approfondimento della Sacra Scrittura, il corso di teologia a Valenza. Ma il valore di Juan stava nel vedere in lui coniugate la cultura e la santità di vita, per cui non solo era considerato un maestro, ma anche un modello da seguire. I superiori vollero, di conseguenza, impegnarlo nella formazione dei giovani candidati alla vita carmelitana. Non solo. Nella sua provincia gli vennero affidati altri incarichi di responsabilità : prima all’interno del consiglio provinciale, poi come socio del provinciale al Capitolo Generale di Cremona del 1593, laddove si decretò la separazione degli scalzi dal tronco dell’Ordine, infine come priore di Valenza e come priore provinciale, incarico che accetterà solo per un triennio nel 1603 dopo averlo piÚ volte rifiutato. La sua passione per la Parola di Dio traspariva non solo nell’insegnamento, ma anche nella sua predicazione. La sua fama di grande predicatore si diffuse rapidamente e attirò l’attenzione dell’arcivescovo di Valenza, San Giovanni de Ribera, del quale Juan divenne un VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
profili del carmelo
grande amico e un valido collaboratore nell’opera di rinnovamento della Chiesa valenziana. De Ribera, infatti, gli affidò la cura spirituale di alcuni monasteri di agostiniane scalze da lui fondati, oltre a quelli che già seguiva: i due delle monache carmelitane, a Valenza, e i monasteri delle clarisse e delle cistercensi. Ma Juan fu un riferimento per tanti laici che attinsero da lui un valido insegnamento per la loro crescita spirituale.
“Fu una continua preghiera”
preghiera era il momento privilegiato di questo incontro d’amore, quindi non era mai tempo perso, che si prolungava nella vita quotidiana e si rendeva visibile attraverso i suoi frutti. Due erano le pratiche che raccomandava per vivere appieno la preghiera: la mortificazione e la penitenza. Esse servivano a camminare nella via dell’umiltà, condizione indispensabile per accogliere Dio e rimanere uniti a lui. A livello pedagogico, insegnava due metodi sulla preghiera: la meditazione intellettiva e quella affettiva. La preghiera, cioè, secondo Juan, si nutre di conoscenza e di desiderio perché “più si ama e più si conosce, più si conosce e più si ama”. Alla base della meditazio-
Quando nel 1608 Juan morì, all’età di 51 anni, nei contemporanei vi fu la consapevolezza di aver avuto tra di loro un santo per questo, dopo pochi anni, fu avviato il suo processo di beatificazione, mai, però, portato a compimento. Il suo biografo, P. Pinto, scrisse di lui che “tutta la sua vita fu una continua preghiera”. Certamente fu questo il tratto peculiare della fisionomia spirituale e dell’apostolato di Juan Sanz. Lo si vede, innanzitutto, nella sua I santi carmelitani venerano la vergine Maria vita quotidiana. Già da giovane frate, a Onda, amava rifugiarsi ne intellettiva doveva esserci la Sacra in una grotta nei pressi del convento Scrittura che, per Juan, favoriva l’inper pregare. In seguito, malgrado i suoi contro con il Signore e accendeva di molteplici impegni come professore, amore per lui. Essa continuava nella predicatore e guida spirituale, dedicava meditazione affettiva che prolungava ogni giorno tre ore alla preghiera perso- l’amore e il desiderio e, per fare ciò, si nale e un giorno alla settimana, il gio- serviva di “aspirazioni”, vale a dire, di brevi frasi che elevavano l’anima a Dio. vedì, lo viveva interamente in ritiro. Nel suo apostolato si prefiggeva di Queste aspirazioni costituiscono le 15 insegnare l’arte della preghiera, non composizioni alfabetiche, gli Abecedari, solo a scuola, nei colloqui privati o nella che Juan scrisse secondo diversi temi, predicazione, ma anche attraverso gli come la passione del Signore, il Padre scritti. Alcuni di essi non sono giunti fi- nostro, la devozione al Santissimo Sano a noi, ma quelli che abbiamo, vale a cramento. Il dono maggiore che si riceve dalla dire diverse sue lettere e, soprattutto, i suoi Abecedari, sono una fonte per co- preghiera è, per Juan, “l’amore riposato” che potremmo tradurre con quella noscere il suo pensiero. Il fine della preghiera era, per Juan, pace che accompagna il credente in vivere il comandamento dell’amore. La ogni circostanza della vita. OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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F
La tua bellezza sia la mia
Il frutto della ede è l’amore, il frutto dell’amore è il servizio (Madre Teresa di Calcutta)
Floriana Grassi
