Volodeisensi Magazine Vol.13

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SOMMARIO

Tipi Umani, Modalità Stili di Giulio De Cinti………………………1 In nome di Dio ..................................................................... 4 Donna Cultura : un’associazione al femminile .................... 9 La Befana........................................................................... 11 Rubrica editoriale n°5 – Gli autori ..................................... 13 Poesie dei nostri autori ..................................................... 15 Racconto : ‘La dimenticanza’ ............................................ 17 Intervista a cura di Michela Zanarella ............................... 21 Il Piccolo Principe .............................................................. 25 Bookcrossing ..................................................................... 27 La stanza ritrovata............................................................. 29 La Redazione… .................................................................. 31

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Una nuova teoria della personalità: Tipi Umani, Modalità Stili Presentazione libro ‘Tipi Umani, Modalità Stili, modelli interattive della psicologia multifattoriale’ di Giulio De Cinti (Psicologo e Psicoterapeuta)

chiamo condizionata. I modelli sani vanno a costituire e a caratterizzare il modo di porsi sano, che io chiamo FUNZIONAMENTO SANO; i modelli nella versione condizionata vanno a costituire e a caratterizzare il modo di porsi non sano, che io chiamo FUNZIONAMENTO CONDIZIONATO. Sia il funzionamento sano sia funzionamento condizionato sono accessibili alla persona, anche nell’arco di una stessa giornata, però in genere nella persona sana è prevalentemente attivo funzionamento sano; nella persona problematica è il funzionamento condizionato a essere presente in modo invasivo. Due tipi di funzionamento significa che sono possibili due qualità diverse di pensieri, di emozioni, di ricordi. Per esempio esistono due tipi di rabbia: quella sana per cui se uno ci pesta il piede gli si dà una gomitata e ce se ne libera e poi c’è la rabbia della persona che vive soprattutto la componente condizionata che se la porta dietro continuamente. Si tratta proprio di modi alternativi di percepire se stessi e gli altri.

Tipi Umani, Modalità Stili, modelli interattivi della psicologia multifattoriale è il titolo del testo che ho pubblicato con le Edizioni Universitarie Romane. Esso parla di nuova teoria della personalità. I tipi umani, le modalità e gli stili sono le 3 variabili che negli anni ho individuato e che determinano l'organizzazione psichica della persona. Da qui il termine di psicologia multifattoriale. I Tipi umani sono ereditari e non contribuiscono a determinare il disagio né sono oggetto dell’intervento terapeutico. Le modalità e gli stili invece si hanno nella VERSIONE sana e in quella non sana, che  Pagina 1

UNA PERSONA, DUE MODI DI ESSERE

FUNZIONAMENTO CONDIZIONATO

FUNZIONAMENTO SANO

MODALITA’ SANA UNO DEI SEI TIPI UMANI

STILE SANO

UNA DELLE 4 MODALITA’ CONDIZIONATE

UNO DEGLI 8 STILI CONDIZIONATI


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Lo schema di cui sopra descrive la persona: all’interno del rettangolo esterno, che rappresenta tutta la persona, ci sono due rettangoli più piccoli. Il rettangolo interno di sinistra contiene gli elementi costituenti il funzionamento sano: cioè la modalità sana e lo stile sano. Il rettangolo interno di destra contiene gli elementi costituenti il funzionamento condizionato: cioè uno delle quattro modalità condizionate (ne sono infatti state individuate quattro) e uno degli otto stili condizionati (ne sono infatti stati individuati otto). Sia il funzionamento sano sia quello condizionato si associano a uno dei tipi umani, che infatti sono all’interno dell’intersezione dei due insiemi. I tipi umani descrivono i modelli di sei possibili temperamenti, di sei possibili inclinazioni. Sono ereditari, non determinano il disagio, non sono oggetto della terapia. Però per fare terapia è importante sapere il tipo umano del paziente. Queste inclinazioni tenderanno a essere migliori insieme al funzionamento sano e peggiori insieme al funzionamento condizionato.

valorizzare anche l’affermazione degli altri, si aspetta sempre il meglio, vive l’amabilità, la benevolenza, l’assertività, la serenità e la libertà interiore, ha la capacità di collocarsi lontano dalle persone disconfermanti. Il funzionamento condizionato Alla base del funzionamento condizionato c’è la RICERCA affannosa DELLA SOPRAVVIVENZA, esso si fonda quindi sulla paura. In tal caso nella persona sono attivati il

timore di non ricevere né accettazione né considerazione, la realtà viene letta

attraverso il timore del passato, cioè attraverso la paura sia del rifiuto che del disconoscimento, queste paure sono colte anche laddove non ce ne sono. E c’è costrizione interiore: debbono essere messi in campo in modo ripetitivo e stereotipato sempre gli stessi schemi. Il funzionamento condizionato è dato da una

delle quattro modalità condizionate e da uno degli otto stili condizionati, a cui si

associa sempre uno dei sei tipi umani. Quindi il funzionamento condizionato è molto diverso da persona a persona però le caratteristiche di fondo sono comuni. Rapporti interpersonali

Il funzionamento sano Il funzionamento sano si fonda sul SENSO DEL BENESSERE. Nel soggetto sono attivati il

diritto all’accettazione e alla considerazione, c’è una fiducia di base, ci si predispone a rapporti sereni e positivi, altrettanto ci si aspetta dall’Altro. La persona è sicura e fiduciosa delle proprie capacità a realizzarsi, è in grado di riconoscere e

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L’atteggiamento dell’Altro è molto importante per determinare la qualità del rapporto che si può instaurare. Non è possibile che un rapporto possa stabilizzarsi tra chi vive secondo la sua parte sana e chi utilizza la parte condizionata. Quando c’è questa situazione di disequilibrio se la persona con la parte condizionata non riesce a portarsi sulla propria parte sana accadrà il contrario e cioè che anche l’Altro può essere risucchiato nella propria parte condizionata. Allora laddove una persona resta sostanzialmente inchiodata alla propria parte condizionata è bene allontanarsene psicologicamente e fisicamente per evitare di essere spinto a fare altrettanto. Questo accade soprattutto nei rapporti di coppia: se un partner resta fermo nella parte


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condizionata prima o poi anche l’altro viene risucchiato nella propria parte condizionata. Se entrambi sono nella propria parte condizionata quello che vivono avrà poco a che fare con l’amore. E se continuano a stare insieme è perché le due forme di condizionamento sono complementari. Questi rapporti insomma si fondano sulle reciproche paure, che però in questo modo non vengono superate ma consolidate. L’amore c’è solo tra due persone che vivono entrambi la parte sana.

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La terapia Questa impostazione contiene in se stessa l’indicazione del percorso terapeutico: durante il lavoro terapeutico va depotenziato il modo di essere non sano e rafforzata la parte sana. Non si tratta cioè di portare alla coscienza elementi rimossi nell’inconscio ma aiutare la persona a trovare la forza per stare dalla parte sana mentre si sente spinto a stare nella parte non sana.

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Per un ulteriore approfondimento si può visitare il sito www.psicologiamultifattoriale.com

(Giulio De Cinti)

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schemi poveri e rigidi, come avviene nelle categorizzazioni di altre teorie. L’irripetibilità di ogni singolo individuo e la possibilità di evitare ogni schematismo sono tutelati in quanto, attraverso questa teoria, è possibile riconoscere sia le persone che tendono a funzionare in modo sano sia gli elementi sani su cui costruire il cambiamento nelle persone in cui è prevalente il funzionamento condizionato. L’individuazione delle caratteristiche del funzionamento sano come potenzialità sempre presente in ogni persona, affranca dal determinismo secondo cui avendo subito nell’infanzia certe esperienze negative non si può che essere costretti a restare in quella condizione, che può al massimo essere alleviata. Una comprensione migliore e più profonda di se stessi e delle persone con cui ci rapportiamo ne esce rafforzata. La propensione a stare nei contesti arricchenti e a evitare quelli negativi si consolida.

FUNZIONAMENTO CONDIZIONATO

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VANTAGGI DI QUESTA TEORIA DELLA PERSONALITA’ 1. Le modalità condizionate e gli stili condizionati non sono un modo di ingabbiare le persone in una riduzione a

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IN nome di dio

Ho assistito, tempo fa, alla proiezione del film Agorà, diretto dallo spagnolo Amenabar ambientato nel IV secolo d.C. e sono rimasta molto colpita dagli aspetti crudi e spietati del fanatismo cristiano alessandrino, messo in atto contro i pagani e gli ebrei. La pellicola, mette in luce contrasti religiosi tra: cristiani, ebrei e pagani, sullo sfondo di Alessandria d’ Egitto, ma offre altresì spunti di riflessione che vanno ben oltre la storia fino ad oggi ignorata dai più, me compresa. In primo piano emerge la vicenda umana di Ipazia. Filosofa, appassionata di matematica, in nome della verità, sposa la fede scientifica. Ipazia , in realtà, rappresenta l’unico esempio in Alessandria d’ Egitto di erudizione e di conoscenza eclettica tutta volta al femminile la quale, mettendo in dubbio la teoria tolemaica, anticiperà di molti secoli la rivoluzione copernicana. per aver messo in dubbio una verità assoluta del tempo, sarà punita dalla Chiesa che vede in lei una minaccia destabilizzante. In un crescendo di vessazioni e violenze che coinvolgono il centro degli studi, la giovane donna resta coerente alle proprie idee: perché non vuole convertirsi a un Dio che sfugge alla  Pagina 4

