2 minute read

Cartellino rosso per il decreto ammazzabonus

Next Article
HIGH TECH

HIGH TECH

Per usare un’espressione cara al (alla) presidente del Consiglio e anche al vice presidente, è finita la pacchia. Bisogna prenderne atto. D’altra parte, che il superbonus non fosse eterno lo si sapeva già. E si conosceva anche l’insostenibile leggerezza contabile dell’incentivo fiscale così come era stato congegnato sul bilancio dello Stato. Ma. Però. Forse. Quello che ha lasciato senza parole il mondo dell’edilizia sono le sciagurate modalità di intervento. Peggio di un fallo da cartellino rosso, di un pugno di Mike Tyson, di una nevicata il 15 luglio. Il 17 febbraio passa alla storia come il giorno nero dell’edilizia. Se è vero, e nessuna azienda non se ne rende conto, che era necessario trovare una soluzione, possibilmente soft, alla filosofia del tutto gratis, è altrettanto vero che le modalità di intervento del governo, con un decreto che ha stracciato dall’oggi al domani un pezzo di economia, appare straordinariamente lunare. Salvo poi, poche ore dopo, far trapelare che, sì, forse, chissà, qualche correttivo sarà apportato in via parlamentare. Un imperdonabile caos. Facciamo un passo indietro. Il superbonus è stato introdotto nel maggio del 2020 ed è diventato operativo da luglio, in piena pandemia covid, con i cantieri fermi e l’Italia al collasso produttivo. È stato come una iniezione di adrenalina per chi rischia di morire per choc anafilattico. Ma è evidente che una terapia d’urto va poi ricondotta a una cura sostenibile, se non si vuol far morire il paziente per eccesso di farmacologia. Vogliamo dirla tutta? È difficile rinunciare all’eroina quando si diventa tossicodipendenti. In questo caso superbonusdipendenti. Lobby dei professionisti che protestavano contro le troppo complicate regole applicative, associazioni dei produttori e dei costruttori che reclamavano tempi lunghi: tutti hanno trovato sponda in ambito politico, con formazioni da una parte e dell’altra dello schieramento decise a resistere a ogni modifica restrittiva. Qualche paletto in più è stato piantato dal precedente governo, ma senza la possibilità di intervenire in modo strutturale, per rendere il superbonus compatibile con il portafoglio dello Stato.

Con i fatturati aumentati, gli utili tornati ad affacciarsi sull’ultima riga in basso dei bilanci, le aziende dell’edilizia sono passate dal dramma all’euforia. Gli imprenditori più accorti, però, hanno capito che era necessario prepararsi a un periodo di disintossicazione. Ma, come per tutte le dipendenze, cessare la somministrazione di colpo rischia di far morire il paziente. La cura deve essere graduale e, soprattutto, concordata. Invece è avvenuto tutto il contrario. L’incontro tra i rappresentanti del mondo delle imprese è avvenuto dopo aver assestato un colpo da ko, nello sconcerto generale. Salvo poi cercare di salvare il salvabile con il progetto dell’ennesima modifica (la quarta nel breve periodo del nuovo governo). Difficile pronosticare come impatterà il decreto ammazzabonus sul futuro dell’edilizia. La marcia indietro dei condomini, che non possono più cedere il credito al general contractor di turno sembra ormai un dato di fatto. Per il 2023 è probabile che i lavori già avviati consentano alle imprese, quelle che sopravviveranno al blocco della cessione dei crediti, di chiudere il bilancio positivamente. Ma per il futuro è più che mai necessaria una vera politica della casa, di incentivi sostenibili. Senza dimenticare che ora c’è anche una direttiva europea che preme per la riqualificazione degli immobili energivori. Sarà difficile ignorarla.

Segnali di stabilizzazione

Nd E X

Il servizio informativo per aggiornare i lettori, mese per mese, sugli andamenti mensili del mercato delle costruzioni, sui trend in atto e su quelli attesi nei prossimi mesi

This article is from: