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L'avvocato Il covid non taglia l'affitto

L’AVVOCATO

Il covid non taglia l'affitto

Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di risoluzione del contratto per grave inadempimento della conduttrice. E ha confermato l’ordinanza provvisoria e la condanna della società conduttrice alla restituzione dell’immobile, al pagamento dei canoni non corrisposti, con l’aggiunta degli interessi e alla rifusione delle spese di lite. Nel corso della sentenza, il Tribunale ha esaminato i rimedi previsti dalle disposizioni dell’ordinamento giuridico a fronte delle ipotesi di impossibilità sopravvenuta della prestazione, totale o parziale, per cause non imputabili al debitore, ovvero di quelle di eccessiva onerosità sopravvenuta. I giudici hanno rilevato che tali rimedi non sono in sintonia con le esigenze espresse dalla conduttrice, dal momento che la stessa ha dichiarato non già di voler risolvere il contratto, bensì di voler proseguire il rapporto a canone ridotto, ritenendo di aver diritto alla rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto e, in mancanza di accordo con la controparte, di poter ottenere in giudizio le richieste riduzioni. Senonché, tranne che in alcune ipotesi espressamente previste dalla legge, né i doveri di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto né il dovere di solidarietà sociale di cui all’articolo 2 della Costituzione consentono di ritenere esistente nel nostro ordinamento un obbligo di rinegoziazione dei contratti divenuti svantaggiosi per taluna delle parti, ancorché in conseguenza di eventi eccezionali e imprevedibili, e un potere del giudice di modificare i regolamenti contrattuali liberamente concordati dalle parti nell’esercizio della loro autonomia contrattuale. Pertanto, il Tribunale esclude che sussista il dovere di una parte di agire in modo da preservare gli interessi dell’altro contraente, anche quando ciò comporti un sacrificio sicuramente apprezzabile, quale è da ritenere quello richiesto alla locatrice con la richiesta decurtazione del canone locatizio. Secondo il Tribunale, quando il legislatore ha voluto introdurre la possibilità, e comunque non l’obbligo, di rinegoziare le condizioni economiche di un contratto ovvero ridurre definitivamente a determinate categorie di imprenditori i canoni di locazione per un certo numero di mensilità, lo ha detto espressamente, come nei casi dei concessionari di impianti sportivi pubblici e dei conduttori in locazione di palestre, piscine e impianti sportivi privati (rispettivamente con gli articoli 216, commi 2 e 3, d.l. n. 34/2020, convertito nella l. 77/2020). Per gli altri rapporti di locazione (e comunque anche per le locazioni concernenti palestre, piscine o impianti sportivi di privati relativamente ai canoni successivi al mese di luglio 2020 in mancanza di rinegoziazione consensuale), si deve ritenere che il richiamato articolo 3, comma 6-bis, del decreto legge n. 6/2020 non abbia disposto alcun abbuono o riduzione definitiva dei canoni. Semmai, secondo il Tribunale di Roma, la disposizione permette di ritenere temporaneamente giustificati i mancati o ritardati pagamenti relativi ai canoni maturati durante le restrizioni contro il covid-19, fermo restando l’obbligo di pagamento di detti canoni alla cessazione delle misure restrittive, impedendo quindi risoluzioni per inadempimento e convalide di sfratti intimate per canoni scaduti durante le suddette restrizioni, qualora le morosità così accumulate vengano sanate una volta cessata l’emergenza con la ripresa regolare delle attività.

Ludovico Lucchi del Foro di Milano, lucchi@studiolucchi.eu

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