Why Marche N.01 9/2010

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WHY MARCHE MAGAZINE - N.01 NOVEMBRE 2010 - MENSILE - ANNO I - € 1,00

www.whymarche.com

Marche

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779772 038009

n. 01

Il Magazine Made in Marche

,00

Ludica Gioco, quindi sono.

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, CN/AN

ISSN 9772-0387

AMIAMO DAVVERO LA NOSTRA REGIONE? O DOVREMMO FINALMENTE IMPARARE A FARLO? Una riflessione a “penna aperta”

REGALARE UN SOGNO? Strabordo ci prova rendendo accessibile il turismo ai disabili

Le Marche del Presidente

SPACCA

Uniche Imprevedibili Non etichettabili

SERGIO PICCIAFUOCO VOLTO E ANIMA DI UNO DEI PRESUNTI COLPEVOLI DELLA STRAGE DI BOLOGNA

tutte le declinazioni

della nostra Regione IL PIACERE

DI RUBRICAre





Tra passato e futuro... per scrivere il presente! Un magazine da sfogliare, un portale web, applicazioni per smartphone, tablet e versioni digitali tutto questo è Why Marche e se avrete la voglia di conoscerlo scoprirete che è anche molto di più!

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Ludica Gioco, quindi sono.

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ari lettori, quella che state per sfogliare è una scommessa, che avremo vinto solo se ognuno di voi alla fine della lettura dirà “Bello! Mancava qualcosa così!”, se ognuno di voi avrà trovato qualcosa di interessante, se i vostri occhi saranno stati affascinati dalle immagini che abbiamo deciso di creare ed utilizzare. Perché decidere di far nascere un nuovo progetto editoriale in un momento in cui la tanto, forse troppo, temuta crisi rende le scelte imprenditoriali terribilmente difficili, è come puntare tutto in una mano di poker: devi essere sicuro del Maria Pettinari punto che hai in mano – e noi lo siamo per professionalità, idee, passione che contraddistingue tutti i nostri collaboratori – ma non puoi controllare le variabili esterne, gli altri giocatori, e allora puoi solo decidere se rischiare o no. E noi abbiamo voluto farlo, perché per sfruttare un’opportunità spesso devi creartela; l’attesa passiva non porta mai a niente di buono! Why Marche è la nostra creatura, una saggia commistione tra la parte migliore dell’editoria legata alla carta, quella che punta sull’emozione antica che solo il rumore di una pagina sfogliata sa creare, ed alla fantasia che solo i colori delle fotografie sanno suggerire, e il futuro rappresentato dalle immense possibilità legate al web e ai nuovi sistemi mobile.

WHY MARCHE MAGAZINE - N.01 NOVEMBRE 2010 - MENSILE - ANNO I - € 1,00

AMIAMO DAVVERO LA NOSTRA REGIONE? O DOVREMMO FINALMENTE IMPARARE A FARLO? Una riflessione a “penna aperta”

REGALARE UN SOGNO? Strabordo ci prova rendendo accessibile il turismo ai disabili

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della nostra Regione IL PIACERE

DI RUBRICAre

Con Why potrete riscoprire il piacere di riporre sul vostro scaffale numero dopo numero una rivista che diventerà un vostro gradito ospite, un amico che viene a trovarvi una volta al mese per tenervi compagnia con informazioni, curiosità, racconti di storie ed avvenimenti legati al nostro territorio regionale e non oppure decidere di immergervi in un mondo nuovo da scoprire per tanti ma già popolato da milioni di utenti. Un mondo fatto di collegamenti ipertestuali, di link a siti e contenuti multimediali, di congegni come l’ipad che offrono la possibilità di una consultazione completa ed interattiva. WM

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Da 60 anni a fianco degli artigiani e delle piccole imprese marchigiane

CONFARTIGIANATO IMPRESE MARCHE Via Fioretti 2/A - 60131 Ancona - Tel. 071 2900134 - Fax 071 2900135 - Email: segreteria@confartps.it CONFARTIGIANATO IMPRESE PESARO Strada Statale Adriatica, 35 - 61100 Pesaro Tel. 0721 4371 - Fax 0721 401245 Email: segreteria@confartps.it

CONFARTIGIANATO IMPRESE ANCONA Via Fioretti 2/A - 60131 Ancona Tel. 071 22931 - Fax 071 2868470 Email: info@confartigianato.an.it

CONFARTIGIANATO IMPRESE MACERATA Vicolo Santa Croce, 11 - 62100 Macerata Tel. 0735 81195 - Fax 0735 82042 info@macerata.confartigianato.it

CONFARTIGIANATO IMPRESE ASCOLI PICENO E FERMO Via del Commercio, 70 - 63100 Ascoli Piceno Email: info@confartigianato.apfm.it


ESTERO 32 · Quando Londra diventa marchigiana IMPRESE 36 · L’impresa che aiuta le imprese SOCIALE 37 · Pas des cadeaux

Perche?

38 · WHY... FORMAZIONE 42 · A scuola di design CONSUMATORI 44 · Adiconsum per voi ECONOMIA E FISCALE 46 · Guida alla nuova IVA 48 · Prima casa: conosci le opportunità? ASSOCIAZIONISMO 50 · Duchenne Parent Project AGORA’ 8 · Delle Marche ci si innamora TURISMO 12 · A bordo di un sogno 14 · Vacanze e disagi 16 · Alla scoperta di… INTERNAZIONALIZZAZIONE 18 · Marchigiani nel mondo 22 · Free Zone 24 · Il network di Marchet UNIVERSITA’ 25 · Studiare all’estero? Si deve!

ENOGASTRONOMIA 52 · Piceno tra Sorsi&Morsi AMBIENTE E ENERGIA 54 · Il fotovoltaico è davvero “green”? HI - TECH 58 · La punta di diamante Apple 54 · Le nuove piazze virtuali FOLKLORE 64 · Notti di musica MODA 68 · Lo stile d’autunno ARTE E CULTURA 72 · Parole e musica

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a cura di

Eleonora Baldi

Con Gianmario Spacca, Presidente della Regione, parliamo delle Marche, dei tesori e delle criticità della nostra terra, dell’onere e dell’onore dell’esserne Presidente, per arrivare alla fine ad una conclusione:

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“DELLE MARCHE CI SI INNAMORA”

l progetto Why Marche è nato per cercare di dare una risposta a questo quesito: perché conoscere, vivere, amare le Marche? Questa stessa domanda, Presidente, la giriamo a Lei: ci dia il suo perché. “Perché le Marche sono uniche, imprevedibili, non etichettabili secondo i normali cliché. Riservano sorprese a ogni angolo, in ogni settore: vengono continuamente scoperte e apprezzate per aspetti diversi. Ognuno può trovare ciò che cerca e ancora di più. Tutto questo viene certificato dai numerosi indicatori – sociali ed economici – che pongono la regione ai vertici nazionali per qualità di vita. Sono una continua e piacevole sorpresa per chiunque abbia la curiosità di visitarle o di familiarizzare con i marchigiani. In pochi chilometri quadrati è possibile ammirare paesaggi montani, scenari marini, ambienti naturali suggestivi, respirare cultura in ogni paese e città che costellano un territorio in perenne equilibrio tra presente e passato, dove innovazione e futuro non si declinano a scapito delle tradizioni più genuine e dell’umanità delle persone.” Cosa significa essere Presidente della Regione Marche? Quali sono state le motivazioni che l’hanno portata a candidarsi per due mandati? “Innanzitutto significa avere una grande responsabilità. Significa essere al servizio della comunità, guidarla con passione per

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conseguire risultati che aiutino a far crescere la coesione e il benessere. È un impegno che credo di assolvere con determinazione, coerenza e trasparenza, profondendo tutte le energie di cui dispongo. E ritengo che se i cittadini marchigiani hanno scelto di riconfermarmi alla guida della Regione per il secondo mandato consecutivo, questa determinazione, coerenza e trasparenza siano state riconosciute. Essermi ricandidato dopo un primo mandato già denso di soddisfazioni, ha un preciso significato: anche se molto era stato fatto nei cinque anni precedenti, c’erano progetti che, per la loro complessità, necessitavano di più tempo per essere portati a compimento. Penso ad esempio alla riforma della sanità che, avviata nella passata legislatura, ha già prodotto importanti risultati sul piano finanziario (con il riordino dei conti che fa delle Marche una delle regioni più virtuose a livello nazionale); ora vogliamo proseguire con la riorganizzazione e il maggior efficientamento del sistema.” Ci dica un punto di forza ed un punto di criticità della nostra Regione a suo parere. “Un punto di forza sono sicuramente le nostre bellezze paesaggistiche, ancora più belle perché tutte da scoprire. Un punto di debolezza, finora, è stato il decennale isolamento infrastrutturale del nostro territorio. E’ per questo che ci siamo impegnati con determinazione, in questi anni, per colmare

questo deficit di infrastrutture. Oggi si vedono i risultati: attualmente ci sono 5 miliardi di euro di lavori in corso che ci consentiranno di rendere le Marche più aperte e più facilmente raggiungibili.” Quali sono le priorità che cercherà di realizzare in questo suo secondo mandato? “Prima di tutto il lavoro e la tutela di tutte le fragilità. Stiamo vivendo un momento ancora molto difficile e la Regione, già dai primi mesi in cui si è evidenziata in tutta la sua drammaticità la crisi economica mondiale, ha avviato una serie di misure di difesa ed attacco che sono state in grado di limitarne gli effetti nelle Marche. Tanto che, dati Istat alla mano, siamo tra le regioni in cui il tasso di disoccupazione è più basso e in cui l’occupazione è rimasta sostanzialmente stabile. C’è poi il diritto alla salute in cima alla lista delle priorità. Dopo la fase del risanamento dei conti, che ci ha portato ad essere in cima alla lista delle regioni più virtuose in Italia, stiamo passando alla fase del rilancio e della riqualificazione dell’offerta. Pur con le difficoltà di avvio, oggi in gran parte superate e in costante miglioramento, il Cup unico, in grado di abbattere a regime le liste d’attesa, va in questa direzione. L’integrazione tra cultura, ambiente e turismo per un nuovo motore di sviluppo da affiancare al più tradizionale manifatturiero, che continueremo con forza a sostenere, è un altro dei nostri obiettivi


IL MARCHIGIANO D.O.C. LABORIOSO, CON GRANDE FORZA D’ANIMO, UMILE E INGEGNOSO

principali, accanto allo sviluppo della green economy.” La floridità economica è spesso la base per una buona qualità della vita. Quanto crede che questa crisi abbia influito sul benessere dei cittadini? Si sente di poter dire che stiamo iniziando a risalire la china? “Gli indicatori del Bil (il Benessere interno lordo che il premio Nobel Stiglitz ha affiancato al meno indicativo Pil, prodotto interno lordo) testimoniano come le Marche siano una regione dall’elevata qualità della vita. E’ pur vero che la crisi economica esplosa nel 2008 non sarà senza ferite: certo, il fatto di poter vantare, come lei giustamente sottolinea, una floridità economica di base accompagnata da una forte coesione sociale della nostra comunità, ha limitato i danni. Nonostante siano ancora aperte diverse crisi aziendali e molte imprese stiano ancora ricorrendo alla cassa integrazione, possiamo dire che i segnali sono positivi: siamo cauti, ma ci sono indubbi segnali di fiducia che confermano la vitalità, l’impren-

ditorialità e la resistenza della comunità regionale, accanto alla bontà delle politiche di protezione del lavoro che la Regione ha messo in campo. Ora è vietato abbassare la guardia, ma i dati e il confronto con le altre regioni italiane ci confortano. Nel II trimestre del 2010 nella regione l’occupazione cresce di +0,6% (+4.000 unità) rispetto allo stesso periodo del 2009, mentre cala a livello nazionale di -0,8% (-195.000 unità). Nelle Marche, sempre nel II trimestre 2010, gli occupati sono in crescita anche rispetto al trimestre precedente. Il trend positivo è confermato anche dal tasso di disoccupazione: scende al 5,4%, rispetto al 6,3% dello stesso periodo dell’anno precedente e al 5,6% del trimestre di inizio 2010. Un dato che pone le Marche in cima alla classifica tra le Regioni a statuto ordinario. A livello nazionale il tasso di disoccupazione si attesta all’8,3%.” Se le chiedessi di farci un“identikit”del marchigiano doc, cosa mi risponderebbe?” “Laborioso, con grande forza d’animo, umile, ingegnoso. Tutte caratteristiche che hanno

portato noi marchigiani ad emergere in molteplici campi – dall’arte alla scienza, dall’industria alla medicina – in tutto il mondo. Ma proprio uno di questi punti di forza si trasforma, se portato all’eccesso, in una criticità: l’umiltà, spesso, diventa ritrosia e questo fa sì che le tante ricchezze ed eccellenze del nostro territorio, i primati che in molti campi (dal made in Italy alle bellezze paesaggistiche alla virtuosità del nostro sistema sanitario) possiamo vantare, restino confinati nel nostro territorio e non vengano sufficientemente “promossi” all’esterno. Ed è proprio su questo aspetto che la Regione sta lavorando, per far uscire le Marche da quel cono d’ombra nel quale per troppo tempo sono rimaste confinate. Un impegno che ci sta premiando e il fatto che da qualche tempo a questa parte il nome della nostra regione sia sempre più riconosciuto all’estero e che tanti stranieri scelgano di visitare e spesso di trasferirsi a vivere nella nostra regione, ne sono la testimonianza.” WM

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GUIDO PIOVENE (1907-1974)

veneto, è stato uno scrittore e corrispondente estero per diversi giornali. “Viaggio in Italia”, in cui dà la celebre definizione delle Marche, è del 1957. Vincenzo Cardarelli (1887-1959) è stato poeta, prosatore e giornalista, nato e vissuto nel Lazio, ma da famiglia di origini marchigiane.

di

Problemi di personalità per l’unica regione al plurale?

Fabio Curzi

Da grande voglio fare il marchigiano

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rendi per esempio il brodetto. Noi qua a San Benedetto ci mettiamo i peperoni verdi e l’aceto, voi là cambiate ingrediente. Anche se il brodetto lo chiamiamo tutti allo stesso modo non ce n’è due che lo facciano uguale. Anche se abitano porta a porta e la sera le vecchie prendono il fresco insieme con la sedia sul marciapiede. Vuoi prendere i dialetti? Gli studiosi ti dicono che le Marche sono divise in due se non tre famiglie di dialetti, che sembrano le costarelle del maiale, attaccate all’Adriatico come se fosse la spina dorsale. Mentre noi che stiamo qua, lo sentiamo il dialetto come cambia di colle in colle, curva dopo curva e casa dopo casa. Così guardiamo i nostri campanili che si alzano e ne facciamo bandiere da portare allo

stadio o al palazzetto, a dirci in faccia che siamo delle Marche sporche o mezzi romagnoli, pesciaroli o montanari. Noi marchigiani, tra noi, non ci trattiamo granché bene. Guido Piovene se n’è accorto, è da lui che abbiamo imparato che siamo “l’Italia in una regione”. Ad essere precisi non ci ha detto che abbiamo raccolto solo i pregi degli Italiani. Vincenzo Cardarelli invece ha detto a tutti che d’essere marchigiani bisogna meritarselo. Non come uno si merita una condanna, immagino, ma come uno si merita l’accesso ad un paradiso. Cose scritte oltre cinquanta anni fa. Da quanto tempo non passate un pomeriggio seduti in piazza a guardare l’orologio del comune che va avanti, mentre il cameriere vi porta qualche oliva verde? Vedreste passare alla spicciolata piccoli gruppi di nuovi marchigiani i cui dialetti non sappiamo riconoscere.


GIOVANNI BATTISTA BUGATTI conosciuto come Mastro Titta, è diventato sinonimo stesso di boia del Papa. Nacque a Senigallia, dove si ritirò in pensione fino alla morte.

A MONTECANEPINO... ...frazione di Potenza Picena, si trova Villa Bonaccorsi. Pur essendo quasi sconosciuta ai marchigiani è uno degli esempi più importanti e meglio conservati di giardino all’italiana, disposto su terrazze con aiuole ordinate attraversate da vialetti, con fontane e giochi d’acqua segreti. Statue e grotte artificiali contribuiscono all’imitazione di una natura idealizzata. Il giardino venne costruito alla metà del 1700 da Pietro Bernasconi, allievo di quel Carlo Vanvitelli che ad Ancona aveva realizzato la Mole pentagonale del porto. La villa è tuttora proprietà privata e il solo giardino è aperto al pubblico nei mesi estivi.

Non sappiamo dire se siano di Valona o di Scutari, biondi viaggiatori d’Olanda o giunti da qualche nazione mai incontrata nelle avventure di Martin Mystére. Un amico toscano che mi accompagnava nell’entroterra si chiedeva dove fossero finiti i boschi. Noi marchigiani le nostre colline le abbiamo lavorate a fondo. Abbiamo rimosso albero dopo albero, fino al limitare dei fossi e dei calanchi, come si rosicchia la costarella fino all’osso. Abbiamo dato vita ad un’agricoltura che è un giardino all’italiana, in cui l’ordine imposto dall’uomo piega la natura alla sua volontà. Ogni frutto che ricaviamo dalla terra lo lavoriamo, secondo tradizioni conservate tra le mura dei paesi come in scrigni. Conta, se ti riesce, quanti tipi di dolci le nostre nonne sapevano preparare, colle dopo colle, curva dopo curva, casa dopo casa. Qual è l’ultimo viaggio che hai fatto nelle

Marche? Sei andato a passeggiare in Piazza del Popolo ad Ascoli o a guardare il tramonto dal faro di Ancona, quando il sole finisce in acqua davanti a Falconara Marittima? L’hai visto ad Urbino il quadro della Città Ideale? Una tavoletta di legno mezza tarlata su cui un pittore sconosciuto ha dipinto il sogno del Rinascimento, prima che il Rinascimento esplodesse a Firenze e Venezia e Ferrara. Dovremmo conoscerci più in profondità, essere più consapevoli di questa Regione che ancora non ci siamo meritati. Perché la promozione del territorio non passa tanto attraverso un manifesto o uno spot televisivo, ma soprattutto dal senso di dignità e di appartenenza delle persone alla propria storia. Non per tornare a fare gli esattori per il Papa o i boia come Mastro Titta, ma dovremmo smettere di negarlo, d’essere marchigiani. WM

IL FENOMENO del tramonto sul mare

è insolito per il versante italiano dell’Adriatico, ma nel periodo del solstizio d’estate è realmente possibile ammirare il sole che entra in acqua andando nella zona del parco del Cardeto di Ancona.

L’area si sviluppa alle spalle della caserma Villarey e comprende il faro ottocentesco e uno dei forti della città. Dal faro si sovrasta la cattedrale di San Ciriaco e si ha un punto di vista privilegiato sul porto e sulla città vecchia. Alle spalle del faro si trova poi il cosiddetto campo degli Ebrei, un cimitero monumentale risalente al secolo XV che testimonia l’importanza di questa comunità nei secoli passati. Il parco del Cardeto è aperto tutto l’anno, dal mattino al tramonto, e di domenica è possibile visitare il faro.

PER GLI STUDIOSI dei dialetti italiani

le Marche sono attraversate da due isoglosse: sono linee di confine che aiutano a descrivere territori con i medesimi fenomeni linguistici. Lungo la costa, da nord a sud, l’isoglossa del Romagnolo si ferma a Senigallia e procede verso l’entroterra. Da qui inizia l’isoglossa dei dialetti centro-marchigiani, che arriva fino al fermano. I dialetti marchigiani del sud, quelli del Piceno, presentano invece una continuità con quelli del nord dell’Abruzzo. Dante Alighieri nel “De Vulgari Eloquentia” fu il primo a classificare e valutare i dialetti d’Italia: considerava il dialetto della Marca d’Ancona secondo in bruttezza solo a quello di Roma.

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STRABORDO

I SOGNI DIVENTANO

di

Michela Marconi

“Un sogno diventato realtà”, questa frase ricorre più spesso delle altre nei racconti di viaggio dei disabili che sono partiti per esplorare il mondo insieme a Strabordo, un’associazione che si è guadagnata il favore di tante persone che, per problemi diversi, avevano messo nel cassetto il loro sogno di riuscire a viaggiare. Il nome stesso dell’associazione, Strabordo, nasce dall’espressione “straordinari a bordo di un sogno”: quello di continuare a viaggiare nonostante le indubbie difficoltà che uno stato di disabilità più o meno grave può causare; quello di continuare a crescere attraverso l’esperienza totalizzante del viaggio, di riuscire a superare le barriere, architettoniche ma soprattutto psicologiche, nascoste in ognuno di noi; quello di azzerare le diversità immergendosi in nuove realtà più o meno differenti rispetto al nostro quotidiano.

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a com’è nata Strabordo? Ci risponde la presidente dell’associazione Valeria Poeta, fisioterapista e dirigente di area riabilitativa a Fabriano. “L’idea è nata dopo aver partecipato con dei disabili a un viaggio in Tunisia, organizzato da un’associazione di Senigallia nel 2005. Una fisioterapista di Civitanova in seguito mi ha parlato di una sua paziente, affetta da sclerosi multipla, che sognava di andare sul “tetto del mondo”. Abbiamo così cercato qualcuno che potesse aiutarci e abbiamo trovato la “Tilicho”, un’associazione di Roma che opera da più di venti anni in Nepal. Il presidente, un medico, ha accettato la sfida con entusiasmo. Era

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il 2006. Ci siamo costituite in un’associazione spontanea per partecipare, insieme alla Tilicho, all’organizzazione del viaggio. Abbiamo realizzato un filmato che raccontava l’esperienza e che ha riscosso molto consenso tra le persone disabili che ritenevano impossibile viaggiare in certi paesi se non a prezzo di enormi costi.” Le tre fondatrici di Strabordo sono Valeria Poeta - impegnata principalmente in progetti inerenti al turismo accessibile sul territorio -, l’attuale vicepresidente Stefania Cipolletta - biologa, si occupa del sito, delle interviste e dei convegni , la logopedista Paola Benvenuti che ha il compito di tenere i contatti con soci e amici e di costituire i gruppi che parte-

ciperanno ai viaggi, facendo da tramite tra i partecipanti e l’agenzia. Ma, qual è la particolarità di Strabordo? “Quello che ci ha caratterizzato fin da subito è stata l’idea che la persona disabile e quella abile potessero condividere la stessa passione per il viaggio. Nei nostri tour, infatti, non ci sono persone assistite e assistenti, ma tutti sono partecipi allo stesso modo.” Dal 2006 a oggi l’associazione ha visto crescere i propri iscritti in maniera costante: oggi ne conta 109, soprattutto dopo la partecipazione alla trasmissione Alle falde del Kilimangiaro, condotta da Licia Colò su Rai 3, che l’ha fatta conoscere in tutta Italia. Dato l’interesse suscitato in moltis-


Turismo accessibile: è marchigiana l’associazione che fa viaggiare abili e disabili insieme

REALTà

Al di là dell’organizzazione dei viaggi, Strabordo è apprezzata anche per aver assunto l’ importante ruolo di punto di incontro e di aggregazione, nonché per aver assottigliato le distanze tra abili e disabili. Un’ulteriore testimonianza dell’ottimo lavoro svolto dall’associazione la si ottiene scorrendo i commenti entusiasti degli “strabordisti” pubblicati sul sito: “La gente pensa che un viaggio insieme alle persone disabili serva soltanto per dar loro un aiuto materiale e che si tratti in fondo di compiere una “buona azione”. L’esperienza di quelle persone che hanno partecipato a tali iniziative invece è servita – e a dirlo sono proprio i protagonisti - ad arricchirle e a smantellare i propri reticolati mentali in cui i “normali”, spesso per mancata conoscenza diretta delle cose, confinano i disabili. Francesco.”

sime persone, nel 2010 Strabordo ha potuto favorire l’organizzazione di otto viaggi a cui hanno partecipato complessivamente più di 100 persone, un risultato ottenuto soprattutto grazie alla bella idea e alla dedizione delle tre fondatrici e alla fortunata collaborazione con l’agenzia viaggi Movimondo di San Severino Marche. Tale iniziativa continua a dare i suoi frutti anche senza la ribalta televisiva: “Negli anni passati abbiamo incontrato altre associazioni e abbiamo visitato le principali Unità Spinali (strutture sanitarie per le persone affette da lesione midollare, ndr.) d’Italia per farci conoscere. In seguito ci sono stati dedicati diversi articoli su giornali e riviste. Momentaneamente abbiamo deciso di sospendere le apparizioni in tv ma le persone

vengono comunque a conoscenza dell’associazione grazie ad internet... le notizie corrono sul web! Continuano infatti a pervenirci richieste di iscrizioni alla newsletter, una decina nell’ultimo mese. Il web resta sicuramente il modo migliore per raggiungere tutta l’Italia ma è molto importante anche il passaparola: chi ci conosce ne parla con gli amici.” Come rimanete in contatto con i vostri iscritti e come organizzate un nuovo viaggio? “Di solito usiamo l’e-mail, ma spesso ci sentiamo anche per telefono, soprattutto con chi è più interessato alla vita associativa. Per quanto riguarda i nuovi viaggi, una volta scelta la meta - perché ci piace particolarmente o tramite i risultati dei sondaggi fatti tra i nostri

contatti - , il viaggio lo “proviamo” noi: con un piccolo gruppo facciamo “prescouting” sia per vedere quali difficoltà riserva, sia per dare suggerimenti e informazioni utili all’agenzia di viaggi e ai futuri partecipanti.” Ma Strabordo non si limita a organizzare viaggi, dedica le sue energie anche a creare occasioni d’incontro tra soci e simpatizzanti. Il 2009 è stato l’anno del 1° Strabordoraduno a Castelraimondo. Nel 2010, per favorire la partecipazione di chi abita lontano, sono stati organizzati incontri a Piacenza, a Ostia e il 2° Strabordoraduno: tre giorni tra San Severino Marche, il lago di Fiastra e l’Abbadia di Chiaravalle di Fiastra. All’incontro hanno partecipato circa novanta persone provenienti da tutta Italia. WM

ASSOCIAZIONE STRABORDO VIA DON MINZONI, 98 60044 FABRIANO (AN) - TEL: +39 340 0576401 FAX: +39 0732 226021 WWW.STRABORDO.ORG - STRABORDO@GMAIL.COM CC POSTALE 89588230 - COORDINATE PER BONIFICI BANCARI: IT 48 K 07601 02600 000089588230 E’ POSSIBILE DESTINARE IL 5 X 1000 ALL’ASSOCIAZIONE STRABORDO USANDO IL CODICE FISCALE 90019430421

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PORTO NUOVO 1811 Ricostruito l’episodio del tentativo di sbarco delle truppe inglesi nella Baia di Portonovo, la vicenda fu narrata dall’abate Leoni nel 1830 nel libro “Storia di Ancona”. La rappresentazione è stata resa quanto più fedele possibile grazie all’utilizzo di costumi d’epoca e spari a salve d’artiglieria. Le buone condizioni climatiche hanno poi garantito la presenza del Caicco “Udachi” e di altre antiche imbarcazioni dell’Adriatico. Per l’occasione sono state inaugurate mostre e presentate opere di pittori e scultori locali.

>>> www.youtube.com/ watch?v=AA95QXNVEFc

Le travagliate

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di

Molti gli intoppi burocratici e pratici per il progetto di riqualificazione della Baia … con disagi per operatori e turisti

Sara Bolognini

vacanze di Portonovo

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ortonovo, gioiello naturale di ineguagliabile bellezza, dovrebbe essere non solo valorizzato ma anche meglio protetto: ad esempio dall’annoso problema dell’erosione del litorale. I fenomeni di mareggiata infatti, che avvengono soprattutto in inverno, sono comuni nella zona: tolgono e restituiscono spiaggia, ma senza barriere idonee a frenare la furia del mare provocano danni agli stabilimenti e all’ambiente. Il problema dell’erosione era già stato preso in esame con un piano preliminare commissionato dal “Consorzio Baia di Portonovo”nel 2001. Successivamente si è resa necessaria un’ulteriore integrazione, rappresentata dal Piano di Gestione Integrata delle Aree Costiere - datata 2005 - all’interno del quale gli accurati studi di idrodinamica costiera venivano supportati da quelli ambientali, socio-economici e culturali. Dopo questa breve panoramica, arriviamo ai

giorni nostri: 9 Maggio 2010. E’ già caos con le auto in coda verso la Baia, per godere della prima domenica di sole e assistere alla rievocazione storica della battaglia del 1811. A seguito di questo primo intoppo, una delegazione di operatori della Baia ha chiesto ed ottenuto un incontro con il Sindaco di Ancona, Fiorello Gramillano, il quale ha assicurato loro che il ripascimento sarebbe avvenuto in tempi brevi, vista anche l’imminente possibile assegnazione a Portonovo della Bandiera Blu. Un mese dopo però non si erano ancora registrati cambiamenti nella situazione tanto che si rendeva necessario l’intervento dell’Assessore Regionale all’Ambiente, Sandro Donati, per convincere il sindaco di Grottammare, Luigi Merli, a concedere i ciottoli promessi per il ripascimento – a causa di un inopportuno ripensamento determinato dall’avvio della stagione balneare iniziata - con la garanzia di tempi brevi di messa in opera.


