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E DITORIALE
CHIAMALA SE VUOI… RESILIENZA Un vocabolo molto usato in questi tempi, è “resilienza”. Se le Marche appaiono una regione al plurale con molte caratteristiche positive, sia sul piano turistico che culturale, enogastronomico, architettonico, paesaggistico, vivere qui dovrebbe risultare un valore aggiunto contro ogni tentazione chiamata fuga. La resilienza è la capacità di resistere in tempo di crisi, di far fronte ai cambiamenti, ai traumi. In termini più generici resilienza significa “resistenza”, trarre forza positiva dagli eventi. È un’energia che arriva da dentro e che ci porta a creare risorse, tanto da trarre beneficio da ciò che all’inizio sembrava solo qualcosa di negativo. La resilienza, se allenata e sviluppata, cambia la prospettiva della vita perché ci mostra lati che non sono facili da cogliere in situazioni abitudinarie. La resilienza richiede allenamento e va praticata tutti i giorni mostrandosi flessibili, imparando ad adattarsi alle persone che si hanno di fronte. Per diventare resilienti bisogna aumentare la curiosità. Ci sembra che il numero di “Why Marche”, con i suoi protagonisti di questo mese, vada proprio in tale direzione… “empatica”.
ALESSANDRO MOSCÈ
WHY MARCHE | 7
P.10
S O M M A R I O P.14
A GORÀ
P.26
10 LA PIÙ BELLA D’ITALIA
A NIMA 26 DONNE IN CUCINA NELLA MEMORIA 30 LE GRANDI BATTAGLIE 34 LUSITANO, IL MARRANO 36 L’IPOGEO DI PIAGGE 40 BRIGANTI E PIRATI 42 LA RETE LOTTESCA 44 UN TAPPETO DI FIORI
P RIMO
PIANO
48 TURISMO 0-14
Direttore Responsabile: Alessandro Moscè REDAZIONE Editor Silvia Brunori Fabrizio Cantori Alessandro Carlorosi Stefania Cecconi Ilaria Cofanelli Stefano Longhi Alessandra Lucaioli Tommaso Lucchetti Mirella Vercelli
M ENTE 54 ITINERARIO DELLA BELLEZZA 2019 56 ADICONSUM
Marketing & P.R. Raffaella Scortichini r.scortichini@whymarche.com Concept: Theta Edizioni info@whymarche.com
P ERCHÉ 58 IL CONTRIBUTO DEL TURISMO AL PIL www.thetaedizioni.it
S PIRITO
P.48
62 BRAND FESTIVAL 64 BISCOTTI FROLLA 66 GIOVINEZZA COME HERE 68 LA MUSICA DI SANTINI 70 BARBANERA 72 EVENTI
I PERCORSI DI WHY MARCHE
edizioni info@thetaedizioni.it
Casa Editrice: Theta Edizioni Srl Registrazione Tribunale di Ancona n° 15/10 del 20 Agosto 2010 Sede Legale: Via Monti 24 60030 Santa Maria Nuova - Ancona www.thetaedizioni.it - info@thetaedizioni.it Stampa: Tecnostampa: Via Le Brecce - 60025 Loreto (AN) Abbonamenti: abbonamenti@whymarche.com Chiuso in redazione il 14 Marzo 2019 Photo copertina - Shutterstock
COPYRIGHT THETA EDIZIONI TUTTI I DIRITTI SONO RISERVATI. NESSUNA PARTE DI QUESTO MENSILE PUO’ ESSERE RIPRODOTTA CON MEZZI GRAFICI, MECCANICI, ELETTRONICI O DIGITALI. OGNI VIOLAZIONE SARA’ PERSEGUITA A NORMA DI LEGGE. per qualsiasi informazione
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A GORÀ
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di Ilaria Cofanelli
MISS ITALIA 2018, MARCHIGIANA DOC A tu per tu con Carlotta Maggiorana, la marchigiana più bella d’Italia Di lei colpiscono la semplicità e la naturalezza unite a una forte determinazione e ad una grande caparbietà. Stiamo parlando di Carlotta Maggiorana, Miss Italia 2018, che con i suoi 26 anni è la più “anziana” ad aver mai ricevuto il titolo. La raggiungiamo telefonicamente mentre si sposta in pullman durante una delle sue, ormai quotidiane, trasferte di lavoro. CARLOTTA, SONO ORMAI TRASCORSI PIÙ DI CINQUE MESI DAL GIORNO DELLA TUA INCORONAZIONE A “PIÙ BELLA D’ITALIA”. COSA È CAMBIATO NELLA TUA VITA DURANTE QUESTO PERIODO?
quando sono libera torno immediatamente a Petritoli, dove mi aspetta mio marito.
È cambiato sicuramente il fatto che le persone mi riconoscono come Miss Italia e per me è una grande gioia, un grande onore. È chiaro che avevo già lavorato nel mondo dello spettacolo e quindi non sono stata travolta da questo ambiente, perché già lo conoscevo. Sto comunque scoprendo di rappresentare l’Italia. Infatti sono sempre in giro per eventi, servizi fotografici per gli sponsor del concorso e ho rilasciato tante interviste per i giornali... insomma tutti mi vogliono e questo rappresenta per me una grande emozione.
GIÀ, PERCHÉ OLTRE A ESSERE LA MISS PIÙ “MATURA”, HAI ANCHE UN ALTRO PRIMATO: QUELLO DI ESSERE L’UNICA MISS SPOSATA!
DOVE TI TROVI ORA?
IL TUO PAESE NATALE È MONTEGIORGIO. CHE RAPPORTO HAI CON LE MARCHE?
Ora sono in pullman verso Napoli perché domani scatterò un servizio fotografico per un brand che è uno sponsor del concorso, poi venerdì sarò a Milano, sabato a Roma, e forse domenica o lunedì rientrerò a casa. Sono sempre in giro, poi
Sì, mi sono sposata un anno e mezzo fa e vivo a Petritoli, ma il mio paese natale è Montegiorgio. È stato proprio mio marito, insieme a mia mamma, a spingermi a partecipare e ho dovuto cedere per forza, talmente mi assillavano! Ero però scettica. Mi sono iscritta ed eccomi qui. Mio marito è felicissimo di ciò che sto vivendo ora, certo un po’ dispiaciuto perché mi trovo poco a casa, ma è molto contento per me.
Sono marchigiana doc. Sono sempre stata legata al mio territorio. La sera che sono stata incoronata ho dedicato la mia vittoria alla mia regione e cerco sempre di rappresentarla ove
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A GORÀ
posso con eventi o manifestazioni. Ho da poco partecipato al Bit (“Fiera Milano City”, ndr) a Milano per la Regione Marche e sono molto orgogliosa di rappresentare il mio territorio.
QUALI SONO I TUOI LUOGHI MARCHIGIANI DEL CUORE?
Sono molto legata a Montegiorgio, dove c’è la mia famiglia, dove sono cresciuta, anche se all’età di 11 anni mi sono trasferita a Roma per studiare. Montegiorgio rimane il mio paese del cuore.
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E I PIATTI TIPICI DELLA TRADIZIONE CHE AMI DI PIÙ? TI PIACE CUCINARE?
La cucina delle Marche mi piace molto, sono una buongustaia, mi piace cucinare. Nei miei social ogni venerdì pubblico una ricetta da circa un mese e mezzo. Adoro le olive all’ascolana, il pollo arrosto con le patate, le lasagne che preparo personalmente io e dicono anche che siano molto buone! Mi piace cucinare un po’ di tutto. Com’è Carlotta Maggiorana? Come ti descriveresti? Sono una ragazza normale, molto
semplice, sono solare, con il sorriso sempre stampato in viso. Sorrido alla vita.
TORNANDO AL CONCORSO, C’È STATO UN MOMENTO IN CUI HAI PENSATO DI FARCELA?
Sono sincera, sì. Prima di tutto io ho un carattere abbastanza forte e sono anche molto sensibile, ma determinata e sono dell’opinione che se parti male, non dovresti partire per niente. Ho intrapreso questa esperienza con grande contentezza e sì, ci speravo, non sono andata lì a giocare. Sono
una ragazza grande, non ho più 15 o 18 anni, età in cui magari lo fai per gioco. Ho sempre avuto le idee chiare, ancor di più a 26 anni. Nell’arco delle due settimane, verso la fine, ho sentito qualcosa nell’aria, mi guardavo intorno, tra le persone, gli autori del programma, il calore che ti emanavano le persone da casa e quindi sì, ci speravo.
AVEVI GIÀ INTRAPRESO LA STRADA DI MISS ITALIA IN PASSATO?
Sono sincera, avevo partecipato a 19 anni a tre selezioni regionali e avevo anche vinto, poi mi chiamarono ad “Avanti un altro” da Bonolis e decisi di continuare su quella strada perché era una cosa certa. Quest’anno ho deciso di riprovare e ad oggi posso dirti che sono contenta di averlo fatto perché a 26 anni hai una maturità ed un’esperienza tale che non hai ancora raggiunto a 19 anni. Sei una donna, quindi affronti tutto meglio. Sono molto contenta di averlo fatto a questa età.
A UNDICI ANNI TI SEI TRASFERITA A ROMA PER FREQUENTARE L’ACCADEMIA NAZIONALE DI DANZA CLASSICA. ANCHE LA DANZA È UNA TUA PASSIONE, QUINDI?
No, è la mia prima passione! Ho iniziato a ballare proprio da piccola, a 5 anni, poi ho proseguito fino ai 19 anni, quando ho terminato gli studi all’accademia. Sarei dovuta andare in Russia, perché comunque ero una stella della danza classica. Il ballo è veramente la mia più profonda passione. Non si tratta di un rimpianto,
perché ho comunque continuato con l’altro mio grande interesse che è quello dello spettacolo, quindi va bene così.
QUALI SONO STATE LE TUE ESPERIENZE NEL MONDO DELLA TELEVISIONE, PRIMA DI APPRODARE A MISS ITALIA?
Una volta terminati gli studi, a 19 anni, dopo un paio di mesi dal diploma ho partecipato a un provino che è andato bene e poi ho proseguito da lì. Si trattava della prima edizione di “Avanti un altro”, il programma di Bonolis, dove partecipavo come valletta insieme a un’altra ragazza. Successivamente ho lavorato con Gerry Scotti e Michelle Hunziker a “Paperissima” e ho avuto una piccola parte nel film di Pieraccioni “Un fantastico via vai”. C’è stata poi l’esperienza come inviata Mediaset su Italia 1 al Superbike e, infine, l’ultima serie della fiction “L’onore e il rispetto”.
PER MOLTE MISS LA CORONA È IL PUNTO DI PARTENZA PER UNA CARRIERA NEL MONDO DELLO SPETTACOLO. TU LA SCALATA L’HAI INIZIATA BEN PRIMA.
Vorrei chiarire questo punto: non è automatico trovare tutte le strade aperte del mondo dello spettacolo solo perché hai vinto il titolo di Miss Italia. Le persone dal di fuori pensano che sia tutto rose e fiori, invece no, non è così. Riesci in questo ambiente se sei portata e se ti piace il mondo dello spettacolo. Io ero già inserita, è vero, ma credo che devi avere la passione per quello che fai, per continuare a lavorare. Pur non vincendo un concorso, infatti, puoi
vivere comunque delle determinate esperienze, partecipare a dei provini e devi saperci fare.
QUAL È STATA LA PROVA PIÙ IMPEGNATIVA CHE TI SEI TROVATA AD AFFRONTARE NEL CORSO DELLA TUA VITA?
Te ne dico una, che è la più importante nella mia vita: la morte del mio papà, all’età di 15 anni. In quel momento, poi, lontana da casa, in un collegio di suore, non è stata affatto una bella situazione, anzi la peggiore della mia vita, ma mi ha fortificata, mi ha fatto crescere e se oggi sono così è anche grazie a quell’evento. Mi ha fatto capire com’è veramente la vita, i valori in cui credere.
CHE RAPPORTO HAI CON TUA MAMMA?
Mia mamma è una figura molto importante, lo è sempre stata, e dal momento in cui è morto mio papà ha dovuto portare avanti due ruoli. Lei è una gran donna, con un forte carattere. Spero di assomigliarle.
TI SENTI UN MODELLO DI RIFERIMENTO PER LE GIOVANI, COME MISS ITALIA? Sicuramente. Quando mi chiedono di dare un consiglio alle ragazze di oggi, dico sempre di essere sé stesse, nella loro semplicità. Questa è la carta vincente.
SOGNI DA REALIZZARE?
Il cinema. Ho avuto delle piccole esperienze, mi piacerebbe continuare su questa strada e spero che questo si realizzi, perché recitare è un’altra mia grande passione. Mi auguro di girare al più presto qualche bel film!
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A NIMA
, A U Q C A SALTI D’ E T A C S A OLE C
LE PICC E H C R A M DELLE a Tessadori
Photos Andre
CASCATE DEL SASSO
FORRA DI RIOFREDDO GOLA DI JANA
GOLE DELL’INFERNACCIO
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CASCATE DELLA VOLPARA
I PERCORSI DI WHY MARCHE L’acqua, elemento vitale della terra, con la sua energia è in grado di plasmare il territorio che viene interessato dal suo percorso, modificando così i luoghi e creando, in alcuni casi, gole e strette forre.
I salti d’acqua sono dei gioielli incastonati nelle montagne, non sempre di facile accesso. La maggior parte di essi sono facilmente raggiungibili ma, in alcuni casi, il percorso che vi conduce è più impervio e faticoso. In ogni caso la suggestione suscitata da questi luoghi incantati è davvero unica: un cammino sensoriale fatto di una commistione di giochi di luci e di suoni dati dallo sciabordio
dell’acqua, la base musicale che accompagna l’addentrarsi dell’escursionista in scenari da favola. Le Marche sono costellate di ambienti suggestivi di questo genere e da nord a sud la regione offre i più svariati salti d’acqua: delle piccole cascate dall’innegabile fascino, fonte di ispirazione di numerosi artisti, dai poeti ai pittori, ai musicisti fino agli appassionati di viaggi di ogni genere.
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Cascate del Sasso
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In Provincia di Pesaro troviamo le Cascate del Sasso a Sant’Angelo in Vado: si tratta delle cascate più importanti del Metauro, si generano a pochi km dalla sua sorgente in una sequenza di strati calcarei più resistenti all’erosione fluviale, con un’altezza di 12 mt. e larghezza di circa 60 mt. e sono note anche sotto il nome di Balza del Metauro. Le cascate sono visitabili dalla parte bassa accedendo al fiume, attraverso un passaggio che si trova in corrispondenza di un vecchio mulino. Nonostante il percorso non versi nelle migliori condizioni, lo spettacolo naturale che si aprirà agli occhi del visitatore sarà certamente di una particolarità unica. Lo specchio d’acqua è, inoltre, circondato da una rigogliosa vegetazione di salici e pioppi ed è possibile incontrare anche specie faunistiche rare come il Martin Pescatore.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE
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Forra
I
In Provincia di Ancona, a Sassoferrato scopriamo la Forra di Riofreddo, gola creata dall’erosione delle acque del fiume omonimo. Il termine “forra” sta a significare, infatti, “spazio tra due solchi”. Nasce sul Monte Cucco, sull’Appennino Umbro Marchigiano, e si insinua sul suo versante sud, creando la splendida vista di un paesaggio roccioso nel quale si alternano laghetti, cascate, canyon e stretti sentieri. La forra, nonostante sia esposta spesso al sole, è un ambiente dal microclima freddo anche d’estate. Essa è costituita da due aree separate da una zona pianeggiante. La seconda area è quella ritenuta più interessante e piacevole da scoprire, per il suo paesaggio variegato e fantastico: in alcuni punti delle vere e proprie grotte a cielo aperto ed ambienti la cui scoperta richiede l’abilità di scalatori e speleologi. Inoltre, è la parte più lunga e vi si può accedere attraverso viottoli e sentieri rocciosi. Gli appassionati possono godere anche di discese in corda ma con il dovuto ausilio di organizzazioni sportive.
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I PERCORSI DI WHY MARCHE
di Riofreddo
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A NIMA
I
In Provincia di Macerata merita un interesse particolare la Gola di Jana, situata nei pressi di Braccano, frazione del Comune di Matelica, caratteristico borgo dalle case colorate e dagli artistici murales. Per un tratto si può procedere con l’auto, fino ad uno spiazzo oltre il quale è necessario proseguire a piedi. Al primo bivio occorre tenere la destra ed oltrepassato un piccolo torrente si giunge all’imbocco della gola che è molto stretta e con temperature rigide perché il sole non vi penetra praticamente mai. A questo punto il percorso si fa accidentato e richiede un po’ più di attenzione a causa del suolo scivoloso. Siamo dunque nell’area della Riserva Naturalistica di San Vicino e
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Gola di Jana Canfaito, dalla natura particolarmente ricca di prati, ruscelli e gole. Nei pressi della seconda cascata non è possibile proseguire il cammino ma appagano la vista lo spettacolo del colore blu dell’acqua e le pareti levigate della gola. Una meraviglia fiabesca dove il silenzio è rotto solo dallo scrosciare delle acque. La strada del ritorno non presenta difficoltà e una sosta la merita anche l’abbazia di Roti, struttura che sembra sia stata anche dimora e rifugio del misterioso Ordine dei Templari: a testimonianza di ciò le diverse croci di Malta presenti sopra le porte rimaste ancora in piedi. Da qui la lo sguardo si apre su di un ampio panorama visibile dai prati che indubbiamente appagherà la mente e lo spirito.
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A NIMA
Gole
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In Provincia di Fermo, e più precisamente nel Comune di Montefortino, nel cuore pulsante del Parco dei Monti Sibillini, è possibile imbattersi nelle Gole dell’Infernaccio. Nascono dal fiume Tenna e sono luogo di passeggiate ed escursioni specie in estate, ove è possibile trovare un gradevole refrigerio dal caldo delle estati torride. Le vertiginose pareti di roccia in alcuni punti arrivano quasi a sfiorarsi e la luce fatica a penetrare creando un’atmosfera tale da sembrare di essere in un girone dell’inferno dantesco.
