Vita Carmelitana 2/2012

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Vita Carmelitana

Periodico della Famiglia Carmelitana Provincia Napoletana Anno 74 - N. 2 Aprile / Giugno 2012

Direttore Responsabile: Angelo Renna Direttore Editoriale: p. Enrico Ronzini

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Editoriale

I n q u e st o n u m e ro

Alzati e mangia La parola di Dio

Sale della terra

Il Vangelo nel quotidiano

La speranza di Abramo Gn 13, 14-18

pag. 4

Educa chi è capace di dare ragione della speranza

pag. 7

di fr. Francesco M. Ciaccia

di p.Riccardo Brandi Rubrica

Fuoco che trasforma

La spiritualità carmelitana

Giustizia e pace

La pace un germoglio di giustizia di Mariateresa Surace

L’attesa della speranza in Santa Teresa d’Avila

di Nicoletta Zampogna Rubrica

Rubrica

La tua bellezza sia la mia I giovani

Insieme come fratelli

pag. 3

pag. 10

pag. 13

Proposte di lettura Cyberteologia. Pensare il cristianesimo al tempo della rete di Salvatore Schirone pag. 16 Profili del Carmelo Girolamo Gracián di p. Mario Alfarano

pag. 17

Giovani e Lavoro, aperti a un domani di speranza (a partire dalla scuola) pag. 19 di Gioele Anni

Per tutta questa gente voglio essere il fratello sacerdote pag. La comunità carmelitana di Palmi fa visita al campo di Rosarno pag. La comunità carmelitana di Palmi torna a far visita al campo di Rosarnopag. Cronaca di un ritiro pag. Nasce il terz’ordine a Cardile pag. Dalla comunità di Taranto: solenne celebrazione del SS. Crocifisso pag. I rappresentanti di tutti i terz’ordini carmelitani italiani s’incontrano a Sassone pag. Insieme si cresce pag. IN COPERTINA: Dipinto di Mariateresa Surace Notizie di cronaca

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arissimi lettori,

Editoriale

«Anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile. La sua sorgente è Cristo risuscitato da morte. Dalla fede in lui nasce una grande speranza per l’uomo, per la sua vita, per la sua capacità di amare. In questo noi individuiamo il contributo specifico che dalla visione cristiana giunge all’educazione, perché dall’essere “di” Gesù deriva il profilo di un cristiano capace di offrire speranza, teso a dare un di più di umanità alla storia e pronto a mettere con umiltà se stesso e i propri progetti sotto il giudizio di una verità e di una promessa che supera ogni attesa umana» (CEI, Educare alla vita buona del Vangelo, n. 5).

Con questo brano, tratto dal documento dei vescovi italiani “Educare alla vita buona del vangelo”, introduciamo il secondo numero di Vita Carmelitana 2012. I contributi che ci giungono dal confronto con la Parola di Dio e le varie espressioni dell’impegno ecclesiale e sociale ci donano un quadro completo per la nostra riflessione ed il nostro impegno.

La grazia e la forza della Pentecoste che da poco abbiamo celebrato ci confermano nella nostra identità e nell’impegno a seguire Cristo, con tutte le nostre forze. Essere testimoni di speranza in un mondo sempre più caratterizzato da scoraggiamento, difficoltà economiche e fragilità umane comporta l’impegno ad essere sempre più attenti ed aperti a forme profetiche di speranza e a comportamenti sempre improntati alla testimonianza della Verità. Il vile attentato di Brindisi che ha provocato la morte di Melissa Bassi ed il ferimento di altri studenti sedicenni deve aiutarci a prendere sempre più coscienza della necessità di rispondere personalmente al mandato di Cristo di portare a tutti l’annunzio della Parola. Questo numero offre vari spunti in tal senso, Augurandovi una buona lettura, spero vi aiuti a sentire l’urgenza del “sì” a Dio e vi aiuti a collaborare con Lui per la salvezza di ogni fratello e sorella in necessità. A Maria, Madre e donna della speranza, affidiamo il nostro cammino, perché in lei, oltre che un modello di vita cristiano, troviamo il coraggio per aprirci sempre più a Dio e alla sua grazia. Fraterni saluti.

APRILE / GIUGNO 2012

p. ENRICO RONZINI Priore Provinciale

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Alzati e mangia

peranza di Abramo

(Gn 13, 14-18)

fr. Francesco M. Ciaccia, O. Carm. La speranza nelle Scritture scendenti dopo di voi. Questo è il segno Nei testi sacri, parlare della speranza dell’alleanza, che io pongo tra me e voi e significa discernere attentamente il tra ogni essere vivente che è con voi per posto che il futuro occupa nella vita le generazioni eterne. Il mio arco pongo sulle nubi ed esso sarĂ sociale e cultuale del il segno dell’alleanza popolo di Dio. Essa è tra me e la terraÂť (Gen una parola centrale 9,9.12-13). Ma tuttadella fede biblica – al via, è con Abramo, il punto che in diversi ÂŤpellegrino di DioÂť2, che passi le parole ÂŤfedeÂť e ÂŤsperanzaÂť sembrano comincia la storia di interscambiabiliÂť1. Dice quella speranza biblica infatti l’autore della il cui contenuto è semlettera agli Ebrei: ÂŤLa plice: una terra in cui fede è fondamento delvivere ed una posteritĂ le cose che si sperano e numerosa (Cfr. Gen prova di quelle che non 12,1-2). La separazione di Abramo e Lot si vedonoÂť (Eb 11,1). Le Il tema della terra Affresco dell’XI o XII secolo promesse di Dio hanno promessa e donata da rivelato al suo popolo lo splendore di Dio, poi, resta il fondamento di tutta la questo futuro al quale è chiamato: quel- religiositĂ d’Israele lungo i secoli della la vita eterna (Cfr. 1Gv 2,25) di piena sua storia: ad essa il popolo anela sia comunione con Lui, in cui l’uomo gli sa- quando è nel deserto in fuga da un pasrĂ reso simile nell’amore (Cfr. 1Gv 3,2). sato di schiavitĂš che quando si trova Di fronte alla meraviglia di questa pro- esiliato in un paese straniero, Babilonia. messa, è possibile per il credente de- In essa è simbolizzato tutto il rapporto siderare questo avvenire, attenderlo ope- del popolo con Dio, è lĂŹ che si concretizrosamente, sperarlo da Colui che è l’uni- zano tutte le sue promesse e suoi doni, co in grado di riorientare la propria liber- lĂŹ ÂŤdove scorre latte e mieleÂť (Es 3,8.17) tĂ , minacciata costantemente dalla con- simbolo di abbondanza e fertilitĂ per gli uomini e per tutto il creato, lĂŹ afferma il cupiscenza, all’amore puro e oblativo. GiĂ a partire dagli albori della storia Signore: ÂŤdarò le piogge alla loro stagiodella salvezza, Dio si rivela come porta- ne, la terra darĂ prodotti e gli alberi tore di una promessa grande per l’uomo, della campagna daranno frutti. La trebdi un futuro migliore, duraturo, eterno, biatura durerĂ per voi fino alla vendemin cui l’umanitĂ non sarĂ piĂš indotta a mia e la vendemmia durerĂ fino alla separasi dall’amorosa comunione con semina; avrete cibo a sazietĂ e abiterete Lui (Cfr. Gen 3,15). Tale promessa si tranquilli il vostro paese. Io mi volgerò a concretizza nel segno dell’alleanza stipu- voi, vi renderò fecondi e vi moltiplicherò lata con Noè: ÂŤQuanto a me, ecco io sta- e confermerò la mia alleanza con voiÂť (Lv bilisco la mia alleanza con i vostri di- 26,4-5.9). 4

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


Abramo di fronte alle promesse di Dio la spartizione dei beni della terra, non La vita di quest’uomo si svolge tutto rese affatto facile la loro convivenza. Ci sotto il segno dell’apertura e disponibili- dice infatti il testo sacro: «Il territorio tà a Jhwh. Come sempre l’iniziativa è di non consentiva che abitassero insieme, Dio che chiama Abramo a lasciare il clan perché avevano beni troppo grandi e non paterno (Cfr. Gen 12,1), mettendolo in potevano abitare insieme. Per questo viaggio verso un luogo che non conosce- sorse una lite tra i mandriani di Abramo va ma che gli avrebbe indicato mentre è e i mandriani di Lot, mentre i Cananei e in cammino: «e partì senza sapere dove i Perizziti abitavano allora nel paese. Abramo disse a Lot: “Non vi sia discordia andava» (Eb 11,8). È interessante notare come Dio ripeta tra me e te, tra i miei mandriani e i tuoi, le meraviglie del futuro promettente ed perché noi siamo fratelli. Non sta forse idilliaco che spetti ad Abramo, infonden- davanti a te tutto il paese? Separati da dogli più volte coraggio nella sua impre- me. Se tu vai a sinistra, io andrò a desa (Cfr. Gen 12,7; 13,15.17; 15,18; stra; se tu vai a destra, io andrò a sinistra”» (Gen 13,6-9). 17,8.16). Abramo si rivela uoIl patriarca, dal mo del rischio, pur canto suo, sembra essendo il capo delle saldo nella sua fede carovane famigliari e speranza, forteche si sono messe in mente ancorato a viaggio, lascia geneDio anche quando rosamente che sia il le circostanze sempiù giovane a scebrano smentire le gliere quale terra apromesse fatte: egli bitare. Questi, alla è un nomade, un zona rocciosa di senza-terra, e Sara Canaan, preferisce non è più in età per Il viaggio di Abramo da Ur a Canaan quella più ricca e feravere figli. Tuttavia ciò fa risaltare maggiormente la gratuità tile, sceglie abitare la valle del Giordano e la portata dirompente dell’amore di che «era come il giardino del Signore» Dio, dell’Amore che è Dio (Cfr. 1Gv (Gen 13,10) – anche se poi dovrà con4,16), che sconvolge i comuni e limitati frontarsi con le popolazioni di Sodoma e modi umani di pensare e di concepire Gomorra (Cfr. Gen 19,1-29). Tutto seml’esistenza. Si comprende allora l’affer- bra remare contro le promesse che gli mazione che fa san Paolo nella sua let- aveva fatto Jhwh: Abramo aveva perso il tera indirizzata ai cristiani che vivevano nipote, che amava come un fratello, e a Roma, quando parlando di Abramo con lui anche la terra più promettente. dice: «Egli ebbe fede sperando contro Ed ecco, che Dio interviene ancora, maogni speranza e così divenne padre di nifestando la sua presenza, gli infonde molti popoli, come gli era stato detto: coraggio e l’invita a non perdere la fiduCosì sarà la tua discendenza» (Rm 4,18). cia in Lui. Inizia così il nostro brano: «Allora il Signore disse ad Abramo, dopo che Lot si era separato da lui: “Alza gli Gen 13,14-18: Contesto narrativo Dopo l’invito del Signore che lo esor- occhi e dal luogo dove tu stai spingi lo tava a lasciare il paese ove si era stabili- sguardo verso il settentrione e il mezzoto con la sua tribù (Cfr. Gen 12,1-2), giorno, verso l’oriente e l’occidente. TutAbramo si mise in cammino con il nipo- to il paese che tu vedi, io lo darò a te e te Lot, figlio di Aran, suo defunto fratel- alla tua discendenza per sempre. Renlo (Cfr. Gen 11,28). Tuttavia, pare che la derò la tua discendenza come la polvere condivisione del cammino e, soprattutto, della terra: se uno può contare la polveAPRILE / GIUGNO 2012

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re della terra, potrà contare anche i tuoi discendenti. Alzati, percorri il paese in lungo e in largo, perché io lo darò a te”. Poi Abramo si spostò con le sue tende e andò a stabilirsi alle Querce di Mamre, che sono ad Ebron, e vi costruì un altare al Signore» (Gen 13,14-18). Questa è la terza volta che Dio si rivolge al patriarca. La prima la troviamo in Gen 12,1, quando Jhwh lo aveva chia-

Particolare della valle del Giordano. Terra di Lot

mato a una vita e una religiosità nuova, lontano dalla terra di Ur nella quale con la tribù paterna serviva altri dèi (Cfr. Gs 24,2). Dio interviene una seconda volta quando Abramo giunge al paese di Canaan e gli ricorda le sue promesse: «Alla tua discendenza io darò questo paese» (Gen 12,7).