ÂŤGeneralmente tutto inizia con il sor- un’opera straordinaria ma ordinaria e riso degli occhi, del volto, del contatto, universale. Ordinaria perchĂŠ è quello del modo in cui tocchi la gente, del mo- che Cristo ha fatto e ci chiede di fare nella nostra vita, a nostro modo, secondo in cui dai alla genteÂť. do il talento che ci è stato Ricordare l’esperienza donato. Universale perchĂŠ vissuta con le Suore Mispuò partire da tutti e rivolsionarie della CaritĂ , atgersi a chiunque: Madre traverso la comunitĂ carTeresa diceva che ÂŤnon c’è melitana di Bari ed assiepiĂš differenza quando comme ad alcuni suoi compoprendiamo che ogni singolo nenti, significa risvegliare uomo, donna, bambino è fiuna particolare energia glio di Dio, creato a immache la presenza di Dio gine di Dio e che siamo sprigiona mediante quelle davvero tutti fratelli e sorelsorelle, ripensare agli insele: questa è la cosa piĂš gnamenti ricevuti da tutte La gioia. Ăˆ questo il mistero bella. Lo scopo della Conle persone con cui ho condell’amore gregazione non è compiere diviso l’esperienza e comprendere le parole di Madre Teresa di un’opera ma saziare la Sete di amore di Calcutta: ÂŤLa gioia. Ăˆ questo il mistero Cristo sulla croce con l’amore in azioneÂť. Parlava di “amore in azione“, quale dell’amoreÂť. Per cinque anni consecutivi la nostra ÂŤviva realtĂ della presenza di DioÂť. Non comunitĂ ha partecipato alle colonie si tratta di servizio ai poveri nel modo estive che le Missionarie organizzano solitamente inteso, perchĂŠ la povertĂ per bambini e ragazze delle famiglie me- oggi assume un significato sempre piĂš no abbienti di alcuni quartieri di Bari, esteso e profondo. ÂŤLa povertĂ materiacon le quali tessono rapporti di solida- le – spiegava Madre Teresa – si può rietĂ per tutto il corso dell’anno. Ogni sempre soddisfare con le cose materiacolonia, una dedicata ai bambini di etĂ li, ma i rifiutati, i non amati, i trascuracompresa tra sei e dieci anni, l’altra a ti, i dimenticati, gli abbandonati sono ragazze tra dieci e quindici anni, dura una povertĂ molto piĂš grande. Oggi la quindici giorni e offre mattinate al ma- Passione di Cristo è rivissuta in ciascure, in una spiaggia che accoglie l’ini- no di noi in modo diverso. La solitudine ziativa delle Missionarie gratuitamente, e il dolore di GesĂš nel Getsemani sono e pomeriggi in una parrocchia, nei cui forse state piĂš forti della stessa crocifisluoghi ricreativi si trascorrono i mo- sione, perchĂŠ questa fu transitoria e nella carne, l’agonia di essere stato rimenti di gioco, catechesi e pranzo. L’azione sociale delle sorelle e dei vo- fiutato e lasciato solo, no. Questa steslontari, non deve essere pensata come sa solitudine è rivissuta in molti paesi 16
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sia il servo di tutti» (Mc ricchi ed è la più grande 9,35). Non ci si fa servi sofferenza e la più granper essere primi. Ma è de povertà di oggi». L’asnel servizio stesso la senza o la fragilità di legrandezza, nell’amore la gami affettivi è una poriconoscenza, nella giovertà più profonda e naia l’elogio più grande. scosta di quella materiaLa gioia. È questo il le e ci riguarda personalmistero dell’amore. Se mente perché perdere la Beata Teresa di Calcutta sei innamorato sei anpresenza dell’altro signiche pieno di gioia, che nessuno può fica perdere noi stessi e Dio. Ciò che con i bambini e le ragazze ab- strappare, neanche l’oggetto stesso di biamo cercato di creare sono stati pro- quell’amore. Questa gioia è fonte di forprio dei legami di amicizia. La cosa più za e volontà tali da renderci capaci di importante che potevamo offrire loro fare qualunque cosa, è la presenza oncome volontari era la nostra amicizia, nipotente di Dio in noi, è presenza di l’ascolto, il racconto, la fiducia: gli stes- pace profonda, è capacità di perdonare e dimenticare qualsiasi torto subito. si che offriremmo a chiunque altro. Credo che ciò che abbiamo imparato Gli insegnamenti delle Missionarie hanno ricalcato la spiritualità attiva di sia proprio la gioia, quella del fanciullo Madre Teresa e sono stati un vero invi- e dell’innamorato, quella che trovi nel to a vedere realmente Cristo nell’altro, gioco, nell’affettività, nello stare alla uno sforzo a dare corpo a quello che ab- stessa tavola. Le difficoltà e gli sbagli biamo udito dalla Parola, toccandolo non sono mancati: non saremo capaci nelle piaghe e nei sorrisi dei nostri ami- di comprende i poveri se non diventereci. Per questo amavano ripetere che mo poveri a nostra volta, non saremo «non è quanto facciamo ma quanto capaci di costruire assieme a loro il riamore mettiamo nel farlo che è vera- scatto se non ci riscatteremo noi, a nomente importante, e questo vale non stra volta, rispetto alle nostre povertà. solo per le religiose ma per chiunque, in Quanto riceviamo è sempre più grande ogni condizione di vita». È in effetti il di quanto diamo, e non si può compenmodo in cui si viene amati e si ama, e la sare: è la misura dell’amore. «Generalmente tutto inizia con il sorsua intensità a restare, alla fine di tutto. Durante il cammino spesso ci si per- riso degli occhi, del volto, del contatto, de, si rischia di dimenticare a chi ci si del modo in cui tocchi la gente, del rivolge, o si svia il significato della Pa- modo in cui dai alla gente: tutto ciò è rola: «se uno tra voi vuol essere grande amore in azione».
VOCAZIONE AL CARMELO
Per il tuo orientamento vocazionale nella famiglia carmelitana i frati, le monache e le suore ti offrono la possibilità di vivere periodi di riflessione e itinerari di ricerca. Puoi rivolgerti al responsabile: per i frati a Bari per le monache a Ostuni per le suore a Arnesano. OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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Insieme come fratelli
CONGRESSO DEL LAICATO CARMELITANO: 16 -22 SETTEMBRE 2012, SASSONE (ROMA)
Dal 17 aI 21 settembre 2012 a Sassone (Roma) ha avuto luogo il congresso internazionale per il laicato. Hanno partecipato all’incontro i formatori, i delegati provinciali per il laicato e i moderatori provinciali laici. Il tema trattato, è stato: “Formazione al servizio del regno di Dio e del mondo. I laici carmelitani nella missione della Chiesa”. Il Congresso è stato un’occasione unica, dove poter condividere esperienze di vita e di presenza dei diversi paesi, conoscere altri laici, le loro attività e sperimentare la fraternità e i vincoli di spiritualità e di carisma che legano fratelli e consorelle della famiglia carmelitana di tutto il mondo. I delegati e i moderatori, sono stati invitati due giorni prima del Congresso dal 14 al 15 settembre 2012, per un incontro specifico sul tema: “I ruoli e i compiti nella guida e nell’animazione dei laici carmelitani”, con lo scopo di chiarire le rispettive responsabilità e competenze nell’accompagnamento e nella direzione del laicato carmelitano. La professoressa Cettina Militello nelle due relazioni: “La corresponsabilità dei
laici tra Chiesa e mondo” e “L’autonomia dei laici dal vaticano fino ad oggi”, ha sottolineato la necessità di «trasformare in ministero la propria professione» ciò è una sfida bella, difficile e impervia. Ma questo è il senso ultimo dell’essere per gli altri, della diaconia come funzione extra ecclesiale». Oltre alle diverse e interessanti conferenze, i partecipanti hanno potuto ascoltare alcune esperienze di iniziative apostoliche laicali già esistenti in diversi paesi. Nelle relazioni finali sono emerse tante testimonianze positive, analisi, valutazioni, suggerimenti utili per realizzare nel TOC: quei miglioramenti che lo aiutino ad adeguarsi sempre più ai segni dei tempi, alle esigenze della Chiesa e alla nuova evangelizzazione. I congressisti hanno vissuto un momento particolare all’udienza del Santo Padre Benedetto XVI nella Sala Paolo VI, che ha condiviso la sua recente visita in Libano; essi, poi, al saluto del Papa hanno cantato il Flos Carmeli. MARISA FOTIA MARTINO
Partecipanti al congresso del Laicato Carmelitano OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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UNA TAPPA DEL GRANDE PELLEGRINAGGIO DELLA VITA
Il 30 settembre 2012, la nostra comunità carmelitana di Palmi ha partecipato ad una bella giornata in cui si è svolto un pellegrinaggio tra la provincia di Catanzaro e Vibo Valentia. La giornata ha inizio alle 7 del mattino, nel piazzale antistante la chiesa del Carmine, luogo scelto per la partenza dei due autobus, con padre Carmelo e fra’ Francesco guide spirituali rispettivamente dei due gruppi di pellegrini dislocati nei due mezzi. Il viaggio inizia con le preghiere e le lodi mattutine, non mancano i momenti di fraternità e di divertimento che coinvolgono proprio tutti. Arrivati nei pressi di Gimigliano (CZ), si è venuti a conoscenza del fatto che la strada principale era bloccata e che ci sarebbe stato un piccolo cambio di programma, che prevedeva il percorrere una strada secondaria più lunga e più periferica, attraverso i boschi della
presila catanzarese. Personalmente la cosa non mi dispiacque affatto, anzi il viaggio, se pur un po’ più lungo del previsto, ci dava la possibilità di poter ammirare degli scenari suggestivi e che ben si adattavano alla spiritualità della giornata. Stupende vedute di boschi che in una bella giornata di sole, esprimevano la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, nella perfetta armonia del creato e del susseguirsi delle stagioni. Arrivati al santuario di Porto, abbiamo ricordato la storia di Pietro Gatto, ex brigante che nel XVIII secolo si convertì grazie ad un’apparizione mariana. Da lì divenne fra’ Costantino, in onore di Maria SS. di Costantinopoli che lo esortò a costruire sul posto una piccola cappella, nei pressi di dove poi è sorto l’attuale imponente santuario. Dopo la celebrazione eucaristica, le confessioni di alcuni, e il fraterno pa-
Un momento del pellegrinaggio
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La celebrazione liturgica
sto, abbiamo visitato la cattedrale di Mileto e l’adiacente museo diocesano, nel quale si potevano ammirare in particolar modo preziosissime reliquie d’arte sacra, ma soprattutto la passione che il signor Currà, guida del museo e giornalista di “Calabria ora”, mostrava nell’esporci il tutto. Dopo aver ammirato il patrimonio storico e artistico che quel luogo ci offriva, alcuni di noi si sono soffermati ancora a far due chiacchiere con il Currà, che, in particolar modo a noi giovani, voleva trasmettere il concetto che questa nostra bella e sfortunata terra, la Calabria -che non è solo ‘ndrangheta e povertà come tante volte si lascia far credere-, è ricca di storia, arte, cultura e di tanta brava gente di buona volontà che cerca riscatto. Il viaggio, mentre si fa sera, prosegue verso l’ultima tappa, Paravati dove abbiamo visitato la tomba di Natuzza Evolo. Tra i giardinetti ben curati che facevano da cornice alla vasta area di sosta, OTTOBRE / DICEMBRE 2012
non poteva passare inosservata la grande statua di Gesù che apre le braccia verso l’orizzonte, e della grande scritta in alto “venite ad me omnes”, e più piccolo ai suoi piedi “vi aspettavo nel mio cuore c’è posto per tutti”. Immagine che racchiude in se il messaggio che la mistica si è impegnata a diffondere con grande umiltà e semplicità durante tutto il suo terreno pellegrinaggio. Emozionante il momento in cui tutto il nostro gruppo, ed altri pellegrini lì presenti, hanno potuto sostare alcuni istanti in silenzioso raccoglimento dinanzi la sua tomba. Giunta ormai la sera, siamo ripartiti verso casa. Nei volti di tutti noi, un sorriso e un’aria felice, specchio di una giornata di condivisa e fraterna gioia, di chi sa che la giornata appena trascorsa è ormai finita. Un piccolo tassello e dono da aggiungere al più ampio pellegrinaggio della vita. CARMINE GELONESE