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dell’
L’inizio del percorso è caratterizzato dalle “pisciarelle” cioè la caduta di gocce d’acqua dalle rocce sovrastanti tale da sembrare un’enorme doccia a cielo aperto. Dalle gole si può salire attraverso un fitto faggeto verso l’eremo di San Leonardo a 1.178 mt, luogo di elevata spiritualità, per poi proseguire fino alla Cascata Nascosta o Salto del Rio, una cascata formata dall’affluente del fiume Tenna. Occorre sottolineare che durante la stagione invernale questa zona è particolarmente vulnerabile al rischio valanghe, e per questo motivo è sconsigliabile addentrarsi fino a primavera inoltrata.
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Infernaccio
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Cascate della
L
La Provincia di Ascoli è rappresentata dalle Cascate della Volpara sul versante marchigiano dei Monti della Laga, raggiungibili da un percorso che parte dal borgo di Umito a 640 mt., frazione di Acquasanta Terme. Per arrivare alla base dei salti la strada è abbastanza semplice e frequentata grazie anche a opere di sistemazione dei sentieri con cartellonistica e staccionate. In auto è possibile arrivare fino ad un ponte in cemento oltre il quale la strada è chiusa al traffico. Si continua, dunque, a piedi sulla stradina che sale attraverso gli alti castagni e poi scende per traversare il Rio della Prata. Una volta arrivati accanto a un rifugio a 805 mt. e ad una piccola sorgente, si continua sul sentiero fino a raggiungere una grotta con i resti di un forno. Man mano nel cammino ci si avvicina al torrente fino ad un’ultima salita che porta ad affacciarsi sull’anfiteatro dominato dalla Macèra della Morte, punto di confine tra tre regioni. Le Cascate della Volpara scendono dal vallone di destra. Questo itinerario nel Parco Nazionale del Gran Sasso è magnifico soprattutto nel momento del disgelo quando la portata delle acque è più consistente e lo spettacolo del salto di conseguenza appare più maestoso.
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Volpara
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8 marzo: omaggio alle signore della storia gastronomica marchigiana
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Disegni Aurelio C.
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i tratta di una maggioranza silenziosa, assolutamente attiva e determinata nei secoli a far quadrare l’essenza del ciclo vitale eterno, che dalla terra indotta dal cielo, ruota con tanto lavoro e pratiche sapienti e silenziose verso la dispensa, e poi la cucina, ed infine la mensa. Occuparsi del nutrire e sostentare è sempre stata una missione femminile, esaltata dalle culture nei millenni, fin dagli albori della storia, dai culti delle dee custodi delle messi, del fuoco, degli orti, dello spirito conviviale, fino alla novecentesca “mistica della femminilità” teorizzata dai movimenti femministi proprio perché queste espressioni di cultura non diventassero recinto dorato e prigioni per ogni ambizione ed affermazione di sé. Le donne in cucina quindi, una presenza apparentemente ovvia, alimentata da grappoli di memorie inesauribili, trasformata in slogan da regimi politici ogni volta che soffiava il vento della “restaurazione”. Tuttavia se si va a ripercorrere la storia della cultura gastronomica e dell’arte conviviale il ruolo e la scrittura femminile diventano al contrario assai più episodici. Difatti quando si arrivava a parlare non di refezione ordinaria ma di pranzi d’elezione (o ancor più di banchetti di rappresentanza) il modello di riferimento diveniva l’autorità, la disciplina propria dell’esercito, nel pieno rispetto dei ranghi e delle competenze, e quindi si scivolava in dinamiche codificate come maschili. “Meglio un uomo nell’alta cucina”, era la convenzione appoggiata graniticamente da una trattatistica varia, affidata anche alla letteratura e persino alla sapienza popolare dei proverbi, che garantiva come per la professione ufficiale del cuoco ci si dovesse tassativamente rivolgere ai maschi. Eppure tra le righe, tra le pieghe delle tracce e dei documenti sedimentati nel tempo si riesce a narrare, come tributo alla giornata dell’8 marzo, una storia al femminile della cucina, in questa sede specificatamente marchigiana, con il ricordo di quante anonime o più o meno famose abbiano contribuito a costruire l’affascinante mosaico della cultura alimentare, della civiltà gastronomica e dell’arte conviviale in questa regione plurale, e della loro trasmissione nel tempo.
di Tommaso Lucchetti Se si risale indietro nei secoli più remoti una delle primissime testimonianze della letteratura gastronomica marchigiana riferisce di una notoria virtù delle contadine in tutto il territorio regionale, assurta nel tempo addirittura a presenza conclamata dei nostri mercati delle erbe. Scriveva difatti Costanzo Felici da Piobbico, nella sua Lettera sulle insalate redatta negli anni ’70 del Cinquecento: “Ne fine del’inverno e principio della primavera si suo dire fra le donne che ogni herba verde da nel’insalata, perhoché vi misticano dentro molte piante senza nome overo pochissimo usitate”. Tuttora a secoli di distanza nei banchi mattutini le erbivendole recano cesti di quelle verdure spontanee misticate, quelle “erbe strajinate” amate molto anche da Leopardi (e richieste persino dal poeta recanatese al cuoco di casa a Napoli), e che ad Ancona vengono chiamate con il termine universalmente esplicativo di “cucina”. Nel Seicento un’altra importantissima fonte per la storia della cultura gastronomica marchigiana, le carte maceratesi della corte del cardinal Bonaccorsi, fanno riferimento ad una storica maestria femminile, con diversi passaggi che magnificano i “bonissimi” vermicelli, tagliolini ed altri formati di pasta, da sempre eccellenza delle “monache”. Per tanto tempo la creatività femminile in cucina, l’esperienza ed il gusto di tante donne, è stato limitato solo a censire queste due macrocategorie, persino contrapposte: da una parte, negli spazi spalancati della campagna al limite del selvatico, gravitavano le donne del popolo, che conoscono le risorse vegetali al livello (o forse pericolosamente persino di più) di medici e speziali, dall’altra al chiuso e recondito ambito del chiostro
dimoravano quelle altre donne vocate alla pratica religiosa ed alle creatività femminile, che celebravano così le espressioni del divino e le arti legate alle cerimonie rituali, dai pizzi degli arredi sacri, ai fiori di stoffa, ai quadretti votivi, fino alle ostie, ai dolci delle feste, e dal vinsanto al ricco assortimento dei liquori. Nel mezzo, tra queste due folle silenziose ed operanti, sembrava esserci il nulla o quasi. Tra le righe di una citazione letteraria che ha la sbrigliatezza fervida e fantasiosa delle leggende e delle fiabe, Ortensio Landi, ne I sette libri dei cataloghi e varie cose appartenenti non solo antiche riporta un elenco di inventori gastronomici, in uno sfoggio sperticato di erudizione che spesso scivola rapidamente e consapevolmente nel paradosso e nella parodia del gusto della citazione
forbita. Emerge così da queste pagine l’improbabile ed enigmatica figura di tal Camilla Anconitana, “Inventrice
della fava menata, ben oliata, ben impepata, et vi poneva per dentro il porro, né la reputava buona se non era tanto tenera, che l’entrasse per un fiasco”.
Questa è la figura vagheggiata e leggendaria di una donna comune inventrice di una ricetta popolare diffusa, ma l’immaginario della tradizione popolare ha invece idealizzato alcune ricette elaborate e sopraffine come frutto della sapiente maestria di signore inarrivabili, titolari delle mense più esclusive e delle cucine più altolocate. Nel favoleggiare di palazzi elegantissimi e mangiari squisiti, neanche immaginabili, si codificano WHY MARCHE | 27
A NIMA pratiche, ricette, segreti, produzioni tradizionali ed in alcuni casi persino memorie di vita e qualche identità disvelata. Il più antico di questi documenti risulta tra le benedettine del monastero di Santa Maria delle Rose di Sant’Angelo in Pontano: è datato 1809 ed è intitolato La Cuoca di Maria Corvatta Presso le clarisse di Pollenza, nel monastero di San Giuseppe, tra tutti i quaderni di cucina emerge la scrittura consapevole ed appena un po’ infantile di suor Chiara Francesca, entrata quasi bambina e morta ad ottantacinque anni durante la Prima Guerra Mondiale. Dopo aver dedicato questo suo ricettario manoscritto “Per desiderio della Reverenda Madre Abbadessa scrivo ciò che segue”, appone a questa sua opera il titolo lezioso ma ingenuamente sincero Libro di tutte le meraviglie che servono per soddisfare la gola di tutti i ghiottoni che si trovano nel mondo. Presso le benedettine del monastero di Maria Santissima Assunta in Cielo a Monte San Giusto un altro quadernetto di ricette è intitolato Memorie degli anni delle Giovani ed è firmato da Eufrasia di Tomaso Rufini, con la data del 1883 a testimoniare una cucina ricercata e borghese, che propone pietanze elaborate e di buon gusto come “timballi” (di patate, di zucca, di maccheroni), e “bodini” (di carne, di latte, di semolino), oltre a ricette-base per paste frolli e coperture.
così nel tempo piatti virtualmente dedicati a ipotetiche donne di rango e di potere, a cui si attribuisce la paternità di preparazioni che nelle famiglie umili erano destinati a fare la loro comparsa una manciata di volte in una vita intera. E’ il caso, nel Montefeltro, delle lumachelle “della Duchessa” (perpetuate ad Urbania anche come “della Contessa”), sopravvissute nel tempo ad opera di suore benedettine e clarisse. Nei secoli più prossimi gli archivi monastici e conventuali hanno restituito però frammenti autentici dell’inventiva gastronomica delle religiose, confermandoci 28 | WHY MARCHE
Un anno dopo alla data di quest’ultima testimonianza scritta di una suora cuciniera, nel 1884 viene avviato nel Regno d’Italia un lavoro minuzioso e capillare di indagine sulle condizioni di vita della classe sociale contadina: gli atti di questa assai nota Inchiesta Agraria (chiamata anche “Jacini” dal nome del senatore promotore) faranno ancora una volta emergere il gran lavoro ed il significativo contributo delle donne all’economia di sussistenza alimentare. Prime in assoluto a svegliarsi nella giornata-media, spesso per governare e foraggiare il bestiame e poi per preparare la colazione a tutta la famiglia, avevano tutta la gestione della casa sulle spalle, compreso l’interno rifornimento degli alimenti, poiché non solo cantina e dispensa erano sotto il loro controllo, ma toccava ad esse anche il pesantissimo lavoro costante dell’approvvigionamento dell’acqua, fondamentale in tempi e luoghi dove si doveva quasi sempre ricorrere alla fonte o al pozzo, perché di rubinetti in casa non ce n’erano. Molte le pratiche di conserva alimentare di competenza femminile, a partire dalla periodica panificazione di casa fino alle marmellate per la frutta o per il trattamento degli ortaggi, dai pomodori alle olive da conciare. Si sa che poi spesso alle donne toccava l’arte della caseificazione, e dai formaggi per la casa (persino miseri “cacioletti” rimediati con i fondi del caldaio) ai caci tenuti da conto per la vendita era facile passare in piccola scala da una mera economia per la sussistenza domestica ad una produzione seppur minima di reddito, come anche con le uova ed i salumi.
In quegli anni in cui le contadine erano custodi e garanti di un’enciclopedia di saperi alimentari, gastronomici e conviviali, e perpetuati con la sola trasmissione orale e gestuale, una signora dell’alta borghesia di Camerino, Caterina Pigorina Beri, in quell’entusiastico clima postunitario si fece nelle Marche pioniera di indagini e studi demoetnoanteopologici, riportando nelle sue ricerche folkloriche sulla gente di campagna a lei vicina testimonianze di un patrimonio di tradizioni che si sarebbero dissolte. A Fano, agli inizi del Novecento, un’altra giovane donna si fece nel suo piccolo storica della cucina marchigiana: per solo orgoglio di identità familiare, nella sua personalissima esperienza individuale, Annita Spongia Fucci si mise a trascrivere un gruppo di ricette manoscritte della sua famiglia risalente al Settecento, integrandole ad una sua personale raccolta di preparazioni gastronomiche del tempo, creando un curioso innesto tra due realtà lontane nel tempo ma spesso in grado di raccordarsi e ritrovarsi a distanza. Le memorie scritte di ricette di cucina assemblate da signore dell’alta borghesia e della piccola nobiltà locale tra fine ‘800 ed inizio ‘900 emergono ormai con una certa frequenza nei piccoli borghi delle Marche, come emerge ad esempio da un’inchiesta degli anni ’90 del secolo scorso
condotta da alcune sedi ascolane dell’Archeoclub. Ancor prima, alla fine degli anni ’70 si deve ad un’insegnante anconetana, Nicla Mazzara Morresi, il primo tentativo di antologizzare, compendiare, ragionare e mappare le prime ricerche in tal senso, con un dichiarato sforzo di dar loro piena dignità di studi: La cucina marchigiana tra storia e folklore è il pioneristico testo che avvia un nuovo corso di interesse e di indagini. Circa quindici anni dopo un’altra erudita di Fossombrone, Adele Rondini, coglie come attorno alle formule di cucina ed alla graziosità da mensa del suo Montefeltro si nascondessero perle di storia dell’arte, antiquaria, filologia, tortuosi sentieri etimologici e robuste dosi di poesia ed ambizione letteraria a più livelli, tra memorialistica e scorci introspettivi. Ormai entrati pienamente nel 2000 la critica letteraria Guglielmina Rogante, tra i sapori ed i paesaggi interiori e rurali del suo Sillabario del tempo (2017), cristallizza in un tessuto di prosaico lirismo scansioni illuminanti di parole e segni del suo spicchio di fermano, quale universo ormai svaporato. Dall’alto di una sua carica specifica, Delagata di Fermo dell’Accademia Italiana della Cucina Carla Chiaramoni, giornalista ed editrice, ha ripercorso diversamente il cammino di sua nonna, narrando le sue gesta in una tradizionale trattoria cittadina. Non solo
scrittura, c’è anche chi ha costruito una narrazione con oggetti vissuti del passato, come Amelia Mariotti Puerini, che ha ideato, curato ed allestito il Museo delle arti monastiche di Serra de’ Conti “Le stanze del tempo sospeso”. C’è anche chi lavora nell’accoglienza alberghiera e ristorativa, e di quegli echi lontani si fa ambasciatrice del recupero e promotrice attiva nel suo territorio, come Ermetina Mira con la sua Cucina dello spirito, a Monteprandone. A tutte loro, le più inarrivabili, molte mai incontrate, due incrociate ed una terna di “amiche vere”, chi scrive vuole dedicare immaginari prati di mimose, sognanti ed eterei come quelli delle fragole infinite dei Beatles. E tornando alla nostra così defilata e tranquilla marchigianità vale la pena come tributo conclusivo citare le parole del Nebbia, che nel tardo Settecento del suo Il cuoco maceratese (primo ricettario stampato nelle Marche) intuisce che alle signore la cucina deve tanto, e da maestro dei fornelli si improvvisa poeta, ed invita le marchigiane a fare attenzione alla sua opera:
“Donna del bel Piceno illustre, e chiara, / Che sovra l’altre il capo ergi festosa, / madre d’eroi in lettre, e in armi rara, / Che ‘l mio pensier d’annoverar non osa, / Anche a mirare un uom meschino impara /con quelle stesse luci, onde pietosa / Altri mirasti, e di tue grazia avara / a me non sii, né mi guardar sdegnosa”.
A NIMA
I LUOGHI DELLE GRANDI BATTAGLIE
GUERRE DELLE MARCHE Le Marche, al centro della penisola, sono da sempre luogo d’incursioni, sbarchi, saccheggi e battaglie: da una parte la costa adriatica con i suoi porti fece gola a quanti cercarono facili collegamenti con le città commerciali dell’Oriente, dall’altra, le pendici degli Appennini non sono mai state una barriera ma un crogiolo di civiltà e un ponte verso Roma con la Flaminia e la Salaria. Semplificare la storia delle guerre che ha dovuto attraversare la regione in pochi luoghi è riduttivo, ma dà un’idea di quanto il territorio sia stato centrale nella definizione dell’identità nazionale.
Battaglia di Sentino
295 a.C. Il primo grande conflitto della storia combattuto in territorio marchigiano è la battaglia di Sentino (Sassoferrato), detta anche delle Nazioni, nel 295 a.C., durante la III guerra sannitica. È definita così perché vi furono coinvolte tutte le popolazioni del centro Italia: da una parte i romani con i piceni e dall’altra un’alleanza composta da etruschi, sanniti, galli e umbri. I romani poterono trionfare soltanto grazie all’impiego congiunto dei due eserciti guidati dai consoli Quinto Fabio e Decio Mure. Roma non ottenne annessioni territoriali ma poté dimostrare di essere superiore alle altre potenze della penisola. La battaglia è rievocata ogni anno nel contesto del progetto Ad pugnam parati. 30 | WHY MARCHE
di Silvia Brunori
Guerra Picentina
Battaglia del Metauro
269-268 a.C. La guerra Picentina (269-268 a.C.) fu combattuta dai romani per domare la rivolta del popolo piceno che, sentendosi minacciato dall’inarrestabile espansione romana, ruppe l’alleanza e scatenò una rivolta che venne sedata in due anni dai consoli Ogulnio Gallo e Fabio Pittore. Al termine del conflitto agli abitanti venne concessa la civitas sine suffragio. Nel territorio fu fondata la colonia di Firmum Picenum, mentre Ancona e Ascoli rimasero formalmente indipendenti ma alleate.
22 Giugno 207 a.C. Sbarco di Portonovo 1811
Per secoli il territorio marchigiano restò alla larga da grandi battaglie campali (ma non mancarono le scaramucce tra fazioni cittadine e tra comuni) fino all’età napoleonica, quando le Marche, come parte del Regno d’Italia, dovettero applicare il blocco continentale contro l’Inghilterra imposto dall’imperatore. Il fortino di Portonovo, edificato attorno al 1810, aveva lo scopo di impedire lo sbarco delle navi inglesi che da qui potevano conquistare rapidamente Ancora. Due batterie, munite di cannoni, furono collocate in posizione strategica: una nei pressi del fortino, l’altra sullo scoglio del Trave, così da poter effettuare il tiro incrociato. Grazie a questo dispiegamento il 2 maggio 1811 quando la Royal Navy attaccò Portonovo gli inglesi furono respinti. Una rievocazione spettacolare del Comitato Porto Nuovo 1811 fa rivivere quella giornata.
