Torre guaceto

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USCITA DIDATTICA A TORRE GUACETO

Lunedì 5 maggio 2014 noi, alunni delle classi 1a A e 1a B di San Donato, ci siamo recati nella provincia di Brindisi per ammirare la bellissima riserva naturale di Torre Guaceto. A Torre Guaceto ci sono alcune specie floreali e faunistiche che sono rimaste solo in questo posto, e la loro presenza rappresenta di per sé un fatto importante, perché significa che la zona è assolutamente incontaminata. La vera valenza, la grandiosità di Torre Guaceto, dal punto di vista scientifico, è rappresentata dalla sua biodiversità: in nessun altro posto in Europa c’è un ecosistema, nel suo insieme così piccolo, ma capace di racchiudere e concentrare una così grande molteplicità di specie. Inoltre non esiste un altro posto con una duna con caratteristiche e altezza come quella di Torre Guaceto, sovrastata da macchia mediterranea, lecceti, secolari, ginepri di 500-600 anni, una zona umida con gli stagnetti, un


parco marino, una zona archeologica ancora intatta; tutte cose, che messe insieme fanno di Torre Guaceto un gioiello dal punto di vista scientifico.

Etimologia La denominazione Guaceto deriva dall'arabo GAW SIT, che vuol dire “luogo dell’acqua dolce”. Infatti, la torre sorge nei pressi di un fiumiciattolo di piccole dimensioni, di acqua sorgiva, tuttora esistente, che attraversa l’intera zona umida fino ad inoltrarsi nell’entroterra. La veridicità dell'origine araba del nome è confermata anche dal fatto che una delle prime testimonianze topografiche della zona risalgono ad una mappa araba del XIII secolo, dove la zona viene indicata come "Gaucito”.

Storia Le prime azioni a tutela di Torre Guaceto risalgono al 1970 quando la marchesa Luisa Romanazzi Carducci al suo ingresso nel direttivo nazionale del WWF Italia, fece sì che l’associazione prendesse a cuore questo territorio. Sventate, negli anni successivi, ipotesi di realizzazione di una centrale elettronucleare e di una lottizzazione a fini turistici, il 18 maggio 1981 il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, visto il decreto del presidente della Repubblica del 13 marzo 1976 recepente la convenzione internazionale di Ramsar del 2 febbraio 1975, dichiara Torre Guaceto “zona umida di interesse internazionale”. Nel 1987 il WWF Italia, su incarico del Ministero della Marina Mercantile, realizza il piano di fattibilità per l’istituzione di una riserva marina a Torre Guaceto che diventa realtà il 4 dicembre 1991 con decreto dello stesso Ministero. L’area marina protetta è affidata alla capitaneria di porto di Brindisi. Nell’ambito del programma comunitario “Natura 2000” e del relativo programma italiano “Bioitaly”, la Regione Puglia, ai sensi della Dir. 92/43 CEE “Habitat”, propone Torre Guaceto come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) denominandolo Torre Guaceto Macchia San Giovanni. Sempre la Regione Puglia individua la zona umida di Torre Guaceto come zona di protezione speciale (ZPS), ai sensi della Dir. 79/409 CEE “Uccelli”.


Per quanto sopra detto, il Ministero dell’Ambiente, con decreto ministeriale del 4 febbraio 2000, istituisce la riserva naturale dello Stato di Torre Guaceto. Il decreto istitutivo individua all’art. 4 l’organismo di gestione in un consorzio misto fra l’Amministrazione Comunale di Brindisi, l’Amministrazione Comunale di Carovigno e l’associazione protezionistica senza fini di lucro WWF Italia. Sempre nello stesso articolo il decreto individua nello stesso consorzio l’organismo di gestione della riserva naturale marina di Torre Guaceto.