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L’IMPEGNO DEI CARMELITANI PER LA GIUSTIZIA, LA PACE E L’INTEGRITÀ DEL CREATO Domenica 21 ottobre, ha avuto luogo l’apertura dell’anno pastorale 2012-2013 del Terz’Ordine Carmelitano della Provincia Napoletana. L’importante evento si è svolto nel santuario del Volto Santo a Capodimonte (Na). Per noi terziari calabresi il convegno, in un certo senso, è cominciato il giorno prima, vista la distanza. Ci siamo recati, infatti, in pellegrinaggio a Monte Vergine (AV) per visitare il santuario mariano più antico d’Italia, curato dai monaci benedettini. Lì abbiamo potuto ammirare oltre alle bellezze architettoniche, anche l’antica ed enorme statua della Vergine seduta in trono col Bambino sulle ginocchia. Nella cripta sottostante si possono venerare centinaia di reliquie di santi. Nei locali dove sono esposti infiniti ex voto, alcuni dei quali molto antichi, è anche esposto alla venerazione il corpo incorrotto di Guglielmo di Vercelli che desiderava recarsi in Terra Santa, e invece giunse in Irpinia nei primi decenni del XII secolo e sul suddetto monte, costruì una chiesa che nei secoli successivi fu ampliata ed arricchita, divenendo l’attuale monastero. Il giorno seguente è iniziato il vero e proprio convegno. Dopo il saluto del priore provinciale, p. Enrico Ronzini, e quelli della presidente Marisa Fotia, è stato presentato il relatore: p. Míceál O’Neill, priore del Centro internazionale S. Alberto. Era presente anche il delegato provinciale per il Terz’Ordine, p. Antonio Calvieri. Molto interessante la relazione del p. Míceál, che ha esordito parlando delle opere di carità, per poi passare a un 22
Santuario Volto Santo
interessante commento e attualizzazione del salmo 129, che inizia con un grido a Dio «Dal profondo a te grido, o Signore» (v.1). Al termine della suggestiva esposizione, diverse sono state le risonanze. Ricca la giornata, che dopo il convegno e la pausa pranzo ha visto la nostra visita al santuario del Volto santo e nel pomeriggio le coreografie degli allievi della scuola “Artedanza Chorea” con lo spettacolo “Exultate” in cui si è voluto far emergere i momenti cruciali della vita umana: il peccato, la preghiera e il pentimento. L’Artedanza Chorea è impegnata da sempre sul fronte sociale, infatti numerose sono le partecipazioni in favore di Telethon e delle missioni in Africa. La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica presieduta da p. Anastasio Filieri, carmelitano della comunità di Taranto, del quale ricorreva il 50° anno della sua ordinazione sacerdotale. VITTORIA DUGO
VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
QUANDO LA SOLIDARIETÀ NON SI DICE: SI FA
Il 28 ottobre 2012 nella parrocchia di Santa Maria delle Vittorie a Bari si è svolta la quinta edizione della festa della solidarietà, i cui proventi sono devoluti interamente, così come tutte le edizioni precedenti, per la costruzione di una casa famiglia in Rwanda. È un progetto che ha coinvolto tutti quanti fino in fondo. L’intera comunità, durante l’anno passato, ha aderito anche al progetto “adotta un mattone” sempre per la stessa causa. Una coppia di sposi ha deciso di fare tappa in Rwanda durante il proprio viaggio di nozze per toccare con mano la situazione che si vive lì e vedere con i propri occhi ciò che è stato realizzato con i fondi raccolti in questi anni. Anno dopo anno ci si organizza sempre meglio e sempre più in grande: i tavoli degli stand si moltiplicano e la fantasia prende il sopravvento sull’abitudine. Ogni anno c’è sempre qualche piacevole novità e, sia nel periodo di preparazione che durante la festa stessa, c’è una partecipazione e un’atmosfera straordinaria. Nessuno si risparmia, ci si fa anche in quattro se necessario, ci si sporca le mani, si lavora e si
scherza insieme come in una grande famiglia. Raccontata così può sembrare una fiaba, ma è tutto vero: a volte si parte con la convinzione che realizzare certe cose, soprattutto in tempi di crisi come questo, sia impossibile, ma già il nome della festa rivela che questo evento è nato per unire e così accade. Il termine stesso di solidarietà sul vocabolario viene descritto in questi termini: “Rapporto di comunanza tra i membri di una collettività pronti a collaborare tra loro e ad assistersi a vicenda”. Il passaparola tra amici, conoscenti e parenti, nelle scuole e sui posti di lavoro, su facebook e di persona, funziona e sono tanti gli esterni oltre gli assidui frequentatori della parrocchia. Alle 16 inizia la preparazione e la sistemazione dei tavoli e di tutto l’occorrente per i singoli stand. Alle 17 è già tutto pronto e si parte: ci sono oggettistica (addobbi di natale, orologi in vinile, salvadanai, quadretti in tela e legno), intrattenimento musicale, cuochi di ogni genere (si passa da succulenti panini con wurstel, porchetta o zampina fino ad arrivare a deliziosi pasticcini,
Convento Maria Immacolata dei frati Carmelitani Torre S. Susanna (Br)
ospita gruppi per ritiri, esercizi spirituali e campi scuola. Offre una capacità di accoglienza 18 posti in camere singole e multiple con servizi in camera, e altri 46 in camere con letti a castello e bagni comuni.
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passando per focacce, frullati e pancake), mercatino dell’usato e quest’anno anche la presenza di sei giocatori dell’A.S. Bari calcio che si sono offerti per la causa e hanno scattato numerose foto con i loro fan dietro un’offerta libera a partire da un minimo prestabilito. La festa continua fino alle 22 e per tutto il tempo forme, odori, colori, luci, suoni e sapori si mescolano e si conta-
minano l’un l’altro. A festa chiusa, la sera stessa, si tirano le somme: sono stati raccolti già 7.575 € e in seguito ad altre donazioni nei giorni seguenti si supereranno anche gli 8.000 €. Si è consapevoli che il lavoro da fare è ancora tanto, ma come diceva Sofocle: “L’opera umana più bella è di essere utile al prossimo.”.
MARCO CIRÒ
CRONACA DELLA SEDICINA E RICORDO DEL MIRACOLO
Con l’ormai tradizionale e sempre emozionante “calata” della statua della Vergine del Carmelo dall’altare maggiore al cospetto dei fedeli, il 30 ottobre ha avuto inizio la sedicina dedicata al ricordo del miracolo del 16 novembre 1894. Quel giorno a Palmi, ci fu un violento terremoto, preannunciato sedici giorni prima dalla statua della Vergine del Carmelo che lacrimava, cambiava il colorito del volto e muoveva gli occhi, tanto che alla fine i fedeli decisero di portarla in processione. Proprio mentre questo avveniva, una forte scossa di terremoto distrusse Palmi. Miracolosamente non ci furono vittime, i palmesi, chi per fede e chi per curiosità, si trovarono intorno alla statua tutti illesi. Per la sedicina di quest’anno, la comunità carmelitana ha invitato i parroci delle parrocchie a presiedere alcune celebrazioni eucaristiche vespertine, invito che è stato accolto e che ha visto il pellegrinare nel nostro santuario anche
Gli affiliati alla nobile congrega del Carmine
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Il Coro polifonico di Reggio Calabria nel concerto di canti liturgici in lingua russa georgiana greca e latina
dei diversi parrocchiani che accompagnavano il parroco. Le celebrazioni eucaristiche delle ultime tre sere, sono state presiedute dal priore provinciale p. Enrico Ronzini, durante le quali si sono susseguite: l’ingresso al noviziato, l’ammissione alla Nobile Congrega del Carmine e il rinnovo delle promesse dei congregati; nonché l’accoglimento al noviziato, le professioni temporanee e perpetue e il rinnovo dei voti dei terziari carmelitani. La sera del 16, animati da viva fede, abbiamo portato in processione la copia della statua miracolosa della Vergine del Carmine: pregando il rosario, abbiamo percorso le stesse vie che fecero quei fedeli nel 1894. Al rientro, dopo più di un’ora di processione, abbiamo partecipato alla S. Messa presieduta dal nostro vescovo, mon. Francesco Milito. LILIANA CUTRUPI
VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
STORIA DI UNA VOCAZIONE CARMELITANA
C’è un “filo sottile” che unisce i due eventi cruciali della mia vita: il 14 novembre 2012, in cui nella chiesa del Carmine di Palmi ho fatto la professione temporanea nel Terz’Ordine Carmelitano, e il novembre 1993 quando, in una camera di ospedale, chiedo a Gesù misericordioso, che vedo raffigurato in una piccola immagine affissa ad una parete, di aiutarmi: a mio padre è stato dato solo un mese di vita! E il Signore esaudì la mia richiesta, dando a mio padre, altri 9 anni di vita. Io che per 25 anni fui lontana Caterina Gelardi pronuncia pubblicamente la formula della professione temporanea nel Carmelo da Gesù Eucaristia, ritornai a lui il giovedì santo del 1997, e da allora, quante meraviglie Continuava a crescere in me, il desiderio di consacrarmi alla Beata Vergine sono accadute nella mia vita! Un altro giovedì santo fu particolar- del monte Carmelo: iniziai così il periomente importante per la mia crescita do di discernimento nel Terz’Ordine. Quando la mia maestra di formaziospirituale e la mia vocazione: quello del 2002. Papà si aggravò improvvisamen- ne, Marisa Fotia, mi ha detto che il 14 te. Prima di entrare in coma, si fece il novembre avrei “fatto” la professione segno della croce e invocò la Madonna temporanea, ho provato una tale emodel Carmelo, mentre io gli misi tra le zione che ho passato lunghe notti inmani l’abitino del Carmine che egli cu- sonni! Quando davanti a tutta l’assemblea e stodiva da 60 anni, da quando, cioè, partì per la guerra. Quella notte papà al priore provinciale, p. Enrico Ronzini, ritornò al Padre. Apparentemente ero ho pronunciato la formula della mia rimasta sola con mia madre, ma non mi professione, ho ripensato a quel novemsentivo tale: sperimentavo ancora la bre del 1993 al mio grido di aiuto a presenza di mio padre che invocava la quella piccola immagine del Gesù, alla Madonna del Carmine, e questo mi con- Madonna del Carmine invocata da mio padre prima di morire, al mio cammino solava! Poi nel 2007 sono andata in pensio- di conversione, all’impegno a vivere e ne, la scuola ormai non mi entusiasma- testimoniare il vangelo in seno alla frava più, e nel novembre di quell’anno, ho ternità carmelitana, e a Gesù Eucaricominciato a frequentare la chiesa del stia ho chiesto la grazia di poter imitaCarmine, e la spiritualità carmelitana re le virtù di sua madre, di meditare la mi coinvolse talmente che l’anno suc- Parola e di portarla con umiltà e amore cessivo comprai una casa proprio vicino ai fratelli. a quella chiesa, consentendomi di esseCATERINA GELARDI re più presente alla vita del santuario. OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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LA MADONNA DEL CARMINE CONTINUA A FARE MIRACOLI A PALMI Davvero quest’anno il miracolo della Madonna si è ripetuto: dopo tanti, troppi, anni di inattività il gruppetto di giovani del Santuario è tornato a incontrarsi attorno a un progetto comune: una veglia mariana nuova, tutta ideata e organizzata da loro, lasciando che lo Spirito li infiammasse con entusiasmo al lavoro di gruppo, alla comunione d’intenti e di sentimenti di amicizia, nonostante la diversità d’età, idee e caratteri. Molte le ore dedicate alla progettazione della veglia, che li hanno impegnati tanto al santuario, con lunghi incontri più volte a settimana che a casa per circa un mese. E il risultato non ha deluso nessuno: per primi loro stessi che sono riusciti a vivere, nonostante la naturale tensione, con profondo senso d’intimità e preghiera, la veglia preparata. I giovani, manco a farlo a posta proprio 12, hanno inteso riflettere, e far riflettere, sul binomio Maria-fede inserendosi appunto nel cammino ecclesiale di quest’anno. Per tale motivo, la veglia è stata divisa in due parti: la prima intesa a sottolineare la fede di Maria, la seconda quella dei cristiani in risposta all’incarnazione, passione e risurrezione del Figlio di Maria. Questi due grandi temi, sono poi stati armonicamente inseriti nel contesto proprio della sedicina del Carmine e che ha impegnato 26