La battaglia del Metauro, combattuta il 22 giugno del 207 a.C. presso il fiume Metauro, probabilmente nel guado di Serrungarina, fu uno scontro decisivo della II guerra punica. I cartaginesi, guidati da Asdrubale Barca, erano giunti in Italia attraverso la Spagna per portare rinforzi al fratello di Asdrubale, Annibale, che in attesa negli Abruzzi, pianificava la presa di Roma. L’esercito repubblicano era comandato dai due consoli Salinatore e Nerone. All’inizio i cartaginesi risultavano in vantaggio, grazie anche ai dieci elefanti che ruppero le linee romane, ma ben presto l’esercito consolare ebbe la meglio. Annibale rimase isolato in Italia e fu costretto ad abbandonare il progetto di conquista di Roma. A Montefelcino si svolge annualmente la rievocazione storica della battaglia del Metauro a cura dell’Istituto di Archeologia Fianna ap palug per Ad pugnam parati.
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A NIMA
Battaglia del Metauro
2-3 Maggio 1815
Pochi anni dopo, il 2 e 3 maggio 1815, Tolentino fu luogo di scontro di una delle più decisive battaglie della guerra austro-napoletana tra il re di Napoli Gioacchino Murat e il generale austriaco Francesco Bianchi. Dopo il rientro in Francia del cognato Napoleone dall’isola d’Elba, Murat aveva rotto l’alleanza con l’Austria e invaso lo Stato Pontificio. Tuttavia dopo la sconfitta di Occhiobello, l’esercito napoletano si ritirò a Tolentino dove la battaglia con gli austrici proseguì per due giorni in sostanziale parità fin quando Murat non ricevette la notizia della penetrazione di un’ala dell’esercito in Abruzzo e di sollevazioni filoborboniche a Napoli e ordinò la ritirata. Il giorno seguente, Murat abdicò resosi ormai conto dell’impossibilità di salvare il suo regno dagli austrici. Ogni anno, l’associazione Tolentino 815 fa rivivere i momenti salienti di questa battaglia presso uno dei suoi luoghi simbolo, il castello della Rancia.
Battaglia di Castelfidardo
La battaglia di Castelfidardo del 18 settembre 1860 fu un evento decisivo per l’Unità d’Italia. In seguito alla II guerra di Indipendenza il Regno di Sardegna si era esteso fino all’Italia centrale, dopo la spedizione dei Mille era stato annesso il Meridione mentre Marche, Umbria e Lazio rimanevano dello Stato Pontificio. Per mantenere la propria indipendenza le truppe papali cercarono di portarsi ad Ancona dove pensavano di ricevere aiuti via mare. Lo scontro tra l’esercito pontificio e quello sabaudo avvenne a Castelfidardo, nella frazione di Crocette, dove vi era l’accampamento regio. Dopo una lunga battaglia le truppe sabaude, guidate dal generale Cialdini, sconfissero l’esercito pontificio che si ritirò ad Ancona. Il 28 settembre il capoluogo venne espugnato dal mare, i pontifici firmarono la resa e il 4 e 5 novembre, con un plebiscito, Marche e Umbria vennero annesse al Regno di Sardegna. A Castelfidardo un monumento ricorda i caduti, un ossario raccoglie i resti dei combattenti di entrambi gli schieramenti e il Museo del Risorgimento raccoglie cimeli e documenti relativi alla battaglia. 32 | WHY MARCHE
18 Settembre 1860 1944
Nella primavera 1944 le Marche diventano confine tra la Repubblica di Salò e l’Italia liberata dalla coalizione antifascista. Poco sotto la linea gotica, la linea fortificata che da Marina di Massa giungeva fino a Pesaro seguendo il percorso del fiume Foglia, il territorio divenne un immenso campo di battaglia: gli alleati entrarono ad Ascoli Piceno il 18 giugno dopo cruente battaglie in tutto il territorio circostante. Fu liberata Ancona, il 25 agosto prese avvio l’operazione Olive che consentì la liberazione di Pesaro e dell’intera regione il 3 settembre. Tra i musei che ricordano queste fasi della storia della seconda guerra mondiale vi è il Museo storico della Linea Gotica di Casinina (PU) e il Museo della Liberazione di Ancona a Offagna.
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A NIMA
AMATO LUSITANO:
un marrano ad Ancona
Esiste un pezzo di storia della marca anconetana che resta sconosciuto ai più. Un arco temporale che interessa la seconda metà del Cinquecento in cui Ancona conobbe lo splendore e la miseria nel volgere di pochi anni. A questa storia si intreccia la micronarrazione di un medico ebreo converso o marrano che soggiornò nelle nostre terre proprio in quegli anni apportando un contributo significativo nel campo dell’epistemologia medica e dell’etica della medicina.
L
o sconosciuto in questione prende il nome di Amato Lusitano, latinizzazione del nome ebraico João Rodrigues o Iohannes Rodericus vissuto tra il 1511 e il 1568. Grande esperto di botanica, oltre che di medicina, Lusitano fu anche un dotto poliglotta padroneggiando, oltre la lingua madre, una grande varietà di idiomi come il latino, il greco, l’arabo, il castigliano, l’italiano, il francese e il tedesco. Un bagaglio linguistico che, di certo, acquisì spostandosi da un luogo all’altro con la sua famiglia per sfuggire alle persecuzioni religiose dell’Inquisizione contro i marrani, rei di continuare a vivere secondo gli usi e costumi ebraici in privato pur professando pubblicamente il cristianesimo. Terminati gli studi in Medicina avvenuti in Portogallo, Lusitano fu costretto a riparare prima nelle Fiandre, ad Anversa, poi a muovere a Venezia e, infine, a stabilizzarsi
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di Alessandra Lucaioli
a Ferrara per sette anni. Nella terra estense, tuttavia, si era venuto a creare un clima ostile per Amato e per la sua famiglia, a causa del fallimento della società commerciale che lui e i suoi parenti avevano costituito con il duca Ercole II d’Este. I suoi zii avevano accumulato un grosso debito nei confronti del duca, estinto solo nel 1549, per il quale Lusitano si era fatto garante in solido. L’ambiente ferrarese divenuto ormai poco benevolo, unitamente alla presenza del fratello nei luoghi anconetani, spingono il medico portoghese a giungere in Ancona nella primavera del 1547 rimanendovi fino all’estate del 1555. A quel tempo, la meta anconetana era alquanto ambita dagli ebrei perseguitati: con il crollo della Repubblica Marinara di Ancona, il pontefice Paolo III Farnese aveva inaugurato una politica di apertura nei confronti degli ebrei sefarditi nella convinzione che le loro abilità nei commerci internazionali, nonché gli ingenti investimenti di cui si facevano fautori, potessero favorire i traffici con l’Oriente e con l’intero
commercio ottomano. I privilegi loro concessi furono molteplici: l’esplicita protezione contro le manovre dell’Inquisizione, la franchigia del porto, la piena libertà di movimento (senza alcun obbligo di riconoscimento) e di commercio. Ben presto, nella sola città di Ancona, il numero dei marrani portoghesi era salito ad almeno tremila unità divenendo il maggior agglomerato ebraico dell’Italia centrale dopo Roma. Ciò assicurò un periodo di grande prosperità all’intera cittadinanza che raggiunse il suo culmine con la decisione del sultano Solimano I di convogliare l’intero commercio del suo impero verso il porto di Ancona. Su questa cornice si staglia l’operato di Amato Lusitano, precursore della medicina moderna e fondatore di un nuove genere della letteratura medica, ovvero le curationes o observationes. Si tratta di racconti di casi clinici in cui la diagnosi del paziente non veniva più elaborata a partire dalle categorie fornite dalle teorie dei medici arabi e greci, come Galeno, Ippocrate, Avicenna, così come era avvenuto nel Medioevo, ma creata a partire dal paziente stesso. Ciascuna centuria contiene cento curationes, vale a dire cento casi clinici occorsi alla sua osservazione, dove si procede per sintomi, anamnesi, prognosi e indicazioni terapeutiche. Si legge, ad esempio, di una donna trentacinquenne che aveva contratto la sifilide dal marito; di un mercante di quarant’anni che dalla Puglia era giunto in Ancona e che venne curato per un dolore al costato; della figlia del conciatore di pelli che si ammalò in estate e che in autunno impazzì; delle storie di alcune puerpere, osservate da Amato in Ancona, che avevano avuto parti anomali o che,
dopo un aborto, avevano partorito animali. Ma le curationes sono anche il pretesto per discutere di temi etici come quella in cui Lusitano affronta il tema del rapporto interprofessionale assolvendo dall’accusa di incompetenza un collega, tale Calaphurra, che aveva provocato la morte della figlia di otto anni del Maestro Leone ebreo, insegnante di ebraico in Ancona. La modernità di Amato si esplica nell’idea di una medicina scevra da qualsiasi condizionamento sociale e religioso che lo porta ad affermare di non aver mai fatto caso alla posizione elevata o meno del malato, avendo trattato con la stessa diligenza i poveri e i nati “in altissimo loco” e di considerare alla stessa stregua ebrei, cristiani e musulmani. Questo lo si evince sia nelle stesse curationes quando il medico portoghese riporta casi complessi sotto il profilo morale, come i comportamenti femminili di un uomo o il transessualismo di Maria Pacheca da femmina verso maschio; sia nel Giuramento da lui composto, una sorta di testamento in cui Lusitano, descrivendo la sua vita professionale, giura su Dio e la Torà che tutto il suo operato fu legittimato dal desiderio di arrecare un vantaggio ai mortali e di adoperarsi assiduamente nella ricerca della verità. La florida condizione di cui Amato poteva godere ad Ancona inizia però a vacillare con l’avvento al soglio pontificio di papa Paolo IV Carafa, capo del partito reazionario cattolico, che con l’emissione della bolla Cum nimis absurdum revocò tutti i privilegi concessi dai suoi predecessori nei confronti degli ebrei sefarditi, pose il divieto di possedere beni immobili e prescrisse l’ordine di bruciare vivi al rogo in Campo della Mostra (oggi Piazza Malatesta) ventiquattro marrani che rifiutarono di prestarsi all’ennesimo ripudio della loro fede. Altri ebrei vennero imprigionati, di cui uno si uccise in carcere, ventisette furono inviati alle galere a Malta, trenta riuscirono ad evadere corrompendo il commissario pontificio. Solo un esiguo numero riuscì a rifugiarsi a Pesaro, su invito del duca di Urbino Guidobaldo II: fra questi c’era anche Amato Lusitano che riparò poi a Salonicco dove morì di peste nel 1568. WHY MARCHE | 35
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La “Tomba L’IPOGEO DI PIAGGE: UN SITO ARCHEOLOGICO PERFETTAMENTE CONSERVATO, CUSTODE DI UN PASSATO ANCORA DA DECIFRARE
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segreta” SCOPERTO NEL 1996 DALL’ARCHITETTO GABRIELE POLVERARI
di Stefania Cecconi
A
Piagge, chiamano l’ipogeo scoperto nel 1996 dall’architetto Gabriele Polverari, “Tomba segreta”, come a sottolineare il mistero di questa grotta sotterranea, che ad oggi, nonostante gli studi e i lavori di restauro effettuati, sembra non aver raccontato pienamente la sua storia, non aver ancora del tutto restituito il significato dei messaggi iconici che custodisce al suo interno, così come le informazioni circa il suo utilizzo nelle epoche passate. Nella metà degli anni novanta, dopo una ricerca storica sul territorio di Piagge, Gabriele Polverari, ha individuato il sito archeologico sotterraneo, situato in prossimità dell’ingresso del castello medievale di Piagge. La sorprendente scoperta avviene grazie alle indicazioni fornite dallo zio dell’architetto, che gestiva in quegli anni un macello. Lo zio conduce Gabriele Polverari in questo ambiente “pieno di scarabocchi” che veniva utilizzato come magazzino e come luogo di conservazione degli insaccati. Immediatamente Polverari si rende conto di trovarsi in un luogo ben diverso dalle grotte sotterranee visitate fino ad allora per la sua ricerca storica. Si tratta infatti di un ipogeo, una costruzione sotterranea di grande interesse storico e antropologico, realizzata interamente dall’uomo, o come riadattamento di una cavità naturale. Con una larghezza di circa due metri, l’ipogeo di Piagge, esempio di speleologia urbana, si snoda per dodici metri: una grotta di tufo scavata dall’uomo e perfettamente conservata, alla quale si accede scendendo venti scalini nell’arenaria. Gli studi attestano questa costruzione sotterranea tra le più antiche della regione Marche. L’ambiente, estremamente suggestivo, è unico nel suo genere per la presenza di simbologie
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A NIMA
precristiane. La pianta cruciforme dell’ipogeo, formata da braccia ortogonali, fa supporre che questa costruzione sotterranea fungesse in passato da luogo di culto religioso. Sulle pareti e sulle volte sono presenti numerose decorazioni a forma geometrica disposte in maniera perfettamente simmetrica. La precisione e la perizia tecnica con cui sono state realizzate, dimostra una progettazione pensata e non casuale. Sicuramente, i motivi sono parte di una simbologia religiosa antichissima. L’impianto basilicale dell’ipogeo, poi, confermerebbe l’uso religioso del luogo. I simboli presenti e la struttura dell’ipogeo fanno ipotizzare che sia stato un possibile luogo di iniziazione a ordini cavallereschi o utilizzato per di rituali esoterici, ma non solo. Il territorio di Piagge ha origini storiche romane, e ha molto probabilmente vissuto il periodo di diffusione del cristianesimo. I primi secoli d.C., sono stati però anche momenti di forti contrasti in campo 38 | WHY MARCHE
religioso, costellati da persecuzioni. Il territorio di Piagge si sarebbe originato a seguito della distruzione dell’antica città romana di Lubacaria ad opera dei Goti di Alarico I all’inizio del V secolo. Gli abitanti scampati all’eccidio costruirono allora un nuovo insediamento sul vicino crinale della collina, a circa duecento metri più in alto rispetto al precedente abitato, dando così origine alla località delle Pladearum o Pladiæ, nome da cui deriva l’odierno Piagge. Non è da escludere, quindi, che l’ipogeo potesse essere stato scavato proprio in quel periodo da gruppi di cristiani o da congreghe religiose che cercavano un rifugio sicuro e che successivamente lo abbiano utilizzato come vero e proprio luogo di culto. Il lavori di restauro e di messa in sicurezza dell’ipogeo sono iniziati nel 2012 e nel 2016, dopo vent’anni dalla sua scoperta, l’ipogeo di Piagge è stato inaugurato e aperto
Orario visite Tutti i sabati e le domeniche dalle 18,00 alle 20,00
al pubblico, sotto il patrocinio del Comune di Piagge, con la collaborazione dell’associazione culturale ProArt e della Proloco. L’opera di restauro ha permesso di scoprire nuovi elementi di rilievo che insieme ad uno studio sul territorio potranno consentire una datazione più precisa del sito e di conoscere maggiori aspetti circa il suo utilizzo nel passato che ancora oggi non sono del tutto stati decifrati. «Ci sarebbero 70 pagine di cose nuove sull’ipogeo» spiega Polverari «che si dovranno aggiungere come approfondimento a quanto già raccontato nel libro Piagge», scritto dallo stesso architetto insieme a Gianni Volpe. La gestione dell’Ipogeo è stata affidata dal Comune di
PIAGGE
Piagge è una località che insieme a Barchi, Orciano e San Giorgio di Pesaro, fa parte del comune sparso di Terre Roveresche. Situato una quindicina di chilometri all’interno della costa adriatica, e posto sulla riva destra del fiume Metauro, Piagge, si erge ripidamente lungo le prime pendici collinari dell’Appennino umbro-marchigiano. Dal centro abitato svettano, e rendono riconoscibile Piagge anche in lontananza, i campanili della chiesa di Santa Lucia e la torre civica.
Piagge all’associazione ProArt, che si occupa anche degli spazi adiacenti, utilizzati per esposizioni artistiche personali e collettive temporanee. L’associazione ProArt, formata da oltre cento artisti, offre al pubblico una mostre al mese, animando l’ipogeo, che diviene così spazio dove convivono e si esaltano a vicenda archeologia e arte contemporanea. L’ipogeo di Piagge è visitabile tutti i sabati e le domeniche dalle 18,00 alle 20,00, oltre alle giornate di apertura straordinaria in occasione di eventi e mostre. Il successo e l’apprezzamento da parte dei visitatori dimostra quanto questo sito sia per Piagge e per il comune Terre Roveresche un ulteriore e importante tassello per la promozione culturale e turistica del territorio.
Piagge è una località che insieme a Barchi, Orciano e San Giorgio di Pesaro, fa parte del comune sparso di Terre Roveresche. Situato una quindicina di chilometri all’interno della costa adriatica, e posto sulla riva destra del fiume Metauro, Piagge, si erge ripidamente lungo le prime pendici collinari dell’Appennino umbro-marchigiano. Dal centro abitato svettano, e rendono riconoscibile Piagge anche in lontananza, i campanili della chiesa di Santa Lucia e la torre civica.
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A NIMA
BRIGANTAGGIO e PIRATERIA Nelle Marche Pontificie e Repubblicane
I briganti incominciarono ad infestare le Marche pontificie a partire dal secondo Cinquecento. Divenuti nel tempo miti popolari, i briganti hanno sempre destato una irresistibile attrazione per la loro proclamata indipendenza e per la loro volontà di intimorire i governi e al limite di dar vita a vere repubbliche indipendenti. Il potere deteriore e dogmatico dello Stato Pontificio, la gravosità delle imposte e la brutalità della loro riscossione, suscitarono la rabbia e il desiderio di libertà.
L
e antiche reminiscenze pagane del nostro territorio, ben radicate nella cultura contadina, che ha sempre mescolato la vecchia e la nuova religione, divennero, per i briganti, le basi di una sorta di credo non propriamente cristiano ma ispirato dai valori di giustizia di Cristo. Nel 1500, bandito era definito soltanto colui che, in seguito ad un reato commesso, veniva allontanato dalla città. Comunemente però si utilizzava il vocabolo anche per comprendere gli autori di furti, omicidi e ferimenti. Nei secoli successivi invece si inizierà a parlare sempre più spesso di brigantaggio. Papa Sisto V, nato a Grottammare (AP) nel 1521, agì con grande energia contro i briganti e non tollerò che nessuno all’infuori di lui disponesse della vita e dei beni dei suoi sudditi instaurando un clima di autentico terrore. La repressione e le esecuzioni, numerose ed indiscriminate, furono all’ordine del giorno al punto che un cronista dell’epoca arrivò ad affermare: “Sono esposte più teste di banditi a Castel S. Angelo che cocomeri al mercato”. La selva di Castelfidardo, un’area boschiva di querce marine e altra vegetazione mediterranea, oggi parte del parco del Conero, nel Cinquecento è luogo di rifugio di gente malavitosa. Le autorità sono preoccupate per la sicurezza degli abitanti e dei viandanti a causa di un’osteria 40 | WHY MARCHE
Photo Andrea Tessadori
a ridosso della selva ritenuta un ritrovo di ladri. Nel 1507 Il commissario del Papa insediatosi a Loreto vuole che si bruci l’osteria; si deliberano dure misure di sicurezza da prendersi contro i banditi che infettano il territorio. Nel 1574 La Porta del Cassero delle mura di Castelfidardo viene murata a causa dei banditi presenti nel contado: verrà riaperta solo quattroanni dopo. Il Governatore di Loreto propone di bruciare totalmente la selva divenuta ormai nascondiglio dei briganti e si notificano taglie per la loro cattura. Di fronte alla protesta dei cittadini di Castelfidardo Papa Sisto V esonererà la comunità dal pagamento delle tasse. Una delle prime allocazioni della Santa Casa di Loreto fu in località “Banderuola”, dove ancora oggi sorge una chiesetta che la ricorda; l’area è però troppo vicino al mare, esposta ai pericoli delle incursioni dei pirati turchi lungo l’Adriatico. La zona è frequentata inoltre da molti malfattori accorsi intanto per derubare i fedeli venuti in pellegrinaggio. Il brigantaggio è un problema molto serio per lo Stato Pontificio che naturalmente trae dai luoghi di pellegrinaggio consenso e ricchezza, e così più tardi la Santa Casa sarà spostata nel luogo attuale all’interno della basilica. Nel 1468 si diedero inizio ai grandi lavori della Basilica Lauretana, ben protetta da imponenti muraglioni che le danno ancora oggi l’aspetto di una fortezza. Le mura arrotondate per schivare le palle di cannone, le finestre strette e molto alte e i camminamenti di ronda, dimostrano che la pirateria e brigantaggio sono una minaccia reale temuta dalla Chiesa. Una statua monumentale si erge ancora oggi, alla sinistra del sagrato della basilica di Loreto a monito: quella di Papa Sisto V terrore dei briganti. Notizie di tentativi di sbarchi dei pirati si hanno nel 1456 a Porto Recanati, col pieno proposito di assaltare il santuario, ma lo sbarco fu coraggiosamente respinto dagli abitanti. Il 5 giugno 1518 il sultano turco Selim I, detto Il Crudele, assaltò Porto Recanati riuscendo a penetrare nel castello Svevo e a depredarlo. Il terrore scaturito da questo gesto spinse Papa Leone X ad ordinare la costruzione di una nuova e forte
di Stefano Longhi
cinta muraria in brevissimo tempo. La bellissima torre di osservazione di Portonovo fu voluta da Papa Clemente XI che la fece costruire nel tentativo di combattere le incursioni dei pirati. Si ritiene inoltre che il nome grotta degli schiavi, situata poco a nord degli scogli delle Due Sorelle, si riferisca ai pirati Schiavoni che la usavano come rifugio per i prigionieri e il bottino fatto durante le scorrerie lungo l’Adriatico. Il torrione di Grottammare (XVI secolo), costruito e inserito nella cinta muraria dopo l’invasione e il saccheggio dei pirati di Dulcigno, nel 1525, vide la collaborazione economica anche del padre di Papa Sisto V. Con l’Unità d’Italia, nel passaggio al nuovo regno, si creò un vuoto di potere e in questa momentaneo spazio di libertà non tanto le idee quanto le passioni ridestarono, di nuovo, la pratica del brigantaggio; ma questa volta con il senso di dichiarare la propria indipendenza dal vecchio così come dal nuovo ordine costituito. Questa idea di autonomia non è nuova nelle Marche; proprio un ufficiale anagrafico piemontese del neonato Regno d’Italia scoprirà l’esistenza di comunità mai censite nascoste e isolate tra i sibillini da tempi memorabili, conosciute con il nome di comunanze. Sono antiche forme associative di proprietà collettiva che gestiscono le necessità del territorio. La loro esistenza si è
intersecata e arricchita nel tempo con le il paganesimo della Sibilla, con Cecco d’Ascoli e con i briganti, tra questi il famoso brigante Sciabolone. Nonostante i tentativi di repressione le comunanze sono giunte fino ai giorni nostri, rappresentando un diverso modo di organizzazione sociale basato sulla ridistribuzione egualitaria della ricchezza del territorio. Un fenomeno simile alla comunità illuminata di Davide Lazzaretti, detto il Cristo dell’Amiata, fondata su principi cristiani e socialisti, che produsse notevole imbarazzo hai due grandi poteri di Stato Repubblicano e Stato Pontificio. Terminata poi con la scomunica e l’uccisione a sangue freddo dei lazzaretti ad opera dei carabinieri del luogo e la dispersione della comunità. Nell’Ottocento la Selva di Castelfidardo ritorna ad essere punto di riferimento per il brigantaggio, molto spesso coperto dall’immunità ecclesiastica che lo cavalca contro il neonato Regno Repubblicano. Nel 1862 Inizia l’attività criminale della banda cosiddetta “Lega di Bicicchia”. Un processo nel 1877 porrà fine alla banda, con 110 imputati tutti condannati hai lavori forzati. Ritornata alla ribalta cinematografica di recente, la banda Grossi è stata un’organizzazione brigantesca del Risorgimento italiano che operò nell’area settentrionale della Regione Marche, tra il 1861 e il 1862. Il
malcontento prodotto dalla leva obbligatoria e la tassazione del nuovo Regno alimentò la natura anti piemontese della banda appoggiata dalla popolazione rurale urbinate e pesarese. Ci sono inoltre chiare tracce di una collaborazione anche da parte dello Stato della Chiesa alla vita criminale della banda, tra i quali l’arresto per favoreggiamento di un parroco e il passaporto pontificio rinvenuto nel cadavere di Terenzio Grossi, attualmente custodito all’archivio di Stato di Pesaro. Anche il brigantaggio ascolano, spesso con connotati di vere e proprie rivolte proletarie, fu caratterizzato da una manifesta lealtà papalina. La memoria storica pone le Marche tra i luoghi dove si è maggiormente combattuto per l’Unità d’Italia; ma l’atteggiamento della gente marchigiana oscillò tra l’aspirazione all’unità nazionale e la diffidenza nei confronti della autorità repubblicana. Nell’inconscio collettivo marchigiano resta ancora oggi il sottile desiderio di indipendenza e autonomia manifestatosi successivamente nelle ottime capacità artigianali e imprenditoria locali. Le Marche restano un territorio a cui si adisce la massima di Epicuro: “Vivi nascostamente” in modo che gli altri non ti possano disturbare, così che tu ti possa curare della tua iniziativa e individualità. WHY MARCHE | 41
A NIMA
DIVENTA RETE MUSEALE TEMATICA TERRITORIALE Quando un progetto culturale di rilievo internazionale lascia in eredità la creazione di un percorso turistico.
“Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche” senza dubbio è stato uno degli eventi culturali e territoriali 2018 più importanti per la nostra regione. Per la prima volta le opere di Lotto create dal maestro per il territorio e poi disperse nel mondo o quelle che, per storia e realizzazione, hanno avuto forti legami con le Marche, si sono viste riunite in un percorso territoriale che ha lasciato l’eredità postuma di un vero e proprio percorso turistico. Nel segno di Lotto è emersa infatti la partecipazione attiva e fattiva dei comuni di Ancona, Cingoli, Jesi, Loreto, Mogliano, Monte San Giusto, Recanati e Urbino, ciascuno immerso nel proprio paesaggio ma insieme uniti dallo stesso crocevia artistico e culturale. Le Marche infatti sono un grande museo diffuso delle opere del Lotto, 25 i suoi capolavori
Come funziona nel dettaglio? Il 9 febbraio 2019 è stato firmato con tutti i rappresentanti dei comuni e degli enti coinvolti il protocollo d’intesa che permette da subito di pagare un biglietto UNICO per avere accesso ai musei di cinque delle otto località:
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La Pinacoteca Civica di Ancona, dove è conservata la Sacra Conversazione, detta anche Pala dell’Alabarda, di Lorenzo Lotto.
La Sala degli Stemmi del Palazzo Comunale di Cingoli. Qui vi è esposta provvisoriamente la Madonna del Rosario di Lorenzo Lotto, realizzata per l’altare maggiore della Chiesa di S. Do-menico, oggi chiusa per inagibilità a seguito del sisma del 2016.
I Musei Civici di Palazzo Pianetti di Jesi, uno degli edifici monumentali che connotano questa cittadina dall’antico nucleo romano-medievale, a metà strada tra il mare e la montagna. Qui vanta la presenza di ben cinque opere di Lorenzo Lotto tra cui, la grande Pala d’altare della Deposizione, le due tavolette raffiguranti l’Angelo Annunciante e la Vergine Annunciata, la Madonna delle Rose e la famosa Pala di Santa Lucia.
di Raffaella Scortichini disseminati nei territori delle otto città marchigiane. Visto il grande successo e l’enorme impatto culturale ottenuto grazie al richiamo della mostra, le suddette città lottesche marchigiane hanno ben accolto questa opportunità creatasi dall’evento espositivo e hanno rilanciato la promozione dell’itinerario lottesco attraverso la costituzione di una rete museale tematica territoriale delle “Città Lottesche”. Nel settore dei beni culturali e museali infatti è sempre più crescente l’esigenza di potenziare, innovare e rendere più efficaci strumenti, procedure e tecnologie di intervento volti alla valorizzazione, conservazione e tutela di un territorio o di specificità del territorio. Così uno stretto coordinamento fra le realtà museali interessate e le amministrazioni competenti a livello settoriale, territoriale e tematico, è apparso avere da subito un impatto positivo e sinergico.
La mostra “Lorenzo Lotto. Il richiamo delle Marche” da poco conclusasi, di fatto rilancia la mostra diffusa sul territorio regionale. Un simbolico passaggio di testimone ai musei e nelle chiese di otto diverse località marchigiane che conservano 25 capolavori del pittore veneziano. Le opere del Lotto conservate presso il Museo Pontificio Santa Casa di Loreto (sette tele: Cristo e l’Adultera, San Michele caccia Lucifero, l’Adorazione del Bambino, il Sacrificio di Melchisedech, il Battesimo di Cristo, l’Adorazione dei Magi e la Presentazione di Gesù al tempio) e presso la chiesa di Santa Maria in Telusiano di Monte San Giusto (con la Crocifissione) sono visitabili gratuitamente, mentre l’ingresso alla Galleria Nazionale delle Marche di Urbino (custodisce il San Rocco) si paga a parte (consultare il sito www.gallerianazionalemarche.it).
IL BIGLIETTO
Chi acquista il biglietto UNICO (costo intero euro 10,00; ridotto euro 7,00 per le fasce di età 15-25 anni e per i gruppi oltre le 15 persone) risparmia oltre il 50% sul prezzo intero, e può scegliere liberamente la successione di visita. Inoltre il biglietto UNICO non ha scadenza una volta comprato ha durata illimitata.
GIFT CARD
“Regalati un tour del Lotto nelle Marche” Con 10,00 euro la possibilità di regalare il biglietto UNICO Lorenzo Lotto nelle Marche e una mini shopper contenente anche la brochure illustrativa delle otto città.
I PUNTI VENDITA • • • • • •
I Musei Civici di Villa Colloredo Mels di Recanati, tra gli echi delle poesie di Giacomo Leopardi che in questa cittadina nacque e visse per molti anni, sono conservati i capolavori del maestro come il Polittico di San Domenico, la Trasfigurazione di Cristo, la piccola tavoletta devozionale con il San Giacomo Maggiore e l’Annunciazione.
Il MASM-Museo Arte Sacra di Mogliano, ospita la Madonna in gloria con gli angeli e i santi Giovanni Battista, Antonio di Padova, Maria Maddalena e Giuseppe (detta Pala dell’Assunta).
IME Experience Istituto Marchigiano di Enogastronomia, percorso multimediale con sede a Jesi all’interno del seicentesco Palazzo Balleani Vecchio nel cuore della città storica - polo di rilievo regionale aperto al pubblico interessato a voler fare un’esperienza sensoriale attraverso conoscenza, formazione e degustazione dei prodotti enogastronomici marchigiani di qualità.
Ancona, Pinacoteca F. Podesti Cingoli, Sala degli Stemmi all’interno del Palazzo Comunale Jesi, Pinacoteca Civica Jesi, IME – Istituto Marchigiano di Enogastronomia Mogliano, MASM MuseoArte Sacra Mogliano Recanati, Museo VillaColloredo Mels
INFORMAZIONI
Musei Civici di Palazzo Pianetti – Jesi Tel. 0731 538342/439/343 pinacoteca@comune.jesi.an.it Ufficio Turismo-IAT Jesi Tel. 0731 538420 turismo@comune.jesi.an.it www.lorenzolottomarche.it
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A NIMA
Immersi tra i ciliegi, ritrovi il Giappone sotto casa
Una regione come le Marche non poteva farsi mancare un angolo autentico di Giappone dove l’antichissima tradizione nipponica chiamata Hanami si fonde in piena armonia con la terra e le tradizioni di casa nostra.
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ul Monte Serrone, altopiano che sovrasta la costa adriatica nel territorio di Pedaso, si estende uno dei più grandi parchi di ciliegi d’Italia dove ogni primavera si crea uno scenario inedito che offre lo sfondo più adatto per la secolare tradizione giapponese dell’Hanami. L’area del Monte Serrone è un luogo quasi unico che prende il nome dai costoni rocciosi tipici dell’Appennino centrale utilizzati nel medioevo per costruire luoghi di difesa. Un balcone privilegiato sul mare Adriatico carico di storia che affonda le radici intorno all’anno 1.000 con il Castrum Fagetum o Castrum Vetulum. Il pianoro sovrasta la Pedaso “vecchia” ed è collegato al paese di Campofilone attraverso una strada panoramica immersa per alcuni tratti in una fascia di bosco molto estesa tra specie vegetali endemiche e rare favorite dalla condizione climatica dell’esposizione ad est. Questo altopiano fu scelto dalla Marina Militare come punto di vedetta strategico e più di recente per l’Osservatorio Astronomico di Pedaso
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dotato di un telescopio molto potente che, insieme al vecchio faro, sono i punti di osservazione di pregio sul cielo e sul mare. La posizione strategica del luogo evitò anche la presa del territorio da parte dei turchi salvando il territorio della Valdaso, ma non ha resistito alla pacifica e singolare incursione del Giappone che con l’Hanami oggi caratterizza ancora di più questo angolo delle Marche.
Il parco di 8 ettari e 2.500 Sakura (ciliegi) nasce negli anni ’70 dall’idea del proprietario del terreno che frequentava il Giappone per lavoro.
di Alessandro Carlorosi
HANAMI La tradizione Hanami nasce nel 794 in Giappone e letteralmente significa “guardare i fiori” che sbocciano e - in pochi giorni cadono dagli alberi di ciliegio (Sakura). Il ciliegio con i suoi fiori tra il bianco e rosa è uno dei simboli più caratterizzanti della cultura del Sol Levante che richiama la bellezza e la fragilità della vita umana nel gioco alterno delle stagioni tra inverno e primavera, nel ciclo costante tra declino e rinascita. Con il tempo l’Hanami, da tradizione meditativa, è diventata una festa dove i giapponesi amano ritrovarsi in compagnia per abbondanti e felici pic-nic tra cibo e sake sotto la “nevicata dei fiori” (Hanafukubi).
L’autentica tradizione Hanami consiste nell’atto di sedersi sotto i ciliegi, contemplare la caduta dei fiori accarezzati dai petali e dalla brezza primaverile come auspicio di rinascita e prosperità.
Nelle Marche la ricorrenza Hanami trova il punto di contatto con la Pasqua cristiana all’interno del parco dei ciliegi di Pedaso dove vengono esalti punti di contatto tra la cultura marchigiana e quella giapponese. Ogni aprile tra i ciliegi in fiore sul monte Serrone, arrivano figure che indossano Kimoni e Yukita, e l’intero parco si anima ospitando aquiloni e giochi come il tradizionale Kendama, l’origami, i Manga e originali laboratori di ceramica Raku. I prati ricoperti dai fiori di ciliegio sono il tappeto per le arti marziali come il Kendo, il Karate e l’antichissima tecnica orientale Daito-Ryu Aikibud. Tra i ciliegio in fiore risuonano le note di madame Butterfly e il potente ritmo dei grandi tamburi Taiko.
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A NIMA La gastronomia locale e quella giapponese si abbracciano tra i ciliegi del Monte Serrone dando vita a inedite fusioni tra le tagliatelle di Campofilone e il riso basmati al pesce spada zucchine e carote, o anche il gran fritto ascolano con spiedini di pollo fritti con salsa teriyaki, il tataky di tonno, passando il tradizionale sushi e sushimi fino al dolce Mochi composto da pasta di riso ricoperta di gelato.
Il clima autentico favorito dalla grande distesa di ciliegi in fiore, ha sorpreso anche le massime istituzioni giapponesi con l’interesse dell’ambasciata in Italia e la partecipazione sia del vice ambasciatore Hiroshi Yamauchi, sia della responsabile della Cultura Yuko Yoshimura.
日本 I ciliegi e la loro fioritura breve, ma intensa e preziosa rimandano al codice dei condotta dei samurai la cui origine risale al VII secolo a.C.. Il Bushido -la via del samurai- indica la strada per essere pronti a vivere nel momento presente, a sconfiggere la paura e a non esserne più schiavi. Le Marche ospitano la tradizione Hanami offrendo a questo rito un territorio dove il rapporto con la natura è
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elemento di centralità per vivere in armonia. Pedaso con il Monte Serrone sono il legame tra il Mare Adriatico e la Valle dell’Aso dove, nel percorso dalla sorgente alla foce, si dipanano storie e leggende secolari. Un percorso ricco di misteri che richiamano Pilato e il Guerin Meschino, storie che si intrecciano tra loro in una rappresentazione simbolica della vita proprio come l’Hanami.
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TRA AVVENTURE E BELLE SCOPERTE: Tra parchi gioco, centri didattici e musei tematici, i bambini ed i ragazzi troveranno tante occasioni per divertirsi e conoscere cose nuove.
le Marche hanno molto da offrire anche al turista 0-14.