IL BOSCO DI TORRE GUACETO TORRE GUACETO è un'oasi protetta situata a 15 km di distanza da Brindisi. Si tratta di 240 ettari di terreno, una parte dei quali, e dello splendore di Torre Guaceto, appartengono alla zona boschiva: un misto di tonalità di verde caratteristico della MACCHIA MEDITERRANEA. Insieme alla nostra guida abbiamo esplorato questa parte di Torre Guaceto e molte piante ci hanno colpito e incuriosito. Ricordiamo, ad esempio, la Sulla Comune. Si tratta di una leguminosa (parente dei fagioli) che aumenta la fertilità di un terreno, perché lo arricchisce di azoto. Abbiamo poi visto l'Asfodelo, il crisantemo dei romani e dei greci in antichità. Questa pianta va in Letargo Estivo: i suoi fiori sbocciano in primavera e diventano secchi verso l'estate. È un bioindicatore, perché, crescendo solo in terreni non inquinati, la sua presenza è indice di ambiente pulito. Le radici di questa pianta sono commestibili. Durante la guerra venivano mangiate dai soldati italiani e tedeschi.


Abbiamo poi ancora visto altri tipi di piante tra cui il Mirto. Da questa pianta si ricava lo sciroppo per la tosse e un liquore. I suoi fiori vengono utilizzati per preparare un prodotto cosmetico che, già dal Medioevo, era conosciuto come “acqua degli angeli”. Si tratta di un tonico per la pulizia del viso. Impossibile, poi, non accorgersi del “NONNO” del bosco, Nonno Gino, un Ginepro Maschio (senza coccole) vecchio 600 ANNI. Le sue radici sono lunghe 3 km circa e, da sole, trattengono e stabilizzano la metà del sistema dunale.

LE TORRI DIFENSIVE: TORRE GUACETO Proseguendo siamo arrivati vicino alla torre: Torre Guaceto, circondata da un’immensa prateria dove ci siamo anche stesi, per riposarci un po’!!

Come sfondo c’era l’acqua del limpido mare costeggiata dalle rocce


modellate dagli agenti atmosferici. Ed ecco che la guida ci ha spiegato la funzione della torre e delle altre torri di avvistamento dei nemici, tra i quali i più noti erano i Turchi. Queste strutture austere e possenti, testimoni di un clima di paura, avevano anche lo scopo di lanciare un chiaro segnale finalizzato a dissuadere i Turchi ormai troppo vicini alle nostre coste. In caso di attacco, le segnalazioni venivano fatte con fumo di giorno e fuochi di notte e successivamente con campane e colpi di armi da fuoco, permettendo così agli abitanti delle masserie fortificate, dei castelli e dei borghi di prepararsi a respingere l’incursione. Le torri, avendo scopo di avvistamento più che difensivo, erano di dimensioni ridotte. La maggior parte era 10m x 10m ed aveva forma troncopiramidale munita di “caditoie“; vi era una cisterna nella quale confluivano le acque piovane, attraverso un sistema di canalizzazione che partiva dal terrazzo. La torre era dotata di un vano alloggio di 5m x 5m, con camino. Questa stanza era raggiungibile attraverso un scala retraibile in legno. A presidiare le torri vi erano un “ capo torriere” e tre guardiani. La difesa veniva messa in atto grazie alle armi da fuoco in dotazione ovvero: smeriglie (cannoni) e archibugi. La prova che in tali torri venivano usate le armi da fuoco è confermata dalla forma quadrangolare, necessaria per posizionare l’artiglieria sui quattro fronti, e dalle caratteristiche delle caditoie. La parte superiore era raggiungibile attraverso una scala interna. Ogni accesso era protetto da tre caditoie chiuse nelle quali si inseriva un archibugio. Quello che vediamo oggi è solo una parte delle torri che, in origine, erano più alte ed erano circondate da un cortile chiuso dal quale si accedeva attraverso una porta alla scala che terminava con una sorta di ponte levatoio. Per maggiore sicurezza fra una torre e l’altra il litorale veniva scandagliato dai così detti cavallari che perlustravano costantemente i lidi.


ZONA A DI TORRE GUACETO L’area marina di Torre Guaceto è divisa dallo Stato Italiano in tre zone: zona A, B e C. Nella zona A rientrano la parte di mare a protezione integrale e la spiaggia, ricchi di tante piante differenti, scogli, alghe e conchiglie di vario genere.