«Alza gli occhi, per favore» (v.14) C’è una piccola particella esortativa, all’interno del nostro testo ebraico, che spesso viene ignorata nelle traduzioni delle lingue correnti, sebbene sia un termine noto all’interno dell’Antico Testamento venendo ripetuto per ben 403 volte. Si tratta del “n ”, traducibile per lo più delle volte col nostro “per favore”. Abramo ha ripetuto per ben due volte “n ” a Lot, esortando alla serenità dei loro rapporti: «Non vi sia per favore discordia tra me e te» (Gen 13,8) e «Separati per favore da me» (Gen 13,9). Allo stesso 6

modo ora Dio, di fronte a un Abramo che vede privarsi del nipote che amava come un fratello e sul quale aveva riposto le speranze per la sua discendenza, gli chiede di alzare lo sguardo e guardare oltre la fisicità di quelle terre a lui rimaste, più sterili, rocciose e meno promettenti. Con quel discreto “n ” di Dio, è interessante notare come l’autore del testo sacro voglia dirci che Egli non impone il suo punto di vista all’uomo, ma lo propone, gli chiede di fidarsi, di elevarlo dalla materialità del contingente e di proiettarlo nella attesa di ciò che lui sta per compiere.

Conclusione Il futuro, visto con gli occhi della fede, appare più ricco e più bello di come lo vediamo ordinariamente. In tutta la Sacra Scrittura, a partire già dal libro della Genesi, fede, speranza e amore sono aspetti diversi di un unico atteggiamento spirituale più complesso. In ebraico, infatti, le radici delle stesse tre parole esprimono spesso l’una o l’altra di queste nozioni, sarà soprattutto con san Paolo (1Ts 1,3; 1Cor 13,13; Gal 5,5) che si stabilirà in tutta la sua chiarezza la triade: fede, speranza e carità. Nella teologia contemporanea, poi, si comprende come la speranza sia il tessuto nel quale s’incarnano la fede e la carità, anzi è essa stessa «la tensione escatologica della fede-carità: espressione dell’unica libertà teologale cristiana»3 di cui Abramo non ne è solo esempio e modello, ma anche coraggioso pioniere, egli sa sperare proprio perché crede, perché la sua stessa speranza è fiducia illimitata. 1 Benedetto XVI, Spe salvi, n. 2, LEV Città del Vaticano 2007, p. 4. 2 V. Mannucci, Bibbia come parola di Dio. Introduzione generale alla Sacra Scrittura, Queriniana, Brescia 151997, p. 68. 3 M. Cozzoli, Etica teologale. Fede Carità Speranza. San Paolo, Cinisello Balsamo (Mi) 32003, p. 251.

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


Sale della terra

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Educa chi è capace di dare ragione della peranza che lo anima ed è sospinto dal desiderio di trasmetterla p. Riccardo Brandi, O. Carm.

ÂŤOgni adulto è chiamato a prendersi forse del millennio che ci accingiamo a cura delle nuove generazioni, e diventa percorrere: l’educazione. Chi svolge il educatore quando ne assume i compiti ruolo di educatore sa che educare è belrelativi con la dovuta preparazione e lo, educare è coltivare una “speranza con senso di responsabilitĂ . L’educa- sapienteâ€?, ma educare è anche difficile tore è un testimone della veritĂ , della in un mondo che si trasforma cobellezza e del bene, cosciente che la sĂŹ velocemente, un mondo in cui ciascupropria umanità è no deve saper riconoinsieme ricchezza e scere le proprie relimite. Ciò lo rende sponsabilitĂ . Purtropumile e in continua po oggi l’educazione è ricerca. Educa chi è diventata un’emergencapace di dare ragioza, mentre dovrebbe ne della speranza essere vista come che lo anima ed è qualcosa di consuetusospinto dal desidedinarioÂť2. 1 rio di trasmetterlaÂť . Educare alla sperUna qualsiasi rianza significa educare Il mondo globalizzato rischia di fondare cerca, anche se brealla vita e alla gioia: la vita dell’uomo unicamente su aspetti economici ve e non necessariaun itinerario pedamente approfondita, sull’educazione e gogico per lo sviluppo integrale della sulla speranza, ci fa vedere la grandis- persona; è dare significato a tutto ciò sima attualitĂ e l’attenzione posta a che siamo, che facciamo, in cui crediaquesto tema da diverse prospettive (an- mo. Ăˆ un educare alla coerenza persontropologica, storica, pedagogica, ecc.), e ale, presupposto essenziale per un rapche abbraccia la totalitĂ dell’esperienza porto equilibrato ed armonico con se umana dall’intelligenza all’affettivitĂ , ai stessi: educare alla speranza e alla prorapporti interpersonali. gettualitĂ . ÂŤIl mondo globalizzato rischia di fonChi sono i protagonisti di questo prodare la vita dell’uomo unicamente su cesso che vede, e ha sempre visto, al aspetti economici, trascurando i princi- centro la persona in divenire? Lo scenapi e i valori che stanno alla base della rio è vasto e complesso: famiglia, scuosolidarietĂ e della convivenza civile. la, comunitĂ civile e religiosa e non ultiCiò, invece, risulta fondamentale se mo lo stesso universo giovanile. non vogliamo che la realtĂ ci sfugga di mano, se vogliamo affrontare con deter- Il ruolo dell’educatore minazione quella che si pone oggi come Mentre non possiamo dimenticare la piĂš grande questione del secolo o che i primi educatori sono e saranno APRILE / GIUGNO 2012

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sempre i genitori, ogni vero educatore sa che per educare deve dare qualcosa di se stesso. Nell’impegno pedagogico, vissuto con piena dedizione, l’adulto educatore è chiamato a dare il meglio di sé e a offrirlo alle nuove generazioni, affinché si aprano alla verità, alla bontà e alla bellezza. L’educatore è un testimone della verità e del bene; a lui guardano gli alunni, lo osservano con attenzione, lo scrutano e con lui si confrontano. È essenziale, quindi, che l’educatore cristiano attinga assiduamente dalla Parola di Dio e dalla grazia dei sacramenti la forza per una testimonianza luminosa e sincera, che gli permetta di contribuire efficacemente al comune sforzo educati-

I primi educatori sono i genitori

vo, come singolo insegnante e come comunità educante e solidale. Pur nella distinzione tra educazione religiosa e catechesi, viene chiesto all’educatore di “non accontentarsi” di presentare i semplici fatti religiosi del cristianesimo, ma di parlare anche di Colui da cui la storia e la cultura cristiana prendono il nome e l’origine. «Ogni presentazione del cristianesimo che non mettesse al centro la persona di Gesù di Nazaret, il Signore della storia risorto e vivo, sarebbe parziale o addirittura fuorviante»3. Il Vangelo chiede di essere riconosciuto non solo come buono o bello, ma anche come vero. Una proposta in questi termini richiede interiorità, tempo, affidamento, perché nella 8

crescita costante della propria vita spirituale si sia sempre pronti a rispondere a chiunque domandi ragione della propria speranza (cfr. 1Pt 3,15).

L’insegnamento di Benedetto XVI Nella sua enciclica Spe salvi, il santo Padre indica nella “dimenticanza” il problema della speranza oggi: dimenticanza della vita eterna e dimenticanza degli altri4. Quando tante volte ci lasciamo travolgere dalle preoccupazioni, quando il vuoto prende il sopravvento, e nel buio non riusciamo a scorgere nemmeno noi la rincuorante certezza di una speranza che invece può salvare (cfr. Rm 8,24), è nella Pasqua di Cristo che si manifesta quella speranza a cui possiamo affidarci per affrontare e sostenere il presente anche se faticoso. Il Papa non si ferma qui, indica anche i luoghi di apprendimento e di esercizio della speranza: 1) la preghiera come scuola di speranza; 2) agire e patire come esperienza di speranza; 3) il giudizio di Dio come orizzonte di speranza. Come approfondimento delle indicazioni del Papa, il presbitero, psicologo e formatore, deve tracciare un cammino di crescita e di condivisione della speranza: Ritrovare le sorgenti, ricordare e raccontare la speranza; trovare i motivi per ricominciare da capo, per cambiare, per correggersi, per perdonare; scoprire le occasioni di gioia; lottare e affrontare le difficoltà; imparare a camminare insieme e a condividere; imparare la speranza dai figli. La speranza che è in noi «E chi potrà farvi del male, se sarete ferventi nel bene? Se poi doveste soffrire per la giustizia, beati voi! Non sgomentatevi per paura di loro e non turbatevi, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della