propria conoscenza e perché mossa da un unico obiettivo, quello di ricercare solo verità empiriche. Ragion per cui non avrà timore di scatenare le ire omicide dei cristiani alessandrini. Ipazia porterà a compimento le sue ipotesi scientifiche sollevate in merito ai movimenti della Terra e, questa sua fermezza, la avvicina, per certi aspetti alla figura dello scienzato Galilei. Al di là dei fatti trasposti nella fiction con sapiente maestria scenica e rievocazione storica, il tema sollevato da Almenabar, e su cui val la pena spendere un’accorta riflessione, è molto attuale e sicuramente solleverà un certo dibattito tra gli esperti e non solo, perché pone l'accento sulle numerose piaghe che hanno infettato la Chiesa cattolica per secoli e che non sono ancora rimarginate. L’istituzione ecclesiastica, nonostante scandali e crimini che ancor oggi la inquinano, continua infatti ad assumere atteggiamenti altalenanti, distaccati o peggio ancora anacronistici nei confronti del mondo laico. Per quanto mi riguarda non sopporto gli estremismi, i fanatismi di qualsiasi genere, non soltanto politici ma nemmeno religiosi. So di non essere una buona cristiana, sempre altalenante tra amore votivo e divina indifferenza. La mia fede entra poco in merito a quanto andrò a disquisire, e l’argomento trattato in Agorà è stato l’incipit per dare avvio alle mie riflessioni. Nel corso degli anni ho maturato il convincimento che le eccessive e spesso arbitrarie ingerenze, da parte della religione, tra le pieghe del mondo laico hanno costituito un grosso limite riguardo all’immagine che essa ha offerto di sé. Ho avuto modo di riflettere anche sugli scempi perpetrati ai danni delle popolazioni civili dai cosiddetti -ismi- ideologici, ai totalitarismi che hanno tristemente connotato la storia del 900. In realtà, le repressioni e le persecuzioni messe in atto dalla Chiesa cattolica, dal basso


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medioevo in poi, non sono state meno invasive. Carlo Magno, nel IX secolo, costringeva a conversioni forzate i suoi sudditi e Carlo V, nella prima metà del 1500 in Spagna, perseguitava i moriscos e gli ebrei che non volevano abiurare la loro fede. San Francesco, vissuto quattro secoli prima, dovette faticare non poco per apparire convincente agli occhi dei benpensanti e degli uomini di Chiesa senza essere scambiato per pazzo o peggio ancora per eretico! La caccia alle streghe ha rappresentato, per millenni, una realtà che soltanto le fonti e i testi storici possono ancora raccontare, a parte qualche ricostruzione cinematografica (l’Ultimo inquisitore). Tutti dovevano rendere conto delle loro azioni e dei loro pensieri ad un Dio giudice, presentato in maniera falsata dai suoi ministri. Egli appariva come un Essere temibile, onnisciente e pronto a punire, per mezzo dei suoi messi pontifici, ogni azione e pensiero contrario alla logica ecclesiastica ufficiale. Nulla era lecito, nemmeno la sana risata, che era considerata un autentico peccato (Il libro di Umberto Eco da cui fu tratto l’omonimo film: Il nome della rosa, insegna). I tribunali della Santa Inquisizione, propagati dalla cattolicissima Spagna, erano ben peggiori di quelli civili. Il cardinale, Ximenes de Cisneros, attuò una severa persecuzione verso quanti non volevano sciogliere i vincoli con Allah. Lo stesso Galilei precursore del moderno metodo scientifico, nel 1600, dovette abiurare le sue scoperte tutte dimostrabili, in nome di false verità codificate da millenni e sancite dalla santa istituzione. Una Chiesa cattolica mal rappresentata, che per millenni, ha predicato bene razzolando male. Il tarlo della contaminazione tra spirito e materialismo ha avuto inizio al tempo dei chierici, giovani intellettuali che pur avendo preso i voti non intendevano limitare la loro vocazione al solo adempimento dei santi uffizi, ma ravvisavano l’esigenza di andare oltre l’esercizio spirituale del compito preposto. Fu così che si aprirono per loro le porte delle nascenti università europee. Essi furono definiti

“goliardi”: un esercito di monaci e frati appartenenti ai vari ordini e desiderosi di acculturarsi. Le Goff, storico del medioevo, ha raccontato molto bene chi fossero. I chierici, tra uno studio e l’altro, si comportavano con spirito gaudente e non disdegnavano storie amorose dagli epiloghi talvolta tragici, come quello tra Abelardo ed Eloise, un caso divenuto emblematico. Ai chierici tutto era lecito, anche far baldoria, e così, una volta usciti dalle università con meritati allori, oltre a dispensare conforto spirituale, si convertirono a lussi e piaceri derivanti dalle classi più agiate, che presero a frequentare, assorbendone vizi e atteggiamenti devianti. Certo, non bisogna fare di tutt’erba un fascio, ma resta il fatto che, attraverso tali figure, la Chiesa venne contaminata dal mondo secolare, perdendo di vista quella che era la missione primaria del clero. I chierici, occupando ruoli ben precisi come ambasciatori, funzionari di stato e magistratura, acquistarono potere e guadagnarono onorificenze ecclesiastiche sempre più alte, intanto che altri monaci missionari iniziavano l’importante opera di evangelizzazione…e tra i tanti che contribuirono al diffondersi del cristianesimo nel mondo, ci furono anche quelli che distrussero culti e tradizioni autoctone in paesi d’Africa e non solo. Probabilmente se non ci fosse stato lo scossone causato dalla Riforma Protestante (che contemplava tra l’altro il matrimonio dei “pastori”), messa in atto con forza da Lutero, la Chiesa cattolica avrebbe continuato a legittimare i propri errori, inghiottita dagli scandali in cui furono coinvolti anche massimi prelati; oppure sarebbe stata col tempo abiurata dalla maggior parte dei fedeli, perché le cattedrali si stavano svuotando e si assisteva all’esodo dei fedeli verso il nascente protestantesimo. I cristiani apparivano delusi dalle aspettative e abbandonati al loro destino, spesso morivano di fame, di malattie e di peste, quando non erano impegnati a combattere guerre di supremazia o di religione. Tutti subivano  Pagina 5


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impotenti (o quasi) l’ingordigia papale. Già lo scisma deciso dai francesi, nel lontano 1300, era stato, all’apparenza… soltanto un periodo…detto “avignonese”, ma sta di fatto che di papi ne vennero eletti due alla volta, in simultanea, perché i francesi non riconoscevano quelli eletti in Vaticano.

teologi, i filosofi e quanti avevano idee nuove, propositive. Ancora si bruciavano i testi ritenuti sovversivi o verosimilmente peccaminosi. Il potere e il terrore di perdere il controllo sul popolo le aveva fatto commettere tanti errori. La Controriforma messa in atto dalla Chiesa, dopo la metà del 500, risvegliò nei rappresentanti ecclesiastici quel senso del pudore sopito da secoli. Occorreva riformare il clero, in primis, e ciò fu possibile grazie all’opera di Ignazio di Loyola. Si avvertì la necessità di istituire severi seminari (compito affidato ai padri gesuiti), dove educare, rigorosamente, i futuri sacerdoti. Insegnare loro per la prima volta il significato di umiltà obbedienza, attraverso la mortificazione della carne, l’osservanza della castità ( un tema oggi quanto mai incandescente insieme a quello dei preti pedofili) e delle regole, proprio quelle disattese dalla Chiesa nel corso dei secoli.

Che storia!

Si è trattato di un percorso molto lungo e non immune da spargimenti di sangue, già iniziato al tempo delle guerre sante, le Crociate che, a partire dall’anno 1000, si erano ripetute nel corso dei secoli in nome di Cristo e non solo, anche perché c’erano in gioco anche interessi economici, commerciali e di potere tra laici, secolari e non.

Il 500 ricorda figure di papi con mogli e figli, senza che la cosa destasse particolare scalpore (papa Alessandro VI fu padre di due figure molto discusse: Lucrezia e Cesare Borgia; altro esempio di papa-marito e padre è riconducibile a Paolo III Farnese). Fu allora, che si rese necessario anche l’intervento degli artisti, per far recuperare alla Chiesa un’immagine di sé degna di tale nome. Raffaello, Leonardo, Michelangelo, Piero da Cortona e Rubens furono i grandi pittori dell’arte rinascimentale e poi barocca, che si misero al servizio della Chiesa per rappresentarne il sincero pentimento. Fu così che le chiese e le cattedrali emersero dall’oscurantismo, vennero spalancate le loro porte, gli interni furono resi gradevoli, rassicuranti, luminosi, spettacolari, a volte pacchiani ma sempre più spendenti di stucchi aurei dove putti rassicuranti sorridevano per la prima volta dalle volte sacrali a ricordare, con rinnovato candore, che Dio è grande e buono. La Chiesa fece un mea culpa, ma continuava a punire gli eretici, gli intellettuali, gli scienziati, i

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L’excursus storico è monotono, ma doveroso per ripercorrere le tappe salienti che la Chiesa ha compiuto in nome e per conto di un Dio non sempre rispettato. Abbiamo assistito a una riconversione da parte della Chiesa cattolica che, faticosamente e ammettendo con umiltà i propri errori (vedi proprio il caso Galilei oggi santificato) è ancora in cerca di una vera identità, capace di essere al passo coi tempi e invece caratterizzata ora più che mai da dubbi e tentazioni laceranti. Molteplici sono le cause. Nella società del XXI secolo non è possibile prescindere dalle variabili che la compongono e dalle problematiche che inevitabilmente emergono. Mi rendo conto che è molto difficile coniugare


