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Storia di copertina
come cavalcare la probabile crisi: «Peggioramento dell’Ebitda, calo di fatturato e mancanza di liquidità sono i principali timori che emergono da questo studio, assieme all’intenzione di aumentare i prezzi dei prodotti finiti per contrastare questo scenario da parte delle imprese, sebbene l’ipotesi di un’inflazione in calo e stabilizzata entro la metà dell’anno sembri altamente realistica», spiega la manager. Che sottolinea un altro aspetto di fondamentale rilievo: «Con l’aumento dei tassi d’interesse e delle richieste di garanzia da parte delle banche, il 24% delle imprese intervistate ha dichiarato di voler annullare gli investimenti previsti per il 2023. Certo, i problemi non sono mancati anche nell’anno appena passato: se guardiamo allo specifico settore delle costruzioni, il 15,3% ha subito un ritardo nei pagamenti, il 11,6% ha subito perdite parziali, mentre il 10,2% ha fornito aziende che sono poi andate in default. Questo studio evidenzia che le aziende per mitigare il rischio di credito adotteranno criteri più stringenti nella selezione dei clienti e faranno maggiore ricorso all’assicurazione del credito. Se questo è lo scenario generale, quello confrontato da Cerù con la propria realtà aziendale evidenzia come i primi mesi del 2022, con una grande immissione di liquidità sul mercato, siano stati eccellenti, ma sulla base di un ipotetico peggioramento è indispensabile ripensare alcune procedure: «Non c’è dubbio che la cautela sia d’obbligo. Da parte nostra, con i clienti già acquisiti continueremo a verificare la storia di ciascuno per approvare gli affidamenti, mentre per quelli nuovi ci rivolgeremo come sempre alle informazioni fornite dall’agenzia di rating Cerved per verificarne la solidità storica e ordinaria, ma rispetto all’anno scorso abbiamo ridotto la soglia di valutazione», avverte la responsabile amministrativa. Che fornisce precise indicazioni per la tenuta del settore in generale e in particolare per le rivendite: «Ridurre la dilazione dei pagamenti ai livelli europei, ossia a massimo 60 giorni, sarebbe un modo per innescare un meccanismo virtuoso che impedisca a tutta la filiera (clienti, rivenditori e fornitori) di raggiungere esposizioni troppo elevate, e quindi rischi non sostenibili». Di fronte a fenomeni che ritenevano ormai scomparsi come gli assegni non coperti in banca o i bonifici mai partiti o revocati, la manager ritiene si tratti di eventi isolati: «Certo, segnalano un cambiamento di tendenza che va corretto prima che la situazione si stabilizzi in negativo, ma sono molto fiduciosa perché in generale i rivenditori hanno abbandonato il concetto di vendere per vendere. Fare utili a tutti i costi è una scelta che non paga. Se invece siamo più attenti alla vendita associata all’incasso ne beneficia tutto il mercato».