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speranza che è in voi. Tuttavia questo è rialzato perché ha posto in modo sia fatto con dolcezza e rispetto, con definitivo la speranze non nelle proprie una retta coscienza, perché, nel mo- forze, ma nella possibilità di un incontro mento stesso in cui si parla male di voi, nuovo che rinnova tutta la vita. Quando l’esistenza rinasce da un rimangano svergognati quelli che malignano sulla vostra buona condotta in senso, da una motivazione, ci si apre alCristo. Se questa infatti è la volontà di la possibilità che tutto sia illuminato da Dio, è meglio soffrire operando il bene Cristo, che tutto parli di Lui, che tutto ci inviti al suo ascolto, perché si compia che facendo il male» (1Pt 3,13-17). Lo scopo della lettera di Pietro è di ancora in noi oggi la profezia, l’educasostenere la fede dei suoi destinatari in zione alla vita e l’accompagnamento della Regola carmelitana: «Nel silenzio e mezzo alle prove che li assalgono. L’esperienza del male è sempre in ag- nella speranza sarà la vostra forza»5. A conclusione di questa riflessione, guato; spaventa e ci avvolge di paura tanto da trovarci tremendamente soli, citiamo ancora Rosanna Massari: facensguarniti di difese, svuotati di ogni ap- do nostre le sue considerazioni ed esorpiglio di sicurezza. Il male perseguita, tazioni sul rapporto col mondo giovanile, ci accorgiamo incalza, penetra nel profondo; proche tutta la realvoca e genera altà odierna e una tro male. proposta contiPietro pone la nua di rapporti domanda iniziale educativi su cui del brano e la riconcentrarci: « Il sposta delle indimodello che ci si cazioni della fede, deve prefiggere è per rassicurare i quello di un efcristiani abbattuti ficace approccio dalle prove, con[del mondo gioTutto parla di Dio. L’esistenza rinasce se l’ascoltiamo vincendoli che sovanile], riconolo nella combatscendo ad ognutiva perseveranza possono uscire in- no la propria individualità, stimolando denni e vittoriosi. La forza consiste ciascuno verso un miglioramento senell’essere «ferventi» nella fede, come in condo i propri talenti, perché, come ci una sicurezza incrollabile. ricorda Quintiliano, “I giovani non sono Di fronte alle prove e alle offese rice- vasi da riempire, ma fiaccole da accenvute, la beatitudine del cristiano si con- dere!”»6. ferma nella mitezza, nella serenità, nella compostezza, nella fedeltà a Gesù CEI, Educare alla vita buona del Vangelo. Cristo, che è fedele per sempre verso chi Orientamenti pastorali dell’Episcopato italiano per ha accolto la sua parola di salvezza. il decennio 2010-2020, n. 29, Paoline, Milano Nel riconoscimento amoroso, nella 2010, p. 50. R. Massari, Continuare ad educare i giovani meditazione nella custodia dell’opera di alla speranza in un tempo che ha bisogno di buoni Gesù nel cuore umano si compie l’atto maestri, in AA.VV., Le nuove frontiere della scuodi fede, che infonde speranza. la. Periodico di cultura, pedagogia e didattica, La Queste indicazioni per uno stile di vi- Medusa, n°22 anno VII febbraio 2010. A. Vallini, Educare con speranza. Lettera agli ta non sono soltanto degli insegnameneducatori scolastici, Roma 2009. ti: Pietro, come educatore, riassume, Cfr. Benedetto XVI, Spe salvi, n. 44, LEV, Citracconta e condivide la propria storia; si tà del Vaticano 2007, pp. 85-87. sente parte di un popolo che ha anche Regola carmelitana, n. 21. R. Massari, op. cit. peccato ed è caduto più volte, ma che si 1

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giustizia e pace

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La pace un germoglio di giustizia e di peranza Mariateresa Surace Per la teologia cristiana, le virtĂš teologali sono quelle virtĂš che riguardano Dio, esse sono infuse nell’uomo dalla grazia di Dio e lo aiutano a vivere in relazione con la santa TrinitĂ . La speranza è una di queste, essa ci aiuta a desiderare e aspettare da Dio la vita eterna come nostra felicitĂ , riponendo la nostra fiducia nelle promesse di Cristo, sostenuti dall’azione salvifica dello Spirito Santo. Essa preserva l’uomo dall’egoismo e lo aiuta a non appoggiarsi sulle proprie forze ma sull’aiuto di Dio, ed infatti Egli

stazione del Signore. Sperare è dunque giungere dapprima all’incontro con una veritĂ che supera ogni immaginazione e assorbirla profondamente, e poi viverla nella vita di ogni giorno e trasmetterla agli altri.

La lotta dell’uomo e la risposta del mondo Il cristiano che vive questa virtĂš non è una persona ingenua poichĂŠ è cosciente, lucido e sa discernere il dolore, il potere del male e della morte. La societĂ contemporanea è piena di cose negative, ma anche di tante meravigliose realtĂ che rimangono in secondo piano, perchĂŠ le tenebre, cercano in tutti i modi di avere il sopravvento sull’uomo nel tentativo di farlo deviare dal cammino, di toglierli la fede e con essa la speranza; questo mondo tenta di accecarci con una falsa realtĂ , fatta di disperazione, ingiustizie, di false religioni (come le sette) e di miracoli alternativi (maghi e imbroglioni), ma la veritĂ del cristiano è Cristo con la sua parola e la sua realtĂ ! Solo in Cristo l’uomo è vivo e forte e può afUno dei tanti murales di separazione di Israele dai territori palestinesi frontare a viso aperto tutte le situazioni della vita; facendo ha pensato proprio a tutto nel creare esperienza quotidiana dell’amore di Dio, l’uomo, lo ha fatto in maniera speciale, che è vero, santo e reale, la creatura creha messo nel suo cuore tutto ciò che sce anche nella fiducia, il rapporto con serve per la sua vita e salvezza. Questi Lui si intensifica ed il cuore della creasemi d’eternitĂ nascosti nel cuore del- tura si dilata e si apre alla realtĂ dell’al’uomo lo fortificano, lo rendono come more. A contrastare la speranza vi è anche una lampada accesa che arde in silenzio nell’attesa della nuova ed eterna manife- la falsa visione della societĂ ; il male met-

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giustizia e pace

te in luce tutti gli aspetti negativi della nostra quotidianità, nel tentativo di farci sprofondare nella tristezza, e di farci credere che non c’è via d’uscita o alternativa ai mali del mondo come la malattia, la disoccupazione, la povertà ecc... tutte bugie! ... Cristo ha vinto la morte (Cfr. 2 Tim 1,10), ed il male non può fare tutto ciò che vuole! Come detto sopra, non sempre l’uomo sa sfruttare i doni di Dio a proprio vantaggio spirituale, i mali crescono nella società anche perché l’uomo in una certa misura si allontana da Dio.

Conseguenze della cecità e speranza per il domani Nel messaggio pasquale di Benedetto XVI di quest’anno, leggiamo: «Se Gesù è risorto, allora – e solo allora – è avvenuto qualcosa di veramente nuovo, che cambia la condizione del1 l’uomo e del mondo». Possiamo citare ancora le sue parole nell’omelia della veglia: «nelle cose materiali sappiamo e possiamo incredibilmente tanto, ma ciò che va al di là di questo, Dio e il bene, non lo riusciamo più ad individuare»2. Dice ancora: «Cristo Risorto doni speranza al Medio Oriente, affinché tutte le componenti etniche, culturali e religiose di quella Regione collaborino per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani. In Siria, in particolare, cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l’accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze. La vittoria pasquale incoraggi il popolo iracheno a non risparmiare alcuno sforzo per avanzare nel cammino della stabilità e dello sviluppo. In Terra APRILE / GIUGNO 2012

Santa, Israeliani e Palestinesi riprendano con coraggio il processo di pace»3. Ecco uno splendido binomio di speranza e pace; come due gemelle camminano saldamente ancorate l’una accanto all’altra, anche in situazioni umane disperate: paesi in cui vi sono guerre, carcerati, malati incurabili, moribondi ecc. In questo contesto, il cristiano è chiamato a sperare contro ogni speranza (Cfr. Rm 4,8), ancorandosi in Dio ed agendo di conseguenza. Perciò anche le strutture della nostra società possono, e devono, essere toccate dalla novità e dalla forza della speranza cristiana. Consapevole della situazione che il mondo sta attraversando, il Papa ha voluto recarsi in Terra Santa per portare una speranza e pregare per il regalo prezioso dell’unità e della pace, in partico-

Cristo doni speranza al Medio Oriente

lare ha voluto elevare una preghiera per il Medio Oriente4. Nel citare i cristiani presenti in quelle zone, il santo Padre li ha definiti come «una componente importante della cultura e della vita di quella regione»5 ed ha aggiunto che la sua visita voleva servire a «incoraggiarli a trovare il coraggio, l’umiltà e la pazienza di restare in questi paesi e di offrire il loro contributo per il futuro»6. Ha poi rilevato che la presenza della Chiesa si 11


giustizia e pace

manifesta in primo luogo nell’istituzione di scuole e di ospedali: le prime per formare le future generazioni e abituare i giovani cristiani e musulmani «si incontrano, parlano insieme e si formano»7. A fronte di tutto ciò, non posso non citare questa parte del discorso di Benedetto XVI, rivolta agli ospiti del centro Regina Pacis, in cui afferma: «A volte è difficile trovare una ragione per ciò che appare solo come un ostacolo da superare o anche come prova, fisica o emotiva, da sopportare. Ma la fede e la ragione ci aiutano a vedere un orizzonte oltre

proprio di fronte ai nostri occhi, questa pace è possibile e attuabile, se l’uomo lo desidera ardentemente. C’è speranza di pace per il mondo intero e per ogni cuore di uomo.

Chiari esempi di speranza: la Bibbia, i santi, e la gente di Dio Sarebbe impossibile pregare, se non avessimo almeno un briciolo di speranza9. Anche le preghiere che nascono dai cuori più provati, già nell’Antico Testamento, manifestano la fiducia di un intervento di Dio, attendono ansiosamente una Sua risposta. Naturalmente più cresce la fiducia, e con essa la speranza, più la preghiera aumenta la sua efficacia. Il cristiano dotato di speranza è una persona perennemente serena e che diffonde serenità attorno a sé, come avveniva in modo stupendo nei santi. Addirittura attraverso questa virtù, la creatura affidandosi totalmente al Creatore, supera ogni dubbio, ogni incertezza e non teme neanche di fronte alla morte; anche il coraggio cresce e questo è importantissimo per essere forti testimoni dell’amore, soprattutto quando costa tanto, esso aumenta le nostre energie. La croce ci indica la via della speranza, il futuro di vita eterna al quale siamo chiamati

noi stessi per immaginare la vita come Dio la vuole. L’amore incondizionato di Dio, che dà la vita ad ogni individuo umano, mira ad un significato e ad uno scopo per ogni vita umana. Il suo è un amore che salva. Come i cristiani professano, è attraverso la croce che Gesù di fatto ci introduce nella vita eterna e nel fare ciò ci indica la strada verso il futuro, la via della speranza che guida ogni passo che facciamo lungo la strada, così che noi pure diventiamo portatori di tale speranza e carità per gli altri»8. C’è speranza per un futuro di pace e di amore 12

1 Benedetto XVI, Messaggio Urbi et orbi. Pasqua 2012. 2 Benedetto XVI, Omelia, 7 aprile 2012. 3 Benedetto XVI, Messaggio Urbi et orbi. Pasqua 2012. 4 Cfr. Benedetto XVI, Discorso. Visita al centro Regina Pacis, Amman, 8 maggio 2009. 5 Benedetto XVI, Intervista concessa ai giornalisti durante il volo verso la Terra Santa, 8 maggio 2009. 6 Ivi. 7 Ivi. 8 Benedetto XVI, Discorso. Visita al centro Regina Pacis, Amman, 8 maggio 2009. 9 Come dice lo stesso santo Padre, nel discorso sopra citato, «La preghiera è speranza in azione» (ivi).