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n questo periodo in molti iniziano a progettare le vacanze, cercando qua e là destinazioni dove sia bello trascorrere i giorni di vacanza con i propri figli, godendo la vita assieme a loro. Questo tipo di turismo è un altro modo di viaggiare e di conoscere i luoghi perché con esso ben si combina la circostanza di avere più tempo da passare con i bambini/ragazzi e fare cose che nelle grandi città sarebbe complicato soltanto immaginare. Dal passaparola ai siti, ai blog specializzati, le informazioni su dove/quando/cosa fare sono alla portata di un click. Dalla spiaggia più attrezzata, al sentiero più bello o all’agriturismo dove organizzano escursioni e attività dedicate per quelle famiglie che si muovono sul territorio per periodi più brevi, ma più di frequente. C’è voglia di riscoprire la genuinità dei piccoli borghi e delle eccellenze italiane che hanno dato lustro a tutto Belpaese. Ecco allora che ancora una volta le Marche si propongono come la giusta soluzione a quella richiesta di lento soggiorno che porta l’ospite a non passare l’intero weekend a prendere il sole e a fare massaggi, ma a scoprire molto di più tra trekking, campeggio, bici e outdoor.
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di Raffaella Scortichini
AVVENTURA E DIVERTIMENTO 9400 KMQ INTO THE WILD LE MARCHE SI MOSTRANO COME UN ENORME PARCO GIOCHI ALL’INTERNO DEL QUALE È POSSIBILE FARE PASSEGGIATE, ESCURSIONI, SCOPERTE E…
Le Marche non hanno bisogno di finte ricostruzioni paesaggistiche per attrarre bambini ed adulti nel suo più grande e variegato parco naturale. Le attrazioni naturali vanno assaporate poco a poco, esplorate a fondo andando alla ricerca dei sentieri meno battuti, delle grotte più nascoste, dei parchi sconosciuti. A piedi, in bike, in soma agli asinelli o a cavallo. Il lento incedere dei quadrupedi permette di soffermarsi su alcuni particolari dell’entroterra e del territorio che diversamente passerebbero inosservati. Induce, altresì, gli escursionisti ad abbandonare la frenesia dei consueti giorni densi di impegni e scadenze, facendoli così riappropriare di quella spensieratezza che è andata sempre più perdendosi. Muniti quindi di calzature da trekking, pensate per affrontare anche zone di sterrato, zainetto contenente acqua, merenda e crema solare protettiva, ci si prepara per trascorrere una giornata immersi nella natura. Partendo dall’ingresso più a nord è possibile scalare due sassi “fratelli - Simone e Simoncello” ove un tempo sorgeva una città fortezza. Si potrà degustare dell’ottimo
prosciutto e visitare dei borghi belli e particolari come Carpegna, Frontino e Pietrarubbia. Dal Parco San Bartolo è possibile scoprire dove svernavano molte specie di uccelli, affacciarsi sul sottostante mare blu e ammirare il verde della variegata vegetazione di questo posto meraviglioso e incontaminato. C’è un posto per chi non ha mai smesso di credere alla favole: il bosco che fa sognare i bambini e non solo…Una famiglia di folletti, una fattoria con animali da cortile, tante piante da frutto ed il museo degli attrezzi agricoli sono gli ingredienti del “Sentiero dei Folletti”, percorso didattico/ambientale/turistico, a 5 km da Urbania, all’interno dell’oasi faunistica di Monte Montiego. Un monte che nell’antichità si pensava potesse essere il trono di Giove Pennino, il Monte Catria, offre l’opportunità di divertirsi in tutte le stagioni dell’anno: si va dallo sci alle ciaspolate allo snow bord d’inverno alle passeggiate nel bosco, mountain bike e trekking d’estate. Per i più piccoli Kinderland parco giochi tematico.
Scendendo a Sassoferrato immersi tra le meraviglie del Parco del Monte Cucco e il Parco naturale Gola della Rossa e Frasassi, si può passeggiare pedalando in sella a una mountain bike attraverso sentieri poco battuti e poco transitati dagli autoveicoli, gustandosi tutte le peculiarità della zona. Nello splendore degli abissi poi un mondo incredibile si nasconde nelle viscere della terra tra stalattiti e stalagmiti: le Grotte di Frasassi, il più grande complesso di grotte sotterranee in Europa.
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Fuori un parco avventura sul fiume Sentino in un contesto naturalistico d’eccezione. Adrenalinici cavi sospesi sull’acqua, traballanti ponti tibetani e carrucole vertiginose sullo sfondo della suggestiva Gola di Frasassi, per un percorso da urlo. Al Museo Speleologico di Genga è possibile incontrare un rettile preistorico: lo ittiosauro. Per dar seguito alla gita nei dintorni di sicuro interesse sono le “copertelle” di Serra San Quirico, dei passaggi coperti lastricati in pietra arenaria costruiti in epoca longobarda. Da 22 anni ogni estate, in questo piccolo paese medievale di pietra e mattoni incastonato tra il verde del monte Murano, bambini e bambine con le orecchie d’asino e carta d’identità firmata da Lucignolo e da Pinocchio invadono le vie e le piazze del centro storico, che per l’occasione diventa “Il Paese Dei Balocchi”, lo storico evento dedicato a piccoli e grandi...e a tutti coloro che hanno voglia di tornare bambini. Se si è alla ricerca della compagnia di leoni, giraffe, ippotami, scimmie e altri animali esotici e non solo, basta portarsi su una collina al Parco Zoo di Falconara.
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Proseguendo c’è poi la possibilità di perdersi nella faggeta incantata di Canfaito, nei pressi di San Severino Marche, tra faggi secolari che regalano una festa di colori a seconda della stagione, ad accogliere i visitatori il Re di Canfaito: il faggio con oltre 500 anni di storia. È possibile praticare del trekking con gli asini: ad esempio a Smerillo e Montefalcone lo scopo è non solo di tutelare gli asini in una relazione di reciproca fedeltà con l’uomo, ma anche di valorizzare il territorio, cercando farlo vivere e scoprire nel suo pieno rispetto. Nel Parco della Fessa, a Smerillo appunto, tra alberi e rocce, sorge un’area attrezzata per camper, caravan e tende, qui è possibile non solo praticare il trekking con gli asini, ma anche prendere a noleggio delle mountain bike e partecipare ad attività laboratoriali per la fabbricazione di saponi naturali. Anche la Riserva Naturale dell’Abbadia di Fiastra offre la possibilità di passeggiare in soma agli asinelli tra le colline del maceratese, attraversando i territori di Tolentino, Urbisaglia, Loro Piceno, Mogliano e Petriolo. Diverse associazioni marchigiane organizzano trekking di
questo tipo, per la valorizzazione delle aree e la scoperta dei territori. Si segnalano escursioni simili nelle zone di Pian dell’Elmo e del Monte Cipollara. Un cenno merita anche il Giardino delle Farfalle di Cessapalombo, luogo magico e unico nel suo genere, che ospita farfalle autoctone che volano libere nel parco: uno spettacolo davvero incantevole e attraente, soprattutto per i bambini. I paesaggi suggestivi e incantevoli
tipici delle campagne dell’entroterra marchigiano e dei monti dell’Appennino possono essere goduti anche in sella a un cavallo. Numerose sono infatti le strutture ricettive, dagli agriturismi ai B&B, dai maneggi ai centri ippici, che offrono gradevoli e piacevoli passeggiate a cavallo tra le campagne della regione. Escursioni adatte a tutti: dai più esperti fino ai principianti. Dal Monte Nerone ai Sibillini sino ad arrivare al Gran Sasso: un percorso che attraversa torrenti e dorsali alla portata di tutti, sempre con la consapevolezza
che a guidare la marcia sono le agili zampe del cavallo, con un procedere lento e rilassato, per godere nel migliore dei modi tutte le bellezze e le meraviglie dell’entroterra marchigiano. L’altopiano di Montelago, a parte la sua maestosa bellezza paesaggistica offre ai suoi ospiti un revival celtico tra musica, spettacoli, camminate, cornamuse, archi e frecce: è il Celtic Festival. Più a sud il territorio marchigiano diventa miti e leggende dei Sibillini, poesia per gli esploratori più curiosi! Paesaggio naturale fatto di vette, strette gole e fitti boschi. La leggenda racconta che qui vivesse la Sibilla, una sacerdotessa in grado di predire il futuro, che attirava viaggiatori da tutta Europa.
“E che pensieri immensi, che dolci sogni mi spirò la vista, di quel lontano mar, quei monti azzurri,…” (I Canti – XXII Le Ricordanze, Giacomo Leopardi)
SE AI VOSTRI FIGLI PIACESSE IL MARE? SPIAGGE, ECCO LE PIÙ BELLE DELLE MARCHE E LE ATTIVITÀ CHE SI POSSONO SVOLGERE Sabbia preferibile a ciottoli e rocce, spazio vivibile tra un ombrellone e l’altro per costruire castelli di sabbia o giocare con le biglie, acqua bassa vicino la riva per immergersi in sicurezza, limpidezza, pulizia, senza dimenticare luoghi nelle vicinanze adibiti al cambio del pannolino, all’allattamento e locali dove poter scaldare latte o pasti per i più piccoli. Non ultimi, la presenza di strutture attrezzate e bagnini a garanzia di sicurezza rappresentano un valore aggiunto, con la possibilità di fare sport acquatici o in spiaggia per i più grandi. Ben undici le Bandiere Verdi nelle Marche, da nord a sud, le località che vantano tale riconoscimento: da Gabicce Mare con il suo lungomare ove passeggiare con sicurezza, essendo una zona totalmente pedonale e ciclabile, alla spiaggia di Pesaro, con i suoi 7 km di spiaggia sabbiosa. A Fano-Nord-Sassonia-Torrette/ Marotta si trovano coste basse sia sabbiose che ghiaiose, piste ciclabili e tesori archeologici di età romana conservati nel centro storico di Fano. In Provincia di Ancona, passando per la spiaggia di velluto di Senigallia, il cui litorale offre svariate tipologie di attività laboratoriali per bambini, la bandiera verde sventola anche a Sirolo, con la suggestiva spiaggia delle Due Sorelle, o a Numana Alta-Bassa Marcelli Nord, dove troviamo tanti stabilimenti balneari e strutture ricettive attrezzate. Spostandoci in Provincia di Macerata vessilli verdi sono piantati sulle spiagge di Porto Recanati, prevalentemente sassose con la possibilità di praticare sport acquatici. Quindi a Civitanova Marche, con tante attrattive e outlet calzaturieri per adulti e bambini. Bandiera Verde anche a Porto San Giorgio, in Provincia di Fermo, il cui lungomare è impreziosito da palme centenarie e palazzine in stile liberty, paesaggio su cui svetta la caratteristica Rocca medievale. Più a sud ci sono Grottammare, una delle suggestive località della Riviera delle Palme, e San Benedetto del Tronto, il cui lungomare è caratterizzato da giardini lussureggianti, pinete e campi da tennis. WHY MARCHE | 51
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ESPERIENZA Sempre più diffuso sta diventando il turismo esperienziale, una forma di soggiorno il cui scopo principale è quello di conoscere il territorio attraverso delle vere e proprie esperienze vissute sul campo. Il turista si trasforma in marchigiano e vive sulla sua pelle avventure uniche, di cui serberà senz’altro un ricordo particolare, perché attraverso il viaggio si cerca il contatto con l’autentico, con l’essenza della regione. Nel pesarese, nella zona del Montefeltro marchigiano a nord della Provincia di Pesaro Urbino, tra le vallate del Metauro, a Cartoceto si produce il tradizionale formaggio di fossa. Un’esperienza unica per il turista è quella di assistere all’apertura delle fosse in cui avviene la stagionatura del prodotto, momento in cui viene sprigionata una miriade di profumi e odori penetranti. La tradizione colloca tale istante nel mese di novembre e, in particolare, nel giorno di Santa Caterina, il 25. Nell’entroterra dei Sibillini conosciuto per le sue varietà di tartufo nero pregiato, vengono organizzate visite guidate di tartufaie, al termine delle quali è proposta la degustazione di tali prodotti. Altri tour esperienziali di questo tipo conducono il turista alla scoperta dei vini, passeggiando tra i filari di vigneti emblema della nostra regione, per mostrare come nascono il Verdicchio, il Rosso Conero, la Lacrima e il Rosso Piceno solo per citare alcuni dei prodotti più noti del territorio. Tour esperienziali alla scoperta non solo dei prodotti enogastronomici, ma anche delle attività di artigianato tipiche della regione che lasceranno senz’altro un ricordo indelebile nei turisti. A questo proposito si segnala, nell’ascolano (e in particolare a Offida) l’arte dei merletti a tombolo, pizzo realizzato a mano, grazie all’abilità e alla maestria delle donne che di madre in figlia tengono ancora oggi viva questa usanza; Ascoli Piceno, ma anche Urbania, Urbino, Pesaro sono altresì importanti centri di produzione di oggetti in ceramica e una passeggiata tra questi centri e i laboratori dove vengono realizzati tali manufatti potrebbe rappresentare una ricchezza aggiunta alla vacanza. La natura, comunque, regna incontrastata nella regione: d’obbligo diventa allora visitare le numerose fattorie didattiche di cui sono ricche le Marche e i tanti parchi avventura: un’esperienza adatta in particolare ai bambini, che potranno 52 | WHY MARCHE
assaporare l’aria di campagna, scoprendo ed esplorando rumori, sapori, colori. Viaggio esperienziale per eccellenza è anche quello del Cammino Francescano della Marca, che coinvolge svariati comuni dell’entroterra marchigiano e ripercorre i sentieri battuti da San Francesco. Un turismo che punta su natura, storia e fede, valorizzando le aree interne delle Marche, così come i Cammini Lauretani, che toccano le zone della Valle del Chienti e del Potenza: si tratta di strade che conducono alla Santa Casa di Maria a Loreto. Infine, numerose anche le città d’arte che propongono visite
UNA VACANZA ESPERIENZIALE CHE APPASSIONERÀ ADULTI E BAMBINI
guidate nei palazzi storici cittadini alla scoperta delle opere in essi conservate, magari con delle ricostruzioni storiche a tema: a Mondavio, ad esempio, vengono organizzate serate rinascimentali in costume nella sala del banchetto o nel mastio, gustando i piatti tipici del Quattrocento a base di cacciagione. Diversi i progetti di didattica museale pensati anche per i bambini.
CULTURA
Che siano gite fuori porta o dei veri tour, le Marche propongono l’esplorazione di luoghi un po’ magici, musei particolari, capolavori architettonici e una ricchezza artistico-culturale grazie al trascorso storico dove si sono intrecciate sovrapposizioni culturali di origini diverse. Se ci si trova dalle parti di Urbino, culla del Rinascimento nelle Marche, si è letteralmente rapiti dalla bellezza sontuosa e imponente del Palazzo Ducale, dimora del Duca Federico da Montefeltro: “un palazzo in forma di città” promosso Patrimonio Unesco per la sua particolare costruzione architettonica, prima tra tutte l’unicità dei suoi caratteristici torricini. Sembrerà quasi di sentire rimbombare tra le mura che cingono la città e gli edifici in pietra arenaria, l’eco dello scalpiccio festoso e il vociare allegro e spensierato del piccolo Raffaello, uno dei più grandi pittori di tutti i tempi, che si diffonde nell’aria e tra i vicoli stretti e tortuosi e sulle pietre ornamentali del Palazzo Ducale. Sarà possibile vistare la sua casa natale e osservare le sue più grandi opere nella Galleria Nazionale delle Marche, in occasione del V centenario dalla sua morte tanti gli eventi in programma sino al 2020. Per chi volesse invece ripercorrere scorci di storia medioevale può far sicuramente visita a Gradara, Mondavio e Offagna. Tre località dove si può vivere l’esperienza di quel tempo. Gradara è uno dei castelli più belli, “Borgo dei Borghi” 2018. Borgo di confine a pochi passi dalla Romagna, immerso nelle colline ma vicino al mare, apre da secoli i battenti da nord per entrare nelle Marche. È anche un ingresso magico, che non dà solo in un altro spazio, ma anche in un altro tempo. All’interno della sua imponente rocca sbocciò l’amore tragico fra Paolo e Francesca raccontato da Dante Alighieri nella “Divina Commedia”. Mondavio è una città inespugnabile nelle sue imponenti mura. Ha visto la storia dei Malatesta, dei Montefeltro e dei Della Rovere che oggi rivive con banchetti e rievocazioni storiche tra dame e cavalieri. L’ultima settimana di luglio dal 1988 prende vita anche il bellissimo borgo medioevale di Offagna con le sue feste d’epoca. A Pergola c’è una preziosa possibilità quella di vedere dei cavalli tutti d’oro, sono i Bronzi Dorati, l’unico gruppo in bronzo dorato di epoca romana, sopravvissuto fino ai giorni nostri. Alla volta di Fabriano i mastri cartai, XIII secolo, famosi in tutto il mondo importarono l’arte di far la carta. Qui è possibile visitare il Museo della Carta e Filigrana all’interno del quale sono conservati vecchi macchinari, tanti tipi di carta, da quella utile per disegnare, sino a quella utilizzata per le banconote. Chiunque volesse poi farsi rapire dal fascino dei templari può visitare i sotterranei di Osimo e Camerano simboli esoterici, percorsi di luce, forte suggestione, luoghi pieni di fascino e mistero.