i ragazzi ad approfondire le testimonianze giurate di coloro che furono testimoni degli eventi prodigiosi che manifestava la statua della Madonna, concretizzandoli poi in due brevi drammatizzazioni. Dire che è stato un evento emozionante è poco, ciò che più mi ha colpito è stata la loro facilità al lavoro di gruppo, cosa che generalmente provoca non pochi dissapori o difficoltà. Tuttavia, mossi da questo grande entusiasmo, hanno saputo ascoltare ed accogliere le proposte di tutti, mettersi in dialogo e discernere. Ringrazio anche Pino Misale, papà di uno dei giovani, che con pazienza ci ha donato le riprese e il montaggio del video della veglia, ma anche ai due più giovani: Memè Catananti e Simone Tomaselli (rispettivamente di 16 e 19 anni) che hanno saputo “sacrificarsi” restando dietro le quinte, perdendosi così parte delle drammatizzazioni e delle preghiere, per fungere da tecnici delle luci. Davvero non è cosa usuale che dei ragazzi di questa età sappiano donarsi con tanta facilità e non puntare i piedi per emergere in qualche modo. Ma non è finita qui, proprio loro hanno chiesto di continuare questo cammino, alternandoli con catechesi, momenti di carità visitando gli anziani di un istituto di accoglienza, altri di fraternità e ritiri spirituali. Davvero, Maria, da questa piccola scintilla che era la preparazione della veglia, ha acceso in loro un grande fuoco. Ma ora è il tempo di alimentarlo, è il tempo dell’impegno nella perseveranza. FR. FRANCESCO M. CIACCIA, O.Carm.
VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
DAL TERZ’ORDINE DI ROSARNO
Il 13 Dicembre 2012, presso la parrocchia “Maria SS. Addolorata” di Rosarno, durante la santa Messa, presieduta da p. Antonio Calvieri, delegato provinciale per i Terz’Ordini, e dal nostro parroco don Memè Ascone, si è celebrata la professione temporanea della sorella Maria Antonia Fabrizio. Nello stesso giorno quattro fratelli, Michelangelo Michelizzi, Tania Arceri, Giovanna Di Bartolo e Anna Fazzari, sono stati ammessi al noviziato. È stato un momento emozionante per tutta la comunità rosarnese, in particolare per i già professi che hanno rivissuto tale occasione come rinnovo dei voti di ob-
bedienza e castità. Tuttavia nei nostri cuori si nascondeva ancora un profondo vuoto per non aver potuto trascorrere tale momento in compagnia della nostra amata Antonietta, fondatrice del nostro Terz’Ordine Carmelitano. OFELIA NATALE
Oasi dei Trulli Martina Franca (TA)
Casa di accoglienza dei Carmelitani situata nella Valle d’Itria, dotata di 50 posti letto; ideale per ritiri, esercizi spirituali e campi scuola in autogestione.
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OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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INCONTRO FORMATIVO, TEOLOGICO-PATRISTICO, SULLA PRESENZA DEL BUE E DELL’ASINELLO NEL PRESEPE Sabato 15 dicembre si è svolto presso il santuario del Carmine l’incontro col prof. Salvatore Schirone sul tema: “Presepe: il bue e l’asino, storia o allegoria?”, organizzato dalla famiglia carmelitana del santuario. Il tema dell’incontro è apparso subito molto interessante, oltre che estremamente attuale, visto anche il gran parlare, che se n’è fatto ultimamente sui giornali, subito dopo l’uscita del libro del Papa sull’infanzia di Gesù, in cui si fa cenno appunto della presenza o meno del bue e dell’asinello accanto alla mangiatoia, nella grotta di Betlemme. Partendo proprio da queste considerazioni, il prof. Schirone, appassionato di studi biblici e patristici, e autore di un libro dal titolo “Ti rivelerai tra due animali. L’asino e il bue nella Tradizione cristiana”1, ha tracciato il percorso sul quale si sono mossi i vari esegeti nell’interpretazione storica, teologica, liturgica, simbolica, allegorica della presenza dei due animali che la tradizione cristiana ha posto nella stalla accanto a Gesu. Già Isaia aveva scritto: «Il bue conosce il padrone e l’asino la greppia del suo signore, non così Israele né tanto meno il suo popolo» (Is 1,3), influenzando la stessa iconografia cristiana dei primi secoli, la quale aveva ben presto raffigurato il presepe con la presenza del bue e dell’asinello. Il prof. Schirone ha spiegato come la nascita di Gesù nella grotta di Betlemme deve essere meditata alla luce della stessa morte e risurrezione di Gesù, e come in ogni singolo elemento della 28
grotta ci sia un significato profondo che ci aiuta a capire la missione del Figlio di Dio, mandato sulla terra per salvare gli uomini rappresentati simbolicamente nel presepe dal bue e dall’asinello. Non è casuale la scelta di questi due animali che nella mentalità semitica e nella Sacra Scrittura hanno significati simbolici ben definiti; l’uno, il bue, considerato animale puro, di prestigio, l’altro, l’asino, impuro sul piano cultuale; eppure entrambi particolarmente vicini all’uomo, sia per i lavori dei campi, sia come bestie da soma. Il prof. Schirone ha concluso poi la sua relazione, leggendo un antico canto natalizio in dialetto napoletano, composto e divulgato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori: «Quanno nascette Ninno a Bettalemme, era nott’ e pareva miezojuorno. Mai le stelle lustre e belle se vedettono accossì; e ‘a cchiù lucente jett’ a chiammà ili Magge all’Uriente. De pressa se scetajeno l’aucielle, cantanno de ‘na forma tutta nova; pe’nsi agrille co li strille e zompanno ‘a ccà e da llà: “È nato, è nato – dicevano – lo Dio che ‘nce ha creato”»2. CETTINA REPACI
1 N.d.r.: La recensione del testo a opera del prof. Giuseppe Micunco, è stata da noi pubblicata nel numero di novembre 2011. Vita Carmlitana, anno 73 - numero 5, p. 16. 2 A. M. de’ Liguori, in S. Schirone – R. Scognamiglio, Ti rivelerai tra due animali. L’asino e il bue nella Tradizione cristiana, Levante, Bari 2011, p. 96.
VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
ANNIVERSARIO MONASTERO DI VETRALLA Mercoledì 19 dicembre alle 18 presso nuovo Carmelo di Vetralla. Donna dalla personalità ricca e brilla cappella del monastero Monte Carmelo di Vetralla si è tenuta la cele- lante guidò per diversi anni la Comunità con cuore saggio e brazione eucaristica, materno. presieduta dal priore Con l’esempio e la pagenerale dei carmelirola seppe infondere tani, padre Fernando nelle sue figlie uno spirMillán Romeral, in ocito di fraternità, di saccasione nel 25esimo rificio e di preghiera; inanniversario della morsegnamenti preziosi che te di madre Maria Ananimeranno anche la gelica di Gesù: 1987 – nuova fondazione, inau19 dicembre – 2012; gurata durante il suo religiosa a cui si deve priorato, a san Giovanni la rifondazione della La Punta (Ct) nel 1960. comunità carmelitana Trascorse gli ultimi vetrallese. anni della sua vita in Madre Angelica, alla una immolazione silennascita Maria Pignaziosa e serena, per la telli, vide la luce a NaChiesa, per i sacerdoti e poli il 18 dicembre per la conversione della 1900 da Carlo, duca di sua «cara, povera RusMontecalvo e dalla nosia». bildonna russa Maria Morì il 19 dicembre Maddalena Fesenko. 1987, sigillando la proEducata nei più rafmessa: “Dal Cielo prefinati ambienti aristogherò per voi ed impetrcratici, trascorse gli erò tante grazie per il anni dell’infanzia in un mio amato Carmelo”. clima di fede e di seMadre Angelica renità familiare. Giovanissima, avvertì il desiderio di dedicare la sua vita total- Il nuovo Monastero mente a Dio e alla preghiera, aspiraLa comunità claustrale di Vetralla zione che realizzò il 15 agosto 1926, en- ebbe profondi rapporti spirituali con trando nel monastero carmelitano “La san Paolo della Croce, fondatore dei Santa Croce di Lucca” di Napoli. Passionisti; fra le monache che spesero Nel 1934 il Priore Generale dell’Or- la loro vita in questo Carmelo, molte dine, P. Ilario Doswald, le chiese di rico- sono quelle considerate eminenti per prire l’ufficio di priora nel Carmelo di virtù e bontà. Vetralla. Un segno della fecondità spirituale Durante la II Guerra Mondiale il mo- delle carmelitane vetrallesi è la fondanastero vetrallese fu duramente colpito zione del Monastero S. Giuseppe di San dai bombardamenti, circostanza in cui Giovanni La Punta (CT). la religiosa si distinse, accanto al cardinal Domenico Tardini, per lavoro e deLE SUORE CARMELITANE DI VETRALLA dizione nell’opera di ricostruzione del OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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IN RICORDO DI ANTONIETTA ARCIERI, FONDATRICE DEL TERZ’ORDINE CARMELITANO DI ROSARNO (RC)
Uno dei doni più belli che ho ricevuto da Dio è, senza dubbio, l’incontro e la conoscenza con Antonietta: prima come professoressa di applicazione tecnica, presso la scuola media di Rosarno e, successivamente, come guida spirituale. È stata proprio lei, infatti, a far nascere, circa 7 anni fa’, a Rosarno, nella parrocchia Maria SS. Addolorata, il Terz’Ordine Carmelitano, riunendo attorno a sé sorelle innamorate di Gesù e di Maria. Antonietta, però, circa due anni fa’, fu colpita da una brutta malattia. Pur avendo lottato tanto, il 10 luglio 2012 ci ha lasciati: è morta, lasciando dentro il mio cuore e dentro il cuore di chiunque l’ha conosciuta un grande vuoto. Proprio lei, l’amata figlia di Maria, è stata chiamata a consegnare il suo corpo alla terra ma il suo spirito è ritornato al Creatore con la speranza di essersi po-
tuta congiungere con lo Sposo dell’anima, Gesù Cristo, per l’eternità. È trascorso quasi un mese dal suo passaggio da questa vita terrena a quella eterna, ma io la sento vicina, sento il mio piccolo cuore battere sempre più forte ogni volta che pronuncio il suo nome perché sono sicura che tutto ciò che ha operato su questa terra gli è stato ben gradito. Ora, io e le mie consorelle carmelitane stiamo cercando di continuare, nel migliore modo possibile, l’opera iniziata proprio da lei anche se per tutti noi sarà duro mandare giù un così grande dolore, ma in noi non svanisce mai la speranza di poter essere un giorno uniti per sempre con lei per continuare assieme il cammino che sulla terra abbiamo cominciato. OFELIA NATALE
Il Terz'Ordine di Rosarno alla sua fondazione. La prima sulla destra è Antonietta Arcieri
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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 4