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


Fuoco che trasforma

S

L’attesa della peranza in santa Teresa d’Avila Nicoletta Zampogna

In lingua italiana la frase: “attesa della speranzaâ€? è di certo poco comprensibile, soprattutto perchĂŠ non si è portati a pensare alla speranza come qualcosa o qualcuno da attendere. Ăˆ quindi naturale chiedersi che significato abbia avuto per Teresa d’Avila tale espressione1. Per meglio comprenderla si rende necessario qualche cenno alla sua biografia.

sa per poter giungere al cielo, alla vita vera2. Ecco dunque che prende forma il significato profondo di attesa della speranza inteso come bramoso e pieno ricongiungimento con Dio: ÂŤL’altra vita di lassĂš, quella ch’è la vita vera, fino a che questa non muoia, non si gode, essendo vivi. Morte, a me non rifiutarti; possa io viver morendo, chĂŠ mi è morte il non morireÂť3. Ella comprese che nella vita di ogni battezzato arriva il momento in cui ÂŤbisogna saper mettere Dio non al primo posto, ma all’unico posto (dandogli ‘tutto’ il cuore), rinunciando ad ogni attaccamento, ad ogni altro amore, per ricevere poi nuovamente tutto, anche il prossimo da amare, dalle Sue maniÂť4: è il momento della maturitĂ affettiva e della propria vita teologale.

Una vita protesa alla speranza Teresa de Cepeda y Ahumada nacque in Spagna nel 1515, trascorrendo serenamente l’infanzia e l’adolescenza in compagnia dei fratelli e dei cugini che vivevano nella casa attigua alla sua. Per uno di essi, sembra, provasse anche un forte sentimento d’affetto che il confessore consigliò di coltivare in preparazione a un futuro fidanzamento. Come sappiamo, alla fine Teresa decise, per cosĂŹ dire, a favore di Dio. La sua acuta sensibilitĂ alla dimenUna speranza prosione eterna e trascenpositiva Teresa di GesĂš interpretato dall’attrice Concha dente dell’esistenza, la L’esperienza forte Velasco nel film ‘Santa Teresa d’Avila’ del 1987 orientò con determinadi Dio, di una rinnozione e generositĂ a vata conversione al preferire la vita monastica. In quest’ot- suo amore, la fece trasalire di una gioia tica di continuo e amoroso riferimento tale che non riusciva a trattenere, anal divino, comprese la vita terrena come dava comunicata, condivisa, al fine che un purgatorio, un passaggio di neces- anche altri potessero trovarne giovasaria sofferenza, un tempo di dura atte- mento. Nel libro delle Fondazioni, ricorAPRILE / GIUGNO 2012

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dando ciò, dice che si sentiva «di essere come chi ha un grande tesoro da parte e desidera che tutti ne godano»5. La sua profondità di fede, dunque, era ormai tale che di tutto quello che viveva, lei faceva argomento di preghiera, di discernimento, di dialogo con Cristo. In questo stato spirituale, il Signore le concesse di partecipare alle sofferenze di tutta l’umanità, di provarne solidarietà e compassione, e allo stesso tempo si sentiva corresponsabile di tanti mali nel mondo, a cui ella in qualche maniera sperimentava come con il suo peccato vi avesse contribuito. Afferma

La cella di santa Teresa - monastero dell’incarnazione di Avila

infatti: «Forse proprio io ho provocato la vostra collera a causa dei miei peccati, da attirare tanti mali»6, e nel libro della Vita: «Mi pareva d’esser così perversa che ritenevo dovuti ai miei peccati tutti i mali e le eresie da cui era invaso il mondo»7. Lo stesso Sicari, nel libro sopra citato, commentando questo stato spirituale della santa, afferma: «Non è falsa umiltà, né vittimismo: è aver raggiunto una tale coscienza della Chiesa come unico corpo di Cristo, una tale coscienza dell’abisso che ognuno raggiun14

ge quando commette il male (anche se superficialmente non sembra tanto grave) che il senso della propria corresponsabilità inonda l’anima. [...] Questa prima reazione tuttavia non provoca abbattimento e meschinità, ma generosità e impeto»8. La nostra mistica carmelitana, si sentiva profondamente unita alle sofferenze della Chiesa del suo tempo, che viveva l’inizio dramma della separazione dei luterani: «Ne provai gran dolore e, come se io potessi o fossi qualcosa, piangevo con il Signore e lo supplicavo di porre rimedio a tanto male»9. E proprio in questa continua tensione dell’umano col divino, Teresa scopre tutta la propositività della sua speranza: «Decisi di fare quel poco che dipendeva da me. Decisi cioè di seguire i precetti evangelici con tutta la perfezione possibile e di adoperarmi perché queste religiose che son qui facessero lo stesso. Fiduciosa nella grande bontà di Dio, che aiuta sempre chi decide di lasciar tutto per amor suo, pensai che, essendo tali le mie consorelle come io le avevo immaginate nei miei desideri, le loro virtù avrebbero compensato i miei difetti e così io avrei potuto contentare in qualche cosa il Signore; infine pensavo che, tutte dedite alla preghiera per i difensori della Chiesa, per i predicatori e per i teologi che la sostengono, avremmo aiutato come meglio si poteva questo mio Signore»10.

L’attesa della speranza Gli insegnamenti che questa grande mistica, possono essere considerati vere e proprie perle spirituali per il profondo valore che racchiudono e trasmettono attraverso i numerosi scritti. È nei suoi componimenti poetici nei quali emerge maggiormente questa estenuante attesa di vita eterna, e soprattutto in Aspirazioni di vita eterna, Lamenti dell’esilio, e Verso la patria. Il primo componimento si ritiene sia stato composto nel 1572, in esso Teresa canta la morte mistica con bellissime parole (utilizzate anche da san GiovanVITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


ni della Croce11): «Vivo, eppur non vivo in me, aspettando sì alta vita, che mi è morte il non morire»12. Nel secondo, si scorge chiaramente questa estenuante attesa di Dio attraverso il ritornello: «Ben triste è, Dio mio, star lungi da te! Bramando vederti, aspiro a morire»13. Infine, nella terza poesia, la nostra mistica sembra esprimere con gioia il cammino verso la vita eterna che ha inizio già sulla terra, ripetendo: «cam-

La morte di santa Teresa e la miracolosa fioritura di un albero

miniamo verso il cielo, o sorelle del Carmelo»14. L’intera esistenza di Teresa fu, dunque, totalmente orientata all’incontro con Dio. Per il raggiungimento di questa meta ella attraversò diverse fasi, prima fra tutte l’abnegazione di se stessa, staccandosi da tutto ciò che la distraeva dall’incontro personale con Dio: « se praticato con perfezione, per noi è tutto. Dico così in quanto, attaccandoci solamente al Creatore e non importandoci nulla delle creature, Sua Maestà ci infonde in tal modo le virtù necessarie»15. A questo seguì, il distacco dal prossimo, o meglio la riorientazione dei propri affetti disordinati16, scaturito dalla riflessione che Dio dev’essere non il primo, ma l’unico ad occupare il nostro cuore, perché se abbiamo lui nulla può turbarci e nulla potrà mancarci: «Solo Dio basta»17. In questo contesto di perenne e affettivo contatto col Dio-Amore, alla sua

APRILE / GIUGNO 2012

presenza, Teresa seppe camminare nell’attesa e nella speranza, una esistenza pienamente vissuta tale che «neanche l’esperienza dolorosa della morte corporale la persuadesse da questo pensiero»18. 1 In lingua spagnola i verbi attendere, aspettare e sperare sono tra essi sinonimi, traducibili con l’unico verbo: esperar. 2 Cfr. Teresa d’Avila, Vita, cap. 3, parr. 5-6, in Teresa d’Avila, a cura di L. Borriello e G. della Croce, Paoline, Milano 1998, pp. 93-94. 3 Teresa d’Avila, Aspirazioni di vita eterna, in ibidem, pp. 1570-1571. 4 A. M. Sicari, Il grande libro dei ritratti dei santi. Dall’antichità ai giorni nostri, Jaka Book, Milano 1997, p. 204. 5 Teresa d’Avila, Fondazioni, cap. 1, par. 6, in op. cit., p. 1076. 6 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V), cap. 35, par. 5, in ibidem., pp. 818-819. 7 Teresa d’Avila, Vita, cap. 30, par. 8, in ibidem., pp. 334-335. 8 A. M. Sicari, op. cit., p. 210. 9 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V), cap. 1, par. 2, in op. cit., p 674. 10 Ibidem., pp. 674-675. 11 Cfr. G. della Croce, Strofe dell’anima che soffre per il desiderio di vedere Dio, in G. della Croce, Opere complete, a cura di L. Borriello e G. della Croce, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 2001, pp. 98-99. 12 Teresa d’Avila, Aspirazione di vita eterna, in op. cit.., p. 1569. 13 Teresa d’Avila, Lamenti dell’esilio, in ibidem., p 1576. 14 Teresa d’Avila, Verso la patria, in ibidem., p. 1581. 15 Teresa d’Avila, Cammino di perfezione (V), cap. 8, par. 1, in ibidem., p 706. 16 Tema particolarmente caro a Teresa (ricorre nei capp. 8, 9 e 20 del Cammino di Perfezione) perché ella stessa sperimentò quanto i legami affettivi con parenti e amici talvolta possano impedire la libertà spirituale: «Vi prego, per l’amor di Dio, che la vostra conversazione sia sempre rivolta al maggior bene di coloro con cui parlate, perché la vostra orazione deve servire al profitto delle anime. [...] Se volete comportarvi da buone parenti, questa dev’essere la vostra vera manifestazione d’affetto; se da buone amiche, sappiate che non potete esserlo se non in questo modo. Regni nei vostri cuori la verità, come dev’essere a causa della meditazione, e vedrete chiaramente quale sia l’amore che dobbiamo avere verso il prossimo» (cap.20, parr. 3-4, in ibidem., p. 753. 17 Teresa d’Avila, Efficacia della pazienza, in op. cit., p. 1580. 18 A. M. Sicari, op. cit., p. 216.