ARTE E CULTURA PER CHI AMA ARRICCHIRSI DELLA CONOSCENZA DEI LUOGHI E se poi le strade del vino avranno portato i grandi verso i Castelli di Jesi sarà d’obbligo fermarsi a Jesi “città esemplare” per la sua capacità di preservare il patrimonio artistico, culturale e architettonico, come il Palazzo della Signoria e Palazzo Pianetti. Nella piazza dove nacque Federico II Hohenstaufen è possibile visitare da qualche anno un museo di ultima generazione interattivo e digitale, il Mueso Federico II Stupor Mundi. Il Museo della Carrozza, nello storico e meraviglioso Palazzo Buonaccorsi di Macerata offrirà la possibilità di viaggiare a bordo di una carrozza dell’Ottocento. Ad agosto sarà possibile assistere a serate di lirica all’interno dello storico e celebre monumento lo Sferisterio. A Recanati invece si potrà visitare Casa Leopardi e tutta l’effervescenza dell’aria poetica che circonda l’anno dell’Infinito. “Infinito Leopardi”, un evento lungo un anno che celebra i 200 anni dalla composizione dell’ ”Infinito” fatto di mostre, spettacoli con lo scopo di stimolare la necessità di tornare a pensare alle infinite espressioni dell’uomo nella natura. A Fermo, in Piazza del Popolo si potrà conoscere un elegante salottino con le sue logge ed il porticato sul quale si affaccia il Palazzo dei Priori sede della Pinacoteca Civica all’interno della quale è possibile ammirare il gigantesco mappamondo del ‘700. Si arriverà infine alla città picena nella meravigliosa Piazza del Popolo che racchiude in sé tutta la storia di Ascoli Piceno. In stile rinascimentale è una delle più belle e suggestive piazze d’Italia, luogo di incontro e di manifestazioni culturali come la Quintana, Speriamo di avervi incuriosito con rievocazione storica questo breve scorcio di svariate idee con sbandieratori, per visitare le Marche in famiglia dame, arcieri e (la lista sarebbe molto più lunga). musicisti che sfilano in piazza Il territorio vi attende e la buona prima dell’inizio del stagione alle porte è un’ottima torneo.
occasione per non restare a casa! WHY MARCHE | 53
FOSSOMBRONE
M ENTE
COLLI AL METAURO
WHY MARCHE SPECIAL:
GRADARA
UN ITINERARIO TRA LE BELLEZZE DI PESARO URBINO PERGOLA
PESARO
SANT’ANGELO IN VADO MONDAVIO
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Why Marche” si occupa da anni della valorizzazione del territorio regionale, parlandone con passione e professionalità per raccontarne le eccellenze ma anche per far scoprire ai lettori luoghi meno conosciuti ma non per questo meno interessanti. Questa mentalità ha trovato una perfetta sinergia con le esigenze e la volontà della Confcommercio di Pesaro e Urbino e del suo Direttore Generale Amerigo Varotti. Nasce così nel 2018 uno speciale della nostra rivista, commissionato proprio da Varotti, intitolato “Why Marche Special: Itinerario della bellezza nella Provincia di Pesaro Urbino”. Lo speciale tratta di cinque comuni: Fossombrone, Mondavio, Pergola, Sant’Angelo in Vado e Urbino, raccontati Photos Andrea Tessadori 54 | WHY MARCHE
URBINO
di Fabrizio Cantori attraverso una serie di foto di alta qualità e con dei testi che non si limitano ad una fredda esposizione di punti d’interesse, ma sono redatti con uno stile narrativo, per garantire un’immersione più coinvolgente per il turista-lettore. Varotti ci spiega come “l’idea nasce dall’esigenza di valorizzare e promuovere questi comuni, soprattutto quelle realtà minori che per anni sono state a margine della programma-zione turistica ma che in realtà offrono eccellenze di alto valore, che vanno fatte conoscere e pubblicizzate. C’è dietro quest’idea una logica economica e culturale che sta molto a cuore a noi della Confcommercio, ovvero quella di sfruttare il turismo come leva fondamentale della nostra economia. Lo Special si inserisce in un contesto più ampio di forte investimento nella comunicazione. Aumentare i turisti, le visite, e in generale essere maggiormente al centro dell’attenzione, è un obiettivo primario per migliorare la redditività del nostro fantastico territorio.” Per ognuno dei Comuni vengono proposti sei motivi di interesse per una visita, coinvolgendo ogni aspetto dell’offerta turistica: paesaggistico, storico-culturale (la Confcommercio si occupa direttamente anche della gestione del servizio museale), enogastronomico, artigianale ed eventi di varia natura. Anche in questo caso c’è dietro una logica ben strutturata che vuole tenere conto dei cambiamenti nel comparto turistico di questi anni. “La scelta di impostare in questo modo lo strumento di promozione – ci dice Varotti – si basa sull’esigenza di rispondere alle richieste dei turisti che vogliono avere dalla propria vacanza un’esperienza stimolante. Negli anni, dal turismo di destinazione si è passati ad un turismo di motivazione. Il viaggiatore non si affida più al “nome” del luogo, ma cerca qualcosa che risponda alle sue esigenze e ai suoi interessi. Per questo abbiamo deciso di usare il format dei sei motivi per, in modo da proporre loro una gamma completa di opportunità.” Questo Special di “Why Marche” ha fatto letteralmente il giro del mondo. Una sua caratteristica fondamentale è infatti quella di essere redatto in doppia lingua, italiano e inglese, con testi tradotti a fronte in maniera integrale.
Una scelta fondamentale per aprirsi ai mercati esteri, che rappresentano una risorsa ancora poco sfruttata ma sulla quale si sta investendo con sempre maggior forza per via del grande potenziale che racchiude. Varotti in persona ha portato la rivista in Canada, Svizzera, Russia, Azerbaigian, Repubblica Ceca, Lituania, Lettonia, Cina, usandola come strumento concreto di promozione nell’ambito di numerosissime iniziative volte a far conoscere la bellezza dei nostri gioielli territoriali in tutto il mondo. Le risposte non sono mancate, sia in termini di entusiasmo e partecipazione a questi eventi, sia soprattutto come risposta effettiva negli arrivi e nelle presenze di stranieri nelle zone promosse dallo Special. I risultati estremamente positivi hanno convinto la Confcommercio a investire su una ristampa. A gennaio 2019 ha visto quindi la luce un nuovo Special al quale sono stati aggiunti altri tre Comuni: Colli al Metauro, Gradara e Pesaro, seguendo la medesima logica editoriale usata per i precedenti paesi. Con questo innesto lo Special ha raggiunto la ragguardevole foliazione di 104 pagine. Secondo Varotti “con questa edizione del 2019 si completa il progetto iniziale del concept Itinerario della bellezza. Nonostante anche altri comuni si siano dimostrati molto interessati a far parte di questa mappa, preferiamo fermarci qui per evitare che da prodotto di alta qualità diventi qualcosa di confusionario e quindi meno efficace. La scelta dei comuni da inserire è stata oculata e dettata dall’idea di creare un percorso che fosse comprensivo di attrazioni più eterogenee possibili, una rete di luoghi della bellezza che abbraccia le varie conformazioni paesaggistiche dal mare alle montagne passando per le colline, con sempre un occhio di riguardo ai centri storici e alle loro peculiarità ed eccellenze.” Insomma, uno strumento di grande impatto, che risponde a criteri di qualità molto ricercati, veicolo privilegiato di promozione turistica. La nuova campagna di comunicazione è già iniziata con la presentazione alla BIT di Milano del 12 febbraio, dove proprio Varotti ha mostrato in anteprima lo “Special di Why Marche”, affiancato dai rappresentanti di alcuni dei
Amerigo Varotti Direttore Generale Confcommercio Pesaro e Urbino/Marche Nord
comuni interessati, in un contesto che ha coinvolto le eccellenze tra gli attori impegnati nel turismo. Il tour di presentazione e sponsorizzazione ha già toccato altre città italiane e Varotti è pronto a rimettersi in marcia verso l’estero, partendo da Mosca e dalla Georgia. Questo prodotto editoriale, ci dice Varotti, proprio in virtù del suo stile e della sua impostazione, si presta inoltre benissimo ad appoggiare un grande evento su cui Urbino, ma tutta la Regione Marche in generale punta moltissimo, ovvero Raffaello 2020, serie di eventi e mostre in onore dei cinquecento anni dalla morte del grande pittore urbinate, che avranno però inizio a partire già da quest’anno. I borghi caratteristici sparsi per le colline di Colli al Metauro; Fossombrone col canyon delle Marmitte dei Giganti unico nelle Marche; Gradara e la Rocca dove si consumò il grande amore di Paolo e Francesca; la splendida Mondavio che si staglia tra le imponenti mura; Pergola con il diamante della terra, il tartufo; Pesaro tra il mare cristallino e le note magiche di Rossini; Sant’Angelo in Vado e la sua storia immerso in un paesaggio bucolico; Urbino, città in forma di palazzo che ha dato i natali a Raffaello Sanzio. Questo è l’itinerario della bellezza che “Why Marche Special” propone: un percorso che può far innamorare davvero chiunque e che si spera farà conoscere queste meraviglie della provincia di Pesaro Urbino a più persone possibili.
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M ENTE
DI
LE MODALITÀ
RISOLUZIONE STRAGIUDIZIALE DELLE CONTROVERSIE
Sono di molteplici tipologie le controversie che possono sorgere tra consumatori ed aziende, controversie che attraversano trasversalmente vari settori, dalla telefonia all’energia, dal settore bancario e finanziario alle Pay Tv, dalle assicurazioni ai viaggi. Il sistema italiano dà la possibilità di risolvere tali questioni senza necessariamente rivolgersi ad un giudice, attraverso delle modalità di risoluzione dei contenziosi in via stragiudiziale, ossia con strumenti che permettono di addivenire ad una composizione delle controversie con modalità alternative alla giustizia ordinaria, con notevoli vantaggi per quanto riguarda i costi e le tempistiche di risoluzione. In un Paese dove per recuperare un credito occorrono in media oltre 1000 giorni a causa dei tempi biblici della giustizia, uno degli strumenti più efficaci è quello della conciliazione paritetica, che consente ai consumatori di ottenere tutela dei propri diritti in 70 giorni (di media) e a costo zero. Una vera rivoluzione. La conciliazione paritetica è una procedura stragiudiziale di risoluzione delle controversie in materia di consumo, ed è attiva in vari settori in virtù di protocolli d’intesa sottoscritti tra le associazioni dei consumatori e le singole aziende. Esiste nel settore delle telefonia (Tim, Fastweb, Vodafone Teletù, WindTre), dell’energia ( Eni, Enel Energia, Edison, A2A), dei trasporti ferroviari (Trenitalia), dei servizi postali (Poste Italiane), viaggi e vacanze (Astoi- associazione dei Tour operator), e così via. I regolamenti attuativi dei protocolli prevedono un procedimento di conciliazione in cui il consumatore è rappresentato da un conciliatore dell’associazione dei Consumatori prescelta e l’azienda da un proprio conciliatore. Negli incontri, che possono avvenire anche on line, i conciliatori delle due parti cercano di individuare un accordo che - se raggiunto - viene inserito in un verbale vincolante sia per il consumatore che per l’azienda, ponendo così fine alla controversia. Nel 2018 Adiconsum Marche ha gestito oltre 700 conciliazioni, il 98% delle quali concluse positivamente con risoluzione completa della controversia sia dal punto di vista tecnico che dal punto di vista amministrativo, recuperando anche somme ingiustamente versate, o annullando fatture non dovute. Se l’accordo non viene raggiunto, perché ritenuto non soddisfacente per il consumatore, viene ugualmente redatto un verbale che consente il prosieguo della controversia in altre sedi. Nel settore della telefonia e dei servizi televisivi a pagamento, ove non sussista un protocollo di conciliazione paritetica con l’azienda è possibile rivolgersi al Co.Re. Com (Comitato Regionale per le Comunicazioni) presente in ogni regione, che offre la possibilità di presentare istanze di conciliazione o di “definizione”. Le definizioni si attivano qualora in prima istanza non sia stato possibile raggiungere un accordo. Nel settore dell’energia il consumatore può rivolgersi anche all’Acquirente Unico, un organismo di conciliazione istituito presso la competente autorità garante, che si può adire oltre che in tutti i casi in cui non sussiste un protocollo di conciliazione paritetica, anche per casi non trattabili in paritetica, come ad esempio le richieste di risarcimento danni.
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E’ fondamentale sottolineare che attraverso tali procedure, possono essere gestite controversie anche di modesta entità, per le quali potrebbe non valere la pena assumere costi e tempi della giustizia ordinaria. Anche il settore finanziario è dotato di strumenti di risoluzione stragiudiziale delle controversie. E’ possibile presentare ricorsi all’Arbitro Bancario Finanziario per controversie tra consumatori ed intermediari del settore finanziario (banche, società finanziarie, Poste, istituti emittenti moneta elettronica, carte di credito – bancomat-carte prepagate ecc..). L’ABF è un organismo autonomo e imparziale anche se è sostenuto per il suo funzionamento dalla Banca d’Italia. Qualora sia stato presentato un reclamo e non si riceva risposta entro 30 giorni, oppure la risposta non sia soddisfacente, entro un anno è possibile adire l’ABF. Tale procedura risulta molto più rapida rispetto alla giustizia ordinaria (in media entro un anno circa si arriva alla decisione della controversia), nonché poco onerosa: per attivare la procedura è infatti sufficiente un versamento di 20 euro alla Banca d’Italia. L’Arbitro Bancario Finanziario si compone di sette collegi (Roma, Milano, Bologna, Torino, Napoli, Bari, Palermo) con differenti competenza territoriale. L’ABF giudica su controversie inerenti servizi bancari e finanziari (non di investimento) per importi non superiori a 100.000 euro e per controversie sorte dopo il 1° gennaio 2009. Per controversie aventi ad oggetto invece servizi di investimento, si può ricorrere all’ACF, (Arbitro per le Controversie Finanziarie), operativo dallo scorso 9 gennaio 2017. Il ricorso può essere presentato per controversie che abbiano ad oggetto la violazione degli obblighi di trasparenza, correttezza, diligenza e informazione posti dalla normativa a carico degli intermediari finanziari nei confronti dell’investitore in relazione a servizi di investimento. Il valore della controversia non può superare i 500.000 euro e requisito fondamentale è l’avvenuta presentazione di un reclamo all’Intermediario, a cui non è stato fornito riscontro nel termine di 60 giorni o è stato fornito riscontro ritenuto non soddisfacente. Loredana Baldi Adiconsum Marche
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Realizzato con il contributo regionale per la realizzazione di specifici e rilevanti progetti – Anno di riferimento 2019 WHY MARCHE | 57
P ERCHÉ
L’IMPATTO SOCIOECONOMICO DEL TURISMO “Il turismo nelle Marche: fattore di sviluppo socio-economico molto rilevante e poco rilevato” è l’esplicativo titolo della relazione presentata da Gian Luca Gregori, Pro Rettore dell’Università Politecnica delle Marche e docente di business marketing, nella giornata inaugurale della BIT (Borsa Internazionale del Turismo) di Milano, domenica 10 febbraio. Un argomento fondamentale per il futuro del nostro territorio, su cui vale la pena soffermarsi, partendo dalle due proposizioni che compongono il titolo della ricerca di Gregori.
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Turismo fattore di sviluppo molto rilevante Le Marche sono da sempre considerate un’eccellenza assoluta nel settore manifatturiero, con poli di produzione famosi in tutta Italia e all’estero. Ma ormai da tempo lo sguardo delle istituzioni e degli operatori si è giustamente orientato anche verso il terziario, assecondando una corrente che coinvolge l’economia nazionale e mondiale. Il primo dato messo in luce dalla relazione di Gregori e da cui partono le successive considerazioni è l’incidenza del turismo sull’economia e sul PIL regionale: il 10-11%, poco meno dell’indice nazionale che raggiunge il 12%, ma in linea con quello mondiale. Una percentuale che tradotta in numeri concreti stima la spesa turistica nella nostra regione vicina ai 4 miliardi e mezzo. “Basta lamentarsi – ha esordito Gregori durante il suo intervento – dobbiamo agire perché ci sono i presupposti fondamentali perché il comparto turistico diventi il fattore competitivo e determinante per lo sviluppo economico. Anche delle zone colpite dal terremoto, che avevano forti problematiche relative allo spopolamento anche prima della crisi sismica (con meno abitanti che nel 1861). In queste aree si riparte se riparte un’economia del territorio, e per farlo occorre applicare una logica non isolata sul singolo territorio, ma di turismo allargato e integrato”. Un invito alla collaborazione e all’investimento, sia pubblico che privato, per valorizzare e rendere fruttifero l’enorme patrimonio custode di eccellenze paesaggistiche, artistico-culturali (basti pensare alle celebrazioni dell’Infinito leopardiano del 2019 e il cinquecentenario della morte di Raffaello nel 2020, protagoniste alla BIT) ed enogastronomiche. Una consapevolezza delle proprie opportunità che la Regione Marche evidenzia confermando il claim “Marche, bellezza infinita”, che non rimanda all’effimero e non si limita agli echi leopardiani, ma vuole tradurre concretamente la valorizzazione dei diversi patrimoni a sua disposizione. La crescita è già in atto e lo testimoniano i dati registrati dall’Osservatorio Regionale del Turismo, a consuntivo del 2018, che parlano di 2.243.499 arrivi e di 10.412.245 presenze. Con un incremento rispetto al 2017 del + 6,51% negli arrivi e di + 0,98% nelle presenze. Numeri sicuramente positivi ma sui quali c’è ancora tanto margine di miglioramento.
di Fabrizio Cantori
Osservatorio Regionale del Turismo 2018
2.243.499 ARRIVI 10.412.245 PRESENZE INCREMENTO rispetto al 2017: + 6,51% negli arrivi e + 0,98% nelle presenze.
Turismo poco rilevato Gregori ha proseguito ponendo l’accento sull’importanza di un’analisi attenta ed eterogenea di questi e tanti altri dati relativi al comparto turistico, da condurre con approcci all’avanguardia. Determinare l’impatto del turismo dal punto di vista economico, sociale ed ambientale, consente di individuare gli effetti positivi e negativi e quindi favorire la realizzazione di interventi orientati allo sviluppo. Misurare diventa allora indispensabile per pensare ad una strategia di sviluppo, seguendo il principio secondo il quale tutto ciò che non può essere misurato non può nemmeno essere migliorato. L’analisi condotta da Gregori ha stimato gli impatti economici nei vari effetti diretti, indiretti e dell’indotto, oltre a quelli sociali nelle ricadute culturali e demografiche. Si è voluto sottolineare l’importanza di non limitare l’attività di misurazione esclusivamente allo storico: l’elaborazione e la lettura dei dati potrebbero essere realizzate anche con una logica predittiva e soprattutto non più solo in una logica quantitativa, ma anche qualitativa (ricerche di mercato su varie tematiche, motivazioni, esigenze, prospettive) anche attraverso strumenti innovativi e all’avanguardia come il Neuromarketing e l’intelligenza digitale. Approcci diversi dove la comunicazione e la promozione dell’offerta turistica sono essenziali e rappresentano un vero investimento produttivo. “Insomma – ha concluso Gregori – non esiste un unico approccio alla valutazione nel turismo, ma questa deve essere multidisciplinare, in una prospettiva di omnicanalità.”