IN RICORDO DI GRAZIELLA LUCARELLA “DONNA TENACE” inventarsi a volte le Graziella Lucarella cose pur di arrivare a l’ho conosciuta nove realizzare quello scoanni fa, quando sono po, quella mèta a cui entrata nel terz’orditeneva tanto. Sopratne, mi ha subito dato tutto, l’ha ricordata, l’impressione di una come una donna inpersona autorevole, namorata del Cardecisa e con una melo. Anche il padre spiccata tendenza ad provinciale franceallontanarsi da tutto scano Tommaso Leoquello che la infastipizzi ha voluto saludiva; le visite, per tarla, ricordandola esempio, dovevano come una “colonna” essere brevi, anche nella parrocchia di se lei le reclamava a Cristo Re dove lei angran voce, ma noi lo dava per mettere in sapevamo e con delipratica tutto ciò che catezza andavamo apprendeva e approvia senza farglielo Graziella Lucarella fondiva nel Carmelo. pesare appena ci acMolto toccante è stato il pensiero che corgevamo che era stanca. Andavo a trovarla di tanto in tanto perché sapevo il figlio Franco ha rivolto alla madre che mi aspettava, così come aspettava anche a nome delle sorelle Carmela e tutte le terziarie che lei conosceva. Le Maria. “Non si è mai sentita sola nostra portavo sempre dei tarallini che trovava madre – ha detto – perché era ricca del “squisiti” e stampavo una copia del ver- nostro amore e del vostro”. Anche don Michele e la priora Robale sugli incontri formativi avvenuti durante il mese nel nostro terz’ordine, saria Lenoci hanno espresso per Graperché Graziella, nonostante la sua età, ziella parole commoventi di elogio. A noi terziarie di Martina Franca ha voleva essere informata sulle vicende del nostro terz’ordine e su quello pro- lasciato il grande insegnamento della preghiera: nel corso della sua vita ha vinciale. Graziella è tornata alla casa del Pa- pregato tanto perché si rendeva conto dre sabato 14 luglio, godendo così ap- dell’utilità della preghiera, ma capiva pieno di quel privilegio “sabatino”, che anche quando era il momento di agire, la Santa Vergine assicurò ai devoti dello quando la volontà di Dio bisognava farla. Scapolare. Sull’altare, a concelebrare la solenne Si potrebbe dire che è vissuta nel regno messa funebre, c’erano sei sacerdoti e di Maria perché tutto quello che ha fatdue padri provinciali (carmelitano e to nella sua vita lo ha fatto per amore verso la Madonna ed il Carmelo, è stata francescano). Padre Enrico Ronzini, durante la sua una grandissima devota e ha coltivato omelia, ha ammesso di essere stato uno e custodito il terz’ordine come una rosa fra gli ultimi ad aver conosciuto Gra- in un giardino e a noi ha lasciato il ziella e che tanti suoi confratelli, invece, compito di continuare a curarlo. l’hanno conosciuta molto bene per la sua laboriosità, per la sua capacità di VITTORIA ROMANAZZO OTTOBRE / DICEMBRE 2012
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Le Comunità Carmelitane della Provincia Napoletana BARI – 70125 Curia Provinciale Corso Benedetto Croce, 180 tel/fax 080.5562741 vitacarmelitana@gmail.com
BARI – 70125 Parrocchia S. Maria delle Vittorie C.so B. Croce, 180 Conv. 080.5424484 - Parr. 080.5425149 smariavittorie@email.it
CAIVANO (NA) – 80023 Santuario S. Maria di Campiglione Via Campiglione, 58 - tel/fax 081.8354124 santuariocampiglione@libero.it CAPACCIO (SA) – 84047 Santuario Madonna del Granato Eremo Carmelitano – tel. 0828.723611 www.madonnadelgranato.it
SUORE
FOGGIA – 71122 Discepole di S. Teresa del Bambin Gesú Scuola S. Maria del Carmine Via G.L. Radice, 5 – tel. 0881.636175
MONACHE
OSTUNI (BR) – 72017 Monastero S. Maria Maddalena di Firenze Contrada Campanile - tel/fax 0831.301293 www.carmelitaneostuni.it
FOGGIA – 71122 Parrocchia Maria SS. del Carmine Viale Primo Maggio, 37 tel/fax 0881.635444 parrocchiacarminefg@alice.it
MESAGNE (BR) – 72023 Basilica Santuario Vergine SS. del Carmelo P.le S. Michele Arcangelo, 3 Conv. 0831.776785 – Parr. 0831.771081 www.basilicacarminemesagne.it PALMI (RC) – 89015 Santuario S. Maria del Carmine Piazza del Carmine – tel/fax 0966.45851 www.carmelitanipalmi.it
TARANTO – 74123 Parrocchia SS. Crocifisso Via G. De Cesare, 37 - tel/fax 099.4521685 www.sscrocifisso.ilbello.com TORRE S. SUSANNA (BR) – 72028 Convento Maria Immacolata Piazza Convento, 3 - tel. 0831.746026 http://carmelotorre.beepworld.it/
sito della Provincia Napoletana: www.vitacarmelitana.org siti dell’Ordine Carmelitano: www.ocarm.org
Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BA
FRATI CARMELITANI