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Antonio Spadaro

Cyberteologia. Pensare il cristianesimo al tempo della rete

proposte di lettura

Vita e Pensiero Milano 2012

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P. Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, da alcuni anni si occupa di Chiesa e nuovi media pubblicando sul suo blog, www.cyberteologia.it il resoconto delle sue riflessioni sulla teologia nell’era di internet. Questo suo ultimo saggio, Cyberteologia, fa il punto della situazione e segna una tappa importante nella ricerca. Intervistato da Radio Vaticana (l’intervista completa, si ascolta qui: http://212.77.9.15/aud iomp3/00312340.MP3), così l’autore ha motivato il suo lavoro: «Oggi la grande sfida per la Chiesa non è imparare a usare il web per evangelizzare, ma vivere e pensare bene – anche la fede – al tempo della rete [...] grazie agli smartphone e ai tablet, la nostra vita è sempre ‘on-line’ e la rete cambia il nostro modo di pensare e comprendere la realtà. Perciò, mi chiedo, come cambia la ricerca di Dio al tempo dei motori di ricerca? Chi è il mio prossimo all’epoca del web? Sono possibili la liturgia e i sacramenti sulla rete?». Sono ormai alle spalle le paure e i sospetti che in alcuni ambienti ecclesiastici serpeggiavano nei confronti di internet. Secondo Spadaro, «proprio nella rete Cristo chiama l’umanità ad essere più unita e connessa». Quando nel 1931

Pio XI benedisse, in latino, i macchinari della Radio Vaticana, sottolineò che comunicare le parole apostoliche ai popoli lontani, attraverso l’etere, era un modo per essere uniti a Dio in un’unica famiglia. Potremmo quasi dire, che Papa Ratti avesse già compreso pienamente la logica dei social networks. La potenza dei nuovi media deve provocare nei credenti una rinnovata riflessione su cosa significhi essere cristiani nell’era digitale. Non l’ennesimo libro, quindi, che cerca di spiegare come evangelizzare dopo internet, ma il primo tentativo sistematico di analizzare questa nuova e feconda interazione tra la rete e il pensiero cristiano. La teologia incontra la tecnologia e si arricchisce di linguaggi e contenuti nuovi, allargando le sua comprensione del mistero di Cristo e della Chiesa, Corpo Mistico reinterpretato nei nuovi spazi connettivi vissuti dagli uomini di oggi. Un libro che apre alla teologia e alla pastorale nuovi orizzonti di speranza per percorsi di fede e operosa carità per l’uomo della Rivoluzione digitale. SALVATORE SCHIRONE

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


profili del carmelo

Girolamo GraciĂĄn p. Mario Alfarano, O. Carm. Una delle figure piĂš discusse della storia del Carmelo è certamente Girolamo GraciĂĄn: lo fu quand’era in vita, subito dopo la sua morte, lo è ancora ai nostri giorni. Attorno a lui, carmelitani dell’uno e dell’altro ramo, si sono schierati lungo i secoli ora per difendere e promuovere la sua santitĂ , ora per mostrare la sua connivenza con il potere e con i potenti. Resta il fatto che chi l’accosta ne resta affascinato per le sue grandi doti, per le vicende politiche e religiose di cui fu artefice, per le vicissitudini che lo portarono a sperimentare prima la gloria e poi il fallimento, per la mole di scritti, in gran parte autobiografici, che ci ha lasciato e che sono una miniera per conoscere il suo mondo interiore e la sua spiritualitĂ . La vita carmelitana di Girolamo si può dividere cronologicamente in due ventenni. Il primo, dal 1572 al 1592, lo trascorse tra i carmelitani scalzi, il secondo, dal 1595 al 1614, tra quelli dell’antica osservanza. Il primo fu un tempo fecondo di attivitĂ e di progetti, il secondo lo fu per la riflessione e la scrittura. Tra i due vi furono tre anni di cesura, segnati dall’esperienza amara dell’espulsione dagli scalzi, la prigionia sotto i turchi, la ricerca di una dimora per la sua vita religiosa.

Al fianco di S. Teresa d’Avila Il suo nome viene subito associato a quello della grande riformatrice del Carmelo. Alcuni storiografi sostengono che nel voler attribuire la genitorialità della riforma scalza anche a una figura maschile, accanto alla madre Teresa APRILE / GIUGNO 2012

sarebbe piĂš giusto collocare Girolamo GraciĂĄn piuttosto che san Giovanni della Croce. Girolamo, infatti, fu, al dire della santa, un dono della provvidenza – e aggiungiamo anche il suo braccio destro – per lo sviluppo e il consolidamento della riforma. I due si incontrarono nel 1575 quando Girolamo aveva trent’anni. Questi divenne il suo confessore e il suo confidente, cose che gli permisero di diventare il primo migliore interprete del carisma della madre. Girolamo fu attivamente coinvolto in quel movimento di riforma che stava interessando gli ordini religiosi dopo il concilio di Trento, movimento che rispondeva a tre spinte: quella promossa dai papi, quella voluta dai superiori generali e, infine, quella che nasceva dal basso, vale a dire da singoli religiosi o comunitĂ . Accanto a queste spinte si ponevano gli interventi dei monarchi che si facevano garanti e protettori delle varie riforme. Non sempre tutti questi attori erano in sintonia tra di loro per cui potevano scoppiare conflitti di competenze, giochi di alleanze politico-religiose, accuse a volte calunniose, fino a ricorrere alla forza per sedare gli animi piĂš scaldati. Appena uscito dal noviziato Girolamo fu investito di ruoli di rilievo: nel 1573 fu nominato per l’Andalusia visitatore degli scalzi e l’anno successivo vicario provinciale degli scalzi e dei “calzatiâ€?; nel 1575 commissario dei carmelitani andalusi e degli scalzi della Castiglia. Nel suo compito di riformatore poteva contare sull’appoggio del nunzio papale e, soprattutto, di re Filippo II visto che prima suo padre e poi 17


profili del carmelo

riammesso collocandodue dei suoi fratelli vilo nella situazione prevevano a corte come cedente “come se mai segretari. Probabilfosse stato espulso”. mente qualche eccesGli scalzi si opposero so di zelo e qualche fortemente, per cui il imprudenza, insieme Papa raccomandò a a qualche fraintendivoce a Girolamo di mento sulle facoltà riandare tra i “calzati”. Il cevute, furono la cauprocuratore degli scalsa che lo portarono zi ottenne che il breve nel 1578 ad essere papale fosse modificaprivato dal nuovo to con la dichiarazione nunzio dell’ufficio di “come se da sempre riformatore. Nonoavesse professato tra stante questo, con vidi loro”. In realtà queva soddisfazione di sto rispondeva al vero: santa Teresa, Girolanel 1573 Girolamo mo riuscì a creare una professò di vivere la provincia separata di Regola senza mitigascalzi, alle dirette diGirolamo Graciàn zioni sotto l’obbedienpendenze del priore za del priore generale e generale, e ad essere eletto primo provinciale. L’anno succes- quando nel 1593 gli scalzi si divisero definitivamente dall’Ordine, divenendo sivo, nel 1582, la madre moriva. una nuova Congregazione, Girolamo già non faceva più parte di quel gruppo. Dalla riforma all’antica osservanza Accolto a San Martino ai Monti, a RoFinito il suo triennio, fu nominato vicario provinciale del Portogallo, men- ma, vi rimase fino al 1600 per poi tratre gli successe come provinciale Nicola sferirsi in Spagna per sette anni e, infiDoria il quale impresse alla riforma uno ne, in Belgio dove morì il 21 settembre stile piuttosto rigorista ed eremitico. 1614. La notizia della sua morte fece il Girolamo entrò in un duro conflitto con giro di tutto l’Ordine poiché il priore la nuova impostazione, che riteneva generale ordinò che venisse ricordato in una deviazione dal verso spirito di Te- tutte le case. Durante il periodo trascorso nell’anresa, fino a quando, il 17 febbraio 1592, fu espulso dagli scalzi per motivi di tica osservanza Girolamo, oltre ad essere libero di dedicarsi alla predicazione e “dottrina e costumi”. Questa data segnò l’inizio di una se- alla direzione spirituale delle monache, rie di inutili ricorsi di Girolamo al re Fi- ricevette diversi incarichi e scrisse le lippo II, al papa Clemente VIII, ai vice- sue opere maggiori, come la Peregrireali spagnoli in Italia. In uno dei suoi nación de Anastasio, la Lámpara encenviaggi, l’11 ottobre 1593 fu catturato dida e la Mística teología. Per conto del dai turchi. Durante l’anno e mezzo di priore generale, Enrico Silvio, scrisse prigionia si distinse per la sua testimo- pure un direttorio della vita religiosa nianza evangelica e per il suo zelo apo- che apparve in italiano col titolo Sulla stolico. Riscattato da un mercante disciplina regolare. I superiori, inoltre, ebreo, fece ritorno a Roma dove final- cercarono di coinvolgerlo nella riforma mente fu riconosciuta la sua innocenza dei conventi, ma egli non volle. In realdalla Congregazione dei Religiosi, per tà il suo cuore rimase sempre legato cui Clemente VIII comandò al Generale, alla riforma di Teresa. con il breve del 6 marzo 1596, che fosse 18

VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


La tua bellezza sia la mia

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Giovani e lavoro, aperti a un domani di peranza (a partire dalla scuola)1 Gioele Anni

Dal viceministro Martone che defini- uno sguardo piĂš approfondito alle battusce “sfigatoâ€? chi si laurea molto in ritar- te dei “tecniciâ€? di Palazzo Chigi. “Dobbiamo fare lo sforzo di dare ai giodo e che invita a scegliere con criterio il percorso di studi (se mi sento portato da vani dei messaggi veri, tipo: se a 28 anni subito per il lavoro, optare per un istitu- tu non sei ancora laureato sei uno sfigato; to tecnico è ottimo), al premier Monti e se a 16 anni tu scegli di lavorare o di fare alla ministra Cancellieri che fanno nota- un istituto tecnico professionale e decidi re come la flessibilitĂ intellettuale e geo- di farlo bene: bravo!â€? (Michael Martone, grafica (mobilitĂ ) sia non solo inevitabile Viceministro del Lavoro e delle Politiche ma anche molto importante. Proviamo a Sociali) Partiamo dalla dichiarazione che piĂš dire anche noi la nostra... Monotoni! Mammoni! Fannulloni! Sfi- ha fatto scalpore: Michael Martone, viceministro della titolare gati! Pare che noi giovadel Welfare Elsa Forneni italiani non ce la ro, definisce “sfigatoâ€? chi passiamo troppo bene, a 28 anni ancora non ha ultimamente. Almeno una laurea. questa è l’impressione Apriti cielo. Ben inteche si ricava leggenso, la frase è forte e predo superficialmente alsta il fianco alle critiche; cune dichiarazioni rilain particolare a quelle di sciate nelle ultime settichi, mentre studia, lavomane da membri delra e magari si sta col’attuale squadra di gostruendo una famiglia. verno. Sarebbe folle puntare il Quotidianamente si dito contro questo genesente parlare dei giovaMichael Martone re di studenti, e siamo ni: del nostro ruolo nell’Italia di oggi e soprattutto di doma- certi che non fosse nelle intenzioni del ni; delle prospettive di vita in continuo Viceministro. In ogni caso, gran parte dei media si è mutamento; della capacitĂ di adattamento che sempre piĂš ci verrĂ richiesta. “scordataâ€? di dare risalto alla seconda Ma cosa vuole dirci il governo, insisten- parte del concetto espresso da Martone: do cosĂŹ di frequente sui giovani? E che “se a 16 anni scegli di lavorare o di fare cosa di questo dibattito può toccare un un professionale, e decidi di farlo beneâ€?, msacchino delle superiori, alle prese an- altro che sfigato, qui ti meriti un bel cora con versioni ed equazioni piĂš che “bravoâ€?! Insomma, non è lo studiare tanto e in fretta che per Martone mette in con buste paga e co.co.pro? Proviamo a rifletterci insieme, dando regola un giovane; a dare valore al suo APRILE / GIUGNO 2012