Data indicata per il completamento dei lavori il 20 Giugno 2010; verrebbe tristemente da dire “ovviamente”, non rispettata a causa dei consueti ritardi che hanno trascinato i lavori fino a fine mese. Una volta ultimate le operazioni, le problematiche non accennavano però a finire…anzi! I ciottoli arrivati, misti a terra, pagliuzze e pezzi di legno raccolti alla foce del fiume Tesino, rendevano l’acqua torbida e i bagnanti furiosi. Lo stesso problema si era verificato proprio a Grottammare durante il prelievo, il sindaco si era trovato a dover revocare l’autorizzazione perché le operazioni avevano sporcato il litorale. >>> www.youtube.com/watch?v=cIdYoKIW1E8 Questo stop ha impedito ai mezzi di recuperare tutto il materiale necessario, lasciando la Baia con un lavoro incompleto a stagione inoltrata. Nonostante la situazione descritta, la Baia di Portonovo ha comunque riconquistato quest’anno la Bandiera Blu, dopo ben 8 anni di astinenza, anche se

offuscata dalle polemiche. E quello del ripascimento non è purtroppo l’unico problema della Baia. La messa in opera del parcheggio nell’area dell’ex Campeggio Adriatico fa parte di un complesso sistema di interventi compreso nella riqualificazione della Baia. Questo, in particolare, tratta della bonifica e ampliamento del lago Grande, con arretramento della strada dello stabilimento Franco e della Cooperativa pescatori, per consentire lo scambio di acqua tra il lago e il mare, così come 50 anni fa. Il parere favorevole del Parco del Conero e della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici delle Marche e l’approvazione della Giunta Comunale hanno dato l’avvio ai lavori per il parcheggio provvisorio. Anche se l’inizio era previsto entro la fine del mese di aprile i lavori hanno avuto il via solo la seconda settimana di maggio a Bandiera Blu già issata. Le operazioni comprendevano la sistemazione delle staccionate, degli arredi e del verde con spese pari a 50mila euro. Anconambiente si è occupata di posizionare i corpi illuminanti, anch’essi in versione provvisoria. Gran parte del materiale impegnato, al termine della stagione, potrà essere riutilizzato altrove. L’area avrebbe dovuto ospitare 160 posti, con una perdita di qualche decina di posti auto rispetto agli anni passati per limitare l’inquinamento nella baia e valorizzare il parcheggio a monte. I lavori sarebbero dovuti terminare in tempi brevi, ma i primi di giugno il parcheggio era ancora in costruzione e la prima domenica di sole è stata tempestata da una pioggia di multe per tutte quelle auto in sosta lungo la carreggiata che non avevano trovato posto né a valle né a monte, nel parcheggio scambiatore. La domenica successiva, nonostante l’inaugurazione del Park Lago Grande, si registrava il tutto esaurito, ma di nuovo pioggia di multe a monte. Ovvio allora che si vogliano evitare per la prossima stagione gli stessi problemi. Come ci si sta muovendo? E’ del 23 settembre l’assemblea che ha riunito i rappresentanti del Comune di Ancona e della Portonovo Srl per confrontarsi in merito al divieto posto dall’articolo 23-bis, comma 9 della legge 133/2008. Secondo tale norma “i soggetti titolari della gestione di servizi pubblici locali non affidati con gara non possono acquisire la gestione di servizi ulteriori o in ambiti territoriali diversi, né svolgere servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né direttamente, né tramite loro controllanti o altre società che siano da essi controllate o partecipate, né partecipando a gare”. La Portonovo Srl potrebbe quindi non occuparsi più della gestione dei lavori, ma Marcello Nicolini, titolare del ristorante “Il laghetto” rassicura in merito al fatto che questo non causerà ritardi, ma prima di qualsiasi opera bisognerà decidere chi prenderà in mano la situazione. Rimangono ancora molti dubbi quindi rispetto all’organizzazione della prossima stagione. WM

IL PROGETTO Lo scopo del “Progetto di riqualificazione ambientale della spiaggia di Portonovo e relativo studio di impatto ambientale”è di ricostruire lo scenario idrodinamico e sedimentologico di 50 anni fa (con interventi che interessano il tratto di costa compreso tra la Chiesetta e Mezzavalle per circa 2400 metri di costa). La ricostruzione delle spiagge permetterà di proteggere Portonovo dalle frane inserendo tra la futura spiaggia e il piede della falesia una serie di massi e scogli ecocompatibili per bloccare l’abrasione e rendere i franamenti retroattivi. Anche la spiaggia emersa verrà ricostruita per 20 mt. di larghezza e 2 mt. di spessore consentendo di riqualificare un turismo più compatibile con lo scenario della Baia. Per la salvaguardia della Chiesetta romanica di S. Maria di Portonovo è in programma la ricostruzione di due calette, ad oriente e occidente, contenute da speroni. Stesso procedimento sarà utilizzato anche per la protezione della Torre Papalina, aggiungendo la ricostruzione dello sperone antistante il muro delle terrazze. A difesa del Fortino Napoleonico verrà ripristinata una robusta spiaggia di massi e ciottoli. In questo tratto di mare, fino all’inizio di

Mezzavalle, verranno ricostruite le secche precedentemente distrutte. La loro assenza infatti ha permesso la violenta aggressione del moto ondoso verso costa con conseguente scalzamento del piede della falesia e innesco di sistemi franosi. Il progetto dovrebbe essere terminato nel giro di tre anni. La Legge Regionale n. 15 del 14.07.204 “Disciplina delle funzioni di difesa della costa”recita all’art.1: “La Regione, nell’esercizio delle competenze di cui all’art. 51 della legge regionale 17 maggio 1999 n. 13, adotta il Piano di gestione integrata delle aree costiere, di seguito denominato Piano, al fine di promuovere la tutela e la razionale utilizzazione della zona costiera e delle sue risorse. A seguito di tale legge è stato redatto ed approvato dal Consiglio Regionale con D.C.R. n. 169 del 02.02.2005.” Il progetto fa parte del Piano di Gestione Integrata delle Aree Costiere e ne costituisce uno stralcio funzionale come Unità Fisiologica n. 13.

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MORESCO L la meraviglia della Val D’Aso Moresco A TAVOLA Fichi secchi, mandorle, noci, farina, zucchero e cacao: gli ingredienti semplici della tradizionale “pizza ficata”, dolce natalizio che non manca mai sulle tavole degli abitanti di Moresco. Accanto a questo dessert unico, la cucina del luogo propone le pietanze tipiche del piceno; vinci sgrassi, cremini fritti e le immancabili olive all’ascolana.

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e morricine in dialetto del luogo sono le pietre. E proprio su blocchi di pietra si erge il simbolo di Moresco: l’imponente castello che domina la valle sottostante. Borgo di nascita medievale, il paese si sviluppa intorno alla fortezza contraddistinta da torri di avvistamento e difesa costruite per essere la roccaforte strategica dell’antico Comune di Fermo. A distinguere questo da tutti gli altri castelli di epoca medievale, l’inconsueta Torre Eptagonale: 25 metri di altezza per sette lati, dalla sommità dei quali nei giorni di cielo limpido si arriva a scorgere il Monte Conero, il Gran Sasso e perfino le coste dell’Albania. Vero e proprio gioiello della Val d’Aso, Moresco si fa ricordare anche per alcune bellezze artistiche, prima tra tutte la sala consiliare arricchita dalla pala d’altare firmata da Vincenzo Pagani che ha regalato alla città anche un meraviglioso affresco dipinto sotto il portico della piazza principale. Nutrire la propria cultura e la propria anima è assolutamente possibile in questo incantevole borgo, visitando ancora la chiesetta di S. Francesco Borgia o la chiesa di S. Sofia così come ammirando il palazzo di Patrizio Gennari e quello del cardinale Capotosti. Ma altrettanto importante è nutrire il proprio corpo, con piatti tipici della cucina marchigiana oppure con la deliziosa frutta del luogo, che rappresenta senza dubbio uno dei vanti della Valle tutta. WM



L’obiettivo delle Associazioni dei marchigiani all’estero è mantenere il legame tra le Marche e gli emigranti, per non dimenticare ma arricchirsi della diversità. Ne parliamo con Emilio Berionni, Presidente della Consulta dei marchigiani all’estero

Imarchigianinelmondo a cura di

Eleonora Baldi

per non perdere l’identità nativa

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Presidente Berionni, l’immagine dell’emigrante nell’immaginario comune è quello del lavoratore di media-basse estrazione sociale che non trovando opportunità nella terra d’origine sceglie suo malgrado di andare all’estero. Troppe tracce di bianco e nero in questa foto, cerchiamo di tracciarne una a colori, più veritiera: quali sono i Paesi che maggiormente i nostri conterranei hanno scelto come “seconda patria” e che tipologia di lavoro svolgono? “In realtà, di giovani emigranti ce ne sono pochi anche perché il grande spostamento è avvenuto o nel primo novecento oppure nel secondo dopo guerra e comunque è finito con gli anni ’70. Oggi chi decide di spostarsi all’estero lo fa per motivi diversi: prima si cercava di fuggire alla fame, adesso si cerca una realizzazione professionale maggiore. Sono due mondi distinti che dif-

ficilmente si incontrano. Anche per quanto riguarda i Paesi di approdo le differenze sono importanti. Il flusso migratorio fino agli anni ’70 era rivolto soprattutto verso le Americhe, in particolar modo il Sud America, alcuni Paesi dell’Europa, come il Belgio o la Germania, e l’Australia. Oggi spostarsi all’interno dei confini europei è divenuto usuale, l’Europa è percepita come un giardino domestico, e ci si rivolge a Paesi ad alto contenuto tecnologico e culturale come il Nord America. L’emigrazione attuale è molto più evoluta ed affermata. Nella prima metà del secolo scorso, ci si spostava per svolgere lavori di manodopera perché appunto nel territorio d’origine non si riusciva a provvedere alla propria famiglia. Oggi non è più così! I marchigiani all’estero si sono saputi affermare come professionisti, avvocati, imprenditori, ricercatori. Dove c’è stata negli anni una


vera integrazione è anche difficile riconoAssociazioni professionali, per cui è possibile scerli, ormai sono parte del tessuto sociale che in alcune parti del mondo ve ne siano del Paese in cui si sono trasferiti, seppure alcune in grado di dare informazioni “tecnirivendicano l’esigenza di non perdere le che” , ma non è il loro compito principale. Il proprie origini e per questo decidono di assoloro obiettivo è quello di far sentire queste ciarsi insieme per tenere forte il ricordo delle comunità di marchigiani emigrati all’estero loro tradizioni,per non perderle e non farle come facenti parte della comunità regionaperdere ai loro discendenti.” le, anche se vivono al di fuori dell’Italia: la Dal 2000 lei è il Presidente della Consulta comunità è fatta anche da chi vive all’estero, Regionale dell’Emigrazione, oggi Consida chi è figlio di un emigrante ma comunque glio dei Marchigiani all’Estero. Che cosa sente un legame con la sua terra d’origine. significa per lei ricoprire questo ruolo? Le Associazioni sono un luogo di iniziativa, di “Io ho un passato da Amministratore Regiosolidarietà, di cultura regionale. E’ fondamennale e dal 1995 fino al 2000 ho svolto anche tale che questo pezzo di nostra storia non compiti relativi alla “questione emigrazione”. venga perso, che si conservi un legame con In questo periodo ho costruito dei rapporti l’economia, la cultura, la lingua.” che mi hanno portato nel 2000 a godere Quali sono le iniziative che avete promosdella fiducia di chi ha lavorato con me, tanto so a “tutela” dell’identità marchigiana da eleggermi come Presidente. Per me è stata un’importante conferma, ribadita ancora nel momento della seconda elezione e che a breve sarà di nuovo messa alla prova, dato che sono in “prorogatio” per qualche mese. Il mio è un incarico totalmente volontario, che ha come fine quello di fare da mediatore tra le Istituzioni regionali e le Associazioni di marchigiani nel mondo; io sono un loro rappresentante, non ho compiti esecutivi né operativi, ma cerco di contribuire con le indicazioni del Consiglio alla definizione di politiche che siano effettivamente in grado di promuovere l’Associazionismo all’estero e le Marche stesse.” Primi del 900: testimonianze di emigrazione Se un marchigiano, dotato di una determinata professionalità pensasse di voler svolgere il proprio all’estero? lavoro fuori dall’Italia, ma avesse bisogno “Le politiche regionali in favore degli italiani di informazioni particolari, potrebbe all’estero sono attive dagli anni ’70, quando rivolgersi a voi? i nuovi Enti hanno iniziato a prendersi carico “Quelle dei marchigiani all’estero non sono della situazione; le attenzioni erano rivolte ad aiutare questi lavoratori a rientrare nei loro territori d’origine. A partire dagli anni ’80 si è avuto un primo momento di cambiamento: chi era voluto tornare ormai lo aveva fatto; chi era rimasto aveva fatto una scelta definitiva e aveva bisogno di altre tipologie di intervento. Ci si è allora concentrati sul sostegno all’associazionismo come strumento per non perdere il contatto con la propria Regione, chiedendosi: come si può instaurare una relazione duratura tra le Marche ed i marchigiani all’estero? Si sono intraprese politiche atte a spingere un associazionismo attivo che si facesse promo-

tore delle Marche come luogo di accoglienza turistica, della cultura passata ma anche presente. Dagli anni ’90 in poi, si è assistito ad un ulteriore cambiamento: era il momento di preoccuparsi del rinnovo generazionale. Il grande flusso migratorio si è concluso negli anni ’70, quindi dopo 20/30 anni i soggetti con i quali si doveva cercare un dialogo non erano più soltanto gli emigranti, ma anche i loro figli o nipoti. Si è cercato di appassionare questa seconda generazione facendo in modo che potessero conoscere la terra dei loro genitori o dei loro nonni. Abbiamo organizzato dei viaggi di una settimana in cui circa 300 ragazzi hanno potuto visitare le Marche, incontrare loro parenti, vedere per la prima volta i luoghi nativi dei loro cari. E’ qualcosa di estremamente toccante da un punto di vista umano oltre che importantissimo per creare un legame. Ora l’obiettivo è fare in modo che nel territorio regionale non si dimentichi chi è partito in un momento molto difficile, rinunciando a vivere dove era nato. Stiamo portando avanti l’idea di istituire un museo nel quale raccogliere testimonianze, lettere, manifesti, documenti delle biblioteche e degli archivi comunali che ricordino le storie degli emigranti e ne mantengano forte la memoria.” I marchigiani che da anni vivono all’estero,hanno una certa “nostalgia” o ormai considerano la loro vita fuori dalle Marche? “Chi si è fatto una famiglia nel Paese d’approdo ormai viene in Italia sporadicamente, quando può, magari per trovare i genitori. Dopo 30 anni di vita passati in un certo posto, alla fine si instaurano una serie di relazioni, amicizie, rapporti di lavoro che non si ritroverebbero se si tornasse nel proprio paese nativo; e soprattutto per chi ha dei figli, l’idea di portali via da quella che è casa loro è impensabile. Certo, a fronte di queste situazioni ve ne sono altre in cui si è vissuta tutta una vita con il solo scopo di poter ritornare a casa. In generale comunque una certa nostalgia è presente … ma la sua funzione è senza dubbio positiva: difficilmente l’immagine che hanno della loro terra sarebbe rispettata dalla realtà, quindi meglio forse conservare quel ricordo romantico!” WM

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Internazionalizzaziamo! Masappiamoveramentecome?

di

Ammar Hamadneh

Per saper fare qualcosa, bisogna prima conoscerla nei minimi dettagli, capirne i punti di luce e di ombra, le alternative a disposizione e le strategie vincenti

O

ggi più che mai la spinta delle aziende verso i mercati esteri diventa di cruciale importanza per la crescita e il successo del proprio business. Il tema dell’internazionalizzazione, sia in periodi di prosperità che durante momenti di crisi, è sempre un argomento di forte attualità. Ma cosa si intende esattamente con il termine internazionalizzazione? In cosa consiste e come si sviluppa? Con il termine internazionalizzazione si intende il processo di crescita – da parte di una azienda domestica – sui mercati esteri. Da questa semplice definizione si può intuire come tale processo possa essere analizzato sia sul lato dei costi che su quello dei ricavi. Tutti gli strumenti e le tecniche a disposizione di un’impresa possono essere adottate sia in fase di approvvigionamento dei fattori produttivi, sia in fase di allocazione e vendita dei prodotti. Lo studio sistematico del processo di internazionalizzazione nasce negli anni ’60 del XX secolo, con il contributo di Stephen Hymer. Prima di allora l’attenzione a questo fenomeno veniva posta a livello di Nazione piuttosto che di impresa, considerando i

IMPORTAZIONI ESPORTAZIONI Tale strategia consente ad una impresa di accelerare l’ingresso in un mercato estero in quanto si fonda sulla collaborazione con un’azienda locale (Co-Venturer) ben insediata nel mercato in oggetto. Oltre al superamento delle barriere legate al divario tecnologico e culturale, la joint venture garantisce una riduzione dei tempi di insediamento ed una riduzione dei costi di investimento.

flussi di beni e capitali scollegati dalle attività aziendali. La spiegazione di tali movimenti trovava fondamento teorico nel divario esistente tra le diverse Nazioni. I modelli classici del “Vantaggio Assoluto” (Smith, 1776) e del “Vantaggio Comparato” (Ricardo, 1817; Heckscher e Ohlin, 1933) si basano infatti sul concetto legato all’esportazione, da parte di una Nazione, dei soli beni che vengono prodotti localmente ad un costo inferiore - assoluto o relativo - , rispetto a tutte le altre Nazioni. L’economista canadese Hymer fu il primo teorico sull’internazionalizzazione delle imprese, e nel 1960 arrivò alla conclusione che gli investimenti operati sui mercati esteri non dovessero essere considerati come meri flussi internazionali di capitale, bensì come un insieme complesso, coordinato ed organizzato di transazioni operate da imprese interessate in uno specifico mercato. Il ruolo svolto dalla sua analisi fu così innovativo e stravolgente che tutta la produzione letteraria successiva al suo lavoro ne venne influenzata. Di seguito una sintesi delle principali strategie e modalità di internazionalizzazione a disposizione di una impresa:

JOINT VENTURE Insieme di beni e servizi che vengono trasferiti da una nazione ad un’altra. Tale metodologia può essere condotta sia monitorando tutte le fasi che intercorrono dal momento in cui il prodotto/ servizio esce dall’azienda produttrice sino a quando risulta disponibile all’acquirente, oppure esternalizzando in outsourcing tutte le fasi.

INVESTIMENTI DIRETTI ALL’ESTERO (IDE)

MODALITà COLLABORATIVA CON ACCORDI DI LICENZA

Con il termine investimenti diretti all’estero (FDI – Foreign Direct Investment) si intendono gli investimenti internazionali effettuati da un’impresa verso la Nazione in cui risiede un durevole interesse. A seconda che ciò avvenga mediante la costituzione ex-novo di una business unit o viceversa con l’acquisizione di una già esistente, tale processo si definisce “diretto con costituzione” o viceversa “diretto con acquisizione”. La caratteristica fondamentale, rispetto alle altre strategie di internazionalizzazione, è la natura durevole e profonda dell’interesse verso uno specifico mercato (Paese).

Si tratta di una strategia collaborativa fra due imprese, una estera e l’altra locale (con riferimento ad uno specifico mercato) nella quale l’azienda locale produce un determinato bene o servizio utilizzando sotto licenza conoscenze, soprattutto tecnologiche, sviluppate dall’azienda estera. Tale accordo consente ad un’impresa di ottenere benefici dall’utilizzo oltre confine del proprio know how senza sostenere ingenti investimenti (cfr. IDE) né tantomeno condividere risorse e strutture (cfr. Joint Venture).

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Una possibilità operativa che l’imprenditore non può fare a meno di valutare per internazionalizzare in modo oculato

FREE ZONE a cura di

Eleonora Baldi

un’opportunità da conoscere

C

he cos’è una free zone? Semplicemente una seduzione dovuta accelerata alla globalizzazione e ai risparmi promessi da manodopera a basso costo, oppure un’opportunità da non farsi sfuggire, un’altra via per rispondere in maniera importante a questo momento di crisi prolungata, un modo di fare business alternativo che si fonda su concetti diversi, o su concetti cari anche in patria – come quello della rete – ma sicuramente di più facile applicazione in queste zone del mondo? Partiamo da una definizione chiara che sicuramente potrà aiutare a fare un minimo di luce sulla questione. Parlando di zona economica speciale – o Free Trade Zone come viene indicata nell’universale inglese - si intende una specifica area all’interno del territorio di una

>>> www.wepza.org sito dell’associazione mondiale delle zone economiche speciali

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>>> www.gafinet.org sito dedicato alle opportunità in Egitto

>>> www.chineseftz portale che da notizie sulle zone franche cinesi


VANTAGGI OFFERTI Esenzione fiscale, totale per un determinato tempo e poi parziale, sul reddito societario SEMPRE e personale a volte Eliminazione dei dazi sulla riesportazione delle merci prodotte all’interno dell’area Concessione di terreni e uffici a prezzi agevolati Piena proprietà dell’impresa senza obbligo di stipulare joint venture con soggetti locali Possibilità di usufruire immediatamente delle varie infrastrutture e dei servizi logistici Forniture di elettricità, gas e acqua a prezzi agevolati

Nazione all’interno della quale il Governo centrale ha deciso di concedere misure agevolate per l’insediamento di attività imprenditoriali con la precisa finalità di attirare sul suolo nazionale investitori stranieri. Tra i vantaggi che più degli altri hanno attirato l’imprenditoria italiana, così come quella di tutto il mondo, vi è senza dubbio l’esenzione fiscale totale per un periodo di anni variabile da Paese a Paese ma comunque ottimo per supportare lo start-up aziendale e l’eliminazione dei dazi sulla riesportazione delle merci, pratica grazie alla quale il risparmio ottenuto producendo in zone dove il costo di materie prime e manodopera è minore, non viene vanificato con i costi del passaggio doganale. A differenza di quanto si possa erroneamente pensare, non sono solo le grandi imprese che decidono di creare una loro base in queste convenienti aree, ma anche le Pmi se guidate da imprenditori lungimiranti ed attenti possono godere di importanti benefici. Anzi, proprio soggetti che non hanno a disposizione ingenti capitali troveranno enorme guadagno dal poter lavorare a regime fiscale ridotto e avendo a disposizione una rete di “simili”, un cluster, una comunità di imprese che hanno in comune non il settore merceologico ma un concetto di business ben preciso, quello che fa della vocazione all’esportazione il proprio faro. Ma come scegliere quale area può essere più fiorente per la propria impresa? La risposta più semplice sarebbe rifarsi alle

>>> www.ice.gov.it portale dell’istituto nazionale per il commercio estero

classifiche che annualmente i “guru” dell’economia mondiale pubblicano su riviste specializzate di settore, come ad esempio quella che si può consultare sul magazine del Financial Times. Ma ovviamente avere idea della concentrazione di imprese in una determinata zona o della “ricchezza” prodotta dalle stesse può non bastare. La scelta migliore è allora orientarsi in base ai potenziali mercati di sbocco dei prodotti. Ma soprattutto bisogna essere capaci di decidere in tempi brevi, ovviamente dopo aver effettuato le valutazioni del caso. Arrivare in tempo sui mercati di volta in volta emergenti, ponendosi in una condizione di precursori e non tentando di entrare in un mercato già più o meno saturo, rappresenta la vera sfida. Una sfida che si può vincere solo se si sviluppa una nuova mentalità, una nuova attenzione, una nuova abilità: quella di guardare lontano cercando di vedere allo stesso tempo nella maniera più chiara possibile, cercando di superare barriere che molto spesso sono prima di tutto culturali se così si può dire. Ad esempio, se si pensa alle Free Trade Zone il 90% della popolazione informata in tema citerà come “paradiso” Dubai, gli Emirati Arabi in generale. Pochissimi invece hanno approfondito la tematica tanto da sapere che le migliori opportunità di stanno aprendo nei Balcani e nel Continente Africano, così come pure in Iran. E praticamente nessuno se non i veri esperti sanno quanto importanti sono le zone create in Bangladesh, nelle Filippine, in Thailandia o in Togo. Potremmo dire che c’è un mondo dietro Dubai, un mondo che deve essere conosciuto per potervi scovare le vere opportunità. Un primo aiuto lo si può avere dal sito www.wepza.org il cui unico “limite” alla consultazione consiste nel fatto che tutto il testo è in inglese e non vi è al momento possibilità di traduzione. Da tenere particolarmente in considerazione, per tornare molto più vicini ai nostri

Molte Nazioni prevedono al loro interno una o più free zone, che l’Associazione Mondiale delle Zone Economiche Speciali (WEPZA) divide in quattro differenti categorie: Area Ampia: ampie zone con una popolazione residente, come le Zone economiche speciali cinesi o di nuove città. Area Piccola: zone che sono generalmente più piccole di 1000 ettari, normalmente circondate da un recinto. Gli investitori riceveranno benefici solo operando esclusivamente all’interno della zona. Non vi è una popolazione residente, anche se possono contenere dormitori dei lavoratori. Industrie specifiche: zone che vengono create per supportare le esigenze di un settore specifico come quello bancario, dei gioielli, di petrolio e gas, elettronico, tessile, turismo, ecc. Le aziende che hanno investito nella zona possono essere posizionate ovunque e ricevere benefici. Gli esempi includono la Zona dei Gioielli in India e molte zone off-shore banking. Prestazioni specifiche: zone che ammettono soltanto gli investitori che soddisfano determinati criteri di rendimento come il grado di esportazioni, il livello di tecnologia, le dimensioni di investimento, società, ecc. ma possono essere situate ovunque. Gli esempi includono le fabbriche orientate verso l’esportazione in India, il programma Messico Maquila, un parchi di ricerca.

confini, la Macedonia che ha attivato ben quattro aree speciali con agevolazioni molto convenienti tanto che proprio il Ministero dello Sviluppo Economico ha deciso di finanziare “la settimana della Pmi italiane in Macedonia” che si è tenuta tra il 19 e il 23 Ottobre scorsi. WM

>>> www.freezones.org

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Volete internazionalizzare? Fatevi guidare da

Marchet! www.marchet.it marchet@an.camcom.it Marchet – Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona per lʼInternazionalità delle PMI Piazza XXIV Maggio, 1 – 60124 Ancona Tel: 071 2072913 Fax: 071 5898265 marchet@an.camcom.it www.marchet.it

GIà NELLA DEFINIZIONE “AZIENDA SPECIALE” è NASCOSTO UN DESTINO PARTICOLARE: QUELLO DI FARE QUALCOSA IN PIù, DI DIVERSO. E CHE COSA è QUESTO QUALCOSA IN PIù DI MARCHET?

“Credo che il lato speciale di Marchet sia il modo con cui ogni giorno portiamo avanti il nostro lavoro: orientamento al risultato, passione e determinazione. Nel tempo, abbiamo instaurato un rapporto di fiducia e dialogo con le imprese locali, le associazioni di categoria e le istituzioni; questo ci ha permesso di capire più approfonditamente le loro esigenze. Lo stesso succede con i nostri partner e così siamo riusciti a creare un vero e proprio network di persone, capaci e motivate che supportano operativamente le PMI sia a livello locale che all’estero. Lavorare con l’estero significa avere spirito di adattamento, grandi capacità organizzative e relazionali nonché di problem solving; nei mutevoli contesti internazionali dobbiamo esprimere al massimo queste qualità e tali valori, che appartengono allo staff di Marchet e ai suoi collaboratori sui mercati esteri.”

QUALI SONO LE OPPORTUNITà CHE METTETE A DISPOSIZIONE DELLE AZIENDE? E PER I LAVORATORI?

“Oltre alle numerose iniziative promozionali internazionali che organizziamo, le imprese locali possono usufruire di diversi servizi. Cito per prime le opportunità commerciali estere che ogni mese pubblichiamo nell’omonima sezione del

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Sono le parole di Gordana Gnesutta, Direttore di Marchet - Azienda Speciale della Camera di Commercio di Ancona, per l’internazionalità delle PMI – a far trapelare la professionalità e l’organizzazione del network internazionale creato da Marchet

nostro sito www. marchet.it. Oltre a queste informazioni, gli imprenditori possono attingere ai servizi personalizzati che eroghiamo attraverso la rete dei nostri desk all’estero e con il “servizio internazionalizzazione” per un’assistenza personalizzata su tutti i mercati. Abbiamo potenziato molto il settore della formazione con corsi di specializzazione destinati a giovani che vogliono lavorare nel settore export e con quelli di aggiornamento che vedono la partecipazioni di chi già lavora nelle imprese. Inoltre organizziamo anche seminari tecnici riguardanti tematiche importanti per l’internazionalizzazione.”

C’è SECONDO VOI UNA REALE CAPACITà DI FARE RETE TRA I SOGGETTI ECONOMICI E POLITICI DELLA NOSTRA REGIONE? E CHE COSA COME AZIENDA SPECIALE VORRESTE FARE PER MIGLIORARE QUESTO DIALOGO?

“La capacità di fare rete c’è e Marchet l’ha dimostrato ampiamente nel corso del 2010. Infatti grazie al coordinamento con le varie istituzioni del territorio sono state organizzate iniziative congiunte che hanno raggiunto risultati notevoli, come quelli ottenuti in Cina e negli Emirati Arabi. In questi anni gli enti e le istituzioni locali hanno svolto un buon lavoro grazie alla volontà di aprire nuovi mercati per le PMI, ma credo che per

raggiungere risultati ancora più importanti ogni componente di questa squadra debba avere un ruolo più chiaro e definito riconoscendo sempre di più il valore degli altri.”

QUANT’è IMPORTANTE RIVOLGERSI AI MERCATI ESTERI? QUALI SONO I CONSIGLI CHE POTRESTE DARE?

“Rivolgersi ai mercati esteri è diventata quasi una necessità per molte piccole e grandi imprese locali per rimanere concorrenziali sul mercato o per acquisire nuovi spazi e clienti. Un consiglio che vorrei dare a tutti gli imprenditori è di non improvvisare l’internazionalizzazione del proprio business, ma seguire una corretta programmazione e pianificazione rivolgendosi ad esperti del settore che a seconda delle esigenze possono consigliare un corretto approccio onde evitare gli insuccessi delle iniziative sporadiche e non coordinate. “

IL 2010 STA PER FINIRE. PROVIAMO A GUARDARE UN PO’ PIù AVANTI: QUALI SONO GLI OBIETTIVI CHE VORRESTE RAGGIUNGERE NELL’ANNO A VENIRE?

“Il 2011 sarà l’anno del consolidamento di quei mercati in cui abbiamo lavorato e creato un sistema per le nostre imprese. Tra questi c’è sicuramente la Cina, Paese in fortissima crescita e con ampie possibilità di investimento. Qui, lavoriamo molto anche grazie ai nostri desk, dislocati su tre diverse province del Paese. Molto interesse sarà rivolto anche al mercato interno dell’UE, ai Paesi dell’area Balcanica e a quelli che si affacciano sul bacino del Mediterraneo.” WM


Studiare all’estero:

semplice opportunità o necessità? Decidere di compiere parte del proprio percorso di studi all’estero potrebbe rappresentare il modo grazie al quale orientare all’eccellenza la propria carriera?

G

li Atenei italiani hanno una storia ricca di successi, di giovani menti plasmate per essere ricordate per le loro scoperte, per le loro abilità, per le loro qualità. Un passato ricco di fasti dunque che però è stato messo a dura prova negli anni da una politica poco attenta a finanziare progetti di ricerca, a dare sbocco alle idee. Il sistema scolastico tutto ed universitario in particolare è stato oggetto di più di una revisione che però mai è stata in grado di creare un’importante inversione di tendenza. La propensione a investire sulle giovani leve è sempre minore: non si da tempo di crescere,

si preferisce un risultato sicuro seppure minore ora alla possibilità di qualcosa di importante domani. Ecco allora che per chi sceglie di seguire un percorso universitario può diventare fondamentale iniziare ad avere un contatto con l’estero ancora prima della laurea per conoscere il mondo al di fuori dell’Italia, per padroneggiare perfettamente le lingue che sono il passaporto senza il quale nessun viaggio – che sia di piacere o professionale – è ormai possibile, per confrontare il mercato del lavoro extra italiano con quello locale. E poter poi avere la possibilità di scegliere, veramente!

Le università sono ovviamente attente a questo aspetto, perché tra le finalità educative che si pongono, c’è ovviamente quella di forgiare personalità e mente, di dare gli strumenti non solo culturali ma anche, se vogliamo caratteriali, per poter essere la classe dirigente del futuro. Sensibili dunque alle criticità sopra esposte, da anni ormai si sono attivati programmi per facilitare lo scambio interculturale che rendano possibile compiere parte dei propri studi in atenei europei e non, aprendo le porte ad esperienze che comunque permetteranno di arricchire in modo significativo il bagaglio dello studente e della persona. WM

IL PROGETTO ERASMUS

IL PROGETTO LEONARDO

IL PROGETTO ERASMUS MUNDUS

permette agli studenti che ne fanno parte di frequentare per un determinato periodo accademico i corsi di Atenei situati in diversi Paesi della Comunità Europea, a seconda delle convenzioni attivate dall’Università di provenienza. Gli esami sostenuti in lingua saranno poi riconosciuti in Italia; il trasferimento di tali crediti può essere automatico, mediante l’applicazione dell’Ects - European Credit Transfer Scheme - oppure concordato prima della partenza con i singoli docenti. Il programma dà diritto all’esonero dal pagamento delle tasse universitarie dell’ateneo ospite e ad un contributo per le spese supplementari.

è attivato dall’Unione Europea sul fronte della formazione professionale; finanzia progetti specifici per obiettivo, contenuto, destinatari e durata del periodo di studio all’estero, oppure per un’ esperienza di lavoro svolta in un’impresa o in un istituto di formazione. Viene data ai giovani la possibilità, attraverso l’erogazione di una borsa di mobilità individuale, di studiare all’estero e di compiere un’esperienza di formazione e lavoro in uno dei paesi membri dell’Unione Europea o nei Paesi dell’AELS-SEE : Islanda, Liechtenstein, Norvegia.

è atto a incentivare gli studenti ad intraprendere un periodo di studio all’estero finalizzato al miglioramento della qualità dell’istruzione superiore europea e allo sviluppo della comprensione interculturale. I corrispettivi italiani dell’istruzione superiore europea così come intesa dalla Comunità Europea sono i corsi di laurea magistrale e formazione post laurea. Questo progetto si caratterizza per offrire un programma integrato di studi di alta qualità, con uno specifico “valore aggiunto europeo”: i corsi inseriti faranno accumulare da 60 a 120 crediti Ects e sono caratterizzati dalla piena integrazione del curriculum, dalla mobilità in almeno due Istituzioni del consorzio in due differenti Paesi Europei, dalla garanzia del rilascio di un titolo congiunto o doppio o multiplo e dal pieno riconoscimento nei Paesi interessati del titolo rilasciato.

IN PROPOSITO, COSA POSSONO DIRCI LE UNIVERSITà MARCHIGIANE? SONO TUTTE POSSIBILITà ATTIVE NEI NOSTRI ATENEI? COME CI SI ACCEDE? QUALI ALTERNATIVE CI POSSONO ESSERE? E SOPRATTUTTO, QUANTO CONTA POTER VANTARE UN’ESPERIENZA COME QUESTA NEL MOMENTO DI ACCEDERE AL MERCATO DEL LAVORO?

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’internazionalizzazione è una stella polare dell’Università di Macerata. Per quanto riguarda gli studenti, grazie al Centro Rapporti Internazionali, Unimc offre ampie e diversificate opportunità di studio e di stage all’estero, nonché percorsi formativi rispondenti alle esigenze di un mercato del lavoro competitivo e proiettato nel contesto transnazionale. L’Ateneo si rivolge non solo ai Paesi dell’Unione Europea, ma anche ai Paesi in via di sviluppo - quali l’EstEuropeo, il bacino del Mediterraneo (Tunisia, Palestina), l’Asia (Cina,

UNIVERSITA’ DI MACERATA Rettore: Prof. Luigi Lacchè www.unimc.it Piaggia della Torre, 8 – 62100 Macerata tel. 0733/2581 Anno di fondazione: 1.290 Iscritti: circa 13.000 Facoltà: Economia Beni culturali (sede distaccata di Fermo) Giurisprudenza Lettere e filosofia Scienze della comunicazione Scienze della formazione Scienze politiche Sedi distaccate: Civitanova Marche: c.so di laurea in Mediazione linguistica Fermo: Facoltà di Beni culturali Jesi: corsi di laurea in Consulenza del lavoro e per l’impresa e Operatore giudiziario Spinetoli: curriculum “Educatore sociale” (F. di Scienze della formazione) e corsi in video conferenza della Facoltà di Scienze politiche. Contatti Area Diritto allo Studio - Segreteria Studenti, Via Piave, 42 - 62100 Macerata, tel 0733 2582000, fax 0733 2586025, email ss.studenti@unimc.it Centro Orientamento e Tutorato, Via Piave, 42 - 62100 Macerata, tel 0733 2586005, fax 0733 2586032, email orientamento@unimc.it Cetril (Centro per i Tirocini, i Rapporti con le Imprese e il mondo del Lavoro), Via Piave, 42 – 62100 Macerata, Tel. 0733 258.6008, e.mail: cetri@unimc.it

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India) - ed ai Paesi ad alto sviluppo scientifico e tecnologico (Usa e Canada). Il Centro cura i programmi di mobilità, fornendo supporto nelle pratiche amministrative: l’Erasmus, per il quale quest’anno sono state bandite 533 borse per studiare in una delle 123 università europee partner, 24 le nazioni tra cui scegliere; l’Erasmus Placement, per il quale sono in palio 33 borse per stage in Europa; il programma Leonardo, che prevede 86 borse di mobilità per tirocini formativi all’estero. Unimc offre soggiorni di studio finanziati all’estero anche in Paesi extra-Ue grazie ad accordi bilaterali - Canada, Australia, Russia, per citarne alcuni – e ospita Summer School per studenti delle Università di Murdoch, Australia, e della prestigiosa Università di Princeton, Usa , oltre a una Summer e Winter school aperta a studenti di tutto il mondo. L’internazionalizzazione, infine, è uno dei principi della Scuola di Studi Superiori ‘Giacomo Leopardi’, che consente ai propri allievi di confrontarsi con i docenti stranieri e promuove soggiorni presso le migliori Università e Centri di ricerca internazionali. Per maggiori informazioni, si rimanda al sito www.cri.unimc.it.

Luigi Lacchè Il Contributo del rettore “Ho deciso, in un momento non certo facile per le Università italiane, di assumere la responsabilità di guidare l’Università di Macerata perché è la mia Università, il luogo nel quale mi sono formato e sono ritornato dopo un periodo di formazione e di insegnamento all’estero all’inizio della mia carriera. Unimc mi ha dato molto, mi ha offerto importanti occasioni di crescita intellettuale e professionale. Per questa ragione vorrei che molti altri giovani, oggi e in futuro, possano avere le stesse opportunità, in un clima sereno di studio, di vera prossimità alle attività di ricerca e di partecipazione ad una didattica moderna e stimolante. Credo che Macerata possa essere la scelta giusta per costruire il proprio futuro. L’Università di Macerata coltiva la sua antica e forte vocazione umanistica perché è convinta che i suoi saperi sono utili e fanno innovazione al pari delle tecnologie. Vorrei poter dare, attraverso la mia Università, un contributo allo sviluppo e all’innovazione della società che ci circonda”.


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l nostro Ateneo offre una vasta gamma di opportunità per gli studenti interessati a trascorrere periodi di studio o di tirocinio all’estero, attraverso le borse Erasmus, Erasmus Placements, ISEP e accordi di cooperazione internazionale. viene pubblicato ogni anno a gennaio e scade il 15 marzo. E’ diviso in tre parti: norme generali di partecipazione, elenco delle borse disponibili - diviso per facoltà - informazioni utili sulle università straniere comprese nel bando. Il bando Erasmus placements viene pubblicato di solito nel mese di ottobre, scade dopo 30 giorni e permette agli studenti del nostro Ateneo di trascorrere 3 mesi presso un’azienda dell’Unione europea scelta dallo studente, con l’aiuto dell’ufficio tirocini di facoltà.

Il bando Erasmus

Il bando ISEP permette ai nostri

studenti di trascorrere un semestre presso un ateneo statunitense (la lista è disponibile nel sito: www.isep.org); la borsa comprende esenzione dal pagamento delle tasse, vitto e alloggio. Il bando viene di solito pubblicato a settembre e scade a novembre. Attraverso gli accordi di cooperazione internazionale i nostri studenti hanno la possibilità di trascorrere periodi di studio presso Università australiane (University of the Sunshine coast e Macquarie University di Sidney) e statunitensi (State University of New York, college at New Paltz e Rutgers University). Sono in preparazione accordi con Università argentine e brasiliane. Oggi un curriculum che non comprenda esperienze anche minime all’estero è inevitabilmente carente. Non soltanto per

quanto riguarda la conoscenza delle lingue ma verrebbe da dire soprattutto per la dimostrazione in sé di apertura mentale, di disponibilità all’accrescimento dei propri confini mentali e culturali, e dunque conseguentemente per l’esperienza di vita oltreché di studio e per lo scambio dei punti di vista che tutto ciò porta con sé. Dunque un vantaggio anche di tipo formale oltre che sostanziale, che sempre di più potrà fare la differenza in un mondo che si sta votando a quegli aspetti positivi della competizione che sono rivolti alla valorizzazione del merito e delle competenze.

Stefano Pivato Il Contributo del rettore La decisione di candidarmi a ricoprire il ruolo che fu di Carlo Bo in tempi di grande difficoltà per l’università italiana e ancor più per Urbino, non fu certo presa a cuor leggero. Ma la sfida aveva un fascino irresistibile proprio in quell’eredità e nell’ambizione di avere idee, passioni e professionalità per governare e rilanciare l’ateneo attraverso il coinvolgimento di tanti amici capaci e motivati che ci vivono e lavorano. L’assunzione di responsabilità sociale dell’Università è fondamentale per rafforzare il rapporto con il personale e con gli studenti, migliora la fiducia e il mantenimento di buone relazioni, sviluppa il dialogo con le Istituzioni e la Pubblica Amministrazione, instaurando in definitiva un rapporto di confronto, mutua collaborazione e arricchimento. Dopo anni di autoreferenzialità che ha in buona parte nuociuto agli atenei, alla loro immagine e soprattutto ai loro bilanci c’era bisogno di una massiccia dose di immissione di partecipazione alle decisioni che contano. E dopo un anno di rettorato posso dire che anche se ancora ce n’è di strada da fare, i risultati si vedono. In seguito a modifica statutaria, ora tre membri esterni di grande professionalità siedono nel Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo nominati su proposta di un Tavolo di Consultazione aperto a tutte le forze sociali che ha appena prodotto la Carta dei Servizi. Con essa la città si apre e declina organicamente, in un documento condiviso e diffuso congiuntamente, tutti i servizi e sconti riservati agli studenti in più di cento esercizi commerciali. La pretesa che ho, ma mi vien da dire abbiamo, sarebbe quella di riprodurre come università lo spirito che fu di Federico da Montefeltro nel creare una piazza palazzo a tre pareti, votato umanisticamente all’apertura ai cittadini: oggi quella piazza è rappresentata dal coinvolgimento costante dei cittadini alle attività dell’ateneo grazie a una informazione diffusa e aperta sui media, sul web e sui social network. Nella speranza che l’Italia riparta investendo sul sapere.

UNIVERSITA’ DI URBINO L’Università degli Studi di Urbino nasce nel 1506 su decreto di Guidubaldo da Montefeltro, figlio del grande condottiero e mecenate Federico II. I cinquecento anni trascorsi uniscono idealmente le due figure-simbolo della città, dopo il mezzo secolo di rettorato di Carlo Bo a cui è intitolato l’Ateneo e agli architetti-urbanisti che hanno forgiato Urbino così com’è oggi: una città in forma di palazzo, un ateneo in forma di città. Questa rinascimentale “città campus”, nominata dall’UNESCO Patrimonio Mondiale dell’Umanità, accoglie attualmente circa 15.000 studenti i quali, oltre a giovarsi dell’accoglienza degli altrettanti cittadini, hanno a disposizione 1.590 alloggi nei collegi progettati e realizzati dall’architetto Giancarlo De Carlo e gestiti dall’ERSU delle Marche che ogni anno eroga circa 1.600 borse di studio. I corsi sono distribuiti su 10 Facoltà: Economia, Farmacia, Giurisprudenza, Lettere e Filosofia, Lingue e letterature straniere, Scienze della Formazione, Scienze e tecnologie, Scienze Motorie, Scienze Politiche, Sociologia. L’offerta formativa prevede 19 lauree triennali, 20 specialistiche, la laurea magistrale di Giurisprudenza, 3 lauree quadriennali e quinquennali a ciclo unico, 20 master e 17 corsi di perfezionamento.

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Dai dati trimestrali Istat, un vento finalmente positivo sembra soffiare sulla nostra Regione… possiamo iniziare a respirare?

MARCHE... l’isola “felice” dell’occupazione?

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che calcola l’occupazione, anch’essa in crescita rispetto allo stesso periodo del 2009 passando dal 63,8% di occupati al 64,1%. Questi dati assumono ancora più rilievo se confrontati con il panorama generale dell’Italia, in cui la situazione si dimostra contraria, con una diminuzione del tasso di occupazione che passa dal 57,5% al 57,2%. Ovvio che non si possa ancora gridare al miracolo, perché per poter parlare di effettiva ripresa questo andamento positivo deve essere confermato nel corso dell’anno. D’altra parte però rappresenta un forte segnale di fiducia sia per i lavoratori marchigiani che per gli imprenditori: entrambi questi soggetti hanno saputo far fronte alle difficoltà, scommettendo su se stessi, sulla propria professionalità, sulle idee e sulla vitalità di un sistema economico come quello della nostra Regione

l 23 Settembre l’Istat ha pubblicato i dati trimestrali riguardanti i livelli di occupazione/disoccupazione in Italia e nelle varie Regioni. A partire dalle informazioni contenute nel documento, sembra di poter dire che la nostra Regione stia piano piano iniziando a risalire la china dopo il momento più grave della crisi. Lo stesso Gian Mario Spacca, Presidente della Regione, si è trovato a commentare con soddisfazione questi dati che evidenziano un trend positivo sul piano occupazionale, soprattutto se confrontato con quanto accade nelle altre regioni e con la media del nostro Paese: le Marche risaltano infatti al primo posto per il basso tasso di disoccupazione pari al 5,4% - in discesa rispetto al 6,3% dell’anno passato a fronte del 8,3% come media nazionale. Ancora buone notizie vengono dall’indice

Marche Lavoro

Media 2009 II° trim 2010

Italia Media 2009 II° trim 2010

Tasso di disoccupazione totale

6,6%

5,4%

7,8%

8,3%

Variazione in punti % rispetto allo stesso periodo anno precedente

+0,9%

-0,9%

+1,1%

+1,0%

Tasso di occupazione

63,8%

64,1%

57,5%

57,2%

Variazione degli occupati % rispetto allo stesso periodo anno precedente

-0,3%

+0,6%

-1,6%

-0,8%

che da sempre è stato foriero di ottime opportunità. E’ per questo motivo che saranno assolutamente necessari investimenti, sia da parte dei privati che delle Istituzioni regionali e provinciali, che possano continuare a fornire ossigeno puro grazie al quale far respirare il nostro tessuto imprenditoriale e finanziario. E questo non può essere valido solo per settori come il manifatturiero che da sempre rappresentano la base-lavoro marchigiana, ma anche per quelli che possono rappresentare nuovi sbocchi, non ancora saturi, come i servizi alle aziende o alla persona, la comunicazione, l’enogastronomia, il turismo, l’hi-tech e tanto altro ancora. Ci vuole uno sguardo aperto, in grado di abbracciare orizzonti che gioco forza devono allargarsi per poter riparare agli ingenti danni comunque creati dalla crisi mondiale…anche per evitare di ritrovarsi un’altra volta a dover gestire un collasso come quello a cui abbiamo appena assistito. Cerchiamo allora di scendere più in profondità, di confrontare la realtà Provincia per Provincia, chiedendo direttamente alle amministrazioni di fotografarci la situazione: com’è il livello di occupazione effettivamente percepito? Quali professionalità maggiormente sono richieste? Quali politiche si stanno seguendo a livello istituzionale? WM

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Un’istantanea per provincia INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROvINCIA DI ANCONA PATRIZIA CASAGRANDE Sui cittadini e sugli enti locali grava l’intero peso della crisi economica perché su di essi si riversano i tagli di una manovra che deve rimettere ordine nei conti dello Stato. Intanto, le Province vedono la fila agli sportelli dei Centri per l’impiego allungarsi sempre più, mentre fra i lavoratori si insinua un sentimento di incertezza non ancora attenuato dai segnali di ripresa, seppur lievi, dell’occupazione. Certamente la Provincia di Ancona non abbandona il suo senso di responsabilità nell’affrontare una congiuntura davvero difficile. Solo ieri (ndr 27 Ottobre 2010) presentavamo un “Piano provinciale del lavoro e della formazione” da 16 milioni di euro. Risorse provenienti soprattutto dal Fondo sociale europeo, destinate al sostegno a fondo perduto della creazione d’impresa,

a borse lavoro e di ricerca, alla riqualificazione e formazione professionale, alla conciliazione dei tempi delle donne, all’inserimento di soggetti svantaggiati e alla cassa integrazione. Sì, i Fondi sociali europei, da sempre destinati alle politiche attive del lavoro, per la prima volta copriranno una buona parte delle politiche passive del lavoro. Di fatto, non riuscendo a garantire la copertura totale della cassa integrazione, il Governo ha ottenuto dall’Unione europea che dal Fondo sociale se ne prelevasse una parte consistente. Oltre ai tagli diretti agli enti locali, si presentano dunque anche quelli indiretti. Non meno pesanti.

Ancora una volta a carico delle fasce da tutelare. Senza voler fare catastrofismo, i cittadini non possono certo essere incoraggiati all’ottimismo se, pure sul fronte della pubblica amministrazione, i ministri Gelmini e Brunetta annunciano centinaia di migliaia di posti di lavoro a rischio da qui a un paio d’anni. Mentre aspettiamo che il Governo elabori una politica di sviluppo, continueremo a stringere la cinghia, tamponando emergenze e preparando la ripresa insieme a tutti i soggetti del territorio.

INTERVENTO DEL COMMISSARIO PREFETTIZIO DELLA PROvINCIA DI MACERATA SANDRO CALvOSA Il mercato del lavoro non si è fermato, ma rispetto al passato è diminuito il “movimento” complessivo e soprattutto sono diminuiti i contratti stabili. Quest’anno, rispetto al 2009, risulta un aumento dei contratti di lavoro flessibili, in particolare del contratto di lavoro cosiddetto “intermittente” e del lavoro accessorio, prevalente nel settore alberghiero e del commercio. I settori che registrano un maggior numero di assunzioni sono quelli dell’alberghiero e della ristorazione, poi il manifatturiero e a seguire il commercio e i servizi. A trovare le maggiori difficoltà di un rapporto di lavoro stabile sono soprattutto i giovani senza esperienze professionali, le donne che hanno difficoltà nel conciliare i tempi di vita familiare con le esigenze richieste dal mercato del lavoro ed infine le persone non più giovani che per cause contingenti e di crisi economica si trovano improvvisamente disoccupate. Le professionalità maggiormente richieste sono sempre più figure specializzate: cuochi, cucitrici, saldatori, orlatori di calzature, elettricisti, manutentori. In misura marginale vengono richieste figure professionali generiche e, comunque, legate esclusivamente a contratti di apprendistato.

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La Provincia interviene annualmente sulla “questione occupazione” con vari progetti investendo rilevanti quote del Fondo sociale europeo. Tra questi figurano soprattutto le “borse lavoro” e gli “assegni di ricerca (un milione e 700 mila euro negli ultimi due anni) finalizzati ad avvicinare neo diplomati e neo laureati al mondo del lavoro. Con queste iniziative si permette ai giovani di fare esperienze dirette in aziende del territorio, creando le condizioni per far nascere rapporti lavorativi duraturi. Per l’occupazione femminile sono stati messi a bando “voucher” per circa 350 mila euro finalizzati a finanziare le spese che molte donne sostengono per far assistere figli minori o anziani non autosufficienti durante la loro assenza da casa per motivi di lavoro. Inoltre, si è appena concluso un progetto della Provincia che ha permesso di stabilizzare 50 lavoratori: 25 uomini, tra cui 3 “over 45”, e 25 donne. Attraverso degli incentivi economici alle imprese (circa 300 mila euro) sono stati trasformati contratti di lavoro “atipici” in contratti a tempo indeterminato. E’ ancora in corso, infine, un ulteriore bando di 140 mila euro con il quale la Provincia incentiva le imprese a creare nuovi posti di lavoro.


INTERVENTO DI MATTEO RICCI, PRESIDENTE DELLA PROvINCIA DI PESARO E URBINO Il territorio della provincia di Pesaro e Urbino, caratterizzato da piccole e micro imprese (il 90% del tessuto economico), ha risentito pesantemente della crisi. Se prima la disoccupazione qui non esisteva, attestandosi su un tasso del 3,5%, nel 2009 si è registrato un 5,9%, anche se i nuovi dati Istat relativi alle Marche fanno ben sperare in un miglioramento pure nelle singole province. Timidi segnali di ripresa in effetti ci sono, con meno iscrizioni nelle liste di mobilità ed una riduzione del ricorso alla cassa integrazione (nonostante quella “in deroga”, che riguarda soprattutto le piccole e medie imprese, sia superiore al resto delle Marche). Qualche nota positiva anche nelle assunzioni: il nostro “Ufficio mercato del lavoro” ne ha registrate 30.300 nel primo semestre 2010, contro le 53mila di tutto il 2009, con richieste in particolare nel commercio, servizi alla persona, area amministrativa e finanziaria, ambito socio-sanitario, anche se i contratti sono per lo più precari. Ed è proprio questa precarietà che genera incertezza e sfiducia. Di fronte alla crisi, ci siamo dati fin da subito due parole

d’ordine: resistere e innovare. Sul primo versante, siamo intervenuti in aiuto delle famiglie in difficoltà (accordi con gestori di servizi per agevolazioni tariffarie acqua e rifiuti, abbonamenti trasporto scolastico, acquisto libri di testo, corsi di riqualificazione con indennità di frequenza per disoccupati senza ammortizzatori sociali ecc.), così come a favore delle imprese, concorrendo al “fondo regionale di solidarietà” e prendendo parte attiva nelle situazioni più difficili, favorendo incontri per il mantenimento dei posti di lavoro. Abbiamo anche utilizzato gli strumenti messi a disposizione dal fondo sociale europeo, come “borse lavoro”, “assegni di ricerca” per giovani laureati, “sostegno alla creazione d’impresa”, consulenze e check – up aziendali. Per quanto riguarda l’innovazione, i settori della green economy e del turismo sono quelli a cui stiamo guardando con attenzione, visto che il nostro territorio ha forti potenzialità.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROvINCIA DI FERMO FABRIZIO CESETTI UNA TERRA ChE VIVE DEL PROPRIO LAVORO La crisi che sta attraversando la nostra economia richiede un impegno straordinario da parte degli Enti Locali. In particolare, la Provincia di Fermo ha fatto del sostegno al reddito, all’occupazione e alle imprese una priorità assoluta. Lo dimostrano le numerose iniziative poste in essere, i progetti avviati e quelli in fase di elaborazione. Nella prima fase ci siamo fatti trovare pronti per sostenere la cassa integrazione in deroga (circa 4 milioni di euro), vale a dire quella destinata alle imprese con meno di 15 dipendenti, e ci siamo mossi anche attraverso l’attivazione di voucher formativi ai lavoratori in cassa integrazione per oltre 1 milione di Euro. Successivamente abbiamo dato la possibilità ai piccoli Comuni sotto i 2.000 abitanti

di usufruire di 11 borse lavoro (per oltre 120.000 Euro), le cosiddette work experience, che si aggiungono alle 150 borse finalizzate alla realizzazione di progetti di ricerca per laureati ed esperienze lavorative per diplomati, inoccupati o disoccupati, presso le piccole e medie imprese del territorio provinciale. L’ultima, significativa azione in ordine di tempo è il Progetto Colombo per la creazione di nuove imprese, con la firma di un protocollo d’intesa con Camera di Commercio, Cosif, Fondazione Cassa di Risparmio di

Fermo, Gal Fermano e 11 Associazioni di Categoria, per un investimento complessivo di 1.430.000 Euro. Infine, non posso non ricordare le decine di iniziative nel settore culturale ed in quello turistico che, se da un lato ci hanno permesso di garantire servizi e strutture fondamentali per i nostri Comuni, dall’altro ci aiutano ad accendere i riflettori nazionali ed internazionali su una terra che, del lavoro e della propria creatività, continua a vivere orgogliosamente, attraverso una sinergia tra tutti gli attori protagonisti, a partire dall’Amministrazione Provinciale che mi onoro di guidare.

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA PROvINCIA DI ASCOLI PICENO PIERO CELANI La crisi economica ha colpito più duramente il Piceno rispetto alle altre realtà della Regione con un aumento considerevole del numero dei lavoratori in mobilità e un incremento del ricorso alla cassa integrazione ordinaria e straordinaria. Grandi realtà produttive sono entrate in crisi delocalizzando altrove gli stabilimenti sul territorio. Uno scenario complesso in cui la Provincia di Ascoli Piceno si è mossa puntando al lavoro e alla formazione come elementi essenziali per superare la crisi e creare nuove opportunità d’occupazione. In particolare, l’Ente utilizzerà 8 milioni di euro di Fondi europei della programmazione 2010 -2011 per finanziare gli ammortizzatori sociali in deroga e favorire l’innovazione nelle piccole e medie imprese attraverso il co-finanziamento di studi e consulenti direttamente all’interno delle realtà imprenditoriali. Non solo, i fondi saranno anche impiegati per sostenere gli spin-off aziendali con la creazione di

nuove realtà imprenditoriali, soprattutto di carattere intellettuale. Oltre al comparto manifatturiero, il Piceno possiede asset formidabili (storici, artistici, paesaggistici, sociali, culturali) che il turismo può contribuire ad esaltare anche attraverso specifiche figure professionali. A tale riguardo la Provincia attiverà un corso per operatore dell’accoglienza, bed and breakfast, country house e strutture ricettive. Infine, con l’obiettivo di attrarre nuovi investimenti e coordinare le azioni a sostegno delle imprese e dell’occupazione, la Provincia ha elaborato un Piano di Marketing Territoriale in stretta sinergia e condivisione con tutte le forze economiche e sociali locali. Fra le priorità di intervento c’è quella di individuare un “marchio per il Piceno”, identificativo delle “eccellenze” del territorio, in grado di promuovere l’identità dello stesso a beneficio degli operatori turistici e, più in generale, del mondo imprenditoriale.

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di

Fabio Curzi

Sembrava Falerone e invece era Londra

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na fiera è una fiera, se ne fanno di continuo. Una fiera è un rito conosciuto, dalla progettazione di stand sempre più lineari ed essenziali alla disposizione della merce sugli scaffali, ricordando di mettere tanti biglietti da visita in tasca o nel portafoglio. Biglietti da visita che si scambiano e collezionano come figurine, attenti a ricordare un dettaglio di quella persona, di quel possibile cliente. Facce che si ammassano nella stanchezza che viene a sera, in albergo, per essere dimenticate una volta rientrati a casa. Una fiera è una fiera, se ne fanno di continuo. Alla fiera Speciality and Fine Food di Londra (5-7 settembre) quest’anno gli stand erano quasi tutti bianchi. Molto alti e articolati quelli nazionali di Spagna, Francia, Irlanda, di regioni come Scozia e Galles. Bianchi pannelli di plastica con fotografie di barattoli e bottiglie giganti. Banconi dietro i quali gli operatori erano concentrati e professionali come commessi in una boutique di scarpe. Poi c’era, là nel mezzo del centro fiere di Olympia, un pezzo di casale marchigiano. Con l’intonaco rosa e i mattoni a facciavista e le tavole di legno scuro e i tavoli segnati e le sedie di paglia e gli sgabelli. E la gente che debordava, seduta e in piedi, fino ad occupare il corridoio. Con i responsabili della sicurezza dell’organizzazione a chiedersi il perché di tanto affollamento. Allo stand di Marche’s si stava esibendo lo chef Gennaro Contaldo. Nel momento in cui Gennaro alza in aria le tagliatelle appena preparate, per mostrarle al pubblico che gli si è fatto intorno, scatta un applauso. Un attore non avrebbe saputo far meglio, per portare i presenti verso la tradizione della gastronomia marchigiana. Gennaro è famoso al pubblico inglese, sia perché conduce programmi per la BBC, sia perché è considerato il maestro di Jamie

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Porchetta, olive all’ascolana e crescia calda: con un bicchiere di vino anche Londra diventa marchigiana

Oliver, una star internazionale dei fornelli. Per l’esordio di Marche’s era difficile prevedere una riuscita così forte e significativa. Un progetto avviato di recente per la promozione delle migliori produzioni enogastronomiche regionali attraverso il racconto di ciò che fa la differenza rispetto ad un prodotto standardizzato e ripetitivo: il rapporto col territorio. Vino e formaggi, olio e tartufo e salumi e preparazioni di pesce, trovano forza presentandosi insieme, permettendo di costruire un abbinamento che non è solo nel piatto a tavola, ma nella radice stessa della cultura alimentare. Quando a tavola arrivano le tagliatelle al ragù bianco di agnello e verdicchio dei castelli di Jesi, preparate dai cingolani Andrea Tantucci e Diego Ciciliani, i presenti non stanno solo assaggiando dell’ottima cucina, ma sperimentano di persona quelle sensazioni che noi diamo per scontate. Se non tutta la settimana, almeno la domenica. Dentro la “piazza” organizzata da Marche’s si

è radunata una piccola comunità di italiani residenti a Londra, operatori dell’enogastronomia, fornitori di ristoranti prestigiosi e negozi selezionati, giornalisti di settore. Mancherebbe un mazzo di carte per una partita a scopone. Gli affari, il business, si fanno sicuramente meglio quando si può sorridere, si può ragionare con un calice in mano cercando una relazione onesta e rilassata, personalizzata. Dietro i fornelli passa anche Franco Taruschio, originario di Montecassiano e oggi Ufficiale dell’Impero Britannico per i meriti nella gestione del suo ristorante in Galles. Per ricordare le sue radici Franco prepara piatti con la sapa e l’agresto, un aceto aromatico presente nella più antica tradizione contadina e che oggi viene prodotto ancora a Serra de’ Conti. A tenere ordine in questa cucina vissuta, è stato chiamato il giovane (classe ‘89) Claudio Illuminati, chef marchigiano che sta costruendo la sua carriera proprio a Londra.


JAMIE OLIVER

ha trentacinque anni e da una decina d’anni è uno dei personaggi televisivi più conosciuti del Regno Unito. È stato testimonial della campagna per la trasformazione dei menù delle mense scolastiche e oggi collabora con Michelle Obama nella campagna contro l’obesità.