A proposito di piante, ne ricordiamo una molto particolare chiamata Posidonia, considerata doppio e triplo bioindicatore, perché vive nel mare solo se l’acqua è trasparente. Solo in tali condizioni, infatti, i raggi solari raggiungono la posidonia e attivano la fotosintesi clorofilliana che arricchisce di ossigeno il mare: 1 m2 di prateria a posidonia produce 14 litri di ossigeno al giorno. La posidonia, inoltre, purifica la sabbia e blocca l’erosione delle spiagge.


Un indizio sicuro dell’esistenza di una prateria di posidonia è la presenza di masse di foglie in decomposizione (dette banquette) sulla spiaggia. Per quanto possano essere fastidiose, hanno una notevole rilevanza nella protezione delle spiagge dall’erosione. Quando sulla spiaggia troviamo le cosiddette Polpette di Mare, in realtà stiamo osservando i Grobili, ciò che resta delle foglie, del fusto e della radice della posidonia sottoposta all’azione del mare. A Torre Guaceto si trova il terzo posidonieto europeo. Il primo si trova nelle isole BALEARI, e il secondo a ISCHIA. Vi sono, sulle dune, anche delle piante pioniere che sono le prime a colonizzare un ambiente e a renderlo adatto all’insediamento delle altre specie. Riguardo alla sabbia, la nostra guida ci ha fatto osservare che la sabbia nera del Mar Adriatico, in realtà, non è catrame, come crediamo noi, ma lava che viene dal Vulture, un vulcano della Basilicata. Il fiume Ofanto trasporta questa lava nella città di Barletta e le correnti forti la scaricano direttamente nel mare.

ZONA B DI TORRE GUACETO La zona B della Riserva Naturale di Torre Guaceto è un’area marina protetta della Puglia che riguarda la parte a Nord della torre fino a Punta Penna Grossa. Nella zona B è consentita la balneazione solo dall’alba al tramonto e l’esclusiva navigazione a remi, a vela o a pedali. In questa zona è vietata la pesca e la raccolta di ogni tipo di reperto. Uno splendido tratto di finissima sabbia, circondato da dune che raggiungono un’altezza di 8-10 metri, si alterna a tratti rocciosi ricchi di alghe del genere Cystoseira.


Tra i punti più belli della riserva marina, spicca la “spiaggia delle conchiglie” su cui le correnti marine trasportano un’enorme quantità di conchiglie. La splendida costa della riserva è, dunque, impreziosita da un tesoro d’inestimabile bellezza: conchiglie di forme e dimensioni diverse e dai colori meravigliosi, abbiamo potuto ammirarne qualcuna sul palmo della nostra mano ed abbiamo constatato che esse trovano riparo sotto la sabbia, visto che ne erano colme. Fortunatamente, ci hanno concesso di conservare almeno uno di quei gioielli, da custodire come ricordo delle splendide acque cristalline di questo posto incantevole.

ZONA C DI TORRE GUACETO La zona C di Torre Guaceto è una zona marina di riserva parziale dove si consente, solo a 7 pescatori ben individuati, di pescare con delle reti “metrate”, cioè a maglia larga, in modo che


riescano a pescare dei pesci molto grandi, cioè già riprodotti e che possono creare solo danni al mare. La zona C rappresenta la fascia tampone tra le zone di maggior valore naturalistico e i settori interni alla Riserva marina; in tale zona ricade la maggior parte dell’estensione della Riserva naturale protetta. E’ anche possibile svolgere, oltre alle attività permesse nella zona A e B, le attività di pesca e la navigazione. Le attività sopraelencate sono normate dal decreto istitutivo e dal disciplinare provvisorio.

TORRE GUACETO:LA PALUDE

La zona umida o palude rappresenta l’ecosistema che maggiormente caratterizza e rende unica Torre Guaceto. Si estende dalla Punta di Penna Grossa fino agli scogli dell’Apani ed è così divisa: 164 ettari appartengono al territorio di Carovigno e 76 ettari appartengono al territorio di Brindisi. Inserita fin dal 1981 nella lista della Convenzione di Ramsar, che ha individuato l’importanza a livello internazionale degli ambienti palustri, la zona