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un azzardo: precarietà del lavoro significa guadagno non assicurato a lungo termine, e dunque insicurezza di base nel procedere con scelte di vita delicate: accendere un mutuo, formarsi una famiglia, pensare a dei figli... Ma, anche in questa occasione, andiamo oltre la strumentalizzazione della frase. Sappiamo che Monti, insieme ai suoi ministri, sta lavorando a una riforma del lavoro che dovrebbe prevedere licenziamenti più facili da parte delle aziende, ma anche maggiori tutele per chi perde temporaneamente il lavoro. Sintetizzando ai minimi termini, l’obiettivo del governo è installare in Italia un mercato del lavoro più fluido, dove sia più facile per i lavoratori cambiare posto di lavoro, pur mantenendo determinate tutele (ad esempio un sussidio di disoccupazione temporaneo, sul modello di altri Paesi soprattutto del nord Europa). Con queste premesse, i lavoratori di domani dovranno essere pronti a cogliere opportunità, guardare sempre a un miglioramento della propria condizione di vita, non accontentarsi di ciò che hanno. In un società dove il lavoro sarà più mobile, bisognerà essere versatili, capaci di adattarsi a persone, richieste e obiettivi sempre in evoRagazzi, sfruttate gli anni di scuola, non rassegnatevi al qualunquismo luzione. Ed è una caratteristica che si smo e non andate dove vi porta la massa. può allenare già dagli anni delle superioÈ l’unico modo per dare valore alla vo- ri: applicandosi a tutte le materie con stra formazione, scolastica e professio- interesse, per esempio; informandosi, nale! E ciò risulta fondamentale, in una aprendo i propri interessi a più settori. società esigente e competitiva come la Vietato fossilizzarsi, ci dice Monti con la formula del “posto fisso monotono”: e chi nostra. “I giovani devono abituarsi all’idea che come i giovani può avere l’apertura di non avranno un posto fisso per tutta la orizzonti, la voglia di crescere che serve vita. Del resto, diciamo la verità, che mo- per adempiere a questa richiesta? “Gli italiani sono fermi, come struttura notonia un posto fisso per tutta la vita. È più bello cambiare e accettare nuove sfide mentale, al posto fisso, nella stessa città purché siano in condizioni accettabili.” e magari accanto a mamma e papà, ma occorre fare un salto culturale. Il mondo (Mario Monti, Presidente del Consiglio) Comici e artisti della satira politica moderno tende sempre più alla flessibilhanno gongolato a questa uscita del pre- ità, bisogna confrontarsi con il mondo che mier Monti: finalmente una parola fuori è cambiato.” (Annamaria Cancellieri, Miposto, da quest’uomo sempre così male- nistro dell’Interno). L’ultima affermazione che analizziamo dettamente pacato e moderato! In effetti, dire che il posto fisso sia “monotono” è è di Annamaria Cancellieri, Ministro percorso di studi, o alle sue scelte di vita, sono la convinzione e l’efficacia con cui quelle scelte vengono portate avanti. “Studiare” controvoglia fino a 19, 24, 28, anche 50 anni non rende; mettere a frutto le proprie abilità, che non per forza devono essere limitate all’impegno sui libri, è invece la carta vincente. In questo senso è facile leggere nella sua completezza la dichiarazione di Martone: non una bastonata ai giovani, indistintamente, ma un appello: ragazzi, sfruttate gli anni della scuola, non scaldate i banchi; siate capaci di scelte coraggiose e determinate, non rassegnatevi al qualunqui-

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


dell’Interno. Anche lei, con quell’aria un siamo a dove fare l’università, non prenpo’ da nonna di tutti noi, non ha rispar- diamo come primo parametro la vicinanmiato una bella frecciata ai giovani: “ba- za da casa. Si tratta sempre e comunque sta pensare al lavoretto vicino a casa, il di realizzare le proprie ambizioni, di ademondo è cambiato”. Se con l’avvertimen- rire alla propria vocazione di studenti: se to di Mario Monti avevamo parlato della per seguire la nostra strada ci sentiamo richiesta di “mobilità intellettuale”, con chiamati a studiare in un’altra regione, o Cancellieri dobbiamo prendere in consi- perché no nazione, il nostro ministro derazione la mobilità fisica che ci sarà dell’Interno ci ricorda che non possiamo più tirarci indietro per richiesta. La società la distanza, pena la globalizzata sposta i perdita di occasioni centri di produzione, forse irripetibili. Detto e le aree d’eccellenza tutto questo, possiamo diventano poli a livelchiudere con un’ultilo mondiale. Ok, cari ma frase, ancora del msacchini, concediapremier Monti. A marmoci di non volare gine delle trattative troppo in là nello con le parti sociali per spazio e nel tempo, di la riforma dell’articolo rimanere ancora un 18 dello statuto dei po’ attaccati ai nostri Lavoratori, ha detto: banchi di scuola. Ma Aderire alla propria vocazione “Noi lavoriamo nell’innon possiamo evitare di pensare che un domani potremmo tro- teresse di un interlocutore non seduto a varci in un mondo che ci offra i lavori che quel tavolo, cioè i giovani”. Insomma, dal sogniamo a New York, Londra, Parigi, governo, che sta operando con lungimipiuttosto che a Pechino o Nuova Delhi. E ranza, ci spronano perché hanno fiducia mentre siamo alle superiori, che possia- nei giovani, che costituiranno la società mo fare per prepararci? Be’ due cose su di domani. E noi, già dai banchi delle notutte: studiare bene le lingue, magari an- stre scuole, non possiamo deluderli. che approfondendole oltre le ore di lezioTratto dal sito internet Movimento studenti di ne regolari con le opportunità che ormai Azione Cattolica: tutti gli istituti offrono (certificazioni inhttp://msac.azionecattolica.it/giovani-e-lavoroternazionali, brevi soggiorni in famiglie aperti-un-domani-di-speranza-partire-dalla-scuoestere, vacanze studio...); e, quando pen- la. 1

Oasi dei Trulli Martina Franca (TA)

Casa di accoglienza dei Carmelitani situata nella Valle d’Itria, dotata di 50 posti letto; ideale per ritiri, esercizi spirituali e campi scuola in autogestione.

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Insieme come fratelli

PER TUTTA QUESTA GENTE VOGLIO ESSERE IL FRATELLO SACERDOTE Domenica 26 febbraio scorso nella parrocchia del SS. Crocifisso di Taranto si è svolta, durante una solenne concelebrazione eucaristica, la canonica presa di possesso del nuovo parroco, nostro confratello p. Antonio Calvieri. Così si è presentato all’arcivescovo, mons. Filippo Santoro: «Sono nato in un paesino della

Dovrò attendere con spirito missionario alla evangelizzazione

Calabria, in una famiglia molto semplice e dignitosa che, in alcuni membri, ha visto nell’emigrazione oltreoceano il realizzarsi dell’aspirazione a un lavoro. Da queste vicende sono stato temprato, per cui sono portato a essere tra la gente, con quanti dal sacerdote attendono una parola, una risposta a una vicenda, una supplenza a quanto la società non offre: anziani, poveri e quanti soffrono la solitudine. Dovrò attendere con spirito missionario alla evangelizzazione, alla catechesi, alle famiglie, ai ragazzi, ai giovani – ha continuato – Non sarò mai un parroco accentratore; ma desidero che ci sia 22

corresponsabilità ecclesiale, assieme alla comunità carmelitana, con quanti nel battesimo sono stati inseriti in Cristo, sacerdote, re e profeta, per essere membra vive del suo corpo che è la Chiesa. Porteremo il peso e condivideremo la gioia di lavorare per il regno di Dio». Un ringraziamento egli ha infine rivolto alla sua comunità, a don Rocco Larocca, a tutte le realtà parrocchiali e in particolare alle comunità neocatecumenali, che stanno facendo avvicinare molte famiglie al cammino di fede. Prima del suo intervento, ha parlato, a nome del consiglio pastorale, Renato Lupoli il quale ha detto: «Oggi il nostro cuore è pieno di gioia per padre Antonio, nuovo parroco della nostra comunità e siamo grati a Sua Eccellenza per la cura e la sollecitudine che ha avuto per questo piccolo gregge di fedeli». Quindi, rivolgendosi a mons. Santoro: “Vogliamo ascoltarla e seguirla con la più sincera e filiale devozione lungo il cammino pastorale nella Chiesa di Taranto, cammino che le auguriamo duraturo e proficuo di ogni bene”. Erano presenti il cerimoniere mons. Mimino Quaranta, il vicario zonale mons. Carmine Agresta, i parroci don Amedeo Basile (Addolorata), mons. Marco Gerardo (Carmine), il segretario don Emidio Dellisanti, don Rosario Attisano (v. parroco S. Maria del soccorso di Palmi), don Antonio Airò, don Rocco Larocca e i confratelli carmelitani: p. Paolo Lagioia (della comunità di Bari), p. Anastasio Filieri, p. Claudio Lioj e fra’ Salvatore Ranieri. La celebrazione eucaristica è iniziata con il bacio del crocifisso da parte delVITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


Un momento della celebrazione

l’arcivescovo, l’aspersione dell’assemblea e la lettura del decreto di nomina del nuovo parroco, successore di p. Enrico Ronzini, priore Provinciale. Durante l’omelia, mons. Santoro ha parlato con entusiasmo di questa nomina in questo suo primo scorcio di ministero tarantino e dei rapporti da lui intrattenuti con la comunità carmelitana; essi risalgono a prima della sua partenza per il Brasile, grazie all’amicizia che lo lega a p. Anastasio Filieri. Ha invitato la comunità ad essere orgogliosa del veneratissimo simulacro del SS. Crocifisso che troneggia sull’altare da cui non bisognerebbe mai staccare lo sguardo. «Gesù – ha sottolineato – è l’unico che ci purifica e ci salva.