Ci sono energie, voglia di fare e nessun timore reverenziale nel confrontarsi con un contesto così competitivo e contemporaneamente attento. Questa mancanza di timore è la stessa del ristorante Rossodisera, che prova a fare da testa di ponte della marchigianità a Londra. Allestito a Covent Garden con i mattoni e le travi di una vecchia casa di Ponzano di Fermo, piano piano sta facendo scoprire al pubblico che si affretta verso i teatri della zona che un po’ di ciauscolo e un po’ di rosso Conero possono farti gustare meglio anche un musical celebrato come Chicago. La promozione delle nostre produzioni alimentari ed enogastronomiche deve allearsi

con la promozione turistica e artigianale, in un progetto ampio di marketing del territorio. Soprattutto in mercati maturi e che già conoscono da tempo il Made in Italy, non ci si dovrebbe limitare a proporre i nostri prodotti agli importatori o ai grandi distributori. Probabilmente conoscono già la lacrima di Morro d’Alba o il rosso Piceno, il formaggio di fossa o il salame di Fabriano. Il lavoro più importante da fare è quello con i clienti finali, perché al tavolo possano chiedere uno dei nostri rossi invece che un vino toscano, siciliano o piemontese. La regionalizzazione del prodotto, in una prima fase, può anche essere un valore aggiunto per i curiosi che vogliono esplorare, sperimentare. Solo

L’11 novembre un rappresentante di Marche’s è invitato da gennaro Contaldo e Jamie Oliver alla “Big Night Out with Jamie”, cena di raccolta fondi organizzata da Fifteen. Fifteen è una catena di quattro ristoranti con

attraverso una affermazione più generale dei valori di qualità di un territorio, di una sua riconoscibilità ampia, si può veramente pensare di trovare una propria dimensione. Per questo chi insiste su una ulteriore parcellizzazione delle iniziative promozionali, mettendo le diverse aree della regione a confronto, rischia di indebolire questo duro processo. Una fiera è una fiera, se ne fanno di continuo. Le fiere servono a tirare le fila, a darsi un appuntamento, a creare un picco d’attenzione intorno ad un lavoro che dura mesi, se non anni, attraverso iniziative continue. Anche quando va bene, come questa volta, una fiera è solo una fiera. WM

una forte propensione al sociale: la brigata di cucina è composta da giovani tra i 18 e i 24 anni con gravi problemi personali, a cui viene offerta la possibilità di imparare il lavoro e costruire il proprio futuro.

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Respirare l’aria creativa di New York ed esserne parte integrante ed attiva: è questa l’esperienza che Alice Avallone ha condiviso con noi

NUOK

a cura di

Eleonora Baldi

microcosmo italiano nella grande mela

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asciare il proprio Paese per iniziare una vita nuova in una nazione sconosciuta: tanto da conoscere ma anche tante difficoltà da affrontare. Lei lo ha fatto Alice, decidendo di trasferirsi a New York. Ci parli un po’ della sua esperienza. “Due estati fa, ho deciso di farmi un regalo: un mese di vacanza a New York. Una sera ho incontrato il mio fidanzato, Leonardo, a Brooklyn. Tra il colpo di fulmine, una inaspettata prospettiva di lavoro e la decisione di trasferirmi, è passato un mese. A fine settembre 2009 sono tornata negli States, ed ho iniziato a seguire un corso intensivo di inglese. Oggi vivo in uno dei quartiere più giovani ed in fermento a Brooklyn: Williamsburg. Gallerie d’arte, hipsters con le camice a quadretti ed i pantaloni stretti, ristorantini eccezionali, ed una vista mozzafiato su Manhattan.” Come le è venuta l’idea di creare Nuok? E come la sta “facendo crescere”? “Come raccontavo, nell’agosto 2009 sono partita per New York come turista. Ho cercato in lungo ed in largo informazioni in rete accurate, aggiornate ed originali, purtroppo senza successo. Così, una volta arrivata a New York, ho iniziato a tenere un diario: Nuok. Negli stessi giorni, ho iniziato a conoscere alcuni creativi italiani e da un semplice blog personale, Nuok si è trasformato in pochissimo tempo in un portale dedicato ai giovani talenti nostrani a New York. Nell’ottobre successivo decisi di trasferirmi nella Grande Mela, ed eccomi ancora qui, a distanza di un anno. Io, Annamaria, Leonardo, Francesca, Elisa, Valentina e Lorenzo, anche grazie all’aiuto di tanti collaboratori, stiamo crescendo Nuok con tantissima cura ed amore. Mi piace definirci“emigranti di lusso”: non abbiamo valigia di cartone e scarpe rotte, ma un buon bagaglio culturale ed artistico tutto made in Italy. La più grande soddisfazione? Vincere con Nuok il World Summit Young Award quest’an-


CHI E’ ALICE AVALLONE? Alice Avallone è nata ad Asti nel freddo 15 dicembre 1984, alle 2.05 di notte. Da piccola, faceva collezione di mine di matita colorate. Da grande, racconta alle persone il mondo che vede. Ama giocare, indossare le righe, spiare la gente ed imbottigliare le nuvole. Vive a New York da più di un anno, ma sta già pensando alla prossima meta.

no, il premio patrocinato dalle Nazioni Unite per i migliori progetti digitali.” Chi sono gli italiani d’America? Quali professioni svolgono, quali sogni hanno, quanto sono riusciti ad integrarsi nella cultura americana? “E’ una domanda che richiederebbe una risposta molto complessa. Quello che posso constatare, è che le vecchie generazioni non sono riuscite ad integrarsi nella cultura americana. Bensonhurts, una delle più grandi comunità di italiani della prima generazione, conta più di sessanta mila persone, e più di un terzo di loro, secondo il censimento del 2000, parla solo italiano. E’ anche la più grande comunità di italiani che parla italiano di tutti gli States: incredibile. In compenso, gli americani amano gli italiani: cibo, moda, vino. In questo mio primo anno a New York ho notato una cosa curiosa: la maggior parte degli

americani con cui sono entrata in contatto, mi hanno detto di avere una qualche improbabile parentela italiana. Quasi a dire: anche io sono un po’italiano! Per quanto riguarda le nuove generazioni, c’è sicuramente totale integrazione, ed è quasi impossibile rintracciare una vera e propria zona comune. Il sogno condiviso? Quello Americano, con la A maiuscola.” Come sa, il punto focale di Why Marche è conoscere e far conoscere la “marchigianità”. Quindi le chiedo: e i marchigiani a New York, ci sono? Ci racconti qualcosa di loro se ne ha conosciuti. “Grazie a Nuok ho potuto intervistare alcuni ragazzi molto in gamba di Fano: il pluripremiato regista Andrea Lodovichetti, la fotografa Giulia Piccari, ed Andrea Vitali, alla direzione vendite wholesale e stampa per una piccola società di scarpe a Soho. Ma ho incontrato personalmente anche altri marchigiani che più semplicemente sono venuti a contatto con la città di New York per motivi di studio, come Tommaso Majonchi.”

Tra le storie che ha conosciuto attraverso questo particolare social network, ce n’è una che particolarmente l’ha colpita? “Tra le storie dei marchigiani venuti a contatto con Nuok, mi ha colpito molto la storia di Camilla Fucili, di Urbino. Si è presentata a noi così: “100% italiana ma ufficialmente americanizzata da un paio d’anni. Urbino e’ stata la mia prima casa, poi è venuta Firenze dove mi sono laureata in Disegno Industriale nel 2007 e un mese dopo New York.” Camilla sta terminando gli studi in una delle più prestigiose scuole di Industrial Design, e c’è da credere che farà tanta strada, e porterà alto il nome delle Marche anche in America.” Un’ultima domanda prima di salutarci: ci pensa mai a tornare in Italia? Perché? “Sì, ci penso sempre. Amo molto l’Italia e sarà per sempre la mia vera “casa”. Allo stesso tempo però, amo viaggiare e regalarmi nuove esperienze all’estero. Sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli, ma ho spesso bisogno di tornare in Italia. Per me è come ricaricare le batterie, per ripartire ancora più consapevole e serena.” WM

“Come sono visti gli italiani in America?”

www.nuok.it

A questa curiosità, così ha risposto a Nuok Tommaso Majonchi : ”C’è il culto degli Italiani a New York: siamo visti come i veri artisti, capaci di dare una visione umanistica a qualsiasi cosa. In effetti noi europei (come gli asiatici) abbiamo una visione più aperta e personale, mentre gli americani hanno una tecnica incredibile ma spesso si incanalano in stili omogenei.”

Mi piace definirci “emigranti di lusso”: non abbiamo valigia di cartone e scarpe rotte, ma un buon bagaglio culturale ed artistico tutto made in Italy Scan with your smartphone

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PMI & internazionalizzazione I

Global World Consulting vi mostra un nuovo orizzonte. Cogliere nuove opportunità ma anche creare un nuovo modo di fare impresa: questo significa internazionalizzare La GWC accompagna, le imprese marchigiane e non, in questo cammino

l processo di globalizzazione è un fenomeno di progressiva crescita delle relazioni e degli scambi a livello mondiale. Ciò comporta per le aziende italiane la necessità di internazionalizzare i propri orizzonti per poter affrontare la competizione mondiale, cercare nuove risorse, nuovi mercati per la propria produzione, per stabilizzare e rafforzare la propria identità aziendale in ottica globale. Il partner ideale per le imprese che guardano oltre il proprio orizzonte è Global World Consulting, società che si rivolge non soltanto al tessuto imprenditoriale marchigiano, ma collabora a stretto contatto con diverse realtà nazionali, con l’obiettivo di diffondere nel mondo l’eccellenza del Made in Italy. Global World Consulting fornisce alle PMI una pluralità di servizi, tali da permetterne l’internazionalizzazione, intesa non solo

come servizio commerciale e di marketing, ma come servizio strategico mirato alla crescita ed allo sviluppo del tessuto imprenditoriale italiano, in grado di apportare innovazioni indispensabili per sfruttare al meglio le opportunità offerte dal mercato globale. GWC è l’interlocutore ideale per l’impresa italiana che vuole internazionalizzarsi e per l’impresa straniera che intende operare nel mercato italiano, fornendo servizi e assistenza altamente professionali, grazie ad un network di partners e corrispondenti stranieri in continuo sviluppo. I collaboratori esteri operano direttamente in loco, a stretto contatto con la realtà locale quotidiana e grazie alla loro esperienza e conoscenza diretta sono in grado di fornire ogni supporto pratico necessario per la realizzazione dei progetti specifici per conto di e in collaborazione con i propri clienti. WM

IL MERCATO Tel. 0712073635

ammar.hamadneh@gmail.com

Attualmente GWC opera in prevalenza in Medio Oriente, Gulf Area e Nord Africa. Per quanto riguarda il mercato delle Green Energy e dei Biocombustibili una forte attenzione è riservata al mondo delle colture energetiche e dei biocombustibili liquidi, focalizzando l’attenzione su Paesi come la Malaysia, l’India, il Sud America e l’Africa Centrale. Global World Consulting accompagna i propri clienti nello sviluppo di strategie personalizzate per l’ingresso in nuovi mercati e la valorizzazione di tutte quelle piccole e medie aziende italiane che hanno grandi competenze e prodotti eccellenti, ma che spesso da sole non riescono a beneficiare appieno delle opportunità offerte dal mercato globale.

Global World Consulting

collabora con le aziende di diversi settori merceologici, specializzandosi in: GREEN ENERGY

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BIO CONBUSTIBILI

ARREDAMENTO

FASHION

FOOD & BEVERAGE

B2B


Ogni volta che facciamo un’elemosina, un povero diventa più povero Ogni volta che offriamo lavoro, un povero si rialza e riprende il dignitoso cammino della sua esistenza Questo abbiamo imparato dopo tanti anni di attività in Africa: “pas de cadeaux”, basta regali, basta elemosina

si occupa di loro, ovunque essi siano, sostenendo e proteggendo la loro preziosa umanità Nel suo Centro di Accoglienza a Yakassé-Feyassé (Costa d’Avorio) porta avanti da anni un importante progetto umanitario, “Africa per gli Africani”, strumento di attuazione degli Obiettivi del Millennio fissati dall’ONU I PROGETTI IN CORSO • Centro Sanitario: Ospedale Centro Nutrizione Centro Igiene Centro Assistenza Anziani • Infanzia e Alfabetizzazione • Arti e Mestieri • Progetti di Attività Produttive • Micro finanziamenti Il “Centro di Accoglienza Maria Grazia Balducci” è una struttura Socio-Sanitaria che garantisce alla popolazione locale, con grandi sforzi umani e finanziari: • una costante assistenza medica, • consente ai bambini di frequentare una scuola, • agli adolescenti di formarsi nel lavoro e • agli anziani di affrontare con maggior serenità e meno solitudine la vecchiaia. Queste sono le premesse necessarie per uno sviluppo sociale ed economico sostenibile che riduca progressivamente la povertà e garantisca il loro diritto ad autonome scelte.

www.fondazionebalduccirossi.com info@fondazionebalduccirossi.com

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dall’idea alla Why Marche

Why Marche

Silvio

Il mio nome mi piace, è semplice ma allo stesso tempo incisivo. Ma, perdonatemi il gioco di parole, perché “Why”?

Presentandomi dite che sono un progetto di comunicazione integrata, una cosa che a sentirla sembra complessa … ma in realtà non sono poi così difficile giusto? Basta “conoscermi” per apprezzarmi!

“Tempo fa fantasticavo di creare un progetto di comunicazione che avesse un suo applicativo sull’iPad, smartphone, ePub etc. Ma perfino io pensavo di essere troppo “futuristico”. Ora invece mi rendo conto che quel futuro è oramai diventato presente…e questo presente sei tu, Why. Il tuo dovere ora e la tua forza è creare interazione attraverso i dispositivi di ultima generazione, corrergli a fianco. Puoi andare oltre i limiti della carta, aprendo scenari che solo pochi anni fa erano sconosciuti e che comunque anche ora sono molto meno utilizzati di quanto dovrebbero; con te proviamo a colmare questo gap tra ciò che si può fare e ciò che si fa.”

Silvio e Eleonora

“Era un sabato mattina, Novembre di un anno fa, ancora ai primordi dell’idea. Cominciavamo ad avere chiaro che cosa volevamo fare, cosa comunicare, perfino come farlo…ma brancolavamo nel buio per un “dettaglio”: come chiamarti, tu che così tanto ci stimolavi, ci appassionavi? Tra una proposta e l’altra, tutte scartate perché a ciascuna mancava qualcosa, un’anima così come la volevamo noi, sono nate delle domande…e come spesso accade, dal porsi degli interrogativi nascono le soluzioni! “Perché abbiamo scelto il territorio marchigiano con le sue persone e le loro storie, le sue aziende, le sue istituzioni, i suoi usi e costumi, la sua arte, tutto il suo contesto socio-culturale ed economico come faro per orientare il percorso della nostra “creatura”?” E abbiamo deciso che numero dopo numero, post dopo post, avremo cercato di dare un motivo, di dare appunto un perché alla nostra scelta, facendo in modo che ogni lettore trovasse il suo perché. Ed ecco …sei diventato Why!” Why Marche

Avete fatto un passo importante puntando su di me. Cosa vi ha convinto a farlo?

Silvio e Eleonora

“Ma no, non sei affatto complicato! Sei semplicemente diverso da quello che nel territorio siamo abituati a vedere e ad avere a disposizione. Ti abbiamo creato con in mente l’idea del network, di una rete che possa collegare varie tipologie di lettori, che possa vantare accessibilità da tutti i punti di vista. La tua natura diversificata, merita di essere conosciuta per essere apprezzata. Hai tante sfaccettature, tanti modi di essere. Puoi essere un e-reader all’avanguardia, contando sull’applicazione scaricabile grazie alla quale sarà possibile leggerti su tablet e smartphone. Sei un portale web, concepito per essere semplice e di facile consultazione ma anche ricco di video, video interviste, collegamenti con i social network, possibilità di interagire. E infine sei una rivista, per chi ama sentire la carta che scorre tra le dita e soffermarsi a guardare l’incastro magico di immagini e parole. Tutto questo non ti rende complicato, ti rende completo: sei un nuovo modo di raccontare le Marche e sei fiero di esserlo!” Why Marche

Silvio e Eleonora

“Per creare qualcosa che possa lasciare un segno bisogna avere a disposizione per lo meno tre ingredienti: idee innovative, professionisti preparati ed entusiasti su cui contare, un pizzico di sana incoscienza! Noi le abbiamo tutte e tre e abbiamo deciso di provare a metterle a frutto per dare vita a te, che speriamo diventerai grande piano piano, un punto di riferimento magari per altri giovani che vogliano investire sul loro intelletto e sulla loro voglia di fare. Probabilmente ha contribuito anche un po’ di presunzione, quella che ci fa dire che la qualità sarà la tua eccellenza, l’integrazione la tua forza.”

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Se doveste indicare due miei punti di forza a testa, cosa scegliereste?

Eleonora

“Difficile sceglierne solo due! Direi la grafica curata in modo veramente “maniacale”, frizzante e mai uguale a se stessa. E la qualità dei contenuti, scritti con passione, da chi in questo progetto crede e ama fare informazione vera, calarsi sul territorio, cercare storie che non sempre sono presenti sui grandi media o raccontare cose già conosciute ma in modo diverso!”

Why Marche

Se avessi dovuto rispondere alla domanda precedente, avrei detto che il bello di me è che posso/vorrei essere letto da tutti, perché do notizie ed informazioni interessanti in ogni rubrica…avrei dato una buona risposta? Silvio e Eleonora

“Ti abbiamo concepito proprio con questa volontà: arrivare a tutti! Per questo motivo abbiamo selezionato diversi canali di distribuzione. Raggiungerai in abbonamento tutte le Istituzioni, Regione e Province, le Università, le Associazioni di Categoria, gli Studi Associati più importanti, le Aziende più grandi. Sarai puntuale in edicola ogni mese, con una copertina sempre studiata e accattivante: vogliamo che tu possa essere appoggiato accanto ai più famosi mensili nazionali senza dover abbassare gli occhi ma sentendoti quasi un loro pari. Ma abbiamo voluto fare anche di più: farti strizzare l’occhio a chi si è annoiato di andare in edicola e uscirne pieno di quotidiani e mensili, a chi vuole avere tutto a portata di clik, che sia tramite un portatile connesso ad internet oppure tramite la magica tavoletta di Apple! E la stessa logica trasversale ci ha orientato anche nell’organizzare il contenuto: “Il piacere di rubricare” nostro e dei nostri redattori, speriamo diventi il piacere di leggere dei marchigiani!Tocchi temi molto diversi tra di loro, per cui è quasi impossibile che non si trovi un articolo di interesse, qualcosa di stimolante, una curiosità su cui cada lo sguardo.”


realtà

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LA NASCITA DEL PROG ETTO RACCONTATA ATTRAVERSO GLI OCCHI DEI PROTAGONISTI … E A FARE LE DOMANDE è DIRETTAMENTE WHY, CURIOSO DI CAPIRE DI PIù DI SE STESSO

Why Marche

Why Marche

Cosa vi aspettate da me?

Perché firmare proprio Why Marche? Qual è la mia caratteristica che l’ha portata a dire di sì?

Silvio e Eleonora

“Grazie a te vogliamo creare un filo conduttore, un canale alternativo che sia in grado di legare tutto il territorio e tutti i soggetti che ne fanno parte. E vorremo anche che tu rappresentassi una nuova risposta: vero, il momento economico è difficile, ma come possiamo pensare di superarlo se neghiamo potere alle idee, alla creatività, ai piccoli e grandi sogni? Per noi sei stato una grande scommessa, c’hai fatto passare più di qualche notte insonne, ma abbiamo voluto crederci e portarti a termine! Ora speriamo che tu possa essere un biglietto da visita, per dimostrare che investire in qualcosa di nuovo non è un errore, anzi è il motore che può ridare nuovo slancio alla crescita!” Why Marche

A Lei spetta il compito di indirizzare la mia linea editoriale, cosa ha in mente per me? Maria Pettinari

“Vorrei che tu fossi diverso da tutte le altre esperienze di comunicazione/informazione fin’ora attivate sul nostro territorio. Il concetto di “fare rete” è stato usato centinaia di volte, ma poi spesso il campanilismo ha impedito di realizzarlo. Dovrai essere un prodotto marchigiano a tutto tondo, dei marchigiani e per i marchigiani, collegando la Regione dal Nord al Sud, dalla costa all’interno e noi dovremo essere bravi nel riempirti di contenuti che sappiano catturare l’attenzione di tutte le tipologie di lettori. Dotandoti anche di un canale internet e mobile, vogliamo che tu possa essere espressione dei tempi che stanno cambiando, di un’attenzione sempre maggiore a nuovi modelli di comunicazione che usano l’integrazione e non la separazione. Vorrei fare di te qualcosa di stimolante e conosciuto, anche al di fuori dei confini marchigiani.”

Maria Pettinari

“Perchè nasce da un gruppo di giovani professionisti che hanno messo insieme capacità e competenze. Giovani che hanno sfidato la "congiuntura negativa" con creatività, responsabilità e il coraggio di chi sa di potercela fare. La tua caratteristica? Quella di essere una rivista "integrata" con tutti i mezzi di comunicazione che il nostro tempo ci mette a disposizione, senza perdere di vista la qualità, la sostanza, la bellezza.” Why Marche

Sicuramente è un progetto particolarmente innovativo. Altrettanto quindi saranno anche le strategie per promuovermi. Tra i vari canali utilizzati, quale pensi sia il più all’avanguardia? Raffaella Scortichini

“La prima regola per fare del buon marketing è conoscere sì il prodotto, ma soprattutto il target di riferimento. Sei stato concepito per essere uno strumento a servizio di tutti: il tuo target è ipoteticamente illimitato e così vogliamo che sia! Ecco perché stiamo cercando di attuare una fusione tra quelli che sono i tre canali fondamentali della comunicazione: la carta, il web, i sistemi mobile. Per promuoverti useremo quindi delle strategie integrate e quella più interessante, perché ancora da scoprire in larga parte, è quella che riguarda web e mobile. Essere affiancati nel nostro percorso da blogger di rilievo ci permetterà di coinvolgere il popolo dei social network creando attorno a te attesa ed attenzione, puntando sulla pubblicazione di contenuti interattivi che arricchiscano quanto già presente sulla carta. Ma abbiamo voluto fare anche un passo ulteriore, che ti pone alla stregua di grandi testate nazionali: creare per te un’applicazione dedicata che sia scaricabile su tablet e smartphone e che possa permettere agli utenti di questi supporti di sfogliarti, consultarti, usare i tuoi link per collegarsi ad altri contenuti esterni.”

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che non si trovi un articolo di interesse, qualcosa di stimolante, una curiosità su cui cada lo sguardo.”

Why Marche

Inutile negarlo, l’apparenza conta eccome! Come deciderai quali immagini, effetti, fotografie scegliere per farmi rimanere impresso negli occhi dei lettori e dei visitatori del portale? Max Fabrizi

“Why … sai che non sono bravo a parlare ed ora devo anche scrivere! Descrivere di come rimarrai impresso ai lettori è una domandona! Ma ci provo. La vera sfida per me è fare e trovare fotografie che riescano a raccontare una storia in un’immagine. Per questo non avrà importanza la qualità tecnica e tecnologica o comunque non sarà preponderante, ma l’emozione che ogni foto trasmetterà. Per questo oltre a fare le foto direttamente cercherò nel web o chiamerò amici che mi aiuteranno di volta in volta. Io comunque, interverrò , non sempre, anche con elaborazioni e ritocchi, proprio per far si che le foto vivano da sole nel pezzo scritto. Il riassunto di questa mia filosofia di lavoro sono queste due frasi. La prima: “un giornalista è tanto più bravo se riesce a farti vedere con le parole, un fotografo se riesce a raccontare con un’immagine.” La seconda: “L’unica vera rivoluzione è la condivisione.” Why Marche

Social network: una parola usatissima quasi più di…casa! Ma in realtà in pochi ne conoscono le vere potenzialità e sono lusingato dal fatto che due dei maggiori esperti della nostra Regione abbiano deciso di occuparsi di me! Come mai questo onore? Fabio Curzi

“Al centro di San Benedetto c'è una statua molto significativa, che raffigura una retara. Nel lavoro della pesca le donne stavano a casa, ma avevano il compito fondamentale di costruire le reti. Prendere i cordini e annodarli tra loro, costruendo nodo dopo nodo lo strumento principale dell'attività dei mariti. Non facevano questo

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lavoro dentro casa, chiuse in una stanza, ma sulla porta sedute una accanto all'altra. Anche le merlettaie di Offida, sedute vicine nonna, madre e figlia, intrecciavano i fili in nodi. Durante questo lavoro costruivano altre reti, altri legami, ma tra persone. Costruire reti tra persone e persone, stendere un filo che ci lega ad un’ altra persona per catturare insieme degli obiettivi, è uno dei lavori più importanti che possiamo fare oggi. E come potevo perdere l'occasione di stringere nodi con un gruppo così stimolante come quello di Why Marche?”

Why Marche

Che effetto vi fa mia crescita? Se responsabilità n buona “formazi Claudia Cinciripini

“Non posso che essere felic entusiasta di far parte di “W Perché? Perché sei , e vuoi e una progetto giovane, inno capace di abbracciare il pan marchigiano con un’ottica p ampia e completa. In tempi ciò rappresenta una sfida, e noi della redazione sentiam peso della responsabilità, m non provarci?”

Omar Cafini

“I Social Network rappresentano sicuramente lo sviluppo più importante della rete, che si è trasformata negli ultimi anni da luogo di consultazione e lettura a luogo di condivisione. Oggi sempre più assomiglia ad una piazza in cui si incontrano online amici reali o solo virtuali, un posto in cui si rende partecipi dei propri pensieri e delle proprie azioni tutto il nostro network relazionale. Penso che di esperti non si possa mai parlare - soprattutto riguardo le tematiche sociali della rete dove le competenze, per analizzarle, attraversano vari campi ma semmai di utilizzatori frequenti e quindi, meglio di altri, capaci di comprendere questo fenomeno e di esprimere alcune considerazioni in merito. Sicuramente nelle Marche l'utilizzo di Internet è ancora basso se paragonato a quello di altre regioni e quindi è interessante il progetto Why Marche che tra gli altri fini si propone di affrontare le nuove tematiche della rete e fornire una lettura quanto più semplice ed immediata possibile per gli utenti che sono nuovi a questo mondo e allo stesso tempo approcciare con curiosità e dinamismo quanto di nuovo ogni giorno si affaccia sul panorama del web. In questo atteggiamento mi riconosco a pieno e spero di portare un contributo importante e appassionato alla tua causa.”

Questo è l’inizio di ogni cammino: quando si parte per un viaggio, quando si da vitaRoberto Ricci mi ritengo ad una nuova creazione, “Personalmente soddisfatto di aver preso pa progetto, in quanto quando si apre un nuovoquesto collaborare con un'équipe capitolo della propria vitaqualificata e con idee concr mensile così valido, perm professionale o privata, un mio iter culturale e persona avere una svolta: infatti tu, c’è sempre una motivazione WhyMarche, sei un progett e innovativo,che dietro, una spinta, un’ideacompleto sua attenzione ai vari scena Regione Marche, riportando di cambiamento che pragmatismo gli elementi c porta a voler realizzare caratterizzano. Per quanto r invece la responsabilità ind quel qualcosa credo che questa sia grand

poiché è mio compito assic di presentare ai lettori bran qualità sia per ottenere la lo fiducia che per accrescere la buona formazione.”


olo di molante, una guardo.”

supporti di sfogliarti, consultarti, usare i tuoi link per collegarsi ad altri contenuti esterni.”

Why Marche

Michela Maria Marconi

Why Marche

Che effetto vi fa essere parte della mia crescita? Sentite un po’ di responsabilità nel curare la mia buona “formazione”?

“E' un onore e un piacere essere stata chiamata a far parte dell'avventura di Why Marche: un progetto ambizioso e interessante che coinvolge giovani preparati che, pur in un momento di difficoltà come quello che l'Italia sta attraversando, hanno deciso di dar vita a una nuova creazione e di cimentarsi nel difficile e inflazionato mondo della comunicazione. Responsabilità? Sì, ma soprattutto entusiasmo per questo nuovo progetto sulla realtà delle Marche: una regione multiforme, ricca e competitiva che tuttavia, per il carattere dei suoi abitanti, rimane uno scrigno di ricchezze a volte un po' in disparte, per intenditori. Per me è senza dubbio stimolante far parte di Why Marche, un magazine moderno e di ampio respiro, che mantiene la forma cartacea classica ma punta anche fortemente sul Web, facendo sua la forza comunicativa della Rete.”

Che cosa vorreste comunicare attraverso le mie pagine, i miei video, le mie immagini?

Claudia Cinciripini

“Non posso che essere felice ed entusiasta di far parte di “Why”. Perché? Perché sei , e vuoi essere, una progetto giovane, innovativo e capace di abbracciare il panorama marchigiano con un’ottica più ampia e completa. In tempi di crisi ciò rappresenta una sfida, e anche noi della redazione sentiamo il peso della responsabilità, ma “why” non provarci?”

Roberto Ricci

Sara Bolognini

“Personalmente mi ritengo soddisfatto di aver preso parte a questo progetto, in quanto collaborare con un'équipe qualificata e con idee concrete, per un mensile così valido, permette al mio iter culturale e personale di avere una svolta: infatti tu, WhyMarche, sei un progetto completo e innovativo,che pone la sua attenzione ai vari scenari della Regione Marche, riportando con pragmatismo gli elementi che la caratterizzano. Per quanto riguarda invece la responsabilità individuale, credo che questa sia grande, poiché è mio compito assicurarmi di presentare ai lettori brani di qualità sia per ottenere la loro fiducia che per accrescere la tua buona formazione.”

“Quando nasce qualcosa in cui credi sei sempre carico di propositi, ma anche di speranze e perchè no, qualche timore, ma per una buona riuscita bisogna buttarsi al 100% su quello che hai deciso di fare. Certo che sento su di me la responsabilità! Sia per le informazioni attendibili che devo fornire ai lettori, sia per la loro leggibilità. Vorrei che ogni articolo fosse un arricchirsi.”

Giampaolo Paticchio

“Attraverso te io vorrei comunicare e basta. Nel senso più originario e più umano della parola. Tu, giovane e tecnologico come sei, non puoi ricordartelo. Comunicare per davvero presuppone che ad un capo e all'altro del filo della comunicazione ci siano sempre le persone e che come tali entrambe si riconoscano. Che la comunicazione sia parlata, scritta, per immagini, per gesti, che tratti di questo o di quello, secondo questa o quella prospettiva, la storia non cambia. La comunicazione vera esige fiducia per l'onestà di chi comunica e rispetto per l'intelligenza e la sensibilità di chi recepisce. Ecco perchè quando alle persone si sostituiscono le "masse", fatto molto frequente nei media, la comunicazione diventa manipolazione.” Sara Schiarizza

“La passione per il "mestiere dello scrivere", che passa inevitabilmente anche per l'esperienza in una redazione giovane come questa.” Noemi Tiburzi

“Mi piace pensarti come una zona franca del pensiero, una fucina di idee nutrienti e libere, dove anche le realtà più nascoste riusciranno ad avere il giusto spazio. Non voglio smettere di credere nella bellezza delle cose, delle persone: il potere delle immagini e delle parole resta la migliore arma contro tutta la gamma di grigi quotidiani.”

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Vi sono piaciute le caricature? Conosciamone meglio l’autore Intervista a Mohamed Amin Farah, allievo di secondo anno del corso di Industrial design del Centro Sperimentale di design Poliarte di Ancona, Istituto di Alta Formazione e ricerca attivo ad Ancona dal 1973

B

uongiorno Amin, la Poliarte ti ha fornito una grande opportunità: cosa ne pensi? “Sono veramente emozionato e gratificato: quando la Poliarte mi ha proposto di realizzare alcune caricature dei redattori di Why Marche mi sono entusiasmato all’idea anche perché ho sempre avuto la passione del disegno e dell’illustrazione. Sono un tipo che si butta nelle esperienze nuove e cerca sempre di cogliere le opportunità che la Poliarte mi offre.” Cosa stai studiando alla Poliarte? “Sto frequentando il secondo anno del corso triennale di Industrial design,

Cinque le macro-aree che permettono di realizzare un percorso completo che va dall’idea progettuale alla realizzazione concreta, dalla ricerca al progetto

Il POLIARTE Il Centro Sperimentale di design Poliarte di Ancona da anni si posiziona ai vertici nella classifica delle scuole di design non universitarie riconosciute a livello nazionale ed europeo per notorietà, qualità della docenza e collegamento col mondo dell’impresa. L’offerta formativa, ampia e diversificata, si è ulteriormente arricchita grazie alla partnership con aziende, associazioni ed enti. Elemento distintivo della Scuola è il proprio spirito sperimentale ed innovativo sempre alla ricerca di nuove idee progettuali da proporre alle aziende con le quali la Poliarte collabora attraverso workshop, stage e tesi di ricerca. L’offerta formativa consta di corsi triennali in design:

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>>> www.poliarte.net

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per la progettazione di oggetti d’uso e complementi d’arredo; formazione che si realizza in stretta collaborazione con le aziende partner della Poliarte. Avrò anche l’opportunità di partecipare a due Workshop progettuali – grazie ai quali potrò affinare le mie capacità – e a stage formativi presso enti, aziende e istituzioni. Ho già avuto modo di confrontarmi con esperienze di progettazione reale: grazie ai contatti che mi ha procurato il mio Istituto ho realizzato il logo per i paesi balcanici durante un evento organizzato dall’associazione Atopos e da Poliarte, ho progettato la scenografia della sfilata di moda organizzata a Porto Sant’Elpidio dall’Unione Stilisti delle Marche alla quale la Poliarte ha partecipato con la collezione completa di abiti realizzata dagli allievi di area fashion. Inoltre negli ultimi due mesi ho partecipato ad un progetto di packaging innovativo …e ho solo frequentato il primo anno di corso! Poi nel secondo e terzo anno i contatti con il mondo del lavoro aumenteranno.” Perché hai scelto un percorso di studi come questo? “Ho sempre avuto la passione per il disegno a mano libera, per la modellistica ed il 3d ; questo percorso presso la Poliarte mi fornirà l’opportunità di una crescita professionale grazie alle abilità manuali che si coniugano con le conoscenze culturali. Devo dire che finora sono molto soddisfatto della scelta. “ Cosa pensi di fare una volta completato il corso triennale di Product design? “Sono un tipo ambizioso; spero di poter avere un curriculum altamente qualificato che mi permetta di lavorare come designer per qualche grande azienda di elettronica; il mio sogno è lavorare per la Apple. Mi piacerebbe poi, dopo un’esperienza professionalizzante presso un’azienda, mettermi in proprio come designer professionista.” WM


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n. 01

Le Marche del Presidente

SPACCA

Uniche Imprevedibili Non etichettabili

SERGIO PICCIAFUOCO

AMIAMO DAVVERO LA NOSTRA REGIONE? O DOVREMMO FINALMENTE IMPARARE A FARLO? Una riflessione a “penna aperta”

VOLTO E ANIMA DI UNO DEI PRESUNTI COLPEVOLI DELLA STRAGE DI BOLOGNA

REGALARE UN SOGNO? Strabordo ci prova rendendo accessibile il turismo ai disabili

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Di Silvana Santinelli , Segretario Generale Adiconsum Marche

Le liberalizzazioni: una opportunità

L

e liberalizzazioni rappresentano un processo storico, una nuova stagione di riforme, legate a scelte comunitarie finalizzate a ridare slancio alla concorrenza, alla qualità dei servizi e a nuovi investimenti. Un percorso iniziato negli anni ‘90 con la riforma del commercio, delle tariffe rc auto, carburanti, telefonia fissa, trasporto aereo, per arrivare a quelle più recenti che hanno riguardato i più importanti settori dell’economia e del consumo, come il settore bancario, assicurativo, la distribuzione commerciale e dei carburanti, i servizi di taxi, le professioni, le ricariche dei cellulari, telefonia, energia e servizi pubblici locali. Le diverse misure attuate non compongono però, a nostro avviso, un disegno organico di liberalizzazione dei mercati e di promozione della concorrenza anche a causa della pressione di forti lobby che rappresentano settori e interessi differenti e che hanno operato per influenzare le norme legislative, o addirittura per il non rispetto della legislazione e facendo ricorso a pratiche commerciali scorrette. Basti pensare alla vicenda della portabilità dei mutui o all’opposizione da parte degli ordini degli avvocati del superamento delle tariffe minime.

ADICONSUM

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L’Adiconsum ha sempre sostenuto i processi di liberalizzazione anche al fine di recuperare aspetti di efficienza, di funzionalità e di qualità. Ma questi processi sono avvenuti con una anomalia tutta italiana, e i benefici per i consumatori finali (riduzione tariffe e qualità del servizio) risultano essere piuttosto scarsi e contraddittori, a fronte di forti aumenti di profitti per le imprese. E’ indispensabile, oggi, anche a seguito delle nuove riforme sui servizi pubblici locali, e con l’esperienza passata, prevedere un coinvolgimento e la partecipazione delle forze sociali, a partire dalle Associazioni dei consumatori in merito alle prossime gare per l’affidamento di tali servizi. Costruire a monte, il contratto di servizio, quale parte integrante della gara, significa operare per ottenere regole certe, qualità, risultato, controllo, ed evitare ricadute negative sui consumatori. In una strategia di partecipazione un ruolo determinante può essere svolto dall’Adiconsum, ma dalle Associazioni dei consumatori tutte, nel mettere a disposizione il bagaglio di esperienze e professionalità, anche per contrastare gli interessi delle lobby coinvolte nel cambiamento.

Una delle maggiori problematiche rimane l’attivazione contrattuale su registrazione telefonica, senza necessità della sottoscrizione del contratto: una modalità che favorisce in molti casi l’utilizzo di informazioni ingannevoli, incomplete anche sul nome dell’azienda proponente, sulla base delle quali il consumatore aderisce senza essere consapevole delle effettive condizioni Da una recente ricerca condotta da alcune Associazioni dei consumatori, tra cui Adiconsum, è emerso un considerevole consenso dei consumatori per le riforme attuate, soprattutto in un’ottica di necessità di cambiamento, di una più elevata concorrenza e di una maggiore trasparenza, ma anche che l’ampliamento della gamma di proposte, pur rappresentando un elemento fondamentale per la libertà di scelta, non sempre coincide con una maggiore ed effettiva capacità del consumatore di scegliere il prodotto o il bene migliore, nel rapporto tra il prezzo e le caratteristiche qualitative. Se l’azienda produttrice è spinta ad offrire il prodotto più competitivo sul mercato, contestualmente può essere anche tentata di escogitare tecniche di marketing non proprio cristalline, che potrebbero indurre in errore il fruitore/acquirente. Purtroppo le informazioni di cui dispongono i consumatori sono ancora molto carenti e limitate per poter assumere scelte di consumo consapevoli, che potrebbero rivelarsi costose e/o improprie. A tutt’oggi esiste una forte asimmetria informativa tra consumatore e impresa, basti pensare al settore bancario, assicurativo, farmaceutico per citarne alcuni; necessitano quindi interventi che garantiscano al consumatore una maggiore trasparenza e che lo trasformino da soggetto passivo a soggetto attivo e consapevole. Le criticità devono portare a rafforzare gli strumenti che possano garantire il cittadino, a partire dal rafforzamento delle Autorità di controllo: l’Antitrust, l’Autorità per l’energia elettrica e il gas, l’Autorità per le telecomunicazioni, sono organismi di regolazione e di sanzione che debbono essere autonome e indipendenti dalla politica e dallo Stato. Così come auspichiamo il superamento di una pluralità di autorità territoriali per la risorsa idrica (spesso in conflitto d’interesse con i gestori del servizio) per affidarne le competenze ad un’Autority nazionale. WM


Il settore dell’energia, tra gli ultimi ad essere stato oggetto di liberalizzazione, è oggi senza dubbio quello in cui il consumatore è disorientato da promesse di risparmio, presenza di marchi similari ma che identificano aziende diverse, passaggi ad altro gestore senza aver mai sottoscritto contratto o fornito alcuna adesione; spesso rischia di non sapere qual è l’azienda da cui gli viene erogata la fornitura

L’obiettivo principale dell’Adiconsum è: • educare ad un consumo consapevole e responsabile; • fornire informazioni, assistenza e consulenza individuale attraverso pratiche conciliative per la soluzione stragiudiziale delle controversie.” • tutelare interessi collettivi

L’Antitrust

ha emanato una disciplina che individua le pratiche commerciali scorrette, prevedendo sanzioni nel caso in cui vengano eluse le dovute informazioni, o il comportamento del professionista sia contrario a principi di diligenza, correttezza e buona fede

Le maggiori criticità per il consumatore-utente: CRESCITA DI PRATICHE COMMERCIALI SCORRETTE, INGANNEVOLI ED OMISSIVE (ES. TARIFFE CIVETTA, INFORMAZIONE INGANNEVOLE, ETC...)

DIFFICOLTà DI COMPARAZIONE DEI PREZZI

ELIMINAZIONE DI MUTUALITà E SOCIALITà

ASSISTENZA POST VENDITA AFFIDATA A CALL CENTER DALLE RISPOSTE TROPPO SPESSO EVASIVE O INTERLOCUTORIE

NORME CARENTI O IMPRECISE CHE COMPORTANO INTERPRETAZIONI DIFFERENTI

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IVA

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S

emplificare gli obblighi a carico dei soggetti passivi e contrastare in maniera sempre più convincente le frodi Iva: due necessità che l’Unione Europea ha posto come punti cardine per una crescente armonizzazione delle norme tributarie tra tutti i Paesi membri e per una regolarizzazione definitiva della materia contributiva. Una delle maggiori problematiche in tema è in effetti sempre stata l’incongruenza tra norme tributarie di differenti nazioni, il che apriva la possibilità agli evasori di aggirare gli ostacoli posti dalla normativa nazionale e trovare all’estero “oasi” in cui mettere al riparo i propri capitali. In ordine temporale la prima normativa ad occuparsi del tema è stata la 162 emanata dalla Unione Europea nel 2009 con lo scopo di porre fine a qualsiasi possibile distorsione in tema di detrazione promiscua delle spese relative a forniture di gas e energia elettrica. A riferimento è stata presa la disciplina adottata già nella direttiva n° 112 del 2006 della Comunità Europea che in principio riguardava un preciso

%

ambito applicativo. La decisione di estendere la lettera degli articoli 38 e 39 della stessa anche alle forniture di calore o freddo tramite le relative reti di erogazione, deriva dalla volontà di consentire una sempre più chiara applicazione di un principio fondamentale dell’Iva, cioè quello dell’effettivo utilizzo del bene in operazioni imponibili per poter applicare la detrazione. Ecco allora che, trattandosi di bene immobile in proprietà all’impresa ma destinato ad uso promiscuo, sarà possibile limitare il diritto a detrarre solo alla percentuale effettivamente corrispondente all’uso dello stesso per attività legate alla professione. Il cambiamento che si profila è dunque di grandissima importanza e rilevanza per le imprese ed i liberi professionisti che prima potevano detrarre totalmente l’Iva applicata ai beni promiscui. Il legislatore ha voluto in questo modo togliere un vantaggio definito “ingiustificato” in capo ai soggetti passivi rispetto ai privati, potendo i primi sgravarsi dell’Iva legata alle forniture gas ed energia anche per la parte destinata ad uso personale a fronte di una

LE NUOVE DIRETTIVE DELLA UE IN TEMA DI IVA Mirano a creare una sempre maggiore equiparazione fra i regimi presenti autonomamente nei Paesi membri in maniera tale da riuscire infine a creare un solo sistema che possa essere funzionante in tutte le Nazioni. Diviene quindi fondamentale comprendere nella maniera più schematica possibile quali sono le differenze, per ciò che concerne il criterio di Iva per cassa, tra il regime attualmente in uso in Italia regolato dal Dl 185/2008 e il modello comunitario contenuto nella Direttiva 2010/45/Ue.

“IL CEDENTE”

Eleonora Baldi

PER RIUSCIRE AD OTTENERLO MOLTE SONO LE MODIFICHE APPORTATE IN TEMA DI ONERI FINANZIARI, INIZIANDO PROPRIO DALL’IVA

a cura di

ARRIVARE AD UNA COMPLETA ARMONIZZAZIONE DEL TRIBUTO IN TUTTI I PAESI MEMBRI è L’OBIETTIVO DELL’UNIONE EUROPEA

NUOVE REGOLE COMUNTARIE COME CAMBIA LO SCENARIO PER I PROFESSIONISTI

Compie sempre due azioni, il versamento e la detrazione. Se per il versamento vige in entrambe le legislazioni il criterio di cassa, che considera il ricevimento del pagamento da parte del cessionario, per la detrazione invece risulta un’importante differenza. Sia a livello nazionale che comunitario essa è regolata per competenza, ma nel primo caso è a prescindere dal pagamento dei propri fornitori, mentre nel secondo risulta solo previo pagamento del fornitore stesso.

PER QUANTO RIGUARDA INVECE LA DETRAZIONE COMPIUTA DAL CESSIONARIO, LA DIFFERENZA STA NEL CRITERIO IN USO: PER CASSA – PREVIO PAGAMENTO DEL FORNITORE IN REGIME DI CASSA - SECONDO LA NORMATIVA ITALIANA, PER COMPETENZA – A PRESCINDERE DAL PAGAMENTO DEL FORNITORE IN REGIME DI CASSA - IN BASE A QUELLA EUROPEA.


La nuova fatturazione semplificata L’imprenditore o il professionista che intenderà servirsi di questa tipologia di fattura dovrà fare attenzione ad indicare alcuni elementi fondamentali quali:

IDENTIFICAZIONE DELLA TIPOLOGIA DI BENE O SERVIZIO CEDUTO/RESO

DATA DI EMISSIONE DELLA FATTURA

IDENTIFICAZIONE DEL SOGGETTO PASSIVO CHE EFFETTUA LA CESSIONE O LA PRESTAZIONE

IMPORTO DELL’IVA DA PAGARE E DATI CHE NE PERMETTANO IL RICALCOLO

La possibilità di emettere fatturazione semplificata è però legata ad un massimale di importo stabilito in 100 euro, elevabile a 400 euro solo previa autorizzazione del Comitato Iva.

dello ufficiale di Iva per cassa andando a colmare una lacuna lasciata colpevolmente aperta da molti Paesi europei. Entrambe le novità richiedono l’adozione di nuovi sistemi e procedure che non potranno essere improvvisate all’ultimo momento ma che dovranno al contrario essere studiate e comprese dalle imprese per poterle padroneggiare nel modo migliore possibile senza incorrere in spiacevoli errori. WM

UI

problema di oneri amministrativi crescenti legati al sistema di fatturazione in uso. La risposta data dal legislatore della Ue è stata quella di equiparare le fatture elettroniche a quelle cartacee, che da un lato elimina molti dei vincoli burocratici ed amministrativi che pesavano sulle imprese e dall’altro favorisce anche un ulteriore passo verso l’armonizzazione della disciplina fiscale tra gli Stati membri. Inoltre la direttiva formalizza un mo-

PRO

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DETRAZIONE

incisione immediata e intera dell’Iva per i secondi. Se però questa disposizione incide negativamente sugli imprenditori ed i professionisti, a riportare in pareggio la bilancia è stata l’introduzione della possibilità di emettere una fatturazione semplificata. La direttiva 2010/45/Ue infatti ha risposto alle richieste sempre più pressanti dei soggetti economici, prime tra tutte le Pmi, che ponevano il

Viene definito “bene promiscuo” quello che può essere utilizzato sia per l ’ esercizio dell’impresa o professione che per finalità diverse. Allo stesso modo rientrano in questa particolare categoria le utenze di gas ed elettricità nel caso in cui la sede operativa del professionista/impresa coincida con l’abitazione familiare. A rego-

lare la detrazione dei costi relativi a tali beni è stato fino a questo momento l’articolo 168 della Direttiva 2006/112/Ce il quale stabilisce che il soggetto passivo può detrarre integralmente l’Iva gravante sui bene acquistati, salvo poi assoggettare ad imposta a titolo di prestazione di servizi l’utilizzo del bene/servizio desti-

nato all’impresa o professione per motivi non collegati all’attività economica in oggetto. La direttiva 2009/162/Ue introduce una fondamentale modifica relativa a tale disciplina. Infatti, nel caso di un bene immobile facente parte del patrimonio dell’impresa del soggetto passivo e destinato ad uso promiscuo, sarà possibile

detrarre l’Iva sulle spese relative a tale bene solo limitatamente alla parte di utilizzo destinato all’attività dell’impresa. Dunque non sarà più possibile detrarre la totalità dell’Iva pagata a monte e sarà necessario contabilizzare qualsiasi variazione nella proporziona di utilizzo del bene tramite meccanismo di rettifica.

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Benefici prima casa: fate attenzione al requisito all’acquisto

A

vere a disposizione dei benefici per l’acquisto della prima casa è stata senza dubbio una possibilità importante creata dal legislatore non solo per incentivare il mercato edilizio e immobiliare che più degli altri ha sofferto – e sta soffrendo - della crisi ma anche per dare respiro alle “tasche” dei cittadini che sempre di più vedevano come impossibile accollarsi una spesa di grandi proporzioni date le più che note difficoltà del mercato del lavoro. Prima di approfondire il tema legato al concetto di “abitazione non di lusso” che è stato una volta e per tutte chiarito dalla sentenza n° 17600/10 della Cassazione, andiamo a rivedere in che cosa consistono questi sgravi fiscali e quali sono i requisiti precisi ai quali si deve rispondere per poterne godere. Specificato che per usufruire delle agevolazioni non è necessario che l’immobile acquistato sia destinato ad uso abitativo ma è sufficiente che si tratti di pertinenze limitatamente al caso di cantine o soffitte, box o posto auto e tettoia, le possibilità più rilevanti riguardano il pagamento dell’imposta di registro – o dell’Iva - con aliquota ridotta e il fatto che imposte ipotecarie e catastali siano dovute in misura fissa. Alcuni obblighi sorgono anche in capo all’acquirente che deve in primo luogo dichiarare all’atto della compravendita di non essere titolare esclusivo nè

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Una recente sentenza della cassazione fa luce su un punto oscuro in tema di agevolazioni: il requisito di essere abitazione “non di lusso”

REQUISITI Non deve avere le caratteristiche di “bene di lusso”, mentre non è rilevante la categoria catastale Deve essere ubicata nel Comune dove l’acquirente ha la residenza o dove intende stabilirla entro 18 mesi dall’acquisto oppure dove svolge la propria attività professionale

VANTAGGI

PER IMPRESA COSTRUTTRICE O RISTRUTTURATRICE - Iva al 4% invece che al 10%

in comunione con l’eventuale coniuge di diritti di proprietà, usufrutto , uso e abitazione di altra casa ubicata nel territorio comunale in cui sorge il nuovo immobile acquistato. Allargando il campo di interesse non più solo al comune interessato ma all’intero territorio nazionale, l’acquirente deve dichiarare di non essere titolare di diritti di proprietà o nuda proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altro immobile già acquistato con

le agevolazioni per la prima casa. Infine l’acquirente deve impegnarsi a stabilire la residenza entro 18 mesi nel territorio comunale a cui appartiene l’abitazione, nel caso in cui non fosse già ivi residente. A prescindere che l’acquisto sia effettuato da un privato, da impresa costruttrice o ristrutturatrice, entro 4 anni dall’ultimazione dei lavori, o da impresa che vende dopo 4 anni dall’ultimazione dei lavoro – categorie per le quali i vantaggi


Quali sono i motivi che determinano la decadenza delle agevolazioni? - False dichiarazioni rese nell’atto di acquisto - Mancato trasferimento della residenza entro i 18 mesi previsti - Vendita dell’immobile prima dei 5 anni a meno che entro un anno non si sia proceduto all’acquisto di un’altra proprietà immobiliare Quali invece le conseguenze? - Pagamento delle imposte in misura ordinaria - Sanzione del 30% sulle maggiori imposte dovute - Pagamento degli interessi di mora quali: il residuo 4% di imposta di registro o 6% di Iva, l’imposta ipotecaria del 2%, l’imposta catastale dell’1%

NECESSARI Se l’acquirente si è trasferito all’estero per lavoro deve essere ubicata nel territorio comunale in cui l’azienda ha la propria sede Se l’acquirente è cittadino italiano residente all’estero, l’acquisto può essere fatto in qualsiasi Comune italiano Può essere acquistato con le agevolazioni di cui sopra anche un’immobile destinato all’affitto

VANTAGGI

PER ACQUISTO DA IMPRESA NON COSTRUTTRICE OPPURE COSTRUTTRICE

VANTAGGI PER I PRIVATI

- Imposta di registro al 3% anziché al 7% - Imposta ipotecaria di 168 euro invece che del 1% - Imposta catastale di 168 euro invece che all’1%

che vende dopo 4 anni dall’ultimazione dei lavori - Imposta di registro al 3% anziché al 7% - Imposta ipotecaria di 168 euro invece che al 2% - Imposta catastale di 168 euro invece che all’1%

sono differenti – il requisito fondamentale da rispettare è, come detto all’inizio del nostro excursus, che l’abitazione sia non di lusso. Su questo concetto però si è aperta nel 2001 una vertenza – conclusasi definitivamente con la sentenza n° 17600 del 2010 della Cassazione che vedeva un contribuente impugnare per illegittimità l’avviso di liquidazione emanato per revocare le agevolazioni fiscali di qui avrebbe dovuto godere. Nel caso specifico, il problema riguardava il riferimento del requisito al momento della costruzione dell’abitazione piuttostochè a quello dell’acquisto da parte del privato. In un primo momento l’autorità competente aveva dato ragione al contribuente stabilendo come norma di riferimento per definire le caratteristiche di lusso del fabbricato il decreto ministeriale del 4 Dicembre 1961 poiché l’immobile risultava essere stato costruito prima dell’entrata in vigore del decreto ministeriale del 2 Agosto 1969 che appunto è quello che per la prima volta introduce tale specifica dicitura. Della stessa idea invece non sono stati i magistrati della Suprema Corte che hanno interpretato la lettera della norma agevolativa nel senso che per individuare le caratteristiche delle abitazioni non di lusso ci si deve basare sugli articoli dall’1 all’ 8 del provvedimento ministeriale del 1969 i quali si riferiscono tutti al momento dell’acquisto dell’immobile. Altra precisazione di cui sarà fondamentale tenere conto sempre per non vanificare la possibilità di accedere alle agevolazioni riguarda la residenza. In modo specifico assume rilievo la residenza anagrafica dell’acquirente e non quella fattuale. WM

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Cosa fare per migliorare l’integrazione? Le Marche ed altre cinque regioni all’avanguardia col progetto “Scuola - Famiglie Duchenne in rete”

Scuola-disabilita’ a cura della Parental

Project Onlus

la partecipazione attiva della famiglia per garantire l’integrazione scolastica

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I

l 2,3% della popolazione studentesca delle scuole statali italiane, circa 181mila unità, è composto da alunni disabili. Un dato che si fa ancora più d’impatto se calato sulla realtà delle scuole marchigiane, che registrano 5.395 alunni disabili nel 2010, ovvero 379 in più rispetto all’anno precedente. Tale incremento è stato particolarmente rilevante nella provincia di Ancona, pari a 257 alunni, mentre più contenuto seppure significativo è stato quello rilevato nelle province di Ascoli Piceno-Fermo, più 72, e Macerata, più 69. In controtendenza la provincia di Pesaro Urbino dove gli alunni disabili sono leggermente diminuiti; il dato però non tiene conto delle scuole della Val Marecchia. E come si sta lavorando nel nostro Paese per migliorare la situazione di questi “particolari”

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alunni? Le politiche proposte dalla scuola statale agli studenti disabili, fondate sui principi dell’integrazione e dell’inclusività, sono realizzate grazie al delicato equilibrio tra assistenzialismo e valorizzazione della persona. Per i bambini e i ragazzi affetti da patologie particolari, come la distrofia di Duchenne, queste proposte risultano però spesso inadeguate perchè elaborate senza un’effettiva conoscenza delle problematiche relative alla malattia. La conseguenza di questa difficile situazione è che la scuola, principale agenzia responsabile della costruzione del mondo “altro” e comune denominatore per tutte le persone – e quindi anche per i disabili - in età scolastica, non è in grado di favorire un’effettiva integrazione sociale.

www.parentproject.it cadmarche@parentproject.it


In Italia circa 4.000 studenti sono affetti dalla distrofia muscolare di Duchenne/Becker, una grave malattia genetica rara che determina una progressiva degenerazione muscolare. I dati, raccolti dall’associazione di genitori Parent Project Onlus, evidenziano che ancora troppe scuole nel nostro Paese, non hanno formulato programmi adeguati a garantire l’integrazione di questi alunni. Per rispondere a questa pressante esigenza, Parent Project Onlus, ha sviluppato il Progetto “Scuola – Famiglie Duchenne in rete”, che consente di avviare un’attività di consulenza che coinvolgerà le scuole di sei regioni italiane: Marche, Lombardia, Lazio, Puglia, Calabria e Sicilia. Grazie al progetto, sarà possibile sviluppare alcune attività sperimentali che, attraverso le conoscenze specialistiche acquisite dal Centro Ascolto Duchenne (CAD), favoriranno un reale percorso di sostegno e accompagnamento nel processo d’integrazione. Al termine del lavoro che durerà 12 mesi, saranno prodotte le “Linee guida sull’integrazione scolastica per la Duchenne” che potranno essere un modello importante anche per capire come gestire altre disabilità. L’ obiettivo del Progetto è quello di analizzare pratiche concrete d’integrazione scolastica ripartendo dai punti fermi della legge, rivisitare le pratiche didattiche e ricalibrare gli interventi in modo integrato, secondo

il principio fondamentale che la stretta collaborazione scuola-famiglia sia una condizione imprescindibile per il successo dell’integrazione scolastica. Il percorso di formazione e sensibilizzazione, toccando il difficile tema dell’inserimento scolastico dei soggetti con disabilità motoria, permetterà di affrontare temi di più ampio respiro e di sviluppare buone prassi che possano essere trasferite più genericamente alle problematiche della disabilità nella scuola. Grazie a questo lavoro, inoltre, sarà possibile intervenire in ambito socio-sanitario con particolare attenzione alla diffusione e sperimentazione di idonee pratiche per migliorare la riabilitazione e gli interventi a supporto del piano di vita del disabile Duchenne nel suo complesso. Al Progetto di Parent Project Onlus, finanziato con i fondi della Legge 383/2000 art. 12 / c. 3 del Ministero del Welfare, partecipano l’Ufficio Scolastico Provinciale di Pesaro e Urbino, la Provincia di Pesaro Urbino, l’Assessorato alle Politiche Sociali del Comune di Vittoria (RG), Cittadinanza attiva, Coordinamento Nazionale Scuola, la Provincia di Roma – Dipartimento IX – Servizi Sociali, la Asl Roma E, l’Azienda Ospedaliera Universitaria Consorziale Policlinico di Bari, l’Assessorato alle Politiche Educative del Comune di Bari, l’Ufficio scolastico provinciale di Bergamo, Per Mano Onlus. WM

La Distrofia Muscolare di Duchenne e Becker (DMD e DMB) è una malattia genetica causata da un’alterazione del gene della distrofia localizzato sul cromosoma X. Nell’età adulta, la degenerazione muscolare determina una grave compromissione del muscolo cardiaco, del diaframma e dei muscoli intercostali fino a rendere necessaria l’assistenza respiratoria. Attualmente, non esiste una cura specifica ma un trattamento da parte di una equipe multidisciplinare che ha consentito di migliorare le condizioni generali e raddoppiare le aspettative di vita. Si stima che in Italia siano circa 5.000 le persone affette dalla patologia.

Parent Project Onlus l’associazione di genitori fondata nel 1996, è impegnata nel finanziamento della ricerca scientifica e riveste un ruolo fondamentale nello studio di interventi mirati a sostenere le persone affette dalla distrofia di Duchenne e Becker e le loro famiglie. Dal 2002 ha aperto il Centro Ascolto Duchenne (CAD) che fornisce gratuitamente un servizio di consulenza e del quale possono beneficiare anche gli specialisti interessati all’approfondimento. Il CAD, inoltre, si occupa di aggiornare un data-base che oggi è uno strumento indispensabile per tutta l’equipe multidisciplinare e i ricercatori per monitorare gli sviluppi della patologia. Il CAD ha sede in Lombardia, Piemonte, Marche, Lazio, Puglia, Sardegna, Calabria e Sicilia.