Photos Andrea Tessadori WHY MARCHE | 59
P E R C H ÉÈ
Piccoli borghi, paesaggi, eccellenze enogastronomiche
Consumatori di fascia medio-alta
Conoscere il passato e capire il presente per affrontare il futuro Intervistando direttamente Gregori, il professore ha ripreso in primo luogo la tematica di un’analisi che non sia rivolta esclusivamente al passato, ma anzi si proietti sul presente per poter meglio definire le strategie future. “I dati relativi agli arrivi e alle presenze degli anni passati – ci dice – sono sicuramente importanti, ma ancora di più lo è capire e intercettare l’andamento delle tendenze dei turisti, in modo che l’offerta possa rispondere in modo efficace alla domanda.”
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Il turismo è in continua evoluzione e non è concepito allo stesso modo nelle diverse realtà culturali. Nei paesi del nord Europa la vacanza non è considerata un passatempo bensì un vero e proprio bisogno primario per condurre uno stile di vita sano e accettabile. Per quanto riguarda invece il tipo di turismo che caratterizza le Marche, Gregori ci fa giustamente notare come le nostre caratteristiche territoriali e culturali non si prestano ad un turismo di tipo quantitativo come per esempio può essere quello di altre zone anche a noi vicine, come la riviera romagnola. I nostri piccoli borghi, i paesaggi, le eccellenze enogastronomiche e tutte le caratteristiche precipue che contraddistinguono le Marche sono più adeguate ad un turismo che interessa la fascia medio-alta dei consumatori. Ecco quindi che la parola d’ordine per gli operatori turistici, siano essi pubblici o privati, deve essere programmare e formalizzare un’adeguata strategia per rendere produttivi i dati che si raccolgono. E in questo senso, capire a chi si va a parlare diventa un ovvio, o almeno così dovrebbe essere, punto di partenza per definire un qualsiasi discorso di promozione che risulti impattante ed efficace.
Cosa fare e dove investire Quando chiediamo a Gregori dove deve rivolgersi l’attenzione degli operatori turistici, la prima risposta è decisa: aprirsi al mercato internazionale. Da questo punto di vista Gregori denuncia un dato che giustifica questa priorità: gli arrivi di turisti stranieri sono sotto il 20%, a fronte di una media nazionale che si attesta su circa il 50%. Allargare gli orizzonti al mercato internazionale e non limitarsi a quello domestico è quindi un’urgenza primaria su cui riflettere e lavorare. Gli occhi dei visitatori europei, e non solo, si stanno finalmente aprendo anche sulle Marche, come dimostra anche un recente articolo del “Times” che indica la nostra regione come eccellenza italiana da scoprire. Ora però bisogna supportare questa attenzione. Come? Secondo il professore un punto di partenza fondamentale è lavorare sui servizi, responsabilità che tocca il pubblico quanto il privato. Riqualificare, rinnovare e creare adeguate infrastrutture è la base su cui deve poggiare quel turismo qualitativo di cui si parlava. Alcuni esempi concreti e macroscopici che Gregori mette sotto la lente dell’attenzione sono il servizio ferroviario e ancora di più quello aeroportuale, che sono ancora troppo deboli. Queste arterie che dovrebbero garantire il trasporto veloce e comodo dei visitatori vanno potenziate per rendere la fruizione del territorio appetibile e non difficoltosa. Gli investimenti privati rappresentano un’importante risorsa, ma anche la compagine pubblica dovrebbe partecipare, non solo in termini economici ma anche e soprattutto cercando di ammorbidire la farraginosità della macchina burocratica, che spesso rallenta e scoraggia l’inizio di questo genere di lavori. Quello che c’è da capire, chiosa in conclusione Gregori, è che la redditività del turismo non si limita alle classiche strutture ricettive. Un aumento di turisti non fa guadagnare solo l’albergo o lo stabilimento balneare, ma coinvolge un grande numero di attori. Dall’artigianato locale alle imprese edili eventualmente coinvolte nei lavori da fare di cui sopra, passando per la ristorazione, il turismo è quindi un volano economico dalle incredibili potenzialità. Molto è stato fatto, come dimostrano i dati riportati, ma pensando all’enorme potenziale delle Marche, molto altro si può e deve ancora fare.
www.thetimes.co.uk/article/le-marche-italy-secret-region-guide-f5lkrjbhg
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S PIRITO
Dateci tre parole d’ordine e ne faremo un festival
UOMO, TERRITORIO, IMPRESA:
BRAND FESTIVAL 2019
B
rand Festival 2019, è il primo festival internazionale dedicato all’identità di marca, diventato punto di riferimento per il settore del marketing e della comunicazione pronto a dare il via alla terza edizione che si svolgerà a Jesi dal 29 marzo al 5 aprile 2019. Qui il termine “brand” viene inteso non solo in senso strategico quindi ma, anche e soprattutto, come elemento comune denominatore di più temi che, nella settimana troveranno spazio di approfondimento. Non sarà un evento per soli comunicatori perché Brand Festival è aperto a tutti coloro che vogliono mettersi in discussione nel lavoro come nella vita di tutti i giorni. Saranno come nelle precedenti edizioni le parole contaminazione, formazione e ispirazione a guidare Graziano Giacani – ideatore del Brand Festival – nella costruzione, insieme a tutto il comitato scientifico, di un programma inedito. Chi parteciperà al Brand Festival dovrà mettersi in gioco non solo per imparare cose nuove ma, soprattutto, per cercare di vedere e comprendere la realtà da un punto di vista differente. Il valore aggiunto è dato dalla possibilità di incontrare, ascoltare e parlare con professionisti che, difficilmente, possono vedersi riuniti insieme in un contesto simile a quello che viene proposto a Jesi. Tra questi, ad esempio, il CT della
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Nazionale Roberto Mancini, Roberto Olivi di BMW, Federica Cascia di Samsung USA e per il mondo della comunicazione Francesco Morace, Giovanni Sasso, Matteo Flora, Andrea Fontana, il fenomeno Gordon, senza dimenticare le grandi aziende che prenderanno parte all’iniziativa come Adidas, Totoya, Conad, P&G, Thun, Banca Etica e ancora tanti altri protagonisti per questa settimana davvero intensa e ricca di spunti di riflessione. Impresa, territorio, sport, comunicazione, politica saranno alcuni degli aspetti trattati grazie alla partecipazione dei migliori relatori scelti per ogni ambito di competenza. Tra le novità 2019 fondamentale il comitato scientifico la cui direzione spetta a Paolo Iabichino, aka Iabicus, nominato comunicatore dell’anno 2018, autore di Scripta Volant e punto di riferimento per il mondo della pubblicità della quale ha radicalmente cambiato il linguaggio in questi anni. Insieme a lui naturalmente Graziano Giacani, Alessandro Ubertis co-founder di Carmi&Ubertis e presidente Unicom, Michelangelo Tagliaferri fondatore di Accademia di Comunicazione, Flavia Trupia presidente di PerLaRe, associazione per la retorica. A loro il compito di dare un segnale forte di cambiamento e di innovazione nella costruzione di un dialogo tematico che possa ispirare la visione e il lavoro dei professionisti di oggi e di domani sapendo che – come dice Paolo Iabichino – riflettere
di Raffaella Scortichini
sul tema dell’identità significa riflettere sulla contaminazione di linguaggi, competenze e sapere oggi più che mai necessaria”. Aspetto rilevante sarà, ancora una volta, il territorio che diventa parte integrante di questa settimana. Un territorio che si apre per accogliere e farsi scoprire con le sue location, le sue viste, le sue tipicità e le sue bellezze per vivere un’esperienza davvero unica e particolare. Perché anche i luoghi sono parte della nostra identità e Jesi è, certamente, un luogo tutto da scoprire.
Venerdì 29 Marzo Parola d’ordine “Contaminazione”. Confronti, talk, sfide, dibattiti per creare una cultura dell’identità attraverso il dibattito Sabato 30 Marzo Un’intera giornata dedicata all’ascolto e alla formazione. Fra corsi professionali, eventi formativi gratuiti e spettacoli formativi. Domenica 31 Marzo Un evento unico, un’intera giornata ricca di stimoli da vivere in tre momenti differenti nei tre luoghi simbolo della nostra identità: a Teatro, in Piazza al Mercato. Lunedì 1 Aprile Giocato, ascoltato, vissuto, desiderato, discusso, passato, futuro! L’identità attraverso lo sport. Martedì 2 Aprile Alla scoperta dei valori identitari del territorio. Le città, l’agricoltura, il cibo e il rapporto con la costruzione dell’identità. Mercoledì 3 Aprile C’è chi dice che sia in crisi. Chi parla di “cambiamento”. Chi non ci crede più e chi inizia ora. Come cambia la politica e la rappresentanza in relazione all’evoluzione… Giovedì 4 Aprile Brand&Breakfast – Brand as a person, Workshop – Corso di organizzazione e marketing per gli studi legali, Workshop – Food Experience, Panel – Senza confini, il futuro di Adriano, Aperitivi con i guru – Eat to Meet, Humor talk – Marche-ting Venerdì 5 Aprile Workshop – “Sound Branding. Musica, seduzione e impresa”, Panel – IN&OUT Branding, Evento – Closing Programma completo qui: www.brandfestival.it/programma-2019/ WHY MARCHE | 63
S PIRITO
FROLLA: BISCOTTI GUSTOSI
I
l segreto per una ricetta che funzioni sono pazienza nella preparazione, ingredienti di qualità, abilità nel cucinarli e passione nel farlo. Frolla prepara i suoi gustosi biscotti in questo modo: è nata seguendo questo metodo. Ma cos’è Frolla? Si tratta di una start up innovativa a sfondo sociale: un microbiscottificio artigianale che ha dà lavoro a ragazzi con disabilità. Ne abbiamo parlato con Jacopo Corona, ventisettenne di Castelfidardo, cofondatore dell’attività insieme a Gianluca di Lorenzo, che ci spiega innanzi tutto come è nato il progetto: “L’idea è venuta circa un anno e mezzo fa – ci spiega – in un momento un po’ particolare della mia vita: avevo da poco perso il lavoro, così mi sono ritrovato a dover fare una scelta. Avevo sempre
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pensato di voler aprire una mia attività, quindi ho deciso di prendere la palla al balzo e creare qualcosa coniugando le mie precedenti esperienze umane e lavorative: quella nel settore alimentare e l’attività di volontariato con ragazzi disabili. Ho sempre condiviso questo percorso col mio carissimo amico Gianluca, volontario nella cooperativa sociale Roller House. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo deciso di provare a creare qualcosa di nostro da questi presupposti.”
E CUOCHI SPECIALI
Jacopo mette quindi in moto l’iter per rendere concreta questa idea, non senza difficoltà. Redige un business plan che comporterebbe un investimento iniziale molto oneroso per far partire l’attività, che i due ragazzi difficilmente potrebbero permettersi. Le possibilità di ottenere prestiti o finanziamenti sufficienti sono scarse, ma i due ragazzi non mollano, e fanno bene. La bontà del loro progetto è evidente, sia dal punto di vista sociale che imprenditoriale. Jacopo fa partire
di Fabrizio Cantori
una campagna di crowdfunding che riscuote un incredibile successo, mobilitando moltissime persone che tramite la raccolta fondi su internet mettono a disposizione in soli sei giorni 5000 euro. A questo si aggiunge un incontro che fa ben sperare sulla buona fede del destino: Gianni Lombardi, figura di spicco nella pasticceria marchigiana, sposa totalmente il progetto e mette a disposizione, oltre al prestigio della sua figura e alle sue conoscenze professionali, anche uno stabile perfettamente attrezzato, abbattendo i costi di avviamento. Dall’apertura ufficiale del 12 maggio 2018, Frolla ha riscosso subito un grandissimo successo che continua ad aumentare. Al momento nella società figurano nove soci che si avvalgono della collaborazione di nove ragazzi con disabilità che partecipano al processo produttivo, di cui già due sono stati regolarmente assunti come dipendenti. I biscotti vanno a ruba e gli ordini continuano ad aumentare. Il segreto prova a spiegarcelo Jacopo: “Puntiamo soprattutto sulla qualità del prodotto. La nostra è un’attività imprenditoriale a tutti gli effetti. Ci teniamo a far partecipare i ragazzi disabili ma di certo non vogliamo vendere la pietà nei loro confronti, bensì dei biscotti buoni e genuini alla cui creazione loro partecipano”. Anche in questo caso, la ricetta è vincente. La produzione di Frolla si
racchiude nel suo slogan “uno dei cibi più semplici… ma non banali”. I biscotti infatti vengono proposti rivisitando ricette tradizionali, come per esempio i cantucci con albicocche candite e fiori di camomilla al posto delle classiche mandorle, per creare prodotti gourmet che combinano semplicità e creatività. Gli ingredienti inoltre sono selezionati con grande cura affidandosi a prodotti del territorio, con farine esclusivamente locali. Ma l’ingrediente segreto, il vero valore aggiunto dei biscotti di Frolla, è proprio il lavoro dei loro cuochi speciali. Inseriti tramite convenzioni coi Comuni di Osimo e Castelfidardo e con l’Istituto Alberghiero di Loreto nell’ambito dell’alternanza scuola-lavoro, i ragazzi si destreggiano con passione tra stesura della pasta frolla, cottura e imbustamento del prodotto finito, a dispetto di ogni difficoltà. “I ragazzi hanno un’enorme voglia di fare – ci dice Jacopo – fosse per loro starebbero qui 24 ore su 24! Ovviamente dobbiamo stare attenti nel loro inserimento perché ognuno presenta delle problematiche specifiche e vanno messi a loro agio, ma sono tutti eccezionali per come si impegnano e ottengono risultati stupefacenti.” Quando gli chiediamo qual è il suo rapporto con loro, Jacopo è molto chiaro: “Per me sono delle persone, non dei disabili. Alcuni a volte si stupiscano delle dinamiche che si instaurano tra di noi, ma io li tratto come tratto chiunque altro. Ovviamente sono cosciente delle difficoltà e dell’attenzione che
richiedono, ma la disabilità spesso è una barriera molto più per chi la vede che per chi la possiede. Nel mio piccolo, con Frolla, voglio cercare di abbattere questo muro, perché quello che ricevo in cambio in termini umani è impareggiabile.” La possibilità per questi ragazzi di inserirsi in un contesto professionale confortevole ma anche stimolante è il grandissimo merito di Frolla, visto che con il lavoro migliorano la loro condizione e il loro stato d’animo. Vedere il frutto concreto del loro duro lavoro, toccare con mano e offrire ad altri (presto partirà anche il nuovo format “diversamente bar” dove i ragazzi disabili serviranno in prima persona le colazioni) i biscotti che con tanto impegno hanno cucinato, consente loro di emanciparsi ed essere più consapevoli del proprio valore. Jacopo ci racconta di come Elisa, una delle due dipendenti di Frolla, quando ha iniziato a lavorare con loro fosse chiusa ed estremamente introversa. Dopo pochi mesi passati in uno spirito cameratesco di lavoro ed amicizia, durante un evento di presentazione, Elisa ha preso in mano il microfono di sua iniziativa e ha spiegato ai numerosi partecipanti la storia e le caratteristiche di Frolla, stupendo tutti con un simile slancio e per la sicurezza dimostrata. Un episodio divertente ma anche profondamente significativo di quanto di buono Frolla riesca a fare non solo con i biscotti, ma anche con le persone. WHY MARCHE | 65
S PIRITO
LA BELLEZZA
CHE NON TRAMONTA DI ANITA EKBERG Il romanzo di Alessandro Moscè sospeso nel desiderio di un’eterna giovinezza
E
’ da poco in libreria “Gli ultimi giorni di Anita Ekberg” (Melville 2018): il terzo romanzo di Alessandro Moscè (anconetano di nascita, vive a Fabriano). Questo libro audace conserva un vigore compositivo, una tenuta che si moltiplica nell’ambizione di essere letta tra le righe, nei tanti dialoghi e nelle tante sospensioni dalla potenza fantastica. Moscè non custodisce come soggetto chiave del suo interesse narrativo solo la nota attrice invecchiata e che è costretta a vivere su una sedia a rotelle (morirà nel 2015 dopo aver passato lunghi anni in una casa di riposo a Rocca di Papa). L’autore ha scelto Anita Ekberg, che il poeta Salvatore Quasimodo definiva “la donna dalle mandorle di cristallo”, “Venere del Botticelli”, “cortigiana del novelliere”, per meglio evidenziare la polarizzazione, la segreta voragine tra nascita e morte, bellezza (addirittura imponente) e vecchiaia, eros e morte. Un libro di contrapposizioni tra epoche che cambiano,
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di Mirella Vercelli di ricordi felici, con una vena stregata, felliniana, specie quando Alessandro Moscè ridà vita ad alcuni personaggi noti del passato che entrano in una materialità surreale che non consente di distinguere più i vivi dai morti, l’attualità dall’illusione. Non potevano mancare gli aneddoti sui grandi amori della ex diva svedese, tra tutti Gianni Agnelli, di cui sono raccontati gli incontri fugaci e passionali. Nella casa di riposo situata nei Castelli Romani, in un territorio appartato, Anita Ekberg appunta su un quadernone le sue impressioni in una carrellata tempestosa: la noia delle giornate che non passano mai, l’auspicio di rivedere Federico e Giulietta, il sogno ricorrente della giovinezza. E’ stato scritto che “Gli ultimi giorni di Anita Ekberg” rievoca, in parte, una sceneggiatura di Fellini per un film che non trovò mai compimento: “Il viaggio di G. Mastorna”, dove l’ossessione dell’aldilà, che evidentemente ha contagiato anche Moscè, indusse il regista ad immaginare l’ennesima tappa di un tour del clown Fernet che si concluse in una terra di nessuno (tra gli sceneggiatori vi era anche Dino Buzzati e Milo Manara ne trasse un bellissimo fumetto, ndr). Moscè osa oltre l’imponderabile con un “disegno volante”: annuncia la morte dell’attrice ma anche la sua resurrezione, il suo riacquisito splendore. La casa di riposo nel frattempo, diventa un via vai di uomini e donne davvero dal timbro felliniano: un giornalista ficcanaso, un sacerdote che beve vino, un’anziana che consulta i tarocchi, il proprietario che insegue il suo gatto con strani poteri medianici,
un ex pianista che sente suoni celestiali provenire dagli scantinati dello stabile. Non mancano le candele e le sedute spiritiche, il dialogo con una suora deceduta che dà consigli saggi, che invita gli ospiti ad adottare una condotta lineare per meglio comprendere il senso di carità e misericordia del quale il mondo odierno avrebbe sempre più bisogno, isolato nell’egoismo di una società ipertrofica, non più capace di ascoltare e capire l’altro. Ha detto Alessandro Moscè in una recente intervista: “Sapevo che Anita Ekberg era caduta in disgrazia e le telefonai senza un motivo preciso, forse solo per sentire la sua voce. Parlammo a strappi, finché il suo tono si alterò immotivatamente e riattaccai. Era il 2012. I miti che si spengono sono dei vinti, più interessanti di quando hanno la luce dei riflettori puntata addosso e di loro si sa tutto, oltre il dovuto, con la complicità e l’invadenza di quei rotocalchi che rubano un bacio galeotto o sbattono il mostro in prima pagina, rendendo l’oggi e la dicibilità del mondo un coacervo di soggetti manipolati, fotografati, dediti al lusso e al vizio, un fine e non un mezzo per la gente comune che guarda, spettatrice di un vuoto di maschere”. In effetti Anita Ekberg è una signora come tante, un’anziana che soffre, spaventata, che non vorrebbe neppure che fossero citati i titoli dei film dove è risultata una star di primo piano. Ad un certo punto, nella veglia, una parete della casa di riposo viene sfondata. E’ il primo segnale, tra mito e storia, che qualcosa si sta rianimando da un altro universo, da una specie di arcadia. Non togliamo al lettore il piacere della scoperta mettendolo a parte di come finirà il romanzo. Possiamo dire che Anita Ekberg rimane senz’altro un’icona epica del cinema: come non rivederla ancora con Marcello Mastroianni dentro la Fontana di Trevi magnificare la Dolce Vita? Sappiamo che lei non ebbe problemi a restare per ore in acqua, mentre lui indossò una tuta da sub e bevve della vodka per resistere al freddo. Erano eternamente giovani come li vorrebbe ancora lo scrittore Alessandro Moscè, lontani da una prigione soffocante per sacralizzare una condizione divina.