Guardando Lui potremo guardare alle nostre situazioni e ai nostri fratelli in modo nuovo, consentendoci di vivere secondo le esigenze del Vangelo: cioè mai più schiavi dell’indifferenza e di se stessi, ma da veri figli di Dio. Quando diciamo sì al Signore, davanti a noi si schiudono orizzonti inimmaginabili, come accadde a me quando accettai di lasciare la mia terra per partire missionario in Brasile». Il nuovo arcivescovo si è poi soffermato sulle sue prime esperienze di pastore della diocesi tarantina, di cui conosceva le problematiche già prima del suo arrivo. È seguita, poi, la professione di fede del nuovo parroco e la lettura del verbale di immissione canonica, presenti quali testimoni: il cerimoniere mons. Quaranta, p. Claudio Lioj (memoria storica della parrocchia del SS. Crocifisso) e il sig. Emanuele Filiberto Epiro. Un caloroso applauso ha suggellato il momento significativo, consentendo così la prosecuzione della santa Messa, i cui canti sono stati animati dal coro parrocchiale diretto da Maria Letizia Conte e organista Alessandra Corbelli. GIOVANNA LOSITO

VOCAZIONE AL CARMELO

Per il tuo orientamento vocazionale nella famiglia carmelitana i frati, le monache e le suore ti offrono la possibilità di vivere periodi di riflessione e itinerari di ricerca. Puoi rivolgerti al responsabile: per i frati a Bari per le monache a Ostuni. APRILE / GIUGNO 2012

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` CARMELITANA DI PALMI FA VISITA LA COMUNITA AL CAMPO DI ROSARNO cesana, don Vincenzo Alampi, si sono recati al campo che ospita gli extracomunitari, dislocati in una vecchia e diroccata ex fabbrica, priva di luce e dei servizi più elementari. L’impatto con la realtà è stato molto duro; è amaro rendersi personalmente conto delle condizioni di vita in cui vivono questi fratelli, lontani dalla propria terra e dai propri cari. Dopo i primi attimi di commozione e di smarrimento per la visione del degrado e dei disagi in cui sono costretti a vivere, p. Carmelo ha espresso i sentimenti di solidarietà, di amicizia e di fratellanza di tutta la comunità carmelitana. Sono ragazzi provenienti da varie parti dell’Africa, quali il Burkina Faso, il Congo, la Costa d’Avorio, ma il filo che li unisce e li accomuna in questo loro viaggio fatto di sacrifici, di mancanza di affetto, è la povertà. Vivono nell’indigenza più assoluta cercando di guadagnare, anche sottocosto, qualche euro, partecipando alla raccolta delle arance o svolgendo altri piccoli lavori di natura sempre provvisoria. Ma la loro dignità è grande, va aldilà dei lavori più umili, perché da quanto si è potuto apprendere dalle loro dichiarazioni, tanti sono in possesso di titoli di studio e di attestati di qualifica, conseguiti nei loro paesi di origine. Al termine di questa prima tappa, questi fratelli, con la grande umiltà che li contraddistingue e con Gl extracomunitari di Rosarno sono costretti a vivere in tende di fortuna a diretto contatto col fango gli occhi lucidi,

Domenica 5 febbraio la comunità del Santuario del Carmine di Palmi ha vissuto un pomeriggio di intense emozioni. P. Carmelo Silvaggio, fr. Francesco Ciaccia e alcuni componenti del TOC, accompagnati dalla presidente Cettina Repaci, si sono recati in visita ai fratelli extracomunitari accampati nella vicina Rosarno (RC). Nelle settimane precedenti presso il nostro Santuario era stata promossa una raccolta di indumenti e di viveri da donare ai fratelli meno fortunati che vivono nell’indigenza più assoluta e nelle tendopoli alla periferia di Rosarno. Dalla raccolta viveri al desiderio di incontrare la comunità degli immigrati con i quali condividere un momento di fraternità, il passo è stato breve. Con gioia fraterna, alcuni terziari hanno aderito all’iniziativa, e alle 14,30 di una domenica fredda e piovosa, accompagnati dal responsabile della Caritas dio-

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hanno voluto ringraziare la comunità carmelitana per il grande momento di condivisione e per le dolcezze culinarie che il TOC ha preparato e offerto loro. La visita è proseguita, spostandosi in un altro luogo, alla periferia di Rosarno dove le autorità competenti, fortunatamente, hanno allestito una tendopoli che è stata dotata di qualche confort e dove viene offerta la possibilità di poter consumare pasti caldi, preparati e distribuiti dalla Caritas locale e dall’associazione di volontariato “Il mio amico Jonathan”. Un pomeriggio intenso di emozioni ma soprattutto un pomeriggio che senz’altro ha lasciato il segno nella coscienza e nel cuore di tut-

ti. Sicuramente è stato il primo di tanti altri incontri di fraternità e di unione tra realtà diverse ma unite da sentimenti di amore e condivisione. CATERINA NAIM

` CARMELITANA DI PALMI TORNA LA COMUNITA A FAR VISITA AL CAMPO DI ROSARNO Il 28 marzo la famiglia carmelitana del Santuario di Palmi, rappresentata dai frati e alcuni esponenti della Nobile

Congrega del Carmine e del Terz’Ordine, sono tornati alla Pomona, località di Rosarno ove è sito uno dei Campi di accoglienza degli immigrati, e ha portato 100 pasti al sacco ottenuti grazie alla generosità dei fedeli e quella di alcuni commercianti palmesi. Vista la grande sensibilità dimostrata in merito dalla famiglia carmelitana, si è deciso che si tornerà a far visita agli immigrati nel periodo dopo Pasqua. LA REDAZIONE

APRILE / GIUGNO 2012

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CRONACA DI UN RITIRO Se vuoi “vedere” Dio, puoi guardare un fiore, una pietra, un monte o un lago, ma se vuoi “trovare” Dio, allora devi cercare dentro te stesso. Con questo intento i giorni 17 e 18 marzo, noi, gruppi giovanili della parrocchia di santa Maria del Carmine di Foggia, abbiamo affrontato un intenso ritiro spirituale a Torre Santa Susanna accompagnati dai nostri educatori e dal nostro parroco p. Nicola. Durante il viaggio, oltre a momenti di allegria, ne abbiamo alternato altri di preghiera, con la recita del rosario accompagnato dai nostri chitarristi; e dopo quattro interminabili ore, siamo arrivati nel piccolo ma accogliente paese, dove ci attendeva p. Enrico. Alle 21.00 ci siamo ritrovati intorno al tavolo per la cena, serviti da camerieri d’eccezione: i nostri educatori. La

sala da pranzo era molto accogliente, certo un po’ fredda, ma lo stare assieme, il ridere e lo scherzare ha fatto sì che ogni problema passasse in secondo piano e l’ambiente magicamente si riscaldasse. La serata è proseguita in allegria tra sketch e imitazioni, per concludersi con la celebrazione della Compieta nella chiesetta del convento. Alle 23.30 tutti a nanna o quasi (era possibile vedere chi in pigiama correva da una stanza all’altra per chiacchierare, chi doveva ancora sistemarsi o chi continuava a fare scherzi). La mattina seguente, purtroppo per noi, qualcuno era già sveglio alle 06.00 e cantando a squarciagola ha svegliato tutti! Dopo aver celebrato le lodi mattutine, abbiamo aspettato la colazione: 10 litri di latte e una gigante macchina da caffè più biscotti e merendine. Eravamo

I giovanissimi della comunità di Foggia

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così pronti per affrontare, la parte più importante del ritiro, la parte che ci aveva portato fin lì. Entrati nel vecchio refettorio del convento, forse la stanza più bella dell’edificio, ci siamo subito seduti in cerchio “combattendo” l’uno con l’altro per stare seduti accanto al caminetto, ad ascoltare la catechesi di p. Enrico sul tema: “Dio ha tanto amato il mondo da dare suo figlio” (Gv 3,16a), in cui ha fatto emergere il bisogno di affermare il nostro credo, quello di fare beneficenza, nonché l’importanza dell’amore di Dio. Le parole di p. Enrico ci sono tornate utili durante il momento di deserto in cui, muniti di penna e fogli, abbiamo annotato le nostre riflessioni. Il deserto è stato seguito dalla celebrazione dell’Eucarestia, presieduta da p. Nicola e animata in ogni suo aspetto da noi. Chi si è occupato delle preghiere dei fedeli, chi dei canti, chi ancora del simbolo da portare all’offertorio. Al termine di essa c’è stato il pranzo, a dir poco cospicuo, seguito da un’improvvisata partita di basket ma anche da passeggiate, foto e chiacchierate. In seguito, riuniti in piccoli gruppi, abbiamo condiviso le nostre riflessioni personali sul tema della giornata. Il viaggio di ritorno è passato da un primo momento di rilassamento a uno in cui venivano intonati canti e cori. Ormai sfiniti, siamo stati invitati a comunicare a tutti quanto era eAPRILE / GIUGNO 2012

merso dalle riflessioni di gruppo e così sono venuti fuori i nostri dubbi ma anche la nostra voglia di conoscere. Quest’esperienza, che inizialmente abbiamo affrontato come momento di divertimento, si è rivelata invece come una grande occasione di crescita interiore. Ci auguriamo, infine, che quest’esperienza possa ripetersi più spesso in modo da aiutarci a trovare risposte che ogni giorno cerchiamo e che non sempre troviamo. NATASCIA PETRUCELLI ELENA SARNI

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NASCE IL TERZ’ORDINE CARMELITANO A CARDILE valore del silenAlla presenza del zio, la Regola cita priore Provinciale, p. per intero due Enrico Ronzini, del frasi del profeta delegato provinciale Isaia: «la giustiper il TOC, p. Anzia è coltivata nel tonio Calvieri, della silenzio [...] è nel presidente Marisa silenzio e nella Fotia Martino, della speranza che si segretaria provinciaincontrerà la vole Rita Irrera e delstra forza»1; l’assistete p. Domenico Fiore dell’eremo 3 - la fraternidi Capaccio, il 25 tà: proiettare il Altare della cappella della Madonna del Carmine (Cardile) marzo 2012, ventiproprio servizio cinque aspiranti terverso gli altri in ziari di Cardile (SA), presso la cappella uno spirito di assoluta gratuità, senza della Madonna del Carmine, sono entra- che ci si attenda qualcosa in cambio, seti nel noviziato ricevendo in questa prima guendo il modello di Cristo che per amotappa del cammino, il distintivo dell’Or- re ha dato tutto se stesso per l’umanità dine ed il Vangelo. Dopo aver affrontato fino alla morte di croce, tanto che nell’inel periodo di discernimento tematiche conografia di pitture e mosaici, Cristo relative alla famiglia, alla Chiesa, alla viene spesso simboleggiato con la figura preghiera, all’impegno dei laici nella del pellicano, che ciba con i pesci i suoi Chiesa e dopo il noviziato, la formazione figli e che è disposto, nel momento di caproseguirà per un altro anno in cui gli renza di cibo, a strappare la propria cariscritti avranno la possibilità di conosce- ne dal petto per non far morire di fame i re meglio anche alcune figure di santi suoi piccoli; carmelitani e riceveranno lo Scapolare e 4 - la purezza il battesimo ci impegna la Regola del Terz’Ordine Carmelitano. a vivere nella purezza del cuore con feNegli incontri formativi del primo anno deltà: «come figli obbedienti…Voi sarete di discernimento, tenute da p. Domenico santi, perché io sono santo» (1 Pt.1,14Fiore e dal parroco, don Angelo Imbriaco, 16); i partecipanti hanno potuto apprendere i 5 - la perfezione in Cristo: ispirarsi al capisaldi su cui si poggia la Regola del modello di Elia che tanto si impegnò nelCarmelo: la battaglia contro i falsi profeti, affinché 1- il nascondimento: contrastare il vero ed unico Dio fosse riconosciuto da quella che oggi si definisce la “logica del- tutti. I carmelitani in virtù dello Spirito l’apparire”; la fondatrice delle ancelle di che distribuisce a ciascuno i suoi doni, santa Teresa di Gesù Bambino, diceva devono tendere ad una vita sobria e pura che nella vita operosa dei carmelitani bi- per giungere alla perfezione in Cristo, afsogna essere come le violette, che sono finché si realizzi in questo mondo, seconnascoste, ma di esse si percepisce sol- do la Regola carmelitana, il disegno di tanto il profumo; Dio, che vuole riunire tutti in un unico 2 - il silenzio: scegliere la via della popolo santo. contemplazione, lontano dal trambusto CARMINE RIZZO quotidiano e dal continuo chiacchiericcio Regola dei carmelitani, 21 che allontana da Dio. Per descrivere il 1