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il messaggio evangelico con le regole che esso presuppone, alle esigenze materialistiche o esistenziali di ogni individuo. La Chiesa dovrebbe comunque prendere atto dei mutamenti epocali che investono questa nostra società che, agli occhi dei più ha perso punti in termini di valori. Se Cristo fosse nato oggi avrebbe avuto pietà delle famiglie scomposte, dei preti sposati, delle coppie divorziate, degli omosessuali che reclamano una loro dignità nel diritto alla coesistenza? Penso di sì. La Chiesa, arroccata dietro il muro delle sue censure anacronistiche, ragiona col metro di 2000 anni fa senza compiere nessun passo avanti. Anche il suo intervento in situazioni a dir poco drammatiche è stato vano. Quando la Chiesa avrebbe dovuto lanciare i suoi anatemi, intervenendo con forza nelle “controversie” umane, a tutela dei più deboli, è rimasta inascoltata. L’Olocausto insegna, non unico esempio tra le tante tragedie che hanno attraversato il 900. Anni fa mi sono recata ad Israele. La prima sensazione che ho avvertito, toccando il suo suolo, è stata olfattiva. Quei profumi, gli odori dolci, penetranti, aromatici di una terra a me sconosciuta mi conducevano a Cristo! In nessun altro luogo ho più ritrovato quelle sensazioni. Sapevo di trovarmi nella Sua terra natale. E’ lì che, incurante (ma solo per usare un eufemismo) dell’intifada, ho ritrovato le radici della mia cristianità. E’ stato un percorso interiore di fede molto faticoso per me, perché ho dovuto sfrondare la figura di Cristo, da tutte le incongruenze e le contraddizioni che da sempre investono il mondo cattolico. Difficile è stato anche dover accettare la presenza di un presidio palestinese in un posto come quello, la chiesa della Natività a Betlemme, che dovrebbe essere invece neutrale e avulso da ogni situazione di negatività e di guerra. Mi sono inginocchiata in preghiera e raccoglimento, dinanzi alla piccola fessura

scavata nel terreno e incasellata da una stella d’oro a sei punte, dove il Bambino nacque davvero e mi sono sentita pervadere da una commozione profonda. Dimenticando che fuori c’erano i cecchini armati, ho pianto: per me, per noi, per i morti d’Israele, per l’assassinio di Cristo, in una terra spaccata in due e senza pace che ha generato la Pace e l’Amore in persona! E’ inevitabile fare un paragone, tra ciò che Lui ha trasmesso alle sue genti tramandando il suo insegnamento di generazione in generazione e tutto ciò che la Chiesa ha edificato nel tempo, esercitando un potere che ha condizionato e molte volte represso le masse. Voglio dire che il cristianesimo primitivo, scevro da contaminazioni materialistiche, era mosso da vero e autentico spirito di comunione con Dio. Il monachesimo orientale sorto dopo la morte di Gesù ( e che nulla ha a che vedere col cristianesimo narrato in Agorà) contemplava da parte degli anacoreti il ritiro nei deserti o in luoghi ameni, dove restavano in contemplazione ascetica, per lunghi periodi, a volte fino alla morte. Sorrido, al pensiero di come questi studiassero le posizioni più assurde, incuranti dei patimenti, soltanto per estraniarsi dal resto del mondo e raccogliersi in preghiera! Il monachesimo occidentale sviluppatosi in Europa in un secondo tempo ebbe uno stampo diverso, basandosi sulla condivisone conventuale e l’ordine dei benedettini ne costituisce un esempio significativo di operosità e preghiera. Francesco, nel XII secolo stravolse i canoni standard degli ordini religiosi già esistenti, e in barba ai chierici, richiamò attenzione verso la povertà, la semplicità e l’umiltà d’essere uomo di chiesa, senza per questo trascurare il suo misticismo universale. Quando parlo di colpe della Chiesa è evidente che non posso fare di tutt’erba un fascio! Ieri sono esistiti uomini mossi da autentica fede e ne sono nati altri ancora, tanti, capaci di

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esercitare il loro ministero con forza e autentica VERA vocazione. Penso ai nostri missionari sparsi in giro per la Terra e a quelli impegnati nel sociale, come i frati della comunità di Sant’Egidio. Penso ai grandi personaggi di fede, protagonisti indiscussi della storia contemporanea: al carisma di papa Giovanni II, all’impegno di Madre Teresa di Calcutta a favore dei derelitti, a don Luigi Sturzo, lanciato politicamente ma stroncato dal regime fascista; a don Milani, che si batteva per il diritto allo studio anche tra le classi più povere, a padre Turoldo, poeta e difensore della resistenza antifascista, all’abate Pierre, senza il cui intervento sarebbero morti partigiani francesi ed ebrei rifugiati, coraggioso e rivoluzionario con le sue battaglie civili e con le idee rivoluzionarie in merito al celibato sacerdotale; ma penso anche ai preti martiri della mafia, delle guerre e all’esercito anonimo di sacerdoti impegnati nelle proprie comunità. Certo in mezzo può capitarci qualche mela bacata e ce ne sono ancora molte in giro… Manzoni ironicamente puntava l’indice contro don Abbondio: massimo esempio di viltà, ma colloquiava benignamente con frà Cristoforo, a ricordare a tutti che anche dal peccato più vile può nascere un miracolo di pentimento e di misericordia. (Eleonora Siniscalchi)

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Donna Cultura, un’associazione al femminile che cerca il riscatto soprattutto di chi l’ha costituita. Spoltore, una cittadina in provincia di Pescara, nel 2011 Veruska Caprarese ha costituito con altre 4 ragazze l’associazione Donna Cultura. Lo scopo di questa iniziativa è quello di valorizzare le caratteristiche del comune e di evidenziarne l’aspetto culturale, artistico e sociale. L’associazione non nasce per puro caso. Veruska è una donna che non ha avuto vita facile e che per questo sentiva il bisogno di creare qualcosa che fosse per le donne e dimostrasse le loro capacità. La sua insoddisfazione ed il bisogno di trasformare la propria energia in qualcosa di produttivo l’ha portata, con la collaborazione delle sue migliori amiche e di sua figlia, a creare un’associazione che si dedichi alla diffusione della cultura a 360°, evidenziando principalmente il lavoro e la collabora zione femminile . Donna Cultura nasce con l’intenzio ne di diffonder e la conoscenza e di aiutare la crescita intellettuale ed interiore delle persone, così da poter collaborare superando i pregiudizi e le

difficoltà dell’emarginazione sociale e quella del mondo femminile. Un impegno che si è trasformato in un percorso di vita soprattutto per la fondatrice e le sue collaboratrici. Il nome dell’associazione indica ciò che essa rappresent a per Veruska. Donna Cultura è un riscatto della sua individualità , libera dallo stereotipo sociale della donna ridotta ad un concetto di moglie e mamma. E’ la rivalsa di una persona piena di iniziative e d’indipendenza che ha deciso di allontanarsi dall’identificazione schematica, socioculturale, racchiusa in un semplice gene. Il suo è un riscatto sociale che vuole condividere con la comunità perché, non è solo una liberazione dal conformismo di chi la circonda, è anche e soprattutto una liberazione personale. Lei stessa si scopre un individuo libero di creare e rinnovarsi. Nasce così una nuova vitalità che le dà la possibilità di una metamo rfosi interiore che si manifest a, per l’appunt o, nella creazione e nello sviluppo dell’associazione. Tramite di essa cerca di coinvolgere le donne invitandole a guardare al passato come ad un monitor per il futuro, così da fondare le basi per il cambiamento. Allo stesso tempo si rivolge a tutti coloro che sono denigrati ed emarginati dalla società. Lei stessa dichiara che: “Donna Cultura non racchiude solo l’arte o la

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letteratura, ma anche tutto ciò che riguarda la cultura del mondo femminile e ciò che la coinvolge, l’interpretazione della vita vista cogli occhi di una donna, l’importanza di ascoltarsi e di mettere in comune con la società la sua potenzialità.” Con le iniziative e gli eventi organizzati in un anno l’associazione permette alla sua presidentessa e ai soci di conoscere nuova gente e di entrare in contatto con diverse realtà che apportano valore alle iniziative intraprese. La soddisfazione dei successi ottenuti spinge Veruska a portare avanti un cammino che possa dare ancora più risalto a Donna Cultura, facendola distinguere, per questo non si limita a presentare libri,

organizzare convegni, mostre, seminari e altro, ma indice un concorso di Poesia dedicato ad una grande donna e poetessa, Alda Merini. Una meravigliosa figura femminile che purtroppo, come molte, ha conosciuto l’abbandono, l’emarginazione, la reclusione e l’umiliazione. Veruska, però, non si limitata ad organizzare un concorso usufruendo di un nome noto, lo impronta sul segno della solidarietà sociale e dedica una sessione ai detenuti abruzzesi con un laboratori o presso la casa circondaria le di Chieti, “Madonna del Freddo”. Naturalmente questo importante evento è solo uno delle tante iniziativa  Pagina 10

dell’associazione. Ad esempio nel mese di novembre è stato presentato il libro di Paola Luciani intitolato: “La condizione delle maestre italiane alla fine dell’Ottocento - Il caso di Italia Donati”, come potrete leggere nel nostro Magazine volume 12. Anche in questo caso è in prima linea il mondo femminile e la sua emarginazione. A dicembre come viaggio culturale ha organizzato una visita a Pisa per la mostra di Kandinsky. A gennaio Donna Cultura ha iniziato il nuovo anno con l’evento “Donne in Jazz” che ha ospitato molte eccellenze come: Julia Lenti, Manuela Francia & Patos trio, Andrea Castelfranato, Franco Liberati, Mariaelena Carulli. Naturalmente le manifestazioni sono molteplici e non le elencherò tutte, ma se desiderate conoscerle o saperne di più basterà seguire Donna Cultura.

Cristina Rotoloni


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La befana.

se ne compra un altro paio per venire il 6 gennaio. La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, porta cenere e carbone, per i monelli e i cattivoni, ma ai piccini savi e buoni porta chiacchiere e ricchi doni.