Maggiori informazioni sul Progetto “Scuola – Famiglie Duchenne in rete” e sulle attività di Parent Project Onlus è possibile richiederle al numero 06 66182811 o visitando il sito internet www.parentproject.it Per contattare il Centro Ascolto Duchenne chiamare il numero verde gratuito 800 943 333 Per sostenere le attività con una donazione: c/c postale 94255007 BCC Ag. 19 IBAN IT 38 V 08327 03219 000000005775 intestati a Parent Project Onlus

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Un menù TIPICO LASAgNe AL FOrNO rISOTTO AL MeLONe ArISTA DI MAIALe CON PATATe ArrOSTICINI ALLA grIgLIA INSALATA CAFFè (VINI DeLLA CASA)

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di

Sette itinerari alla scoperta dei borghi collinari, tra visite alle bellezze artistiche e assaggi delle specialità enogastronomiche

Claudia Cinciripini

Piceno, un entroterra da gustare tra

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Sorsi E Morsi

’è chi è rimasto colpito dalle peschette acquavivane con nutella ed alchermes, chi si è innamorato delle tagliatelle alla trota di Arquata del Tronto, tanti hanno apprezzato il fritto misto all’ascolana o il tartufo di Roccafluvione, altri hanno adorato i funghi porcini di Comunanza o i maccheroncini alla pagliarana di Spinetoli. E molti hanno pensato, dopo quest’esperienza, di mettere in valigia qualche bottiglia di Rosso Piceno, insieme al Falerio o al Pecorino d’Offida. Queste sono alcune delle tipicità marchigiane che hanno rallegrato i Percorsi di Sorsi e Morsi, le sette visite guidate organizzate dall’Assessorato al Turismo della Provincia di Ascoli in collaborazione con l’Unione delle Pro Loco picene. Un’esperienza gratificante sia per il palato che per gli altri sensi, a detta dei tanti turisti della costa che l’hanno vissuta, per nulla pentiti d’aver rinunciato per un giorno alle piacevolezze del mare e alla mondanità offerta dalla riviera, per immergersi nella quiete dei paesini dell’interno. Tra i monti e il mare, infatti, su quella distesa di colline descritta da Crivellucci come “una vasta pianura ondulata”, sono disseminati antichi

borghi che conservano il fascino delle costruzioni medievali e affondano le radici all’epoca dei Piceni. Località che, oltre a godere d’un panorama mozzafiato ed un alto indice di vivibilità, custodiscono veri tesori culturali come antiche chiese ben conservate, castelli, musei e monumenti che testimoniano tradizioni ed un passato poco conosciuti. “Il piceno è un territorio molto variegato, – afferma l’assessore provinciale al Turismo Bruno Gabrielli – che non è fatto solo di mare e balneazione, ma anche di un entroterra ricco di arte, cultura e tradizioni enogastronomiche. Con quest’evento


«Ė essenziale far vivere al turista un’emozione, un’accoglienza – afferma Collina - La chiesa, se vuole, la trova sempre aperta. Ciò che occorre e spesso manca è coinvolgere i visitatori in un’esperienza che sia unica ed indimenticabile»

LOCALITA’ DA VISITARE Ascoli Piceno, Carassai, Montalto Marche, Venarotta, Massignano, Ripatransone, Montedinove, Rotella, Monteprandone, Castorano, Spinetoli, Castel di Lama, Acquasanta Terme, Arquata del Tronto, Montefiore, Force, Comunanza, Cossignano, Offida, Castignano, Acquaviva Picena, Monsampolo del Tronto, Appignano del Tronto

QUANDO La manifestazione si è svolta

dal 15 luglio al 26 agosto 2010

cerchiamo di destagionalizzare il turismo facendolo vivere 365 giorni all’anno”. Petra Pokorna è tra quelli che non hanno saltato neppure un’escursione. Gestisce col marito un residence sulla costa ma per l’occasione ha indossato anche lei i panni della turista: “L’idea ha avuto molto successo – racconta - Chi arriva da noi di solito vede solo San Benedetto e il mare, ma è bello conoscere i paesi dell’interno, entrare a contatto con la gente, gustare i prodotti tipici”. Del resto anche il viaggiatore più curioso ed aperto a nuove alternative difficilmente raggiungerebbe certe località nascoste che meritano invece d’essere scoperte, se non altro per l’ospitalità che le caratterizza. È uno dei motivi per cui questi percorsi sarebbero da incentivare, secondo il referente provinciale Unpli Marco Collina: “A Castorano, per fare un esempio, nel giorno in cui è arrivato il gruppo di “Sorsi e Morsi” la Pro Loco ha

inaugurato una bella mostra fotografica, che è stata fruita da molte persone. Senza queste iniziative tanti borghi rischiano di restare nell’invisibilità ed è un peccato”. D’altra parte proprio i paesi meno in vista sono quelli che hanno aperto le porte con più calore. “Ė essenziale far vivere al turista un’emozione, un’accoglienza – afferma Collina - La chiesa, se vuole, la trova sempre aperta. Ciò che occorre e spesso manca è coinvolgere i visitatori in un’esperienza che sia unica ed indimenticabile”. Sì quindi alle guide locali che raccontano aneddoti e sanno appassionare il visitatore, così come i corsi di saltarello e quelli di tombolo, accompagnando il tutto con un buon vino doc. Abbinare il prodotto enogastronomico a un’esperienza o a un’emozione, lo dicono anche gli esperti di marketing, è in fondo la strategia vincente per la promozione turistica. WM

DOVE Ogni percorso prevedeva la visita di quattro località, l’ultima delle quali era sempre Ascoli Piceno

ASCOLI PICENO Denominata la “città del travertino”, pietra utilizzata nelle costruzioni sin dall’epoca dei Piceni, Ascoli conserva il fascino e l’eleganza dei suoi duemila anni di storia. Luoghi da visitare: Piazza del Popolo, Caffè Meletti, Convento di San Francesco, Piazza Arringo, Cattedrale di Sant’Emidio, Palazzo dell’Arengo, Pinacoteca Civica, Teatro Ventidio Basso, Chiesa di San Gregorio Magno

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I pericoli

del fotovoltaico

La costituzione dei pannelli

Si NumeroAtomico

14

Silicio

Ai NumeroAtomico

13

Alluminio

Ga NumeroAtomico

31

Gallio

In

NumeroAtomico

49

Indio

Te NumeroAtomico

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Tellurio

I pannelli sono costituiti prevalentemente da silicio (75%), l’elemento più diffuso sulla crosta terrestre dopo l’ossigeno, alcuni elementi chimici non tossici inseriti nel silicio stesso (gallio e indio) e in quantità assolutamente trascurabili, vetro per la protezione frontale, fogli di materiale plastico (10%) per la protezione posteriore e alluminio per la cornice (7%). Attenzione ai pannelli che contengono Telluro di Cadmio, sostanza tossica e altamente inquinante, in Germania, accortisi dell’errore, hanno subito provveduto alla sostituzione degli stessi.

di

Sara Bolognini

Come succede spesso al varo di nuove tecnologie, l’uomo non sempre valuta bene i rischi e le conseguenze delle strade che comincia a percorrere. Andremo quindi ad approfondire le tematiche più importanti e nascoste riguardanti questo tema

54

I

l primo grande interrogativo riguarda lo smaltimento dei pannelli. Alla stregua di molti oggetti che ci circondano in casa, essi vanno smaltiti nel modo corretto; spesso, se non sempre, se ne occupano direttamente le ditte fornitrici. I pannelli sono attualmente garantiti per 25/30 anni, tuttavia test di laboratorio indicano la loro durata fino a 80 anni, sebbene non vi sia ancora uno storico che possa dimostrarlo. Nel caso in cui le ditte dovessero nel frattempo dismettere l’attività, la speranza è quella che venga creato un mercato dell’usato e che le aziende responsabili applichino un piano di recupero ben definito. La Pv Cicle, organizzazione che

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si occupa del loro riciclo con numerosi siti di raccolta in Europa, garantisce un recupero del materiale fino all’85%, sottolineando che questo procedimento ha

costi pari ad un quinto rispetto a quelli di produzione. La Commissione Europea ha incaricato esperti di settore per assicurarsi che dotarsi di un impianto fotovoltaico non rendesse necessario un investimento maggiore rispetto al risparmio economico prodotto. Lo studio ha dimostrato che il tempo di ritorno energetico oscilla tra 1.5 e 4.4 anni. Ciò che ancora non si conosce riguarda invece i costi di manutenzione dei pannelli. Le società installatrici sostengono che siano molto bassi, poiché la pulizia avviene principalmente attraverso venti e piogge. Si reputa comunque utile una manutenzione ogni 2-3 anni per eliminare lo sporco più difficile. Gli stes-


LA LOCAZIONE Nel mese di settembre 2010 nelle Marche, è stato diffuso dall’amministrazione Regionale un comunicato riguardante le linee guida sui criteri di individuazione delle aree non idonee all’istallazione di impianti fotovoltaici. L’obiettivo è quello di velocizzare la costruzione degli impianti fotovoltaici a terra nelle aree idonee, affidando ai Comuni l’individuazione cartografica dei siti non adatti. Le amministrazioni comunali dovranno realizzare a tal proposito la trasposizione cartografica entro 60 giorni. “La produzione di energia da impianti fotovoltaici”- evidenzia Donati assessore all’Energia e Fonti Rinnovabili- “ha conosciuto una notevole diffusione sul territorio regionale, generando però alcune ripercussioni negative per il paesaggio e per l’agricoltura. In particolare, la diffusione non controllata degli impianti fotovoltaici su suolo agricolo comporta consumo di territorio, il potenziale utilizzo di diserbanti, la sottrazione di terreno produttivo (anche in aree di produzione vinicola e agroalimentare DOC e DOCG) con la potenziale riduzione dei prodotti agricoli della filiera corta locale”. L’Assessore auspica una rapida approvazione per poter conciliare le esigenze di tutela paesaggistica e del territorio con un importante settore della ripresa economica del paese, quale la Green Economy. L’Aper però, Associazione Produttori Energia da fonti Rinnovabili, non condivide il contenuto delle linee guida e neanche i metodi con i quali si definisce l’individuazione delle aree non idonee per la realizzazione degli impianti. Marco Pigni, direttore APER, sottolinea la natura prematura di un procedimento volto alla individuazione di aree non idonee alla installazione degli impianti a fonti rinnovabili, allorché le linee guida nazionali non sono ancora in vigore.

si tempi possono essere considerati per l’intervento di un idraulico (che controlli i livelli del liquido antigelo) e di un elettricista (che controlli eventuali guasti segnalati dall’inverter) che possono essere della stessa ditta installatrice. I pannelli devono inoltre superare un test di resistenza alla grandine prima di essere commercializzati, per cui non dovrebbero sussistere problemi nelle zone soggette a questi fenomeni naturali. Molte ditte stipulano accordi con Compagnie Assicurative all’atto di vendita degli stessi per coprire i pannelli da eventuali danni accidentali. Fermo restando il periodo di 20 anni stabilito all’interno del Conto Energia per ripagare l’energia prodotta, bisogna anche pensare che dopo tale data l’impianto sarà ancora funzionante e produttivo. Quindi la stessa energia ottenuta con l’impianto costruito con gli incentivi potrà essere utilizzata dalla casa o dall’azienda costituendo un’ulteriore vantaggio nel risparmio economico sulle bollette. I tempi di ritorno economico non superano i 10 anni. Per alcuni la preoccupazione si sposta sui campi elettromagnetici prodotti dai pannelli. Questi funzionano a corrente continua, generando un campo magnetico simile a quello terrestre, ma di migliaia di volte meno intenso. L’inverter ne crea invece a bassa frequenza, simili a quelli prodotti dai grossi elettrodomestici che abbiamo in casa, e comunque la loro potenza decresce molto rapidamente con la distanza. Da ultimo le sempre più sentite preoccupazioni per l’impatto ambientale dei campi fotovoltaici che deturpano l’ambiente, anche della nostra regione. Se da un lato queste immense distese aiutano ad abbattere in maniera significativa l’emissione di CO2, sono preoccupanti le speculazioni su queste aree rurali e il disfacimento ambientale. Si parla a volte dell’utilizzo di terreni ormai “consumati” dall’agricoltura e quindi non più fertili, ma non c’è un decreto che tuteli le aree rurali coltivabili. Sottolineiamo che aree così vaste sono integrabili sui tetti dei fabbricati agricoli

IL CONTO ENERGIA Il Conto Energia è il programma Europeo di incentivazione alla produzione di energia elettrica da fonte solare attraverso pannelli fotovoltaici. Il GSE, Gestione Servizi Energetici, stabilisce che l’incentivo sia proporzionale all’energia elettrica prodotta e ripaga mensilmente per 20 anni privati, imprese ed enti pubblici di tutta l’energia ricavata dall’impianto. Una recente modifica del Conto Energia – contenuta nel D.M. del 19 febbraio 2007 – introduce importanti perfezionamenti quali lo snellimento delle procedure burocratiche e l’innalzamento delle tariffe incentivanti. Queste vengono fissate entro tre categorie di impianti in base alla taglia - da 1 a 3 kWp (kilowatt di potenza), da 3 a 20 kWp, oltre 20 kWp privilegiando inoltre l’istallazione architettonica “intergrata” sui tetti (dove i pannelli prendono il posto delle tegole), rispetto ai “parzialmente integrati” (con pannelli istallati sopra le tegole) e ai “non integrati” (impianti a terra). Gli incentivi per le varie fasce e tipologie di impianti si aggirano tra gli 0.346€ per kWh prodotto, se non integrato su impianti con potenze superiori ai 20 kWp, e gli 0.470€ per kWh se integrato su impianti con potenze comprese tra 1 e 3 kWp. Per le scuole, gli edifici pubblici e gli ospedali pubblici, oltre agli edifici con coperture di amianto è stato stabilito un incremento del 5% sulle tariffe incentivanti.

e sulle tettoie. D’altronde il Conto Energia privilegia proprio l’istallazione dei pannelli integrati rispetto alle altre. La Germania, da sempre all’avanguardia nel fotovoltaico, ha recentemente ridotto del 100% il contributo per l’istallazione di pannelli nelle aree rurali: ci auguriamo di seguire presto il loro esempio. WM

Fonti >>> www.contoenergia.it www.ecologiae.com www.aper.it www.foiv.it

Whymarche.com 55


Incentivi statali, promessa di risparmi e guadagni, investimento anche su un futuro più “green”

Grande opportunità? O ennesima folata di vento? Ne parliamo con Matteo Antonelli, Project Manager di Opera Group

Il fotovoltaico è tutto questo, ma ultimamente si sono aperti anche degli interrogativi sul conto di questa metodologia per produrre energia pulita: l’investimento iniziale si ripaga davvero nel tempo? E in quanto tempo? Il problema dello smaltimento come si risolverà? Siamo sicuri che i materiali utilizzati non siano inquinanti? Abbiamo cercato di dare una risposta a questi interrogativi in una chiacchierata con Matteo Antonelli, giovane project manager dell’azienda Opera Group - www.opera-gruop.it – che ha seguito la realizzazione di un progetto molto importante inaugurato alla fine di settembre a Fano: la creazione di un imponente impianto a tetto commissionato dalla Profilglass per la produzione di 17,4 Mw/h annui, per intenderci pari al fabbisogno energetico di 4.500 famiglie.

Fotovoltaico: di

Eleonora Baldi

per saperne di più B 56

Whymarche.com

uongiorno Matteo! Aiutaci a capire meglio questo fotovoltaico. Partiamo dalla domanda più veniale, ma anche la più frequente: l’investimento iniziale e le spese di manutenzione, riusciamo veramente a ripagarcele in breve-medio periodo? “Be, ti dico a livello economico l’unico dubbio che è sorto a noi addetti ai lavori è stato che fosse troppo bello per essere vero! Mi spiego meglio. Inizialmente il tasso di ritorno dell’investimento era pari allo 0,60% agganciato all’Istat: praticamente un Paese dei Balocchi! Ma anche ora che l’indice è sceso, nel 2011 sarà dello 0,31%, comunque garantisce di ripagarsi l’esborso in un tempo molto breve, al massimo 9-10 anni. Per rendere il

tutto più comprensibile ai lettori, ti lascio questo schema: un business plan per un impianto tipo che produca 1000 kw/h.”(vedi tabella a fianco) “Che dici, ce lo ripaghiamo?!” Sì, diciamo che mi sembra un buon investimento! Ho un altro interrogativo però da porti: cosa mi dici dello smaltimento dei pannelli? “Questa è un’incognita per il futuro. Al momento nessuno dei materiali con cui i pannelli sono costruiti crea il minimo problema per lo smaltimento. Vetro e alluminio sono riutilizzabili, così come il rame ed il ferro che anzi possono rappresentare ulteriori fonti di ricavi una volta che si dismetta l’impianto perché vengono lautamente pagati dalle ditte che poi li fondono e li rivendono a loro volta.


Per come stanno le cose in questo momento, il fotovoltaico è ecologico anche nello smaltimento. L’unico elemento che potrebbe creare problemi è il silicio, ma ripeto al momento non è considerato una sostanza tossica. La riflessione che mi viene da fare è che però intorno a questa nuova opportunità ruota un grande business e che così come è accaduto per l’eternit, studi futuri possano denunciarne la tossicità. A quel punto magari si potrebbe essere costretti a smaltire questo specifico materiale solo in 4-5 discariche in tutta Italia e il discorso cambierebbe. Queste però sono solo ipotesi: non è detto che il silicio faccia lo stesso percorso dell’eternit. Al momento non vi sono motivi per preoccuparsi.” Dimmi un motivo, tra i tanti, per cui si dovrebbe decidere di passare al fotovoltaico. “Devo essere poetico? Allora ti direi per avere un mondo più verde e pulito! Ma se devo essere sincero, la motivazione forte è quella economica. Pensa che l’energia fornitaci dall’Enel la paghiamo 0.16 centesimi kw/h annui, mentre grazie agli incentivi GSE con quella prodotta dal fotovoltaico guadagniamo 0,35 centesimi per ogni kw/annuo prodotto: in pratica ricaviamo il doppio di quanto paghiamo! Senza dimenticare poi che l’Enel compra energia praticamente a costo zero e ci fa pagare 1.800 euro solo per fare un preventivo. In altre parole è un ottimo investimento finanziario perché è garantito dallo Stato ed è l’unico che permette lo stesso ritorno economico di investimenti al alto rischio, a fronte di un rischio invece praticamente nullo. E contribuisce a migliorare il flusso economico del Paese, grazie all’utile prodotto dalle aziende che lavorano in questo settore. Ti rigiro la domanda: dammi un motivo per non farlo!” WM

CHI E’ OPERA GROUP L’Opera Group Srl - con sede a Lucrezia (PU) – mira con la sua attività ad ottenere grandi risultati a servizio e beneficio dell’intera collettività. Opera Energia realizza e gestisce per proprio conto e per terzi impianti per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile, volti a migliorare l’efficienza energetica degli edifici. Per quanto riguarda il fotovoltaico, Opera Energia ricerca coperture industriali – proprio come quella della Profilglass – su cui realizzare impianti fotovoltaici. A fronte della concessione del diritto di superficie della copertura, corrisponde al proprietario un canone annuale di affitto e realizza a proprie spese un impianto fotovoltaico sotto la propria completa disponibilità.

www.opera-group.it matteo@opera-group.it

Opera Energia: “Energia Pulita, cambiamento comincia dall’alto” Opera Energia sta realizzando in collaborazione con Bellariva Energy un impianto fotovoltaico sulle preesistenti coperture del complesso industriale della Profilglass di Fano. Il progetto, presentato il 22 Settembre 2010 sarà realizzato riconvertendo e riqualificando 200.000 metri quadri di tetti dell’azienda e bonificando 18.000 metri quadri intaccati dall’amianto. L’impianto avrà una potenza nominale di 16,2 MWp e produrrà 17,4 MWh/anno: una quantità di energia sufficiente a coprire il fabbisogno energetico di 4.500 famiglie, pari a un terzo dell’intera popolazione di Fano.

Andamento dei flussi di cassa Finanziamento da parte della banca Finanziamento % Tasso di debito % Numero rate annuali Tasso inflazione

80% 3,2% 10 2%

finanziamento € 2.400.000,00

equity € 600.000,00

Produzione energia Elettrica Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

KW

-

1.043.700,00

1.033.263,00

1.022.930,37

1.012.701,07

1.002.574,06

992.548,32

982.622,83

972.796,60

963.068,64

Ricavi Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Totale ricavi

€-

€ 564.599,95

€ 558.953,95

€ 553.364,41

€ 547.830,77

€ 542.352,46

€ 536.928,94

€ 531.559,65

€ 526.244,05

€ 520.981,61

Costi Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Costi operativi

€-

€ 40.780,00

€ 41.595,60

€ 42.427,51

€ 43.276,06

€ 44.141,58

€ 45.024,42

€ 45.924,90

€ 46.843,40

€ 47.780,27

Rata finanziamento

€-

Totale costi x anno

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 284.232,43

€ 325.012,43

€ 325.828,03

€ 326.659,94

€ 327.508,49

€ 328.374,01

€ 329.256,85

€ 330.157,33

€ 331.075,83

€ 332.012,70

Flusso di cassa (x singolo anno) Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Flusso di cassa (x singolo anno)

-€ 600.000,00

€ 239.587,52

€ 233.125,92

€ 226.704,47

€ 220.322,28

€ 213.978,45

€ 207.672,09

€ 201.402,31

€ 195.168,22

€ 188.968,91

Flusso di cassa cumulato Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

Flusso di cassa

-€ 600.000,00

-€ 360.412,48

-€ 127.286,56

€ 99.417,91

€ 319.740,19

€ 533.718,64

€ 741.390,73

€ 942.793,04

€ 1.137.961,26

€ 1.326.930,17

Indici finanziari Anno

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

VAN

-€ 581.395,35

-€ 356.435,61

-€ 144.330,33

€ 55.536,76

€ 243.754,23

€ 420.884,12

€ 587.463,12

€ 744.003,68

€ 890.995,04

€ 1.028.904,29

Per conoscere il progetto nella sua specificità >>> http: www.whymarche.com/opera-group.business_plan

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iPhone 4

Apple?

la punta di diamante

Ne parliamo con Cristiano Scarpa, Apple Developer, che ci da anche un’altra chiave interpretativa: “Il Vero successo della Apple è l’ ”

a cura di

Chris R.

App Store!

“devo acquistare un iphone. Ma quale? 3GS o 4? O forse e’ meglio un iPad 3G o solo wifi? Così telefono e lo utilizzo anche portatile … oppure meglio l’iPod dato che ho già un iphone 2G per telefonare?” Domande che per chi non conosce ed usa la tecnologia Apple possono sembrare senza senso ma che invece per chi ci lavora o ne è appassionato ricorrono spesso. Qualunque sia la scelta finale, si finirà per possedere un dispositivo che avrà accesso al “gigante” degli acquisti online: l’App Store, un vero e proprio parco dei divertimenti per tutti i possessori di un apparecchio Apple, il luogo virtuale dove trovare la risposta a tutte le svariate esigenze. Ecco allora perché affermare che “l’App Store è il vero punto di forza di Apple”. Chi meglio di uno degli app developer Apple, che popolano l’App Store con migliaia di applicazioni nuove ogni mese, potrebbe raccontarci questo “mondo”, svelandocene i retroscena? Diamo quindi la parola a Cristiano Scarpa, developer Apple appunto! Cristiano perchè secondo te è l’App Store la vera punta di diamante della Apple?

Steve Jobs, CEO di Apple, ha commentato:

“Tre miliardi di applicazioni scaricate in meno di 18 mesi - niente di simile è mai stato visto prima. Il rivoluzionario App Store offre agli utenti iPhone e iPod touch un’esperienza diversa da quella disponibile su altri dispositivi mobili, e non vediamo alcun segnale del fatto che la concorrenza possa raggiungere questo livello a breve.”

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L’App Store è la vera punta di diamante di ogni iDevice. Steve Jobs lo aveva già in mente con l’uscita dell’iPhone 2G nel 2007 e dopo un anno intero di analisi sul comportamento e sulle abitudini delle persone che acquistano questa tipologia di prodotto, l’11 luglio del 2008 hanno reso pubblico il negozio di applicazioni per dispositivi mobili più grande del mondo e in continua crescita: l’App Store che vanta ad oggi in soli 2 anni dal suo inizio 5 miliardi di downloads e un milione di applicazioni disponibili tra gratuite e a pagamento da terze parti.” Quanti sono gli utilizzatori dei dispositivi mobile Apple che li sfruttano a fondo, che hanno chiare effettivamente le enormi potenzialità rese possibili dalle applicazioni disponibili nell’ App Store e sanno metterle a frutto? ”Molti utilizzatori di iPhone lo comprano solo per essere alla moda e non conoscono le potenzialità di questo prodotto. In teoria un dispositivo mobile Apple raggiunge le sue massime potenzialità con l’App Store, ma non tutti sono a conoscenza del grande numero di applicazioni presenti sullo Store quindi a

volte non viene sfruttato. Inoltre il software e la sua semplicità d’uso anche nell’acquistare appunto applicazioni li rendono i migliori dispositivi portatili. C’è un “capitolo” ancora per molti sconosciuto “Il Jailbreak”. Ci puoi spiegare in breve di cosa si tratta? ”Il Jailbreak è stato scoperto poco dopo l’uscita dell’iPhone 2G disponibile solo in Usa e bloccato con l’operatore At&t. Il jailbreak è nato per ovviare a questo blocco e permettere a tutti gli occidentali, di utilizzare l’iphone con sim di altri operatori. Poi si è evoluto portando installer e poi Cydia e permettendo così l’installazione di diverse applicazioni prima e dopo l’uscita di AppStore.” Attualmente sembra sia anche diventato legale… “Io sono contrario al jailbreak del dispositivo, ma non allo sblocco della parte telefonica, perchè se acquisti un iphone sai come è fatto e non dovresti necessitare di applicativi che non sono disponibili in AppStore. Le stesse applicazioni le ritroviamo nell’ AppStore sotto diverso nome: ecco perchè consiglio di seguire i forum o le community dei dispositivi ad esempio


?

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COS’E’

L’APP STORE Un vero e proprio parco dei divertimenti per tutti i possessori di un idevice Apple, il luogo virtuale dove trovare la risposta a tutte le svariate esigenze lavorative, ludiche e di relax. Ad Oggi l’App Store vanta più di 250000 mila applicazioni native, sia per iPad che per iPhone e iPod, disponibili per le varie versioni del sistema operativo Apple iOS oggi arrivato alla versione 4.1. per tutti i dispositivi tranne che per iPad, per il quale uscirà a giorni il nuovo software con nuove implementazioni, tra le tanto attese il MULTITASKING

Il giorno 27 novembre verrà pubblicato in home page la lista delle iscrizioni e i vincitori in base all’ora e il giorno di iscrizione www.whymarche.com

www.ispazio.net e www.ipadevice.com Sono i due poli di riferimento dei dispositivi e ogni giorno recensiscono le nuove applicazioni disponibili nell’App Store”. Parliamo dell’invalidazione. Quali rischi corre un utente che intende fare questo passo? ”Un utente che jailbrekka il proprio dispositivo incorre nell’annullamento della garanzia e in più lascia senza difese il proprio telefono perchè vengono tolti tutti i permessi sui file principali che compongono la sicurezza del dispositivo, causando la diffusione dei propri file personali o ancora peggio cedendo inutilizzabile il dispositivo.” Tornando all’AppStore, esistono altri store dello stesso livello per gli altri dispositivi mobile? ”Come numeri, Apple non la batte nessuno ma adesso sta prendendo piede lo store di Google, Android Store, che non offre però agli sviluppatori i tools che offre Apple e nessuno riesce a rendere così semplice l’acquisto di un’applicazione sia sul terminale sia sul computer. iTunes nel nostro caso è un ottimo programma che interfaccia tutti i dispositive mobili Apple ai nostri computer.” Ti facco una domanda personale, ma che credo molti utenti si stiano facendo da qualche mese: ho un iphone 3gs veramente mi conviene passare al 4? “A mio parere l’iphone è un telefono che va preso ogni due anni così da vedere la

differenza fra il vecchio e il nuovo. Quindi consiglio a tutti di attendere l’estate 2011 in cui molto probabilmente uscirà il vero nuovo modello di iPhone.” Mi passa per la testa da mesi il pensiero di acquistare la tavoletta magica di Apple. Ma veramente mi sarebbe utile? Molti utenti come me sono stati delusi dalla tavoletta magica pensando che Apple sviluppasse il dispositivo con il sistema operativo MACos invece cosi non è stato. Come mai secondo te? “Bisogna ammetterlo che tutti i prodotti Apple sono fatti con stile e, almeno per adesso secondo Apple, i dispositivi mobili non devono avere MacOSX ma iOS. Credo che sia anche molto semplice da gestire e funzionale rispetto ad MacOS su un iPad: dispositivo fisso MacOSX, dispositivo Mobile iOS, uniti da un filo chiamato iTunes. Il MacOS e’ progettato per i dispositivi fissi, per un lavoro più professionale; l’ipad e’ nato per rendere portatile tutto quello di cui non faremmo mai a meno e la sua facilità di utilizzo lo rende adattabile a qualsiasi fascia di età!”. Cristiano ti ringraziamo per la disponibilità e alla prossima! “Grazie a voi e al prossimo iApple!” In breve tirando le conclusioni i dispositivi Apple corrono parallelamente all’App Store: se si ha intenzione di acquistarne uno solo per telefonare e utilizzarlo come un semplice GPS non lo si sfrutta abbastanza e quindi forse meglio pensare ad un “semplice” smartphone. WM

Le applicazioni di Cristiano Scarpa Da iTunes >>> http://itunes.apple.com/it/app/iproxy Why Marche L’applicazione Why Marche disponibile per iPhone iPod e iPad è stata sviluppata da Cristiano Scarpa; e’ disponibile gratuitamente e consente di visualizzare in modo interattivo la rivista ed essere costantemente collegato con il portale on-line

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Network Social eGeolocalizzazione newsvine mixx

di

Omar Ccafini

Nati quasi per gioco, i social sono oggi uno strumento non solo ludico ma promozionale e di marketing. Un’altra frontiera superata … ma come gestirli al meglio?

60

I

Social Network sono sicuramente il più importante fenomeno del web degli ultimi anni. Il clamoroso successo di Facebook, che in Italia conta una comunità numerosissima e che ha raggiunto nel mondo più di 400 milioni di utenti, ha cambiato il nostro modo di utilizzare la rete ed anche come comunichiamo con i nostri contatti siano essi personali o professionali. All’interno di questo mondo di piazze virtuali si sta affermando una nuova moda, un nuovo bisogno legato alla nostra posizione e a come far conoscere o meno questa informazione al nostro network relazionale. Ciascuno di noi utilizzando diversi strumenti può oggi far sapere che è entrato in un bar oppure che sta partecipando ad una manifestazione o ancora che è rientrato a casa dopo una giornata di lavoro. Questo è possibile grazie alla presenza negli smart phones di ultima generazione di gps integrati che forniscono la nostra posizione in qualunque punto del globo ci

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troviamo. In mancanza di questi è possibile comunque risalire in maniera approssimativa alla nostra posizione anche grazie alla connessione 3G, utilizzando i dati delle celle telefoniche o anche semplicemente tramite connessione wifi grazie all’indirizzo ip del nostro dispositivo. Perché tanta attenzione sulla geolocalizzazione? Perché le aziende la reputano interessante e perché le persone cedono facilmente alla tentazione di far conoscere a tutti i propri amici dove si trovano? Un nuovo canale di Marketing Cominciamo analizzando l’aspetto di marketing che sta dietro al successo di questa tendenza. Alcune tipologie di aziende, pensiamo ad esempio a catene di ristoranti o bar, sono sempre in cerca di nuovi clienti e sempre interessate al rafforzamento del proprio brand soprattutto grazie alle dinamiche di condivisione tipiche dei social network. Quando una persona

FOURSqUARE Foursquare è una startup nata a NewYork nel Marzo 2009 e ad oggi conta oltre 3 milioni di utenti in tutto il mondo.

L’applicazione è disponibile nelle piattaforme: - iPhone - Android - BlackBerry Il suo punto di forza è l’aspetto ludico che se da un lato spinge gli utenti ad utilizzarlo con regolarità, per accumulare punteggio e riconoscimenti, dall’altro fa gola agli esercizi commerciali per rafforzare il proprio brand e per godere di maggiore visibilità sui social media.


entra fisicamente in un locale può decidere di condividerlo ed indirettamente fare pubblicità al locale stesso. In applicazioni mobili come Foursquare (che ha da poco superato i 3 milioni di utenti) i locali possono conoscere l’elenco delle persone che hanno effettuato il check-in (gergo per indicare che la persona è entrata o si trova in un certo luogo) ed incitare l’utilizzo del servizio ripagando il cliente con sconti od offerte sui propri prodotti. Ma la nostra privacy è in pericolo? La nostra posizione è sicuramente un’informazione sensibile per ciascuno di noi, e condividendola diamo la possibilità ad un certo numero di persone di sapere dove ci troviamo e chi è collegato riceve questa notizia in tempo reale. Il diffondere pubblicamente la nostra posizione permette a chi la legge di utilizzarla come

preferisce: un utilizzo da “amico” potrebbe essere ad esempio raggiungerci in un locale dove siamo appena entrati, ma dobbiamo anche pensare a chi saprà che in quel momento non sono più a casa e potrebbe approfittare ad esempio per fini poco nobili... Dobbiamo infatti considerare che la rete di contatti è qualcosa di più generico rispetto ad una vera amicizia; spesso si annoverano tra “amici” persone che neanche si conoscono e che a loro volta potrebbero conoscere persone che per qualche motivo ci sono ostili. Chiaramente questo discorso vale per tutte le moda-

FACEBOOK PLACES lità con cui comunichiamo ma siccome questa rappresenta una nuova opportunità è facile che all’inizio si trascurino alcune considerazioni di questo tipo. C’è da dire che possiamo stabilire quali informazioni condividere o meno e anche restringere la cerchia di persone che possono venirne a conoscenza, ma spesso dedichiamo poca attenzione a questi passaggi per pigrizia o per noncuranza non pensando ai possibili “effetti collaterali”. WM

QUALI APPLICAZIONI

ESISTONO Le più diffuse applicazioni per smartphone di ultima generazione sono sicuramente GoWalla e Foursquare (entrambe startup americane) che permettono di effettuare dei check-in in ogni sito esistente e di aggiungerne di nuovi. Entrambe le applicazioni permettono poi di condividere queste informazioni su Twitter o Facebook. La stessa Facebook si è mossa in questa nuova direzione aggiungendo al suo popolarissimo social network l’applicazione Places con funzionalità al momento molto ridotte rispetto a Foursquare e Gowalla, ma ha dalla sua un grandissimo numero di utenti e quindi da un lato un potenziale enorme a livelli di marketing e dall’altro rischi ancora più grandi per la nostra privacy. Diversi sono soprattutto gli approcci al fenomeno: nelle applicazioni come Gowalla e Foursquare, l’enfasi è sull’aspetto ludico c’è una vera e propria gara a diventare sindaco di un posto, ovvero a essere la persona che vi ha effettuato più checkin – mentre in Facebook Places il focus è sul networking generato dal conoscere quali dei nostri amici si trova nello stesso posto e magari stimolare una discussione.

Facebook Places nasce nell’estate 2010. Il numero potenziale di utenti sono gli stessi di facebook (400 milioni) anche se al momento è utilizzabile solo negli Stati Uniti e in Inghilterra.

L’applicazione è disponibile nelle piattaforme: - iPhone - Android - BlackBerry - Palm Il suo punto di forza è l’integrazione in facebook che permette di interagire con i propri amici direttamente e di alimentare discussioni all’interno del social network più utilizzato al mondo. Pecca ancora di usabilità e funzionalità in parte dovute alla sua nascita recente.

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la comunicazione ha subito un’ irreversibile mutazione. Il mondo delle parole e delle immagini ci è cambiato sotto il naso. Quel meccanismo travolgente detto comunicazione di massa, che

Chomsky chiama “la fabbrica del consenso”, non è più un dio onnipotente. Un modo diverso di fruire le informazioni e la possibilità per tutti di costruire e condividere le proprie stanno insidiando il monopolio, imponendo nuove regole. Non solo grazie all’avvento del web ma anche grazie alla tendenza diffusa a costruire reti tra persone e idee, a praticare condivisione di opinioni e di conoscenze. Wu ming può dirci molto a questo proposito.

OPACHI PER I MEDIA trasparenti per i lettori

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di

Nell’ultimo decennio

Giampaolo Paticchio

La voce dei

Wu Ming: chi è costui (costoro)? “Siamo un quartetto di narratori che con voce collettiva o solista si sforza di raccontare la complessità del mondo con ogni mezzo necessario.” Secondo il filosofo Perniola la comunicazione di massa è smascherata: non serve a creare conoscenza, quanto piuttosto a orientare il consenso, i comportamenti. Avremmo allora bisogno di uno strumento più autentico. Trattato breve, anzi brevissimo, di Wu Ming sul Comunicare, oggi. “Più che smascherata, la comunicazione di massa oggi è in coma irreversibile, perché sta scomparendo il suo soggetto di riferimento, il mittente dei suoi messaggi: il pubblico tende ad essere sempre più attivo e sempre meno audience. La massa è un blocco indifferenziato che di fronte a qualsiasi contenuto si comporta come un interruttore: è accesa o spenta, compra o non compra, crede o non crede. Oggi le persone hanno molte più possibilità di interagire con i mattoni culturali per costruirsi un immaginario su misura. Credo allora che si debbano scegliere strumenti e messaggi che aumentino questa consapevolezza. Raccontare storie per coinvolgere una comunità e stimolarla a discutere e non per imporre in maniera subdola il proprio pensiero.” Non c’è dubbio, ripercorrendo la vostra storia, che abbiate introdotto nuove modalità di comunicazione, non solo in un senso strettamente letterario ma dalla ricerca alla scrittura, dal web alla promozione diretta dei libri, al rapporto con i lettori. In che consiste, dunque, l’innovazione comunicativa di Wu Ming? “Penso che la si possa riassumere col nostro motto: Opachi per i media, trasparenti per i lettori. Non ci


Vita ed opere di WU MING il senza-nome Wu Ming è un gruppo di scrittori. Provengono dall’esperienza bolognese del Luther Blissett, una “reputazione aperta” adottata da metà degli anni ’90 da loro e da molti altri artisti europei. Con questo nome, nel ‘99 il collettivo firmò il suo primo romanzo, Q. Poi cambiò identità in Wu Ming, “senza nome” in cinese, scrivendo altri 5 romanzi collettivi (Asce di guerra, 54, Manituana, Altai, Previsioni del tempo), tradotti in molte lingue, e altri libri. I WM scrivono anche da “solisti”.

La comunicazione secondo Wu Ming, collettivo di scrittori

facciamo fotografare, non andiamo in televisione, non partecipiamo a kermesse o premi letterari che si basino soltanto sull’apparire, sull’essere selezionati e andare in finale. In compenso facciamo moltissimi incontri pubblici, vere e proprie assemblee intorno ai temi che ci stanno a cuore, per mettere in discussione quel che facciamo e come lo facciamo. Quasi nessuna di queste attività “on the road” ci viene organizzata dalla casa editrice: facciamo tutto da soli, senza filtri, con un indirizzo e-mail diretto, un blog, un sito, un account su Twitter e uno su Anobii. Così, se qualcuno mi riconosce per strada come Wu Ming 2, dev’essere per forza venuto ad ascoltarmi, a incontrarmi davvero da qualche parte. E’ una persona che sa chi sono, non un perfetto sconosciuto che magari si ricorda della mia faccia perché l’ha vista di sfuggita sul giornale o alla tivù. Il vostro collettivo è stato una presenza costante nelle reti; sia in quelle reali come, ad esempio, il movimento di Genova, sia in quelle virtuali, vedi la precedente esperienza come Luther Blisset e l’ uso massiccio di Internet, primi forse tra gli scrittori italiani.“ Cosa è cambiato nella letteratura con la diffusione del Web? “Moltissime cose, ma ne segnalo due, che mi sembrano fondamentali: primo, è cambiato il modo di scrivere romanzi. Chi lavora con un computer connesso alla rete, vive in simbiosi, per molte ore al giorno, con una sterminata enciclopedia, un cervello collettivo in costante aggiornamento. Di qualsiasi cosa tu voglia raccontare dalle astronavi alla Lunga Marcia - sul web trovi materiali, approfondimenti, precursori, discussioni, interlocutori, esperti. Jonathan Franzen sostiene che nessuno può scrivere un buon libro se sta attaccato a internet mentre lavora, ed è senz’altro vero che ci vuole molta disciplina per non farsi distrarre dal cinguettare di e-mail, feed, skype, tweet e compagnia. D’altro canto, io mi chiedo come si possa scrivere un buon libro senza Internet, perché per quanto mi riguarda la rete non è solo un serbatoio di dati, ma un forziere di storie e una musa ispiratrice. Secondo, è cambiato il

rapporto con i lettori, al punto che un romanzo diventa la porta d’accesso su un universo narrativo da esplorare insieme, autori e lettori, come abbiamo fatto per la prima volta con il sito di Manituana e come continuiamo a fare con ogni nostra uscita.” In un saggio molto discusso, specie sulla rete, Wu Ming 1 individua una specie di affinità elettiva tra opere italiane di scrittori diversi degli ultimi 20 anni. Il vostro uomo le accomuna tutte in una “nebulosa narrativa”, il New Italian Epic, come una corrente letteraria spontanea. Che tipo di dinamica renderebbe possibile questa convergenza di modi e di contenuti? Anche questo è strategia comunicativa? “No, in questo caso non si tratta di strategia comunicativa. Se negli ultimi quindici anni scrittori diversi, senza mettersi d’accordo, hanno prodotto opere simili (come si è simili tra membri di una stessa famiglia), la ragione è soprattutto politica, nel senso più ampio del termine. Questi scrittori hanno reagito alle narrazioni semplicistiche del potere raccontando storie complesse, che interrogassero la complessità sociale. Per farlo hanno utilizzato la cassetta degli attrezzi dei generi popolari - romanzo d’avventura, giallo, picaresco, feuilleton... - e hanno lavorato sulla lingua perché li aiutasse nel compito di non banalizzare il mondo. Da questo intento comune e non dichiarato sono nati libri ibridi, che rifuggono l’ironia postmoderna, azzardano punti di vista obliqui, nascondono la sperimentazione sotto un’attitudine popular, provano a esplorare narrazioni alternative e invitano i lettori a fare altrettanto, in un continuo scambio transmediale e partecipativo. L’allegoritmo comune a questi romanzi, il sentiero nel fitto dei testi che porta alla loro allegoria profonda, è l’idea che non possiamo continuare a vivere spingendo il pattume (materiale e spirituale) sotto il tappeto. Arte e letteratura devono aiutarci a immaginare vie d’uscita, curando il nostro sguardo e la nostra capacità di visualizzare un altrove.” WM

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I suoni del borgo Un racconto emozionale della 35esima edizione del Festival di Castelfidardo tra musica, suoni e colori

IL PREMIO

di

Riccardo Barchiesi

Un festival che dal 1987 (nasce però nel 1976) richiama centinaia d’artisti da tutto il mondo, da famosi fisarmonicisti come Richard Galliano, Coba, Renzo Ruggieri, Art Van Damme, Marcel Azzola, Kenny Kotwitz, Antonello Salis e molti altri, a personaggi del mondo della canzone e dello spettacolo tra cui Milva, Antonella Ruggiero,

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“Il cotto cinquecentesco del pavimento, d’intenso grigio ed irregolare, guida il passo tra antiche mura, che abituate alla calma silenziosa delle sere fidardensi, ora sono spettacolo per migliaia di turisti. La folla si fa sempre più numerosa proprio al calare della sera, quando il tramonto accompagna il sole dietro i profili frastagliati degli Appennini, bagnati del viola e del blu del prossimo crepuscolo”.

S

enza indugiare oltre ci si spinge tra le vie di un’inedita Castelfidardo, ammirando le merlature guelfe del palazzo comunale addobbate, non con i soliti striscioni, ma con ghirlande di rapidi fraseggi e con fasce di lunghe ballate dispersi nell’aria dalle sale in cui fisarmonicisti, accorsi da svariate parti del mondo, abbracciati allo strumento figlio di questa città, stanno incantando spettatori e giuria. Ben presto spuntano fuori note di viole, voci, chitarre, percussioni, tube, sax, clarinetti, flauti e contrabbassi ad arrangiare la colonna sonora di una sera illuminata da

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musiche jazz, nostalgiche fanfare, balli popolari, maestosi orchestrali a braccetto con musiche pop e la gialla luce elettrica delle strade di un colle, mai così vivo, sdraiato tra i monti e l’Adriatico calmo e scuro. Siamo al Festival di Castelfidardo, in provincia di Ancona, in cui, ormai per la 35° volta, si celebra lo strumento che deve i suoi natali e la sua diffusione alla capacità imprenditoriale della famiglia Soprani. Ormai conclusa l’edizione di quest’anno (svoltasi dal 5 al 10 Ottobre), si può dire che anche questa volta è stato un evento di respiro internazionale, per musicisti,

Vinicio Capossela, Demo Morselli e la sua Big Band, Roberto Vecchioni, Roberto Pregadio, Tullio De Piscopo, Samuele Bersani, Angelo Branduardi, Franco De Gemini, Edda dell’Orso.

Music Reality Show. Tre artisti vivono chiusi in una casa con due lati trasparenti, un’esperienza di musica e quotidianità a completo contatto con il pubblico 24 ore su 24


esperti del settore e curiosi in cerca di giornate e serate da ricordare. Come ogni anno tutta la cittadina ha preso a roteare intorno all’evento, adibendo numerosi dei suoi palazzi storici, come il Palazzo Mordini, l’Auditorium San Francesco e il suo cinema-teatro Astra, ad ospitare eventi musicali, jam e concorsi che vedevano protagonisti alcuni tra i più bravi artisti di tutto il mondo, nel campo della fisarmonica e non. Ad accogliere i numerosi visitatori anche il fondamentale Museo della Fisarmonica, con un viaggio nella storia tra fatti ed opere d’arte e collezioni private che nel tempo hanno contribuito alla nascita e alla diffusione della fama dello strumento. Non manca un evento perfettamente in linea con i nostri tempi: il Music Reality Show, in cui tre artisti vivono, chiusi in una casa con due lati trasparenti, un’esperienza di musica e quotidianità a completo contatto con il pubblico, 24 ore su 24, anche attraverso streaming e chat. Per i più piccoli, il “Baby Music Club”, in collaborazione con la Scuola Civica di Musica Paolo Soprani, propone spazi dedicati a far nascere quell’amore per musica e strumenti che sta sempre più affievolendosi, mentre, per i momenti di pausa tra un accordo e un altro, le porte di tutti i locali della zona sono aperte per rinfrancare anche le bocche con le melodie prelibate della cucina marchigiana, senza dimenticare i numerosi alberghi disponibili per artisti e turisti, trasformati per l’occasione in ritrovi per jam e concerti. Parlando di concorsi, il Premio Città di Castelfidardo vede sotto i riflettori alcuni tra i più virtuosi fisarmonicisti impegnati in un’amichevole lotta all’ultima nota per aggiudicarsi l’ambito riconoscimento. Il premio Voce d’Oro invece è assegnato a chi più di altri si è distinto durante l’anno

TIRANDO LE SOMME, UNA SETTIMANA DI CUI DIFFICILMENTE CI SI POTREBBE DIMENTICARE, GRAZIE ANCHE ALL’AIUTO DEI GADGET VENDUTI AL TEMPORARY SHOP APPOSITAMENTE ALLESTITO NELLA CITTà per il suo contributo alla valorizzazione dello strumento nel mondo. Molto importanti, infine, le numerose borse di studio e premi assegnati a vario titolo agli artisti da numerosi enti e città, compresa la gemellata città tedesca Klinglenthal. Intanto la notte si è fatta fonda, le ultime risate fanno da eco ai passi dei visitatori verso le macchine, e, piano piano, il silenzio riabbraccia la città, rotto solo da qualche ultimo rumore dei locali in chiusura. Una coperta di stelle è l’ultimo spettatore rimasto e presto l’ultima notte di fiera s’addormenterà sui ricordi di una settimana che riecheggia come un accordo vibrante. Al prossimo anno. WM

La fisarmonica a Castelfidardo Un antenato della fisarmonica può essere individuato nell’accordeon, brevettato dal viennese Cyrill Demian nel 1829. Nel 1863, un pellegrino austriaco trova ospitalità per la notte nel casolare dei Soprani. In possesso di una copia dell’accordeon, l’austriaco desta subito l’attenzione di uno dei figli di Antonio Soprani: il poi famoso Paolo Soprani, allora diciannovenne. Una volta capitone il funzionamento, Paolo diviene capace di costruirne un suo modello e di lì a poco, con l’aiuto di qualche operaio, prende il via la prima attività artigianale di produzione di fisarmoniche dei Soprani. Dapprima vendute nelle fiere di paese, soprattutto a Loreto, poi con l’apertura di una fabbrica in viale Umberto I, le fisarmoniche di Castelfidardo raggiungeranno l’Europa, fino poi a diventare il biglietto da visita della città in tutto il mondo. Tutt’ora, nelle periferie del paese, numerosi artigiani lavorano a mano alcune delle componenti fondamentali della fisarmonica e le imprese del luogo provvedono all’assemblaggio e la rifinitura di alcuni tra gli esemplari più pregiati dello strumento ad ancia, riconosciuto come il prodotto d’eccellenza della città che fu il primo centro industriale delle Marche. Castelfidardo, nel tempo, ha saputo diversificare i settori in cui opera, diventando un poliedrico polo produttivo di rilievo della zona Ancona sud.

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PHOTO: DANILA BURINI

Dibattiti, spettacoli, concerti, esposizioni di produttori e mostre a tema, insomma, intere giornate incentrate sulla musica, quella capace di soddisfare i padiglioni più malinconici e nostalgici insieme a quella tensione verso il moderno che a volte sembra un po’ lontana dal mondo della fisarmonica.


Trama e ordito delle meraviglie:

come nasce un

costu m

di

Noemi Tiburzi

Un viaggio alla scoperta dell’antica arte sartoriale, una tradizione che fa spettacolo

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S

coprire una sartoria teatrale nel cuore di un polo industriale è un po’ come imbattersi in quelle piccole piante che caparbiamente si fanno strada nel cemento e fioriscono, incuranti dell’aridità circostante: allo stesso modo, l’ Atelier Arianna è una parentesi di bellezza senza tempo che mai si penserebbe di incontrare nel mezzo del caos cittadino. Tra velluti, broccati e passamanerie, Elvia Mengoni - vivace anima della sartoria - ha costruito una realtà artigianale e storica unica nel suo genere nel territorio marchigiano, un fiore all’occhiello per il comune di Corridonia. Oltrepassando il laboratorio, attraverso un lungo corridoio tappezzato di bozzetti e foto di repertorio, si accede infatti ad una vera e propria wunderkammer : la stanza che ospita la collezione privata di abiti originali, datati a partire dal XVII secolo sino alla metà del XX secolo, che rappresentano il fondamentale punto di partenza per alcune delle creazioni. Il lavoro sartoriale non si limita certo ad una semplice imitazione, ma è un’attenta operazione di decostruzione e ricostruzione di quelle stesse parti che andranno poi a confluire nei nuovi costumi, spesso degli straordinari pezzi unici. Il taglio storico, dei cui segreti tecnici la Mengoni è una delle poche depositarie in Italia, struttura e caratterizza il vestito, ma anche il linguaggio e la visione del corpo che lo indossa, riconducendoli fedelmente all’epoca di riferimento. La storia di questa eccellenza inizia alla fine degli anni Sessanta, quando la Men-

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goni, conclusi gli studi di alta sartoria, si dedica in un primo momento agli abiti carnevaleschi, manufatti distribuiti in tutte le Marche ed esportati, su commissione di clienti esclusivi, anche nei grandi carnevali di Venezia, Cento e Putignano. In quegli stessi anni, padroneggiando ormai pienamente la sua arte, promuove corsi di apprendimento e perfezionamento di taglio e cucito, di cui tutt’oggi si occupa personalmente, in collaborazione con accademie e scuole professionali italiane. Intorno alla metà degli anni Ottanta, l’incontro con Giancarlo Colis, tra i più quotati costumisti italiani di cinema e teatro, segna l’inizio della produzione di abiti storici, in risposta anche all’aumento di manifestazioni e rievocazioni a tema nelle Marche e in altre regioni d’Italia: è il trionfo dell’immaginario medievale, desunto dallo studio di materiale iconografico dell’epoca e supportato dalle consulenze di storici, registi e sarti provenienti da prestigiose sartorie capitoline e milanesi. Inevitabile, di lì a poco, il debutto anche nel mondo del teatro dell’opera e della prosa, ambienti in cui la professionalità della Mengoni e del suo staff raggiunge la sua massima espressione, dialogando con l’estro creativo di grandi maestri della costumistica quali Massimo Gasparon, dai cui bozzetti nascono i costumi per “Aida” (2007) e “Norma” (2008), in collaborazione con lo Sferisterio Opera Festival di Macerata e sotto la direzione artistica del Maestro Pier Luigi Pizzi, il primo ad intuire il potenziale di questa accoppiata di “colossi” artistici. WM

L’ ATELIER ARIANNA è UNA PARENTESI DI BELLEZZA SENZA TEMPO CHE MAI SI PENSEREBBE DI INCONTRARE NEL MEZZO DEL CAOS CITTADINO


L’Atelier Arianna

u me

dispone di un incredibile patrimonio storico: circa 300 pezzi originali, oltre cinquemila riproduzioni, dai costumi medievali ai vezzosi capi Liberty, cui vanno ad aggiungersi centinaia di accessori, tra stole, ombrellini e cappelli di ogni foggia. Questa varietà ha permesso all’azienda di diversificare nel tempo le proprie collaborazioni: fondamentali quelle con numerose manifestazioni storiche, come la “Cavalcata dell’Assunta” di Fermo e le “Serate Estensi” di Modena, per citarne solo due. Da ricordare inoltre, in ambito operistico, il “Nabucco” per i duecento anni della fondazione del Teatro di Piacenza (2004), “Tutti insieme appassionatamente”della Compagnia della Rancia di Saverio Marconi ed infine il “Coriolano” di Shakespeare, regia di Franco Cavosi, con Alessandro Gassman protagonista al Teatro Argentina di Roma. Importanti realizzazioni sono state quelle per il Maestro Brockaus, in collaborazione con il Maestro Colis : il “ Prigioniero Superbo”, per la Fondazione Pergolesi Spontini di Jesi, mentre “ La Traviata” arriva a calcare il palco del San Carlo di Napoli e del teatro Palau de les Arts di Valencia.

www.ariannasartoria.com info@ariannasartoria.com

Aurelia Trobbiani, elvia Mengoni, Jonny giancamilli

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TOTAL RED

SI ESPANDE A MACChIA D’OLIO IL ROSSO, DA qUELLO PIù VIVACE A qUELLO SCARLATTO, DAL BORDEAUx AL MAGENTA PER RAVVIVARE GLI OUTFIT pIù chIc. A portafoglio oppure a campana, lungo da sirena oppure corto, dovrà essere immancabile nel guardaroba, il capo di vestiario rosso che spadroneggerà nelle serate più eleganti della City. Per gli accessori, meglio optare per un minimal nero per accentuare l’eleganza e la ricercatezza del capo, oppure un raffinatissimo, ma moderato, oro per risaltare la tonalità dell’outfit, senza scadere nel kitsch. Da evitare assolutamente colori vivaci come il giallo, il verde, l’arancio e l’azzurro poiché se mal abbinati rischierebbero di mandare in fumo la vostra serata. Per il giorno consiglierei un look più metropolitan, abbinando al colore portante un grigio scuro oppure della pelle nera, utilizzando accessori svariati e pop per rendere frizzanti le vostre giornate; ma attenzione: siate discrete … non vorrete apparire come degli alberi di natale?!

di

Roberto Ricci

Benvenuto Attraverso un viaggio, tra le passerelle e gli showroom europei degli stilisti più glam, vi mostriamo le proposte più cool del momento

COLOR CAMMELLO

NON CITARE qUESTA NUANCE DEL MARRONE SAREBBE UN CRIMINE INGIUSTIFICATO, POIChé è DIVENUTO UN CLASSICO PER L’ELEGANZA E LA raffInatezza aUtUnnale. Difficile che appassionati della moda non conoscano il color cammello, ma per tutti i neofiti, questo colore rappresenta la declinazione più scura del beige, altrimenti detta miele. Retaggio del beige estivo, che ha contagiato le passerelle di tutti i grandi stilisti, il cammello assume il total control del guardaroba autunno/inverno, alternando capi estremamente rigorosi a capi molto più urban, divenendo un vero e proprio must. Di qui, il via a tutti i suoi cromatismi e sfumature che trasformano i capi in vere e proprie opere d’arte: come il manteau doppio petto, con cintura e/o bottoni, adatto a qualunque circostanza, oppure come i cappotti, in pelle lucida e bordati di pelliccia, o resi ultra glamour grazie ai revers cuciti sul collo ed impreziositi da pietre. Il cammello non è riservato solo a giacche e pellicce, bensì è adatto a ogni tipologia di abito, come il dolce vita accompagnato da un tailleur a vita alta, o magari il tubino anni ’70 che con la sua fierezza non necessita di alcun accessorio.Gli abbinamenti più in voga sono senza dubbio quelli costituiti dal nero, dal bianco, e chiaramente da tutte le sfumature del marrone, ma non bisogna sminuire il delizioso contrasto che il beige assume con l’azzurro. Da evitare sono gli accostamenti con i colori primari giacché risulterebbero forzati ed inappropriati.

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LE PETITE ROBE NOIRE

qUANDO MADAME ChANEL, LO INVENTò NON AVEVA IDEA ChE IL SUO LAVORO AVREBBE AVUTO UNA FAMA ED UNA COSTANZA INTRAMONTABILE: è IL CASO DEL tUbInO nerO..

o Autunno!

L

’Autunno, la stagione in cui il cielo propone colori scuri, in cui il verde della natura si spegne, in cui diventa un must coprire ogni linea del corpo a causa dell’abbassamento della temperatura, è ormai alle porte. Sarebbe una tragedia qualora prendessimo in considerazione solo questi elementi negativi; ma come gli alberi perdono le loro foglie, per poi rinascere, così anche il guardaroba saluta i suoi abiti estivi per accogliere il cambiamento.

Non esiste altro capo che rappresenti investimento migliore, dal momento che è indubbiamente l’abito più elegante di tutti, l’unico che non teme i cambiamenti di stagione poiché è adatto ad ognuna di esse. Ovviamente, nel corso degli anni ha subito svariate trasformazioni, dalla lunghezza al tessuto, ma senza mai perdere quel “je ne sais quoi” definito classe. In quest’autunno gli stilisti hanno ritenuto opportuno riproporlo in chiave del tutto futuristica: modello anni ’50 rivisitato, è quello composto da una gonna rigorosa e da un corpetto very hot, impreziosito da decorazioni ricercate ed etniche; invece per chi punta allo stile romantico come non parlare dell’incantevole tubino con gonna a palloncino, stretto in vita e con scollatura a barchetta. Grandi stilisti propongono anche il look androgino, molto semplice da ottenere, usufruendo di una camicia bianca, di una rigorosissima gonna, e di accessori come cravatte e catene gioiello. Dalla Francia, invece ci raggiungono motivi floreali che accompagnano la serietà di tale capo, conferendogli una dimensione del tutto naturalistica e giovanile. Per la donna in carriera, costretta ad affrontare giornate di lavoro intense, consiglierei il classico e chic tubino semplice, che rimane perfetto anche dopo diverse ore seduti a tavolino, e ottimo per affrontare la mondanità in un happy hour post-lavoro con l’ausilio di un accessorio come una giacca importante, un copri spalle in paillettes, e/o una pochette abbinata alle scarpe. Nel caso del nero non esistono colori da evitare, poiché ogni abbinamento racconta un look se avvicinato dal nero, ma sconsiglio l’utilizzo di accessori inutili, visto e considerato che esso rappresenta il colore dell’eleganza per eccellenza e pertanto non necessita di ulteriori sovrappesi.

NON CITARE qUESTA NUANCE DEL MARRONE SAREBBE UN CRIMINE INGIUSTIFICATO, POIChé è DIVENUTO UN CLASSICO PER L’ELEGANZA E LA raffInatezza aUtUnnale. Il Tartan rappresenta il leitmotiv della produzione tessile scozzese, e anche il motivo predominante dell’autunno/inverno 2010-2011. La magnetica fantasia a ‘’quadrettoni’’ in voga in passato, fa il suo ritorno in passerella in grande stile: un vero e proprio revival dei kilt, divenuti sexy, castigati, glam e rock. In precedenza si era soliti prediligere la fantasia a scacchi rossa, ma adesso varie sono le novità, dal verde e blu, blu e nero, nero e grigio, grigio e rosso, rosso e blu. Sfilano gonne più spudorate che mostrano fiere le ginocchia, ma anche pinocchietti più pudici, il tutto accompagnato da cappe oversize, adatte a nascondere ogni piccola imperfezione. Vietati gli accostamenti a motivi floreali, renderebbero questo look glamour pericolosamente carnascialesco! Passionali e sexy possono rivelarsi gli accostamenti con l’eco pelle lucida.

Beh che dire, da tragico, quest’autunno si è rivelato essere sensazionale e mirabile grazie alle numerose innovazioni apportate dai grandi stilisti alla moda, che sanno rendere ogni capo unico e prezioso

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Il cinema Italia non guarda al futuro Sono le 22,30 e il primo tentativo di sentirsi va a vuoto. Daniele è a casa di un suo amico. Il problema è che l’amico (finalmente ha confessato) non ha ancora trovato il tempo per riparare o sostituire la cuffia microfonica, rotta da tempo. Allora ci si da appuntamento per mezzanotte, quando lui sarà tornato a casa sua.

Intervista a Daniele Gaglianone, regista e persona. Non personaggio

Daniele Gaglianone regista, Francesco Lattarulo, e Pietro Casella protagonisti

di

Giampaolo Paticchio

Alle dodici in punto Skype lancia il suo richiamo. È Daniele Gaglianone. Come sfondo la sua webcam cattura l’angolo cottura della cucina e questa volta il microfono funziona.