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` DI TARANTO: DALLA COMUNITA SOLENNE CELEBRAZIONE DEL SS. CROCIFISSO personale e con l’aiuto Dal 26 marzo al 2 apriche la Chiesa gli offre, le nella nostra parrocchia perché la storia di ogni si è celebrato solenneuomo possa esserne ilmente il SS. Crocifisso. luminata. La ricorrenza è stata Il nostro vescovo celebrata con un pronarrando, poi, la sua gramma ricco di iniziative esperienza di missioed avente per tema: «Volnario in Brasile, ha ingeranno lo sguardo a vitato noi fedeli a dire colui che hanno trafitto sempre il nostro “sì” al (Gv 19,37)». Signore. Non resistere Il parroco, p. Antonio alla sua volontà, chieCalvieri, ha scelto questo dendo il dono della fetitolo perché in questo de, solo così potremo tempo di quaresima è vigioire della sua pace e tale per ogni uomo guarla nostra vita sarà illudare al Cristo crocifisso: minata dalla sua precomprendere l’amore con senza. cui Dio ci ama e che maParrocchia SS Crocifisso Dopo la celebrazione nifesta con il dono di suo eucaristica del 29 Figlio perché tutti possiamo credere che la morte è sconfitta marzo, presieduta da don Antonio Airò, la Grande orchestra di fiati di santa dalla vittoria della risurrezione. L’intera comunità parrocchiale ha Cecilia ci ha deliziati con alcuni brani partecipato alle celebrazioni eucaristi- tratti dalle musiche tradizionali della che con cuore aperto alla Parola; ogni nostra città. Il prof. Antonio Fornaro ha introdotto sera tutti hanno ricevuto spunti di riflessione per il proprio vissuto quotidia- i vari brani con dovizie di riferimenti storici e di cronaca del tempo. no. Venerdì 30 marzo mons. Benigno PaLunedì 26 marzo don Rocco Larocca ha arricchito la celebrazione eucaristica pa, arcivescovo emerito della nostra diocon una riflessione sul tema: «Ebrei, cesi, ha presieduto la S. Messa spronanmusulmani e Gesù oggi», mentre il gior- doci a guardare Gesù crocifisso per comno successivo la sua riflessione è stata: prendere l’amore con il quale Dio ci ama. In data 2 aprile, ricordando il dies na«Atei, cristiani e Gesù oggi». In queste due giornate, don Rocco ci talis del beato Giovanni Paolo II, la S. ha spronato a «uscire allo scoperto», in- Messa è stata presieduta dal priore della vitandoci a testimoniare la nostra fede comunità di Caivano, p. Cosimo Pagliaquale risposta a Dio che si è fatto con- ra. Una partecipazione attiva e fortemencretamente presente nella storia dell’ute sentita è stata profusa da molti parmanità e nella vita di ogni uomo. Mercoledì 28 marzo nella sua omelia, rocchiani che hanno apprezzato l’amore il nostro arcivescovo mons. Filippo San- e l’impegno da parte del parroco, della toro, ha sottolineato il compito di ogni comunità religiosa e dal consiglio pastocristiano: porsi in ascolto della Parola di rale Dio, comprenderla con la meditazione GINO BLANDAMURA APRILE / GIUGNO 2012

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I RAPPRESENTANTI DI TUTTI I TERZ’ORDINI CARMELITANI ITALIANI S’INCONTRANO A SASSONE Sassone (Roma) 21-22 aprile 2012

Nel mese di novembre 2011 al Getsemani di Capaccio (SA), in occasione dell’apertura dell’anno pastorale, la nostra presidente provinciale, tra le innumerevoli iniziative previste per l’anno 2012 annunciò l’incontro dei terziari carmelitani italiani. I presidenti delle tre Provincie, Marisa Fotia (per la Napoletana), Michele Bonanno (per l’Italiana) e Titti Samacchia (per il Commissariato de La Bruna) in collaborazione con la segretaria sig. Tullia Rosicatello, al termine di un incontro svoltosi sull’eremo di Camaldoli a Napoli, sono riusciti a organizzare questa festa tanto attesa e auspicata da molto tempo. Essa si è celebrata a Sassone, e ha visto la presenza di 300 terziari carmelitani, esponenti dei diversi TOC italiani, oltre che quella del priore Provinciale della Provincia Italiana, p.Giandomenico Meloni, e dei delegati per i TOC: p. Antonio Calvieri (priore e parroco della nostra comunità di Taranto) e p. Marco Nuzzi (della Provincia Italiana). Padre Mario Alfarano, segretario del priore Generale, ha tenuto la relazione dal titolo “Il terziario carmelitano, testi-

Parte dell’assemblea durante la celebrazione eucaristica

mone e comunicatore della Parola”. Il relatore ha diviso il tema in 2 parti: nella prima ha trattato il terziario Carmelitano testimone della Parola, nella seconda parte il terziario comunicatore della Parola. Ha affermato, come l’itinerario di vita del carmelitano deve ispirarsi alla Parola di Dio avendo come modello l’esperienza dei primi cristiani. A conclusione della riflessione, Michele Bonanno ha preso la parola ringraziando tutti coloro che hanno partecipato per l’organizzazione dell’evento. i convenuti, le persone a casa che non hanno potuto partecipare, con l’auspicio che questo evento possa essere ripetuto. D’ARIA NUNZIA

Convento Maria Immacolata dei frati Carmelitani Torre S. Susanna (Br)

ospita gruppi per ritiri, esercizi spirituali e campi scuola. Offre una capacità di accoglienza 18 posti in camere singole e multiple con servizi in camera, e altri 46 in camere con letti a castello e bagni comuni.

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VITA CARMELITANA - ANNO 74, N. 2


INSIEME SI CRESCE

Un’eco sulla “Giornata della Famiglia carmelitana” tenutasi a Foggia lo scorso 29 aprile

Condivisione, riflessione e conoscenza reciproca: questo è il tesoro che mi sono portata da Foggia lo scorso 29 aprile, domenica in cui abbiamo vissuto la “Giornata della Famiglia carmelitana” presso la parrocchia “S. Maria del Carmine”, retta dai frati carmelitani. Molte sono le suggestioni e i ricordi piacevoli, primo fra tutti la gioia di essersi incontrati, ancora una volta, come famiglia carmelitana. Erano presenti i frati, molti terziari, i membri della famiglia di sant’Alberto, insomma tante realtà accomunate da un’identica sensibilità spirituale. La giornata si è dipanata nel segno della fraternità: dalla preghiera e dalla meditazione al pranzo condiviso e agli incontri personali. Vedersi tutti insieme poche volte l’anno, ma sentirsi fratelli, è un dono dello Spirito, che deve essere trasmesso e questo, in fondo, è uno dei compiti che il credente deve trasmettere al mondo: rendere la propria vita una casa accogliente per il fratello. Sulla stessa linea, in fondo, si è mossa anche la proposta formativa carmelitana di quest’anno, suggerita dal percorso della Chiesa italiana: educare alla vita buona del Vangelo. Di questo tema ha parlato il Provinciale, p. Enrico Ronzini, soffermandosi sull’importanza dell’educazione e sull’apporto che religiosi, laici e famiglie devono dare. I cristiani devono sentirsi “l’anima del mondo”, come si legge nella Lettera a Diogneto, pronti non solo ad annunciare, ma anzitutto a testimoniare con la vita quanto imparato nella sequela e nell’ascolto di Cristo, l’unico vero Maestro. «[Chiesero i discepoli:] “Maestro, dove dimori?”. Disse loro: “Venite e vedrete”. Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui» APRILE / GIUGNO 2012

p. Enrico Ronzini e p. Giovanni Cimmino

(Gv 1,38-39). Altrettanto fecero i discepoli diretti a Emmaus, affascinati dall’uomo che li accompagnava lungo il percorso: «“Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Egli entrò per rimanere con loro» (Lc 24,29). Alla luce dell’esperienza dei discepoli, della Chiesa e anche dei santi carmelitani, capiamo quanto sia arricchente crescere nella carità fraterna: lasciare ogni sguardo su se stessi e sentire il bisogno del fratello. È questo l’ingrediente principale per una buona vita di gruppo, in famiglia e per evangelizzare. È questo anche il messaggio principale che i giovani attendono dagli adulti e che noi tutti cerchiamo nella società e nel mondo. Non basta vivere per sestessi, perché «Si è più beati nel dare che nel ricevere!» (At 20,35). Due altri momenti significativi sono stati la celebrazione eucaristica, presieduta dall’Arcivescovo di Foggia-Bovino, mons. Francesco Pio Tamburrino, e il recital messo in scena dai giovani della parrocchia, che hanno chiuso in letizia una giornata che ha rallegrato il cuore. La speranza è che queste esperienze possano ripetersi e giovare anche alle nostre fraternità, per renderle sempre più un cenacolo, come quello della comunità dei discepoli che furono inondati della grazia dello Spirito. CARLA PIRO

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Le Comunità Carmelitane della Provincia Napoletana BARI – 70125 Curia Provinciale Corso Benedetto Croce, 180 tel/fax 080.5562741 vitacarmelitana@gmail.com www.vitacarmelitana.org

BARI – 70125 Parrocchia S. Maria delle Vittorie C.so B. Croce, 180 Conv. 080.5424484 - Parr. 080.5425149 smariavittorie@email.it

CAIVANO (NA) – 80023 Santuario S. Maria di Campiglione Via Campiglione, 58 - tel/fax 081.8354124 piuskandathil@yahoo.com CAPACCIO (SA) – 84047 Santuario Madonna del Granato Eremo Carmelitano – tel. 0828.723611 www.madonnadelgranato.it

SUORE FOGGIA – 71122 Discepole di S. Teresa del Bambin Gesú Scuola S. Maria del Carmine Via G.L. Radice, 5 – tel. 0881.636175

MONACHE

OSTUNI (BR) – 72017 Monastero S. Maria Maddalena di Firenze Contrada Campanile - tel/fax 0831.301293 www.carmelitaneostuni.it

FOGGIA – 71122 Parrocchia Maria SS. del Carmine Viale Primo Maggio, 37 tel/fax 0881.635444 parrocchiacarminefg@alice.it

MESAGNE (BR) – 72023 Basilica Santuario Vergine SS. del Carmelo P.le S. Michele Arcangelo, 3 Conv. 0831.776785 – Parr. 0831.771081 www.basilicacarminemesagne.it PALMI (RC) – 89015 Santuario S. Maria del Carmine Piazza del Carmine – tel/fax 0966.45851 http://digilander.libero.it/fraternita.palmi

TARANTO – 74123 Parrocchia SS. Crocifisso Via G. De Cesare, 37 - tel/fax 099.4521685 www.sscrocifisso.ilbello.com TORRE S. SUSANNA (BR) – 72028 Convento Maria Immacolata Piazza Convento, 3 - tel. 0831.746026 http://carmelotorre.beepworld.it/

sito della Provincia Napoletana: www.vitacarmelitana.org siti dell’Ordine Carmelitano: www.ocarm.org

Poste Italiane Spa - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 2, DCB BA

FRATI CARMELITANI


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