Dalla tradizione due filastrocche e una ricetta :

LA BEFANA VIEN DI NOTTE

La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, col capello alla romana, viva la befana! La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte e nessuno gli e le ricuce. La befana è piena di brace. La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte, se ne fa un altro paio

LA BEFANA

Chi vaga la notte sui tetti? Nella notte nera come il carbone tra le antenne della televisione? Chi scivola silenziosa sulla città rumorosa? Chi scende dai camini nelle camere dei bambini? E’ lei la figura strana: è lei, proprio lei, la Befana.

con la penna e il calamaio. La befana vien di notte con le scarpe tutte rotte,

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Il carbone della befana

Ingredienti

200g di cioccolato nero 100g di riso soffiato

A bagnomaria e a fuoco lento, sciogliamo il cioccolato. Quando si sarà sciolto, mettiamolo in una pentola direttamente sul fuoco, aggiungiamo il riso soffiato, mescoliamo. Quando il riso e il cioccolato saranno diventati un tutt’uno appoggiamo su una teglia foderata con carta forno. Modelliamo il composto con un cucchiaio in modo che abbia le sembianze di pezzetti di carbone, e lasciamo raffreddare. Quando il composto sarà duro, confezioniamo in carta (Mariagrazia Talarico)

Una raccolta di racconti molto richiesto, che hanno in comune la capacità di coinvolgere ed emozionare il lettore fino quasi a commuoverlo senza mai lasciarlo indifferente. La Sfera, la storia portante, narra di Luna, una donna con una vita 'normale', alle prese con il presunto tradimento del suo uomo, che si trova a vivere un'avventura surreale, in equilibrio tra sogno e realtà, che la conduce alla scoperta di una verità che lei non conosce e non può nemmeno immaginare. Richiedi una copia inviando una mail a infoline@volodeisensi.it

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Rubrica Editoriale n°5 – Gli autori A cura di Laura Capone, titolare della ‘Laura Capone Editore’ (LCE)

mancata comunicazione da parte di questi ultimi. Gli autori si sentono ignorati e attaccano, mentre gli editori si sentono attaccati e prendono le distanze. Invero, questo numero può essere illuminante in quanto fa luce, scusate il gioco di parole, sui parametri di valutazione adottati da una redazione seria. Perché una casa editrice sceglie un’opera e non un'altra. Malgrado la LCE sia una casa editrice giovane, arrivano ogni giorno candidature di opere dai generi e tematiche disparate. Come operiamo la selezione delle opere? L’esperienza ci ha insegnato che prima ancora della valutazione dell’opera è importante la valutazione dell’autore, per esempio se la persona si rapporta in maniera sgradevole o con prosopopea è meglio non averci a che fare, dato che il lavoro editoriale comporta una collaborazione gomito a gomito che può andare ben oltre i termini di pubblicazione.

Nei numeri scorsi della presente rubrica, volentieri ho disquisito su alcune dinamiche del mondo editoriale, quali: le case editrici di vecchia e nuova generazione, il diritto d’autore, la cura delle opere, le librerie e la distribuzione. L’intento era di ragguagliare le persone confuse dalle contrastanti fonti in rete ma seriamente interessate a saperne di più sulla realtà odierna dalla bocca stessa di un editore. Desidero in questo numero parlare di un argomento piuttosto “scomodo” perché tocca dal vivo molte persone che presentano le loro opere alle case editrici ossia gli aspiranti autori. Ad una attenta osservazione, ci si rende conto che si è creata una sorta di sfida degli autori nei confronti degli editori, che nasce da una

La maggior parte degli autori ci contattano via email, usualmente “una lettera” introduttiva accompagna o precede l’opera, questa prima email è un biglietto di presentazione. Tipologia dei candidati: il timido non si presenta e non si firma, ci informa che ha scritto un’opera e se siamo intenzionati a pubblicarla e fra quanto, qualcuno in uno slancio di coraggio ci informa che a chi ha letto l’opera è piaciuta molto. Ci armiamo di pazienza e lo invitiamo a fornirci il curriculum e l’opera per una valutazione. il permaloso scrive malissimo, fa errori grammaticali e sintattici, il che ci suggerisce di sfogliare velocemente l’opera, che se riporta i  Pagina 13


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medesimi errori viene respinta, difficilmente la notizia è accolta serenamente; l’esaltato ci informa di aver già pubblicato, di aver venduto centinaia, anche migliaia di copie, di avere contatti molto importanti o famosi ma che è scontento del suo editore e vuol cambiarlo … Non ci allega l’opera, ne considera che esista la possibilità di una valutazione seria: scartato a priori; il generoso Ci informa che tantissime case editrici vogliono pubblicarlo ma lui ha scelto noi! Se gli daremo prontamente una risposta positiva ci concederà la pubblicazione altrimenti, suo malgrado, sceglierà un altro editore. Lo invitiamo a non perdere l’occasione perché i nostri tempi di valutazione sono lunghi. Il VIP vuole dettare legge all’Editore credendo di averne le prerogative. L’autore che piace alla LCE scrive una cortese lettera di presentazione chiara e grammaticalmente corretta, allega alla email un CV, una sinossi dell’opera, ed un opera originale, ben strutturata e ben scritta. Dopo che la redazione stima che l’opera possa venir pubblicata, ricontattiamo l’autore. Alla persona selezionata si illustrano le modalità di lavorazione, dopo di ciò, se vi sono le basi, si prosegue in un cammino entusiasmante basato sulla collaborazione come in una grande famiglia.

A cura di Laura Capone Redazione Laura Capone Editore Per info e contatti: www.lauracaponeeditore.com

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Poesie dei nostri Autori

Sotto il cielo di Gaza

Gabbiani

Ho sognato il cielo di Gaza non c’erano più nuvole su cupole di case ormai distrutte

Osservo il volo dei gabbiani, non è mai uguale nel cielo immenso, a volte sto delle ore a guardarli in riva al mare.

I bambini giocavano a rincorrersi e il loro sorriso era spento mi parea quasi di ghiaccio Gli occhi erano smarriti e il loro dolore si leggeva in quegli occhi che ti parlavano Ovunque vi era polvere e distruzione Mai avrei creduto che gli uomini fossero così tanto capaci di morte e sangue Ma intorno a tutto questo dolore vidi un velo di speranza che abbracciava ogni bambino Maria Rosa Barletta

E’ un vero spettacolo della natura. Volano accoppiati, vicini, innamorati dello stesso mare che li accoglie, in una danza soave e leggera. Fanno girotondi sulle onde del mare e come due innamorati si guardano e si sfiorano appena. Si tuffano insieme, alla ricerca del cibo e si sollevano radiosi dalle acque, in una danza armoniosa, sorvolando l’oceano senza mai perdersi di vista. Trovano sollievo su rocce spigolose che fuoriescono dal mare e lì si riposano cibandosi e tubandosi a vicenda. Poi riprendono sempre uniti, il loro volo armonioso, mi par quasi che seguano l’onda di una musica. Li guardo estasiata, quasi provando un po’ di benevola invidia a tutta quella libertà che si concedono. Maria Rosa Barletta

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Il bambino che non parlava Seduto a terra, in un angolo della stanza, con le mani fra i capelli, piangeva. Nessuno capiva quel pianto, non la mamma, né il papà, tantomeno fratelli e sorelle. In sé si rinchiuse e più non parlò; se quel bimbo avesse parlato, se il nome infame del suo aguzzino avesse reso palese… Nessuno lo avrebbe creduto! Si chiuse in sé per paura, a terra, in un angolo della sua stanza, con le mani fra i capelli piangeva. Tutti dicevano povero bimbo, ma nessuno capiva quel pianto. Se quel bimbo potesse parlare, se il nome infame del suo aguzzino avesse reso palese…

Dalla raccolta poetica 'Il signore cobalto' Paesaggio scomposto autoritratto di me stesso Si esalta il ciclamino mentre i devoti sono in cammino Il mio sguardo peregrina fra cumuli di neve in cima alla collina. Il tempo ha un peso specifico diverso quando non sei allineato alla fonte. In questo giorno tardo primaverile alle mie riflessioni incessanti annuiscono anche le ginestre. A volte ritorna il sincopato respiro di tormentose asperità. Claudio Spinosa

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LA DIMENTICANZA ovvero: la notte della Befana Racconto del mese a cura di Eleonora Siniscalchi

Qui va il bicchiere di latte e qui il piattino dove sistemeremo i dolcetti che lei gradisce. Che dici, mettiamo anche un tovagliolo? Se lei noterà le nostre premure, di certo sarà più generosa”. Mi davo un gran da fare rovistando tra i ripiani della credenza, seguita dagli sguardi seri e attenti dei nostri genitori. Mia madre, che si era seduta a braccia conserte, non proferiva parola ma i suoi occhi si adombrarono quando mio padre ruppe il silenzio: “ E brava la nostra Any! Questa sera sembri quasi una donnina di casa paziente e premurosa. Ma cosa sarà mai, il miracolo della Befana? E ora attenta prima di rispondermi piccina: sei proprio sicura di meritare il regalo speciale che hai descritto con tanta cura?”

La mamma dopo aver stretto gli ultimi nodi scese dalla sedia visibilmente soddisfatta. Le calze, cucite a mano coi ritagli di stoffe colorate, penzolavano in bella mostra sotto la cappa della cucina e io ero tutta rossa per l’eccitazione. Mio fratello girava intorno a noi trotterellando come un pupazzo e sgranava gli occhi senza ben capire. Alzava il capo a guardare le calzette colorate e ritirava su i moccoli mentre gli colavano dal naso. Ogni tanto, allungava le manine paffute sollevandosi sulle punte dei piedi, nel tentativo vano di afferrarle. Io, che tra i due ero la più grandicella, volevo condividere i preparativi del grande evento. Lo presi per mano delicatamente e lo guidai fino al tavolo. -“ Ora Daddo, mi aiuterai a preparare una buona cenetta per la Befana.