umida di Torre Guaceto è alimentata da polle sorgive d’acqua dolce. Essendo posta lungo la costa, però, la zona umida è d’acqua salmastra. La presenza, a Torre Guaceto, della zona umida e le conseguenti relazioni che si vengono a creare con gli ambienti limitrofi, rappresentano una delle caratteristiche più importanti dell’area dal punto di vista naturalistico. Questo è un ambiente ad elevata produttività e ad alta biodiversità perché le zone umide sono sede di interessanti fenomeni. Un primo elemento che ci permette di spiegare questo elevato dinamismo, è la presenza di gradienti di temperatura e salinità che, individuano, all’interno della stessa zona, veri e propri “settori” in grado di essere popolati da numerose specie di vegetali e animali. Altro elemento importante sono i punti di contatto tra il mare e l’acqua dolce della zona umida. Torre Guaceto, come molte altre zone umide, è stata interessata da un’opera di bonifica; per tale motivo sono presenti numerosi canali che mettono in contatto le due zone. In questi punti l’incontro tra acque di differente temperatura, salinità e densità provoca dei rimescolamenti, che interessano soprattutto i sedimenti; in tal modo sono rimessi in circolo elementi organici e inorganici che, in condizioni normali, sarebbero rimasti intrappolati nel sedimento. Grazie a questi rimescolamenti, i sedimenti vengono ossigenati, cosa che favorisce la funzione dei decompositori, molto attivi in questo ambiente; il classico puzzo di uova marce, caratteristico delle paludi, altro non è che una conseguenza della decomposizione.


La zona umida di Torre Guaceto rappresenta un importante sito di ricerca, sia dal punto di vista ecologico, sia da quello faunistico. Questa palude è separata dal mare da una fascia dunale ed è affiancata dalla macchia mediterranea. Gli specchi d'acqua della zona umida sono occupati da vasti canneti a Phragmites australis. Si chiama in questo modo perché si trova anche in Australia. Da questa si ricava un prodotto antipiretico, cioè che abbassa la febbre. La barriera dunale, alta fino a 10 metri ed estesa in lunghezza per circa 800 metri, risultato dell'azione millenaria dei venti e del mare, è il regno delle piante pioniere.

NONNO GINO A TORRE GUACETO Il ginepro occupa la parte più alta delle dune. In genere è un arbusto alto circa 2 metri, invece a Torre Guaceto è presente nella rara forma arborea del ginepro coccolone (Juniperus oxycedrus subsp. macrocarpa) con alcuni esemplari ultrasecolari, tra cui Nonno Gino, un ginepro maschio di 600 anni. Le radici di questo monumento si estendono per oltre 3 km assicurando così stabilità alle dune. I frutti del ginepro maturano ogni 2 anni. Per le sue caratteristiche di specie pioniera in ambienti sabbiosi e degradati,


svolge un ruolo importante nel trattenimento e consolidamento del terreno, grazie anche al suo apparato radicale molto esteso. Contribuisce così all’evoluzione del terreno stesso e all’arricchimento in sostanza organica, favorendo l’insediamento di specie meno resistenti ad ambienti ostili e di una vegetazione più ricca ed evoluta. Viene perciò utilizzato nel recupero e ripopolamento di terreni denudati, di aree degradate e zone impoverite di vegetazione. E’ anche apprezzato nel giardinaggio, in particolare vicino al mare, dove, sfruttando la sua elevata resistenza al vento salso e all’aridità, è utilizzato proficuamente per la costruzione di siepi e barriere frangivento e per il consolidamento di substrati incoerenti (dune di sabbia) in stabilimenti balneari

GINEPRO COCCOLONE

FAMIGLIA: Cupressaceae GENERE: Juniperus SPECIE: Juniperus oxycedrus L., subsp. macrocarpa ALTEZZA: Alto generalmente 5 m circa, solo raramente può raggiungere 15 m. ALTITUDINE: Da 0 a 400 m s.l.m. FIORITURA: Febbraio-Aprile