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Daniele, finalmente! “Eccomi qui. Sono un po’ stanco ma non mi tiro indietro.” Hai lavoranto anche oggi che è domenica? “Sono impegnato con le riprese di un nuovo film. Si chiamerà Ruggine. Abbiamo iniziato il 4 ottobre, a Roma. Una parte invece la gireremo nel quartiere Paolo VI, a Taranto. È paradossale ma per riprodurre un quartiere delle periferie del nord negli anni ’70, siamo dovuti andare così a sud.” Ma tu vuoi incuriosirmi... “Sono appena tornato da Domodossola dove ho incontrato Filippo Timi, che sarà nel film. Poi ci saranno Mastandrea, Accorsi, la Solarino. I veri protagonisti però saranno dei bambini. Sono un po’ teso, sarà un film difficile. Inoltre è la prima volta che lavoro con un cast di questo tipo e qualcuno penserà che Gaglianone è andato a male (come stai pensando tu adesso), mentre qualcun altro invece dice: ecco finalmente è maturato e ha messo la testa a posto. Io sono nel mezzo della tenaglia. Ma so che sarà un film di Gaglianone sino all’ultimo dettaglio.” Sei regista da anni, hai fatto film molto interessanti, hai vinto premi importanti, eppure è difficile vedere i tuoi film: sei poco prodotto, poco diffuso. Ti senti trascurato? “Sono consapevole di aver scelto un percorso non

facile ma, a conti fatti, mi sento anche fortunato, perchè il mio spazio sono riuscito a conquistarmelo. A volte sì, provo amarezza perchè mi sento oggetto di dimenticanze ingiustificate. Ma alla fine i film restano. Il fatto è che c’è in giro un’idea riduttiva del pubblico, una visione denigratoria degli spettatori. La gente viene trattata come poco capace di intendere e di volere, qualcuno seleziona sempre al posto suo quello che deve sapere, vedere. E poi le mie opere sono considerate di difficile collocazione. Fanno difficoltà a trovare dei partners in Italia. Ma un film come I nostri anni, difficile da trovare, mi viene ancora richiesto dopo 10 anni, anche da posti improbabili e sperduti. Le cose che ho fatto non mi hanno arricchito e sono poco conosciute. Ma resteranno.” Cosa non funziona nel cinema italiano. Cosa gli contesti? “Io contesto che, a fronte di una creatività diffusa e sotterranea, ci sia un sistema incapace di farla emergere, crescere. Quanti esordi di registi ci sono in Italia all’anno? Pochissimi. E per esordire, magari a 35 anni, devi farti un culo così. Questo paese non si preoccupa del futuro. Il cinema italiano è ormai indifendibile, vive/sopravvive del finanziamento statale, che è distribuito con criteri assurdi. Pensa che uno dei più finanziati è De Laurentis: siccome


o

Daniele Gaglianone,

torinese dai sei anni, è nato nel 1966 ad Ancona. È, orgogliosamente, un regista cinematografico; un talento ancora poco esplorato del cinema italiano, nonostante i vari riconoscimenti raccolti. Dagli anni ‘90 gira numerosi cortometraggi e documentari, sino al primo lungometraggio, “I nostri anni”, presentato a Cannes nel 2000. “Nemmeno il destino” (2004) fu presentato alle “Giornate degli autori” del Festival di Venezia, dove vinse il Premio Arca Cinema Giovani come miglior film italiano; e in seguito ebbe un Tiger Award al Festival Internazionale del Film di Rotterdam. Nel 2008 dirige il documentario “Rata nece biti” (La guerra non ci sarà), presentato al 61º Festival del Film di Locarno e poi vincitore del Premio Speciale della Giuria al 26° Torino Film Festival. Nel 2009 il film vince anche il David di Donatello per il miglior documentario di lungometraggio. Al Festival di Locarno di quest’anno, il suo “Pietro” era l’unico film italiano in concorso. E ha vinto il secondo premio della Giuria dei giovani.

incassa molti soldi, lo stato lo premia con altri soldi. Io non ho nulla contro i cine-panettoni ma che ci sia una logica: i produttori come lui potrebbero almeno, in contropartita, impegnarsi a far esordire, che ne so, 3 giovani registi all’anno, con un budget di soli 300.000 euro a film. E un giovane, con quei soldi, un film deve saperlo fare, altrimenti meglio che stia a casa. E poi sono realista: in un Paese con una situazione economica da lacrime e sangue, i film da milioni e milioni di euro, con i soldi pubblici non si possono più fare. Tutti quei soldi non rientreranno mai con il botteghino. Il sistema va rivoltato come un guanto.” Mi dai l’idea di un artista proletario, senza divismi, calato nella realtà, prossimo alle cose che racconta. Come mai, invece, generalmente gli uomini di spettacolo o di cultura sono molto capaci di essere personaggi ma non sanno più essere persone? “Coloro che hanno, a vari livelli, dalla politica allo spettacolo, il compito di raccontare la società, sono completamente scollati dalla realtà. Mi piacerebbe realizzare un documentario sulla nostra classe dirigente in senso ampio, in cui a tutti farei la stessa domanda: qual è stata l’ultima volta che ha preso un autobus? A D’Alema, alla Marcegaglia, a La Russa, ad Umberto Eco, farei quella e solo quella domanda. Dimmi del tuo Pietro, il film che hai portato quest’anno al Festival di Locarno. Io non volevo fare una parabola sul Paese ma nel film, nell’atmosfera e nel mondo che racconta non è difficile riconoscere qualcosa che ci riguarda tutti. Ad esempio, si parla anche del mondo del lavoro. Il nostro è un paese dove il caporalato, come il pizzo, sta diventando un pilastro del sistema socio-economico.” Tu non sei un torinese vero. Ho letto da qualche parte che sei nato ad Ancona. “Un po’ della mia famiglia vive da quelle parti. Mia sorella è a Montefano e io laggiù ho passato parte dell’infanzia e delle mie estati. Le Marche sono un punto di riferimento affettivo per me. E non solo affettivo. Quand’ero più giovane le prime scoperte le ho fatte là; ad esempio, molte

Il Pietro di Daniele C’era una sola opera italiana in concorso quest’anno al Festival di Locarno ed era “Pietro” di Daniele Gaglianone. Goffredo Fofi ne ha scritto con entusiasmo, indicandolo come un film molto più interessante e coraggioso di tutti quelli (italiani) scelti per Venezia. Pietro è un ragazzo della periferia torinese con le caratteristiche dello “sfigato”, condannato a fare il buffone in una corte di gente vociante e disperata, tossici e spacciatori; vive con il fratello eroinomane nell’appartamento dei genitori morti. Deposita volantini sotto i tergicristallo delle auto, per i pochi soldi in nero che gli passa il padroneaguzzino. È un “penultimo” e si conforma con serialità e remissività al suo ruolo, finchè può. Fino al collasso in azioni eclatanti, fatali. Pietro Casella-l’attore interpreta Pietro Casetta-il protagonista è una grande sorpresa. Nelle sale dalla fine di agosto, purtroppo poco distribuito, il film rimane negli occhi anche dopo la visione.

delle novità musicali che venivano dall’estero passavano prima per le mani di mio cugino Alessandro, a Montefano, e poi tempo dopo approdavano a Torino. Mi ricordo che addirittura qualcuno gli spediva le registrazioni demo dei DEVO, direttamente dall’Ohio.” Consigliami un film sconosciuto e poi ti mando a letto. “Non lo so. Sono troppo stanco per pensarci ora. Ma aspetta, posso dirti una cosa. C’è un film italiano, di 12 anni fa, a cui io mi sento molto vicino. Un film straordinario di un’ autore che dopo non ha più girato nulla e questo la dice lunga sullo stato delle cose; il regista era Giuseppe Gaudino e il suo film, che si chiama Giro di lune tra terra e mare, è pazzesco.” WM

NELLE FOTO ALCUNI MOMENTI DEL FILM PIETRO

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CARILLON una storia d’amore tra parole e musica

di

Sara Schiarizza

Piccolo grande caso editoriale per un’opera prima che vale doppio

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ue. O anche, quando un numero può identificare una produzione fatta di metà che si cercano: parole e musica, introduzione e storia, Met e Kate. Parti differenti che s’avvicinano, s’incrociano, si compensano e alla fine compenetrano in un’unica sfera, doppia anch’essa: fatta di delicatezza e “D’Incanto”. Succede in Carillon, libro + cd che nasce dalla fusione delle varie esperienze artistiche dell’autore, Donato Cutolo, compositore e sound engineer casertano al suo esordio in veste di scrittore. Poche pagine e un incontro. Una storia d’amore e un finale aperto, impalpabile come la città che lo ospita, Bloom Alia, all’interno della quale muovono i loro passi i protagonisti, “due solitari provati dagli eventi”. “La loro dignità – scrive nella prefazione Fausto

Mesolella, chitarrista degli Avion Travel che ha scelto di far parte del congegno Carillon redigendone l’introduzione – è una specie di scorza, una linea scura che ne distingue la sagoma e la stacca dallo sfondo, così che la vediamo meglio”. Parola d’ordine: semplicità. Nessun rettilineo, però: la strada seguita dal libro è fatta di curve a gomito, percorrendo le quali ci si imbatte nelle sfumature di esistenze al limite che si raccontano, si svelano, parlano di solitudini lontane, eppure tremendamente familiari. Del resto, quello tra lontananza e familiarità è il gioco che più si ripete in Carillon. Accade allora che un altro spazio impalpabile, Droma, città del silenzio nella quale gli abitanti hanno facoltà di parola per dodici ore ogni dieci anni, ci ricordi di pensieri taciuti; accade, ancora,


6 DOMANDE IN CERCA D’AUTORE in copertina

L’Angelo dell’Apocalisse di Livio Marino Atellano (acrilico su tela)

Sfoglia il trailer del libro >>> http://www.editricezona.it/carillon.htm Ascolta in anteprima il CD sul sito di Nomìa >>> http://www.nomia.info/ Met e Kate vivono a Bloom Alia. Sono due solitari, provati dagli eventi. La loro dignità – come spesso accade a chi ha vissuto certi traumi – è una specie di scorza, una linea scura che ne distingue la sagoma e la stacca dallo sfondo, così che la vediamo meglio. Navigano come scialuppe in un bar vicino al porto, ogni tanto attraccano a un tavolino. Mai vicini, anzi, lontani e quasi sempre di spalle. Questa è la storia del loro incontro. Un incontro magico e imprevedibile. Come il raffinato congegno di questo Carillon. che il microcosmo più definito, un bar, il “Chio”, si trasformi nel posto meno raggiungibile. Perché è lì che Met, prescelto, sfiora Kate, l’angelo. E la sfiora così come la musica sfiora le parole. Come già accennato, al testo si unisce infatti un cd, una sorta di colonna sonora onirica che accompagna lo scritto. Si tratta di quattordici tracce che si avvalgono della collaborazione e del talento del pianista Fabio Tommasone, altra metà di questo lavoro – in grado di essere, di pagina in pagina, bussola del racconto o catalizzatore di sensazioni. È un mix che fa centro. È un mix che ha trasformato Carillon citando la casa editrice, La Zona – in un “piccolo grande caso editoriale per

copie vendute”: più di tremila in sei mesi. Il traguardo non è da poco, soprattutto considerando la particolarità del prodotto editoriale e il fatto che si tratti di una produzione indipendente. Un bel record, insomma, che dimostra come l’accoppiamento tra lettura e ascolto funzioni. D’altro canto – scrive Mesolella - “quella tra testo e musica è qui la vera storia d’amore. I linguaggi di questo lavoro sono nati per stare insieme”. E anzi, a pensarci su, sono prescelti anch’essi, come Met. Destinati a fondersi nel metallo che dà vita all’ingranaggio senza il quale il Carillon non avrebbe motivo d’essere: la chiavetta da girare, con la dose giusta di forza, per dare la carica. WM

Chi è Donato Cutolo?

“Mi definirei un osservatore, attento, di tutto ciò che mi circonda. Elaboro e regolarmente nasce l’esigenza di “mettere su carta”, per poi tornare a casa e cercare suoni che colorino di musica le sensazioni scritte. Segue la parte che più adoro: chiamo Fabio Tommasone, il più grande pianista e compositore che le mie orecchie abbiano mai ascoltato - parlo della cerchia che mi circonda, senza fare alcun paragone coi “mostri sacri” - ed è lui che per magia riesce ad entrare nella mia testa e a comporre melodie ‘ipnotiche’.”

Cosa spinge uno che s’è sempre occupato di musica a raccontare una storia in prosa?

“La ‘condanna’ delle rime e delle battute di un testo musicale o di una canzone in sé: troppo brevi. Avevo bisogno di dire/dare di più; avevo accumulato di più.”

Testo e musica ma non solo. Anche teatro. Perché Carillon è diventato un evento live. Raccontaci di quell’esperienza. “Il silenzio: ciò che ricordo dell’evento live è il meraviglioso silenzio. Era un reading accompagnato da pianoforte a coda e macchine – Moog con immagini che scorrevano sullo schermo. Si era creato un rapporto così intimo col pubblico che faceva tenerezza.”

Invece ora, fresco d’uscita, un video, il secondo di una trilogia...

“Si, Parole |Foto|sensibili #2, secondo video di una Trilogia, che diventerà in autunno ‘Cortometraggio’, con le musiche e le suggestioni tratte proprio da Carillon. Si tratta di un viaggio - fatto sempre con la collaborazione di Tommasone e Mesolella - attraverso le suggestioni ‘quotidiane’, i colpi d’occhio fotosensibili che limano l’animo e ne regolano le sensazioni.”

Torniamo a Carillon. Prima che si trasformasse nel piccolo, grande caso editoriale che è diventato, che pubblico di lettori immaginavi? Aspettative deluse?

“La cosa che mi ha impressionato di più è stata la varietà di persone che hanno approcciato col Carillon: praticamente mi trovo a parlarne con ragazzi adolescenti così come persone adulte e gli argomenti, gli spunti di dialogo, sono comuni, nonostante la differenza d’età e di generazione. Credo sia una cosa meravigliosa, la cosa che più mi rende fiducioso di tutto quanto fatto.”

Chiudiamo così: il tuo personaggio preferito di Carillon? “Mio padre. Nell’epigrafe.”

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Maila Chianciani di

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n fondo è roba da bambini. Dico giocare, no? Insomma, qua ci sono cose molto più serie da fare: dimenticare il gusto delle cose semplici, rincorrere insensate priorità, spaccarsi la schiena per niente, stressarsi fino alla malattia, lavorare troppo per ottenere quantità varie di danaro che poi non abbiamo il tempo e il modo di goderci, imprecare dietro una politica che poi siamo i primi a sostenere, autorizzare e giustificare, perdere il tempo e la serenità dietro a multimilionari in calzoncini che poi magari scioperano pure. Poverini. Già, è proprio roba infantile, ma nel senso peggiore del termine, cioè quello che gli danno i grandi, ossia qualcosa di stupido e rumoroso. Ma c’è anche chi si ribella. Eh, già, quelli sì che sono forti. Si fanno, loro, si calano cose colorate, ascoltano rumori senza la necessità di cercarci un ritmo (figuriamoci una

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melodia!), si ammazzano piano piano, pezzo per pezzo, perché… aspetta, lo sapevo… perché… boh, vabbè, mi arrendo: prendete una manciata qualsiasi della retorica di cui son piene certe canzoni, ce la schiaffate dentro senza troppi complimenti, e improvvisamente sarà tutto chiaro. Almeno credo che funzioni così.

Eppure so che mi è sfuggito a lungo qualcosa.

Ci ho pensato parecchio e alla fine ho capito che mi è sfuggito che non è tutto qui. L’uomo non è tutto, l’umanità non è tutto, o addirittura è niente. La natura, invece, ci circonda, ci pervade, ci condiziona. Noi stessi siamo la natura, nonostante i nostri innumerevoli tentativi di sentirci diversi, migliori, lontani, autonomi. Ma la natura c’è, la natura accade, persegue, persevera, insiste, reagisce, indipendentemente da tutto.

Indipendentemente da noi. Ma non sono qui per parlare esattamente di questo… vorrei, oh se vorrei, ma non qui e non ora. Piuttosto credo che per adesso questa sia stata la giusta premessa per parlare di un mondo che ci sfugge quotidianamente tra le dita, ma che dovrebbe invece permeare ogni nostro respiro. Sto parlando di qualcosa che è talmente importante, ma talmente importante che noi, da bravi esseri umani quali siamo, ce lo siamo perso per strada. Ora, non voglio dire che sto per svelarvi chissà quale segreto ancestrale, né sto per rivelarvi la vera data della fine del mondo (alla faccia dei Maya, o chi per loro), ma sicuramente cercherò di farvi vedere con un occhio diverso un aspetto della nostra quotidianità spesso sottovalutato. Ci sono numerosi nostri atteggiamenti che ci accomunano con molti animali, e uno di


Ci sono numerosi nostri atteggiamenti che ci accomunano con molti animali, e uno di questi è il gioco

questi è il gioco. Sì, avete letto bene: i delfini giocano, i lupi giocano, gli orsi giocano, le cozze… no, quelle no, ma non credo che comunque avrebbe giovato al nostro discorso. Fatto sta che molti mammiferi giocano, ma tenendo presente che loro in fondo di solito non si perdono in fronzoli (sapete, devono pensare a quisquiglie e pinzillacchere varie, tipo sopravvivere), devo pensare che allora il gioco assume per queste creature una dimensione differente rispetto a quella che gli tributiamo noi, un’importanza decisamente più elevata di quella che di solito gli riserviamo, soprattutto quando iniziamo a sentirci grandi. Invece il gioco è apprendimento, sperimentazione, simulazione, conoscenza, e magari anche divertimento, che non guasta mai. L’interesse che vorrei ricreare attorno a questa rubrica non deve derivare da una presunta

assoluta novità legata all’argomento ludico (novità che ovviamente non c’è, tutti noi si gioca, in un modo o nell’altro), ma piuttosto mi piacerebbe parlare di numerosi giochi poco conosciuti, a volte anche poco diffusi e praticati, ma che nascondono in sé, oltre ad una grande capacità di divertire, anche un’insperata propensione alla didattica, una forma di insegnamento permanente e poliedrico che è adatto a tutte le età. Parlerò anche di giochi che invece hanno un mercato che pare a tutti gli effetti “serio”, ma che possono essere visti con superficialità o dei quali si riesce a cogliere spesso solo ciò che accade nella casa di chi li ha comprati, saltando a piè pari l’immane lavoro che c’è alle loro spalle. La mia intenzione è di togliere di dosso a certi giochi quella ingiustificata nomea di “roba da bambini” per promuovere invece una più approfondita cultura ludica,

che sappia guardare con occhio disincantato alle numerose opportunità che ci circondano in questo ambito, per non dimenticare mai che se smetti di giocare, smetti di crescere e se hai smesso di crescere, che campi a fare? Nel corso di questi mesi troveremo il modo di parlare di collezionismo, modellismo, giochi di strategia, simulazioni dal vivo, rievocazioni storiche, teatro interattivo, giochi di immedesimazione e giochi di ruolo, videogiochi, giochi di carte collezionabili, cosplay, giochi da tavolo, giochi di prestigio, arti giocoliere, rompicapi e un mondo di altri divertimenti che dovrebbero essere passati dallo mutua, tanta è la loro importanza per la nostra salute mentale. Cercherò anche di mettere in luce che giocare in questo modo non è frutto di un’alienazione, anche se la tentazione di pensarlo è capitata un po’ a tutti. WM

Buon divertimento, a prescindere. Whymarche.com 75



Perche?

Confessioni di un capro espiatorio Sergio Picciafuoco, 14 anni dopo l’assoluzione definitiva per la strage di Bologna, si racconta Memoria di Sergio Picciafuoco, scritta da Giampaolo Paticchio

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i chiamo Sergio Picciafuoco e sono stato ladro, ricettatore, detenuto e latitante; ma soprattutto sono stato un capro espiatorio. Oggi ho sessantacinque anni e un passato desertificato dalle condanne, dal carcere, dai reparti psichiatrici e dallo sguardo ostile delle persone. Il sospetto che ha gravato su di me per quindici lunghi penosi anni, fino all’assoluzione definitiva dei giudici, è quello che mi voleva tra gli esecutori materiali di una strage. Che, detto fuori dai denti, significa essere ritenuto l’assassino di moltissime persone, ammazzate tutte in una volta. Non sono mai stato uno stinco di santo

e non faccio mistero dei continui espedienti e dei piccoli reati di cui ho campato per anni; e per cui ho pagato il mio tributo alla giustizia. Ma non ho mai ucciso nessuno, nè avrei mai potuto solo immaginare di farlo. Per natura. Il giorno più importante della mia vita risale a trent’anni fa. Si tratta del 2 agosto del 1980. E non fu un bel giorno. Quel 2 agosto fu nefasto per tutto il paese. Ma per me lo fu in maniera paradossale, grottesca, come in uno scherzo del destino. Erano le 10,25 di mattina e nella stazione di Bologna fu un attimo lungo e folgorante: una bomba deflagrò nella sala d’aspetto di seconda classe e... continua

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Perche?

Io sopravvissi, eppure da allora, lungo i mesi e gli anni che seguirono, per me fu un po’ come essere morto senza essere morto

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ottantacinque persone morirono, mentre duecento rimasero ferite. Io ero lì, quel giorno a quell’ora, all’altezza del quarto binario, seduto a gambe penzoloni sul muretto delle scale per il sottopassaggio. Al quarto binario, a pochi metri dalla morte, che sfogliavo Gente Motori, in attesa di un treno per Milano. Ma - e ancora oggi non so se fu fortuna o sfortuna- io sopravvissi. Io sopravvissi, eppure da allora, lungo i mesi e gli anni che seguirono, per me fu un po’ come essere morto senza essere morto. Ero latitante allora, scappato 10 anni prima dal carcere di Ancona, dove mi trovavo per reati contro il patrimonio, ed avevo con me documenti falsi che mi spacciavano per Eraclio Vailati, l’alter-ego che ero diventato dopo l’evasione. Ricercato e sotto falsa identità avrei dovuto dileguarmi all’istante, svanire per l’ennesima volta - me lo sono ripetuto per anni - lasciare a tutti gli altri l’orrore di quello spettacolo, come forse avrebbe fatto chiunque si trovasse nelle mie condizioni e fosse dotato dell’istinto di sopravvivenza minimo degli umani. E invece, dopo l’esplosione, non solo rimasi là ma, incredulo e allucinato seppure intero, mi diedi da fare per prestare i primi soccorsi. Non ricordo ancora cosa pensai, perchè rimasi. Ma quello che vidi, quello strazio di corpi e di sangue, nella luce diafana della stazione devastata, tra la polvere sospesa, non ha più abbandonato i miei occhi; e avrebbe tolto la pace per sempre anche al più efferato e sanguinario dei terroristi. Mi feci medicare, più tardi, le lievi ferite che avevo riportato, fornendo il mio nome falso. Ero troppo sprovveduto per immaginare quanto mi sarebbe costata quell’ingenuità. Lasciai così una traccia inequivocabile del mio passaggio nel luogo dell’attentato, assolutamente inconsapevole di quanto la mia presenza nel posto sbagliato al momento sbagliato sarebbe stata trasfigurata, ben presto, in inequivocabile

Libri e antidepressivi... per sopravvivere

segno di colpevolezza. Così, quando nell’aprile dell’81 venni arrestato al confine del Tarvisio, inizialmente fui tirato dentro l’inchiesta solo come testimone; sino a che non mi ritrovai incriminato, come membro dei Nuclei Armati Rivoluzionari, l’organizzazione eversiva di destra ritenuta responsabile della strage, seguendo una dinamica che Marco Bezicheri, il mio legale bolognese, avrebbe in seguito descritto come la “metodologia del sospetto”. I tempi stringevano, le indagini non avevano ancora fatto abbastanza luce sui fatti e la strage urgeva di responsabili ufficiali: il mio profilo si prestava bene per dare un volto verosimile ad un tassello mancante nel mosaico dei presunti terroristi. La mia candidatura a colpevole forse era utile a coprire altre ipotesi, piste più spaventose; era comunque sicuramente adatta a chiudere il cerchio accusatorio che avrebbe placato l’opinione pubblica e additato un altro nome e cognome alla disperazione dei familiari delle vittime. “I tentativi di inserire a forza il Picciafuoco nelle vesti di un elemento clandestino della cosiddetta destra eversiva, si sono ripetuti fino al secondo processo d’Appello, ma hanno dato tutti un ben misero risultato” scriveva il mio avvocato. Ho ripetuto senza mai stancarmi, tutte le volte che mi è stata concessa la parola, che so molto poco di politica, di destra, di sinistra. Che io con i NAR non ho mai avuto niente a che fare. A parte l’origine comune dei miei documenti falsi con quelli di alcuni membri dei NAR, tra cui Giusva Fioravanti. Il che significa solo che gli stessi falsari avevano confezionato anche il loro, oltre che il mio passaporto. Io ero un latitante, l’ho già detto; e mi ero procurato i documenti falsi da gente professionista, in carcere è facile sapere a chi rivolgersi per queste cose; e quei professionisti avevano il loro giro, io non ero certo il loro unico cliente.

La strage nel mistero Il 2 agosto 1980, una bomba esplode nella sala d’aspetto di 2ª classe dell’affollata stazione di Bologna. Crolla un’ala dell’edificio e il colpo investe anche il treno Ancona-Chiasso, sul 1° binario. Moriranno 85 persone, oltre 200 rimarranno ferite. La pista investigativa più seguita è quella che porta all’eversione di destra e più precisamente ai Nuclei Armati Rivoluzionari. Ma i vari processi lasceranno emergere una vicenda molto più complessa; e l’interesse a depistare le indagini si rivela alto e diffuso. L’alternarsi delle sentenze, lungo i vari gradi, è contraddittorio. E le condanne definitive del 1995 non colpiscono solo Fioravanti e la Mambro (NAR) per la strage, ma anche, stavolta per opera di depistaggio, l’ex agente del Sismi Pazienza e gli ufficiali Musumeci e Belmonte, oltre a Gelli, il capo della P2. Nel ’96 la Corte d’Assise d’Appello di Firenze assolve Sergio Picciafuoco dall’ accusa di strage, ‘’per non aver commesso il fatto’’ e nel ‘97 la Cassazione conferma l’assoluzione. Nel 2000 la corte d’Assise di Bologna emetterà nuove condanne per depistaggio. Del 2007 è la condanna definitiva per Ciavardini, ex NAR. Ma già nel 2005 la procura di Bologna aveva confermato l’apertura di un’inchiesta bis, con al centro la pista palestinese e il terrorismo internazionale. E le piste investigative non finiscono qui. L’agenzia Ansa ne ha censite almeno 6 tra quelle ipotizzate in 30 anni, tra cui anche la Libica, la Libanese, l’Americana.

“Ma tu chi cazzo sei?”, questo mi sussurrò proprio Fioravanti, principale imputato insieme a Francesca Mambro, attraverso le sbarre della gabbia in Aula, quasi all’inizio del processo di primo grado, che si concluse nell’88 con una mia condanna come esecutore materiale. Fu solo dopo un mese di udienze, quattro per settimana, e di sguardi pieni di sfida e di sospetto (ero un infiltrato?), che un giorno Fioravanti mi rivolse nuovamente la parola, forse dopo aver raccolto le sue informazioni. Fu la prima volta che mi chiamò per nome. “Sei uno sfigato, Sergio. Ecco chi sei”. Da allora quella qualifica mi si è appiccicata addosso e nella

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testa, sfigato, fino a sentirla come una specie di apprezzamento, un elemento di resistenza psichica, sicuramente un’alternativa accettabile al ruolo di stragista che tutti gli altri volevano cucirmi addosso. Quelli che mi difendevano non avevano migliore argomento che ribadire che ero solo un balordo, uno sbandato, uno sfortunato. Meglio che un assassino. Fui condannato, dunque. Al carcere, ma soprattutto alla sfiducia, alla disperazione, allo sconforto davanti a una forza avversa che percepivo spaventosamente più grande di me. Le persone e le cose, tutto mi si accaniva contro. Quasi a prescindere. Il Pubblico Ministero Libero Mancuso, una volta, addirittura azzardò che forse avevo agito sotto ipnosi. Ero colpevole a tutti i costi. Mi chiedo se i giudici avessero avvertito nel mio nome un presagio, un destino, un’attitudine originaria a seminare ordigni, ad accendere il fuoco; perchè, per il resto, l’impianto probatorio era debolissimo. Soprattutto, come scrisse ancora l’avvocato, “a nulla valse il ricordare che se Picciafuoco avesse avuto una qualche parte nell’esplosione alla stazione di Bologna, quale emissario di una occulta organizzazione, avrebbe cercato di sgusciare via subito ed inosservato ed avrebbe evitato di andare a farsi medicare in un posto pubblico e poi di rimanere per vario tempo presente a Modena e Bologna, frequentando persone con le quali aveva allacciato normali rapporti di amicizia e conoscenza”. Mi ha sempre colpito che gli stessi Mambro e Fioravanti, pur rei confessi di altri omicidi, abbiano tenacemente continuato a professarsi innocenti riguardo a Bologna. Non posso dire se sia così davvero, ma non posso nemmeno escluderlo. Negli anni ho dovuto imparare ad affinare lo sguardo e il giudizio, per pura necessità. E dall’interno della mia condizione di presunta colpevolezza e di impotenza, ho intuito, percepito, intravisto che la vicenda tragica di Bologna ha livelli più complessi,

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contorni più grandi, collegamenti e coincidenze più inquietanti della pura e semplice violenza ideologica di un gruppo eversivo fascista. Lo lasciano sospettare i massicci tentativi di depistaggio che l’inchiesta ha costantemente subito. “L’ imputato è assolto. Per non aver commesso il fatto”. Era il 18 giugno del 1996. Per sentirmi pronunciare questa frase ho dovuto affrontare un doloroso percorso giudiziario, tra condanne e assoluzioni, durante il quale il mio disagio psichico è gradualmente cresciuto; un percorso che mi ha condotto, fino all’ultimo grado del Processo, all’assoluzione definitiva, poi confermata nel ’97 dalla Cassazione. Ma già, a quel punto, molta parte di me era

Negli anni ho dovuto imparare ad affinare lo sguardo e il giudizio, per pura necessità compromessa. Per un certo periodo, nuovamente libero, ebbi anche a commettere altri piccoli reati, rimediando persino un buco nella pancia e rischiando la vita. Ma questa è un’altra storia e all’epoca io già vagavo tra un ricovero psichiatrico e l’altro. Poi fu grazie ad alcuni familiari che le cose presero un altro verso ed io diventai un operaio, una persona di poche pretese, domiciliata in una pensioncina. Oggi sono sulla soglia del pensionamento e vivo nelle Marche, dove sono nato. Il mio monolocale è piccolo ma accogliente. Il tempo ha ammorbidito l’effetto velenoso del sospetto altrui, senza mai però spegnerlo. Lo Stato non mi ha mai risarcito per gli errori giudiziari che mi hanno devastato l’esistenza. E nessuno si è fatto mai carico di una mia riabilitazione pubblica, davanti agli occhi del mondo. Oggi, però, malgrado tutto, ho un solo vero desiderio. Vorrei fosse cancellata per sempre anche la sola ombra di quel sospetto e di quelle accuse che per anni mi hanno soffocato e ancora oggi mi tengono sveglio di notte. Vorrei che anche i parenti delle vittime accettassero la mia innocenza, anzi che ne diventassero certi. Vorrei la verità anch’io, in fondo. È paradossale ma vorrei che tutti vedessero, quando mi guardano, lo sfigato, il malcapitato. A Bologna io sono stato l’ennesimo ferito, un ferito non conteggiato. Sono rimasto invalido nell’anima, nella dignità. La mia piaga ha il diritto di rimarginarsi. WM


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Why Marche è FSC L’FSC – Forest Stewardship Council è un procedimento di certificazione innovativo che garantisce al consumatore la provenienza del materiale utilizzato per il prodotto da foreste gestite in maniera responsabile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico

Essere accreditati FSC non è quindi solo un preciso indirizzo di marketing, che permette all’azienda che se fregia di entrare in un elenco internazionale di imprese certificate e di far parte di una nicchia di mercato in forte crescita, ma è una scelta del produttore, responsabile ed attenta nei confronti dell’ambiente, che lo qualifica anche in quanto a responsabilità sociale.

Le certificazione FSC opera su due livelli : COME CERTIFICAZIONE FORESTALE, CONCESSA A CHI GESTISCE LA FORESTA O LA PIANTAGIONE, ATTESTANDO UN ORIENTAMENTO BASATO SU PRINCIPI AMBIENTALI, SOCIALI ED ECONOMICI CORRETTI ED ATTENTI ANCHE ALLA SALVAGUARDI DEL MICROCOSMO LOCALE

COME CERTIFICAZIONE DELLA CHAIN OF CUSTODY, RIVOLTA A CHI TRASFORMA LA MATERIA PRIMA REALIZZANDONE PRODOTTI FINITI O COMPONENTISTICA, AFFERMANDO CHE LA STESSA RISPETTA GLI ELEVATI STANDARD FSC

Scegliere di sopportare costi maggiori ma sposare la causa della responsabile salvaguardia delle foreste e dunque dell’ecosistema ci è sembrato quasi scontato. Internazionalizzazione, globalizzazione, progresso, concezione di un mondo a misura d’uomo, green economy sono tutte parole altisonanti e conquiste importanti che testimoniano di una crescita e di una innovazione costante del genere umano che a volte però dimentica l’importanza di salvaguardare la sua “casa”: ognuno può fare qualcosa per migliorare la situazione e noi di Theta Edizioni abbiamo deciso di muovere i nostri primi passi anche con la giusta attenzione all’ambiente.

N° 01 - Novembre 2010

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