La sua domanda, fatta a bruciapelo, meritò una degna risposta e dunque, annuii con convinzione, anche se sapevo di mentire. Avrei mai potuto svelare i miei segreti? E cioè che all’ oratorio, prima della lezione di ricamo, avevo evitato di fare l’inchino a suor Maria? O peggio ancora che il venerdì precedente, l’avevo fatto controvoglia al cospetto delle consorelle, mentre lungo i corridoi del convento richiamavano noi bambine agli impegni quotidiani del catechismo cristiano? Per dirla tutta, in circostanze analoghe, era anche capitato che sgattaiolassi come un fulmine tra i mantelli fruscianti bianchi e neri, al solo scopo di evitare il rituale trito del: “ Laudato Gesù Cristo…”, a cui seguiva il sacrale:”…Sempre Sia lodato”. Ma il fatto ancor più grave, quello legato alla – dimenticanza-, era accaduto durante la confessione.  Pagina 17


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Aver taciuto al nostro burbero don Mario, che ci preparava al sacramento della prima comunione, il fatto del velo bianco preso -in prestito- dalla scatola messa a disposizione di noi bambine e non ancora restituito, non deponeva a mio favore.

Me ne restavo muta dinanzi a papà e all’improvviso mi sorse un dubbio: e se la Befana avesse scoperto i miei segreti?

Era un peccato inconfessabile che mi procurava un grande turbamento.

Comunque sia, speravo nella sua indulgenza, con una supponente certezza: e cioè che la vecchia signora avrebbe avuto ben altro a cui pensare da lì a poco.

Il sacerdote, un omone dall’aspetto burbero e severo, m’incuteva tanta soggezione. Ecco perché non avevo trovato il coraggio di parlargli delle mie colpe. Quando la figura imponente scompariva dietro il divisorio nel chiuso confessionale; potevo avvertirne l’ inquietante presenza, per via del dito mozzato ch’era solito appoggiare sul bordo ligneo della porticina. In quei frangenti l’unica traccia concreta del reverendo don Mario era il suo dito monco, che ticchettando mi intimoriva in egual misura. Nutrivo un terrore sacro e reverenziale anche per il suo Dio giudice che, come ammoniva il prete con voce tonante: sapeva tut-to, ma proprio tut-to su ognuno di noi. Dunque, come avrei potuto confessargli di aver “dimenticato” la restituzione del velo imposto a noi bambine durante le funzioni in segno di ossequio al Signore? Il triangolino di tulle bianco era finito, non si sa come, nella tasca del mio cappotto e lì era rimasto, per giorni e per settimane intere. Non mi ero posta il problema di riconsegnarlo, né avevo chiesto a mia madre di procurarmene uno simile. Avevo semplicemente deciso di utilizzare quello facendone un uso reiterato. In fondo bastava estrarlo dal taschino giusto il tempo della santa messa e… amen.

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Di sicuro sarei stata punita anche da lei, oltre che dal prete e da mio padre, ovviamente.

Abbassai gli occhi sotto lo sguardo indagatore di mio padre e ripiegai con cura le nostre letterine tra le pieghe del tovagliolo. No, no ero stata affatto una brava bambina. Quando ci fu ordinato di andare a letto come sempre, al termine di Carosello, mi coricai col magone. Non mi sarei sognata di scendere dal letto furtivamente per spiare l’arrivo della vecchina, neanche se si fosse trattato di Sanremo. L’anno precedente, attratta dalle melodie canore provenienti dal tinello di casa, avevo osato origliare dietro la porta, appiattita sul pavimento gelido a mo’ di sogliola; ma venni subito smascherata da mia madre, che brandendo il battipanni mi rispedì in camera mia. Da allora non mi ero più azzardata a trasgredire, perché il mattino seguente a scuola avrei avuto la testa confusa e gli occhi cerchiati, e non avrei ricordato le tabelline, e c’era da crederci: parola di mamma . “Ora Daddo, spegniamo la luce, sennò la Befana non passerà a trovarci e dunque niente doni”. Rabbrividii e non vedendo l’ora di annullare il tempo rimanente, strinsi tra le braccia il mio morbidoso fratellino. Sembrava un peluche e


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mi rassicurò: avevo solo un bisogno estremo di sentire il suo calore. Ci addormentammo, ma per me fu una notte agitata e alle prime luci dell’alba balzai dal letto. La montagna di carbone rovesciato alla meno peggio sul piano del tavolo mi colpì come un pugno in un occhio, tanto ne era e tanto era nero! Le calzette appese, visibilmente rigonfie, debordavano di cenere. La vendetta della Befana s’era abbattuta su di me! A terra, sul pavimento: un triciclo, una trottola buffa, una palla di pezza, la scatola dei Lego e una bellissima pista carica di trenini coi vagoni tutti allineati. La Befana aveva impiegato una notte intera per montare la pista delle rotaie con i passaggi a livello e le casette appresso.

“Accipicchia, vorrà dire che continuerai a camminare come hai fatto finora: due piedi ce l’hai”. “ Ma mamma, il tragitto è troppo lungo ed è faticoso sopportare il peso della cartella sulle spalle!” “ Sono dispiaciuta per te, piccina mia, e non so proprio come accontentarti e soprattutto non so come sia potuto accadere tutto ciò. Penso però che ti sia meritata questa punizione esemplare figlia mia, e se la Befana ti ha lasciato solo cenere e carbone…lei ben sa !” Fu allora che vidi la piccola busta bianca, a cui non avevo dato nessuna importanza. Spiccava tra il mucchio di carbone nero. Il mio disarmo fu totale e tale la disperazione che scoppiai in un pianto disperato.

“ Mamma, corri…, piagnucolai addolorata, “…sono stata una bambina cattiva e la Befana mi ha punita!”

“ Ora calmati, Anita, davvero non posso credere che la vecchina sia stata tanto dispettosa. Coraggio, apriamo insieme la busta e leggiamo il contenuto della lettera, scoprirai da te cos’ha da dirti”.

I miei genitori mi trovarono inginocchiata vicino al tavolo, scalza, piangente e con indosso la camicina rosa.

Carica di delusione e rassegnata estrassi il foglietto e ad alta voce presi a leggere singhiozzando.

“ Pazienza, è andata! Sospirò mia madre abbracciandomi, vorrà dire che continuerai a recarti a scuola come hai fatto finora”.

Piccola Anita,

Io ripetei come una litania: “ Sono stata una bambina cattiva e la Befana mi ha punita! Non mi ha portato nessuna bicicletta, eppure la desideravo da tanto tempo. Tutte le mie compagne si recano a scuola in bici!” Lei sospirò, accarezzandomi il capo.

come avrai notato, anche a me capita di dimenticare- le cose più belle che vorrei tanto trattenere in forma esclusiva, ma la consapevolezza che non mi appartengono più dal momento in cui ho scelto di donarle, mi fa riflettere sulle azioni che compio: giuste o sbagliate che siano.

Capisci cosa intendo?

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Ti restituisco ciò che da oggi in poi sarà soltanto tuo. Sono certa che ne avrai cura. Ora va’. Troverai fuori, sul tuo terrazzo ciò che più desideri. Con l’augurio che possa indicarti sempre la strada migliore da percorrere! Fto. la Befana.Corsi verso la finestra e finalmente la vidi: la prima bicicletta della mia vita era lì, oltre i vetri a due passi da me:

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-------------------------Avevo solo sette anni e non sapevo ancora pedalare. Col tempo avrei imparato che, tra una caduta e l’altra, non sempre è facile trovare o ritrovare il giusto equilibrio… ma

quella

è

un’altra

storia.

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(Eleonora Siniscalchi)

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Intervista a cura di michela zanarella Andrea Pelliccia, Edi Guselli, Giovanni Garufi Bozza, tre autori uniti per Crisalide, una raccolta di racconti sul malessere economico e sociale.

Quattordici autori insieme per raccontare la crisi ed il malessere della società. Crisalide, antologia di racconti edita da Edizioni Drawup, vanta l'introduzione di Stefano Calicchio, consulente di marketing, molto indirizzato al settore culturale. Le conclusioni sono tracciate con grande efficacia da Emanuele Properzi, un’autorità nel campo del marketing librario. Gli autori sono in ordine di lettura: Alessandro Vizzino, Andrea Pelliccia, Cassandra Nudo, Cinzia Luigia Cavallaro, Ciro Pinto, Edi Guselli, Giovanni Garufi Bozza, Giuseppe Virnicchi, Michela Zanarella, Nicola Cavallini, Rossana Pessione, Stefano Vignaroli.

che funzione può avere la scrittura in questo periodo così complesso? Andrea Pelliccia: La scrittura ha per me molti significati: valvola di sfogo, momento di libertà, estraniamento dalla realtà. La crisi che ci circonda e ci attanaglia acuisce questi significati. Raccontare la crisi nelle sue mille sfaccettature è ancora più complesso: per questo Crisalide è stato una sfida importante e impegnativa. I risultati, sia in termini di qualità del prodotto sia in termini di vendite, dicono che la sfida è stata vinta. D- Nello specifico qual è il punto di forza del tuo racconto? Andrea Pelliccia: Il punto di forza del mio racconto sta, secondo me, nel raccontare il momento di crisi che, inevitabilmente, colpisce tutti gli scrittori: la ricerca del primo editore, quello disposto a scommettere su di te e a pubblicare la tua opera prima. Mi piace definire il mio racconto "un po' autobiografico, un po' no": il perché di questa definizione sarà chiaro solo dopo la lettura… D- Come hai affrontato il progetto che ti vede nell’antologia con più autori? Quali sono state le difficoltà di questa iniziativa? Andrea Pelliccia: Inizialmente ero titubante: erano stati imposti tempi troppo ristretti per la consegna delle opere, poco compatibili con i miei impegni di lavoro e di capo-famiglia. Poi, mentre prendevo il sole su una spiaggia del Salento (location che inviterebbe molto poco a parlare di crisi…), l'ispirazione è venuta a trovarmi. Peccato che non avessi con me il PC: ho fatto di necessità virtù e ho scritto il racconto col T9 del telefonino utilizzando un programmino chiamato Quickoffice.