ASPETTO: è una pianta arbustiva o piccolo albero sempreverde, con corteccia di colore grigio–rossastro o bruno–rossastro. Il suo tronco è eretto e ramificato fin dal basso. Ha una chioma piramidale di colore verde vivo parzialmente aperta. FOGLIE: Di colore verde, aghiformi e pungenti, lunghe 15-25 mm con due linee biancastre nella pagina superiore. FIORI: chiamati coni. I coni dei due sessi sono portati da piante diverse. I coni maschili sono giallo rossastri mentre quelli femminili verdastri. FRUTTI: Costituiti da una pseudo-bacca (galbula o coccola) derivante dall’ingrossamento del cono. Inizialmente di colore giallo- verdastro, a maturità rosso–bruna, di forma sferica. HABITAT: Caratteristica pianta della macchia mediterranea, si trova in ambienti ostili quali le dune costiere (si spinge fino a riva) e coste rocciose. DIFFUSIONE: Allo stato spontaneo è comune in tutta la penisola e nelle isole. Protetta in Lazio e Piemonte.

IMPIEGHI FITOTERAPICI Pianta conosciuta fin dall’antichità, ha conosciuto numerosi utilizzi. Entrambe le sottospecie di Juniperus oxycedrus hanno proprietà medicinali. Si utilizzano le foglie , i frutti e il legno Dalla distillazione a secco del legno si ottiene un olio essenziale, l’olio di Cadè, usato già dai romani per imbalsamare i morti e per la cura delle malattie della pelle. L’olio ha proprietà antisettiche e stimolanti. Usato per la cura di affezioni della pelle, quali l’eczema , la psoriasi ed alcune forme di acne. L’olio di Cade è impiegato a fini cosmetici per la fabbricazione di shampoo. Nel passato le galbule sono state usate in differenti formulati come antireumatico, contro la sciatica, nella cura del raffreddore e di disturbi dell’apparato respiratorio. Rami fogliosi e frutti sono stati inoltre utilizzati, anche per uso interno, per le proprietà aperitive, carminative, depurative e diuretiche. Benchè gli effetti per tutte queste indicazioni siano innegabili, vi sono significativi rischi in caso di uso prolungato o sovra dosato, in particolare durante la gravidanza o in caso di affezioni renali


CURIOSITÀ SUL GINEPRO

Il nome “ginepro” deriva dalla parola celtica “juneprus”, che significa “acre”. Il nome greco del ginepro, “arkeuthos”, significava “allontanare”, “respingere”; forse per le foglie pungenti, che si riteneva fossero capaci di respingere gli spiriti maligni. Il detto “trovarsi in un ginepraio” si riferisce ai rami intricati del ginepro e alle sue foglie pungenti per indicare metaforicamente una situazione difficile e problematica. Nelle campagne emiliane, agli inizi del ‘900, si usava bruciare un ramo di ginepro nelle notti della vigilia di Natale, di San Silvestro e dell’Epifania. Anche il suo carbone, come quello del ceppo, veniva utilizzato in riti superstiziosi. Si riteneva che il forte profumo, cacciasse i serpenti, mentre dalle bacche e dalle foglie si ricavava un succo capace di far guarire dai morsi degli animali velenosi, come riferisce anche Dioscoride. Secondo la tradizione cristiana, invece, aveva il potere di purificare dai peccati. Più di ogni altra cosa il ginepro veniva usato per essere bruciato in caso di malattie, soprattutto infettive. I Greci e i Romani credevano, infatti, che il fumo aromatico che proviene dalla combustione di questa pianta avesse il potere di purificare l’aria, o addirittura potesse prevenire malattie come lebbra e peste bubbonica.


Anche durante la Seconda Guerra Mondiale, le infermiere francesi ricorrevano a fumigazioni ottenute da questa pianta per purificare le sale degli ospedali. Angelo de Gubernatis racconta che nei monti del pistoiese, la gente appendeva sulla porta di casa un rametto di ginepro, per allontanare le streghe. Queste, prima di entrare nelle abitazioni, trovandoselo davanti, non potevano fare a meno di contare le tantissime foglioline, sbagliando e ricominciando da capo. Alla fine, spazientite, le streghe dovevano allontanarsi per paura di essere viste e riconosciute. Il ginepro, quindi, aveva il potere di tenere lontane streghe e spiriti maligni, per questo i suoi rami venivano anche appesi alle porte delle stalle per preservare la salute del bestiame e venivano posti sul tetto delle case appena costruite. In Garfagnana è usanza fare l’albero di Natale con il ginepro, non si usa mai il pino o l’abete. La sera della vigilia, inoltre, si brucia nel camino un ramoscello di ginepro, respirandone il profumo. Il legno del ginepro veniva utilizzato per costruire utensili da cucina (ad esempio il mestolo per girare la polenta), così da impregnare col suo dolce aroma tutte le pietanze preparate. Alcuni arbusti di ginepro vengono utilizzati in Giappone nell’arte Bonsai poiché permettono di ottenere forme molto originali e ardite.