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S PIRITO
MARCO SANTINI: IL VIOLINISTA CHE HA CONQUISTATO IL PAPA
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di La Musicista di fama mondiale, Marco Santini è legatissimo alle sue origini marchigiane, dove è nato e tutt’ora vive, lavora e incanta con la sua musica. Le sue opere hanno ricevuto moltissimi riconoscimenti, tra i quali anche l’elogio speciale di Papa Francesco. Marco Santini, violinista e compositore, ha fatto vibrare le corde del suo violino da una parte all’altra del mondo, ma i primi passi nella vita come nella musica li ha mossi nelle Marche. Nato e cresciuto ad Osimo, Marco coltiva la passione per la musica già da bambino, iniziando con concerti ed esibizioni locali, fino a diplomarsi al Conservatorio di Fermo. Da qui si trasferisce in Germania, dove si laurea a pieni voti presso la prestigiosa Università di Musica di Mannheim. 68 | WHY MARCHE
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e soddisfazioni nella sua carriera non sono mai mancate, avendo vinto premi in numerosi concorsi nazionali ed internazionali. Eppure un riconoscimento in particolare fa capire quanto la musica di questo giovane violinista riesca a toccare nel profondo chiunque: per il brano “Il Cristo delle Marche”, contenuto nel suo primo disco OP. 1, ha ricevuto infatti i complimenti di Papa Francesco. Da lì a poco Marco è stato inoltre invitato ad eseguire il brano al Pantheon di Roma davanti alle più alte cariche dello Stato. A stretto giro con la sua carriera, Marco pone grande attenzione anche all’insegnamento. La dedizione con cui si dedica a trasmettere la sua passione ai più piccoli testimonia uno spessore tanto artistico quanto umano. Anche in questo caso valga un episodio a testimoniare quanto di buono Marco sia riuscito a fare: nel 2018 il suo brano “1000 visi 1000 voci”, scritto a quattro mani con il giornalista Maurizio Socci e dedicato all’ I.C. Federico II di Jesi, è stato scelto come inno di tutte le scuole delle Marche, oltre ad essere stato tradotto in diverse lingue e cantato in tante scuole di italiani all’estero. Nel dicembre 2018 è uscito il suo secondo disco “VentottoDue”, presentato in anteprima ad Osimo, a ulteriore conferma del rapporto indissolubile che lega Marco alla sua terra natia, in cui è tornato a vivere con la sua compagna, a cui ha chiesto la mano proprio nella cattedrale osimana al termine di un concerto di Ferragosto, fronte a 1200 spettatori sorpresi ed emozionati da un gesto così romantico. musica di Marco ha un’impronta classica ma vive di contaminazioni con generi più moderni e di improvvisazione. È stata utilizzata come colonna sonora per spettacoli teatrali, rappresentazioni religiose e documentari televisivi. Ma soprattutto la sua musica, pur girando per il mondo, vive e si nutre ancora di una marchigianità radicata nel cuore e nell’anima dell’artista, che la converte nelle magiche note che l’archetto evoca dalle corde dell’inseparabile violino.
Marco, tu hai letteralmente girato il mondo con la tua musica, ma alla fine sei tornato nelle Marche, dove tutt’ ora vivi e lavori. Quali sono le cose che ti mancavano di più all’estero di casa tua? cosa invece vorresti ritrovare qui che avevi altrove? Quando vivevo fuori mi mancava in primis la mia famiglia. Ma anche la nostalgia del territorio era molto forte. Territorio inteso non solo e non tanto come paesaggio, ma come persone che lo popolano. Il calore e i rapporti umani che ho a casa mi sono mancati tanto. All’estero invece, soprattutto nel nord Europa dove ho vissuto, posso dirti che c’è più attenzione al cittadino, soprattutto per quanto riguarda
di Fabrizio Cantori la burocrazia, che è molto più snella rispetto all’Italia.
Qual è la differenza nell’approccio alla musica tra l’Italia e la Germania, il paese dove ti sei trasferito da ragazzo?
Purtroppo in Italia si deve ancora migliorare molto nella tutela e nell’investimento sul mondo della musica e delle arti in generale. In Germania l’organizzazione di eventi è molto incentivata e viene messo a disposizione del musicista tutto l’occorrente per poterlo far esibire al meglio. In Italia spesso ritorna il problema di cui ti parlavo: la burocrazia, i permessi, l’organizzazione, sono di frequente difficoltosi.
Il tuo brano “Il Cristo delle Marche” ti ha fatto ricevere una lettera di complimenti dal Papa. Raccontaci come nasce il pezzo.
Io vengo dalla musica classica, e “Il Cristo delle Marche” è stato il primo brano che ho scritto di mia mano. Ad essere sincero non avevo grandi pretese, ma dubbi sulla sua riuscita. Quando mi è arrivata la e-mail del Santo Padre l’emozione è stata immensa. Il Papa era all’inizio del suo mandato e questa sua propensione a confrontarsi in maniera diretta con gli altri era ancora poco conosciuta. Ti lascio quindi immaginare che splendida sorpresa sia stata. È stata un’enorme soddisfazione personale, ma anche una svolta professionale: mi ha dato coraggio e consapevolezza per dedicarmi sempre più alla scrittura di brani miei.
“1000 visi 1000 voci” è invece il brano emblematico del legame che unisce la tua musica al mondo dei più piccoli. Cosa significa per te confrontarti con le nuove generazioni e che cosa cerchi di trasmettergli tramite la tua musica?
Confrontarsi con le nuove generazioni è una cosa per me fondamentale. Può sembrare scontato, ma tutto quello che dai ti torna indietro. Io metto a loro disposizione il mio bagaglio di conoscenze musicali ed umane. In cambio i ragazzi mi offrono la loro visione della vita e della musica, che per forza di cose è diversa dalla mia. Penso agli ascolti che vanno di moda in questo periodo, come il rap o la trap. Certo sono distanti dal mio modo di intendere la musica, ma allo stesso tempo mi piace seguire le innovazioni che la attraversano. Inoltre la musica è un veicolo molto importante di integrazione. In un caso il testo nasce da una serie di pensieri scritti dagli studenti tra cui diversi stranieri, che li hanno scritti nella loro lingua madre. Ascoltare la canzone finita in italiano li ha aiutati a conoscere ciò che loro stessi hanno detto, ma nella nostra lingua.
potesse diventare un lavoro?
Ho iniziato a studiare musica quando avevo cinque anni, e le cose sono procedute bene, anche perché ho il dono di avere un buon orecchio che mi aiuta nelle improvvisazioni. Mi hanno sempre detto che avevo le capacità per far diventare questa passione una professione, ma la verità è che ogni giorno c’è una nuova sfida e che di fatto “professionista” è un titolo che ci danno gli altri. Certo quando consegui dei traguardi e inizi a guadagnare proponendo la tua musica, significa che qualcosa hai raggiunto.
In un periodo storico di forti tensioni sociali, che ruolo pensi debba avere la musica nella vita di tutti noi? La musica è un linguaggio universale, che trascende idee e culture. Lo vedo ogni volta che vado all’estero, soprattutto perché la mia musica non ha testo, quindi cade ogni tipo di barriera linguistica. L’emozione che suscita la musica è di tutti. Chi ascolta musica per me ascolta più facilmente le persone.
Hai già raggiunto traguardi straordinari nonostante tu sia ancora molto giovane. Ma quali sono i sogni nel cassetto che vorresti realizzare?
Mi piacerebbe tantissimo musicare un film. Credo che il linguaggio video abbia un grandissimo potenziale, proprio come quello musicale. Inoltre penso che il mio tipo di musica si sposerebbe bene con un film.
Per finire, vorremmo che ci lasciassi un messaggio rivolto a tutti i giovani che ci leggono. Direi loro di guardare oltre le apparenze e comunicare con gli altri. Di fare attenzione ai social, che se usati in modo positivo sono un mezzo fantastico, ma nascondono tante insidie. Col mio nuovo disco, “VentottoDue”, dedicato alla nascita di mio figlio, ho provato a guardare il mondo col suo sguardo innocente e convertirlo in musica. Ecco cosa consiglio: togliere gli occhi dallo schermo e tornare a guardare le cose con stupore e positività.
Tra le tantissime che hai fatto, c’è un’ esibizione che più di altre ti è rimasta impressa per le emozioni suscitate?
Impossibile sceglierne una. Certo quella al Pantheon, con un grande coro di bambini e di fronte alle più alte cariche politiche rimane una delle esperienze più importanti della mia carriera. Ma in generale adoro quando si crea quel feeling fra me e il pubblico che ti arricchisce e ti dà tanta forza per continuare. È anche bello scoprire culture diverse attraverso i concerti: quando ho suonato in Giappone e ricevevo solo pochi applausi dopo ogni brano, pensavo di non piacere. Poi ho scoperto che è una loro forma di rispetto per non disturbare l’artista. E alla fine è arrivata la standing ovation.
Ad Osimo hai dato le prime prove del tuo talento. Come vivevi la musica da piccolo? Credevi già
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S PIRITO
Un pugno di stima vale un sacco di denari. Un giorno accadde
19 marzo 1981. Papa Giovanni Paolo II visitava le acciaierie di Terni. Si trattò di una visita storica: era infatti la prima volta che un pontefice entrava in una fabbrica. Dopo aver visitato lo stabilimento e pronunciato un discorso agli operai, Papa Wojtyla pranzò insieme a loro nella mensa aziendale. Lo stesso Wojtyla, in gioventù, era stato un operaio nelle fabbriche polacche della Solvay.
Ho sognato…
...un arcobaleno – 81 – Sognare un arcobaleno indica il bisogno di pace dopo una crisi, un affanno, un tormento, la necessità di ritrovare le energie psicofisiche perdute. Il significato del sogno dipende anche dalla posizione dell’arcobaleno rispetto al sognatore, ma in ogni caso ha sempre valenza positiva: a destra è sinonimo di denaro in arrivo per chi ne ha necessità, a sinistra prevede maggiori fortune per chi già ne possiede. Dritto sopra la testa è foriero di buone nuove.
Barbanera buongustaio Spuma in Coppa Tempo (min.): 45 Difficoltà: Media Calorie per porzione: 380 INGREDIENTI (per 4 persone): 2 uova - 100 g di zucchero a velo - 100 g di mascarpone - 200 g di ricotta romana 2 cucchiai di cacao - 3 cucchiai di rum - 4 ciliegie sotto spirito. Sbattere i tuorli con lo zucchero fino a rendere il composto soffice e cremoso, e unirvi, poco alla volta, il mascarpone e la ricotta. Aggiungere al preparato ottenuto il cacao e il rum. Subito dopo, incorporare delicatamente gli albumi montati a neve. Versare la crema in quattro coppe e al centro di ognuna mettere una ciliegina per decorare. Tenere le coppe per trenta minuti in frigorifero prima di servire. 70 | WHY MARCHE
BUONE ECOPRATICHE
di Primavera
VECCHIE STOFFE PER UN NUOVO TAPPETO
Per vivacizzare l’arredamento della stanza da bagno si può comporre un grande ramo fiorito fatto con ritagli di tessuti di lana, da mettere sul pavimento come un tappeto. Si inizia studiando il “tappeto ramo” secondo le dimensioni del proprio bagno, poi si costruisce la sagoma dei fiori con carta da giornale. Quando si arriva ad ottenere il risultato voluto, usando il modello di carta, si tagliano i ritagli di stoffa, si cuciono insieme e si bordano con un punto ricamo, come il punto festone.
LIBRERIE DAGLI ARMADI
Gli armadi dei nonni, quelli di vero legno, specie se hanno alla base dei cassetti, possono essere trasformati in eleganti librerie in tre semplici mosse. La prima consiste nel togliere le porte, che possono diventare dei tavoli. Il secondo step è quello di verniciare l’interno di bianco o con una tinta brillante, o tappezzarlo con una carta da parati scelta a seconda dei propri gusti. Terza fase: montare all’interno mensole in vetro o legno, dipinte o tappezzate come l’interno dell’armadio. Tanti i possibili effetti scenici: moderno, con una vernice argento, o pop con una tappezzeria a grandi fiori vivaci.
PESCANDO QUA E LÀ!
Impacco per capelli lucenti Se i capelli appaiono opachi e tendono a cadere, non è il caso di preoccuparsi troppo: accade abbastanza spesso nel cambio di stagione. Per rinforzarli si può preparare un impacco con 6 gocce di essenza di lavanda, 6 di alloro e 6 di sandalo, diluite in 180 g di olio di sesamo o soia. Una volta distribuita la miscela con un batuffolo di cotone sui capelli, si avvolge la testa con un asciugamano, lasciando in posa per un quarto d’ora. Poi con uno shampoo delicato si lavano bene i capelli, che appariranno subito più luminosi e forti.
L’oroscopo di Barbanera ARIETE Splendida creatività al lavoro, l’originalità griffa ogni iniziativa rendendola brillante. Sotto la vostra direzione, anche la questione più banale acquista spessore.
BILANCIA Innamoratissimi! Con la forza dell’amore potreste scalare le montagne. Nulla da eccepire sul fronte finanziario, potete contare sul vostro fidatissimo promotore: Giove.
TORO Siete determinati e metodici, ma per ora vi mancano i giusti appoggi per dare il via a un progetto che promette buoni sviluppi. Positiva la spinta al cambiamento.
SCORPIONE Molto bene il lavoro, con una buona specializzazione avete ottime possibilità di avanzamento, meglio ancora se accetterete di trasferirvi. Basta coi vecchi schemi!
GEMELLI Protetti dagli astri, potete osare: è il momento per dare il via a quel progetto un po’ folle che vi stuzzica da tempo. Vi butterete nell’impresa con entusiasmo.
SAGITTARIO Desideri e sentimenti da tenere sotto chiave, soprattutto per chi il cuore non l’ha del tutto libero e forse nemmeno… liberabile. Amori platonici per i single.
CANCRO Riuscirete a vincere la timidezza per conquistare chi vi sta a cuore, sfoderando le vostre magiche arti di seduzione. Anche nel lavoro ve la caverete bene. LEONE Siate scaltri: createvi intorno una rete di collaboratori che vi diano man forte dove non arrivate da soli. Una piacevole compagnia fa nascere nuovi interessi.
CAPRICORNO Scrupolosi come sempre, siete tranquilli solo quando non avete nulla in sospeso: prima il dovere, poi il piacere. Valutate i pro e i contro di un’offerta immobiliare.
VERGINE Il meglio delle vostre risorse è per il lavoro. A spingervi non è il senso del dovere, ma il piacere di impegnarvi in qualcosa di proficuo. Siete fieri di voi.
PESCI Stelle amiche vi danno una grossa mano, mettendo in luce i vostri lati migliori: sensibilità, intuito e dolcezza. Buone opportunità, soprattutto in campo artistico.
ACQUARIO Sull’amore, quello vincolante, dovete pensarci su: per ora vi va di mantenervi entro i limiti di una bella amicizia, frizzante e disinvolta. Viaggi di lavoro proficui.
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EVENTI
MARZO - APRILE 2019
TIPICITÀ 9/10/11 marzo Fermo (FM)
“MATRIA”, la rassegna dedicata alla donna
sino al 14 aprile
Montegranaro, Amandola, Colmurano, Torre San Patrizio, Pedaso, Sarnano, Montecosaro, Urbisaglia (FM)
“ROBERT CAPA. Retrospective”
sino al 2 giugno alla Mole di Ancona (AN)
“GIUDITTA E LE ALTRE. Tutte le donne della Quadreria”
9/10 marzo Fossombrone (PU)
FRITTO MISTO
dal 27 aprile al 05 maggio Ascoli Piceno (AP)
#ROSSINI150
sino a tutto il 2019 www.gioachinorossini.it
Mostra Mercato del TARTUFO BIANCHETTO di Fossombrone 9/10 - 16/17 - 23/24 marzo Fossombrone (PU)
INFINITO LEOPARDI
Dal 21 dicembre 2018 al 20 maggio 2019 Recanati (MC)
V CENTENARIO DELLA MORTE DI RAFFAELLO (1520 -2020)
21 marzo 2020 Urbino - Palazzo Ducale (PU)
Un nuovo Anno di FelicitĂ
CAMPAGNA ABBONAMENTI
2018/19
5 NUMERI 9,00
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29 Marzo - 5 Aprile Centro storico di Jesi (AN)
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