D-Crisalide, il malessere economico e sociale attraverso i racconti di 14 autori. Secondo te

Per il resto, non ho trovato grosse difficoltà: il lavoro di coordinamento fatto da Ciro Pinto e da Alessandro Vizzino è stato notevole, tanto è  Pagina 21


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vero che l'antologia è stata pubblicata pochissimo tempo dopo il suo "concepimento". Il rapporto con gli altri autori, poi, è stato splendido, anche se ho avuto la possibilità di conoscerne da vicino solo due, Ciro Pinto e Giuseppe Virnicchi, in occasione della presentazione di Crisalide a Napoli il 15 dicembre scorso.

riuscirà a uscire. Ho voluto raccontare cosa può essere portata a fare da questo malessere sociale ed economico una persona come tutte le altre; credo sia un punto di forza crudo ma drammaticamente realistico. D- Come hai affrontato il progetto che ti vede nell’antologia con più autori? Quali sono state le difficoltà di questa iniziativa? Edi Guselli: Ne ero entusiasta, dato che non avevo mai ricevuto una proposta simile prima. Di difficoltà, sotto l'aspetto creativo, da parte mia non ce ne sono state, dato che il racconto è venuto fuori in tre giorni. Per quanto riguarda la diffusione, il discorso cambia: solitamente un'antologia può essere più difficile da far conoscere rispetto a un romanzo unico, specie se tra gli autori non figurano nomi da bestseller. Però abbiamo fatto e continuiamo a fare un buon lavoro, perciò i buoni risultati si faranno vedere.

D-Crisalide, il malessere economico e sociale attraverso i racconti di 14 autori. Secondo te che funzione può avere la scrittura in questo periodo così complesso? Edi Guselli: Sicuramente può raccontare il punto di vista di persone completamente diverse tra loro che però si trovano accomunate da un unico problema. Questo fa emergere il determinato problema in maniera molto più convincente e chiara, almeno per come la vedo io. Confrontare stili e punti di vista diversi non è mai sbagliato, se poi servono anche a intrattenere la gente, meglio ancora. D- Nello specifico qual è il punto di forza del tuo racconto? Edi Guselli: Nel mio racconto, 'L'altra notte', mostro una di queste situazioni portata al limite estremo: un uomo al quale viene negata la possibilità di essere quel che sa di essere e che precipita in un baratro dal quale, forse, non  Pagina 22

D-Crisalide, il malessere economico e sociale attraverso i racconti di 14 autori. Secondo te che funzione può avere la scrittura in questo periodo così complesso? Giovanni Garufi Bozza: Ho sempre ritenuto la scrittura una fonte di benessere per la persona. Essa viene per esempio utilizzata con


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grande successo in campo terapeutico, per aiutare i pazienti a comunicare e quindi a ripensare i propri traumi, in modo da superarli. Nella società di oggi può avere un duplice ruolo: quello di fuga dalla realtà, di ricorso all’immaginazione, sia per scrive che per chi legge; aiuta ad evadere dai problemi quotidiani che sono aumentati a dismisura con la crisi. Ti cito in tal senso un esempio su tutti: vedo aumentare notevolmente il numero di persone che sui mezzi pubblici legge libri; esso sta quasi superando il numero di quelli che leggono quotidiani, come a dire che in questo momento politico, sociale ed economico così critico, l’individuo preferisce immergersi in un mondo altro, piuttosto che farsi rodere il fegato con quello che accade quotidianamente e su cui ritiene, erroneamente, di non avere potere di modifica. La seconda funzione è di messa in rete di idee, di messaggi, di valori in un modo probabilmente tradizionale, meno diretto e diffondibile rispetto ad altri (film, canzoni, ecc), ma sempre valido perché stimola riflessioni nei lettori. Oggi con la vita frenetica di ogni giorno si passa sempre meno tempo a riflettere su alcune questioni, come la morale, il senso della vita, i sentimenti, le emozioni e altro. Talmente corriamo freneticamente, che stiamo rischiando di diventare delle macchine che quotidianamente compiono azioni veloci e stereotipate. Se in mezzo a questo correre riusciamo ad avere uno strumento, come un buon libro che possiamo aprire e chiudere in qualsiasi momento e che può farci riflettere sui messaggi che comunica, possiamo ritrovare uno spazio e un tempo per riprendere contatto con i nostri pensieri, e per riflettere su tematiche che spesso lasciamo in secondo piano, o su cui non abbiamo mai ragionato. Sarà un caso che sia stimato che il 40% dei regali di Natale quest’anno sia un libro? Forse, in questa crisi e in questa frenesia, abbiamo scelto di regalare un qualcosa che rallenti il ritmo, rilassi, aiuti a evadere, a sognare e che faccia riflettere. D- Nello specifico qual è il punto di forza del tuo racconto? Giovanni Garufi Bozza: Il mio racconto,

intitolato La filosofia dell’ottimismo, ha come punto di forza il modello di pensiero che propone, di stampo salutistico e promotore di benessere. Non lo dico perché l’ho scritto io, ma perché credo fermamente nella proposta che invia al lettore, la quale parte dagli insegnamenti della Scuola di Psicologia della Salute di Orvieto, che attualmente frequento per specializzarmi in psicoterapia. Vedere il mondo con le lenti della filosofia dell’ottimismo (e perciò della Psicologia della Salute) vuol dire rivedere tutte quelle parole che nel senso comune hanno un significato negativo, donando loro un colore più luminoso e utile alla nostra vita. La crisi diverrà così un’ottima occasione di crescita, perché ci aiuterà a renderci conto dei nostri limiti e delle nostre risorse, e ci attiverà per cercare nuovi talenti per risolvere la situazione critica. Più crisi avremo, più acquisiremo forza e dunque cresceremo. L’errore, ciò che spaventa di più l’uomo, perché è comunemente percepito come una rivelazione di inefficacia o di inesperienza, è invece, a ben vedere, un’ottima occasione di apprendimento. Bisognerebbe sbagliare almeno una volta al giorno per sentirsi realmente vivi, perché solo le macchine non sbagliano mai. E quanto più sbaglieremo, più cresceremo. Con questo modo di vedere scopriremo che persino la morte, il nero per eccellenza, può acquisire nuova luce. E per modificare la percezione del mondo, abbiamo bisogno di partire proprio dal linguaggio che utilizziamo comunemente. D- Come hai affrontato il progetto che ti vede nell’antologia con più autori? Quali sono state le difficoltà di questa iniziativa? Giovanni Garufi Bozza: Ho saputo di questo progetto in una calda estate di luglio 2012 dall’amico Alessandro Vizzino. Inizialmente posso dire di essere entrato totalmente in crisi, tanto per restare in tema. I nomi che avrebbero fatto parte dell’Antologia erano tutti di un certo calibro, con un buon seguito di lettori. Chi ero io per poter partecipare? Ero abbastanza grande per mettermi in gioco? Una seconda difficoltà era  Pagina 23


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proprio la presenza di un tema: non mi piace scrivere con una tematica imposta; come ho scritto nella prima domanda considero la scrittura una finestra di evasione, un modo per dar sfogo alla mia creatività. Con un tema imposto, per quanto libero, avevo paura di non riuscire a dar spazio all’inventiva. Come ho risolto? Esattamente indossando gli occhiali della filosofia dell’ottimismo e trasformando quel momento di crisi in un’occasione di crescita. Ho fatto una cernita delle mie risorse (gli insegnamenti della Scuola di Psicologia della Salute sulla crisi, la mia passione per la scrittura ecc.) e le ho utilizzate per superare i miei limiti. Una terza difficoltà è stata certamente la presenza di più persone, la loro coordinazione, il conoscersi, il creare una rete. Anche qui la difficoltà è divenuta risorsa, perché un gruppo è sempre più della somma delle sue singole parti, come diceva un famoso psicologo russo, Kurt Lewin, e il risultato a cui può portare, una volta raggiunta la coordinazione e la cooperazione, è superlativo. E personalmente considero Crisalide un vero e proprio prodotto superlativo, per i temi che porta e per le possibilità che apre per chi l’ha scritto e per chi l’ha letto e lo leggerà.

(Michela Zanarella)

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‘Il piccolo principe’ Una tra le più belle pagine della lettura

“non sono addomesticata”. “Ah scusa “, fece il piccolo principe. Ma dopo un momento di riflessione soggiunse: “Che cosa vuol dire addomesticare?” Non sei di queste parti, tu”, disse la volpe “che cosa cerchi?” “Cerco gli uomini” disse il piccolo principe. “ Che cosa vuol dire addomesticare?” “Gli uomini” disse la volpe, “hanno fucili e cacciano. E’ molto noioso! Allevano anche delle galline. E’ il loro solo interesse. Tu cerchi delle galline?”

Dal… Il Piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupéry In quel momento apparve la volpe. “Buongiorno”, disse la volpe. “Buon giorno”, rispose gentilmente il piccolo principe, voltandosi: ma non vide nessuno. “Sono qui”, disse la voce, “sotto al melo…” “Chi sei ?” Domandò il piccolo principe, “sei molto carino…” “ Sono una volpe”, disse la volpe. “Vieni a giocare con me”, propose il piccolo principe, “sono così triste…” “Non posso giocare con te”, disse la volpe,

“No” disse il piccolo principe. “ Cerco degli amici. Che cosa vuol dire addomesticare?” “E’ una cosa da molti dimenticata. Vuol dire creare dei legami…” “creare dei legami?” “Certo” disse la volpe. “Tu, fin ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale a centomila altre volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l’uno dell’altro. Tu sarai per me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo”. “Comincio a capire”, disse il piccolo principe. “ c’è un fiore ..credo che mi abbia addomesticato…” “E’ possibile” disse la volpe. “Capita di tutto sulla terra…”  Pagina 25


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“Oh non è sulla Terra” disse il piccolo principe.