LA LEGGENDA DEL GINEPRO La leggenda del ginepro narra che quando Erode ordinò la “Strage degli Innocenti” e voleva uccidere Gesù, la Madonna e San Giuseppe fuggirono in Egitto. Una notte durante il viaggio, reso aspro dalla neve, la Madonna chiese a una ginestra un po’ di riparo per il bambino. La ginestra rifiutò seccamente e anzi drizzò i propri rami ancora più in alto, così che i viandanti non si potessero riparare. Allora il sacro trio riprese il cammino, mentre i soldati di Erode si facevano sempre più vicini. Chiesero ad altre piante un rifugio, ma tutti gli alberi si rifiutarono di nasconderli. Avevano paura che i soldati dessero loro fuoco per aver offerto riparo ai viaggiatori ricercati. Infine la Madonna si rivolse disperata a un ginepro: “Per pietà, permetti che ci ripariamo sotto i tuoi rami: abbiamo freddo e i soldati di Re Erode si avvicinano, se ci trovano


uccideranno il bambino.”. “Venite! Venite pure, ci penserò io” rispose il ginepro. E per proteggerli piegò i rami fino a terra e infittì e indurì le sue foglie, rendendole pungenti. Quando i soldati arrivarono frugarono tutto il bosco, controllarono anche il ginepro, ma si punsero e lasciarono stare. Il mattino dopo aveva smesso di nevicare. Maria, riconoscente, benedisse il ginepro profetizzandogli che, con il suo legno, si sarebbe costruita la Croce. Maria e Giuseppe ringraziarono il ginepro e ripresero il cammino, portando in salvo Gesù.

IL LEGNO DI GINEPRO Il legno del ginepro coccolone è tra i più compatti e duri tra quelli dei nostri alberi, tanto che, prima dell'avvento delle moderne motoseghe, i boscaioli che tagliavano legna nella macchia per fare il carbone evitavano di tagliare il ginepro per non danneggiare i preziosi arnesi. Si tratta di un legno pregiato, scuro e profumato, durissimo ma di facile lavorazione, quasi incorruttibile. Veniva impiegato per la fabbricazione di mobili, arnesi e suppellettili, tini, botticelle, recipienti per l'acqua solai ed imbarcazioni. Per la sua compattezza è adatto per lavori di intarsio e per scolpire statue. I tronchi degli esemplari arborei sono stati utilizzati, fin dall'epoca romana, come travi nella costruzione delle case.


USI IN CUCINA Il ginepro era molto amato già al tempo dei Romani e Apicio lo indicava come spezia indispensabile nella cucina di un cuoco e ottimo sostituto del pepe. Il ginepro è stato da sempre impiegato per il suo caratteristico profumo: le bacche per dare un gusto particolare ai piatti, il legno per costruire botticelle nelle quali aromatizzare l’aceto. Le bacche del ginepro hanno un sapore acidulo per questo smorzano bene cibi forti come la selvaggina e i crauti. Molto apprezzate anche per insaporire preparazioni di patate o pesce al cartoccio. La galbula del ginepro coccolone può essere usata direttamente per preparare i liquori con proprietà digestive e per aromatizzare arrosti e piatti di cacciagione, in modo del tutto analogo alle galbule di Juniperus communis L. Il legno del ginepro è molto profumato, per questo viene usato per affumicare i salumi (è il caso del rinomato speck del Trentino) e posto nei forni a legna per dare aroma al pane durante la cottura.

ALLE ORIGINI DEL GIN Molto utilizzato nella preparazione di alcolici facendo fermentare il succo delle bacche e quindi distillando (gineprato e acquavite di ginepro). e per fare liquori tramite distillazione dello spirito sulle bacche (gin). Il ginepro, infatti, costituisce la base del gin, la bevanda alcolica inventata dagli Olandesi nel XVII secolo e che tanto successo continua a riscuotere ancora oggi.


CROSTINI AL PATĂˆ DI POLLO Ingredienti: polli 3 (solo frattaglie) cipolla 1 salvia 2 foglie capperi sotto sale 5 3 bacche di Ginepro vino bianco 40 ml aceto di vino bianco 40 ml burro 25 gr pane casareccio 4 fette olio extravergine d’oliva q.b. pepe q.b. sale q.b.

Preparazione: Mettere da parte i fegatini e versare il resto delle frattaglie in padella con cipolla a fette, salvia, capperi dissalati, bacche di ginepro, vino, aceto di vino e far cuocere il tutto a fuoco lento per 15 minuti; aggiungere poi i fegatini e far cuocere per altri 10 minuti condendo con sale, pepe . Infine, frullare il tutto ottenendo una crema di pollo da far riposare per 8 h, in modo che si solidifichi leggermente. Al momento di servire, scaldare le fette di pane e spalmarle sui crostini il patè di pollo.


RISOTTO AL ROSMARINO E GINEPRO Ingredienti Riso 500 gr Panna 250 ml Cipolla 1 Rosmarino 1 rametto 10 bacche di Ginepro Vino Bianco mezzo bicchiere Parmigiano 3 cucchiai Brodo q.b. Sale q.b. Burro 1 noce

Preparazione: Rosolare la cipolla tritata con il burro, aggiungere poi il riso, sfumarlo con il vino e continuare a farlo cuocere aggiungendo il brodo. A fine cottura versare la panna, il rosmarino tritato, le bacche di ginepro e mantecare con abbondante parmigiano.


CARRÈ DI MAIALE AL FORNO Ingredienti: 1000 g carrè di maiale; sale; pepe; alcune bacche di ginepro; salvia; rosmarino; pochi semi di cumino; 6 cucchiai di olio d'oliva; poco vino bianco

Preparazione: Massaggiare un pezzo di carrè di maiale di 1000 g di peso con sale, pepe e un trito di bacche di ginepro, salvia, rosmarino e pochi semi di cumino. Far riposare ed insaporire per 2-3 ore in un luogo fresco e poi porre la carne in una teglia da forno unta con 6 cucchiai di olio. Passare al forno già caldo a 200° C e far cuocere, rigirando spesso e bagnando con poco vino bianco. Quando la carne è ben rosolata e morbida all'interno, affettarla e bagnarla con il fondo di cottura deglassato con poco vino bianco. Servire caldo.


CRAUTI IN UMIDO Ingredienti: 1500 g di cavolo cappuccio 150 g di pancetta 30 g di burro Vino bianco secco Brodo Aceto di vino bianco Timo 1 cipolla Alcune bacche di ginepro 4 cucchiai di olio d’oliva Sale Pepe

Preparazione: Pulite il cavolo e tagliatelo a striscioline sottili. In una capiente casseruola scaldate il burro e quattro cucchiai di olio, insaporitevi la cipolla e la pancetta tritate, mescolando spesso. Spruzzate con vino e aceto, lasciate consumare fino a perdere la metĂ del liquido. Aggiungete il cavolo, il timo e alcune bacche di ginepro. Mescolate e coprite il tutto con il brodo tiepido. Lasciate cuocere a fiamma molto bassa per due ore circa, mescolando ogni tanto e aggiungendo brodo qualora fosse necessario. Prima di spegnere, regolate di sale e pepe. Servite i crauti caldi con carni di maiale, cotechini o zamponi.


PERE CARAMELLATE Ingredienti Pere 4 Zucchero 2 bicchieri Vino Bianco 2 bicchieri Chiodi Di Garofano 2 chiodi Bacche Di Ginepro q.b.

Preparazione: Mettere le pere in una pentola e coprirle con zucchero, vino bianco, chiodi di garofano e bacche di ginepro. Far cuocere le pere per mezz'ora coperte, a fuoco basso. Scolare e servire queste pere caramellate con il caramello fatto leggermente ridurre.


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