*

La volpe sembrò perplessa: “su un altro pianeta?”

Il piccolo principe ( le Petit Prince) l’opera di Atonie de Saint- Exupèry viene pubblicata il 6 aprile 1943 in Inglese, poco tempo dopo in francese. In seguito è stato tradotto in 220.

“Si” “Ci sono dei cacciatori su questo pianeta?” “No”.

Nel 2011 l’esordio come cartone animato in 3D, suddiviso in 52 puntate.

Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri passi mi fanno nascondere sotto terra.

L’opera dedicata alla letteratura per ragazzi è divisa in capitoli, ognuno dei quali ha come protagonista il piccolo principe che fa diversi straordinari incontri, i personaggi sono diversi, bizzarri e svariati, ogni incontro apre le porte ad una profonda riflessione sulla società moderna: il piccolo principe è stupito di fronte alle persone adulte. Questo grande saggio poetico ripercuote l’animo umano, e deterge ogni lettore “grande” o “piccolo” da tutto ciò che è vano, per riscoprire finalmente il senso della vita. Una vita semplice fondata su valori come l‘amicizia spesso dimenticata. Pascoli lo definirebbe “il fanciullino” , il bambino che c’è in noi e non lo dobbiamo reprimere, poiché esso ci dona felicità. Il piccolo principe è un occasione della letteratura mondiale per far si che gli adulti possano riscoprire ciò che hanno disimparato nel crescere.

Il tuo, mi farà uscire dalla tana, come una musica.

Un uomo può essere definito tale, se non ricorda almeno un gioco’ ?

“Questo mi interessa! E delle galline?” “No”. “Non c’è niente di perfetto” sospirò la volpe. Ma la volpe ritornò alla sua idea: “La mia vita è monotona. Io do la caccia alle galline, e gli uomini danno la caccia a me. Tutte le galline si assomigliano, e tutti gli uomini si assomigliano. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita sarà come illuminata.

E poi guarda! Vedi, laggiù in fondo? Dei campi di grano? Io non mangio il pane e il grano, per me è inutile. I campi di grano non mi ricordano nulla. E questo è triste! Ma tu hai dei capelli color dell’oro. Allora sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Il grano, che è dorato, mi farà pensare a te. E amerò il rumore del vento nel grano…”

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(Mariagrazia Talarico.)


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Bookcrossing

Un libro letto o scritto lascia sempre nel cuore un’emozione. Che sia negativa o positiva è pur sempre un’emozione. A volte lascia un segno indelebile e torna alla mente con il suo messaggio, con i suoi personaggi immaginari che entrano a far parte anche dell’immaginario di tutti gli altri lettori. Un libro è un veicolo potente attraverso il quale viene diffuso un pensiero profondo e unico, che spesso avremmo voglia di condividere con più persone possibile. Esistono diversi modi per farlo, oggi c’è la rete, ci sono i social network nei quali cercare gruppi legati alla lettura e alle discussioni relative ai libri. E c’è un modo ancora più romantico, forse meno tecnologico ma più viscerale, di diffondere un libro al quale si è particolarmente affezionati, oppure per disfarsi di un libro che non rileggeremo mai, o ancora per dare spazio ad una propria creazione: il Bookcrossing. Il Bookcrossing consiste in una serie di pratiche messe in atto da volontari, volte a rilasciare dei libri nell’ambiente che si preferisce, da quello urbano, al treno, alla panchina, ovunque si

voglia. Queste iniziative sono gratuite e organizzate a livello mondiale e vengono attuate allo scopo di diffondere risorse e saperi. L’idea è quella di creare una specie di biblioteca di viaggio. Qualcuno considera questa pratica come una sorta di moderno messaggio in bottiglia, rilasciato nel mare dell’umanità, in balia degli eventi e delle decisioni di coloro che verranno in possesso di uno di questi libri. Il Bookcrossing è particolarmente diffuso in America ma ora inizia ad essere apprezzato anche in Europa. Ma come funziona effettivamente? L’idea del Bookcrossing nasce ufficialmente attraverso la creazione, nel marzo 2001, di un sito web dedicato proprio al viaggio di questi libri e alla loro identificazione: www.bookcrossing.com. Un sito americano che ha anche un omonimo italiano (www.bookcrossing.it) nato essenzialmente per aiutare chi ha difficoltà con l’inglese a comprendere meglio come registrarsi e come utilizzare le funzionalità messe a disposizione dal sito ufficiale americano. Bisogna, quindi, prima di tutto, registrarsi su bookcrossing.com, registrare il libro da liberare ed ottenere, così, un codice identificativo univoco chiamato BCID. A questo punto è necessario stampare un’etichetta da applicare sul libro contenente le informazioni relative al codice BCID e alle regole del bookcrossing che invitano il lettore che l’ha trovato al rilascio successivo del libro e, se si vuole, all’inserimento sul sito bookcrossing.com di un messaggio che avvisa del suo ritrovamento e del luogo in cui è stato trovato, così da permettere a colui che l’ha liberato di seguirne il viaggio. Alcuni BookCrossers, anche in Italia, a organizzano degli incontri per conoscersi discutere di questa iniziativa e delle esperienze. Esistono addirittura

volte e per loro delle

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convention annuali a carattere regionale o nazionale. Come per tutte le iniziative di condivisione gratuita, non mancano le polemiche. C’è chi considera questa pratica una violazione ai diritti dell’autore anche se di fatto non vengono copiati né riprodotti i contenuti dell’opera, ma soltanto letti, e c’è chi crede che sia dannoso perché ridurrebbe, di fatto, le royalty percepite dagli autori. Io trovo che sia davvero affascinante l’idea di una cultura itinerante che possa raggiungere i luoghi più disparati. E credo che possa essere anche una buona pubblicità per gli scrittori che vedono diffusi i propri testi in maniera totalmente gratuita. A voi le conclusioni! Io, dal canto mio, credo proprio che vi parteciperò!! Buona ‘liberazione’ a chi seguirà questa iniziativa!! (Emanuela Arlotta)

Volodeisensi un libro che sta andando a ruba già presente su Amazon Store e presto anche su Apple Store, rappresenta la traduzione in parole di un percorso interiore molto profondo ed intenso intrapreso dall’autrice già diversi anni fa. La forza di questi componimenti risiede nel proiettare al lettore delle immagini che lo travolgono e trasportano in un mondo immaginifico ed emozionante. La descrizione di una sensazione, la fotografia di un momento, è ciò che viene trasmesso attraverso questi versi all’interno dei quali si può scorgere l’anima dell’autrice. Richiedi una copia inviando una mail a infoline@volodeisensi.it

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La stanza ritrovata. La vera stanza delle ninfe in mostra dopo cinque secoli al MAF di Forlì!

Sabato 19 gennaio alle 17:00 a Forlì presso la galleria Maf Arte di corso Mazzini 20 in contemporanea con l'apertura della mostra di pittura "La storia di Forlì. Gli 800 anni della piazza", lo scrittore Ivo Ragazzini e il dinamico Art Director Marco, presenteranno in esclusiva per la prima volta al pubblico, alcune foto e ricostruzioni grafiche del luogo esatto dove si trovava la vera stanza delle ninfe nella quale fu assassinato nel rinascimento Girolamo Riario, primo marito di Caterina Sforza, e nipote di Papa Sisto IV. La scoperta è dovuta a un libro recentemente pubblicato da Ivo Ragazzini intitolato "Il Fantasma di Riario", che indagando e riprendendo alcuni fatti misteriosi veramente accaduti un paio di anni fa a Forlì, ha portato a riscoprire dov'era quella stanza e molto altro.

In poche parole nel 2010 alcune persone raccontarono nei quotidiani locali di aver visto un fantasma con la testa spaccata che si aggirava lamentandosi per il palazzo comunale di Forlì. Costoro riportarono pure la stranezza di averlo visto danzare sospeso nel nulla fuori da una finestra. L'autore ascoltando le testimonianze e indagando quei fatti è riuscito a ricostruire a ritroso nel tempo che si trattava di quello che rimaneva di Girolamo Riario e cos'era gli era veramente capitato 500 anni prima in quel luogo. "Riario fu assassinato nel 1488 in una stanza detta delle Ninfe per via di un regolamento di conti niente meno che con Lorenzo il Magnifico dopo che gli aveva fatto assassinare il fratello Giuliano De Medici e mancato di soffio Lorenzo stesso durante una messa solenne, nella famosa congiura dei Pazzi di Firenze. Dieci anni dopo e dopo sei attentati falliti, una congiura capeggiata dagli Orsi di Forlì gli fece fare la stessa fine dentro la stanza delle ninfe nel palazzo comunale." spiega l'autore. "In quella stanza nel 1488 entrarono tre congiurati che assassinarono Riario. Successivamente alcuni militari entrarono e lo trascinarono via in un altra stanza poco lontana che dava sulla piazza maggiore per appenderlo e mostrare a tutti che era veramente morto, ma successe un piccolo retroscena e il corpo di Riario fu gettato giù nella piazza sottostante dove altri ne fecero scempio e per la cronaca quella finestra era pure quella dove il fantasma fu visto "danzare" fuori." "Tornando alla vera stanza delle Ninfe, esiste tuttora una stanza detta delle ninfe e delle muse dentro il palazzo comunale, ma non si tratta più di quella stanza. che fu rifatta 70 anni dopo quei fatti da tutt'altra parte." precisa l'autore, "La vera stanza delle ninfe si trovava in un ala laterale del palazzo comunale che fu distrutta e mai più ricostruita da Caterina Sforza, perché ritenuta "segnata" dalla violenza di quei fatti. Così gli architetti successivi, quando andarono a ricostruire quell'ala, usarono un artificio architettonico per evitare di ricostruirvi sopra e evitarono quel luogo lasciandovi un vuoto.  Pagina 29


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Ma da oggi chiunque può ritrovare e rivedere esattamente dove si trovava quel luogo, perché è spiegato bene nel libro dov'era e cosa vi successe dentro, ma capisco che la scoperta di un luogo così importante, ai giorni nostri si divulga meglio con immagini e foto." conclude l'autore. Così l'autore ha deciso di fare alcune foto e ricostruzioni grafiche del luogo esatto, più didascalie e spiegazioni che aiuteranno a capire dove, quando e cosa successe in quel luogo, che presenterà per la prima volta al pubblico del MAF sabato prossimo. Appuntamento per tutti sabato 19 gennaio alle 17:00 alla galleria MAF Corso Mazzini 20 Forlì. L'autore e il libro Ivo Ragazzini, è uno scrittore che in settembre 2012 ha pubblicato il suo secondo libro intitolato “Il fantasma di Girolamo Riario” per MJM editore di Monza. Basato su alcuni fatti veramente accaduti, il libro non solo rivela dove fu assassinato e in che modo morì Riario, ma pure perché e cosa succedeva veramente nella cittadina forlivese all'epoca. Ad esempio pochi sanno che Riario aveva ordinato di piantare un coltello nella coppa di Lorenzo il Magnifico e ucciso suo fratello Giuliano de Medici nella famosa congiura dei Pazzi e che dopo quei fatti girava in Romagna un libro che preannunciava la morte di Riario. Anche cosa successe e dove si trovava la finestra dalla quale fu gettato Riario è ben spiegato nel libro che rivela questo e a dir il vero molto altro. Tra l'altro quel libro spiega pure perché Caterina Sforza fu falsamente accusata per secoli di aver mostrato le sue vergogne a chi gli chiedeva di arrendersi o come i francescani cercarono di fondare il monte di Pietà di Forlì per battere i banchi degli ebrei. Di fatto si tratta un pezzo di storia dimenticata, ritrovata e riportata in luce dopo secoli.

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Il fantasma di Girolamo Riario. di Ivo Ragazzini Isbn 978-88-6713-024-5 - MJM Editore - 2012 Potete contattare Ivo Ragazzini su Twitter, Linkedin e Facebook o scrivere a ivrag@email.it Maggiori informazioni http://ivoragazzini.webnode.it/

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La Redazione Cristina Rotoloni

Cristina Rotoloni è nata a Roma il 20 luglio 1977, ma è cresciuta in provincia di L’Aquila. In questa città ha frequentato x\l’Istituto d’Arte e l’Accademia di Belle Arti dove ha conseguito il diploma di Laura in Scenografia con il massimo dei voti. Ha collaborato con l’Istituto Gramma nella realizzazione degli spettacoli teatrali: “Metamorfosi dei Corpi” e “Matilde principessa dispettosa”. Ha collaborato con l’associazione Il Camaleonte con corsi d’Arte e Immagine per i ragazzi dai 4 ai 16 anni. Si è sempre occupata con passione dei bambini per i quali ha scritto e illustrato favole come “Stellino”, “Tom” e “Lìlì”. Ha pubblicato sul sito “ilmiolibro.it” la sua raccolta di racconti intitolata “Frammenti di Vita”, dove oltre al terremoto parla d’esperienze forti che toccano l’esistenza umana. Al momento sta lavorando al suo romanzo in prossima uscita dal titolato “Il Tatuaggio”.

Francesco Danieletto

Francesco Danieletto, 63 anni, nato a Dolo, (Ve), dove la sua famiglia risiede da diverse generazioni, si è avvicinato alla scrittura, incoraggiato soprattutto

dalle figlie. Personaggio anticonformista e ribelle, sta attraversando un delicato periodo di sofferenza fisica, dal quale sta uscendo con grande coraggio e volontà. Ha al suo attivo due pubblicazioni: “Strani fiori”, raccolta di poesie - “Luigia e altre storie”, sei racconti, ambedue pubblicate autonomamente. Nella sua biografia, si descrive così: “*Di me hanno detto che sono un inguaribile pessimista, quindi vorrei provare a sfatare questa affermazione.* *Scrivere non è facile, raccontare storie, racconti, più o meno immaginari, significa dare libero sfogo alla fantasia, cercando nello stesso tempo di rendere credibile ciò che si è fissato sulla carta, se poi ci si addentra nel campo della poesia, si trasmette uno stato d’animo a volte felice, a volte triste; a detta degli amici più stretti, che, a volte leggono quanto scrivo, è proprio *con questa* che do il meglio di me stesso. Non sono uno scrittore che si siede a tavolino e riempie, per forza, pagine su pagine di parole spesso inutili; scrivo quando ne sento il bisogno, posso farlo per una settimana intera oppure starmene anche un paio di mesi pensando a tutt’altro. Insomma, non ho il rubinetto con il quale accendo e spengo la mia vena poetica. Di me hanno detto che sono un inguaribile pessimista, mi ritengo, invece, una persona che è abituata a guardare in faccia la realtà, qualunque essa sia; essere consapevoli che esistono situazioni difficili, vuole dire accettare, purtroppo, che la vita non è un tappeto di fiori, sul quale poter camminare a piedi scalzi; anzi una volta messi dei robusti paletti per risolvere i problemi, si possono apprezzarne tutte le cose belle, anche le più piccole sfumature che la stessa ci riserva.”

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Ha partecipato e vinto, nella sezione poesia, al primo premio letterario: “Dwelling book and love writing” edito a Bari dall’omonima rivista, nell’agosto 2011. Sue poesie e racconti sono presenti in “Gocce di emozioni” Antologia Rivierasca, Edizioni Laboratorio D.S. Dolo – (Venezia) 2009 e 2011.

Lisa Fusco, Moreno Chiacchiera (attualmente l’illustratore più quotato sia in Italia che all’estero), il Maestro Marco Serpe, il Regista Sebastiano Giuffrida, in un crescendo di professionisti più o meno noti che partecipano con grande competenza, professionalità e soprattutto passione.

Ha partecipato al V° Premio nazionale di poesia e prosa: AlberoAndronico, Roma 2011, classificandosi 6° nella sez. B, poesie, con una silloge intitolata: “La follia dell’uomo”.

Mariagrazia Talarico

Laura Capone Editore (LCE)

La Laura Capone Editore è una casa editrice che opera online, produce, distribuisce e promuove libri nei vari formati (cartaceo, e-book, audiolibro, ecc.). Nasce nel novembre 2010 e si afferma velocemente per la correttezza e la trasparenza operativa. La LCE si pregia di avere in redazione professionisti di settore per ogni competenza che, in una stretta rete di collaborazioni online, si prefiggono la rivalutazione del talento letterario ed artistico italiano contemporaneo, anche attraverso la promozione e distribuzione elettronica delle nostre opere tradotte. Per citare solo alcuni collaboratori: la dott.ssa Luigia Torrusio appassionata di lettere antiche, traduttrici quali Chiara Rolandelli e Alessandra Baroni, artisti quali

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Talarico Mariagrazia nata il 14-09-80 a Bellano Lecco, Residente in provincia di Lecco, studi magistrale Bertacchi Lecco. Una silloge edita “Delicata com'ali di farfalla” ed Il Filo classificata terza del concorso internazionale insieme nel mondo 2.

Emanuela Arlotta Direttrice Volodeisensi

Nata a Roma il 20 Settembre 1975. Ho sempre avuto una forte propensione all’introspezione e alla conseguente scrittura di poesie e racconti che indagano in maniera approfondita l’animo umano, quello legato all’Io più profondo. Questa mia voglia di comunicare ha superato i limiti della carta e della distanza con la creazione di questa


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community letteraria (Volodeisensi.it) che gestisco con passione e amore tutti i giorni e di cui sono felice facciano parte tante persone che credono ancora nei sogni. Anche il Magazine online è una mia idea, realizzata grazie al supporto informatico di alto livello di mio marito Leonzio Nocente, il quale è anche il creatore materiale di Volodeisensi.it e di altri siti molto conosciuti. Lavoro nell’informatica da anni e scrivo da quando sono nata. Ho autopubblicato due libri nella collana ‘ilmiolibro’, uno di poesie ‘Volodeisensi’ e uno di racconti ‘La Sfera’, che stanno riscuotendo molto successo e che presto saranno disponibili anche in formato ebook nello store Apple.

Leonzio Nocente Autore e Referente Tecnico Volodeisensi

Nato a Francavilla Fontana il 23 Maggio 1979, Architetto informatico che lavora da 14 anni nel settore IT. Le sue conoscenze vanno dallo sviluppo di portali alle applicazioni in tutti i campi compreso quello mobile. Nella sua carriera ha partecipato alla nascita di grandi portali Nazionali del settore comunicativo e collaborato con grandi multinazionali Italiane e Americane. “Questa mia opera epica che ha visto ben due anni di progettazione e sviluppo è stata la mia più grande soddisfazione, realizzare il sogno sempre vivo di una bambina, mia moglie Emanuela. Volodeisensi.it non è una semplice community ma un vero e proprio portale Letterario dove i

sogni diventano realtà. Sono solo l’autore materiale, un penna su un foglio vuoto che viene guidato dalle emozioni di mia moglie che ogni giorno dà la possibilità a tanta gente di esprimersi e soprattutto di essere ascoltata. Con tanta commozione dedico questo nostro lavoro ai nostri figli e a tutta la gente che crede e crederà in Volodeisensi.it”

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